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DELLE VALLI VALDESI
Qnindicínale
della Chiesa Valdese
" Gettale lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno. spirito nuovo
/\ano LXXXV - Num. 4 Una copia ^ S A Di»r\xT A • L. 700 Dcr l'interno Eco e La Luce: L. l200 per Tinterno AJJBUMAMENTI < , i. I r 4Qiart i» a, \ Lh 1200 per 1 estero | loOU per 1 estero Spedis. abb. postale 11 Gruppo Cambio d'indirisso Lire 40,— TORRE PELUCE -25 Febbraio 1955 Ammìn. Claudiana Torre Peilire -C.C.P. 2-17557
Chi non possiede in se stesso la
jiace di Dio non può portarla al mon.
do, che ne ha tanto bisogno. La nostra pace interiore è però, sotto un
certo aspetto, i! frutto della pace che
.sappiamo portare al mondo mediante i nostri pensieri e le nostre opere
d’amore.
Ma senza sacrificio, questo miracolo della vita non si produce: « In
verità, in verità io vi dico che, se il
granello di frumento caduto in terra
non umore, riman solo; ma se muore, produce molto frutto ». Ora il sacrificio della nostra vita, certamente
utile per gli altri, lo è anche per noi,
indipendentemente dal nostro desiderio di ricompensa, perchè le rinunzie che facciamo jier servire contribuiscono sicuramente al nostro
-V ilupito spirituale ed alla nostra vela felicità. La pianta non nasce, nè
può produrre i suoi fiori ed i suoi
frutti, se il seme che deve produrla
non fa schiantare l’involucro che lo
rinserra. Lo stesso avviene per noi.
ipiando facciamo schiantare il guscio del nostro egoismo e della nostra
limitazione. K come il frutto prodotto dalTalbero non è riassorbito dalla pianta stessa ma serve a nutrire
altri esseri, cosi la vita divina che in
noi si sviluppa, fiorisce e fruttifica
a!¡laverso il sacrificio, e si riversa in
benedizioni nel senso dell’umanità
moltiplicandosi aH’infinito in pensieri, parole ed opere di bellezza, di
giustizia, d’amore, di concordia e di
pace.
if: * *
Contributo alla pace nel mondo
l’erciò quello che possiamo fare
per la pace del mondo dipende sopratutto dalla nostra volontà; e la
nostra volontà dipende dalla nostra
fede, dal nostro amore, dalla nostra
consacrazione al servizio che Dio domanda da ciascuno di noi, per cooperare devotamente alla salvezza dell’umanità di cui facciamo parte. Se
abbiamo cominciato a distruggere in
noi la maligna pianta dell’egoismo
ed a far morire nell’anima nostra il
senso fimesto dellla separatività, e
cominciamo a scoprire con gioia la
grande armonia dell’unità della vita
che, in tutti i mondi, palpita nelle
cose e negli esseri che sono la manifestazione dell’Unico Iddio, allora
possiamo sicuramente fare qualche
cosa per la pace del mondo. Ed il
Cristo che è in noi può suggerirci silenziosamente questa preghiera:
« Padre che sei in me, e nel quale
io dimoro, rendimi capace -— come
io ardentemente lo desidero — di
esprimere nella mia vita l’amore-, la
saggezza, la forza e l’eterna giovinezza dello spirito, per poter comunicare ai miei fratelli un raggio di
gioia e di pace nel tuo Nome. Voglio ricevere da Te l’intelligenza e
la sapienza per trarre, con riconoscenza, dalla sostanza universale tutto ciò che può soddisfare i migliori
desideri] di benessere, di giustizia e
di felicità degli uomini che lottano e
laticano sulla terra ».
Ma, affinchè questa invocazione
non si risolva in un vano tentativo di
esigere da Dio quello che riteniamo
troppo arduo e faticoso per noi, dobbiamo farne il respiro costante dell’anima nostra, cioè lo scopo centrale della nostra vita. Allora tutte le
altre cose, che tendono continuamente ad assorbire la maggior parte del
nostro tempo e delle nostre energie,
prenderanno delle proporzioni assai più modeste nel quadro della nostra esistenza. E non diremo più:
« Che dobbiam fare? » perchè lo
Spirito stesso ci dirà quello che possiamo fare, nonostante le nostre limitate possibilità materiali e la mancanza di grandi compiti da svolgere
sulla scena della vita terrestre.
Anche il più umile e diseredato
figlio di Dio può fare qualche cosa
di utile per affrettare il regno della
pace nel nostro mondo, purché egli
abbia trovato la pace di Dio nel suo
cuore. Perché la vera pace di cui ha
bisogno l’umanità ha il suo inviolabile presidio nel tempio dello Spirito, prima di manifestarsi sulla scena
della vita sociale e politica delle nazioni. La pace di Dio a che sopravvanza ogni intelligenza » non va confusa con la pace garantita dalla for ■
za é dalla legge umana, nè con la
cessazione delle stragi sui campi di
battaglia. Finché le armi omicide
son ritenute necessarie, la pace non
regna su questa terra. E la pace dettata dalla paura o dal desiderio di
quieto vivere in uno stato di prospe.
rità materiale, uob va confusa con
la pace derivante dall’amore di Dio
operante nei pensieri degli uomini.
Là dove questo amore, suprema
legge di vita, non illumina la mente,
nè purifica il cuore, nè governa i de.
siderii, esiste sempre in potenza un
tocolaio di discordia, di odio e di
violenza che può esplodere e rovinare la felicità degli individui e dei
(•opoli. Noi dobbiamo distruggere o
rendere inattivi quei focolai, prima
di tutto nei nostri cuori, e poi, per
benefica irradiazione della nostra vita, possiamo contribuire a spegnerli
anche nei cuori dei nostri simili. E
per farlo abbiamo a nostra disposizione vari mezzi datici da Dio: il
pensiero, la parola e l’azione.
« « Hf
¡Non so fino a qual punto gli uomini riflettono sul valore e sulla potenza del pensiero. Ogni essere umano è un centro potsnzia.e di energia
e di volontà che si estrinseca nel pensiero. Si tratta dunque di un potere
che tutti posseggono, ma che pochis
simi sanno usare con saggezza ed in
tslJigenza.
La pace del mondo dipende in
gran parte dalla natura e dal corso
del pensiero umano. Perchè le forze
buone o cattive liberate dal pensiero, anche silenziosamente, riverberano il loro potere prima su chi le
ha generate e poi anche su tutto l’ambiente umano che lo circonda. Noi
viviamo giornalmente in mezzo a
questo campo di forze e di formepensiero che influenzano silenziosa' mente i nostri desideri ed i nostri
sentimenti, se non siamo moralmente premuniti e difesi dal nostro stato d’animo.
Qussto ci prova quale possa essere
l’efficacia benefica o malefica del nostro pensiero per creare intorno a
noi un clima spiritualmente propizio alla concordia ed alla pace o satanicamente diretto a turbare l’armonia e creare una psicosi di odio
e di violenza. Voi vedete dunque
come, anche inconsciamente, noi
possiamo, per mezzo del nostro pensiero. diventare dei seminatori di
pace o di guerra nel seno dell’umanità!
Ma se il pensiero, formato nel silenzio, ha già in se stesso tanta forza
da influenzare in bene o in male i
nostri simili, voi potete comprendere come la parola possa aumentarne
il potere su quelli che la ricevono attraverso i sensi, vedendo ed ascoltando colui che parla. La maggior parte degli uomini non si rendono conto del tremendo potere della parola,
c perciò ne abusano in molte maniere, mettendo inconsciamente in pratica l’antico detto: « Verba volant »!
Sì, le parole volano, ma possono ferire o seminare il pregiudizio, la calunnia, il fanatismo, la discordia e
la guerra. Il pericolo aumenta in
projiorzione dei mezzi che facilitano
la diffusione della parola. Al giorno
d’oggi, gran numero di persone derivano quasi tutta la loro cultura dalia-radio, dal cinema, dai giornali e
dalle riviste... una coltura a pezzi e
u brani, senza un filo conduttore che
formi uu ideale. E-perciò l’accuratezza ed il senso di responsabilità
nel parlare è una qualità rara in questo fempo in cui l’abitudine di esagerare e di creare il sensazionale è
¡auto comune.
La parola non è fatta per nascondere il pensiero ed ingannare il prossimo o seminare confusione e discordia, ma per esprimere la verità con
sincerità, non disgiunta da prudenza c carità. Soltantd cosi può diventare un veicolo di sa^ezza e di pace.
La mancanza di selisihilità morale,
di serenità e di riflessitme è una delle più deplorevoli cniiratteristiche del
nostro tempo: in qnesto clima di ipocrisia e di perpetua agitazione, la
malvagia pianta delia violenza fiorisce e fruttifica copiosamente.
Se impariamo a pesare fortemente e saggiamente, seiiyendoci poi del
veicolo della parola,per comunicare
agli altri i nostri seÀ^enti di simpatia e di amore, salemo anche ben
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preparati ail’azione che deve incarnare il pensiero e la parola jiella nostra Operosità quotidiana. L’edificio
della civiltà futiua, in cui taceranno
per sempre i clamori e le opere distriiggitrici del male e della violenza, si compone di grandi e piccole
pietre che gli uomini di fede preparano pazientemente ogni giorno. Se
non possiamo portare delle grandi
pietre a questa meravigliosa costruzione del Regno di Dio, che affonda
le sue fondamenta nel suolo misterioso dello spirito, accontentiamoci di
portarvi le pietruzze più piccole, ma
ugualmente preziose, dei nostri atti
di bontà, di un lavoro coscienzioso
compiuto con amorevole probità.
fi non preoccupiamoci ansiosamen.
te del frutto del nostro lavoro, come
se il movente del nostro operare con.
sistesse nella ricompensa che ne aspettiamo. Compiamo il bene per il
valore intrinseco del bene stesso.
Non ci stanchiamo di ssminare, anche quando sappiamo che una parte
In difeéii della libertà
e del prispetto della fede
Carbonara... è un sobborgo di 18
mila abitanti in quel di Bari — il
numero degli evangelici di tutte le
denominazioni non supera il centinaio. Ve n’è di Valdesi, di Avventisti, di Battisti e un forte gruppo di
Pentecostali. Questi ultimi dopo
molte lotte sono riusciti ad aprire
un piccolo locale per i loro Culti.
Intimidazioni, perdita di lavoro a
causa della fede, minacele, umiliazioni non hanno stroncato lo slancio
di questi fratelli che un giorno senza
sapere per quale lungimirante preoccupazione si sentirono offrire, da
parte delle Autorità locali, un reparto sjjeciale al Cimitero. E fu così che
neH’anno 1954 fu concepito e sorse
il famoso reparto per gli acattolici
nel (^imiterò di Carbonara.
Furono spese per gli evangelici ai
quali si era negato, senza riuscirvi,
il diritto all’esistenza qualcosa come duecento mila lire per dare loro... disonorevole sepoltura...
Diciamo disonorevole sepoltura.
Quando con un gruppo di evangelici di Bari visitammo il reparto ci si
strinse il cuore: c’era da non credere ai nostri occhi. La mura del reparto risultavano della stessa altezza del muro di cinta del Cimitero
medesimo, in modo tale che l’estraneo entrando nel Cimitero non avrebbe mai potuto capire che dietro
quelle mura vi fossero delle tombe.
Venni poi a sapere che era stato l’Arciprete del luogo a fornire al geometra comunale, incaricato per i lavori, le misure delle miura. Aveva
sfogliato un libro del diritto canc«ii
Ma quel che più offendeva in quel
monumento dell’odio confessionale
era il fatto che allo scopo di dare al
lutto un carattere denigratorio, la
porticina per entrare nel reparto medesimo non più larga di ottanta centimetri era stata creata all’estremità
di uno dei muri...
Lasciando quel luogo ove più che
altrove ci si deve sentile più buoni
e più vicini gli uni agli altri ci siamo
detto: « Chissà quello che occorrerà
ora di ricorsi scritti e di logomachie forse anche in Parlamento perchè ci venga fatta giustizia ». Pensai
alla staccionata che il buon Re Vittorio Emanuele T non aveva saputo
impedire che sorgesse nel 1816 a Lu-serna S. Giovarmi, e ciò ai fini di
consolare in qualche modo, anche
qui un fanatico prete che altrimenti
non avrebbe potuto celebrare la Messa con un cuore sereno alla vista del
Tempio di S. Giovanni. Ma erano altri tempi.
Ma ero stato ingiustamente pessimista; perchè è bastato che la gentilezza e la perizia del nostro avv. G.
Peyrot mettesse nelle mie mani un
esposto da presentare al Signor Sindaco di Bari perchè la cosa andasse
sul suo giusto binario.
E’ bastato diciamo meglio il buon
senso e lo spirito di libertà che spira
nel cuore di chi dirige il Comune di
Bari e degli uomini che lo circondano, molto più numerosi di quel che
non si creda, per farci ottenere ciò
che desideravamo e cioè: trascrivo
dalla lettera del Sindaco: «... Le
comunico di aver disposto per una
conveniente riduzione dell’altszza
del muro di cinta del reparto Protestante testé costituito nella frazione di
Carbonara e per la sostituzione dell’attuale porta laterale con altra centrale. Anche le altre richieste saranno esaminate dall’Amministrazione
per ogni possibile provvedimento ».
Ne prendiamo atto con gioia e ancora da queste colonne ringraziamo il
Sindaco di Bari avv. A. Chicco che
con la Sua parola ispirata a rispetto
e libertà verso le minoranze religiose so.stenne in seno al Consiglio Comunale le decisioni di cui sopra.
Ringraziamo pure il consigliere
comunale signor Pireto geom. Vincenzo per aver sostenuto con forza e
passione il nostro buon diritto in sede di Consiglio comunale.
(,)ueste decisioni scaturiscono logicamente dalle chiarissime leggi costituzionali che regolano la materia
i! annullano di fatto tutte le leggi canoniche di medioevale memoria; ma
è un fatto che come sempre le mura
divisorie cadono quando nel cuore
degli uomini prevale il soffio dello
spirito di libertà e di uguaglianza,
quando ad interpretare le leggi vi
sono uomini liberi. Ne prendiamo atto in questo 17 febbraio 1955 con
gioia e con -speranza insieme.
G. E. Castiglione.
del seme cadrà lungo la dora strada,
un’altra sul terreno roccioso dell’ingratitudine ed un’altra ancora fra i
rovi soffocatori della malignità umana. Secondo che ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti,
come dice Paolo, e « se non ci scoraggiamo nel fare il bene, mieteremo a suo tempo ». Un credente intelligente ed illuminato non può essere pessimista nel suo operare, perchè il punto di vista ottimista su ogni
cosa è sempre più prossimo al punto di vista di Dio e quindi più prossimo alla verità. Soltanto i frutti del
bene maturano sotto il sole di Dio,
mentre i frutti del male appassiscono presto, perchè il male per sua na.
tura è soltanto accidentale e temporaneo.
Un savio dell’antichità diceva che
« è meglio fecondare sei quarti di
pollice di terra arida che vincere
ventiquattro battaglie ». Perchè mediante il lavoro la terra arida diventa fertile e nutre gli uomini, mentre
la guerra rende aride le terre fertili e ne fa la tomba di molti uomini.
E non è raro l’esempio di acclamati
condottieri che hanno vinto ventiquattro battaglie, e non hanno saputo rendere fertile un sol pollice di
terra arida.
Il nostro lavoro, compiuto con amore in qualsiasi settore della vita,
può contribuire a rendere fertile la
terra sconvolta ed inaridita dal fuoco. delle umane passioni. Le misteriose rugiade dello Spirito scendono
sempre a fecondare le opere di pace;
che tendano a mettere in valore pm
tutti gli uomini i ricchi doni deUa
divina Pro-widenza. Noi possiamo
affrettare il tempo in cui — come ha
detto il profeta Isaia — « il deserto
e la terra arida si rallegreranno, la
solitudine gioirà e fiorirà come la rosa;.' si coprirà di fiori e festeggerà
( on giubilo e canti d’esultanza ».
G. Francesco Peyronel.
Abiti moderni
L’anno scorso, a Lipsia, com’è nolo, ebbe luogo un Kirchentag; nel
grujipo di studio n. 7 che aveva come argomento di studio l’uomo moderno, prese la parola un sarto. «Cari fratelli e sorelle — sono le sue
parole — quando membri delle nostre comunità, buoni cristiani, vengono nel mio laboratorio ed ordinano un vestito nuovo, per lo più essi
aggiungono: Mi raccomando, che mi
vada bene, ma, soprattutto che non
sia troppo moffortto- Io sono d’avviso che noi cristiani non dobbiamo
sempre volerci dar l’impressione di
non voler aver niente a che fare con
le cose moderne. Si può esser im
uomo pio e portare i pantaloni corti ! Questo voglio dire : Non s’è un
uomo moderno se moderno non è
anche « il di fuori », anche il vestilo »!
COMUNICATO
Sono in corso di stampa delle les.sere matrimoniali da consegnare agli
sposi a comprova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio con effetti civili.
Rilegati in tutta tela e oro costano
L. 200 senza sconto. Rilegati in semplice cartoncino L. 50 la copia, senza sconto.
Ne vengono fatte stampare se.condo le prenotazioni, e perciò le Chiese sono pregate di far sapere alla
Libreria Claudiana il loro fabbisogno.
Consigliamo di prenotare il fabbisogno per dieci anni.
2
2 ^
L'ECO DELLE VMil VALDESI
'r
Il nostro
ordinamonto ècclosiastico
Quando si paria <li ordinamento
ecclesiastico, bisogna stare attenti a
non lasciarsi guidare dalla fantasia;
e nemmeno da un teoricismo confusionario, per cui si può confondere ciò che i regolamenti stabiliscono
con ciò che uno vorrebbe che essi
stabilissero!
Quando abbiamo letto ne L’Eco
delle Valli (vedi « L’autogoverno
delle Comunità e l’esercizio del ministerio collegiale » del 28 Gennaio)
che nella Chiesa Valdese esistono
due specie di Chiese (autonome e
non autonome) e che le prime sono
dirette da un Concistoro e le seconde da un Consiglio di Chiesa,, ci è
parso di sognare! Durante un Ministero di ben (^uarant’anni abbiamo
sempre creduto che cc Concistoro » e
tt Consiglio di Chiesa » fossero esattamente la stessa cosa e che, per esempio, i Consigli di Chiesa delle
Comunità autonome di Milano o di
Roma, portassero tutt’al più un nome meno... israelitico é tradizionale, e quindi (secondo noi) più confacente di quello tradizionale delle
Comunità delle Valli Valdesi. Inoltre ci sembra che l’attrihuire al dettaglio dell’autonomia una eccessiva
importanza, sia contrario alla Costituzione della Chiesa Valdese, la quale — colla Parola di Dio — conosce
solo le Chiese particolari senza entrare in dettagli interni, secondari,
indicati dai Regolamenti.
-L’Art. 4 della Costituzione dice
infatti:
« La Chiesa particolare è la riunione di tutti coloro che in una datalocalità, soddisfano alle condizioni
richieste dai Regolamenti.
Essa è amministrata dal Concistoro o Consiglio di Chiesa, nominato
dal Corpo elettorale dell’Assemblea
di Chiem. Presidente, tanto dell’Assemblea come del Consiglio, è il Ministro del culto che dirige la Chiesa n, ~
Questo articolo fondamentale mette anche bene in chiaro il posto che
il Pastore deve occupare nella Chiesa, in base al Ministero Pastorale,
che il Signore stesso ha stabilito nella sua Chiesa (vedi Efesini 4: 11-16)
e che oggi un certo deplorevole
« laicismo » vorrebbe abolire con
grave danno non dei Pastori, ma della Chiesa stessa.
' Il Consiglio di Chiesa —■ secondo
la Costituzione (che, come sempre
accade, viene insidiata da certi articoli di regolamento), deve amministrare la Chiesa, sotto la presidenza del Pastore; ma è il Pastore che
^la dirige e che ha nella Chiesa un
ufficio che non va sottovalutato, come si cerca di fare in vari paesi;
come ahhiamo detto in altro articolo (vedi L’Eco delle Valli del 31
Dicembre).
La mentalità « laicista » che provoca un atteggiamento anti-pastorale
(in modo particolare nelle Valli Vaidesi) è determinata dalla paura del
« clericalismo ». Ma, come abbiamo
spesso fatto notare, non bisogna confondere Ministero Pastorale con Sa
cerdotalismo magi^. Il primo è biblico, è voluto d# Signore che lo
ha esplicitamente rstabiiito, ed è necessario pel bene delie Chiese. Il secondo è una degmerazione del Ministero, dalla quUe può nascere il
deplorato clericalismo, che neUa nostra Chiesa non esiste e non può esistere. La Costitunone della nostra
Chiesa, ispirata | dall’insegnamento
biblico e formulata dal Sinodo, ci
salvaguarda da ogni clericalismo: e.
aggiungiamo, deve salvaguardarci
anche da un certo «f laicismo » massortico che è altrettanto e più dannoso i>er la Chiesa;
Bisogna tornare a dare al Ministero Pastorale il posto che gli compete se vogliamo che la vita della
Chiesa possa prosperare.
Bisogna combattere quello spirito
di cijitica sistematica e molto poco
simpatica contro al Pastore ed a tutto quello che fa. Solo dei fedeli perfetti potrebbero avere il diritto di
critica continua e senza carità. Ma,
se. fossero perfetti..., non la farebbero! Ch 3 cosa accadrebbe se un Pastore si lasciasse andare a criticare,
nello stesso modò, tutto quello che
ognuno dei membri di Chiesa opera?
In fondo, con quello spirito di critica (spesso irragionevole, maldicente e anche vile —i perchè rivolta con(continua in 4“ paginat
All'Insegna della trota
Caro Eco,
Il XVII febbraio ci ha portato, come di consueto, la tradizionale rievocazione del passato, con i suoi
falò, pranzi, serate, gloria dei padri,'' cortei, bandiere e luminarie. La
festa ha assunto, in questi ultimi anni, un carattere più accentuatamente popolaresco: tipo festa del paese
in strapaese; mortaretti e fuochi di
artifizio, dopo una timida apparizione, hanno ormai acquistato diritto
di cittadinanza. I tempi cambiano e
bisogna camminare col tempo, se
non si vuol passare per un retrogrado laudator temporis acti: uno cioè
che trova sempre che una volta tutto andava meglio, ecc. ecc., mentre
oggi tutto va male.
L’importante, osserva acconciamente un mio giovane amico, è che
lo « spirito » del XVII rimanga vivo;
anche se la nuova veste un po’ troppo chiassosa può suggerire a qualche
spirito non tanto benevolo la esclamazione: « Ma già, a l’è el Carlevé di barbet ». L’atmosfera cafnevalesca insomma ha un’importanza
molto relativa; quello che conta, ri
Pour bien lire là Parole de Dieu
La lecture par Images
La parabole
de la condilion humaine
C’est en considérant la condition
humaine qu’on trouvera dans la Bible une quantité d’autres images sur
lesquelles il conviendra de méditer.
Il y aura lisu de s’arrêter sur la surdité, la cécité, et sur d’autres infirmités analogues, toutes susceptibles
de devenir des symboles (voir du
reste les appels des prophètes). Mais,
de toutes, la plus frappante image
Preghiera per gli ammalati
Noi ti preghiamo. Signore, per la pazienza,
affinchè tu ne metta dove non ce n’è
affinchè tu santifichi quella che persevera,
affinchè tu fortifichi quella che è stanca di rinnovellarsi.
Tu hai esercitato verso di noi.
Tu eserciti, una pazienza infinita.
Tu ci sopporti. Tu ci porti,
pesanti, increduli, orgogliosi oome siamo;
, Prolunga ancora in noi. Signore, questa Tua infinita pazienza,
e prolungala talmente
che noi speriamo contro ogni speranza,
pazientando, perchè, il Primo tu hai pazientato...
Noi siamo coricati, siamo allungati,
o solam-ente privati,
per poco o per molto tempo
della vita che conducono i nostri fratelli
che lavorano e ogni sera rientrano nel cerchio familiare.
Preservali dallo sciupare le loro forze ed il loro tempo,
e noi, preservaci dall’invidiarli,
dal rimpiangere, dal piangere
ciò che abbiamo perso, nel presente...
Poiché nulla si perde,
tutto si ritrova in Te, Signore.
E se ci sono degli arresti
sei Tu che li permetti,
sei Tu che li richiedi,
sei Tu che vi ci aspetti...
Crea in noi il sì dell’obbedienza e dell’amore impegnato,
di quell’amore di creatura libera che accetta di seguirTi,
di seguirTi anche nell’immobilità di un letto sofferente.
Quando vorrai^ ci farai alzare,
ci dirai; ” Va e cammina,
va verso i tuoi fratelli, verso i tuoi ”.
E se per qualcuno d’in fra noi
Tu aspetti il termine della vita terrestre
per farlo alzare, per farlo risuscitare,
per quelli sopratutto e per noi tutti
noi diciamo:
Insegnaci la sofferenza,
versa in noi la speranza, versa in noi la pazienza!
Amen, Signore,..
X.
de la vie du pécheur et du péché luimême est celle que nous offre la maladie de la lèpre,
La lèpre est perfide, contagieuse,
sans guérison appréciable, mortelle;
cela commence par des insensibilités locales insignifiantes, cela finit
avec la perdition* totale de l’individu. La lèpre sépare ses victimes d’entre leurs semblables, tout comme le
•péché sépare l’homme de son Dieu
et des autres hon(mes. Mais de même
que ,Iésus a eu le pouvoir de purifier les lépreux, par la grâce de Dieu
son sang nous purifie de tout péché.
A la recherche des caractères
}
Une autre direction dans laquelle
nous pourrons poursuivre notre étude sur les images de la Bible, est
celle des caractères humains qui s’y
présentent. Il faudra naturellement
prendre en considération une vie
tout entière, et non pas seulement
quelques épisodes détachés, afin d’éviter des jugements partiels et par
là défectueux. Dans les vies de
croyants tels, que Jacob et David, le
péché et les qualités morales sont
tellement enchevêtrés qu’il y aurait
erreim à condamner ces vies sur la
base d’une faute, ou à les considérer comme des modèles de veitu.
Les qualités de ces hommes de Dieu
ne doivent pas nous empêcher d’en
voir les défauts, et vicéversa.
Csla nous conduira à étayer d’abord une simple biographie des personnages ainsi choisis (une « Clef
biblique » sera ici très utile). Il sera
possible ensuite de classer ces personnages, de la façon qui vous plaira le plus.
Voici quelques exemples de classification :
A) donner à chaque Commandement du Décalogue un personnage
biblique qui s’y identifie (soit positivement, soit négativement). Bien
entendu, on en trouvera dix. Faire
de même pour le Sommaire de la
Loi;
B) faire de même pour les Béatitudes, pour le « Notre Père », etc. ;
C) classer les caractères selon les
vertus bibliques (par exemple, selon la liste dressée par l’apôtre Paul
aux Galates, chap. 5, verset 22; ou
selon les 7 lettres aux Eglises de l’Apocalypse);
D) opposer des caractères bons à
des caractères mauvais (la lumière et
l’ombre), par exemple:
Agar et Sara,
Elimas et Serge Paul,
Paul et Jonas,
Aaron et Moïse,
Caïn et Abel,
Esaü et Jacob,
Démas et Luc,
Pierre et Judas, etc. etc.;
E) enfin, classer les personnages
bibliques d’après leurs noms propres. qui, vous le savez, ont généralement une signification; et retrouver dans leur vie les traces de cette
signification.
Mon pelil carne! fidèle...
J’aurais fini, pour cette fois, si je
n’avais encore à vous prier de prendre en mains votre carnet, pour que
vous puissiez retenir, sans efforts,
les éléments principaux de votre étude de la Parole de Dieu.
Cette fois, nous diviserons chaque
page de notre carnet en deux colonnes (ou trois, selon les cas).
Dans la première colonne (il vaut
mieux réserver à chaque image dont
vous allez retracer Vévolution, une
page entièjre), vous inscrirez d’abord
une courte définition de l’image que
vous avez choisie.
Ensuite, vous choisirez un texte
biblique (un verset où deux), le plus
approprié, destiné à marquer avec
évidence la valeur, l’importance de
l’image même. Enfin, vous noterez
les citations bibliques qui s’y rappOrtsnt (se servir d’une « Clef Biblique » ou d’une Concordance).
Dans la deuxième colonne, dans
laquelle l’image sera dévoilée sur
le plan chrétien, vous inscrirez en
regard tout ce qui s’y rapporte: signification chrétienne, valeur et importance du symbole pour le chrétien, etc., textes du Nouveau Testament à l’appui. Il n’y a pas de limites à ce que votre mémoire et votre bonne volonté et votre esprit
chrétien pourront in.scrire dans cette colonne.
Pour les personnages et les caractères, je vous conssille de les enregistrer dans votre carnet (par exemple dans la seconde partie de celuici) par ordre alphabétique: vous
pourrez y faire recours avec plus
d’aisance. Les* vies en parallèles ne
sont pas une nouveauté: l’historien
Plutarque s’était servi de cette méthode pour son travail sur les « hommes célèbres ». Ne fût-ce que pour
votre plaisir personnel, ne voudriezvous pas essayer de devenir un Plutarque chrétien?
Une troisième colonne sera utile,
à côté des autres deux, pour inscrire
vos observations concernant les applications actuelles, des parallèles
tpie vous aurez ainsi dressés.
Soyez-en persuadés: cette recherche est des plus captivantes. Vous
y reconnaître l’Esprit de Dieu, à l’aide du témoignage historique de ceux
qui l’ont senti passer sur eux!
Th. Balma
La prochaine fois: La lecture par
sujets. V
petiamolo, è lo « spirito ». Ed a
proposito di (c spirito » è già, con
'acconce parole, stato segnalato, da
altri, un eloquente contributo a detta celebrazione : una divagazione
formalmente elegante in una conversazione radiofonica sotto la regia
del forbito Piovene: Gli istituti assistenziali cattolici in Piemonte ed i
Valdesi. Una garbata divagazione
che pone, in un certo senso, il suggello ad una serie di divagazioni di
cui i Valdesi sono stati oggetto e soggetto nelle cronache di vari giornali
illustrati.
Divagazioni curiose ed interessanti, perchè hanno tutte un carattere
in comune: la figura dell’albergatore valdese. Abbiamo visto così, accanto, il Moderatore e Flipot; abbiamo così udito, a conclusione dell’alato volo radiofonico, il nome del
buon Vertù. La buona cucina valdese ha avuto il suo giusto riconoscimento; le trote del Pellice hanno
goduto di un istante di notorietà; ai
Comitati prò turismo è stata autorevolmente segnalata questa nuova
fonte di reclame, da abbinarsi acconciamente alla segnalazione dell’esistenza, in loco, accanto alle trote ed
ai camosci (purtroppo sempre più
scarsi), del fenomeno confessionale
valdese !
Si tratta insomma di camminare
col tempo, perchè dei Valdesi ce ne
sono ancora, nelle Valli cosidette
vahlesi; però sono come le trote ed
i camosci: non si trovano facilmente: occorrono dei cartelli indicatori,
delle frecce segnalatrici.
Occorrerebbe una buona propaganda turistica. Si potrebbe lanciare qualche diecina di migliaia di volantini: « Signori che amate la buona cucina: venite alle Valli Valdesi: vi troverete trote, camosci e buoni alberghi; viv'ono anche in queste
valli i « Valdesi », così chiamati da
un certo Pietro Valdo, non meglio
identificato, che visse molti secoli
or sono e rinunziò ai suoi beni per
mettere in pratica l’Evangelo. Non
disturbano nessuno, sono fedeli conformisti ed amano i loro beni. Hanno uno stemma caratteristico: una
candela semispenta su un libro chiuso ».
Personalmente, suggerirei di cambiare lo stemma, perchè la candela
non fa più molta luce, e quel libro
chiuso, per far più alta la candela,
non mi persuade.
Visto che il camoscio è già stato
ipotecato da altre Valli, ci metterei
una bella trota su un piatto d’afgento. Per il motto, si potrebbe bandire un concorso.
Suppongo che cestinerai queste divagazioni e non ti serberò rancore.
L. A. Vaimal,
N. Red. - Non censuriamo chi assume la responsabilità dei suoi scrit‘ ti, caro signor L, A. Vaimal, tanto
più che, a prescindere dalla forma
sempre troppo amara, la Sua lettera
mette il dito su un problema che
non è privo di interesse. E’ innegabile che, in questi ultimi tempi, ci
si è occupati del fenomeno valdese
e, riconosciamolo francamente, con
lodevoli intenzioni. Orbene, che ne
è venuto fuori? Per lo più della prosa di indagine paesistica, di netta
impostazione turistica; ma per il
« fenomeno valdese » abbiamo riscontrato scarsa comprensione.
Di chi la colpa? Dei cronisti alla
ricerca di un pezzo brillante, che
non hanno saputo vedere o che non
hanno voluto comprendere? Oppure, questa brava gente non ha potuto veder nulla, o ben poco, perchè
nulla o ben poco rimane da vedere
dello spirito di quella ’’Protesta”
cui Piovene stesso accennava?
Per l’amico L. A. Vaimal, non c’è
dubbio; tutto va male; la candela è
ormai solo più un moccolo. Siamo
più ottimisti, ma non dimentichiamo che il problema è posto; se gli
altri ci vedono così, non sarebbe per
caso possibile che noi fossimo proprio così? O, quanto meno, non è
possibile che noi diamo l’impressione di essere così?
Se gli altri non vedono vivente
nella nostra azione, lo spirito della
’’protesta” antica, non sarebbe, per
caso, accaduto che, senza che noi ce
ne rendiamo conto, lo spirito della
’’protesta” sia morto in noi? Che le
3
L'ECO DELLE VALLI VALDESI
— 3
Valli Valdesi siano divenute un
"Museo Valdese"?
Non sarebbe forse il caso di rileggere le parole di un Giorgio Guglielmo Federico Hegel? « ...Lo spirito
particolare di un popolo soggiace alla transitorietà, tramonta, perde la
sua importanza per la storia elei
mondo, cessa di essere il portatore
del concetto supremo che lo spirito
ha conquistato di se. Il popolo del
momento, il dominatore, è infatti,
volta per volta, quello che ha concepito il più alto concetto dello spirito. Può avvenire che popoli portatori di concetti non così alti continuino ad esistere. Ma nella storia
del mondo vengono messi in disparte ».
Si parla di popoli, non di Chiesa,
d'accordo; ma... dove finisce il "popolo" e comincia la "Chiesa", oh!
amici del XVII febbraio?
Red.
Un pellngrlnagglo eommomorativo
Il terzo centenario
delle Pasque Piemontesi
(Quest’anno ricorre il terzo centenario d’nn avvenimento di straordinaria importanza nella Storia Valde.
se. uno di quegli avvenimenti che
concorrono a dare il carattere essenziale alla storia ed alla vita d’un popolo : la persecuzione religiosa delle
Pa • lUe Piemontesi e l’epica impreca di Giosuè Gianavello. E’ quindi
giusto ed opportimo che una tale ri
SGUARDI SUL MONDO
JOHN MOTI
All’età di 89 anni è deceduto nella sua casa di Florida, il dott. John
Mott, una delle più eminenti personalità del mondo evangelico, la cui
ailività è stata indissolubilmente legata agli sviluppi dell’attività giova,
lille nel campo ecumenico.
Nacque nel 186.1 e subì l’influenza
delia predicazione di Moody che sviluppò in lui i fermenti di quell’azionc cristiana che è stata la caratteristica della sua personalità. Nel
1886 è uno dei fondatori del Movimento dei volontari per la Missione.
''l'I 189,1 fonda la Federazione universitaria degli studenti cristiani, ’spirata al principio di organizzare in
modo autonomo la gioventù universitaria, in modo da darle il senso deli.i sua responsabilità e la possibilità
di un impegno cristiano.
VI l’attività delle Mi.ssioni serbò
s; iupre l’affetto e l’entusiasmo dei
suoi giovani anni; lo troviamo così
picsidente della Conferenza delle
Missioni, a Edimburgo nel 1910; fu
poi durante parecchi anni, presidente del Consiglio internazionale delle
Missioni.
Alle attività giovanili continuò a
consacrare l’esperienza del suo spirito instancabile, aperto a tutti i problemi ed alla visione di un ecumenismo fattivo di cui divenne un leader,
dopo esserne stato il precursore. Dal
1926 al 1947 fu presidente de'-l’elZleanza Universale delle Unioni Cristiane dei Giovani (A.C.D.G.).
Gli sviluppi del movimento ecumenico precedente alla Conferenza
f( Fede e Costituzione » (Losanna
1927) e di quello posteriore, fino alla Conferenza di Amsterdam (1948)
sono strettamente legati al nome di
,lohn Mott, ebe fu uno dei presidenti
della Conferenza del Cristianesimo
pratico (Oxford 1937), vice presidente del Comitato provvisorio del Consiglio ecumenico delle Chiese nel
1938, e. nel 1948, presidente onorario del Consiglio ecumenico delle
Chiese. Un’incessante attività squis’taniente spirituale che mise il dott.
John Mott in contatto con personalità eminenti in ogni campo dell’attività umana; che gli offrì più di una
occasione di esercitare una benefica
influenza sug'i uomini politici del
suo tsmjio. e di cui si ebbe un riconoscimento con il conferimento del
premio Nobel per la pace, nel 1946.
Alla base però, la convinzione immutabile ed immutata in tutta la sua
luminosa carriera di servitore fedele
del Signore. « che il suo primo compito e il suo primo dovere era di annunziare la Buona Novella, di essere
un costruttore nel campo della Missione e dell’Ecumenismo ». lector
FINLANDIA - Attività missionaria.
Da una statistica molto recente,
risulta che la Chiesa di Finlandia
(luterana) mantiene 97 missionari,
dei quali 60 esercitano il loro ministero nell’Africa Sud-Occidentale.
11 vescovo luterano Simojoki, recatosi ultimamente in quelle regioni,
ha consacrato al ministero pastorale
14 pastori indigeni.
GERMANIA - Cattolici e Protestanti.
Un’informazione proveniente dalla diocesi cattolica di Rottenbourg
assicura che la Chiesa Cattolica celebra ancora regolarmente dei servizi religiosi in 207 chiese protestan
ti, 51 sale parrocchiali protestanti
e in 65 scuole del Wiirtemberg.
(E. P. D.)
ISLANDA - Ruderi di cattedrali antiche.
L’anno scorso sono state fatte alitine importanti scoperte archeologiche in Islanda e nelle isole Perse.
A Skaltholt, sono venuti alla luce
i ruderi di una cattedrale del 1.300
circa. L’edificio era stato costruito
in legno proveniente dalla Norvegia ed aveva una lunghezza di 50
metri. Nelle isole Feroe, a Kirkjubo. sono state scoperte le rovine di
un antico vescovado, comprendente
una cattedrale (mai compiuta a causa di una disputa tra il vescovo e la
popolazione), due chiese e due case
d’abitazion“. Tutta la costruzione
era in pietra.
^NORVEGIA - Iniziative nel campo
della fede cristiana.
A Christiansond, nella Norvegia
meridionale, l’Esercito della Salvezza noleggia degli autobus affinchè i
bambini dei .quartieri periferici della città non siano privati della Scuo'a Domenicale. Centinaia di bambini si sono iscritti per partecipare a
quelle Scuole domenicali « ambulanti ». La Missione interiore, che
si occupa dell’aiuto della Chiesa nei
quartieri poveri, si propone di co-truire a Oslo, in occasione del suo
primo centenario di vita, un edificio
del costo di 3.200.000 corone. L’edificio comprenderà dei locali per
i senza tetto, i rifugiati, i senza patria ed una scuola di aiuto professionale di disoccupati. Le vocazioni
pastorali in Norvegia superano alleile i bisogni locali; vari pastori sono dati « in prestito » alia Svezia.
(La Vie Protestante)
GRAN BRETAGNA - Morte di un
vice-ammiraglio.
All’età di 74 anni è morto a Londra il pastore Alexander-Rial Woods,
già vice ammiraglio della flotta britannica. Nel 1931 aveva rassegnato
1 dimissioni dal servizio in marina
« per seguire l’appello di un capitano che non è di questo mondo ».
Diventato pastore, chiese che gli venisse affidata la cura pastorale di
una parrocchia in un quartiere povero della capitale.
POLONIA - Presenza della Chiesa
Riformata.
La Chiesa Riformata in Polonia
è stata decimata dalla guerra, ma
■ riprende la sua attività in modo incoraggiante. Sovrintendente della
Chiesa è un giovane pastore pieno
(P zelo per la causa dell’Evangelo:
Giovanni Niewieczerzal. Il Sinodo
ha avuto luogo a Varsavia alla fine
del novembre scorso: vi parteciparono circa 150 persone. Il Concistoro (Comitato Direttivo) si è preoccupato molto dell’assistenza agli isolati. dispersi nel paese. Ha deciso
di organizzare degli studi biblici per
approfondire la fede dei credenti
le Scuole domenicali verranno svi
lup]»ate e si organizzeranno dei cor
si di religione per la gioventù. A
V ranno inire luogo dei campi estivi
L’insegnamento della filosofìa marxi
sta non paralizza i fratelli evangelici
della Polonia; essi continuano a da
re la loro testimonianza. Sono poveri materialmente, ma non sono
privi della vera ricchezza, cioè la
fede. e. r.
cf.rrenza venga degnamente celebrata. Ma in attesa che le autorità vaidesi comjietenti v4 provvedano, vorrei proporre ai cortesi lettori, senza
ombra di scetticismo rispetto alle
decisioni delle autorità predette, di
provvedervi modestamente da sè, con
un programma di commemorazione
alla portata di tutti, a cui tutti possono partecipare con personale soddisfazione: un pellegrinaggio ai luoghi ove successivamente il grande
aw^enimento s’è svolto; una serie di
agevoli passeggiate attraverso la mirabile natura dell’ampia e luminosa
valle del Peli ice e dei più raccolti ed
austeri valloni della Lusema e d’ Angrogna; un pellegrinaggio da farsi
non in numerosa compagnia, ma con
pochi amici, od anche da soli, per
potersi meglio raccogliere nella con.
teinplazione dei luoghi e ritrovare,
nel loro linguaggio, il significato ed
il valore del fatto.
Un pellegrinaggio in sei tappe.
*
Prima tappa: la Gianavella.
La Comba della Gianavèlla scende precipitosa dalle balze di Rocca
Bera verso il vallone della Luserna;
risalendo dal fondo valle, la costa sinistra è ripida e rocciosa, coperta di
folte boscaglie; il pendio a destra,
volto a mezzogiorno, è invece più
aperto e ridente; agli ariósi castagneti s’alternano prati e campi e vigne sapientemente disposti a scaliuatc sorrette da muricciuoli a secco.
(Qui, a mezza costa, s’affapóiano l’una
sull’altra, a breve distanzia, due case rustiche, che conservano l’aspetto
dei tempi remoti: in alto, la Gianavella Superiore, ove Giosuè Gianavello nacque nel 1617 e visse gli anni dell’infanzia e della giovinezza ;
[liù in basso, la Gianavella Inferiore,
ove egli, staccandosi dai fratelli, si
stabilì nei 1639 con la giovane moglie Caterina Durand di Rorà; ove
con la fiorente famiglia passò 16 anni sereni nell’assiduo lavoro della
campagna; ed ove, a 38 anni, fu colto dall’immane tragedia che doveva
porlo al centro del suo popolo martoriato.
Là appunto egli ebbe notizia, il 25
gennaio 1655, del decreto emanato
dal governatore Andrea Gastaldo, di
Luserna, jJer cui ai Valdesi abitanti
nei territori di S. Giovanni, di Luserna e di Torre Pellice fino al torrente Bilione, si ordinava d’abbandonare le loro residenze entro tre
giorni, per ritirarsi nei limiti più ri stretti delle alte valli, ove l’esercizio
del loro culto era autorizzato; a meno che avessero potuto assicurare di
voler aderire, nel termine di 20 giorni, alla religione cattolica. Era il
primo episodio del terribile dramma, im colpo rovinoso per centinaia
di famiglie. L’ordine era imposto
sotto pena della vita e della confisca
dei beni. Ma come nessuno cedette
all’abiura, così nessuno osò resistere,
tutti si rifugiarono più in alto, ove
i convalligiani li accolsero con fraterna solidarietà.
Così Giosuè Gianavello, insieme
coi due fratelli, con la sorella e le
rispettive famiglie, abbandonò il caldo focolare domestico, per avviarsi
verso il rifugio di Rorà. Era im rigido e burrascoso tempo invernale. Nevicava. Mentre egli, curvo, come gli
altri, sotto il peso delle masserizie
più utili, diguazzava su per il sentiero di montagna, non sapeva verso
quale destino la provvidenza stava
guidandolo.
* * *
Seconda tappa: il poggio del Forte di Torre Pellice.
E’ ima breve passeggiata, d’una
quindicina di minuti, per la stradicciuola che, partendo ad occidente
della Chiesa Mauriziana, risale cor
un largo avvolgimento il pendìo.
L’alto del poggio, fiorente di campi
c di vigne, è ancora cintato dall’antico muro pentagonale del forte.
(Qualche rudere corroso appare anco,
ra qua e là fra gli sterpi. Il panorama
che vi si gode è assai bello. Si domina ad occidente l’abitato di Torre
Pellice e più in là l’ampia valle, inquadrata dalla maestosa cerchia delle -Alpi; ad oriente il piano ubertoso
di Luserna S. Giovanni, e nello sfondo lo sbocco del vallone della Luserna: verso nord si svolge il profondo
t allone d’Angrogna. Si ba sott’occhio,
in un giro d’orizzonte, tutto il territorio valdese ove tra non molto la
terribile tragedia si sarebbe scatenata.
In quell’anno 1655 le fortificazioni, già costruite alla fine del 1560
dal Conte della Trinità e smantellate. per ordine del maresciallo francese Lesdiguières nel 1593, erano ridotte ad un cumulo di rovine abbandonate fra i cespugli. La gente usava
chiamare quel luogo disertato il
M Castlas ». Di là appunto partì il
regnale per la persecuzione cruenta.
Dopo il crudele ordine del governatore Gastaldo, passarono due mesi
e mezzo d’attesa tormentosa. La popolazione valdese seguiva con ansia
le complesse difficili trattative che le
autorità, presiedute dal Moderatore
Giovanni Leger, svolgevano tra Luserna e Torino per ottenere la revoca dell’ingiusto provvedimento. Ad
un tratto nella notte fra il 16 ed il
17 aprile penetrò nella valle un esercito di 15 mila uomini, agli ordini
del Marchese di Pianezza. Dopo aver
superato brevi resistenze, s’era accantonato in tutti i borghi fra Luser.
na e Bobbio, e su per la valle d’Angrogna. col pretesto d’assicurare la
esecuzione degli ordini. Naturalmente, fra tanta soldatesca, si verificarono qua e là atti di violenza e di spoliazione. La gente più accorta cercava di fuggire verso la Francia o verso la valle del Chisone, che allora si
trovava sotto il dominio francese.
Ed ecco l’episodio del Porta. Al1 alba del 24 aprile, sull’alto del poggio, fra le antiche rovine, fu acceso
un gran fuoco, un enorme fumata si
alzò verso il cielo. Era il segnale. Fu
avvertito in tutta la vallata. La popolazione inconsapevole fu improvvisamente aggredita nelle case, per
le strade, per i campi, attraverso i
prati, i boschi, gli scoscesi pendii.
inseguita, .afferrata, ghermita. Chi
non abiurasse sull’istante, era trascinato prigioniero e duramente trattalo. Chi .accennasse a qualsiasi resistenza era massacrato senza pietà. In
poche ore circa duemila ne rimasero
sul terreno. Un migliaio, avendo abiurato, fu risparmiato. Qualche centinaio rimase imprigionato. Gli altri
riuscirono a scampare oltre il confine. Chi si fosse trovato sull’alto del
Forte, avrebbe potuto vedere per
tutta la valle i fumi degli incendi,
i segni dei saccheggi, avrebbe potuto udire gli echi dolorosi della tremenda strage. Compiuta l’impresa in
\ al Pellice, un forte reparto di truppa fu inviato per lo stesso scopo in
Val Germanasca. Qui la spedizione
fu più facile e più incruenta, che
gran parte della popolazione era già
riuscita a rifugiarsi oltre il Chisone,
in terra francese; i pochi rimasti promisero d’abiurare e furono lasciati
tranquilli.
Tale, la persecuzione conosciuta
nella storia col nome di Pasque Piemontesi. In quel momento, sembrò
che il popolo valdese fosse del tutto
sradicato e distrutto.
^ 4: ^
Terza tappa: il colle di Pian Prà.
Dall’alto del colle, che separa la
\alle del Pellice dal vallone di Rorà.
si abbraccia con lo sguardo l’una e
l’altro, in un magnifico giro d’orizzonte, che, verso oriente, si prolunga lontano nella pianura pinerolese.
In modo particolare si domina, verso mezzogiorno, il vallone di Rorà'
in tutto il suo svolgimento, una profonda conca alpestre, dai pendii precipitosi coperti di boschi di larici e
di faggi, scavati da profondi burroni; al centro s’aderge il torrione roccioso di Rocca Russa; a cinquecento
metri sotto il colle, si stende il villaggio di Rorà.
(Quella mattina stessa del 24 aprile 1655. Giosuè Gianavello con sei
compagni era salito sul colle per vigilare alla sicurezza dei convalligiani. Tutto era tranquillo, chè, grazie
all’interessamento del feudatario del
luogo, il conte Cristoforo Rorengo di
Luserna, il vallone di Rorà aveva ottenuto il privilegio di non dove alloggiare reparti di truppe del marchese di Pianezza, con l’assicurazione dell’alta protezione del conte stes.
so. Comunque i sette uomini, quella mattina, erano armati,^pronti ad
ogni contingenza.
Ed ecco, attraverso l’aria limpida
del mattino, scorsero ad un tratto sul
lontano pendio opposto un formico
lio di soldati, che dalla Sea di Va
lansa scendevano verso il villaggio
Erano 300 uomini mandati dal mar
( hese di Pianezza ad aggredire i Val
desi di Rorà. Gianavello ed i suoi
compagni si resero subito conto del
pericolo. Si gettarono attraverso boschi e prati per tagliar la strada al
nemico. Nel selvaggio burrone delle
Fornaci si dissimularono fra rocce e
tronchi d’albero, senza che il nemico ne avvertisse la presenza. Quando
questi si trovò a tiro utile, cominciarono a spararè, mirando accuratamente i più esposti. Numerosi soldati caddero fulminati. Gli altri,
confusi e spaventati, cominciarono
ad impaurirsi, à sbandarsi, a risalire
ilpendìo, sempre perseguitati dai colpi avversari. Quando ripassarono il
colle in fuga, malconci, estenuati, ne
avevano lasciati sessanta sul terreno.
1 sette Valdesi■Fitornarono sani e salvi a Rorà
Con questo improvviso fatto d’arme s’iniziò la breve epopea di Rorà ;
dodici giorni d’ansie angosciose, cin.
que scontri di lotte furibonde e di
disperate resistenze. Dall’alto di Pian
Prà si può o^ervare chiaramente
tutto il campo su cui l’impresa si
svolse. Per cinque volte, truppe sempre più numerose ed agguerrite, senza scrupoli e smza pietà, giunsero da
più parti all’assalto del piccolo nucleo dei difensori. Dopo lo scontro
del 24 aprile, il secondo, il giorno
seguente, al colle di Cassulè, in seguito al quale tutta la popolazione
raccolta a Rorà, circa 150 personesi rifugiò nel remoto villaggio di Rumò; il terzo, il 27 aprile, al villaggio
di Rorà. intorno a Rocca Russa, al
colle di Pian Prà; il quarto, il 2
maggio, sulle rocce e le balze intorno a Riimè. Ogni volta gli uomini di
Giimavello opposero agli assalti una
vittoriosa resistenza, che si trasformò in inseguimento del nemico disperse nella fuga. Ed in cpiesti combattirneiiti si rivelarono in Gianavel
lo i caratteri geniali del condottiero
partigiano, di prontezza e d’acume
nella decisione, di singolare abilità
tattica nella guerra di montagna, di
fresca energia nell’azione, di naturale .autorità nel comando, di coraggio indomiti), ed insieme d’equilibrio e di prudenza, animato sempre
da un vivo senso d’umanità, da una
profonda fede in Dio, dalla coscienza della giustizia della propria causa.
Pur troppo il quinto assalto, compiuto da ben dieci mila soldati converg“iiti da tre parti su Rumò, non
potè essere arginato dall’esiguo nucleo dei difensori. Tutto fu messo a
ferro e fuoco, la popolazione sterminata, 126 morti, gli altri Jirigìoneri.
Gianavello, dopo aver combattuto
disperatamente durante tutta la giornata, dovette rifugiarsi coi suoi fra
le rocce e le boscaglie della cresta.
Poi, esaurite tutte le sue possibilità,
si ritirò di colle in colle verso la
Francia. Nel vallone del Queyras in
brevi giorni potè prepararsi a quella più ampia e risolutiva impresa
che doveva concludersi con la riconquista e la liberazione delle sue Valli.
A. J.
.41 prossimo numero rimandiamo
le altre tre tappe del pellegrinaggio;
quelle del Vernò, della Vaccera e
del Palazzo degli Acaia a Pinerolo.
4
L*ECO DELLE VALLI VALDESI
LA VOCE
COMUNITÀ'
Luserna San Giovanni
Buono l’esito deU’insieme delle
manifestazioni che hanno il loro centro nella celebrazione del XVII febbraio. La sera del 16, i falò hanno
annunziato, ò-ricordato, la data. Il
corico dei bambini si è snodato come di consueto; il culto a dei bambini » alle ore 10,30, quello « dei grandi » alle 11,15 hanno raccolto la consueta folla di uditori; non faremo
confronti; perchè sarebbe spiacevole
di dover dire che i cc piccoli » sembrano più sensibili dei « grandi » al
richiamo della celebrazione in Chièsa! L’agape nella Sala Albarin ha
visto 113 partecipanti riuniti in lieta comunione di spirito. Impeccabile
l’organizzazione di Carlo Albarin,
coadiuvato egregiamente da un simpatico gruppo di gentili signorine,
nel tradizionale costume valdese. 0spiti d’onore, accanto ai pastori R.
Jabier, Pascal e signore, l’assessore
Frezet in rappresentanza del pro-sindaco Allemandi ammalato e che aveva mandato un cordiale messaggio,
e il nuovo segretario comunale doti.
Doglio, l’assessore S. Pontet ed il
consigliere Enrico Favout. D pastore
R, Jahier, dopo aver rivolto un saluto alle autorità ed ai Valdesi lontani,
brevemente sintetizzò il significato
della celebrazione, che oltrepassa i
limiti deUa commemorazione dell’editto Albertino. L’assessore, Frezet
portò il saluto del Comune e quello
suo personale di cattolico, auspicando una sempre più feconda co.laborazione. Il prof. Pisaniello, ricordò
<'Oino la libertà non sia un dono, ma
una conquista in tutti i campi dell’attività dello spirito umano. Il prof.
Costabel ricordò le tappe secolari
della storia di San Giovanni. Il presidente della U.G.E., Francesco Benech portò il saluto della Gioventù
e ricordò il cinquantenario della Sala Albarin.
La celebrazione del XVII ha avuto
quest’anno nella nostra parrocchia
un senso vivo di « unità » : erano presenti Ernesto Favout, arrivato da
Nuova York, per un breve soggiorno; Enrico Gay, da Losanna, e un
ultimo, ma non ultimo, il cand. in
Il nostro ordinamento
.. (segue dalla 2* pagina)
tro ad un Ministro il quale, per il
suo stesso ufficio, non può e non vuole reagire) si fa del male... a ss stessi, alle proprie famiglie ed alla Comunità. Si impedisce al Pastore di
esercitare il suo Ministero nella Chissà con quell’autorità che lo renderebbe più efficace. E’ veramente ora
che i Membri di Chiesa più seri e
più influenti prendano, su 'questo
punto, coscienza del loro dovere, nell’interesse della Chiesa stessa.
Quanto alla formazione dei membri dei Consigli di Chiesa, il problema sussiste e non è di facile so-^
iuzione.
Ma in questi ultimi trent’anni.
c’è già stato un progresso anche in
questo aspetto della nostra vita ecclesiastica, e ci consta che ci sono
oggi, nelle Comunità, numerosi Anziani e Diaconi veramente consacrati, attivi e consci delle loro responsabilità.
Ogni Pastore pensa con riconoscente affetto a questi preziosi collaboratori i quali mettono con zelo,
al servizio della Chiesa, i loro doni.
Bisogna che le Comunità si preoccupino sempre di scegliere gli elementi spiritualmente più qualificati
per questi uffici; e non soltanto le
persone più ricche ò più autorevòli
(o autoritarie!) le quali potrebbero
portare nei Consigli di Chiesa quello spirito mondano che noi deploriamo. Là dove non abbondano gli
elementi maschili qualificati, si cerchi d’introdurre nei Consigli qualche sorella: perchè il Signore ha dato anche alle sorelle dei doni spirituali e di servizio assai preziosi ed
ogni Pastore conosce delle sorelle le
quali sono state, nel Consiglio, vere
collaboratrici, umili e solidali.
Questi problemi non si risolvono
solo con parole e teoricismi: ma mediante l’umile impegno e la consacrazione volonterosa da parte di
tutti: Fedeli e Pastori.
[Jre Emerito
teologia » Norberto^ Berton, dà Buenos Aires; il messaggio che questi ha
rivolto, ha trovato un’eco immediato nel cuore dei convenuti che hanno
salutato con un. cordiale applauso il
.sorriso aperto, il caldo messa^ip» di'
un giovane al quale augùriànto di’
sentirsi « a casa sua a in questa casa
nostra, che è, in definitiva, la « casa
sua a. ■ ■'
La tradizionale colletta in favore
dell’Asilo dei Vecchi ha dato un
buon risultato.
La sera, la stessa sala Albarin ha
accolto la folla delle grandi occasioni che ha vivamente applaudito la
recita offerta dai giovani 'dell’Unione. Una buona interpretazione che
ha interessato e commosso il pubblico. Ad essi, come pure alla Corale,
diretta da Gustavo Albarin, la nostra
riconoscenza. Nè dimenticheremo il
messaggio arguto del cand. in teologia N. Berton.
U. G. E. L’Unione quartierale dei
Peyrot continua a svolgere una simpatica attività ; scambi di visite con
le LTnioni di Villar Pollice e dei Coppieri hanno avuto luogo. L’U. G. E.
ha ricevuto la consorella di Bobbio
Pellice, e si è recata a visitare quella di S. Secondo. Molto apprezzata
la conferenza di Mario Miegge su
Evahston.
Matriìnoni, Il 5 febbraio è stato
celebrato i] matrimonio di Davide
Giardan (Bobbio Pellice) con Florida Jolana Charbonnier, di Enrico.
Il Signore benedica questo nuovo
focolare.
Battesimi.^ Sono stati battezzati
Sergio, Carla, Bruna Mourglia di Camillo e Fanny Tourn (Mourcious);
Piero Benecchio di Guido e Rosina
Avico (Murcius).
La grazia del Signore riposi su
questi bambini e sui loro genitori.
I nostri lutti. Rinnoviamo l’espres.
sione della nostra simpatia cristiana
alle famiglie provate dal lutto:
Maria Giuditta Paschetto vedova
Roccione (Rifugio Carlo Alberto) il
21 gennaio; Susanna Coìsson vedova
Trebino (Asilo dei Vecchi) all’età
di 88 anni-; Francesco Pràssuit fu Davide, all’età di 72 anni; Fiorenza
Depetris in Danna, aH’età di 43 anni ; Carotina Charbonnier vedova
Grand alll’età di 94 anni; Ce&arina
Odin vedova Hugon (Bibiana) all’età di 77 anni. rep.
Angrogna
II nevischio non ha impedito agli
Angrognini di partecipare numerosi
alla tradizionale festa valdese del 17
febbraio.
La sera del 16 febbraio nella valle
si notavano numerosi e,vividi i « falò » di gioia.
Il 17 febbraio i bambini della Chiesa d.el Capqluogo, formato il corteo,
muovevano con le bandiere e con alte grida di « Viva il 17 febbraio » incontro ai bambini della Chiesa del
Serre che giungevano preceduti dal
tamburino. Il rullar del tamburo risuonava potante. Insieme, adulti e
bambini si dirigevano verso il Tempio del Capoluogo. Quivi, dopo l’invocazione, la lettura e la preghiera
pronunziate dal Pastore T. Pons, il
Pastore E. Aime rievocava una data
importantissima per Angrogna : 1555 :
la costruzione, al Capoluogo, del
primo Tempio delle Valli e l’inizio
del culto pubblico. In seguito veniva
svolto un ricco programma di recite
e canti da parte dei bambini e la Corale eseguiva un coro di circostanza.
La cerimonia terminava col canto del
« Giuro di Sibaud », e con la distribuzione del dono ai bambini.
Verso le 12.30 una novantina di
commensali consumava il tradiziona.
le pranzo all’albergo del Serre. Ottimo il pranzo ed il servizio. Modico
il prezzo. A] levar delle mense prendevano la parola per un utile richiamo alla fedeltà ed all’impegno cristiano i tre Pastori di Angrogna, il
Sindaco, il Segretario Comunale. Il
pomeriggio trascorreva in seguito tra
conversazioni e canti.
La sera, nella nuova sala, l’UGV
di Pràssuit Vcrnet offriva al numerosissimo pubblico affluito un ottimo trattenimento nel quale non mancavano davvero per tutti noi i motivi
di una seria meditazione e riflessione. La Corale eseguiva quattro cori.
La domenica 20 febbraio ebbe luo.
go la commemorazione del 17 feb
braio nel corso del nostro culto. La
Corale eseguì due cori di circostanza. Partecipazione quasi totalitaria
alla Santa Cena.
Il trafenimento familiare che doveva essere ripetuto dalla UGV di
Prassuit-Vernet la domenica 20 sera
ha dovuto essere rinviato a causa
deU’improwisa mancanza di luce elettrica dovuta al maltempo.
* m *
Il Comitato orgànizzatore del « falò » di Rocciamaneòd ringrazia tutti
gli amici di Angrogna, San Giovanni, Torre Pellice i quali con il loro
interessamento e con le loro offerte
hanno contribuito al buon esito di
questa manifestazione.
Ringraziamo pure di cuore tutti
coloro che in vario modo hanno collaborato per la buona riuscita della
nostra festa valdese: in particolare
le Insegnanti, l’U.G.V. di PrassuitVernet, la Corale ed i gerenti l’albergo del Serre e. a.
Pinerolo
La « settimana Valdese » ha avuto
il suo completo e felice svolgimento
anche nella vita della Chiesa. I fuochi di gioia sulle colline circonvicine hanno annunziato ai pinerolesi e
agli abitanti della pianura il ritorno
della data di Emancipazione dei Vaidesi. La gioventù della Chiesa di Pinerolo si è riunita in una fraterna
atmosfera attorno al « falò » acceso
alla periferia dell’Abbadia.
Le assemblee del 17 febbraio a San
Secondo e a Pinerolo sono state buo.
ne, compatte; il Pastore ha rievocato la costruzione dei primi templi e
l’istituzione del culto pubblico alle
Valli nel loro quarto centenario. Poi
due pranzi, a San Secondo e a Ponte
S. Martino, con circa 60 partecipanti, e una cena a Pinerolo con più di
60 partecipanti. Il Moderatore della
Tavola Valdese era fra i presenti a
Pinerolo; lo si è accolto ed ascoltato
con riconoscenza. Anche l’avv. A.
Pittavino ha rivoltò il suo messaggio
di cordiale partecipazione alla gioia
comune. Subito dopo la cena, un
gruppo di giovani ha rappresentato
un bozzetto di bella e sana intonazione valdese, con naturalezza e cura vivamente apprezzate. Anche a
San Secondo, nel pomeriggio, il pubblico si è riimito per assistere ad un
simpatico programma di recite e
canti preparato dall’Unione locale.
Domenica, 20 febbraio, la comunità si è raccolta nel tempio per la celebrazione religiosa del 17 febbraio.
E’ stata celeprata la Santa Cena e
la Corale ha cantato due inni fra i
quali <c Le retour de l’exil ». E’ stasta fatta la colletta per la chiesa di
Colleferro. Dio benedica le esperienze fatte e le faccia volgere alla vera
edificazione della Chissà.
Doni per l’Eco delle Valli
Davit Eugenio 500; Martinat Enrico 300;
Rochon Margherita 300; Pastre Augusto e
Regina 150; Prandini Giovanni 75; Menusan Germana 50; Coisson Chantre Assély
150; Charrier Jenny 150; Guazzini Rosina
100; Negri Irene 400; Bava Demetrio 150;
Allenspach Irene 100; Ferrari Giovanni
150; Sbolci Fernanda 150; Costabello Dino
250; Calamita Luciano 200; Dattilo Maria
900; Rostan Ottorino 50; Cavagnero Roberto 150; Vidossich Luigi 400; Rosa Brusin
Lidia 150; Mathieu Ersilia 50; Juan Bertalmio 100; Baret Guido 300; Sparti Alfio 150;
Caviezel Luca 150; Seba Bandonella 150;
Genre Mary 300; Gillieron Elisa 150; Vedova Umberto 50; Carlo Varese 600; Gelso
Silvio 50; Battoli Evelina 150; Jalla Amato 100; Eynard Federico 100; Prochet Giuseppina 300; Paolo Gay 150.
IL Xfll
Il Sig. Vittorio Widemann e Signora, Di
rigenti e Maestranze del Cotonificio V. Wi
demann hanno elargito all’Asilo dei Vec
chi di S. Germano Chisone la somma di
Lire 49.500 per il tradizionale pranzo. Ri
conoscenti, i beneficati ringraziano sentita
mente.
AVVISI
CERCASI per portineria casa Torino mari,
to e moglie senza prole. Buona occasione.
Inviare referenze presso A. Pittavino,
Piazza Barbieri, Pinerolo.
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Età massima 30 anni. Rivolgere domanda
a: Madame H. Longchamp - 19 rue Adrien » Lachenal • Genève (Svizzera).
Il figlio Alberto ed i parenti tutti, sentitamente ringraziano quanti, in qualsiasi
modo, hanno preso parte al loro lutto pei
la dipartita del loro caro
PeTionél Giovanni Giacomo
deceduto, all’età di anni 88, il 6 Febbraio
1955.
Peyroneo (Riclaretto), 8-2-1955
Le famiglie Peyronel, Griot e Ribet profondamente commòsse per le dimostrazio
ni di affetto ricevute in occasione della dipartenza della loro cara
Peyronel Susanna nata Bertalot
di anni 84
ringraziano tutti coloro che si unirono al
loro grande dolore, in modo particolare il
dott. Bertolino, il pastore sig. Micol e
Signora.
Pramollo, 2 Febbraio 1955
La Famiglia del compianto
Odino Alessandro
sentitamente ringrazia il Pastore sig. Peyrot, i parenti, i vicini e tutte le persone
che hanno preso parte al suo dolore.
S. Secondo di Pinerolo (Bernardi^ 23-l-’55
La famiglia Bertalot ringrazia, in mudo
particolare, il pastore e tutti coloro che
con la loro presenza o partecipazione ai funerali hanno voluto associarsi al suo dolore per la perdita del suo congiunto
Bertalot Giovanni
deceduto in S. Germano Chisone il 15-2-’55.
Le famiglie Hugon, Mourglia e Monne»,
profondamente commosse per l’affettuosa
dimostrazione tributata alla cara Mamma
e Nonna
Cesarina Odin vedova Hu^on
ringraziano in modo particolare i sigg. Pastori Beriinatti, Jahier e Bouchard, che
gentilmente portò il saluto della Chiesa di
Rorà, paese natio della cara Estinta; la zia
Rosina, il cugino Prospero, che tanto si
prodigarono nella triste circostanza; gli
amici, i vicini di casa e tutti coloro che con
la loro presenza o scritti presero parte al
loro dolore.
Bibiana,. 19-2-1955.
Asilo dei Vecchi - Luserna San Giovanni
.Sig. Clotilde Gay Tron (in mem. Gaydou
Rosina Gay L. 2.000; In mem. Davide Allio, il figlio Roberto 1.000; In mem. Davide Allio, le figlie Maddalena e Ivonne
1.000; Sorelle Ayassot in mem. dei genitori 1.000; Bonino Salvarani 500; Pontet An.
giolina 500; N. N. 200; Tourn Franchino
Lilli 500; Famiglia Mourglia 150; Benecli
Adolfo 300; Boulard Ernesto 500; Malanoi
Cesare 500; Tourn Federico 100; ReveI
Samuele 150; Peyrot Attilio 400; Benech
Irene 400; Paddeu 500; Jourdan Riccardo
400; F'alcombello 100; Gaydou Grill Paimira 200; Poet Giovanni 200; Arnoulet
Giuseppina 500; Richard Bianca e Aldo
1.000, Volpe Giuseppina 100; Cougn Lina
200; Famiglia Cangioli 250; Porcelo Odette
200; Rostagno Edoardo 300; Rostagno Daniele 200; Benecchio Albina 200; Boulard
Florentin 300; Boulard Pauline 1.000;
Cougn Aldo e Lidia 200; Rivoira Rosina
50; Cartoleria Revel 300; Grand Luigi 500:
Rivoira Giov. e Maria 500; Bounous Eugenio 1.000; Renato Albarin 200; Salvagiot
Franca 300; Bertin Rina 100. (segue)
Direzione e Redazione
Prof. Gino Costabel
Via G. Malan - Luserna San Giovanni
Pubblicazione autorizzata del Tribunale di
Pinerolo, con decreto del 19 gennaio 1955.
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
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