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Anno 124 - n. 12
25 marzo 1988
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DEI I F CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
RIFLESSIONI SULLA CROCIFISSIONE
Due sconcertanti casi hanno
riportato alla ribalta in questi ultimi giorni il problema della violenza sessuale: una donna violentata da tre persone nella centrale piazza Navona, a Roma, e
un padre che per alcuni anni ha
ripetutamente stuprato due delle sue figlie.
Casi diversi, dagli esiti diversi: per il primo si è appena aperio il processo; il secondo
sembra essersi risolto con una
sentenza che appare più che altro come un affronto alle vittime.
Al di là delle pur giuste reazioni emotive che storie come
queste (che sembrano essere
sempre più frequenti, ma che
forse sono denunciate in un maggior numero di casi di quanto
avveniva neppure troppo tempo fa) possono produrre, credo
sia lecito porsi alcune domande sulla nostra giustizia.
Nel primo caso, tralasciando
il fatto che una volta di più la
difesa tende a giustificare il
comportamento degli aggressori
con la vita e con il passato della
vittima, gli imputati (accusati di
atti osceni in luogo pubblico, abuso della donna) devono rispondere di un « reato contro la
morale », e non contro la persona, quasi he la colpa sia non
nel fatto, ma nell’averio compiuto in una pubblica piazza.
Come dire: queste cose si possono fare, basta che non si veda e non si sappia.
E poi l’altra vicenda, le ragazzine di Trento. Il padre è stato
riconosciuto colpevole di aver
abusato delle figlie, ma non di
incesto, né delle pur reiterate
minacce: il tribunale, avendogli
comminato due anni di carcere
con la condizionale, lo ha tuttavia scarcerato dietro il pagamento di dieci milioni alle vittime.
Da che mondo è mondo c’è
sempre stato chi l’amore poteva permettersi di « pagarlo »,
ma ora si può anche usare violenza ad altre persone. Un diritto addirittura legittimato dai
soldi con l’avallo della giustizia,
anzi per sua decisione.
Pur non ritenendo che la logica carceraria contribuisca a
redimere le persone, credo che
non si debba perdere di vista
ciò che è stato detto, anche al
Rostro Sinodo, in discussioni sul
terrorismo: il lutto e. la violenza
non sono risarcibili. Le proclamazioni di «pentimento» e le
condanne non ridanno la _ vita
alle vittime di attentati, né i soldi restituiranno alle due ragazze di Trentp la serenità di una
infanzia e di un’adolescenza distrutte dalle ripetute brutali aggressioni.
Allora non è mai troppa l’energia con cui da più parti si chiedono sostanziali e rapidi _ cambiamenti: una proposta di legge, ideata dalle parlamentari di
più partiti, attende di essere discussa: il punto qualificante è
appunto il considerare la violenza carnale come reato contro
la persona, e come tale perseguibile d’ufficio. Per questa e par
altre battaglie, in considerazione anche del « decennio di solidarietà con le donne » promosso dal Consiglio ecumenico, e
importante far sentire la nostra
voce.
Alberto Corsam
Dalla parte dei senza-Dio
Migliaia tra detenuti politici, vittime della repressione e assassini comuni attendono in prigione di essere giustiziati - I credenti pronuncino una ferma condanna della pena di morte
I lettori e le lettrici mi perdonino questo dato jjersonale,
ma iper me è sempre sconvolgente la notizia di un’esecuzione capitale avvenuta o annunciata. Per giorni e giorni penso a
quel o quei disgraziati, aU’angoscia tormentosa in attesa del
momento, al rapido fluire dei
secondi che li avvicina al patibolo, inesorabilmente. I giornali
poi sono impietosi e terribili:
descrivono i dettagli delle operazioni, talvolta pubblicano anche la foto del condannato nei
suoi ultimi istanti di vita, gli
occhi sbarrati dal terrore. Intorno a lui le guardie del carcere e i funzionari preposti alla
esecuzione, cioè i carnefici, e il
medico die deve constatare il
decesso. Mi domando con quale coraggio quelle persone svolgano questo orribile lavoro, da
quali sentimenti siano mossi, se
ne hanno. Mi spaventa pensare
che essi siano ciechi esecutori
di una sentenza, insensibili e sordi ad ogni sentimento di pietà.
Penso ai giudici: mi sembra inconcepibile poter emettere una
sentenza di morte. Come si fa
a decidere che una persona deve
morire?
Ma non voglio annoiare più
a lungo i lettori con i miei pensieri, che ritengo siano i pensieri anche di tanti altri.
Credo che dobbiamo adoperarci perché nel mondo sia abolita
la pena di morte. Ben venga
quindi la campagna promossa
recentemente da Amnesty International contro la pena di mor
te e la tortura, per il rispetto dei
diritti urnani. Spero anche che da
noi, in Italia, non si levino più
le voci che chiedono il ripristino della pena di morte, come è
successo alcuni anni fa, sulla
spinta emotiva della lotta al terrorismo.
E' un dato ormai assodato che
la pena di morte non è un deterrente sufficiente contro l’assassinio; anzi, sembra che sia addirittura il contrario.
Né è vero che una corte si
senta investita a giudicare con
maggiore senso di responsabilità se l'esito del processo è una
condanna capitale. Nei due recenti casi di esecuzione avvenuti negli Stati Uniti uno dei due
condannati si è proclamato innocente per tutti i 15 armi per
i quali è durata l’attesa nella
cella della morte; l'altro aveva
ucciso in stato di ubriachezza,
e la sua psiche era stata rovinata dalla guerra nel Vietnam.
Erano veramente responsabili di
quanto avevano commesso? E
quand’anche lo fossero stati, perché togliere loro la vita?
Mi pare che ci troviamo qui
di fronte ad un residuo della
legge del taglione, forse comprensibile in tempi barbarici e
in culture ancora rozze, ma categoricamente da respingere in
un tempo come il nostro, che si
dice civile, e in società avanzate nelle quali riteniamo di vivere. Se così è, una discriminante
per giudicare della civiltà di un
popolo potrebbe proprio essere
questa: maturare un concetto di
«Il Cristo torturato >y dell’artista brasiliano
Guido Rocha - 1975.
giustizia che tenda al ricupero
sociale del delinquente e non già
alla sua emarginazione o addirittura alla sua eliminazione fisica.
Ma c'è, per chi è credente e
si dice cristiano, una motivazione in più per respingere totalmente e con forza la pena di
morte: il nostro Signore è salito su un patibolo.
Gli atti del processo, come ci
sono stati tramandati dagli E
PER LA SETTIMANA SANTA
La Croce e la risurrezione
« Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo
divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: Maledetto chiunque è appeso al legno), affinché la benedizione di Abramo venisse
sui pagani in Cristo Gesù, e ricevessimo, per mezzo della fede, lo
Spirito promesso» (Galati 3: 13-14).
Pasqua è l’evento che rovescia
la lettura della Croce. Da disfatta, anzi maledizione (Galati 3:
13), la Croce diventa vittoria, anzi benedizione. Perché? Se i discepoli erano stati dispersi dall’esecuzione del loro maestro, sono riuniti dall’incredibile scoperta riferita dai racconti delle apparizioni. Il suppliziato del Golgota è il Vivente: la risurrezione di Gesù significa che Dio, lungi dall’abbandonarlo, si schiera
totalmente con lui, solidarizza
pienamente con il Galileo; la risurrezione di Gesù significa che
la sua messa a morte non è
avvenuta contro Dio o in « assenza di Dio » ma che Dio è
impegnato a fianco di Gesù, pienamente solidale con lui, pienamente rappresentato da lui nell’orrore del Calvario. Pasqua fa
scoprire ai discepoli, contro ogni
evidenza, che la Croce non è la
disfatta ingiusta e tragica di un
eroe tradito e abbandonato, ma
il luogo in cui Dio s’impegna e
si rivela nella persona e nella
morte del Nazareiw. La fede cristiana interpreta dunque la Croce a partire da Pasqua: senza
Pasqua la Croce è una tragica
assurdità; ma, inversamente, Pasqua, separata dalla Croce, non
ha alcun senso.
Morto per noi
Gesù è morto per noi. Questa
è la salda convinzione dei primi
cristiani: il Cristo è stato dato
per noi, è morto per noi, per
i nostri peccati. Come può, la
prima comunità, istituire un collegamento fra l’esecuzione del
Nazareno e il proprio destino?
Come può, la morte di Cristo,
riversarsi sui discepoli e determinare la loro vita? La risposta è semplice: agli occhi della
fede Dio è implicato tanto nella
morte di Gesù quanto nella sua
vita; Dio si esprime altrettanto
nella Croce quanto nel ministero che la precede. Più ancora:
nella misura in cui il Golgota
è la conseguenza necessaria dell’impegno di Ge.sù al servizio di
Dio, la sua morte attesta, rivela
in modo speciale questo Dio per
il quale egli ha vissuto e lottato.
La Croce diventa quindi il luogo per eccellenza in cui Dio .si
manifesta; diventa la parola di
Dio per eccellenza; non è semplicemente una storia, ma l’« una volta per tutte » di Dio in
faccia al mondo. In questo senso la morte di Gesù è una morte per noi, una morte che interpella e interroga ogni essere
umano.
Jean Zumstein
da Mort de lésus, Genève 1984
vangeli, non ci consentono di
capire bene le motivazioni della condanna. Si è trattato di un
errore giudiziario? E' probabile.
Anzi, lo si può assumere come
tesi, perché ha im grande valore teologico: il Cristo s'identifica totalmente con tutte le vittime innocenti del potere, che si
tratti della Roma imperiale o
del governo razzista di Pretoria.
Ma, come si sa, è anche probabile che si sia trattato di un
equivoco: Gesù è stato condannato come perturbatore deH'ordine pubblico, sia sotto il profilo religioso che politico. La strana alleanza tra il Procuratore
romano e il Sommo Sacerdote
la dice lunga a tal proposito.
Sulle altre due croci del Colata sono stati probabilmente inchiodati due zeloti, membri del
movimento radicale di liberazione nazionale. E’ un’ipotesi che
ha la sua dignità. Sì, anche in
quella morte il Cristo si è identificato.
Gli Evangeli però ci dicono
che i due disgraziati erano delinquenti comuni. Si è voluto
leggere tra le righe di questo
dato, e considerarlo come volutamente falsato, per salvare così la chiesa nascente dal rischio
di coinvolgimento in movimenti
politici rivoluzionari. E se gli
Evangeli avessero detto la verità? Ci disturba che Gesù sia stato ammazzato insieme a due volgari assassini? Certo che ci disturba!
Ma non è anche questo il senso dell’incarnazione? assumere
su di sé il destino di morte degli ultimi tra gli ultimi, dei rifiuti dell'umanità, di coloro che
non hanno neanche « diritto » all'esistenza, maledetti da Dio, abbandonati dagli uomini? Il Cristo è stato lì, in questo abisso
di terrore e disumanità, dalla
parte dei senza-Dio.
Luciano Deodato
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vita delle chiese
25 marzo 1988
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COME ESSERE MINORANZA EVANGELICA?
Riflessione
e partecipazione
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
SIENA — Ritrovarsi nel tempio valdese è sempre occasione d’incontri fraterni. Il culto del 6 marzo ha raccolto la
comunità locale con trenta vicari tedeschi, che harmo tenuto quivi il loro seminario
sulla problematica della cura
d’anime e che ora sono tornati
a Wetzlar.
Domenica 13 marzo, un gruppo di livornesi, guidati dall’anziano Leonardo Casorio, ha meditato con noi sul significato di
una minoranza evangelica in Siena dal tempo della Riforma ad
oggi. Alcuni giovani hanno manifestato un vivo desiderio di conoscenza reciproca e prenderanno parte all’incontro ecumenico
TORINO — Nel quadro delle celebrazioni della settimana santa, nel
tempio di C.so Principe Oddone, martedì 29 marzo, alle ore 21, avrà luogo una lettura dialogata della Passione
secondo II Vangelo di Marco intervallata da canti della comunità e da
cori presentati dalla Corale evangelica
di Torino.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Plervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Beneccbi, Alberto
Bragaglia, Rosanna Ciappa NittI, Gino Conte, Piera Egidl, Paolo Fiorio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio RIbet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelli, Liliana Vigllelmo
Segreteria: Angelo Actis
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Correzione bozze: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
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Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellica - telefono 0121/932166
EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino
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Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud 23 - 10066 Torre Pellice - tei. 0121/91334
Registrazione; Tribunale di PInerolo n. 175. Respons. Franco Glampiccoli
Il n. 11/'88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli decentrati delle valli valdesi il 17 marzo '88.
Hanno coliaborato a questo nume ro: Archimede Bertolino, Ivana Costabel, Carlo Gay. Luigi Marchetti, Claudio Pasquet, Lucilla Peyrot, Paolo Ribet, Aldo Rutigliano, Liliana Viglielmo.
Le iniziative per il “decennio”
mensile, in cui si legge e discute l’Evangelo di Giovanni. Dopo il
culto singoli e gruppi di senesi
discutono con noi il clima e
l’autenticità della secolarizzazione.
Nel giorno dell’apertura del
locale avevamo considerato l’eventualità che lo si potesse usare per scambi culturali, musicali, oltre che per fini di culto.
Accade ora, molto prima che lo
pensassimo possibile, che il tempio, sia a causa della sua posizione centrale e sia a catisà del
suo stile sobrio e moderno, ci
venga richiesto per incontri, concerti, conferenze. La comunità
studierà i tempi e i modi più
opportuni. Sono già previsti alcuni concerti.
Domenica 27 marzo
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 15, nel
locali della casa unionista, si svolge
l'assemblea mensile.
TORRE PELLICE — La comunità ha dato inizio al «decennio
ecumenico di solidarietà delle
chiese con le donne » con il culto domenicale ed un incontro
comunitario nel pomeriggio di
domenica 20 marzo con Fernanda Comba, che ha illustrato gli
scopi di questa iniziativa del
Consiglio ecumenico delle chiese,
seguita con vivo interesse dai
presenti.
A Fernanda Comba va il ringraziamento di tutti i partecipanti.
• Al termine del loro corso
di istruzione religiosa hanno presentato domanda di ammissione
in chiesa, mediante la confermazione o il battesimo, i giovani Cinzia Avondet, Andrea
Beux, Andrea Bomo, Marco Bounous, Claudio Buffa, Walter Buffa, Daniela Cesan, Tiziana Cesali, ’Tiziana Cougn, Omar Falco, Marco Gönnet, Laura Hertel, Daniela Long, Federica Longo,
Ennio Malan, Luca Manfren, Roberto Pretto, Aldo Ricca, Rosanna Ricca, Elena Rivorrà« Liliana Rivoira, Floriana Roland,
Ivano Rostagnol, Emanuele Rostan, Sandra Rostan; ad essi si
uniranno Lara Benvegnù, Dar
niela Chauvle, Giorgio Ghigo,
Raffaella Morel, Rossana Rivoira.
• 'Venerdì 25 marzo, alle ore
20.45, alla scuoletta dei Coppieri, avrà luogo fra catechisti e
genitori dei ragazzi della scuola dcmenicale e del catechismo
un incontro sul tema del « Padre nostro ».
• Domenica 27 marzo, alle ore
20.45, nel tempio dei Coppieri avrà luogo un concerto dei trombettieri della comunità di Berlino-Spandau.
Concerto
BOBBIO PELLICE — Nel
corso del culto della domenica
delle Palme verranno confermati i seguenti catecumeni: Tiziana
Artus, Sonia Bertinat, Miriam
Catalin, Maurizio Charbonnier,
Nadia Gönnet, Isabella Meyron,
Micol Sappè. Al culto parteciperà la corale guidata da Franco
Taglierò. Nel pomeriggio, come
di consueto, i neoconfermati e
le loro madri saranno ospiti dell’Unione femminile per trascor
rere im pomeriggio insieme in
fraternità.
• Nel tempio, sabato 26 marzo, alle ore 20.45, avrà luogo un
concerto a cui parteciperanno
un gruppo di trombettieri evangelici di Berlino e il gruppo
flauti Val Pellice.
Lutto
POMARETTO — Giovedì 17
marzo si sono svolti i funerali
del nostro fratello Aldo Barus,
deceduto dopo lunghe sofferenze
presso l’Ospiedale civile di Pinerolo all’età di 53 anni.
La comunità si riimisce attorno alla famiglia nel dolore per
esprimere tutta la sua simpatia
cristiana.
Deputazioni
• L’Assemblea di chiesa del 20
corr. ha eletto all’unanimità Rina Menusan quale membro del
Concistoro.
Se da una parte il Concistoro
si rallegra molto per questa elezione, dall’altra rinnova l’appello
perché altri membri di chiesa
si decidano a partecipare al servizio di governo della chiesa.
O Sono state elette come deputate della nostra comunità alla prossima Conferenza Distrettuale Linda Menusan Benech e
Rina Menusan Bounous.
Tempo di Pasqua
SAN SECONDO — Durante il
culto della domenica delle Palme, 13 catecumeni — alla fine dei
corsi di preparazione — confesseranno la loro fede nel Signore Gesù Cristo ricevendo il battesimo o confermandolo: Grazia
GardioI, Danilo Paschetto, Luca Pons, Franco Avondetto, Nadia Comba, Monica Fogliame,
Luca Fomerone, Rossano Forneron, Nadia Long, Fabrizio
Martinat, Donatella Kola, Franca Ricca e Alessandro Rochon.
A tutti loro augmriamo di mantenere fedelmente, con l’aiuto
del Signore, l’impegno che prenderanno di essere seguaci di
Cristo.
'• L’Unione femminile offrirà
ai catecumeni, parenti e amici
un rinfresco domenica 10 aprile
alle ore 15.
• I culti del periodo pasquale
avranno il seguente calendario:
domenica delle Palme, culto ore
10.30; giovedì santo, culto con
Santa Cena ore 20.30; venerdì
santo, culto ore 10.30; Pasqua,
culto con Santa Cena ore 10.30.
PRAMOLLO — Durante il culto della domenica delle Palme
saranno ammessi come membri
comunicanti, confermando il loro battesimo, i seguenti giovani:
Milena Jahier, Daniele Long, Fabrizio Long, Roberta Long, Gino
Peyrot e Roberto Sappè. Preghiamo il Signore di accompagnare
questi giovani nelle loro scelte
di fede.
PERRERO-MANIGLIA — Que
sti sono i catecumeni che faranno quest’anno la confermazione:
Emilio Peyrot, Tiziana Pascal,
Simona Pons, Patrizia Massel;
Simona Genre sarà battezzata.
• La domenica delle Palme il
culto sarà solo a Perrero alle
ore 10. A Pasqua ci sarà il culto
alle ore 9 a Maniglia e alle ore
10.30 a Perrero, entrambi con
S. Cena.
MASSELLO — Culti del periodo pasquale: Le Palme, culto
ore 11; venerdì santo, culto ore
11; Pasqua, culto ore 11 con S.
Cena.
Una beila giornata
SAN GERMANO — Ottima
affluenza di pubblico e buon incasso al bazar, domenica 20
marzo. Tutta la cronaca potrebbe finire lì; ma il bazar significa ogni anno un grosso sforzo
organizzativo ed un « investimento ». E’ giusto dunque ringrazia
re l’Unione femminile che prepara questo momento di incontro (mai abbastanza sfruttato
dalla gente!) per la comunità e
raccoglie un certo numero di
milioni che distribuisce alle ope
re della chiesa.
'• Settimana santa: la domeni
ca delle Palme, otto ragazzi fa
ranno la loro confessione di fede
di fronte alla comunità. Essi so
no: Carla Bounous, Massimo Du
rand. Paolo Guglielmino, Dona
teUa Long, Luciana Plavan, Ivan
Salaris, Renzo Simondi, Andrei
Soulier. La comunità tutta accompagni con la preghiera le
decisione e la confessione di fe
de di questi ragazzi. Giovedì e
venerdì avremo dei culti serali,
alle ore 20.30. In particolare, nel
culto con S. Cena di venerdì avremo come espiti i trombetLe
ri della comunità dì Nordhein
(Germania Federale). Nella do
menica di Pasqua la liturgia sa
rà condotta da donne della co
munità, per l’apertura del decennio dedicato alla riflessione sui
ruolo della donna nella comunità e nella società.
VILLASECCA — Durante il
culto della domenica delle Palme
Daniela Giacomino, Franco Guglielmet e Luciano Poet confermeranno, davanti a Dio ed alla
sua chiesa, il battesimo ricevuto, e confesseranno pubblicamente la loro fede in Gesù Cristo il Signore, impegnandosi anche a vìverla con coerenza nella
realtà quotidiana e nella vita della nostra comunità.
• Il Concistoro prima e l’Assemblea di chiesa dopo hanno
ratificato con vivissima gioia la
proposta di far partecipare alcune donne alla liturgia del culto di Pasqua, che segna l’inizio
del « decennio di solidarietà con
le donne ». 'Verrà letto anche un
messaggio del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Claudiana editrice
L. SCHOTTROFF, W. STEGEMANN
Gesù di Nazareth
speranza dei poveri
pp. 216, Lire 15.500, « P.C.M. n. 53, serie etica»
Accurata presentazione di due specialisti della più recente
ricerca storico-sociologica sul « messaggio sociale » del movimento di Gesù e del cristianesimo primitivo.
GIORGIO GIRARDET
Cristiani perchè
pp. 112, cop. a 5 col., L. 7.500
Ci si può ancora dichiarare « credenti » ed esséte credibili
oggi?
Il libro per farci capire dai nostri contemporanei, giovani generazioni in particolare. Adatto per il dibattito e
gruppi di studio.
LI]
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
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25 marzo 1988
speciale «decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne»
PASQUA 1988
Inizia il decennio ecumenico
Ile chiese con le donne”
Le prime reazioni spontanee all’annuncio del « decennio » sono contraddittorie. C'è
chi dice che nelle chièse protestanti tutto
è possibile per le donne, che bisognerebbe
piuttosto orientare i nostri sforzi di testimonianza verso l’esterno, ad esempio verso
le cattoliche. C’è chi pensa che solo l’élite
delle donne e le più giovani abbiano tutte
le possibilità, ma che la maggioranza delle
donne abbia ancora molto da rivendicare,
a cominciare dall’autonomia e dall’indipendenza personale ed economica.
C’è chi si sente incoraggiata, e aspetta
con speranza dal « decennio » grandi e piccole cose per sé e per altre donne, più
iinfelici, nel mondo. C’è chi parla della necessità di riscoprire l’importanza-e il potere della debolezza, come quella del grane!
di senape, perché il Signore dice: « La mia
potenza si dimostra perfetta nella"debolezza » (2“ Cor. 12: 9). e « Dio ha scelto le cose
deboli del mondo per svergognare le forti »
(r Cor. 1: 27). C’è chi continua ad interrogarsi: come far emergere le potenzialità
delle donne oggi, anziché i loro ruoli tradizionali? Quali talenti e contributi le donne portano alle chiese in ogni regione del
mondo? Le comunità ostacolano o facilitano la piena espressione di questi talenti? La
voce delle donne è ascoltata, sen^e a cambiare mentalità e modi di essere?
Per vederci più chiaro riflettiamo sulle
seguenti indicazioni del Consiglio Ecumenico delle Chiese. La Bibbia inizia con un
inno alla creazione, un canto d’amore per
tutto ciò che vive, dono di Dio. Le donne
e gli uomini, immagini di Dio, sono insie
me ugualmente responsabili della vita intorno a loro. Come è possibile che da questa reciprocità iniziale si sia arrivati a considerare le donne inferiori e subordinate
all’uomo?
« Vieni, Spirito creatore, e canta in noi
un canto nuovo ». Ci sono ancora troppi
canti di disperazione di donne che piangono
con la creazione, di donne che vivono l’oppressione dei posti di lavoro dove non ci
si preoccupa della loro salute, di ragazze
che fanno l’esperienza di modelli educativi
che favoriscono i maschi, di donne o ragazze che sono violentate, percosse dai loro
mariti o compagni, altre sono manipolate
per i fini della « scienza » e sfruttate da
interessi economici.
Qual è l’impegno delle donne, oggi, per
cambiare le strutture di potere che sfruttano i popoli e la natura, per la liberazione
totale della società? Lentamente le chiese
si stanno liberando dal sessismo. Ma molte
ingiustizie rimangono. « Perché siamo dei
segni del Regno, siamo chiamati ad affrontare le brutali realtà dell’anti-Regno nella
storia ». Non è tempo che le chiese riconoscano il movimento delle donne come un
segno profetico? Quando gli oppressi si uniscono e lottano per la giustizia e l’amore,
non è un segno della presenza e dell’azione
di Dio nel nostro tempo?
Dio sta creando qualche cosa di nuovo
nel movimento delle donne. Il « decennio »
ci chiama a sostenere i contributi — di contenuto e di metodo — delle donne, la loro
Marie-France Maurin Coìsson
(continua a pag. 8)
Sono una donna
Sono una donna...
Vengo dalle lontane rovine dell’est,
una donna che fin dal principio,
a piedi nudi,
ha fatto l’esperienza dell’inestinguibile sgte^ del paese,
cercando una goccia d’acqua.
Una donna che fin dal principio,
a piedi nudi,
con la sua scheletrica mucca sull’aia della trebbiatura
dall’alba al tramonto
ha sentito il peso del dolore...
Sono una donna,
un’operaia le cui mani
fanno girare nella fabbrica le grandi macchine
che ogni giorno strappano la mia forza un pezzo alla
[volta
nel turbinio delle ruote davanti ai miei occhi..
Sono una donna
con le mani piene di ferite
provenienti dalle taglienti lame del dolore,
una donna il cui corpo è stato spezzato
sotto la vostra illimitata sfacciataggine,
parola che spezza la schiena,
una donna la cui pelle è lo specchio del sole nel deserto
ed i cui capelli puzzano del fumo delle fabbriche...
Sono una donna per la quale
nel vostro vergognoso vocabolario
non c’è parola
che esprima la mia realtà.
Marzieh Ahmadi Ooskwi (Iran)
(assassinata per ordine dello Scià nel 1974)
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2 speciale «decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne» 25 marzo i98s
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« Al tempi In cui il popyolo d'Israele non aveva
ancora un re, c'era un levita che abitava al centro della zona montagnosa di Efraim. Si era preso una concubina della città di Betlemme In Giudea. Un giorno, in un impulso d'ira contro di
lui, la concubina lo lasciò; tornò da suo padre a
Betlemme e restò là per quattro mesi.'
Allora il levita decise di raggiungerla, per
convincerla a tornare da lui. Prese con sé il
suo servo e due asini.
La ragazza lo fece entrare in casa e suo
padre, appena lo vide, io accolse con cordialità.
Il padre della ragazza lo invitò con Insistenza a fermarsi, e cosi restò da lui per tre giorni: mangiarono, bevvero e si riposarono.
Al mattino del quarto giorno si alzarono e si
prepararono a partire. (...)
(...) Arrivarono vicino a Gabaa, città che apparteneva alla tribù di Beniamino, proprio al tramonto. Andarono là per passare la notte. Entrarono e si fermarono sulla piazza, ma nessuno
offrì ad essi ospitalità.
Nel frattempo arrivò un vecchio, che tornava
a casa al termine della giornata di lavoro nel
campi. Egli era forestiero. Viveva a Gabaa, dove
tutti erano della tribù di 6enÌ€tmino, lui -invece
era originario della zona montagnosa della tribù di Efraim. Il vecchio notò quel viandante sulla
piazza della città e gli domandò:
— Da dove vieni? e dove stai andando?
Egli rispose:
— Veniamo da Betlemme di Giudea e dobbiamo andare fino al centro della zona montuosa
di Efraim; io sono di quelle parti. Sono stato a
Betlenmne in Giudea e ora sto tornando al santuario del Signore. Ma nessuno vuole ospitarci
in casa sua. Eppure abbiamo paglia e fieno per
gli asini, pane e vino per me, la mia concubina
e il mio servo. Non abbiamo quindi bisogno di
nient'àltro.
Il vecchio disse:
— Voi siete i benvenuti in casa mia. lo penserò a tutto ciò che vi occorre, e così non dovrete
passare la notte in piazza.
Li portò in casa sua e diede del fieno agli
asini. Gli ospiti si lavarono i piedi e poi mangiarono e bevvero.
Mentre si godevano il riposo, all'Improvviso una
banda di pervertiti di quella città circorrdò la casa. Bussarono ripetutamente alla porta e gridarono al vecchio padrone di casa:
— Fa' venir fuori l'uomo ohe è da te. Vogliamo un po' conoscerlo come piace a noi.
'Il padrone di casa uscì e disse:
— No, amicii N'on toccate quell'uomo. E' mio
ospite. E' una vergogna una cosa simile. In casa
ci sono la sua concubina e mia figlia, che è
ancora vergine, lo le farò venir fuori. Sfogatevi
con loro e fate quel che volete. Ma non fate un
oltraggio simile al mio ospite.
Ma quegli uomini n'on gii diedero retta. Il levita allora prese la concubina e la portò fuori. Essi l'afferrarono e la violentarono p>er tutta la
notte: la lasciarono andare solo quando spuntò
l'alba. Essa si mosse per entrare, ma crollò vicifK) alla porta della casa del vecchio, presso il
quale era ospite il levita, e rimase li finché fu
giorno chiaro.
Al mattino presto il levita si alzò, aprì la porta e uscì per riprendere il viaggio. Trovò la concubina stesa a terra davanti alla iprorta della casa, con le mani verso la soglia. Le disse:
— Alzati che partiamo!
Ma non ebbe nessuna risposta. Allora la sollevò, l'adaglò, morta, su un asino; poi partì e
tornò a casa. _
Quando arrivò a casa, prese un coltello e tagliò il corpo della concubina in dodici pezzi e
ne mandò un pezzo a ciascuna tribù d'Israele.
Ordinò ai messaggeri di dire a tutti gli Israeliti;
« Riflettete su questi fatti, consultatevi e prendete una decisione ».
Tutti quelli che videro i resti della donna, dicevano: « Non è mai capitato e non si è mai vista
una cosa simile, dal giorno in cui gli Israeliti
sono usciti dall'Egitto fino ad oggi! ».
(Giudici 19: 14-30).
I
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Fra le donne
nascoste della Bibbia
Una serie di tre incontri-dibattito è stata ultimamente organizzata dalla chiesa metodista di Sestri Ponente insieme al consiglio di circoscrizione;
la serie si è aperta con una presentazione de « le donne nascoste della
Bibbia », da parte del pastore Letizia Tomassone. Eccone il testo, che
dopo un’ampia introduzione, affronta un passo terribile dell’Antico Testamento. Ma c’è anche un testo simile, nella Bibbia. Perché?
a cura di GINO CONTE
'
1 titolo che abbiamo dato a questa serata
è curioso e provoca già delle domande.
La prima è: è vero che ci sono delle
donne nascoste nella Bibbia?
Questo testo si è sempre stato presentato
come un testo maschile, la religione di un
Dio maschile, dove i personaggi (Mosè,
Abramo, i profeti, Gesù stesso) sono tutti
uomini. Ci sono delle donne la cui storia
è nascosta dietro a queste figure maschili
predominanti?
La seconda domanda nasce dalla prima
ma la precede anche un po’ come critica
interna: se ci sono queste donne, qual è
l’interesse che ci spinge a cercarle, a cosa
serve, a noi donne oggi, a noi credenti in
generale, a noi nella cui cultura la Bibbia
ha ancora un peso così grande?
Certo la Bibbia fa parte della nostra cultura; spesso i professori di lettere dicono
che non si può fare letteratura italiana senza avere una cultura di base nella religione
biblica. Dunque la Bibbia diventa anche
portatrice di un frammento della nostra
memoria storica.
Frammenti della nostra
memoria storica
Fa parte di quel passato che, come tutte le memorie, ci proietta verso il futuro, ci dà gli strumenti per modellare le nostre utopie di trasformazione, per costruire un futuro diverso, una
società diversa.
Le teologie della liberazione affermano
spesso che il primo passo dei popoli oppressi per riprendere dignità è quello di recuperare la memoria storica. Certo i colonizzatori hanno fatto di tutto per cancellare la memoria di quella dignità perduta.
I modelli proposti per la società e per le
persone vengono allora dall’alto, dalla cultura dominante. Non seaturiscono più dalla
memoria storica e dalle esperienze collettive
in cui si possono identificare anche i più
giovani che non le hanno vissute in prima
persona.
Questo concetto molto materiale del patrimonio che ognuno porta in sé è ripreso
anche dalle donne. Lo slogan è: ritrovare
un passato utilizzabile per costruire il futuro.
11 passato che ancora vive e si evolve ha
un peso grande nel modellare la comunità
umana nel presente e nel futuro. Ascoltare il passato è come prendere coscienza di
noi stessi, capire quale eredità portiamo, in
quale modo i nostri legami attuali sono radicati nel passato, in quale modo il nostro
passato ci ha preceduti e anticipati nella
ricerca della libertà.
La memoria del passato ci permette insomma di partecipare al presente con più
consapevolezza.
Cristo, cuore vitale
di tutte le storie umane
A questo punto però noi dobbiamo
dire che la nostra memoria porta
la storia compiuta da Dio in Cristo come cuore vitale di tutte le
storie delle donne e degli uomini.
Infatti la storia che donne e uomini costruiscono ha la continua tendenza a chiudersi su se stessa, a diventare struttura fissa in cui il potere e la libertà sono distribuiti con più o meno equilibrio.
In questa situazione Gesù Cristo è il
portatore delle promesse bibliche di liberazione, è colui che irrompe e manda in
pezzi con violenza le strutture umane. Questa irruzione che sta al centro della nostra
memoria storica rende il passato utilizzabile, perché lo riempie di speranza e quindi
ci indica un futuro aperto, un futuro capace di rompere le strutture umane oppressive, le strutture che ci rendono impotenti.
Però, nel caso delle donne della Bibbia
cosa dobbiamo cercare?
Forse il modo in cui il racconto biblico
le valorizza?
Ma spesso l’esistenza di queste donne è
invisibile. L’esperienza stessa delle donne
(e tanto più nella chiesa), così come della
gente del terzo mondo e di tutti coloro che
non contano nella società, è l’esperienza di
essere invisibili, di non avere voce. La visibilità è solo privata, è la nostra sensibilità
che fa emergere oggi sempre più la memoria delle donne; ma la società, la storia, i
mezzi di comunicazione, anche la Bibbia,
danno voce ai potenti, agli uomini.
Le donne e gli altri gruppi invisibili devono occuparsi di scavare e riscrivere la
storia in modo che emergano i loro contributi alla cultura e alla società.
No allo sguardo
condiscendente
degli uomini
Per quanto riguarda la Bibbia, non è
certo lo sguardo condiscendente degli scrittori uomini che rende queste donne interessanti per noi. Anzi, quello sguardo le omologa, le rende identiche al mondo maschile. La gran parte
delle donne il cui nome è ricordato sono
inserite in una struttura patriarcale di famiglia, sono presentate come buoni modelli
di madri, soprattutto. Cioè preoccupate
della responsabilità più importante che il
mondo ebraico affidava loro: la produzione di una progenie che garantisse la continuazione del popolo eletto.
Non è dunque attraverso lo sguardo degli scrittori uomini che noi possiamo guardare per trovare l’esistenza reale delle donne la cui vita viene a scontrarsi e ad essere
trasformata dalla liberazione di Dio.
Non è neppure tanto attraverso lo sguardo e l’atteggiamento di Gesù di Nazareth.
Certo, lo sappiamo, Gesù dà ascclto alle
donne. Verso di loro non prende mai quel
tono di giudizio che lo, caratterizza spesso
nei suoi incontri con gli uomini. Le chiama ad essere suoi discepoli, le considera a
parte intera persone a cui è rivolta la stessa parola di liberazione, la stessa promessa
di essere figlie di Dio. E le donne hanno
un gran ruolo nella storia di Gesù, soprattutto al momento dell’arresto, del processo
e dell’esecuzione, quando tutti i discepoli
uomini lo abbandonano e si nascondono.
Proprio allora le donne, riunite in un
gruppo, lo seguono, sono presenti, pur non
potendo fare nulla. Le donne riprendono
allora il posto che la storia ha assegnato
loro la maggior parte del tempo: il posto
di spettatrici impotenti della violenza maschile, il posto di coloro che vedono massacrare i propri uomini, i propri figli.
La loro sofferenza non è messa in conto
nella storia.
Dalla sofferenza alla gioia
Invece, proprio perché Cristo irrompe per
aprire queste situazioni di impotenza
a nuove possibilità, è alle donne che
viene affidato l’annuncio della resurrezione. La loro sofferènza è cambiata in
gioia, ma non solo in modo privato: devono portare questo annuncio a tutti.
La libertà di Dio dalle strutture umane è
tale che le chiama ad essere apostoli, proprio quel ruolo che ancora 2.000 anni dopo,
nella maggioranza della cristianità, non è
riconosciuto alle donne.
Ma tutto questo è l’annuncio di una vita
che è così diversa da quella che le donne
vivono. La comunità di eguali che si crea
nel raggio d’azione della libertà di Cristo è
per noi ancora sempre un orizzonte ed una
situazione da costruire.
II nostro sguardo sul passato è spesso privo di profondità.
Così succede che, quando pensiamo alle
donne della Bibbia, pensiamo sempre a
quelle che hanno fatto qualcosa degno di
memoria, a quelle il cui nome è ricordato,
quelle figure che si possono prendere a modello, positivo o negativo (es. Èva), per un
nostro comportamento.
Invece stasera io vorrei ricordare una figura che tutti, anche noi donne, tendiamo
a cancellare. Una donna calpestata, offesa,
violentata, usata anche dopo essere stata
uccisa (Giudici 19: 1-30). E’ una storia dì
« terrore », come le ha definite una studiosa americana (Phyllis Trible). E’ una storia che non vorremmo leggere, eppure ancora oggi è storia quotidiana di troppe donne.
Una storia di terrore
Lei non ha nome, lei non parla mai nel
nostro racconto, la cui attenzione è
puntata sul suo marito-padrone; lei
è definita « concubina ». All’inizio
debolmente, poi via via sempre più fortemente sono però la sua forza e la sua ricerca di libertà che si affermano, e la sua persona finisce per squalificare e rendere disprezzabile il comportamento del marito.
La storia inizia con un suo gesto inaudito
di libertà. Lascia il marito-padrone, fugge
e torna nella casa del padre. Evidentemente quella del padre era l’unica protezione
che lei poteva allora cercare contro il marito.
Noi vediamo bene che il marito la cerca
solo per riaffermare il suo diritto di proprietà: non la considera e non la tratta
mai da persona.
Il padre è anch’egli inserito nelle regole
della società che imprigionano questa donna, non può e non osa infrangerle per difendere la figlia. Cerca, utilizzando altre
regole, quelle dell’ospitalità, di trattenere
l’uomo che è padrone di sua figlia. Ma il
gioco dell’ospitalità non riesce che per poco tempo. Quando già è tardi, è sera, l’uomo vuole partire e riprendere la sua donna.
E poi, la storia diventa in crescendo sempre più angosciante: la notte li coglie sul
cammino, una città straniera, una casa ospitale trovata all’ultimo momento, uomini che
battono alla porta e vogliono la donna come ostaggio; il marito-padrone non ci pensa due volte e gliela dà, è il suo salvacondotto (ma, ricordate, anche Abramo, il patriarca, usò a questo modo sua moglie Sara, dandola in garanzia, sebbene in modo
meno brutale, al Faraone - Gen. 12: 10-20).
Ma qui non c’è nessun Dio che interviene in sogno, nessun angelo che, come a Sodoma, acceca i loro occhi e li rende impotenti.
Qui la donna è presa e violentata, e a:
termine della notte, la lasciano andare e
lei viene a cadere sulla porta della casa do
ve l'uomo ha passato la notte, al sicuro. Le:
non scompare, non vuole scomparire, e per
questo si trascina sulla porta di quella casa.
Il marito la trova al mattino, ma non la
guarda, non se ne occupa, dice alla donna
morta; andiamo, partiamo.
Giunto a destinazione il marito-padrone fa a pezzi il suo corpo per mandarlo alle
tribù come dimostrazione dell’ingiuria subita. E’ lui che si sente colpito, offeso, è lui
che deve essere vendicato.
La donna, lei, non è mai riconosciuta come un essere umano.
La violenza del racconto contro le donne
è enorme. Perché non c’è un intervento di
Dio che possa liberare questa donna, che
possa dare risposta alla sua ricerca di libertà?
Forse semplicemente perché ascoltando
questa storia noi ci rendiamo conto della
progressione che porta alla violenza contro le donne.
Lo sguardo di Gesù
Negare la libertà porta a negare l’altra come essere umano, porta a
considerarla un oggetto, uno strumento, porta a cancellarla. Questa è storia di ogni giorno, è storia purtroppo anche dei nostri anni.
Così noi scopriamo che le donne sono
invisibili e nascoste non perché così hanno
voluto o così hanno agito, ma perché sono
state cancellate a forza dalla storia.
Allora acquista un altro valore lo sguardo di Gesù, non perché sia lui a dare rilievo
alle donne, ma perché, senza aggiungere loro alcunché, le guarda nella loro realtà,
nella loro quotidiana lotta per la liberazione, nella loro lotta per essere riconosciute come esseri umani.
Mi sembra che la direzione di quello
sguardo sia già semplicemente una via di
libertà.
Letizia Tomassone
5
25 marzo 1988
speciale «decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne
r
Essendo Gesù a Befania, nella casa di Simone il lebbroso, entrò
una donna mentr'egli era a tavola.
Ella aveva un vaso di alabastro
d’olio profumato, di nardo puro, di
gran valore; rotto l'alabastro, gli
versò l’olio sul capo. Alcuni, indignatisi, dicevano tra loro: Perché
si è fatto questo spreco d’olio? Si
poteva vendere quest'olio per più
di trecento denari e darli ai poveri. Ed erano irritati contro di lei.
Ma Gesù disse: Lasciatela stare!
Perché le date noia? Ha fatto una
azione buona verso di me. Poiché
i poveri li avete sempre con voi;
quando volete, potete far loro del
bene; ma me noti mi avete sempre.
Ella ha fatto quel che ha potuto;
ha anticipato l'unzione del mio corpo per la sepoltura.
In verità io vi dico che in tutto
il mondo, dovunque sarà predicato
il vangelo, anche quello che costei
ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei.
(Marco 14: 3-9)
In memoria di lei! Con la menzione di questa donna senza nome e
senza parola si apre nel vangelo di
Marco il tempo della passione, il
tempo della croce e della resurrezione di Gesù Cristo. Il gesto di questa donna nei confronti di Gesù non
aveva in sé nulla di particolarmente sconvolgente né rivoluzionario;
l'unzione con oli profumati era estremamente comune, ed era un atto compiuto tradizionalmente da
donne.
Non c’era nulla di fuori della norma dunque nel gesto in sé, questa
donna ripeteva un atto tipicamente
femminile e comune che aveva imparato e ripetuto fin da piccola. Nulla
di particolarmente rivoluzionario
dunque, eppure la reazione di quegli uomini, seduti intorno al tavolo
a banchettare, è estremamente forte, quasi violenta. Con indignazione
ed ira si scagliano contro di lei, contro la sua persona e non semplicemente contro il suo gesto. Infatti
Gesù deve intervenire in modo piuttosto deciSO per fermare la loro rabbia: « Lasciatela stare! Perché le date noia? ». Evidentemente quel semplice e tradizionale gesto, apparentemente di soggezione ed inferiorità,
aveva toccato nel vivo la sensibilità di quegli uomini a banchetto,
per loro quell’unzione era diventata
un gesto urtante e dirompente. La
giustificazione di questa loro reazione cosi negativa è estremamente logica e razionale: vendendo quell’olio
pregiato si sarebbe potuto ricavare
una notevole somma di denaro da
dare ai poveri; quello spreco è ingiustificato, incomprensibile, stupido!
Un gesto interpretato
dalle categorie mentali
della razionalità
Il gesto di quella donna era ormai
targato e incasellato nelle loro categorie razionali. Così come i gesti
di molte altre donne lungo tutta la
nostra storia, le quali, non rientrando nelle categorie logiche dei vari
uomini che si sono alternati nei secoli intorno al tavolo del banchetto,
sono state bollate di eresia, di pazzia, di stregoneria ecc...
Ma ciò che aveva realmente urtato gli uomini di quel banchetto erano
il luogo e il tempo in cui quella donna aveva compiuto quel gesto, in sé
comune.
Intanto il luogo; per una donna
non era affatto possibile entrare nella sala in cui stava avvenendo un
banchetto, se non per servire di cibo e bevande i comrnensali. Il banchetto era un momento esciugjyg.
mente maschile e la presenza di quella donna inoperosa nella smn^ non ^
era assolutamente comprensibile e
PASQUA 1988
Una donna senza
nome e senza parola
Con la giornata di Pasqua ’88 si apre un lungo periodo di dieci anni
che le chiese del CEC hanno deciso di dedicare alla solidarietà con le
donne. Questo invito alla solidarietà ci spinge da una parte a confrontarci con l’Evangelo, dall’altra ad aprire gli occhi sulle diverse condizioni di minorità e di diseguaglianza di cui ancora oggi le donne soffrono
nella società italiana.
Se questo discorso ci coinvolge come evangelici, non è soltanto perché si faccia uno sforzo di partecipazione e di maggior eguaglianza
all’interno delle nostre chiese; si tratta anche di prendere coscienza del
la realtà sociale nella quale viviamo e nella quale l’Evangelo della re
surrezione di Cristo può assumere tutta la sua forza di trasformazione
Accanto a delle brevi analisi di alcune situazioni oppressive e diffi
cili vissute dalle donne dentro e fuori delle chiese, ci mettiamo così in ascoi
to della Parola di Dio. Gli occhi di donna con cui viene letto questo pas
so danno alla meditazione 'biblica una vivacità diversa; anche con que^
sta differenza di sguardo dobbiamo imparare a fare i conti.
L. T.
giustificabile. Ed anche il tempo in
cui il gesto era compiuto era fonte
di disturbo e rabbia. L’unzione con
oli profumati era per lo più un atto
verso il corpo di un morto, parte dei
riti tradizionali funebri, e in quel
momento di festa e gioia intorno
al tavolo pieno di cibo, era assolutamente ingiustificato ed inspiegabile. Il tempo dell’unzione è un altro
e quella donna non solo disturbava
il banchetto, ma travisava completamente il tempo presente che era
di festa e gioia e non certo di morte e di riti funebri.
L’evangelo che
cambia faccia alla realtà
Ma di fronte allo sprezzo e all’indignazione di questi uomini ci sono
le parole di Gesù: « In verità io vi
dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche
quello che costei ha fatto, sarà raccontato in memoria di lei ».
Quel suo gesto fuori luogo e fuori tempo diventa vangelo, la rabbia
e l’indignazione dei commensali diventano palese cecità ed arroganza.
Ancora una volta il vangelo cambia
faccia alla realtà: coloro che si ritengono sapienti, sono scoperti nella
loro ignoranza e presimzione, mentre il gesto ingiustificato della donna sarà raccontato in suo ricordo.
Per questa donna che non ha neppure un nome, Gesù ha delle parole che non ci sono per altri, non
solo ciò che ha fatto sarà raccontato, ma lei stessa, proprio quella donna, sarà ricordata, la sua memoria
è destinata a sopravvivere tra coloro che predicheranno l’evangelo di
generazione in generazione.
Per la parola di Gesù, attraverso quel gesto, è già possibile intravedere ciò che stava per
accadere; l’unzione di Gesù in quel
momento diventa un atto profetico
che svela a coloro che possono vedere l’approssimarsi della passione:
la morte in croce del loro maestro,
il Cristo. Quella donna, con quel gesto, esprimeva l’amore per il suo Signore e anticipava l’unzione del suo
corpo per la sepoltura.
Ma la visione profetica di quei
gesto non è semplicemente legata
all’anticipazione dell’atto fisico dell’unzione del corpo di Cristo, conduce infatti direttamente al cuore
del messaggio della croce. Quel geTfò esprimeva con estrema chiarez
za che proprio nella morte in croce
che si stava avvicinando, Gesù sarebbe stato pienamente manifestato
come il Messia atteso, l’Unto di Yahvè che porta al suo popolo la salvezza di Dio. Infatti l’unzione compiuta da quella donna va posta nel
contesto dell’Antico Testamento dove il profeta ungeva con oli il capo
di colui che era scelto da Dio e lo
consacrava re del popolo d’Israele
(I Sam. 10: 1; I Re 1: 39...). L’unzione del profeta conferiva al re lo
Spirito ed egli diventava il mesiah,
l’Unto di Dio, il Messia, colui che
procura al suo popolo la salvezza
attesa; con l’atto dell’unzione il re
consacrato diventa il salvatore.
Per la parola di Gesù quella donna entra nella tradizione dei profeti
d’Israele e rende manifesto con quell’atto che lui è il Re, il Messia atteso, il portatore della salvezza di
Dio per il suo popolo.
Un paradosso che
non fu capito da nessuno
In quel banchetto di Betania l’unzione del corpo di Cristo in prepa
razione alla sepoltura e l’unzione di
Gesù a Salvatore del popolo di Dio
sono profeticamente presenti nel
gesto di quella donna, ma tutto ciò
avviene in modo così paradossale
che nessuno di quegli uomini seduti
a banchetto capisce nulla. Per loro
il gesto di quella donna continua
ad essere uno spreco improduttivo
ed irrazionale. La croce e la glorificazione di Gesù si stavano avvicinando e a lei, in quel momento, Dio
aveva concesso di cogliere il giusto
tempo e luogo per ungere con oli
preziosi il Signore.
E qui, come accade altrove nei
vangeli, i momenti cruciali della vita di Gesù, nascita, morte e resurrezione sono scanditi dalla presenza
di donne: si pensi alle confessioni
di fede di Maria ed Elisabetta prima della nascita di Gesù (Luca 1:
39-56), si pensi alle donne che seguono Gesù verso il Golgota (Luca
23: 27-29) e a quelle presenti sotto
la croce (Giovanni 19: 25), o ancora
alle donne prime testimoni della resurrezione (Mt. 28: 1-10; e parali.).
Con il ricordo di questa donna ha
inizio dunque, nel vangelo di Marco, il racconto della passione e della
resurrezione di Gesù Cristo.
Ricordare il gesto di quella donna non significa semplicemente ripensare a un avvenimento trascorso, a una realtà passata; Gesù collega quel gesto e la memoria di
quella donna alla predicazione dell’evangelo, alla comunicazione del
Verbo vivente tra le generazioni che
verranno dopo di lei, non può diventare una parola morta del passato. La memoria di cui parla Gesù
ha delle conseguenze nella realtà
presente, la illumina e ravviva la
fede di coloro che ricordano. Nella
memoria di questa donna, profetessa della croce di Cristo e nostra
madre nella fede, vengono aperti alle donne nella chiesa nuovi spazi
per la predicazione e per la profezia. In lei possiamo identificarci e
nel suo ricordo impariamo ad essere presenti nella chiesa senza rinunciare alle nostre caratteristiche e ai
nostri gesti, anche là dove non sono
compresi poiché non rientrano nella tradizione riconosciuta.
E’ dunque in questa luce che in
memoria di lei si apre per noi il
tempo della preparazione alla Pasqua.
Paola Benecchl
In un celebre
dipinto
( « L'attesa »,
di F. Casorati,
1950) una
donna che
attende, sola:
anche la
rigidità
dei ruoli sociali
contribuisce
alla privazione.
della propria
personalità:
6
4 speciale « decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne »
25 marzo 1988
!
MADRI E FIGLIE
DOVE’ FINITA L’AUTENTICITÀ’?
Datti una mossa, mamma
E’ la frase che dite spesso, voi figlie,
quando vedete la mamma incapace di muoversi e di vivere in proprio. E così ribadite
con crudeltà, senza volerlo, un nostro grosso problema. Certo avete ragione di sollecitare le « vecchie signore », psichicamente
inabili, a farsi carico di se stesse e a prendere il toro per le coma, anche se nel desiderare delle madri emancipate e autonomamente felici siete un po’ conflittuali, visto
che vi fa anche comodo la mamma schiacciata che rimane in casa a recitare ancora
la parte del guardiano del faro. Ma prendiamo solo in considerazione il vostro desiderio di vederci contente, a modo nostro,
senza pesare su di voi. In teoria, che la soluzione della vita debba essere questa lo
sappiamo tutte. Quello che voi non sapete
e che dovreste tenere in conto, è che a noi
non è stato né permesso né insegnato a vivere liberamente, a rivendicare il diritto di
godere. Voi che esprimete tanta vitalità e
tanta iniziativa, che sembrate capacissime
di esprimervi tutte, in tutte le direzioni
(senza alcun riguardo per nessuno, naturalmente), voi avete avuto l’enorme privilegio
di essere state educate da noi, sacrificate e
represse, a questa gioia, a questa libertà; e
siete anche state, cosa assolutamente paradossale sulla quale bisognerebbe riflettere un momento, diseducate al senso del
sacrificio e all’attenzione verso l’altro, ed
esonerate da molte responsabilità. Avete
avuto tutti i permessi e tutte le assoluzioni
previe. Ora sembrate (ma certo avrete anche i vostri problemi) splendidi uccelli pieni di energia che spaziano attraverso il
cielo.
Il trionfo
dell’immagine
Spesso quella gioia di vivere che noi volevamo passarvi è diventata edonismo ed
egoismo puri. Ma pazienza. Noi siamo rimaste inchiodate al nostro ruolo e ai nostri
conflitti, con l’aggravante che siamo consapevoli che avremmo potuto vivere ed
esprimerci di più. A questa nostra impotenza, tanto più dolorosa in quanto ben conosciuta e difficilmente superabile, voi aggiungete il vostro fastidio, il vostro rimpro
vero e spesso il vostro scherno. E’ sbagliato
pensare che qualche figlia adulta potrebbe
consolare la madre e accompagnarla in giro per il mondo, per aiutarla a vivere, com’è
stato fatto con lei.
Ognuno deve arrangiarsi da solo. Ma dovreste ricordare ohe la vostra libertà e la
vostra emancipazione non avete dovuto conquistarle faticosamente, ma vi sono state
date in dono nel momento in cui siete venute al mondo, proprio perché le vostre madri
non volevano che anche voi cadeste nella
trappola maledetta della repressione. Ora
non rimproverate con durezza le poverette
rimaste invischiate in una forma di impotenza dolorosissima. Non diteci quel vostro
pesantissimo: «Datti una mossa, mamma!».
Reginella Boccara
Si esce, si incontra qualcuno,
ci si saluta come sempre, e come sempre appare un senso di
disagio; a che punto siamo, chi
siamo?
Nella società di oggi, dove prevale il trionfo dell'immagine, la
cosa più difficile è incontrarsi,
incontrarsi con l’altro in maniera autentica, spontanea; alle volte mi vien da sorridere perché
incontro donne sempre più eleganti, manierose, « perleccate »
e mi sembra che usciamo tutte
dall’album dei ricordi; come se
ci fosse dentro di me un lungo
iato, una separazione fra quello
che eravamo: « buone ragazze
della buona borghesia » possibilmente col grembiule nero a scuola, molto educate, molto precise, ...tutte molto..., poi la rivoluzione di tutto, il cambiamento
della società, e siamo andate a
sciami per le strade portando
le nostre nuove idee basate su!
valore dei rapporti umani, sul
valore di una vita più giusta,
più autentica, e sembravamo una
scia colorata nella città grigia.
Oggi apriamo il televisore e
cogliamo l’immagine, quello che
conta è apparire possibilmente
belle, alla moda, sempre più a’la moda, moda che cambia ogni
minuto e non si capisce chi e
con quali stipendi possa appagare e soddisfare questa immagine di donna proposta dai mass
media, dai giornali, e l’immagine investe anche noi nostro malgrado, e questo si nota al momento di incontrarsi.
Dobbiamo essere tutte a puntino o spontanee come eravanw
un tempo, formali come le nostre nonne o autentiche come
avevamo lanciato anni fa?
Un’immagine di donna che sapeva quello che voleva e soprattutto che aveva chiaro che le
sue conquiste interiori non .sarebbero state capovolte facilmente, e non lo sono state, di questo non abbiamo dubbio alcuno, ma ci dà un senso di grande disagio vedere come è stato
facile scivolare dentro questa
donna che è solo immagine, e
dietro l’immagine c’è un messaggio di vuoto spaventoso, e mi
fa pensare, e mi lascia disorientata, perché al di là delVimmagine avverto una pausa negli
animi: non sento l’autenticità
nei rapporti, avverto un guardarsi attorno, un dire e non dire e
questo mi preoccupa perché i
dialoghi sono privi di libertà:
quello che conta è guardarsi l’un
l’altro.
Ciò mi fa sorridere perché mi
sembravano rimossi questi pensieri legati al perbenismo, legati
a: quello che conta è l’immagine; a quando eravamo donne degli anni sessanta.
Perché penso questo? Perché
conservo ancora nitido dentro di
me il desiderio che rimangano
malgrado tutto i dialoghi autentici, malgrado tutto la schiettezza e quella capacità di dire quello che pensiamo senza ambiguità, e conservare ancora la capacità di lasciarsi andare.
Mi viene in questo momento
un pensiero: dice Bettelheim nel
suo ultimo libro II genitore quasi perfetto (Feltrinelli, Milano,
1987): «E la cosa più triste è
che costruendo intorno ai nostri
figli un mondo senza spessore,
finiamo per togliere spessore ai
loro sentimenti verso di noi... »
(pag. 49).
E, parafrasando Bettelheim,
possiamo dire: abbiamo creato
una società priva di spessore; ecco perché i nostri incontri non
sono più autentici, creiamo quindi una società più autentica, più
vera, ricca di valori, di contenuti, dove quello che conta non
è il trionfo dell’immagine, ma il
trionfo della ricchezza dei sentimenti, dei dialoghi veri. Solo
se noi rappresentiamo questa ricchezza emotiva ed affettiva riusciremo a stabilire dei rapporti
ricchi con gli altri e questo potrebbe ribaltare questa società
codina e perbenista che ci sta
davanti.
Rina Lydia Caponetto
ROMA: IL LAVORO DELL’YWCA-UCDG
Donna e immigrata
turale, per la perdita deirimmagine che lui aveva di sé come
capofamiglia, che non è stato
più capace di assumersi le sue
responsahilità. E’ talmente avvilito che ormai Nuria da sola deve mantenere e sostenere la famiglia, da tutti i punti di vista.
e lo fa con estremo coraggio.
Ma le sue energie fino a quando potranno sorreggerla?
Cos’altro c’è da aggiungere a
queste storie se non la voglia
di esprimere ammirazione e solidarietà a queste donne?
Elke Hablitzel
Quando si parla di emigrazione, non bisogna dimenticare che
in qualche caso questa ha portato miglioramento, emancipazione, promozione. Ma anche in
quei pochi casi i costi psicologici ed individuali ci sono stati,
e a volte molto alti. Cosa dire
invece di tutte quelle situazioni
in cui si è trattato di fallimento, delusione, sradicamento, perdita? E quando si tratta di donne, la posizione svantaggiata pare pieiÌRno duplicata: donna e
immigrata; è quasi troppo da
sopportare.
Per questo le donne coinvolte
nell’immigrazione — o direttamente o per scelta di impegno
— insistono tanto sulla necessità che le donne immigrate abbiano un loro status giuridico
indipendente dalla situazione familiare (legame con il marito,
i genitori). Questo è il primo
passo, insufficiente ma indispensabile, per superare gli ostacoli
deH’emargioazione. Qggi infatti
un gran numero di donne emigrano in prima piersona, perdono la protezione della famiglia
oppure sono capifamiglia di fatto. Nei casi di rifugiati da paesi dove c’è la guerra, la donna
è spesso costretta a lasciare il
paese con i figli, senza il marito.
Ma le situazioni concrete sono più eloquenti di qualsiasi discorso. (La loro conoscenza proviene dal lavoro diretto con donne immigrate, presso l’YWCAUCDG di Roma).
Kemeya è deirEtiopia, da dove è fuggita alcuni anni fa, in
cerca di sopravvivenza per sé e
la famiglia. Il marito era emigrato anche lui in cerca di lavoro e poi si sono perse le sue
tracce. Qra Kemeya è in Italia,
in attesa di poter emigrare in
Canada tra uno o due anni, è
qui con sei figli. Nessuno di loro ha un qualsiasi documento.
Nella sua disperazione, Kemeya
ha dichiarato la figlia più grande come maggiorenne, dandole
due anni in più di quelli che
realmente ha, sperando che così il peso che le rimane sarebbe
diminuito. Ma questo non è avvenuto. Ha tante difficoltà, di
ogni ordine: burocratico, finanziario, psicologico, ecc. E tra un
servizio ad ore e l'altro, dormendo da mesi in un dormitorio, cerca di affrontarle.
Raquel è dell’America Latina.
E’ figlia maggiore. Aveva fatto
la maturità alcuni anni fa, ma
non ha potuto proseguire gli
studi. Ad un certo momento ha
deciso di rischiare tutto per aiu
tare la sua famiglia. E’ venuta
in Italia dietro promessa di
■un buon impiego presso una signora. Raquel desidera aiutare
finanziariamente la sua famiglia e contemporaneamente
proseguire gli studi, nella speranza di trovare un giorno
un lavoro nel suo paese. La sua
giornata lavorativa è di 10 ore,
quando va tutto liscio. Il giovedì pomeriggio va a fare le pulizie in uno studio, per arrotondare la somma da mandare a
casa. Quando è venuta a conoscenza di un corso serale gratuito vicino a casa, ha chiesto il permesso di poterlo frequentare alla sua signora; come risposta
questa ha avuto un attacco di
furia: « Che tengo a fare una
domestica se poi quella a cena
non c’è?! ». E così Raquel ha dovuto rimangiarsi un’altra volta
la speranza di poter studiare.
Nuria pareva più fortunata perché ha potuto lasciare il suo
paese in guerra con tutta la famiglia (tre bambini piccoli). Ma
quando sono arrivati in Italia,
il marito e due bambini si sono
ammalati. E si sono dovuti separare, per motivi finanziari. Il
marito, provenendo da una cultura musulmana, ha sofferto talmente per lo sradicamento cui-
7
25 marzo 1988
speciale «decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne»
PRIME IN LONGEVITÀ’, MAI COSI’ TANTE NEL 2000
DONNE NEL MERIDIONE
Donne e invecchiamento Una parità difficile
da conquistare
Una società in evoluzione: anziani sempre più numerosi ma anche più
esposti all’emarginazione - Terza età; donne e qualità della vita
« Or Abramo e Sara erari vecchi, bene avanti negli anni, e Sara non aveva più i corsi ordinari delle donne. E Sara rise
dentro di sé, dicendo: Vecchia
come sono, avrei io tali piaceri? E anche il mio signore è
vecchio! » (Genesi 18: 11-12).
Una riflessione su un tema quale ¡a condizione delle donne anziane, in una società in continua evoluzione come la nostra,
non può prescindere dalla conoscenza ed analisi della realtà
attualmente esistente.
I luoghi comuni sulla terza
età si sprecano: il vecchio è tipicamente tratteggiato come un
senu-infermo di mente, solo, povero, ammalato, decrepito, che
non deve pretendere più nulla
dalla vita. Le donne, maggiormente degli uomini, soggiacciono
a queste e ad altre immagini
sociali, che spesso spadroneggiano sull'individuo « femmina ».
La donna-tipo
e il deprezzamento
La donna che invecchia si trova ad affrontare una forma di
deprezzamento sociale direttamente proporzionale all'allontanamento della propria immagine
da quella della donna-tipo, oggetto di desiderio e madre, nata da quella che Simone de Beauvoir chiama « la tradizione antifemminista ».
Ma analizziamo più in dettaglio la realtà attuale, vagliando
i risultati delle ricerche epidemiologiche e sociologiche condotte s testi argomenti. Si
assisfe reJ .m progressivo incremento -iella percentuale degli
anzia ei nella popolazione generale ed è interessante l’osservazione che la durata presumibile
delia vita per le dorme, in Italia,
è valutata attualmente intorno
ai 77 anni: oggi gli ultrasessantenni costituiscono oltre il 19%
della popolazione italiana e nel
2000 supereranno il 22%. La riiaggior parte di questa percentuale
sarà rappresentata da donne.
La tendenza a contrarre un
nuovo matrimonio in età avanzata è molto più accentuata tra
gli uomini che tra le donne: infatti il 65% degli uomini al di
sopra dei 75 anni vive con la
moglie, mentre solo il ;19,3% delle donne di pari età vive con il
proprio consorte (ISTAT). Gli individui che vivono soli sono
1.021.613 e di questi ben 786.319
sono donne. Questa differenza nel
modo di vivere la terza età può
certamente giustificare la presenza di un maggior numero di donne fra gli oltre 100.000 ospiti delle case di riposo ed ospedali.
Ma esaminiamo altri dati che
rivelano ulteriori differenze a seconda del sesso. L’abuso di alcolici, che nella terza età costituisce un fenomeno di notevole
importanza medico-sociale, è meno frequente tra le donne che
tra gli uomini: interessa infatti
il 5-12% degli uomini e solo l’I2% delle donne. Tali percentuali salgono purtroppo vertiginosamente fra i ricoverati in reparti
medici e psichiatrici e tra gli
ospiti di case di riposo.
Risposte sulla paura
della morte
Le risposte date alla domanda: « Ha paura della morte? Perché? » indicano che tale timore
è più diffuso tra le donne anziane rispetto agli uomini (37,7®-6
contro il 25%). Una lettura psicologica delle risposte ottenute
I problemi del diritto allo studio - Ancora pesanti discriminazioni per l’accesso al lavoro
Nella società occidentale sì ripercuotono sulla donna anziana tutti
gli altri problemi della condizione femminile.
suggerisce che il sesso femminile presenta un atteggiamento più
coinvolto e timoroso, mostra
una maggiore risonanza affettiva, e .sembra''fir'aggicHTnente propenso a « guardare al di là » della morte stessa. L’uomo appare
invece più indifferente e distaccato di fronte alla morte, e tale
atteggiamento rispecchia una
realtà esistenziale spesso caratterizzata da solitudine ed abbandono.
Un altro dato sulle estreme
conseguenze dell’emarginazione
sociale è che la massima incidenza di suicidi, circa il 30% del
totale, riguarda in Italia le persone di età superiore ai 65 anni; tmche in questo caso le donne sono meno interessate dal
fenomeno.
Differenze notevoli tra i sessi
si osservano ancora nel paragonare i rapporti tra età e lavoro.
Mentre i>er gfi uomini si osserva un decremento di interesse
p>er Tatti-vità lavorativa a partire dall’età di 45-50 anni, pare
che le donne diventino più disponibili d! produttive in campo
professionale proprio a partire
da questo periodo. Tale disponibilità e capacità p)ermettono loro, allorché vengono meno i simboli della maternità e della bellezza, di riconoscere nel lavoro una nuova fonte di auto-identificazione che può dare all’esistenza
nuovi significati ed obiettivi. Gli
aspetti indubbiamente positivi di
tale identificazione contrastano
sia con gli incitamenti ad un
pensionamento precoce, sia con
le proposte di lavoro a mezza
giornata. In quest'ottica diverse
organizzazioni femminili (Gruppo Coordinamento « Donne nelle aziende e nei quartieri », Unione regionale delle veirie professioni C.F.D.T.) si sono schierate contro il lavoro part-time,
tanto che il quotidiano parigino
« Le Matin » nel 1980 scriveva:
« Emarginano le donne proponendo loro lavoro in briciole ».
Nell’ultimo convegno organizzato a Sirmione dal Gruppo italiano di studio sull’invecchiamento cerebrale si è cercato di
fare il punto sulle nuove acquisizioni scientifiche, e si è constatato che mai come in questo
periodo, anche grazie alla ipopolarità delle scoperte del premio
Nobel Levi-Montalcini, si parla
e si discute sui temi dell’invec
chiamento cerebrale. Superata la
tradizionale impostazione dell’invecchiamento visto esclusivamente come progressivo depauperamento biologico, vanno definendosi ormai chiaramente teorie
che attribuiscono una notevole
influenza sul comportamento dell’anziano aH’ambiente sociale. Si
può oggi affermare, anche alla
luce dei dati statistici prima analizzati, che s’invecchia diversamente, qualitativamente e
quantitativamente, in rapporto
al contesto sociale nel quale si
vive e si diventa anziani.
Lottare per una
buona vecchiaia
Tutti gli studi condotti concordano nel dimostrare che sono indicativi di una buona qualità di vita nella terza età il sesso femminile, lo stato civile coniugato o convivente e l’alto livello di scolarità, mentre sono
indicatori di una cattiva qualità
dj, vita l’isolan^ento sociale ed
un'' basso livèìlb economico. Ne
consegue che per garantire una
buona vecchiaia a tutti si deve
lottare per ottenere pensioni pili
dignitose (o soluzioni alternative), più cultura (ben vengano
le Università della terza età) e
meno solitudine.
Soffermiamoci su quest’ultimo
punto per denunciare come stenti a delinearsi un avvio degli
anziani alla partecipazione, in
tutti i campi del sociale, come
proposta di politica di prevenzione. Tale esitazione è ancora
più grave se si pensa che nel
prossimo futuro è prevedibile
un aumento numerico di una
fascia di anziani, e la maggior
parte saranno donne, con molta disponibilità di tempo ed un
livello culturale più alto. Si va
cosi definendo una nuova figura
dell’anziano, che potrebbe diventare protagonista prezioso di un
lavoro di volontariato qualificato e qualificante.
Di fronte a tali prospettive anche le nostre chiese, che ricorrono al volontariato in gran parte delle proprie attività, devono
avviare una modifica culturale
che porti alla costruzione di un
rinnovato tessuto comunitario in
cui tutti, donne e uomini, possano trovare se stessi.
Pino Faro
Il livello occupazionale in Italia, nel campo del lavoro, presenta da un po’ di tempo in
qua un indice in crescita che,
se non rilevante è, comunque,
la spia di una positiva inversione di tendenza.
Purtroppo, in misura di gran
lunga maggiore, per Toflerta di
lavori sempre più specializzati
e la carenza di qualificazioni
idonee, si moltiplica il numero
dei disoccupati. Tale tipo di disoccupazione colpisce soprattutto il meridione e in particolare
le donne.
E’ un dato di fatto che occorre
tenere presente, quando si parla della realtà del mondo femminile e in particolare di quella
del meridione.
Tra leggi e
risultati concreti
Molto è stato fatto sul piano
legislativo per garantire nel dettato della legge la parità dei diritti; ma moltissimo resta da
fare per operarne la realizzazione concreta. Ancora oggi, nonostante che la legislazione italiana, per i diritti di parità, sia la
più avanzata a livello europeo,
la donna italiana deve dimostrare di valere più di un uomo,
per poter ottenere un lavoro
di buon livello nell’impiego privato.
C’è, ad esempio, la giovane
veterinaria, laureata a pieni voti,
da poco sposata. Per quanto positivi possano essere stati i colloqui presso le varie aziende,
difficilmente viene assunta. La
verità è cruda, ma trasparente:
come si fa ad assumere una giovane sposa che potrebbe astenersi dal lavoro per maternità?
Per non citare poi tutti gli altri
pregiudizi che discriminano il
lavoro per sessi, secondo criteri che spesso non harmo ragionevoli giustificazioni.
Una questione
di classi
Altrettanto grave, se non di
più, è la situazione neH’ambito
del diritto allo studio, esclusione
fatta per certi livelli medio-borghesi.
Siamo ormai abituati a ritenerci un popolo di diplomati, se
non di laureati. Crediamo che
l’analfabetismo o il semialfabetismo siano un problema dei primi del novecento. Purtroppo, non
è così, ed ho avuto modo di
constatarlo, lavorando nel Tribunale per i minorenni di Napoli.
Nel sud, l’evasione scolastica è
ancora molto elevata. Non è affatto raro vedere giovanetti che
appongono con fatica la propria firma.
Per il ciclo delle elementari,
le bambine presentano un tasso
di evasione minore di quello dei
bambini ma, arrivate alle medie, il tasso di evasione femminile cresce e l’interruzione degli studi, prima del compimento
della scuola dell’obbligo, è frequente.
Quando mancano
le motivazioni
La risposta sul perché è amara. Negli strati popolari, la
donna non ha ancora una vera
motivazione allo studio. Ciò incoraggia il fenomeno delle de
fezioni spontanee, sul quale si
innesta poi il gioco degli interessi familiari. Queste ragaz^ hanno ormai dagli undici ai quattordici anni. Sono più che idonee ad essere economicamente
utili per la famiglia. Sono tanti,
così, i genitori abili nel piazzare al lavoro le proprie figlie, in
età ancora adolescenziale. Di
prammatica è l’inserimento nel
lavoro nero, ma anche in quelli
più saltuari e dequalificati, purché la ragazza almeno non crei
problemi per il vestiario e le
piccole spese. In genere però, i
guadagni sono riscossi direttamente dai genitori, che trattengono circa il 70% per la famiglia.
Tra le forme di guadagno, la
prostituzione minorile presenta le caratteristiche del guadagno più « facile ».
Conseguenze
di una devianza
A Napoli, la zO’na della Stazione centrale pullula di ragazze
dai 12 ai 15 anni. Vi sono anche
casi limite di bambine di 11 anni, già introdotte alla irita. Molte di queste situazioni non sono
altro che lo svolgimento « naturale » di una devianza precedente, una violenza o un incesto
subiti nell’ambito familiare.
Molte volte la prostituzione infantile è accortamente svolta
nel chiuso delle mura domestiche.
Tra costume e
mentalità
Da quanto sopra detto si
evince che la promulgazione di
una legge, per quanto avanzata
essa sia, non basta a modificare un costume e a formare quella diversa mentalità da cui quella legge è scaturita.
Nel meridione, appare come
condizione prioritaria alla nondiscriminazione uomo-donna la
creazione di una « cultura della
scuola», tale da riniuovere gli
stereotipi .tradizionalj;, vivi soprattutto a''livélio popolare, per
i quali finanche il compimento
della istruzione obbligatoria è,
per le donne, una variabile dipendente da molti fattori.
L’ambito scolastico può rappresentare, già dalle elementari, un territorio privilegiato per
la diffusione della cultura della
parità e di questo potrebbe farsi
carico il corpo docente, colmando una lacuna educativa, in cui
emerge, quale scampolo di velleitari tentativi del passato, _ il
mero accostamento di ragazzi e
ragazze in classi miste.
Cultura della scuola
e del lavoro
Ad una cultura della scuola,
che fissi quale limite inferiore
almeno quello dell’obbligo scolastico, deve accompagnarsi una
«cultura del lavoro», che batta
sul principio che la dignità di
qualunque mansione, per quanto modesta essa sia, è nella
competenza, nella professionalità, nella produttività dell’operatore.
Solo su questi presupposti si
può fondare realisticamente la
« cultura della parità ».
Maria Serena Ranchetti
8
1
6 speciale «decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne»
25 marzo 1988
INCHIESTA
Poche o tante?
La presenza delle donne nel lavoro e nella gestione della chiesa L’impegno operativo per le strutture e i ridotti poteri di decisione
Quando la commissione « Donne e uomini nella chiesa » ha
lanciato rm questionario alle
chiese, valdesi e metodiste, nel
1987, aveva una ipotesi di lavoro: nella chiesa le donne hanno
molta responsabilità, la loro presenza è essenziale per il funzionamento delle strutture (se vogliamo dirlo in modo un po’ roz
zo, ’lavorano di più”), ma, in
compenso, non hanno riconoscimento (detto brutalmente, ’’comandano gli uomini”).
L’ipotesi di lavoro è stata sostanzialmente confermata dalle
risposte ricevute.
Hanno risposto 56 chiese (il 45
per cento del totale); il dato è
sufBcientemente significativo, soprattutto tenendo conto del fatto che tra le chiese , che hanno
risposto vi sono state quelle più
numerose, rappresentative di
6.506 membri (elettori o eleggibili) su 8.628, cioè più del 75%.
Riportiamo di seguito il prospetto riasstmtivo.
GRUPPI TOTALE DONNE % UOMINI % a
Membri del Concistoro 515 212 41,17 303 58,83
Catechisti . .... 96 34 35,42 62 64,58
Monitori 239 199 83,26 40 16,74
Responsabili Gruppi Giovani . 31 15 48,39 16 51,61
Predicatori Locali 131 43 32,82 88 67,18
Diaconi 31 18 58,06 13 41,94
Visitatori 88 70 79,55 18 20,45
Assistenza .... 56 48 85,71 8 14,29
Segreteria 53 32 60,38 21 39,62
Responsabili Commissioni 108 33 30,56 75 69,44
Altri 88 52 59,09 36 40,91
Totale 1459 768 52,65 691 47,35 'rm
Un breve conunento a questi
dati.
Le donne prevalgono nettamente sugli uomini in alcuni settori: nell’assistenza .(85,71%),
tra i monitori (83,26%), tra i
visitatori (79,55%), nei lavori di
segreteria (60,38%), e tra i diaconi (58,06%). Interessante, ma
occorrerebbe una ulteriore riflessione su questo dato, il 59,09
per cento attribuito genericamente ad' ’’altre attività”; un
contenitore buono a tutte le cose, o un indice di ’’creatività ’’
femminile? (Per la cronaca, tra
queste « varie » compaiono: centri culturali, depositi libri, laicità nella scuola, scuole serali,
gruppi antiapartheid, immigrati,
tribunale ammalati, ecc.).
Nelle altre attività scendiamo
sotto la soglia del 50%. In modo non grave per i responsabili
di gruppi giovanili (48,39%),
poi sempre più giù: membri di
concistori e consigli di chiesa
(41,17%), catechisti (35,42%),
predicatori locali (32,82%), resixjnsabili di commissioni (30,56
per cento).
Ne risultano confermati i pregiudizi sociali verso uomini e
donne: sono lavori ’’femminili”
quelli di assistenza, segreteria.
educazione (inferiore; i catechisti sono in maggioranza uomini); hanno ’’dignità” maschile i
posti di comando, e la predicazione.
I dati sono confermati da una
statistica condotta a tavolino
dalla commissione. Nella relazione al Sinodo compaiono 51
commissioni. Di queste 45 sono
coordinate da uomini, 6 da donne. Ne fanno parte 407 persone;
295 uomini e 112 donne (circa
il 75% e il 25% rispettivamente).
In due commissioni vi è parità
fra uomini e donne (l’Uliveto e
Bethel); in dodici non compaiono donne. In cinque vi è una
maggioranza di donne. Anche
qui la tendenza è quella di affidare incarichi diaconali alle donne, di « potere » e di studio agli
uomini.
Può essere interessante segnar
lare quali commissioni non avevano al loro interno una componente femminile al 1987; si tratta di:
— Casa Valdese di Rio Marina;
— Casa Valdese di Vallecrosia;
— Casa Cares;
— Commiss, permanente studi;
— Comm. Guardia Piemontese;
— Comitato consultivo Editrice
Claudiana;
— Comitato per i luoghi storici
delle Valli Valdesi;
— Membri valdesi della commissione di studio sull’integrazione;
— Membri valdesi e metodisti
nel comitato promotore iniziative evangeliche;
— Commissione finanziaria;
— Commissione di studio per la
diaconia;
— Comm. per la celebrazione
del Centenario del Glorioso
Rimpatrio.
Hanno invece una maggioranza femminile le commissioni:
— Diaconesse;
— Convitto di Pomaretto;
— Foresteria di Venezia;
— SIE;
— Commissione donne e uomini nella chiesa.
Un ultimo dato (vedi relazione al Sinodo 1987): nessuna donna è presidente di CED, due
donne (peraltro pastori) sono a
capo di im circuito (su 16 circuiti). Solo 8 presidenti di consigli di chiesa (sulle risposte
pervenute) sono donne.
Sono dati confortanti? Cambierà la situazione nei prossimi
dieci anni?
(Dati elaborati da Pino Faro,
osservazioni di Sergio Ribet)
6 MARZO
Solidarietà internazionale
In occasione delta giornata
mondiale di preghiera, su proposta del Consiglio ecumenico, le
donne delle chiese italiane hanno raccolto fondi per lo sviluppo del programma « Diaconia »
nel Salvador.
Diaconia è un’organizzazione
che cerca di aiutare le persone
emarginate, vittime della violenza in Salvador: vi collaborano
insieme chiese e gruppi che lavorano con impegno cristiano
per aiutare esseri umani che soffrono p>er le conseguenze della
guerra, favorendo comunità autogestite, sviluppo economico e
progresso umano per coloro che
sono tradizionalmente marginalizzati e che sono gravemente
toccati dalla violenza e dalle deportazioni. In particolare le donne e i bambini.
Mediante programmi educati
vi, di produzione, di cura della
salute, gestiti dalle donne stes
se e con la partecipazione dei
bambini si ha come scopo di:
a) aiutare le donne, soprattutto le contadine, a organi;- a’*
si e a partecipare più atti
mente alla costruzione di un.
vita più umana e più egualitaria;
b) dare protezione e favorire
lo sviluppo di bambini profughi
ed emarginati attra-verso programmi tesi a formare nuove generazioni impegnate a lottare pier
una società più fraterna e solidale.
Uno dei mezzi sarà di creare
dei centri per i bambini e delle
organizzazioni per le donne.
Il contributo chiesto al Consiglio ecumenico delle chiese è
di tre milioni di colones (circa
600.000 dollari).
La conquista del diritto al posto di lavoro e alla indipendenza
economica realizzata dalla donna, non implica che nella società e nella chiesa siano avvenute modifiche tali da poter affermare che la mentalità patriarcale e maschilista sia una brutta
realtà del passato.
Nell’Italia del sud, dove la
stessa indipendenza economica
della donna, a causa dell’elevato
tasso di disoccupazione esistente, rischia di restare solo un
bel principio sulla carta, le donne lottano più direttamente che
altrove contro pregiudizi e tradizioni per diventare soggetti liberi e responsabili. Nelle nostre
comunità, specialmente in quelle
dell’entroterra, i cambiamenti
culturali, il rinnovamento del
pensiero, l’abbandono di schemi tradizionali relativi al ruolo
della donna avvengono con minore rapidità rispetto alla più
grande comunità civile. Così, le
donne svolgono da sempre attività che, in sintonia con la mentalità tradizionale, vengono ritenute più adatte al ruolo femminile e cioè l’allestimento dei
bazar e delle agapi, le visite
agli ammalati, l’istruzione religiosa ai bambini. Gli incarichi,
a torto o a ragione ritenuti di
maggiore responsabilità o che^^
presuppongono pàrtìcólari capa-"^
ALCUNE STORIE DIMENTICATE
Le donne nelle chiese del sud
Le trasformazioni culturali ancora affienate prevalentemente agli uomini - Le voci poco ascoltate e l’antico silenzio dei nostri archivi
cità, sono affidati agli uomini.
Donne, quindi, sempre presenti
nelle chiese, ma non visibili!
Oggi, quasi in tutte le comunità
del sud, le donne vengono elette
nei Consigli di chiesa ma la loro
voce è scarsamente udibile perché poco ascoltata. Nei momenti assemblear!, poi, le donne,
anche a parità d’istruzione con
l’uomo, per un atavico sentimento di inferiorità frutto di tm condizionamento plurisecolare, evitano di formulare proposte, di
esprimere le loro idee o, peggio, gli eventuali dissensi. Sulla
base dei documenti conservati
negli archivi delle chiese, la storia delle nostre comunità è una
storia di soli uomini. Il tenace.
silenzioso, costante impegno di
igl
tante donne che, al pari degl)
uorpini, sono state jiell.q. va}i<|è
testimoni deÌl’Èvahgelo, non fa
storia. E’ il momento dì recuperare la storia, ignorata dai più,
di queste donne che pure hanno
dato un notevole contributo alla
vita della chiesa e della società e un invito in tal senso giunge anche dal Consiglio Ecumenico delle Chiese. Ricorderò,
quindi, quattro sorelle in fede,
ormai decedute, della comimità
di Taranto le quali nel lontano
1947 presero l’impegno di destinare la decima delle loro modeste entrate aU’aoquisto di un
locale per avviare un’opera sociale della chiesa. Il pastore, informato, giudicò pazzesca l’ideà
e nessun fratello della comunità fu disposto ad aderire aH’iniziatiya. j Le , quattro dorale non
'si scoraggiarono e, mese dopo
mese, come la vedova della pa^
iT.&bsla, versarono, il .loro obolo,
Dopo pochi anni, di donne ne
rimasero solo due, entrambe
anziane, la cui sola entrata era
rappresentata dalle pensioni dì
reversibilità, rispettivamente del
marito e del padre. Esse tennero fede all’impegno assunto
e dopo 20 anni, nel 1967, al momento dell’acquisto del complesso degli stabili della chiesa locale, versarono alla Tavola Valdese L. 1.440.000 (circa 18 milioni odierni, credo), un modesto
contributo, certo, ma potevano
dare solo quello.
I nomi delle donne, in ordine
di sopravvivenza, sono: Anita
Lamberti, Bianca Valente, Maria
Lamberti Zabatti, Zemira De
Carlo. Questa è solo una fra le
tante storie di donne del sud
che hanno lottato contro' la cecità degli uomini confidando
nel Signore, ma queste storie
raccontiamole tutte!
Vera Velluto
FFEVM - Federazione Femminile Evangelica Valdese Metodista
IV CONGRESSO
Vasto Marina (CH) — 22-23 aprile 1988
« Donne in cammino fiduciose nella promessa »
Il congresso inizierà venerdì 22 alle ore 18 con il controllo
dei mandati e si concluderà nella serata di sabato 23 con reiezione del nuovo Consiglio nazionale.
Ogni unione-gruppo federato ha diritto ad inviare una delegata ogni 10 iscritte o frazione di 10 (art. 4 dello statuto).
A partire dalle ore 15 del giorno 22 funzionerà un servizio
di accoglienza presso l’Hôtel Adriatico (sede dei lavori), viale
Dalmazio, 66055 VASTO MARINA - tei. 0873/801462.
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25 marzo 1988
speciale «decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne»
INCONTRO E ARRICCHIMENTO RECIPROCO
Osare, sperare
A seconda delle situazioni prevalgono nei gruppi l'esitazione o la
convinzione neH’impegno: Timportanza dello scambio di esperienze
Osare e sperare: sembra un gioco di parole mal piazzato. Sarebbe più logico dire:
sperare ed osare, ma anche se i credenti,
nella speranza, trovano la forza di osare,
le sorelle dei nostri gruppi all’intemo della
chiesa, un po’ ovunque, ancora oggi, stanno
cercando di trovare la forza di osare, affinché la loro speranza venga rafforzata nella
certezza e consapevolezza di esserei una^
parte molfo importante e vitale della loro
comunità e della chiesa tutta. C’è ancora
molta timidezza, molta incertezza in loro,
ma è in atto un cammino coraggioso, forse
mirante a riguadagnare quello spazio e quei
valori ancora, qua e là, impediti, sia da fattori culturali che da una mancata o troppo
lenta evoluzione nella riflessione su una
’’teologia al femminile”, di cui esse stesse
devono prendere coscienza.
Viaggiare per visitare i gruppi femminili
deila nostra chiesa significa venire a conoscenza dei problemi, arricchirsi con le esperienze altrui, imparare a condividere gioie
e difficoltà. Significa diventare più sensihiìj, ricaricarsi di entusiasmi, riscoprire che
c’è più gioia nel dare che nel ricevere, ma
che molto spesso si riceve più di quanto non
si dia. Vuol dire capire meglio che cosa significa la ’’chiesa di Cristo”, la comunità
dei credenti. Significa scoprire con gioia
che, anche se distanziati da chilometri e
chilometri di autostrade, quando oi si incontra, c’è la gioia propria di una fetta di famiglia che si riunisce per un poco.
Sono anche questi i momenti in cui le
donne si reinterrogano sul loro cammino di
testimonjbtnza, sulla loro capacità o incapacità di osare ed essere veramente il sale
di cui parla Gesù, nelle situazioni più svariate della vita.
Sta per iniziare il decennio ecumenico
di solidarietà delle chiese con le donne. Si
faranno progetti, si daranno consigli e indicazioni, si mobiliteranno i gruppi o le donne più preparate, si organizzeranno corsi di
formazione... Il terreno è pronto! Le donne
non hanno mai perso di vista le possibilità
di azione nelle quali potrebbero essere coinvolte. Tutto sta nel non dimenticarsi di loro!
Quanti aneddoti, quanti piccoli e nascosti segni di prese di coscienza e responsabilità, dentro e fuori delle comunità, si potrebbero raccontare !
P. N. T.
Flash su e giù per la penisola
★ Dopo molti anni, ad un
certo punto i nostri incontri
hanno avuto una battuta di
arresto. Non c’era più la moglie del fiis' >re a guidarci,
portare idc nuove, lanciare
e promuov re iniziative. Poi,
un giorni ci siamo interrogatè. P osibile non poterci
gestire da solePCosì abbiamo
ricominciato: da sole. Incredibilmente abbiamo scoperto
tra di noi dei doni nascosti.
Ci siamo buttate nel lavoro,
dentro e fuori della comunità. Secondo dei turni stabiliti, visitiamo un istituto per
anziani e handicappati. Abbiamo, in breve tempo, osato molto, ma ne valeva veramente la pena!
★ Alcuni fratelli di chiesa
decidono di invitare a cena,
in una simpatica trattoria,
una sorella ospite. Preliminari un po' concitati, discussioni a mezza voce, un po’ di
trambusto nelle famiglie
(che secondo l’usanza vogliono che le donne rimangano a
casa). Quando si decide di
partire... una donna è riuscita a scombinare i piani. Si
andrà in trattoria, ma ci andrà pure lei, dal momento
che nulla vieta alla ’’sorella”
ospite di recarvisi! Un atto
di coraggio non indifferente.
L’inizio, forse, di un cambiamento di mentalità.
binaido, il capostazione fare
capolino dal suo ulficio. Non
una parola, non un consiglio,
non una preoccupazione che
lo portasse a prestarmi soccorso. Bene, pensai, allora in
un modo o nell’altro dovrò
portarlo a prendere in considerazione il mio problema.
Dovevo essere a casa in serata. Glielo spiegai risoluta ma
cortesemente. In qualche ufficio suonava un campanello.
Poco dopo, da un altoparlante, una voce stentorea annunciò l’arrivo di un importante
convoglio che, in via del tutto eccezionale, quel pomerigr
gio si sarebbe fermato in stazione per consentire ai passeggeri (ero la sola!) di salire
in vettura! L’osare aveva portato i suoi frutti!
cose insieme, portare insieme dei ’’pesi”: questo è spesso il trampolino di lancio per
riacquistare coraggio e gioia
nella testimonianza cristia
na.
★ Dopo un incontro con
un gruppo femminile, mi ritrovai, sola passeggera, ad
aspettare il treno che doveva
riportarmi a casa, nella stazione di quel piccolo centro.
Il treno non arrivò né all ora
prestabilita, né... dopo! Ogni
tanto vedevo, poco più in là,
sul marciapiede del primo
★ Visite ai malati ed agli
anziani, responsabilità per la
preparazione di agapi e bazar, partecipazione a studi
biblici, convegni, conferenze:
è spesso la prassi che accomuna molte realtà femminili ’nella' chiesa. Ovuhquè ci
sono sorelle più disponibili,
più pronte, più ’’abituate”! Nello stesso tempo
esiste una parte più silenziosa, appartata, timida.
Un giorno in un gruppo fem-minile si sentì l’esigenza di
trovare il coraggio facendo
qualche cosa insieme! Una
donna araba — dicevano i
giornali — sarebbe stata lapidata. Lo sdegno scoppiò
nel gruppo. Avrebbero protestato. Partirono decine e decine di firme per il condono
della pena, raccolte un po’
ovunque. Ne valse la pena.
La donna fu risparmiata.
Stare insieme, fare delle
PER LE CHIESE E I GRUPPI ITALIANI
Indicazioni operative
per il “decennio”
Affermare l’importanza delle donne nelle chiese e nelle lotte per la pace e per la giustizia
Scopo del decennio
1) Dare la possibilità alle donne di cambiare le strutture oppressive presenti nella comunità globale, nel loro paese, nella
loro chiesa.
2) Affermare l’importanza decisiva delle donile nelle chiese e
nelle comunità, attraverso una
uguale partecipazione alla direzione e alla presa di decisione,
e attraverso l’elaborazione teologica e spirituale.
3) Dare visibilità al pensiero
e alle azioni delle donne nell’opera e nella lotta per la giustizia, la pace e l’integrità della
creazione.
4) Dare la possibilità alle chiese di liberarsi dal razzismo, dal
sessismo, dal classismo, dagli insegnamenti e dalle prassi discriminatorie nei confronti delle
donne.
5) Incoraggiare le chiese a manifestare con azioni concrete la
loro solidarietà con le donne.
Una proposta
organizzativa
Esempio di proposta organizzativa per il lavoro del «decennio »: ogni comunità o consiglio
di chiesa potrebbe creare una
« commissione di solidarietà con
le donne » (per individuare priorità, elaborare piani, stimolare
ad azioni locali o regionali...).
Scambi di
informazione
Il culto di Pasqua ’88
★ Esistono problemi seri,
’’nascosti”, che non immaginiamo neppure in quale misura possono influenzare negativamente la nostra serenità o quella di tutta la famiglia! Mio marito, ci raccontano, preferisce che io stia zitta. In casa mi dicono che sono un’ignorante, buona solo
a lavorare nel campo e in casa. Un giorno ho pensato che
se non potevo parlare, almeno avrei potuto cantare! Così un pomeriggio, rigovernando la cucina, mi sono
messa a cantare, a gran voce,
allegramente, tutti i cantici
che conoscevo a memoria.
Non avete idea di che spavento hanno avuto i miei
rientrando. La donna aveva
osato farsi... sentire!
Osare sperare...: è su questo percorso che si sono avviate le donne di molte nostre unioni e gruppi.
Aiutiamole nel loro cammino. Quante potenzialità ancora da scoprire e da queste,
quanta speranza!
Gli esseri umani del mondo intero — ed in modo particolare le donne, meno coinvolte nel sistema del ’’diritto del più forte” — si devono unire e dare il via a nuove prospettive di vita, di speranza, di fede, di comunità
e di pace.
« Scegli la vita, onde tu
viva, tu e la tua progenie »
(Dt. 30: 19).
Ricordiamo la proposta che le
donne preparino e presiedano
il culto di Pasqua ’88 delle chiese evangeliche italiane. Un « messaggio » del Consiglio ecumenico
delle chiese (vedi pag. 8), da
leggere durante il culto di Pasqua è stato tradotto e spedito
ad ogni chiesa locale, assieme
al materiale predisposto dalla
Commissione « Comunità donne
uomini nella chiesa », che può
essere utilizzato per la preparazione del culto.
In alcune situazioni questa
proposta può essere un impegno
diffìcile, ma i nostri sforzi possono essere una testimonianza
per altri paesi e altre chiese, dove le donne non possono predicare, o essere consacrate. Se ci
sono difficoltà per Pasqua, una
altra data può essere scelta per
lanciare il decennio.
Per scambi d’infonnazionì o
azioni comuni: mandare alla
coordinatrice nazionale:
— proposte di azioni comuni,
progetti precisi di cambiamenti (priorità, iniziative...);
— relazioni di quello che vien
latto nella propria chiesa o zona (es. per l’inizio del «decennio », e notizie sul culto dì lancio, testi liturgici inventati, fotografìe...);
— notizie dì contatti o azioni
all’esterno (con i cattolici, nella
società ecc.).
L’indirizzo della coordinatrice
è: Marie-France Maurin Coissoii
- via Balziglia 44 - 10060 Pomaretto (To) ■ Tel. 0121/81288.
L’azione
internazionale
Chi sceglie di seguire un filone particolare preciso (es. donne
immigrate, militarismo e pace,
oppressione economica, razzi
smo, prostituzione turistica
multinazionali ecc.) e lo comuni
ca al CEC, sarà messo in con
tatto con altre donne che lottano sugli stessi punti altrove nel
mondo: Conseil Œcuménique
des Eglises - Unité Femmes
dans l’Eglise et la Société • B.P.
66 ■ CH 1212 Genève 20 - Svizzera.
Paola Nisbet 'Tron
Questo speciale
Per avviare una riflessione sul « decennio della donna »
la Commissione donne e uomini nella chiesa aveva chiesto
una doppia pagina al giornale, chiedendo una serie di interventi ad alcuni collaboratori: una meditazione biblica a Paola
Benecchi e varie « schede »: sulla donna nel Sud, sulla donna
immigrata, su donne e invecchiamento, oltre a due contributi
più ecclesiastici, sulla partecipazione delle dorine alle stnrtture delle nostre chiese, e nelle chiese del Sud in particolare.
A questa prima proposta, molti contributi spontanei si
sono aggiunti. Le pagine quindi sono otto, e non due; aggiungiamo ai contributi iniziali anche materiale informativo del
C.E.C., esperienze di vita, una poesia.
Può sembrare un contributo ampio: in realtà, quanto
c’è ancora da dire, da scoprire, da dibattere, da contestare,
perché sia data voce alle donne?
10
valli valdesi
25 marzo 1988
]
COMUNITÀ’ MONTANA VALLI CHISONE E GERMANASCA
Riscoprire
ie proprie radici
L’importanza di confrontare e far conoscere le ricerche di molti gruppi
- L’attenzione al mondo giovanile-Verso un centro di documentazione
Ormai da alcune settimane ha
preso il via una nuova edizione
del « Cantavalli », rassegna di
musica popolare; alcuni incontri
a carattere culturale (miniere, arte rupestre) hanno visto una notevole partecipazione di cittadini; si tratta di alcune manifestazioni promosse neirambito dell’attività dell’assessorato della
Comunità Montana valli Chisone
e Germanasoa, in collaborazione
con i molti gruppi esistenti sul
territorio delle due valli. Per analizzare più a fondo l’attività culturale, abbiamo sentito l’assessore competente Erminio Ribet.
Sembra esserci stato un notevole interesse dopo la formazione della nuova giunta a seguito
delle elezioni dell’85; su quali basi di partenza?
« Ci sono nelle valli parecchi
gruppi che fanno ricerca "sul
campo" e che ripropongono, talvolta rielaborato, il frutto della
ricerca; così il Cantavalli dello
scorso anno vedeva una particolare attenzione a questo settore.
Visto il successo, con l’apporto
determinante della Cantarana,
siamo riusciti quest'anno ad avere una decina di gruppi, di provenienza esterna alla nostra zona
culturale ».
ciato a girare soprattutto la vai
Germanasca, registrando e scrivendo i primi "cahiers", ma non
dobbiamo dimenticare, oltre alla
Cantarana, il gruppo "La teto
août", "Li Pradzalenc" e le stesse corali valdesi; notevole impulso alla ricerca è anche venuto da
singole persone. Il problema era
semmai quello di mettere a confronto i diversi lavori, renderli
pubblici, farli conoscere, sbloccare certe forme di "campanili
La rassegna tocca 11 Comuni,
escludendone alcuni in cui la presenza di gente è bassissima nel
periodo invernale o altri che
hanno effettuato altre scelte; le
prime serate hanno visto una
partecipazione veramente elevata, specie di giovani, con persone
che hanno dovuto restare in piedi o tornarsene a casa (in molti
Comuni mancano le sale di dimensioni sufficienti).
Da quando si segnalano gruppi
di ricerca nelle valli?
« Forse i primi nel settore sono
stati quelli della Badia Corale
che venti anni fa hanno comin
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Dunque è sentita l’esigenza di
collaborazione, di coinvolgimento; c’è anche un discorso che riguarda la scuola e più in generale
il mondo giovanilè?
Nel territorio della Comimità
Montana esistono alcuni Comuni
(Pragelato, Frali) con vocazione
decisamente turistica; cosa si è
fatto per inserire il discorso culturale nelle offerte che vengono
presentate ai visitatori?
« Già a livello di gruppi locali
si è tentato in passato di coinvolgere i turisti nelle attività culturali, non sempre con risultati
soddisfacenti; per la prima volta
si sta ora discutendo, anche con
la Pro Loco di Proli, di organizzare una o due giornate sul piano
promozionale del folklore. Si potrebbe così creare un polo di attrazione ».
In queste settimane si è svolto
un ciclo di conferenze a carattere culturale informativo su aspetti della vita delle valli; qual è il
senso di queste iniziative?
« Abbiamo voluto tentare —
prosegue l’assessore Ribet — grazie all’intervento di persone assai
conosciute, su argomenti a loro
volta di una certa presa, di crearci in un certo senso un "nostro”
pubblico, legato anche al mondo
della scuola, in modo da poter
affrontare insieme in un domani
dei temi un po’ meno conosciuti
ma validi. Il successo è stato comunque elevato, tanto più trattandosi di conferenze, e da qui
può nascere lo stimolo per altri a
collaborare ».
« Da alcuni anni si organizzano
corsi di patois, in particolare nel
periodo dell’istruzione elementare, poi si sono attuati scambi fra
gruppi di giovani delle scuole
medie. I temi che sembrano interessare maggiormente i ragazzi
sono quelli legati alla storia loca:
le o all’ambiente. Il problema
più grosso riguarda il periodo
successivo, oltretutto tenendo
conto che non abbiamo istituti
di istruzione superiore. Per quanto riguarda questa fascia di età,
si sta pensando di organizzare
una serie di serate estive con
filmati, talvolta con discussione, o
concerti, in particolare a Pomaretto con un principio che ricorderebbe quello dei "Punti verdi”
di Torino».
Nelle due valli sono presenti
parecchi musei, dei parchi; si è
pensato di utilizzarli coinvolgendo i giovani?
« C’è stato un progetto, poi finanziato dalla Regione, per la
fruizione di questi centri da parte
delle scuole; in base a ciò si intende predisporre delle schede
che siano in grado di esporre delle tematiche trattate o nel parco
o nei musei valdesi. Si passa poi
dalla fase teorica alla visita vera e propria, attraverso percorsi,
di quanto studiato; si tratta di
un progetto di un certo spessore
anche sul piano finanziario: si
pensi che il contributo della Regione è di 30 milioni, mentre lo
scorso bilancio destinava a tutto
il settore cultura 8 milioni ».
Valorizzare quanto esiste, far
conoscere ai giovani, ma non solo, un patrimonio e una storia, le
radici di un mondo; infine una
speranza, la realizzazione di un
centro di documentazione che diventi, con la sua sede, il punto di
riferimento di tutte le attività
culturali.
Piervaldo Rostan
VAL PELLICE
Fiere di
primavera
Arte rupestre
Nei reperti naturali delle nostre montagne le
immagini delle divinità e di animali scomparsi
Con un balzo all’indietro di parecchi millenni, gli incontri culturali organizzati daU’assessorato alla cultura della Comunità
Montana a Perosa Argentina,
si sono trasferiti nel mondo affascinante e misterioso dei nostri
più antichi progenitori.
Il tema « Arte rupestre nelle
Alpi occidentali » è stato introdotto, il 17 marzo, dai ricercatori
Dario Seghe e Piero Ricchiardi
del Centro Studi e Museo d’arte
preistorica di Pinerolo, i quali si
sono serviti di alcune diapositive
raffiguranti i ben noti animali
della grotta francese di Lascaux
e di un filmato già presentato
alla mostra organizzata presso il
Museo della Montagna di Torino.
Di fronte alle meraviglie delle
pitture cavernicole, si presentano un po’ più modeste le incisioni rupestri delle nostre zone: sono tuttavia interessanti perché
esprimono la religiosità di questi
nostri antenati, quando essi percepiscono la terribile grandiosità
dell’universo e cercano di piegare a proprio vantaggio le forze
della natura con culti rituali e
sacrifici.
nostri, i ’’piloni” votivi dedicati
a santi o madonne nascondono le
pietre sacrificali e i fori a coppella destinati ai culti della fertilità
praticati dai primi pastori e agricoltori.
Dopo una pausa di alcuni anni
viene riproposta a Torre Pellice
la fiera di primavera; si tenta
così di rilanciare una tradizione
un tempo consolidata ma successivamente perdutasi al punto che
nell’ultima occasione si era registrata la partecipazione di tre
soli ambulanti. Recentemente sono stati assegnati i posti ai 14
ambulanti che hanno fatto richiesta per la fiera del 4 aprile, con
la speranza che questo sia solo
un primo passo.
Da notare che a Luserna S. Giovanni la fiera che si terrà per il
secondo anno in occasione della
festività del 1“ maggio, conta già
ora oltre 70 adesioni, secondo
una linea che ha visto alTultima
fiera di novembre, la presenza di
oltre 300'banchi di vendita.
Con queste arcaiche visioni si
è conclusa la prima serata dedicata alla preistoria valligiana:
nella prossima verranno presentati i ritrovamenti fatti in vai
Chisone, che aggiungono nuovi
elementi alla comprensione del
nostro passato più remoto.
L. V.
Circolo didattico
VILLAR PEROSA — Il Consi
glio di Circolo di 'V’illar Perosa,
rinnovato dopo le elezioni scolastiche, si è riunito il 18 marzo
per eleggere il presidente e la
giunta esecutiva.
I pochi tratti essenziali, che
sulle rocce delle nostre montagne
simboleggiano dischi solari, figure antropomorfe, animali ora
scomparsi, resistono ai millenni
e si fondono con il culto cristiano, che li assorbe non potendo
eliminarli. Così, ancora ai giorni
E’ stata eletta come presidente Daniela Libralon Pons, e come membri della giunta Eliana
Blanc Balmas e Elmo Bordiga,
per la componente genitori, e
Graziella Tron Lami, per la componente insegnanti.
Tutti gli eletti fanno parte della lista laica, che nelle elezioni ha
conquistato complessivamente
la maggioranza dei seggi.
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