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Anno 115 • N. 4
25 gennaio 1980 - L. 300
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1° Gruppo bis/70
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
27 GEN^AIO: DOMENICA DELLA COMUNIONE EVANGELICA DI AZIONE APOSTOLICA
« Due anni non sono molti per
prepararsi alla Olimpiadi. Ricordatevi di sostenere la nostra partecipazione versando fin d’ora il
vostro contributo ». È più o meno questo l’annuncio televisivo
che mi capitò di vedere due anni fa negli Stati Uniti al termine
di una trasmissione sportiva. Alla mia domanda stupita l’amico
americano che mi ospitava rispose con orgoglio che in America il Comitato olimpico è uno
degli innumerevoli enti « benevolent » e cioè sostenuti da liberi
doni di privati.
Non mi sentirei di scommettere sulla purezza « benevolent »
dello sport negli USA. Il termine « sponsorizzato », nel senso di
finanziato da un’industria, indica
una pratica che abbiamo importato direttamente dagli USA. Costa cifre da capogiro una frazione dei pochi minuti dell’intervallo che interrompe con la pubblicità il « Superball », la finalissima di football che una volta all’anno inchioda milioni di americani davanti al televisore. E
non so se tra le pieghe del bilancio governativo siano proprio
assenti sovvenzioni per lo sport
come per tante altre attività.
Ad ogni modo è incontestabile
che anche nel campo dello sport
gli Stati Uniti siano per eccellenza il paese in cui l’iniziativa
privata è favorita e salvaguardata. Ed è proprio da questo
paese che parte ora il progetto
di boicottaggio delle Olimpiadi
di Mosca. Senza entrare nel merito della politicità o apoliticità
dello sport, mi sembra che una
iniziativa di questo genere mostri chiaramente il disorientamento del governo americano
che non esita a imboccare strade
in totale contraddizione con la
propria filosofia, strade a tendenza chiaramente totalitaria — nel
senso della pretesa da parte del
potere governativo di disciplina
re la totalità dei rapporti socia
li — che mai si sarebbero prò
spettate in altri tempi meno disorientati. Per rendersi conto di
cosa significhi questa prospettiva annunciata dal governo di
Carter basta ipotizzare una situazione simile in campo ecclesiastico. Che diremmo se invece
delle Olimpiadi fosse in programma un’Assemblea ecumenica or
ganizzata dal CEC e ospitata dall’Unione Sovietica e il governo
americano si disponesse a ordi
nare al Consiglio Nazionale delle
Chiese negli Stati Uniti di boi
cotture tale assemblea e maga
ri di organizzarne una alternati
va? A noi parrebbe un’intollerabi
le interferenza, mentre probabil
mente ci lascia piuttosto indille
renti la vicenda delle Olimpiadi
Ma dal punto di vista americano
si tratta di uno stesso principio
è « benevolent », tanto il Consiglio nazionale delle Chiese quanto il Comitato olimpico ed una
interferenza governativa in un
campo o nell’altro è ugualmente incoerente.
È quindi necessario far sentire con chiarezza ai nostri fratelli americani che il fine non giustifica i mezzi neppure in questo
campo. Il fine di riaffermare
l’indipendenza e l’auto-determinazione dei popoli è sacrosanto. Ma non lo si persegue usando mezzi impropri che frantumano la propria coerenza con
svolte di tipo totalitario. Il «mezzo» dello sport è forse tra tanti
il meno cospicuo. Ma se si calpesta oggi il meno importante domani la strada sarà già spianata
per persuadere la gente che è
inevitabile calpestare anche quelli più importanti.
Franco Giampiccoli
Nuova Caledonia: una teologia
che cambia la società dei clan
impressioni di un pastore evangelico dell’Oceania che ha visitato alcune chiese protestanti
europee con un’équipe interrazziale della CEvAA - L’importanza dell’aspetto comunitario
« Appena sono arrivato in Europa mi hanno fatto vedere un
esempio di sviluppo occidentale:
una modernissima casa di riposo per anziani. Non avevo mai
visto una costruzione così, perfetta e funzionale. Ma mi sono
chiesto : a cosa porta questo
sviluppo? Da noi sarebbe impensabile mettere un vecchio
fuori dalla sua famiglia ». È rimasto due mesi in Francia, visitando, con un’équipe interrazziale della CEVAA (di cui faceva
parte anche il pastore valdese
Renato Coisson), molte chiese
evangeliche dell’Alsazia-Lorena.
Prima di ripartire per la Nuova Caledonia, il pastore Tom
Tchako si è recentemente incontrato con i pastori delle Valli
Valdesi. Tchako viene da quell’insieme di isolette sparse nel
Pacifico che facevano parte dell’Oceania Anglo-Francese (circa
300.000 abitanti). Dal luglio dello scorso anno la Nuova Caledonia è politicamente indipendente (l’82“^o dei melanesiani ha votato contro il governatorato
francese) ma la chiesa evangelica aveva già siglato, nel 1960, la
propria autonomia dalla Società
delle Missioni di Parigi. Interessante notare che i protestanti
melanesiani sono circa 20.000
con 60 pastori; più o meno la
consistenza della chiesa valdese
in Italia.
Storicamente è nel 1842 che
missionari cattolici e protestanti introducono l’Evangelo tra i
melanesiani e se la chiesa cristiana ha rappresentato il superamento del clan tribale di fatto ha però introdotto una divisione teologica europea in una
società profondamente comunitaria. Oggi cattolici e protestanti vivono in modi diversi la loro
fede, difficilmente riescono a
spiegarne l’origine. In occasione
dell’indipendenza dalla Francia
il Sinodo protestante della Nuova Caledonia e Isole della Lealtà, ha votato una presa di posizione in cui si afferma che : « I
melanesiani hanno espresso, a
forte maggioranza, l’intenzione
di condurre essi stessi la loro
vita, nel loro proprio paese. Non
■possono più accettare di essere
assistiti e dominati dagli altri...
L’Evangelo ci chiama a sostenere gli oppressi e — aggiunge la
dichiarazione — noi riconosciarno le ingiustizie e la situazione
d’oppressione in cui, sino ad oggi, ha vissuto il nostro popolo ».
Con il pastore Tchako, che si
occupa soprattutto dell’animazione di gruppi giovanili, abbiamo avuto un breve scambio di
impressioni che ho cercato di
registrare.
— In base a quello che hai visto, come valuti il cristianesimo
europeo?
- Domanda difficile. C’è un
punto comunque che mi ha parecchio colpito ed è: l’individualismo nella chiesa. Anche a livello di lavoro pastorale ognuno è
portato a seguire i propri programmi, senza cercare il collegamento con gli altri. Per esempio in alcune comunità evangeliche europee il consiglio di chiesa non ha relazioni con il gruppo giovanile o quello femminile.
Da noi sarebbe impensabile una
situazione del genere. Noi diamo
più importanza al collegamento
e al confronto tra i diversi settori d’attività non solo ma, alla
domenica, adulti e bambini affrontano lo stesso testo biblico.
‘— Il Sinodo della Chiesa evangelica della Nuova Caledonia
sottopone alle chiese precisi temi di studio?
— Certamente. Noi sentiamo
il bisogno, come del resto anche
voi, di leggere la Bibbia in rapporto alla nostra specifica situazione. Lo scorso anno partendo
da un testo di Efesini 4: 1-6 (l’unità dello Spirito) il Sinodo ha
chiesto alle Chiese di dibattere
il tema delle responsabilità all’interno della comunità. Quest’anno la nostra attenzione è
puntata sul tema lanciato all’interno delle chiese aderenti alla
CEvAA: "Venga il Tuo Regno!’’.
Ne abbiamo già discusso. Ma dirò di più: questa riflessione è
stata per noi la prima occasione
per sviluppare una seria autocritica aH’interno della chiesa
dal giorno della sua indipendenza, realizzata nel 1960. Ci siamo
chiesti : come abbiamo camminato in questi anni? E per rispondere a questa domanda è
stato inviato un questionario a
tutti i membri. Hanno risposto
anche i bambini.
— E le risposte più interessanti quali sono?
— Di queste risposte il Sinodo ne ha voluto sottolineare soprattutto quattro. La prima riguarda la formazione che la chiesa opera nei confronti della sua
gente. Si è così, rimesso in discussione il tipo d’insegnamento prodotto nelle nostre scuole
di teologia ih vista della formazione non solo di persone dotte
ma specialmente di animatori.
Un secondo punto riguarda i
’rami secchi’ che esistono nella
chiesa. Bisogna, abbiamo concluso, avere il coraggio di ’potare’ e finalizzare tutte le energie
al lavoro della testimonianza.
Un terzo punto riguarda la lingua francese che da noi viene
ancora insegnata come lingua
materna. La nostra chiesa invece ha deciso, nelle sue scuole,
d’insegnare la ’lingua di Parigi’
per quello che è : una lingua
straniera. Oggi infatti nelle nostre scuole alcune ore sono dedicate all’insegnamento dei dialetti melanesiani. Insomma della nostra lingua. Infine moltissime risposte al questionario
hanno sottolineato il significato
del valore dell’indipendenza recentemente raggiunta. Essa può
essere premessa di una crescita
più libera e consapevole della
nostra popolazione e in questo
quadro anche la chiesa ha qualcosa da proporre.
— In che misura l’arrivo del
cristianesimo ha modificato la
vostra vita sociale?
— Il cristianesimo ha messo
in crisi l’antica società tribale
che sopravvive ancora largamente nella mentalità del nostro popolo. Il meccanismo è
semplice: i giovani ubbidiscono
ai vecchi e le donne non hanno
né ruolo né voce pubblica. La
chiesa invece ci ha messo insieme facendoci comprendere che
anche i giovani, le donne e i
bambini hanno qualcosa da dire.
La chiesa evangelica, pur con
tutti i suoi difetti, ha segnato
l’ingresso di una struttura sociale più partecipata e di base in
una società verticistica. Il pericolo sta nel fatto che se è vero
che il cristianesimo ci ha aiutato ad andare avanti oggi però
rischiamo di fermarci sulle posizioni raggiunte. Superare l’egoismo del clan, i cui membri si
giurano fedeltà sino alla morte,
non basta. Bisogna far qualcosa
di più. Bisogna costruire una
nuova realtà di relazioni fraterne sulla base dell’Evangelo. Per
noi teologia significa, appunto,
questo! E per voi?
G. Platone
EVANGELIZZAZIONE
Una porta aperta
Quale significato riveste per
noi questa immagine che ricorre
ogni tanto nella Bibbia? La “porta aperta” è quella che si apre
alla fede in Gesù Cristo e ai doni della grazia di Dio; ma è anche la porta che si chiude quando gli uomini rifiutano di pentirsi e perciò, incapaci di valutare i tempi e le opportunità in
cui Dio li visita con la sua parola, rimangono in attesa del
giudizio che viene e verrà ancora
alla fine dei tempi.
Nel Nuovo Testamento, però,
l'immagine della porta aperta è
generalmente situata in un contesto missionario, con un chiaro
riferimento alla evangelizzazione: quella “evangelizzazione” che
si compie mediante l’annunzio
della Parola di Dio ad uomini di ogni razza, di ogni provenienza, di ogni lingua e di ogni
“religione". Parlando del suo ministero apostolico a Troas, città
dell'Asia minore. Paolo scriveva
queste parole: « Or essendo venuto a Troas per VEvangelo di
Cristo ed essendomi aperta una
porta nel Signore... ». Cosa intendeva dire l'apostolo con quelle
parole? La “porta aperta" poteva significare semplicemente una
casa accogliente ed amica, un
luogo d'abitazione e di predicazione al tempo stesso; ma è molto probabile che egli alludesse
alla predicazione già in atto ed
alla possibilità di annunziare il
mistero della salvezza che ci è
stato rivelato in Cristo.
Una “porta aperta" è dunque
una occasione favorevole alla
predicazione ed alla testimonianza, indipendentemente dal luogo
e dalle circostanze esteriori. Non
si tratta di una qualsiasi porta
ma di una porta aperta “nel Signore”, cioè di una possibilità
di azione evangelistica che ha
per centro e per contenuto la fede in Gesù Cristo, la conversione
dei giudei e dei pagani all'Evangelo della salvezza. L'autore degli
Atti degli apostoli, rievocando
l’episodio della conversione di
Lidia di Filippi, così si esprime:
« Una certa donna, di nome Lidia... che temeva Dio, ci stava
ad ascoltare e il Signore le aprì
il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo ». Una porta aperta “nel Signore" o “dal
Signore” significa dunque questo: che il Signore ci precede ed
apre le porte che noi, da soli, sia
pure con tutta la nostra cultura
teologica, con la nostra sapienza, con la nostra tattica evangelistica, non riusciremmo mai ad
aprire, nemmeno con un linguaggio adeguato ai tempi ed ai problemi della nostra società. E non
pensiamo a Lidia soltanto, ma
a quanti (e sono un gran numero di credenti di ogni età) i quali camminarono e ancora carnminano nella via della fada in
Cristo, pure in mezzo a difficoltà
e ad avversità. Paolo, infatti, parlando della sua evangelizzazione
ad Efeso, si esprime in questi
termini: « Mi fermerò ad Efeso
fino alla Pentecoste, perché una
larga porta mi è qui aperta ad
un lavoro efficace, e vi sono molti avversari ».
Una “porta aperta", anzi- una
“larga porta" è sempre aperta
alla parola del Signore ed all’ascolto di quella parola, non a discorsi più o meno generici o persuasivi, che sono di ostacolo al
progresso del Vangelo e finiscono per rendere oscuro ciò che
nella Parola di Dio è abbastanza chiaro per essere creduto con
semplicità di cuore.
Là dove Gesù Cristo ci precede, c'è sempre una porta aperta
per la testimonianza evangelica.
Dobbiamo vegliare affinché quella porta non si chiuda per colpa
nostra o delle difficoltà che incontriamo sul nostro cammino.
Anche questo nostro tempo, di
cui spesso giustamente ci lamentiamo, un tempo talvolta
spietato e violento, contiene una
o più porte aperte “nel Signore”
o “dal Signore”. Sta a noi di saperle riconoscere, discernendo
anche i segni ed i tempi in cui
Dio ci chiama ad operare.
Alle comunità piccole di numero e di forza, il Signore rivolge ancora oggi questa promessa:
« Io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca
forza, hai serbata la mia parola
e non hai rinnegato il mio no
me ».
Ermanno Rostan
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25 gennaio 1980
BRESCIA
Nuovi contatti ecumenici
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Assimilazione?
Nei giorni 7, 8, 9 dicembre ’79,
ha avuto luogo a Brescia il 28“
Sinodo Diocesano. L’ultimo era
stato nel 1952, e Brescia è una
delle poche Diocesi italiane nelle quali sia stato convocato un
Sinodo dopo il Concilio Vaticano II.
Per la prima volta nella storia
delle 28 Assemblee della Diocesi, la nostra Chiesa è stata presente nelle persone del Pastore
e dell’Anziano Carugati Antonio,
invitati dal Vescovo Luigi Morstabilini a partecipare come
« osservatori ». Vogliamo precisare che la nostra comunità si
era dichiarata d’accordo ad accettare l’invito. I giornali cittadini (tra questi uno di tendenza
laica) hanno dato grande rilievo
a questa partecipazione, che non
è stata passiva, in quanto il Pastore è stato invitato a dare un
messaggio all’inizio dei lavori, e
l’Anziano alla fine. Il messaggio
del Pastore si è ispirato al mot^
to dell’Assemblea: per una chiesa comunità che segue ed annuncia Cristo. L’Anziano ha rilevato che il Sinodo gli è parso
impegnato su molti dei problemi che assillano anche le comunità valdesi.
Questo Sinodo, visto in un’ottica cattolica, è stato senza dubbio interessante ed aperto. Abbiamo detto «in un’ottica cattolica»: infatti, come è stato subito sottolineato dalla relazione
introduttiva (che non può paragonarsi alla relazione al Sinodo
della nostra Commissione d’esame dell’operato della Tavola),
non si sarebbe dovuto discutere
sui temi e sugli interventi, né
presentare ordini del giorno su
cui votare. La relazione ha fatto
il punto sulla situazione della
Chiesa bresciana; non ha taciuto le tensioni a volte aspre che
vi sono state in questi ultimi anni, la dura contestazione e la
crisi che ha scosso profondamente la Chiesa, e nemmeno il
fatto che alcuni sacerdoti hanno
rinunziato al loro ministero.
Il Sinodo era stato accuratamentè preparato nel corso degli
/ ultimi sette anni, mediante visite pastorali del Vescovo a tutte
le parrocchie, opere, istituzioni.
Queste erano state invitate a
studiare, discutere e riferire su
schemi, questionari ed elaborati
vari. I risultati di questi studi
di base formavano il LIBRO SINODALE, che comprendeva tre
temi. Di questi il più importante (almeno dal nostro punto di
vista) era il terzo che affrontava
i temi più scottanti: la Pastorale del mondo del lavoro, la promozione della donna, le comunicazioni sociali, i beni della Chiesa, le responsabilità pastorali in
rapporto alla situazione politico-sociale. Rileviamo che, diversamente dai 27 che lo hanno
preceduto nei secoli, si è trattato di un Sinodo non formalmente giuridico ma pastorale, e
non riservato al solo clero; infatti nell’Assemblea che comprendeva 484 persone, i laici erano 254 (cioè in maggioranza),
ed il loro apporto allo studio
dei vari problemi è stato rilevante.
Uno di essi, riferendosi alla
presenza dei due valdesi, ha chiesto che la Diocesi affronti il problema dell’ecumenismo non solo a parole ed a gesti, sia pure
significativi, ma a livello di ogni
singola comunità parrocchiale,
stabilendo ad esempio piani concreti di lavoro e di pastorale cornimi. Una signora ha rilevato
che questo Sinodo è stata una
occasione mancata per la donna; infatti nessuna donna è negli organi decisionali. Ha chiesto che le donne entrino nei Seminari come esperte per i problemi del femminismo. Il problema della donna è questione
di giustizia e non va ricondotto
al fatto di dare spazio a questa
0 a quella associazione.
Un sacerdote che da alcuni
anni vive in comunità di carovana e di vita con gli zingari, ha
domandato ai sinodali un capovolgimento della loro attuale situazione per poter, una volta
tanto almeno durante un Sinodo, vedere Cristo con gli occhi,
con gli schemi mentali e con il
cuore dei poveri. « Vivendo con
1 poveri », ha detto serenamente, « io non potrò mai ispirarmi
al Libro sinodale».
Un altro sacerdote, responsa
bile di un gruppo di volontari
che da tre anni vive ed opera
tra giovani che fanno esperienza di droga, di carcere e di emarginazione, ha detto : « Vorremmo
che venissero cancellati dagli
scritti e dai cuori i termini di
’minori delinquenti’ e di ’drogati’, e si parlasse invece di fratelli che nella vasta problematica
giovanile fanno esperienza di
droga e di errato rapporto sociale... perché essi sono fratelli
che soffrono... I cristiani si comportino con meno paternalismo
e compassione, ma più solidarietà e compartecipazione... Ohi
porta scarpe non può capire chi
ha i piedi nudi. I beni della Chiesa siano gestiti dalle comunità.
I sacerdoti ricevano uguale contributo economico, non più del
salario di un operaio. Siano abolite le tariffe per i servizi liturgici e le offerte vadano nella cassa gestita dalla comunità... Se
Cristo tornasse pensate che verrebbe a far comunità ed a dormire nei nostri palazzi, nelle nostre ville, nelle nostre case? No!
Pensiamo proprio di no ».
Altri, sottolineando la tradizione di impegno della Diocesi
per la cultura, ha manifestato il
comune desiderio che si aprano
nuove prospettive di presenza
nella cultura, che continui lo
sforzo delle attuali editrici bresciane. Si è anche parlato delle
nuove comunità di base, dei
nuovi movimenti ecclesiali: rinnovamento dello spirito, gruppi
carismatici; è stata illustrata la
realtà di immigrazione a Brescia, con presenza di persone di
colore, appartenenti anche ad altre religioni.
Lo spazio ci impedisce di riferire su altri interventi che, come
quelli citati, interpellano anche
le nostre comunità evangeliche.
Dall’insieme dei lavori abbiamo
riportata l’impressione che la
Chiesa cattolica di Brescia sia
aperta alle problematiche del
mondo di oggi, si lasci interpellare dai giovani, ringiovanire dai
fastidi dei fratelli lontani e, last
but not least, sia disponibile per
un dialogo ecumenico non banale, ufiBciale o stagionale; un dialogo che sia un comune confronto con la Parola di Dio per trarne ispirazione ad un maggiore
inserimento nella realtà viva e
spesso dolente della società in
mezzo alla quale viviamo e della
quale non sempre siamo capaci
di vedere e capire le sofferenze
e l’ansiosa ricerca di un mondo
nuovo che noi sappiamo essere
quello di Cristo, ma che abbiamo difficoltà a presentare in
tutta la sua luce, perché sovente
le nostre Chiese e le nostre azioni individuali ne offuscano lo
splendore.
Questa nota ecumenica è risuonata anche nel discorso tenuto
dal Vescovo in Duomo, alla chiusura dell’Assemblea. Egli, anche
riferendosi agli interventi dei
due osservatori valdesi, ha detto
fra l’altro : « Il motivo ecumenico, il più attuale nella presente
congiuntura religiosa, è emerso
all’inizio ed alla fine dell’incontro ».
Pochi giorni dopo, la sera del
20 dicembre, il nostro locale era
gremito per un incontro ecumenico di preparazione al Natale,
sul tema : Consolazione = Liberazione, ispirato da Isaia 40: 1-5
e 2 Corinzi 1:3-7. Riferiremo
prossimamente su altri programmi che stiamo mettendo a punto.
Enrico Corsani
Con una intervista a Emanuele Forma, La Prealpina di Varese del 10 dicembre illustra per
i suoi lettori la situazione delle
Chiese integrate valdo-metodiste
della zona, con una accentuazione verso gli sviluppi ecumenici
che questa integrazione può favorire.
« ^ «
Il Giorno del 28 dicembre dedica spazio alla Mostra fotografica per l’anno del fanciullo organizzata presso la Comunità
Metodista milanese in via Porro
Lambertenghi.
« ^
Nel numero del 30 dicembre
di Famiglia Cristiana il noto domenicano Padre Chenu, nel parlare dell’attuale risveglio religioso, si rifa alla nota distinzione
di Bonhoeffer tra Fede e Religione, affermando che occorre conciliare le due, la Religione essendo il modo offerto all’uomo per
sollevarsi verso Dio, e la Fede
il modo con cui Dio si fa presente all’umanità.
« He
Sul Gazzettino del 23 dicembre mons. Innocenti esprime
perplessità sulle avances ecumeniche in corso tra la Chiesa Anglicana e quella cattolica. Secondo rinnocenti, tra le due chiese
vi è una « differenza di fede » non
superabile.
H* ^
In una intervista pubblicata
da Panorama del 31 dicembre
Sergio Quinzio parlando della situazione attuale della chiesa di
papa Wojtyla afferma fra l’altro
« io sono cattolico, ma preferisco attingere alla teologia protestante che trovo molto più viva ». Tutto questo partendo dal
rifiuto del ritorno al tomismo
auspicato da Giovanni Paolo II.
Sulla Repubblica Luigi Accattoli ha pubblicato una serie di articoli sulla situazione della chiesa cattolica in Olanda. Tra l’altro asserisce che « le nuove chiese cattoliche assomigliano sempre più a quelle protestanti » e
che è in atto «una progressiva
assimilazione tra cattolici e protestanti ». Il Sinodo olandese convocato a Roma discuterà appunto di questa situazione e sarà
interessante sapere se questo
ecumenismo, che vede im progressivo avvicinamento dei cattolici ai protestanti (e, per una
volta, non viceversa) troverà ascolto o sarà totalmente respinto.
* * *
Riferendo sul convegno tenutosi a Venezia dei Cristiani per
il socialismo il Gazzettino del 6
e 7 gennaio, dopo aver ricordato
che in quella organizzazione militano credenti cattolici e protestanti, ritiene di poter concludere che « È indissolubile il legame tra D.C. e mondo cattolico » e che « È finito il dialogo
fra cattolici e marxisti ».
H:
La Difesa del Popolo di Padova dedica il 6 gennaio una pagina alla preparazione della settimana di preghiera per l’Unità
dei Cristiani. A proposito delle
Chiese riformate, Andreuccia
Cossu scrive che « continuano
a persistere non secondarie divergenze per superare le quali...
occorre seguire il doppio binario della verità e dell’amore ».
^
Stampa Sera del 7 gennaio riferisce su un incontro organizzato dalle Comunità di base sui
diritti umani nella chiesa, svoltosi a Torino, cui ha partecipato
per parte valdese il prof. Giorgio Peyrot. , Niso De Michelis
DALLE CHIESE
Messaggio ai magistrati della Campania
NAPOLI - L’inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli ha visto anche la partecipazione del
Consiglio delle comunità evangeliche che era stato invitato a
parteciparvi. Un invito non certo usuale in altre parti d’Italia
che dimostra l’importanza dell’evangelismo nella vita sociale
della Campania.
Nel suo messaggio all’assemblea dei Magistrati, il pastore
Carcò ha osservato le difficoltà
dell’attuale momento storico cui
ciascuna componente della società deve far fronte e la necessità che lo stato sia ispirato nella sua pratica a principi di aconfessionalità ed ha così proseguito: « Per il lavoro che vi
attende in questo 1980, come
Giunta del Consiglio delle Comunità Evangeliche di Napoli Vi
auguriamo che Voi, amministratori della Giustizia, possiate tutti essere e restare liberi da ogni
sempre possibile tentazione di
ingerenze o condizionamenti da
parte di istituzioni diverse da
quella che voi siete chiamati a
gestire affinché possiate rendere
un servizio libero a tutti i concittadini credenti, non credenti,
atei, agnostici o indifferenti verso qualsiasi credo religioso, filosofico o politico. E questo nel
pieno rispetto della comune umanità, a difesa della Giustizia
e a salvaguardia dei principi sanciti nella Costituzione della Repubblica ».
Centro di cultura
ROMA - È stato diffuso in questi giorni il programma del Centro Evangelico di Cultura, come
sempre ricco di iniziative.
Il programma, dopo il dibattito « Hans Kiing non è più teologo cattolico » di cui diamo notizia in altra parte del giornale,
e il dibattito sull’Ecumenismo
in Italia con la partecipazione
di mons. Agresti, arcivescovo di
Lucca, prevede:
Sabato 26 gennaio: L’Islam e
noi. La fede e la visione del mondo musulmano presentata da due
esponenti della Comunità Islamica di Roma. Parleranno il Segretario generale e l’Imam del
Centro Culturale Islamico di Roma.
Sabato 2 febbraio: Ugo Janni,
pioniere deU’eciunenismo. Sarà
presentato il volume su Ugo Janni recentemente apparso nella
Collana della Facoltà Valdese di
teologia. Parleranno l’autore, Cesare Milaneschi, e Lorenzo Bedeschi. Interverranno anche i proff.
Francesco Pitocco e Sosio Pezzella.
Sabato 9 febbraio: Attualità
della confessione di fede Augustana. Nel 450° anniversario di
questo importante documento
della Riforma del 16° secolo, se
ne illustrerà il valore evangelico ed ecumenico. A cura del pastore Christoph Meyer, decano
della Chiesa Evangelica Luterana in Italia.
Dopo il convito fraterno del
16 febbraio, il programma prosegue:
Sabato 23 febbraio: Chiese evangeliche e messaggio evangelico in Italia. Parlerà Domenico
Maselli, pastore della Comunione delle Chiese Cristiane Libere
e prof, universitario a Firenze.
Sabato 1° marzo: Scienza, fede e futuro dell’umanità. Risultati della consultazione mondiale su questo tema organizzata
dal Consiglio Ecumenico delle
chiese a Boston (USA) nel luglio
1979. Riferisce il dr. Pietro Comba, che vi ha preso parte.
Sabato 8 marzo: Dialogo tra
riformati e cattolici. Il documento finale « La presenza di Cristo
nella Chiesa e nel mondo » presentato dal prof. Sergio Rostagno.
Ecumenismo
Proseguono le attività di ricerca ecumenica coi fratelli cattolici, quasi tutte centrate sul confronto biblico. A Sanremo, ogni
lunedì si tiene uno studio biblico
ecumenico sulla bibbia ed ora
viene studiata la lettera ai Colossesi. A Venezia ogni sabato
discussione di tematiche di
interesse comune. Recentemente
hanno relazionato Guido Colonna Romano, il prof. Valdo Vinay e il cattolico prof. Sartori.
Ma accanto a questi segni di se
rio confronto ecumenico, non
possiamo non segnalare che anche là dove la ricerca ecumenica avanza, sia pure con difficoltà, una parte della chiesa cattolica si lancia in iniziative controproducenti sul piano ecumenico
quali la « peregrinatio Mariae »
avvenuta recentemente nella zona di Sanremo-Vallecrosia.
Studio
comunitario
FORANO - La comunità di Forano ha ripreso le sue attività
concentrando in particolare modo la sua attenzione sullo studio
del « Primo documento per una
riflessione comune sulla situazione delle chiese battiste, metodiste, valdesi in Italia ». Il
gruppo di studio si è mostrato,
in linea di massima, abbastanza
aperto ai problemi posti dal documento e favorevole ad una
più approfondita conoscenza tra
queste chiese in vista di una ripresa dell’evangelizzazione nel
nostro paese.
• Il gruppo dei catecumeni
iscritti all’ultimo anno si è riunito intorno a due argomenti:
«Protestanti ieri e oggi », « La
cena del Signore ». Durante queste riunioni quindicinali i ragazzi hanno maturato l’idea di
chiedere al consiglio di chiesa
di riunirsi con loro per parlare
della loro confermazione per il
giorno di Natale; dopo una lunga discussione amichevole il consiglio di chiesa ha approvato e
si rallegra insieme alla comunità
tutta che Laura, Marco, Marta,
Massimo, Maurizio, Sauro e Tamara durante il culto di Natale confermino l’essere evangelici. Speriamo che sia un buon
inizio il canto che i confermandi
ci hanno fatto ascoltare il giorno di Natale e che il solerte
Mauro continui ad aiutarli.
Margherita Vezzosi Sommarli
ROMA — Il Signore ha improvvisamente chiamato a sé la
nostra sorella in fede Margherita Vezzosi Sommani, consorte
del pastore valdese di Roma P. Cavour, Franco Sommani.
La notizia della immatura
scomparsa ha gettato nello sgomento, incredulo e doloroso, non
solo il pastore e la sua famiglia,
ma anche l’intera comunità
evangelica romana, specie quanti avevano potuto conoscere, apprezzare ed amare questa nostra
sorella per le sue grandi doti
di bontà, di gentilezza, di amore fraterno e di autentico impegno nell’opera del Signore.
La celebrazione dei funerali
— presieduta dal prof. Valdo Vinay — è stata fatta lunedi 14
corrente, alle 8,30, nel tempio —
gremitissimo — di P. Cavour.
Erano largamente rappresentate tutte le chiese evangeliche
romane, quella Valdese di Firenze col pastore Luigi Santini,
nonché la scuola media di Roma nella quale la signora Som
mani insegnava, con un folto
gruppo di professori e di studenti.
Rievocandone qui brevemente
la figura, siamo certi di interpretare i sentimenti di viva, affettuosa partecipazione al nostro cordoglio da parte di tutta
la Chiesa Valdese e — in modo
particolare — delle comunità di
Roma, Firenze, Torre Pellice,
Como e Pachino dove, in periodi più o meno lunghi, (complessivamente per oltre trent’anni) il
pastore Franco Sommani e la
sua Compagna hanno esercitato
il loro ministerio, in obbedienza
alla vocazione ricevuta, con una
testimonianza viva e autentica,
incentrata nella fede e nella speranza cristiana e nell’amore per
il prossimo.
Perciò, ripetiamo con la Scrittura : « Il Signore ha dato, il Signore ha tolto : sia benedetto il
nome del Signore ».
Per il Consiglio di Chiesa
A. Long
3
25 gennaio 1980
LARGA PARTECIPAZIONE AD UN INCONTRO PROMOSSO DAL CENTRO EVANGELICO DI CULTURA DI ROMA
Dibattito a più voci Hans Küng è o non è
un teologo cattoiico?
Mai, forse, in questi ultimi
anni' l’Aula Magna della Facoltà
Valdese di teologia, a Roma, è
stata così gremita come il 12
gennaio scorso, per un dibattito
a più voci sul « caso Kiing », il
noto teologo cattolico recentemente sconfessato dalla Congregazione vaticana per la Dottrina
della Fede (ex-Sant’Uffizio). Platea e galleria erano colme. Esauriti i posti a sedere, moltissime
persone sono rimaste in piedi,
per tutta la durata dell’incontro
(due ore e mezzo filate). Molti i
cattolici presenti (la Comunità
di base di S. Paolo ha sospeso la
sua consueta riunione del sabato
per partecipare a questo incontro), molti anche gli evangelici
di diverse comunità romane. Un
così eccezionale concorso di folla si spiega forse col fatto che
finora a Roma non c’era stata
nessuna discussione pubblica del
caso Kiing. Del resto, lo stesso
presidente del Centro Evangelico
di Cultura, prof. Paolo Ricca, ha
detto che « l’organizzazione di
questa "tavola rotonda" è stata
alquanto laboriosa ». Sembra
dunque che il C.E.C. abbia incontrato delle difficoltà a reperire rappresentanti autorevoli delle diverse posizioni cattoliche disposti a pronunciarsi pubblicamente sul caso.
Gli interventi
Ecco ora un breve sommario
degli interventi, così come li possiamo ricordare. Don Carlo Molari, segretario dell’Associazione
Teologica Italiana (egli stesso
processato pochi anni fa dall’exSant’UiRzio) ha affermato che il
conflitto tra Kiing e la Curia è
un « conflitto di teologie » perché
anche il magistero, nei subi pronunciamenti, utilizza una teologia che, come ogni altra, è relativa e non dovrebbe essere assolutizzata come se fosse l’unica
possibile o legittima. Molari ha
ricordato che secondo il Vaticano II il compito di fare teologia
spetta alla chiesa intera e i soggetti particolari di questo processo sono tre: il popolo di Dio,
i teologi e il magistero. I teologi
fungono come mediatori tra il
magistero e il popolo di Dio, secondo un movimento che è sia
ascendente (presentando al magistero la coscienza di fede della
comunità dei fedeli) sia discendente (illustrando alla comunità
il vero senso deH’insegnamento
del magistero). Ha concluso invitando ciascuno a « rispettare il
ruolo dell'altro », senza prevaricazioni.
José Ramos-Regidor, della Rivista ecumenica « Idoc Internazionale » ha presentato a grandi
linee la teologia di Kiing sottolineando il fatto che per comprenderla occorre tener sempre
presente che il suo interlocutore
è l’uomo moderno. La preoccupazione principale di Kiing non è
di ripetere le formule classiche
dell’ortodossia cattolica ma di
rnediarne i contenuti nei termini
di quella razionalità critica propria delTuomo d’oggi. Egli ha poi
illustrato i tre tipi di teologia oggi a confronto: c’è la teologia
classica, legata alle formulazioni dottrinali del passato, assunte
come enunciazioni adeguate di
una' verità perenne (così, ad
esempio, procede la Congregazione vaticana per la Dottrina della
Fede); c’è poi la teologia critica
(come quella di Kiing), che fa i
conti con la storia sia passata che
odierna, e ripensa il "deposito
della fede” in dialogo serrato e
avvincente con la coscienza culturale contemporanea; c’è infine
una teologia (emergente in certi
settori cristiani e in certe zone
come l’America Latina) che è per
CO.SÌ dire, donpiamente critica,
nel senso che la sua elaborazione
avviene in stretto rapporto non
solo col dato culturale ma anche
con quello sociale. Questa teologia può e deve utilizzare Kiing.
Filippo Gentiioni, del settimanale « Com-Nuovi Tempi », ha rilevato che gli ultimi papi, nel loro magistero, hanno insistito in
misura crescente su temi antropologici e sociali mentre « un
magistero di tipo più teologico
sta diminuendo di papa in papa ». La condanna di Kiing è
stata accolta nel mondo cattolico italiano con indifferenza, non
avendo suscitato né contestazione diffusa né accettazione convinta. Questo è un dato preoccupante, perché potrebbe rivelare
che « il discorso sul vero sta
scomparendo sempre di più ».
Gentiioni ha poi criticato il punto di vista del cardinale Colombo secondo cui l’intervento della
Curia era necessario per difendere la fede dei semplici credenti
che avrebbero potuto essere turbati o fuorviati dalle affermazioni di Kiing: la Curia avrebbe
quindi agito « in nome dei più
deboli ». Secondo Gentiioni questo argomento non ha radici nella realtà: nessun "semplice” .ha
manifestato turbamento per le
tesi di Kiing. In realtà, l’intervento della Curia è avvenuto non
in nome dei più deboli ma dei
più forti.
Paolo Ricca, della Facoltà valdese di teologia, ha contribuito
con un intervento che viene riportato integralmente in questa
pagina.
La discussione
Sono seguiti vari interventi
tra i quali ricordiamo quelli di
Gianni Gennari, Vittorio Subilia,
Giovanni Cereti, Giovanni Franzoni, Giorgio Peyrot e Francesco
Zanchini. Purtroppo si è sentita
pòco la’ voce, diciamo cosi, ufficiale del cattolicesimo, che pure
era rappresentata in sala.
Dopo due ore e mezzo, con
l’aula ancora molto affollata, si è
chiuso il dibattito su un « caso »
che, come molti altri, la coscienza cristiana difficilmente potrà
archiviare.
Le risposte a questa domanda
possono essere sostanzialmente
tre:
La risposta
della Curia
1. La prima è quella della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede (l’ex-Sant’Uffizio) che nella sua Dichiarazione
del 15 dicembre scorso, confermata in un ulteriore comunicato del 30 dicembre, ha affermato che « il professore Hans Kùng
è venuto meno, nei suoi scritti,
all’integrità della verità della fede cattolica, e pertanto non può
più essere considerato teologo
cattolico né può, come tale, esercitare il compito di insegnare ».
Le ragioni addotte dalla Congregazione vaticana in appoggio a
questo suo giudizio alquanto drastico (le sanzioni canoniche che
10 accompagnano sono, tutto
sommato, piuttosto leggere, ma
11 giudizio è severissimo: è in
pratica la negazione dell’identità
che Kùng stesso, si attribuisce)
si articolano in alcuni punti particolari (ad esempio le posizioni
di Kùng su Maria e sui rapporti tra Oesù e Dio : Kùng, secondo la Curia, non affermerebbe
con sufficiente chiarezza la « consustanzialità » di Cristo con il
Padre) ma possono tutte essere
ricondotte a un suo « disprezzo
per il Magistero della Chiesa »
( come dice testualmente il documento di condanna), la cui
manifestazione più evidente è la
critica serrata fatta da Kùng al
dogma deU’infallibilità pontifì
cia. Questa critica, com’è noto,
ha suscitato un ampio dibattito.
Kùng l’ha formulata come « una
domanda » già nel 1970 e in questi dieci anni non ha sostanzialmente modificato le sue posizioni. Ha però, ultimamente, avanzato la proposta di creare una
commissione ecumenica che con
« imparziale oggettività, con onestà scientifica, lealtà ed equità »
riesamini la questione dell’infallibilità. Questa proposta si riallaccia a una proposta analoga
del teologo francese Y. Congar
che, tenendo conto dei forti condizionamenti storici che hanno
pesato sul Vaticano I, ha affermato la necessità di una « ri-ricezione » (quindi di un riesame)
dei dogmi del 1870 e in particolare di quello deH’infallibilità
pontificia. In questo senso si può
dire che Kùng abbia assunto
una posizione interlocutoria su
quello che senza dubbio è il principale pomo della discordia, cioè
il dogma delTinfallibilità. Pur
mantenendo le sue posizioni, che
la Curia giudica eterodosse,
Kùng chiede, per così; dire, un
supplemento (ecumenico) di
istruttoria. Non potendo appellarsi a un concilio ecumenico,
che non esiste ancora, si appella
a una commissione ecumenica.
Alla luce di tutto questo, che cosa pensare del verdetto della Curia su Kùng? Certo, se un teologo cattolico non ha il diritto
di mettere in discussione (il che
non significa ancora negare) alcun dogma cattolico, neppure in
nome deU’Evangelo o di un altro filone della tradizione cattolica, allora evidentemente Kùng,
CEvAA: NOTIZIE E DIBATTITI
Tecnologia e realismo
Durante il nostro soggiorno h
Kaputa, ci siamo recati a visitare il villaggio di Mununu in riva
al lago. Tre ore di traversata su
un battello a motore, in una giornata calma ma to.frida; al passaggio salutiamo coccodrilli e ippopotami. In certi posti bisogna
fare attenzione alle reti dei pescatori.
Discutendo con gli abitanti del
villaggio, mi chiarisco le idee su
quello che vuole essere un progetto che gli specialisti definiscono « auto-centré ». Si vuole evitare di imporre dei cambiamenti nella vita della gente, in virtù
di principi elaborati da stranieri,
fossero anche degli specialisti di
chiara fama, e di imporre macchinari costosi fabbricati all’estero, con dei motori sofisticati per
i quali carburante e pezzi di ricambio sarebbero introvabili localmente.
Al contrario il segreto è di partire dalla realtà della gente e da
ciò che posseggono nei villaggi,
e di provvedere al miglioramento delle loro condizioni di vita
in ogni campo, servendosi di tecniche perfettamente aderenti alle possibilità locali. L’azione nei
villaggi consiste nello scoprire
innanzi tutto, con gli abitanti,
quali sono gli aspetti della loro
esistenza che devono e possono
es.sere trasformati: prevenzione
delle malattie, equilibrio nella
nutrizione, abitazioni, ed anche
apertura intellettuale, liberazione dalle credenze che paralizzano, conoscenza delTEvangelo. La
collaborazione attiva degli interessati è indispensabile fin dall’inizio della riflessione e della
ricerca affinché siano poi impegnati con convinzione nell’azione
a tutti i suoi stadi e divengano i
veri artigiani del loro sviluppo. Il
ruolo dei collaboratori stranieri
del progetto è quello di fornire
l’occasione di una presa di coscienza della situazione, di suscitare la volontà di farla sviluppare verso il meglio, ed al tempo
stesso di aiutare a risolvere i
problemi di ordine tecnico che si
possono presentare. Lo sviluppo
fondato sulle capacità e sulle
possibilità degli abitanti del villaggio è molto più realista dell'introduzione di tecnologie avanzate, cadute dal cielo, il cui funzionamento è sofisticato' fino al
punto da lasciare indifferenti le
poDolazioni interessate.
A questo proposito, siamo stati particolarmente interessati dai
sistemi di pompaggio delTacqua
che il tecnico del « progetto
Kaputa » ^ ha realizzato serven-'
dosi di pezzi di legno e materiali
(sovente di ricupero come .gomme di automobili usate) trovati
Sul posto. Molti problemi di questo genere possono essere risolti
con un po’ di immaginazione è di
abilità, senza denaro ed evitando
di creare una dipendenza nei
confronti delle risorse industriali straniere.
René Tiercy
(Da « Echos d’outre-mer » 197914)
^ Il « progetto Kaputa » messo in
programma dalla CEvAA vuole aiutare
per mezzo di un’équipe le popolazioni
che si sono concentrate sulle rive del
lago, creato' dalla diga di Kariba, in
cerca di pesca, a sviluppare tutte quelle realtà necessarie alla vita dei nuovi
villaggi : ricerca di acqua potabile, ambulatori, scuole, ecc.
CEvAA, missioni, unità
Caro direttore,
scrivo al giornale per chiedere
se non sia giusto affrontare, a
partire anche da punti periferici
e di per sé poco importanti, alcune tematiche che mi sembrano
meritare una riflessione seria da
parte delle nostre chiese.
1 - Nella liturgia abitualmente in uso nelle nostre chiese, la
domenica più vicina all’Epifania
è indicata come quella della
« manifestazione della gloria del
Signore fra i pagani, e quindi domenica delle missioni ».
2 - Nella presentazione delle
« collette speciali », la Tavola
Valdese indica, mi pare ormai da
alcuni anni, come « Domenica
della CEvAA » l’ultima domenica
di gennaio.
3 - In diverse nostre chiese,
o per celebrare, o per contestare,
si tiene conto del fatto che l’ultima settimana di gennaio è la
« settimana per l’unità dei cristiani ».
Non si potrebbe collegare « domenica delle missioni » e domenica della CEvAA, da un lato
(quali che siano le obiezioni che
si possono avere sul tradizionale calendario liturgico, e quale
che sia, il senso che si intende
dare all’azione della CEvAA), e
daH’àltro lasciare libera l’ultima
domenica di gennaio per la « settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani »?
Questa « settimana », celebrata
o contestata o ignorata che sia,
dato che comunque è sentita -in
campo cattolico, e ci coinvolge
volenti o nolenti per le sollecitazioni che in essa ci pervengono dai fratelli cattolici, dovrebbe, a mio avviso, o essere utilizzata secondo alcune linee di azione comuni da parte delle nostre
chiese, o, se questo non è il caso, per mancanza di sufficiente
chiarezza nostra sul tema, essere lasciata libera da altre tematiche, perché ogni chiesa possa
decidere se e come cogliere l’occasione a seconda delle diverse
opinioni o situazioni o sensibilità.
Da una impostazione più logica deriverebbe, credo, maggiore
chiarezza sia sull’ecumenismo,
sia sulla missione, sia sul senso
della liturgia, sia, infine, sulla
colletta che intendiamo consacrare al lavoro della CEvAA.
S. Ribet
che mette appunto in discussione il dogma delTinfallibilità (non
per negarlo tout court, ma per
mettere in luce il nucleo di verità evangelica che, secondo lui,
esso contiene), non è un teologo
cattolico. Ma sono molti i teologi cattolici che rivendicano il diritto, anzi il dovere, di mettere
in discussione (fosse pur solo
per comprenderli più a fondo)
anche i dogmi. Senza discussione non c’è comprensione. In realtà il verdetto della Curia esprime un pensiero teologico immobile e ripetitivo, incapace non dico di accettare ma neppure di
comprendere la categoria della
discutibilità della fede, dei suoi
contenuti, delle sue affermazioni
e quindi dei dogmi. Credo che il
contrasto di fondo tra Kùng e
la Curia sia appunto dovuto a
una diversa comprensione della
fede: quella di Kùng è una fede
in cammino, aperta, libera nel
suo formularsi; quella della Curia fa l’impressione di essere
bloccata su se stessa, potremmo
quasi dire prigioniera di se stessa o delle sue formulazioni, (^naie di queste due comprensioni
della fede sia quella autenticamente cattolica non saprei dire.
Ma di fronte a un Kùng che dice : « Sono un teologo cattolico »
e a una Curia romana che dice:
« Kùng non è un teologo cattolico », perché dovremmo dar ragione alla Curia piuttosto che a
Kùng? Perché la Curia dovrebbe sapere meglio di Kùng qual’è
la vera comprensione cattolica
della fede?
Paolo Ricca
(continua a pag. 10}
ALLA CAMERA
Interrogazione
radicale
sull’Intesa
Oltre all’interrogazione dell’on.
Valdo Spini sulla mancata conclusione dell'intesa tra lo Stato e
le Chiese valdesi e metodiste
(per la quale l’interrogante ha
già sollecitato la risposta per la
seconda volta), un’altra interrogazione, dei radicali Di Cataldo,
Aglietta, Afelio, Boato, è giunta
sul tavolo della presidenza del
Consiglio il 30 dicembre. Il testo
viene riportato nel primo numero del Nev-notizie evangeliche:
« I sottoscritti deputati interrogano il presidente del Consiglio dei ministri per conoscere le
ragioni che hanno impedito finora il governo di sottoscrivere
l’intesa con le chiese valdesi e
metodiste il cui testo, ora pubblicato dall’editrice Claudiana di
Torino, è il risultato dell’accordo
tra la commissione Gonella e i
rappresentanti della Tavola valdese (che comprende anche i metodisti) raggiunto fin dal febbraio 1978. La firma di tale intesa, che il governo italiano dilaziona senza alcun plausibile motivo sarebbe una testimonianza
di grande civiltà e rispetto del
dettato costituzionale, dal momento che essa si fonda esclusivamente sui principi della Costituzione senza prevedere garanzie
supplementari né privilegi fiscali o economici, né stipendi per
cappellani nelle caserme e nelle
carceri o per gli insegnanti di religione nelle scuole pubbliche. I
sottoscritti chiedono quindi se
tale ingiustificata dilazione non
stia a dimostrare l’intenzione governativa di non far conoscere
al paese, prima della conclusione
della revisione del (Concordato,
una nuova concezione dei rapporti tra stato e chiese del tutto
opposta a quella che è alla base
del Concordato, in quanto rispettosa della libertà di coscienza e
della Costituzione ».
4
25 gennaio 1980
DIRITTI DEI MALATI E DEI MORENTI
Dalla parte dei malati
Più che formulare teorie per giustificare Dio di fronte al male, i cristiani devono mettersi dalla parte dei malati e condividerne i pesi
Una delle domande che vengono poste a chi assiste i malati è
l’eterno « perché Iddio onnipotente e buono permette tutto
questo dolore ». Che io sappia
non esiste ima risposta soddisfacente a questo interrogativo. Anzi è proprio il problema del dolore, che costituisce lo scoglio
maggiore per ogni fede in Dio.
La risposta che il Signore ha offerto è a sua volta un interrogativo tremendo e cioè la passione
e la morte di Cristo crocifisso.
Questa constatazione ci porta
a una prima affermazione e cioè:
Il compito dei cristiani non è
tanto quello di formulare delle
accettabili teorie per giustificare
Dio, quanto quello di collocarsi
effettivamente dalla parte dei
malati e condividerne i pesi. Il
primo dovere, dunque, è quello
di stabilire un rapporto con il
malato in quanto individuo.
Il malato come
persona singola
Quando Gesù incontrava eli
indemoniati e i sofferenti, sovente domandava: « Che cosa vuoi
che io ti faccia? ». Questa domanda sembra a taluni gratuita e
quasi offensiva. E’ ovvio, infatti,
che un lebbroso voglia essere
guarito, o che uno zoppo s’aspetti di camminare. Ma rnolti interpreti del Nuovo Testamento hanno visto in questo una duplice
esigenza: che il malato esprimesse in qualche modo la sua fiducia nella potenza taumaturgica
di Gesù e che il malato prendesse coscienza del rispetto che Gesù aveva per la volontà dell’individuo.
Se questo modo di intendere
quei passi evangelici è corretto,
allora abbiamo una indicazione
preliminare ad ogni altro discorso: per essere dalla parte del malato bisogna che sia lui ad esprimersi per primo e bisogna che
sia lui a voler stabilire un rapporto di fiducia. Questa delicatezza di approccio è fondamentale perché si stabiliscano le premesse del servizio. Bisogna veramente che il soggetto ammalato
sia convinto fin nel profondo che
egli è un essere umano, che ha
una dignità e che deve poter
esercitare la sua libertà. Ciò è
tanto più importante, quando si
pensi che la persona ammalata tico-funzionaìe.
specie quando ospitalizzata, è
sotto l’influsso di molti traumi:
il trauma della malattia, il trauma dell’ospitalizzazione, il trauma della manipblazione del suo
corpo, quello dell’esposizione del
corpo, quello della separazione
dal mondo affettivo e lavorativo.
In queste condizioni una solidarietà puramente commiseratrice
può essere addirittura controproducente. Mentre, io credo,
un’affermazione di dignità e di
libertà punta alla meta del recunero delle proprie risorse morali e spirituali.
E’ superfluo, a questo punto,
ricordare a tutti gli operatori sociali e sanitari che ogni malato
è un soggetto unico e che tale
unicità va salvaguardata.
Ma quello che più mi preme
sottolineare è che problemi come il diritto all’informazione, alla salvaguardia del pudore, alla
decisione sull’accettare certe terapie, non sono risolvibili con
delle formulette prefabbricate o
con norme giuridiche. Si racconta che il Dottor Bernard C. Meyer dell’Ospedale Mount Sinai di
New York fu interpellato sulla
opportunità che il paziente sia
messo al corrente della verità.
« Prego — rispose — quale paziente? E di quale verità? ».
(AA.VV. CounseUng thè Dving, p.
103).
giustizia, allora è estremamente
importante non basarsi su astrazioni, ma lavorare più strettamente possibile con la persona
ammalata come persona individuale.
Negli ultimi anni ho assistito
una anziana donna della nostra
chiesa, affetta da una forma
asmatica e da varie altre complicazioni cardio-circolatorie. Per
il periodo di circa due anni è
passata daH’Ospedale San Luigi,
a casa, poi di nuovo al San Luigi,
poi al Mauriziano, poi a casa, poi
a Villa Ida (Lanzo) poi a casa.
Malgrado ogni volta fosse stata
dimessa con l’assicurazione che,
sebbene non guarita del tutto,
tuttavia era in condizioni di poter vivere a casa sua, la vita m
famiglia risultava impossibile
per le continue crisi cui era soggetta. Dopo qualche settimana
dal suo ultimo ritorno a casa, fu
possibile farla ricoverare in un
piccolo Ospedale Evangelico. Lì
trovò un ambiente familiare,
gente della sua stessa fede, personale sanitario paziente e specializzato per trattare con persone anziane, non era assillata
dalla continua minaccia di essere dimessa, a suo parere innanzi
tempo. Il risultato è che ora è
tornata ai suoi e mi dicono che
sta sufficientemente bene, tanto
da essere attiva nelle faccende
domestiche e nella vita quótidiana.
Dal mio punto di vista pastorale è evidente che nell’ultimo
ospedale la nostra paziente è
stata curata non solo nelle sue
malattie fisiche, se così posso
esprimermi, ma è stata recuperata come persona.
Mi rendo conto che questa prospettiva di servizio può creare
non pochi problemi, non solo al
personale medico, paramedico e
amministrativo dei complessi ospedalieri più grossi ma anche
contrastare con gli interessi delle varie categorie di operatori
sanitari sul piano delle loro rivendicazioni sindacali. Vi saranno cioè, delle situazioni in cm,
mettersi dalla parte del malato
come persona, può di fatto significare sacrificio della solidarietà
di classe. E tuttavia resto dell’opinione che anche queste difficoltà potrebbero essere superate meglio, se il rapporto tra
operatore sanitario e ammalato
non fosse puramente burocra
Le strutture
Non è necessario seguire in
tutto e per tutto le tesi di Ivan
Illich per rendersi conto che è
urgente rivedere un po’ tuteo il
sistema sanitario italiano. Del
resto la legge sul servizio sanitario nazionale se non altro tende
a questo scopo. Questa revisione
non può essere fatta a colpi di
leggi, e di decreti, anzi, molto può
essere realizzato già da ora nell’ambito dell’attuale orientamento.
Più sopra ho sostenuto che il
servizio cristiano deve superare
la fase individualistica e caritativa e deve incidere sul piano dei
rapporti, delle strutture e delle
funzioni, perché all’amore si accompagni la giustizia.
Ciò significa innanzi tutto che
gli operatori cristiani e le opere
evangeliche abbandonino risolutamente ogni concezione e ogni
residuo di tipo corporativo, di
difesa dei privilegi e di gelosia
professionale. Quando due discepoli di Gesù chiesero di avere posti di riguardo nel regno, il Signore li redarguì e disse loro che
chi vuole essere primo, sia il primo a servire e a dare la sua vita
nel servizio (Me. 10: 42-45). E’
chiaro ed è vero che i malati
tendano a vedere nel primario e
nel medico curante delle figure
quasi sciamaniche, ma è altrettanto vero che nella realtà dei
rapporti e del complesso dei processi di recupero del malato Tassistente sanitario, il semplice infermiere, l’inserviente e finanche
il personale di assistenza sociale
e amministrativo non ricoprono
ruoli secondari. Mi sembra perciò ovvio che una impostaziojie
cristiana del servizio sanitario
non possa non approvare e im
crementare ogni tentativo e ogni
sforzo tesi a sostituire nelle
strutture sanitarie comportamenti di tipo gerarchico con quelli di
tipo paritario e organico.
E siccome il servizio non deve
mai essere completamente delegato, ma va esercitato, sia pure
con ruoli e impegni diversi, da
tutti, non è un’idea peregrina la
convinzione che le chiese debbano altresì sostenere e incremen
tare ogni sforzo per esercitare il
controllo democratico degli apparati sanitari, dall’ospedale all’unità sanitaria locale e all’opera del singolo medico generico.
Paolo Spanu
(2 - continua)
IMMAGINI
« D’OCCASIONE »
Caro Direttore,
questi sono alcuni pensieri “ amari »
che la rubrica televisiva « Protestantesimo » del 23 dicembre u.s. ha suscitato
in me. La rubrica ha presentato ai telespettatori l'immagine di una comunità quale è nei miei desideri: dove giovani e adulti, anziani e bambini ■■ stanno insieme ». Purtroppo, non è un mistero per nessuno che tale immagine
non corrisponde affatto alla realtà delle
nostre comunità. Molto spesso adulti e
anziani non conoscono affatto i bambini della comunità (a meno che non ne
siano i genitori e i nonni, ovviamente),
come pure non conoscono la maggior
parte dei giovani. Questo avviene perché
nelle nostre comunità ormai esistono
due mondi paralleli che, a quanto sembra, sono destinati a non incontrarsi
mai. Chi, attratto dal quadretto di vita
comunitaria visto in televisione, dovesse unirsi a noi nel momento del culto
domenicale, invano cercherebbe giovani e bambini. Noterebbe, invece, con
stupore (penso) che da una parte, nel
locale chiesa, sono riuniti adulti-anziani, nel locale accanto sono impegnati
nella Scuola Domenicale giovani e
bambini. Un espediente, questo dello
spazio alternativo al momento liturgico, col quale si è pensato di poter risolvere il problema della contestazione di chi rifiuta la vita liturgica della
comunità. Come la scuola pubblica non
educa alla vita se si ostina a rifiutare
il rapporto con la società, così, se essere comunità ha ancora un senso, non
si educa alla fede mediante pedagogie
perfette in spazi separati alternativi, al
di fuori del contesto comunitario. Con
questo non si vuole negare la validità
della riflessione sullo specifico: ben
vengano i gruppi giovanili e femminili. Se non ci sono, bisogna crearli! Ma
questi gruppi devono costituire solo dei
momenti di presa di coscienza, a testimonianza della vitalità di una comunità ohe mette insieme le diverse
esperienze e le confronta in un continuo rapporto dialettico fra le sue componenti.
Una vera comunità vuole porsi all'ascolto di tutti, anche dei bambini e
deve essere capace di farsi comprendere da tutti, anche dai bambini.
1 Valdesi del XU-Xlll secolo, 1 Riformatori ritennero indispensabile fare 11
salto di qualità che li portò ad abbandonare le vecchie formule religiose
per adottare lingua e forma ohe fossero capite dal popolo perché al popolo doveva essere portato l'Evangelo.
Essi ben sapevano che è il sabato fatto per l'uomo e non viceversa. Mi chiedo se alle soglie del 2000 non sarebbe necessario fare un altro salto di
qualità, liberandoci da tutte quelle forme che la gioventù contesta (e non
solo la gioventù), consapevoli che il
messaggio deli’Evangelo non sarà mai
impastoiato da forme rituali e liturgiche anche se di vecchia tradizione. Mi
chiedo se è veramente tanto difficile
aderire a queste richieste per tornare
ad essere comunità di discepoli ohe,
senza distinzione di sesso e di età,
assolvono II compito di comunicare in
modo chiaro e comprensibile a tutti
che il Regno di giustizia è già venuto
in Gesù Cristo per la liberazione dell'umanità.
È tanto difficile essere una comunità che sta insieme, che vive fra la
gente, che cerca di capirne i problemi,
che cerca di dare delle risposte ai bisogni, non solo quotidiani, ma anche
quelli, del prossimo? Fino a che non
avremo il coraggio di fare questo salto
di qualità, immagini come quelle viste
il 23 dicembre saranno soltanto immagini « d'occasione ».
Cordiali saluti
Vera Velluto, Taranto
INTENDERE
I TEMPI
Caro direttore,
vorrei chiedere al pastore Santini,
salutandolo fraternamente, perché trova a ridire, come fa nella sua lettera
pubblicata nei n. 51-52 dell'anno scorso, sul programmi dei campi invernali
di Agape e di Ecumene, « A sinistra
oggi: perché e in quale prospettiva? »
E non è questo l'argomento che più
agita, al coperto o allo scoperto, la
coscienza umana in questo tempo, nelle chiese e nel mondo? Un tentativo
di vederci un po' più chiaro, dappertutto, e specialmente presso i giovani
delle comunità evangeliche, può mai
esser di troppo? Proprio « nel momento del rilancio della evangelizzazione »
mi pare utile uno studio del genere,
perché — e chi meglio del pastore Santini può saperlo? — per evangelizzare,
la prima esigenza è quella di ■■ intendere i tempi, in modo da sapere quello che Israele deve fare » (1 Cren.
12: 32)
Quanto al tema del campo di Ecumene: « L'Unione Sovietica », forse
che l'URSS non è degna di esser conosciuta quanto gli USA? A meno che
non riteniamo somma saggezza seguire la politica dello struzzo. Perché,
comunque la pensiamo, sempre con
la politica dobbiamo scontrarci. Ed a
proposito di Agape, mi dispiace dover
dissentire dall'amico e collega Aldo
Long quando dice, nella sua partecipazione a ” Tribuna libera » nella stessa
pagina, ohe Agape dovrebbe « cambiare nome perché lo rinnega nei fatti ».
Non mi pare proprio, almeno nelle
intenzioni.
Saluti fraterni.
Lino de Nicola, San Remo
A UN ANNO DALLA MORTE
Un aspetto trascurato di Lelio Basso
Un esempio
Se il servizio va inteso, come
ho cercato di .sottolineare nella
nella prima parte, non come pura e semplice risposta ad un bisogno umano e sociale, ma come
espressione dell'amore e della
Lelio Basso ad un anno dalla
sua morte è stato ricordato, in
ora serale avanzata, dalla televisione italiana (secondo canale rubrica « Italiani così »).
Chi non ha conosciuto bene la
sua personalità sarà rimasto
soddisfatto per quanto è stato
detto, mentre chi ha conosciuto
l’uomo, le sue manifestazioni di
pensiero e la sua operosità è rimasto un po’ deluso per quanto
non è stato detto. Un aspetto
importante di Lelio Basso non
è stato minimamente accennato
pur essendo stato presente in
tutta la sua vita: l’aspetto religioso sentito ed espresso.
Segnaliamo succintamente
qualche elemento di questo
aspetto, trascurato dalla televisione italiana, con l’auspicio che
coloro che preparano la completa ricostruzione di tutti i vari
molteplici aspetti dell’uomo possano tenerne il dovuto conto.
Basso iniziò giovanissimo la
sua attività di scrittore. « Conscientia », settimanale romano
protestante (1922-1927), lo ebbe
collaboratore durante la direzione di Gangale. Gli articoli di
Basso erano firmati con lo pseudonimo Prometeo Pilodemo.
Quando Gangale pubblicò il volumetto « Tesi ed amici del nuovo protestantesimo » incluse tra
le foto degli amici anche quel
la di Lelio Basso (pag. 29) con
una brevissima scheda bio-bibliografica. Basso stesso precisò il
suo socialismo marxista inteso
criticamente, interpretando questa dottrina nella grande corrente protestante idealista. Questa
premessa determinò l’adesione
di Basso a « Conscientia » di
Gangale e a « Rivoluzione Liberale» di Gobetti.
Basso, Gangale e Gobetti in
quel tempo erano ventenni e già
in prima linea nel mondo della
cultura politica italiana nella
quale sottolinearono l’esigenza
di un rinnovamento religioso
consono alla tradizionale linea
acattolica italiana.
Basso a proposito di questo
rinnovamento ebbe anche polemica — non serena — con Claudio Treves che, socialista positivista, si era opposto alla « grossa ubbia protestante » ritenendo
che la religione della Riforma
era pur sempre una religione.
Basso difese il protestantesimo, auspicando un’anima religiosa agli italiani che non l’hanno, affinché potessero possedere
una esasperata volontà di lotta
e di redenzione, una prassi rivoluzionaria intransigente. Questa
polemica si svolse nel 1926; Gangale intervenne nella discussione con una lettera a Filodomo
(Conscientia 3-VII-1926). Questa
lettera fu l’articolo più lungo
che Gangale abbia pubblicato
sul suo giornale: era una solita
acuta disamina per un socialismo fondato su presupposti religiosi. Solidali con Basso erano,
esponenti del socialismo di allora, Guido Mazzali, Alfredo
Poggi...
Dopo la soppressione di « Conscientia » l’amicizia di Basso con
i protestanti continuò. Sulla rivista genovese « Pietre » Basso
pubblicò la più elaborata recensione al volumetto « Calvino » di
Gangale, apparso come prima
pubblicazione della casa editrice
Doxa fondata e diretta da Gangale stesso.
Su « Gioventù Cristiana », voce del movimento protestante
giovanile. Basso pubblicò un
lungo articolo, nato come conferenza, su « La Cristianità di
Dostojewski » (luglio 1934 - pagine 113-125). Per una coincidenza nella pagina seguente a questo saggio letterario-filosoflco
comparve l’intervista di M. A.
Rollier a Gangale nella quale
questi si congedava dalla milizia attiva e chiudeva senza rinnegare la missione religiosa, affermando che i profeti non debbono diventare parroci ripetendosi.
Quando il fascista Minculpop
(Ministero Cultura Popolare)
sospese « Gioventù Cristiana »...
per mancanza di carta e non si
trovò modo di ottenere la ripresa, Basso aiutò l’amico Mario A.
Rollier a far uscire un’altra rivista con gli stessi collaboratori
di « Gioventù Cristiana » senza
dover chiedere permesso alcuno,
ma semplicemente comprando
la testata di una rivista esistente. Il trucco riuscì e si ebbe la
pubblicazione di « L’Appello »,
rivista bimestrale di storia, religione, filosofia (1941). Nel primo numero della nuova fase della rivista tra l’altro c’è un suo
articolo che rievoca la figura
di Adriano Tilgher (pagg. 106110), altro amico del nuovo protestantesimo di gangaliana memoria.
Alla ripresa della libertà politica in Italia, anche se Basso allargò il campo della sua attività,
rimase sempre coerente con la
sua giovanile formazione ideologica; maturò la sua ideologia
e trasse vari corollari.
Da quanto sopra ricordato si
comprende perché Basso sul
problema del concordato si sia
dichiarato contrario alla revisione, proponendone l’abrogazione.
Paolo Sanfllippo
5
25 gennaio 1980
Una recente trasmissione di
« Protestantesimo », la rubrica televisiva curata dalla
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia che va in
onda a lunedì alterni sulla
rete 2’, è stata dedicata al pastore Helmut Gollwitzer, ripercorrendo in una lunga intervista il corso della sua vita
profondamente inserita nei
problemi della società tedesca ed europea degli ultimi
cinquant’anni. Dato il carattere significativo del rapporto
tra fede evangelica e impegno
politico nella società, che emerge da questo discorso, abbiamo ritenuto utile pubblicare ampi stralci di questa intervista.
Di H. Gollwitzer, nato nel
1908, docente emerito deU’Università libera di Berlino, ricordiamo le opere principali
pubblicate dalla Casa Editrice Claudiana (via P. Tommaso 1 -10125 Torino): Vietnam,
Israele e la coscienza cristiana (1968), I ricchi cristiani e
il povero Lazzaro (1969), Regno di Dio e socialismo: la
critica di Karl Barth (1975),
Vivere senz’armi (1978). L’ultima opera uscita alcune settimane or sono — Il poema
biblico dell’amore tra uomo e
donna, un commento al Cantico dei Cantici — sarà presentata quanto prima in una rassegna biblica sulle pagine del
nostro giornale.
moller, Gustav Heinemann (poi
diventato presidente della Repubblica Federale Tedesca) miei
cari amici, e anch’io. Subito dopo che' questa questione della
rimilitarizzazione fu risolta con
l’ingresso nella NATO, sorse un
altro problema.
Adenauer voleva dotare l’esercito della Germania Federale di
armi atomiche. Nella seconda
metà degli anni ’50 avevamo da
combattere... abbiamo veramente scoperto il problema delle
armi atomiche come problema
cristiano solo 10 anni dopo Hiroshima. La chiesa, che finora
in certa misura ha detto sì al
servizio militare, all’esercito, alla guerra giusta, può dire sì anche alle armi e alla ^erra atomica? Dovemmo meditare teologicamente il « no » alle armi nucleari. Nel 1957 io venni da Bonn
qui a Berlino, alla «Freie Universität » e continuai ad essere,
come cristiano e come teologo,
immerso nei problemi politici.
Col movimento studentesco
Nella Chiesa confessante
— Prof. Gollwitzer, come definirebbe la sua posizione come
teologo oggi in Germania?
— Qui da noi c’è probabilmente una differenza tra la teologia
protestante e la teologia cattolica. Io sono un teologo protestante e la teologia protestante non
ha mai individuato il suo compito tanto nel difendere la dottrina della chiesa contro il mondo, come fa la teologia cattolica, quanto piuttosto nel creare
un collegamento tra la fede cristiana e i problemi del mondo
di oggi.
Così noi teologi evangelici stiamo sulla linea di frontiera, sulla
linea d’intersezione; come uomini di oggi partecipiamo ai problemi del mondo moderno, come cristiani siamo partecipi della fede cristiana.
Io stesso sono da un lato un
teologo protestante molto tipico: sono figlio di una famiglia
pastorale luterana, che era teologicamente e politicamente molto conservatrice; ma poi mi sono
evoluto verso sinistra — e in
questo non sono più tanto tipico! — sotto l’influsso di amici
socialisti e comunisti e del mio
maestro Karl Barth, così che
nel 1933, alla presa del potere
da parte di Hitler, ero già un
deciso oppositore del Fiihrer.
— Lei ha quindi partecipato fin
daU’inizio all’opposizione costituita dalla chiesa confessante.
Vuol dirci come iniziò?
— Con grande meraviglia di
Hitler, quando tutto il paese era
ai suoi piedi, ci fu in Germania
unicamente un piccolo gruppo
di pastori evangelici a dirgli ancora « NO ». I socialisti e i comunisti erano già in prigione e
in campo di concentramento: ma
nel mondo borghese questo gruppo di pastori era la principale
resistenza contro Hitler, con sua
grande sorpresa. La maggior
parte della chiesa, cattolica ed
evangelica, si adattò, ma nella
chiesa evangelica sorse un gruppo di opposizione, la « chiesa
confessante » il cui portavoce,
era il pastore Martin Niemoller. Quando egli, nel 1938, andò
in campo di concentramento, mi
pregò di sostituirlo, qui nella
sua comunità di Berlino-Dahlem,
che è stata la comunità più rappresentativa della chiesa confessante.
La nostra opposizione cominciò così: noi della chiesa confessante dicevamo; « Non siamo
contro il nazionalsocialismo per
motivi politici; siamo però contro « Tallìneamento » della chiesa, contro la sua sottomissione
alla politica nazionalsocialista.
La chiesa deve rimanere chiesa,
sione di un approfondito studio
di Marx, Engels, Lenin e Stalin.
Questo mi fu poi molto utile
quando tornai a casa.
— Quali conseguenze ha tratto dal periodo nazista, dalla
guerra e dalla prigionia?
— Innanzitutto sono naturalmente diventato un deciso antimilitarista. In secondo luogo, dal
punto di vista teologico (fui subito, anzi, ero già stato, nominato professore di teologia sistematica a Bonn, per la cattedra
— A questo proposito, vuol
dirci qualcosa sul suo collegamento col movimento degli studenti che sorse a Berlino nel
1967?
— A differenza di molti miei
colleghi professori, io mi rallegrai molto per la nascita di questo movimento: trovavo che
molte cose dovevano esser cambiate nelle università tedesche.
Approvai perciò le richieste degli studenti in materia di politica
universitaria, e da loro mi venne lo stimolo ad un nuovo confronto con il marxismo.
Ero in stretto contatto con gli
studenti che riscoprivano il marxismo, e non proprio il marxismo sovietico! Lo stesso Ul
H. Gollwitzer: un teologo
sulla linea di frontiera
chiesa autonoma, con unico signore Gesù Cristo ». In uno stato totalitario, nello stato di Hitler, questo era già un atto politico: si negava al Führer l’onnipotenza, la signoria assoluta. Era
il punto di partenza verso interventi sempre più concreti e proteste politiche.
Abbiamo organizzato un grosso sostegno agli ebrei. Questo
era già illegale: falsificare passaporti e tessere alimentari, procurare nascondigli, ecc. ecc. Poi,
quando iniziò la guerra, noi della
chiesa confessante ci accorgemmo che bisognava eliminare Hitler anche sul piano politico,
perché questa sciagura non si
estendesse a tutto il mondo.
La nostra opposizione era dunque motivata, teologicamente,
dalla contrapposizione tra Evangelo e nazionalsocialismo. Innanzitutto, non era ancora chiaro ai più che non si poteva essere contemporaneamente cristiani e nazionalsocialisti: molti
hanno cercato di esserlo.
Ma più il regime di Hitler manifestava la sua malvagità, più
diventava chiaro che si doveva
essere o cristiani o nazionalsocialisti. Non c’era possibilità di
sintesi, solo di contrapposizione.
Guerra e prigionia
— Ma lei fu arruolato nell’esercito tedesco.
— Questo successe nell’autunno 1940. Secondo la disposizione
della polizia segreta di stato, la
prima cosa da aspettarsi sarebbe stata che io finissi in campo
di concentramento. Per evitarlo,
alcuni generali conservatori, che
però simpatizzavano per la chiesa confessante, e che più tardi
avrebbero partecipato all ’attentato a Hitler, procurarono di
farmi arruolare come soldato
nella Wehrmacht. Chi portava
l’uniforme della Wehrmacht era
tabù, per la polizia segreta di
stato. Fu per me una grossa decisione... se io non dovessi piuttosto rifiutare del tutto il servizio militare, perché sapevo che
Hitler combatteva un « bellum
iniustum », una guerra ingiusta...
ma poi mi sono lasciato arruolare e sono riuscito ad entrare
nella Sanità; e come soldato di
sanità ho fatto la guerra, ma
non ho mai sparato su un uomo
per Hitler. Alla fine della guerra, alla capitolazione, fui fatto
prigioniero dai sovietici. Così ho
fatto cinque anni di guerra e cinque anni di prigionia di guerra,
in Russia, fino al 1° gennaio ’50.
In Russia sono sempre stato
in un campo di lavoro. Solo una
volta finii in un campo speciale,
nelle vicinanze di Mosca, dove i
russi avevano raccolto i prigionieri che erano per loro interessanti, positivamente o negativamente.
Negativamente: alti ufficiali
nazisti, generali. Positivamente,
quando speravano di avere a che
fare con antifascisti che avrebbero poi lavorato per loro. Volevano questo anche da me; siccome io non mi sentivo di impegnarmi, loro dicevano: « Tu
sei antifascista, perciò devi lavorare per l’Unione Sovietica quando torni di nuovo in Germania ».
Questo io non l’ho mai promesso, e loro mi hanno mandato in Siberia. Sono tornato a casa soltanto il 1° gennaio 1950.
Questo periodo in Russia mi ha
offerto l’occasione — c’era una
ottima biblioteca di campo e interessanti conferenze di marxisti
molto quotati — questo perìodo, dicevo, mi ha offerto Tocca
che prima era stata di Karl
Barth) mi era chiaro come fossero importanti due cose.
In primo luogo: l’antisemitismo e la persecuzione nazista
degli ebrei in Germania sono stati possibili solo su un terreno
preparato dalla chiesa cristiana
con il suo secolare antisemitismo. Informatevi, controllate e
vedrete che l’antisemitismo in
forma militante esiste solo presso popoli cristianizzati. L’antisemitismo è un prodotto del cristianesimo, un prodotto terribile.
Dunque il pentimento, la conversione dei cristiani deve consistere nelTestirpare ed eliminare
completamente il loro tradizionale antisemitismo, fino alle sue
radici più profonde, fin nel Nuovo Testamento, e nell’entrare in
dialogo con gli Ebrei, quelli almeno che ancora vogliono parlare con noi! Il dialogo ebraicocristiano è attualmente un fatto
molto importante nella nostra
teologia e ci ha già portati avanti di alcuni passi verso una migliore conoscenza reciproca. Per
questo ho -visitato spesso lo stato di Israele e sono favorevole
alla sua esistenza; sono però
comunque critico verso l’attuale politica dello stato d’Israele
perché credo che chi è per Israele deve essere anche per i Palestinesi, perché non ci può esser
pace, non ci può esser futuro
per Israele senza la pace con i
Palestinesi e con gli Arabi.
In secondo luogo mi è diventato chiaro, in tutto questo tempo,
che non esiste un « cristianesimo
apolitico ». Una fede non-politica
è una non-fede. La missione della chiesa è per il mondo e per
questo la chiesa deve entrare nel
vivo delle questioni, politiche
contro ogni dispotismo, per la
pace, per il miglioramento delle condizioni sociali. Così giunsi
alla convinzione che certo TEvangelo non si identifica col socialismo, ma che esso esprime
una tendenza verso una società
senza classi, per la quale noi
dobbiamo lavorare.
Appena tornato dalla Russia
mi trovai subito immerso in problemi politici. Era l’epoca della
guerra fredda, gli americani e
Adenauer volevano fare quello
che prima avevano dichiarato di
noti volere, cioè armare di nuovo la Germania Occidentale contro l’Est Europeo.
Contro questa rimilitarizzazione della Germania occidentale si
sono opposti decisamente soprattutto cristiani evangelici della
Chiesa confessante, Martin Nie
bricht, allora a capo della Repubblica Democratica Tedesca,
riconobbe presto che quello era
per lui un bacillo pericoloso, e
non simpatizzò affatto con le
masse di studenti che sfilavano
con bandiere rosse, con grande
terrore dei berlinesi occidentali.
E anche i berlinesi occidentali
hanno a poco a poco capito che
non si trattava di un’invasione
dall’est, ma di un nuovo movimento socialista, autonomo, nato in mezzo a loro.
Naturalmente, quelli erano tutti figli di borghesi, e quando venne la repressione da parte delle nostre autorità (Berufsverbot,
licenziamento di estremisti, passi
indietro nella politica universitaria) molti si sono arresi; tuttavia, questo movimento ha realmente modificato il clima in
Germania, ha creato una più forte coscienza critica della società.
Così, mi sono posto il problema se fosse possibile proseguire nella tradizione antisocialista tipica del protestantesimo
tedesco, cioè continuare ad ignorare il marxismo, rifiutare di studiarlo perché legato all’ateismo.
La connessione fra marxismo e
ateismo è storicamente determinata, è nata dal legame di classe della chiesa del 19° secolo;
ma può questo legame essere
sciolto? Si può essere al tempo
stesso cristiani e marxisti? A
questo io ho risposto! in senso
positivo, così come alcuni altri
teologi più giovani in Germania;
abbiamo gruppi di « cristiani per
il socialismo», piccoli gruppi che
hanno però molta risonanza, nelle più giovani generazioni protestanti.
Ho ritenuto compito teologico
e cristiano essere con gli studenti, anche perché mi rendevo conto che quella che emergeva era
una forma nuova di marxismo.
Innanzitutto, per loro l’ateismo
non fa più parte del programma:
sono fuòri dalla chiesa, ci sono
tra loro molti figli di pastori, ma
non sono antireligiosi. In secondo luogo, la questione della violenza non viene più approvata
incondizionatamente, come nel
comunismo tradizionale. In terzo luogo, sono dei veri democratici. Per questo sono stato a fianco dì questi studenti.
Indicazioni per il presente
— Secondo lei, quale è il compito che sta di fronte a noi in
questo tempo? E quali indicazioni riceviamo dal messaggio biblico nella società in cui viviamo?
— Globalmente il protestantesimo tedesco è borghese, pìccolo-borghese, contadino, medio
borghese. (Questa condizione sociale determina anche la coscienza, e perciò la tendenza predominante è quella di mantenere
la politica divisa dalla fede, e
possibilmente l’armonia tra chiesa e stato borghese.
In questo contesto, la mia lettura della Bibbia, insieme a quella di molti studenti è diventata,
nel corso di questi anni, sempre
più critica verso questa società. Abbiamo riscontrato nella
Bibbia tendenze rivoluzionarie,
e perciò pensiamo che i cristiani dovrebbero essere l’avanguardia della rivoluzione nei paesi
capitalisti; certamente, una rivoluzione molto diversa da quelle
che ci sono state finora. In un
paese come questo, non si può
condurre una sanguinosa guerra
civile, come in Russia, o in Cina:
questo porterebbe alla distruzione dell’intero paese. Dobbiamo
essere al tempo stesso rivoluzionari e riformisti; ma la Bibbia
è di nuovo diventata per noi stimolante — e anche la storia della chiesa, che noi leggiamo ora
criticamente. Il costante intreccio tra chiesa e sistema di potere è per noi motivo di un grande pentimento, e di revisione del
nostro modo di valutare la storia della chiesa.
I giovani, oggi, in questo tempo di sconfitta delle sinistre,
e di grande rassegnazione delle
giovani generazioni, mi chiedono spesso: « Tu non sei affatto
un ottimista pieno di illusioni:
che cosa ti permette di tener
duro, quando noi riportiamo
sempre nuove sconfitte? ». Io rispondo innanzitutto: «TEvange
10 ». L’Evangelo non ci promette
alcun successo: ci manda nella
lotta, ma non ci promette che
essa avrà successo. In secondo
luogo, chi ha sofferto tempi duri
come quelli di Hitler, in cui per
anni tutto sembrava senza successo — i successi li aveva Hitler, non noi! — ... da allora ho
la pelle dura e i nervi saldi.
Le delusioni che ci vengono
dai paesi socialisti, le delusioni
dovute alla repressione, qui da
noi, e a molte altre ragioni... le
delusioni sono li per essere affrontate, non per farci gettare la
spugna e abbandonare le armi, la
lotta. Perché accanto alle delusioni ci sono momenti anche razionalmente importanti, positivi.
11 capitalismo è giunto ad una
grande crisi. Più numerosi di prima sono quelli che riconoscono
i danni del capitalismo, in ogni
campo: lo sfascio della famiglia,
la distruzione dell’ambiente. Per
esempio, c’è da noi un movimento ecologico, un nuovo movimento a cui cristiani e socialisti collaborano.
Perciò, anzitutto, il superamento del capitalismo è oggi più necessario che mai. Abbiamo solo
la scelta tra il superamento del
capitalismo in un migliore ordinamento sociale, o la barbarie.
Nei prossimi decenni sprofonderemo in una barbarie sempre
peggiore, con lotte terribili, se
non superiamo il capitalismo, in
quanto causa principale degli
attuali problemi dell’umanità.
In secondo luogo, verranno
nuovi alleati, per questa battaglia.
In terzo luogo, per i cristiani
il compito è chiaro: non devono
mai disperare, non si devono mai
rassegnare: hanno dietro di sé
il Dio vivente, è lui che li ha
mandati in questo mondo.
6
25 gennaio 1980
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Cura
d’anime
PROGETTO ANZIANI IN VAL PELLICE
PINEROLO
Contro l’emarginazione
Discussa in un riuscito convegno a Torre Pellice una iniziativa sociale che interessa più di un quarto della popolazione valligiana
« Miracolo, il signor Pastore! ».
Con questa battuta si è spesso
accolti in molte case al momento della visita. Si chiacchiera un
po’, ci si informa sui problemi
della salute e della parentela
(sempre molto vasta e complessa nelle sue ramificazioni) e poi,
a seconda delle circostanze si
legge un brano biblico accompagnandolo con una preghiera spontanea. Quasi sempre interviene
anche l’immancabile tazza di thè,
accompagnata da una serie di
domande sulla realtà della comunità.
In queste nostre montagne, per
molti « isolati della vita », un pastore che visita la sua gente rappresenta l’ultimo, esile, legame
con la chiesa. I culti domenicali,
inutile che ce lo nascondiamo, sono scarsamente frequentati. Alle
riunioni quartierali si partecipa
già più volentieri ma anche qui,
spesso si dimentica la data, oppure succede sempre qualcosa
per cui bisogna rinviare.
Sicché la visita del pastore diventa inevitabilmente il mezzo
più desiderato ed efficace per ragionare o riflettere sui temi della
fede. E certamente per molti anziani, bloccati in casa dall’età o
dalla neve, la visita pastorale è
l’ultima possibilità concreta per
avere un rapporto diretto con la
chiesa. Non è quindi un caso che
la richiesta più pressante di queste nostre comunità, nei confronti del pastore non sia tanto il suo
aggiornamento teologico o didattico ma la visita « tout-court».
Come rispondono i pastori a
questa richiesta? Il tempo della
visita è stato, in parte, sacrificato ad altre incombenze più rivolte alla struttura ecclesiastica
nel suo complesso, che non all’individuo isolato. Più un pastore è impegnato a tavolino o in
qualche incarico assegnatogli dal
Distretto o dalla Tavola più si
avverte la distanza, direi fìsica,
che lo separa dalla sua comunità.
Per ovviare a questa situazione, in alcune comunità, si sono
costituiti gruppi di visitatori
laici: in effetti contatti e rapporti umani nella chiesa non
possono essere solo « curati » dal
pastore ma la responsabilità va
suddivisa tra le forze disponibili
al servizio nella chiesa. Tuttavia
non sempre questo discorso viene accettato, spesso prevale la
« gelosia pastorale ».
Che fare? Tornare indietro,
anche se lo si volesse, con le attuali forze pastorali sarebbe impossibile. Non solo ma segnerebbe un ripiegamento su se stessi
di segno clericale e conservatore. Si tratta semmai, oggi, di vedere il problema alla luce di due
questioni.
La prima concerne l’evangelizzazione: com’è possibile investire nuove forze pastorali in questo campo se poi si tenta d’« incatenare» il pastore alla comunità?
E la seconda concerne l’informazione: difficilmente chi è informato su quali fronti la nostra
minoranza conduce la sua battaglia può concepire ancora l’impegno pastorale solo come il metodico visitare di casa in casa i
membri di chiesa. Detto questo,
nulla toglie che il valore dell’incontro personale, resti valido con
tutta la sua carica spirituale. Ma
allora, lo ripetiamo, è necessario
investire di questo problema tutta la comunità e coordinare un
lavoro di visite ai più bisognosi
senza per questo sacrificare il
tempo dello studio e dell’organizzazione complessiva della vita
ecclesiastica. Infine ritengo che
questa tensione tra lavoro per
la struttura e « cura delle anime »
sia destinata, per il futuro, a diventare sempre più forte andando di pari passo sia con l’invecchiamento della popolazione di
alcune nostre comunità sia con
l’andamento della nostra società
sempre più spersonalizzata nei
suoi rapporti umani.
G. Platone
Il Convegno di studi sul Progetto Anziani, organizzato dalla
Comunità Montana Val Pellice,
si è svolto sabato 19/1 a Torre
Pellice; ha visto la partecipazione di numerosissimi operatori
socio-sanitari, amministratori e
utenti, non solo della Valle ma
anche da ogni parte del Piemonte e perfino dalla Lombardia. Una
tale partecipazione dimostra
l’interesse che suscita il progetto varato dalla Regione Piemonte il 22 febbraio 1979, e soprattutto la sua sperimentazione in
un territorio particolarmente
omogeneo qual è quello della
Val Pellice; omogeneo nel senso
che è uno dei pochi territori, a
livello nazionale, che vede coincidere la Comunità Montana, la
Unità Locale dei Servizi, il distretto scolastico, la zona psichiatrica. Questa particolarità
costituisce senz’altro un grosso
vantaggio per poter formulare e
programmare una politica globale dei servizi sociali e sanitari
in modo razionale, organico e integrato. Dobbiamo dare atto all’attuale amministrazione e agli
operatori della Comunità Montana di avere svolto, in questi
anni, un grosso lavoro, spesso
ingrato, mirante a individuare i
bisogni della popolazione, a predisporre gli strumenti operativi, e a creare una rete efficiente
di servizi integrati, cioè non
staccati gli uni dagli altri, e non
rivolti ad una sola categoria di
persone. Il metodo se^ito, all’insegna della razionalizzazione
e dell’efficienza, è dunque corretto anche se un pericolo è sempre presente: quello dell’inflazione di tecnici ed operatori, che
è un fenomeno caratteristico di
ogni società industrializzata.
Dopo l’introduzione del Presidente della Comunità Montana
e il saluto dell’assessore regionale all’assistenza Mario Vecchione, il neo-assessore ai servizi sociali Danilo Rivoira ha svolto una relazione illustrativa della sperimentazione del Progetto
Anziani in Val Pellice. Ha rilevato che la popolazione ultrasessantenne del territorio ammonta
a 5.430 unità, pari al 26% della
popolazione residente (mentre a
livello nazionale è solo del 12%).
Questa forte proporzione è dovuta a vari fattori: caratteristiche climatiche, zona residenziale
per anziani valdesi, spopolamento, diminuzione sensibile delle
nascite.
Il Progetto Anziani è pertanto
una necessità per la Valle, soprattutto se si tiene conto che
la maggior parte degli anziani
risiedono nelle zone di montagna, in località isolate, spopolate, con scarsi o inesistenti vie e
mezzi di comunicazione.
casa di riposo. Per permettere
il mantenimento nell’ambiente,
occorre garantire una vasta gamma di servizi che vanno dall’assistenza economica (minimo vitale, per i comuni della Valle,
stabilito in L. 160.000 per il capofamiglia, L. 50.000 per la 2‘ persona, e L. 60.000 per ciascuno degli altri componenti il nucleo familiare), al miglioramento delle
case (servizi igienici, acqua all’interno dell’abitazione, consolidamento di balconi e scalette,
ecc...), all’assistenza domiciliare,
ai vari servizi aperti e ambulatoriali (Centro d’incontro, mensa, lavanderia, ambulatorio geriatrico, infermieristico, pedologico, consultorio). Per gli anziani non auto-sufficienti, è prevista
la creazione di « case protette »,
cioè strutture il più possibile simili a quelle in cui abitava l'anziano, strutture di tipo abitativoresidenziale e non sanitario come sono invece la maggior parte delle attuali case di riposo.
Linee di lavoro
Quattro gruppi di lavoro •—
due sul « mantenimento nell’ambiente », uno su « la casa protetta », uno su « rapporto ospedale-territorio »— hanno discusso in dettaglio i vari aspetti del
Progetto e, data la provenienza
da vari territori dei partecipanti, hanno permesso un ricco confronto di esperienze, di idee, di
proposte.
La ormai prossima apertura
del Foyei' per anziani di Angrogna, che potrà accogliere durante il periodo invernale 10-12 persone tra le più isolate o meno
autosufficienti, è stata decisamente appoggiata in quanto si
presenta come una struttura originale che offre un reale servizio agli anziani, in un quadro
comunitario e autogestito, con
la collaborazione — non permanente — di un operatore - governante e della visitatrice domiciliare. Come ha detto molto giustamente un’infermiera della Val
Maira, la peggiore malattia degli anziani nelle zone montane
è proprio l’isolamento, che significa mancanza di socialità, di
contatti umani, di informazioni,
ecc... e siccome gli uomini sono
degli esseri sociali, non avrebbe
senso un mantenimento nell’ambiente privo di questa dimensione umana indispensabile alla
« salute » di ogni uomo. Il Foyer
risponde pienamente a questa
esigenza.
Infine si è discusso molto il
problema del rapporto tra ospe-^
dale e territorio. Fermo restando che chi è davvero malato va
curato in ospedale e non altrove, occorre sviluppare un servizio fondamentale, spesso inesistente o trascurato: quello della
riabilitazione per anziani colpiti
da malattie invalidanti. A questo
scopo è necessaria una stretta
collaborazione tra operatori della Comunità Montana, medici di
base e ospedali locali e di zona.
È stato più volte ribadito che il
Progetto Anziani non è un progetto a se-stante ma è parte integrante di una rete globale di
servizi, rivolti a tutti, dai neonati agli anziani, rete che dovrebbe permettere ai giovani di
oggi di diventare anziani domani
nel modo più sereno possibile.
Jean-Jacques Peyronel
Cinefórum
degli studenti
Gli studenti di alcune scuole
superiori di Pinerolo, notando
che nell’attuale clima di indifferenza diffusa le assemblee di
istituto raccoglievano un numero sempre minore di partecipanti più o meno distratti e che diventava sempre più difficile anche trovare gli argomenti da discutere, perché si aveva l’impressione di ripetere soltanto discorsi uditi già troppe volte,
hanno proposto ai consigli di
istituto, che hanno accolto e fatta propria l’iniziativa, di dedicare una parte delle ore concesse dal Ministero per l’autogestione studentesca alla proiezione e
discussione di alcuni fllms significativi,
Per il Liceo classico resperimento è cominciato lunedì 14
gennaio con il « Giordano Bruno » di Montaldo.
Devo confessare che, per la
prima volta nella mia ormai lunga carriera di insegnante, ho visto un’intera scolaresca seguire
in assoluto silenzio tutta la
proiezione. Non ho potuto ascoltare il dibattito successivo portato avanti nelle singole classi,
ma credo che pochi potranno dimenticare quella bocca torturata dal laccio che le impediva di
continuare a parlare, e spero che
molti si imporranno di lottare
per tutta la loro vita perché a
nessuno sia impedito di esprimere liberamente le proprie convinzioni.
E questo è un impegno importante nel mondo attuale, che lascia agli individui una così scarsa libertà di pensiero e di espressione, anche se oggi si ricorre
più raramente a metodi di repressione così spettacolari e
cruenti.
M. G.
UN’OPINIONE SULLA STAMPA EVANGELICA
Benvenuto maxi Eco-Luce
Un progetto
non assistenziale
Ma qual è l’originalità di questo Progetto per un territorio
quale la Val Pellice dove ci sono
già ben 8 case di riposo per anziani? Tutti gli interventi hanno
sottolineato che non si tratta di
un progetto di tipo assistenziale,
tendente cioè ad emarginare gli
anziani rinchiudendoli in qualche nuova struttura e togliendoli dal loro ambiente. Peculiarità
del progetto è appunto il mantenimento dell’anziano nel proprio ambiente, cosa che, oggi,
nelle zone montane, è diventata
sempre meno possibile a causa
dell’isolamento, della mancanza
di servizi e di comunicazioni, per
cui l’anziano, anche se auto-sufficiente, è costretto ad andare in
Hanno collaborato a questo
numero; Ruben Artus, Renalo Coisson, Salvatore Carcò,
Claudia Claudi, Franco Devile, Dino Gardiol, Agostino
Garufi, Daniele Garrone, Paolo Gay, Giovanni Peyrot, Teofilo Pons, Paolo Ricca, Franco Taglierò, Margarethe Ziegler.
Confesso che da quando si è
cominciato a parlare del progetto di ampliamento del nostro
giornale ho sempre avuto nel
mio intimo il segreto timore che
lo sbocco finale dell’operazione
non fosse un giornale più ricco,
ma una rivista in più. Ñon sarebbe la prima volta che capita; carità fraterna spinge a non far dei
nomi.
Penso, tuttavia, se vogliamo
scongiurare il pericolo, che vada
affrontato qualche volta il problema generale delle nostre pubblicazioni periodiche. Il primo
numero del maxi-Eco-Luce mi è
piaciuto e penso che gli articoli
da rivista siano stati abbastanza
contenuti, ma bisogna assolutamente restare in questa scia. E
per restarci occorre resistere alla tentazione di fare dell’Eco-Luce un giornale per quadri, per
farne sempre più un giornale per
la chiesa nel suo insieme. A questo scopo si è detto fino alla
nausea che gli scritti devono essere brevi, chiari, che si devono
utilizzare espressioni di uso corrente, che si deve abbondare nelle notizie ecc. Tutto questo è
chiaro.
Quello che non mi sembra tanto chiaro è quello che è al di fuori dell’Eco-Luce. È evidente che
se l’Eco-Luce è un giornale per
tutti lascierà degli spazi scoperti
che occorre riempire con qualcos’altro. Mi sembra che gli spazi che restano scoperti siano essenzialmente quelli della formazione e deU’aggiornamento dei
fratelli che esercitano un qualche ministero o, come si diceva
prima, dei "quadri.
Qggi noi abbiamo, per coprire
questi spazi, un pulviscolo di
pubblicazioni e una dispersione
di energie che sottraiamo all’evangelizzazione e al servizio
per produrre carta stampata.
« Protestantesimo ». « Gioven
tù Evangelica », « Diakonia », « La
Scugla Domenicale » e documenti vari ciclostilati che escono
da campi e incontri sembrano
veramente un po’ troppi per quei
quattro gatti che siamo.
Un’organizzazione ben più numerosa del protestantesimo italiano, il PCI, riesce a esprimere
in una sola rivista: « Riforma
della Scuola » il suo pensiero pedagogico scientifico, la sua politica scolastica, l’aggiornamento degli operatori della scuola, le notizie su esperienze scolastiche di
rilievo, le recensioni di libri e gli
spunti per la pratica educativa
dalla matematica, alla linguistica, all’educazione tecnica. E’ possibile che noi, per esprimere in
parallelo a questi vari campi la
nostra posizione, abbiamo bisogno di almeno quattro riviste? E’
possibile che se un intellettuale
desidera conoscere il nostro pensiero teologico debba abbonarsi
a quattro periodici diversi?
Credo che una sola rivista mensile potrebbe agevolmente ospitare tutto il materiale utile che
compare sotto le nostre quattro
testate, disponendolo in modo
molto più razionale, evitando i
doppioni. Noi abbiamo bisogno
di una rivista che fornisca ai pastori, ai monitori ed ai predicatori locali del materiale di riflessione e di aggiornamento biblico,
materiale di teologia, materiale
di studio sull’impegno della chiesa nel mondo, sulla diakonia, sulVeducazione in vista della fede,
sul pensiero teologico degli altri.
Non esiste ministero che possa
fare a meno di qualcuno di questi aspetti. Appare, quindi, assolutamente superfluo diluirli e
isolarli l’uno dall’altro nel modo
artificioso che ci è imposto dalla
divisione delle nostre testate. Mi
domando anche se c’è qualcuno
dei nostri « ministri » che esercitano il loro ministero in modo
qualificato, che non sia abbonato
a tutte quante o almeno a due o
tre di esse. E se c’è qualcuno che
è abbonato a una sola, direi che
non va incoraggiato in questa
sua scelta così settoriale.
Noi siamo tutti molto riconoscenti ai fratelli che si sobbarcano lo sforzo di portare avanti le
nostre riviste. Ma un bel « Protestantesimo » mensile sarebbe
ne sono certo, ben più razionale
e ben più adatto a farci conoscere anche agli intellettuali non
protestanti, se riuscisse ad ospitare il materiale che ora disperdiamo in tanti rivoletti.
Benvenuto, dunque, maxi-EcoLuce! E possa venire presto anche il « maxi-Protestantesimo ».
c. tron
Gii insegnanti e lo sciopero
In occasione dello sciopero generale del 15 gennaio, ci siamo riuniti in assemblea per avere uno scambio di idee tra insegnanti elementari e delle medie
del circolo di Perosa. Abbiamo constatato prima di tutto come le motivazioni deliosciopero generale, abbiano avuto poca presa su quell'altra metà di lavoratori della scuola che nella nostra zona non ha scioperato.
È stato lamentato come giungano spesso in ritardo i nostri interventi rispetto alle posizioni assunte dal governo e ai nuovi contratti.
Sono emerse critiche su come il vertice sindacale porti avanti certe forme
di lotta, d’altra parte si è a-wertita la necessità di .una più massiccia partecipazione della base, da cui devono provenire critiche ma anche impegno. Abbiamo
pure constatato che i problemi degli insegnanti occupano poco o niente le pagine dei giornali, quasi come se la scuola vivesse in un mondo asettico staccata
dai problemi delle altre categorie. Basti come esempio il fatto che in occasione
dello sciopero era ben difficile leggere tra le righe se la scuola partecipasse.
Un gruppo di insegnanti del Circolo di Perosa Argentina
7
25 gennaio 1980
CRONACA DELLE VALLI
»
-1^
________QUALE SVILUPPO PER LA MONTAGNA
Forestazione: una
risorsa economica
Si susseguono a ritmo incessante conferenze, dibattiti, convegni per verificare quanto si è fatto in questi ultimi anni a favore
della montagna, e quanto
rimane ancora da fare, in
modo da risolvere in parte
i gravi problemi dovuti
allo spopolamento delle
vallate, non trovando adeguate soluzioni malgrado
la buona volontà di suggerire cose e delineare un tipo di azione che debba essere condotto a tal fine.
La facilità di lavorazione
in agricoltura nella pianura, le industrie e le comodità della città continuano
ad esercitare un fascino e
un richiamo per i giovani
e meno giovani: mortificati dall’ esistenza in condizioni di vita disumana, con
strutture di abitazioni che
richiedono una ristrutturazione immediata essendo
in condizioni antigieniche,
prive ancora di strade, luce ed acqua.
A mio avviso credo sia
inutile ogni proposta di intervento se non c’è più la
presenza dell’uomo, quindi
occorre adoperarsi ad agevolare quelli che sono ri
masti, incentivare loro, ed
ì loro figli a rimanere, e
consentire ai pendolari la
possibilità di vivere in
montagna.
Quali sono i compiti e le
forme più incisive da svolgere dalle persone rimaste
per un miglior benessere
fermo restando le iniziative attuali come le cooperative?
Considerando che l’agricoltura per l’impossibilità
di utilizzare la meccanizzazione agricola, non è competitiva, né tantomeno remunerativa, e che la situazione fondiaria è difficile a
causa del frazionamento,
la frammentazione, la dispersione e la polverizzazione della proprietà, bisogna volgere lo sguardo su
altri tipi di attività che
consentano un tenore di
vita decoroso.
Mi pare che gli abitanti
delle zone montane con attività agricole dovrebbero
diversificare con lavori di
difesa del suolo, protezione
della natura, spegnimento
boschivo, opere di sistemazione del suolo, opere su
pendi! franosi, miglioramenti dei pascoli e manu
tenzione e ricovero animali negli alpeggi, costruzione collettori di acque di
scolo, lavori di sgombero
neve, costruzione di paravalanghe, mansioni di vigilanza funzioni di polizia,
inerente, a pesca-flora-caccia, ecc., gestione dei parchi comunali, regionali e
nazionali. Come ultimo
punto ma elemento principale: un nuovo indirizzo di
incentivazione di carattere
selviculturale.
E’ risaputo che la bilancia commerciale del legno,
denuncia un saldo passivo
così pesante da essere superato soltanto dalla voce
petrolio e dalla carne, è
quindi un fattore negativo
sull’economia del paese.
Il consumo in Italia di legno sta avendo come nel
resto del mondo uno sviluppo crescente. La necessità dell’aumento della produzione legnosa assume
una notevole importanza
soprattutto ,per l’Italia.
L’aumento di produttività può essere attuato migliorando i boschi esistenti, mediante l’impiego di
specie forestali a rapido
accrescimento. Riconversione dei boschi cedui a fustaia. Rimboschimento di
terreni nudi ed incolti, e di
terreni a forte pendenza.
Opportunità di ampliare
la superficie boschiva nel
territorio Demaniale Comunale e dello Stato.
L’utilizzazione del legno
come fonte di energia può
essere riproposta, in quanto presenta dei vantaggi indiscutibili dal punto di vista del problema dell’inquinamento e garantisce
una fonte energetica completamente rinnovabile.
Nel nostro paese di problemi forestali se ne parla
da anni, sulla cui utilità
tutti sono d’accordo, ma
sulla realizzazione trovano
l’ostacolo della disponibilità finanziaria. Occorre perciò la volontà politica di
incentivare i selvicultor! e
proprietari di terreni mettendo loro a disposizione
forme di contributi tali da
avere un reddito immediato o diluito durante il periodo del turno in relazione al reddito futuro. Per
via che i redditi provenienti dall’attività di forestazione o miglioramento dei boschi esistenti sono differiti
nel tempo, (12 anni per i
pioppeti e 25 anni per la
coltura delle conifere a rapido accrescimento).
I contributi attuali (in
atto nelle Regioni) e mutui
non sono sufficienti.
Con questo orientamento
ed impegno di tutti un primo passo verso la soluzione dei problemi montani
sarà effettuato.
Luciano Pons
ALLA VACCERA D’ANGROGNA
Morto nella neve
EGEI E COMUNITÀ’ DI BASE
Incontro comunitario
L’ha rinvenuto, assiderato e coperto di neve, il Soccorso Alpino. Appena il
sindaco. Franca Coisson,
ha dato l’allarme, la squadra dei giovani finanzieri
guidati dal comandante
Willy Bertin (l’ex olimpionico di fondo) ha battuto
tutta la zona di Cacet, dell’Arvura, spingendosi nella
neve fin sotto il crinale della Vaccera. E qui, nella
mattinata di martedì 15,
verso le 11, la pattuglia ha
rinvenuto, davanti ad una
baita, il corpo senza vita
di Eri Rivoira, 46 anni.
Come sia andata esattamente nessuno lo sa. Quello che si sa è che da tempo Eri viveva volontariamente isolato, in una baita
al Teitass. Rari gli incontri con gli anziani genitori
anche loro contadini che
abitano non molto distante. I fantasmi della paura
avevano aggredito da tempo Eri che conduceva una
vita irta di difficoltà e di
problemi psichici, in anni
precedenti era stato ricoverato in casa di cura ma
dopo un brevissimo periodo era stato dimesso. Era
così rientrato nella volon
taria solitudine delle sue
montagne. Nell’estate scorsa era stato temporaneamente seguito dall’équipe
psichiatrica della Valle che
lui rifuggiva. Ultimamente,
vedendo peggiorare la situazione, i genitori hanno
cercato di ristabilire il contatto con i medici per una
cura, ma non è più stato
possibile. Abituato, da parecchio tempo, a lunghi
periodi di assenza nessuno
pensava che la situazione
potesse precipitare così
tragicamente. Il fatto ha
scosso tutto il paese anche
perché molti avvertono
che la responsabilità di
questo autentico dramma
della solitudine ricade su
tutti noi che forse non abbiamo saputo amare in
modo concreto ed efficace
il nostro prossimo. Il funerale si è svolto venerdì
18 presso il Tempio Valdese di fronte ad una folla
commossa.
Agli anziani genitori di
Eri, che in questi anni
hanno cosi sofferto di tutta la situazione, esprimiamo la nostra cristiana solidarietà. g. p.
Senz’altro positivo è da
ritenere rincontro comunitario tenutosi domenica 13
gennaio, nei locali dell’asilo di San Lazzaro, tra la
FGEI-valli e la comunità di
base pinerolese di Corso
Torino, nel quadro di una
prospettiva di lavoro comune da svolgere nel pinerolese. L’occasione di confronto, iniziata con una
meditazione biblica e con
la santa cena, è la terza di
una serie di riunioni coi
fratelli cattolici per discutere intorno ai problemi
che, rispettivamente ci troviamo a dover affrontare
ciascuno nel proprio contesto. L’incontro quindi
non ha voluto, da entrambe le parti, assumere il carattere della straordinarietà ma ha inteso essere l’effetto di una esigenza, avvertita nella FGEI-Valli, di
un collegamento più stretto con una realtà viva e
concreta quale è quella della Comunità di Base di
Corso Torino. In questa direzione si situa l’idea, sorta nel corso dell’incontro,
di riprendere il dibattito e
l’intervento sul concordato
e sull’ora di religione nella
scuola; problemi che in
questi ultimi anni sono
stati un po’ accantonati ma
che permangono, sia nella
Mese di novembre 1979
ASILO DI S. GERMANO
L. 5.009: Lara in mem. del
caro bisnonno; Sala Gabriella in
mem. dei nonni.
L. 10.000; Ettore e Delfina in
mem, del cognato Nino; Ada e
Aldo Griott ricordando II caro
Nino Peyran; Lillina Bert ricordando la cara cugina Aline; Elisa Peyronel Malosso in mem.
dei suoi cari.
L. 15.000; Laura Beux in mem.
degli zi! di Susa.
L, 20.900; Sig. Bellardi in memoria della Sig.ra Bert; I compagni di leva 1924 in mem. di
Guido Monnet; Bouchard Edvico
in mem. di Alina Barzaghi.
L. 25.000: Liliana e Francesco
Boglione in mem. del fratello
e cognato Guido; Sig. Renato
Acunzo; Biedermann Maria.
L. 30.000: Le famiglie Boglione, Brunetti e Stuardi in mem.
di Guido Monnet.
Doni CIOV
L. 40.000: I compagni di Rochon Rolando in mem. del padre.
L. 42.000: Vicini ed ex vicini
in mem. del sig. Long Emilio.
L. 50.000: Amalia Balmas Peyla ricordando il caro marito; Ade
GardioI Theiler in ricordo della
sua Cara Nini Rossetto (Torre
Penice); N. N. ricordando persone care; Istituto Bancario S.
Paolo di Villar Perosa; Maria
Vinçon ricordando la Mamma;
Sig. Elio Giacomelli; Sig.a Peyrot Lidia.
L. 51.000: Gli ex compagni di
lavoro in mem. di Guido Monnet.
L. 60.000: Sig.a Peyronel Eugenia.
L. 200.000: Le figlie di Perosino Caterina riconoscenti; I vicini di casa di Ivonne in mem. di
GardioI Alberto.
L. 300.000: Le sorelle Biondi In
.mem, del padre.
L. 500.000: Unione Femminile
Valdese di S Secondo.
RIFUGIO RE CARLO ALBERTO
L. 5.000: Sala Gabriella in
mem. dei nonni; Giordan Maddalena ospite Asilo S. Giovanni.
L. 10.000: Ferini Jenny (Milano).
L. 15,000: M. R. in memoria
di Peyrot Nora; Dalmas Adelina
ospite della casa in mem. di
Mia Van Oostveen.
L. 25.000: La famiglila Bounous e La Montagna in mem.
di Frache Cariuccio.
L. 50.000: La Dorcas ricordando la Sigra Nora Peyrot per lunghi anni attiva collaboratrice;
Maria Vinçon ricordando la
Mamma.
L. 90,000: Chollet Pierre
Choeur Paroissial Merges.
L. 100.000: Lupo Malan Lily
ricordando Turin Roberto; Petrosillo Adriani Elena in mem.
di Suor Susanna.
L. 130.000: Gruppo Sempione Milano in mem. di Simonetta Pinardi Meille.
L. 150.000: Mary Corsani e
Pastore Corsani Emilio in mem.
di I Corsani Mario; Corsani Bruno e famiglia in mem. Corsani
Mario; Corsani Ferruccio e famiglia in mem. Corsani Mario.
OSPEDALE VALDESE
TORRE PELLICE
L. 5.000; Giordan Maddalena
ospite Asilo S. Giovanni.
l. 20.000: Ruhoff Malan Anna
Maria (Torre Pellice).
L 50.000: Barale Carolina (Torre Pellice).
ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
L. 20.000: Miletto Fede (Condove).
scriveteci^
vi risponderemo
a cura di GIORGIO GAROIOL
Terre incolte
realtà pinerolese che generalmente in quella italiana, con tutta la loro
complessità e gravità. Ma
se rincontro è da considerare sostanzialmente positivo, questo non è solo dettato dal fatto che si sono
individuate delle linee di
intervento comune (concordato e ora di religione,
appunto), ma è stato nure
proficuo perché nel corso
del dibattito F. Barbero ha
spiegato quale è la sua
posizione nel quadro degli
attacchi che in questi ultimi tempi gli sono stati
rivolti dalla gerarchia cattolica e dal cattolicesimo
ufficiale. La discussione si
è così ampliata ed è andata a vertere sul ruolo del
papato (e soprattutto quello attuale di Wojtyla) e su
come esso viene visto nell’ambito del cattolicesimo
dissenziente.
Concludendo mi sembra
importante rilevare come
con la meditazione e la santa cena, si sia cercato di
porre, quale punto basilare del nostro incontro, la
parola del Signore nella
convinzione che solo partendo da essa vi potrà essere un confronto fraterno
tra di noi.
Marco Pasquet
Sono un giovane interessato ad avere un lavoro in
Agricoltura, purtroppo i
miei, immigrati da tempo
a Torino non posseggono
più terreni. Ho sentito però parlare di una legge
sulle terre incolte che permette ai giovani di avere
la terra. È vero? Di che
legge si tratta?
p; r. Torino
Risposta:
La Regione Piemonte in
attuazione della legge nazionale cosiddetta « quadrifoglio » ha approvato la
legge regionale n. 61 del
17 ottobre 1979 « Norme
per la utilizzazione delle
terre incolte, o abbandonate, o insufficientemente
coltivate ».
Questa legge che si propone il ricupero delle terre abbandonate e la salvaguardia degli equilibri idrogeologici e dell’ambiente
prevede innanzitutto un
censimento di queste terre
a cura dell’Ente di Sviluppo Agricolo e successivamente la determinazione
da parte di Cornimi e Comunità Montane delle zone caratterizzate da estesi fenomeni di abbandono
delle terre.
L’inclusione del terreno
tra quelli incolti o abbandonati viene notificata ai
proprietari che possono
fare le loro osservazioni.
Comuni e Comunità montane stabiliscono poi definitivamente l’elenco che
dovrà venire aggiornato
annualmente.
Queste terre potranno
poi venire utilizzate per
usi agricoli, stivo - pastorali, forestali secondo i piani di sviluppo agricolo.
Chi vorrà utilizzare queste terre dovrà presentare
domanda agli Uffici Regionali corredandola di un
piano di sviluppo Eiziendale o di un piano di utilizzazione nel caso si voglia
destinare le terre a pascolo o a foreste.
Verificata la possibilità
di questo utilizzo, la regione assegna le terre.
Se però il proprietario
intende utilizzarla può fare lui stesso un piano per
questo utilizzo. Per i proprietari emigrati, o con un
reddito annuo inferiore ai
sei milioni che si impegnino a coltivare direttamente la terra, il provvedimento di assegnazione è
sospeso per due anni entro i quali questi proprietari dovranno predisporre
il piano per l’utilizzo.
La legge prevede inoltre
una priorità per Tassegnazione a cooperative di coltivatori diretti, di giovani
imprenditori agricoli associati. Mentre per la forestazione la priorità è alle Comunità montane, ai
Comuni e agli istituti specializzati.
Inoltre è previsto un contributo in denaro per l’avvio delTutilizzo.
Fin qui la legge. Bisogna
però osservare che questa
legge sarà operante probabilmente nelTinvemo ’80’81 visti gli adempimenti
che debbono compiere TESAP, i Coitìuni e le Comunità montane.
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CRONACA DELLE VALLI
25 gennaio 1980
VAL GERMANASCA
Nasce il piano
regolatóre della Valle
La società rurale aveva dei suoi elementi di solidarietà e di unità che si sono poi espressi nelle costruzioni
del tempo: la maggior parte delle borgate situate nelle
zone più soleggiate — gli spazi fra le case determinati
in modo da essere al riparo dai venti — i piccoli cortili
e porticati utilizzati come spazi da viversi insieme, il forno e il lavatoio strumenti gestiti in comune. Questa è la
cultura non scritta della società dei nostri antenati.
E’ sopraggiunta poi l’industrializzazione che nel tempo ha modificato la distribuzione degli abitanti sul territorio. Si sono create concentrazioni che ora danno dei
problemi. E’ sorta quindi l'esigenza di fare un piano per
disciplinare l'ulteriore sviluppo. Ma quale cultura sta
alla base dell'ipotesi dì sviluppo?
Il Consiglio della Comunità Montana Valli Chisone e
Germanasca ha di recente approvato il « Progetto preliminare di piano regolatore intercomunale », redatto in
due anni di lavoro dall’apposito ufficio.
Poniamo quindi alcune
domande a\Varchitetto Salvo, responsabile del progetto.
— Da quali considerazioni siete partiti?
— Siamo partiti dalla
constatazione che negli ultimi 20 anni i comuni dell’alta e media valle hanno
subito forti e costanti decrementi; la popolazione è
in gran parte confluita
nella zona fra Pomaretto e S. Germano. Pur essendoci questi decrementi
si è stimato che sia ugualmente necessario avere a
disposizione nuovi vani,
poiché attualmente su tutto il territorio almeno 9.000
vani sono in situazione precaria, antigienica e sono
sovraffollati. Di questi almeno 3000 per essere ristrutturati devono essere
completamente sgomberati. Si pone quindi il problema di averne altri a disposizione per il periodo dei
lavori.
Se poi prendiamo in esame la ricettività turistica
attuale, (aU’incirca 17-18 mila posti letto) e l’incremento prevedibile della domanda in un quinquiennio valutabile in un 10%, si vede
quindi che sarà necessario
allestire altri 1800 nuovi
vani. Sommando questi ai
precedenti 3000 e arrotondando arriviamo a 5000
nuovi vani.
— Con quali criteri saranno distribuiti in vallata
questi nuovi vani?
— Per individuare le aree
in cui prevedere i nuovi insediamenti abbiamo fatto
un procedimento a ritroso.
Abbiamo cominciato col
sottrarre le aree da sempre destinate al pascolo,
quelle destinate al bosco,
quelle montagnose e valanghifere, le aree sottoposte
a vincoli idrologici (in
prossimità dei corsi d’acqua) e quelle sottoposte
a vincoli geologici (smottamenti, frane); le aree già
ediflcate e sature. Dopo
questa sottrazione, a causa della conformazione del
territorio delle due vallate, solo il 2% di tutta la
superficie è risultato non
essere sottoposto a vincoli
e quindi adatto per nuove
residenze.
Nel fare questa indagine
abbiamo anche verificato
i periodi di insolazione nei
solstizi estivi ed invernali
e possiamo' confermare la
bontà delle scelte fatte in
passato anche senza l’ausilio dei tecnici.
Ritornando alla domanda posta, ogni comune riceverà delle mappe in cui
sono indicate le varie aree
libere. Spetta appunto ad
ogni singola comunità il
verificare per conoscenza
diretta la possibilità e l’opportunità di confermare
quelle aree per le nuove
costruzioni.
— La primitiva destinazione delle nostre vallate
aveva portato ad una distribuzione omogenea della
popolazione sul territorio;
la trasformazione industriale ha esasperato la
concentrazione di fondo
valle, facendo emergere i
due poli di Perosa e di Villar. Qual è la linea di sviluppo che il Piano propone?
— Ormai non è più pensabile una distribuzione
equa sul territorio (perché
antistorica) e se analizziamo i guai che le concentrazioni portano vediamo che
Perosa, (sede naturale di
confluenza delle due vallate per localizzare dei servizi) rischia di diventare
un ingorgo tale da rallentare la possibilità stessa di
usufruire dei servizi.
Il piano punta su una
terza ipotesi, di « equilibrio instabile ». Cioè sull’allargamento della base
dei servizi potenziando
quei poli che definiamo di
secondo livello, già esistenti (Ferrerò, Roure, aggiungendo a questi anche
Pramollo come derivazione
laterale della bassa valle).
Per far questo il piano prevede anche di potenziare i
collegamenti con la media
valle, con l’allargamento
della strada dell’inverso,
rivedendone il percorso,
in modo che sia evitato
l’attraversamento dei centri abitati e con l’inserimento nella strada per Frali all’uscita dell’abitato di
Pomaretto; per la Val Chlsone tramite viadotto,
creando così una circonvallazione a Perosa.
Come elemento per ristabilire degli equilibri nel
fondo valle fra Perosa e
Villar, il piano prevede il
potenziamento dei servizi
Sciopero generale
Lo sciopero generale di martedì scorso indetto dai sindacati
confederali per l’occupazione, l’adeguamento degli assegni fam
liari, contro la minaccia di cambiamento nei meccanismi della sca
la mobile, e per una politica energetica che metta l’Italia in di
retta relazione coi paesi produttori, ha visto una massiccia ade
sione dei lavoratori dell’industria pinerolese. Quasi il 100% de
lavoratori dell'IndesH e della Riv di Villar Perosa si sono astenut
dal lavoro, contro il 50% circa dei lavoratori Fiat e Riv di Pinero
lo e Airasca.
Meno importante è stata l'astensione dal lavoro nei settori dei
servizi e del pubblico impiego.
Da registrare anche il primo sciopero dei dipendenti dell'Uliveto di Luserna San Giovanni, che pur garantendo il servizio ai
minori ricoverati, si sono astenuti a turno per alcune ore dal lavoro e che hanno reso pubblica la loro decisione con un manifesto di critica al governo Cossiga.
(Pinasca - Inverso Pinasca)
dando indicazioni per un
ordinato sviluppo all’edilizia sia residenziale che sociale.
— Uno dei maggiori problemi sentito dalla popolazione è quello della ristrutturazione delle abitazioni
esistenti per poterle adeguare alle odierne necessità (servizi all'interno ecc.).
Cosa è previsto in tal senso?
— Il piano è stato sviluppato nell’ottica di agevolare chi risiede stabilmente in zona ed ha urgenza di sistemarsi. Pertanto,
i residenti da almeno un
anno possono ottenere in
sede di ristrutturazione un
ampliamento della cubatura sino al 20%. A chi non
risiede viene concesso ugualmente la facoltà di ristrutturare, ma non quella
di ampliare.
— E per quanto riguarda
la costruzione o l’adeguamento di bassi fabbricati,
tettoie, rimesse ecc.?
— Anche su questo problema il piano prevede di
dare un certo margine di
manovra al residente al
quale si chiede solo che vi
sia una certa unità architettonica col resto del fabbricato. Al non residente è
concessa ugualmente la facoltà di costruire, ma in
sede di richiesta, al fine di
evitare la disseminazione
dei fabbricati, l’amministrazione comunale che darà l’autorizzazione, richiederà che più proprietari
si consorzino e darà indicazioni circa il luogo dove
erigerli tali da essere poi
facilmente raggiungibili da
strada, illuminazione,
sgombero neve, ecc.
Le amministrazioni concederanno inoltre facilitazioni a quei consorzi che si
impegnano a costruire spazi coperti in più da destinare a servizi comuni per
la borgata (ricovero attrezzi, spartineve ecc.).
— Il progetto preliminare è stato approvato, qual
è ora la procedura per andare alla sua stesura definitiva? E in quanto tempo?
— Approvato nelle sue
linee generali, il progetto
passa ora al vaglio dei singoli comuni; sono già in
corso assemlDlee convocate
per la sua presentazione.
Per 30 giorni rimarrà affisso ed in visione presso
gli uffici comunali. Per altri 30 giorni successivi sarà
possibile far pervenire al
proprio comune tutte le
osservazioni che si riterranno utili e le proposte di
modifica.
Il comune infine invierà
le sue « controdeduzioni »
all’Ufficio di Piano che nel
giro di altri 60 gg. darà la
stesura definitiva. Quindi,
entro il mese di anrile, con
la definitiva approvazione,
potrà essere applicato.
intervista a cura di
Adriano Longo
DA RORA’ ALLA PAMPA ARGENTINA
Colonia mancata
PINEROLO
Collettivo Biblico
Ecumenico
Il collettivo biblico ecumenico di Pinerolo ha inviato sia alle parrocchie
cattoliche sia alla chiesa
valdese di Pinerolo una
traccia di studio biblico su
alcuni passi di Luca (corredata da alcune schede ciclostilate, frutto del lavoro
di ricerca biblica compiuto nei mesi precedenti), come proposta di scegliere un
testo comune per la predicazione di Natale.
Non sappiamo quante comunità abbiano risposto
all’invito, giunto forse un
po’ troppo tardi, quando in
parecchie chiese si erano
già preparati altri testi, ma
l’iniziativa appare valida e
c’è da augurarsi che sia
solo l’inizio di un’attività
sempre più concorde e
coordinata per una comune testimonianza e un aiuto reciproco, pur nel pieno
rispetto delle diverse realtà. M. G.
Il lavoro del Collettivo
biblico si è impostato quest’anno sui tre temi generali della «Cristologia», del
« Regno di Dio », e della
« Chiesa ».
Il primo tema si è sviluppato sulla figura di Cristo
nel Vangelo di Luca ed ha
occupato il lavoro per i
mesi prima di Natale. Il
ciclostilato preparato per
Natale è stato distribuito
ad alcune ■parrocchie cattoliche di Pinerolo, e precisamente a ouelle che avevano nartecipato ai lavori
preparatori (Cd.B. di Corso Torino, Oratorio di S.
Domenico, Madonna di Fatima, S. Lazzaro). E’ stato
pure distribuito ad alcune
parrocchie di Torino ed a
Qualche comunità evangelica.
Don Polastro, uno dei
coordinatori del Collettivo
biblico, ci ha detto che il
materiale è stato accolto
bene da tutti quanti Thanno ricevuto, tutti hanno apprezzato il lavoro.
Come sia stato utilizzato, se sia servito per la
predicazione di Natale, non
si sa, dati più precisi si conosceranno probabilmente
al prossimo incontro dei
gruppi biblici pinerolesi
(cattolici e protestanti), séguito di Quello tenutosi a
S. Domenico in dicembre.
A S. Lazzaro, semplificando
ulteriormente gli elaborati,
è stato fatto un articolo
pubblicato poi sul giornale
della comunità, « Orizzonti
aperti », indi il lavoro è servito i>er la predicazione natalizia.
Don Polastro, nel breve
colloquio avuto, ha ricordato l’importante appuntamento della sera di sabato
26 al Tempio di Pinerolo,
ossia rincontro tra la comunità di S. Lazzaro, il
Collettivo biblico e la comunità valdese di Pinerolo.
L’incontro verterà su un
lavoro preparato dal Collettivo biblico sul tema
« Venga il Tuo regno », per
proseguire poi incentrato
sul problema dell’evangelizzazione.
P. G.
Quando un valdese sudamericano visita le valli
oltre ad incontrarsi con
una grande parte della
propria storia, si confronta con una realtà fisica e
geografica totalmente nuova. Subito incontra alberi
e uccelli diversi, un orizzonte accorciato dalle montagne e, se va d’inverno, il
mistero della neve.
Chi ha mantenuto il ricordo dei nomi dei luoghi
da dove partirono i nostri
antenati, può ammirare il
paesaggio che un tempo
era del nonno o del bisnonno. Solo in questo momento ci si rende conto di
cosa deve aver significato
il cambio di ambiente e di
condizioni di vita per loro. Dovrà essere stato molto duro.
In generale la colonizzazione valdese in Argentina e in Uruguay ha avuto
l’esito sperato, cioè il processo di adeguamento al
nuovo ambiente non è stato vano.
Però, almeno un insediamento è fallito, la « Colonia Alejandra », nella provincia di Santa Fé, in Argentina.
Di questo racconta la signora Margherita Negrin
Plavan, ospite della Casa
per anziani di Colonia Vaidense, che ha udito da sua
nonna Margherita Mourglia de Plavan il racconto
delle peripezie passate dai
primi abitanti di Colonia
Alejandra, la maggioranza
dei quali originari di Rorà.
Enrico Plavan e sua moglie, Margherita Mourglia,
partirono da Rorà nel 1872
a destinazione dell’America del Sud. Secondo il racconto fatto a sua nipote,
dovevano predisporre la
terra vergine per seminare
il mais a Colonia Alejandra. All’arrivo si trovarono con un campo non adatto all’agricoltura e a far
fronte a continue incursioni degli ’indios’, che annunciavano il loro arrivo
con grida e tamburi.
Cinque famiglie di Rorà,
tra le quali i Plavan, la loro casa in argilla, con un
cortile comune, e tutta
circondata da una palizzata fatta con pali acuminati. Di notte facevano guardia per vigilare e lasciavano il fuoco acceso in permanenza per allontanare
le zanzare e gli animali sel
Margherita Mourglia
de Plavan,
fotografata con la nipotina.
vaggi che abitavano la zona.
La signora Margherita
Negrin ci dice che sua
nonna raccontava che tra
i coloni vi erano dei Tourn,
Porneron (che si stabilirono più tardi in Paraguay) e Morel.
I pastori Ernesto Tron
e Emilio Ganz nella loro
« Historia de las Colonias
Valdenses Sudamericanas »
ci parlano di altre famiglie: Salvagiot, Pavarin e
Rostagnol, e aggiungono
che sebbene la maggioranza fosse originaria di Rorà,
ve ne erano altre provenienti da Bobbio, Villar
Pollice, Torre Pellice e San
Giovanni. Dopo alcuni anni di vita molto dura la Colonia Alejandra si sfaldò.
La famiglia si stabilì a Colonia Vaidense. La signora
Margherita Negrin Plavan
conserva una Bibbia con
la seguente dedica:
« A Monsieur Plavan
Henri partant pour la colonie Alessandra province
de S. Pe, Amérique du Sud
15 Avril 1872 Susette Morel vous conseille de vous
mettre tous d’accord et de
rester toujours unis. Souvenez-vous que l’union fait
la force. Que l’éternel te
réponde au jour que tu
seras en détresse; que le
nom du Dieu de Jacob te
mette en haute retraite.
Qu’il te donne le désir de
ton coeur et qu’il accomplisse tous tes désirs ».
Psaume XX.
Notizie utili
Piano regolatore della Val Pellice
Presso le sedi dei Comuni e della Comunità Montana Val Pellice è possibile consultare una copia del
piano regolatore che interessa tutti i comuni della valle.
Il piano regolatore è uno strumento di programmazione urbanistica che delimita le zone in cui è possibile
costruire, in cui è possibile fare insediamenti industriali, artigianali, e agricoli, detta le norme cui attenersi.
I cittadini e gli organismi sociali possono fare osservazioni a questo piano presentandole ai comuni o
all’ufficio di piano della Comunità entro il 6 marzo 1980.
Dopo questa data la Comunità deciderà se accettare o
meno le osservazioni.
L’angolo di Magna Linota
Caro direttore,
quand’ero giovane leggevo
con molto interesse gli articoli in cui il direttore dell « Echo des Vallées » cercava di esprimere i pensieri
e i discorsi di una vecchia
contadina valdese, a cui
aveva dato, mi pare, il nome di Magna Maioun de la
Baudaine (zia Marietta della Balduina).
È passato quasi mezzo
secolo e ora che sono vecchia anch’io vorrei domandare se, adesso che il nostro
giornale ha più pagine dedicate alle Valli, non è possibile dare un posticino anche alla gente come me che
non ha niente di nuovo e
intelligente da dire, ma ha
molte domande che le girano per la testa e così troverà forse qualcuno che dia
una risposta.
Quel vecchio direttore,
che ricordo con riconoscenza. firmava i suoi articoli
« L.A. Vaimal » (va tutto
male). Certo oggi le cose
non vanno molto meglio di
allora, ma credo che ci sia
una differenza.
Allora, sotto il fascismo,
era quasi obbligatorio dichiarare che tutto andava
bene e il pessimismo dell’Eco era una coraggiosa testimonianza di dissenso.
Oggi, tutto continua ad
andare di male in peggio,
ma, davanti allo scoraggia
mento generale, forse il
modo migliore di testimoniare la nostra fede è di saper vivere « allegri nella
speranza », senza chiudere
gli occhi di fronte al male,
ma senza lasciarci abbattere. Magna Linota
dei Codini
In risposta a questa richiesta - offerta iniziamo
questa rubrica curata da
un membro della nostra
redazione. L’angolo di Magna Linota è aperto a chi
voglia sottoporle problemi,
esprimere pareri, avanzare richieste. Indirizzare a:
Magna Linota. Eco delle
Valli Valdesi, Casella Postale, Torre Pellice.
9
25 gennaio 1980
CRONACA DELLE VALLI
VAL GERMANASCA
Il CIRCUITO
Viabilità difficile
Una domenica di sole ha messo fine alla prima nevicata dell’anno nuovo, nevicata non eccezionale, forse, per queste zone
montane, ma che ha comunque
messo a dura prova gli uomini
e i mezzi addetti allo sgombero
della neve.
Nella giornata di martedì 15,
lo sciopero generale ha tenuto a
casa operai e minatori, ma questi ultimi, a causa della neve,
neppure il giorno dopo hanno potuto raggiungere i posti di lavoro e sono stati messi a cassa integrazione.
La neve molto leggera ed abbondante ha riempito la strada
di Frali di una serie quasi ininterrotta di slavine grosse e piccole, che però sono state spazzate via regolarmente dai mezzi
meccanici. Così, a differenza di
quanto era successo due inverni
fa, la zona di Frali è praticamente sempre rimasta collegata col
fondo valle.
Anche le strade di Massello e
Salza e le strade comunali di
Ferrerò sono state mantenute
aperte, con un lavoro sempre più
difficile e con uno spazio di manovra che si andava riducendo
di giorno in giorno.
Le difficoltà e anche i costi che
derivano dalla necessità di assicurare la viabilità in inverno, sono dovuti al fatto che, malgrado
lo spopolamento, quasi tutti i
villaggi sono abitati anche solo
da poche persone alle quali bisogna garantire i collegamenti indispensabili. Questa situazione
comune a tutte le zone di montagna, comporta per i Comuni la
dotazione di mezzi sgombraneve
adeguati e l’assunzione di personale in grado di guidarli. Ora più
nessuno accetta, come succedeva ancora non molti anni fa, che
le strade rimangano chiuse al
traffico per lunghi periodi; soprattutto chi deve raggiungere il
proprio posto di lavoro quotidianamente e non va in montagna
soltanto per divertirsi.
L. V.
Incontro
monitori
PINEROLO
La strage degli abeti
La strage degli abeti ha nuovamente avuto luogo, e quest’anno
anche per le strade di Finerolo.
Una mezza dozzina di piante,
già alte, senza radici, condannate a sicura morte, sono state poste sotto i portici di Finerolo in
occasione del Natale.
Il Natale dovrebbe ricordare
la nascita del Redentore, ma in
realtà, come tutti sanno, le festività natalizie sono attese per
lo più per lo scambio dei doni,
per i grandi acquisti, per l’approssimarsi delle vacanze e della
meritata « tredicesima ».
Oggi da più parti si tenta di
riscoprire il vero spirito del Natale, denunziando la commercializzazione della festa, mettendo
in risalto la situazione di povertà in cui nacque Cristo.
A Finerolo, per qualcuno, tutto
ciò par non valere, come pure
gli inviti a risparmiare energia.
Alcuni giorni prima di Natale
in parte di via Buniva e via Virginio e in via Trieste (qui « con il
patrocinio dell’ assessorato al
commercio ») è stato montato un
insieme di luci variopinte che
avrebbe dovuto creare la cosiddetta « atmosfera natalizia ».
Le luci sono rimaste appese (e
accese almeno due ore al giorno,
anche in quelli feriali) fino all’8 gennaio. Indubbiamente le
lampadine erano molto piccole,
ma tutte insieme non davano
certo il buon esempio in merito
all’invito dell’ENEL al risparmio
di energia elettrica.
Foi hanno portato gli abeti, alti più di due metri, in vasi atti a
contenere piante di mezzo metro e non di più.
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La situazione si è fatta poi più
penosa il mattino di Capodanno,
quando alcune piante erano riverse sulla strada, con un moncone di legno bianco sporco, che
non oso chiamare radici, all’aria,
quasi a chieder pietà, oggetto
delle bravate di un qualche vandalo.
Nel nostro piccolo, non c’è male come inizio di un anno che si
presenta difficile, all’insegna dello spreco e della distruzione.
P. G.
SAN SECONDO
Sono in corso di svolgimento
alcuni lavori di manutenzione
straordinaria al tempio e nei locali della chiesa. Nel tempio il
buon risultato dei lavori di risanamento compiuti nell'abside
un paio di anni or sono ci ha
spinti a fare lo stesso lavoro
anche nell’ingresso nel quale
l’umidità salita da sotto il pavimento aveva macchiato e scrostato alcuni muri. In primavera
si potrà imbiancare tutto l’ingresso. Rimane ancora da risolvere il problema di una perdita
d’acqua dalla conversa fra il
tetto ed il campanile, ma per
questo occorre che la neve sia
sciolta. tJn altro lavoro è stato
eseguito nella cucina annessa
alla sala dove tutto un muro è
stato riintonacato, sistemato un
nuovo aspiratore per evitare la
umidità quando si cucina e prossimamente sarà piastrellata la
zona del lavandino e del gas.
Ringraziamo sentitamente i fratelli che hanno offerto il loro
aiuto.
• Esprimiamo la nostra solidarietà a Bruno Don il cui magazzino di materiali edili a Cavour è stato recentemente visitato dai ladri che hanno asportato materiale per il valore di
vari milioni.
PIOSSASCO
Domenica 13 gennaio ha avuto
luogo a Villar Porosa un incontro di monitori del II circuito.
Un discreto numero di partecipanti ha pranzato insieme ed
ha dato inizio alla discussione
prevista per il pomeriggio.
Si è fatto innanzitutto una
carrellata sull’impostazione che
ogni Scuola Domenicale dà al
proprio lavoro.
Proposte emerse:
— far fare ai ragazzi un riassunto della lezione fatta, obbligando così, il bambino a ripensare alla discussione avvenuta
in gruppo, si spera che qualcosa
in più venga ricordato.
— Giornata comunitaria per
la chiusura della Scuola domenicale : Pinerolo e S. Secondo
andranno a Pramollo, S. Germano e Villar Perosa a Prarostino.
Altro punto di discussione è
stata la preghiera. Diversi monitori incoraggiano i bambini a
pregare nel proprio gruppo a
turno o con ima preghiera collettiva, altri hanno difficoltà.
Molto interessante la riflessione su questo problema che ci ha
portato F. Calvetti da noi espressamente invitato. Prima di tutto si è soffermato sulle occasioni/ di preghiera che hanno i nostri bambini e sugli esempi che
ricevono dagli adulti.
Il taa/nbino è concreto, i termini astratti non sono capiti; solo verso i 14 anni è in grado di
recepire il messaggio biblico,
prima lo colpisce solo l’episodio
0 alcuni aspetti di esso.
Tre ipotesi di scelta si possono proporre ai monitori:
1 - Discutere con il bambino
della preghiera spiegandogli
che essa è il linguaggio tra
lui e Dio.
2 - Fare pregare il bambino, sa
pendo che più tardi sarà in
grado di capire più pienamente questo fatto.
3 - Non stimolare il bambino a
pregare e quando sarà maturo farà la sua scelta.
Su queste ipotesi e su tutto
il complesso problema le comunità sono invitate a riflettere in
vista di rendere un servizio sempre più coerente con l’EVangelo.
lidia Long« Gardiol
VtLLAR PEROSA
Mercoledì 16 corr. abbiamo accompagnato all’estrema dimora
terrena le spoglie mortali della
sorella Sappè Lina in Travers,
deceduta all’Ospedale di Pomaretto dopo lunghe sofferenze all’età di 71 anni. Al marito, al figlio ed a tutti i parenti colpiti
da questo lutto rinnoviamo il
nostro pensiero di fraterna solidarietà nel dolore.
• Un benvenuto a Marilena dì
Elmo e di Costanza Bouchard
(Villar Perosa) ed a Davide di
Leon e di Danila Meytre (Pinasca): la grazia del Signore riposi su questi neonati e sui loro
familiari.
Sabato 22 dicembre nella sala
della Comunità Valdese di Piossasco, via Magenta 26, ha avuto
luogo la festa natalizia che ha
riunito attorno all’albero di Natale una cinquantina tra adulti
e bambini.
Si ringraziano tutti coloro che
sono intervenuti ed hanno trascorso con la comunità alcune ore gioiose ed in particolare il vice moderatore past. Taccia e i
membri del Concistoro di Pinerolo.
• Si ricorda a tutti gli interessati che ogni quindici giorni si
tengono le riunioni al giovedì sera alle ore 20.30 con studio biblico a partire dal 24 corr. m.
Per informazioni rivolgersi al
pastore Ruben Artus, via dei
Mille 1 Pinerolo (tei. 0121/74041
oppure a Fraschia Sergio via Tanaro 1 Piossasco - tei. 011/9066352.
Convegno
FGEI-Valli
Domenica 27 gennaio
nei locali del Convitto
valdese di Pomaretto
convegno su: « Come
leggere la Bibbia ».
Inizio lavori ore 9
con relazione di E. Bernardini; ore 10 culto con
la comunità.
Nel pomeriggio i lavori proseguiranno con
i gruppi di discussione
e con l’assemblea generale.
Data la particolarità
del tema del convegno,
ricordiamo a tutti i partecipanti di portare la
Bibbia.
TORRE PELLICE
L’Assemblea di Chiesa ha udito, domenica scorsa, la relazione
finanziaria 1979. Le contribuzioni
per la cassa culto sono state leggermente superiori al preventivato: con riconoscenza al Signore la nostra comunità potrà aumentare un poco il proprio contributo alla Tavola. Anche le entrate per la gestione interna hanno avuto esito soddisfacente. La
commissione stabili ricorda che
sono da saldare i conti relativi
ai restauri della cappella degli
Appiotti e del tempio dei Coppieri: in questo ultimo caso i preventivi sono stati superati e uno
sforzo è richiesto ancora ai membri di Chiesa.
Vorremmo ricordare qui che
negli ultimi anni la nostra comunità ha affrontato, grazie all’impegno di tutti e con l’aiuto di
molti amici, i restauri di molti
nostri stabili, primi fra tutti il
tempio del centro e poi il presbiterio, villa Sibaud e alcune scuole Beckwith. È stato uno sforzo
finanziario notevole, ma non possiamo ancora dire che i lavori
sono conclusi...!
Nel corso dell’Assemblea alcuni membri della comunità hanno
chiesto di avere una serie di studi biblici; essi avranno inizio,
probabilmente con il mese di
febbraio.
• È in corso di perfezionamento l’organizzazione delle attività
del 17 febbraio. La Filodrammatica giovanile sta alacremente
allestendo una rappresentazione
teatrale sul tema della comunità; il Coretto sta mettendo a
punto (come la Corale d’altronde) alcuni canti che presenterà
probabilmente la sera del 16 dopo il falò, nel tempio dei Coppieri; i Cadetti sono promotori
di una lotteria i cui proventi sono destinati ai restauri del tempio dei Coppieri.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
L’iniziativa presa dalla Commissione Stabili di organizzare
una volta al mese una serata aperta prosegue questa settimana
con un incontro con il pastore
Giorgio Tourn che parlerà su
« Momenti di storia valdese ».
La serata è programmata per
sabato 26 c.m. alle ore 20.30 nei
locali della Sala Albarin e ad
essa tutti sono cordialmente invitati. Farà seguito un amichevole
trattenimento con offerta di « vin
brulé ».
• In seguito ai ripetuti furti
che in questi anni sono avvenuti nei locali del presbiterio e
dell’alloggio pastorale, la Commissione Stabili ha deciso di
bloccare tutte le aperture esterne dell’edifìcio con inferriate e
porte scorrevoli in ferro.
I lavori sono a buon punto e
speriamo che essi possano servire a porre Analmente termine
ad altri tentativi del genere da
parte di malintenzionati che approfittano dell’ora del culto o
dell’oscurità notturna per entrare e fare man bassa su quanto
possono trovare nei locali della
chiesa.
• Il concistoro è convocato
per lunedì 28 c.m. alle ore 20.30
al Presbiterio.
Data l’importanza della seduta
con all’ordine del giorno la Festa
del XVII Febbraio ed i rendiconti finanziari, si raccomanda la
puntualità e la presenza di tutti
i responsabili.
• La scorsa settimana tre lutti hanno colpito famiglie della
nostra comunità: Pavarin Domenica ved. Rivoira, di Luserna,
spentasi all’età di anni 78, Gaydou Emma ved. Costantino, di
anni 78, ospite dell’Asilo Valdese e Revel Giulio, di anni 73, deceduto nella sua abitazione agli
Airali, suocero del nostro cassiere e diacono Ferdinando Girardon.
In quest’ora di dolore rinnoviamo ai familiari l’espressione
della nostra solidarietà e del nostro affetto.
ANGROGNA
Doni per l’Asilo
dii Luserna S. Giovanni
L. 5.000; Carolina Hugon, in mem.
della Sig.na Fidi [Torre Pellice).
L. 6.000: Gobello Elisabetta, in mem.
suoi cari (osp. Asilo).
L. 12.000; Un gruppo di coscritti classe 1912.
ASSEMBLEA DELLE
CORALI DELLE VALLI
Domenica 3 febbraio 1980
ore 15
Tempio Valdese - Pinerolo
Data l’importanza degli
argomenti da trattare si
pregano vivamente le Corali di mandare un loro
rappresentante.
Il Comitato Esecutivo
Dopo il culto di domenica s’è
deciso, presenti alcuni anziani,
di spostare la prevista assemblea
sulle finanze del 27 c.m. al 10
febbraio. S’intende così avere
l’incontro in concomitanza con
l’avvenuto restauro della Cappella (ex-scuola grande) iniziato
proprio in questi giorni. Nel frattempo il culto al Capoluogo si
svolge nella saletta del Presbiterio.
• Nelle riunioni di questa settimana (Capoluogo, Jourdan,
Prassuit-Vernò, Odin-Bertot, Buonanotte) si ridette sulle prospettive della minoranza protestante in Italia.
AVVISI ECONOMICI
VENDESI auto Sinica 1000 con frizione automatica e ampio bagagliaio.
Rivolgersi a E. Rostan, via Virginio, 41 - Pinerolo - Tel. 74263.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Emma Gaydou ved. Costantino
sentitamente ringraziano il sig. L. Gobello, la signora M. Barbiani e tutto il
personale dell’Asilo Valdese per Anziani di San Giovanni, il Pastore A.
Adamo, la dottoressa G. Seves e tutte
le gentili persone che hanno preso parte al loro lutto.
Luserna S. Giovanni, 18 gennaio 1980
E’ mancato all’affetto dei suoi cari
Alberto Malan
10 annunciano a funerali avvenuti, per
sua espressa volontà, la mamma Paolina Bertin, la moglie Livia Mourglia,
11 figlio Marco, le sorelle, cognate, cognati e parenti tutti.
Un sentito ringraziamento a tutti
coloro che hanno preso parte al loro
dolore.
« La mia grazia ti basta »
(2 Cor. 12)
Pinerolo, 12 gennaio 1980
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Sommani e Vezzosi ringraziano tutti coloro che hanno voluto esprimere fraternità e amicizia in
occasione deila morte improvvisa di
Margherita Vezzosi Sommani
Un ringraziamento particolare alla
famiglia Tedesco che ha offerto un
posto nella propria tomba di famiglia
e al Prof. Valdo Vinay che ci ha annunziato l’Evangelo della risurrezione
nel quale vogliamo rimanere saldi.
Roma, 15 gennaio 1980
RINGRAZIAMENTO
La sorella ed il cognato della compianta
Anita Bertalot
di anni 71
ringraziano sentitamente quanti si sono uniti al loro grande dolore.
In particolare il pastore Platone e
Sig.ra, il dott. De Bettini e famìglia,
le famiglie Benedetto e Rostan per
l’aiuto dato nella triste circostanza.
« Insegnaci dunque a cosi contare i nostri giorni^ che acquistiamo un cuore savio »
(Salmo 90 v. 12)
Angrogna, 14 gennaio 1980________
« ... nulla mi mancherà »
(Salmo 23)
II 21 dicembre 1979 è deceduta
Emma Bensì Rosatti
Il marito ed i figli, nel darne l’annuncio, vivamente ringraziano il prof.
Dario Varese, la direzione ed il pei'sonale dell’Asilo Valdese Anziani c di
Villa Olanda di Luserna S. Giovanni e
quanti altri hanno portato conforto ed
aiuto nella dolorosa circostanza.
Luserna San Giovanni, Asilo Valdese
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Giulio Revel
(sarto)
riconoscenti ringraziano tutti coloro
che, con la loro presenza, o con scritti,
hanno partecipato al loro grande dolore.
Luserna S. Giovanni, 19 gennaio 1980
RINGRAZIAMENTO
I genitori del compianto
Eri Rivoira
commossi per la dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro Caro,
nell’impossibilità di farlo singolarmente, riconoscenti ringraziano: il Sindaco, il Vice-Sindaco, il Messo comunale,
il pastore Platone, il Corpo di Soccorso
Alpino con a capo Willy Bertin, i vicini e tutti coloro die con la presenza,
scritti e parole di contorto hanno partecipato al loro dolore.
Angrogna, 21 gennaio 1980
10
10
25 gennaio 1980
AL TERMINE DELL’ANNO INTERNAZIONALE DEL BAMBINO Kiing è o non è
Il bambino nel mondo teologo cattolico?
quale realtà?
Una mostra fotografica organizzatadalla Chiesa metodista di Milano è
stata l’occasione per dibattere il tema dei più indifesi: i bambini
NeH’ambito della celebrazione
dell’anno internazionale del bambino si è svolta, per sette giorni, dal 15 al 22 dicembre, una
manifestazione sul tema: « il
bambino nel mondo, quale realtà? ». L’iniziativa ha avuto luogo
nella sala evangelica di via Porro Lambertenghi, a Milano. È
stata esposta una mostra fotografica sulla situazione del bambino, sono stati presentati canti
cileni, dal complesso Millantu;
è stato presentato dal gruppo
« Strumento Concerto » la simpatica favola musicale di Nicola
Scavano: « La natura è musica », che è stata seguita con piacere da molti bambini e da molti genitori.
La mostra presentava la situazione dei bambini in alcuni paesi, alcuni presentavano la drammatica situazione di quelli che
sono costretti a vivere in periodo di guerra, alcune foto mostravano bimbi libanesi che giocavano con armi più grandi di loro, altre foto facevano vedere
la condizione di estrema indigenza nella quale i piccoli sono condannati a vivere, brevemente,
per la verità, poiché molti di loro sono prematuramente condannati a morire di fame o di
malattia. Per l’Italia, una foto
presentava la situazione dei ragazzi della zona 2 di Milano, (ove
è sita la chiesa evangelica Metodista): due ragazzini stanno togliendo i rifiuti da un prato per
poterci poi giocare, si tratta
dell’unico campo giochi (!) a disposizione dei ragazzi della zona.
Il dramma
dei più indifesi
Abbiamo avuto notizie più dettagliate sulla situazione del bambino dai partecipanti al dibattito del 21 dicembre. Lidia Garlaschelli, della lega internazionale per i diritti e la liberazione
dei popoli, ha ricordato che
innesco aveva già altre volte
indetto l’anno internazionale del
bambino e l’ONU già due volte
ha presentato una carta dei diritti dei bambini: il diritto alla
nutrizione, all’istruzione, all’integrità fisica, all’assistenza, al gioco, all’affetto, ma tutte queste
richieste restano lettera morta
per quelle nazioni che hanno governi davanti ai quali il popolo
non può difendere tali diritti,
così altre nazioni, pur avendo
governi orientati al rispetto di
tali diritti, non li possono attuare per la grave situazione di sot
tosviluppo. L’intervento ha messo in luce che sinché la situazione politica ed economica mondiale non viene mutata ogni sforzo per migliorare la situazione
dei più indifesi, i piccoli, è vana.
Mario Moizzo, di Amnesty International, ha rammentato questo intreccio tra situazione economica e situazione politica evidenziando che in molti paesi ove
il potere vuole colpire il dissenso lo fa colpendo i bambini, non
solo coinvolgendoli in uno stato
di miseria ma pure torturandoli
per ottenere delazioni, confessioni dai genitori; anche bimbi di
pochi mesi diventano ostaggi
nelle mani del potere per ottenere spiate. Un rappresentante del
soccorso popolare libanese ha
parlato del milione di profughi
cacciati dal sud e dalle zone controllate dalla destra fascista, dei
regali che l’aviazione israeliana
lascia ai bimbi libanesi sul loro
suolo. Romano Juvara, presidente del consiglio di zona 2, ha fornito alcuni dati sulla situazione
del quartiere milanese in analisi: vi sono circa 4.000 bambini
tra i 4 e 5 anni, di essi il 10“/o
vive in una situazione abitativa
degradata. Il 16% delle famiglie
hanno più di cinque figli, il 60%
sono immigrati dal sud. Il consultorio pediatrico è « obbrobrioso », non c’è un asilo nido praticabile, mentre si ha un’alta percentuale di donne lavoratrici.
Inoltre non esistono parchi-gioco, le vecchie corti, una volta a
disposizione dei piccoli, sono
trasformate in parcheggi. La vita del bambino nella zona 2 è
caratterizzata dalla solitudine,
mancano le strutture che facilitino la socializzazione.
Rita Gialli Gay, psicoioga, ha
ribadito che la condizione dei
fanciulli è strettamente dipendente da quella sociale, la vita
dei bambini migliorerà quando
saranno mutati in meglio gli attuali rapporti di potere e di
scambio. Rita Gay si è chiesta,
in apertura del suo intervento,
se non fosse un lusso parlare
della psicologia del fanciullo, dinanzi al fatto che molti neppure
vengono alimentati quanto basta
per vivere sani e a lungo. In effetti il suo discorso poteva sembrare rivolto a illustrare un « bisogno in più », mentre ha fatto
ben risaltare che il piccolo resta
una vittima del mondo dei grandi anche quando è nutrito abbastanza, se poi non se ne rispetta
la personalità e se ne circoscrive lo spazio.
Altre fonti
d’informazione
Recentissimamente è stato presentato a Genova e distribuito in
migliaia di copie dalla Regione
Liguria il testo di Fiora Luzzato
Izzi, Ingiustizia è fatta, che raccoglie, traendole da quotidiani,
cento storie di violenza sui bambini. Sono casi del nostro Paese: bambini maltrattati, uccisi,
venduti. Troviamo note di peggioramento della situazione dell’infanzia anche nella prefazione
della seconda edizione di Vene
aperte dell’America Latina, di
Eduardo Galeno, (presentata da
« Monthley Review » 1/79), in Cile dopo Allende la dittatura « ha
restituito ai vecchi proprietari
metà dei monopoli ed oligopoli
nazionalizzati da Allende » e la
riprivatizzazìone ha segnato la
ripresa deH’aumento vertiginoso
dei costi, il latte è aumentato del
40%, « mentre il prezzo ai produttori è sceso del 22%... Il Brasile ha un esercito enorme e molto ben equipaggiato, ma destina
all’istruzione solo il 5% del bilancio nazionale... In sistemi organizzati alla rovescia quando
l’economia si sviluppa cresce
anche l’ingiustizia sociale. Nel
periodo del "miracolo” brasiliano, è aumentato il tasso di
■ mortalità infantile nei quartieri
ghetto della città più ricca del
paese. L’improvviso boom del
petrolio in Ecuador ha portato
la televisione a colori anziché
scuole ed ospedali ». Da uno studio del Bureau International du
travail (BIT) sul lavoro minorile risulta che ben 55 milioni di
bambini sono al lavoro.
Chi è responsabile? Un argentino, intervenendo nel dibattito
di cui abbiamo dato relazione,
giustamente osservava che le responsabilità maggiori spettano
ai paesi che impongono e sostengono il capitalismo tramite l’imperialismo politico e culturale. È
un nome che evoca tutto un assetto di potere, la divisione internazionale del lavoro, la rapina del prodotto, la trasformazione del terzo mondo in supermercato a basso costo dei paesi
« sviluppati». Ad esso vanno però aggiunte altre ragioni, non
ultimo l’egemonismo che ha spinto anche paesi marxisti allo scontro armato. Senza una totale
trasformazione le celebrazioni
dell’anno del bambino resteranno semplici date.
Alfredo Berlendis
(segue da pag. 3)
Cattolico-romano
una contraddizione
2. Una seconda risposta alla
domanda « Kiing è o non è un
teologo cattolico? » la troviamo
negli scritti di questo teologo, e
l’abbiamo già anticipata. Kùng
si considera a tutti gli effetti un
teologo cattolico ; ha anche
scritto un breve saggio su questo tema specifico (contenuto
nel volume Infallibilità che è
una specie di dossier su tutta la
vicenda, edito da Mondadori nel
1977). Kùng dunque si considera teologo cattolico, precisando
però che « oggi non è più così,
elementare distinguere che cosa
sia propriamente cattolico e che
cosa non lo sia. Il che — egli aggiunge — sostanzialmente non è
un male ». Soprattutto, quello
che Kiing mette in dubbio è che
Roma sia necessariamente e
sempre l’autentica portavoce
della posizione cattolica. « Romano » non è in ogni caso e a
priori sinonimo di « cattolico ».
Anzi, secondo il teologo di Tubinga l’aggettivo « cattolico-romano » è un « neologismo » ( cioè
un termine relativamente nuovo
che non ha riscontro nella più
antica tradizione cattolica) e, più
ancora, « rappresenta una contradictio in adiecto », cioè raggiunta del termine « romano »
contraddice il termine precedente « cattolico ». Qui è possibile ,
scorgere un altro motivo di conflitto tra Kùng e la Curia, o meglio possiamo valutare questo
conflitto da un altro punto di vista: Kùng e la Curia hanno un
diverso concetto di cattolicità.
Per Kùng il cattolicesimo romano non è il cattolicesimo ma un
cattolicesimo, non solo nel senso che non è tutto il cattolicesimo ma nel senso che non è il
cattolicesimo normativo per tutti gli altri. Per la Curia invece
il termine « romano » delimita,
definisce e qualifica il termine
«cattolico»; non lo restringe
ma lo struttura, non lo contraddice ma lo plasma. Perciò, alla
Curia che dice a Kùng : « Tu non
sei o non sei più un teologo cattolico », Kùng risponde : « No, io
sono un teologo cattolico, ma
non sono un teologo cattolicoromano ».
Nel suo recente volumetto
La Chiesa - mantenuta nella verità (presentato su questo giornale da Ermanno Geme, sul n°
del 4 gennaio scorso) Kùng distingue due tipi di teologi: non
distingue (come forse qualcuno
si aspetterebbe) tra « conservatori » e « progressisti », ma _ tra
il teologo « immanente al sistema » e il teologo « critico-scientìfico»; il primo parte «dalla
attuale coscienza di fede della
Chiesa » e ad essa sempre ritorna, confermandola; il secondo
tiene, sì, conto dell’attuale coscienza di fede della chiesa ma
considera suo compito confron
tarla « con Foriginaria, normativa testimonianza di fede neotestamentaria », in base alla quale, se necessario, l’attuale coscienza di fede della chiesa subirà una revisione molto decisa.
In altri termini : il teologo « immanente al sistema » è al servizio dell’attuale coscienza di
fede della chiesa, pur tenendo conto della testimonianza biblica ; il teologo « critico-scientifico » è al servizio della testimonianza biblica, pur tenendo
conto dell’attuale coscienza di
fede della chiesa. Kùng — possiamo dire — è un teologo cattolico, ma non « immanente al
sistema ».
Un teologo
cattolico-ecumenico
3. Ma allora, in fin dei conti,
Kùng è o non è un teologo cattolico? La risposta che propongo è questa: il dilemma sarà risolto sostituendo nell’espressione « cattolico-romano » il termine « romano » con quello « ecumenico ». Kiing è un teologo cattolico-ecumenico ( anziché cattolico-romano). Ma il suo è un
ecumenismo di frontiera, così
come lo è il suo cattolicesimo.
Sia come cattolico che come
ecumenico Kùng è un teologo dì
frontiera. Egli pensa, scrive e
testimonia su molte frontiere :
su quella tra le confessioni, su
quella tra chiesa e Israele e soprattutto su quella tra chiesa e
mondo. Potremmo anche dire
(se il termine non avesse in certi ambienti un suono negativo)
che Kùng è un apologeta cristiano del XX secolo.
In realtà, con Kùng (e altri)
sta emergendo un nuovo genere
di teologia — una teologia ecumenica, appunto — che le ortodossie confessionali e quella romana in particolare non riescono a inquadrare nel loro sistema e di cui, in fondo, sembrano
avere un po’ paura. Condannando Kùng il confessionalismo romano si difende e cerca di arginare un pensiero ecumenico che
potrebbe conquistare molti spazi all’interno della cristianità
cattolica.
Certo, è penoso pensare che
dopo il verdetto della Curia, questa teologia non potrà più essere
insegnata a coloro che domani
saranno sacerdoti. Ed è ancora
più penoso constatare che uomini di frontiera come Kùng (e
altri) cadono — per cos'’i dire —
nella battaglia della testimonianza non perché sono colpiti
dal mondo secolarizzato che sta
loro di fronte e al quale stanno
parlando ma perché sono colpiti
dalla chiesa che sta alle loro
spalle.
Paolo Ricca
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Coucourde Luigi, Travers Elena.
DONI DI L. 10.000
Svizzera; Moret Emilia; Luserna S.
Giovanni: Deodato Achille.
ALTRI DONI
Ribet Paolo, Pinerolo L. 4.800; Castiglione Giuseppe, Bari 20.000; Rizzi Mario, Genova 21.000; dalla Renata. Luserna San Giovanni 9.000; Ambrosini Antonio, Venezia 11.800; Masino Luigi, Varese 9.000; Griot Ferruccio,
Pinerolo 4.800; Dal Secco Raffaella, Milano 3.600; Venturi Danilo, Bologna
20.000; Casola Calogero, Agrigento
800.