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Anno 122 - n. 48
12 dicembre 1986
L. 600
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito nsp^itre
a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
La scienza ha questa volta penalizzato io spermatozoo sprinter, queilo che porta il cromosoma « y », maschile, così detto
perché più piccolo, più leggero, e
più veloce dello spermatozoo
che porta il cromosoma « x »,
femminile. Così questa volta, non
per caso, ma per « selezione », è
stato il cromosoma femminile
ad arrivare primo, fecondando la
cellula sessuale femminile. Ne è
nata, a Napoli, Teresa. Il primato mondiale delle nascite di
femmine è in pericolo : il sesso
del nascituro si può determinare in laboratorio.
Sino a ieri vi erano metodi
più empirici: la dieta alimentare, la scelta di giorni particolari, Tosservazione delle fasi lunari, o mille pratiche scaramantiche a presiedere al desiderio
di lii! maschio o di una femmina. Si diceva, ieri, agli sposini:
« Auguri e figli maschi ! ». Sì,
percìsé nella cultura patriarcale
maschio era meglio, sia per i
nobili che si assicuravano l’erede, sia per i diseredati che si
assicuravano robuste braccia per
il duro lavoro dei campi e un
futuro « capofamiglia ».
■ Il monsignore di turno, Elia
Sgreggia, esi>erto di bioetica,
sentenzia : « Oggi si seleziona il
sesso, domani potrebbe essere
selezionata la statura o altra
qualità tisica. Tutto ciò va contro il rispetto, rintangphilità della vita tisica dell’uomo ». Ieri si
illuminavano viali e case con U
gas, poi è arrivata l’elettricità,
poi, anche la sedia elettrica.
Cosa non si può usare male?
Ma è questa una ragione per
dichiarare il dogma etico della
intangibilità? E cosa vuol dire
intangibilità? Se ciò significa tutela dalla mutilazione, tutela
della salute, va bene; ma se ciò
vuol dire che gli elementi germinali della vita sono intoccabili, non siamo d’accordo. Vi sono malattie che possono e che
potranno essere curate con ia
terapia del « gene » : lo dobbiamo fare!
La teoiogia etica non fa proprio io slogan della ditta Cirio:
« Come natura crea, Cirio conserva ». La differenza tra natura
e cultura sta tutta qui, nella capacità e libertà, perseguendo un
giusto fine — qui è il problema!
— di usare la cultura per porre
ordine nella natura. Anche il
sesso del nascituro esce dall’imponderabile del caso e dall’area
del felice sortilegio. Facciamo
di questo nuovo sapere un uso
corretto.
O qualcuno pensa che Dio ha
voluto più femmine che maschi
perché, appunto, ha dotato il
cromosoma maschile « y » di
maggiore velocità?
Si può rispondere che lo stesso Creatore dello « sprinter » ci
ha dato la capacità di individuarlo, riconoscerlo, bloccarlo,
premiando il più lento spermatozoo che porta il cromosoma
femminile « x ». Forse perché
voleva consentirci di amministrare la gara con saggezza ed
equità.
La hioetica non venera la dea
Natura, deve essere posta al
servizio di tutte le creature e
dell’intera creazione.
« Tutto è vostro, e voi siete di
Cristo» (I Cor. 3: 22).
Alfredo Berlendis
SOLIDARIETÀ’ CON LE VITTIME DELL’APARTHEID IN SUD AFRICA
L'Italia ritiri i propri investimenti
Costituito a Roma il Comitato nazionale anti-apartheid a cui aderisce la FCEI Programmata
una campagna di rnobilitazione e di informazione per I applicazione di sanzioni economie e
Il 15 e 16 novembre si è tenuta a Palazzo Braschi, Roma, la
prima Assemblea Nazionale dei
comitati anti-apartheid. E’ stata
convocata dal Coordinamento
Nazionale per la Lotta contro
l’Apartheid in Sud Africa, che da
quasi due anni sollecita e promuove iniziative per sostenere
la lotta della popolazione nera
e l’opposizione al regime razzista di Pretoria, coinvolgendo
partiti politici, sindacati, numerosi organismi culturali, religiosi, umanitari e moltissimi gruppi anti-apartheid sorti un po’
dovunque nel nostro paese.
I lavori sono stati introdotti
dal pastore S. Guarna della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e sono stati conclusi da G. Palumbo della Lega per
i Diritti e la Liberazione dei Popoli. Due momenti significativi
si sono avuti quando è stato osservato un minuto di silenzio in
memoria di Samora Machel,
presidente del Mozambico, recentemente morto in una sciagura aerea avvenuta in circostanze sospette nello spazio ae
reo del Sud Africa e quando Benny Nato, rappresentante permanente in Italia del Congresso
Nazionale Africano (ANC), appena giunto dagli USA dove
aveva partecipato alla sessione
deU’ONU sulle risoluzioni contro l’apartheid, ha informato con
forte preoccupazione circa il
tentativo in atto negli Stati Uniti di far passare TANC per una
organizzazione terroristica e di
fare emergere ed accreditare
presso rONU piccoli gruppi della resistenza nera sudafricana al
fine di frantumare il movimento
internazionale anti-apartheid finora unito nel sostenere l’African
National Congress. Benny Nato
ha quindi rivolto ai partecipanti un pressante appello a mantenere unito il movimento antiapartheid italiano, e questo subito dopo che erano risuonate
nelTassemblea forti critiche sul
ruolo di partiti e organismi che,
pur aderendo al Coordinamento
Nazionale, non sono sufficientemente attivi sul piano istituzionale e dell’opinione pubblica.
Sulla base della documenta
Tra apartheid e immigrazione: che cosa possiamo fare, concreto.mente, per contrastare le logiche del razzismo?
zione fornita da H. Hunke, direttore deiriDOC, circa il coinvolgimento dell’Italia nell'econo
TRE PAROLE PER L’AVVENTO - 2
U attesa
« Aspetta il Signore e osserva la sua via ¡
(Salmo 37; 34)
Il tempo di Avvento è per definizione tempo di attesa, quindi
il tema di questa seconda parola per il periodo di Avvento non
necessita di lunghe giustificazioni. Stiamo vivendo « fra i tempi », in quei giorni cioè che separano una promessa dal suo
compimento; ma li viviamo in
modo quanto meno strano. Mi
spiego: il tempo di attesa è veramente carico di promessa e di
aspettazione, di speranza e di
progetti, solo se, o a condizione
che, il suo compimento non sia
automatico. L’attesa ha un carattere ben diverso se l’adempimento di una promessa è soltanto
possibile e dipende interamente
dalla volontà di chi l’ha fatta,
oppure se è automatica, quindi
« viene da sé ». Nel primo caso
aspettiamo che l’avvenimento si
verifichi, nel secondo caso aspettiamo soltanto la scadenza di una data. Da ciò dipende l’attesa
carica di aspettazione e di progetti, oppure una attesa formale, un rito determinato dal calendario, un giorno che finalmente arriva a scadenza.
Dovremmo vivere l’Avvento come un avvenimento e lo viviamo come un rito: questo è il
nostro dramma di credenti e di
chiese cristiane. La carica e il
dinamismo interno alla nozione
di Avvento sono andati perduti e
ci culliamo in una celebrazione
festosa, ma rituale, spesso vuota e formale, che riempie questo
periodo dell’anno.
Ma, così vivendo, non faccia
mo forse torto alla promessa di
Dio? Non stiamo forse disonorando l’impegno che Dio si è assunto nei nostri confronti? Non
stiamo giocando a riempire con
illusioni un tempo che invece ha
ben altri contenuti e orizzonti
più ampi? Non stiamo di fatto
sottraendo qualcosa a Dio? Certo, sappiamo bene che l’evento
e il significato del Natale non
sono ristretti e limitati al 25 dicembre; ma poiché il calendario
ecclesiastico che ci siamo dati
prevede questa scadenza cronologica, sarebbe bene vivere con
coerenza anche il tempo di attesa.
Ma come? Ecco alcune indicazioni.
Per sfuggire alla trappola che
ci si apre davanti c'è un rimedio: seguire l’indicazione del
salmista. Ancora una volta il vecchio saggio d’Israele ci aiuta con
la sua riflessione: « Aspetta il
Signore e osserva la sua via ».
Non quindi un’attesa oziosa o
preoccupata, ma un’attesa che,
non distogliendoci dal compito
quotidiano, ci mette in grado di
non considerare un giorno come
il punto culminante di una serie,
squalificando tutti gli altri in base ad una convenzione umana.
Ogni giorno vale, ogni giorno è
buono.
« Osservare la sua via », la via
del Signore. Questa indicazione
può essere vissuta in chiave legalistica {se per « via » intendiamo letteralmente i comandamenti e le « leggi » bibliche) e sareb
be una lettura limitativa e riduttiva, oltre che pericolosa; oppure in chiave più propriamente
teologica, e allora si apre dinanzi a noi una immensa gamma di
possibilità per la vita cristiana.
« Osservare la sua via » significa anche riconoscerla fra le tante vie che ci si aprono dinanzi,
spesso più comode o più facili;
significa onorare Colui che ce la
indica, in quanto osservare le indicazioni significa onorare colui
che le ha date. L’etica, come sappiamo bene, è in diretto riferimento alla fede e alla riflessione teologica. Può non piacerci,
ma normalmente l’etica viene
considerata come l’espressione
concreta e storica della nostra fede e rimanda così al Signore in
cui crediamo. Per questo la Bibbia ci ammonisce: « Per colpa
vostra il nome del Signore è disonorato fra le nazioni ». E fra
le tante possibilità di vivere l’Avvento è certamente escluso che
esso sia, per nostra causa, un
tempo di bestemmia.
Ma la proposta del salmista è
ancora più complessa di quanto
appaia ad una prima e veloce
lettura. Questa ci suggerirebbe
che attendere il Signore e osservare le sue vie siano due azioni
distinte che in qualche modo si
muovono parallelamente: uno osserva la via del Signore e nello
stesso tempo lo aspetta. Sembrerebbe un discorso di etica escatologica. La proposta del salmista è più complessa e nello stesso tempo più puntuale: l’unico
Domenico Tomasetto
(continua a pag. 4)
mia sudafricana (esempio emblematico ; mentre la IBM si sta
ritirando dal Sud Africa in seguito alla campagna per il disinvestimento in USA, TOlivetti cerca di rilevarne il mercato potenziando gli investimenti) e di
A. Focà del MOLISV sugli esempi esteri di lotta anti-apartheid
e sulle iniziative che potrebbero
farsi in Italia, un centinaio circa di partecipanti in rappresentanza di una cinquantina di organismi locali e nazionali (fra
i quali erano un buon numero
di delegati di chiese e di organismi evangelici) hanno discusso e proposto campagne di informazione e di solidarietà col
popolo nero sudafricano per isolare il regime razzista del Sud
Africa e sostenere finanziariamente l’opposizione al regime.
Unanimi consensi ha suscitato la campagna in atto per il
disinvestimento delle banche italiane che elargiscono crediti al
Sud Africa e per l’adozione di vere sanzioni economiche da parte del governo italiano. I,a carenza e la distorsione delle informazioni sul Sud Africa nei
mezzi di comunicazione di massa ha portato i partecipanti ad
esprimere l’esigenza di reperire
e trasmettere ai gruppi antiapartheid locali dati più precisi
e affidabili. Sarà perciò potenziato il bollettino del Coordinamento Nazionale curato dalriDOC, « Conto alla rovescia Agenda Anti-apartheid». Hanno
suscitato consenso anche le proposte di una campagna nazionale per l’attribuzione del Premio
Nobel per la Pace a Nelson Mandela, leader delTANC da 24 anni in prigione, di una settimana
nazionale contro l’apartheid a
cavallo del 21 marzo, giornata
internazionale delTONU contro
il razzismo e l’apartheid, della
continuazione della campagna
per il disinvestimento dell’Italia
in Sud Africa e il reinvestimento nei paesi dell’Africa Australe,
dell’attuazione di un controllo
continuo sull’applicazione delle
pur modeste sanzioni già decise
dall’Italia.
Saverio Guarna
2
2 fede e cultura
12 dicembre 1986
VIAGGIO NELLA PRODUZIONE CLAUDIANA
P';,
PER NATALE REGALA UN LIBRO
UN VOLUME DI HANS-RUEDI WEBER
PER CAPIRNE DI PIU’
JOHN DRANE
Emmanuel
*
I quattro autori
dei Vangeli, ciascuno
a modo suo, hanno
dato la loro testimonianza della venuta
di Dio fra gli uomini. « Un Figlio ci è
nato, un Salvatore ci
è dato... ». « Il Logos
(la Parola) si è fatto
carne e ha abitato
per un tempo fra
noi... ». Anche gli artisti, nel corso dei 20
secoli e nelle diverse
culture, ci hanno dato la loro testimonianza, mediante le
loro interpretazioni
visive della venuta di
Dio, che si presenta
Come un bambino debole e vulnerabile
nel nostro mondo
prudele.
In questo libro si
tenta un primo confronto tra le testimonianze degli evangelisti e le intuizioni degli artisti di varie ^oche e culture. Oltre a queste si dà largo
spazio a preghiere, inni e testi liturgici della chiesa antica, come
pure alla letteratura cristiana antica non entrata a far parte del
canone dei libri sacri.
Introduzione
alla Bibbia
Gesù e i 4 Vangeli
«Oggi vi e nato un Salvatore»
La venuta di Gesù neiia Bibbia e nell arie
La serie di 36 meditazioni invita il lettore ad andare al di là
degli stereotipi comuni e della
retorica dei racconti natalizi, per
riscoprire il significato più profondo e vero, per noi e per il
nostro mondo, della venuta di
Dio in mezzo a noi.
L’autore è un biblista svizzero, direttore dell’Istituto biblico
del Consiglio Ecumenico delle
Chiese.
TEATRO
HANS-RUEDI WEBER: Emmanuel.
« Oggi vi è nato un Salvatore ». La venuta di Gesù neila Bibbia e neli’arte.
Formato 21x28 cm., cartonato, copertina a 5 colori, pp. 122, 36 ill.ni di
cui 32 a colori, L. 26.000.
Questa « Introduzione » offre
con un linguaggio molto semplice e chiaro, una miniera di
notizie storiche, ambientali, geografiche e culturali per chiarire
il messaggio contenuto nella
Bibbia.
« Alcuni ritengono che la Bibbia sia solo il racconto di un
tempo passato, interessante ma
senza alcun riferimento alla vita contemporanea; altri la trattano come se contenesse solo
singoli detti da utilizzare a sostegno di dottrine precostituite,
senza alcun riguardo al contesto ». « Il nostro libro cerca di
evitare entrambi questi estremi.
Se riusciremo ad immedesimarci negli atteggiamenti e nei modi di vivere di quei tempi, arriveremo molto meglio a capire che cosa volevano dire gli
autori e qual è il significato dei
loro scritti» (p. 8).
Partendo dalla preistoria e dai
patriarchi, si arriva a Gesù e
alla diffusione del Suo messaggio, fino all’Apocalisse, offrendo
un contributo positivo per comprendere il messaggio della Bibbia e il modo di agire del Dio
biblico nei confronti dell’uomo.
Il volume è adatto per tutte le
età e i diversi livelli culturali.
Pensiamo a gruppi di catechismo biblico, gruppi di studio biblico, insegnanti, genitori e
quanti ancora* vogliano approfondire i « fatti e gli insegnamenti-chiave della Bibbia nel
loro contesto culturale ».
Gesù non ha scritto nulla. Tutto quel-7jji
10 ohe sappiamo sul-.
la sua vita, pensiero
e opere è stato scritto in greco da suoi
discepoli, vari decenni dopo la sua morte. Inoltre i Vangeli
non sono e non vanno letti come una
« biografia » in senso moderno. Tutto
ciò solleva diversi interrogativi critici che
di solito spaventano
11 comune lettore per
la loro complessità.
L’Autore, noto biblista inglese, risponde alle domande i ^
senziali: quale fu il
ruolo di Gesù nel suo
tempo? Perché insegnava in parabole?
Perché si circondava
di mistero? Chi registrò e mise per iscritto gli avvenimenti
della sua vita? Sono
accurate queste registrazioni? Perché morì? Possiamo credere
a quello che i Vangeli ci dicono
di Gesù? Perché gli autori dei
Vangeli li hanno scritti in quel
modo?...
Aggiornata in materia, appro
fondita ed affidabile, questa opera è specialmente adatta sia
per il singolo lettore, sia per : ùso in gruppi di studio, sia come
testo scolastico, grazie alla sua
esposizione piana e chiara.
PER I RAGAZZI
JOHN DRANE: Gesù e i quattro Vangeli. Un libro-documento illustrato, pp.
190, L, 18.500.
G. HUGHES e S. TRAVIS: introduzione alla Bibbia, pp. 128, Claudiana/La
Scuola Domenicale, Torino, L. 16.000.
I primi
RISTAMPA
L'opera di
Vittorio
Calvino
UNA MINORANZA NEL SUD ITALIA Cristiani
I Calabro - Valdesi
Un teatro « protestante », impegnato, attento alle passioni, ai
miti e alle speranze del nastro
tempo, che vale la pena di riscoprire a 30 anni dalla morte immatura dell’autore, con la pubblicazione di un inedito. Quando
saremo felici, insieme a tre tra
i suoi più famosi scritti teatrali
(La torre sul pollaio, Creatura
umana e Merenda sull’erba) perché, come dice R. Bianchi:
«Quello di Calvino è un teatro
solo apparentemente e indirettamente didascalico. E’ un ’’comico narrar tragico” ohe vuole far
emergere la contraddittorietà
senza speranza del problema proposto, ed esaltare la concretezza
incomprensibile della vita contro
l’arroganza di ogni dogma, secolare o metafisico che sia. E in
questo sta appunto la sua singolare attualità ».
Il tema delTinedito è una società futura « orwellianamente
perfetta » che, sconvolta da una
ondata di suicidi, riscopre il gioco della « guerra alle talpe »,
preferendo ritornare alla « barbarie » anziché restare in un
mondo « civile » ma gelidamente
pianificato e del tutto prevedibile e noioso.
/ CÄLABRP
o. stancati
fi. (gerire
a.pcriptfa
a-AUPM/^À
VITTORIO CALVINO: Quando saremo
felici. La torre sul pollaio e altri testi
teatrali. Pref. di Ghigo De Chiara, introd. di Ruggero Bianchi, pp. 256, L.
16.000.
Le « colonie »
valdesi di Calabria: un’isola provenzale e piemontese nella Calabria odierna. Un
grande patrimonio culturale e
una curiosità storica che celano
una tragedia del
passato: il massacro del 1561.
Cosa rimane oggi delle loro antiche tradizioni e ancora per
quanto? Che avvenire avranno
queste « isole » etnico-linguistiche
di cui la Calabria è particolarmente ricca? Come conservare
un patrimonio edilizio e storico
eccezionale che rischia di essere
distrutto per ignoranza o prevenzione?
Il libro è una « Guida fotografica ai luoghi storici », cui hanno
collaborato sipecialisti dei vari
settori: Enzo Stancati scrive
l’ampia introduzione storica; Arturo iGenre si occupa della parlata e del costume femminile.
Due competenti locali hanno curato la « guida » ai luoghi storici
di Guardia e di altre località ricche di ricordi storici: S.
Sisto dei Valdesi, Montalto Uffugo, Vaccarizzo, ecc...
^ICDESl
guida ai luoghi storici
Infine il libro presenta le 82
splendide fotografie in bianco e
nero di Attilio Merlo — noto fotografo amatore — che costituiscono una documentazione preziosa di quanto è ancora salvabile dell’antico centro abitato valdese: vicoli, scale, archi, portali,
mura, castello, ecc... che testimoniano il livello di civiltà di una
popolazione contadina che ha saputo adattarsi come poche alle
avversità dell’ambiente e della
vita.
Pubblicato nella stessa serie
dell’Introduzione alla Bibbia,
scritto dallo storico nord-americano Edwin Yamauchi, il volume ci offre un panorama sul
mondo giudaico, sui miti e culti,
sulla storia, gli imperatori e
l’organizzazione delTImpero romano e infine sulla vita e le
credenze dei romani.
Le quasi cento schede offrono una miniera inesauribile di
notizie sul mondo nel quale i
primi cristiani vivevano. Numerose cartine e fotografie in quadricromia, di ottima qualità, aiutano a rendere il libro ancora
più interessante e attraente per
ogni età.
Lo riteniamo indispensabile
— insieme col volume prima citato — per quanti vogliano conoscere e approfondire « il fermento culturale, politico e religioso in cui nacque il cristianesimo ». Molto adatto anche per
giovani in età di catechismo (1418 anni) e per gruppi di catechismo e di studio biblico.
'I Testament
Neuv
E. YAMAUCHI: Il mondo dei primi
cristiani, pp. 128, Claudiana/La Scuola Domenicale, Torino, L. 16,000.
I CALABRO-VALDESI. Guida ai luoghi
storici. Testi di E. Stancati. A. Genre,
E. M. Gai, A. Perrotta, fotografie di
Attilio Merlo, prefazione di Giovanni
Gönnet, con 82 fotografie in bianco/nero, 4 a colori, 7 ill.ni e cartine, copertina a 5 colori plastificata, pp. 128.
L. 18.500.
PER I VOSTRI ACQUISTI
LIBRERIE
CLAUDIANA
TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7 ■ Telef.
(0121) 91.422.
TORINO ■ Via Principe
Tommaso, 1 - Telef, (Oli)
66.92.458.
MILANO ■ Via Francesco
Sforza, 12/A - Telefono
(02) 79.15.18.
L’editrice Claudiana propone
la ristampa anastatica della prima edizione del 1834 (voluta e
finanziata da Charles Beckwith)
stampata a Londra e tenacemente contrastata dalle autorità cattoliche e dal governo dell’epoca
che ne temevano una possibile
larga diffusione tra la popolazione piemontese.
Il Beckwith, che con tanto amore e passione dedicò buona
parte della sua vita alle Valli Vaidesi, ebbe l’intuizione didatticamente precorritrice che gli scolari valdesi, che non conoscevano molto bene il francese, avessero bisogno del Nuovo Testamento in piemontese, il dialetto
locale, da affiancare a quello in
francese in funzione contrastiva.
Oggi, dopo l’apparizione in
campo protestante del Laudari
Cristian (una scelta di inni tradotti nel 1978 da Camillo Brero
per il servizio religioso in lingua
piemontese nella Chiesa Valdese
di Piedicavallo) sembra ormai
maturo il tempo per dare ai fedeli di ogni confessione, anche ai
piemontesi dopo i catalani, i baschi, i gallesi, ecc., il diritto di
servirsi della propria madre lingua anche per comunicare con
il loro Signore.
’L TESTAMENT NEUV DE NOSSEGNOUR GESU-CRIST in lingua piemonteisa. Traduz. di Enrico Geymet. prefaz.
di Arturo Genre, pp. 480, rilegato in
tela con sovraimpressioni in argento,
L. 30.000.
3
12 dicembre 1986
fede e cultura 3
S^/iérthiit’niiio
EDITORE IN TORINO
Strenne
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LA BIBLE
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ou les vallées
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Piémont et du
Dauphiné
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Per i
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Giorgio Tourn
Franco Giacone
L’HOMME
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La vie
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Fumetto
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CONVEGNO DELL’ISTITUTO GRAMSCI DI GENOVA
Jean-Louis Sappé
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BAGNOOU
Pace e Resistenza
Prefazione
di Nuto Revelli
pp. 60 - L. 13.000
ALBERT MEYNIER
EDITORE
C.so Sommeiller, 21
10128 TORINO
© (011) 50.45.30
Ore ufficio: 8,30 - 12,30
Karl Barth e la cultura italiana
La complessa figura di Karl
Barth e l’influenza del suo pensiero sulla cultura laica e religiosa italiana sono state al centro di un convegno promosso a
Genova il 21 e 22 novembre dalITstituto Gramsci, con la collaborazione della Federazione delle Chiese Evangeliche italiane,
del Goethe Institut e della casa
editrice Marietti. E’ certamente
un segnale interessante la nuova
attenzione, da parte di settori
laici e progressisti, non solo per
il dato politico del pluralismo
religioso, ma anche per i percorsi intellettuali e le matrici culturali sottesi alle diverse scelte
di campo da parte del credente.
Una nersonalità e un’opera come quelle di Barth si prestano
certamente ad indagare il nesso
fondamentale ohe lega e al tempo stesso distingue teoria e prassi, e il centro vitale del convegno è stato proprio questo: il
rapporto fede^politica, veritàazione analizzato da diverse angolature e possibilità, che vanno
dalla biografía barthiana al suo
contributo teorico all’ideologia
della sinistra, dal tema dell’impegno personale del cred3nte a
quello del confronto ecumenico
e del dialogo con i non-credenti.
Un percorso d’indagine attraverso diversi settori: quello filoso
fico, quello storico, quello più
strettamente teologico.
Ed è proprio questo il dato
di una teologia che non deve essere « noiosa », per usare una
definizione barthiana citata da
Eberhard Jùngel nella sua intensa relazione, cioè un pensiero
« privo di rischio », « privo di interesse e perciò astratto, che astrae cioè dalla propria esistenza »: la domanda teologica deve
essere « queU’interrogarsi su Dio
che nasce da eventi che ci toccano profondamente perché siamo abbandonati loro, siamo esposti loro ’’passivamente” ». E’
la domanda sulla finitezza, il
male, il terrore, l’orrore, il soffrire innocente, tutto ciò ohe ci
pone di fronte « al duro fatto
del nascondimento di Dio » (Jùngel). E’ l’accusa di Giobbe a Dio,
ma è anche una feconda possibilità, per il credente, di condividere la disperazione con « quelli di fuori », di fare sosta nella
disperazione, nella morte, nella
mancanza di senso e con ciò rispettarli (Alberto Gallas).
La particolarità, però, dell’opera del credente è di avere in Dio
un preciso indice di riferimento,
che pone al tempo stesso la direzione e il limite « altro » dell’agire umano: l’uomo e Dio so
no distinti nelle rispettive prassi, l’uomo non è l’esecutore di
Dio, nè Dio è in concorrenza o
collabora con l’opera umana; la
nostra prassi non deve avere
una particolare « coloritura cristiana ». Fede e impegno sono
radicalmente distinti, ma « l’azione umana diventa protesta,
rivendicazione dei diritti calpestati e lotta per la giustizia per
rispondere alla rottura che la
semplice menzione della parola
’’Dio” introduce nel continuum
della storia » (Sergio Rostagno).
E’ perciò questo il superamento di ogni integralismo: « Barth
ci guari dall’integralismo, perché andò alle radici dell’integralismo: abbiamo imparato a non
temere i poteri, ad avere la libertà di stare fuori della Chiesa, perché il dentro e il fuori
della Chiesa può essere deciso
solo da Dio » (‘Poppino Orlando).
Se Barth venne « scoperto » in
Italia solo a ridosso del Concilio Vaticano II, e perlopiù ignorato anche in campo filosofico,
che in genere ne accentua gli aspetti di derivazione esistenzialistica (Roberto Osculati), fu invece fondamentale ner la formazione culturale e politica di due
generazioni di teologi e intellettuali del protestantesimo italiano, e del gruppo dirigente della
Chiesa Valdese dal dopoguerra
ad oggi, portandoli a un confronto col socialismo e il marxismo
critico (Giorgio Bouchard). Impegno che fu dello stesso Barth,
prima nella socialdemocrazia negli anni giovanili, poi nella fondazione della Chiesa confessante
antinazista, e infine nel dialogo
est-ovest (F. W. Marquardt).
La sua teologia, infatti, « reclama uomini liberi », essendo il
luogo in cui « la coscienza credente esibisce analiticamente la
propria relatività alla verità »
(Pierangelo Sequeri). Perciò
Barth interpella sia il cattolicesimo che il protestantesimo, ed
entra in dialogo anche con la
tradizione ortodossa: « Maestro
di ambedue le teologie », come
ebbe a definirlo Hans Kùng (Aldo Moda).
L’ecumenismo di Barth, però,
essenzialmente incentrata com’è
la sua teologia nella figura del
Cristo, è un ecumenismo della
testimonianza, e quindi un ecumenismo del dissenso, oggi, ha
concluso significativamente Paolo Ricca. C’è in lui una passione
per l’unità che non vuol dire unificazione di accordi dottrinali e
di formule, ma appassionato
« movimento verso il Cristo ».
Piera Egidi
LA RELAZIONE DI E. JUENGEL
Il rapporto tra rivelazione
e nascondimento di Dio
« Un pensatore lo si onora
pensando ». Con queste parole
Jùngel ha iniziato la sua relazione: non su Barth, ma sul progetto di pensiero del teologo
Barth. Questo progetto di pensiero è la rivelazione di Dio. Vale la pena di ascoltare Lutero,
Barth e Jùngel su questo argomento, perché il nostro problema di oggi non è tanto il nascondimento di Dio nella sua rivelazione, quanto il nascondimento di Dio in genere.
Se la riflessione sulla rivelazione di Dio non vuole essere
solo una speculazione, un divertimento intellettuale, se cerchiamo seriamente il Dio rivelato
nella nostra realtà, anche nelle
nostre esperienze negative, dobbiamo affrontare il problema del
nascondimento del Dio rivelato,
ossia il problema della rivelazione di Dio come Dio nascosto.
Ci sono infatti molte situazioni
in cui non riusciamo a vedere
Dio. Dov’è Dio nelle guerre?
Dov’è Dio quando uno muore di
cancro?
Tutto ciò che noi sappiamo di
Dio, lo sappiamo unicamente in
base alla sua autorivelazione.
Questo è il fondamento della
teologia di Barth. Ma Dio « abita in una luce inaccessibile » (I
Tim. 6: 15) e nessun essere umano lo può vedere, può sopportare il suo aspetto. Dio si rivela,
ma si rivela nascosto nella luce
che lo circonda, nascosto nella
sua gloria. Questo nascondimento non rende Dio inconoscibile,
è piuttosto la prima conoscenza
che Dio rende possibile intorno
a sé. Dio rivela la luce ohe è
il suo essere, la luce che dà vita.
Ma già la rivelazione della gloria di Dio incute spavento e terrore, come ci insegna il racconto
della nascita di Gesù (Luca 2).
Quando l’angelo del Signore apparve ai pastori « la gloria del
Signore li avvolse ed essi temettero grandemente ». Ma Gesù
Cristo è un secondo nasso nella
rivelazione di Dio: Dio si rivela
nascondendo la sua gloria nella
carne e nel sangue, cioè nell’umanità di Gesù, e allo stesso tempo si rivela nel mondo, nella
storia, nella realtà umana. In
Gesù Dio si rende conoscibile e
afferrabile per l’uomo. In Gesù,
Dio rivela se stesso.
Un’altra affermazione centrale
della Bibbia è: Dio è amore. L’opera di Dio è quindi la manifestazione del suo amore; il perdono, la giustificazione del peccatore, la riconciliazione. Ma se
Dio è amore, perché esistono ancora l’odio, la violenza, il male?
Se Dio è l’Onnipotente come noi
confessiamo, se egli opera tutto
in tutti, allora dev’essere all’opera anche nel male. La teologia
distingue per questo tra un’opera alla destra di Dio (l’opera
propria di Dio) e un’opera alla
sinistra (l’opera aliena di Dio),
quest’ultima però ha di mira
sempre l’opera propria di Dio,
cioè la manifestazione del suo
amore. Mentre Lutero allora, sulla base delle due opere di Dio,
è arrivato alla problematica distinzione tra due lati in Dio stesso, Barth afferma che la rivelazione offre assoluta chiarezza
sull’essere di Dio: Dio è tutto
luce, tutto amore, non c’è un lato nascosto. Rimane però la distinzione tra le due opere di Dio.
Rimane il problema di mettere
in relazione Dio con la concretezza del male nel mondo. La
teologia non può spiegare il male, lo può solo descrivere e combattere. Anche il tentativo di
Barth di descrivere il male come ciò ohe Dio nella creazione
ha scartato è rischioso e insoddisfacente. Il bisogno quasi innato all’uomo di trovare una
spiegazione del male e quindi di
poterlo comprendere, di poter
giustificare Dio di fronte al ma
le rimane senza risposta.
La teologia può soltanto dire
che Dio vince il male subendolo
egli stesso in Gesù Cristo. Dio
stesso sopporta la contraddizione tra vita eterna e morte mondana senza contraddire se stesso. Questa è la manifestazione
dell’essenza di Dio, la manifestazione del suo amore che vince il peccato e la morte. Così il
nascondimento di Dio nella sua
rivelazione e la rivelazione di
Dio proprio nel suo nascondimento sono l’unica risposta che
troviamo di fronte al male, di
fronte all’opera nascosta dell’Onnipotente che opera tutto in tutti. La fede resa certa dalla rivelazione che Dio è amore, deve
trovare il coraggio di dire sì all’opera nascosta di Dio, il coraggio di confessare l’amore del
l’Onnipotente anche di fronte agli eventi che sembrano negarlo.
L’uomo però cerca di spiegare il male, non solo per giustificare Dio, ma anche e anzitutto
per capire e conoscere se stesso.
Ma ogni tentativo dell’uomo di
penetrare da sé il nascondimento della sua esistenza, non porta
alla luce altro che la maestà della morte. L’autoconoscenza guadagnata da sé, se pure raggiungesse la profondità del Sé, sarebbe mortale.
L’autoconoscenza che rende viventi si realizza solo là dove io
mi riconosco non in me stesso,
ma nell’altro (non per mezzo dell’altro!). Questa autoconoscenza
è identica all’amore. L’autoconoscenza che rende viventi invece
di dare morte, ossia l’abolizione
di tutti i nascondimenti, ossia la
vita eterna si attua solo là dove
io conosco come sono conosciuto da Dio: senza schermo, faccia a faccia (I Cor. 13: 12); ossia
dove amo come sono stato amato da Dio.
Klaus Langeneck
NOVITÀ’
Fuori collana è uscito:
HANS-RUEDI WEBER
Emmanuel
« Oggi vi è nato un Salvatore »
La venuta di Gesù nella Bibbia e nell’arte
Formato 21x28 cm., cartonato, copertina a 5 colori,
pp. 122, 36 ilLni di cui 32 a colori. L. 26.000
In questo libro si tenta per la prima volta un confronto
tra le testimonianze degli evangelisti e le intuizioni degli artisti di varie epoche e culture sulla venuta di Dìo fra gli uomini. Viene dato largo spazio anche a preghiere e inni della
chiesa antica.
La serie di 36 meditazioni bibliche invita il lettore ad
andare oltre gli stereotipi comuni e la retorica dei racconti natalizi per riscoprire il significato più profondo e vero
della venuta di Dio in mezzo a noi.
CLAUDIANA, Via Principe Tommaso, 1 - 10125 TORINO
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12 dicembre 1986
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CONVEGNO DEL CATTOLICESIMO TORINESE
USA
La riconciliazione difficile unificazione di tre
chiese luterane
Gli « stand » momento centrale dei lavori — Problemi di pastorale nel
documento dei « Preti torinesi » — Sollecitati i rapporti ecclesiali
E’ difficile fornire una panoramica sul convegno diocesano
cattolico tenutosi il 21-23 novembre a Torino sul tema : « La Chiesa torinese sulle strade della riconciliazione ». Soprattutto perché non ci sono state relazioni
del gruppi di lavoro, conclusioni ufficiali, mozioni finali. Cercherò di farlo comunque, tenendo presenti i documenti preparatori, pubblicati sul settimanale « La Voce del Popolo », le
due relazioni introduttive, la
partecipazione episodica a due
« stand », l’intervento finale del
vescovo Ballestrero.
E’ forse utile innanzitutto
spendere due parole su come il
convegno è stato organizzato e
si è svolto. Preparato a livello locale e dalle varie associazioni
con un lavoro che ha portato a
centinaia di contributi scritti, il
convegno, oltre ai momenti liturgici iniziale e finale, si è articolato in due relazioni introduttive, una teologica di don
Ardusso, incentrata, com’è ovvio, sul tema della riconciliazione ed una sociologica del prof.
Detragiache, il quale ha analizzato le trasformazioni che Torino ha avuto in questi decenni,
da un punto di vista socioeconomico. Momento centrale dei
lavori sono stati gli « stand »,
che hanno sostituito i tradizionali gruppi di studio. Un documento chiarisce il perché di questa innovazione. « Nelle commissioni e nei gruppi di studio si
chiede ai partecipanti di esprimere il loro punto di vista, di
raccontare la loro esperienza in
relazione ai temi delle commissioni stesse... Negli stand un ruolo primario è affidato ai coordinatori, che hanno il compito di
’vendere’ ciascimo la propria
merce». I partecipanti (circa
2.(X)0 in rappresentanza degli organismi consultori e degli uffici diocesani, delle parrocchie,
delle associazioni e dei movimenti e i 650 autori dei contributi scritti) hanno preso parte
ciascuno a due « stand », potendo così « raccogliere almeno due
tipi di orientamenti sui diversi
aspetti del tema ’riconciliazione’ ». Questo verbo « raccogliere» è di per sé significativo sul
ruolo non decisivo dei convegnisti rispetto alle conclusioni finali che, ovviamente, spettavano
al vescovo. Scopo del convegno
non era quello di evidenziare
L'attesa
(segue da pag. 1)
modo teologicamente ed eticamente corretto di attendere il Sigriore è quello di osservarne le
vie! L’attesa e l’obbedienza non
sono due azioni parallele ma distinte, sono una medesima cosa. Questa è la novità della
proposta.
In questo modo l’obbedienza
diventa la dimensione storicamente rilevante dell’attesa, l’Avvento viene caratterizzato dall’obbedienza. Questo significa
prendere sul serio una promessa
di Dio, onorare Dio stesso.
Riallacciandoci alla prima meditazione, possiamo ora tentare
di configurare i contorni dell’Avvento con più precisione: se abbiamo già detto che l’Avvento è
silenzio e ascolto, ora aggiungiamo che è anche attesa e obbedienza. In questa caratterizzazione l’Avvento comincia ad assumere lineamenti più chiari. Ma non
è ancora tutto.
dei problemi, fare delle scelte,
che nella chiesa cattolica sono
competenza del magistero, ma
di « cercare di vivere un’esperienza comunitaria e diocesana
di riconciliazione ». Al termine
degli «stand», tuttavia, ogni
convegnista veniva invitato a
compilare un questionario/sondaggio sul tema specifico, allo
scopo di « trarre indicazioni per
il cammino della Chiesa torinese sulle strade della riconciliazione». I temi trattati nei 14
«stand» erano legati ad alcune
problematiche sociali (pace, lavoro, emarginazione) e soprattutto pastorali (confessione, rapporto preti-laici, famiglia ecc.).
Mancando una sintesi finale, solo l’eventuale pubblicazione degli atti potrà permettere una
valutazione complessiva del convegno.
riconciliazione avrebbe inoltre
giustificato un’attenzione, che
non c’è stata, al problema dell’ecumenismo.
Un documento a cura del
gruppo spontaneo «Preti torinesi» permette però di evidenziare bene i problemi più sentiti
da parte del clero, che potremmo
definire ’progressista’. Tra le
maggiori difficoltà e motivi di
contrasto viene indicata la «diversità di prassi pastorale tra
parrocchia e parrocchia », in riferimento soprattutto all’amministrazione dei sacramenti, « tempi di preparazione, criteri per i
permessi, severità e modalità
pratiche (vestiti, età, fotografie,
tariffe, ecc.) ». Sono pure sottolineate 1’« incomprensione e diffidenza reciproca» esistenti tra
il clero torinese, dovute alle varie « spiritualità particolari » che
fanno riferimento a «corrispondenti movimenti » (evidente l’allusione a Comunione e Liberazione), problema cui ha fatto
anche cenno il vescovo nel suo
intervento conclusivo. Sono evidenziati inoltre i « criteri diversi e qualche volta contrastanti,
per quanto riguarda l’ammissione ai saci^menti della iniziazione cristiana, in particolare di
fronte ai ’casi speciali’ (divorziati, sposati civilmente, conviventi, ecc.) ». Inoltre « il sacramento della riconciliazione pone
alcune problematiche circa l’etica sessuale (es. distanza tra il
Magistero e la prassi pastorale,
la scelta delle coppie, ecc.) ».
Un’attenzione particolare è dedicata ai preti che hanno lascia^''
to il ministero, «che attualmente sono; sposati in civile, conviventi, ceiibi per scelta o per sofferta attesa di ima risposta della S. Sede, con problemi derivanti dalla nuova situazione familiare ». Si denuncia il fatto
che « anche chi ha potuto celebrare il sacramento del matrimonio, talvolta soffre per il non
inserimento pieno nella comunità, almeno come laico ». Si richiede infine di « mettere anche
un po’ in discussione certi punti di legge positiva». Il riferimento al celibato obbligatorio
per i preti è evidente, ma perché
non esplicitarlo chiaramente?
La relazione introduttiva del
teologo don Ardusso aveva messo in guardia contro «le riconciliazioni non autentiche, a buon
mercato..., che confondono la riconciliazione con la paralisi e la
rassegnazione, quelle che lasciano intatti i problemi e le situazioni difficili stendendovi sopra,
nominalisticamente, il manto
della riconciliazione, quelle che
spengono le forze vive e profetiche, quelle che, per paura di
confrontarsi con la realtà, cercano di sfuggirla o addirittura
di camuffarla e contraffarla ».
La parola e l’attività di Gesù,
d’altra parte, provocano separazioni e divisioni ; egli « intende
smascherare le pseudoriconciliazioni, quelle apparenti, non
autentiche, non vere ». Più avanti il prof. Ardusso aveva sottolineato la necessità di interrogarsi « se i pesi che poniamo
sulle spalle altrui corrispondano
effettivamente al volere di Cristo o se non sono talora dovuti
ad un legalismo e ad un rigorismo che ignorano la misericordia evangelica », aggiungendo ; « Bisognerebbe che questo
convegno si facesse carico di
una parola di speranza per i casi difficili che esistono nella nostra Chiesa e che sono presenti
in alcune relazioni pensate e sofferte che non dovrebbero cadere
nel nulla... All’interno della nostra comunità premono poi i
problemi dei divorziati risposati e quello di natura diversa...,
dei preti che non sono più nel
ministero perché hanno scelto
il matrimonio ».
Domenico Tomasetto
Solo questo documento fa
riferirnento al problema dell’inserimento degli omosessuali nelle comunità ecclesiastiche, questione resa particolarmente difficile dal grave intervento del prefetto della Congregazione della Fede (ex Sant’Uffizio) card. Ratzinger. Significativa anche la mancanza di accenni al problema dell’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole, che sta lacerando
genitori ed insegnanti. E’ grave
che in un convegno dedicato alla riconciliazione non si sia levata alcuna voce autocritica su
questa questione che vede i cattolici in una situazione di privilegio rispetto ai laici ed alle
chiese minoritarie. Il tema della
Tre Chiese Luterane americane hanno recentemente votato a
stragrande maggioranza di unificarsi, a partire dal 1“ gennaio
1988. La nuova Chiesa sarà chiamata: Chiesa Evangelica Luterana d’America, ed assommerà
a circa 5 milioni e mezzo di
membri. La nuova denominazione risulterà essere la quarta per
importanza negli U.S.A., dopo
la Chiesa Battista del Sud, la
Chiesa Metodista Unita e la
Convenzione Nazionale Battista.
« Questa sarà una Chiesa americana», ha detto il vescovo luterano David Preus, commentando il voto favorevole all’unione espresso dai sinodi della
Chiesa Luterana in America,
della Chiesa Luterana Americana e della Associazione delle
Chiese Luterane Evangeliche.
dei tre sinodi è stata plebiscitaria.
Non tutto il Luteranesimo americano sarà però unificato, tra
un anno.
Il sinodo della Chiesa Luterana del Missouri, cui fanno capo circa 2 milioni e mezzo di
membri, non ha partecipato alle trattative per questa unificazione, e rimarrà pertanto una
denominazione a sé.
I motivi: la sua pretesa di
praticare una versione più ortodossa del Luteranesimo. Ritiene infatti che le tre Chiese ora
sulla via dell’unione abbiano tralignato dalla tradizione consacrando donne pastore e stabilendo strette relazioni ecumeniche con le altre chiese. R. G.
Le tre Chiese, che raggruppavano membri di Chiese Luterane
emigrati negli U.S.A. dalla Germania e dai Paesi Scandinavi,
si erano costituite all’inizio degli anni ’60 daH’unificazione di
altre (più piccole) comunità.
Riconoscimento a
H.-R. Weber
Creando un’unica Chiesa Luterana, i promotori deH’iniziativa
sperano di estendere il loro appello anche ai neri e ad altre
minoranze etniche, che compongono per il momento solo il 2%
dei membri attuali.
I primi contatti per la fusione sono iniziati nel 1982: gli
obiettivi principali erano di ottenere un maggior peso nei rapporti ecumenici con le altre chiese protestanti e con la chiesa
cattolica.
I lavori preparatori sono stati proficui, in quanto la ratifica
La Facoltà teologica di Lo;sanna ha conferito la laurea hcjnoris causa ad Hans-Ruedi Weber.
La motivazione dice testualmente: « Al pastore riformato che
con la sua attività di missionario, d’insegnante e di originale
volgarizzatore ha diffuso la conoscenza della Bibbia in tutto il
mondo ». Weber ha lavorato per
molti anni in Indonesia. Dal ’71
è il segretario esecutivo del Dipartimento di studi biblici del
C.E.C. In tale veste è venuto alcune volte in Italia per iiu.ontrarsi con responsabili delle nostre chiese, ai quali ha dato un
notevole impulso nel settore dell’animazione e dello studio biblico.
Queste indicazioni, in sintonia
con quelle del gruppo « Preti
torinesi », non mi sembrano essere state accolte dall’intervento finale del vescovo Ballestrero. Il suo discorso, pur centrato in una giusta ottica cristologica (non ha fatto cenno alla
Madonna ed ai santi) e privo di
trionfalismo ecclesiastico, non
ha dato il giusto peso ai problemi concreti che erano emersi dal convegno. Egli, pur cogliendo alcune esigenze di fondo, come ad esempio la necessità di una maggiore preparazione culturale e teologica, si è
soffermato più sulle istanze e
sugli atteggiamenti spirituali che
sui temi sui quali era stato sollecitato a prendere posizione,
come quello dell’inserimento
nella chiesa dei divorziati, dei
preti sposati o conviventi, della
discrepanza fra magistero e prassi pastorale nell’etica sessuale.
Ha manifestato un atteggiamento paternalistico, parlando dei
« nostri laici » e criticando coloro che, pur non essendolo,
« vogliono fare i preti », ha dato
l’impressione di una chiesa più
rivolta a contemplare se stessa
che a compiere la sua missione
nei confronti del mondo. Più che
sull’esigenza della verità e della
coerenza, si è soffermato sulla
necessità di cordialità nei rapporti ecclesiali, invitando persino alla «bonomia». Le sollecitazioni, anche se spesso velate,
che nel convegno comunque
erano emerse sono state cosi disattese.
1» CALENDARIO BIBLICO
INTERCONFESSIONALE
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mensile sulla tematica:
« COME E PERCHE’ LEGGERE LA BIBBIA
Un mezzo che, per le sue caratteristiche, è particolarmente adatto alla evangelizzazione. I versetti esposti
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D’altra parte alla base di tutto ciò sta il fatto che nella chiesa cattolica chi decide in ultima
istanza è sempre la gerarchia.
E’ un vero peccato, soprattutto
quando ci si trova di fronte a
ricche esperienze di fede e di
vita quotidiana.
Cesare Bianco
NOVITÀ’
Nella Collana di narrativa esce:
VITTORIO CALVINO
Quando saremo felici
La torre sul pollaio
e altri scritti teatrali
Pref. di Ghigo De Chiara, introd. di Ruggero Bianchi,
pp. 256, L. 16.(KK)
Un teatro « protestante », impegnato, attento alle passioni, ai miti e alle speranze del nostro tempo, che vale la pena
di riscoprire a 30 anni dalla morte immatura dell’Autore. Particolarmente interessante è Quando saremo felici, qui pubblicato per la prima volta, a cui si affiancano La torre sul pollaio, Creatura umana e Merenda sull’erba. Altri inediti verranno ancora pubblicati dalla Claudiana.
CLAUDIANA, Via Principe Tommaso, 1 - 10125 TORINO
5
I' 12 dicembre 1986
ecunitíiisiiio 5
MESSAGGIO DI NATALE DI EMILIO CASTRO, SEGRETARIO DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
PREGARE PER LA PACE
Il 1986 anno della pace? L’annuncio di pace viene dagli angeli. La pace
dono di Dio. La forza della preghiera.
« Gloria a Dio nel più alto del cieli e
sulla terra pace agli uomini, suoi beneamati ».
« Beati quelli che fanno opere di pace :
saranno chiamati figli di Dio ».
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
l'anno che si sta concludendo era stato indicato dall'Organizzazione delle Nazioni
Unite come « l'Anno della pace ». Un
semplice sguardo al panorama mondiale è sufficiente a convincerci che
siamo lungi dall'aver eliminato la
guerra nelle relazioni tra nazioni e
popoli. Per noi, cristiani, la questio
ne della pace non è legata ad obiettivi politici, né a decisioni prese da
assemblee, ma è scritta nel cuore
stesso della nostra fede, in questa
affeiTnazione che Dio, in Cristo, ha
distrutto le mura che ci separano,
ha riconciliato l'essere umano col
suo Creatore e posto in tal modo le
fondamenta della riconciliazione tra
i popoli.
Col canto degli angeli Natale ci invita a celebrare la gloria di Dio nei
cieli altissimi e ad annunziare la sua
« pace per tutti gli esseri umani »
con passione e speranza. Gesù ha
indicato il servizio della pace come
una delle grandi benedizioni di Dio:
« Quelli che fanno opere di pace saranno chiamati figli di Dio ». Nel
momento in cui ci riuniremo nelle
nostre famiglie o ricorderemo insieme nei nostri culti o nelle nostre celebrazioni liturgiche l’evento del Natale, sforziamoci di essere in modo
particolare attenti quest’anno al
messaggio di pace, alla, promessa
della sua realtà ed all’opera alla quale esso ci chiama. Nel corso deU’86
in diverse occasioni abbiamo invitato le chiese a pregare per la pace
e la giustizia, sia in relazione a situazioni specifiche, come in Africa
del Sud o in America Centrale, sia
anche per la pace in generale e per
una intesa tra le grandi potenze.
Dobbiamo perseverare in questo ministero della preghiera.
« Se il Signore non costruisce la
casa, quelli che la costruiscono lavorano invano ». Se la pace non viene dalla presenza dello Spirito Santo, che illumina le intelligenze e vivifica i cuori, sarà molto difficile infrangere le barriere ideologiche che
oggi racchiudono ognuno nelle sue
posizioni ed impediscono ogni possibilità d'intesa. Preghiamo per i responsabili delle grandi potenze, preghiamo per i popoli dei loro paesi;
accompagniamo le chiese dell’Unione Sovietica e quelle degli Stati Uniti nella loro volontà di rivolgere alle
loro nazioni un appello alla pace!
Ma preghiamo anche perché cessino
i conflitti locali, dove fazioni opposte cercano di venire a capo delle divergenze, ricorrendo a guerre fratricide. Come non ricordarsi nelle
nostre preghiere dell'Africa australe, delle guerre che devastano il Sudan e l’Etiopia, delle lotte fratricide
del Medio Oriente, del conflitto interminabile e lacerante che oppone
l’Iran all'Irak, delle battaglie che infuriano in Afghanistan e in Cambogia? E ciascuno di voi, a seconda del
proprio contesto nazionale, può senza alcun dubbio allungare la lista e
menzionare situazioni concrete che
dobbiamo presentare a Dio, con una
supplica disperata; « O Signore, donaci la tua pace! ».
Ma la nostra preghiera deve essere accompagnata da una chiara proclamazione; la pace è possibile. Dio,
in Cristo, ha già superato le barriere, anche quelle più insuperabili. Noi
non possiamo accettare che la guerra e l’odio siano l’unico modo per
risolvere i conflitti e le divergenze
umane. Affermare la pace è già un
modo per contribuire alla sua realtà storica. Ma noi possiamo fare di
più; possiamo mantenere i contatti
coi popoli ed i gruppi umani che ci
vengono dipinti coi tratti del nemico: possiamo dimostrare che la solidarietà ecumenica delle nostre
chiese ci consente di superare i conflitti che dividono le nostre nazioni
e di metterci, ovunque, al servizio
della pace e della riconciliazione.
Possiamo evitare la demonizzazione
dell’altro e operare in modo che le
proprie convinzioni religiose non
servano ad attizzare l’odio. Anzi, contemplando la croce di Gesù
Cristo, troviamo la forza di rinunciare alle nostre pretese di superiorità e possiamo accettarci gli uni gli
altri come peccatori che cercano il
perdono, come fratelli e sorelle che
cercano la riconciliazione.
La spirale della corsa agli armamenti ci spinge a proclamare con
maggior vigore di prima che la pace
è possibile, che la nonviolenza è costruttiva ed apre molteplici vie per
raddrizzare le ingiustizie che regnano attorno a noi. Di fronte alla follìa di un mondo in grado di autodistruggersi, aflFermiamo la follìa della croce, della nonviolenza, del gesto di colui che porge l’altra guancia, della mano tesa, della certezza
che Dio regna ancora! Guardiamo al
fanciullo di Betlemme, espressione
della speranza, dei progetti e delle
promesse di Dio per tutta 1 umanità! E in questa contemplazione lasciamo che lo Spirito Santo susciti
in ciascuno di noi un rapporto d’amore nei confronti del nostro prossimo e guidi la nostra intelligenza e
la nostra immaginazione nella ricerca dei sentieri che conducono alla
pace
Fraternamente in Gesù Cristo,
Emilio Castro
Segretario generale
UNICI ASSENTI
Caro Direttore,
desidero associarmi a quanto è stato scritto dal Sig. Felice Morello in
una lettera pubblicata nel numero del
7 novembre per quel che riguarda il
rammarico da lui espresso per la decisione presa dai nostri fratelli della Tavola Valdese di non partecipare ali'incontro di preghiera indetto dal papa II
27 ottobre ad Assisi.
E' veramente triste pensare che siamo stati gli unici assenti ad un incontro che aveva come scopo quello di
chiedere a Dio la grazia « di allontanare daH'umanità l'atroce spettro della guerra nucleare ». Una decisione,
quella dei Valdo-metodisti, che rispecchia un atteggiamento « chiuso e settario » (Morello), che è stato, invece,
superato da altri credenti e da non
MOVIMENTO
LIBERAZIONE
FISCALE
DI
credenti in Cristo, che pure han.no senza difficoltà vinto i loro secolari convincimenti anticlericali e antipapali dato l’eccezionale e altissimo intento dell’incontro di Assisi.
Chi di noi, infatti, invitato da una
persona qualunque a pregare insieme
ad essa l’Iddio Unico Onnipotente e
misericordioso, avrebbe il coraggio di
rispondere: « No! con te non prego perché non ho comunione di convinzioni
religiose con te » senza sentire nel
profondo dell'anima sua una voce ben
nota bisbigliare: « E tu chi sei che osi
metterti tra quest’uomo (o questa donna) e il Signore e allontanarti da lui
(o lei) credendoti giustificato come il
fariseo »?
COLLEGIO VALDESE
Iscrizioni per l’anno scolastico '87-88
al
LICEO PAREGGIATO
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con studio quinquennale di una lingua straniera
indirizzo linguistico
con studio di tre lingue straniere
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Gli interessati sono pregati di contattare
al più presto la segreteria.
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Uno dei motivi che potrebbero spiegare il nostro assenteismo è quello di
cui, mi pare, ha parlato il prof. Ricca
e che, cioè, non c’è stato il tempo
d’interpellare almeno un buon numero
di chiese locali.
il pastore Luciano Deodato intitola
il suo articolo pubblicato il 31 ottobre u.s. « Assisi? No, grazie! ».
Secondo la mia modesta opinione,
sarebbe stato meglio omettere quel
« no, grazie! » così drastico e, in un
certo senso, satirico, che ha lasciato
una impressione così poco edificante
nel pubblico, in generale, e che avrà
scandalizzato « quelli dì fuori », i quali
avranno percepito nell’atteggiamento
sprezzante dei Valdesi un .giudizio pesante di condanna della loro spiritualità che, in questo avvenimento eccezionale, rispecchia il loro desiderio di
unirsi ai cristiani e agli altri popoli
del Libro (Ebrei e Musulmani) per invocare quell’unico. Eterno Iddio « sentito » anche da Buddhisti e induisti attraverso le loro profonde meditazioni
(sconosciute da noli), specie in seguito al processo di evoluzione del loro
politeismo che, ultimamente, nel movimenti religiosi neo-induisti sta confluendo nella accettazione di un comune principio universale che, come in
Maometto, anche in Buddha e in Rama, vede altrettante incarnazioni dell’Unica Divinità (vedi il volume di Hans
Kiing « Il Cristianesimo e le Religioni
universali » per quel che riguarda il dialogo cristiano-induistico iniziato da protestanti di varie nazionalità, dal Vaticano Il e riconosciuto Importante dal
Consiglio Mondiale delle Chiese).
Bisognava, perciò, essere più prudenti nel lanciare quel no di condanna
in un momento cosi tragico che sta
vivendo l’umanità e che avvicina gli
uomini di tutto il mondo nel comune
sforzo di pregare insieme, ognuno a
modo proprio, avendo compreso che so
lo l’amore e la misericordia dell’Unico
Eterno potranno salvarci dal completo
annientamento.
Ora il pastore Deodato vorrà perdonarmi un'ultima osservazione: non è
giusto in coscienza, affermare che l’assemblea di Assisi ha rischiato di essere una farsa, una presa in giro,
perché si sarebbe eluso il problema di
fondo e cioè che nella Bibbia la pace
è il frutto della giustizia; infatti, in
tutti i suoi stressanti e pericolosi viaggi, il papa non ha fatto altro che gridare, a volte a gran voce, per esortare autorità e popoli dei diversi continenti al ravvedimento, sia per quel
che riguarda la giustizia sociale, sia il
comportamento morale dei singoli credenti .
Le forzature antipapali, secondo me,
non fanno bene a nessuno e scoraggiano i semplici.
Inoltre, per quel che concerne il progetto per un Concilio per la pace, a
cui sembra che varie chiese protestanti avessero già dato una risposta positiva, credo che data la presenza ad
Assisi di Luterani, Anglicani e altri riformati, quelle stesse chiese non hanno trovato difficoltà ad associarsi alla
cosiddetta Pax Vaticana. Speriamo, dunque, che da questa Pax, l’umanità, passo a passo, e con la grazia del Signore, possa giungere a comprendere e
a realizzare la vera « Pax Christiana ».
Vittoria Stocchetti, Genova
Egr. Sig. Direttore,
ho ben motivo per felicitarmi della
sua elezione a capo dell'« Eco », poiché in Lei avremo non solo un acuto
osservatore della vita politica, ma anche un uomo che saprà vedere molto
al di là dei meri dati di fatto che qualunque altro giornalista è in grado di
darci.
E ciò è dimostrato nel « Punto di
vista » del 28 novembre in cui, parlando della cosiddetta « marcia del contribuenti » di Torino, ci rivela che coloro che vi hanno partecipato sono
tutti evasori fiscali; e questo nonostante uno degli oratori abbia tentato di negarlo con l'ingannevole argomento che a chi non pa,ga le tasse
non interessa marciare per chiederne
la diminuzione.
Quando avrà tempo, per favore, vada al Ministero delle Finanze e stabi
lisca, nella sua saggezza, quanto eia
scuno debba pagare, così risparmiere
mo complicati calcoli e astrusi moduli
E segnali anche i nomi degli evasori
visto che li riconosce a distanza... ma...
un momento...: vedo che né DP né 11
PCI né la triolice sindacale hanno dato
la loro benedizione alla marcia! Ma allora lo capivo anch'io che doveva essere una cosa losca, piena di evasori
fiscali! Anzi, visto che le cose stanno
così sono sicuramente anche fascisti
e manari ooco ferventi come anti-americani! Solo un dubbio mi assale: come
mai anche Gianni Agnelli si è detto
contrario alla marcia? Lei che sa tante cose, mi soieqhi anche questo.
Lucio Malan, Torre Pellice
CERCO ANTICO
TESTAMENTO
Sono un giovane pastore che ricerca l'Antico Testamento, escluso i Salmi e Giobbe, della Bibbia tradotta e
annotata da Giovanni Luzzi.
Potete aiutarmi? Scrivetemi; Chiesa
Cristiana Evangelica, via Carmine 9 65017 Penne (Pe).
Decisamente non ho la stima del
lettore. Per spiegare la mia valutazione : sono stato a Torino alla marcia ed ho raccolto su magnetofono le
impressioni di alcuni dei marciatori
che poi ho riportato nell'articolo. Con
l’articolo di N. De Michelis su questo
numero apriamo la discussione sul sistema tributario italiano. Mi auguro di
ospitare un contributo del lettore.
Giorgio Gardiol
•
a
nVì
6
6 prospettive bibliche
12 dicembre 1986
GESÙ CRISTO, UN EBREO
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
« Quando giunse la pienezza dei tempi,
Dio mandò suo Figlio..., nato sotto la
Legge». (Calati 4:4)
Un ebreo, Gesù, profondamente
legato alla sua piccola terra.
A differenza di Paolo-Saulo,
ebreo anche lui fino al midollo ma cosmopolita della diaspora,
Gesù si concentra tutto sull’Israele
palestinese, di cui non supera mai
le frontiere, salvo un paio di lievi
sconfinamenti. « E’ venuto fra i
suoi », dice il prologo del quarto Evangelo, e fra i suoi è rimasto, fino
alla fine, anche quando è apparso
evidente che « i suoi non lo hanno
accolto » (Giov. 1: 11). Lì e non altrove doveva vivere, operare, e morire. Deliberatamente salirà un’ultima volta a Gerusalemme, a morirvi
nel fervore di una delle grandi feste
ebraiche. Saranno « i suoi » a dargli
la morte, sia pure servendosi del
braccio secolare romano; e fra « i
suoi » recluta, e dopo la croce e la
risurrezione ricrea il nucleo del suo
nuovo Israele, pugno di testimoni
da lanciare nel mondo come si sparge il seme.
Ebreo: indiscutibile,
ma importante?
L’ebraicità di Gesù è indiscutibile.
I cristiano-tedeschi nazisti hanno
potuto farneticare fin che volevano
e potevano di un Cristo ariano; ma
non hanno certo potuto cambiargli
i documenti d’identità. La cosa oggi
non fa più problema per nessuno.
Ma è importante, questa sua ebraicità?
Quando le cosiddette « giovani
chiese » del Terzo Mondo raffigurano un Cristo nero, o giallo, o indio,
con i capelli crespi o con gli occhi
a mandorla, questa attualizzazione,
ingenua almeno in apparenza, è lecita, è innocente? Certo, Gesù non è
un bianco occidentale, non è un viso pallido e non lo si ricorderà mai
abbastanza dopo il lungo periodo
della missione cristiana occidentale
a senso unico. Queste « indigenizzazioni » di Gesù rispondono anche al
desiderio semplice e fresco di sentire e di far sentire Gesù prossimo
alla gente di ogni stirpe, tradizione
e cultura, veramente venuto per tutti. Tuttavia, questo Gesù venuto per
tutti, è ebreo; e tutto ciò che vela o
riduce la sua ebraicità, lo snatura.
Non è una questione razziale, quindi del tutto irrilevante, è una questione teologica, è in gioco la fede,
come ben chiarisce l’apostolo Paolo
che con queste quattro parole (è tutto quel che dice della « vita di Gesù »!!) caratterizza Tebraicità di Gesù: « nato sotto la Legge » (Gal. 4:
4). Etnicamente, Gesù è un ebreo,
non c’è dubbio; ma l’importante è
che sia stato ebreo spiritualmente,
nella fede: nato e cresciuto sotto il
(all’ombra del, nella prospettiva del)
Patto di Dio, membro partecipe del
popolo del Patto, un ebreo credente.
Il medesimo Dio
Non si può avere a che fare con
Gesù, senza avere a che fare con
l’Antico Testamento; non si capisce
Gesù, non ci si può accostare davvero a lui, ricevere in verità l’impatto della sua predicazione e azione,
se non si conosce il mondo nel qua
La scorsa settimana abbiamo visto che il Gesù dell’Avvento non è stato l’Uomo in generale, il cittadino del mondo, membro della grande internazionale degli spiriti eletti, simbolo augusto dell’umanità. E’ stato un
uomo ben preciso, storicaimente e geograficamente situato: Jeshuah benMiriam, o ben-Josef, l’ebreo censito e registrato a Betleem di Giudea, naturalizzato a Nazaret di Galilea, giustiziato sul Golgota di Gerusalemme. Su questa marcata ebraicità di Gesù vogliamo ora riflettere.
a cura di GINO CONTE
le vive,: pensa, parla, agisce, crede,
spera> prega, il mondo dell’Antico
Testamento. Il cosi diffuso antisemitismo (o antiebraismo) cristiano,
che si ripresenta in forme sempre
nuove, sottili, aggiornate, non è soltanto un’aberrazione, odiosa come
ogni forma di razzismo, ma è una
eresia, denota una deformazione radicale della fede cristiana. Di questo, la forma più attenuata e diffusa
è una squalifica dell’Antico Testamento (salvando qua e là qualche
perla, i Salmi, e non tutti...) rispetto
al Nuovo. Molti dicono, e più ancora pensano: una cosa è il Dio di Gesù, un’altra il Dio dell’Antico Testamento.
Nulla di più falso (e funesto), lo
dice Gesù stesso: « Non crediate che
io sia venuto per abolire la Legge e
i profeti; non sono venuto per abolire, ma per portare a compimento »
(Mat. 5: 17). Non a caso sul monte
della trasfigurazione, che è come una
momentanea, luminosa radiografia
della realtà profonda di Gesù, Gesù
appare a colloquio con Elia e con
Mosè, che impersonano appunto la
profezia e la legge ebraiche (Mar.
9: 4). Gesù non è una manifestazione della divinità multiforme induista, non è rilluminato buddista, non
è un ’messia’ nero: è l’Unto (Messia/
Cristo) in Israele; anche se non si
attribuisce questa qualifica carica di
equivoci nazionalistici, accetta che
10 chiamino « figlio di Davide »; parlando di sé in terza persona, si attribuisce il titolo « figlio dell’uomo »
della ricca profezia danielica (Dan.
7: 13); la primissima predicazione
apostolica, riflessa nei primi capitoli degli Atti, lo annuncia come il Servo dell’Eterno (Atti 3: 26; 4: 30), ed
è chiara memoria di come Gesù —
ancora nell’ultima sua cena pasquale con i suoi — abbia visto il proprio
’ministero’ nell’ottica del Servo sofferente dell’Eterno annunciato dal
Deuteroisaia (cap. 52-53). La Legge e
i profeti, non sono venuto ad abolirli, ma a portarli a compimento.
La salvezza
viene dagli ebrei
Certo, l’Antico Testamento, « la
Legge e i profeti », senza il Nuovo,
senza Gesù restano una grande costruzione incompiuta, che non ha
ancora trovato il suo senso, la sua
destinazione, ma è quella costruzione che Gesù è venuto a portare
a compimento, non un’altra, del tutto nuova. Come tutti i popoli, anche
11 popolo ebraico ha bisogno vitale
del Cristo Gesù; ma la chiesa cristiana, fra tutti i popoli, ha bisogno
vitale dell’Antico Testamento, se
vuole incontrare e conoscere il vero
Gesù.
Un giorno, al pozzo di Giacobbe,
Gesù incontra una donna samaritana che gli pone la questione del plu
ralismo religioso: « I nostri padri
hanno adorato su questo monte, ma
voi dite che è a Gerusalemme che
bisogna adorare... »; insomma, ci sono molte vie a Dio? No, risponde
Gesù, la via è una, quella ebraica:
« la salvezza viene dagli ebrei »
(Giov. 4: 20-22). Non perché gli ebrei
siano, di per sé, meglio degli altri —
questo, sia la Legge (ad es. Deut.
7: 7) sia i profeti (e bisognerebbe citarli quasi integralmente) l’hanno
sempre detto chiaro — ma perché
nella sua libera scelta, immotivata,
Dio ha voluto servirsi di questo popolo per raggiungere tutti i popoli.
L’ha scelta lui, questa via, anzi se
l’è creata lui, per questo non ce n’è
alcun’ultra. E ora, aH’interno di questo popolo, Dio ha fatto nascere,
ebreo, colui che afferma: « Io sono
la via »: per Israele e per tutti i popoli.
Viviamo in un tempo nel quale,
sotto spinte molteplici, sembra avviarsi il dialogo fra religioni. Ben
venga. Ma con la sinagoga ebraica
la chiesa cristiana deve tenere ben
fermo — per fedeltà a Dio, alla sua
scelta, alla sua azione — che « la
salvezza viene dagli ebrei »; la chiesa cristiana, anzi, crede e dice che
la salvezza è venuta dagli ebrei, è venuto il Messia Gesù, salvezza per il
mondo intero.
Un aspetto inquietante
L’ebraicità di Gesù ha però un
aspetto più inquietante. Quale cristiano, quale comunità cristiana può
ascoltare senza fremere queste parole scarne e tragiche: « E’ venuto fra
i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto »?
La storia di Dio con il suo popolo
non è la storia di un idillio, ma assai
spesso di uno scontro; è la storia di
tristi ricorrenti infedeltà di Israele.
Riprendendo la « ballata della vigna
del Signore » cantata otto secoli prima sulle piazze e nei palazzi di Gerusalemme dal profetico cantacronache Isaia (cap. 5), partita come
idillio e conclusa come tagliente, dolorosa requisitoria, Gesù dà uno
schizzo vivido di questa storia ebraica narrando la parabola dei cattivi
vignaioli (Mar. 12) — dando così ulteriore alimento alla determinazione di quelli che lo volevano morto.
Stefano — accusato che si fa accusatore — sviluppa poi questo tema
nella sua requisitoria, ampia e appassionata, davanti al Sinedrio (Atti 7),
testimonianza che lo porterà al martirio. Gesù ha raccontato la sua parabola a Israele, ma continua a raccontarla al suo nuovo Israele, a noi
cristiani, e resta attualissima. Israele, insomma, resta esemplare del
rapporto dell’uomo con Dio, nel bene come nel male. Il modo in cui
Israele si è comportato con Gesù è
esemplare del modo in cui il mon
do, e nel mondo proprio la chiesa,
si comporta con Dio.
« E’ venuto fra i suoi, e i suoi non
lo hanno ricevuto ». Gesù, ebreo,
porta a compimento il rivelarsi di
Dio, l’agire di Dio nel suo popolo e
attraverso il suo popolo; ma è anche il reagente che rivela, mette a
nudo in modo estremo l’agire del
popolo di Dio, che è così spesso un
agire che ignora Dio, un agire contro Dio. Gesù è venuto a portare a
compimento la Legge e i profeti, ma
non è il coronamento di Israele così
com’è, del suo diritto, del suo stato,
dei suoi costumi, della sua vita insomma, e anzitutto della sua religione: anzi, li mette in questione, in
crisi, sotto giudizio. E questa è anche la nostra storia cristiana: Gesù
continua a venire « a caduta e a rialzamento di molti » — proprio in
Israele, e nel nuovo Israele! —, come « segno di contraddizione », « affinché i pensieri di molti cuori siano rivelati » (Luca 2: 34-35). Anche
fra noi cristiani, il venire di Gesù ci
mette in questione, in crisi, sotto
giudizio.
Il motto guastafeste deH’Avvento,
impersonato da Gesù ebreo. Servo
sofferente deH’Eterno, Messia respinto, è appunto questo, e non c'è
nostra luce che ne smorzi il taglio;
« E’ venuto fra i suoi, e i suoi NON
lo hanno accolto ». Quante volte è
venuto, nella storia della chiesa, nella vita della nostra comunità, nella
nostra esistenza personale, e non lo
abbiamo accolto oppure, ed è forse
peggio, abbiamo solo fatto finta di
accoglierlo, gli abbiamo riservato
un angolino dei nostri interessi, un
ritaglio del nostro tempo, guardando l’orologio, gli abbiamo lesinato
la nostra mente e il nostro cuore:
sì sì, venga pure, s’accomodi, e porti pure un momento di serenità e
di poesia, un soffio di speranza, ’coroni’ pure la nostra fine d’anno, o
anche la nostra mattina domenicale, ma per carità, non c’impegni
troppo...
Forzando porte chiuse...
Gesù però ha forzato certe porte
chiuse, certe coscienze distratte, indaffarate o ribelli in Israele e ai suoi
margini (« ...ma a tutti quelli che lo
hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio: a quelli
cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue [nemmeno ebreo puro - o bianco puro, o nero o giallo o indio puro], né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio », Giov. 1:
12-13); e per mezzo di loro ha forzato e continua a forzare porte chiuse, coscienze distratte, indaffarate o
ribelli fra tutti i popoli. L’Atteso annunciato a Israele e da Israele, è venuto, viene e ci dice: Vieni con me!
— e ci innesta nella storia di Dio con
gli uomini, che ha in Israele le sue
radici — e il suo modello — e che
stende i suoi rami sotto ogni cielo.
Rami, tralci la cui vitalità dipende
dal loro essere e restare o no innestati su Gesù, il vero ceppo ebraico,
biblico; dipende dal rapporto vivo
con lui, nel quale il Dio del Patto
antico ci annuncia e ci dona l’ingresso, impegnativo, nel suo Patto nuovo.
Gino Conte
7
12 dicembre 1986
obiettilo aperto 7
UN PROBLEMA AL CENTRO DEL DIBATTITO
Con una Amministrazione così complicata da essere a volte
incomprensibile, parlare di tasse richiederebbe una competenza tecnico-giuridica complessa
che dobbiamo confessare di non
avere. Ma possiamo cercare di
affrontare il problema con quel
tanto di buon senso di cui crediamo di disporre ; tanto più che
tra INVIM decennale, 8 per mille e deduzioni varie ci sembra
necessario tentare almeno di capire di quale guazzabuglio di
questioni noi siamo in qualche
modo investiti. « Le cento tasse
degli italiani », libro edito dal
« Mulino », ci dà una larga base
informativa cui riferirci.
Una considerazione che ci pare di poter fare è che in uno Stato moderno il sistema impositivo
non è legato solo alla capacità
contributiva dei singoli, ma piuttosto al complesso dei servizi
che i singoli continuano a richiedere allo Stato. Pino a Beveridge (Stato assistenziale) e a
Keynes (politica economica del
deficit finanziario) lo Stato forniva a tutti i suoi cittadini quei
Capire le ingiustizie
fiscali
Le tasse degli italiani
Le trasformazioni del sistema fiscale — IRPEF,
delle imposte — Le forme dell’evasione —
servizi generali, come la difesa
e ramministrazione della giustizia, in cui era molto impreciso
il rapporto tra gli interessi dei
Governi e quelli dei sudditi che,
volenti o nolenti, dovevano in
qualche modo coprire, e con ampio margine, tutte le spese relati\ e non solo con denari, ma anche a volte con pesanti prestazioni personali. La via più facile
che gli Stati imboccarono fu
quella di tassare, non i redditi,
impossibili a quantificare in modo sufficientemente esatto, ma i
consumi per i quali la percezione all’origine era molto più facile. Per molti anni, da noi come altrove, il gettito fiscale era
assicurato in larga parte dalle
imposte indirette (sui consumi)
con spazi ridotti per quelle dirette (sui redditi). .
Questa situazione non poteva
durare molto con i nuovi compiti che lo Stato andava assumendo su richieste sempre più
pressanti di coloro che per sopravvivere consumavano la totalità del loro reddito e vedevano
larghi strati sociali consumare
per tale scopo solo parte di reddito, di cui larga parte restava
indenne da imposta. Di qui forti mutamenti nella politica fiscale degli Stati, sì che ora la
percentuale delle entrate percepita con imposte dirette (sui
redditi) è ben più alta di quella
relativa alle imposte indirette
(sui consumi). Di qui anche l’utilizzo del sistema fiscale per
una redistribuzione dei redditi.
Di qui infine la complessità del
sistema fiscale italiano nel quale convivono ovviamente irtiposte dell’una e dell’altra categòria gestite male le une e le altre da una Amministrazione che
manca dei mezzi tecnici (e forse anche di una chiara filosofia)
sufficienti ad assicurare una
maggiore equità e razionalità. E
da ciò anche una influenza sempre più pesante della nolitica
fiscale su quella economica, tanto più grave, quanto più facilmente la vita economica andava modificandosi, mentre quella
fiscale si limitava nei fatti a correggere resistente, perdendo così il necessario coordinamento.
Possiamo tentare di capire quali sono le più pesanti ingiustizie
di cui il sistema fiscale italiano
è pieno.
La prima osservazione che ci
pare di poter fare è che le tasse
meglio gestite fiscalmente sono
quelle la cui riscossione è affidata a terzi responsabilizzati. E
così riRPEF pesa sui lavoratori dipendenti per la totalità dei
loro salari e stipendi (non per i
benefici marginali che vanno
dalle mense e spacci aziendali
ai vantaggi di vario genere concessi ai dipendenti su cui non
incide alcuna tassa). Così le tasse sulla benzina e in genere sulle
automobili ; quella sui dividendi
e sugli interessi bancari, sottratti però questi ultimi alla
progressività dell’imposta; quelle sui redditi obbligazionari, pure esclusi dalla progressività e
via elencando.
Non così per PIVA la cui riscossione sulla pelle dei consumatori è affidata a un universo
di aziende, impossibili a controllare (salvo per le importazioni al loro passaggio in dogana) alcune delle quali (come dimostrato dal gettito) riscuotono
dai consumatori la tassa, ma
dimenticano di versarla alle casse dello Stato. Viene generalmente accusata di questo stato
di cose la inefficienza dell’Amministrazione fiscale, il che pare
vero solo in parte se si pensa
come potrebbe l’Amministrazione controllare sul serio circa 20
milioni di dichiarazioni annuali,
corredate da circa cento milioni di documenti allegati. Pare
più un difetto del sistema che
non di chi vi opera.
La seconda osservazione sta
nel fatto che larga parte dei redditi è oggettivamente esclusa da
accertamenti reali. Tale è ad
esempio larga parte dei redditi
derivanti da proprietà agricole
(tolte le poche eccezioni di attività del genere che si sono date
forme di impresa) riferiti anco^
ra ad un catasto mai seriamente aggiornato per cui terreni
classificati come incolti o di produzioni a basso reddito, restano tali anche quando coltivazioni ben più redditizie le hanno
sostituite. E non è che un esempio.
La terza osservazione è quella relativa agli effetti dell’infiazione su tutto il sistema fiscale
e più specialmente sulla progressività delle imposte personali. E’ evidente che un aumento nominale dei redditi comporta una scalata, prevista dalla
legge, su tali imposte, col risultato che alla fine l’imposizione
fiscale aumenta, così che il reddito «reale'», del contribuente è
gran parte soggetti di secondi
lavori neri) da cui non si otterrà quasi mai una fattura e la
cui massa costituisce la parte
più pesante, anche se meno appariscente, della evasione vera
e propria. Di tale evasione siamo comunque complici tutti noi
che non esigiamo fatture regolari per ogni prestazione e che
in tal modo aiutiamo la sottrazione ai doveri fiscali di larghi
redditi. Tutti siamo così, se non
evasori, complici necessari degli
stessi. Come potrebbe mai una
Amministrazione già ammalata
controllare seriamente non solo
i 20 milioni di dichiarazioni che
riceve, ma anche tutte quelle che
neppure riceve?
Vi è poi un’evasione, per cosi
dire involontaria, dovuta alla
difficile comprensione delle circa diecimila disposizioni (tra
leggi, leggine, circolari agli uffici, istruzioni interne e via elencando) che regolano la materia.
Sono queste la maggior parte
Siamo tutti complici
degli evasori
Finché l'inflazione
rimane...
diminuito. Il principio della progressività è certamente corretto ;
chi più ha più dia. Ma finché
rinfiazione rimane sensibile l’ingiustizia sostanziale rimane. Ed
in attesa che l’inflazione scompaia, o almeno si riduca a quel
2/3% l’anno che è fisiologico a
un sistema economico come il
nostro, sarebbe forse opportuno non tanto il ritocco visentiniano delle aliquote, quanto un
riesame sostanziale della progressività dell’imposta. La progressività spinta all’eccesso ha
anche una influenza negativa sull’economia perché è diffìcile che
qualcuno lavori con maggior sacrificio solo per dare allo Stato
la maggior parte del suo guadagno.
La quarta osservazione riguarda l’evasione fiscale. Non vale
forse la pena di ricordare la
più sfacciata, quella dei medici
a 200.000 Lit. a visita o degli avvocati pagati senza parcella, o
dei commercianti che senza redditi apparenti vivono lussuosamente; e neppure della larghissima massa di idraulici, elettricisti, artigiani dei servizi (in
delle evasioni contestate dagli
uffici, relative a errori nella documentazione, piccole differenze per deduzioni non dovute e
simili, assorbendo così gran parte del lavoro degli uffici, anche
perché è la più facile da svolgere.
Vi è infine la evasione, meglio
detta erosione, data da tutte le
disposizioni a favore di questa,
o quella categoria, dalla non tassazione dei benefici marginali
dei lavoratori dipendenti a quella a favore di determinati tipi
di reddito (molte rendite finanziarie di cui esemplare quella
sui redditi da titoli di Stato, non
corretta dalla recente tassazione in quanto, a parte la esenzione dalla progressività, i tassi
vengono trattati al netto della
imposta nominale). Aggiungerei
infine la discrezionalità lasciata agli uffici sia dalla pletora
delle disposizioni, sia dalla loro
corhpilazione che è quasi sempre più èul vago che sul préciso.
E la discrezionalità comporta
conseguenze facilmente intuibili.
La quinta osservazione riguarda la funzione fiscale delle autonomie locali. Principio base
della riforma del ”71 è stato quello di concentrare nello Stato la
percezione di tutte le imposte
e di riversare dal centro alla periferia le somme considerate necessarie al funzionamento degli
enti locali. Il principio sembra
buono, la sua applicazione assai
meno. Sotto l’aspetto formale,
perché rimane Tobbligo (e i relativi costosi adempimenti) di
dare copia di ogni dichiarazione
IRPEF anche ai Comuni, dì cui
non più di una decina sono in
grado di fare un sommario accertamento. Sotto quello sostanziale perché, togliendo agli enti
locali la responsabilità politica
di qualsiasi imposizione, si lascia campo liberò alle loro spese, sempre bene o male coperte
dai trasferimenti dal centro, col
risultato paradossale che chi
peggio amministra o più spende riceve somme proporzionalmente maggiori di chi cerca di
controllare meglio sprechi e spese. L’ipotesi non realizzata della TASCO è un tentativo di mettervi in qualche modo riparo.
Un’ultima osservazione infine
si può fare sui costi di percezione che lo Stato sopporta, e
noi paghiamo, e che sembrano
ancora lungi dall’essere raziona
IVA, la progressività
servizi dello Stato
lizzati. Nonché sul problema dei
rimborsi, sempre ritardati, che
sono sensibilmente aumentati di
numero, sia per effetto dell’anticipo novembrino, sia per il credito dì imposta riconosciuto ai
percettori di dividendi, la cui
consistenza è decisa da terzi.
Un rimedio razionale di nessun
costo (lo Stato risparmierebbe
anzi i modesti interessi che corrisponde sui rimborsi) potrebbe
essere quello di ammettere la
compensazione fra debiti e crediti di imposta anno su anno
(così come si fa per l’IVA) o
anche tra diverse imposte personali (IRPEF e ILOR ad es.),
ma pare una soluzione troppo
semplice per essere accettata
dalla burocrazia ministeriale.
Sembra anzitutto evidente che
la pressione fiscale sui contribuenti è strettamente legata alle prestazioni che essi, in quanto cittadini, richiedono allo Stato. Esso anzi, in Italia, spende
da molti anni somme largamente superiori a quanto gli fornisce il gettito fiscale. Si copre
con quanto gli prestano gli stessi cittadini (BOT, OCT, BTP)
che ne ricavano interessi superiori, nonostante la recente tassa, al tasso di inflazione. Si possono identificare almeno tre settori per i quali le richieste di interventi statali sono sempre più
ampie e pressanti e che portano
quindi la più alta responsabilità
degli oneri fiscali necessari a coprirle, oltreché del deficit finalmente risultante.
Sono la istruzione pubblica,
per la quale notoriamente i contributi richiesti agli studenti non
sono che una minima parte dei
costi relativi. Il sistema sanitario per il quale la spesa da coprire è enormemente superiore
ai quasi nulli introiti (tickets,
contributi, tasse sulla salute ecc.)
che gli sono consentiti (scandali
e disonestà di singoli a parte).
Il sistema pensionistico, per il
quale lo Stato copre ogni anno
decine di migliaia di miliardi,
non tanto per gli evidenti abusi
di alcuni settori (pensioni di invalidità) o per le facilitazioni a
sfondo politico concesse ad alcuni settori (coltivatori diretti
e simili), quanto perché lo Sta
Tre settori portano
la responsabilità
del deficit
to si è impegnato a corrispondere pensioni aggiornate al costo della vita (e su questo l’infiazione ha avuto un peso enorme) e non all’entità dei contributi versati (vedere come calcolano l’inflazione le assicurazioni private in polizze del genere : poco più che simbolicamente).
E’ ovvio che queste tre situazioni non sono risolvibili con la
semplice cancellazione degli oneri che lo Stato deve sopportare:
scuola, salute, previdenza sono
settori non da sopprimere, ma
da riorganizzare.
Per l’istruzione qualcosa si è
fatto con la introduzione del numero chiuso in alcune facoltà
universitarie, rese ormai fabbriche di disoccupati.
Per la sanità quasi tutto sembra da rifare, anche perché è
abbastanza evidente la scarsa
collaborazione offerta dalla classe medica che ne è l’inevitabile
supporto. Limitare l’assistenza
semigratuita a chi ne ha effettivamente bisogno e non estenderla anche a chi potrebbe pagarsela per conto suo? E’ quello
che facevano una volta le comunali Congregazioni di Carità e
che si tenta ora di fare con le
« fasce sociali ». Depoliticizzare
le USL affidandole, non tanto ai
medici che hanno spesso interessi contrastanti, ma ad amrmnistratori seri, capaci e forniti
di sufficiente autorità operativa?
Per le pensioni tutto è reso
estremamente difficile da due
fatti che stanno uccidendo il sistema ; l’inflazione e il prolungamento della vita umana. La
prima perché obbliga ad aumentare periodicamente le pensioni,
senza che sia possibile recuperare su contributi versati in anni lontani. Il sistema così non
è più previdenziale, ma diventa
mutualistico, utilizzando i contributi di oggi per pagare le pensioni di oggi e non per accantonare per il futuro. E qui interviene l’aumento medio della vi
Lo Stato non è capace
di gestire...
ta perché non è più lontano il
momento in cui il numero dei
pensionati sarà superiore a quello dei contribuenti, con la messa in crisi totale di tutto il sistema e la necessità per lo Stato di aumentare la pressione fiscale per coprire deficit in costante crescendo.
Alle crescenti necessità di spesa contribuisce anche la scarsa
efficienza di tutta l’Amministrazione statale. E’ possibile, e a
volte avviene, fare leggi positive, ma se non si costruisce una
Amministrazione in grado di
applicarle correttamente, tutto
rimane nel limbo delle buone intenzioni seguite da cattive realizzazioni. E rimane quindi il
problema fondamentale e cioè
quello di assicurare con equità
le entrate fiscali necessarie a far
fronte a tutti i servizi che si continuano a chiedere allo Stato. In
un paese abitato da una larga
maggioranza di evasori, totali o
parziali, diretti o indiretti, il
problema principale rimane quello di combattere l’evasione a
tutti i livelli.
Ma molto si potrebbe fare anche sulla semplificazione del sistema, controllando se vale la
pena di mantenere imposte la
cui riscossione costa più del gettito, con una maggior chiarezza
della legge (10.000 disposizioni
di vario livello sembrano un po’
troppe, perché il contribuente ci
capisca qualcosa), con una semplificazione della modulistica
tentando di unificare la molteplicità degli adempimenti chiesti al contribuente, e via dicendo. E in attesa che questo avvenga consolarsi con i risultati
delle più recenti statistiche, secondo le quali la imposizione
strettamente fiscale in Italia è
diminuita dal 26,7% del prodotto interno del 1983 al 26,2 del
1985.
Converrà inoltre riflettere sul
problema che più strettamente
ci riguarda, in base alla constatazione del fatto che lo Stato
riesce, in modo spesso iniquo,
a far funzionare la macchina fiscale, ma non è capace di gestire con risultati almeno simili
quella della spesa.
Chi utilizzerebbe meglio quell’8 per mille che viene offerto
alle nostre opere sociali; lo Stato o le nostre organizzazioni?
Chi utilizzerebbe meglio le
somme dovute per l’INVIM decennale? Molto più dubbio chi
utilizzerebbe la deduzione fino a
due milioni l’anno dall’imponibile. E’ certo che il risnarmio
fiscale andrebbe a beneficio di
offerte supplementari alle nostre organizzazioni, o si finirebbe col non variare le offerte e
dare solo ai singoli un maggiore
margine per celebrare i fasti del
consumismo? La discussione è
aperta.
Niso De Michelis
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8 vita delle chiese
12 dicembre 1986
RICORDO DEL PASTORE ERNESTO NASO
Scompare un testimone
umile ma deciso
Se la storia di un uomo può
ridursi a luoghi e date, basta dir
questo: Ernesto Naso nasce a
Riesi nel 1926, in una famiglia
della robusta comunità evangelica locale. Studia teologia a Roma e a Basilea. Fa il suo « apprendistato » a Torino, Trieste e
Sampierdarena fra il 1951 e il
'56; consacrato quell’anno al ministero pastorale, toma al suo
Sud, in Puglia precisamente: prima ad Orsara (1956-58) poi a Taranto (1958-71). Dico le località
di. residenza, ma chi conosce
quelle zone e le relative diaspore un po’ più che per sentito dire sa che entrambe sono più che
altro dei campi-base da cui si
macinano chilometri su chilometri, con ogni clima, se si vuole
stare im po’ dietro alla diaspora. Nel ’71, Ernesto torna al
Nord: sette anni a Bergamo,
quattro a Pisa, tre a La Spezia
e Carrara. Poi il suo fisico, che
è andato lentamente ma inesorabilmente logorandosi, non gli
permette di sostenere oltre il
peso di una comunità; e l’anno
scorso va a risiedere a Firenze,
per lavorare alla revisione dell’Innario, alla rivalutazione del
patrimonio innologico evangelico. Ha appena il tempo di coniinciare; e si « addormenta nel
Signore » a poco più di sessant’anni, senza poter offrire a Dio
anche quel « seren della vecchiezza » di cui abbiamo cantato
intorno alla sua bara.
Ecco. Le date e i luoghi sono
questi, col minimo di collegamento possibile. Ma non posso
liquidare così il ricordo di questo fratello, umile quanto colto
e sensibile, deciso nelle sue scelte ma attentissimo a non imporle, paziente fino alla remissività, preoccupato di « diminuirsi »
affinché Tevangelo « crescesse ».
Il suo servizio non è sempre
stato facile: più di una volta gli
è costato la sofferenza e il pianto. Lo sosteneva l’affetto della
moglie e dei figli; lo consolava
la musica. Ottimo suonatore di
pianoforte e di organo, prediligeva il protestante Bach, nella
cui musica trovava forme di adorazione e di preghiera alle quali
partecipava totalmente. Lo testimonia questa sua breve lirica:
« Riconoscenza
a Bach »
« Gottes Zeit ist die
allerbeste Zeit »
I sensi tesi seguono violini;
musica dolcissima
mi penetra profondo.
Sono sommerso
da fremiti possenti
immensa forza
di piangere, pregare.
Come travolge, in cuore luminosa
calda commozione
onda purissima di gioia.
Sono disperso (e mi ritrovo)
in infinito oceano di luce,
di beatitudine
ed è richiamo, (un segno forse)
ad altra luce
ad altra pace
ad altra musica nei cieli.
Con questo, sono venuto a un
altro aspetto di quella sua personalità che ho imparato a conoscere fra il ’64 e il ’71, quando
lui lavorava a Taranto ed io a
Napoli; quando eravamo entrambi nella Commissione dell'allora V distretto e viaggiavamo lungamente insieme, talvolta anche con l’amico carissimo
di entrambi. Armando Russo,
che ha preceduto Ernesto di
qualche mese nella casa del Fa
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dre. Parlo della sua personalità
di poeta.
Ernesto Naso ha pubblicato
tre raccolte di liriche: Ove rapida luce (1953), Gemito della
creazione (1970), Il grido degli
oppressi (1976). I titoli dicano
già chiaro che al centro dell’interesse dell’autore sta la sofferenza umana, di cui egli conosce le radici lontane e le manifestazioni prossime: la povertà
che ha svuotato le terre del Sud
delle sue forze migliori non è dovuta né al caso né al capriccio
di Dio, viene dallo sfruttamento quotidiano, da un paternalismo che è diventato costume,
da un feudalesimo che sopravvive come mentalità. Ernesto
scrive:
La volontà di Dio non è morte
la farne, la miseria
ma vita e pace dei diseredati
di tutti gli affamati della terra.
« Perdonami
fratello »
« I poveri muoiono
di farne »
I poveri del mondo
muoiono di fame:
si lasciano morire di miseria
sui marciapiedi, luridi tuguri
delle città ricche,
immense indifferenti,
nei miseri villaggi.
Per loro non c'è pane, casa
speranza, un avvenire:
non piove più da anni
rimuore tutto, secca
tutto è deserto e morte
in questo sperso Sud.
« E’ il gioco della vita », dicono
« destino crudelissimo,
la volontà di Dio ».
No, fatalità non è
la volontà di Dio;
è volontà degli uomini
è il gioco dei potenti
che bruciano, distruggono
che spogliano e depredano
tutta la natura
che allagano miniere
inquinano la terra, il mare, l’aria
ma non un soldo spendono
per dare vita al suolo inaridito
alla tua terra, Sud!
Di queste cose si ragiona nel
viaggiare, fra un incontro e l’altro con un consiglio di chiesa,
con un collega.
Ma Ernesto non si occupa solo di musica e di poesia. Lavora
sul serio, e lavora molto. Gli anni di Taranto sono intensi per
lui e per la comunità: sono gli
anni in cui si realizza la costruzione del nuovo locale di culto
in via Generate Messina, ed egli
si adopera, preme, si arrabatta
perché i valdesi non aprano una
chiesa senza aprire anche un
servizio alla città: e nasce così
il « ricreatorio », la scuola materna. Che non sopravviverà molto, purtroppo, al suo trasferimento, ma che non manca di
lasciare tracce positive e durevoli fuori della comunità... Sono
gli anni caldi in cui matura e
scoppia il « '68 », gli anni in cui
Paolo VI visita l’Italsider, e Naso deve far forza alla comunità
valdese perché denunci il carattere conservatore, politico, di
una visita che si vuol far passare per pastorale, perché proclarni alto e forte che senza giustizia non ci può essere pace e speranza di futuro.
Per il credente Ernesto Naso
c’è possibilità di futuro solo se
c’è riconciliazione. A tutti i livelli. Perché solo la riconciliazione, riflesso dell’amore di Dio,
è veramente liberatoria:
Questo straniero biondo
[longilineo
intento ad ammirare i
[monumenti
bellezze ed arte della mia città
un volto mi ricorda di aguzzino
gli occhi celesti e freddi
armi e divisa di esseri spietati
compiti esecutori di stermini.
Il cuore è oppresso, vinto da
[rancore
si leva in me furore
un odio disumano.
Ma quando penso poi
che forse si è pentito
che pure a lui è aperta
la via del ritorno...
ogni furore cade
mi sento misero, avvilito.
Perdonami fratello.
Sono stato prolisso. Ho occupato troppo spazio per un semplice necrologio. Lo so. Mi pare
una specie di indennizzo verso
Ernesto Naso, un uomo che non
ha fatto nulla, mai, per essere
nella chiesa una figura di primo
piano, e che la chiesa nel suo
insieme ha forse trascurato di
valorizzare.
Mi sia lecito chiudere questa
nota con un ricordo molto personale. Quando mia moglie ed
io abbiamo avuto nostro figlio —
e forse molti sanno che l’abbiamo avuto quando aveva già due
anni e mezzo —• Ernesto Naso
ci disse, con gioia e con semplicità: « Avete visto? dove non arriva la natura, arriva la grazia ».
Salvatore Ricciardi
CORRISPONDENZE
Contro l’integralismo
ditori, e la loro cacciata — nel
1541 — portò a un sensibile impoverimento dell’economia calabrese.
A proposito di un’iniziativa
« in difesa della vita », il gruppo
FGEI di Firenze ha adottato la
seguente presa di posizione;
« Il gruppo di Firenze della
Federazione Giovanile Evangelica Italiana, venuto a conoscenza del concorso per le scuole
medie superiori ’’Firenze, Europa, cultura: prima di tutto la
vita”, promosso dal Movimento
per la Vita col patrocinio del
Sindaco di Firenze, dell’Arcivescovo monsignor Piovanelli, del
Provveditore agli studi di Firenze e dei Ministri della Pubblica Istruzione e dei Beni Culturali, ritiene questa iniziativa
inaccettabile. In special modo il
fatto che un’iniziativa orientata
verso un’ideologia ben precisa
venga patrocinata da chi, come
il Provveditore agli studi e il
Ministro della Pubblica Istruzione, dovrebbe al contrario garantire la laicità e la democraticità della scuola.
Il gruppo FGEI inoltre riba^sce che la scuola pubblica non
è un terreno di conquista per i
vari integralismi, e demmcia il
fatto che questa iniziativa si pone apertamente in contrasto con
lo spirito della legge di ratifica
delle Intese fra lo Stato italiano e le Chiese rappresentate dalla Tavola Valdese. Legge che
non mirava ad una ulteriore
spartizione confessionale degli
spazi scolastici, ma a stabilire
garanzie di libertà valide per
tutti, credenti e non credenti ».
Ebrei in Calabria
CATANZARO — Nei giorni 4
e 5 novembre ha avuto luogo un
convegno sul tema « Per una
storia degli ebrei in Calabria»,
organizzato dal Centro Studi
Giuseppe Gangale.
La presenza degli ebrei in Calabria è antichissima: lo dimostra la recente scoperta, in provincia di Reggio Calabria, dei
resti di una sinagoga risalente
al quarto secolo dopo Cristo.
Erano, per la maggior parte, artigiani, commercianti e impren
Peccato solo che, in un convegno dedicato alla storia di
questa interessante minoranza,
il massimo spazio sia stato occupato ancora una volta dalla...
maggioranza. Solo una delle otto relazioni, infatti, è stata affidata a un ebreo (il rabbino
Toaff, che ha parlato dell’importanza della Calabria nello
sviluppo della Cabala ebraica),
a fronte dei tre interventi che
il Centro Gangale ha concesso
a rappresentanti cattolici — l’arcivescovo e due teologi — i quali si sono dimostrati faziosi e
apologetici.
Uno dei due teologi, per esempio, tale don Melito, è arrivato
a dire che per San Nilo la
vita di un cristiano valeva quella di sette ebrei!
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12 dicembre 1986
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VILLA OLANDA
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Addio all’ultimo rifugiato >-e beatitudini
I profughi arrivarono nel 1958: ora rimangono alcuni libri in russo e la
cappella ortodossa — La nuova destinazione di parte dei locali
Era arrivato a Villa Olanda
nel 1958, insieme con sua moglie
ed altri rifugiati provenienti dal
campo profughi di Trieste. Ultimo dei « russi » rimasti, Boris
Krutiev è deceduto pochi giorni fa, all’età di 91 anni, in quella
che per tre decenni è stata la
sua casa, dopo peregrinazioni
attraverso vari paesi.
A Trieste aveva ritrovato Valentina, la sua fidanzata, che la
Rivoluzione d’Ottobre aveva separato da lui, e l’aveva sposata.
Era stato miniaturista, diplomato all’Accademia di Kharkov, la
sua città e poi ufficiale dello
Zar,
Il mio primo contatto con
quella realtà di Villa Olanda che
ormai stava per scomparire, era
stato con lui. Curvo, il passo
strascicato, era entrato quella
mattina nell’ufficio della Direzione per chiedere, come spesso faceva, una sigaretta a Franco Peyronel che, pur rimproverandolo
bonariamente, non si sentiva mai
di rifiutargliela. Vedendo in me
un estraneo si era prontamente
allarmato, convinto che i suoi
conrpatrioti fossero venuti a riprenderlo. Franco lo aveva subito tranquillizzato con la parola « amico ». Era ossessionato
da l l’idea che venissero a prenderlo per portarlo via, chissà
dove...
Alcune settimane fa, la RAITV era venuta qui per girare un
servizio sull’«ultimo russo», da
inserire in un suo programma
e una interprete gli aveva parlato nella sua lingua. Questo lo
aveva profondamente scosso perché le sue condizioni di salute
non erano più buone e proba
PROTESTANTESIMO
IN TV
Lunedì 15 dicembre,
ore 23 circa, RAI 2
In questo numero « il punto sulla attualità » prenderà
spunto dal recente caso sulla predeterminazione del sesso di un neonato; seguirà un
filmato sugli evangelici in Cina con intervista al pastore
Piero Bensi; Paolo Ricca neli '« 1 +1 » risponderà alle lettere dei telespettatori; concluderà « il riflettore » acceso su ;
la Casa Editrice Claudiana e
le sue ultime pubblicazioni.
Concerto
di Attilio Sibille
nuova sede in
Piazza Gianavello
Torre Pellice
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Tutti i generi
musicali
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bilmente questo tentativo di intervista resterà negli archivi
RAI. E’ riuscito a restare qui,
come desiderava, fino alla fine.
Ad officiare il rito funebre di
Boris è venuto il pope che risiede in Svizzera, presso Ginevra,
dato che quello di Roma è troppo vecchio per un viaggio così
lungo.
Villa Olanda nel,secolo scorso era uno dei migliori alberghi
del Piemonte. Fu in seguito acquistata dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, trasformata in
Casa di Riposo e affidata alla
Tavola Valdese per accogliere i
rifugiati russi della Rivoluzione
d’Ottobre. Arrivarono nel 1958.
Erano circa un’ottantina tra uomini e donne di diversa provenienza sociale. In comune avevano un passato recente di sofferenze e privazioni. Durante la
loro permanenza qui, mantennero una certa separazione tra loro a seconda del ceto sociale e
della loro istruzione: nobili, artisti, ex-ufficiali, contadini e servi. Nelle ricorrenze importanti,
Pasqua, Natale ed il giorno di
San Nicola, celebravano le funzioni religiose nella cappella alle quali seguiva la processione
nell’ampio parco. Ora, dopo la
morte di Boris Krutiev, restano
a Villa Olanda dei libri in russo
nella piccola biblioteca, la cappella ortMóssa disadorna^ il cartello «Chiudere la porta» in carattere cirillico affisso sul vecchio portone di legno.
Villa Olanda aveva trovato da
tempo una sua nuova collocazione tra le opere della Chiesa:
quella di casa di riposo ed insieme foyer per gli anziani che qui
vengono a svernare a cui si è recentemente aggiunta quella di
ospitare la comunità psico-terapeutica proveniente dal Padiglione deirOspedale di Torre necessitante di creare nuovi posti letto.'Mólto nota in passato proprio
per i suoi ’russi’ ma anche come
casa di vacanze per chi voleva
trascorrere un periodo di riposo
estivo nella stupenda cornice
della Val Pellice, Villa Olanda,
in seguito alla progressiva riduzione dei rifugiati e degli ospiti
estivi, è rimasta dignitosamente
un po’ in disparte e forse un po’
dimenticata (anche nei doni) rispetto ad altre opere più « sentite » dalle comunità locali.
In questi mesi la Casa deve
affrontare costose ristrutturazioni imposte dalla vigente normativa antincendi, insopportabili per le sue finanze tutt’altro
che floride. Mi auguro che questa pagina di storia che si chiude possa costituire l’occasione
di aprirne una nuova nel rapporto di solidarietà dei membri
delle chiese nei confronti di un’opera che conserva tuttora tm
suo profondo significato.
Enrico Fratini
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VILLAR PELLICE — Dome
nica 23 novembre un gruppo di
sorelle e di fratelli di Testimonianza Evangelica Valdese ha
trascorso la giornata con noi.
Dopo aver partecipato al culto
presieduto dal pastore E. Ayassot, che ringraziamo per il messaggio, essi si sono ritrovati nel
pomeriggio con alcuni membri
della chiesa locale per proseguire la riflessione su « le beatitudini » iniziata nel culto del mattino.
• Un benvenuto a Alex di
Roberto Bonjour e di Ivalda
Cogno con l’augurio di ogni bene nel Signore a lui ed ai suoi
familiari.
• Sono stati battezzati: Angelo Bonato, di Roberto e di Olga
Velasquez; Valerlo Catalin di
Gianni e di Silvia Davit. Il Signore aiuti i genitori a mantenere le promesse fatte ed accompagni con la Sua grazia queste famiglie.
• Nel volgere di pochi giorni
ci hanno lasciato i fratelli e le
sorelle: Emilio Gönnet, di anni
71 ; Paolina Janavel ved. Charlin, di anni 69; Carlo Emanuele
Gönnet, di anni 77 ; Giovanna
Grand ved. Allio, di anni 81. Ai
fàmiliari colpiti da questi lutti
rinnoviamo la fraterna solidarietà della Chiesa e nostra.
cet) termina il ciclo di riflessione su come gestire le nostre foresterie in Val d’Angrogna in
attesa di riprendere l’argomento
in una prossima assemblea a
gennaio.
Sabato 13 dicembre
□ CONCERTO
TORRE PELLICE — Organizzato da Radio Beckwith e dall'Associazione culturale « F. Lo Bue », ha luogo alle
ore 20.45 presso la Foresteria valdese
un concerto del gruppo corale « Tre
castelli » di Magliano Alfieri.
Domenica 14 dicembre
□ INCONTRO
DEI CASSIERI
PINEROLO — Presso ia chiesa valdese di Via dei Mille 1, alle ore 15, i
cassieri delle chiese delle Valli affronteranno i seguenti argomenti: rimborsi
spese, contribuzioni alla cassa centrale, spese del Distretto '87, varie.
Lunedì 15 dicembre
Festa di Natale
VILLASECCA — Mercoledì
24 dicembre si svolgerà al Trussan, con inizio alle ore 20, la tradizionale festa di Natale.
• Ringraziamo il pastore Michael Chalupka che domenica 7
dicembre ha presieduto il culto con celebrazione della Cena
del Signore.
Riunioni quartierali
ANGROGNA — Con le ultime riunioni quartierali di dicembre, prima di Natale (15:
Serre; 16: Buonanotte; 17: Ca
n COORDINAMENTO
FCEI - VALLI
PINEROLO — Alle 21 In Via dei Mille
il coordinamento FGEI discute su: il
denaro e la chiesa; valutazione del convegno'del 30 novembre.
□ COLLOQUIO
PASTORALE
TORRE PELLICE — Alle ore 9.15 inizia presso la Casa Unionista l'incontro mensile dei pastori con una meditazione di Tom Noffke. « 11 Patto:
aspetti storici e teologici » è l'argomento di studio introdotto dai pastori
Paolo Ribet e Susanne Labsch. Nel pomeriggio; riflessione su La chiesa
universale ».
Giovedì 18 dicembre
LUSERNA S. GIOVANNI
Mini - bazar
Domenica 14 dicembre, alle ore 14.30, nella Sala Albarin, mini-bazar natalizio con
articoli per regali a bambini
e aHìiÌti, brganizizato dalla
Società di cucito « Le Printemps ».
□ NUOVO TESTAMENTO
IN PIEMONTESE
TORINO — Alle 18 nel Salone Turchese della « Famija Turinèisa » in Via
Po 43 verrà presentato; « 'L Testament
Neuv de Nossegnour Gesu-Crist » in
lingua piemontese edito recentemente
dalla Claudiana. Tra gli altri interverranno; Tullio Regge e Arturo Gente dell'Università di Torino.
Domenica 21 dicembre
O ARMONIE DEL NATALE
TOPRE PELLICE — Alle 14.45 nel
Tempio Valdese la Corale Valdese presenta un concerto natalizio a favore
dei lavori all'Ospedale Valdese.
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10
10 cronaca delle Valli
12 dicembre 1986
Far
salute
Scioperano i medici, i dipendenti delle USSL, i politici litigano su chi debba occupare questo o quel posto nel comitato
della VSSL, il ministro della Sanità annuncia propositi di “riformare la riforma”; in tutto
questo guazzabuglio c’è chi invece si propone come "obiettivo:
far salute". E’ l’USSL della Val
Pellice che in questi giorni ha
organizzato un convegno sulla
applicazione della riforma sanitaria.
A giudicare dal clima generale attorno alla questione sanitaria l’iniziativa della Val Pellice
appare decisamente di controtendenza e lascia aperta la speranza che si possa riaprire un
dibattito culturale tra i più interessanti della storia recente:
quello della costruzione di una
nuova cultura della salute.
Un dibattito che aveva visto
le nostre chiese parteciparvi attivamente anche con proposte
interessanti. Gli ospedali si sono e si stanno trasformando in
presìdi aperti ai problemi del
territorio, il rapporto tra struttura pubblica e chiese locali è
ricco di esperienze positive, ma
anche di delusioni e sconfìtte.
Ben venga dunque questo convegno che vuol fare il punto sulla applicazione della riforma sanitaria a livello nazionale ed
esaminare in specifico la realtà
piemontese e locale in particolare: verificheremo anche il nostro ruolo in essa.
E’ un’occasione positiva perché tutto quanto si è pensato,
scritto e fatto negli anni scorsi
sul tema della salute non resti
un mito, ma trovi un ambito di
verifica.
La nuova cultura della salute
ha avuto negli anni scorsi due
grandi punti di riferimento: la
prevenzione e il territorio.
La prevenzione era un tema
che nasceva dalla teorizzazione
della centralità della grande fabbrica e della classe operaia. Far
salute significava combattere la
nocività, bonificare la fabbrica.
Oggi ci si rende conto che quell’idea era giusta, ma parziale.
Oggi l’obiettivo di far salute attraverso la prevenpone è riferito a nuove tematiche come l’ecologia, l’ambiente di vita, gli
alimenti. Occorre perciò ridefinire gli obiettivi in una situazione che è mutata, in una società
che è cambiata.
Lo stesso tema del “territorio",
cioè del luogo nel quale i cittadini partecipando attivamente
alla gestione della loro salute (il
riferimento obbligato è ai consultori femminili), elaborano una
cultura della salute che relativizza il “potere" del medico ad
una funzione tecnico-scientifica,
va oggi ripensato. Una cattiva
applicazione di quest’idea ha fatto sì che i tecnici si siano poco
per volta dileguati, per lasciare
il posto ai politici che hanno cominciato a gestire le USSL sulla base del consenso che avevano e del potere che ne ricavavano. Per riavere potere i tecnici
si sono omologati al potere, lasciando da parte la ricerca scientifica. Se è vero che il territorio
e la partecipazione sono centrali
nel processo di far salute, è oggi
indispensabile che vengano ridefiniti il ruolo tecnico-scientifico ed il ruolo politico, che non
si facciano piani sanitari basati
più sull’ideologia che sulla conoscenza della realtà. Di questo
si discute in Val Pellice. Oasi
felice?
Giorgio Gardiol
I NUOVI LOCALI DELL’OSPEDALE DI TORRE PELLICE
Il «via» nei tempi previsti
Dalla legge di Riforma sanitaria all integrazione nel Piano sociosanitario regionale — Entro l’estate prossima il termine dei lavori
Iniziati il 14 ottobre dello scorso anno, i lavori di ristrutturazione dell’Ospedale Valdese di
Torre Pellice si stanno concludendo in questi giorni e nel volgere di una settimana i locali di
degenza saranno già utilizzati. Si
sono quindi mantenuti i tempi
previsti, nonostante gli inevitabili problemi che sorgono quando
si deve intervenire su strutture
già esistenti. Della necessità di
questa ristrutturazione e dell’ampliamento per dotare la Val Pellice di una struttura di medicina generale ed interna si parlava già nel 1968, anno in cui, con
Tavvento della legge di Riforma
sanitaria (legge Mariotti) la Chiesa Valdese discusse sul futuro
delle sue strutture ospedaliere.
Tre ipotesi erano presenti: quella di farne delle case di cura private, quella di chiuderle perché
Timpegno di ristrutturazione era
valutato come troppo elevato per
le nostre capacità finanziarie, e
quella di inserirle nel Piano Nazionale dei servizi pubblici. Fu
appunto quest’ultima tesi a prevalere ed ora, pur rimanendo con
le loro autonomie di enti ecclesiastici, gli ospedali, tramite convenzioni, fanno parte del Piano
socio-sanitario regionale. Esso
prevedeva una necessità per la
Val Pellice di 70 posti letto, contro gli attuali 51, ed ecco quindi
in anni diversi, emergere varie
ipotesi di ristrutturazione, di
cui l'ultima, redatta nel 1984, prevedeva un’ala di raccordo tra il
« padiglione » ed il fabbricato originario, la ristrutturazione del
padiglione stesso e, in epoca successiva, comunque entro giugnoluglio ’87, la ristrutturazione del
fabbricato centrale e la sistemazione dell’area di accesso. L’opera allo stadio attuale costa all’incirca 2 miliardi e 700 milioni
raccolti nelTambito delle comunità valdesi e metodiste italiane e
fra quelle protestanti all’estero.
Come già nel 1821 attorno alla
Signora Charlotte Peyrot Geymet ed al gruppo di collabora
tori, una larga solidarietà internazionale permise di portare a
termine la costruzione delTOspedale, così ora la stessa solidarietà internazionale ha moralmente
e finanziariamente permesso di
completare questa parte.
A fiancheggiare l’iniziativa, è
dal 1981 operante l’Associazione
Amici dell’Ospedale che intesse
collegamenti, organizza manifestazioni, raccoglie finanziamenti
attraverso l’autotassazione dei
soci, sollecitando anche contributi da parte di privati. Fino ad
ora l’Associazione ha raccolto 330
milioni di cui 225 destinati alla
ristrutturazione, mentre la restante parte è stata spesa per
attrezzature e per migliorare il
cornfort per i degenti.
L’elenco dei contribuenti è lungo, possiamo però citarne alcuni significativi: un ospedale tedesco ha offerto i letti, mentre
il padre di Marco De Marchi, il
ragazzo tórrese morto l’anno
scorso per un incidente in montagna, ha costruito attrezzature
particolari per la sala di fisioterapia. All’esterno pure vi sono
state iniziative: durante l'anno
si sono avuti diversi concerti fi
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letti. Vi sono poi stanze a due
letti per il monitoraggio cardiologico ed alcune singole.
Fanno sempre parte del nuovo
complesso le cucine, la sala per
la refezione del personale, l’accettazione, mentre nella zona
mansardata al terzo piano è stata ricavata un’ampia sala per riunioni ed attività, oltre a diversi
locali che in futuro saranno destinati ad ufficio.
Nel complesso, l’opera dà al
visitatore la sensazione di semplicità e di linearità pur nella
complessità dei problemi da risolvere, e di essere stata voluta
e curata anche nei particolari
partendo dall’attenzione sia per
l’ospite sia per chi vi dovrà prestare il suo servizio.
« Un grazie particolare » —
ci dice il presidente del
Comitato di gestione. Prof.
Mourglia — « deve essere detto all’impresa Armand-tPilon
di Torre Pellice che con
oculatezza e dedizione in poco
più di un anno dall’inizio dei la- dolari?
vori, ci consegna ora la struttura funzionante ». E prosegue: « I
nostri problemi non sono ancora
terminati: dono il trasferimento
nella nuova sede, dobbiamo occuparci della ristrutturazione della parte centrale dell’edificio nella quale sino ad ora abbiamo
continuato a dare il servizio. Il
costo previsto di 700 milioni è
ancora tutto da coprire, ma contiamo di avere ancora la solidarietà e l’appoggio di tutti e quindi di poter disiporre per la prossima estate dell’Ospedale completamente ristrutturato ».
Adriano Longo
Lenta agonia
del treno?
torre pellice — «Fer
miamo la lenta agonia del treno » è quanto hanno affermato
pendolari e cittadini della Val
Pellice, che hanno affollato il
salone della Foresteria valdese
dove si è tenuta una assemblea
convocata dalla Comunità Montana e dal Comitato di difesa
della ferrovia. Dopo la prima
vittoria della popolazione delle
valli, che è consistita nel mantenimento in servizio della tratta Torre Pellice-Pinerolo, le ferrovie si sono adoperate per scoraggiare l’utenza. Cambio treno
a Pinerolo e relative mancate
coincidenze, orari peggiorati rispetto al passato, riduzione del
numero delle carrozze non sono
certamente misure che puntano
al «recupero di utenza». La Regione per parte sua ha continuato ad autorizzare la concorren
za degli autopullman privati invece di pensare alla necessaria
integrazione dei servizi. Ma i!
peggio non è ancora arrivato :
le ferrovie hanno infatti predi
sposto un progetto di orario
estivo che penalizzerebbe soprattutto l’utenza pendolare.
La protesta degli utenti è dunque giustificata e il Comitato e
la Comunità Montana hanno ottenuto un primo successo : il
poter partecipare al comitato
che vaglierà gli orari proposti.
Stupisce però che nonostante i
numerosi documenti prodotti dal
Comitato pendolari le sue proposte non siano conosciute da
gli organi competenti. Un gentile funzionario regionale ha però informato che vi sono 2 categorie di lettere: quelle cui si dà
risposta con lettera, e quelle cui
si dà risposta con fatti. Quale è
il caso del documento dei pen
G. G.
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di BOLLA e BENECH s.n.c.
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11
12 dicembre 1986
cronaca delle Valli il
LA SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI HA 105 ANNI
Educare alla coscienza storica
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La Società di Studi nacque a
Torre Pellice nel 1881 con il nome di Société d’Histoire Vaudoise, propugnata da un gruppo di
intellettuali e pastori, consapevoli della necessità di un progetto educativo capace di coinvolgere tanto il contadino quanto l’insegnante delle Valli Valdesi. Era una proposta maturata
nel clima post-1848, quando il
problema era di presentarsi di
ironte agli italiani da evangelizzare, da rendere coscienti dell’osrurantismo cattolico. Il presupp(jsto di una tale operazione era
una solida coscienza di sé, sul
piano biblico-evangelico, come
pei sone che credono in Dio e
leggono la Bibbia in modo diverso dai cattolici e, sul piano stori eo-cul turale, come eredi di vicciide secolari, di lotte tra perseguitati per la fede e persecutori
in nome dell’ordine e deH’autorita.
L'idea, in particolare, di una
Sv oietà di Studi, fu di Edouard
Rostan, un medico di San Gerrriaiio, famoso esperto di botanica. a cui sarà dedicato il giardino della Rostania. Egli desiderava interessare giovani pastori e
professori su ricerche locali e
dotare la Biblioteca del Collegio
di opere scientifiche.
Sei mesi dopo quel 6 settembre 1881 — quando si formò, al
termine di una giornata di intensa discussione, il primo Seggio della Società di cui presidente onorario fu acclamato Alexis
Muston, storico parigino — anche lo Statuto è pronto. Si diventa membri su domanda, senza differenze confessionali, si paga una contribuzione di 5 fr. e
le cariche sono: presidente, vice,
segretario, cassiere, bibliotecario.
I soci potevano presentare in
una riunione all’anno le loro ricerche.
II carattere enciclopedico della Società — una delle più antiche del Piemonte — verrà però
ridotto all’unico ambito in cui i
Valdesi possono dire qualcosa di
originale: la storia.
I periodi proposti per la ricerca furono divisi in tre parti. La
prima: il cristianesimo fino a
Valdo, perché il problema delle
« origini » fu per molto tempo
al centro delle attenzioni degli
storici e della stessa leggenda
che faceva risalire agli apostoli
il movimento valdese. La seconda da Valdo all’emancipazione,
una storia da ricostruire con fonti edite e inedite. La terza sull’attualità, cioè l’evangelizzazione e le « colonie ».
Nel 1884 comparve il « Bulletin », per raccogliere studi e ricerche da far conoscere ad un
pubblico più vasto di quello dei
soli soci. Nel 1904 apparve l’opuscolo del XVII febbraio con
l’intento di « mantenir chez notre peuple la connaissance de notre histoire ».
Il francese fu sempre la lingua ufficiale della Société, ma
durante il fascismo, prima la rivista (il934), poi la Société (1935)
si italianizzarono e da allora si
parlò di « Bollettino » e « Società di Studi Valdesi ». Fin qui la
storia.
Mi sembra ohe al di là delle
caratteristiche specifiche di ogni
generazione si possa leggere la
continuità della Società di Studi
Valdesi nell’attenzione costante
alla divulgazione. Divulgare è far
conoscere i risultati dei propri
studi, uno scopo non certo prioritario per le società di studi in
genere, molto più propense a restringere a uochi il privilegio di
sapere e discutere. Divulgare significa anche render comune, far
partecipare: una necessità per i
Valdesi, specie dono il 1848, che
devono farsi conoscere meglio e
quindi conoscere meglio se stessi.
A questa operazione di cono
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Far cultura oggi
Che cosa si intende per cultu1.1 oggi? Come si possono registrare e conservare gli aspetti
culturali più interessanti del passato? Quali sono le persone che
per interesse personale o per stimoli esterni si occupano di cultura? A questi interrogativi, che
hanno anche avuto un certo spazio sulle colonne del nostro settimanale, ha cercato di dare una
risposta Lassessorato alla Cultura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, riunendo a varie riprese enti, gruppi e
associazioni la cui attività è legata a questo tema.
L’ultima riunione, che si rivolgeva a studiosi di storia, ricercatori di musiche e tradizioni popolari, insegnanti, ha visto radunato un gruppo molto eterogeneo, con opinioni disparate, alcune anche molto critiche nei
confronti del programma predisposto dall’assessorato della Comunità Montana. Non che in sè
il programma sia da buttare via:
probabilmente sono le uniche attività possibili allo stato attuale.
Nella presentazione fatta dall’assessore Ribet all’inizio dell’incontro. sono stati messi in luce
i punti su cui si concentreranno
in futuro gli sforzi e gli scarsi
mezzi degli operatori: il coordinamento di numerose iniziative
che vengono condotte in modo
slegato, la valorizzazione degli
archivi e delle biblioteche, la raccolta di studi sulla cultura locale, la pubblicazione di un bollettino per far conoscere le attività dei vari organismi e i orogrammi di manifestazioni.
Scendendo nel concreto, si propongono alcuni temi per incontri culturali, quali i problemi socio-linguistici e i risultati delle
ricerche toponomastiche, cicli di
conferenze sull’attività presente
e passata delle miniere e in ultimo un aggiornamento sulle ricerche archeologiche in Val Chi
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arriva a Torre Pellice.
Abbiamo approfittato del calo del dollaro
per fare una grossa importazione di tappeti fatti a mano: persiani, turchi, afghani,
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sone e in Val Germanasca.
Tutto questo complesso di iniziative dovrebbe collocarsi nelLambito del progetto « Alpi e
Cultura », della Regione Piemonte.
Le critiche di maggior peso al
programma dell’assessorato sono
venute da Giorgio Tourn, che ha
rilevato la mancanza di una presentazione della storia locale, riguardante in modo particolare le
tragiche vicende della soppressione programmata della fede riformata in Val Pragelato.
E’ certo che una qualunque iniziativa diretta a riproporre la conoscenza del patrimonio culturale locale si scontra inevitabilmente con le caratteristiche ben
definite della cultura valdese,
ora assai più soffocate dal livellamento della cultura di massa,
ma ancora chiaramente identificabili nelle situazioni concrete:
l’internazionalismo ecclesiastico
dell’uso della lingua francese rispetto al provincialismo del piemontese, il rifiuto di lasciarsi andare al folclore delle manifestazioni popolari insistendo sulla
formazione biblica dei membri
di chiesa, lo stesso uso quasi liturgico del costume femminile
valligiano sono stati spesso percepiti come elementi di una estraneità che non ha più motivo di
esistere. Se crediamo che questa
« diversità » abbia ancora un senso, tocca a noi saperla mantenere e valorizzare.
Liliana Viglielmo
scenza ben rispondono la Società di Studi e il Museo di Torre
Pellice, il primo costruito e ad
essa affidato nel 1894. Il Museo
rese i ricordi di famiglia patrimonio di tutta la comunità. La
Società diede inizio ad un centro di memoria, qualcosa di « sicuro » da cui partire, un archivio
necessario a chi ormai ha un passato da raccontare.
Le commemorazioni degli avvenimenti storici più importanti
hanno segnato l’apice della divulgazione. Occasioni di incontro, dibattiti, pranzi, gite — cose
tutte molto concrete — hanno avuto, a seconda dell’epoca, un
modo di essere realizzate. Si sbaglierebbe nel pensare a queste
scadenze come a formalità volute
solo da qualcuno o nel vederle
come occasioni di evasione rispetto ai problemi concreti della vita.
Così come un popolo senza feste
si perde perché resta senza momenti in cui ritrovarsi con altri
simili e condividere ideali, speranze o delusioni — negare dei
momenti simbolici importanti è
disfare un’identità. La cosa non
vale solo per i Valdesi, è stato
così fin dal medio evo e vale tutt’oggi, basti pensare all’importanza della musica e del canto
in Nicaragua.
Ma veniamo all’oegi. E’ ancora
utile una Società di Studi e per
di più valdesi? Che cosa può
offrire? Qual è il suo senso?
Così come non si può parlare
della salute senza ospedali, non
si può cariare di cultura senza
biblioteche, scuole e società di
studi. Noi una ne abbiamo, dobbiamo usarla come una struttura di servizio. Per che cosa? In
primo luogo per coordinare iniziative. Coordinare non vuol dire egemonizzare, voler comandare tutto. E’ semplicemente evitare sprechi di forze umane, specie ora che siamo richiesti, andiamo di moda e tutti vogliono
saperne di più sui Valdesi.
Spesso si va incontro a « rapine », ognuno prende di noi ciò
che gli serve e basta e ognuno
ricrea di noi l’immagine più gradita (ma quanto a noi?). Un
coordinamento di iniziative ci
potrebbe dare maggior consapevolezza e renderci più chiaro capire cosa vogliamo che di noi si
sappia. Le domande degli altri
— e questo è certamente positivo — inducono noi a riflettere
sulla nostra identità, a correggerla e a capirla.
Un’altra funzione che potrebbe avere la S.S.V. (cosa già sperimentata con il convegno sui
Camisards) è di offrire occasioni di formazione. Nel proliferare di ricerche locali, folclore, e
storie varie, per non cadere nella frammentarietà e nel non rispetto di criteri metodologicoscientifici di base, s’impone la
necessità di scambiarci le idee
e studiare insieme. Infine la
S.S.V. può essere una sede in cui
ripensare ad un progetto di rialfabetizzazione storica, in cui, in
ciclo o a puntate, si riscoprano
periodi, vicende, avvenimenti (come l’attuale sul Rimpatrio) nel
loro essere più quotidiano, meno avventuroso, ma forse più
vicino a noi.
Bruna Peyrot
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TORRE PELLICE —• Sono riprese il 21
novembre le serate di proiezioni alla sede del CAI di P.za Gianavello. Il prossimo appuntamento, previsto per venerdì 19 dicembre, sarà dedicato alle diapositive di Adriano JanaveI su « Madagascar - Isola dei contrasti ».
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Carlo Emanuele Gönnet
ringraziano i vioini di casa e tutti
coloro che con scritti e parole di conforto hanno preso parte al loro dolore.
Villar Pellice^ 22 novembre 1986
RINGRAZIAMENTO
« Vegliate dunque e pregate
perché non sapete né il giorno
né l’ora che il Signore verrà ».
(Matteo XXV v. 13)
La moglie, la figlia, il genero e la
nipote del compianto
Paolo Paschetto
(Mimicu)
ex combattente
profondamele commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro,
nell’impossibilità di farlo singolarmente ringraziano di cuore tutte le gentili
persone che si sono prestate e prodigate nella triste e dolorosa circostanza
e sono state dì aiuto e di conforto
con parole, scritti e presenza al fune^*
rale.
San Secondo, 28 novembre 1986
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Ambulanza :
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( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 14 DICEMBRE 1986
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Vìa Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza ;
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
12
12 uomo o società
12 dicembre 1986
A COLLOQUIO CON ALESSANDRO ZANOTELLI
"Nigrizia": contro il tragico sperpero
della ricchezza del mondo
Le idee migliori non se le lasciano sfuggire. Prima l’obiezione fiscale, poi un « giubileo »
straordinario per la moratoria
dei debiti che soffocano il Terzo
Mondo. Infine un’azione concertata contro l’adesione dell’Italia
allo « scudo spaziale ». « Ma è uno "scudo bucato" che non garantisce di eliminare le spese
mondiali per la difesa, circa mille miliardi di dollari Tanno » afferma un documento dei missionari Comboniani che si riconoscono nella rivista « Nigrizia »,
stampata e pensata a Verona, diretta con « grinta » e informazioni di prima mano dal padre
Alessandro Zanotelli (« chiamami Sandro e lascia perdere il
"padre" », esordisce il giovane direttore all’inizio delTintervista
che segue).
« Nigrizia » ha centoquattro anni di vita ed è oggi un mensile coraggioso sui fatti e problemi del
Terzo Mondo. Il titolo s’ispira
al termine cinquecentesco per
designare la « terra dei neri e
dei leoni ». Perché — chiedo a
Zanotelli nella redazione ospitata nelTedificio dei padri Comboniani di Verona — un'informazione diversa sull’Africa che denuncia il traffico d'armi, la latitanza dei partiti sui problemi
della fame, dello sfruttamento
terzomondista, in una parola l’indifferenza profonda dell’Occidenie' per i più poveri del pianeta?
« Con le indipendenze di molti
Paesi africani ’’Nigrizia" è passata da bollettino per gli amici
per raccogliere soldi ed aiutare
le missioni in Africa, a rotocal■ co. d’informazione sull’Africa e
Paesi del Terzo Mondo. Negli anni ’70 Iq conflittualità dei vari
movimenti di liberazione è entrata anche dentro la nostra re
dazione, siamo stati così costretti a fare delle scelte, a discutere.
Abbiamo capito lentamente e
progressivamente che non si poteva più — dice Zanotelli — fare un’informazione sulTAfrica
semplicemente riportando, anche il più obiettivamente possibile i problemi delTAfrica, ma
dovevamo anche guardare e capire le cause di questi mali. E
lì abbiamo scoperto che molte
di quelle cause nascono qui, in
Europa. Allora abbiamo cominciato a dirlo e a documentarlo ».
La necessità
dell’autocritica
Ma non le sembra che prima
di denunciare le cause politiche
occorrerebbe, proprio come rappresentanti di una missione che
è, storicamente, stata a rimorchio del colonialismo, fare l'autocritica? « Sì, occorre un’autocritica dura sul nostro passato.
E la facciamo. Un cristiano —
continua Zanotelli — proprio
perché crede nella Parola di Dio
che lo mette perennemente in
crisi, deve saper fare continuamente un’analisi approfondita
del proprio atteggiamento, deve
togliersi la maschera. Da questo
processo di autocritica nasce un
modo nuovo di fare la missione ».
Non le pare che la parola missione sia ancora una parola vecchia, legata all’antico connubio
tra chiesa ed economia occidentale? « Sì, è vecchia e non mi piace. Voi protestanti parlate spesso di "partage”: condivisione.
Io credo che le parole nuove
non debbano nascere a tavolino
ma in una pratica nuova e pen
Alessandro Zanotelli nella redazione di « Nigrizia ».
so che oggi, da questa crisi profonda in cui siamo entrati come
vecchio mondo missionario occidentale, stiamo uscendo con
una nuova mentalità, con un
nuovo approccio ai problemi del
Terzo Mondo. E’ finito o sta finendo il monopolio della chiesa occidentale in Africa. Era ora.
La chiesa cattolica deve rendersi conto che non è Tunica chiesa. E’ la chiesa che ha dato corpo al Vangelo in un contesto
greco-romano. Anche le chiese
delTAfrica hanno diritto — e chi
glielo deve negare? — di dare
corpo al Vangelo nel contesto
negro-africano, e lo stesso vale
per l’Asia e tutte le altre realtà.
Da qui nasce una vera comunione di chiese diverse nei riti, nelle sensibilità teologiche, sociali
ma seguaci dello stesso Signore.
La nostra teologia è soltanto
Un giornale è
anche lavoro. Lavoro
per redattori,
tipografi,
correttori di bozze,
spedizionieri.
Sergio Giacon, 56 anni,
di Torre Pellice,
amministratore della
Cooperativa Tipografica.
Era già alla tipografia
quando nel '44 vi si stampavano i fogli clandestini della
Resistenza, ed ora
partecipa come impressore
alla realizzazione
dell’Eco-Luce.
ABBONAMENTI '87
Scegli subito fra tre possibilità
Abbonamento ordinario
lire 31.000
Abbonamento a ’costo reale’
lire 50.000
(è II costo del giornale
diviso per
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Abbonamento sostenitore
lire 70.000
(con diritto a due stampe
di Marco Rostan raffiguranti
i templi di
Luserna S. Giovanni e di Pramollo)
Abbonamento estero lire 55.000 (via ordinaria), lire 84.000 (via aerea)
(GII abbonati esteri sono pregati di non inviare assegni bancari, ma di versare gli importi reiativi a mezzo postagiro
Internazionale o vaglia da accreditarsi sul conto corrente postale 327106 intestato a Eco-Luce — casella postale —
10066 Torre Pellice).
Versare l’ahhonamento esclusivamente sul c.c.p. 327106 intestato a Eco-Luce - Torre Pellice (To)
una teologia greco-romana. Ma
c’è anche una stupenda teologia
africana che è ignorata, una teologia asiatica che avrebbe molto
da dirci, c’è la teologia della liberazione che non possiamo
"snobbare”. E’ incredibile in
quanti modi nuovi e diversi possa esprimersi il cristianesimo ».
Una dimensione
ecumenica
Sull’ultimo numero di « Nigrizia » Giorgio Nebbia scrive un
lungo articolo ( « Non c’è un’altra terra ») dedicato alle tematiche di « giustizia, pace e integrità del creato » proposte dal
Consiglio Ecumenico delle Chiese per l’assemblea cristiana per
la pace del 1990.
C’è dunque una dimensione
ecumenica nel vostro impegno?
« Non possiamo più farne a meno — risponde Zanotelli — di
essere ecumenici nel nostro lavoro. L’incontro con le religioni,
tutte le religioni, è importante
proprio perché andiamo verso
un mondo sempre più unitario,
come dice Balducci: "Lottiamo
per una giustizia planetaria per
l’uomo planetario”, in cui siamo interdipendenti, quindi anche l’approccio ai temi della fede o della giustizia o dell’ecologia dev’essere ecumenico. Io sono convinto che in Africa il cristianesimo non avrà futuro se
non saprà agganciarsi, ma soprattutto innestarsi sulle religioni tradizionali ».
Torniamo un attimo in Italia,
al traffico delle armi nel Terzo
Mondo; avete dei canali speciali
d'informazione? « La documentazione qualsiasi economista la può
ricavare dai dati pubblici. Faccio un esempio: se prendiamo il
problema del debito del Terzo
Mondo nei nostri confronti noi
sappiamo che assomma a quasi
mille miliardi di dollari. A fine
maggio a New York nella sessione speciale delTONU sulTAfrica si è appreso che il Sud del
mondo lo scorso anno ha pagato la cifra di 250 miliardi di dollari solo in tassi di interesse su
questi mille miliardi di indebitamento. La conclusione è questa:
oggi in Africa molti Paesi esportano solo per pagare il proprio
tasso di interesse all’occidente,
così va avanti la spoliazione del
Terzo Mondo. Soltanto una moratoria può interrompere questa
spirale di morte. In Questo senso siamo pienamente d’accordo
con il Consiglio delle Chiese di
Ginevra che propone una sospensione del debito per 10 anni
per permettere a questi Paesi di
respirare e costruire una propria
economia. Solo così può decollare un nuovo ordine economico internazionale ».
Nel debito colossale che il Sud
deve al Nord, un debito impossibile da pagare, una parte consistente, il 20%, è costituita dall’acquisto degli armamenti. Oltre a nuovi meccanismi economici occorre sviluppare anche
una nuova mentalità...
« Certo il debito internazionale è intriso di sangue. La violenza caratterizza la scena mondiale perciò rimettere i debiti ai
poveri del mondo significa anche sviluppare una cultura della pace. E questa la si può sviluppare soltanto !&e saremo insieme, se sapremo mettere insieme le nostre energie, i nostri soldi, il nostro tempo affinchè cessi lo scandalo della fame, del
traffico delle armi e il nostro
aiuto ai poveri non si risolva in
un aiuto alla nostra economia,
ma sia un condividere sino in
fondo con gli altri la nostra ricchezza. Tutto sommato noi non
vogliamo altro che condivid.n ■
con i poveri del mondo quello
che abbiamo. Si tratta di convincere il numero maggiore di persone in questo senso, prima che
i poveri vengano a prendersi il
dovuto senza chiedere permesso ».
Giuseppe Platone
• L’Eco delle Valli Valdesi •: Rea.
Tribunale di Pinerolo n. 175.
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Giorgio GardioI (direttore), Paolo Fiorio, Roberto Giacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone (vice direttore). Comitato di
redazione: i redattori e: Mirella
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitri, Piera Egidi, Claudio H. Martelli,
Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Cesare Milaneschi,
Marco Rostan, Mirella Scorsonelli,
j Liliana Viglielmo.
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. 011/
655.278.
Redazione i’Eco deile Valli Valdesi:
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
I Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
Registro nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
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^ Semestrale 16.000; Estero 55.000 (posta aerea 84.000); Sostenit. 70.000;
Costo reale 50.000.
Decorrenza T genn. e 1“ luglio (semestrale) da versare esclusivamente sul c.c.p. 327106 intestato • L’Eco
delle Vaili - La Luce ■ - Casella postale - 10066 Torre Pellice.
Coloro che si abbonano per il 1987
durante il 1986 riceveranno gratis
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Mortuari: L. 350 per mm. di altezza, larghezza 1 colonna.
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18 per cento.
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