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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 21 GENNAIO 1994
ANNO 2 - NUMERO 3
CANDIDATI
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ISTRUZIONI
PER L'USO
MAURIZIO GIROLAMI
Progressisti, moderati o
conservatori? Queste sono
le etichette degli schieramenti
politici, per gli italiani che il
27 marzo (data discriminatoria per la minoranza ebraica)
eleggeranno con il sistema
maggioritario il Parlamento
della II Repubblica. Etichette
non nuove e dal significato
polivalente. Per decifrare l’etichetta del «prodotto» candidato serve un test che consenta
di capire quali ingredienti
contenga. Una chiave di lettura dei discorsi elettorali dei
candidati può essere il rilievo
che essi daranno ai diritti fondamentali dell’individuo, di
tutti gli individui: il lavoro, la
salute, l’istruzione, la libertà
di pensiero e di essere onestamente informati. L’idea dell’
eguale dignità degli uomini,
che sta alla base di questi diritti, ha radici antiche:
dall’Evangelo che equipara
tutti i destinatari, all’illuministica eguaglianza degli uomini
«per natura», alla tradizione
democratica e socialista.
L’eguale dignità di tutti gli
esseri umani, ancorché non
realizzata, è affermata nei
principi deirOnu. Oggi, in
Italia, le condizioni della dignità sono distribuite in misura diseguale: alcuni le hanno
tutte; altri ne hanno alcune; altri ancora ne sono privi. Ecco
dunque le «istruzioni del test»
di misurazione dei candidati e
degli schieramenti.
1) Chiedere loro se intendano fare qualcosa, e che cosa,
per i 3 milioni circa di italiani
che sono senza lavoro: anziani
in cassa integrazione, giovani
in cerca di prima occupazione,
donne, meridionali, adolescenti in età scolare, cacciati
nel degrado sociale e nella criminalità da una scuola che i
ministri democratici «cristiani» e liberali hanno lasciato
incartapccorire forse perché
statale e «no profit» (o meglio
«no tangent»?). Chiedere se
pensano che il lavoro debba
essere ridistribuito in modo da
fare lavorare tutti, o no.
2) Chiedere se propongono
una Sanità e una Previdenza
capace di assicurare a tutti
l’assistenza nella malattia e
una vecchiaia dignitosa, o
pensano che la salute e la longevità siano un fatto privato,
dipendente dal reddito e alla
posizione sociale.
3) Chiedere se riqualificheranno la scuola pubblica, libera e pluralista o finanzieranno
la scuola privata, che ha fini
di lucro e subordina, se cattolica, la didattica a direttive
confessionali.
4) Chiedere se intendono
riformare la legge Mammì,
che regala a un solo individuo
(Berlusconi) metà dell’informazione televisiva e non riesce a realizzare il pluralismo
nell’altra metà.
5) Chiedere se i loro candi
dati non hanno a che fare né
con imprenditori né con politici che, dopo averci ampiamente guadagnato, abbiano
mandato in dissesto settori
dello stato (Sanità, ecc.) o
deH’economia nazionale (FiatAlfa, ecc.).
6) Chiedere se, per reperire
le risorse finanziarie indispensabili per realizzare questi obbiettivi, progetteranno, nell’
era della telematica, un sistema di tassazione capace di eliminare l’evasione.
Le forze politiche che risponderanno positivamente saranno «progressiste» nel senso
che vorranno il progresso di
tutta la popolazione, «conservatrici» perché lo conserveranno per tutti gli italiani, «moderate» perché moduleranno i
costi di queste misure sulle diverse capacità contributive. Le
forze politiche che diranno che
bisognerà aspettare la ripresa
economica internazionale prima di por mano alle diseguaglianze, saranno «progressiste» poiché i ricchi e i potenti
miglioreranno le loro condizioni relativamente a tutti gli
altri, «conservatrici» poiché
manterrano i loro privilegi,
«moderate» poiché si adopereranno a prevenire eccessi da
parte di chi protesta. Siamo da
capo: come distinguere le prime dalle seconde? Se non piace «sinistra» e «destra» si può
provare con «sopra» e «sotto»
oppure «up» e «down»...
La risposta alla domanda ricorrente anche oggi: «Di chi siete?»
Quanto a noi serviremo all'Eterno
DARIO SACCOMANI
«...scegliete oggi a chi volete servire:
o agli dèi ai quali i vostri padri servirono al di là dal fiume, o agli dèi degli
Amorei nel paese dei quali abitate;
quanto a me e alla casa mia , serviremo
all’Eterno»
(Giosuè 24, 15)
Di fronte alla domanda che Giosuè
pose al popolo di Israele al suo ingresso nella terra promessa le nostre
chiese, e ognuno di noi, singolo credente, che cosa risponderebbero?
Da che parte stanno i «figli di Dio», e
quanto tempo ancora c’è da attendere affinché sia manifesto chi sono i figli di
Dio? A quanti padroni ancora le chiese si
piegheranno? Se è per grazia di Dio che
possiamo essere suoi servi, oggi le chiese devono fare una scelta coraggiosa.
Oggi le chiese devono prendere campo
nella realtà della storia e testimoniare
concretamente che il Dio che confessano
è effettivamente il Dio che ha chiamato
l’essere umano a libertà.
La richiesta di Giosuè al popolo non è
una scelta che si configura all’intemo di
una realtà ecclesiastica o che si vive in
cerimonie liturgiche. Ma interessa piuttosto la quotidianità della vita di quanti
Dio ha chiamato e ha liberato. Pur immersi in una realtà sociale costellata da
mille idolatrie, sono chiamati ad assumere e ad esprimere con chiarezza la scelta
di essere servi, figli di Dio.
Decidere oggi chi vogliamo servire
implica scegliere fra due strade diverse:
una ci porta a una vita pienamente inserita nelle dinamiche perverse della storia:
ci pone nella posizione e nella possibilità
di patteggiare, di armonizzare, di addomesticare il messaggio delI’Evangelo.
L’altra ci pone nella dimensione della
via della croce, poiché ci chiede di prendere posizioni difficili, impopolari; di
abbandonare il tempio della città santa
per scegliere la provincia emarginata di
Galilea.
■ La richiesta fatta da Giosuè al popolo
equivale a decidere se integrarsi nel paese dove vive, oppure rimanere sempre
straniero a quella realtà. E noi, di fronte
alla nostra storia, cosa scegliamo, se vogliamo essere la chiesa di Cristo? Poniamo con chiarezza il nostro riferimento in
Dio o andiamo con chi ha altri riferimenti, o anche nessun riferimento, o il cui riferimento è solo in se stesso? Studieremo risposte facili alle inquietudini del
nostro tempo, o sapremo formulare domande che mettano a nudo la realtà umana come realtà che, in quanto pone se
stessa come centro e significato dell’esistente, in realtà si oppone a Dio?
Porre Dio al centro: questa è la richiesta di Giosuè al popolo, ed è la sfida che
si ripresenta oggi a noi e alle chiese. In
altre parole: ci facciamo mediatori
dell’essere umano a Dio, oppure annunciamo l’opera di Dio agli esseri umani?
Porre Dio al centro dell’esistenza delle
chiese, e di noi singoli, significa che la
realtà della storia nella quale viviamo
non può per noi essere questione marginale, non può solo interessarci quando ci
coinvolge in modo diretto, ma in tutti i
suoi aspetti.
La storia che ha uno sviluppo e un
compimento è quella storia che, ponendo
Dio al centro, diventa luogo di denuncia,
di lotta, di scontro. Se Dio viene posto al
centro non può essere più tollerata l’indifferenza 0 la superficialità, non può più
essere accettata per vera la religiosità
che appaga: il Dio che si è fatto conoscere in Cristo, è colui che nella storia si è
posto come contraddizione, pietra d’inciampo, giudizio. Se Dio è al centro, la
chiesa diventa luogo in cui si apre la protesta; luogo in cui chi non ha voce trova
voce, chi non ha forza trova forza, chi
non ha diritto trova con chi lottare per il
diritto e per quella pace che è attuazione
della giustizia.
Luterani
Non veniamo
in San Pietro
per «pregare»
Anche i luterani hanno detto no all’invito di «celebrare»
in San Pietro la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani.
In una lettera indirizzata a
mons. Pierre Duprey, il decano della Chiesa evangelica
luterana in Italia (Celi), Hans
Gerch Philipp), scrive: «Forse
Lei sa che le chiese tedesche
hanno scelto come “Jahreslosung” il versetto 14 del secondo capitolo della lettera
agli Efesini: “Infatti Cristo è
la nostra pace”. E Paolo
continua: “Egli è venuto ad
annunziare il messaggio di
pace: pace a voi che eravate
lontani e pace a quelli che
erano vicini...”».
Dopo aver ricordato i numerosi incontri ecumenici
che le comunità della Celi
avranno in tutta Italia durante
la Settimana di preghiera,
Philippi precisa: «Pregheremo il 23 gennaio anche nelle
nostre chiese e dove siamo
invitati, per la pace in tutto il
mondo, soprattutto per la pace e per la gente e i popoli
della ex Jugoslavia». Ma,
prosegue, «non pregheremo
invece, noi luterani della Celi, il 23 gennaio in San Pietro
(...) perché non possiamo accettare questo concetto di
koinonia, cioè “comunione
fraterna”: partecipare alla
Messa, senza poter/voler partecipare alla comunione eucaristica. Mi scusi, ma che comunione sarebbe questa,
quando una sorella esclude
un’altra oppure un fratello rinuncia prudentemente per
non creare degli imbarazzi?».
«Mi permetto di aggiungere
- conclude il decano - che la
ri-ordinazione dei convertiti
anglicani rende evidente in
modo drastico un problema
ecumenico, cioè il cosiddetto
“defectus ordinis”, e questo
nonostante i 25 anni del dialogo cattolico-luterano».
Ecumene
Scuola privata
e laicità in Francia
pagina 2
All’Asco.lto
Della Parola
Incontrare
Gesù crocifisso
pagina 6
CULTUR.A
La questione romana
nella storia d’Italia
pagina 8
2
PAG. 2 RIFORMA
venerdì 21 GENNAIO 1994
Francia: un commento alla modifica della legge Falloux a favore delle scuole private
Quando Topposizìone^ complice dei
cattolici e dei giacobini^ intacca la laicità
OLIVIER ABEL
Se da qualche anno sembrava giunto il tempo di
sfuggire alla guerra delle due
anime della Francia e di riallacciarsi allo spirito della laicità, che è il vero pluralismo,
la manovra che ha consentito
di modificare la legge di finanziamento delle scuole non
aiuta certo a farlo. Il vero
pluralismo è un pluralismo
coerente, che non è il pretesto
di mangiare in tutti i piatti e
tenere un doppio linguaggio,
come ha appena fatto il governo: è anche una coerenza
all’altezza della complessità
della storia e delle situazioni
reali, e non un semplicismo
riduttore così come lo si avverte già con il ritorno del bilanciere.
Eppure, in campo «laico»
si stava facendo strada l’idea
che la storia della laicità fosse meno segnata dalle vittorie
del proprio partito che non
dai «compromessi» nel senso
costruttivo del termine, i quali hanno permesso a questa
laicità di entrare nei costumi.
In molte scuole pubbliche,
oggi lo si è dimenticato, c’è
voluto tempo per far sparire i
crocifissi: bisognava lasciar
fare al tempo. Forse sarà lo
stesso per i «chador» di certe
scolare musulmane? Si stava
facendo strada l’idea che una
laicità viva non dimentica le
diverse fonti religiose delle
Il ministro francese della Pubblica istruzione, François Bayrou
nostre culture, ma vi attinge
le sue forze vive per comprenderle e criticarle. Si stava
facendo strada l’idea che la
morale laica fosse meno una
pedagogia dogmatica e unica
che non il compromesso tra
varie tradizioni morali, di cui
ognuna ha le proprie virtù e i
propri effetti perversi, e di cui
nessuna, da sola, potrebbe
pretendere di essere totalmente «morale».
Tutte queste fragili disposizioni rischiano di venire
spazzate via dal ritorno al
semplicismo mentre avrebbero meritato di essere protette
e sviluppate.
In campo «privato» si poteva ritenere che la laicità fosse
diventata un valore comune,
con il concetto che lo stato
debba difendere un servizio
Brasile: la nuova chiesa luterana di Belém
Costruire chiese
nello stile del paese
Da 170 anni vi sono luterani in Brasile ma soltanto ora
si vede sorgere un tempio luterano volontariamente concepito nello stile che era
quello dei primi abitanti, gli
Indios. Si tratta della chiesa
luterana di Belém, nel nord
del paese, inaugurata alla fine del 1992, in occasione
delle cerimonie del 500° anniversario della «scoperta»
dell’America.
Questa parrocchia voleva
dare un segno che sottolineasse che la Chiesa evangelica luterana del Brasile desiderava utilizzare la cultura
indiana per proclamare l’Evangelo, il die è rivelatore di
una certa evoluzione: finora
infatti questa chiesa, come
tutte le altre, non faceva molto caso della cultura indiana,
per non dire che la disprezzava del tutto.
È nel 1824 che i primi immigrati protestanti sono
giunti in Brasile: furono autorizzati a celebrare culti ma
venne loro vietato di dare ai
loro edifici il carattere di una
chiesa poiché la Costituzione
riservava tale privilegio alla
potente Chiesa cattolica romana.
Questa situazione rimase
immutata fino al 1889, data
della proclamazione della
Repubblica. Le comunità luterane poterono quindi costruirsi liberamente delle
chiese e lo fecero ispirandosi
ovviamente a un modello importato dall’Europa. Sembrava infatti che la lode si espri
messe meglio in un tempio
di stile neogotico che non in
un edificio che ricordasse
l’architettura pagana degli
Indios...
Eppure la struttura circolare della «oca», (la grande capanna familiare degli Indios
del Brasile) è teologicamente
più appropriata per esprimere l’immagine biblica della
comunità corpo di Cristo.
L’altare, situato al centro
dell’assemblea riunita in cerchio, sottolinea il fatto che
Cristo è la testa, il capo di
questa comunità, e il centro
del culto.
La costruzione della chiesa
di Belém ha dunque permesso finalmente di dare un’
espressione architettonica alla diffusione delTEvangelo
in terra brasiliana.
Oltre a imperativi teologici, l’architetto ha anche risolto problemi di carattere pratico: utilizzando le possibilità
di aerazione naturale che si
presentavano a tre livelli diversi dell’edificio è riuscito a
far fronte ad alcuni inconvenienti del clima equatoriale
dell’Amazzonia.
Ci si potrebbe chiedere, in
questa occasione, se esista
un’architettura specificatamente cristiana. O meglio: in
quale misura il cristianesimo
eurocentrico, superando i limiti dell’area geografica in
cui si è sviluppato, non abbia
imposto nel mondo intero
l’architettura ecclesiastica
europea come unico modello
legittimo? (CevaaNews)
pubblico di accesso uguale
per tutti, un, civismo minimo
destinato a diventare la base
di una solidarietà nazionale
forte. Ad ogni modo questo
simbolismo repubblicano,
probabilmente abbastanza legittimo, consentiva di giustificare il finanziamento dei lavori inerenti le norme di sicurezza delle scuole private da
parte degli enti locali.
Ma il procedimento utilizzato al Senato il 14 dicembre
fa riemergere clamorosamente il doppio linguaggio, l’incoerenza del pluralismo invocato: per cui si dovrebbe avere ormai una laicità ad intra,
per i francesi di origine (vale
a dire i francesi cattolici), che
sarebbe una laicità flessibile
alla loro cultura e ai loro interessi; e una laicità ad extra.
per i francesi musulmani (vale a dire i musulmani recentemente immigrati), che sarebbe una laicità inflessibile,
monista, rigida. In un caso si
direbbe: «Vedete come sono
pluralista», e nell’altro: «Vedete come sono repubblicano». In questo modo si vincerebbe sui due fronti. Se è proprio questo che si vuole, che
cosa ci rimane da fare?
A mo’ di battuta i protestanti, da parte loro, potrebbero chiedere all’Educazione
nazionale la restituzione delle
circa 2.000 scuole a cui essi
hanno rinunciato, alla fine del
secolo scorso, a favore della
scuola pubblica. Insieme ai
fondi per mantenerle, ovviamente. Aderendo così massicciamente alla laicità, promuovendola, i protestanti
francesi non sapevano di avere di fronte a sé un interminabile secolo di conflitto tra
giacobini e cattolici, così
complici nella loro stessa opposizione, così vicini nelle
loro concezioni del potere e
della società.
(Articolo pubblicato sul quotidiano francese Libération del
18/19 dicembre 1993)
Al momento di andare in macchina, apprendiamo che la modifica della legge Falloux è stata
respinta dal Consiglio costituzionale. Ciò conferma che lo spirito della laicità in Francia è ancora vivo (ndr).
Camerún: uno dei paesi ad alto rischio
La Chiesa evangelica
lotta contro LAids
In una lettera circolare inviata alle regioni sinodali
della Chiesa evangelica del
Camerún il pastore CharlesEmmanuel Nijke, presidente
di quella chiesa, scrive:
«La nostra chiesa non ha
aspettato l’interpellazione
del ministro della Sanità per
impegnarsi nella lotta contro
l’Aids, che sta prendendo
proporzioni assai preoccupanti in tutti gli strati della
società del nostro paese.
In occasione della “giornata mondiale dell’Aids’’, celebrata il 1° dicembre in tutti i
continenti, sul tema “Agiamo
insieme’’, la Chiesa evangelica del Camerún intende portare avanti il suo programma
di formazione, di informazione, di sensibilizzazione di
tutto' il nostro popolo minacciato da questo flagello.
Secondo la lettera del ministro, “le ultime indagini rivelano che il nostro paese ha
raggiunto la categoria dei
paesi ad alto rischio di sieropositività. Più di 120.000 camerunesi sono attualmente
infettati dal virus dell’Aids’’.
La nostra azione di prevenzione e di solidarietà nei confronti dei malati, degli orfani
dell’Aids, delle famiglie colpite, sempre più numerosi in
tutte le regioni del nostro
paese, deve svilupparsi per
l’intero anno 1994, non riducendo in nulla la forza del
messaggio evangelico che
esorta uomini e donne alla fedeltà e al rispetto della coppia, fondamenti essenziali del
matrimonio cristiano. I nostri
numerosi ospedali e ambulatori hanno bisogno di assistenza materiale per portare a
buon fine l’individuazione e
la cura della malattia. Il nostro sforzo deve andare al di
là delle nostre opere e partecipare allo sforzo nazionale.
Al di là dello sforzo finanziario che ci viene richiesto,
la nostra missione principale
consiste nel testimoniare
l’amore di Dio nell'accoglienza, nell’accompagnamento, nell’ascolto di tutti
coloro che, oppressi da questa prova, si sentono esclusi
dalla nostra società per via
della nostra indifferenza, del
nostro giudizio, della nostra
paura». (Bip)
Campagna contro l’Aids in Africa: un manifesto deila Croce
Rossa in lingua swahili (Kenia)
Mondo Cristiano
Spagna: terzo incontro dei
protestanti spagnoli e francesi
BARCELLONA — Il 3“ incontro pastorale tra la Chiesa
evangelica spagnola e i Concistori delle chiese riformate
dell’Aude, dei Pirenei orientali e dell’Hérault è stato dedicato
quest’anno allo studio del dossier proposto dalla «Conferenza
delle chiese protestanti dei paesi latini d’Europa» (Cepple) per
la sua Assemblea generale del prossimo aprile che avrà per tema: «Cristiani protestanti nei paesi latini. Perché? Per che cosa? Come?». Esiste un protestantesimo latino? La pastorale ha
evidenziato che, malgrado le frontiere, un’identità protestante
comune è riconoscibile nella volontà di... rifiutare ogni definizione di una identità protestante: ad ogni modo, rifiuto di una
identità chiusa, all’interno della quale bisognerebbe fondersi
come in uno stampo. Il protestantesimo latino è proprio «semper reformanda» (sempre in riforma) prima di essere latino. Il
carattere minoritario del protestantesimo latino è certamente
un handicap: quando si è poco numerosi, come assumere tutti i
compiti di formazione, di riflessione e di servizio che ci si
aspetta dalla chiesa e nello stesso tempo essere presenti agli
incontri internazionali? Nell’Europa che si sta costruendo, è
sembrato indispensabile un dialogo tra protestanti del Nord e
quelli del Sud, tra protestantesimo latino e protestantesimo anglosassone, affinché tale dialogo permetta ad ognuno di meglio situarsi, al di là del fatto di essere minoritari o maggioritari. La pastorale proseguirà la propria riflessione nel prossimo
aprile scoprendo in Francia il posto e il ruolo delle «opere»
diaconali.
Stati Uniti: torna il dibattito sulla
preghiera nelle scuole pubbliche
JACKSON (Mississippi) — Un maestro «bom again» (nato
di nuovo) di una scuola pubblica di Jackson (Mississippi) è stato licenziato per aver permesso a uno scolaro di leggere ad alta
voce una preghiera a scuola, cosa proibita dalla Costituzione
Usa dal 1962 ma che, secondo un sondaggio, viene invece approvata dal 97% degli abitanti di Jackson i quali considerano il
divieto come una restrinzione della loro libertà religiosa. Si sono svolte manifestazioni di alunni per appoggiare il maestro,
quindi di genitori (4.000 partecipanti) davanti alla sede del governo del Mississippi. Il governatore dello stato, che in passato
aveva dichiarato che l’America è una nazione cristiana, ha dife-ji
so con fervore la causa del maestro e sta facendo una campagna perché venga autorizzata la preghiera a scuola. I politic^
statunitensi vedono in questo zelo religioso, che sta risorgendo;;
nel religiosissimo Sud, soprattutto un tentativo degli «evangeli-j
cals» americani di riorganizzarsi in forza politica come ai tem^
pi di Reagan.
Cuba: crescono i battisti in
un clima di risveglio spirituale
L’AVANA — Nel 1992 oltre 1.000 persone sono state battezzate nelle chiese della Convenzione battista occidentale di
Cuba. 11 presidente della Convenzione, Nilo Dominguez, ha
detto recentemente in una relazione che sono state costituite sei
nuove chiese e aperti molti luoghi di predicazione. Dal seminario dell’Avana sono stati licenziati in giugno 6 nuovi pastori.
«Nonostante tutti i problemi sociali ed economici, abbiamo in
Cuba una situazione di grande risveglio spirituale» dice Dominguez. Molte persone, in cerca di una guida spirituale, si rivolgono alle chiese battiste e migliaia di bambini frequentano i
campi estivi organizzati dalla convenzione.
Cechia: Sinodo della Chiesa
evangelica dei Fratelli cechi
PRAGA — La Chiesa evangelica dei Fratelli cechi contava
il r gennaio 1993 264 comunità con 165.398 membri di chiesa
registrati. Nelle 13 circoscrizioni ecclesiastiche ben 55 comunità sono senza pastore. Queste sono alcune delle cifre fomite
dal rapporto, pubblicato all’inizio di dicembre, sul 28° Sinodo
della chiesa ceca, tenuto dal 20 al 23 ottobre. Al servizio della
chiesa ci sono 186 pastori, 46 pastore e circa 500 altri collaboratori, di cui 388 impegnati nella diaconia e 25 nell’amministrazione centrale della chiesa. I culti sono frequentati mediamente da 15.060 persone, vale a dire da circa il 9% dei membri. Leggermente più ridotta la partecipazione alla Cena del Signore. Nel 1992 sono stati battezzati 194 adulti e 1.008 bambini e si sono avute 649 confermazioni. Dei 295 matrimoni celebrati, 191 erano di confessione mista.
Nepal: la Comunione battista
conta 1.500 membri
KATMANDU — «Molte persone hanno sofferto e pregato
che Dio aprisse una porta in Nepal» ha detto il pastore battista
H. B. Gumng, segretario generale della Comunione delle chiese battiste del Nepal. «11 Signore ha ascoltato queste preghiere
ed ha risposto». In Nepal ci sono circa 70.000 evangelici in 300
chiese. Prima della svolta democratica del 1990, c’erano 80
chiese con 5.000 membri. Lo scorso aprile Gumng e altri dui
pastori battisti, Daniel Subba e Ratna Rai, hanno fondato la Comunione battista che conta ora 10 chiese, 20 stazioni missionarie e 1.500 membri: la speranza è di arrivare a 300 comunità
entro il 2000.
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L'esperienza di una radio evangelica in Emilia e nel Veneto
Rovigo: la radio è autogestita
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Sappiamo che la chiesa
battista di Rovigo gestisce
ormai da anni una radio. Da
quanti anni precisamente? Lo
chiediamo al pastore della
chiesa battista di Ferrara,
Carmine Bianchi, da anni impegnato in questo lavoro.
«Da circa 14 anni. In questi
ultimi 3 anni, poi, l’attività
della radio si è allargata anche
alla comunità di Ferrara. Anche lì abbiamo messo su uno
studio di registrazione collegato con quello di Rovigo. La
radio, che abbiamo chiamato
“Voce nel deserto”, ha un bacino di utenza potenziale di
500.000 persone in quanto copre parzialmente le quattro
province di Ferrara, Rovigo,
Verona e Padova. Stimiamo
comunque che il numero reale
degli ascoltatori si aggiri tra le
10.000 e le 30.000 persone».
- Che tipo di utenza avete?
«Abbiamo voluto caratterizzare la nostra radio attraverso la trasmissione di musica classica, con questo intendendo anche lirica, jazz, gospel, ecc. Dunque le persone
che si sintonizzano con la nostra radio hanno questa sensibilità. Sul territorio la radio è
molto conosciuta e seguita al
punto che anche il Conservatorio di Ferrara fa dei programmi per noi».
- Che tipo di programmazione avete?
«La radio ha una programmazione che abbraccia tutta la
giornata sull’arco delle 24 ore.
E una programmazione che alterna musica a una serie di rubriche giornaliere, bisettimanali e settimanali».
- Può parlarci di qualcuna
di queste rubriche ?
C’è un programma giornaliero della durata di 30 minuti
che si chiama «Incontro con la
fede cristiana». In questo programma, gestito da me e da
mia moglie, past. Lidia Giorgi, offriamo delle conversazioni in serie su argomenti
teologici come ad esempio la
preghiera, la fede, la cristologia; poi abbiamo delle meditazioni quotidiane. Questo è uno
spazio interamente gestito da
persone delle due comunità.
Poi c’è un programma a cadenza settimanale che si chiama “viaggio dentro la Bibbia”
che consiste in studi biblici ed
esplorazioni guidate nel mondo dell’Antico e del Nuovo
Testamento. In programmazione ci sono alcune serie di
interventi interamente a cura
del prof. Mario Miegge sul
protestantesimo nella storia: la
prima serie sarà su Lutero.
Accanto a questi programmi
di testimonianza e formazione
biblica e storica, abbiamo una
rubrica quotidiana di informazione e cultura. Per molte di
queste trasmissioni ci avvaliamo di collaboratori esterni, intervistiamo persone che lavorano sul territorio. Abbiamo
una proficua collaborazione
per esempio con un’associazione di extracomunitari di
Ferrara denominata “cittadini
del mondo”. Con loro abbiamo realizzato molte trasmissioni su problemi di attualità.
Poi c’è un’altra rubrica,
“messaggi in bottiglia”, che
commenta articoli di giornali.
Per questa trasmissione utilizziamo moltissimo il nostro
settimanale “Riforma”. Riscuote molto interesse “il cantastorie”, trasmissione dedicata ai bambini con la lettura di
favole, o quella dedicata soprattutto alle mamme su temi
di pedagogia, anche quest’ultima a cura di esperti nel campo. Poi ci sono i notiziari, la
letteratura, la poesia e Amnesty International».
- È davvero un lavoro enorme: quante persone sono impegnate per questo lavoro?
«Complessivamente 20-30
persone, in parte delle chiese e
in parte esterni, tutti volontari,
compresi il commercialista e i
tecnici. E un lavoro bello e
importante, ma anche estremamente impegnativo. Saremmo felici a questo proposito di ricevere anche qualche
collaborazione da colleghi pastori: studi biblici, meditazioni, conversazioni su temi di
teologia 0 altro. Cose anche
molto semplici, che noi riceveremmo volentieri».
- Quanto vi costa tutto questo annualmente ?
«Intorno ai 20 milioni. Queste rappresentano solo spese
vive, perché il lavoro è tutto
volontario, come ho detto. E
niente pubblicità».
- Siete in grado di valutare
l’impatto della radio sul territorio?
«Non è molto facile farlo e
la cosa andrebbe studiata a
fondo. Alcune persone si sono
anche aggiunte a noi nelle due
comunità, ma per la maggior
parte dei casi direi che si è
creata, consentitemi il termine, una “chiesa dell’etere”, ossia persone che ci ascoltano
abitualmente ormai da anni,
alcune delle quali hanno con
noi anche rapporti epistolari o
telefonici. Anche questo è lavoro pastorale, perché in molti
casi si tratta di persone sole, a
volte anche ricoverate in case
di riposo o in situazioni ambientali difficili. Si è creata intorno alla radio una rete di
persone molto attente ai nostri
contenuti. La nostra speranza
è sicuramente quella di non rimanere semplicemente “una
voce nel deserto”».
«La verità vi farà liberi» (Qiovanni 8, 32)
PENTECOSTE ’94
Incontro degli evangelici italiani
FIRENZE - Palazzetto dello sport - 20-22 maggio 1994
PROGRAMMA DI MASSIMA
Venerdì 20 maggio 1994
ore 17,30 - Coro, saluto del presidente
del Consiglio dei pastori di
Firenze
- Culto con predicazione di
Domenico Maselli
- Offerta
- Canti e cori
ore 21 - Incontro dei cori
Sabato 21 maggio 1994
ore 9 - Canto assembleare
- Preghiera
- Studio biblico su: «Lo Spirito Santo nell’Antico Testamento» (Daniele Cartone)
- Canti e cori
ore 10,15 - Studio biblico su: «Lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento» (Francesco Toppi)
- Offerta e canti
ore 11,30 — Domande e risposte
ore 13 - Pranzo
ore 16,30 - Coro e canti
- «La proposta evangelica
negli anni ’90» (Giuseppe
Barbanotti e Giorgio Spini)
ore 21 - Essere evangelici neU’ltalia
di oggi: «Difficoltà e speranze» (testimonianze dalle diverse realtà evangeliche)
- Offerta
Domenica 22 maggio 1994
ore 8,30 - Riunione organizzativa
ore 10,00 - Culto con predicazione di
Paolo Ricca (Giovanni 8, 32)
- Cori e canti
- Offerta
ore 12,30 - Conclusione del convegno
Costo globale della partecipazione per
chi viene da fuori (iscrizione, albergo e
pasti): lire 160.000; per i residenti (solo
iscrizione): lire 20.000
Le iscrizioni (lire 80.000 a persona per
i non residenti - questa cifra corrisponde
a metà della quota globale lire 20.000
per i residenti) vanno versate entro il 31
marzo ’94; ma il comitato sarebbe infinitamente grato se esse potessero pervenire
entro febbraio: per non perdere le prenotazioni degli alberghi dobbiamo infatti
versare dei consistenti anticipi.
Vi preghiamo di versare le vostre iscrizioni su uno dei seguenti conti:
-conto corrente postale n. 16458507 intestato a: Pentecoste ’94 — Fcei, via dei Serragli 49 50124 Firenze;
- conto bancario n. 403/1 intestato a:
Pentecoste ’94 - Fcei, via dei Serragli 49
50124 Firenze presso Cariplo - Agenzia n.
2 di Firenze via dei Vecchietti, 5/r, 50123
Firenze (codici bancari: Abi 6070 Cab
2h02)'V;¡
Per ogni nformazione relativa all’andamento pratico del convegno, scrivete a:
Pentecoste ’94,via dei Serragli 49, 50124
Firenze.
11 comitato promotore
Le chiese valdesi e metodiste discutono il «Testo comune per la pastorale dei matrimoni interconfessionali»
Il problema tocca il dissenso tra cattolici e protestanti
.______ALBERTO TACCIA______
Il «Testo comune di studio
e di proposta sui matrimoni interconfessionali» mette
in luce, tra l’altro, due aspetti
che costituiscono elemento
di reale difficoltà nell’ambito
di una ricerca ecumenica di
reciproca comprensione. Uno
è di natura teologia e l’altro,
consequenziale, di natura
giuridica.
11 primo aspetto riguarda la
nozione di sacramento e l’inclusione da parte cattolica
del matrimonio nell’ambito
sacramentale. Tale inclusione, tardiva (il matrimonio è
per la prima volta elencato
tra i sacramenti, in forma ufficiale, nei canoni del Concilio di Verona del 1184, lo
stesso che comminò la scomunica ai valdesi), originariamente aveva lo scopo di
sottoporre il matrimonio a un
più definito controllo ecclesiastico, tutelandolo da possibili deviazioni (matrimoni
clandestini, stretta consanguineità) e di stabilire opportunamente la priorità del
consenso reciproco come
elemento costitutivo. I ministri del sacramento rimangouo gli sposi e la presenza del
sacerdote ne stabilisce la legittimità.
11 matrimonio-sacramento
sottolinea l’oggettività del
dono di grazia fatto da Dio
?gli sposi che, come tale, è
irrevocabile: «L’uomo non
separi quello che Dio ha
congiunto». E innegabile la
forte coerenza concettuale
della posizione cattolica. Ma
questa coerenza, così radicalizzata, pone alcuni problemi. Essa rischia di fare del
matrimonio una realtà così
oggettivata al punto da farla
sussistere anche al di là della
condizione soggettiva degli
sposi: infatti la coppia può
essere solubile (la separazione è ammessa), ma il matrimonio rimane indissolubile.
Il fallimento umano non tocca il dato trascendentale che
vincola il matrimonio all’indissolubile alleanza di Cristo
con la sua chiesa. La Chiesa
cattolica sublima e tutela il
matrimonio ma nello stesso
tempo lo chiude in una gabbia da cui si esce soltanto
con la morte.
Anche la chiesa evangelica
è contraria al divorzio, specie
tra credenti, che in ogni caso
si configura come il fallimento di una vocazione assunta davanti a Dio (Documento valdese sul matrimonio, n. 57) ma non considera
l’indissolubilità elemento irrinunciabile in presenza di
grave errore e manifestazione di irreparabile incompatibilità e di odio insanabile.
Più importante è il mantenimento dell’unità della coppia nell’amore, nella fede e
nella speranza, che come tale
ha la promessa di durare per
tutta la vita. Promessa di gra
zia ricevuta dagli sposi, che
la vivono come una libera
vocazione a loro rivolta. Come dice la liturgia della Chiesa valdese: «Nella fede in
Cristo il matrimonio è dono
della grazia di Dio ed è speciale vocazione rivolta agli
sposi». E una testimonianza
all’amore di Cristo in coerenza di fede, che deve essere
vissuta non nella costrizione
ma nell’agape di Dio.
La seconda questione, legata strettamente alla prima,
è la traduzione dei principi
teologici del matrimonio-sacramento in sede giuridica.
La legittimità del matrimonio
si realizza soltanto quando
nessuno dei due contraenti
esclude i fini e le proprietà
essenziali del matrimonio,
cioè l’unità, la procreazione
e l’indissolubilità. Questa affermazione, compresa nell’
art. 1125/3 del Codice di Diritto canonico, è particolarmente grave perché richiede
l’accettazione da parte evangelica di una concezione del
matrimonio che non è la sua.
La questione non è stata risolta, né poteva esserlo, neppure nel «Testo comune».
Questo infatti non ha il compito di modificare gli ordinamenti dell’una e dell’altra
chiesa, ma semplicemente di
cercare e indicare un comune
percorso possibile.
Questa esigenza giuridica,
rigidamente applicata, è stata
la causa del diniego da parte
cattolica della licenza e della
conseguente dispensa ai fini
del riconoscimento della celebrazione di un matrimonio
interconfessionale in sede
evangelica. Mentre per noi
tale licenza e dispensa sono
del tutto ininfluenti, la loro
mancanza comporta per il
coniuge cattolico il non riconoscimento del suo matrimonio e quindi la sua esclusione
dalla partecipazione all’eucarestia, il che significa, di fatto, la scomunica. E per un
cattolico credente è il massimo della punizione.
Noi evangelici non possiamo limitarci a dire che la cosa non ci riguarda; dobbiamo
proseguire l’impegno per il
superamento di questo grave
ostacolo perché vogliamo
che in ogni matrimonio interconfessionale l’identità di fede di ognuno dei due coniugi
sia rispecchiata e possa esprimersi pienamente.
11 problema travalica dunque la pura questione matrimoniale e tocca il cuore del
dissenso tra la Chiesa cattolica e quella evangelica, cioè
la struttura gerarchico-sacramentale della chiesa di Roma
con il suo carattere assoluto
ed esclusivo e la sua rigida
espressione giuridica.
Ma sottolineare il dissenso
non vuol dire rinunciare al
confronto. La reciproche
condanne e le chiusure preconcette non servono a nessuno. Il dialogo tra credenti
di diverse chiese non può essere interrotto. E sono moltissimi i cattolici che come
noi lo ricercano e lo promuovono. Proseguiamo dunque il
cammino ecumenico con
perseveranza, lealtà e chiarezza, rifiutando illusori
compromessi e fidando soprattutto nella pazienza e
nella guida dello Spirito del
Signore. E ben vengano anche i matrimoni interconfessionali che ci aiutano (o ci
obbligano) a non rinunciare a
andare avanti.
(Secondo di una serie
di tre articoli)
Per I vostri aóquisti,
per gii abbonamenti
ai periodici evangeiici
Librerie
CLAUDIANA
MILANO:
via Francesco Sforza, 12/A;
tei. 02/76021518
TORINO:
via Principe Tommaso, 1 ;
tei. 011/6692458
TORRE PELLICE:
piazza della Libertà, 7;
teI.0121/91422
ROMA:
Libreria di cultura religiosa
ì^àazza Cavour, 32;
tei. 06/3225493
Casa Cares
Programmi
per il 1994
La circolare di gennaio proveniente da Casa Cares fa il
bilancio dell’anno concluso:
un bilancio positivo sotto
molti aspetti. Sono stati eseguiti importanti lavori di ristrutturazione, si sono guadagnate altre tre camere da letto
e questo ha contribuito a innalzare il numero dei pernottamenti dai 6.000-6.500 degli
anni passati a 7.500. Da aprile
poi sarà pronto un terzo appartamento destinato, per un
periodo indeterminato, a essere affittato ad amici, per ferie.
Accanto agli abituali campi
di giovani, la Casa ha ospitato
tre campi di lavoro, di due
settimane e 25 partecipanti
ciascuno, che hanno lavorato
proprio a quei progetti; per i
campi cadetti invece bisogna
dire che il numero previsto di
iscritti è stato raggiunto molto
presto, segno del favore che
incontrano i programmi della
Casa. In più sono .stati accolti
con piacere i gruppi della
Chiesa del Nazareno e dei
Fratelli.
Per la gestione ’94 sarà necessario coprire ancora qualche posto operativo: Gioele
(77 anni) continua a far fruttare validamente l’orto (buoni i
raccolti, specialmente per ciliegie e mele, sono stati imbottigliati oltre 330 litri di
succo d’uva e 220 di olio); è
atteso un altro obiettore e ci
sono prenotazioni di volontari
da Norvegia, Germania, Svezia, Ungheria, Usa.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle
SE
VENERDÌ 21 GENNAIO 1994
Il campo di Bethel su «Giovani e Mezzogiorno)
Sperare contro speranza
LUISA NITTI
Speranza e progetto: sono
le parole chiave sulle quali siamo tornati più volte a
riflettere durante il campo
invernale di quest’anno a
Bethel (27 dicembre-3 gennaio), al quale hanno partecipato circa trenta persone, in
gran parte giovani e giovanissimi provenienti dal Sud.
«Giovani e Mezzogiorno:
realtà, sogno, alternativa»:
questo era il titolo del campo
e il fdo che ha tenuto insieme
le giornate; abbiamo preso le
mosse dalla nostra personale
esperienza di giovani meridionali, e accanto a questo abbiamo potuto ascoltare l’esperienza di alcune persone che
al Sud sono impegnate e lavorano da anni, soprattutto in
ambito politico e sociale: ai
relatori intervenuti abbiamo
chiesto in primo luogo di parlarci del modo concreto in cui
si sono tradotti i loro progetti.
Che cosa ci permette di sperare anche quando le circostanze della nostra vita (quelle
che ci toccano come singoli
così come quelle che riguardano la collettività) sembrano
essere sempre più sfavorevoli? Perché è giusto continuare
a sperare e progettare il nostro
futuro con gli altri nonostante
l’incertezza costante in cui ci
muoviamo? Perché non intendo smettere di vedere il mio
personale futuro come progetto, dando senso al mio presente, anche se (soprattutto in
quanto giovane meridionale)
ho la paradossale certezza che
ogni mia aspettativa rischia di
restare frustrata?
Durante il campo abbiamo
provato a prendere in considerazione più livelli (l’economia
e il lavoro, la cultura, la politi
II Centro evangelico di Bethel (Taverna - Cz)
ca, la fede) cercando di non
tralasciare il valore delle nostre esperienze; ma soprattutto
cercando di far emergere in
ciascuno di noi il desiderio di
«fare progetti» assieme agli
altri, dare corpo a ciò che altrimenti rischierebbe di restare
puro sogno o tutt’al più desiderio. Immaginiamo allora di
essere parte di un’associazione di cittadini e proviamo a
elaborare proposte che riguardino la nostra città, da sottoporre al Consiglio comunale.
E poi immaginiamo di stare
dall’altra parte, di essere consiglieri comunali: discutiamo
delle proposte e proviamo a
prendere delle decisioni. Oppure mettiamoci nei panni
dell’opposizione...
Ai partecipanti è stato chiesto di immedesimarsi in situazioni di questo tipo, relative
alla collettività ma anche alla
propria esistenza personale
(quali sono i miei sogni, desideri, speranze, progetti e da
che cosa può dipendere la loro
realizzazione? Come immagino la mia vita fra dieci anni?).
Entrare in gioco non è stato
facile per nessuno: prendere
decisioni, partecipare al «potere», pensare al futuro, «progettarsi» con gli altri non sono
cose che riusciamo ad affrontare in modo pacifico. Possiamo solo intuirne l’importanza
e metterci in gioco.
Ripensando alle premesse
del campo dal nostro punto di
vista di credenti (e una parte
importante dei sette giorni è
stata dedicata proprio a questo) abbiamo riflettuto sul rapporto fra i «nostri» progetti e
il progetto di Dio.
Siamo chiamati a partecipare al progetto di Dio, ma non
possiamo pretendere che Dio
entri nei «nostri» progetti, che
li sostenga. Dio ci fa venire
voglia di sperare e ci mette
nella condizione di fare progetti, ma non necessariamente
collabora alla loro riuscita: si
riserva la libertà di «restare
sulla soglia», in maniera discreta ma non per questo distante; non ci preserva certo
dalle frustrazioni e dagli insuccessi, ma ci dona la capacità di sperare, di «sperare
contro speranza».
Campo ragazzi al Centro di Monteforte Irpino
La festa: un modo di conoscersi
LUCA GHELLI
Nel periodo fra Capodanno e l’Epifania il Centro
di Monteforte Irpino ha ospitato ragazzi e ragazze di età
compresa fra i 9 e i 13 anni,
che hanno insieme convissuto
e lavorato sul tema della «festa». E stato un altro dei campi che il Centro di Monteforte
Irpino offre, e ha offerto nel
passato, ai giovani dell’area
campana. La partecipazione
non è stata molto numerosa:
14 fra ragazzi e ragazze (in
maggioranza ragazze) hanno
attivamente partecipato ai lavori e condiviso i momenti liberi del programma.
Il tema del campo era, come
detto, la festa: abbiamo cerca
to nel corso delle attività di
svelare sotto tale parola tutti
gli ingredienti che la rendono
piacevole, gioiosa e a volte un
poco triste. Attraverso laboratori abbiamo cantato, danzato,
preparato dolci, suonato e preparato da soli strumenti musicali, giocato e scherzato. Tutti
hanno portato le loro abitudini
e le loro esperienze di feste a
cui hanno partecipato o che
hanno più o meno segretamente sognato.
Ci siamo poi resi conto che
«festa» poteva essere anche
motivo di conoscenza reciproca e non solo divertimento finalizzato al soddisfacimento
dei propri sensi e siamo perciò andati a trovare gli anziani
di un ospizio di AncIIìik'. E
EBRAISMO, CRISTIANESIMO,
ISLAM, LAICITÀ.
DIALOGO O CONFLITTO?
confixxìii
Il mensile delle nuove frontiere:
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ABBONAMENTI: un anno (11 numeri) lire 50.000 - sostenitore lire
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intestato alla coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 Roma tei. 4820503; fax 4827901
Cumulativo Confronti + Riforma:
L. 100.000 invece di LI20.000
stato un incontro molto piacevole durante il quale abbiamo
ascoltato i «nostri nonni» parlare delle loro feste da giovani, del loro essere stati giovani, della loro difficoltà a fare
festa in periodi di fascismo e
di guerra; insieme a loro abbiamo cantato delle canzoni
napoletane e danzato, e abbiamo loro offerto un dono e dei
dolci da noi preparati.
Abbiamo riflettuto, un poco
guidati dal pensiero della
realtà attuale, all’importanza
del poter stare insieme, ridere
e festeggiare, spesso negata
da situazioni di guerra, di povertà, o da stati totalitari. Significativo in tale senso è stato il gioco di simulazione che
ci ha calati nella realtà di uno
stato poliziesco che ci impediva di incontrarci, ridere o
quant’altro ci potesse rendere
felici con salate sanzioni e
punizioni corporali. Il campo
è quindi terminato con la festa finale e una notte brava
per i più resistenti.
La valutazione collettiva è
stata molto positiva e si è verificato un alto livello di socializzazione fra tutti i partecipanti, staff compresa. Altro
elemento positivo durante il
campo è stata la possibilità di
coinvolgere in molte attività
anche i giovani residenti nel
villaggio, spesso soli e con
difficoltà familiari alle spalle.
L’appuntamento che ci siamo
dati è per Testate, con i nuovi
campi organizzati nel Centro
irpino.
La Commissione permanente studi programma le attività
Per la formazione dei predicatori
ERMANNO GENRE
La Commissione permanente studi (Cps) ha avuto la sua riunione di programmazione a Roma a fine novembre. Essa ha provveduto a
nominare il suo presidente
(past. Bruno Costabel) e ha
assunto alcune decisioni importanti che qui segnaliamo.
In primo luogo la Commissione ha rivisto l’iter di formazione, formalmente suddiviso in due anni. Poiché è di
fatto impossibile realizzare
nell’arco di due anni il programma di studio previsto
(complessivamente 15 esami), anche la bibliografia (in
fase di revisione) sarà articolata su due bienni, con alternative di testi su cui prepararsi, tenendo conto della diversa cultura e formazione dei
candidati. L’obiettivo è duplice: uno studio più personalizzato e, si spera, un tempo di
formazione meglio strutturato
che accolga ciò che la pratica
insegna. La Commissione indica pertanto in un quadriennio il periodo ottimale di questa formazione.
In questa prospettiva si situa anche la revisione della
bibliografia che, appena completata, sarà inviata a tutti gli
interessati (naturalmente chi
già è lungo la strada prosegua
secondo le vecchie indicazioni...). Nel rivedere e nelTaggiornare i testi di lavoro la
Commissione propone due diversi percorsi: l’uno più modesto, più semplice, per chi
non ha titolo di studi universitari o superiori, e un secondo
che tiene invece conto di una
cultura di tipo universitario.
In pratica un terzo itinerario
può essere considerato, a cavallo tra questi due: la scelta
Battisti di Torino
Culto
internazionale
È ormai diventata una piacevole consuetudine per la
chiesa battista di via Passalacqua che la domenica precedente il Natale si celebri un
«culto internazionale», gestito interamente dagli stranieri
che sono membri di questa
chiesa o che la frequentano
con assiduità. Così anche
quest’anno, nel pomeriggio
del 19 dicembre, romeni e
africani, peruviani e brasiliani
si sono alternati con canti,
letture bibliche e messaggi
vari.
Il gruppo che maggiormente ha «impressionato» è stato
quello peruviano, formato da
oltre venti elementi, tutti frequentanti attivamente la chiesa. Abbiamo goduto insieme,
membri di chiesa, ospiti di altre comunità, amici, questa
piccola anticipazione di Apocalisse 7, 9 ss.
DEI PANCIULU
Abbonamento annuo L.
23.000 - Estero L. 28.000
Sostenitore L. 30.000 Una copia L. 3.000 da
versare su c.c.p. n.
14603203 intestato a
«L’amico dei fanciulii Tavola Valdese» - 20159
Milano - Via Porro Lambertenghi 28
I predicatori locali si affollano intorno al banco dei libri teologici
sarà fatta dal candidato dopo
essere stato a ciò orientato.
Un’altra decisione assunta
dalla Commissione concerne
le esercitazioni omiletiche.
Dopo averne discusso più
volte si è deciso di modificare
la prassi seguita sin qui e di
proporre un nuovo itinerario,
d’intesa e con la collaborazione dei Consigli di circuito. Si
consideri dunque conclusa
l’esperienza delle cassette con
la registrazione dei sermoni.
L’art. 18 del Regolamento
(R03) dice: «Il Consiglio di
Circuito provvede alla preparazione teologica degli aspiranti predicatori locali a mezzo della Commissione peimanente per gli studi». Interpretando questa affermazione in
termini propositivi e dinamici
la Cps propone queste indicazioni di lavoro: a) ogni candidato è tenuto a partecipare a
un corso di avviamento alla
predicazione nell’ambito del
circuito; b) ogni candidato
dovrà tenere almeno tre (si indica il minimo) culti nell’ambito del circuito, su testi assegnati dal Consiglio di circuito
o dalla Cps, a cui seguirà la
Matera
Operazione
Agape '93-94
MARIA PAPAPIETRO
Il 18 dicembre ’93, nei locali della chiesa evangelica
battista di Matera, la filodrammatica «La scintilla» ha interpretato con grande bravura e
successo Tatto unico di Vittorio Calvino: «E così ce ne andremo...».
La filodrammatica è composta da giovani della chiesa
locale, che desiderano rappresentare sia questa che altre recite (attualmente ancora in fase di programmazione) anche
in altre comunità evangeliche.
Un modo per loro di testimoniare la propria fede nel Signore anche attraverso commedie che, come questa, contengono valori morali (a volte
dimenticati) ed invitano alla
riflessione. Un grazie speciale
va a Michele Martone che con
impegno, e soprattutto amore,
ha curato la regia. La serata si
è conclusa con un bazar il cui
ricavato è andato a favore del
progetto «Operazione Agape
93/94 - Italia Albania» e con
un rinfresco simpatico per il
clima di comunione fraterna.
Hai fatto
Fabbonamento
iilÉiifc;
RIFORMA?
valutazione in presenza del
candidato. Questa innovazior
ne (parziale) intende fornire
una migliore preparazione dei
nostri predicatori locali e soprattutto intende sottolineare
l’importanza dell’intero culto;
non più soltanto il sermone
ma la liturgia nel suo com-,
plesso dovrà essere oggetto di;
studio e di analisi da parte dei'
predicatore locale.
La Cps è naturalmente a diti
sposizione dei Consigli di cirt’i
cuito per le collaborazioni che
saranno necessarie.
La Commissione spera che;
questo lavoro di formazione;
possa avvenire - e in alcune:
zone già avviene - d’intesa
con i battisti. Spetta ai Consii)
gli di circuito adoperarsi perti
ché, ovunque è possibile, la{
formazione sia comune.
VE
Forano
I testimoni
che ci lasciano!
EUGENIO RIVOIR
Un inizio d’anno pieno di
ricordi: un anno fa, i^i
pieno inverno, uno dopo Tal“’
tro tre anziani della nostre
chiesa se ne sono andati, tutti
dopo una lunga vita di imp;
gno e di ricerca di fede,
sembrato cosa giusta ripen-.:
sarli insieme, dopo che la ferita è diventata occasione di
ripensamento, tentativo di valutazione. Li elenchiamo così, nell’ordine della loro dU
partita: il 22 gennaio Teresa
Paolucci vedova Carapaci
chio, all’età di 82 anni; il 26
gennaio Rocco Giuliani,
all’età di 84 anni; il 22 febbraio Natale Angelici, all’età
di 72 anni. Teresa negli ulti-“
mi tempi non si muoveva più
di casa: le gambe non la reggevano, aveva difficoltà a
parlare, ma il suo sorriso con*
tinuava a splendere. Rocco)
anche lui, non poteva più fare
il viaggio da casa al culto, da
casa alle riunioni di Consi*
glio: cercava di resistere al
male che lo stava abbattendo
e si vedeva la sua voglia di
combattere e di riprendersi?
poi, quasi di colpo, se ne è
andato. Natale invece sembrava in ottima forma: la sua
morte è stata una sorpresa pef
tutti, così improvvisa, e ci à
mancato un uomo dall’animo
semplice, di poche parole e di
gran serenità. Li abbiamo vo*
luti ricordare insieme perché
ognuno di loro ha avuto uù
peso grandissimo nella nostra
piccola comunità: così diveià
uno dall’altro, cia.scuno di lo*
ro ha dato un contributo note*
vole alla vita della Chiesa
valdese di Forano e quel cW
noi siamo ora è in gran parti
dovuto anche a loro. Perciò il
nostro ricordo è riempito d
gratitudine per quello che á
hanno saputo dare.
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si
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VENERDÌ 21 GENNAIO 1994
i Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
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LA TAVOLA VALDESE INFORMA
Trasferimenti
pastorali
Una parte delle ultime sedute della Tavola,
dal 3 al 5 gennaio, è stata dedicata al Campo
di lavoro, che ha ricevuto uno scossone dalle
recenti designazioni di pastori da parte delle
Assemblee delle chiese autonome.
Oltre ad approvare alcuni atti legati ai verbali di assemblee ricevuti appena dopo le sedute precedenti (relativi per esempio alla nomina del past. Claudio Pasquet a Luserna S.
Giovanni), la Tavola ha nominato la pastora
Teodora Tosatti nella Chiesa valdese di via
dei Cimbri a Napoli, il pastore Bruno Bellion
nella chiesa di Rorà, la pastora Daniela Di
Carlo nella chiesa di Perrero e Massello (da
qualche anno la chiesa di Massello, non
avendo più il numero di membri di chiesa
per essere considerata chiesa autonoma, pur
avendo un Concistoro, è di fatto legàta allá
chiesa di Perrero). La Tavola, a seguito di
queste nomine, ha anche proceduto alla sistemazione del Campo di lavoro mediante la
nomina di altri pastori: la pastora Maria Adelaide Rinaldi è stata nominata nella chiesa d
Orsara (e nella chiesa in formazione di Foggia), il pastore Daniele Bouchard è stato assegnato alla chiesa di S. Germano dove collaborerà col past. Paolo Ribet, la pastora Lucilla Peyrot è stata assegnata alla chiesa di
Pomaretto dove lavorerà col past. Sergio Ribet, il pastore Donato Mazzarella è stato assegnato alla chiesa di Torre Pellice, dove lavorerà insieme col past. Bruno Rostagno, la
pastora Laura Leone è stata nominata pastora
della chiesa di Venezia e Mestre.
Altre nomine sono state fatte nelle sedute
di novembre, ma non sono ancora state comunicate «a mezzo stampa», come la nomina del pastore Vito Gardiol a San Secondo,
quella del pastore Gianni Genre a Villar Pellice, e quella del pastore Alfredo Berlendis a
Verona.
La Tavola ha anche, con particolare gioia e
qualche preoccupazione, provveduto a nominare dei o delle «supplenti» per alcune pastore in maternità: il past. Alfredo Berlendis sostituisce la pastora Eliana Briante, che ha appena avuto un bel maschietto, Daniel, Toti
Rochat sostituisce la pastora Letizia Tomassone, in maternità, la studentessa in teologia
Gabriella Lettini sostituisce la pastora Daniela Di Carlo, pure in maternità.
Anche a Bari è stato mandato uno studente
in aiuto alla pastora Gianna Sciclone, molto
impegnata nel lavoro della Tavola.
Si è anche preso atto con gioia delle aperture che si prospettano per una collaborazione sempre maggiore con il gruppo evangelico di lingua italiana a Stoccarda e anche con
gruppi di evangelici cinesi, sparsi in varie
città italiane.
Rapporti con lo stato
Il tema dei rapporti con lo stato ha visto un
mese di dicembre assai pieno di impegni:
raggiunto l’accordo per il testo della circolare ministeriale sulle regole da adottare per la
«defiscalizzazione» (vi sono già stati dei comunicati della Tavola a questo proposito)
grazie aH’impegno dei fratelli Franco Becchino, Aurelio Sbaffi e Piero Trotta, un
gruppo un po’ più allargato ha preparato
delle «osservazioni» sul Testo Unico delle
disposizioni in materia di istruzione, che
contiene una parte relativa all’insegnamento
della religione: anche qui l’impegno e la disponibilità di alcuni fratelli ha permesso di
ottenere delle modifiche importanti al Testo
Unico, che andrà - oggi non si può dire
quando - in discussione in aula del Parlamento.
Le «Istruzioni rapide» per la compilazione delle certificazioni delle elargizioni liberali (questo è il nome legale delle nostre
contribuzioni e doni alla chiesa) stanno
giungendo nelle chiese: ricordiamo che i
moduli per le certificazioni saranno inviati
alle chiese, opere ed enti riconosciuti
dall’ordinamento valdese che ne faranno richiesta e che avranno contestualmente inviato i nomi dei responsabili delle certificazioni, all’intemo di ogni singola organizzazione. Ci è stato fatto notare, giustamente,
che è bene inviare le richieste e i nomi dei
responsabili sia a Torre Pellice (da dove
partiranno i moduli) sia a Roma, dove invece si stanno predisponendo gli elenchi dei
cassieri, da inviare al ministero delle Finanze. La copia che giunge a Roma è bene che
abbia anche le firme dei responsabili incaricati della certificazione. Questo accorcerà i
tempi di invio della modulistica.
Una richiesta di chiarimento, giuntaci pure in questi giorni, riguarda i doni e i versamenti fatti alle associazioni (per esempio,
all’Associazione Amici dell’ospedale di
Torre Pellice). Il decreto legge (D. M.
11.12.1993) parla molto chiaro: «L’attestazione o certificazione, che deve essere
preintestata alla Tavola valdese, può essere
rilasciata e sottoscritta, oltre che dal legale
rappresentante della Tavola valdese, anche
da soggetti facenti parte dell’Unione delle
chiese metodiste e valdesi. La Tavola inoltre può affidare la raccolta delle somme che
costituiscono oggetto di erogazione liberale
anche ad altri enti, istituti, organizzazioni,
comitati, commissioni e ad altro organismo
associativo: in questo caso, la sottoscrizione
dell’attestazione o certificazione a nome
della Tavola valdese deve essere preceduta
dall’indicazione della denominazione
dell’ente incaricato».
La Tavola vaglierà quindi le domande che
eventualmente le giungessero per la concessione di una delega. Una volta concessa la
delega, la certificazione avverrà come negli
altri casi, da parte del responsabile dell’associazione (o di una seconda persona).
In ultimo, la Tavola ha apportato un lieve
ritocco al rimborso chilometrico per l’uso
dell’auto personale per servizio, portandolo
a 340 lire il chilometro.
La chiesa valdese di Young in Uruguay. Le chiese valdesi italiane, in occasione del XVII febbraio, effettueranno una colletta straordinaria a sostegno dell’Opera valdese in Sud America
Da Catanzaro una richiesta per l'unità del l'evangelismo
Gli evangelici uniti sono
testimoni del rinnovamento
ANTONIO PARISI
Il 29 novembre si è svolto a
Catanzaro, nel salone delle
conferenze della amministrazione provinciale, un incontro-dibattito sul tema «Evangelici oggi nella Calabria che
cambia». A farsi promotore
di questa iniziativa è stato il
Centro studi «Giuseppe Gangale», che da circa dieci anni
è patrocinatore di incontri che
riguardano le minoranze etniche e religiose in Calabria.
Presenti in gran numero i rappresentanti delle diverse denominazioni situate nella regione, le chiese pentecostali
delle assemblee di Dio, quelle
«libere», le chiese barriste,
valdesi e le altre riformate.
Il presidente del Centro
studi, Corrado lannino, ha affermato che è la prima volta
che un centro laico tenta di
informare la gente circa la
Wi
Scuola domenicale di Mortola
Lo «Zecchino d'oro»
VIRGINIA MARIANI
La comunità battista di
Mortola (Ta) ha vissuto
alcune giornate di festa e di
gioia. Il giorno 25 dicembre
il culto di adorazione è stato
tenuto dal fratello Pietro
Baia; un altro momento di
culto si è avuto il giorno dopo, domenica, con predicazione a cura del fratello
Mimmo D’Elia, seguita da
un’agape fraterna. Più partecipato e gustoso è stato però
il cenone-agape preparato
dalla coppia Barulli-D’Elia.
La serata è proseguita nel locale allestito a discoteca.
Il 1“ gennaio abbiamo voluto che fosse di ringraziamento e di preghiera al Signore, con il culto celebrato
dal fratello Pasquale lacobi
no, per l’occasione a Mottola
con la sua compagna. Abbiamo poi organizzato la tradizionale serata che ha per protagonista la scuola domenicale, svoltasi il 2 sera. È il
secondo anno che sperimentiamo una nuova formula e
quest’anno abbiamo messo
su con i bambini lo «Zecchino l’oro», con la rappresentazione di una divertentissima
scenetta in dialetto e, nel finale, un balletto davvero
emozionante.
Abbiamo festeggiato anche
la Befana, assieme ai bambini, in una giornata di giochi,
canti e passeggiate. Dunque
abbiamo condiviso fino alla
fine questi giorni di festa e
siamo infinitamente grati al
Signore che siano stati così
partecipati e festosi.
Chiesa valdese di Catania
L'organista
Irene De Laurentis
LIDIA MARTINELLI GIACINTO
Lo scorso 5 gennaio la nostra cara Irene De Laurentiis ci ha lasciati per la casa
del Padre, ma i fratelli e le sorelle della Chiesa evangelica
valdese di Catania sono convinti che questa creatura non li
ha abbandonati. La ricordiamo
ancora come una delle solerti
organiste e, con quel suono,
ravvivare le nostre voci nel
cantare le lodi all’Eterno, salmodiando nella gioia della comune fede in Cristo. Riusciva
sempre ad essere presente in
ogni riunione, affermando che
solo in compagnia delle sorelle e dei fratelli nella fede riu
sciva a trovare la gioia profonda che viene dall’amore che ci
accomuna in Gesù Cristo.
Purtroppo, data la sua età
avanzata e le sue sofferenze,
da qualche anno non poteva
frequentare il culto o le riunioni, ma era molto felice delle visite che riceveva dal pastore e dalle sorelle, informandosi sempre, con premura e
partecipazione, di quanto veniva fatto nella comunità. Accoglieva in maniera sempre
gioviale, serena, umile, avendo parole calorose. Ecco quello che sempre testimoniò della
sua rara personalità, quale sicuro coronamento dell’attaccamento all’Evangelo.
realtà evangelica, in effetti
poco nota in Calabria anche
se molto articolata. La relazione centrale è stata svolta
dal professor Domenico Maselli, storico del cristianesimo
dell’Università di Bologna e
pastore protestante. Maselli
ha asserito che in questo momento difficile per la nostra
storia bisogna perseguire
l’idea di rinnovamento che
fin dal Medioevo lanciò, dalla Calabria, Gioacchino Da
Fiore il quale, annunciando
l’imminenza del ritorno di
Cristo, sconvolse il mondo
calabrese. Un rinnovamento
nel quale credeva anche Gangale, il quale diceva: «Io sono valdese, ma il rinnovamento in Italia verrà solo se i
pentecostali e i valdesi si uniranno». Sentimento questo
che fu caro anche ai fratelli
Scorza, i quali emigrarono
dalla Calabria negli Stati
Uniti e ritornarono pastori
battista e metodista, portatori
di un messaggio unitario;
Gli interventi susseguitisi
nel dibattito hanno evidenziato come l’odierna crisi economica, politica e morale è anche e soprattutto crisi spirituale, che assume i connotati
di crisi della speranza. Proprio per questo motivo, secondo Maselli, la speranza
dell’avvento del regno di Dio
deve essere vista non in chiave catastrofica ma di pace e
giustizia suprema. «Noi evangelici - ha detto il pastore al di là delle diverse denominazioni, in quanto testimoni
del rinnovamento, dovremmo
essere portatori di un messaggio planetario che avrà successo se riusciremo a spenderci per gli altri senza ergerci a loro giudici; .solo così le
nostre parole avranno credibilità verso gli altri».
TORRE PELLICE — Mercoledì 12 gennaio, nel corso della sua seduta mensile, il Concistoro ha avuto un incontro con la
prof. Lucetta Geymonat, presidente del Comitato del Collegio,
e con il prof. Elio Canale, preside di quell’istituto. Nel corso
dell’incontro è stato illustrato il piano di ampliamento e miglioramento delle attività del Collegio, che è di indubbio interesse
e per la cui realizzazione è importante il sostegno di tutti.
• Stefano Gnone e Elisa Jouvenal, Daniele Gelso e Loredana Coì'sson si sono uniti in matrimonio; è stato celebrato il
battesimo di Rurik Bertramino. La comunità è vicina con affetto a questi sposi e al piccolo Rurik.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Anna Siccardi ved. Cardon, Osvaldo
Stallé, Celina Giaime Pretto.
ANGROGNA —11 7 gennaio è nata Sonia Malan, terzogenita di Mario e di Lilian Bertinat, del quartiere di Buonanotte.
Siamo vicini con gioia e affetto a Sonia, ai suoi genitori, alla
sorellina Luisa e al fratello Diego.
• Domenica 9 gennaio, nel corso del culto pomeridiano nel
tempio del Serre, è stata presentata al battesimo la piccola Manuela Arnoul, di Claudio e di Ivana Baret. Invochiamo su di
lei e sui suoi genitori la benedizione del Signore.
PALERMO — Due nuovi fratelli sono state accolti nella
chiesa de La Noce di Palermo: il 12 dicembre Maurizio Pendolino (36 anni) è stato ammesso in chiesa come membro comunicante. E stato posto il segno del battesimo su Giulia Crisci,
figlia di Mimmo e Gabriella Spano. Sia Maurizio che Giulia
sono stati iscritti nei registri della componente valdese.
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PAG. 6 RIFORMA
venerdì 21 GENNAIO 1994
CRISTOLOGIA-2
INCONTRARE
GESÙ CROCIEISSO
DANIELE BOUCHARD
La morte, specie se prematura, è la negazione di
tutto ciò che una persona
avrebbe potuto essere o fare
se avesse continuato a vivere,
e più forti sono le aspettative
che riponiamo in una determinata persona più forte è il colpo die riceviamo quando essa
muore. Anche la morte di Gesù può essere vista in questa
ottica.
Chi aveva riposto maggiori
speranze in Gesù erano evidentemente coloro che erano
diventati suoi discepoli. In
realtà, per la maggioranza di
loro la delusione è arrivata
già prima della morte, al momento dell’arresto o prima
ancora (pensiamo a Giuda), e
per questa ragione sono assenti nel momento in cui il loro maestro viene ucciso e le
speranze che essi hanno riposto in lui tramontano definitivamente, Tuttavia alcune discepole sono presenti. E come
in altri momenti importanti
Pietro, spesso con Giacomo e
Giovanni, ha rappresentato
doveva portare il Regno. Ma
muoiono anche la verità delle
cose che lui ha insegnato, il
senso delle guarigioni che ha
compiuto, la portata universale dell’amore che ha praticato; che senso possono mantenere queste cose se chi le ha
operate è stato sconfitto, se
Dio ha mostrato di non essere
con lui? La morte di Gesù significa che loro hanno perso
il loro tempo, e non solo quello, ad andargli dietro per mesi
o anni, che hanno riposto le
loro speranze in qualcuno che
non era in grado di esaudirle,
in un illuso, un eretico, forse
un impostore.
La disperazione di Gesù
Lo scherno dei passanti,
dei capi sacerdoti e degli
scribi in realtà coglie nel segno: se Gesù non ha il potere
di salvarsi dalla morte, che
valore possono avere le guarigioni da lui operate o le sue
parole a proposito del Tempio
e della propria persona? Non
erano soltanto i discepoli ad
«E condussero Gesù al luogo detto Golgota che, tradotto, vuol dire luogo del teschio. Gli dettero da bere del vino
mescolato con mirra; ma non ne prese. Poi lo crocifissero
e si divisero le sue vesti, tirandole a sorte per sapere quello
che ciascuno dovesse prendere. Era l’ora terza quando lo
crocifissero. L’iscrizione indicante il motivo della condanna diceva: Il Re dei Giudei. Con lui crocifissero due ladroni, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Quelli
che passavano lì vicino lo insultavano, scotendo il capo e
dicendo: Eh, tu che demolisci il tempio e lo ricostruisci in
tre giorni, salva te stesso e scendi giù dalla croce! Allo
stesso modo anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, beffandosi, dicevano l’uno all’altro: Ha salvato altri e non
può salvare se stesso. Il Cristo, il Re d’Israele, scenda ora
dalla croce, affinché vediamo e crediamo! Anche quelli
che erano stati crocifìssi con lui lo insultavano. Venuta
l’ora sesta, si fecero tenebre su tutto il paese, fino all’ora
nona. All’ora nona, Gesù gridò a gran voce: Eloì, Eloì,
lamà sabactàni? che tradotto, vuol dire: Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: Chiama Elia! Uno di loro corse e, dopo
aver inzuppata d’aceto una spugna, la pose in cima ad
una canna e gli diede da bere, dicendo: Aspettate, vediamo se Elia viene a farlo scendere. Gesù, gettato un gran
grido, rese lo spirito. La cortina del tempio si squarciò in
due, da cima a fondo. E il centurione che era lì presente
di fronte a Gesù, avendolo veduto spirare in quel modo,
disse: Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio! Vi erano
pure delle donne che guardavano da lontano. Tra di loro
vi erano anche Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore e di lose, e Salome, che lo seguivano e lo
servivano da quando egli era in Galilea, e molte altre che
erano salite con lui a Gerusalemme»
(Mcirco 15, 22-41)
l’intero gruppo dei discepoli,
nel momento più grave Maria
Maddalena con alcune altre
discepole (i Vangeli non concordano su loro nomi, salvo
sul fatto che vi fosse una seconda donna di nome Maria)
è lì anche per i suoi colleghi
che non se la sono sentita di
essere presenti.
Maria e le altre, da una certa distanza imposta da ragioni
di sicurezza, non osservano
morire soltanto il maestro che
ha insegnato loro tante cose e
a cui si sono affezionate. Sotto il loro occhi sta lentamente
morendo l’uomo che ha cambiato la loro vita, che ha dato
loro la speranza della venuta
imminente del regno di Dio.
Con Gesù muore la possibilità
stessa di continuare questa
nuova vita, muore colui che
aver sperato in Gesù; ora chi
ha riposto le sue speranze in
lui si sente beffato: quello che
doveva essere l’inviato di Dio
altro non è che un miserabile
appeso a una croce insieme a
due banditi.
Ma la morte non è soltanto
la negazione delle aspettative
che altri hanno riposto in una
persona, bensì anche di quelle
che l’interessato aveva rispetto alla propria vita. Dalla descrizione che Marco dà della
crocifissione, che è normalmente considerata storicamente più attendibile di quella degli altri Vangeli, risulta
evidente la disperazione di
Gesù al momento della morte.
Il tentativo di ricostruire come Gesù comprendeva se
stesso e la propria missione è
un’impresa affascinante ma
riprenderla qui ci porterebbe
fuori tema; tuttavia, qualunque comprensione avesse di
sé, Gesù sulla croce si deve
essere sentito abbandonato,
tradito. Abbandonato e tradito
dai suoi discepoli, certamente, ma soprattutto da Dio.
Gesù mentre moriva non
era disperato semplicemente
perché, a lui come a chiunque
altro, non faceva piacere morire giovane e tanto meno in
un modo così atroce. Il suo
dramma era molto più profondo: in qualunque modo la
comprendesse, non può non
aver pensato che la sua missione era fallita. Forse non
Tha pensato al momento in
cui è stato appeso alla croce,
perché poteva ancora sperare,
non di scendere dalla croce
come insinuavano i suoi derisori, ché era perfettamente
conscio di non essere in grado
di farlo, ma che Dio lo avrebbe liberato. Ma certamente
l’ha pensato nel momento in
cui è morto, come testimonia
il suo grido disperato. «Dio
mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?» non significa
tanto «perché mi lasci soffrire?», quanto «perché lasci fallire la mia missione?». Significa «perché mi hai preso in
giro facendomi credere che
agivo nel tuo nome, che per
mezzo mio si sarebbe realizzato il tuo intervento fondamentale nella storia dell’umanità per poi lasciarmi morire
come un cane, deriso dalla
gente e abbandonato da tutti?
Perché ho sentito la tua presenza, determinante, in molti
momenti della mia vita e ora,
nel momento più importante
di tutti, sei assente?».
Da Gesù di Nazaret
al Crocifisso
Sul Golgota è morto Gesù
di Nazaret. Ma se narrasse
soltanto la morte dell’uomo di
nome Gesù questo episodio
non susciterebbe in noi un interesse così forte. Chi vede in
Gesù soltanto un grande maestro può leggerlo con distacco; se a noi questo distacco
non è possibile è perché riconosciamo che il Crocifisso
non è soltanto Gesù di Nazaret morente. Non è necessario
chiarire cosa rappresenta per
noi il Crocifisso per poterci
confrontare con lui, anzi credo che sia molto difficile farlo perché l’atmosfera della
croce tende a confondere le
idee anziché chiarirle, ma per
poterlo incontrare è necessario riconoscere che anche noi
siamo colpiti dalla sua morte,
che anche noi abbiamo delle
aspettative nei suoi confronti
che vengono deluse, tragicamente deluse nel momento in
cui lo vediamo morire. Quali
sono le nostre aspettative deluse?
Cominciamo da quelle più
semplici. Ci aspettavamo che
completasse il suo insegnamento, che lo rendesse più
chiaro, magari più sistematico, che guarisse più malati,
che portasse la salvezza a un
maggior numero di persone,
che cambiasse la vita a un
numero più grande di donne
e di uomini. Ma in fondo, per
quanto fosse cresciuto il numero di coloro che l’hanno
incontrato personalmente, il
fatto che qualcuno ne sarebbe
restato comunque tagliato
fuori ci avrebbe disturbato in
ogni caso. Dunque il vero
problema è; perché non è sta
ta data a tutti gli abitanti della terra la possibilità di incontrarlo senza bisogno di fare affidamento sui suoi seguaci che tanto spesso hanno
distorto il suo messaggio e
comunque non sono in grado di essere come lui? Sotto
questa domanda scorgiamo il
nostro desiderio frustrato di
incontrare anche noi Gesù
faccia a faccia, porgli i nostri
problemi, ascoltarlo predicare, subirne il fascino, sentire
il suo amore, magari toccarlo, abbracciarlo, passare un
periodo con lui.
E come non fare nostre, ma
in tono drammatico e non ironico, le parole dei capi sacerdoti e degli scribi: perché il
Crocifisso non è sceso dalla
croce, perché non ci ha rivelato Dio in modo più chiaro cosicché fosse più semplice, o
addirittura inevitabile comprendere e quindi credere?
Perché, invece di oscurarsi, il
cielo non si è aperto sopra la
croce e il Padre non ha dato
inizio al suo regno su questa
terra? O, detto con parole più
nostre, perché sulla terra regna ancora il male, la sofferenza, la tragedia e Dio non
interviene per risolverli? Insomma, perché il Padre ha lasciato morire il Figlio sulla
croce? Perché lo ha, e ci ha,
abbandonato? Perché la sua
morte sulla croce ha acuito la
contraddizione tra Dio e 1’
umanità nella quale ci dibattiamo? Non era venuto proprio per risolverla?
La nostra disperazione
Forse non tutti si riconosceranno in questa descrizione delle nostre aspettative
delu.se dal Crocifisso. La loro
formulazione è evidentemente
parziale, soggettiva, e ognuno
potrà correggerla e integrarla.
II punto fondamentale è che
se vogliamo incontrare il Crocifisso, e non esiste incontro
con Gesù Cristo che possa
eludere la croce, dobbiamo
soffrire per la delusione che ci
provoca, dobbiamo riconoscere che l’angoscia e.spressa
sul Golgota è la nostra angoscia. Il Crocifisso è un uomo
piccolo, debole, sconfitto, abbandonato da tutti, deluso e
amareggiato, è in fin di vita e
nessuno lo salverà dalla morte. Ma nello stesso tempo è
grande: la sua grandezza consiste proprio nella sua capacità di incarnare le domande
drammatiche della nostra esistenza, a cominciare da quelle
su Dio.
Di fronte alla croce
Non c’è niente da aggiungere, da specificare, non
ci sono uscite di sicurezza o
reti di salvataggio. Chi guarda
alla croce con tranquillità,
perché sa già che tanto la storia finirà bene, non incontra il
Crocifisso. Annacquare la
portata tragica, senza speranza, della croce è la peggior bestemmia, peraltro assai praticata da chi nella storia l’ha assunta come proprio simbolo.
E soltanto il centurione, che
non aveva aspettativa alcuna
verso quel condannato, che
riesce a cogliere nella morte
di Gesù qualcosa di positivo«;
qualcosa che egli esprime conj
le categorie delle sua cultura j
pagana mettendolo in collega-! !
mento con il mondo degli dei
«Quest’uomo era veramenti
figlio di un dio!». Il centuno
ne non aveva di che esser
deluso, non poteva essere an^
gosciato per l’ennesima ese^
cuzione che dirigeva, lui solo
ha potuto guardare con distacco quanto accadeva sotto i
suoi occhi e per questo è riuscito a intuire qualcosa di pO'^1
sitivo in quella morte sulla
croce. Ma a noi questo non è,
dato. Per noi, in presenza del
Crocifisso, non è possibile liberarci dalla disperazione.
Solo quando avremo seppellito il cadavere, rotolando
una pesante pietra sopra tutte
le nostre speranze e il giorno
del Signore ci avrà obbligati a
fare una pausa di riflessione*
saremo in grado di riconosce-!
re che Dio è tornato all’opera.
Ma di questo parleremo la
prossima settimana.
O Creatore del cielo e della terra. Signore dell’universo
e della storia, Dio di Abramo, di Rebecca e di Giacobbe,
dov’eti quell’oscuro venerdì, quando un uomo che era
vissuto nel tuo nome è morto invocando invano la tua presenza, quando il tuo inviato - qualcuno dice tuo figlio - ha
fallito la sua missione perché tu non sei intefvenuto in suo
favore?
Chi poteva avere più bisogno di lui del tuo intervento in
quel momento? Quale progetto poteva meritare la tua attenzione più di quello che tu stesso avevi mésso in campo?
Come dici? Ceri? Ma se nessuno ti ha visto!
Dici che non hai potuto fare nulla perché avevi le mani
legate? Chi può legare le mani di Dio? E a cosa mai possono averle legate?
Alla croce, dici?
Ora comprendo perché il Crocifisso era così disperato: '
sapeva che tu non avresti potuto venire in suo aiuto.
Povero Signore, incompreso, tradito, abbandonato, flagellato, torturato, ucciso. E poi bestemmiato, disconosciuto, accusato perché non eserciti quell’onnipotenza che noi
tanto desideriamo.
Povero Dio mio, hai rinunciato a te stesso, sèi entrato
nella tua creazione per esserci vicino, per poterci amare, e
noi non ti abbiamo riconosciuto, non ti abbiamo capito.
Ora che ho capito ti voglio cercare intorno a me, ti voglio amare, ti voglio consolare, ti voglio ringraziare. Ora
che ho capito so a cosa dedicare la mia vita.
Amen
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osce)pera.
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Spedizione In abb. postale/50
In caso di mancato recapito rispedire a:
Casella postale 10066 - Torre Pellice
L’Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa
Fondato nel 1848
Un tema di attualità
Energia idroelettrica
A quali condizioni?
Comba dei Carbonieri. Per raggiungere una nuova centralina si
sta costruendo un ponte di notevole impatto ambientale
Centraline sì, centraline no o piuttosto a quali condizioni;
è un dibattito che abbiamo iniziato alcune settimane or sono
presentando ciò che è stato realizzato in alta vai Pellice.
L’energia che viene dall’acqua è energia pulita e per un
paese come l’Italia che deve ricorrere quasi interamente
all’importazione e che non ha ancora saputo impostare una
vera politica di risparmio energetico è una possibilità da
sfruttare. Attenzione però all’impatto che queste centraline
hanno sui nostri corsi d’acqua montani; l’acqua è un bene
sempre più prezioso, può essere utilizzata per usi agricoli,
idropotabili o energetici ricavandone anche degli utili, ma è
prima di tutto un elemento essenziale dell’ambiente. Tutto
deve essere considerato e discusso. E se si riesce a utilizzare
quella che è di fatto una delle poche risorse della montagna,
occorre che vi sia un ritorno in denaro o servizi per le popolazioni locali.
VENERDÌ 21 GENNAIO 1994 ANNO 130 - N. 3 LIRE 1300
Alcuni lettori hanno recentemente fatto notare
sul nostro giornale che un
maggior avvicendamento
pastorale fra chiese delle
Valli e chiese del Sud sarebbe
positivo. Allargherei il discorso alle comunità, ai gruppi giovanili, alle corali; spesso fra evangelici ci si lamenta
perché siamo troppo pochi e
troppo dispersi, a parte le
Valli. Ma non dovremmo
qualche volta saper vivere
come un dono questa nostra
«diaspora»? Ci accorgiamo in
tal caso che, rispetto ai nostri
concittadini italiani, siamo
dei privilegiati. È sufficiente
che ogni tanto riusciamo ad
entrare in contatto diretto con
la comune vocazione che
lega le nostre opere e le no
UN ARRICCHIMENTO RECIPROCO
VALLI E SUD
MARCO ROSTAN
stre chiese (mi raccomando:
chiese e non sette come vorrebbe qualcuno!), da Frali a
Pachino, da Scicli a Trieste.
E un grande arricchimento
culturale e spirituale, antidoto formidabile contro il tendenziale mugugno continuo
valdese.
Facevo questa riflessio
ne attraversando, con la corale di Lusema San Giovanni,
la splendida terra siciliana in
un viaggio che ci ha portati a
Vittoria, a Riesi, a Pachino, a
Catania; ascoltando le discussioni fra persone impegnate con gli anziani nel
nostro Asilo dei vecchi e il
direttore di Vittoria, i commenti dei più giovani dopo il
culto a Riesi, le valutazioni
degli agricoltori visitando il
Servizio cristiano. E viaggiando in pullman mi sembrava che, a poco a poco.
Comuni montani
Valli valdesi
senza uffici
postali?
Le prime conseguenze della
riforma delle poste italiane
produrranno il «taglio» degli
uffici postali nei piccoli
Comuni montani? Il rischio è
concreto e in queste settimane il coordinamento dei
lavoratori postali ha scritto
alle amministrazioni locali
chiedendo di intervenire a
sostegno della loro battaglia.
Entro il 1996 si potrebbero
perdere, nella sola provincia
di Torino, 2.500 posti di lavoro nel settore; un primo taglio
di 300 unità è già in atto. Ma
se la manovra andrà avanti il
rischio è di ripercorrere quanto già accaduto per le ferrovie; il taglio dei rami secchi,
ovvero la chiusura degli uffici nelle zone abitative a scarsa densità o con poco traffico
postale. «Se passa il disegno
dell’amministrazione - dicono i rappresentanti dei lavoratori postali - i cittadini delle
zone rurali non riceveranno
più la corrispondenza al loro
domicilio ma dovranno ritirarla in punti di raccolta
situati su strade maestre del
territorio comunale, creando
così utenti di serie A e di
serie B».
I lavoratori postali per
esempio hanno elaboiato una
proposta che tenderebbe al
recupero di tutti i servizi dati
in concessione, come gli
espressi, «la cui lavorazione
viene quasi integralmente
svolta dalle Pt, mentre gli
utili vanno alle concessionarie che hanno svolto il servizio suscitando molte contestazioni», e r informatizzazione degli uffici per poter
rendere alla cittadinanza altri
servizi con maggiore tempestività.
Di fronte a questo rischio di
ulteriore depauperamento di
servizi nelle zone montane,
alcuni Comuni hanno già
deliberato di aderire ufficialmente alla protesta dei lavoratori Pt.
Le esperienze più importanti nelle valli valdesi fanno riferimento al mondo agricolo
La cooperativa ha ancora una prospettiva?
PIERVALDO ROSTAN
Esiste nelle Valli una ricca
storia di cooperazione,
basti pensare alle cooperative
di consumo che hanno saputo
anche reggere alla concorrenza della grande distribuzione
o ai vecchi consorzi irrigui,
ma è sulla attività cooperativa
più tradizionale di un gruppo
di persone che si riunisce per
erogare un servizio o produrre dei beni che vogliamo soffermarci. Ha ancora senso
proporre di costituire una
cooperativa? Quali prospettive ci sono?
Le esperienze vengono
soprattutto dal mondo agricolo; da Bobbio viene l’esempio più antico dove la Latteria
sociale ha recentemente compiuto quarant’anni, ma negli
anni ’70 ci fu, sotto la spinta
delle Comunità montane, un
vero proliferare di cooperative. A Villar Pellice si volevano selezionare bovine fattrici di razza, a Luserna la
Terranova puntava sul recupero di terre incolte per avviare una produzione di frutta
biologica, analogamente accadeva in Angrogna dove si
Molte cooperative sono legate alla produzione casearia
volevano valorizzare le tradizionali forme di agricoltura.
Ancora a livello di vai Pellice
nasceva un consorzio, il
Cava, che doveva raccogliere
il latte della valle per pastorizzarlo a Lusema e venderlo
al dettaglio.
Per non parlare delle esperienze di produzione di carne
locale rivenduta in pacchi o
della nascita di centri di vendita di prodotti agricoli locali.
Già nell’ambito del «piano
latte» redatto nel 1987 dalla
Prozooa per la Comunità
montana, si parlava di neces
sità di riqualificazione delle
cooperative rafforzandone
l’immagine e potenziando i
centri di vendita. In realtà
quella che sembrava una forte
spinta ideale ha dovuto fare i
conti con resistenze, con
lacune del progetto, con
carenza di strutture e buona
parte di quelle esperienze
hanno di fatto fallito i loro
obiettivi, alcune hanno chiuso
i battenti, altre sono in forte
crisi.
In vai Chisone ha mantenuto un certo ruolo la cooperativa agricola che può conta
re su un centro di vendita a
Perosa; a Prarostino forse una
delle esperienze più interessanti con la cooperativa
che ha saputo anche trovarsi
uno spazio di vendita presso
grossi centri di distribuzione.
Le cooperative non sono state
comunque il volano per 1’
economia locale che qualcuno sognava. Forse queste iniziative sono sorte troppo presto e non hanno potuto contare su un turismo di qualità per
il quale si sta muovendo qualcosa solo adesso: sono infatti
nate in questo settore associazioni di vario genere, soprattutto di accompagnamento e
promozione che potrebbero
ben integrarsi in una rete di
vendita di prodotti locali. E
allora basta con le cooperative?
Esistono oggi esperienze
totalmente diverse nel settore;
si tratta di cooperative di servizi, che spesso lavorano per
enti locali, intervengono là
dove Comuni, Comunità
montane o enti assistenziali
non possono arrivare con personale proprio: servizi mensa,
di pulizia, socio-assistenziali
sono affidati a cooperative.
Ci sono dei luoghi alle Valli che
fanno la storia. Tutti noi conosciamo la «ghieisa d’ la tana» ad Angrogna.
Ci sono anche luoghi meno noti, ci sono
le case, ci sono i bar, le scuole. In un bar
si è organizzata la Resistenza in vai
Pellice. 11 bar è ancora li, al centro di
Torre Pellice, di fronte al municipio.
Pochi sono i giovani avventori che sanno
che cosa è successo lì, 50 anni fa.
Vediamo cosa accadeva nel settembre
del ’43 al Caffè d’Italia nel racconto di
Reinette: «Avevo 17 anni... i miei genitori non avevano mai avuto idee fasciste, erano contrari, non si erano mai
iscritti al partito. Noi tre, i miei fratelli
ed io, siamo cresciuti in questo ambiente. Così il 25 luglio, quando Mussolini è
stato fatto arrestare, eravamo già pronti
a lottare, e l'8 settembre abbiamo
cominciato.
Avevamo un bar, lì a Torre, il Caffè
dTtalia, e lì venivano i giovani che volevano arruolarsi nei partigiani, che non
IL FILO DEI GIORNI
IL CAFFÈ
GIOROIO OARDIOL
volevano andare con i fascisti. Fuori del
bar avevamo dei gerani, e loro staccavano una foglia e me la mettevano sul bancone. Allora io capivo, ritiravo la foglia
e li facevo sedere. Poi partivo immediatamente con la mia bici a cercare quel
compagno che poi doveva condurli a
Bobbio, a Angrogna, al Villar, a seconda
di dove li avrebbero destinati.
Io facevo la staffetta, con le mie compagne dovevamo tenere i collegamenti
fra le bande. Mi ricordo di una volta, al
ponte degli Appiatti, che era presidiato
dai fascisti: sono passata con dei pezzi
di mitragliatrici nella borsa. Mi hanno
chiesto: «Che cos’hai in quella borsa?
armi?». «Oh sì, un mitra - ho risposto
e sono passata».
Avevo molto coraggio, allora.
Avevamo tutti molto coraggio».
È il racconto di una persona che ad un
certo momento della sua vita vita ha
deciso, in tutta autonomia, di prendere
posizione e di stare da una parte dello
schieramento, senza nessuna garanzia
che si sarebbe vinto.
Questa bella testimonianza ci riporta a
un periodo della nostra storia che molti
vorrebbero fosse dimenticata. Noi invece
la ricordiamo perché con Primo Levi
pensiamo che «non ci .sono demoni, gli
assassini sono gente come noi, hanno il
nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno
sangue diverso ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa,
la .strada dell’ossequio e del consenso
che è senza ritorno».
Qggi non è necessario molto coraggio,
per non essere ossequienti.
alcuni «luoghi comuni» un
po’ nordisti che abbiamo
anche noi valdesi si modificassero. Perché non mettiamo più attenzione per favorire questo incontro fra evangelici di varie parti d’Italia,
anziché inseguire un dialogo
spesso frustrante e inconcludente con i cattolici? C’è,
intanto, una bella occasione;
a Firenze, per Pentecoste ’94.
Sarebbe importante che ci
andassero, oltre ai soliti
«impegnati» e agli «addetti
ai lavori», anche tanti membri di chiesa, giovani, in
particolare delle Valli, sempre un po’ restie a muoversi.
Le corali si stanno organizzando per il viaggio; certo
costa un po’ di soldi, ma ne
vale la pena.
In Questo
Numero
Abusi e malattie
La tossicodipendenza
alle Valli è un problema
con cui da anni dobbiamo
fare i conti; a Villar Perosa
stanno sorgendo nuovi
spazi per il servizio di
recupero. Ma non è solo la
droga a destare preoccupazione; le malattie legate
all’abuso di alcol sono da
queste parti molto diffuse:
le prospettive dei Cat di
Perosa Argentina.
Pagina II
Chiese e lavoro
Occupazione in crisi,
specialmente in settori
«storici» come il tessile e
il metalmeccanico; qualche speranza deriva
dairinsediamento di
imprese più pìccole e in
altri settori. 1^ chiese vaidesi e cattoliche si interrogano sulle prospettive del
lavoro alle Valli in questo
periodo di riflessione
sull’unità dei cristiani.
Pagina II
Energia di montagna
Centraline sì, centraline
no, centraline come?
Amministratori, produttori
di energia, ambientalisti,
pescatori si sono confrontati in un dibattito a
Bobbio Pellice, contraddistìnto da una notevole partecipazione di pubblico. Le
proposte che ne sono scaturite e le perplessità' sui
benefici possibili.
Pagina Iti
Il Pinerolo pareggia
Contro le leggendarie
bianche casacche della Pro
Vercelli, il Pinerolo ottiene un meritato pareggio
per l a 1; dopo un inizio
tutto in salita i biancoblù
sono riusciti a recuperare
il punteggio, confermandosi al quarto posto in
classifica. < -i
Pagina ni
8
PAG. Il
L’ambulatorio di Villar Perosa
NO ALLA FUSIONE TRA IL «PORPORATO» E IL
«RAYNERI» DI PINEROLO — Il Consiglio di istituto
del liceo classico «Porporato» si è dichiarato contrario
all’ipotesi avanzata dal Provveditorato agli Studi di Torino
di unire il liceo all’istituto magistrale «Rayneri», nell’ambito del piano di razionalizzazione della rete scolastica. I motivi addotti dal «Porporato» sono stati lo sviluppo del liceo
stesso, che dal 1989 al 1993 è passato da 10 a 13 classi e da
190 a 300 allievi, e che la scuola serve un territorio comprendente oltre 150 mila abitanti. Inoltre, sempre nell’ottica
di un miglioramento del servizio, il «Porporato» ha ricordato l’appoggio manifestato più volte da parte dell’amministrazione comunale di Pinerolo, che si è anche dichiarata disponibile a presentare domanda per la nuova istituzione di
una sezione di liceo artistico, per ora assente sul territorio.
L’«ISOLA DEL RACCONTO» A RADIO BECKWITH —
Il Centro culturale valdese e Radio Beckwith (fm 91,200,
96,500 e 102,350) propongono ogni venerdì alle 18, a partire dal 4 febbraio, «L’isola del racconto», un programma radiofonico condotto da Jean-Louis Sappè, un maestro che
racconterà storie agli ascoltatori di ogni età. La trasmissione
sarà divisa in due parti: nella prima saranno presentati racconti tratti da opere di letteratura infantile (si comincerà con
le Fiabe italiane di Italo Calvino), ma anche le fiabe e le
poesie che gli alunni delle scuole elementari del Pinerolese
manderanno scrivendo a Radio Beckwith, «L’isola del racconto», via Repubblica, Torre Pellice. Nella seconda parte
Franco Calvetti, direttore didattico a Perosa Argentina, risponderà a domande riguardanti problemi educativi e di
comportamento propri dei bambini tra i sei e gli undici anni
e che i genitori potranno rivolgergli scrivendo o telefonando
in radio allo 0121-91507.
CORI NEL TEMPIO DI TORRE PELLICE — Sabato 22
gennaio alle 21, nel tempio valdese di torre Pellice si tiene
un concerto dei cori La draia di Angrogna ed Eiminal della
vai Germanasca. Il coro La draia, diretto da Silvio Avondetto, è composto da una trentina di persone, alcune molto giovani: infatti l’età media del gruppo supera di poco i trent’anni. In particolare si nota la presenza di due ragazze che fanno parte integrante del coro pur cantando da sole. La draia si
propone di cercare canzoni inedite, di armonizzarle e di riproporle in versione corale. Il coro Eiminal, invece, che
prende il nome dall’antica denominazione del monte Ghinivert nel vallone di Massello, un tempo chiamato così per la
sua forma che ricorda l’«eimina», la misura di capacità delle
granaglie di circa 23 litri e di forma cilindrica. Il gruppo è il
più giovane nel genere della musica popolare alpina del Pinerolese e si rivolge alle tradizione montane nel suo lavoro
di ricerca; il lavoro, il divertimento e il dolore nella vita di
ogni giorno: sono questi i temi dei canti del coro Eiminal.
TERZO ARRESTO PER MACCARI — L’ex assessore alla
Sanità della regione Piemonte è stato arrestato per la terza
volta, sabato scorso, per concorso in corruzione; l’episodio
riguarda questa volta la zona del Verbano. Maccari era stato
arrestato una prima volta il 15 febbraio dell’anno scorso per
le tangenti riguardo all’ospedale di Asti e successivamente
per gli appalti del servizio di elisoccorso.
DA BOBBIO UNA MULTA A DONATELLA RAFFAI —
Per ricostruire al meglio la vicenda di Silvana Biagetti, la
giovane torinese trovata morta accanto alla sua auto
nell’estate del ’92 in un burrone sotto Villanova, gli autori
del programma Tv «Chi l’ha visto?» pensarono alcune settimane or sono di far precipitare nello stesso posto un’autovettura Ibiza, cioè dello stesso modello di quella della ragazza. I tecnici Rai promisero ovviamente di recuperare entro
breve tempo la carcassa dell’auto, ma a tutt’oggi nulla è stato fatto. Su segnalazione delle guardie ecologiche il sindaco
ha emesso un’ordinanza di sgombero e, perché sortisse l’effetto desiderato, l’ha inviata direttamente alla conduttrice
del programma, Donatella Raffai. Si faranno vedere questa
volta i tecnici del popolare programma del terzo canale Rai?
PRESENTAZIONE DEL CIRCOLO «ALTIERO SPINELLI» — Giovedì 20 gennaio alle 20,30, presso il teatro valdese di Pomaretto, è presentato al pubblico il circolo «Altiero
Spinelli», sostenitore di Alleanza democratica. L’associazione si propone di costituire una «nuova comunità di dialogo»,
comprensiva e critica della realtà politica, economica del
nostro paese e dell’Europa in genere, che si potrà attuare
con il dibattito interno e il confronto con altre associazioni o
singole persone qualificate. Il circolo «Altiero Spinelli»
vuole quindi accogliere tutti i progressisti che, sebbene dispersi in aree politiche e culturali diverse o antagoniste, vogliono ritrovarsi partendo dai punti base della democrazia
rappresentativa, della giustizia sociale, della libertà, della
solidarietà e sono disposti a lavorare con responsabilità e solidarietà per la ricostruzione dell’Italia e dell’Europa delle
regioni. Scopo della serata è anche quello di raccogliere suggerimenti ed eventuali adesioni, in modo da formare al più
presto un direttivo provvisorio già in grado di operare.
E Eco Delle 'IAlli Vai.des
VENERDÌ 21 GENNAIO 1994
Un servizio specifico opera in vai Chisone già daH'inizio dell'anno scorso
L^ampliamento delPambulatorio^ un passo
nella lotta contro ogni forma di dipendenza
PIERVALDO ROSTAN
Dall’inizio del 1993 anche
in vai Chisone esiste un
servizio specifico per le dipendenze (Seti) con un vero
team; in precedenza, di dipendenze se ne occupava una
psicoioga ma senza poter
contare sul supporto di una
serie di figure professionali.
Dal gennaio scorso è stato assunto l’educatore, poi sono
arrivati medico, psicologo,
due assistenti sociali part time e deve ancora arrivare
l’infermiere.
Un passo decisivo per il
servizio potrà derivare dall’ampliamento dell’ambulatorio di Villar proprio con un
occhio specifico alla questione dipendenze. Il Comune ha
individuato, a fianco dell’attuale edificio, un terreno dove costruire i servizi per il
Sert e i lavori sono già iniziati: «Abbiamo volentieri e con
responsabilità aderito alla
richiesta dell’Ussl - dice il
sindaco, Prinzio - per dare
una risposta a un tipo di disagio di cui la nostra valle
sojfre in modo non indifferente». Nei nuovi locali si
potrà avviare anche un servizio diurno, con l’evidente
vantaggio di avere un contatto più continuo e la possibilità di agire con i tossicodipendenti.
Qual è attualmente il siste
ma di approccio del Sert di
Villar? «L’ambulatorio di
Villar Perosa - spiega la dott.
Giovanna Paltrinieri - ha un
suo orario di apertura per il
servizio, ma generalmente gli
utenti arrivano qui dopo un
primo contatto telefonico. Il
caso comunque viene visto
nell’ambito dell’équipe e insieme si decide quale percorso intraprendere coinvolgendo anche la famiglia». Come
arrivano i ragazzi tossicodipendenti? Quali sono i passi
che seguite? «Quasi mai il
contatto avviene tramite la
famiglia - prosegue la dott.
Paltrinieri -; o i ragazzi vengono direttamente oppure su
indicazione di amici che già
sono passati da noi. Inizialmente cerchiamo la disintossicazione fisica ma già avviando anche un intervento di
tipo psicologico.
Nella maggioranza dei casi
non è necessario il ricovero
ospedaliero, ma se lo è l’ospedale di Pomaretto collabora attivamente col servizio.
Per quanto riguarda i soggetti che seguiamo abbiamo la
fortuna di non avere ragazzi
sieropositivi il che è abbastanza raro». Quali sono i
numeri del servizio? «Fino a
qualche tempo fa c’erano
molti ragazzi in comunità,
anche perché la psicoioga da
sola non poteva certo seguire
tutti i casi - dice ancora il
Perosa Argentina, dibattito ecumenico
Il problema lavoro
LILIANA VIGLIELMO
I dibattiti sul tema del lavoro nelle nostre vallate - o
piuttosto, per essere più precisi, della mancanza di lavoro - si susseguono a ritmo
sostenuto: nella sala del Centro per anziani di Perosa Argentina. Giovedì 13 gennaio,
ha avuto luogo l’incontro organizzato dalle chiese valdesi
del 3° circuito e dalle comunità cattoliche delle valli Chisone e Germanasca. Era stata
decisa una serie di tre riunioni (l’ultima sarà quella
tradizionale di preghiera nella settimana per l’unità dei
cristiani), per mettere in evidenza un problema che può
anche dirsi ecumenico ma
che prima di tutto è umano e
sociale.
Hanno introdotto il tema
Franco Agliodo, sindacalista,
e Paola Cordiero Data, moglie del titolare di una piccola impresa a Castelnuovo di
Pinasca. Gli interventi che
sono seguiti hanno aggiunto
testimonianze dirette e anche
sofferte di quanto la gente si
senta ango.sciata per l’incertezza del proprio futuro e di
quello dei figli. L’analisi della situazione che si è potuta
ricavare dalle opinioni espresse con impeto è ormai
ben conosciuta: la dipendenza dalla grande fabbrica con
il lavoro assicurato ha tagliato le gambe ai tentativi di far
nascere alternative in altri
settori e con dimensioni più
contenute. Ora che i licenziamenti sono all’ordine del
giorno, si trova a spasso un
buon numero di lavoratori
che non hanno però la possibilità di occuparsi altrove e
non hanno neppure le risorse
per diventare imprenditori loro stessi o escogitare qualche
attività redditizia di altro genere. È anche sotto accusa la
scuola, che non qualifica ma
impartisce soltanto nozioni
generiche e favorisce l’abbandono scolastico in troppi
studenti. La mancanza di
qualificazione, secondo Paola Cordiero, costringe l’imprenditore che assume a un
periodo di rodaggio dell’operaio, con una notevole perdita economica.
Franco Agliodo ha anche
prospettato qualche sbocco
operativo: prima di tutto fare
il possibile perché non vengano soppressi altri posti di
lavoro e, frattanto, darsi da
fare per scoprire nuovi settori
produttivi. Esempio: la tutela
del territorio oppure i servizi
che sono indispensabili alla
popolazione anziana. Ma occorre iniziare con urgenza
un’analisi delle possibilità
che offre il mercato, perché
un’indagine approfondita in
questo senso non è mai stata
fatta.
Trattandosi di un incontro
organizzato in ambito ecclesiastico, non potevano
mancare gli appelli alla .solidarietà tra tutte le parti in
causa, anche se alcuni interventi hanno sottolineato come sia impossibile eliminare
la conflittualità tra imprenditori e lavoratori. L’aspetto
ecumenico è stato sottolineato da un momento di canto e
di preghiera comune all’inizio del dibattito; il prossimo
incontro, fissato per il 20
gennaio, avrà come tema:
«Una riflessione cristiana sul
lavoro» e sarà introdotto da
don Matteo Lepori e Bruno
Rostagno.
medico -; oggi abbiamo 37
cartelle, di cui 9 di ragazzi in
comunità, 23 in valle e gli altri in carcere. I livelli di scolarità sono abbastanza bassi,
molti hanno la sola licenza
media. Raramente utilizziamo
le comunità di tipo religioso,
a meno che non ci venga richiesto dal soggetto, né puntiamo molto sulle comunità
troppo chiuse. Con i ragazzi
e con i responsabili delle comunità abbiamo comunque
contatti regolari, anche dopo
l’uscita».
Ma il disagio alle valli non
si manifesta solo attraverso la
dipendenza da oppiacei; anche l’alcolismo è un problema. «In queste zone montane - dice il dottor Pasquale
Petrella - l’alcolismo è molto
diffuso, così come le patologie alcolcorrelate. L’esperienza dei due Cat di Perosa
Argentina, con circa 4 anni
di attività, può contare su due
operatori volontari che sono
medici all’ospedale di Pomaretto coadiuvati da altri due
operatori dell’ospedale. Spero di riuscire a formare entro
l’anno altri due Cat, magari
uno più a valle e uno più a
monte, in modo da coprire
meglio il territorio dell’Ussl.
Purtroppo si continua ad
avere difficoltà a parlare di
alcol come droga e il problema rimane “coperto”».
Le riunioni dei due Cat si
tengono il lunedì e il mercoledì, dalle ore 17,30 alle
ore 19 circa nella sala riunioni dell’Ussl 42 a Perosa Argentina. La partecipazione al
Cat è basata sulla libera adesione e quindi il numero dei
partecipanti è variabile. Poiché ogni gruppo non dovrebbe superare 10-12 nuclei familiari, e in relazione ad un
certo incremento dei frequentatori è ipotizzabile uno sdoppiamento di uno dei due
gmppi. Queste le cifre attuali:
Cat 25, 10-12 nuclei familiari, con circa 15 partecipanti;
Cat 70, 17-18 nuclei familiari
con circa 25 partecipanti.
Iniziativa interessante è
quella del corso di «scuola
territoriale», aperto a tutti,,
iniziato a novembre, per un)
totale previsto di 10 riunioni)
(attualmente si sono già te-|
nuti 4 incontri). L’orario è
dalle 17,30 alle 19 e le riunioni si tengono il giovedì,:
L’obiettivo del corso è quello
di fornire una informazione
di base sui problemi fisici,j
psicologici e sociali connessi |
alle tossicodipendenze e in
particolare all’alcolismo, os-^
sia nell’ottica del persegui-|
mento di quanto definito,?
dairOms come ricerca di be- ;
nessere fisico, equilibrio psichico, inserimento sociale. Le
lezioni sono tenute da esperti
qualificati, prevalentemente
medici.
Gli spazi dell'associazionismo
Pinerolo e la cultura
L’associazionismo nel Pinerolese sembra essere notevole ma a volte risulta un po’
sotterraneo o comunque si sa
poco di come vivono, che cosa producono e quali difficoltà incontrano le associazioni; a questo cerca di rimediare un recente questionario
promosso dall’assessorato alla Cultura del Comune di Pinerolo, che si è avvalso della
collaborazione di cittadini
che avevano competenza in
questo campo. Quello che ne
è emerso è un’immagine
molto variegata della situazione con le associazioni che
nel loro complesso offrono
un ampio campo di intervento sia per numero che per settore di interesse. Il questionario è stato presentato in un
convegno sabato 15 gennaio,
presso il padiglione adiacente
l’Auditorium comunale.
Le associazioni censite sono state 112 e i settori di intervento di esse variano dalla
musica classica al teatro,
all’arte, ai beni-culturali, alla
ricerca, alla musica giovane
che è rappresentata da ben 43
gruppi «ufficiali».
Dal punto di vista formale
circa i 2/3 di esse hanno ve- '
ste giuridica; la maggioranza
ha uno statuto o regolamento
interno, 55 associazioni operano con continuità tra set-'
tembre e giugno ma esistono
gruppi comunque in attività;
anche nel periodo luglio agosto. Con questo questionario
si è cercato, come ha sottolineato l’assessore alla Cultura, Alberto Barbero, di entrare anche nei problemi delle
associazioni e i principali che
sembrano emergere sono la
mancanza di spazi adeguati e
gli ostacoli di tipo burocratico amministrativo. Da parte
di molte associazioni o gruppi si lamenta da una parte
una inadeguatezza degli spazi
e dall’altra una scarsa funzionalità.
Fresco di stampa
Il punto sulla «Beidana»
Sul numero di novembre de
«La beidana», Bruna Peyrot fa
un bilancio dell’interessante
lavoro svolto da questa rivista
nei primi dieci anni di vita,
nella direzione di ridare dignità e valore scientifico non
solo alla storia con al S maiuscola, ma a quella quotidiana
di tanti valdesi, contadini, uomini, donne. Intanto, questo
numero «cerniera» contiene
molti articoli interessanti, che
approfondiscono, fra l’altro.
brevi notizie date anche
sull’Eco: come quella sui 40
anni della cooperativa lattiera
di Bobbio, la presentazione
del Programma Interreg e dei
progetti speciali sul futuro
della vai Pellice, le prospettive di utilizzazione turistica
delle miniere in vai Chisone,
Completano il numero un ritratto di Italo Hugon (noto pef
le cartoline illustrate delle
Valli) e un commento su alcuni recenti romanzi valdesi.
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Amministratori, produttori di energia e pescatori a confronto a Bobbio Pellice
Pregi e difetti delle centraline in montagna
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Vantaggi e svantaggi delle
centraline elettriche in montagna. Su questo tema si sono
confrontati amministratori,
produttori di energia, ambientalisti, pescatori, sabato
scorso a Bobbio in un dibattito organizzato dall’amministrazione comunale. La partecipazione è stata notevole,
segno che il tema è particolarmente sentito.
Si è trattato di un confronto
per larghi tratti sereno dove i
pochi momenti di tensione
sono stati innescati dagli amministratori bobbiesi, puntuali nel voler affrontare un problema attuale ma forse innervositi dal recente avviso di
garanzia emesso dalla Procura della Repubblica di Pinerolo nei confronti dell’attuale
sindaco, Charbonnier, e del
suo predecessore, Berton, a
seguito di un esposto presentato dalla Legambiente su
presunte irregolarità amministrative commesse nel rilascio
di licenze edilizie per le centrali nella valle dei Carbonieri
e del Pellice.
1 pescatori della valle, col
sostegno delle associazioni
ambientaliste e dei tecnici
dell’assessorato alla Caccia e
Pesca della Provincia di Torino, hanno illustrato il senso
di una richiesta di «moratoria» nei confronti delle concessioni di sfruttamento delle
acque per impianti di produzione idroelettrica nella
Comunità montana vai Pellice. Di fronte a migliaia di richieste su tutto il territorio regionale, di cui diverse anche
in vai Pellice, dicono gli ambientalisti, si sente il bisogno
La centralina della valle dei Carbonieri
di definire una specie di «piano regolatore delle acque» in
base al quale si capisca quante centraline servano e dove è
possibile costruirle. Si tratterebbe cioè di dare una coerente programmazione anche
all’uso delle risorse idriche
attraverso un piano di bacino,
piano che in altre valli è già
stato redatto.
Non contrari ad una logica
di programmazione si sono
detti molti degli intervenuti
«a patto - ha sottolineato il
sindaco di Bobbio - che non
si tratti di un modo di rinviare
sine die le soluzioni». Diversi
produttori di energia hanno
voluto sottolineare le difficoltà in cui spesso si trovano
a operare con i limiti già imposti dalle leggi e soprattutto
hanno voluto dimostrare una
loro «nuova sensibilità» rispetto alla questione ambientale.
Evasive sono state invece
le risposte ad alcuni interrogativi precisi: quanta corrente
20 gennaio, giovedì — PINEROLO: alle 21, a cura della Comunità cristiana di base, viene
proposta presso il Centro sociale
di San Lazzaro in via Rochis, la
presentazione del libro La solitudine del samaritano di Giovanni Franzoni. Sarà presente
Fautore.
20 gennaio, giovedì — TORRE PELLICE: per in occasione
della rassegna «Nascondigli», alle 21,30 presso il cinema Trento,
Margotte teatro presenta I persiani di Eschilo; ingresso £
13.000.
20 gennaio, giovedì — TORRE PELLICE: alle 15,30, presso il salone della Scuola mauriziana di via al Forte 2, la pianista
Laura Beltrametti terrà un concerto: saranno eseguite musiche
di Schubert, Chopin, Liszt.
21 gennaio, venerdì — PINEROLO: Alle ore 21, presso il
Centro sociale di S. Lazzaro, il
gruppo per l'Alternativa presenta
un audiovisivo sulla Namibia,
con immagini e commento a cura
di Luciano Cerbi. Dopo la proiezione si avrà una serie di informazioni relative all'attività del
gruppo per l'Alternativa.
21 gennaio, venerdì — TORRE PELLICE: alle 20,50 al
tempio valdese, l’associazione
Arcobaleno propone un dibattito
sul tema Un anno di esperienza
e lavoro contro il disagio e l’indifferenza. Intervengono il vescovo di Pinerolo, monsignor
Giachetti, e il moderatore della
Tavola valdese, Gianni Rostan.
21 gennaio, venerdì — SAN
GERMANO: alle 20,45, presso
la sala valdese di via Scuole, Erminio Ribet, presidente della Comunità montana, e Giancarlo Data, imprenditore, parleranno sul
tema II futuro dell’economia
nella valle: scelte e prospettive.
22 gennaio, sabato — TORRE PELLICE: alle 21, nel tempio valdese, concerto dei cori
Eiminàl della vai Germanasca,
diretto da Pierpaolo Massel, e La
draia di Angrogna, diretto da Silvio Avondetto.
22 gennaio, sabato — BIBIANA: presso il ristorante
«Americano» in via Cavour 3, si
tiene l’annuale serata di chiusura
della stagione sportiva 1993
dell’Auto moto club Gentlemen’s di Pinerolo: alle 19 è prevista l’assemblea annuale dei soci e la votazione per il rinnovo
del Consiglio direttivo del ’94 e
alle 20 la cena sociale. Durante
la cena saranno premiati i piloti
che nel 1993 hanno ottenuto successi in campo nazionale, regionale e provinciale. Per le prenotazioni rivolgersi alla sede, in via
Tabona 2 a Pinerolo, o telefonare
al 78049 oppure 396430.
24 gennaio, lunedì — TORINO: alle 21, al teatro Alfieri, il
gruppo Costruire cantando di Pinasca presenta Forza venite
gente, uno spettacolo di rock e
blues ispirato alla vita di San
Francesco. La serata è organizzata in collaborazione con l’Admo (Associazione donatori midollo osseo Rossano Bella della
Regione Piemonte) a sostegno
del Registro nazionale donatori
di midollo osseo per combattere
le leucemie; il ricavato sarà interamente devoluto a scopo di beneficenza. La prevendita dei biglietti si effettua presso la biglietteria del teatro Alfieri, Maschio dischi in piazza Castello
51, Rock & Folk dischi in via
Viotti 8A a Torino, Magic Bus in
via Virginio 36 a Pinerolo, Admo «Rossano Bella» Regione
Piemonte a Villar Perosa.
27 gennaio, giovedì — TORRE PELLICE: alle 20 in prima,
e alle 21 in seconda convocazione, è convocata l’assemblea generale annuale ordinaria dei soci
della Pro Loco; l’odg prevede
l’approvazione della relazione
morale e finanziaria del 1993,
l’approvazione del bilancio preventivo del ’94, il rinnovo del
Consiglio d'ammini.strazione.
si produce ora in valle?
Quante persone lavorano nelle centraline? Quanto rimane
alle popolazioni locali dell’
utile derivante dalla produzione di energia? In passato
vi erano nelle valli moltissime centrali; solo in vai Pellice, a un certo punto, se ne
contavano quasi venti. Interessante la storia delle centraline di Torre Pellice che facevano capo alla cooperativa
Sace, sorta alla fine del secolo scorso. L’energia prodotta
serviva a una buona parte di
Torre Pellice (circa 1.000
utenti all’inizio degli anni
’70) ma, a causa della politica
accentratrice dell’ Enel, non
fu possibile ampliare le strutture garantendo un futuro alla
società che chiuse i battenti
nel 1979.
Quello che è certo è il panorama attuale. Due centrali
funzionanti e una in costruzione; per altre sono in corso
le indagini istruttorie, compresi i contraddittori fra le
parti previsti per legge. Uno
di questi si è svolto la scorsa
settimana a Villar Pellice per
una ulteriore derivazione in
alta Comba dei Carbonieri: in
questo caso te opposizioni sono state forti e capaci di evidenziare anche delle incongruenze progettuali.
Ma uno dei temi centrali è
stato proprio quello della ricaduta positiva sui territori
locali; i Comuni dovranno
muoversi più attivamente per
trovare, insieme ai privati e
alla Comunità montana, soluzioni che garantiscano più risorse, ad esempio alle casse
comunali. Alcune possibilità
concrete sono state illustrate;
in valli vicine sono le stesse
ditte private a offrire agli enti
locali percentuali significative del fatturato; qualcosa di
simile è naturalmente esportabile, senza dimenticare ciò
che già esiste a livello di Pinerolese. L’attività del Consorzio per l’energia e l’ambiente di Pinerolo, TAcea, è
stata di fatto ignorata durante
il dibattito; eppure in vai Chisone, dove da tempo il consorzio è impegnato in vari
servizi, TAcea prende acqua
per gli acquedotti della pianura pagandola ben più di altre ditte private nelle valli e
ha saputo collocare, lungo le
condotte di caduta dell’acquedotto, anche delle turbine
per produrre energia elettrica
ad uso del consorzio stesso.
Come si vede le esperienze
sono assai diverse, hanno ampie possibilità di ampliamento, ma devono crescere all’interno di regole e programmazioni ben precise.
)ERVIZI
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 23 GENNAIO
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58766
Fenestrelle: Farmacia Grippo
- Via Umberto I 1, tei. 83904
Ambulanze:
Croce verde, Perosa; tei. 81000
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL43-VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 23 GENNAIO
Luserna San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via F. Blancio 4 - (Luserna Alta), tei.
900223
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17. presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Sport
CALCIO — Opposto al miglior attacco del campionato il
Pinerolo è riuscito ad imporre il
pareggio alla capolista Pro Vercelli. Partenza subito in salita per
i biancoblù, sotto di una rete alla
prima azione degli ospiti:
Weffort ha messo dentro un suggerimento di Monetta e la partita
diventa decisamente difficile.
L’incontro diventa anche nervoso, complice un arbitraggio non
eccellente, ma i ragazzi di Cavallo riescono ad impattare al 70’
grazie a Ceddia. Per il resto azioni su entrambi i fronti ma alla fine il pareggio è sostanzialmente
giusto. La Pro Vercelli perde il
primato mentre il Pinerolo si
conferma buon quarto; domenica
trasferta con il Bra.
BOCCE — È un brutto momento per le squadre pinerolesi
di bocce in serie A. Il Veloce Pinerolo non è andato oltre il pareggio in trasferta con il Plozner
non riuscendo così a sopravanzare in classifica i rivali, mentre la
Valpellice ha perso in casa con il
Noventa, ultimo in classifica. Per
la vetta si conferma il Tubosider
di Asti che guida davanti alla
Chiavarese con 4 punti di vantaggio. Sabato prossimo la Valpellice sarà in trasferta a Favria e il
Veloce in casa con il Bra.
CORSA CAMPESTRE — Si
è disputata domenica a Scalenghe
la terza prova del campionato pinerolese, valida per l'assegnazione del trofeo Olimpie. Le gare si
sono disputate su un percorso
tracciato in maniera spettacolare
dal locale gruppo sportivo e reso
assai impegnativo dalla pioggia
degli ultimi giorni. Questi i vincitori per categoria: esordienti maschile, Alessandro Rubiano; esordiènti femminile, Valentina Richard; ragazzi, Diego Micol; ragazze, Romina Long; cadetti,
Alessandro Bizzi; cadette, Micaela Pairone; allievi, Fabrizio
Cogno; allieve, Donatella Massano; juniores maschile, Andrea
Collino; cat. femminile unica,
Mariangela Grosso; seniores, Andrea Becchio; veterani A, Vittorio Serra; veterani B, Valerio
Abate Daga.
VOLLEY — Bene le ragazze
della pallavolo pinerolese, male i
ragazzi; questo in estrema sintesi
i risultati di sabato scorso. Le ragazze di Mina hanno battuto in
tre set il Rapallo portandosi a 14
punti, a 4 dalla vetta; le ragazze
dell’Antares in CI hanno espugnato il campo di Novara con un
netto 3 a 0 e in classifica sono seconde, a due punti dalla capolista. I ragazzi dell’Olimpus sono
stati invece superati in trasferta
dal Codigoro al termine di un incontro combattuto, per 3 a 2.
* Nel campionato provinciale
allievi, il 3S Nova Siria è stato
superato per 2 a 1 dal Jolly Vinovo; per 3 a 1 ha invece perso la
formazione lusemese nella prima
divisione del campionato provinciale femminile.
PALLAMANO — Bella partita nel campionato di serie D
maschile per il 3S Graphicart che
ha superato in trasferta per 24 a
23 il Città giardino di Torino.
Sempre in vantaggio i valligiani
hanno saputo contenere il tentativo di rimonta dei torinesi; convincenti le prove di Cessa, Giordan. Attardo e del portiere Pons.
* Ottima prestazione della
squadra lusemese anche nel torneo torinese di minihandball con
un successo per 10 a 8 grazie a
una netta supremazia tecnica sul
Città giardino.
* Grande impegno ma risultato
negativo invece per le ragazze
nel campionato di serie C opposte in casa al forte Cassano Magnagp. Malgrado la buona prestazione globale, i buoni spunti di
Miriam Bellion e le parate del
portiere Corveglio il risultato è
stato negativo per 36 a 12.
TENNIS TAVOLO — La D3
della polisportiva Valpellice giovedì scorso 15 gennaio ha subito
la prima sconfitta per 5 a 3 a Torino per opera del Dopolavoro
PPTT. Hanno giocato Rossetti,
che ha segnato 2 punti, Peracchione, 1 punto, ed Enrico Gay.
Sconfitta pure la DI in casa dal
Don Carlo Pugno di Grugliasco
per 5 a 3. Hanno giocato S. Chiri,
2 punti, G. Chiri, 1 punto e Piras.
Nella serie C nazionale, ottima la
prestazione di Galofaro, che ha
messo a segno 3 punti, di Davide
Gay, 2 punti, e Malano che, vincendo a Torino per 5 a 3 contro il
Dopolavoro comunale C, si portano in quarta posizione in classifica. Ennesima vittoria per la D
femminile: a farne le spese è il
TT Verzuolo B, con un secco 5 a
0. Prossime partite: D3 giovedì
20 gennaio a San Mauro (Torino); la DI il 23 a Ciriè, la C nazionale a Torre Pellice il 22 alle
16 contro il TT Chivasso e la D
femminile a Torino contro il Bra.
SCI — Ecco i risultati delle
gare nazionali giovani che si sono svolte a Sappada il 15 e 16
gennaio. Sabato 15. Aspiranti
maschile: 10 km, tecnica classica; 1° Bruno Carrara (Alpi Centrali), 23° Patrick Peyrot (Prali),
94° Pelizia (Prali). Aspiranti
femminile: 5 km, tecnica classica; 1° Arianna Follis (Valle
d’Aosta); 37° Elisa Rostan (Prali). Juniores femminile: 5 km,
tecnica classica; 1° Lara Peyrot
(Prali). Juniores maschile: 10 km,
tecnica classica; 1° Daniele De
Lugan (Predazzo), 16° Andrea
Roggia (Passet). Domenica 16
gennaio. Aspiranti femminile; 15
km, tecnica libera ad inseguimento; 1° Lara Peyrot (Prali). Juniores maschile: 15 km, tecnica
libera ad inseguimento; 1° Daniele De Lugan (Predazzo), 14° Andrea Roggia (Passet). Lara Peyrot
parteciperà ai campionati italiani
assoluti che si svolgeranno a Tesero a partire da giovedì; parteciperà inoltre ai campionati mondiali juniores che si terranno in
Austria, a Breitenwang, dal 26 al
30 gennaio.
Nelle
Chiese
Valdesi
PEROSA ARGENTINA — Giovedì 20 gennaio
alle 20,30, presso il salone
del Centro anziani, si tiene
un incontro sul tema Una
riflessione cristiana sul
lavoro. Introducono il dibattito don Matteo Lepori e
il pastore Bruno Rostagno.
TORRE PELLICE —
Domenica 23 gennaio alle
15,30, presso la Foresteria
valdese in via Arnaud 34,
si terrà un incontro di preghiera organizzato dal Sae
locale. Partecipano il pastore Bruno Rostagno e il
canonico don Romano Allemano, di Saluzzo.
POMARETTO — Martedì 25 gennaio alle 20,30,
nel tempio valdese, si terrà
un incontro ecumenico di
preghiera organizzato dalle chiese valdesi del III circuito e dalle comunità cattoliche delle Valli.
TORRE PELLICE: Il cinema Trento propone per
giovedì 20 alle 21 I persiani,
spettacolo presentato dal
Margotte Teatro, e venerdì 21
gennaio alle 21,15 Dave,
presidente per un giorno;
sabato 22 alle 20 e 22, domenica 23 alle 16, 18, 20,
22,10, lunedì 24 e martedì 25
alle 21,15 II figlio della pantera rosa.
BARGE: Il cinema Comunale propone per venerdì 21
gennaio alle 21 Come l’acqua per il cioccolato; sabato
22 alle 21 Molto rumore per
nulla; domenica 23 alle 15,
17, 19, 21 e da lunedì 24 a
giovedì 27 alle 19,15 e alle
21 Aladdin.
PINEROLO: La multisala
Italia propone per questa settimana nel cinema «2 cento»
La famiglia Addams 2; feriali 20,20 e 22,20; prefestivi
20,20 e 22,30 e domenica
14.20, 16,20, 18,20, 20,20 e
22.20. Il cinema «5 cento»
propone invece Carlito’s
way; feriali: 19,45; 22,20; sabato 19,45; 22,30; domenica
14,35; 17,10; 19,45 e 22,20.
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non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa; La Ghisieriana Mondovì
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PAG. IV
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venerdì 21 GENNAIO 1994
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
La controversa decisione di tenere le elezioni il 27 marzo durante la Pasqua ebraica
I diritti delle minoranze e quelli dello Stato
______GIORCIO GARDIOL____
Alla fine è deciso. Si voterà per il rinnovo della
Camera e del Senato il 27
marzo. Saranno le prime elezioni della «seconda» Repubblica. Una Repubblica che
tutti vogliono migliore della
prima, ma che nasce male. Il
presidente del Consiglio,
Carlo Azeglio Ciampi, è costretto a chiedere scusa a una
minoranza di elettori, gli
ebrei, per aver deciso di far
votare gli italiani proprio nel
giorno in cui essi ricordano la
loro Pasqua.
«Osserva il mese di Abib e
celebra la Pasqua in onore
deH’Etemo, del tuo Dio; poiché nel mese di Abib, l’Eterno il tuo Dio, ti trasse dall’Egitto durante la notte. E
immolerai la Pasqua all’Eterno, all’Iddio tuo... Per sei
giorni mungerai pane senza
lievito; e il settimo giorno vi
sarà una solenne raunanza in
onore dell’Eterno che è l’Iddio tuo; non farai lavoro di
sorta (l’evidenziazione in
questo caso è nostra)».
Certamente il Consiglio dei
ministri non è tenuto a conoscere i versetti 1-8 del 16° capitolo del Deuteronomio, ma
le leggi della Repubblica sì. È
in vigore nel nostro paese una
legge, la n. 101 dell’8 marzo
1989, che dà attuazione all’Intesa raggiunta tra lo stato
italiano e l’Unione delle comunità israelitiche italiane e
che afferma, all’art. 3; «La
Repubblica italiana riconosce agli ebrei il diritto di osservare il riposo sabbatico»
e, all’art. 4: «Alle seguenti festività religiose si applicano
le disposizioni relative al riposo sabbatico: Pasqua (Pesach), vigilia, 1° e 2° giorno,
7“ e 8° giorno».
Non ci dovrebbero essere
quindi dubbi che è diritto degli ebrei italiani non essere
chiamati al voto nel giorno in
cui ricordano la Pasqua, tanto
più che lo stesso articolo 3
della legge dell’Intesa prevede che per i concorsi e nel
diario degli esami le «autorità
competenti terranno conto
dell’esigenza del rispetto del
riposo sabbatico». A maggior
ragione le «autorità» dovevano tener conto di questo dirit
Di fronte all'ipotesi unitaria dei cristiani
Laicità e pluralismo
In una dichiarazione rilasciata all’agenzia stampa
Asca rii gennaio il pastore
Giorgio Bouchard, presidente
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, richiesto
di commentare il documento
che Giovanni Paolo II ha indirizzato il lunedì precedente ai
vescovi italiani, si è dissociato dal «generale coro di consensi».
«Il paese - ha detto Bouchard - attraversa certamente
una grave crisi istituzionale
ma anche morale e spirituale
che non può essere ridotta alla
responsabilità penale di qualcuno. Non condivido però
nell’analisi del papa sia il disegno europeo che il richiamo
ad una presenza unita e coerente dei cristiani. L’Europa,
infatti, deve partire da basi di
laicità e pluralismo mentre
l’unità dei cristiani, se significa il peipetuare del partito dei
cattolici, non mi trova d’accordo». Interventi di questo
genere, però, ha proseguito
Bouchard, non influenzeranno
negativamente il cammino
ecumenico tra le chiese.
«L’ecumenismo - ha concluso - è una cosa più profonda;
l’ipotesi degli evangelici in
campo politico come si sa è
diversa, ma l’ecumenismo è
dialogo. Il dissenso deve anzi
spingerci ad approfondire di
più il dialogo anche a livello
teologico». (Nev)
..i
Ai
'oí'
Tullia Zevi, presidente dell’
Unione delle comunità ebraiche
in itaiia
to e non convocare le elezioni
proprio nel giorno della Pasqua ebraica.
Di fronte alla possibilità
che gli ebrei ricorrano giustamente alla Corte costituzionale per far rispettare i loro diritti due autorevoli ministri, i
professori di diritto costituzionale Barile e Barbera, si
sono affrettati a spiegare che
il diritto al riposo sabbatico
«non riguarda le imprescindibili esigenze dei servizi essenziali previsti dall’ordinamento giuridico», e in questa
interpretazione il voto è un
«servizio essenziale». Un solo ministro, Valdo Spini, ha
dissentito dalla decisione e
dall’interpretazione.
La libertà religiosa è
indivisibile dalla giustizia
Può darsi che questa interpretazione trovi il consenso
della giurisprudenza, in ogni
caso non trova il consenso sostanziale delle chiese evangeliche italiane che in questo
week-end si sono mobilitate
con telegrammi di protesta
per garantire a tutti gli italiani
i diritti di libertà di religione.
La libertà di professare la
propria fede, nelle forme previste dalla propria religione,
non è un diritto che riguarda
solo chi segue quel culto. È
invece un limite inviolabile
dell’azione legislativa dello
stato. In altre parole la democrazia si misura da come vengono rispettati i diritti e la libertà di religione. Che la se
conda Repubblica debba nascere con le scuse perché
questo non è stato possibile è
un fatto grave, che non può
non inquietare.
«Tutte le Pasque sono
uguali - ha detto polemicamente Tullia Zevi, presidente
dell’Unione delle comunità
ebraiche - ma alcune sono
più uguali delle altre!».
Le reazioni evangeliche
Molte sono state le reazioni
negative delle chiese evangeliche. Il moderatore, Gianni
Rostan, ha chiesto al presidente Scalfaro di tenere in
«debito conto la data delle festività ebraiche, evitando il
dilemma tra i doveri dei cittadini e l’impegno dei credenti». Il presidente della Federazione delle chiese, Giorgio
Bouchard, in una lettera a
Ciampi ricorda che «la libertà
e l’eguaglianza non sono divisibili e che i principi di uno
stato laico e pluralista devono
permettere a tutti i cittadini credenti delle varie confessioni o non credenti - il pieno
esercizio dei diritti di cittadinanza che non possono in alcun modo essere violati».
Per il pastore Luciano Deodato, membro del Consiglio
della Fcei, «non si tratta di difendere solo la libertà degli
ebrei. Con la loro libertà difendiamo la nostra. Il voto
del 27 marzo non sarà un voto libero. Che fare? Schierasi
con gli ebrei e dichiarare quel
giorno “anch’io sono ebreo”
e non andare a votare».
Altre prese di posizione sono arrivate dal Consiglio della Chiesa valdese di Torino e
dall’amicizia ebraico-cristiana di Torino.
I valdesi si apprestano a festeggiare la libertà conquistata nel 1848. Le feste del XVII
febbraio saranno anche
un’occasione per discutere
dei diritti di libertà nel 1993.
Nel tardo pomeriggio di lunedì si è diffusa la notiza di un
«aggiustamento» che potrebbe
esere attuato dal governo per far
sì che i seggi rimangano aperti il
lunedi 28 marzo fino alle 22. La
festività ebraica si intende conclusa al tramonto.
CONTRAPPUNTO
IL NUOVO
EI DIRITTI UMANI
ALBERTO CORSAMI
C5 è una singolare consonanza, certamente casuale e frutto di coincidenza,
tra due episodi venuti alla luce l’il gennaio. A Halle, in
Sassonia, un gruppo di neonazisti (ma che vuol dire
queir eufemistico «neo»?) ha
sfregiato una ragazza handicappata su sedia a rotelle, incidendole la svastica sul volto
con una lama, motivando
l’aggressione con Tinferiorità
e l’impurità di una categoria
ritenuta evidentemente «subumana». Intanto a Roma è stato
chiesto il rinvio a giudizio per
un chirurgo e la sua équipe
accusati di «utilizzare come
cavie» degli handicappati: affetti da scoliosi o da nanismo
hanno subito interventi inutili,
interventi diversi da quelli
previsti. Il tutto a fine sperimentale. Chi non vorrebbe
che si migliorassero le tecniche di cura e di intervento?
Già, ma guarda caso: chi
sono le categorie a cui si fa
ricorso per sperimentare?
Handicappati, probabilmente
persone che sarebbero disposte a molto (non a tutto, perché la dignità sanno, loro, che
cosa sia: ma a molti sacrifici
sicuramente) per tentare ancora una carta...
C’è di peggio: il presidente
Clinton ha dichiarato di voler
andare a fondo nella faccenda
delle cavie umane sottoposte
dagli anni ’50 fino alla presidenza Ford (1974), o forse
addirittura Carter, a radiazioni atomiche. I documenti sono stati presentati dalla signora Hazel O’Leary, ministro
dell’Energia {«Abbiamo sulla
coscienza atroci violazioni
dei diritti umani») e rivelano
che i test furono compiuti
«sui poveri e sui neri, sugli
anziani colpiti da malattie
terminali e sui bambini mentalmente handicappati, sui
detenuti (...) e su donne sole e
incinte» («Corriere della sera», 4 gennaio).
Ecco, qui sta il punto, qui
sta lo squallore, nell’utilizzo
di determinate categorie so
ciali, considerate marginali,
gli ultimi, i «paria», la carne
da macello. Di colpo riscopriamo che esistono ancora le
classi sociali. Non più, forse,
quelle di una volta, non
esclusivamente determinate
da cause economiche (ma
provate a dirlo a Crotone o
nell’Iglesiente) ma quelle, più
profonde, legate al «genus», a
come nasci. Al di sotto di un
certo livello di capacità a
«muoversi» nella società (e
parlo tanto della deambulazione quanto della capacità di
far carriera, di arrampicare)
sei inchiodato a un destino
che non cambierà.
Puoi far fortuna, partendo
penalizzato puoi anche riuscire a studiare; ma se sei disabile alcune cose ti saranno
negate sempre, se sei nero
avrai molte più probabilità di
un bianco di finire sulla sedia
elettrica (e qui l’economia ritorna, giacché ciò che conta è
il nome del tuo avvocato), se
sei vecchio sei un rifiuto, se
sei bruttina scordati di stare
allo sportello di banca.
E allora: perché in questa
fase di scombussolamento
politico, di ridefinizione di
forze, alleanze, cartelli elettorali, scompare dal dibattito
politico tutto ciò che non è
gestione dell’economia? Certo, essa è basilare, sull’economia, sul risanamento o sul debito pubblico crollano i governi; anzi le scelte, chiunque
vinca le elezioni, saranno per
certi versi obbligate. Ma perché tutto il resto (i diritti
umani, la politica estera, la
cooperazione, la difesa, insomma la società) sono così
assenti dal dibattito politico?
Non risulta dai giornali che
ci sia una forza politica maggiormente interessata di altre
alla questione; non so (perché
nessuno ne parla) quali siano
le posizioni di questo o di
quello: mi piacerebbe però
che si incominciasse a parlarne. O il «nuovo» si annuncia
con la rimozione di banali
aspirazioni umanitarie?
ì
Superare l'esigenza del carcere per rendere dignità alle persone
Liberare i prigionieri
________RAFFAELE VOLPE__________
oglieteci la libertà,
** X non la voglia di vivere», dice una detenuta della
Casa circondariale di Catania, piazza Lanza. E non ci
vuole molto per capire che
quella donna non ama la retorica: l’istituto ospita 801 detenuti/e, più del doppio rispetto al numero previsto.
Molte delle celle, di circa 5
metri per 3, ospitano fino a
18 detenuti che fruiscono di
una sola latrina alla turca
consistente in uno stanzino
annesso alla cella, di grandezza in.sufficiente e sprovvisto degli altri normali servizi
PROTESTANTESIMO
IN TV
Replica: lunedì 24 gennaio
ore 9 circa - Róidue
Immagini di Dio
Giovani evangelici
testimoniano la loro fede
igienici. I letti a castello sono
fino a quattro piani, sistemati
su tre pareti. Il «rancio» è
pessimo, e ogni settimana
vanno sprecati 500 chilogrammi di pasta. L’istruzione, l’attività sportiva, l’attività lavorativa, l’assistenza
medica sono carenti. Chi entra in questo carcere è un
dannato che si iscrive all’Università statale del crimine, con ampia possibilità di
laurearsi.
Il sistema penitenziario siciliano è al limite dell’ingestibilità. Se nel dicembre 1990 vi
erano 2.444 detenuti, alla fine
del 1991 erano 3.641 e, a fine
1992, 5.040. Al 31 luglio
1993 il livello raggiunto è di
5.367 persone recluse nelle
carceri dell’isola. Circa il
10% dei detenuti italiani, che
alla stessa data erano 50.081.
La Sicilia si colloca al terzo
posto tra le regioni italiane
per consistenza della popolazione penitenziaria, solamente
dietro la Lombardia (6.815) e
la Campania (6.194).
Forse un primo passo da fa
re per affrontare questa drammatica situazione carceraria è
prendere sul serio le parole di
Gesù: «Liberare i carcerati»
(Luca 4, 18). Sono necessari
interventi decisi di depenalizzazione di reati minori. Liberare i carcerati vuol dire rendersi conto che l’extralegalità
e il suo sviluppo cancerogeno
sono il prodotto di una società
che cresce in modo proporzionale al crescere dell’emarginazione nelle periferie delle
grandi città e che la risposta
di tipo repressivo è la meno
adeguata.
Liberare i carcerati vuol dire affrontare la questione della tossicodipendenza in un
modo che né il carcere né la
pena pecuniaria possono affrontare. Ma liberare i carcerati significa soprattutto assicurare il rispetto della dignità
della persona (art. 1 della legge n. 354 del 26 luglio 1975)
costretta a vivere una parte
della sua vita in carcere. Oggi
c’è un mondo al di qua delle
sbarre che va al di là di ogni
minimo precetto umanitario!
Gli avvocati napoletani contro il procuratore Agostino Cordova
La giustizia e le «pagliette
»
_______MIMMO GUARA6NA________
A Napoli, come in tutto il
mondo, gli avvocati si dividono in due categorie: i professionisti seri e gli azzeccagarbugli, che da noi si chiamano pagliette. Ebbene, le pagliette hanno messo l’elmo e
sono scese in guerra. Il nemico
giurato è il procuratore della
repubblica. Agostino Cordova.
Lo scioglimento del Parlamento ha costretto i mujaidin
del foro a una tregua, dopo
quasi tre mesi di sciopero.
Probabilmente i loro arrembaggi non hanno provocato
danni irreparabili per il semplice fatto che l’amministrazione della giustizia è già al
collasso ed è rimasto ben poco
da scassare.
Ma perché vogliono che
Cordova vada via? Cordova fa
una guerra, ben più seria e dignitosa, alla criminalità organizzata e ai politici corrotti.
Afferma un principio così ovvio da apparire banale: il rispetto della legalità. Questo
non può piacere a molti, da
troppo tempo abituati al lassismo dell’amministrazione o
che si sono eccessivamente
immedesimati nella parte di
difensori dei camorristi da diventarne complici.
Come in tutte le guerre il
casus belli, il pretesto, non è
che un pretesto. Così il motivo
ufficiale dello scontro è diventato l’accesso al registro degli
indagati. È una questione delicata ma è una norma del codice di procedura e i criteri di
applicazione sono di competenza del guardasigilli. Cordova è soltanto un esecutore, ma
ha provocato le ire di molti
penalisti abituati a un andazzo
che aveva ridotto l’uso del registro della procura a un elenco telefonico.
Bloccare i dibattimenti significa anche far saltare i
grossi processi che vedono inquisiti De Lorenzo, Di Donato
e poi Gava, Cirino Pomicino e
gente simile. C’è una regola
non scritta che insegna che le
cause penali si vincono non
facendole, ciò vale quando si
hanno clienti altrimenti indi
fendibili. Più procedimenti si
accumulano e più facile è che
scatti un’amnistia. Che ciò
danneggi chi chiede giustizia
è un altro discorso e non passa
proprio per la mente delle nostre pagliette.
Noi non siamo partigiani
dei magistrati; né pensiamo
che tocchi a loro, o soltanto a
loro, liberare il paese dalla
cancrena del malaffare. Tanti
giudici hanno praticato una
giustizia ingiusta dimenticando la vedova e l’orfano e
schierandosi con i potenti. Ci
sono stati giudici che hanno
sfogato le loro manie e le loro
isterie su poveri innocenti.
Noi oggi abbiamo il dovere
di difendere Agostino Cordova: anche questa è una battaglia per la rinascita di Napoli.
Ci confortano quei pochi avvocati coraggiosi che si sono
dissociati apertamente da una
lotta plebea e sanfedista. Dopo duecento anni, ancora una
volta i napoletani devono scegliere tra il cardinale Ruffo e
Mario Pagano: tra il servilismo e la democrazia.
12
PAG. 8 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 21 GENNAIO 1994
'Av-'ì ■ ^ 4ii
I
Un ritratto di Johannes Brahms
«Piccola guida della grande musica»
Quattro ritratti del
tardo Romanticismo
ALDO BIDET
Ritorna Rodolfo Venditti
con il terzo volume della
Piccola guida alla grande
musica*, che segue al primo
e al secondo volume pubblicati nel 1990 e nel 1991 a cura della stessa casa editrice.
Si ripercorrono, nei tre volumi, le tappe della grande musica da Vivaldi (nato nel
1678) e Brahms (morto nel
1897), dal barocco e dal classicismo al tardo romanticismo musicale.
Qui il discorso si articola
su quattro musicisti; Paganini, Berlioz, Liszt e Brahms,
tra loro estremamente diversi.
Alle passioni scomposte del
primo, che però appare riscattato dal grande amore per il
figlio «Achillino», alla mondanità e teatralità del secondo, alle manie di grandezza di
Liszt, si contrappone la vita
di Brahms che, uscito da
un’infanzia grama, si dipana
poi come quella di un tranquillo borghese dell’Ottocento con il pressoché esclusivo
rapporto di venerazione, amicizia, amore per Clara Wieck,
moglie e poi vedova di Robert Schumann: tutti però sono accomunati dal clima tardoromantico nel quale si trovarono a vivere.
Violinista eccelso il primo,
che aprì la strada «alla sperimentazione di tecniche strumentali e esperienze inedite»;
compositore notevole Berlioz, il cui genio risponde
spesso a sollecitazioni esterne, come quando rincontro
con la poesia di Shakespeare
si compie, sul terreno musicale, con l’ouverture per il
Re Lear e con la «Sinfonia
drammatica» Romeo e Giulietta, o quando rincontro
con la musica di Beethoven
gli fa dire «mi svelò un nuovo
mondo musicale, così come
Shakespeare mi aveva rivelato un nuovo universo poetico»; grande esempio di virtuosismo pianistico, Franz Liszt, sul quale furono decisive
le influenze di Berlioz e di
Paganini nonché di Chopin
(anche .se l’arte pianistica di
Liszt è l’antitesi di quella di
Chopin, raccolta e intima
questa, spettacolare e dispersa all’esterno quella).
Brahms è la terza «grande
B» della musica tedesca, dopo Bach (il Settecento) e
Beethoven (l’Ottocento) e ne
rappresenta l’ulteriore sviluppo romantico: sarebbe suffi
ciente ricordare il secondo
concerto per pianoforte e orchestra, la terza e quarta
sinfonia, il Doppio concerto
per violino, violoncello e orchestra op. 102, risalenti al
periodo di maggiore fecondità dell’autore.
La tecnica, collaudata nei
primi due volumi, è la presentazione di una breve biografia dei musicisti, intrecciata con le varie tappe dell’opera musicale, e 1’«ascolto»
particolareggiato di un capolavoro: si tratta, in questo terzo volume, del Concerto per
violino e orchestra n. 4 di Paganini, della sinfonia Romeo
e Giulietta di Berlioz, del
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 di Liszt e del
Concerto per violino e orchestra op. 77 di Brahms. Seguono le indicazioni bibliografiche essenziali e quelle
discografiche, utilissime per
seguire con l’ausilio dei commenti dell’autore le «piste di
ascolto» suggerite per i quattro musicisti.
Della breve introduzione ci
piace riprendere un discorso,
già accennato nel 2° volume,
sulla tematica religiosa. «Tale
tematica - scrive Venditti si presenta sempre stimolante, anche quando si tratti di
personalità che rifiutano Dio
e la trascendenza: invero
quel rifiuto è talora legato a
una determinata immagine di
Dio che la persona ha percepito attraverso i messaggi
che le sono pervenuti dal
mondo dei credenti, attraverso le testimonianze (e le controtestimonianze) di cui essa
ha fatto esperienza. A mio
modesto avviso, quella tematica attiene a una dimensione
essenziale dell’uomo in ogni
caso, quale che sia la risposta (di accettazione o di rifiuto) a cui l’uomo approdi. E
sono convinto che il credente
possa spesso ricavare dall’esperienza umana del non
credente validi spunti di riflessione».
Di tale interesse è testimonianza il dilungarsi dell’autore nel commentare la Grande
Mes.se des morts e L’enfance
de Christ di Berlioz, le due
leggende San Francesco predica agli uccelli e San Francesco da Paola cammina sulle acque, di Liszt, e il Requiem tedesco di Brahms.
(*) Rodolfo Venditti: Piccola guida alla grande musica,
voi. Ili, Torino, Sonda, 1993, pp
180, £25.000.
Il campo invernale svoltosi a Ecumene ha affrontato l'impegnativo argomento
I nuovi termini della «questione romana»
nella storia e nella politica del nostro paese
LUCIANO DEODATO
Ogni anno, nel periodo tra
Natale e Capodanno, il
Centro di Ecumene organizza
un incontro, un «campo», su
temi attinenti l’attualità politica. Molto opportuna la scelta della edizione ’93-94: «La
“questione romana’’ nella storia e nella politica italiana»,
che ha visto una settantina di
partecipanti e la presenza di
alcuni nomi della cultura e
della politica: Giuseppe Galasso, professore di storia
moderna a Napoli, Pietro
Scoppola, professore di storia
contemporanea a Roma, Mario Tronti, professore di dottrine politiche a Siena e senatore del Pds, Sergio Aquilante, pastore, Daniele Garrone,
professore di Antico Testamento alla Facoltà valdese di
teologia a Roma.
La «questione romana» non
è riducibile solo alla fine del
dominio temporale della
Chiesa cattolica seguita al
processo dell’unità nazionale
del Risorgimento (che formalmente si chiuse nel ’29,
con la firma dei Patti lateranensi e del Concordato) ma si
allarga per comprendere il
complesso intreccio dei cattolici e della Chiesa cattolica
nelle vicende politiche e civili del nostro paese sia prima
che dopo le date del 1870 e
del 1929. In altre parole, come d’altronde è emerso nel
corso del campo, anche oggi
abbiamo a che fare con la
«questione romana».
Per la cronaca il campo si è
sviluppato sull’arco di quattro
giornate (27-30 dicembre ’93)
con dense relazioni dei quattro oratori, seguite ognuna da
un corposo dibattito, il tutto
gestito con competenza dal
prof. Biagio De Giovanni; ha
chiuso la rassegna delle relazioni, o meglio ha aperto altri
orizzonti, uno studio biblico
condotto da Daniele Garrone
e moderato da Silvana Nitri.
11 campo si è mosso seguendo tre linee: storica la
prima, politica la seconda,
teologica la terza. Renderne
conto ai lettori in modo esaustivo è impresa disperata. Sarebbe veramente auspicabile
l’edizione di un «quaderno».
In questa sede si possono dire
solo alcune delle questioni
emerse.
Anzitutto che cos’è la
«questione romana»? I manuali di storia dicono che essa nasce al momento in cui finisce lo Stato pontificio, con
la presa di Porta Pia nel 1870;
in realtà, come ha osservato
Galasso, ha delle radici
profonde che risalgono, quanto meno, al mancato passaggio dal Rinascimento alla
Ecumene ha accolto, come d’abitudine,
vernale
partecipanti al campo in
Riforma. Questa, come si sa,
non ha potuto svilupparsi in
Italia e la sua assenza, sempre
secondo Galasso, «è il problema cardine del destino politico dell’Italia: superata nel
progresso, senza unità politica, senza morale; da quel momento la sua storia diventa
una affannosa rincorsa verso
l’Europa».
Non è dunque un caso se
oggi, in un momento in cui
l’Italia va verso l’Europa, essa riemerga; e riemerge in
collegamento con un altro
fatto importante: la dissoluzione in Italia del partito cattolico, conseguenza della fine
delle contrapposizioni ideologiche (capitalismo, comunismo), oltre che delle note vicende di Tangentopoli.
Lasciando da parte le analisi preziose e interessanti che
sono state fatte sul percorso
storico che sta a monte di certi processi attuali, la domanda
che si è posta è quella di capire verso quali nuovi assetti
stia andando l’organizzazione
della vita politica in Italia, tenendo conto in particolare
della presenza appunto dei
cattolici. C’è un’anomalia del
«caso italiano» rispetto ad altri paesi nei quali i cattolici
rappresentano comunque un’
alta percentuale della popolazione. I cattolici da noi si sono organizzati come partito
collegato alla loro chiesa,
«morbosamente presente nella nostra realtà» (Tronti).
Non si può negare loro
«una visibilità, perché il fatto
religioso non è solo una questione di coscienza, ma ha anche una dimensione comunitaria, pubblica» (Scoppola).
Si tratta allora di inventare
una forma della loro presenza
che escluda, anzi superi, l’integralismo. Ma questo superamento può avvenire solo attraverso un processo nel corso del quale, sempre secondo
Scoppola, «i cattolici siano
presenti negli schieramenti
politici sia conservatori che
progressisti per portarli verso
il centro». Non alieno a que
sta ipotesi si è manifestato
Tronti. E possibile, secondo
lui, trovare un incontro tra il
«popolarismo» rappresentato
dalle masse cattoliche, depositarie di una tradizione che
non è opportuno disperdere, e
il «lavorismo», cioè il dato di
fondo comune a tutti. La sinistra quindi dovrebbe essere
capace di sciogliersi entro un
fronte progressista ampio in
grado di accogliere anche il
fronte popolare.
Naturalmente non sono
mancate perplessità su queste
ipotesi; com’è possibile, ci si
è domandati, mettere insieme
progressisti e popolari? «Si è
forse dimenticato che i cattolici sono strutturalmente dei
conservatori e che il partito
cattolico ha da sempre e
al Risorgimento, per cui si è
evidenziata un’antitesi di fom
do tra papato e libertà. Diceva Alessandro Gavazzi che la
libertà è nella morte civile dei
preti! E Luigi De Sanctis del
nunciava il papismo come
principio dei mali di tutta là
società!
Al di là dell’anticlericali-ii
smo ottocentesco, c’è da dm!
mandarsi se queste espressioni non colgano un dato essen,
ziale e che cioè il papato, pdla sua pretesa assolutista, per
il ruolo di mediazione tra
l’umano e il divino, tra Tal di
qua e Tal di là, mediatore con;
l’occulto, per la sua pretesa di
dirigere la vita e le coscienza
degli italiani, entrando come
dimostrano i recenti casi di
Palermo nelle zone della c: '
minalità organizzata e gesten
do i «pentiti», non rappresenj
ti l’ostacolo maggiore versi
la libertà e la democrazia.
Tornano a proposito le p;
role dette dalla III assembli
della Federazione delle chiese evangeliche (Bologn
1973): «...in una situazione ii
cui non è facile per nessun^
proiettare i problemi reali in
uno schema di sviluppo di|
verso e individuare soluzioni,
abbastanza chiare per ottene-'
re un reale mutamento a 1^!
vello politico le nostre comtl
nità, nel rifiuto più rigorosi!
dell’interclassismo e deH’in
tegrismo, hanno indubbia
Da sinistra: Biagio de Giovanni, Pietro Scoppola, Giuseppe Galasso:
spresso l’anima moderata del
paese?» (S. Nitri). E non solo
recentemente, ma anche nel
passato; anche nel corso del
Risorgimento, ha ricordato
Galasso, il moderatismo giobertiano ha di fatto dominato
il processo politico italiano e
i moderati sono sempre stati i
vincitori nei momenti cruciali
della nostra storia.
E così che da un discorso
storico e politico si è passati a
esaminare il cattolicesimo e il
ruolo da questi avuto nella
formazione culturale in Italia.
Molto preziose a tal proposito
le analisi di Sergio Aquilante.
Il cattolicesimo romano, nella
sua espressione vaticana, fin
dall’inizio si è mostrato ostile
Appuntamenti
Giovedì 20 gennaio — ASTI:
Alle ore 21,a palazzo Ottolenghi
(corso Alfieri 350) la Scuola biblica ecumenica presenta il proprio programma 1994, a cui seguirà una conferenza del prof.
Amos Luzzatto sul tema: «La
lettura ebraica della Bibbia».
Sabato 22 gennaio — BRESCIA: Alle ore 16,30, presso i
Padri della pace, il prof Daniele
Garrone parla sul tema: «Ebrei e
cristiani ieri e oggi».
Martedì 25 gennaio — MILANO: Alle ore 21, presso il Rime (via Mosè Bianchi 94), il past. Williams tratta il tema:
«L'unità in cammino».
Venerdì 28 gennaio — ASTI:
Alle ore 21, presso l’Archivio
storico del Comune (via C. Massaia 15), il prof don Giuseppe
Ghiberti introduce il tema:
«Paolo servo di Gesù Cristo,
chiamato apostolo».
Sabato 29 gennaio — MILANO: A partire dalle 9.30, presso
la chiesa metodista (via Porro
Lambertenghi 28), si tiene il secondo di un ciclo di incontri sulla
predicazione. Il past. Dario Saccomani affronta il tema dell’esegesi e il past. Salvatore Ricciardi il tema del Padre Nostro.
Sabato 29 gennaio — MILANO: Alle ore 17, in via Sforza
12/a, il prof. Aurelio Mauri
Paolini e il past. Alfredo Berlendis introducono il dibattito:
«Scelte bioetiche tra leggi naturali e aspirazioni normative».
Sabato 29 gennaio — NAPOLI; Il Centro «G. Caracciolo» organizza per le ore 17,30, in
via dei Cimbri, un incontro con
il pastore Giorgio Tourn sul tema: «Calvino, chi era».
Sabato 5 febbraio — NAPOLI: Alle ore 17,30, nei locali della chiesa valdese di via dei Cimbri, avrà luogo una conferenza
del dottor Giancarlo Rinaldi sul
tema: «Studio degli Atti degli
apostoli».
mente qualcosa da dire e d|
fare: in questa situazione “rfe
ligiosa’’, come è sostanziali
mente quella italiana, resi
intatta la loro responsabilii
dell’annuncio di un diverso
rapporto con Dio, liberati
dalle mediazioni sacramentali
e gerarchiche. È difficile infatti presumere che vas
masse popolari, lasciate pi
gioniere di una religiosità
ta di obbedienza e di osseri
vanze rituali, possano nel
contempo essere disponibili
fino in fondo per le lotte di
una società nuova. In questi
contesto, assume un senso
molto preciso e concreto II
predicazione della “liberti
dei cristiani’’».
Molto opportunamentfi
quindi il campo si è conclusi
con due richiami biblici carit
chi di risonanze: il primo, ci>
rato da Garrone sull’Esodo!
ha ricordato che fondamenti
e premessa del Decalogo I
l’annuncio della libertà. 11 si?
condo, avuto nel corso dell!
predicazione di fine d’anni
curata da Massimo Aquilani^
ha ricordato la grande lotta *
Elia contro i profeti di Baal
VEl
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II
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prodot
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Re 18). Il profeta pensa di es un ese
sere un solitario in questa lot
ta e desidera morire
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caso: il
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anto a lui
Ma Di| lazioni
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la presenza di «settemila ufi prendit
mini, il cui ginocchio non s*
piegato dinanzi a Baal, e ‘
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cui bocca non l’ha baciato» ( migrato
Re 19, 18).
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1994
venerdì 21 GENNAIO 1994
m Cultura
PAG. 9 RIFORMA
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Una ricerca sul campo a proposito di «Immigrazione, lavoro e tecnologia»
Il computer e la cultura dì provenienza
Una dialettica nella vita degli immigrati
PAOLA SCHELLENBAUM
a ricerca «Immigrazione,
( lavoro e tecnologia»
^ SI
pone fin dalle prime pagine
del libro come un’indagine innovativa, sia per la metodologia che per i contenuti, condotta per analizzare il fenomeno deir immigrazione extracomunitaria nel nostro paese e le
sue implicazioni più ampie.
È da rilevare innanzitutto lo
sforzo interdisciplinare che
ha visto collaborare ricercatori forniti di diverse competenze: dall’antropologia culturale, alla sociologia classica, alla sociologia della comunicazione e delle relazioni industriali. Un altro elemento, che
caratterizza la ricerca promossa dalla Fondazione Cariplo-Ismu e dalla Fondazione
Ibm Italia, è lo sforzo dei ricercatori di andare oltre alla
quantificazione del fenomeno
dell’immigrazione extracomunitaria e illustrare quali ristrutturazioni, non solo mentali e cognitive ma a livello di
pratiche, tempi e saperi quotidiani, sono necessarie per
orientarsi nella società di accoglienza.
Il rapporto fra
tecnologia e cultura
Il «nuovo mondo tecnologico» mette in una luce diversa
il rapporto tra tecnologia e
cultura: si nota nel libro che
fino a quando «la tecnologia è
airinterno di un processo che
prevede un intervento di routine dell’uomo — proponendosi quale strumento di estensione meccanica delle capacità
umane - essa non è discriminante tra autoctoni e immigrati (...). La situazione si mostra differente quando, in particolare con le tecnologie
dell ’informazione, all ’immigrato viene implicitamente
chiesto di assumere e di utilizzare, oltre alle competenze
manuali, i modelli cognitivi
che informano quelle tecnologie (...)» (p.32). Le differenze insorgono quando lo strumento tecnologico diventa
un’interfaccia tra la realtà e
l’individuo e entra «in gioco
una serie di variabili profonde che rimandano ai modelli
culturali acquisiti, problematizzando alquanto non tanto
I uso immediato del mezzo,
quanto l’esportazione di questi strumenti verso culture differenti da quella che le ha
prodotte» (p. 32).
II sistema chiuso delle azien
de cinesi
Il rapporto tra immigrazione, lavoro e tecnologia viene
affrontato in quattro studi di
caso: il settore della pelletteria
cinese in Toscana, un’industria siderurgica del Bresciano, un’azienda operante nel
settore della manutenzione
degli strumenti informatici, e
alcuni corsi di formazione
professionale in Lombardia.
La presenza e la partecipazione gestionale degli immigrati varia nei quattro studi
presentati: le piccole aziende
familiari cinesi rappresentano
nn esempio di un «sistema
chiuso» intorno alle reti di relazioni sociali (spesso parentali) che circoscrivono le
tnterazioni all’interno della
comunità: esempio di un imprenditorialità con certe caratteristiche dello stadio della
*<nicchia etnica». La «catena
migratoria» permette ai fami•ari di raggiungere il capofafiiglia precedentemente emi
grato e assicura una gestione
basata sull’«autosfruttamento». Ma il caso è altresì interessante in quanto aiuta a considerare la tecnologia «[come
un fattore] che può dipendere
(e dare risultati diversi) da
una serie di caratteristiche
ambientali e sociali» (p. 66).
Una «definizione di tecnologia», cioè, che tiene conto dei
metodi di trasmissione e comunicazione che si basano
sulla struttura sociale della comunità, in questo caso cinese,
ossia tutti quei riferimenti a
un bagaglio di competenze,
sociali, culturali ecc. che
l’estensore del caso sintetizza
in «know-how».
Nel caso dell’azienda che
opera nel settore informatico,
se dal punto di vista della
«apertura-chiusura» del reticolo sociale si verifica l’opposto rispetto a quanto osservato
nella comunità cinese, la definizione di cultura tecnologica
che ne emerge ricalca quanto
precedentemente affermato
per i cinesi, e abbraccia un
ampio spettro di competenze,
il «know-how», spendibile
nella società di accoglienza.
non impiegano il tempo libero in luoghi pubblici. La domenica trascorre nuovamente
all’interno di quattro mura:
spesso in appartamenti di
connazionali che volentieri
ospitano amici e conoscenti,
rinsaldando i vincoli di solidarietà e fratellanza. «È avvenuto un inserimento silenzioso in fabbrica di quote non
irrilevanti di quella popolazione immigrata che viene
per contro solitamente percepita come dedita ad attività
parassitarie, improduttive,
confinanti con Villegalità o
con l’accattonaggio (...). Su
questo misconoscimento di
fondo si innesta il differenzialismo culturale, forma
emergente del pregiudizio etnico nella società italiana e
europea» (p. 120).
Corsi professionali
di formazione
Infine i corsi professionali
della Regione Lombardia, non
espressamente indirizzati agli
immigrati, ma dove la loro
partecipazione comincia a essere rilevante, testimoniano
della «presenza di precisi pro
Per la maggior parte degli extracomunitari in Italia ia vita è fatta di
attività precarie
L’ingegnere egiziano, che è il
titolare del laboratorio, assume e fa lavorare nella sua
azienda manodopera specializzata italiana e straniera,
aprendo quindi le sue reti di
relazioni aH’esterno della comunità di appartenenza, ma
mantenendo forti vincoli con
essa. Si tratta della realizzazione di quell’incontro interculturale messo alla prova anche nel campo informatico e
che testimonia della plasticità
e flessibilità di questo settore:
le tematiche tipiche di una
moderna impresa di servizi e
delle relazioni uomo-computer sono qui riviste secondo
un’ottica antropologica.
Le acciaierie del Bresciano
D’altro canto, gli operai
extracomunitari assunti nelle
acciaierie del Bresciano si
sono adattati alla cultura
tecnologica presente nella
grande fabbrica. L’evoluzione tecnologica in questo settore industriale (non certo
marginale) mette in luce i
mutamenti sopraggiunti nel
lavoro anche per qualifiche
professionali basse. A questo
non corrisponde un processo
di integrazione sociale: gli
immigrati socializzano poco
con i compagni di lavoro e
getti di autosviluppo personale che caratterizza il segmento
più qualificato dell’immigrazione extracomunitaria. Spesso si tratta di immigrati con
un alto livello di istruzione e
molto motivati a collocarsi
“fuori dall’emergenza’’, da
una formazione cioè ancorata
a un ruolo di “supplenza" e
di “surrogato” rispetto a un
lavoro che non c’è o comunque mirata a lavori a bassa
qualificazione» (p. 185).
I concetti intorno ai quali si
sviluppano i quattro casi presentati nel volume sono lavoro, tecnologia, tempo. Emerge in tutti i casi la centralità
di una socializzazione verso
modalità di lavoro, verso una
cultura temporale tipiche di
una società industriale. Tale
socializzazione dipende certamente dalle tecnologie di
volta in volta utilizzate, ma
aiuta a «trasformarle».
Nel caso delTimprendltoria
etnica cinese «l’organizzazione “etnica" della differenza
attuata dalla comunità cinese
non si basa sul rifiuto o
sull’accettazione subalterna e
marginale della tecnologia (e
dell’organizzazione sociale)
occidentale, ma semmai su
una sua trasformazione adattativa originale» (p. 67).
Una relazione «circolare»
Questa relazione circolare
tra tecnologia e cultura di
appartenenza, che ci pone
fuori dalla dicotomia cultura
occidentale contrapposta a
quella non occidentale, è evidente anche nel caso dell’ingegnere egiziano. «[Egli] dimostra di sapersi muovere facilmente all’interno di regole
“occidentali”, che connotano
profondamente la cultura imprenditoriale nella nostra società, come quando affronta
le tematiche legate alla cultura e all’organizzazione aziendale, (...) in altre situazioni,
la stessa persona agisce secondo un codice che ha altri
valori di riferimento, per
esempio quando descrive la
nozione di tempo e di lavoro,
quando illustra il rapporto
con i dipendenti e le loro reazioni alle sue disposizioni
(...). Questi diversi punti di
riferimento sembrano coesistere nell’esperienza dell’ingegnere egiziano, senza che
l’adozione di uno costituisca
necessariamente l’abolizione
dell’altro» (p.l65).
Appare chiaro fin dalle prime battute del libro che l’ipotesi iniziale dei ricercatori
che esistesse una distanza tanto ampia tra la cultura tecnologica degli immigrati e della
società di accoglienza è stata
confermata solo in parte. Se
infatti si può affermare, come
ha ricordato Lucio Stanca nel
presentare la ricerca in un
convegno tenutosi presso il
Centro congressi della Caripio, che resta un fattore fondamentale «creare sistemi
informatici e tecnologici capaci di parlare un linguaggio
universale, in grado cioè di
interagire con ogni individuo
indipendentemente dalla specifica cultura che lo contraddistingue», d’altra parte non
si può trascurare il fatto che il
significato della tecnologia, e
il suo conseguente impatto, a
livello individuale e collettivo, avverrà in modo differente a seconda delle persone e
delle organizzazioni che la
utilizzano.
Secondo questa prospettiva
Roberto Mazzotta, nella stessa
occasione, ha infatti sottolineato che «un ruolo importante svolto dalle nuove tecnologie è quello di comunicare le caratteristiche culturali
di chi le ha prodotte, affiancando in questa azione i media tradizionali».
I numerosi saggi presenti
nella raccolta forniscono al
lettore più di uno spunto di
riflessione sulle trasformazioni in atto nella società
multietnica e multiculturale
contemporanea Vincenzo Cesareo, nell’introduzione al
volume, nota come la definizione del termine «integrazione» debba articolarsi intorno a tre aspetti cardine:
processualità, multidimensionalità e interattività. Queste
tre caratteristiche dell’interazione tra culture diverse fanno in modo che si pensi al fenomeno dell’immigrazione,
al lavoro e alla tecnologia
come a delle realtà in trasformazione che mutuano dal
contatto, e non dalla segregazione, la loro forza propulsiva.
(*) Immigrazione, lavoro e
tecnologia: a cura di Angelo
Failla e Marco Lombardi, Etas
Libri, Milano, 1993. Contributi di
Maurizio Ambrosini, Angelo
Failla, Giovanni Gasparini, Marco Lombardi, Paola Schellenbaum, Daniele Ungaro, Eugenio
Zucchetti.
Emile Zola nel 1900
Libri
Il primo mattone dell'epopea
Leggere Zola è un po’ come filmare servendosi dell’obiettivo
zoom: sono libri che permettono di alternare la visione corale,
il comportamento collettivo, Timmagine di grande respiro e le
pagine intimiste, in cui la penna si concentra sulla visuale ristretta e particolare di un’individualità, di un fatto privato, di
un carattere, di un idillio, di una gelosia.
Così è anche per La fortuna dei Rougon, recentemente ritradotto per Garzanti dal critico e storico della letteratura Sebastiano Timpanaro, a cui si accompagna a distanza di qualche
mese Im conquista di Plassans*. Sono questi rispettivamente il
primo e il quarto romanzo del monumentale ciclo dei RougonMacquart, «storia naturale e sociale di una famiglia sotto il secondo Impero», che comprenderà i più noti Nana, La bestia
umana. Germinai.
Influeiizato dalle dottrine positiviste e scientiste dell’epoca,
Zola individuerà proprio nella genealogia la componente fondamentale del carattere (fino a vere e proprie tare) dei personaggi; ma la sua creatività si spinge ben oltre l’applicazione pedissequa di una dottrina (che tra l’altro interpretò in maniera alquanto personale e forse poco rigorosa): la grandezza sta nella
creazione dei personaggi singoli (come Adélaïde, madre di
Pierre Rougon, parvenu che sarà uomo d’ordine e di potere
nella Plassans riconquistata dai borghesi a spese dei rivoltosi
della Repubblica nata nel 1848, nonché di Antoine Macquart,
fratellastro illegittimo del primo), nell’epopea (come sarà per i
minatori di Germinai). Pagine immortali, più «visionarie» e
poetiche che storiche.
(*) Emile Zola: La fortuna dei Rougon e La conquista di Plassans. Milano, Garzanti, 1992 e 1993, pp LII-357 e LXII-38I, £ 16.000
cad.
Boris Vian, genio irriverente
Beffardo verso la cultura pomposa e compiaciuta di sé, insofferente nei confronti di ogni opportunismo, Boris Vian fu uno
dei protagonisti della vita culturale parigina del dopoguerra.
Visse ili modo frenetico la sua breve esistenza, dedicandosi ai
lavori più disparati: fu prima ingegnere, quindi solista e critico
di j3zz, attore e cantautore, inventore di strani apparecchi meccanici, soggettista cinematografico, narratore e commediografo, esperto di fantascienza e di pornografia. Esordì nel 1946,
con lo pseudonimo di Vemon Sullivan, pubblicando un romanzo «nero» alla maniera americana, J’irai cracher sur vos tombes (Andrò a sputare sulle vostre tombe).
I suoi atteggiamenti irriverenti, il suo ironico eclettismo
(scrisse canzoni, romanzi, poesie, libretti d’opera) gli procurarono 1 ostilità di molti critici. Il generale De Gaulle si infuriò
quando fu pubblicata la più bella delle sue canzoni. Le déserteur, la Francia era duramente impegnata nella repressione della rivolta algerina e a causa del suo dolente antimilitarismo la
canzone fu messa all’indice.
II inondo di Boris Vian, con tutte le sue contraddizioni e la
sua vitalità,^ rivive nella raccolta di poesie da lui composte nei
primi anni 50 ma solo oggi tradotte dalla Newton Compton*.
Si tratta di compo,sizioni disuguali, frutto di un irresistibile bisogno di «dire» più che di scrivere. Per quanto la versione a
fronte sia stata curata da G. A. Ciborio con grande passione, solo il riferiniento continuo al testo originale con il suo linguaggio poliedrico, febbrile, evocativo, può consentirci di condividere 1 irrequietezza dell’autore, il suo disgusto per la violenza e
l’ingiustizia, il suo amore per la vita, il suo ossessivo presentimento dello scacco finale.
«Morirò quando scolleranno/ Le mie palpebre sotto il sole
arrabbiato/ Quando mi diranno lentamente/ Delle cattiverie
all orecchio/ Morirò nel vedere torturare bambini/ E uomini
sbigottiti e lividi». Boris Vian muore nel 1959, stroncato a 39
anni da una malattia di cuore, (e.f)
(*) Boris Vian: Non vorrei crepare. Roma, Newton Compton,
1993, pp 90, £ 1.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 21 GENNAIO 1994
é
AMNESTY INTERNATIONAL
NOSTRI APPELLI
Nel numero di dicembre
’93 del Notiziario di Amnesty sono raccontate tre
storie di violazioni dei diritti umani nei confronti di
alcuni intellettuali. A Cuba 4 scienziati, condannati
a pene pesanti, sono stati
rinchiusi in un carcere di
massima sicurezza; in
Turchia Baki Erdogan,
laureato, dopo l’arresto e
undici giorni di detenzione, è morto; in Etiopia
l’insegnante Ayele Dati,
appena arrestato, è scomparso. Amnesty International denuncia nella sua rivista questi tre casi emblematici di un sistema di
persecuzione e aggressione, fino all’assassinio, da
parte delle forze di sicurezza, usato specialmente
nei confronti di persone
colte e erudite che, appunto in quanto tali, possono
avere una maggiore influenza nella società del
loro paese.
Qui ora parliamo delle
violazioni dei diritti umani
commesse in tre paesi:
Cuba, Turchia, Etiopia;
ma in quante altre nazioni
questi medesimi fatti avvengono? Amnesty International ce lo ricorda e ci
esorta: Diamo voce alle
vittime senza voce!
Luis Grave de Peralta
Morell, Rubier Rodriguez Leyva, Arquimedes
Ruiz Columbié, Carlos
Orne Caballero - CUBA
Scienziati e dipendenti
dell’Accademia cubana
delle scienze, hanno rispettivamente 35, 29, 40 e
27 anni. A Santiago de
Cuba, nel febbraio ’92,
vennero arrestati e accusati di «ribellione».
Luis Grave de Morell,
dopo essersi ritirato dal
Partito comunista cubano,
aveva perso il posto di
professore all’università.
Allora aveva cominciato a
costituire con amici un
gruppo di opposizione politica, pacifica, intitolato
«Nueva Generación» e
aveva anche scritto un libro in cui criticava la politica del governo. Al processo i 4 indiziati di «ribellione» furono accusati,
senza alcuna prova, di
aver diffuso un virus da
computer. Queste le condanne: De Peralta Morell
13 anni di carcere, Rodriguez Leyva 10 anni, Ruiz
Columbié e Ome Caballero 8 anni ciascuno. Nel
febbraio ’93 vennero trasferiti in un carcere di
massima sicurezza per
aver fatto lo sciopero della
fame contro le pessime
condizioni di prigionia.
Si prega di inviare appelli in loro favore, in spagnolo e italiano, a:
Dr. Fidel Castro Ruz,
Presidente de los Consejos de Estado y Ministerios, Habana - Cuba, (affrancatura lettera via aerea: £ 1.250).
Baki Erdogan - TURCHIA
29 anni, laureato. E stato arrestato il 10 agosto
1993 a Aydin e detenuto
in isolamento per 11 giorni al comando di polizia.
11 21 agosto, il giorno
stesso in cui è stato trasferito in ospedale, è morto.
Si è saputo della sua morte soltanto due giorni dopo e al padre e all’avvocato della difesa non è stato
consentito di assistere
all’autopsia. 11 referto
dell’autopsia attribuisce la
causa della morte a «insufficienza respiratoria»,
quantunque fossero visibili sul suo corpo tagli e
contusioni. Una donna,
detenuta nello stesso carcere contemporaneamente,
sostiene che durante gli
interrogatori di Baki Erdogan al quartier generale di
polizia ha udito le sue uria. Racconta inoltre di
averlo visto andare al bagno seminudo e quasi nell’impossibilità di camminare. In Turchia, nei primi
10 mesi del 1993, sono
morti in carcere 14 prigionieri, anche in conseguenza delle torture subite. Ma
nessun torturatore è mai
stato processato. Un comitato istituito dal Consiglio
d’Europa per la prevenzione della tortura ha dichiarato che nei posti di
polizia in Turchia si fa largo uso della tortura, sia
nei confronti di imputati
di reati comuni che di indiziati di terrorismo.
Si prega di scrivere, in
inglese o italiano, esigendo indagini sulla morte di
Erdogan a;
Mehmet Gazloglu, Minister of Interior, Icisleri
Bakanligi, 06644 Ankara
- Turchia (affrancatura
lettera via aerea: £ 1.050).
Yosef Ayele Bati ETIOPIA
35 anni, insegnante. E
stato arrestato il 27 novembre 1992 a Addis Abeba da agenti non identificati della polizia. Era già
stato 10 anni in prigione
sotto il duro regime di
Menghistu Mariam. Bati
apparteneva al gruppo etnico Oromo, ed era sospettato di avere legami con
l’opposizione armata dell’
Oromo Liberation Front
(Olf). 11 regime di Menghistu cadde nel 1991. Nel
1992, dopo l’insediamento
del nuovo governo, furono
arrestate circa 25.000 persone sospettate di appartenere all’Olf, tra cui miliziani, civili, persino donne
e bambini. Al principio del
’93 molte di queste furono
liberate; ma durante lo
stesso anno altre centinaia
di Oromo furono arrestati.
Amnesty ritiene che molti
di loro furono arrestati per
motivi di opinione, per la
loro pacifica opposizione
al governo. Di Yosef Ayele Bati non si è saputo più
nulla.
Si prega di chiedere sue
notizie, in inglese o italiano, a: His Excellency President Zenawi, Office of
thè President, Addis Abeba - Etiopia (affrancatura
lettera via aerea: £ 1.200).
N.B. Per gli appelli si
possono usare anche gli
aerogrammi, già affrancati
(£ 850), validi per tutti i
paesi del mondo.
Buone notizie
La bambina di 10 anni
Ulyana Barsegyan dell’Azerbaigian è stata liberata
il 27 settembre scorso.
Avevamo già dato notizia
della liberazione della sorella Liana. La condanna a
morte di Nicolas Gutierrez
Cruz (Guatemala)è stata
commutata a 30 anni di
carcere.
A cura di
Anna Marnilo Reedtz
Amnesty International:
viale Mazzini 146, 00195
Roma.
Telefax; 06-37515406.
f
Il dibattito sui trasferimenti dei pastori valdesi al Sud
Sviluppiamo azioni positive
Vorrei dire anch’io qualcosa sulla questione dei trasferimenti. Più che schierarmi desidero porre alcune riflessioni: la disponibilità dei pastori
ai trasferimenti è questione
annosa, come la pongono
Monica Natali e Sergio Rostagno è insolubile. Un tempo
(così raccontano) arrivava
l’ordine indiscutibile della
Tavola e il pastore con la sua
famiglia (così raccontano)
partiva. Oggi per fortuna ci
sono dei contatti tra Tavola e
pastore e la sua famiglia (se
ce l’ha) che ci danno la possibilità di dire la nostra, di valutare i pro e i contro. Forse è
proprio a vivere questo processo decisionale che non siamo ancora allenati. In esso
pesano fattori soggettivi e oggettivi. Spesso non abbiamo
una chiara consapevolezza
dei confini tra gli uni e gli altri; i problemi oggettivi sono
per me legati principalmente
alla salute propria, del coniuge, dei figli e all’autosufficienza dei genitori anziani.
Per altri può esservi anche il
lavoro del coniuge o altro.
Quelli soggettivi sono spesso
impalpabili ed è difficile, da
soli, scioglierli.
Per chi vive alle Valli c’è
quel senso di protezione dato
dalla vicinanza di altri pastori, da una routine ecclesiastica consolidata, da una vita
sociale abbastanza funzionante, dal fatto che un pastore
(dopo una o due apparizioni
pubbliche) è riconosciuto da
negozianti, medici ecc., anche cattolici (questo avviene
in una cittadina come Pinerolo) e ovunque si vada alle
Valli sanno chi sei, come si
chiamano i tuoi figli, persino
le loro marachelle e i loro
pregi. Cito come fonte di sicurezza personale cose di cui
peraltro a volte ci lamentiamo
come se fossero (e in parte lo
sono) fonte di stress.
Per alcuni pastori le Valli
sono anche il luogo della loro
nascita: il punto è proprio
quello di valutare i problemi
soggettivi in modo che essi
assumano una dimensione ragionevole. In genere invece i
problemi soggettivi inespressi
diventano impedimenti oggettivi o vengono mascherati
come tali. Bisogna tuttavia
notare che un impedimento
soggettivo ha spesso un grosso peso che non bisogna irridere: mi pare quindi importante trovare il modo per confrontarci tra pastori e sui criteri con cui affrontiamo le richieste della Tavola e delle
chiese autonome. Forse per
questo avremo bisogno di un
aiuto esterno.
Rostagno dice un’ovvietà
quando sostiene che anche
trasferendosi di 5 km si può
avere un ministero benedetto.
La questione non è questa
(sono sicura che nemmeno la
Natali voleva dire questo). La
questione è che, poiché oggi
abbiamo la possibilità di discutere con la Tavola dei nostri trasferimenti, ci educhiamo a gestire il processo decisionale con serietà e professionalità. Per me questo significa tra l'altro sconfiggere
l’idea che nel pastorato sia
possibile vivere la propria vita come un teorema in cui le
mosse future sono prevedibili
(tranne avversità), in cui la
propria vita è programmabile
al 90%. Detto tra parentesi,
noi non siamo gli unici «martiri» dei trasferimenti. Ci sono dirigenti, operai, tecnici,
forze dell’ordine che affrontano questioni simili. Forse
alcune di queste categorie ne
traggono dei guadagni in termini monetari e altre hanno
la protezione del prestigio. E
noi? Ovunque andiamo troviamo una comunità di credenti che ci accoglie. E troppo poco questo?
Seconda questione. La lettera di Monica Natali contiene un richiamo alle promesse
fatte al momento della consacrazione circa la disponibilità
al trasferimento: lo interpreto
come un richiamo alla professionalità. C’è però un problema: il pastorato contiene
un elemento di professionalità desueto eppure prezioso
nella nostra società, la coerenza e la trasparenza tra vita
lavorativa e vita privata.
Mentre tutte le professioni
hanno uno scarto notevole tra
pubblico e privato il pastorato non lo ha. Se il mio dentista mi sa curare bene i denti,
mi può infastidire che sia un
uomo fatuo e superficiale ma
questo non intacca la sua
professionalità. E preciso che
qui non intendo dire che il
pastore o la pastora debbano
avere un’etica conformista
ma che in qualunque scelta
c’è questa domanda di coerenza e trasparenza.
Le famose promesse esemplificano i contenuti di professionalità del pastorato ed è
innegabile che esse siano una
attesa di coerenza e di trasparenza: questa è la nostra croce perché siamo sempre portati a vedere principalmente i
pesi delle nostre promesse o a
polverizzare questa unicità
del pastorato. Resta per me
fondamentale che chi fa queste promesse non è un robot
ma una persona in carne e ossa che deve imparare a gestire la propria vita, ma che va
anche sostenuto e aiutato a
mantenerle.
E vengo al mio ultimo pensiero: Bruno Rostagno dice la
seconda ovvietà della sua lettera: ci mancherebbe che noi
pastori avessimo qualcosa
contro il Sud! Sarebbe non
solo irrazionale ma antievangelico. Però non nascondiamoci dietro un dito: niente
contro non sempre significa
qualcosa a favore. Io credo
che oggi sia assai importante
per le chiese conoscersi reciprocamente nel luogo della
propria vocazione; scambiamoci queste visite, incoraggiamo contatti perché possiamo raccontarci il vivere quotidiano della fede nei nostri
luoghi diversi.
C’è chi ha paura che questo
dibattito sui trasferimenti
contenga il fraintendimento
che anche nella nostra chiesa
come nella società soffi il
vento leghista. Vorrei ben
sperare che le chiese fossero
immuni dai luoghi comuni
ma vorrei comunque lanciare
questo punto di lavoro; ribadiamo in progetti e programmi che la chiesa di Gesù Cristo è raccolta di uomini e
donne oltre le frontiere (sempre fittizie e artificiali eppure
pesanti).
Ai miei colleghi e alle mie
colleghe vorrei ancora dire: la
coda di paglia non ha mai
portato pensieri e azioni positive, caso mai un senso di
colpa che si manifesta in aggressività. Ogni decisione
porta con sé delle responsabilità; sia che diciamo sì alle richieste di trasferimento, sia
che diciamo no, ci sarà sempre qualcuno che ci chiederà
ragione delle nostre scelte. Irriderlo o trattarlo con sufficienza non porta a nulla. Mi
auguro che le chiese del Sud
senza pastore potranno presto
accoglierne.
Erika Tomassone
Pinerolo
Grazie
all'Ospedale
valdese
di Torino
Tramite le pagine di questo
settimanale desidero mettere
in luce l’importanza dell’
Ospedale evangelico di Torino, per gli evangelici e non,
in cui ognuno si sente in famiglia anche se colpito nel
fisico e nel morale. Per l’esperienza vissuta sono stata
impressionata dal fatto che in
questo ospedale non sono
stata né un numero né solo
un caso clinico, ma una persona che ha ricevuto le più
accurate attenzioni da parte
del corpo sanitario, dal personale paramedico e dagli
amici dell’ospedale in visita
ai degenti.
Mi corre soprattutto il dovere di esprimere la personale
gratitudine al valente prof.
Luigi Locatelli, primario di
chirurgia, e alla sua équipe di
cui ho verificato l’elevata'
professionalità nel delicato e
lungo intervento a cui mi sono dovuta sottoporre. Questa
espressione di riconoscenza
la estendo al prof. Dario Varese che mi ha circondato
delle sue affettuose premure,
Infine rilevo quanto sia efficace il poter essere seguita
nella fase successiva alla dimissione dallo stesso personale sanitario a cui sono ricorsa.
VENE!
Irma Bagnino Rampa
Torre Pellicç
Emanuela potrà
essere operata
Vorrei ringraziare tutti coloro che con il loro piccolo
aiuto hanno fatto sì che ab
biamo raggiunto la somma
necessaria per portare la piccola Emanuela negli Stati
Uniti, dove deve subire un
importante intervento che la
porterà ad essere un po’ più
come gli altri. Il Signore ci hà‘
aiutati passo dopo passo a sutj
perare ogni piccola o grandéì
difficoltà, ci ha guidati, è venuto con noi e nei moment
più duri ci ha presi in braccib.)
Il Signore benedica ognuno
di voi, suoi figli e nostri irai
telli. In fede
Paola Franzini - Roma
Chi è di
sinistra?
Caro Direttore,
credo di essere di sinistri
Oggi in Italia come me ce nè
sono in quasi tutti i partii
Ma quali sono i partiti di sin
stra? Forse Rifondazione, n
non mi convince, e in parte
Verdi. Non il Pds e il popol
sedicente progressista, mal
grado tanti aderenti ed eletto
ri di buona volontà. E quesf
prendere per il naso in questi
fase li rende il maggior per*
colo ovviamente dopo i v
msi e qualcun altro eventuali
Non basta prendere qualche
posizione buona o apparente*
mente tale. Anche Hitler fa
ceva le case per gli operai e
Mussolini il Dopolavoro!
Quanto all’ultrasinistro Orlando è un clericale alla Controriforma, non a caso con i
gesuiti; suo personale diritto
pensarla così, e magari ci so*
no dei protestanti di Palermo
e altri che votano Rete, magari con furore antileghista.
Con i miei saluti
Gustavo Malati
Torre Pellice
Contro i disservizi postali
Se Riforma arriva in ritardo
Tutti i lettori che ricevono Riforma con
forte ritardo sono invitati a reclamare presso la «Direzione provinciale P.T.» del loro
capoluogo di provincia. Questo è il testo
della lettera tipo;
Alla Direzione generale
Servizi Po.stali - Roma
Alla Direzione Provinciale P.T. di.....
Oggetto: protesta per ritardo postale di
«Riforma».
Con la presente voglio portare a conoscenza che il .settimanale «Riforma» [riportare numero e data del giornale], consegnato dall’editore all’Ufficio postale di Torino
in via Reiss Romoli in data [riportare giorno e mese] — come risulta dal timbro datario apposto sul libretto di conto corrente
continuativo mod. 244 dell’editore —, mi è
stata recapitata .solo il giorno [riportare la
data di recapito] con un ritardo fortemente
pregiudizievole per l’utilizzo di tale pubblicazione, ovvero per la sua lettura in termini di attualità. Questo rende ovviamente
vano lo sforzo operato dal settimanale per
giungere in modo tempestivo ai lettori.
Chiedo risposta motivata e assicurazione
.scritte sull’eliminazione del ritardi nei futuri recapiti.
Distinti .saluti.
[firma leggibile, indirizzo e data[
I reclami vanno indirizzati alla Direzione
provinciale P.T. del capoluogo di provincia
e, per conoscenza, alla Direzione dei Servizi postali, viale Europa 147. 00144 Roma.
Le lettere vanno spedite in busta senza
francobollo, indicando nell’area di atfrari*
catura. Esente da tassa, reclamo di servizio, art. 51 DPR 28.3.1973 n. 156.
Un’altra copia della lettera va spedita per
conoscenza, questa volta con affrancatura,
alla redazione di Riforma, via Pio V 15,
10125 Torino.
Per permettere ai «protestatari» la massima precisione, ogni numero di Riforma riporta la data di spedizione del numero precedente presso l’Ufficio postale di Torino,
via Reiss Romoli. Questa informazione è
contenuta nel «tamburino» a pag. 11.
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Ancora sulla
Repubblica
di Salò
In una lettera pubblicata sul
n. 50 di Riforma il sig. Petti
rievoca il Medioevo ricordando a modo suo quel che successe 48 anni fa. Non vogliamo essere manichei ma sappiamo anche che quando un
popolo - dopo 20 anni di dittatura soffocante, anche sul
piano religioso, di un regime
da Ovra e tribunale speciale,
da leggi razziali e dopo tre
anni di guerra e 18 mesi di feroce occupazione tedesca e
fascista - si ribella alla fine, è
inevitabile, scoppia la resa
dei conti. La stessa che molti
giudicarono assai blanda poiché permise che molti, troppi,
fra i più qualificati responsabili e criminali, rialzassero la
testa prima e dimostrassero
più tardi la loro sfacciata e
vergognosa arroganza.
Se si volesse parlare di
«stermini» da paragonare alle
medievali stragi degli albigesi
si potrebbe fare un elenco,
tutto di marca fascista, tale da
riempire l’intero giornale.
Non posso tuttavia fare a meno di ricordare che solo
nell’ambito delle valli Pellice
e Germanasca la 5° divisione
alpina Giustizia e Libertà ebbe 159 morti, non tutti caduti
combattendo o fucilati, ma
anche periti sotto torture. Così come non posso dimenticare le 156 case bruciate per
rappresaglia nel mio paese
(Torre Pellice) e soprattutto e
innanzitutto le numerose vittime civili.
La prima volta che i repubblichini fascisti salirono in
valle - era il 4 febbraio 1944
- i civili trucidati furono 8, il
più giovane aveva 16 anni e il
più vecchio 78; nove mesi
dopo, sulla vicina collina di
Bricherasio - sempre e solo a
opera dei repubblichini un’intera famiglia fu arsa viva e non furono quelle le ultime vittime prima della Libe
Nelle valli che chiamiamo e che restano un riferimento importante per la
diaspora evangelica italiana,
Ruggero Marchetti fa cadere
fa cadere ogni tanto le sue
riflessioni in po’ fuori dal
coro, interrogativi di provocazione e di stimolo. Solo
chi vive la condizione di
credente evangelico come
pratica rassicuratoria e consolatoria può pensare che
cadano inopportune.
Per i credenti non c’è salvezza - ha scritto un grande
teologo tedesco della scuola
esistenziale - se non si lasciano di tempo in tempo alle spalle le oasi dell’assuefazione e del conformismo per
attraversare di nuovo il deserto. I eristiani che non trovano'piìi stimoli, che non si
mellono in discussione, non
affrontano il cammino e il
rischio finiscono, come dice
Marchetti, per fare delle
chiese «empori religiosi» e
di Dio un Dio tappabuchi.
Chiese o sette?, domanda
Marchetti: e dice che la sua
è un po’ una provocazione e
un po’ un discorso serio.
C’è chi ha equivocato, c’era
da aspettarselo, sull’interrogativo, l’ha preso alla lettera: torniamo indietro, ai vaidesi del Medioevo che seguivano «nudi Cristo nudo». Ma non si tratta certo
di questo.
Penso anch’io che il pau
DIBATTITO
CHIESE 0 SEDE?
perismo evangelico valdese
sia morto a Chanforan. Dove sono oggi gli eredi degli
Umiliati, degli Arnaldisti,
degli Spirituali, dei Fraticelli per limitarci, tra gli svariati movimenti e sette ereticali medievali, a quelli che
secondo Giovanni Gönnet
facevano parte con i valdesi
del filone evangelistico-pauperistico?
Se i valdesi sono ancora in
Italia, se sono un riferimento
ancora oggi per la presenza
protestante, evangelica, è
perché sono passati nel campo della Riforma, è perché
l’Olanda e l’Inghilterra hanno dato loro la mano decisiva di protezione, di aiuto.
Penso che abbia una valenza
simbolica che il soccorso sia
venuto dall’Olanda e dall’
Inghilterra, le nazioni che
esprimevano al meglio la
modernità del ’600, la laicità, la democrazia, la tolleranza religiosa, i valori
«borghesi» della libertà, della intrapresa, del rischio, la
vocazione all’iniziativa privata e alla corresponsabilità
pubblica. Penso che dobbiamo tenerne conto se voglia
mo dare un contributo delle
chiese protestanti a questa
Italia del 1994 che sta cercando di affrancarsi dalla
doppia pregiudiziale chiesastica che l’ha imbracata e
corrotta. Quella vaticana e
quella dirigista di marca
«orientale» dello stato-beneficenza, detentore monopolista della solidarietà sociale.
Detto questo c’è, mi pare,
un’indiscutibile verità storica, sociologica, ecclesiologica al fondo della provocatoria domanda di Marchetti.
La rivoluzione protestante e
riformata è stata la riscoperta profetica dell’Evangelo, il
movimento evangelico mondiale la risultante di gruppi
ristretti con decisa vocazione alla profezia. Gruppi con
forte identità di appartenenza e di riferimento, forti motivazioni, forte senso del sacerdozio universale che, a
partire dalla conversione
personale all’Evangelo, si
impegnavano nella ricerca
dell’«uomo nuovo, della terra nuova»: qualche volta,
non va sottaciuto, con una
pericolosa propensione ad
accorciare la prospettiva
escatologica del Regno, a
volerlo vedere realizzato nel
presente storico. Allorché il
movimento, la tensione si
cristallizzavano nell’ortodossia, nella scolastica, prevaleva la chiesa-istituzione e
l’opposizione alla mentalità
del mondo si quietava nella
collaborazione di compromesso con il potere politico.
Poiché Marchetti ha lanciato la provocazione, vedo
di spingerla avanti, dicendo
che le chiese alle Valli sono
più «chiese», le chiese in
diaspora più «sette». Quello
che mi sembra scontato è
che se le chiese evangeliche
non ricuperano qualcosa
della tensione profetica, dello spirito «di frontiera»,
dell’intensità di vita delle
loro origini, non avranno un
gran futuro: paradossalmente oggi che i cambiamenti
mondiali sembrano di nuovo
aprire ampi spazi alla loro
proposta. Dovremo rassegnarci, in questa prospettiva
di inerzia, a vedere le nostre
chiese ancora più vuote, frequentate dai vecchi, disertate dai giovani. E gli spezzoni in uscita dal monolito della chiesa romana non approderanno all’autenticità trasformatrice dell’Evangelo,
preferiranno le suggestioni
di Geova, dell’Islam, del
buddismo.
Sergio N. Turtulici
Pinerolo
razione. Sui «Tribunali del
popolo» cerchiamo di essere
più seri, non è una questione
tale da imbastirci su delle favole; questi avevano una precisa struttura e norme dettate
dal Gin, legittimo e riconosciuto organo di governo.
Se il sig. Petti aveva 19 anni quando fu chiamato a servire per 4 anni la patria fu,
purtroppo, per servire un’
ideologia centrata su un uomo che faceva scrivere sui
muri «il duce ha sempre ragione» e che proclamava tutto un programma - «la
guerra sta all’uomo come la
maternità alla donna». Devo
ricordare che molti entrarono
nella Resistenza a 18-19 anni
senza cartolina precetto e alcuni miei compagni a quel
Riforma
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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DIRETTORE: Giorgio Gardiol
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l’età furono appesi alla forca
0 fucilati per dimostrare che
«il duce ha sempre ragione»;
la Resistenza e l’antifascismo
hanno combattuto contro una
nefasta e nefanda ideologia
(qui sta il vero nocciolo della
questione) e per quella umanità di cui l’autore della lettera dovrebbe tenere conto, per
quella libertà che gli permette di scrivere così. Una pubblica risposta come la mia sarebbe stata impossibile a quei
tempi.
Il sig. Petti non l’abbia a
male se nuovamente mi permetto di suggerirgli, cortesemente, di aggiornarsi meglio
su quanto il fascismo ha combinato sin dal 1919 in Italia e
all’estero (assassinio dei fratelli Rosselli, guerra di Spagna) e poiché fa determinati
richiami storici la lettura di
Un protestante nella Resistenza, pubblicato dalla Nuova Italia e poi ristampato dalla Claudiana, potrà forse fargli capire che lo scontro fascismo-antifascismo non era,
e non è, come una partita fra
due squadre di calcio o pallavolo.
Giulio Giordano
Torre Pellice
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Riforma è II nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con II n.
del 1® gennaio 1951, responsabile Franco GiampIccoB. Le modifiche sono state regis
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 2 del 14 gennaio 1994 è stato consegnato per l'inoltro postale aH'Ufficio CMC
Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 12 gennaio 1994.
176
L'Evangelo
in Albania
Caro direttore,
la risposta di Gianna Urizio
{Riforma n. 48) alla lettera di
Adriana Gavina pone una domanda intorno alla quale vale
la pena di riflettere: «Come
intervenire in un paese dove
esiste una chiesa sorella?».
La chiesa sorella è la chiesa
ortodossa autocefala e il paese è l’Albania. Alla domanda
della Urizio sono già state date delle risposte. Ella stessa
cita i criteri adottati dalla
Fgei, dalla Fcei e dal Cec. Si
tratta di criteri che rifiutano il
colonialismo culturale ed
economico e che esprimono
rispetto per la cultura e le
priorità degli albanesi.
Tuttavia questi criteri, pur
nel loro immancabile spessore, possono mascherare la volontà di un coinvolgimento
«fino a un certo punto», nonché delle indecisioni di fondo. Vorrei ricordare che 1’
Evangelo non è semplicemente la risposta alle nostre
domande (nemmeno alle domande degli albanesi) ma prima di tutto è una domanda radicale di conversione e di discepolato.
In questo senso a quanti
hanno parte nella «chiesa sorella» ortodossa in Albania,
come in quella cattolica in
Italia, nonché nelle nostre
chiese, va presentato l’Evangelo nella sua dimensione di
PAG. 1 1 RIFORMA
rottura con il passato e con i
modelli del mondo (ivi compresi quelli delle società capitalistiche che spesso costituiscono un miraggio per quanti
escono dai regimi del cosiddetto comuniSmo reale). Per
fare ciò, e per non andare «fino a un certo punto» e non oltre, è necessario «esserci»,
stare nel paese, con i suoi abitanti, a cominciare dai minimi. A questo riguardo l’attività della missione battista e
del pastore Guama rappresentano un esempio concreto.
Su un altro versante, diremo che l’Albania non è soltanto un paese ateo a causa
del suo passato regime. Lì
vivono ortodossi, cattolici,
musulmani, evangelici. Ciò
non vuol dire che in Albania
il pluralismo religioso sia cosa scontata: non lo è nemmeno in Italia! Si sa che in generale i paesi a forte presenza cattolica, ortodossa o musulmana apprezzano poco la
laicità dello stato. Inoltre, i
paesi con questo patrimonio
religioso sono digiuni di
Riforma protestante con i
suoi contributi teologici ed
etici.
Ecco, mi sembra di avere
individuato alcuni elementi
che ci consentono di rapportarci in modo critico, ma costruttivo, con la realtà albanese. Si tratta ora di andare, certo con umiltà, a allacciare
rapporti di fraternità, di comunione, di scambio di esperienze, di servizio. Si tratta
anche di proporre, oltre alla
conversione e al discepolato,
il pluralismo religioso, la libertà di coscienza, il rifiuto
dei privilegi statali, la laicità
(non l’ateismo) dello stato, la
liberazione dagli autoritarismi.
Di fronte agli albanesi non
possiamo trascurare di esplicitare il nostro essere contro
gli integralismi religiosi e le
chiese concordatarie, il nostro
essere contro il tradizionalismo religioso bigotto e acritico, chiuso al rinnovamento.
Sarà quindi necessario valutare attentamente i nostri interventi. Essi possono assumere
il valore di avallo o di rottura
rispetto a determinati modelli
culturali.
Salvatore Rapisarda
Catania
Partecipazioni
Annunci
Eliana Briante e Ulrich
Eckert annunciano la nascita
del loro piccolo Daniel.
Il clic
di prima pagina
Cantieri a Genova. La
città è un banco di prova
dei rapporti tra lavoro e
impatto ambientale. A Genova, nell’estate scorsa, si
sono vissute anche le prime tensioni «di massa»
con cittadini immigrati: un
altro banco di prova.
RINGRAZIAMENTO
«Dio è per noi un rifugio
e una forza, un aiuto
sempre pronto nella distretta»
Salmo 46, 1
I familiari della compianta
Maddalena Ribet ved. Pone
di anni 92
ringraziano di cuore tutti coloro
che con la presenza, scritti e parole di conforto hanno partecipato
al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Lucilla Peyrot.
Ferrerò, 6 gennaio 1994
RINGRAZIAMENTO
«Benedici,
anima mia, l'Eterno,
e non dimenticare
alcuno dei suoi benefici»
Salmo 103, 2
I familiari di
Elisa Buffa ved. Co’isson
sono grati a tutte le persone
che sono state loro vicino nel momento della sua dipartita.
Ringraziano in modo particolare il dr. G. Bevacqua e il pastore
Vito Gardiol.
Ingrogna, 10 gennaio 1994
RINGRAZIAMENTO
Il 9 gennaio è mancato
Wilhelm Koch
Con affettuoso rimpianto ne
danno l'annuncio la moglie Gerd
Irgens, le figlie Ellen con Marco,
Paolo e Laila, Carla con Gianfranco e Barbara, Fiorella con Giorgio
e Erika, le sorelle, il fratello, la cognata e i nipoti con le rispettive
famiglie (Oslo) e ringraziano tutti
coloro che lo hanno assistito nella
breve malattia.
La cremazione ha avuto luogo
oggi in Torino. Per sua volontà
eventuale offerte in memoria potranno essere destinate all'Asilo
valdese di Luserna San Giovanni,
che era divenuto la sua casa, o
alla Croce Verde di Pinerolo.
Luserna San Giovanni,
11 gennaio 1994
Il presidente, la Commissione
direttiva, i direttori amministrativo
e sanitario e il personale tutto dell'Ospedale evangelico valdese di
Torino prendono parte al dolore
della dott.ssa Lea VInay, aiuto
della Divisione di chirurgia, per la
scomparsa del marito dottor
Ugo Luise
Torino, 13 gennaio 1994
«Proteggimi, o Dio,
perché io confido in te»
Salmo 16,1
Il 5 gennaio scorso ha concluso Il suo viaggio terreno
Irene De Laurentiis
ved. Liggeri
Il figlio Ernesto, con Germana,
la figlia Lucia con Camillo e i nipoti tutti rendono partecipi del loro
dolore tutti coloro che l'hanno conosciuta.
Catania, 15 gennaio 1994
RINGRAZIAMENTO
«Mi sono rivolto al Signore
e mi ha risposto, da tutti
i timori mi ha liberato»
Salmo 34, 5
I nipoti della cara
Emilia Gay ved. Beux
commossi per le manifestazioni
di simpatia ricevute, ringraziano
tutte le gentili persone che con
scritti, presenza e parole di
conforto hanno partecipato al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Bellion, alla direzione e
al personale del Rifugio Re Carlo
Alberto, alle signore Viola, Ida e
Debora.
Luserna San Giovanni,
19 gennaio 1994
RINGRAZIAMENTO
«Ho cercato il Signore
e mi ha risposto, da tutti
i timori mi ha liberato»
Salmo 34, 5
I familiari di
Elena Ricca
riconoscenti, ringraziano tutti
coloro che sono stati loro vicino
nella triste circostanza.
Un grazie particolare a tutta la
direzione e al personale dell'Asilo
valdese, e al pastore Davite.
Torre Pellice, 21 gennaio 1994
I necrologi si accettano antro !e ore 9 del lunedi. Telefonare al numero 011655278-fax 011-657542.
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì 21 GENNAIO 1994
Una proposta della Commissione internazionale dell'educazione per il XXI secolo
Nel «villaggio globale» del futuro lo sviluppo
dovrà essere fondato sulPeducazione
JACOUU OILOM
Assistiamo oggi a un formidabile mutamento del
mondo che ci può portare al
meglio oppure farci precipitare nel peggio. Se l’avanzata
delle conoscenze, e in particolare della scienza e della
tecnologia, fonda la speranza
di un futuro di progresso per
l’umanità, ogni giorno l’attualità ci ricorda a quali derive, pericoli a volte estremi, e
conflitti si trova esposto il
mondo contemporaneo.
L’interdipendenza sempre
più evidente dei popoli e delle nazioni crea le condizioni
di una cooperazione intemazionale senza precedenti ma
questo emergere di una coscienza planetaria rivela anche l’ampiezza delle disparità
di cui soffre il mondo, la
complessità e l’intreccio dei
problemi e la molteplicità
delle minacce che rischiano,
in ogni momento, di rimettere
in discussione i dati acquisiti.
La crescita demografica
accelerata di un certo numero
di paesi è indubbiamente un
fattore di sviluppo ma può
anche precipitare intere regioni in una miseria crescente. Il progresso tecnico, diffuso nell’insieme del pianeta,
rimane fondamentalmente
una vittoria dell’umanità sulla scarsità delle risorse e forse l’unica possibilità di sopravvivenza per miliardi di
abitanti. Ma è anche all’origine di problemi multiformi,
per l’ambiente e per l’impiego ad esempio, nonché la
causa di conflitti e di rivalità
tra i paesi che ne traggono
profitto e coloro che sono
esclusi dai suoi benefici.
In quanto all’estensione e
al perfezionamento spettacolare dei mezzi di comunicazione, essi riavvicinano gli
individui e i popoli in seno al
«villaggio globale» ma tendono anche, se non si sta attenti, a banalizzare la cultura
Una scuola In Africa: l’educazione è uno del problemi più importanti per I paesi del Terzo Mondo
e a livellare la diversità delle
culture.
Pertanto, in questa fine del
XX secolo, il nostro avvenire
ci appare allo stesso tempo
promettente e carico di angoscia, come sospeso in un fragile equilibrio tra due poli
opposti. Più che mai il nostro
maggiore interrogativo è di
sapere come l’umanità possa
avere presa sulla propria storia onde controllarne, almeno
in parte, il corso. A tale riguardo, l’educazione è sempre stata percepita come una
funzione vitale della società,
che perpetua la sua esistenza
trasmettendo di generazione
in generazione ciò che 1’
umanità ha imparato su se
stessa.
Sempre più fortemente si
sta imponendo l’idea che
l’educazione costituisca una
fra le più potenti armi di cui
disponiamo per modellare
l’avvenire o, più modestamente, per pilotarci verso il
futuro seguendo le correnti
portanti e tentando di evitare
gli scogli. Non è proprio
l’educazione che può «fare la *
differenza», aiutando gli individui e le società a raccogliere le sfide del mondo
contemporaneo? Ora, frenata
com’è dall’insufficienza dei
budget e dall’inadeguatezza,
quantitativa e qualitativa, dei
sistemi educativi, lenta nell’adattarsi, essa si trova confrontata a un compito enorme, di cui un cenno ai problemi contemporanei può
darci la misura.
Ciò che ci si aspetta dall’educazione è di rispondere,
su scala mondiale, all’espansione della domanda; di garantire l’eccellenza dell’insegnamento ma anche l’equità
richiesta dal diritto all’educazione per tutti; di preparare
e favorire il cambiamento,
suscitando la curiosità intellettuale, la capacità di adattamento, il gusto dell’innovazione; di assicurare il progresso di società moderne
nonché il realizzarsi di individui radicati nella propria
cultura.
Consapevole della diversità delle culture, della specificità dei problemi e delle
esperienze, degli obiettivi
politici e sociali dei diversi
stati membri dell’Unesco, la
Commissione preposta si
propone di individuare e di
valorizzare i fattori di progresso individuale e collettivo compresi nei sistemi nazionali di educazione. Così
potrebbe essere dato lo slancio necessario a uno sviluppo
endogeno fondato sull’educazione, che avrebbe come
finalità non solo un innalzamento del livello e delle condizioni di vita ma anche il
miglioramento della sua qualità, per i nostri contemporanei e come eredità per le generazioni future.
(Da Sources Unesco - Estratti
dell’intervento pronunciato alla
Conferenza generale dell’Unesco il 2 novembre 1993)
L'opinione di Edgard Pisani, uno dei maggiori esperti dei problemi dello sviluppo
Bisogna creare un equilibrio tra Nord e Sud
Uno dei maggiori specialisti del Terzo Mondo e dei
problemi dello sviluppo è
Edgard Pisani, ex ministro
deU’Agricoltura di de Gaulle,
commissario europeo a
Bruxelles, direttore dell’Istituto del mondo arabo a Parigi
e consigliere del presidente
Mitterrand. L’anno scorso ha
partecipato in Svizzera alla
Campagna ecumenica organizzata da «Pain pour le prochain» e «Action de Carême», tenendo una conferenza
nella cattedrale di Losanna.
La sua visione dei problemi
mondiali è acuta e disincatata
e la esprime senza mezzi termini. La rivista «Terre Nouvelle» riferisce alcune delle
sue opinioni nel numero di
giugno-agosto ’93.
Per quanto riguarda il
mondo arabo, Edgar Pisani
ritiene che la crescita dell’integrismo islamico sia anche
favorita dalla crisi sociale,
dovuta tra l’altro alla progressione demografica. Chiudere le frontiere è un’illusione. A titolo indicativo, la
Francia conta oggi 3 milioni
di arabi, i musulmani sono
due volte di più dei prote
Edgard Pisani
stanti e degli ebrei. L’Europa
non avrà pace se non stabilisce un equilibrio con il Sud
che non deve avere bisogno
di emigrare verso il Nord. Essa non può venir meno ai
propri compiti nei confronti
del Sud e pensare solo all’
Est. È proprio intorno al bacino mediterraneo che il
Nord e il Sud si incontrano e
là deve crearsi quell’equilibrio. È là infatti che, con la
questione del Medio Oriente,
si sta giocando il destino del
mondo.
Di fronte agli immani problemi dell’Africa, Pisani af
ferma: «Mi vergogno di vedere ciò che abbiamo fatto in
Africa... Siamo responsabili
di un modo di sviluppo, di
una evoluzione, che hanno
strappato l’Africa alle sue radici. 11 nostro modello di consumo, di spreco di energia e
di inquinamento non è trasferibile. L’Africa oscilla oggi
tra la miseria e la povertà.
Credo che l’Africa debba
adottare un’altra via che corrisponda al suo genio proprio, alla sua natura profonda. Dobbiamo fornirle i mezzi finanziari per questo».
Sul gravissimo problema
dell’indebitamento, Edgard
Pisani è vicino alle tesi di
«Pain pour le prochain», della «Comunità di lavoro» delle opere svizzere di aiuto al
Terzo Mondo (Swissaid, Pain
pour le prochain. Action de
Carême, Helvetas Caritas) e
della nota economista Susan
George. 11 debito è un contratto che va rispettato, occorre pertanto mantenerne il
principio, ma bisogna rinunciare al rimborso attuale del
credito creando sul posto, nei
paesi coinvolti, un fondo di
compensazione in grado di
finanziare progetti locali. Riguardo al problema demografico, le sue posizioni possono
stupire.
L’Africa, che conta oggi
500 milioni di abitanti, ne
avrà un miliardo fra 25 anni.
Nel 2010, su 100 bambini che
nasceranno nel mondo, 22 saranno africani. «Eppure - sostiene Pisani - mi sembra
che, ragionevolmente coltivata, l’Africa possieda abbastanza terra, uomini e donne,
sole, per nutrire tutti coloro
che nasceranno. È una questione di organizzazione e di
scelte che finora sono state
spesso sbagliate». Bisogna
cercare di capire gli africani
natalisti: 25 anni fa, per tenere tre bambini per la loro vecchiaia, i genitori dovevano
metterne al mondo 7, 8 o 10.
La dignità della donna africana sta appunto nell’avere
molti bambini e nel riempire
così il proprio compito nei
confronti della società. «Soltanto fra 20 anni avverrà un
certo rallentamento». Intanto
le sfide sono immense, poiché con una natalità del 4%,
in certi paesi, ci vorrebbe una
crescita economica del 10%...
Riflessioni di un agronomo malgascio
Quale agricoltura
per il Terzo Mondo?
LEONARD RAKOTONDRAZAKA
I paesi del Terzo Mondo sono confrontati a un problema di denutrizione progressiva, dovuta a una quasi stagnazione della produzione
agricola a fronte di una demografia galoppante: spesso
la prima reazione dei dirigenti è stata di fare discorsi elogiativi sull’agricoltura moderna e sull’uso dei trattori e
delle macchine agricole.
Inoltre la presenza, sul mercato delle nostre capitali, di
concessionari di macchine
agricole sempre più perfezionate contribuisce alla tentazione; dopo due o tre decenni
di sforzi vani, siamo costretti
a constatare che il risultato è
negativo. Perché?
1) Il trattore non è adatto
ai nostri suoli: il suolo malgascio è costituito soprattutto
di terra rossa ferruginosa, lateritica. È un suolo che si
comprime molto facilmente.
Quando viene lavorata con la
zappa e con l’aratro a trazione animale la struttura del
suolo si mantiene e migliora;
gli attrezzi leggeri contribuiscono a mantenerne la porosità. Con l’aratura fatta col
trattore, invece, questi suoli
si comprimono e diventano
duri, i microorganismi vengono distrutti e le piante
asfissiate. Risultato: il rendimento cala.
2) Il trattore non è adatto
ai nostri rilievi: in molte zone il paese è ondulato; i campi di patate dolci, di manioca
e anche le risaie costeggiano
i fianchi delle colline sotto
forma di un susseguirsi di
strette terrazze orizzontali sovrapposte. Manovrare trattori
e macchine in tali condizioni
è molto costoso e, per di più,
molto rischioso per gli operatori. La superficie lavorata a
ore è diventata troppo ridotta
e quindi il costo di produzione diventa proibitivo.
3) Il trattore non è compatibile alle nostre abitudini
culturali: fra le nostre principali abitudini, diamo sempre
la precedenza alle colture cosiddette associate. In un
campo di manioca seminiamo anche del mais e dei fagioli; sono piante di specie e
di cicli vegetali molto diversi
che necessitano di singole lavorazioni.
4) Il trattore non è accessibile al nostro potere d'acquisto: il trattore più piccolo costa 70.000 franchi francesi; il
reddito medio per famiglia
malgascia è di 1.500 franchi
l’anno e a una famiglia malgascia ci vogliono 50 anni
per mettere da parte la somma necessaria all’acquisto di
un trattore. Cinquant’anni di
privazioni totali: è inimmaginabile! Il trattore è dunque
oneroso da comprare, ma è
anche oneroso da usare. Il
costo di manutenzione per i
carburanti e i lubrificanti può
ancora essere sostenibile,
ma se aggiungiamo il prezzo
dei pezzi di ricambio e le
spese di riparazione diventa
proibitivo.
Una volta, quando ero un
giovane agronomo ambizioso, mi sono divertito a fare
uno studio comparativo dei
costi di latte prodotto con
l’agricoltura motorizzata e di
latte prodotto con la trazione
animale. Ebbene, il costo del
litro di latte varia da due
franchi nel primo caso a uno
solo nel secondo.
5) La trazione animale è
più conveniente, «i buoi crescono da soli»...: in molte regioni i buoi si moltiplicano
nella natura senza la minima
cura e preoccupazione da parte del proprietario; è un capitale energetico considerevole
che va sfruttato. Certo, ci vogliono l’addomesticamento e
l’addestramento ma almeno
gli animali non vengono importati daH’estemo e non necessitano di pagamenti in valuta; esigono semplicemente
di essere utilizzati con cura e
di essere gestiti come si deve.
Si tratta di energia disponibile in potenza, ma sono anche
esseri viventi e hanno bisogno di essere amati.
6) Gli animali non costm^o^
caro, si trovano dappertuu,;i
nelle campagne, tutti ne hanno: ogni coltivatore ne può
disporre, ovviamente con una
contropartita. Vediamo un
po’ i prezzi: un paio di buoi
da tiro costa 1.250 franchi,
vale a dire l’equivalente di
una tonnellata di riso bianco.
11 trattore più piccolo costa,
70.000 franchi, ossia 56 paia}
di buoi da tiro. È poco probabile che il piccolo produttore
si possa comprare un trattore
mentre è possibilissimo, invece, che ogni produttore,
anche se piccolo, abbia animali da tiro. ’
7) I buoi da tiro non inqu,
nano: il trattore funziona a
gasolio, quindi a petrolio; se
la regolazione degli iniettori
non è corretta, come succede
spesso, allora il trattore fuma; se i segmenti non vengono sostituiti in tempo, il r
tore fuma... e l’elenco sarc
be lungo.
Occorre anche tener presente il rumore del motore
che rompe la tranquillità mattutina della fattoria: gl' .A
mali da tiro possono faiv_
mori muggendo ma sono rumori particolarmente piacevoli; i loro escrementi sono
sporcizia per i cittadini di
passaggio ma sono oro per
l’agricoltore che li seppellisce per arricchire il terreno.
(da Cevaa News dicembre 1993)
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Madagascar: trebbiatura del riso