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del 28 novembre 19
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LE DOMANDE
DI MARIA
«Dio mandò l’angelo Gabriele a Nazaret, un villaggio della Galilea. L’angelo andò da una fanciulla che era fidanzata con un certo Giuseppe, discendente del re Davide. La fanciulla si
chiamava Maria»
Luca 1, 26-27
Lf ANNUNCIO a Maria di Nazaret
viene dato da un messaggero di
Dio di nome Gabriele che in ebraico significa «Dio è un guerriero». Perché un
nome così bellicoso in una storia così
poetica? C’è un netto contrasto fra il
Dio guerriero e Maria, così giovane e
inerme. Il termine «fanciulla» o «vergine» indica l’età tipica dell’adolescenza,
piena di coraggio, ma anche di contraddizioni e insicurezze. L’angelo del
Dio guerriero sceglie proprio questa ragazzina ignara per iniziare con lei, per
tutti noi, il fatto centrale della salvezza
che libera l’umanità: «Ti saluto Maria!
Il Signore è con te. Egli ti ha colmato di
grazia» (v. 28). In altri termini: «Il Dio
guerriero, il vincitore della morte è con
te. Perciò tu, piccola goccia nel grande
mare della vicenda umana, sei stata
chiamata a un compito unico, non per
tuoi meriti o dignità particolari, ma
solo a motivo della grazia di Dio». Sì:
“Dio è con te" .significa: oggi il Signore
ti strappa fuori dal tuo anonimato.
Mia solita grigia esistenza che milioni
di ragazze come te hanno già vissuto
prima e vivranno dopo di te e ti affida
un compito eccezionale: tu. Maria,
unica fra tutte le donne, diventerai la
madre del Messia, il cui regno non
avrà mai fine (vv. 32-33).
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non capisce queste parole, le
fanno paura. Due volte si chiede nel
suo turbamento: «Ghe significato può
avere quel saluto?» (v. 29), e: «Gom’è
possibile questo, dal momento che
non conosco uomo?» (v. 34). Domande piene di dubbi e perplessità, ma
anche domande della fede. Maria infatti vuole capire il progetto in cui il
Signore intende coinvolgerla. Senza
queste domande la sua fede non può
crescere ma rischia di bloccarsi e inaridire. Anche oggi è fondamentale che
rivolgiamo onestamente a Dio le nostre domande. La nostra fede infatti,
cresce e si sviluppa solo quando poniamo con chiarezza davanti al Signore i nostri dubbi. Quando cioè abbiamo il coraggio di chiedere a Dio:
«Signore, che cosa significa quel che
oggi capita nella mia vita? Gome è
possibile che si realizzi davvero quel
che la tua Parola ci promette?».
AI dubbi di Maria, il messaggero di
Dio risponde con parole semplici
dal chiaro sapore simbolico. È come se
dicesse: «Tu, Maria, non temere perché, come nella prima creazione lo
Spirito di Dio si librava sul caos (Genesi 1,1-2), così anche oggi lo stesso Spirito di Dio inizia, con colui che riascerà
da te, la sua nuova creazione. È in lui
infatti che il Dio guerriero inizierà il
nuovo mondo in cui sconfiggerà il male e l’odio, la paura e il male, la malattia e la morte. Ecco perché Dio è un
guerriero». Maria per ora capisce solo
Un poco dell’essenziale, ma è come se
tispondesse a Dio, insieme con noi e
con i credenti di tutti i tempi, dicendo:
«La tua Parola, Signore, diventa ora il
vero centro della mia vita, la mia guida, la forza che mi sostiene e mi fa crescere nella fede, perché tu mi dai cota^io e speranza, dai significato alla
tnia esistenza. E, dato che agisci come
vn guerriero nella mia e nella nostra
vita, io e tutti noi ci dichiariamo vinti
dalla tua Parola». Perciò la risposta
della fede resta una sola: «Ecconji, sotto la serva del Signore. Dio faccia con
tue come tu hai detto» (v. 38).
Thomas Soggin
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTESTE, METODISTE, VALDESI
La crescita della protezione giuridica non impedisce l'aumento di abusi e crimini
I diritti e il rispetto delPinfanzia
La mercificazione sessuale del bambino non dipende tanto dalla carenza di informazione
e protezione fisica quanto da un generale decadimento delle «zone di rispetto» verso l'altro
MARCO BOUCHARD
IN questo secolo i trattati internazionali e le legislazioni interne
degli stati hanno esteso il riconoscimento dei diritti quale strumento di protezione dei soggetti più deboli e esposti a pericolo. In particolare l’ultimo scorcio di secolo potrebbe essere descritto come il periodo dei diritti deH’infanzia. Per
contro le notizie che ci provengono
da tutto il mondo sull’impiego
massiccio dei bambini nei conflitti
armati e sul diffuso fenomeno dell’abuso sessuale di cui sono vittime, soprattutto nella famiglia e
nella cerchia di parenti e conoscenti, dimostrano l’aspetto paradossale dello scudo giuridico che li
dovrebbe difendere.
Mentre il coinvolgimento dei
bambini negli orrori della guerra è
una realtà, per quanto inaccettabile e condannabile, che la ragione
umana riesce a far rientrare nel novero dei fatti possibili, l’uso del
bambino come oggetto di piacere
sessuale non può che essere negato
dalla nostra ragione. E qualunque
strumento destinato a combattere
quell’abuso può sembrarci inadeguato per stigmatizzare la violazione, al tempo stesso, del tabù e dell’essere umano più indifeso. È del
tutto comprensibile, pertanto, che
di fronte all’uccisione del bambino
violato vengano invocate pene severissime. Propongo due annotazioni per la riflessione.
La prima. In questo secolo c’è
stata una precisa evoluzione nella
lotta contro l’abuso sessuale, visibile soprattutto nella storia giuridica americana. Fin dagli Anni 30 si
era ritenuto utile combattere il sex
offender su un piano quasi esclusivamente trattamentale, nella speranza scientifica che le cure mediche e psichiatriche potessero suscitare un riadattamento della personalità. Purtroppo le ricerche sull’efficacia di quelle terapie hanno offerto dei risultati sconfortanti e il
fenomeno dell’abuso e della violenza sessuale ha subito, tra gli Anni 60 e gli Anni 80, un notevole au
mento almeno sotto l’aspetto delle
denunce.
Ci si è così orientati a privilegiare
la pena detentiva, anche per una
esigenza di garanzia verso il condannato. Mentre infatti la cura è
per sua natura indeterminata, la
privazione della libertà deve avere
una durata precisa. In altri termini
quella nuova soluzione poteva soddisfare sia gli interessi della comunità (che, sia pure per un periodo
limitato di tempo, si toglieva dai
piedi un soggetto indesiderato) sia
quelli dell’autore del reato. Negli
anni più recenti si sono tuttavia verificati alcuni episodi sconvolgenti (paragonabili per gravità allo
scempio che è stato fatto di Silvestro Delle Cave), caratterizzati dal
fatto che gli autori dei delitti sessuali avevano appena finito di
scontare una pena per delitti della
stessa natura. Sull’onda dell’emozione molti stati americani hanno
modificato la loro normativa ispi
randola al principio della tutela
della vittima e, più in generale, della comunità. Anche in Canada e in
Australia si è cercato di disciplinare
la risposta al delitto sessuale in modo da garantire un controllo serio
della condotta del condannato anche dopo l’esecuzione delia pena.
Per semplificare, si sono cumulati i
due sistemi della retribuzione (prima) e della cura (dopo). Si è rispolverata la vecchia tecnica della cosiddetta registration, una sorta di
schedatura di tutti i movimenti territoriali e residenziali del pregiudicato e, soprattutto, è stato messo a
punto il meccanismo della cosiddetta notification, una informazione-denuncia porta a porta nel
quartiere o nella zona di dimora di
un condannato per reati a sfondo
sessuale, per segnalarne la presenza. Lo stesso presidente Clinton fin
dal 1994 ha raccomandato la diffusione in tutti gli stati di questo doppio controllo.Non so se queste tec
niche verranno, presto, tardi o mai,
assimilate nel sistema italiano. Appare comunque evidente anche in
Italia un’inversione di tendenza: il
nostro governo si è immediatamente preoccupato più della protezione delle vittime potenziali e della prevenzione delle occasioni di
concreto pericolo piuttosto che alimentare una richiesta di maggiore
severità penale.
Di qui la seconda annotazione.
Probabilmente né l’introduzione
dell’educazione sessuale come materia di insegnamento né la sorveglianza da parte di obiettori e volontari nelle vicinanze degli istituti
scolastici rappresentano un serio
antidoto alla pedofilia. Ma l’unica
strategia ragionevole è quella che
si dirige realisticamente verso una
riduzione dei rischi e delle occasioni di perpetrazione del crimine,
rafforzando la rete di difesa dei deboli piuttosto che perseguire l’ingannevole percorso della sanzione
esemplare o delle improbabili speranze di redenzione del perverso.
Quelle proposte, però, suscitano
qualche perplessità perché l’abuso
sessuale non ha tanto a che fare
con un difetto di informazione o
con una mancanza di protezione
fisica dei luoghi frequentati dal
bambini. Non è una questione di
«valori» né una questione di pubblica sicurezza. La mercificazione
sessuale del bambino discende direttamente da una incapacità crescente di incanalare la nostra emotività, un’incapacità che non tollera più le zone di rispetto verso l’altro e che trasforma il bambino come un qualsiasi altro essere umano
in un oggetto di consumo. Per questo ritengo che, al di là dei casi singoli, la pedofilia rappresenti un
sintomo crescente di una perdita,
più che dei valori sociali, del senso
della distanza e della vicinanza tra
relazioni umane. E, per la stessa
ragione, ritengo che, più della
scuola, i raggruppamenti umani,
come le comunità dei credenti, abbiano, più di un tempo, un compito essenziale nella costruzione
deH'identità della persona.
Dopo l'approvazione alla Camera, il testo passa ora al Senato
Luci e ombre nella nuova legge suirimmigrazione
ANNA MAFFEI
PUR nel difficile contesto dei quotidiani
isterici allarmismi che
gran parte della stampa
nostrana ci comunica
per l’arrivo di qualche
centinaia di profughi
sulle nostre coste, è stato
approvato dalla Camera
dei deputati lo scorso 19
novembre il nuovo testo
della legge sull’immigrazione. Le modifiche apportate al testo base presentato dal governo sono in gran parte migliorative, anche se permangono forti ombre su alcuni punti importanti.
«Molto positiva è l’affermazione di principio
contenuta nel primo articolo nel quale si affer
ma la volontà di salvaguardare i diritti dei cittadini stranieri non solo
sul territorio italiano, ma
anche alle frontiere», ha
sostenuto Anne Marie
Dupré, che coordina per
la Federazione delle
chiese evangeliche il lavoro di pressione politica delle associazioni sulle istituzioni parlamentari per quanto riguarda
la legge in esame. «Anche se - ha aggiunto - alcune norme successive
ne contraddicono il senso fondamentale».
Migliorata, anche grazie al lavoro assiduo dei
deputati evangelici, particolarmente Domenico
Maselli e Giorgio Gardiol, tutta la parte relativa all’integrazione. Sal
vaguardata l’assistenza
sanitaria e sociale estesa
a tutti gli stranieri, l’istruzione obbligatoria
per tutti i minori, le più
ampie possibilità di ingresso per i ricongiungimenti familiari, l’accesso a borse di studio della
cooperazione internazionale per gli studenti
universitari anche se in
disaccordo con i propri
paesi di provenienza e la
possibile iscrizione agli
albi professionali di laureati stranieri in Italia
pur entro limiti numerici prefissati. «Un’interessante novità - ha sottolineato la Dupré - è la
possibilità, nell’ambito
di quote stabilite ogni
anno, di ottenere un
permesso di soggiorno
per ricerca di lavoro. Rispetto alla parte critica,
ci sono due diritti umani
fondamentali a rischio,
il diritto a chiedere asilo
e il diritto a ricorrere
contro un atto di espulsione e di avere la tutela
giudiziaria. È previsto
inoltre che in qualsiasi
momento il migrante in
regola si trovi in difficoltà economiche il suo
permesso possa essere
immediatamente revocato. Il che renderebbe i
suoi diritti legali in Italia
perennemente precari».
Ci auguriamo che il Senato rielabori quelle
parti problematiche della legge nel senso del
pieno rispetto dei diritti
umani di tutti, anche dei
cittadini stranieri.
STESSO TRATTAMENTO DELLE RELIGIONI IN MATERIA PENALE. La Corte
costituzionale, con una sentenza del
14 novembre, ha abolito l'aggravante
per il reato di «vilipendio della Chiesa
cattolica», ritenendo «anacronistico» i1
trattamento differenziato delle fedi
religiose previsto dal codice penale.
Sono dunque anticostituzionali gli articoli del 1930 secondo i quali chi commette reato di «vilipendio» contro la
religione cattolica subisce una pena superiore a chi commette lo stesso reato
contro qualsiasi altro credo religioso.
Commenteremo questa sentenza in
uno dei prossimi numeri.
RICORSO CONTRO IL FINANZIAMENTO
DELLE SCUOLE MATERNE PRIVATE.
Un ricorso contro il finanziamento di
17 miliardi nel triennio 1997-2000 alle
scuole materne private da parte del
Comune di Roma è stato presentato il
14 novembre al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio da diversi
organismi fra cui la Chiesa valdese di
piazza Cavour a Roma. Il ricorso ricalca
uno analogo inoltrato nei confronti
del Comune di Bologna al Tar dell'Emilia Romagna da diverse associazioni fra
cui la locale Chiesa metodista.
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ai
Della Parola
VENERDÌ 28 NOVEMBRf
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«Siate dunque
pazienti, fratelli,
fino alla venuta del
Signore. Osservate
come l’agricoltore
aspetta il frutto
prezioso della terra
pazientando,
finché esso abbia
ricevuto la pioggia
della prima
e dell’ultima
stagione. Siate
pazienti anche voi;
fortificate i vostri
cuori, perché la
venuta del Signore
è vicina.
Fratelli, non
lamentatevi gli uni
degli altri, affinché
non siate giudicati;
ecco, il giudice
è alla porta.
Prendete, fratelli,
come modello di
sopportazione e di
pazienza i profeti
che hanno parlato
nel nome del
Signore. Ecco, noi
definiamo felici
quelli che hanno
sofferto
pazientemente.
Avete udito parlare
della costanza di
Giobbe, e conoscete
la sorte finale che
gli riserbò il
Signore, perché il
Signore è pieno
di compassione
e misericordioso»
(Giacomo 5, 7-11)
«Allora Giobbe
rispose al Signore e
disse: “Io riconosco
che tu puoi tutto
e che nulla può
impedirti di
eseguire un tuo
disegno. Chi è colui
che senza
intelligenza ojfusca
il tuo disegno? Sì,
ne ho parlato; ma
non lo capivo; sono
cose per me troppo
meravigliose e io
non le conosco.
Ti prego, ascoltami,
e io parlerò; ti farò
delle domande e tu
insegnami! Il mio
orecchio aveva
sentito parlare di
te ma ora l’occhio
mio ti ha vistò.
Perciò mi ravvedo,
mi pento sulla
polvere e sulla
cenere”»
(Giobbe 42, 1-6)
PERSEVERARE NELLA FEDE
Il credente non è invitato a un atteggiamento passivo ma a vivere come una
persona che crede nel cambiamento, che non si scoraggia, che non si rassegna
VITO GARDIOL
PAZIENZA è la parola chiave del testo di Giacomo. Pazienza non è una parola che va
di moda, oggi. In un mondo dove lo stress è la condizione che
più di ogni altra influisce sulla
nostra vita di ogni giorno, nessuno ha pazienza, tutti vogliono
bruciare le tappe, tutti vogliono
avere tutto e subito, come d’altronde la filosofia del nostro
tempo, caratterizzata dal consumismo, suggerisce.
La nostra pazienza, sovente,
non è che un mascherare la nostra impazienza, la nostra inquietudine, i nostri dubbi; non di
rado accade che ci si esprima dicendo: «Ho atteso senza che nulla sia successo, perciò a che serve avere pazienza? perché aspettare?». Una domanda tanto più
presente nei giovani, educati da
genitori pronti a soddisfare ogni
desiderio, ogni capriccio dei propri figli, a qualsiasi costo, premurosi nell’acquistare l’ultima
novità pubblicizzata perché i
propri figli possano esibirsi in
prima fila. Ma la domanda si pone anche come credenti. Non sono poche le persone che si domandano a che cosa serve aspettare qualcosa o qualcuno, o porsi
nell’attesa di qualcuno che è già
venuto, ha già parlato, agito, salvato. Di fronte al bambino, al catecumeno o all’adulto che si
pongono l’interrogativo non è facile spiegare che la nostra fede
vive tra il già e il non ancora, fra
l’evento deU’incarnazione di Dio
in Gesù uomo e il ritorno del Cristo risorto e del Regno di Dio. Le
parole dell’apostolo Giacomo, in
questo testo poco noto, ci indicano almeno tre piste di riflessione a questo proposito.
«Siate pazienti»
Preghiamo
Resto con te, Signore, con tutte le mie forze. Non ti
voglio abbandonare. Resisto alla tensione che intercorre fra te e me, fino alla fine, finché ti vedrò.
Signore, aspetto finché giunga il momento. Non mi
propongo di cambiare la gente. Non è mio compito migliorare il mondo. La mia meta non è diventare un santo. Aspetto, finché giunge il tuo tempo.
Sopporto, Signore, quello che mi fai portare. Non mi
sottraggo, non commisero me stesso. Porterò sino
alla fine, finché mi solleverai dal carico.
Signore, rimetto a te ogni ansia per me stesso. I miei
problemi.
Rinuncio alle domande: perché dovrei sciogliere tutti i quesiti?
Accetto, immotivati, irrisolti, tutti i misteri.
Accetto, inspiegate, le contraddizioni.
Riverso su di te ogni mia preoccupazione: prowederai tu sino alla fine. Allora mi ridarai la vita chiara
e compiuta, e scoprirò di aver portato una grande
benedizione.
(tratto da J. Zink, Come pregare,
Claudiana, 1970, p. 207)
INNANZITUTTO occorre vedere l’uso che Giacomo fa del
verbo pazientare. «Siate pazienti» è la traduzione che abbiamo
nella Tilc come nella Riveduta.
Una traduzione che non si adatta molto bene all’intenzione che
anima Giacomo, quando scrive
queste parole; lo deduciamo dal
contesto in cui le parole del nostro testo si situano: poco prima
abbiamo un brano che parla
della lotta che i credenti devono
fare contro le seduzioni delle
ricchezze, delle potenze terrestri
e il brano che segue non fa altro
che rafforzare tale discorso.
Il termine pazienza va dunque
tradotto con perseveranza, per
evitare che sentendo la parola
pazienza si pensi che qui si tratta di frenare l’impazienza di coloro che non accettano il disordine attuale e contestano lo stile
di vita della società, come anche
l’apatia, l’indifferenza in cui la
chiesa vive. Qui non si invita il
credente a un atteggiamento
passivo, di sopportazione, ma a
vivere come una persona che
crede ancora nel cambiamento,
che non si scoraggia, che non si
rassegna ma persegue con tenacia e coraggio l’obiettivo cbe si è
posto. L’avversario della fede,
per Giacomo, non è l’impazienza, ma lo scoraggiamento, la
rassegnazione. Sappiamo tutti
molto bene che sovente ci si lascia impadronite dalla delusione e dall’amarezza perché le cose non vanno così come dovrebbero; e sappiamo altrettanto bene come sovente questo stato di
insoddisfazione si trasformi in
rimprovero verso coloro che disattendono i loro impegni e le
loro responsabilità: con dolore
vediamo, talvolta, come questa
situazione porti taluni a rincbiudersi in se stessi e altri addirittura a cercare altrove soddisfazione alla loro sete di religiosità.
Reagire così, significa dimenticare che la chiesa non è un supermercato dove ognuno si ser
ve, ma un campo da coltivare
insieme, uno spazio aperto da
una Parola che è al di sopra di
ognuno e di ogni cosa. Lo sguardo del credente verso il futuro,
dove il futuro coincide con la
venuta del Signore e la pienezza
del suo Regno, non suona e non
deve suonare in alcun modo come un invito alla demotivazione
di qualsiasi lotta o all’attesa passiva, ma deve al contrario rinforzare i buoni propositi di coloro
che non accettano il mondo così
com’è ma si adoperano perché
cambi. A illustrare questo pensiero vi sono gli esempi che lo
stesso Giacomo offre, indicando
nei profeti e in Giobbe dei modelli di perseveranza da seguire.
Come ricorderete, i profeti e
Giobbe sono tutt’altro che esempi di persone rassegnate,
docili, calme; il loro atteggiamento combattivo illustra molto
bene la perseveranza alla quale
Giacomo invita i destinatari della sua lettera, un invito che rimbalza fino a noi, oggi.
«Abitare» il tempo
Questo atteggiamento, che
ha come fondamento la
perseveranza, ci porta ad avere
un rapporto diverso con il tempo; come dicevamo all’inizio,
noi siamo, come tutti i nostri
contemporanei, quotidianamente in lite con il tempo; siamo, direi, paragonabili a persone in fuga che si lamentano continuamente del tempo che fogge. La perseveranza riconosce la
consistenza del tempo, ma anche e soprattutto la sua forza
portante, la sua incidenza. Il
credente cioè può imparare, attraverso la perseveranza, a comprendere le diverse stagioni della vita e amarle; può imparare
ad «abitare» il tempo, senza subirlo e senza volerlo dominare.
E questo perché, al di là dell’alternativa di «dominare o subire», la perseveranza è quell’atteggiamento che di fronte al
tempo ti permette di usarlo in
funzione degli obiettivi cbe ti
poni; e l’obiettivo ultimo, per la
fede cristiana, è dato dalla promessa del ritorno di Cristo.
Questo avvenimento dà al credente il giusto orientamento al
suo tempo, stabilisce la via
principale nella quale scorre la
sua esistenza terrena, lo incita a
perseguire gli obiettivi cbe anticipano il ritorno di Cristo e che
ne costituiscono così i primi
frutti. Luogo principale in cui
ciò deve accadere è certamente
la comunità dei credenti. La comunità cristiana dovrebbe essere in primo luogo una comunità
che attende rincontro finale
con il suo Signore, scommettendo tutto su di esso. Un po’ come
il contadino che vive nell’attesa
che il campo seminato produca
il suo frutto ed ha puntato tutto
su di esso; il suo futuro dipende
dal raccolto che potrà mietere
ma di cui non sa con certezza
l’esito. Ciò nonostante egli non
infierisce sul tempo ma permette, con serena fiducia, che il
tempo faccia la sua opera fino al
momento stabilito.
Nel tempo dell’avvento, impariamo a vivere l’attesa dell’evento della nascita del Cristo, non
relegandoci ciascuno nel proprio angolo, ma favorendo l’incontro con il nostro prossimo e
vivendo insieme la chance di
scoprire già nello sguardo dell’altro, fratello o sorella, la sollecitudine di colui che viene.
«Tener duro»
Lf ULTIMA indicazione riguarI da il collegamento tra sofferenza e pazienza. Qui il termine
pazienza potrebbe essere tradotto con l’espressione «tener duro». Tener duro non nel senso di
diventare indifferenti ad ogni cosa, ma nella speranza e nella certezza che il tempo ci porta verso
il raccolto e che la fine del tempo
sarà segnata non da un destino
indefinito, oscuro, ma dall’incontro con il Cristo vivente.
Avere perseveranza, tener duro, significa non permettere alla
sofferenza dell’oggi di compromettere la promessa del domani;
significa non lasciarsi abbattere
dalle difficoltà del presente togliendo ogni chance all’awenire;
significa affrontare i rovesci della
vita lasciando a Dio il ruolo di
giudice, nella certezza che il tempo è il nostro alleato perché Dio
ha fatto del tempo il suo alleato.
L’invito che ci viene fatto è di utilizzare questo tempo, non per fare della critica distruttiva o per
giudicarci gli uni gli altri e creare
ulteriori divisioni, ma per avvicinarci gli uni gli altri, per condividere ciò che abbiamo con chi
non ha, per portare la gioia di chi
crede in Cristo a chi vive ancora
nella paura e nell’ansia perché
crede solo in se stesso.
Note
omiletiche
Giacomo 5, 7-11
nella parte conclusiva^ l'epistola, consacrata! ’
lotta che I credenti deij
rrt 1.^
no condurre contro la¡
duzione delle potentj^rm,
restri, vale a dire lej 0^'*
chezze (Giac.5, 1-6)
triplice appello
telli» (vv. 7, 9, 10) in] i--
che l'autore si indirj
qui in particolare ai m, A belli
bri delle comunità de (ari Bt
natarie del suo scritto l'anno
tratta di gente umile, amorte
contadini o di cotmnii iella n(
danti e artigiani di coi^^
zioni modeste. Essi vh,^
senza grandi risorse ‘
margini della vita «
ca, sovente per nulla»
tetti dalla legge che dii
de soprattutto i bergli ù ^
le famiglie di rango eli a Bibbi,
to» (Vouga, p. 26). lira eelaspi
li fanno dunque dag ¿'gratit
trasto ai ricchi conti ¡apre la
quali l'autore si espri flcomi
nei versetti precedent
nostro passo sviluppi
tesi avanzata all'inizioi
l'onictnla rr;iarr,m.,l ®mauit
loscenl
'epistola (Giacomoi,
12): è nella resistenza
fronte alle prove, geni ipo> nn.
ta dalla loro perseverar
che i credenti giocano oinqu.
loro salvezza. Bibbia
L'insieme si compom ghi pan
tre sezioni ben distid Spagna
vv. 7-8, 9, 10-11. Ogni no) ma
di queste sezioni ini; ¡cappa:
con un imperativo: vi jtudinf
9, 10. Tutte e tre termi
no con delle illustrazii
introdotte dal verbo: il
mbre ]
a
to bene
della
laBib
1, mani!
[siede
dete»! Il V. 9 spezzala ,.
nearità del ragionamei ’ n
sulla persevera, svilupp F °’
do l'esortazione deli perche
sul fortificare i cuori, tìo di g
motivazione della proi odo si
mità del giudizio si col i,llniod
ga con l'annuncio dtlli|iamo
prossimità della parusia.j|sta è, a
L'espressione inizi
del V. 7 va tradotta»
«siate dunque perseià
ti!». In effetti «i moi|
espressi nei vv. 10-1U
me anche gli altri ! _
utilizzati nei vv. 7-8, di
strano che non si trattaL _
avere un atteggiameri Snello f
passivo» (Vouga, p.13: ine (il sii
L'autore vuole sottolifit ìnsiede;
re che Dio regna sul tei iti, imn
po e al credente è chiei iato e, |
soltanto di mantenere laogni
fiducia nel suo Signore, tra i
La perseveranza deit fdónna,
denti deve dunque trad iigggg
si nel consolidamento d „if; ,
le loro scelte di vita (v. ’ ,
l'invito è perciò a costrur ° F'
la propria esistenza so
base di questa fiducia. ‘7olta, r
V. 9 abbiamo un esemi ivolta e
dei frutti dell'impazieo ) al con
L'impazienza paralizzi Ite volte
tempo, ci induce a sci permez
tuirci a Dio, diventandf le ungi
nostra volta giudici. La| pi ¡jj q
zienza, invece, guardi lanostr
tempo senza forzarlo ¡¡[’gppi
permette di consegui », jugg]
di guardare al frati jjg j>„
senza la tentazione di 9
dicarlo. Nel v. 10 si sotti
nea la pazienza dei pr®
istiultin
ti che è consistita nel Ppt i
cordare, in particolari ' Scnve\
re d'Israele, che gli uoii 'autore
non sono padroni i 6iinaj
tempo. Al V. 11 la persi i,ogni 1
ranza si trasforma in SI hesens
portazione; esempio I ipern]
eccellenza, a questo P su,
posito, non poteva essi oletter;
altri che Giobbe, un ud |g[
che lotta contro una si
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non capisce il senso itn, „
rifiuta di giustificare-tri J. ts ;
po facilmente. Sulla s®i , ’ ° ^
finale (v. 11) qualcun® ‘Odate
ha visto non solo la d® )■ Ma
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Dio in Gesù Cristo.
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Cattoliche, Brescia, H J
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Genève, 1984; .y,
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ì 28 NOVEMBRE 1997
-—^-------Fede e Sìpiritualità
«Un giorno, una parola» per una lettura quotidiana della Scrittura
Gratitudine e speranza
J^Oratitudine verso Dio che ha parlato, e ci ha parlato, e verso chi ha scritto e
si} ^smesso la Bibbia, speranza che essa diventi anche per noi parola viva di Dio
PAG. 3 RIFORMA
-lusivai
aerata^
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1-6).
sello PAOLO RICCA
10) int
''Sdirli- ....
re ai ni, ¿bellissima pagina di
nità dei [ari Barth (di cui cade
scritto,, ¿’anno il 30° anniversario
celile, afflort®’ avvenuta a Basi.‘fenili jella notte tra il 9 e il 10
'' mbre 1967) che pubbli'''"1 imo a fianco, esprime
to bene i due sentimenti e
'n r'’ imenti interiori che mechedf possono predi
I bo [ci a una lettura proficua
ngoeii a Bibbia: sono la gratitu6). ifra ee la speranza,
le dati ,agratitudine, anzitutto.
' conti àpre la Bibbia, da solo o
sspri liicompagno o la compa:cedenti ¡della sua vita, con un
io 0 una figlia, un padre o
¡'madre, un amico o un
¡oscente, oppure in un
ncio dei
paruìiij
e inizii
dottai»
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altri .
7-8, ili
smoi,
re^gem PP°’ comunità domeséverar ® chiesa durante il culg locano ,o in qualsiasi altro luogo
Bibbia non è vincolata a
ompone ghi particolari, vuole ac1 distili ìpagnarci dovunque an1- Ogni ao) manifesta, con quel
oni ini; to apparentemente ovvio,
tivo: vv, itudine. Chi invece non
e termi ¡¡a Bibbia pur possedena, manifesta ingratitudine:
siede un tesoro e non
lizza, pensa forse di cons,,ll pio, m realta lo perde,
le delv perché aprire la Bibbia è
i cuori, tìo di gratitudine? Perché
;lla pro! pdo si ha in mano un liio si coll ,11 modo migliore per dire
diamo contenti di averlo
Ita è, appunto, la gratitu: riconoscenza per un
gradito), è leggerlo,
aprirlo.
Jtitudine, dunque, ma
Uhi? Verso Dio, anzitutEhèiompendo un silenzio
si ti-atta®co, profondo e cupo coigiamed 9ueUo precedente la creala, p.li ine (il silenzio di spazi imsottoline osi e deserti e di tempi inla suite iti, immobili e vuoti) ha
= è chiei lato e, parlando, ha dato
ritenere a a ogni cosa e a ogni creaiignore. queste, all’uomo e
za deic ai quali ha anche
tue tra parola, la loro e la
^fta (v ci fosse dialogo
a costry umani ma an
5, Etra gli umani e Dio. Dio, a
fiducia, iTOlta, non ha parlato solo
n esemi svolta all’inizio e poi mai
npazien Ul contrario: ha parlato
aralizzi Ite volte e in molte maniere a SOI 3er mezzo di profeti, apoenpndi le un gran nuvolo di testidici. Lai ni in ogni epoca, anche
guardi la nostra, che per qualcuorzarij è l’epoca del «silenzio di
]^rta^te ’’ potrebbe anche
one di! ™ l’epoca della «sordità
3 si sotti 'uomo». Dio infatti «in
^gl pfo isti ultimi giorni ha parlato
ita nel per mezzo del Figlio»:
ticolare iscriveva 2.000 anni or sogli uoit l'autore della Lettera agli
droni I ai ma potrebbe scrivere,
la perse 1, ogni lettore della Bibbia,
ria in s' he senso Dio «ha parlato a
erupioi »per mezzo di Gesù? Nel
jesto ? lo, anzitutto, che Gesù è
eva es »letteralmente il portavo;u"na1 felPadre: «Le cose che dita di I ^ come il Padre
jns’oei 'aderte a me» (Giovanni
jcare-tri E ancora: «Le parole
Sulla sd 'la, o Padre, mi hai date,
jaicun» lodate a loro» (Giovanni
o la ber 8), Mg djq parlato per
5U Giod tzo di Gesù soprattutto
alveare senso che Gesù non è solo
:o. loia (di Dio) fatta voce ma
loia «fatta carne» (Giovan» 14). Gesù non è soltanto,
J'ri piovanni Battista, «la
)nCll" ^ di uno che grida nel deto» (Matteo 3, 3), Parola
La Parola gridata; Ge
Le Parola incarnata, cioè
t i^ioa vita, in un
en. 1 j JHio umano. Gesù ha parsue sono «parole di
m59: (Giovanni 6, 68).
ffrt# hi . quando ha taciuto,
rnt 111''*' ® altro modo, parlava,
I sa pronunciare parole e
frasi. Durante la
ad esempio, è rimagliasi sempre in silenzio.
mentre gli avversari lo incalzavano con mille domande;
ma i suoi silenzi parlano più e
meglio di tanti discorsi. La
sua vita, la sua morte, la sua
risurrezione sono parole non
dette ma scritte, non con inchiostro ma con lo Spirito,
non sulla carta ma sulla carne
viva di una persona e di una
vicenda umana; parole che
non sono semplici suoni ma
pezzi di una storia unica, incomparabile, di amore. Aprire la Bibbia significa, per così
dire, alzare il sipario su questa storia. E la gratitudine che
il gesto di aprire la Bibbia manifesta è anzitutto rivolta a
colui che ha voluto non solo
dire la sua Parola ma quasi
scolpirla nel profondo cioè,
attraverso la storia di Gesù,
nel cuore della nostra storia.
Ma, se è vero che ogni volta
che apriamo la Bibbia è come
se dicessimo «grazie», è anche
vero che questo «grazie» non è
rivolto a Dio soltanto, senza il
quale la Bibbia non ci sarebbe.
È anche rivolto a coloro che
materialmente l’hanno scritta
negli originali che oggi sono
perduti, a coloro che l’hanno
trascritta fedelmente in irinumerevoli manoscritti fino all’invenzione della stampa, a coloro
che l’hanno tradotta nelle nostre lingue rendendola accessibile a gente di ogni razza, popolo e cultura, a coloro che si sono
battuti su tanti fronti affinché la
Bibbia diventasse il libro (se
possibile) di tutti e di ciascuno,
e non restasse il privilegio del
clero e dei teologi. Avendo una
Bibbia in mano e potendo aprirla, siamo effettivamente «afferrati nel movimento della gratitudine», come dice Baith, che
riguarda, oltre a Dio, un gran
numero di persone per lo più
sconosciute che, avendo ricevuto la perla preziosa, non l’hanno trattenuta per sé ma l’hanno
trasmessa alle generazioni future affinché, anche grazie alla loro testimonianza, fosse possibile la nostra fede o la nostra ricerca di fede.
Ma c’è un secondo «movimento» nel quale siamo colti
ogni volta che apriamo la Bibbia; il movimento della speranza. Quale speranza? Non è
difficile intuirlo. È la speranza
che la Scrittura diventi (o ridiventi) Parola, che la Lettera
diventi (o ridiventi) Spirito,
che il passato diventi (o ridiventi) presente, che il «Dio
disse» diventi (o ridiventi)
«Dio dice». La Bibbia, prima
di essere Scrittura, era Parola
oppure Storia; storia d’Israele,
di Gesù, degli apostoli e dei
primi cristiani. Prima di essere scritta, la Bibbia è stata detta, raccontata. Anche i vari
brani dei Vangeli circolavano
in forma orale, prima di essere messi per iscritto. Le lettere
di Paolo e di altri apostoli, pur
essendo già all’origine scrittura, sul piano dei contenuti sono un’altra forma di predicazione apostolica.
La speranza, dunque, è che
la Bibbia diventi Parola, cioè
discorso vivo di un Dio vivo,
promessa e appello personali,
luogo d’incontro con l’Altro
che non è più il profeta Isaia o
l’apostolo Paolo, ma è il Tu
divino che ci cerca e noi cerchiamo (ma anche cerchiamo
di eludere), che ci aspetta e
noi aspettiamo (ma forse non
lo aspettiamo più o non lo
aspettiamo ancora), che ci
parla e al quale parliamo (oppure no, non gli parliamo, op
Lettera di Bonhoeffer dal carcere
Una gioia a Natale
«Poter scambiare con voi anche quest’anno le Losungen
[cioè il lezionario Un giorno, una parola ndr] è stata per me
una delle gioie maggiori di Natale. Ci avevo già pensato, a
volte, e lo avevo sperato, ma non l’avevo più considerato
possibile. Ora invece questo libro, che proprio nei mesi
passati è stato così importante per me, ci accompagnerà
anche per il prossimo anno, e quando al mattino lo leggeremo, penseremo in special modo gli uni agli altri. Grazie,
grazie ancora!...». Così scriveva Dietrich Bonhoeffer dal carcere ai suoi familiari, la vigilia di Natale del 1943. Possa èssere vero, anche per noi, che Un giorno, una parola ci accompagni per il 1998 e che, leggendolo, pensiamo gli uni
agli altri, uniti e affratellati dalla stessa, divina Parola.
pure gli parliamo senza ascoltarlo, o lo ascoltiamo senza
rispondere). La speranza, in
altri termini, è che ciò che la
Bibbia dice diventi, per chi
legge, «evangelo», cioè letteralmente buona notizia, messaggio benefico, verità luminosa che rende felici. L’evangelo, buona notizia di Dio,
parola di grazia e libertà, è
davvero, per chi lo riceve, la
più grande benedizione possibile, come scrive Calvino
nella sua Lettera a tutti coloro
che amano Gesù Cristo del
1535: «Senza l’evangelo siamo tutti inutili e vani, senza
l’evangelo non siamo cristiani, senza l’evangelo ogni ricchezza è povertà, ogni saggezza è follia davanti a Dio, ogni
forza è debolezza) ogni giustizia umana è condannata da
Dio. Ma conoscendo l’evangelo siamo fatti figli di Dio,
fratelli di Gesù Cristo, concittadini dei santi, cittadini del
regno dei cieli, eredi di Dio
con Gesù Cristo, mediante il
quale i poveri sono fatti ricchi, i deboli potenti, i pazzi
savi, i peccatori giustificati, gli
afflitti consolati, i dubbiosi sicuri, i servi liberi. L’evangelo è
parola di vita e verità».
Ma una volta che questo è
accaduto (che la Scrittura è
diventata Parola, e la Parola è
diventata evangelo, cioè buona notizia, perché notizia di
un Dio che ama e libera) occorre ancora che questa buona notizia sia «scritta sulla tavola del tuo cuore» (Proverbi
3, 3; Geremia 31, 33) e non
più soltanto sulle pagine della
Bibbia. È questa, in fin dei
conti, la speranza messa in
movimento ogni volta che
apriamo la Bibbia: che il messaggio di quelle pagine si trascriva, quasi senza che ce ne
accorgiamo, per quella che
Galvino chiamava «l’operazione segreta dello Spirito»,
nei nostri cuori.
(dall’introduzione a Ungiamo,
una parola, edizione 1998)
Una pagina di Karl Barth
Una testimonianza
che mette in gioco tutti noi
«Quando parliamo della
ispirazione della Bibbia, o
quando dichiariamo che la
Bibbia è parola di Dio, dobbiamo pensare a una doppia
realtà. Si tratta in primo luogo del testo della testimonianza biblica, 0 meglio di
una singola parte di questo
testo che, in un tempo e in
una situazione particolare, si
impone all’attenzione di un
gruppo 0 di un individuo
particolare. Diventa vero ora
nel tempo ciò che è vero
neU’eternità, cioè che la Bibbia è parola di Dio: questo significa, concretamente, che
Dio dice ora ciò che questo
testo dice.
L’opera di Dio accade attraverso questo testo. Il miracolo di Dio si compie ora a
partire da questo testo fatto
dì parole umane. Nella sua
piena umanità, con tutta la
fallibilità che le è propria,
questo testo è oggetto di quest'opera e di questo miracolo.
Per una decisione di Dio questo testo viene ora utilizzato
da Dio e posto al suo servizio.
E nel mistero di Dio accade
che questo testo riceva qui e
ora questa destinazione. È
però appunto a questo testo
in quanto tale, così com’è,
che si riferisce tutto ciò che
abbiamo appena detto. Esso
come tale vuol parlare e testimoniare, essere letto e udito;
in esso e per suo mezzo la parola di Dio ci è rivolta, non
accanto o dietro o in qualche
spazio al di là del testo, che
dovremmo occupare o ci dovremmo creare. Se Dio parla
all’uomo, utilizza proprio il
linguaggio di questa concreta
parola umana...
In secondo luogo, ecco l’àltra considerazione che andava fatta, di fronte a un testo
concreto siamo noi stessi in
gioco, in modo altrettanto
concreto. Si tratta infatti della
presenza o delle presenze
della parola di Dio nel nostro
proprio tempo: una presenza
sulla quale Dio solo decide,
che noi non possiamo né provocare né prevedere, ma che
decide del nostro passato e
del nostro futuro qualificando il nostro ricordo come
gratitudine e la nostra attesa
come speranza. Davanti al testo biblico non siamo affatto
obbligati a convincerci con
qualche artifizio psicologico
che la parola di Dio è presente, Siamo invece afferrati, come in una tenaglia, nel doppio movimento della gratitudine e della speranza, al quale certo non dovremmo volerci sottrarre. Prigionieri della gratitudine e della speranza dobbiamo osare guardare
in faccia l’umanità dei testi
biblici..., il che significa lasciare che il testo ci parli così
com’è, nella sua articolazione
interna e secondo il tenore
delle singole parole tenendo
conto del contesto, e che ci
dica tutto quello che ha da
dire, consentendo così ai
profeti e agli apostoli di ripetere a noi, qui ed ora, ciò che
hanno detto allora alla loro
generazione. È questo infatti
che accadrà quando udremo
nelle loro parole umane la
parola di Dio, che non possiamo forzarlo a pronunciare.
La porta dei testi biblici si
può aprire solo dall’interno.
Ma non è la stessa cosa perseverare nell’attesa davanti a
questa porta, o passare oltre
alla ricerca di altre porte.
Non è la stessa cosa bussare
insistentemente a questa
porta spinti dal desiderio di
entrare, o restarsene pigramente seduti sulla soglia.
L’esistenza del testo biblico
ci chiama a questa fedeltà nel
tenerci vicini al testo, perseverare e bussare alla sua porta. La sua concreta configurazione ci chiama a uno sforzo
altrettanto concreto di ascolto e comprensione. Tutto il
discorso può essere riassunto
in una frase: la fede nell’ispirazione della Bibbia sta o cade a seconda che la vita della
chiesa e dei suoi membri sia
o non sia una vita realmente
plasmata dall’esegesi, cioè
dalla lettura e dall’ascolto
della Bibbia»
(Karl Barth, Dogmatica
ecclesiastica 1/2, 592 s.)
L'edizione italiana delle «Losungen» per il 1998
Letture bibliche per ogni giorno dell'anno
Un giorno, una parola è
l’edizione italiana di un lezionario chiamato Losungen
(l’edizione originale è tedesca) che esce quest’anno per
la 268” volta, ininterrottamente dal 1731. Ogni anno
viene preparato con amore e
offerto a tutte le chiese cristiane dalla Comunità dei
Fratelli Moravi, una piccola
chiesa dai vasti orizzonti spirituali. Pubblicato in 43 lingue diverse, è il lezionario
più diffuso in campo evangelico, quanto meno europeo,
e viene utilizzato in tutti i
continenti.
11 suo raggio d’azione si
estende al mondo intero. In
Italia è pubblicato a cura della Federazione delle chiese
evangeliche, ma non pochi
cattolici l’adoperano ogni
giorno per la loro lettura della Bibbia, come pure diversi
membri di chiese non appartenenti alla Federazione, e
diverse persone in ricerca
che non si considerano né
cristiane né credenti, eppure
cercano Dio e forse lo amano
senza credere in lui (amano il
suo mistero più che la sua rivelazione); comunque leggono fedelmente la Scrittura. Si
costituisce così una vasta comunità di lettura, ascolto, riflessione intorno alla Scrittura (più vasta di qualunque
chiesa particolare ma anche
di tutte le chiese messe insie
me), e si attua una delle forme più alte e più autentiche
di comunione: quella intorno
alla parola vivente di Dio.
È inoltre rallegrante il fatto
che Un giorno, una parola sia
stato adottato non solo da
tante persone singole ma anche da chiese e gruppi di
chiese: accade allora che il
testo della predicazione domenicale sia lo stesso per tutte, cioè quello indicato dal lezionario, che moltissime
chiese evangeliche nel mondo intero utilizzano regolarmente. Ci è stato anche segnalato che per quattro domeniche consecutive, nel luglio del 1997, il quotidiano
«L’Unità» ha ospitato nella
rubrica «Le letture» della pagina dedicata alle religioni,
quattro commenti biblici ai
testi di predicazione indicati
di volta in volta per quelle
domeniche da Un giorno,
una parola.
Villaggio della gioventù
Lungomare Pìrgy, 13 - Santa Severa (Rm)
Il «Villaggio della gioventù» vi invita a partecipare al
Campo famiglie di Natale 1997
Il canto e la lode
22 dicembre: pranzo ore 13-28 dicembre: colazione
Non esiste solo la dimensione estiva a far incontrare
le famiglie. Alla calda estate seguono altri momenti da
condividere insieme. Ricordatevi però di lasciare a casa il
costume e di portare cappello e sciarpa.
Il campo, condotto dal pastore Claudio Musto, svolgerà i suoi momenti di studio sul tema del canto comunitario e altre forme di lode a Dio.
Incontrandoci non mancheranno di certo altri spunti di
riflessione.
Nella speranza di accogliervi numerosi, un fraterno
saluto. Informazioni e iscrizioni presso il Villaggio entro il
15 dicembre.
4
PAG. 4 RIFORMA
» La città dove ogni anno dal 1731 vengono estratte le famose «Losungen)
Hermhut, la città dei Fratelli-----------*
moravi
Oggi la comunione dei Fratelli moravi conta nel mondo circa 700.000 membri
In Germania ce ne sono solo 7.200, mentre circa 400.000 vivono in Tanzania
UWE VON SELTMANN
Quando U carpentiere
moravo Christian David
il 17 giugno 1722 abbattè il
primo albero per la costruzione delFinsediamento di Herrnhut, non poteva certamente
immaginare che quella località dell’Oberlausitz un giorno
sarebbe diventata famosa. 11
conte Nikolaus Ludwig von
Zinzendorf, esponente del
Pietismo, aveva accolto sulle
sue terre a Berthelsdorf un
gruppo di rifugiati boemi e
moravi, discendenti dei fratelli cechi, che avevano dovuto abbandonare la patria.
Hut significa protezione,
Herr Signore; sotto la protezione del Signore (Herrnhut)
sorse dunque una comunità
di credenti, che dieci anni
dopo la sua nascita già inviava dei missionari nei Caraibi. Oggi la comunione dei
fratelli di Herrnhut, più noti
come Fratelli moravi, conta
nel mondo circa 700.000
membri. In Germania ce ne
sono solo 7.200, mentre circa
400.000 vivono in Tanzania
dove costituiscono la locale
Chiesa evangelica libera.
Fino alla metà del secolo
scorso Herrnhut era un’isola
rinchiusa in se stessa. Tutti
gli abitanti del paese, che si
trova in una pittoresca zona
collinare, erano anche membri della comunità dei fratelli.
Oggi solo più un terzo circa
degli abitanti fa parte della
Chiesa morava, che è associata con un patto alla Chiesa
evangelica tedesca. Tuttavia
la vita quotidiana di Herrnhut è ancora segnata dalla
vita della comunità di fede e
dalle vecchie tradizioni. Su
Christian David abbatte il primo albero per la costruzione di Herrnhut
moltissime auto spicca l’immagine del pesce, simbolo
degli antichi cristiani. Negli
istituti della Comunità dei
fratelli, come la scuola Giovanni Amos Comenio per
portatori di handicap o la
fondazione Dùrninger lavorano oltre cento persone, fatto importante per una zona
che non offre molte possibilità di lavoro.
La cittadina, che conta
3.000 abitanti, è dominata
dalla sala di culto costruita
nel 1756, distrutta negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale e ricostruita nel
1953. Non è considerata un
edificio sacro, ma una sala di
festa, il punto d’incontro della comunità. Nel cimitero, ai
piedi dello Hutberg, ci sono
tombe di persone nate in tutte le parti del mondo.
Come parecchi abitanti di
Herrnhut, anche gli antenati
del diacono Eberhard Clemens sono stati missionari
all’estero per molti anni. Il
padre era nato in Sud Africa,
la madre in Tibet. Clemens,
che ha 51 anni, ai tempi della
Repubblica democratica tedesca dirigeva a Herrnhut un
albergo internazionale, nel
quale potevano essere ospitate anche persone non provenienti dai paesi socialisti.
Guardando indietro, Clemens afferma che a Herrnhut i credenti avevano molta
più libertà che non in altre zone del paese. Nella scuola la
maggior parte degli allievi era
di famiglie cristiane, cosa che
non si verificava in nessun altra parte della Ddr. Le autorità
comuniste non opposero
ostacoli ai contatti internazionali della comunità e i festeggiamenti dei suoi 250 anni avvenuti nel 1972. Perfino le
aziende dipendenti dalla comunità avevano mantenuto la
loro autonomia, anche se dovevano versare in tasse il 95%
dei loro guadagni.
Oggi Clemens fa da guida
ai visitatori di Herrnhut. Nella sala delle sedute, ricca di
tradizioni, indica un contenitore d’argento nel quale ci
sono alcuni biglietti numerati. Accanto ad esso uno schedario, pieno di schede ognuna con un versetto dell’Antico Testamento. Qui estraiamo ogni anno le nostre «Losungen», i passi del Vecchio
Testamento a cui vengono
accostati un versetto del
Nuovo Testamento, una preghiera o un inno per diventare le meditazioni quotidiane
per milioni di cristiani sparsi
in tutto il mondo.
Questi libretti di meditazione sono oggi tradotti in 41 lingue. In Germania la tiratura
annuale delle «Losungen» è
superiore al milione di copie.
Le estrazioni dei passi dell’
Antico Testamento avvengono ininterrottamente dal 1731
e i testi risultano spesso di
sorprendente attualità, (epd)
La testimonianza di uno dei predicatori evangelici più popolari
Il fervore, motore del boom delle chiese protestanti in Brasile
«Diversi fattori possono
spiegare la crescita delle
chiese protestanti in Brasile,
ma il motore di questa crescita è il fervore». Questa l’osservazione fatta da uno dei
predicatori evangelici più popolari nel suo paese, il pastore presbiteriano Caio Fabio
D’Araujo Filho. «A questo fervore va aggiunto il fatto che i
brasiliani hanno una visione
ampia dell’universo e credono alle manifestazioni sovrannaturali e alle pratiche
mistiche; d’altra parte la ricchezza culturale afro-amerindia aggiunge una dimensione alla spiritualità pentecostale», ha aggiunto il pastore. In Brasile, che conta 161
milioni di abitanti, ci sono
molti gruppi razziali, tra cui il
53% di bianchi, l’ll% di neri,
il 22% di meticci di origine
bianca e nera, il 12% di meticci di origine autoctona e
portoghese o spagnola, gruppi etnici autoctoni e una debole percentuale di abitanti
di origine giapponese.
Secondo uno studio recente, il Brasile conta circa 22
milioni di protestanti (appena un po’ meno del 14% della popolazione). Nel 1980, il
Brasile contava soltanto 4,5
milioni di protestanti (il
3,7% della popolazione che
allora era di 121 milioni di
abitanti). Per il pastore Caio
Fabio D’Araujo Filho la spiritualità afro-amerindia arricchisce il pentecostalismo
brasiliano senza indebolire il
significato del messaggio cristiano. «Il protestantesimo
storico analizzerebbe questi
fattori dal punto di vista antropologico 0 culturale o.
peggio ancora, li considererebbe come manifestazioni
di paganesimo o di ignoranza - ha spiegato -. Il protestantesimo storico non dà
spazio a questo tipo di manifestazioni all’interno delle
proprie chiese. Ma il pentecostalismo coglie questa dimensione COSI com’è, come
una dimensione reale che ha
a che vedere con la vita spirituale dei settori popolari».
Tra altre ragioni che spiegano questa crescita, il predicatore presbiteriano sottolinea la semplicità del messaggio insegnato. «Il messaggio è
molto semplice: “Gesù Cristo
è il Signore”. C’è anche un atteggiamento militante presso
i protestanti. Per alcuni, può
a volte sembrare aggressivo,
ma questo fattore è legato alla lingua e alle culture. D’altra parte, non bisogna trascurare l’importanza data ai laici. In quelle nuove chiese
protestanti, non c’è gerarchia
e... ognuno sa che ha qualcosa da offrire per la missione
della Chiesa».
Caio Fabio D’Araujo Filho
sottolinea il carattere multirazziale di molti quartieri popolari, in particolare le «favelas»; «Nelle favelas, potete
trovare dei biondi dagli occhi
azzurri, dei neri, e tutti i colori di pelle - afferma -. E i responsabili protestanti sanno
come parlare con gli abitanti
di queste favelas». Questo
non è un programma, ma na
sce naturalmente. Nessuno
pensa che dovrebbe esserci
un tot di pastori neri e un tot
di responsabili autoctoni. Le
chiese protestanti, se si considerano i loro membri e i loro responsabili, sono multirazziali.
Il pastore Caio Fabio D’Araujo Filho, 42 anni, dirige un
progetto di evangelizzazione,
Vinde, che pubblica una rivista, diffonde programmi radio e possiede un canale di
televisione via cavo. La sua
parrocchia si trova a Niteroi,
nella zona di Rio de Janeiro; il
pastore è presidente dell’Associazione delle chiese evangeliche del Brasile, membro
della Comunità evangelica
mondiale. (eni)
Londra: sulla facciata ovest dell'abbazia di Westminster
Dieci statue di martiri cristiani del XX secolo
Le statue di dieci martiri
cristiani del XX secolo saranno sistemate sulla facciata
ovest dell’abbazia di Westminster, a Londra. Queste
statue saranno installate nelle nicchie rimaste vuote dopo
la costruzione della facciata
occidentale, oltre 500 anni fa.
Si aggiungeranno alle statue
poste dopo il rinnovo della
facciata ovest, ultimato nel
1992: sei statue di santi tradizionali e quattro rappresentanti i valori per i quali i martiri sono morti: verità, giustizia, misericordia e pace.
Le dieci personalità scelte
sono (indicati per ordine cro
nologico, secondo l’anno del
loro martirio): 1918, la granduchessa Elisabetta di Russia
(santa nella Chiesa ortodossa, assassinata dai bolschevichi); 1928, Manche Masmeola. Sud Africa (catechista anglicana di 16 anni, uccisa dalla madre); 1942, Lucian Tapiedi. Nuova Guinea (uno dei
12 anglicani uccisi dai giapponesi durante la seconda
guerra mondiale)
Per il 1943, Maximilian Kolbe, della Polonia (santo della
Chiesa cattolica romana, prete francescano ucciso dai nazisti); 1945, Dietrich Bonhoeffer, Germania (pastore e
teologo luterano, ucciso dai
nazisti); 1960, Esther John,
Pakistan (evangelista presbiteriana, uccisa da suo fratello
musulmano); 1968, Martin
Luther King, Usa (pastore
battista, militante per i diritti
civili e la nonviolenza, assassinato); 1972, Wang Zhiming,
Cina (pastore protestante ed
evangelista ucciso durante la
rivoluzione culturale); 1977,
Janani Luwum Ouganga,
Uganda (arcivescovo anglicano, assassinato sotto il regime di Idi Amin); 1980, Qscar
Romero, El Salvador (arcivescovo cattolico romano, assassinato). feni)
Il metropolita jérémie Caligiorgis
è stato eletto presidente della Kek
GINEVRA — Jérémie Caligiorgis è stato eletto presid,
della Conferenza delle chiese europee (Kek) dal Comitato r?
trale dell’organizzazione, riunito a Morges (Svizzera) dal S
19 novembre. Il nuovo presidente è metropolita di Francia'
esarca di Spagna e di Portogallo: dipende dal Patriarcato«'
menico di Costantinopoli ed è uno dei responsabili ortoA
più importanti dell’Europa occidentale: ha occupato alte
zioni nella chiesa e in organizzazioni ecumeniche in Euroi
17 novembre scorso rappresentanti dell’Alleanza rifor¡
mondiale, della Federazione luterana mondiale, del Patri¡
to ecumenico e del Consiglio metodista mondiale gli hanj
volto parole di benvenuto durante un ricevimento uffij
presso il Centro ecumenico di Ginevra. Il metropolita Jétf
si è congratulato nel constatare gli sforzi messi in atto pi
nire i membri delle differenti famiglie cristiane. La Kek
oltre 120 chiese membro, ortodosse, anglicane, proteste,
vecchio-cattoliche. Il nuovo presidente subentra a John
nold, decano anglicano di Durham, in Inghilterra. Il meta
lita Jérémie è nato a Kos, in Grecia, nel gennaio 1935, ed
cittadinanza greca; è stato ordinato prete nel 1964 e haesi
tato la maggior parte del suo ministero in Francia; è stato
presidente della Kek dal 1992 al 1997. La nuova vicepresidi
è Ruth Rohrandt, pastora e direttrice della sezione «doi
della Chiesa evangelica del Nord dell’Elba in Germania. Il
fessore Jean-Marc Prieur, teologo e pastore della Chiesa
mata di Francia, è stato eletto vicepresidente aggiunto.
Il
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Riconoscimento del governo russo alla
Chiesa avventista del 7° giorno
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MOSCA — Il governo russo ha confermato che le
strittive nei confronti delle «nuove religioni» non riguardili
Chiesa avventista del settimo giorno, presente sul territt ifronto
della Federazione russa da 110 anni. Victor Krushenitsky, i gj jj.
tore del Dipartimento per gli affari pubblici e per la libertà! jjjg,
giosa della Chiesa avventista russa ha dichiarato: «Siamo I
di sapere ufficialmente che possiamo continuare ad agiteli
ramente, a invitare evangelisti stranieri, a organizzare nm ¿j
comunità, a iniziare opere in zone nuove e a esercitare il dii jj mj
dell’obiezione di coscienza al servizio militare». Al momenti jjiicazi
registrazione delle organizzazioni luterane e pentecostali ès Uq g«,
ta sospesa e l’Esercito della Salvezza di San Pietroburgo èstiK jg
costretto ad abbandonare i locali dove si riuniva. ^
Turchia: dialogo tra ortodossi e musutó^°^j™
ISTANBUL — Una quarantina di esperti cristiani e
mani si sono riuniti Testate scorsa a Istanbul per discuteisj
«gli orizzonti della collaborazione tra musulmani e cii^
alla vigilia del prossimo secolo». Ne ha riferito la rivistai' ’
News. L’incontro di tre giorni faceva parte di un ciclo
ziative promosse congiuntamente dal Centro ortodossi]
Chambésy (Svizzera) e dall’Accademia reale giordana peti
studi sulla civiltà islamica (Fondazione Al al Bah) diiej
dall’erede al trono, il principe Hassan. Da parte ortodossa,
tre ai metropoliti della sede ecumenica di Costantinopoli,]
cui dipende il Centro svizzero, erano presenti teologie'
(specialmente libanesi) rappresentanti i patriarcati grecotodossi di Alessandria e di Antiochia, nonché la Chiesa gn
delegati musulmani provenivano da Giordania, Iraq, Pali
na, Algeria e Tunisia; fra loro c’erano diversi accademici
ministri. I partecipanti si sono messi d’accordo su vari pi
in particolare sull’accettazione, come intenzione divina,
pluralismo religioso, nonché sul rispetto dell’altro, conce]
come «necessariamente diverso». Per lanciare il dialogo.il
no affermato i partecipanti, è necessario rivisitare il pai
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con una nuova educazione religosa capace di impedirei
esso si trasformi in un nuovo incubo.
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Uzbekistan: sdoganate 25.000 Bibbie Pe inizi
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TASKENT — Le autorità doganali di Taskent, capiWOcom
dell’Uzbekistan, hanno ricevuto l’ordine di sdoganare 25, Ile han
copie del Nuovo Testamento che erano state bloccate circi iblico c
to mesi fa. La Società biblica dell’Uzbekistan può ora inizia ologo u
distribuzione di parte della Scrittura nelle comunità cristii a roto
programmata a suo tempo con gli aiuti provenienti dall'esl fin sul
Le copie del Nuovo Testamento non possono però essere! gioni:
dute nelle librerie. Il governo uzbeko è giunto a questa sol« o _e pos
ne dopo le pressioni e le proteste di molti ambienti ecclesii i il me
ci e politici internazionali, correggendo la prima decisioB Bcitam
vietare l’introduzione di Bibbie o parti della Bibbia perchét eri all;
siderata opera di propaganda missionaria e di proselitisnj ^realt
un paese islamico. La Società biblica è ricorsa contro tale» hiezia
sione affermando che il materiale biblico sarebbe stato dii itti umi
esclusivamente alTinterno delle chiese cristiane. In precedi laintrc
il governo aveva anche vietato l’introduzione nel paese dÜj^^ Mas
ratura di tendenza islamica fondamentalista.
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il 6 otto]
Ucraina: evangelizzazione dei battisti
KIEV — L’Unione dei cristiani evangelici battisti d’Uci
che conta circa 1.700 comunità locali e oltre 120.000
battezzati, con una popolazione complessiva di oltre 200persone, ha organizzato nello scorso agosto una campai”
evangelizzazione di una settimana in Kiev e nella region®
costante, con la predicazione dell’evangelista americana
Fonder. La campagna, condotta in collaborazione c"
Southern Baptist International Mission Board degli Stati
ti, ha avuto un enorme successo ed è stata ripresa dalla
visione nazionale ucraina. Si ritiene che la trasmissione j
coinvolto oltre 50 milioni di spettatori in Ucraina e ned ,
gioni più vicine della Russia. Gregory Comendant, presid
delTUnione battista ucraina, ha affermato che la camp]
evangelistica è stata «il più grande incontro religiosj’
storia dell’Ucraina. Milioni di persone del nostro popolo
no udito TEvangelo per la prima volta e migliaia hanno
vuto Gesù». Durante la settimana vi sono state 8.417 tes
nianze di fede pubbliche e nelle prime due settimane sO
sive alla trasmissione sono arrivate oltre 10.000 lettereo|
sone interessate al messaggio.
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DÌ 28 NOVEMBRE 1997
PAG. 5 RIFORMA
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Il metodismo in Italia nel recente libro pubblicato dalla Claudiana
Il valore sociale deirEvangelo
Il testo, che prende le mosse da un convegno del 1991, affronta la storia
e la teologia metodista a partire dalla seconda metà delhOttocento
( r flIOVANNI ANZIANI
I attendeva da tempo l’ujcita di un testo riguarìte il metodismo italiano
jrticolare dopo che, in
Irsi luoghi, vi era stata
‘seria riflessione sia storisia teologica su questo
rento evangelico sorto
l’Inghilterra del 1700.
'autunno del 1991 l’Opli, in collaborazione con
icoltà valdese di teologia
li «Amici della Biblioteca
ro Guicciardini» di Firentia organizzato a Roma un
regno internazionale di
io: «Il metodismo italiapfì861-1991». Intervennero
rei convegno studiosi di
ja internazionale e italia^Sia metodisti sia valdesi,
re a docenti delle univerdel nostro paese. Oggi
siamo avere la raccolta
ile relazioni presentate a
pel Convegno che «ha voluire nelle sue giornate di
^ro delle opportunità di
ronto e di indagine per
Iti si interessano alla preiza metodista nel nostro
se» (p. 5). Il nostro tentaqui è quello di sollecitare
»ri di Riforma a soffersi un momento su questa
jlicazione* per riflettere
fao spaccato di storia ita~ia la quale è stata anche
ria dell’evangelismo nel
ro paese.
l;|^olume è composto, do" la prefazione del curatoico Chiarini, da un sagforico di Giorgio Spini
le si cerca di disegnaHofilo storico del metofmòta Italia dal 1859 al
i5. Il saggio si conclude
|inuna domanda che pare
Religioni, integralismi e rispetto dei diritti umani
inezia, una città che è anche laboratorio
FRANCO MACCHI
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dogo,!] JIETRO l’impulso deter■ il pas! /ttiinante del Centro paoedire Comune, animato con
^(spplBi Nicoletta Bena
a partire dal pomeriggio
, il 6 ottobre si sono attuate
)ie Me iniziat ve sul problema
idiritti umani, che hanno
t, capii to coinvolti molti soggetti
Lare 25. he hanno interessato un
te circa iblico diverso. Ha fatto da
ì inizif dogo un’interessante taà cristii larotonda svoltasi a Ca’
dall’esl Ifin sul tema «Incontro tra
ssserev igioni: rischi di integraliita sola io e possibilità di dialogo»,
ecclesii a il momento riservato
ecisioii' Kcitamente dagli organizlerchét Ori alla riflessione delle
elitiswi ie realtà religiose presenti
La chiesa metodista di via XX Settembre a Roma
soggiacere a tutto il volume:
ci stiamo incamminando forse verso un nuovo metodismo in Italia? L’autore ricorda che, conclusa la seconda
guerra mondiale, iniziò nel
nostro paese un processo di
ricostruzione che vide anche
i metodisti all’opera soprattutto con dei chiari passi: il
primo fu compiuto nel 1946
con l’unificazione dei metodisti episcopali con quelli
wesleyani in un’unica Chiesa
metodista d’Italia.
11 secondo fu quello del rinnovamento del corpo pastorale, dato che da molti anni
nessun giovane era stato consacrato, unitamente all’esigenza di rinnovare una leadership laica. 11 terzo passo fu
compiuto all’inizio degli Anni
60 con l’autonomia dalla
Conferenza britannica e negli
Anni 70 con l’integrazione
con la Chiesa valdese. Tutto
questo non fu che un primo
movimento per proseguire
un’attività nel paese che vide
i metodisti, unitamente ad al
tri evangelici, impegnati per
un vero rinnovamento della
chiesa e della società.
Altri saggi seguono la linea
storica, come i contributi di
W. Peter Stephens sulle origini britanniche della Chiesa
metodista italiana; di Tim
Macquiban sull’atteggiamento della stampa metodista
britannica verso l’Italia prima
del 1862; di Franco Chiarini
riguardo alla Chiesa metodista episcopale italiana tra il
1871 e il 1881. Da questi saggi
abbiamo ricevuto un’immagine del metodismo in Italia
fortemente disponibile nell’offrire il proprio contributo
alla «rivoluzione» religiosa
del Risorgimento, senza costruire né steccati denominazionali né isole felici. Forte è
stato invece il radicamento
nelle vicende tipiche di quegli anni e la partecipazione
viva alle sofferenze del nostro
paese, portando una predicazione di liberazione e di amore concreto.
11 volume contiene poi una
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!® introdotto il tema il sin' Massimo Cacciati, che
occasione non si è limiP al rituale saluto rivolto ai
'®nti, ma con competenp lucidità ha dato un conto prezioso ed essenzia^dibattito e ha indicato i
perni di fondo che la di’®lone avrebbe dovuto te
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nere presenti per non cadere
in una chiacchiera inutile e
fuorviante. Il tema è stato poi
trattato e illustrato da più
punti di vista, non sempre
coincidenti e facilmente armonizzabili. Questo non è
stato un limite, ma la ricchezza dell’incontro: è infatti
quanto volevano gli organizzatori i quali, per fare emergere la complessità dell’argomento, avevano invitato a
parlare rappresentanti di tradizioni religiose diverse, che
si sono trovate nel passato e
in molti casi si trovano purtroppo ancora oggi a vivere
situazioni di grande conflitto.
Hennie Madelin, gesuita e
collaboratore di Le Monde
diplomatique, Fritjof Roch,
luterano e rappresentante
del Consiglio locale delle
chiese cristiane di Venezia,
Amos Luzzatto, consigliere
delle comunità ebraiche italiane, e Abdul Latif El-Kettani, direttore del Centro culturale islamico d’Italia, coordinati da Gianni Manziega,
hanno illustrato il loro approccio al tema facendo emergere le specificità delle
proprie tradizioni. È emersa
una constatazione molto
chiara. Tutti i relatori hanno
sottolineato la presenza nelle
rispettive religioni di istanze
di amore, di rispetto reciproco e di riconoscimento del
diritto dell’altro a sviluppare
la propria identità; dagli interventi si capiva però anche
che i presupposti e i contesti
sociali e culturali diversi in
cui prendono corpo le singole tradizioni religiose non
danno come ovvia e scontata
la traduzione pratica di que
ste stesse istanze. Durante la
tavola rotonda hanno parlato
anche Franco Di Domenicantonio, che ha presentato
il significato dell’XI incontro
internazionale «Uomini e religioni» svoltosi a Padova e
Venezia dal 5 al 7 ottobre e
promosso dalla Comunità di
Sant’Egidio, e il prof Antonio
Rapisca, direttore del Centro
diritti umani dell’Università
europea.
Di particolare rilievo l’intervento di quest’ultimo, che
ha presentato il «Master europeo in diritti umani e democratizzazione», organizzato dal Comune di Venezia in
collaborazione con l’Università Ca’ Foscari, Le Monde diplomatique e l’Unione europea. Collegate a questa iniziativa di grandissimo rilievo
culturale e civile, sono stati
organizzati seminari e incontri che, oltre ai corsisti dei
master e la popolazione,
hanno coinvolto alcune
scuole superiori e hanno affrontato anche alcuni temi di
particolare interesse come
quello dei fenomeni migratori, delle mine e del ruolo
dell’informazione.
Si può capire così come
Venezia, fedele alla sua tradizione storica, continui a essere un laboratorio molto interessante. In questa città si
realizzano iniziative che riescono a legare le realtà radicate sul territorio e progetti
che hanno un respiro nazionale e internazionale. E questo è reso possibile dalla
stretta collaborazione fra le
istituzioni civili e le realtà religiose, culturali e sociali presenti sul territorio.
serie di saggi riguardanti persone come Enrichetta Caracciolo di Forino (figura di donna credente nell’Italia dei
Borboni), Enrico Caporali (filosofo e pastore di rara spiritualità), Teofilo Gay (un valdese tra i metodisti). Il tempo
dell’opposizione e della prova del metodismo italiano è
illustrato nei saggi di Giorgio
Rochat, riguardo alla legge
del 1929 sui «culti ammessi»,
e di Renato Moro riguardo alla opposizione cattolica al
metodismo tra gli Anni 20 e
30. Significativo il saggio finale del volume, con uno
studio di taglio teologico del
pastore Sergio Carile, dal titolo interessante: «La giustificazione per fede come impegno sociale nel metodismo.»
La storia del metodismo ha la
sua nascita «da una felice intuizione teologica di John
Wesley senza la quale questa
storia non sarebbe stata. E
cioè che la rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo è
una verità interiore che si palesa nell’esperienza della carità umana» (p. 191). È così
che l’Evangelo incarnato in
Gesù Cristo acquista un valore sociale, e in un sermone
dello stesso Wesley è possibile trovare questa affermazione: «Il cristianesimo è eminentemente una religione sociale, farlo diventare una religione individuale significa distruggerlo» (p. 195). Questo
impegno «sociale» ha così caratterizzato non solo la storia
del metodismo italiano, ma
anche la sua particolare predicazione dell’Evangelo.
(*) Aavv: Il metodismo italiano. Torino, Claudiana, 1997,
pp. 213 , £. 29.000.
Uno studio di Bruno Corsani
L'Apocalisse e l'apocalittica
del Nuovo Testamento
DAVIDE OLLEARO
PAOLO Bacchi, uno dei
massimi esperti di apocalittica, afferma che è estremamente difficile studiare
questo fenomeno: la difficoltà sta proprio nella sua
impalpabilità, per cui potremmo ritrovarci a «fare la
storia di qualcosa che non è
mai esistito, almeno con la
configurazione esatta che
noi pensiamo». In generale
gli specialisti tendono a considerarlo un mondo isolato,
quando non lo rifiutano decisamente come opera di visionari interamente rivolti al
futuro. Il libro di Corsani* si
inserisce nella vasta corrente
di studi su questo argomento, insistendo però su una
particolare prospettiva: quale rapporto esiste, quali influenze ha avuto l’apocalittica sulla formazione e sulla
teologia del Nuovo Testamento. L’opera si rivolge anche ai non specialisti, coinvolti dal rinnovato interesse
per questo fenomeno.
L’autore, in un continuo riferimento ai testi biblici e extrabiblici, conduce il lettore
in un viaggio attraverso il
Nuovo Testamento, incontrando personaggi (Giovanni
Battista e, naturalmente, Gesù) e testi (dalle lettere di
Paolo agli Evangeli sinottici):
«In che modo l’apocalittica
ha ispirato, guidato o influenzato i testi biblici» è la
domanda di fondo che accompagna questa carrellata.
Una particolare attenzione è
rivolta al libro dell’Apocalisse
(ricordiamo, dello stesso autore, una Guida alla lettura,
edita dalla Claudiana), alla
sua struttura, alla sua storia e
soprattutto agli aspetti che
caratterizzerebbero questo li
bro quale opera apocalittica.
Le conclusioni a cui giunge
l’autore, dopo questo attento
lavoro testuale. Invitano i lettori moderni a muoversi con
cautela affrontando testi di
questo genere. Tuttavia non
li si può scartare a priori, né
si può ignorare il peso che
testi di questa corrente hanno avuto sulla teologia cristiana. Non è poco, in un’
Bruno Corsani
epoca in cui tutto e tutti devono muoversi sempre più in
fretta per essere efficienti, attivi, vivi, riconoscere l’importanza di parole che si
muovono in un’altra direzione (come alcune di quelle
che possiamo trarre da testi
che molto devono all’apocalittica); parole che rivalutano
l’attesa come fondamentale
nella vita cristiana e che ci
invitano a guardare con fiducia ad un intervento divino
nella storia.
{*) Bruno Corsani: L’Apocalisse e l’apocalittica del Nuovo Testamento. Bologna, edizioni
Dehoniane, 1997.
Dinamiche di comunità nel film «Il dolce domani;
L'incidente che trasformò il villaggio
RENZO TURINETTO
LÀ dove ci sono grandi
spazi le case unifamiliari
stanno distanti Luna dall’altra. Come a Stouffville, il
montuoso villaggio nella
provincia canadese dell’Ontario. Da anni Dolores guida
lo scuolabus, che però stamattina sulla strada ghiacciata sfugge alla sua mano
esperta, precipita nella scarpata, affonda nella neve copiosa annegando una ventina di ragazzini, quasi tutti
quelli della minuscola comunità. «Non c’erano fuoco né
fumo né rumore di esplosioni, niente grida selvagge né
strilli terrorizzati; c’erano invece silenzio, ghiaccio rotto,
neve e uomini e donne che si
muovevano con disperata
lentezza; c’era la morte...»,
racconta il libro di Russe!
Banks, originario del New
Hampshire, con il medesimo
titolo del film* che si è basato
su un episodio realmente accaduto negli Anni 80. Incidente, tragedia, destino, le
solite parole, la consueta inchiesta, il tempo cancellerà,
la difesa minimizzerà, i costruttori del bus e il Comune
blandiscono gli abitanti perché non sporgano denuncia.
Non la pensa così un avvocato di città: non esistono incidenti ma bulloni fasulli,
materiale scadente, responsabilità dei fabbricanti per risparmiare e guadagnare:
chiede ai genitori di costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento dei danni
materiali (la morte dei figli) e
morali (il dolore). Visita tutte
le famiglie, con tono pacato
ma inflessibile. La proposta
divide il piccolo consorzio
umano e vengono a galla
tante storie parallele e contrastanti, la coesione di facciata, sotto la crosta i vermi.
Per esempio Bill ha un amore clandestino, quella mattina con il suo furgoncino e i
due figli seguiva lo scuolabus, ma «non ha visto niente»: devo credere che sia una
colpa, decide, non un castigo
per i miei incontri irregolari.
Tutti covano in loro stessi
ciò che chiunque prima o poi
in varia misura deve verificare con se stesso, la perduta (e
presunta) innocenza infantile, la nostalgia della gioventù
in quanto tale comunque essa fosse, l’indulgenza sui silenzi complici insieme ai sensi di colpevolezza e di vergogna dell’età adulta. E come si
fa sovente per scarico di coscienza, la comunità regala a
Nicole, scampata al disastro e
rimasta semiparalizzata, un
computer per i suoi compiti e
le sue canzoni.
L’accanimento dell’awocato giusto e giustizialista
(non si fa pagare perché vuole che i responsabili siano
puniti) solleva il coperchio.
Ma tanta intransigenza non
sarà anche un sintomo che a
sua volta ha qualcosa da perdonare e da farsi perdonare? Sua figlia vive chissà dove e chissà come, non vuole
incontrarlo e gli telefona
soltanto per chiedergli soldi per la droga. L’irriducibilità di questo padre ricorda,
secondo un critico. Il pifferaio magico di Robert Browning in cui i bambini scompaiono dietro un incantato
re: «Perché il pifferaio non
chiede ai genitori di pagare il
loro debito, invece di rapire i
loro figli?», domanda una
delle future piccole vittime
dell’incidente alla giovane
baby-sitter all’inizio del film.
Anche qui l’avvocato vuole
una condanna.
Diversa ma non dissimile
chiave di lettura può venire
da L’uomo che corruppe Hadleyburg, il beffardo racconto
di Mark Twain dove il sacco
di monete d’oro denuda la
molteplicità interiore della
«città più onesta e giusta di
tutta la regione». Hadleyburg
e Stouffville erano una comunità, adesso «tutti noi
morti e vivi siamo cittadini di
un’altra città», dice II dolce
domani. Che ci sarà ancora,
ma probabilmente non più
come prima.
(*) Il dolce domani, del regista
armeno-canadese Atom Egoyan;
premio della giuria al Festival di
Cannes, Canada, 1997.
RWSMU BANK«
II. DOLCB DOMANI
6
PAG. 6 RIFORMA
venerdì 28 NOVEMBRE
Pubblicata una scelta di sermoni del pastore Carlo Gay
La certezza quotidiana della fede
Nelle predicazioni di più di quarant'anni di ministero si rintraccia il filo rosso
dell'attenzione primaria al testo biblico e della speranza del credente
ALBERTO CORSANI
Quando una quindicina
di anni fa svolgevo il
mio servizio civile anche
presso la Biblioteca della Casa valdese a Torre Pellice,
uno degli eventi che più mettevano in apprensione me e
gli altri obiettori era l’arrivo
del pastore Carlo Gay, che
avrebbe chiesto di consultare
libri strani, non frequentati
dai lettori, testi cbe addirittura potevano non risultare
agli schedari. Però c’erano,
magari collocati nei ripiani
più reconditi, ed erano invariabilmente carichi di polvere e servivano al pastore come spunto per il racconto di
un episodio di storia valdese
o degli spostamenti di una
famiglia riformata attraverso
le Alpi o di altro ancora. Era
affascinante sentirlo parlare,
anche se il più delle volte i
suoi discorsi davano per
scontate conoscenze che tali
non erano, almeno presso di
noi: una capacità vulcanica,
quella di Gay, di svariare nel
mondo della cultura trovando richiami, improbabili ma
pertinenti, da un argomento
all’altro. Perciò ha ragione.
Giorgio Tourn, nel rilevare in
prefazione alla raccolta di
sermoni di Gay*, come in
quel tipo di lavoro egli avesse
quasi messo un freno alla
propria genialità: la stesura
accurata (i testi pubblicati
sono stati conservati gelosamente dalla moglie), la redazione impeccabile.
Una persona di grande
cultura (oltre a Teologia, le
lauree in Giurisprudenza e
Scienze politiche) e in grado
di svariare in discipline assai
diverse, che nel momento
della predicazione tratteneva
la propria personalità, altrimenti straripante, e si poneva al servizio del testo della
Parola, limitandosi (ma in
realtà è tutt’altro che un limite) a riaffermare con costanza alcune certezze ben
solide. Ne citerei tre.
Una prima certezza, che
emerge più volte nei suoi
sermoni, è quello dell’impostazione «barthiana» che fu
tipica di almeno una generazione, attestata dall’affermazione di un Dio «altro» rispetto alla natura umana
(pp. 86 0 157, un sermone
del 1968 in cui definisce
l’umiltà come coscienza della distanza che separa l’uomo da Dio, il quale però colma per primo questa distanza, e Gay lo ribadisce facendo proprie le parole di Pascal: «Tu non mi cercheresti
se io non ti avessi trovato»).
C’è poi, per tutto il libro, la
consapevolezza del proprio
ruolo, della risposta alla vocazione e dell’impegno pastorale come compito quotidiano e tenace, che lo porta
anche da Roma (luglio 1955)
a richiamare neUa sua predicazione l’impegno che attende i candidati al ministero
che saranno consacrati da lì
a poche settimane. E c’è soprattutto, dai primi testi della fine Anni 30 fino a quelli
degli Anni 70, l’espressione
ad alta voce del convincimento più intimo di dover
essere portatore di speranza,
compito oggettivamente destinato a tutti i credenti: più
volte ricorre questa urgenza
di testimoniare, che viene richiamata con testi «forti» come quello di 1 Pietro («pronti
sempre a rispondere a vostra
difesa a chiunque vi domanda ragione della speranza che
è in voi» 3, 15 - Firenze,
1956) o, poche pagine prima
(Roma, 1955): «Or la fede è
certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che
non si vedono». La speranza
come pratica dei singoli e
delle chiese, da sempre: per
questo Giorgio Toum scriveva, in occasione della scomparsa di Gay nel 1994, del
suo interesse per l’ortodossia, non tanto per motivazioni ecumeniche (pur se Gay
partecipò per anni a incontri
internazionali, fu membro
del Gomitato ecumenico di
Bossey e partecipò nel 1948
ad Amsterdam all’assemblea
costituente del Consiglio
ecumenico, come racconta la
nota biografica a cura di Luciano Deodato), quanto perché nella Chiesa d’Oriente
trovava il tramite con le comunità dei primi secoli, per
la cui spiritualità aveva grande interesse.
Il libro è dunque non una
miniera di spunti geniali come ci si sarebbe aspettati dalle conversazioni con il pastore Gay, ma la testimonianza
di un esercizio assiduo della
fede, nella concretezza di un
impegno creativo di scrittura
cbe, oltretutto, colpisce anche per la bellezza dell’italiano che viene impiegato: termini un po’ arcaici che fanno
del bene a una lingua oggi
priva di fantasia (chi impiegherebbe ancora su riviste e
quotidiani, a parte Igor Man,
il termine «smagato»?); una
sintassi che utilizza la prolessi per sostenere la dimostrazione concettuale; addirittura l’uso del futuro anteriore
subordinato al futuro («...T
uomo salverà la sua vita, perché avrà tratto dalla croce di
Cristo il perdono), di cui oggi
si impara (forse) solo la coniugazione a memoria perché esiste, ma non certo l’impiego. La prefazione al libro
parla di scarsa diffusione, oggi, del «genere letterario» del
sermone: la cura che Carlo
Gay metteva anche nella forma espressiva delle sue predicazioni, pur evitando sempre le ridondanze retoriche,
testimonia dello scrupolo
con cui attendeva al proprio
compito di annuncio della
Parola e della speranza e ci
fornisce pagine belle a leggersi oltre cbe colme di attestazioni di fede.
(*) Carlo Gay: Il canto della fede. Torino, Claudiana, 1997, pp.
XVII-196, £23.000.
L'esecuzione delle cantate a Milani
violoncello piccolo
la musica sacra di Bach
PAOLO FABBRI
UNO degli aspetti più sti] .
molanti del programma
di esecuzione integrale delle
cantate di Bach curato da «1
concerti del quartetto» di Milano è costituito dalTintelligente accostamento delle
cantate con altri brani bachiani o di autori coevi. Ne
emergono interessanti riferimenti culturali e una più
profonda comprensione deh
la sua poetica. Così nel secondo concerto dell’ottava
serie (6 novembre, S. Vincenzo in Prato), gli echi del Concerto per oboe e violino Bwv
1060 rinviano al Concerto per
violino Bwv 1041, e il protagonismo del violino ci ha
condotti al Concerto grosso
op. 6 n. 3 di Haendel, che con
il suo Andante maestoso,
preceduto dal Larghetto ampio e austero disegnato dal
«concertino» (due violini e un
violoncello) ha introdotto
l’atmosfera delle cantate.
11 tema guida era quello
delle cerimonie nuziali 210 e
202, che segnano la comparsa
nel programma delle cantate
profane. L’intero programma
del concerto ha un preciso riferimento ai concerti strumentali e alle cantate italiani,
di Gorelli, Albinoni, Vivaldi.
Le due cantate vedono un
predominio della parte vocale del soprano. Nella Bwv 210
(«O giorno incantevole, momento bramato», 1742-1746)
il primo recitativo dipinge
l’atmosfera generale: la gioia
dell’evento, da condividere
così come i dolori, secondo
l’insegnamento del Signore. 11
soprano accoglie festoso il
giorno delle nozze e, nell’aria
che segue, dialoga con l’oboe
d’amore, metafora dei suoni
La «Storia delle Repubbliche» del Sismondi, autore permeato dal
Nel Medioevo italiano la nascita della libertà in senso
pensiero protestante
moderno
GIORGIO BOUCHARD
Nel momento in cui l’unità d’Italia viene rimessa in discussione, l’editrice
Bollati Boringhieri ripubblica
molto opportunamente uno
dei classici del pensiero politico risorgimentale: la Storia
della rinascita della libertà in
Italia, dei suoi progressi, della sua decadenza e della sua
caduta del Sismondi. 11 titolo
scelto dall’editore' rischia di
trarre in inganno: qui non si
tratta né della grandiosa Storia delle Repubbliche italiane
del Medioevo che destò Tira
del Manzoni^ né di un suo
riassunto. Siamo in presenza
di un nuovo libro, scritto
molti anni dopo il primo, e di
fronte a una situazione storica interamente nuova: il riemergere di fremiti nazionali
e liberali in un’Europa ormai
insofferente della Restaurazione (1830-1831). Più che
un testo di storia, questo è
un vero e proprio manifesto
politico.
Certo, dietro questo breve
(!) saggio c’è il lungo lavoro
della Storia delle Repubbliche:
lavoro condotto sui documenti ritrovati dal Muratori e
sui testi dei grandi classici
italiani. Machiavelli compreso. Ma lo scopo è un altro: dimostrare che Tltalia ha il diritto, anzi il dovere di partecipare in prima persona a quella grande rinascita dei popoli
e della libertà a cui sembra
votato il secolo XIX. Certo, Sismondi è troppo europeo per
non sapere che le due nazioni
guida dell’Europa sono, in
quel momento, l’Inghilterra e
la Francia: perciò si rallegra
che questo suo libro esca
contemporaneamente in inglese e in francese’, «le due
lingue degli uomini liberi».
Ma proprio per questo ci tiene a dire all’Europa che la libertà moderna è nata in Italia
durante i presunti «secoli
bui» del basso Medio Evo: anzi, essa è rinata a quel tempo,
sulla base di una gloriosa tradizione classica.
Per Sismondi l’antichità romana non è tanto quella degli
eserciti e degli imperatori: è
quella delle città, dei municipi e delle loro autonomie. Se
vi è dunque una continuità
fra l’antichità classica e i secoli più recenti, essa consiste
in questa sotterranea vena di
«spirito repubblicano^) che
riemerge a distanza di secoli.
Orbene, per Sismondi, dopo
Tanno Mille questa vena di libertà riemerge proprio in Italia, grazie alla concomitanza
di fattori diversi: lo sviluppo
economico, la costituzione
repubblicana dei liberi Comuni, e un elevato sentire
morale che coniuga responsabilità e eguaglianza; e la
straordinaria fioritura artistica del Duecento e del Trecento corona la creatività di questa epoca fondamentale.
I «poli» ideali della ricostruzione del Sismondi sono due:
la battaglia di Legnano e il
Comune di Firenze. A Legnano (1176) non vince l’indipendenza nazionale, meno
che mai quella regionale: vince lo spirito di libertà, che
piega alla sua logica egualitaria perfino l’imperatore. Ma
dove lo spirito di libertà miete
i suoi maggiori trionfi è nella
Repubblica di Firenze: malgrado settarismi e violenze, è
qui che lo spirito repubblica
Firenze, Palazzo della Signoria
no dimostra la sua maggiore
creatività morale, civile, economica e artistica. Al confronto impallidisce perfino la
Serenissima Repubblica di
Venezia, dominata da un’aristocrazia troppo chiusa e
troppo poco liberale. 1 tre secoli di creatività italiana finiscono in un triste declino a
causa del prevalere di troppi
regimi militar-dittatoriali (le
Signorie, sulle quali il giudizio
del Sismondi è durissimo) e
delle feroci invasioni francese
e spagnola del secolo XVI.
La conclusione che il Sismondi suggerisce è evidente: come Tltalia è all’origine
della libertà europea, così essa potrà ricuperare la sua dignità nel contesto di un’Europa liberata dal giogo opprimente della Restaurazione. È
noto che uomini così diversi
come Carlo Cattaneo, Cesare
Balbo, Francesco De Sanctis
e Vincenzo Gioberti siano
stati attenti lettori del Sismondi, e come attraverso di
loro egli sia diventato il «padre nobile» del Risorgimento
italiano: un Risorgimento nato in chiave democratica e federalistica, anche se poi realizzato in chiave centralistica.
Quel che è meno noto è
che il Sismondi era figlio di
un pastore ginevrino, ed è
stato caratterizzato tutta la
vita da quella tipica «visione
del mondo» liberal-protestante che tanto ha influito
sulla maturazione di una cultura liberaldemocratica. Ed è
anche interessante notare
che Sismondi, economista
per vocazione, sia stato estremamente attento alle
sofferenze delle classi lavoratrici: fedele discepolo di Adamo Smith, Sismondi ritiene
tuttavia essenziale l’intervento dello stato nella vita
economica, sia per regolarne
lo sviluppo sia per impedirne
le conseguenze disumanizzanti’. Nel momento in cui
noi italiani ci sforziamo di ricostruire una Repubblica democratica e federalistica, forse vale la pena di rileggere
questa appassionata rievocazione dell’epoca più creativa
della nostra storia nazionale:
un’epoca in cui, sia detto per
inciso, le piazze dei Comuni
italiani erano percorse da
quei poveri predicatori vaidesi il cui motto era «libere
predicare».
(1) Jean-Charlks LfioNARi) Simonde DE Sismondi: Storia delle
Repubbliche italiane. Presentazione di Pierangelo Schiera. Torino, Bollati Boringhieri, 1996, pp.
XCVT-403.
(2) Com'è nolo il Manzoni, per
altro grande estimatore del Sismondi, scrisse le sue Osservazioni sulla morale cattolica proprio per reagire alle tesi conclusive in cui Sismondi attribuiva alla
morale cattolica la responsabilità
della decadenza italiana.
(3) Quasi subito verrà tradotto
in italiano.
(4) Per tutte queste informazioni vedi la bella presentazione
di Pierangelo Schiera, ampia un
centinaio di pagine.
■gpedizic
^’^.2 COI
measo
(imlttei
[.'Editori
Johan Sebastian Bach
inviati allo sposo per il sm
gradimento, esibendo un pj
mo campione del virtuosisn»
vocale che verrà poi. L’atmo.
sfera si è fatta incantata;
questo sembra spaventateli
sposa, che vuole vivere l’ec.
cezionalità del momento coi
piena consapevolezza e
ma ai suoni di tacere. Zittistt
dunque l’oboe d’amore e all)
successiva invocazione ri.
sponderà il nuovo interlocii
tore del soprano, il flauto tra
verso, cui ancora viene
mato di tacere, facendoli
gradualmente cedere agli ai
chi che accompagnano fin
tenso soliloquio del soprani i'
per riaffermare il valore sapremo della musica. Essa,
nella metafora del canto, riprende il suo posto e Tc
d’amore ritorna con una sta-!
penda melodia, che apret
strada a una danza rustia
eseguita da tutto il complesso
è quasi un’allegoria deiliba-,
ti commensali.
11 Concerto per violino
1041 (1721-1723) creanoimo
stacco prima della succesà®
cantata, consentendo al vi
no di esprimere un profoii
slancio lirico, in un r
po sp
volgi
Sont
dinamicamente variegato ytolese.
con l’orchestra, che talvolti Lcompii
accompagna, talaltra traccia |3i età:
molto
e sviluppa i suoi terni inai
dialogo incisivo con 4 solisti |piemo
La Gantata 202 («Indietro, |stensic
ombre cupe») è ancora affida |tano p
ta al virtuosismo vocale d^questo
soprano e strumentale def Ifascia
oboe d’amore. Nel testo,i ine TA
autore ignoto, l’inverno coni S deciso
suo freddo e le sue ombre co |a (^pp
pe si contrappone alla prima | noscer
vera con i suoi dolci zeffirU ^ sione i
un’allegoria della solitudin No di s
che precede l’amore e vien
soppiantata dalTirrompei
del sentimento, con il fmiH Ì [g ^ ’
appagamento delle nozze t# | p,. . ^
nedette dal Signore. La stnil [ ^
tura fa correre il pensiero! I
Vivaldi, mentre la scelta dd j ■
l’oboe fa pensare a Albinoni! E ^ j
ai suoi Concerti opera op-! L?
Proprio con un adagio dj
concerto per oboe si apred >• ase d
cantata. L’intervento del si fnel ter
prano e l’ampio, solare® |per es:
scorso dagli archi, chiarisij | tutte, a
no subito la ricchezza del ® | Il tn.
segno sonoro complessiv* I terà la
È dagli archi che viene il s® | uno si
so della primavera, del so» J più co
di Febo trionfante suls» iin
carro, mentre in un mome® | proble
to di magica attesa l’oboe * | segnai
bra il suo canto, quasi a in'®' | pazien
care il sorgere dell’astro, o* TTAusI
una struggente intensità c» | po^^jj,
aldilà dell’occasione cerim |
niale, fa comparire la «PJ ^
tas» di Bach. Una visioneO Lg .
la natura come grande op® |q f
di Dio, che si proietta antjlgf
nel successivo dispiegant® I
to di colori a ritmo di |
che richiamano i piaceri d * gj^
la primavera. , t
Negli ultimi due recitati'®J «uitud
battute finali aprono la strff f *umo
alT«aria» con il ritorno d®^Kt ®t^zzi
l’oboe e alla gavotta chenP
de la Cantata con un rica
vocale degno dei grandi
dini barocchi. Esempi'
l’esecuzione della Acad^jj
of Ancient Music dired^pj,
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'ÌJt, 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
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LA TERZA SQUADRA DEL PIEMONTE — Gioca a
Torre Pellice, e non parliamo di calcio, la terza squadra del
Piemonte per seguito di pubblico: l’H.C. Valpellice (serie
B di hockey su ghiaccio) conta nelle partite casalinghe
sull’apporto di quasi 2.000 spettatori, un vero record che
pone la formazione valligiana subito dietro Juventus e Torino in questa speciale classifica. Una storia di più di 50 anni, un presente sufficientemente roseo (domenica scorsa è
arrivato il quarto successo della stagione, a spese del Bergamo), da invogliare la tifoseria a passare due o tre ore alla
patinoire che malgrado la recente copertura sempre freddina rimane. Lasciando da parte ulteriori considerazioni di tipo sportivo, resta il fenomeno dell’aggregazione e del coinvolgimento di tutte le generazioni.
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VENERDÌ 28 NOVEMBRE 1997 ANNO 133 - N. 45 LIRE 2000
T T na cosa le chiese deNA vono imparare dalle
bande giovanili di strada: a
impossessarsi del loro territorio»: questa è una del molte
provocazioni che Jim Wallis,
un pastore evangelico statunitense molto attivo nel campo sociale, ha lanciato allo
scarso pubblico intervenuto
venerdì scorso a Pinerolo alla
prima conferenza del suo
tour italiano.
Vale la pena di farsi afferrare dalla provocazione e
proseguire nel ragionamento.
Possiamo anche lasciar cadere il paragone con le bande
giovanili, che sono un fenomeno tipicamente americano,
rimane il fatto, però, che il
tessuto della nostra società va
rapidamente disgregandosi e
LE CHIESE E IL TERRITORIO
SENTINELLE
PAOLO RIBET
che le singole chiese locali
non sembrano rendersene
sufficientemente conto. Il
modello di chiesa che abbiamo in testa è da tempo entrato in crisi e le comunità si arrovellano a cercare soluzioni,
divise tra la nostalgia per il
passato e la ricerca di ricette
valide per il futuro. In questo
intreccio profondo tra chiesa
e società, che le parrocchie
cattoliche vivono in tutta Ita
lia e che i valdesi sperimentano in modo del tutto particolare alle Valli, appare importante prendere coscienza del
fatto che la chiesa non può
vivere la sua esistenza solo
all’interno delle proprie mura: se si degrada la società in
cui essa affonda le radici,
presto o tardi anche la sua vita spirituale si degraderà.
Mi ricordo che alcuni anni
fa due grosse chiese delle
Valli discussero se fosse il
caso di assumere un assistente sociale che operasse nel
settore giovanile, particolarmente colpito dalla droga:
non se ne fece niente perché,
si disse, le comunità non hanno la forza di sostenere simili
spese e poi perché questo è
un compito tipico dell’ente
locale. Probabilmente sono
vere entrambe le cose.
Di questo racconto mi manca però il finale: una volta individuato il problema, infatti,
occorre agire perché esso
venga se non risolto, almeno
affrontato. Le chiese devono
assumere con forza il compito di sentinelle sul loro territorio e non mollare la presa
finché chi di dovere non ha
dato le risposte adeguate.
Azien(Ja Usi 10
Indagine
sul pianeta
nziarìi
aitativi
Sono 12.000, nel solo Pineiicgoi. .rolese, gli anziani che hanno
talvolti (compiuto o superato i 75 anni
1 traccia .di età; un numero che è di
ni inni molto superiore della media
1 solista, piemontese. La notevole endietri, I stensione de! territorio mona affidi' ^tano probabilmente accentua
cale di iquesto fenomeno. Per questa
ale dell Ifascia «debole» di popolaziotesto,il He l’Ausl 10 di Pinerolo ha
no coni ^ deciso di avviare un’indagine
nbrecii a tappeto, dalla quale si coapnma '.noscerà con maggiore precispione rispetto ad oggi, lo stailitUGiii I salute della terza età, le
! e vie^ difficoltà e le abitudini quoti|diane, i problemi di salute e
* u [le terapie in corso. L’Azienda
i°a strili deciso di acquista
nsieroi i*'® 12.000 schede per la rileelta del ^''azione dello stato di salute
ibinonii [della popolazione ultrassesra op l [santacinquenne, che verranno
agiod I distribuite a tutti i medici di
i aprel dase degli anziani residenti
) deisti ?nel territorio della Usi stessa,
ilare Ì fPer essere compilate e restiliariscij I tuite, anonime, all’azienda,
a del i j II medico di base, che tratilessiv* f terà la scheda originale, avrà
leils®* l utio strumento conoscitivo
del so completo per affrontare
sul si Mn modo organico le varie
t P’'°'^lsmaóche e le patologie
■ eia parte dei propri
i* co» I anziani. I servizi del
T'alesi avranno a loro volta la
i^n ¡possibilità di intervenire in
la «pi* Ì®°do adeguato proprio parlonedi {l®ndo dalle difficoltà e dai bijgop*i* Ì*°goi emersi dalla ricerca,
ta and'* IQoesta «mappa della salute
^ della terza età» conterrà nujj dalli* ! Aerosi dati personali: dagli
gerì dd ? Aspetti abitativi alle relazioni
coi parenti o coi vicini, dalle
“■ ®Pèfudini di vita (fumo, conia str*y i*umo di alcolici, uso dei
rnod®H®ezzi di trasporto, capacità
:he cl'''[|Ael eseguire determinate ope1 rici."!,*! ^ioni quali acquisti); oltre a
doesti elementi verranno prein esame dati specificataJPente legati allo stato di sa! Inte (disturbi alla memoria,
dentatura o udito) problemi
**i deambulazione.
Sono diverse le forme di orientamento per chi ha terminato la scuola dell'obbligo
Come scegliere la scuola più confacente?
CARMELINA MAURIZIO
Tutte le scuole secondarie
di primo e secondo grado
del Pinerolese, i Cilo presso
le varie Comunità montane e
alcune associazioni culturali
sono in fermento in questo
periodo per promuovere iniziative di vario genere che
aiutino i ragazzi e le famiglie
a scegliere la scuola secondaria, passaggio ormai quasi obbligatorio dopo la licenza media, entro il prossimo mese di
febbraio, termine di scadenza
per le iscrizioni.
Come può un ragazzo di
tredici anni orientarsi nel modo migliore tra le varie proposte e le offerte del territorio e
come può destreggiarsi la famiglia nell’aiutare il proprio
figlio in una scelta che assume un valore decisamente importante per il futuro? Innazitutto in molte delle scuole
medie del Pinerolese da molti
anni sono in corso dei progetti che favoriscono spesso sin
dalla seconda media l’orientamento dello studente; inoltre
in terza media gli insegnanti
preposti proprio all’orientamento organizzano incontri
con i presidi, gli insegnanti,
gli ex allievi, visite alle scuole secondarie del territorio,
incontri con persone del mondo del lavoro, visite a laboratori artigianali locali, il tutto
per mostrare in modo più globale possibile che cosa c’è
dopo le medie.
Un’altra forma di aiuto sono i colloqui individuali organizzati dal centro di orientamento «Rita Levi Montalcini»
con sede a Pinerolo, che è stato aperto circa cinque anni fa
proprio per ricevere studenti e
genitori che vogliono orien
----■■i»
mtt
tarsi meglio; il Centro, che si
trova presso la scuola media
Brignone, è aperto su appuntamento oppure il martedì e il
giovedì mattina. Un’altra risorsa è costituita dai Cilo, che
proprio in questi giorni stanno
organizzando incontri per le
famiglie alle quali presidi e
insegnanti delle scuole secondarie del Pinerolese presentano le caratteristiche principali
dei loro istituti.
Quali sono le difficoltà
maggiori che famiglie e ragazzi incontrano nella scelta?
Una piccola indagine svolta
tra i ragazzi e le ragazze di
terza media della vai Pellice
dice che la prima preoccupazione è senza dubbio quella di
scegliere un’istituto adeguato
alle proprie possibilità, con la
speranza che si riesca a proseguire gli studi fino in fondo:
non è secondario infatti il timore che una scelta fatta a
poco più di tredici anni non
sia proprio quella giusta e che
quindi si spendano soldi in libri e tanta fatica per poi accorgersi di aver sbagliato. Ci
siamo infine chiesti dove vanno gli studenti dopo la terza
media. La maggior parte degli
studenti si orienta verso le
scuole superiori presenti a Pinerolo, dove sono attivi una
trentina di indirizzi, e tuttavia
dove esistono delle alternative
(a Torre Pellice e a Luserna
San Giovanni, per esempio,
dove ci sono l’istituto tecnico
per geometri e per ragionieri e
il corso per operatori turistici,
oltre al Liceo europeo pareggiato) i ragazzi mostrano un
buon interesse per le scuole
secondarie più vicine a casa
di cui, va detto, sono completamente prive la vai Chisone e
la vai Germanasca.
Determinare il luogo per la costruzione di un tempio non è mai stato impresa di facile soluzione. Sembra che il
criterio generale più ovvio potesse essere quello della facile accessibilità e della
distanza più breve dai centri abitati che
il tempio intende servire. Ma alla metà
del ’500 alle Valli i luoghi di culto erano
pochi essendo appena iniziata la costruzione di alcuni di essi, per cui gli abitanti dei villaggi più lontani erano obbligati
a sobbarcarsi lunghe e faticose marce
per raggiungerli.
Per esempio le popolazioni di Prarostino e Roccapiatta erano obbligate, per
recarsi al culto, ad arrivare fino ad Angrogna al tempio di San Lorenzo, inaugurato il giorno di Pasqua del 1556. Decisero così di iniziare una non facile battaglia burocratica per ottenere l’autorizzazione di costruire un tempio nel loro
territorio. Gli accordi del trattato di Cavour del 1561 menzionavano la località
di Roccapiatta come quella ricompresa
IL FILO DEI GIORNI
LA PANCIA DEL
COMMISSARIO
ALBERTO TACCIA
nell’ambito dei confini, in cui il «ghetto» valdese poteva sopravvivere. È dunque a Roccapiatta che fu identificata la
zona in cui il tempio poteva essere costruito. Ma la maligna meschinità delle
autorità ducali indicò la località di Pralarossa, la più lontana possibile dai centri
abitati in modo da rendere quanto mai
scomodo l’accesso al tempio da parte
della popolazione. Ma la storia (o la storiella!) racconta che un Commissario ducale doveva recarsi sul posto per deter
minare ufficialmente il luogo della costruzione. Ma il funzionarlo prescelto
sembra fosse persona obesa dalle ridondanti rotondità che dovevano conferirgli
fatica non indifferente a recarsi sul luogo previsto per la costruzione.
Giunge in carrozza (e non certo in automobile come suggerisce la traduzione
italiana del testo di Augusto Jahier sulla
storia di Prarostino e Roccapiatta I) a San
Secondo e poi, a piedi, fino a Roccapiatta. Racconta Augusto Jahier: «Il poveraccio, stanco e trafelato, lanciava di
tanto in tanto sguardi angosciati verso
Pralarossa, finché, completamente spossato e non potendone più, giunto alla
borgata dei Rostagni, si lasciò cadere pesantemente sull’erba esclamando: «Fabriché bele-ci, mi vat pi nen lassù!» il
che interpretato vuol dire: «Costruite
qui, io lassù non ci vado». E così, grazie
alla pancia del Commissario ducale, il
tempio di Roccapiatta fu costruito in zona più favorevole per i prarostinesi!
Urbanistica
Varianti
ai piani
regolatori
Un piccolo passo per dare
maggiore autonomia ai Comuni. Questo il senso della
legge 41 del 29/7/97 che è
stata presentata a cura dell’assessorato regionale all’Urbanistica nel corso di una riunione presso il municipio di
Pinerolo. Si tratta di una modifica di alcuni articoli
dell’attuale legge urbanistica
n. 56 del ’77, che dà la possibilità ai Comuni di adottare
direttamente, senza il controllo e l’attuale lungo iter burocratico in Regione, alcuni tipi
di «varianti» ai piani regolatori. Si tratta di varianti molto
limitate, che devono riguardare esclusivamente il territorio comunale, e non interferire con vincoli o prescrizioni
di carattere più generale
I presenti hanno apprezzato la «filosofia» che ha ispirato il provvedimento, che è
quella di lasciare alla decisione del Comune ciò che non
tocca interessi dei livelli amministrativi superiori, ma
hanno anche criticato le molte incongruenze; in particolare il fatto che nei Comuni sotto i 10.000 abitanti, per poter
adottare una variante parziale
che preveda un piccolo incremento residenziale, è necessario che la «capacità insediativa residenziale» precedentemente prevista sia esaurita.
Cosa ben difficile da stabilire,
se si considera la possibilità
di ristrutturazione di vecchie
abitazioni con piccoli ampliamenti. L’assessorato regionale si è impegnato a formulare
una circolare che chiarisca ulteriormente l’ambito delle decisioni che, in materia urbanistica, sono riservate all’autonomia locale. Lo snellimento
delle procedure burocratiche
sarebbe opportuno anche su
altri aspetti a cominciare, nei
Comuni montani, per tutto
quanto riguarda il «recupero»
che viene spesso rallentato,
senza validi motivi tecnici.
8
PAG. Il
«HURBINEK», LA SCUOLA DI RINASCA — La scuola
elementare di Pinasca verrà intitolata venerdì 28 novembre
alle 10 a Hurbinek, un piccolo bambino che Primo Levi
incontrò ad Auschwitz. Di lui lo scrittore scrisse così nel
romanzo «La tregua»; «Hurbinek non era nulla, un figlio
della morte, un figlio di Auschwitz, dimostrava tre anni
circa, nessuno sapeva niente di lui, non sapeva parlare e
non aveva nome: quel nome curioso, Hurbinek, gli era stato assegnato da noi. Egli morì ai primi giorni del marzo
1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole».
SI BALLA ANCHE A 90 ANNI — Un’occasione di incontro
è avvenuta domenica 16 novembre nel pomeriggio organizzato al Rifugio Carlo Alberto. Gli ospiti della Casa di riposo hanno accolto con musica e caldarroste i ballerini amanti
delle danze eccitane. Più di 50 persone hanno invaso la casa
e hanno fatto ballare gli anziani e le anziane che potevano
muoversi, mentre gli altri hanno piacevolmente guardato o
ascoltato le allegre musiche. Gli ospiti della casa aspettano
altre occasioni positive come questa. Pensiamoci !
MORTO DON ALDO TRUCCO, PARROCO DI TROSSIERI — Dopo un lungo periodo di malattia è deceduto,
all’età di 82 anni, don Aldo Trucco, parroco di Trossieri in
vai Germanasca per oltre 50 anni. La chiesa parrocchiale di
Trossieri, che don Trucco negli ultimi anni del suo ministero aveva fatto restaurare, conserva sul lato esterno prospiciente il piccolo cimitero, un singolare affresco che raffigura la risurrezione dei morti chiamati a giudizio.
MANGIAR BENE PER CRESCERE BENE — Dal 30 novembre al 14 dicembre presso i locali della biblioteca comunale di Villar Perosa sarà allestita la mostra «Mangiar bene
per crescere bene, un viaggio nel mondo degli alimenti». Si
tratta di un’iniziativa curata dai bambini e dagli insegnanti
delle scuole materne ed elementare di Porte, San Germano,
Villar Perosa, Inverso Pinasca e Pinasca. Nella biblioteca
sarà allestita in concomitanza anche la mostra fotografica di
nature morte rese vive dalla fantasia «Il frutto dell’immaginazione» di Mario Cinquetti. L’inaugurazione delle mostre
avverrà domenica 30 novembre alle 17, gli orari di visita nei
giorni successivi sono i seguenti: lunedì, mercoledì e venerdì dalle 14,30 alle 18,30, il sabato dalle 9 alle 12, domenica dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 18 alla biblioteca di Villar Perosa, dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 18,30 e il
sabato dalle 9 alle 12 all’istituto comprensivo «Marro».
PINEROLO: NEGOZI APERTI FINO AL 1° GENNAIO —
Con un provvedimento della scorsa settimana il sindaco di
Pinerolo, Alberto Barbero, ha autorizzato l’apertura degli
esercizi commerciali la domenica e nei giorni di chiusura infrasettimanale nel periodol“ dicembre ’97-1° gennaio 1998.
CANI AL GUINZAGLIO — Nel corso degli ultimi anni in alcuni Comuni del Pinerolese è stata adottata un’ordinanza
che impone ai padroni dei cani di condurli muniti di museruola o di idoneo guinzaglio; nello stesso tempo si imponeva
ai conduttori di cani di munirsi di paletta con la quale provvedere alla immediata rimozione delle feci, tanto più se il
passeggio avviene su strade dei centri storici, parchi urbani
dove giocano i bambini, marciapiede. In molti casi le ordinanze sono state eluse e recentemente il sindaco di Pinerolo
Barbero ha ricordato la validità dell’ordinanza emessa in
materia nel 1994.
NOVEMBRE IN LIBRERIA
PROGRAMMA DEGLI INCONTRI ALLA LIBRERIA VOLARE
SABATO 22 novembre ore 17,30
CULTURA E GASTRONOMIA, UN CONNUBIO GUSTOSO
Presentazione del libro «RICETTARI OCCITANI»
ed. Ousitano Vivo, con assaggio piatti tipici.
Sarà presente PREDO VALLA.
SABATO 29 novembre ore 17,30
OTTO BAMBINI EBREI: IL RITORNO ALLA VITA
Presentazione del libro «ALL’ALBA IL PANE BIANCO»
di FRANCO GIRARDET, ed. Centro Culturale Valdese.
Sarà presente l’autore. ________
PINEROLO, CORSO TORINO 44,
Per ulteriori informazioni Tel. 0121-393960
Ingresso libero _______________________
E Ego Delle mLLi ^ldesi
VENERDÌ 28 NOVEMBRElgo^
LUZENAC: INCONTRO A PINEROLO — Su richiesta
dell’on. Giorgio Merlo e del senatore Passone, si svolgerà
venerdì prossimo al municipio di Pinerolo un incontro fra la
direzione aziendale, rappresentanze sindacali, sindaci della
vai Germanasca e parlamentari della zona, per discutere
delle prospettive della miniera di talco alla luce delle difficoltà che sembrano sorgere per il nuovo sito di Rodoretto.
Torre Pellice: seminario delle Unioni femminili
Il 2000: anno santo oppure
giubileo fondato sulla Bibbia?
ELSA ROSTAN
Incontro per strada un’unionista e le chiedo se non
viene al seminario biblico
che avrà luogo a Torre Pellice; «Ah, mi dice, lo fate ancora... non è passato di moda?». Ma, penso, forse sono
passata di moda io, non certo
il seminario che, fra l’altro,
ha raccolto quest’anno il
maggior numero di iscritte,
65. Il titolo del tema di quest’anno era «2000; Anno Santo 0 Giubileo biblico?».
Dopo una breve introduzione generale di Daniela Ferraro
della Fdei i lavori del seminario sono proseguiti in gruppi;
c’è un gran cicaleccio dei due
angoli del salone della foresteria e negli altri locali dove
ci sono i gruppi: tutte hanno
qualcosa da dire ma la tavola
rotonda prevista alle 17 incalza. Presiede Lucilla Peyrot; il
primo oratore, Giorgio Gardiol, parlamentare, parla della
povertà del mondo, questione
molto complessa. Secondo
una ricerca, nel 1995 il Canada è il paese dove si vive meglio e la Guinea è dove si sta
peggio. Nei paesi poveri le
donne sono quelle che portano il maggior peso. I paesi
sviluppati vanno sempre più
avanti e gli altri sempre più
indietro. Che fare? C’è la difficile questione del debito
pubblico: le imprese che investono nei paesi sottosviluppati
producono cose che servono a
noi e se ci sono materie prime
vengono imposti prezzi di acquisto assai bassi; questo
meccanismo perverso fa sì
che i paesi del Terzo Mondo
rimangano sempre più indebitati. Nei paesi asiatici vengono impiegati nella lavorazione
della seta 2 milioni di bambini fino agli 8 anni avendo essi
mani piccole adatte a tali lavorazioni ma poi a 12 anni
vengono licenziati perché le
loro mani sono diventate troppo grosse! Ritorna in fondo,
nel discorso di Gardiol, quello
che pure è risultato dalla discussione in gruppo: è sempre
questione di responsabilità individuale e questo discorso,
per i protestanti, non dovrebbe suonare nuovo.
Antonella Visintin, ambientalista, si è soffermata sul fatto che il Giubileo biblico sottolinea il ruolo del riposo della terra, che era molto importante per gli ebrei. Ogni sette
anni il Giubileo biblico mette
insieme creazione e salvezza;
ma che cosa vuol dire salvezza dove ci sono persone cacciate dalla loro terra perché
su di essa c’è qualcosa che ci
interessa? Gli ambientalisti
hanno lavorato molto, l’Unione europea ha varato leggi
per il riposo della terra aiutando gli agricoltori a non
abusare di pesticidi. Occorre
un grande rispetto nei confronti della terra: se non dobbiamo massacrarci di lavoro
noi, neppure la terra lo deve
essere. Non dobbiamo distruggere i frutti della terra,
come avviene nel nostro paese quando c’è troppa frutta:
siamo di fronte ad una legge
della morte e non di vita.
Un gruppo di partecipanti ai seminario
Daniel Noffke, insegnate al
Servizio cristiano di Riesi, ha
ricordato la scelta di Tullio
Vinay di andare nel cuore
della Sicilia per portare con il
Vangelo delle condizioni migliori di vita, in cui l’uomo
potesse crescere, servirsi dei
doni del Signore e acquisire
una certa autonomia. E ben
vero che Riesi non è nel Terzo Mondo, ma l’economia rimane debole. Nel settore
agricolo si è scelto la coltura
biologica; una scelta impegnativa che crea problemi
perché il prodotto biologico
sconta dei prezzi assai alti.
Scelgono il biologico specialmente i genitori di bambini
piccoli, ma la scelta del futuro è il confezionamento in
proprio dei prodotti avviato
da alcuni anni.
Un pomeriggio pieno dunque e dopo di esso la cena co*munitaria; a seguire una sera
ta distensiva con canti, giochi
e una benevola satira dell’anno santo. Il risveglio mattutino vede la valle dominata da
un Boucie imponente con le
sue nevi e un po’ di nuvolaglia dietro il Granerò. È l’ora
del culto, ai Coppieri; siamo
in uno dei più antichi templi
(1555); qui sono davvero vere le parole dell’inno 4 «La
Parola antica, che da Dio procede, mai non tacerà»; è accaduto allora, succede ancora
oggi grazie alla predicazione
di Anne Zeli. Il culto viene
effettuato con la partecipazione attiva di una unionista di
Pinerolo, con le sorelle di
Torre Pellice. Dopo il pranzo
ogni gruppo spiega il proprio
lavoro e poi i saluti; vien letta
una preghiera di donne dal
volumetto «In attesa del mattino»; attendiamo anche noi
fiduciose «quel mattino» che
il Signore ci ha promesso.
Comunità Pinerolese pedemontano
Si dimette la giunta
DAVIDE ROSSO
.TT o la coscienza di aver
NvXX lavorato molto e be
ne. Sono disponibile al ricambio così come erano gli accordi all’atto dalla formazione
della giunta, ma sono disposto
anche a ritirarmi». Con queste
parole e ponendo sul tavolo
inoltre il problema della sintonia tra l’operato della giunta e
il Consiglio, dopo aver tracciato per sommi capi l’attività
della propria amministrazione
il presidente Luciano Cavallone ha aperto il dibattito sull’ultimo punto in programma
in Consiglio di Comunità
montana pedemontana pinerolese, martedì 18 novembre,
seduta che ha poi avuto come
epilogo l’apertura della crisi e
le dimissioni dell’intera giunta. Nel corso del dibattito sono stati letti due documenti,
che contenevano affermazioni
gravi contro l’operato del presidente Cavallone, documenti
presentati dai sindaci di Frossasco e Cantalupa (che hanno
potuto partecipare al dibattito
essendo stato momentaneamente chiuso il Consiglio).
Nei documenti si manifestava
tra l’altro la preoccupazione
per la situazione che si era venuta a creare anche a seguito
E
rochet
i^y)eiUe
Aesicurazionì
ASSICURAZIONI
GRUPPO UAP ITALIA
AGENZIA GENERALE
Corso Gramsd, 2 - Torre Pellice - Tel. 0121-91820 - Fax 932063
della lettera inviata dal presidente Cavallone all’assessore
Pons (in cui Cavallone chiedeva all’assessore di schierarsi più nettamente) e inoltre si
esprimeva un giudizio negativo su alcune scelte oltre che
sulla capacità esecutiva e propositiva di Cavallone e della
giunta. «Non siamo intervenuti prima - ha affermato il sindaco di Frossasco - per non
fermare la presentazione dei
progetti di sviluppo turistico
(Docup). Ma abbiamo ritenuto
offensiva la lettera inviata
all’assessore Pons anche se
questa non è la nostra vera
preoccupazione che è invece
la gestione della Comunità. Vi
sono troppe domande e poche
risposte. Riteniamo il ruolo di
presidente non consono a chi
lo ricopre ora».
A questo punto la giunta,
vistasi accumunata nei giudizi
negativi di quelli che si presentavano come due documenti di sfiducia presentati da
una parte del Consiglio, ha
deciso di rassegnare le proprie
dimissioni anche per accelerare i tempi di una crisi che si
presenta in un momento non
facile, in cui l’iter dei Docup
sono ancora in es,sere e abbi.sognano di un’amministrazione salda per essere seguiti.
Luserna S. Giovanni
Cooperazione
con il
Terzo Mondo
Un buon numero di alunni
dell’Istituto Alberti ha ascof
tato lo scorso sabato una serie
di testimonianze dirette suHji
cooperazione con i paesi del
Sud del mondo, in particolare
V
SERGI
firma (
’orma
idei 1“ nt
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T Africa, e sulle esperienze di jie assem
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lema ma
ìU’orgai
volontari che si sono unpe..,
gnati per periodi più o meno
lunghi all’interno di vari pm.
getti. La coopcrazione è stata
analizzata per quello che è
fatti, cioè molto più spessoi
un’assistenza interessata oj
mezzo, per il paese che «aia.
ta», di acquisire nuovi merca-;
ti. Nei numerosi esempi portati dai responsabili dell’IscosCisl, del movimento Sviluppo
e pace e della Comunità impegno servizio volontario di Tnrino, è emersa la forte critica|t;b) tratt
verso un neocolonialismo ma- relaparte
scherato, che ha imposto mo- la partita ]
dell! di industrializzazioneiintono e
estranei, megaprogetti inuti-fcamenti
lizzabili per la popolazione, isa quest
progetti «chiavi in mano» che |gi prest
aumentano la dipendenza-Ètiéntra r
emarginando i tecnici locali, tUa valut
aiuti alimentari che modifica- osi parla
no fortemente i consumi e ita dalla]
danneggiano il piccolo reddito idi front
dei contadini. Troppe volte alia mo
sono i poveri a finanziare i* issimo c
ricchi. Difficile far capire ai isa, qua
ragazzi italiani che il lorofli- mo vita)
turo e la loro occupazione di- leintrodi
pendono dal positivo sviluppo dizione
dei paesi poveri; certo da uno- lÓDciale
sviluppo che metta al centrai
coinvolgimento locale, la questione delle diversità culturali,
la liberazione dalla comiz«
delle classi dirigenti, al Noid
come al Sud del mondo.
iesempi
e, ma
lotare
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ritti a
si atti
dispos
lamente
Mary Genre
;o e non
A), per cc
icono le
iacali, chi
iati delle
aazionali
Ho appreso con grande dispiacere, dal L’eco delle
valdesi del 31 ottobre, della
scomparsa di Mary Genre
bserati.
Campese. Come ha fatto la
signora Elsa Rostan anch’io . ® P'
signora .... ........ — , |tio„e d
la ncordo con immenso attei- . .
to. La conobbi 29 anni fa. . ?
A',A roto, la
suo manto dm- - ’
. Idi con
quando con
geva il convitto a Pinerolo c
mio figlio Marco vi era ospi- v ..
te. La ritrovai poco dopo, tro-P * ^ ^
tuiscono
vandomi all’ospedale civile , . .
fin di vita “®gm,
di Pinerolo quasi in .... .* - « , . ,
dopo una grave operazione: : ai
questa signora, malgrado i ,
molteplici lavori che l’attendevano, si recava immanca-P ^
bilmente tutti i giorni
iibuzion
One di i
l’ospedale per portarmi conforto e aiuto e inviava, tramite mio figlio che si recava a
scuola, un termos di tè col li'
mone per dissetarmi. Grazie*
Dio tutto si è risolto in bene,
più tardi mi sono ancora m'i
centrata con lei a Vallecrosia
nella Casa valdese. Ultimamente non ebbi più Toccasione di incontrarla.
Poche .sono le persone dina . .
cuore così grande. Per quest®'
mio pensiero l’accompagi'*
" ■ '■■ ■...' “dente p
auguro che nostro Signore
restituisca tutto il bene Ita cono
cui si è prodigala. 4 famigjj
Dina Susanna Tran ’^0 in t
Frali |che hani
Persor
arredamenti
(di fronte alla caserma alpini)
esposizione e laboratorio:
via S. Secondo, 38 - ® 0121/201712
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
FA VÌVERE LA TUA CASA
fondane
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lì 28 NOVEMBRE 1997
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DIBATTITO
Verso un nuovo
stato sociale
SERGIO PASETTO
.finna dell’accordo sulla
iforma dello stato socia1^1 r novembre 1997; in
settimane si sono svolli assemblee di ratifica
cordo, con la presenza
foratori e pensionati.
iSte le due notizie su cui
ebbe subito svolta una
riflessione: a) formall’accordo è firmato dai
¡rtici Cgil, Cisl, Uil, ma
¡care diviene quasi una
d’atto con improbabili
joranze contrarie; oscilmé continua tra delega a
e e delega a decidere,
lema mai risolto all’interdi to-ilell’organizzazione sindacriticaii;b) trattative e accordo,
no ma- tela parte preponderante la
to mo-, kpartita previdenza e tutti
azione;
. inuti-:
izione,
iO» die:
idenza
locali,
idifica>umi e
reddito;
; volte
ziare
pire a
oro filone diviluppo
[tono e parlano (spesso
isamente) di pensioni: la
la questione della sanità
prestazioni e ticket)
ientra nell’informazione
¡Ila valutazione generale,
si parla di assistenza (sedalla previdenza e perdi fronte ad una riforma
;ia molto innovativa),
simo della politica dela, qualche accenno al
lO vitale, che dovrebbe
introdotto con la nuova
lizione legislativa sullo
da unoi baciale.
Sesempi potrebbero conte, ma sono sufficienti
otare un’ottica ridotta
[ijnformazione carente,
¡ritti al sindacato pensi attengono alle notidisposizione e danno
lamente un giudizio ge:o e non approfondito. RiIÍ0, per coloro che non coicono le organizzazioni
iacali, che i sindacati penali delle tre organizzaziolazionali sono spesso la
idedi- ^preponderante degli
le valli jP*’ ^ sindacato o almeno
, (jeiia^scono una buona metà
parte
atto la
vistosa dell’accordo ri
nch’io pensioni (anzi la
ò affet- delle pensioni di
mi fti notare che
0 diri- pensione con 35
=roloe contributi, è stato
;. Muto, ma limitato a re
oo°tro- anagrafica che lo
c’jviieF''e meno agibile di come
di vital'’®gine.
izione:
|va dai 53 anni nel ’98 ai
radoi|®‘ e seguenti, con
’atten- filità di superare il renanca
r L ------- V»*
t. HO dell’età avendo
_____ _____ una
rni al' ¿^'*^ione di 40 anni. La
ione di anzianità diventa
li contrami'
;cava a
col lilrazie>
1 bene;]
ora in'
ecrosii
mima'
ccasiO'
di botto una forma di quiescenza non facile e non più
così largamente anticipata rispetto alla normale pensione
di vecchiaia.
Tale scelta pare riscuotere
però la maggioranza dei consensi nell’ambito dei pensionati sindacalizzati: forse questo discende dall’apertura lasciata alle categorie operaie
ed equiparate. E qui si dovrà
aprire una trattativa ulteriore
per capire come si riempie
questa area degli «equivalenti»: lavori faticosi nel pubblico impiego? Effettuati da impiegati? Oppure solo impiegati del settore privato? Potremmo chiederci se l’accordo della maggioranza di governo nato dalla crisi aperta da Rifondazione comunista e che ha
appunto introdotto la distinzione tra categorie operaie e
categorie impiegatizie non abbia influito sulla trattativa sindacato-governo e se si risponde affermativamente quanto
ha dato o tolto di potere contrattuale al sindacato dei lavoratori. Ricordo che inizialmente si trattava di lasciare le
norme più favorevoli solo ai
lavori usuranti (ad esempio
minatori) e precoci (chi ha
iniziato a lavorare fra i 15 e i
18 anni), poi si è esteso il trattamento più favorevole a tutto
l’ambito operaio.
Dato certo ormai: il pubblico impiego perde il privilegio
della pensione anticipata ai 15
o 20 anni, ed entra nel campo
generale del lavoro di diritto
privato, ponendo fine alle cosiddette baby pensioni. È un
dato reale col quale dovranno
fare i conti i futuri lavoratori
statali e che provocherà, ritengo, una drastica riduzione delle aspettative che l’impiego
statale alimentava. Mi pare
esagerato l’aver concentrato
spesso il dibattito solo su tale
argomento, creando di fatto
una distorta contrapposizione
pubblico-privato o addirittura
operai-impiegati che dovrebbe
far riflettere su alcune linee
demagogiche. Forse questa
potrebbe essere una possibile
conclusione: vi sono dei lavoratori da tutelare sul piano
della parità delle opportunità;
vi è uno stato sociale da rifondare non più sull’assistenza e
sul privilegio, ma sulla sicurezza durante e dopo il lavoro;
diritti veramente acquisiti nei
fatti con merito e con sacrificio. Probabilmente comincia
una nuova strada, tutta da percorrere con esiti problematici.
A colloquio con il direttore dell'istituto, Elio Meggiolaro
Il «Carlo Alberto» sede diurna
per i malati di Alzheimer
FEDERICA TOURN
Un centro diurno per malati di Alzheimer che possa
occuparsi di 12 casi giornalieri: questo è l’importante progetto messo in piedi dal Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni e dalI’Ausl 10. Per adesso siamo ancora
alla fase degli accordi (a giorni si riunirà una commissione
paritetica di rappresentanti del
Rifugio e dell’Ausi per definire tutti i dettagli, non ultimo
chi pagherà la retta giornaliera
per gli ospiti diurni) ma la ristrutturazione dei locali necessari dovrebbe cominciare già
nella primavera del ’98.
L’idea, ci ha spiegato il
nuovo direttore del Rifugio,
Elio Meggiolaro, nominato il
3 settembre scorso, è nata per
rispondere a un’emergenza
sociale e per dare degli strumenti di sostegno a persone
affette da un morbo di cui non
si sa quasi niente, se non che
è una malattia degenerativa
del cervello che porta abbastan- za rapidamente alla morte (Alzheimer parlava di soggetti colpiti intorno ai 50 anni
che vivevano ancora circa
cinque anni). Il malato, che
alterna fasi di lucidità a fasi di
dissociazione mentale in cui
perde la cognizione spazio
temporale e il controllo delle
funzioni fisiologiche, ha bisogno di un’assistenza continua.
Visto che i sintomi all’inizio
possono essere difficili da individuare, è difficile anche fare una diagnosi precoce della
malattia: spesso, soprattutto
se il malato è anziano, si tende a confonderla con la demenza senile, che ha un decorso meno pesante e più lungo. Per lo stesso motivo è difficile raccogliere dati suH’incidenza del morbo di Alzheimer sul nostro territorio. «Il
centro diurno nasce strutturato per i malati di Alzheimer specifica a questo proposito il
direttore del Rifugio - ma
questo non significa che non
possa accogliere persone affette da altre patologie, come
appunto la demenza senile».
Il Rifugio, che si appresta a
festeggiare il centenario, ospita oggi 70 anziani, di cui 63
completamente non autosufficienti: di questi, 40 sono convenzionati con l’Ausl 10 e
percepiscono una quota sanitaria di 44.840 lire sul totale
della retta di 106.500 lire al
giorno (4 ospiti, non in grado
di pagare interamente la loro
Attività ricreative per gii ospiti
quota, sono almeno in parte a
carico dei servizi sociali della
Comunità montana); gli anziani autosufficienti invece
pagano interamente la cosiddetta «quota alberghiera» di
75.000 lire al giorno.
- Come mai avete pensato
proprio al Rifugio Re Carlo
Alberto come sede del futuro
centro diurno?
«Il Rifugio è nato per dare
un asilo agli incurabili, ai “rifiutati”; vogliamo continuare
ad andare incontro a chi ha bisogno e a cercare di dare risposte a problemi concreti. Il
progetto di un centro diurno
va comunque verso l’idea della domiciliarità, di un’alternativa al ricovero, perché non si
vuole relegare il malato dentro strutture chiuse ma cercare
di aiutarlo nel suo ambiente
essendo nel contempo di supporto alle famiglie».
- Non teme che l’Ausl dopo
questo nuovo accordo tagli i
fondi per i posti letto stabiliti
nella convenzione annuale
con il Rifugio?
«In effetti è probabile che
questo accada, visto che i dati
statistici ci dicono che nel territorio dell’Ausi 10 ci sono
troppi posti letto rispetto alla
richiesta prevista: però in altre
zone il rapporto è invertito e
allora può darsi che le Ausi
competenti vogliano in futuro
convenzionarsi con noi. Anche se la soluzione non mi entusiasma perché in questo modo si corre il rischio di sradicare le persone dal loro territorio».
- Dove saranno situati i locali del centro ?
«Noi vorremmo inserire il
progetto del centro diurno
nell’ambito della ristrutturazione generale del Rifugio,
che prevede dei lavori nel nucleo originario costituito dalla
cascina dei Musset, nel padiglione Arnaud, nato come di
(foto Marcello Gaietti)
spensario antitubercolare, e
nell’edificio nuovo che li collega. Una volta restaurata
questa parte, la zona in cui
ora si trovano gli uffici e la
cappella, quello che una volta
era il “cas”, verrà attrezzata
per il centro diurno con bagni,
saloni per le attività e la fisioterapia: tutti questi servizi potranno essere utilizzati anche
da esterni, non necessariamente inseriti nella terapia per
i malati di Alzheimer».
- Quali fondi pensate di utilizzare?
«L’Ausl contribuirà per il
progetto del centro diurno;
per la parte edilizia in senso
stretto ci affidiamo ai doni e
ad alcune eredità lasciate al
Rifugio. Inoltre a dicembre
dovrebbero arrivare dai fondi
dell’8 per mille circa 130 milioni che la Tavola aveva richiesto per poter finire di pagare il mutuo dell’ala nuova».
- Oltre al futuro centro
diurno, il Rifugio prevede dei
servizi condivisibili con il territorio?
«Per ora no, ma visto che
abbiamo una mensa sovradimensionata e una bella lavanderia non escludiamo di poter
in qualche modo condividere
questi servizi con il territorio.
Sarebbe anche bello creare
un forte collegamento con la
chiesa locale. Vorremmo, e il
centro diurno potrà fare molto in questo senso, sfatare il
mito del Rifugio isolato e
chiuso in se stesso. Abbiamo
anche cercato di sensibilizzare la comunità con una campagna per la ricerca di volontari, sempre nella speranza di
migliorare la vita dei nostri
utenti; per ora il servizio di
volontariato è svolto dall’
Aio, l’Assistenza volontari
ospedalieri, che ci aiuta anche con sostegni economici,
e saltuariamente da gruppi di
animazione musicale».
'a malattia le cui conseguenze si ripercuotono pesantemente anche sulle famiglie di chi ne è colpito
^Izheìmer^ patologia irreversibile e in rapida diffusione
$LNA
RAVAZZINI CORSARI
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LO
|rmai è proprio fuori
^di testa», «Non sa
che si fa», «È compente partito»: frasi che
spesso, ripetute e riJ 3 conoscenti o a perso® famiglia, frasi che tratto in tre parole indivi'tte hanno perso la pro■personalità e stanno
andando in un mondo
l°ro, fuori dalla comune
^ Si parla così dei vecj èliche non tanto vecchi,
''iene diagnosticata una
di «demenza senile» o,
''più specifici, di «morAlzheimer».
ultima patologia, ineIntente irreversibile, è
™Più crudele in quanto
non colpisce solo persone particolarmente anziane, ma può
iniziare, subdola e difficilmente diagnosticabile, già intorno ai 50 anni, se non prima. Ed è una malattia che fa
paura per come si va diffondendo e perché porta con sé il
progressivo stravolgimento
mentale della persona che ne
è colpita. Ma se non se ne può
evitare né l’evoluzione né la
triste conclusione, se ne può
tuttavia rallentare il decorso e
impedire quindi al paziente un
crollo precoce e definitivo.
Può essere perciò ritardato il
suo esito degenerativo e ciò
offre due aspetti marcatamente positivi: l’uno ovviamente
nei confronti del malato stesso, l’altro, cosa niente affatto
indifferente, riguardo ai suoi
familiari. Sono infatti costoro
a dover portare il grosso e angoscioso peso del malato di
Alzheimer, è tutta la famiglia
che deve affrontare una situazione che si fa sempre più difficile e a un certo momento
addirittura insostenibile per la
necessità di un’assistenza
continua.
È proprio nel duplice intento di aiutare il malato e al
tempo stesso chi lo accudisce
che stanno sorgendo, ora anche in Italia, i «Centri diurni
per i malati di Alzheimer».
Hanno una doppia finalità:
evitare la completa e anticipata istituzionalizzazione del
malato (che comporta costi assai elevati per la famiglia e il
lacerante trauma della definitiva separazione), e garantire
al paziente un’idonea e completa assistenza per la durata
della giornata lavorativa, consentendo ai suoi familiari oltre
a un sollievo morale e materiale, la possibilità del normale svolgimento del proprio lavoro, altrimenti compromesso
dalla necessità di un’assistenza continua al parente.
E in questa direzione che il
Rifugio Carlo Alberto si è
mosso, giungendo a un accordo con la direzione generale
dell’Ausl 10 e ottenendo da
tale ente un impegno di collaborazione. Nel quadro dei lavori di ristrutturazione del Padiglione Arnaud, della vecchia cascina e di adeguamento
alle nuove norme di legge vigenti, troverà dunque spazio il
progetto del «Centro diurno
per i malati di Alzheimer».
Con quest’opera si vuole offrire un servizio valido e adeguato a persone che non devono essere considerate quali
oggetti rotti e inservibili, che
creano solo problemi, ma persone che malgrado tutto conservano ancora una propria
dignità che come tale va rispettata, e alle quali si vuole
impedire di precipitare innanzi tempo nel vuoto di una vita
esclusivamente vegetativa.
11 Rifugio Carlo Alberto si
appresta così a celebrare il
suo centenario, che cadrà V
anno prossimo, rispondendo a
una vera necessità, con qualcosa di tangibile, espressione
di quell’amore operante verso
il prossimo che ne segnò le
sue lontane origini.
Nelle
Chiese
Valdesi
I DISTRETTO — Domenica 30 novembre alle
14.30 a San Secondo riunione dei Concistori.
ANGROGNA — Domenica 30 novembre alle 10
culto con i catecumeni e la
scuola domenicale, pranzo
per bambini e ragazzi a cura
delle monitrici e alle 14,30
alla sala unionista recita,
canti e bazar prenatalizio,
con i bambini della scuola
domenicale, i catecumeni e
l’Unione giovanile. Riunione quartierale martedì 2 dicembre al Prassuit.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali: martedì 2 dicembre
alla Cartera e ai Gonin. Sabato 6 dicembre l’Unione
femminile visita l’Asilo e
cura la meditazione biblica.
Domenica 7 dicembre alla
sala Albarin la società di
cucito tiene il suo bazar invernale dalle 11,15 fino al
tardo pomeriggi.
PERRERO-MANIGLIA — L’Unione femminile si incontra martedì 2 dicembre alle 14,30. Riunioni
quartierali: lunedì 1“ dicembre alle 15 alle Grangette,
mercoledì 3 dicembre alle
15 alla Baissa, alle 20,30 a
Perrero, giovedì 4 alle 15 a
Forengo.
POMARETTO — Riunioni quartierali: venerdì 28
alle 20,30 a Perosa, lunedì
1° dicembre alle 20 ai Masselli, mercoledì 3 dicembre
alle 20,30 alla Lausa, alle
20 ai Pons, venerdì 5 alle 15
all’Inverso Clot. Sabato 29
novembre alle 20,30 all’Eicolo Orando serata informativa sull’Uruguay (Fray
Bentos, Young, Rio Negro)
per chi ci è già stato e per
chi desidera visitare questa
zona. Introducono Marianna e Sergio Ribet.
PRALI — Venerdì 28,
alle 20,30, al tempio, incontro del gruppo teatro.
Domenica 14 dicembre, alle 10, culto con assemblea
di chiesa.
PRAMOLLO — Riunione quartierale giovedì 27
aia Pellenchi alle 20,30.
Studio biblico lunedì 1° dicembre alle 20,30.
PRAROSTINO — Il 30
novembre alle 10 culto nel
tempio di San Bartolomeo
con la partecipazione dei
giovani, pranzo comunitario. Riunioni quartierali:
mercoledì 3 dicembre alle
20.30 ai Cardonatti, giovedì 4 alle 15 a Pralarossa.
RORÀ — Domenica 7
dicembre, domenica dedicata ai predicatori locali, il
culto sarà presieduto da
Maddalena Giovenale Costabel
TORRE PELLICE —
Riunioni quartierali: venerdì 28 agli Appiotti, martedì 2 dicembre borgata Simound, venerdì 5 alla Ravadera.
SOS ALCOLISMO
Poliambulatorio
Villar Perosa: tei. 51045-51379
Ospedale Pomaretto
Tel: 82352-249 - day ospitai
L'Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei, 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
10
PAG. IV
E Eco Delle "^àlli moEsi
VENERDÌ 28 NOVEMBRE jjQì
(Tacabanda» a Luserna San Giovanni
Strumenti di terracotta
A Luserna, nella palestra comunale, sabato 29 novembre
alle 21,15 si potrà assistere a
un concerto dei «Scent peij»,
musiche per strumenti e oggetti
di terracotta: quattro suonatori
del Biellese, impegnati in molteplici «avventure» musicali e
non (da cui il nomignolo di
«cento pelli» con cui hanno
voluto designarsi) ci portano
nel mondo magico e polveroso
della terracotta, fra fischietti,
ocarine, tegole, vasi, anfore,
tubi, piastrelle e altre meraviglie in un itinerario musicale
che si sviluppa lungo una giornata, dall’alba alla sera, e che
copre un po’ tutto il mondo,
dalle valli del Biellese agli altopiani africani, dalle isole greche alle colline d’Irlanda.
Un’operazione di riscoperta di
strumenti apparentemente poveri, che si richiama a un’attività artigianale un tempo fiorente nella zona, la produzione
di oggetti in terracotta a Ronco
Biellese, una specializzazione
importante per l’economia locale fin verso gli Anni 20, in
cui un posto di rilievo assumeva la costruzione di fischietti,
che in dialetto si chiamavano
rasgne, ciuruche o subiamerli
(il tipo ad acqua, con cui si
imitava il verso del merlo)
principalmente destinati ai
bambini. Il gruppo è di recente
costituzione ed è formato dai
cugini Guido e Daniele Antoniotti, attivi anche nel gruppo
di musica tradizionale del
Biellese «Meikenut», dal flautista Michele Moricchini e dal
percussionista
Daniele Albarello, musicisti
con una lunga esperienza alle
spalle ma che si sono rimessi
in questa nuova formazione
che non prevede ruoli musicali
definiti ma uno sforzo di creatività per sfruttare al meglio le
possibilità e le combinazioni
sonore degli oggetti di terra, in
parte realizzati dagli stessi
suonatori, che hanno organizzato anche dei corsi di costruzione di fischietti di terracotta
nel Biellese, raccogliendo un
numero sorprendente e inatteso di adesioni. D’altronde il fischietto ha una simbologia
complessa nella tradizione popolare, una storia e una ben
definita collocazione nella cultura contadina, oggetto propiziatore di fortuna e prosperità,
posto nelle culle e murato nelle cappe dei camini per tenere
lontani gli spiriti maligni, era
qualcosa di più di un semplice
tubo sonoro.
L’ingresso costa 8.000 lire;
seguirà un ballo tradizionale
con «Mouzico e dansa d’oc».
Appuntamenti
LABORATORIO ARTIGIANALE
di FAÔTICCERIA
di Serg io Mollea
Apertura al pubblico di un punto vendita al minuto di
pasticceria fresca e seccai rinfreschi - specialità torresi
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Torre Penice, via Matteotti 5 (cortile interno) tei. 932895
27 novembre, giovedì —
TORRE PELLICE; Alla biblioteca della Casa valdese, alle 15,30 per l’Unitrè, conferenza del dottor Giovanni Peyrot sul tema «La biblioteca di
Alessandria d’Egitto».
28 novembre, venerdì —
PINEROLO; Per la rassegna
«Aspettando l’invemo» al Teatro-incontro, alle 21,15, la
compagnia Nonsoloteatro presenta «Una vita di racconti», di
e con Guido Castiglia. Ingresso lire 15.000, ridotto 10.000.
28 novembre, venerdì —
VILLAR PEROSA: Alla
scuola media «Marro», dalle
17 alle 19, incontro per genitori
e insegnanti sul tema «Aggressività, passività e assertività
nella gestione del conflitto».
28 novembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Nella sala consiliare della Comunità
montana, alle 21, incontro promosso dalla Cri sul tema «Gli
incidenti stradali»; sarà rilasciato un attestato di frequenza. Per informazioni rivolgersi
dalle 20 alle 23 del giovedì al
tei. 932073.
28 novembre, venerdì —
PINEROLO; Alle ore 20,30,
auditorium di corso Piave, incontro su «L’ascolto e il mancato ascolto dell’abuso sessuale» con proiezione del video
«Almeno fuori c’è il sole».
28 novembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle
20,45, nella sala della biblioteca della Casa valdese, presentazione del romanzo «All’alba
il pane bianco», di Franco Girardet. Centro culturale valdese editore: introduce Francesco
Agli alla presenza dell’autore.
29 novembre, sabato — PINEROLO: Alle 15,30 all’Hòtel Cavalieri, strada Orbassano
11, convegno sul tema «Futuro
del lavoro autonomo, nodo del
le pensioni, tagli allo stato sociale, rilancio degli investimenti e della produzione», interviene Roberto Pinza, sottosegretario al ministero del Tesoro.
29 novembre, sabato —
PINEROLO: Alle 21, all’auditorium di via dei Rochis, i
Musicali della compagnia Costruire cantando presentano un
concerto con raccolta di fondi
a favore dell’iniziativa Telethon ’97.
30 novembre, domenica —
PINEROLO; Alle 16,30,
all’auditorium di via dei Rochis, la scuola comunale di
danza presenta la traduzione di
immortali melodie in movimenti coreografici con la partecipazione di Joel Carreno e
Maela Boltri, medaglia d’oro a
Cuba. Raccolta di fondi a favore di Telethon ’97.
30 novembre, domenica —
SAN SECONDO: Alle ore 14,
presso il Centro comunale polivalente (biblioteca) prende
l’avvio il 1° torneo di «Risiko».
30 novembre, domenica —
BAGNOLO PIEMONTE; Al
teatro «Silvio Pellico», alle 16,
spettacolo per bambini «Cenerentola», testo e regia di C.
Trapani, ingresso lire 15.000,
ridotto lire 12.000.
1" dicembre, lunedì — PINEROLO: Presso la scuola
media statale «Parri» alle 17
incontro per il corso di aggiornamento «Creatività nella
scrittura», relazione di Maria
Colombo.
3 dicembre, mercoledì —
PINEROLO: Al Teatro-incontro, alle 21, il Piccolo varietà presenta «48 in casa 40»,
commedia brillante, per raccogliere fondi a favore di Telethon ’97.
4 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE; Alla biblioteca della Casa valdese, al
le 15,30 per l’Unitrè, concerto
con Daniela Pilotto, soprano,
Gianluca Fasano, tenore, Clelia Spinelli, pianoforte: musiche di Verdi, Bellini, Leoncavallo, Puccini.
5 dicembre, venerdì —
VILLAR PEROSA: Presso la
scuola professionale Agnelli,
alle 16,45, incontro sul tema
«L’industrializzazione della
valle», col prof. Valter Bruno.
5 dicembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 21,
presso la sede della Comunità
montana, incontro organizzato
dalla Cri sul tema «Traumi e
incidenti domestici»; sarà rilasciato un attestato di frequenza. Per informazioni rivolgersi
dalle 20 alle 23 del giovedì al
tei. 932073.
5 dicembre, venerdì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Nella sede Avis prelievo
collettivo di sangue dalle 8,30
alle 11,30.
5 dicembre, venerdì — PINEROLO: Al Teatro-incontro, alle 21,15, per la rassegna
«Aspettando l’inverno», la
compagnia «Cavallero & Fantechi» presenta «Otello buffo». Ingresso lire 15.000, ridotto lire 10.000.
5 dicembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle
20,45, nella sala dell’ex biblioteca valdese in via Beckwith 2, per il Gruppo di Studi Val Lucerna e il Centro culturale valdese il professor
Giorgio Balmas, sovrintendente al Teatro Regio, terrà
una conversazione sul tema
«Parliamo di musica... esperienze di ieri e di oggi».
5-6 dicembre — PINEROLO; Al Palazzetto dello Sport
«24 ore di sport per la vita»,
partite tra giovani e meno giovani a tutte le ore del giorno e
della notte per Telethon ’97.
VALU
CHISONE • GERMANASCjl
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
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DOMENICA 30 NOVEMBRE
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SILVI
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
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telefono 932433
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Luserna San Giovanni: Farmacia Gribaudo - Via Roma
19 (Airaii), tei. 909031
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CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, te!. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza: tei. 322664
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Acea: due nuove convenzioni per la raccolta differenziata
Computer e indumenti di riciclo
Quando si parla di rifiuti la parola d’ordine sembra essere
sempre di pitJ ridurre la quantità di materiale di scarto che
finisce in discarica. Le cifre ci dicono che oggi si producono
mediamente quasi 4 quintali di rifiuti all’anno per abitante,
quantità che dal ’79 ad oggi è circa duplicata, viene da pensare quindi che continuando di questo passo il rischio sia
quello di venire travolti da questo «mare di rifiuti» che noi
stessi produciamo. Una delle strategie individuate ormai da
tempo per affrontare il problema della riduzione dei rifiuti è
la raccolta differenziata e nel Pinerolese da anni il Consorzio Acea si sta muovendo in questa direzione, sia raccogliendo in maniera differenziata diversi materiali come vetro, carta, sfalci verdi, plastica ecc. sia con iniziative importanti per incentivare questo tipo di raccolta, come per
esempio la predisposizione di aree sovracomunali per la
raccolta differenziata, la distribuzione di compostatori ecc.
Recentemente alla raccolta differenziata di vetro, carta,
sfalci verdi, plastica ecc. si è aggiunta anche quella degli
indumenti usati e quella dei computer. Infatti a seguito di
una recente convenzione stipulata tra il Consorzio Acea e
la cooperativa sociale «Tenda servizi» si sta provvedendo,
in 22 Comuni del bacino del Consorzio (tra cui sono molti i
Comuni della vai Pellice e vai Chisone oltre naturalmente a
Pinerolo e ai Comuni di pianura), all’installazione di 40 contenitori Push per la raccolta di indumenti usati di qualsiasi
natura; una seconda convenzione poi, questa volta tra
l’Acea e l’istituto professionale «Capetti» di Pinerolo (Ipsia)
dà inizio alla raccolta differenziata dei computer.
Nel dettaglio la prima iniziativa prevede che la cooperativa
«Tenda servizi» una volta posizionati sul territorio i contenitori provveda al loro svuotamento con scadenza quindicinale, 0 prima in caso di loro riempimento anche se questo avviene in tempi più veloci dei quindici giorni previsti, e quindi
allo smaltimento del materiale. Il materiale contenuto nei
contenitori (la loro capacità e di circa 400 chilogrammi) sarà
di proprietà della cooperativa che prowederà a selezionarlo
per mezzo del proprio personale. Nel caso di abiti 0 scarpe
o altri indumenti ancora utilizzabili questi verranno recuperati e reimmessi sul mercato tramite la loro commercializzazione all’estero mentre quegli indumenti che non potranno
essere riutilizzati verranno sfilacciati 0 triturati e reimpiegati
per altri scopi (ad esempio per la produzione di stracci).
Da quest’iniziativa l’Acea conta di trarre vantaggi ovviamente per quel che riguarda la quantità di materiale che arriva in discarica, c’è infatti da tener presente che da recenti
indagini statistiche risulta che ogni persona acquista mediamente 20 chili di indumenti l’anno eliminando circa 15 chili
di indumenti smessi che per la maggior parte finiscono in
discarica tra l’altro aumentando l’inquinamento ambientale
contenendo spesso sostanze coloranti sintetiche.
Recentemente l’Acea si è mossa anche su un altro fronte, quello della dismissione dei computer e del loro
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Un contenitore Pusch installato nel bacino Acea
possibile riutilizzo. Il Consorzio ha stipulato infatti un’importante convenzione, questa volta con l’istituto professionale
«Capetti» di Pinerolo, la quale prevedeja raccolta, la manutenzione e il riutilizzo presso ie scuole del bacino pinerolese
per fini didattici di personal computer, monitor, stampanti
ecc. dismessi dai cittadini del bacino Acea. Da quest’anno
infatti chiunque debba disfarsi di un vecchio computer potrà
rivolgersi alla sede dell’istituto «Capetti». Successivamente
presso lo stesso istituto il computer verrà sottoposto a manutenzione in modo da poter essere reso riutilizzabile nelle
scuole e verranno installati sulle macchine rigenerate
software didattici di pubblico dominio. Quindi i personal
computer verranno distribuiti con software personalizzati
presso le scuole del bacino pinerolese per essere reimpiegati a fini didattici, mentre gli scarti verranno suddivisi per tipo di materiale e quindi smaltiti dal Consorzio Acea che
prowederà al recupero del materiale di scarto presso
«Capetti» dove saranno a disposizione i diversi contenitori
per la raccolta differenziata. Un’iniziativa importante quindi
e in questo caso non solo per l'ambiente ma anche per le
scuole che potranno usufruire dei computer rigenerati.
Davide Rosso
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ì 28 NOVEMBRE 1997
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Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA.
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L'Undicesimo circuito in visita alla Chiesa luterana del Württemberg
Un viaggio per diventare fratelli e sorelle
jlappresentate le tre denominazioni battista, metodista e valdese. L'unità delle
chiese nasce da legami di amicizia e dal confronto su temi di interesse comune
stiva;
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SILVIA RUTIGLIANO
ÍORPRESI da una straordinaria ospitalità, i partecinti al viaggio a Oberndorf
iNeckar, al limitare della
[esta Nera, hanno vissuto
jndimenticabile esperien[on le sorelle e i fratelli
ingelici del Württemberg.
)ssa principalmente dall’
[tto che la lega al pastore
Dinas Elser e alla sua famia/la Chiesa metodista di
la San Sebastiano ha organato, invitando particolargite le chiese dell’11“ cirio, un viaggio di una settina presso la nuova comuiàdel suo precedente padre. Un incentivo è venuto
(idalla visita, ricevuta in
iggio, da parte di un grupjroveniente da Oberndorf
attizzato dallo stesso Elser,
ipullman si è cosi riempià 44 persone, provenienti
pittà e chiese diverse: Colarro. Forano Sabina, Par^ Perugia, Roma, S. Bonetto dei Marsi, Terni e ovpiente Villa San Sebastia, Senza farlo apposta, il
ippo rappresentava le tre
aominazioni battista, melista e valdese, più alcuni
ipatizzanti, amici e conositi. La varietà delle apparenze ha sorpreso i tedeB quanto gli italiani; essa
[àncora più bella in quanit'erano parecchi che, pur
iendo di una denomina, per ragioni geografisi trovavano (perfetta[i|te a loro agio) a frequenhiesa di altra denomime.
opo un viaggio'di diciaseore incluse le soste, i
iggiosi, di età compresa
Foto di gruppo davanti aiia tipografia del «Corriere della Foresta Nera»
fra i sedici mesi e gli ottantatré anni, sono stati accolti nel
salone delle attività «Dietrich
Bonhoeffer Hans» da tanti
fratelli e sorelle e da un piatto caldo di Gulasch Suppe.
Dopo i calorosi saluti e il necessario nutrimento, è stata
fatta la distribuzione nelle
case, cosicché ciascun italiano si è incontrato con il suo
ospitante tedesco ed è stato
fornito di un foglietto rosso
indicante nomi, indirizzi e
numeri di telefono di riferimento (da usarsi in caso di
smarrimento).
La perfetta organizzazione
del soggiorno, per la quale
Thomas Elser è stato da tutto
il gruppo sinceramente ringraziato, ha previsto visite e
incontri nella città di Oberndorf e nel suo territorio. So
no stati visitati: il depuratore
delle acque reflue; la redazione del giornale locale (lo
Schwarzwälder Bote, il corriere della Foresta Nera, sul
quale il giorno dopo è comparso un articolo sul soggiorno del gruppo di italiani a
Oberndorf, con relativa fotografia); la Selva Nera, con il
suo museo all’aperto, la caratteristica cittadina di Schiltach e la fabbrica del vetro;
Rottweil, la città più antica
del Baden-Württemberg;
una piccola birreria a gestione familiare che ancora resiste alla pressione economica
delle industrie della birra; il
centro di accoglienza per disabili fisici e mentali nel
quale lavorano, con i contributi pagati e un piccolo stipendio, uomini e donne di
Le impressioni di alcuni partecipanti al viaggio
a serietà e disponibilità a discutere
in proposito al viaggio in
nnania organizzato dalla
Biunità di Villa San SebaBio abbiamo rivolto ad alni partecipanti le seguenti
mande, riepilogative delle
pressioni e delle «speraniper il futuro:
1) Cosa vi ha colpito di più
soggiorno in Germania?
I) Come vi sono sembrati
.Evangelici tedeschi, molto
Ersi da noi?
5) Cosa vi piacerebbe tradite in Italia delle cose che
te visto in Germania?
'untina Spinella, Perugia,
^ta, casalinga
il Ho molto apprezzato
Ospitalità: hanno fatto di
ilo per farci sentire a no^agio e ci sono riusciti
fedamente.
0 Gli evangelici tedeschi
sono sembrati un po’ di'si. sì, ma nel senso che
*iia è un’altra realtà. Loro
te rnolti e anche i loro rap^i sono più formali. Da
J^più amichevole, frater'■feli ha poi colpito il rapdo fra evangelici luterani e
Podisti: ra di distacco;
Ente l’aspettavo e inveEOd c’è collaborazione.
pEonoscono ma senza col®fare. Realtà nuova per
■ Questo mi fa valorizzare
Elio che prima prendevo
"Scontato.
^i piacerebbe avere la
l’ordine, la puntualità
hspetto verso l’ambiente.
jE c’erano recinzioni fra
Casa e l’altra, non c’erapersiane esterne, così
E camminando di notte
ntivi sicura perché si ve. ®Uo le vetrate illuminate a
“Passi.
Valdo Pazzaglia, Forano,
valdese, contadino
1) Sicuramente l’accoglienza. Sono stati molto bravi.
Penso che siano gente seria,
brava, non come gli italiani.
Hanno un altro atteggiamento verso la vita. C’è serietà,
pulizia, e poi è stato possibile
parlare col sindaco, anche se
è una città di 17.000 abitanti.
In Italia bisogna fare quattro
anticamere per parlare con il
sindaco di un comune di
4.000 abitanti.
2) Sì, sono diversi: è tutta
un’altra cultura. Penso che
siano migliori di noi, più maturi, forse per la maggiore
istruzione. Tra loro sono più
fraterni, più affettuosi; si aiutano a vicenda. Qui da noi
non esiste.
3) Mi piacerebbe trasferire
prima di tutto la semplicità e
la serietà, l’educazione e l’istruzione; le loro città sono
pulite e le loro scuole sono
molto più moderne ed adeguate delle nostre.
Chesia e Isaia Ciccane, Villa
San Sebastiano, metodisti,
commercianti
1) Due cose. La cordialità
che abbiamo ricevuto, nella
concretezza, non «a chiacchiere»: la coppia da cui stavamo noi non aveva ancora
conosciuto Thomas, eppure
si era offerta di dare ospitalità ai visitatori. Appena siamo entrati in casa ci hanno
fatto dire dai vicini (avevamo
problemi di comunicazione
linguistica) che potevamo
muoverci in tutta la casa, e
poi ci hanno dato la chiave di
casa. Si dice sempre che i tedeschi non sono socievoli.
che sono duri, invece per noi
non è vero. L’altra cosa è il
paesaggio: le case sistemate
tutte bene, tanto che non si
capisce se gli abitanti sono
ricchi o poveri. In Italia invece ci sono le ville e le catapecchie.
2) Ci sono sembrati più seri
nella fede e più concreti, più
coerenti. Per esempio, alla
chiesa metodista ci hanno offerto una bella merenda, ma
c’era più di una tazza di tè:
c’era il cuore su quei tavoli.
Insomma, forse noi calcoliamo di più, loro sono più generosi.
3) La precisione, la pulizia,
l’attenzione all’ecologia.
Simone D’Archino, Villa S.
Sebastiano, 8 anni
1) Mi è piaciuta tanto l’ospitalità: i letti comodi, il regalino sul piatto della colazione... ma soprattutto mi ha
colpito l’amore che ci hanno
dato per ospitarci: pensavano
sempre a noi. Poi le chiese
con tutti i disegni.
2) No, non erano diversi. Il
culto sembrava uguale al nostro, con sermone, preghiera
e Padre Nostro.
3) Se si potesse, trasferirei
la Foresta Nera! E anche la
correttezza e la precisione
che hanno nel guidare, negli
appuntamenti, eccetera. Se
posso aggiungere una cosa,
anche il viaggio in pullman è
stato bellissimo. La Svizzera
era veramente bella.
Irene Piacente, Villa San
Sebastiano, Vanni
La cosa più bella è stata
che ho rivisto la mia amica
Laura. Anche il viaggio in
, pullman è stato molto bello.
tutte le età, che se non vivono a casa loro possono abitare stabilmente in comunità
alloggio nello stesso centro,
ben curati e «supervisionati». Ci stati inoltre gli incontri
con il sindaco della città, con
il quale si è avuto un lungo
colloquio su temi anche difficili come la disoccupazione e l’immigrazione, con il
responsabile per le relazioni ecumeniche della Chiesa evangelica luterana del
Württemberg, con i metodisti di Dornhan e i rappresentanti del circuito di Sulz alla
Festa della missione. Tutte
queste attività hanno riempito 1 cinque giorni di permanenza in Germania, senza
però togliere spazio agli incontri personali con le famiglie ospitanti e la comunità.
Un appuntamento tradizionale
La Festa della missione
incontro di gruppi evangelici
Come ogni anno, anche
nel circuito di Sulz si è svolta
la Festa della missione, che
vede ogni volta protagonisti
diversi. Il gruppo di evangelici partito da Villa ha rappresentato alla festa l’il“ circuito delle chiese metodiste e
valdesi, nei giorni 18 e 19 ottobre 1997. Il sabato sera i
giovani evangelici tedeschi
hanno invitato gli italiani a
una serata insieme nella
quale, anche con giochi e
quiz, hanno preso contatto
con la realtà evangelica italiana. La domenica mattina,
cinque membri del gruppo
hanno predicato in cinque
chiese di Oberndorf e dintorni. Per l’occasione, il culto di
Oberndorf centro si è svolto
nella Alt-Stadtskirche, cioè
nel tempio principale cosa
che accade solo quattro o
cinque volte l’anno. Oltre
all’organo, c’erano un folto
gruppo di trombettieri e un
coro che ha cantato, in italiano, «Tu sei la mia vita», commuovendo alcuni.
La giornata è proseguita
con un pranzo comunitario,
offerto dal gruppo con viveri
portati daU’Italia e preparato
da alcuni suoi membri, dopodiché tutti si sono trasferiti al Gemeinde Zentrum, la
sala delle attività della zona
nuova della città, dove sono
confluiti rappresentanti di
tutte le chiese del circuito.
Mentre i bambini erano raccolti in uno spazio di gioco,
con l’assistenza di alcuni
adulti, l’incontro comunitario è iniziato con la presentazione della Chiesa evangelica di lingua italiana nel
Wùrttenberg, che si trova a
Stoccarda, da parte della responsabile, diacona Camilla
Walther-Giuliano. Poi è stata
la volta degli italiani, che
hanno raccontato brevemente la storia dei valdesi e
hanno descritto a grandi linee l’attualità dell’evangelismo italiano ai partecipanti
divisi in cinque gruppi: diaconia, progetti di evangelizzazione, tasse ecclesiastiche
e otto per mille, rapporti
ecumenici e storie locali.
Veduta di Oberndorf
Rapporti fra i protestanti tedeschi
I metodisti, una minoranza
«Lo ammetto: fino a poco
tempo fa non sapevo che ci
fossero metodisti in Italia. Io
e la mia comunità siamo lieti
di ricevervi». Sono le prime
parole di benvenuto del pastore Günter Klenk della
Chiesa evangelica metodista
di Dornhan. «Anch’io sono
felice di essere qui - ha dichiarato la nostra guida Thomas Elser - perché grazie alla
visita di questo gruppo italiano ho finalmente incontrato
questo collega e la sua comunità, cosa che mi ripromettevo di fare da quando mi sono
trasferito a Oberndorf». Le
due cittadine distano in effetti una ventina di chilometri e
può essere sorprendente, per
chi è abituato a una condizione di minoranza, che non
vi siano relazioni di alcun tipo fra chiese evangeliche.
L’accoglienza è stata bellissima: un buon numero di
metodisti tedeschi aspettava
insieme al pastore l’arrivo (in
ritardo...) del gruppo di ita
liani. Ci sono state le presentazioni e si è cantato «Lode
all’Altissimo» nelle due lingue contemporaneamente in
un locale di culto davvero
semplice. Al piano di sotto
era pronta un’abbondante e
squisita merenda, che gli italiani hanno consumato senza
ritegno. Bevendo e mangiando sono stati fatti anche dei
discorsi: il pastore Klenk ha
risposto alle numerose domande degli ospiti sul mondo metodista tedesco, i suoi
rapporti con le altre chiese
evangeliche, l’insegnamento
della religione nelle scuole. Il
fatto più sorprendente è stato che lui parlava della sua
chiesa come chiesa di minoranza e si riferiva sia alle altre
chiese evangeliche sia alla
Chiesa cattolica come alle
«grandi chiese». Ha inoltre
confessato che loro hanno
sempre il timore di perdere
la propria identità e di essere
assorbiti dalle grandi chiese
evangeliche.
La chiesa metodista di Dornhan
Stoccarda
Molti contatti
fra luterani e
Chiesa valdese
La visita alla città di Stoccarda, capitale del BadenWürttemberg, ha avuto interessi turistici ed ecclesiastici.
Molte ore della giornata sono
state spese a percorrere l’isola pedonale del centro città,
con i suoi negozi, piazze,
giardini e bancarelle, naturalmente tutti in ordine e puliti.
Sono stati anche trovati, all’edicola, giornali italiani. La
prima metà della mattinata
era stata invece dedicata a un
incontro con il responsabile
per le relazioni ecumeniche
degli Uffici centrali della
Chiesa luterana del Württemberg, dott. Jürgen Quack, che
ha enumerato i diversi punti
di contatto fra Chiesa luterana e Chiesa valdese: scambi
di pastori, come Thomas Elser e Mirella Abate, partecipazione al Sinodo di Torre
Pellice, presenza nel Württemberg di comunità di origine valdese, chiesa di lingua
italiana a Stoccarda, contatti
con i centri di Agape e Riesi,
dove affluiscono volontari tedeschi, l’organizzazione «Gustav Adolf Werke» che sostiene molte opere delle chiese
metodiste e valdesi. Ha poi
esposto i problemi della sua
chiesa e principalmente l’allontanamento delle persone
e le cancellazioni per risparmiare sulle tasse ecclesiastiche; questo fa sì che ci sia fra
i responsabili un accresciuto
interesse verso realtà diverse,
uno sforzo per capire e risolvere i propri problemi osservando e valorizzando lo stile
dei fratelli esteri.
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiesi
VENERDÌ 28 ^VEMBREjqq^
I Un gruppo di ragazzini brasiliani a Casa materna
I «meninos» di Rio Pequeño
La Casa per l'infanzia di Portici ha offferto una simpatica
accoglienza che è stata ben ricambiata dai piccoli ospiti
ELENA MARINI
Nel mese di ottobre, grazie a uno «sponsor» che
ha pagato il loro viaggio, sono venuti in Italia un gruppo
di ragazzi brasiliani provenienti da uno dei quartieri
più poveri della periferia di
San Paolo del Brasile, la favela di Rio Pequeño. Questi ragazzi frequentano un doposcuola tenuto da una suora
italobrasiliana e seguono, oltre ai normali corsi integrativi
alle attività scolastiche, una
Accademia di Capoeira (arte
marziale di origine africana)
che li motiva sempre più a
studiare e a rimanere fuori
dei pericoli della strada.
Nel loro giro in Italia i «meninos di Rio Pequeño» non
solo hanno potuto visitare alcune città, ma hanno dato
degli spettacoli per mostrare
agli italiani la loro arte: l’Accademia di Capoeira stata infatti fondata quattro anni fa
dagli amici italiani coordinati
da un’insegnante milanese
pensionata ed è tutt’ora da
loro finanziata. I ragazzi hanno visitato Roma, Napoli,
Fiesole e Milano. A Napoli
sono stati ospiti della Casa
materna di Portici.
La bellissima cornice di Casa materna è stata veramente
una sorpresa per dei piccoli
brasiliani che vedevano per
la prima volta il mare da vicino. La signora Rosaria, il direttore Gigi Capuano, il pastore Robert Bronkema hanno fatto tutto il possibile per
aiutarci a superare ogni difficoltà (ci sono stati perfino
due interventi medici, fortunatamente di lieve entità, ma
sufficienti a creare preoccupazione). Gli atleti della Capoeira sono stati accolti come amici da tutti, grandi e
piccoli, hanno partecipato al
Alcuni dei bambini brasiliani a Casa materna
culto dei bambini accompagnando in portoghese la preghiera comune del Padre Nostro, e infine hanno dato un
breve spettacolo per gli scolari della scuola materna ed
elementare di Casa materna.
La città di Napoli con la
sua bellezza è stata naturalmente all’altezza della propria fama e lo è stata anche
la pizza. Alla fine del purtroppo breve soggiorno, i ragazzi se ne sono andati con
gli occhi lucidi salutando gli
adolescenti di Casa materna
con cui erano riusciti a comunicare a meraviglia.
Ora i brasiliani sono partiti. Hanno avuto molto successo, in ogni città, con il loro spettacolo, si sono esibiti
anche in un teatro prestigioso come il piccolo Teatro
studio di Milano, al «Giuditta
Pasta» di Saronno e in varie
altre sale, in scuole e in palazzi, sono giunti persino al
Quirinale. Quali ambasciato
Assemblea delI'1T circuito
Insegnamento religioso e
mozione sulle scuole private
Domenica 9 novembre, si è
svolta a Catanzaro l’assemblea delle chiese evangeliche
valdesi del 15° circuito. Tra i
vari argomenti affrontati,
l’assemblea si è ampiamente
soffermata su due punti; l’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole e il finanziamento pubblico delle
scuole private. Va segnalata
l’approvazione di due importanti ordini del giorno. Con il
primo l’assemblea ha invitato le chiese a mettere all’ordine del giorno di una loro
prossima assemblea una
informativa sulle leggi che
regolano l’insegnamento della religione cattolica nella
scuola pubblica, e ha anche
esortato i genitori dei bambini e ragazzi in età scolare a
denunciare ogni violazione
alla normativa vigente in
proposito. Con il secondo
l’assemblea ha espresso la
propria protesta sul voto della Camera dei deputati favorevole al finanziamento pubblico della scuola privata, in
aperta violazione dell’art. 33
della Costituzione italiana, e
ha dato mandato al Consiglio di circuito di comunicare tale protesta al presidente
della Repubblica. Questo
compito è stato assolto il 19
novembre quando il Consiglio del 15° circuito, a firma
di Francesco Viapiana, ha inviato una lettera al Presidente, Oscar Luigi Scalfaro,
esprimendo la fiducia che lo
stesso, in qualità di garante
della Costituzione, sappia interpretare il senso di tale
protesta. Si tratta dunque di
un argomento di stretta attualità nel dibattito politico.
RONACH]
PRAROSTINO — La comunità esprime cristiana simpatia e solidarietà alla famiglia del fratello Ernesto Robert, del Collaretto, deceduto all’età di 86 anni.
CHIAVARI — Dal 16 novembre l’orario di inizio del culto nella
chiesa battista è stato anticipato alle 10 anziché 10,30.
FRALI — Domenica 16 novembre sono stati insediati i nuovi
anziani Marco Grill e Edina Pascal; nel corso della settimana il Concistoro ha poi eletto quale nuovo presidente
Edoardo Grill. A chi ha assunto nuovi importanti incarichi
va l’augurio di buon lavoro; al presidente uscente, Emilio
Rostan, va la riconoscenza di tutta la comunità.
ri della loro città, o meglio
del loro povero quartiere di
periferia, hanno sensibilizzato altri amici ai loro problemi e ora otterranno un luogo
tutto per lOxO e adeguato ai
bisogni del doposcuola di
suor Maria. Vorremmo a
questo punto ringraziare tutti coloro che ci hanno dato
ben più che una mano, il loro affetto e la loro accoglienza disinteressata e affettuosa, e dire loro che nessuno se
ne dimenticherà mai.
Era presidente del Consiglio di chiesa a Pachino
Rosetta Caltagirone, una colonna della chiesa
«Ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la
corsa, ho serbata la fede». In
una chiesa gremita è stato
dato a Pachino l’ultimo saluto alla sorella Rosetta Caltagirone Valvo, che ci ha lasciato
a soli 57 anni. Il culto è stato
tenuto dalla pastora Beatrice
Grill per la liturgia e dal pastore Pietro Valdo Panasela
che ha predicato su II Timoteo 4, 6b-8, passo che il pastore ha definito «testamento
spirituale di Rosetta».
Figlia di uno dei membri
più autorevoli della chiesa di
Grotte, per anni diacono e responsabile della comunità in
assenza del pastore, aveva
quasi ereditato dal padre fede, costanza, disponibilità,
dal carattere amabile e sorridente aveva manifestato il
suo impegno sociale e religioso nel servizio come insegnante presso La Noce (dove
nei mesi di ferie organizzava
colonie estive per ragazzi poveri di Palermo e altre attività
per i ragazzi di Corrile Cascino, sempre a Palermo, e per
alcune ragazze terremotate
nel 1968) e poi nella comunità di Pachino dove era da
alcuni anni presidente del
Consiglio di chiesa, e nella
relativa scuola per l’infanzia.
Rosetta - ha detto Panascia
- ha combattuto una terribile
lotta contro un male incurabile eppure, nonostante atroci
sofferenze, ha serbato la fede,
che non è facile mantenere di
fronte a un forte dolore. In
questo senso non è stata
sconfitta, anche se fisicamen
LA TAVOLA VALDESE INFORMA
Incontri e finanze
Una parte delle sedute di
novembre della Tavola è
stata dedicata alla situazione degli stabili, in un proficuo incontro con il responsabile dell’Ufficio stabili,
diacono Renato Bertot. Si
sono riviste le situazioni di
Catania, Riesi, Ferentino,
Messina, Rimini, Rio Marina, Roma via Marianna
Dionigi, Roma via IV Novembre e via Batteria Nomentana. Forano, Torino,
Torre Pellice, Trieste, Napoli, Como. L’Ufficio di Torre
Pellice, ottenute le autorizzazioni dalla Tavola, è quindi in grado di procedere.
La Tavola ha incontrato il
Comitato permanente delrOpeemi, per un esame
congiunto del progetto di
evangelizzazione di Ponticelli, per la sistemazione generale dell’area napoletana
e anche per discutere a fondo della situazione venutasi
a creare a Trieste e Gorizia
con la creazione di sedicenti Società cristiane metodiste; a questo proposito è
stato approvato un comunicato stampa ed è stata inviata una lettera ai promotori dell’iniziativa.
Un altro momento significativo è stata la discussione sul «campo di lavoro» in
vista della copertura di alcune situazioni ancora critiche o che potrebbero diventare critiche a seguito di
prossime elezioni in chiese
autonome: si sta avviando
una soluzione globale per
l’area napoletana, si stanno
cercando soluzioni per il
1998 a Torino «inglese» e a
Padova, ove gli attuali pastori termineranno il loro
ministero nell’estate del
prossimo anno, e ancora
per «Molise 2».
Si è anche constatata l’urgenza di un intervento nella
zona più «periferica» delle
valli valdesi, ove un notevole numero di membri di
chiesa soffre di una eccessi
va lontananza dalle chiese
di origine: senza per ora
pensare alla creazione di
nuove chiese si vorrebbero
costituire uno o più punti di
aggregazione e di riferimento, opportunamente curati
dal punto di vista pastorale.
Tutta questa problematica
sarà portata alla attenzione
della Ced del I distretto e
delle chiese interessate.
La situazione finanziaria,
e il ritardo nelle contribuzioni con conseguente previsto momento critico a fine
novembre e per tutto il mese di dicembre ha spinto la
Tavola a sollecitare sia l’invio delle contribuzioni arretrate (i delegati della Tavola
per i singoli distretti interverranno a livello delle Ced,
specie per le situazioni di
maggior ritardo) sia a suggerire che le chiese che
hanno disponibilità di cassa
anticipino i versamenti di
una parte delle loro contribuzioni (per il 1998) e ancora che, come già fa una
chiesa, nel caso di invii in
ritardo si aggiunga alla contribuzione T’equivalente degli interessi che la Tavola
deve comunque versare alle
banche per far fronte ai
propri impegni finanziari.
Le sedute della Tavola
sono anche un’occasione
di incontri: a novembre si è
potuto conoscere il giovane
candidato Rudolf Jourdan,
tedesco ma di evidente origine valdese, che passerà
18 mesi a Savona e a Imperia coadiuvando il pastore
Franco Becchino nella cura
di quelle chiese e si è nuovamente incontrata la studentessa in teologia Milena
Mattinai per una verifica
della sua situazione accademica (Milena è iscritta al
corso di laurea per l’avvio
straordinario al pastorato,
quindi sotto la responsabilità della Tavola).
per la Tavola valdese
il moderatore
te non c’è più, ma ha vinto.
Tra questi c’è sicuramente
Rosetta, che aveva la consapevolezza di andare non verso una morte senza senso ma
verso una destinazione dalle
tante dimore, dove ci è donata la vita eterna. La sua corsa
terrena si è conclusa, ma il
suo traguardo non è l’ignoto
ma la luce del regno di Dto’
Qui la vogliamo pensare orni
volta che sentiremo la su,
mancanza. Al marito Paoij
che l’ha curata con amore fi
no alla fine e ai figli Giusi ^
Seby, vanno la solidarietà j
l’affetto di tutta la comunità
Un'iniziativa a Genova
Gli «Amici di Daniele»
fìUOV
MIREL
ERMINIO PODESTÀ
UN tossicodipendente
nella stazione di Genova
Principe, che si era appena
«fatto», stava barcollando e
sembrava dovesse cadere a
terra da un momento all’altro. Un passeggero, guardandolo, disse: «Di questi ne
muoiono troppo pochi. Sarebbe una liberazione per
tutti sè ne morissero un po’
di più»; la fioraia, che come
me aveva seguito la scena, mi
disse: «Eppure anche nei drogati c’è un risvolto di bontà.
L’altro giorno quel ragazzo
che sta barcollando, a cui
qualche volta regalo un po’ di
denaro, con gli spiccioli che
aveva ha comprato un mazzo
di fiori e poi me li ha regalati
in segno di riconoscenza per
quanto avevo fatto per lui».
Per contraddire chi dice
che i drogati devono morire,
e per scoprire in loro un lato
positivo è sorto a Genova il
gruppo degli «Amici di Daniele». Questo gruppo è fot. I
mato attualmente da ottol
persone appartenenti adi-l
verse chiese evangeliche di
Genova e conduce varie atti,
vità fra cui principalmente I
l’evangelizzazione in stradae
in carcere; i primi contatti
con i tossicodipendenti; lj|
preparazione a eventuali in.
gressi in comunità; i contatli 1
con le famiglie; l’ascoltoef
consiglio telefonico.
Daniele, a cui fa capo ili
gruppo, ci ha detto: «Noni
crediamo di dover lavorate j
come un “team” indipen-|
dente e isolato. Il nostro i
siderio è di essere una detì
braccia della chiesa di Geno-l
va estesa verso la strada. Ali-!
biamo bisogno del vostro in-1
coraggiamento, del vostra
sostegno e delle vostre preghiere. Il nostro motto è “dove il peccato è abbondato,!
grazia è sovrabbondata” (Ro
mani 5, 20)».
TAVOLA VALDESE
COMITATO PERMANENTE OPCEMl
Il nome «metodista
izione c
»
|ana) c(
Ipliant
dogo e
ilei caí
(ite Lai
nariflei
La Tavola valdese e il Comitato permanente dell'Operj,
per le chiese evangeliche metodiste in Italia, informati
della diffusione di un opuscolo pubblicato da un rag-,
gruppamento religioso che si autodefinisce Società Cristiane Metodiste,
ricordano a tutte e a tutti che Kart. 52 del Patto di Integrazione tra le chiese metodiste e valdesi dispone che’
«le denominazioni "valdese" e "metodista" disgiunte o
abbinate e lo stemma valdese possono essere usati da
enti o singole persone solo per esplicita autorizzazione
del Sinodo».
Poiché i promotori di detto raggruppamento religioso;
non sono in possesso di una tale autorizzazione sinodale,,
Tavola e Comitato permanente, nelle loro funzioni istituzionali di rappresentanza delle chiese valdesi e metodiste
sono in dovere di denunciare pubblicamente che tale uso^
del nome «metodista» è abusivo e illecito.
Infatti, mentre le qualificazioni «cristiano» e «evangelico» non possono essere appannaggio di alcun gruppo religioso, la denominazione specifica di un corpo ecclesiastico non può essere usata da altri che a quel corpo non;
appartengono.
Tavola e Comitato permanente dichiarano pertanto che
le sedicenti Società cristiane metodiste non hanno nuliaache fare con le chiese e le organizzazioni che sole in Italia
possono lecitamente, sia dal punto di vista morale che
giurìdico, denominarsi metodiste, e cioè le chiese e le organizzazioni che vivono e operano nella Chiesa evangelica valdese. Unione delle chiese metodiste e valdesi, e che
ricevono il riconoscimento degli organismi metodisti
mondiali, con i quali sono in piena comunione.
La Tavola valdese.
Il Comitato permanente OpeetW
gati all
bbiame
Dare le
natariì
L’Associazione
TRESANTI VEREIN
Associazione evangelica con sede in Basilea
ricerca
per la conduzione della CASA COMUNITARIA TRESANTÌvia Chinigiano 10, località Tresanti nel Comune di MontespertoH
(Fi) un/una
CONDUTTORE/CONDUTTRICE
(anche coppia)
Per il posto da ricoprire si richiedono capacità professionali attedila gestione di una Casa per ferie di piccola-inedia dimensione, ed'
ratte-rizzata da possibilità di vita comunitaria e di incontro con per
sono di varia provenienza.
Titolo preferenziale sarà l’appartenenza a comunità evangeliche e
la disponibilità a un approccio di tipo diaconale.
Curriculum e richieste di informazioni pos.sono essere inviate 3Andrea Ribet, presso Commissione sinodale per la diaconici
Angrogna, 18 - 10066 Torre Pellice (To), scrivendo sulla
PER TRESANTI VEREIN
In occa
ffio dell
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RDÌ 28 NOVEMBRE 1997
Vita Delle Ghie;
PAG. 9 RIFORMA
Le iniziative della Commissione evangelizzazione a Torre Pellice
La fede portata all'esterno
§Un3 nutrita serie di appuntamenti che servono a mantenere i contatti e stabilire
ìfìuovi legami con studenti e insegnanti delle scuole^ con i villeggianti e i cittadini
MIRELLA ARGENTIERI BEIN
di Da.
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re pieé “dolato, la
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Anche quest’anno, come
sempre, la Commissione
fcrangelizzazione della chiesa
di Torre Pellice ha lavorato in
inno spirito di condivisione
-dei tentativi e delle esperienÈ una costante della ComIssione non lasciare sprov^sti i luoghi di riferimento
,er turisti e non residenti
[come la Pro Loco) di pieghe,li informativi sulla realtà
dese locale (ubicazione e
ari concernenti i culti, le
Opere, i musei, la libreria,
;c.) e sui punti fondamentaIdella nostra visione di fede.
ÌDavari anni si ripete un in■rvento in ognuna delle clas¡1 della sezione staccata deiistituto «L. B. Alberti» a cura
% insegnanti che, nello spiridelie Intese e in collaboraione con l’insegnante di Letire, si fanno carico di preJntare nei tre anni di corso
vicenda valdese, la Riforma
otestante e risposte a que|ti formulati dagli alunni
;essi (questi ultimi vertono
principalmente sui caratteri
istintivi del protestantesimo
la anche sui problemi etici
ìiù scottanti del nostro temlo). Nelle tradizionali fiere
l^ila cittadina (8 dicembre e
liinedì di Pasqua), la Commissione assicura la presenza
iiun banco libri (in collaboione con la libreria Clauna) con distribuzione di
spliant e disponibilità al
logo e all’ascolto,
el caso delle sedute, dure l’anno si è sviluppata
la-riflessione sui problemi
!gati all’evangelizzazione,
-biamo cercato di Indiviare le varie forme di «deSinatari» che nel «villaggio
di In«
e che; I
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3cebi
\NTl
pertoli
itte alie, cain per
iche
;a,
busta;
¡Grosseto
ilonferenza
lulla Riforma
protestante
In occasione dell'anniveririo della Riforma, la comuità battista di Grosseto ha
ganizzato lo scorso 1° noBmbre una conferenza-dibattito tenuta dal pastore
¡audio lafrate, da poco alla
dda della comunità stessa,
urne tema è stato proposto
-a Riforma protestante del
'l'I secolo nella formazione
ilio stato moderno». L’iniativa ha visto una buona
tttecipazione di pubblico,
®ntre l’esauriente e ampia
'Posizione del tema ha suMato interessanti intervenPda parte del mondo caboto, laico e di altre denomiazioni evangeliche, che
anno permesso al pastore
*frate di mettere in evidenJ come lo spirito della
“Orma, che pure è all’origi® dello stato moderno, ne
|aoggi così lontano e come
^chiese e quindi i singoli
Radenti abbiano il dovere
totervenire per denunciare
tosta situazione.
L interesse suscitato, oltre
.insaldare lo spirito comuhario messo a dura prova
a due anni di assenza pastoie, ha evidenziato l’esi^nza di reali spazi di conTto con le altre realtà cittoiUe quando si trattino te, ohe vedano legati l’espenza di fede con il vissuto
otidiano. La riuscita di
„Osta iniziativa servirà da
.ji^olo alla comunità persia più presente nella
'ava di questa città.
Torre Pellice. Un momento dell’operazione «tempio aperto»
globale» aumentano e di diversificano. La distinzione è
importante in quanto interlocutori diversi presuppongono linguaggi e approcci diversi, e di conseguenza si
rende necessaria anche un’
approfondita preparazione e
conoscenza delle altre realtà
da parte nostra.
Continua nei mesi di lugUo
e agosto Formai tradizionale
iniziativa del «tempio aperto» in ogni fine settimana,
grazie alla collaborazione di
una trentina di membri di
chiesa. Il dialogo con i visitatori è facilitato dalla proiezione di un video aU’interno
della chiesa e dalla presentazione delle nostre pubblicazioni al banco libri. Nell’ambito di questa attività abbiamo avuto, come già in passato, due conversazioni in orario pomeridiano, di domenica. Gli argomenti trattati rispettivamente dai pastori
Giuseppe Platone e Bruno
Tron erano i seguenti; «Gesù
era un esorcista? Risposte e
domande inquietanti» e «Lo
straniero e io, lo straniero e
Dio (aspetti positivi e negativi dell’immigrazione)».
Platone, il 10 agosto, ha
dapprima ricordato che la
credenza nella possessione
diabolica e le pratiche per liberarsene risultano presenti
in tutti i tempi e in tutte le religioni. La nostra epoca «postmoderna» non ne è certo
esente, anzi assistiamo a una
massiccia rivincita del miracolistico, fenomeno certamente negativo in quanto il
cristianesimo non invita a
fuggire dalla realtà, ma a incontrare Dio proprio nella
storia. All’epoca di Gesù la
concezione ebraica era comunque di livello superiore:
le potenze ostili erano viste
come sottoposte all’unico
Dio. Non ci deve stupire che
Gesù abbia utilizzato i metodi e il linguaggio del suo tempo per liberare l’uomo dalle
ombre e dalle paure: egli ricompone la scissione dell’essere umano e preannuncia la
liberazione dell’intero cosmo. Ciò non contraddice nel
nostro tempo l’opportunità
di avvalersi anche delle scoperte scientifiche nel campo
della psicologia per venire incontro alla sofferenza delle
persone. Alla domanda se
creda agli esorcismi odierni
praticati in campo cattolico,
l’oratore ha dichiarato di non
poterli accettare, essendo essi collegati a uno specifico
potere del sacerdote.
Il 17 agosto Bruno Tron ha
affrontato lo spinoso problema dell’immigrazione. L’argomento era presentato con
il titolo «Lo straniero ed io, lo
straniero e Dio». L’oratore,
all’opera nel Servizio rifugiati
e migranti della Fcei, è da
considerarsi un esperto
dell’argomento: ha innanzitutto ricordato come l’Italia
sia passata da paese di emigranti a paese di immigrati.
Infatti il servizio della Fcei era
nato proprio per aiutare chi si
recava all’estero in cerca di
lavoro. Occorre anche rendersi conto che si tratta di un
fenomeno esistito fin dall’antichità e non contenibile.
Le cause odierne sono ben
note; divario economico
scandaloso, regimi politici
oppressivi, crescita demografica di fronte a un’Europa che
invecchia. Bisogna poi contestare due luoghi comuni: che
si tratti di un’invasione e che
gli immigrati ci rubino il lavoro. Infatti il loro numero è
di circa la metà rispetto a
Francia, Germania, Inghilterra e essi si rendono disponibili per lavori e retribuzioni
che non sarebbero accettati
dagli italiani. Infine è ingiusto attribuire loro le cause
della delinquenza; in realtà
da noi esiste già un sistema
ben collaudato in cui si cerca
di inserirli. Comunque, per la
soluzione degli innegabili
problemi connessi con il fenomeno, non basta il volontariato ma occorre la creazione di strutture di accoglienza
e l’applicazione di leggi che
esigano il rispetto di regole
precise. Né una politica lassista né una rigidità inapplicabile possono portare a una
soddisfacente situazione. In
questo quadro il compito
delle chiese è di contribuire
alla formazione di una nuova
mentalità. Ambedue le conversazioni sono state seguite
da un vivace dibattito.
La scomparsa di un fratello metodista di Trieste
Giaime Pintor, una fede generosa per gli altri
GIOVANNI CARRARI
SILENZIOSAMENTE il nostro fratello Giaime se ne
è andato, nella notte tra sabato 8 e domenica 9 novembre. Si può certamente dire
che il suo fisico era sempre
più malandato, quasi trasparente, anche se aveva solo 48
anni. Eppure non ci si riesce
a rassegnare che per questo
motivo Giaime non sia più
con noi, con la comunità
metodista di Trieste, con gli
utenti (di più: con gli amici)
del Centro per le tossicodipendenze ai quali aveva dedicato gli ultimi anni, con gli
sradicati e gli emarginati con
cui aveva fatto uscire, finché
vi erano stati i soldi, un giornale «di strada». Di questo
progetto mi parlava questa
estate, ironizzando sul fatto
che ancora una volta qualcosa non ne aveva permesso la
continuazione (come 20 anni fa con r«Uno», supplemento a «Linus»).
Molti sono stati i ricordi e
gli articoli, comparsi soprattutto su «Il manifesto», il
giornale che ha avuto tra i
fondatori il padre Luigi Pintor. Si è detto molto di lui, ma
certamente non tutto. Soprattutto si è sorvolato su ciò
che ha segnato una svolta
nella sua vita: la sua conversione, il suo battesimo, la sia
adesione alla Chiesa metodista, il suo essersi iscritto alla
Facoltà di teologia; solo un
accenno al suo studio della
teologia, riportato come una
delle molte stranezze di un
uomo che non si lasciava
«leggere» facilmente. Per chi,
come me, in quel periodo ha
condiviso i suoi dubbi, le sue
ansie di ricerca teologica, le
sue scelte di indirizzo ciò appare molto riduttivo.
Senza rimproverare chi è
estraneo al mondo della fede, vorrei colmare una lacuna, al di là delle belle righe
inviate a «Il manifesto» dalla
comunità di Corato, e ricordare il credente Giaime. Era
entrato in contatto con il nostro mondo grazie al centro
di Ecumene, dove era stato
invitato anni fa come consulente: un ambiente, mi diceva, per lui strano ma anche
molto vivo e simpatico.
Quando i suoi interrogativi
sulla vita lo spinsero a porsi il
problema di Dio, si ricordò di
quel luogo e a Trieste, dove
nel frattempo si era trasferito
per motivi di salute, prese
contatto con la locale comunità. Lì maturò la scelta di fede e iniziò un cammino che
continuò a Roma dove qualche tempo dopo, non senza
timore e tremore, si iscrisse
alla Facoltà di teologia. Lo
ebbi come amico e come allievo (Introduzione al nuovo
Testamento): gli incontri si
intensificarono permettendomi di conoscerlo ancor
meglio, di confrontarmi con i
suoi interrogativi sulla vita
(quante volte abbiamo parlato di Giobbe) e con la sua fede vissuta con l’ironia e l’intelligenza che lo contraddistinguevano, ma anche con
molta forza e convinzione.
In Facoltà aveva anche tenuto un corso di musica (il
giornalismo musicale era la
sua professione), in questi
anni aveva predicato più volte, ma soprattutto ha saputo
dimostrare una disponibilità
e una generosità che erano
parte di sé e che non sempre
pensava fossero comprese
del tutto. C’è modo e modo
di spendersi e a volte c’è anche la tentazione di buttarsi
via: una tentazione che più di
una volta ha colto Giaime.
L’ho ricordato anche al suo
funerale, nella cappella del
cimitero evangelico di Trieste, città dove era tornato a
stabilirsi. Ma il suo spendersi
per gli altri è stato sorretto da
un costante e animato dialogo con Dio, con quel Dio dal
quale non si aspettava risposte ultime, ma che sentiva vicino come colui che era capace di amarlo e di accettarlo
per quello che era.
Anche lui accettava gli altri
e si poneva al loro fianco,
senza la pretesa di cambiare
il mondo: le illusioni di una
generazione erano tramontate. Ma questo aveva aperto
una nuova dimensione e un
nuovo senso alla vita, la vita
di un credente cbe forse non
molti hanno conosciuto o saputo apprezzare, anche dal
punto di vista della sua ricchezza culturale e delle sue
doti intellettuaii, ma che si è
mossa con discrezione e umiltà al servizio di quegli ultimi e di quegli emarginati con
cui si sentiva in sintonia. La
sua testimonianza e il suo ricordo ci rimangono come
qualcosa di prezioso, mentre
per lui si avvera ora la promessa di conoscere pienamente colui che lo ha perfettamente conosciuto.
Agenda
REGGIO CALABRIA — «Violenza mañosa e autonomia co
munale ieri e oggi» è il titolo della tavola rotonda che si
terrà nel cinema «Politeama» di corso Garibaldi 161 alle ore
17. Saranno presenti il sindaco. Italo Falcomatà, Saverio
Mannino, membro del Consiglio superiore della magistratura, don Antonino Donisi, responsabile diocesano per le
relazioni ecumeniche, e il pastore battista Enzo Canale.
Una serie di seminari sullo stesso tema, riservati agli studenti, si svolgerà in seguito presso il Centro evangelico M.
L. King di via XXTV Maggio 6b. Informazioni al 0965-45968.
ROMA — Alle 18, nell’Aula magna della Facoltà valdese di
teologia, Jim Wallis parla su: «Teologia e politica della destra religiosa americana» per il Centro evangelico di cultura.
TORINO — Alle ore 17 nel tempio di corso Vittorio Emanuele 11 23 si tiene un incontro musicale con «L’Evangelo in
musica (i corali del «Catechismo di Lutero») di Johann Sebastian Bach»; introduce il musicologo Gianni Long e canta
la corale evangelica di Torino diretta da Flavio Gatti, all’organo Massimo De Grandis. Informazioni al 011-6692838.
VICENZA — Alle ore 17 nella chiesa evangelica metodista
in contrà San Faustino 10, si terrà la tavola rotonda sul tema: «Dialogo cattolici-metodisti: una Parola di vita», con la
partecipazione di mons. Giuseppe Dal Ferro, delegato diocesano per l’ecumenismo e il dialogo, e il pastore Arrigo
Bonnes, vicepresidente Ced del II distretto.
30 noDembre
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VENARIA — Domenica 30 novembre alle ore 16, presso la
chiesa battista in via Zanellato 53, il coro «Tre valli» di Venaria, diretto da Giovanni Piscitelli, presenterà una serie di
canti natalizi. Per informazioni tei. 011-9534752.
1 ® dicembre
NAPOLI —All’associazione Partenia, alle ore 17,30 presso
l’Istituto Goethe, Riviera di Ghiaia 202, Giovanni Franzoni
della comunità di San Paolo parlerà su «Teologia delle cose
ultime». Per informazioni tei. 081-668846.
TRIESTE — Per il ciclo di incontri organizzati dal Gruppo
interconfessionale per l’unità dei cristiani e il dialogo tra le
religioni, alle ore 18,30 nella sede di via Tigor 24 il vescovo
Eugenio Ravignani parlerà su «L’Assemblea ecumenica europea di Graz: sei mesi dopo». Informazioni al 040-303715.
2 dicembre
NAPOLI — Per il ciclo degli «Incontri del martedì» proposto daU’associazione Partenia, alle ore 18,30 all’Oasi di via
Bausan 30, il teologo Paolo Gajewski parlerà sul tema «Mosè, Gesù e Maometto, tre profeti a confronto». Per informazioni tei. 081-668846.
TORINO — Alle ore 21, presso l’Aula magna del Rettorato
(via Verdi 8), si tiene un concerto della Camerata corale «La
Grangia» in memoria di Arturo Genre. La somma raccolta
sarà devoluta alla ricerca scientifica sulla leucemia.
iicembre
TORINO — Per il ciclo di incontri sul tema «Politica e violenza, nonviolenza e politica» che si svolge presso la sede
del Centro studi Domenico Sereno Regis di via Garibaldi 3
in collaborazione con il Mir, il Centro studi Piero Gobetti e
«Il Foglio», alle ore 17,30 Antonino Drago parlerà su «La politica nonviolenta in Italia tra azione dal basso e predominio delle istituzioni». Per informazioni tei. 011-532824.
BERGAMO — Alle ore 21, presso il Centro culturale protestante (via Tasso 55, 1° piano), Pietro Zappalà (Università
di Pavia) parla sul tema: «La cantata sacra protestante in
ambito tedesco dalla fine del ’600 all’800». È previsto
l’ascolto di brani significativi.
TRIESTE — Alle ore 17,30, nella basilica di San Silvestro il
pastore Fulvio Ferrarlo, nel 5° centenario dalla nascita, parla sul tema: «Melantone, fede e cultura tra Rinascimento e
Riforma» per il Centro culturale «Albert Schweitzer».
RIMINI —All’Hótel Punta Nord di Torre Pedrera si tiene il
XII Convegno nazionale delle comunità cristiane di base sul
tema: «Giubileo e potere: il tempo nelle religioni e i tempi
dell’umanità». 1 lavori, che iniziano alle 15,30 del 6 dicembre, prevedono interventi di Clara Gallini, Giovanni Franzoni, Giancarlo Gaeta, Salvatore Manna, Gianna Sciclone, Luigi Sandri, Pappino Coscione. Tel. e fax 081/5534150.
I Radio - teleoisione •
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO; rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della
settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 30 novembre andrà in onda: «La libertà religiosa in Italia; incontri (rubrica biblica)». La replica sarà trasmessa lunedì 8 dicembre.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
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tei. 011-655278, fax 011-657542
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PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 28 NOVEMBR^q^ ^£R[
Riforma
La mariologia ostacolo
per l’ecumenismo
Fulvio Ferreu'io
Giovanni Paolo II è recentemente tornato sul tema di
Maria come madre dell’umanità, della chiesa e dell’unità
cristiana. Il papa rileva l’ampio consenso, esistente in
materia con la Chiesa d’Oriente, pur ammettendo le gravi
difficoltà di quest’ultima, con i recenti dogmi dell’Immacolata e dell’Assunta, constata poi che anche nelle chiese
della Riforma si manifesta un rinnovato interesse per la
figura di Maria che gli pare in linea con le posizioni dei
riformatori, che «manifestano (...) amore e venerazione
per Maria, esaltata come modello di ogni virtù». Altri teologi protestanti «sono giunti persino a posizioni molto vicine a quelle dei cattolici per quanto riguarda i cardini
fondamentali della dottrina su Maria, quali la maternità
divina, la verginità, la santità, la maternità spirituale». La
sensibilità femminista poi «favorisce lo sforzo di riconoscere il ruolo di Maria nella storia della salvezza». In tutto
ciò Giovanni Paolo II individua «motivi di speranza per il
cammino ecumenico».
In effetti i riformatori accettano la sostanza, e in generale anche la forma, deUa dottrina elaborata dalla chiesa
antica. La nascita verginale di Gesù non viene contestata,
essendo testimoniata dalla Scrittura: il titolo di Madre di
Dio, riconosciuto a Maria dal Concilio di Efeso, per quanto teologicamente non privo di problemi, viene senz’altro
accolto: allo stesso modo, le riserve di alcuni sulla verginità perpetua, di cui il Nuovo Testamento non parla, sono
rifiutate con durezza dai riformatori, che di solito riprendono alla lettera gli argomenti addotti a suo tempo da Girolamo contro Elvidio. L’idea è che quanto la chiesa antica ha detto su Maria va inteso come sottolineatura del significato unico di Gesù: non esiste una «mariologia», ma
esiste un significato di Maria in ordine alla cristologia. La
Riforma, inoltre, sottolinea che Maria è, in tutto e per tutto, una creatura: questo significa che non salva e che non
ci si rivolge a lei in preghiera. Si prega con lei, ma non si
prega lei. Quanto all’intercessione, se c’è bisogno di passare attraverso Maria, è perché si pensa che Cristo sia
troppo lontano dalle donne e dagli uomini, il che è errato
e pericoloso: per questo la fede evangelica non accetta
l’idea di una Maria mediatrice tra l’umanità e il Figlio, e la
ricorrente citazione dell’episodio di Cana non giustifica
un atteggiamento diverso.
Quando il papa constata un atteggiamento rispettoso
delle chiese protestanti nei confironti di Maria ha dunque
ragione, e il caso diverso sarebbe triste. Anche il ruolo
particolare di Maria nella storia della salvezza è indiscutibile: lei, e nessun’aura, è stata la madre di Gesù di Nazaret. Questo però non impedisce di discutere opinioni teologiche che i riformatori hanno semplicemente ripreso
dalla tradizione, come per esempio la verginità perpetua:
qui come altrove, la fedeltà ai riformatori non ha nulla a
che vedere con una sorta di fondamentalismo acritico. Il
problema di fondo è però un altro: se cioè Maria e la mariologia possano svolgere una funzione ecumenica. Su
questo ecco tre telegrafiche piste di riflessione.
1) La pietà mariana, così come spesso si esprime oggi
ancora nel cattolicesimo romano, e i dogmi,mariani definiti negli ultimi due secoli, costituiscono un ostacolo al
confronto ecumenico, in quanto le chiese della Riforma li
considerano biblicamente infondati e cristianamente
molto equivoci.
2) Il percorso che giunge a Gesù passando per Maria si è
concluso spesso in luoghi in cui, come a Lourdes, la Vergine incoronata viene raffigurata senza il Figlio. È un dato
che non pare saggio ignorare.
3) Nel cammino ecumenico, e in generale nell’esistenza
e nella riflessione cristiane, riferirsi a Maria può essere
utile se e nella misura in cui ciò contribuisce a approfondire il significato di Gesù, e su questo non c’è motivo di
ostentare preclusioni aprioristiche. Ma appunto: il tema è
Gesù, non Maria. Quanto alla donna nella chiesa, altri ne
possono parlare meglio di me: e forse, con rispetto parlando, anche meglio del papa.
Riforma
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Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 44 del 21 novembre 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 19 novembre 1997.
Continua il dibattito sui battisti e l'otto per mille
Essere sale della terra
Non è in gioco solo l'identità battista ma anche l'autonomia
dallo stato. Chiediamo a Dio di risvegliare i nostri cuori
MAURIZIO GIROLAMI
Qualche anno fa, quando noi battisti per un
soffio votammo contro l’otto
per mille, pensai che avevamo rischiato di scomparire.
Con il battesimo dei credenti
declassato, in un documento
bmv, a mera «modalità» di
espressione della nostra fede,
con un congregazionalismo
che spesso si definiva più come contrapposizione al Comitato esecutivo che come
assunzione diretta e decisa
del Piano di solidarietà da
parte delle comunità, entrare
nel novero delle organizzazioni religiose che godono
del finanziamento statale, in
virtù del Concordato mussoliniano aggiornato da Craxi,
mi sembrava di sancire la
scomparsa del colore battista
dall’arcobaleno del protestantesimo italiano.
Forse mi sbagliavo; non era
(e non è) in gioco solo l’identità battista e tuttavia gli interventi su Riforma hanno prevalentemente il tono di chi
tende a sdrammatizzare senza che dramma ci sia. 11 problema, si sostiene, non è se
aderirvi ma in quali modalità
farlo (Sicardi). Esso non compromette il principio della separazione delle chiese dallo
stato (Spanu), non influisce in
alcun modo sulla spiritualità
delle comunità, ma va valutato per gli effetti che potrebbe
produrre (Ibarra); potrebbe
giovare alle nostre istituzioni
sociali in difficoltà (M. Foligno), essere usato per supplire ai tagli governativi allo stato sociale o per il Terzo Mondo (G. Fuligno), risolverci il
problema della libera scelta
della casella del modello 740
(Mollica). Non c’è, dunque,
motivo per non chiederlo (naturalmente depurato delle
quote non espresse) e vi sono
motivi per chiederlo.
Io ritengo che se si pensa
che le finanze dell’Ucebi siano talmente in cattive acque
che, per difendere la nostra
incerta autonomia, non serva
cambiare persone e metodi
di gestione e lanciare un Sos
alle comunità, ma si debba
aderire all’otto per mille, ciò
si debba dirlo con chiarezza.
Altrimenti si alimentano, involontariamente strane illusione ottiche.
1) I soldi dell’otto per mille
non sono soldi nostri, se non
nel senso banale che tutte le
tasse statali sono soldi nostri;
si tratta invece di soldi che
una legge di tipo concordatario destina alla Chiesa cattolica e a tutte le altre che aderiscono al concetto di uno stato che finanzia le istituzioni
religiose in quanto tali. Poter
Lf AGGHlACClAiN 1E uuuI cidio del piccolo Silvestro Delle Cave, avvenuto a
Cicciano, in provincia di Napoli, ha sconvolto familiari,
inquirenti, concittadini e,
credo, tutti gli italiani. La
banda di pedofili che ha approfittato del bambino, lo ha
poi ucciso a bastonate, tagliato a pezzi e quindi bruciato. 11 colonnello Ciceri,
pur abituato a trattare crimini di ogni genere, si è rifiutato di dare altri dettagli e si è
limitato a dire: «Sono come
belve: non direi neppure belve umane, ma soltanto belve». E potremmo aggiungere:
peggio di belve perché, per
quanto ci consta, le belve uccidono solo per necessità e
non per crudeltà. «Dov’era
Dio mentre si compiva questa infamia inaccettabile?»
mi ha chiesto un amico. Gli
Un’Assemblea battista al Villaggio della gioventù di Santa Severa
barrare la crocetta che più ci
piace sarebbe una libera scelta solo se esistesse per tutti
gli italiani l’alternativa (che
invece non c’è) di tenersi l’otto per mille.
2) Sono francamente disorientato di fronte aH’affermazione, da parte di un pastore,
che la rivendicazione della
separazione delle chiese dallo stato, il principio della laicità, da cui consegue la responsabilità del credente di
provvedere in prima persona
ai costi della testimonianza, è
un principio arcaico. Non è
forse in nome della laicità
che ci opponiamo al finanziamento statale delle scuole
confessionali? Forse i principi valgono a seconda dei governi in carica? Se non si è
d’accordo con l’assistenzialismo statale alla religione
l’unica possibilità è contestare questa legge truffaldina,
non rivendicare la nostra
parte del maltolto.
3) Nemmeno si tratta di essere totalmente indipendenti
e puri, perché in ogni caso
siamo peccatori e impuri; il
problema è in che direzione
andiamo: diventando religione assistita, accresciamo deliberatamente la nostra dipendenza materiale da Cesare, la
quale se non necessariamente indebolisce la nostra libertà spirituale, è proprio difficile credere che la rafforzi.
Se ne sono accorti, probabilmente, i luterani svedesi, che
si accingono a rinunciare alle
sovvenzioni dello stato.
4) Quanto all’idea che con
400-500 milioni l’anno (a cui
va sottratto il costo della pubblicità e dell’amministrazione) noi possiamo contrastare
le scelte di Cesare che riduce
lo stato sociale e privatizza
parte dei servizi pubblici fondamentali... lasciamo l’onnipotenza a chi di dovere. A
questo proposito ciò che conta è predicare l’amore del
prossimo anziché l’egoismo
dei fondi pensione e delle
casse mutue proporzionali al
proprio portafoglio e operare,
ciascuno nel suo ambito di
■vita e di lavoro, per difendere
la quantità e migliorare la
qualità dei servizi pubblici,
accessibili a tutti, soprattutto
ai poveri e ai diseredati.
5) Quanto allo nostre due
istituzioni sociali (G. B. Taylor e Villa Grazialma) per esse
è probabilmente possibile ottenere finanziamenti non
sotto il titolo della nostra religiosità ma sotto quello del
servizio universalistico che
svolgono, attraverso convenzioni con le istituzioni della
sanità pubblica.
6) La questione di fondo mi
pare un’altra: se vi fossero
decine, centinaia di fratelli
desiderosi di vivere la solidarietà con il povero e lo straniero, essi potrebbero farlo,
cercare di essere «sale della
terra» accedendo a fondi
pubblici non per la loro etichetta religiosa (il sale, quando c’è, non ha bisogno di farsi vedere) ma alla pari con altre associazioni no profit.
Purtroppo non abbiamo una
tale ressa di vocazioni. Allora
ecco il problema: affideremo
le nostre speranze di una rinascita vocazionale ai soldi
facili dello stato concordatario, che costano non sacrificio e rinuncia ma solo un
«sì»? O al contrario chiederemo, in tutte le comunità, a
Dio che risvegli i nostri cuori
e ci renda capaci di fare fronte con le nostre tasche alle
opere diaconali a cui saremo
capaci di contribuire? L’alternativa è secca e non coinvolge solo l’identità dei battisti
(a cui, tuttavia, forse in molti
ancora teniamo) ma qualcosa di più, se dovessimo scoprire che i sacrifici che diamo
a Dio (o anche solo il Piano di
solidarietà) non sono sacrifici, e non sono neanche nostri, perché sono offerti gratuitamente da Cesare. Come
faremo a spiegare ai nostri figli o nipoti che, dopo esserci
faticosamente emancipati
dalla (fraterna) tutela degli
americani, ci siamo posti sotto quella dello stato?
PIERO bensì
ho risposto: «Era là sulla croce a subire su di sé i colpi dei
carnefici di Silvestro e delle
altre mille e mille vittime che
ogni giorno insanguinano
questa terra».
Comprendiamo allora ciò
che l’Evangelo vuole dirci
quando afferma che Cristo
ha portato il nostro peccato
nella sua carne. Viviamo in
un mondo paurosamente
malvagio e sovente i crimini
più raccapriccianti awengo
AMÀmmì
LA stampa
Laici e tolleranti?
Il politologo Gian Enrico
Rusconi si interroga (27 otto.
bre) sul multiculturalismo e
in particolare sui rapporti tra
religione e tolleranza, rivendicando al laicismo un carat
tere più aperto. «Il principio
laico infatti - scrive - non si
limita a neutralizzare le pre.
tese delle diverse culture e
religioni a occupare in modo
improprio o monopolistico J
terreno pubblico; non si limi,
ta ad affermare il principio
della tolleranza, ma esige pòsitivamente un vincolo reciproco per costruire una comunità politica solidale».!
colloqui fra religioni invece
«hanno successo sin tanto
che rimangono sul piano delle affermazioni di principio,
perfettamente congruenti!
con lo spirito laico (...
mungono esclusi dal di;
(...) gli specifici contentiti
dogmatici di verità che fanni
“cristiano” un cristianoi
“musulmano” un musulmano, “ebreo” un ebreo. Riman
elbre’
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gono confermati nella loropbb^ at
diversità, se non nella loroii
compatibilità, i simboli, i ge-j
sti, i comportamenti (...) diel
danno concretezza, visibili
alle identità. Non potrebbe |
essere diversamente».
CORRIERE DELLA SEEÁ
Laici e pentiti?
Nel dibattito sulla necessità che anche i «laici» e ico-|
munisti, come la Chiesa!
tolica, si pantano di alcuml
loro azioni, spicca un intet-l
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li politii
vento di Alfonso BerardineWe eccle;
(1° novembre), che in risposta a Ernesto Galli Della lù|(
già afferma: «La cultura lai(
europea, negli ultimi due
coli, non ha fatto che autoci
ticarsi e denunciare le pti
prie colpe». E più avanti:
primi decenni del Novecent
non sono che una autocritit
ininterrotta e feroce del
cultura ottocentesca». Il pK Serimei
SI occu
blema, caso mai, è che i
«la cultura laica sembra av protest;
perso di vista la propria trai Farsi coi
zione critica e si limiti agl ropria d
leggiate nell’oceano della 0 iativa,
municazione Totale (.. )• ritenes
quindi si può avere l’impt® aggio e
sione che non resti che il P |a arrog
pa: il quale scopre orad nolti cai
anche la Chiesa ha le sue co questo,
pe». E conclude: «Proviamo lo jj
immaginare il prossimo W la fede t
ro e chiediamoci se il nosi ) p^oss
attuale stile culturale e di vi pUce, di
non stia producendo “colp
di cui fra dieci anni bisogni g g¡
chiedere “perdono”».
no proprio in quella parte di
mondo che suole chiamarsi
cristiana. Non dovremmo
forse ricavarne un avvertimento per noi credenti, per
le nostre famiglie, per le nostre comunità, per la chiesa
intera?
Nella nostra società (e talvolta nelle nostre chiese) regna un permissivismo dilagante, soprattutto in ambito
sessuale, ma non solo in
quello: tutto è lecito, tutto è
concesso, lutto de\c c'-scl
accettato e giustificato (c®
insegnano certi psicolof
Stiamo attenti: fra il per®J
sivismo sfrenato e il crin«'
il passo è meno lungo|
J 1 ^ Ci O O KJ 1 i 1 w 11 Vj 4 V* ‘ o
quanto si creda. Non ausp^jl
certo il ritorno a un mot
smo gretto e farisaico,
dobbiamo avere il coraggi®,j
proclamare le esigenze
re dell’Evangelo per la nos
vita quotidiana. «Guai a q®*;
li che chiamano bene il iH'
e male il bene - esclam®
profeta Isaia - a quelli®,
mutano la luce in tenebre _
tenebre in luce, che mt>F|
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(Rubrica «Un fatto,
mento» della trasmissione ® .
Beane
diouno «Culto evangelico» r®
dalla Federazione delle
evangeliche in Italia an
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15
Il 28 NOVEMBRE 1997
PAG. 1 1
RIFORMA
Il ricordo
Idi due amici
[scomparsi
[el breve giro di poche setene ho appreso da Riforj^la dipartita di due cari
0ci: Arturo Genre e Jean
gjjinet. Ad Arturo mi legava"i anni deH’adoiescenza e
prima giovinezza, traP . ¿orsi insieme prima al Con7 ot?° ® Scuola latina di
i„ ìoaretto, poi al Convitto e
® ¿liceo di Torre Pellice, dove
PA
orti tra
riven1 caratincipio
non si
le preIturee
1 modo
isticoi
si limiincipio
lige polo reclina colale».!
invece
1 tanto
no delncipio,
¡ruenti
-).Ei
itenutl
e tanni
stiano,^
isulmaRimanlla loro
p lunghi anni abbiamo di^la stessa stanza. Dopo gli
|ini del Liceo le nostre straje/come spesso avviene nelita, si sono separate, né ci
ito più possibile rivederci
icontrarci.
lapevo che insegnava aliversità di Torino e che si
ipava di Dialettologia, nel
ambito si interessò anche
dialetti franco-provenzali
ielle e Faeto, due paesini
Ito vicini a Orsara, e seguiquello che scriveva sui nogiornali e riviste. Alla nodella sua scomparsa prêta, una grande commo[ne e tristezza hanno invamio cuore, insieme a una
di ricordi, di momenti di
vissuti e sofferti insieme,
iogni e di speranze coltivalurante gli anni della noadolescehza e giovinezza,
Il rimpianto di quanto
‘ bbe ancora potuto fare e
loro il-P agli altri, sul piano pro
di, i ge(-..) che
isibil
itrebhe
Sili
necfî
-> eicoesa catalcuoe
n interirdinelj
1 rispoIla Dg
iOnale e umano,
n Gönnet invece ci siatonosciuti intorno agli
'80, quando insegnavo al
scientifico di Pinerolo,
lo invitai a tenere una
fetenza sul valdismo e le
ie medievali. Si stabilì tra
a simpatia e un’amicihe si è sviluppata nel
ip, cementata dalla conanza di fede, nonché
la convergenza di idee e di
Iute su molti problemi e
li politici, culturali, teoloe ecclesiastici.
Itri ricorderanno i meriti
iitifici del prof Gönnet, ilira laici re studioso del Medioevo
due Si el valdismo medievale; io
autocit tei solo ricordare l’amico
le proi erno, comprensivo, soli'anti: dal carattere cordiale e
vecenii (ante, sempre pronto a diocritiG a dare una parola di incoe delli lamento, un consiglio, un
. Il pr® jerimento utile a chiunhe o| si occupasse della storia
jra avi protestantesimo italiano,
ia trai farsi coinvolgere e a dare
ti a gì ropria disponibilità a ogni
ellaCo ;iativa, culturale e non,
! ritenesse meritevole di
impr®* oggio e sostegno, senza la
le il P* ta arroganza e sufficienza
ora eh jolti cattedratici italiani,
sue co questo, forse, anche il suo
viaiuO' lo di vivere e manifestare
no fu® la fede e il suo amore ver1 rros® 1 prossimo, in maniera
e di ™ plice, diretta, umile,
co p entrambi questi amici fra
SOgn li, g gi |qj.q fguiilig]-j, jjjj sig
putito far pervenire il mio
^ lo commosso e un grazie
; essei
ito (cp
co
pernii*
crimii
auspij
moron
ico,
elli cl;
muta'*
dole®
sentito per quanto mi hanno
dato sul piano umano, culturale e di testimonianza della
loro fede, certi che continueranno a vivere nel cuore e nel
ricordo di quanti li hanno conosciuti, stimati e amati.
Arturo A. Cericola-Troia
■ L'attività
instancabile
. di Jean Gönnet
Tra il serio e il faceto proposi una volta a Giovanni
Gönnet un ipotetico viaggio
in treno dal Sud dell’Italia
con destinazione il Nord Europa, viaggio in cui egli avrebbe dovuto animare, con
altri studiosi, un «simposio
viaggiante» Unica condizione
per i passeggeri l’instancabile
volontà di esercitare l’arte
dell’ascolto prima di cimentarsi nel loro dire.
Ricordo Jean Gönnet nella
sua casa di Roma, seduto al
tavolo da lavoro, circondato
di libri, intento a battere l’ennesima lettera o articolo. In
queste visite, che gli rendevo
periodicamente, apriva volentieri ogni volta uno dei
tanti «dossier», come egli
amava chiamarli, nei quali
conservava la corrispondenza
dell’ultimo argomento su cui
era intervenuto, magari polemicamente. In quegli anni lavorava alla revisione della
Bibliografìa valdese. Un lavoro monumentale. Gli articoli
e libri che schedava lo costringevano spesso a scrivere
agli autori per puntualizzare
quella o quell’altra svista, che
la formidabile e ampia conoscenza gli permetteva di andare a scovare, magari in una
nota a piè di pagina.
All’apertura di ogni anno
accademico della Facoltà, dopo la prolusione, era consuetudine l’appuntamento in
una trattoria con gli amici
Musella e Turtulici, per discutere e ascoltare di storia, di
teologia e di politica. Fui una
volta informato che era stato
ricoverato in gravi condizioni
all’ospedale. Faticai non poco
a trovarlo perché all’accettazione avevano sbagliato la
trascrizione del suo cognome. Quando giunsi nel reparto rianimazione il professore,
con mia sorpresa, era intento
alla preparazione di una delle
sue tante recensioni.
In occasione della discussione della mia tesi alla Facoltà di teologia mi aveva ancora spedito una cartolina in
cui mi anticipava alcune domande su cui avrei dovuto
sviluppare dei chiarimenti.
Purtroppo le sue condizioni
di salute gli impedirono di
presenziare. Ci mancherà il
suo apporto critico, il suo ragionare severo e rigoroso, poco incline ai compromessi, tipico di chi ha dovuto lottare
fin dalla fanciullezza, come
amava ricordarci.
In uno studio del 1946, a
proposito dei protestanti nella vita politica italiana, aveva
scritto sulla rivista Protestan
CASA VALDESE
DELLE DIACONESSE
residenza assistenziale per anziani
viale Gilly, 7 - 10066 Torre Pellice - tei. 0121-91254
a ristrutturazione sarà presto terminata, ma
iamo ancora bisogno della vostra generosità!
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'ilS* *"• 28242103 intestato a CASA DELLE DIACONESSE
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icario n. 1479/1 - Istituto bancario San Paolo di Torino,
ag. di Luserna San Giovanni
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^'ancario n. 2427928/18 - Cassa di Risparmio di Torino,
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ag. di Torre Pellice
intestati a
Tavola valdese - Casa delle diaconesse
/i doni sono defiscalizzahili a richiesta)
Bisogna cercare sempre di distinguere tra parola di Dio e parola umana
La guerra nella Bibbia, solo pagine «selvàgge»?
SALVATORE RAPiSARDA
I L lettore italiano ha ora un altro testo
sulla guerra nella Bibbia, recensito
da'Giovanni Mariotti nelle pagine del
«Corriere della sera» del 23 ottobre. Il
testo, ci viene detto, è di T. R. Hobbs,
professore di Esegesi biblica a Hamilton, Canada, ed è pubblicato da Piemme con il titolo L’arte della guerra nella
Bibbia. Il recensore fa alcune osservazioni pertinenti sullo spirito di pace,
che non è monopolio di nessuno «nemmeno del papa» e che investe credenti e
non credenti. Pertinente mi sembra pure la conclusione in cui si sottolinea il
bisogno di ascolto reciproco e di allargamento dei confini per superare ogni
nazionalismo e spirito di guerra.
Mariotti solleva pure una questione
diciamo di comprensione della Bibbia,
sulla quale conviene discutere. Dopo
aver ricordato la brutalità dell’Antico
Testamento, egli si chiede come sia
possibile che uomini di pace si riconoscano in «quelle pagine selvàgge». Per
riflettere su questo interrogativo, si potrebbe partire proprio dalla concezione
della Bibbia. Mariotti così la definisce;
«Non è semplicemente un’opera di storia, ma una guida etica che molti milioni di persone ritengono ancora oggi direttamente ispirata o addirittura dettata
da Dio». Questa definizione non ci soddisfa. Ci interessa poco come la inten
dono molti milioni di persone. Il metodo storico-critico, nella lettura della
Bibbia, ci ha insegnato a collocare il testo nel suo contesto e a tenere in considerazione la distanza che ci separa
dalTambiente bìblico. Soltanto una lettura fondamentalista può pensare di
applicare oggi ciò che veniva intesa come volontà di Dio allora. Soltanto un
fanatismo sfrenato può far dire a qualcuno che va alla guerra: «Dio lo vuole» o
«Dio con noi».
Una corretta lettura dei brani dell’Antico Testamento in cui si parla di guerra
ci fa scoprire che la guerra la combatte
Dio e la si combatte solo quando Dio lo
decide. Al di fuori dell’ordine di Dio la
guerra è iniqua e votata alla sconfitta. II
popolo d’Israele è liberato dalla mano
di Dio mediante interventi miracolosi
che mettono in fuga il nemico. La guerra di Dio è una drammatizzazione sacra, più che un fatto di eserciti. È nel
contesto di questa sacralità che si parla
di interdetto. Il risvolto di quest’ordine
altro non è che il divieto di fare la guerra per amore del bottino. Là dove gli
eserciti si sono mossi sul piano storico.
Io hanno fatto seguendo considerazioni
politiche, e Israele non ha sempre avuto la meglio, piccolo com’era.
L’Antico Testamento ci presenta
principalmente un Israele infedele e disubbidiente, piuttosto che un popolo
allineato alla parola dei profeti. Non
sempre la parola di Dio si identifica con
la autocomprensione del popolo e con
la presentazione che questo fa delle
proprie gesta. Il lettore è invitato a distinguere tra parola di Dio e parola
umana, anche dentro la Bibbia. E noi
non abbiamo ancora finito di esplorare
la Bibbia, per imparare a distinguere tra
la «forma», cioè linguaggio umano, e il
«contenuto», cioè il messaggio di Dio.
La nostra cultura non ha ancora apprezzato abbastanza i concetti biblici
quali: il creato come bene da amministrare e non da sfruttare, la terra come
concessione di Dio e non come possesso, la legislazione su forestieri, poveri, vedove, orfani, giubileo e liberazione, ecc. Oggi, nonostante le nuove
sensibilità che pretendiamo di avere, ci
scandalizziamo del sangue, e facciamo
bene, ma non ci scandalizziamo abbastanza delle pessime qualità di vita che
infliggiamo a molti popoli e nazioni a
causa del distorto sviluppo economico-politico. La Bibbia, inoltre, non è
solo Antico Testamento. Uno che si è
riconosciuto «in quelle pagine selvagge», e che era uomo di pace, è stato
Gesù di Nazaret. Dal suo messaggio, e
da quello della comunità che si è raccolta intorno a lui, è nata dell’altra
Scrittura, a completamento delTAntico
Testamento. Quando parliamo di Bibbia, facciamo bene a ricordarci anche
del messaggio di Cristo.
tesimo queste considerazioni:
«...il mezzo di cui si vale [il
protestante] non sta nelle
proprie forze, ma nell’aiuto
che egli invoca tutti i giorni
chiedendo di conoscere sempre più, attraverso la meditazione della sua Parola, qual è
la sua effettiva volontà. Il tutto “Soli Deo Gloria’’».
Italo Pons - Catania
Jean Gönnet e
le chiese laziali
La notizia della dipartita
improvvisa di Jean Gönnet
ha lasciato nel profondo dolore le comunità di Ferentino
e Colleferro. Avevamo ancora dinanzi agli occhi le fotografie di quel periodo «glorioso» dell’inizio delle nostre
comunità che lo ritraevano
insieme a Valdo Vinay e che
costituivano la mostra storica realizzata per il cinquantenario delle nostre chiese.
Quando gli abbiamo parlato
dei festeggiamenti in atto,
egli ci ricordava sempre che
non dovevamo mai pensare
al passato, ma dovevamo
analizzare il modo con cui le
comunità vivevano oggi la
loro fede e la loro fedeltà al
Signore. Fedeltà che spinse
lui, accompagnato da Wanda, e Vinay ad affrontare le
peripezie della fondazione di
due comunità evangeliche a
cui era poi rimasto sempre
attaccato, non disdegnando
mai di predicarvi e di dare la
sua testimonianza e il suo
parere sui problemi della nostra testimonianza.
Le sue condizioni di salute
non gli avevano permesso di
venire da noi a Colleferro, gli
avevamo mandato un messaggio di augurio per un
pronto ristabilimento. Nelle
nostre chiese ultimamente
abbiamo ricordato la scomparsa di tante coppie pastorali: Tullio e Fernanda Vinay,
i Deodato e altri. Non possiamo dimenticare Wanda, che
con Gönnet costituiva un
corpo e un’anima di cui Jean
avvertiva profondamente la
perdita.
Noi non possiamo, che ringraziare Dio per l’opera svolta da Gönnet in mezzo a noi e
chiedere a Dio di continuare
il frutto dell’opera iniziata.
Rosa Benedetti,
Fiorella Marini
presidenti dei Consigli
di chiesa
Jean Gönnet
in Francia
La notizia della morte di
Giovanni Gönnet, il 20 ottobre scorso, datami per telefono da un amico valdese che
risiede in Sicilia, mi ha profondamente sconvolto. La
sua attività infaticabile e la finezza del suo spirito facevano dimenticare la sua età e le
sue condizioni di salute.
Quando la redazione della rivista Heresis ha appreso la
triste notizia, aveva appena
finito di imbustare le bozze
del suo ultimo articolo. Dal
1986 al 1996 ci aveva inviato
non meno di 21 contributi.
Gönnet ci lascia più di
mezzo secolo di lavori rigorosi, che avevano fornito tutti
una messa a fuoco di argomenti, come il valdismo e le
Fondo Di Solidarietà
conto corrente postale n. 11234101
intestato a La Luce, via San Pio 15,10125 Torino
Dopo una buona partenza,
le offerte per il progetto Albania hanno subito una severa
flessione, come appare dal
nostro elenco.
Presumiamo che questo
calo di investimenti sia dovuto al fatto che la maggioranza
dei fratelli e delle sorelle che
sostengono il Fondo abbia
inviato in questo periodo le
proprie offerte in favore delle
femiglie colpite dal terremoto. E questo è logico e perfettamente comprensibile. Fondandoci tuttavia sulla convinzione che il progetto che
la Federazione delle chiese
evangeliche in Italia sta attuando net campo dell’inse
gnamento per ragazzi e adulti in una zona degradata di
Tirana continua a sollecitare
la solidarietà di molti lettori,
manteniamo aperta la sottoscrizione per il prossimo bimestre, dopo di che invieremo la somma raccolta alla
Federazione.
OFFERTE PERVENUTE
IN SETTEMBRE-OTTOBRE
£ 100.000: Delia Fontana;
£ 50.000: NN Verbania; Vittorio Pallagrosi.
Totale offerte; £ 200.000
Totale precedente:
£2.132.919
Tassa di bollo; £ 18.000
Totale: £2.314.919
eresie medievali che godevano, dopo la seconda guerra
mondiale, di uno sforzo generale di ridefinizione. A partire dal 1942 con i suoi Prolegomeni sul valdismo medievale e la Protesta valdese da
Lione a Chanforan, fino ai
suoi Appunti sulle fonti, aveva occupato un posto che
non ha cessato di mantenere
in questo settore della ricerca: il primo.
Ma in un’epoca in cui vari
storici si perdevano in considerazioni generali sui rapporti fra povertà e eresia.
Gönnet dava l’esempio del rigore scientifico, fornendo
con Augusto Armand-Hugon,
nel 1953, la sua enorme Bibliografia valdese e nel 1958 il
suo Enchiridion fontium valdensium, che la durezza dei
tempi non gli ha consentito
di ultimare. La sua opera più
importante resta senz’altro
Les vaudois au Moyen Age (di
cui Amedeo Molnàr scrisse la
parte relativa all’Europa centrale), preparata per TE» centenario dell’inizio del ministero di Valdesio (1974). In
questa occasione dimostrò
come l’uso del francese gli
fosse così spontaneo quanto
quello dell’italiano, cosa che
coloro che avevano avuto il
privilegio di ascoltarlo nei
convegni internazionali avevano già constatato con ammirazione.
Per tutti quelli che Thanno
conosciuto il suo ricordo resterà quello di un uomo dall’immenso sapere, dalla conversazione spesso ironica ma
tollerante, e dall’amicizia
sempre offerta a chiunque fin
dal primo contatto.
Jean Duvernoy - Toulouse
i Jean Gönnet
e il Luberon
Avendo saputo della scomparsa del prof. Giovanni Gönnet, voglio ricordare l’amico
dei valdesi del Luberon, che è
stato presente a tante manifestazioni e con contributi
scritti per «La Valmasque»,
bollettino dell’«Association
d’Etudes Vaudoises». Ancora
grazie, professore!
Lucien Ferrerò
Puget-sur-Durance
»L’anima mia s’acqueta in Dio
solo, da lui viene la mia salvezza»
Salmo 62, 1
Fiammetta Rostan Pons
I cugini di Firenze Fiorenza,
Ferruccio, Fernanda, Fabio, Fausto e Davide Frangali la ricordano
con immenso amore.
Firenze, 15 novembre 1997
RINGRAZIAMENTO
«Il dono di Dio è la vita eterna
in Cristo Gesù, nostro Signore»
Romani, 6, 23
I familiari del caro
Edoardo Ernesto Robert
riconoscenti, ringraziano tutti coloro che con presenza, fiori, scritti
e opere di bene si sono uniti a loro nella triste circostanza.
Un grazie particolare al dottor
Griffo, al pastore Vinti e signora,
ai vicini di casa e a tutte le persone che generosamente si sono
prodigate.
Prarostino, 28 novembre 1997
Tavola valdese
Via Firenze, 38 - 00184 ROMA
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Lapo officina meccanica di precisione, circa 20 operai,
con sede in Rie.si (GL) ]>er gestione ordini, carico macchine officina, controllo (jiialità totale collegata a gruppo internazionale. Possibile risiedere in loco. Scrivere alla Tavola valdese.
AGAPE 6-8 DICEMBRE
SENZA CORPO
Una serie di esperti si confronta in questo incontro sui
nuovi concetti che hanno a che fare con la realtà di persone
umane «modificate» o addirittura «pensate» in laboratorio
oppure fortemente limitate nelle loro potenzialità. Ne discutono, fra gli altri, Elisabetta Donini, Maurizio Vaudagna,
Paolo Vineis, Sergio Bartolomeis, Anna Rollier.
Sono previste tre quote di partecipazione (da £ 110.000 a
150.000). Per informazioni:
Agape: tei. 0121-807514, fax 807590.
16
PAG.
12 RIFORMA
VENERDÌ 28 NOVEMBRE 19qt
Il difficile cammino della pace
Il movimento giovanile arabo
Giornata mondiale dell'educazione: denuncia dell'Unicef
143 milioni di bambini nel mondo non frequentano la scuola
TANJA FISCHER
La via alla pace e alla collaborazione in Israele non
può cominciare solo dal momento in cui vengono stipulati dei patti o ci sono dichiarazioni ufficiali. Per giungere
alla coesistenza tra arabi ed
ebrei bisogna fare molti piccoli passi. Un contributo su
questo cammino lo vuole dare un’organizzazione di giovani palestinesi, lo «Arab
Youth Movement», che ha sede a Givat Haviva, in Israele,
e si rivolge ai giovani musulmani e cristiani. Il suo scopo
è rafforzare la coscienza dell’importanza della democrazia nello stato e creare occasioni di collaborazione pacifica tra arabi ed ebrei. Tra i
temi che i giovani arabi si
propongono di portare avanti
c’è anche la parità di diritti
fra donne e uomini e la protezione dell’ambiente.
«Un’azione giovanile di
questo genere è stata tutt’altro che ovvia per molti anni», dice il segretario del movimento, Emad Ayoub. Nei
paesi arabi circostanti non
ha per ora alcun aggancio.
Quando l’attuale presidente,
Abed Hamza, fondò il movimento, sette anni fa, lo fece
soprattutto per togliere i giovani dalla strada e occuparli
durante il tempo libero.
Quanto sia importante lavorare tra i giovani arabi lo
dimostrano le statistiche del
1996 sulla popolazione. In
Israele ci sono 5,6 milioni di
abitanti, di cui circa un milione sono arabi. Tra di essi i
giovani fra i 15 e i 24 anni sono 206.000. Il successo tra i
giovani arabi del movimento,
che conta circa 2.000 aderen
ti, risiede secondo il suo presidente nel fatto che in esso
vi sono un’apertura reciproca
e una libertà di comunicazione molto ampia. Molti capi
religiosi dell’Islam accusano
il movimento di fuorviare la
gioventù, ma Ayoub respinge
energicamente queste insinuazioni. Si tratta di un’opera che non intende avere alcun orientamento religioso e
non si rivolge assolutamente
contro l’Islam.
Il programma è vario ed è
pronto ad accogliere nuove
idee e contributi. A Givat Haviva si tengono anche dei
corsi di un anno per la preparazione di giovani disposti a
creare nuovi gruppi nei paesi
dove abitano. Nei corsi che si
tengono nei week-end si insegna a costituire e guidare
gruppi, a dirigere incontri e
discussioni, si danno nozioni
di pronto soccorso, si discutono problemi come l’alcol,
la droga. Importanti sono poi
la riflessione e la discussione
sul ruolo che i giovani arabi
ricoprono in Israele. L’anno
scorso 20 giovani hanno portato a termine questo corso.
Le finanze sono un grosso
problema per il segretario:
nessun sostegno arriva dal
ministero per l’Educazione di
Israele, che non intende riconoscere l’organizzazione.
Praticamente, secondo Emad
Ayoub, le organizzazioni giovanili riconosciute e sostenute sono solo quelle che hanno un taglio sionistico. Il lavoro dell’«Arab Youth Movement» viene quindi finanziato dair«Abraham Fonds»
dell’ambasciata americana,
dalla città di Givat Haviva e
da alcune fondazioni della
Germania. (epd)
In occasione della Giornata
mondiale dell’educazione tenuta nello scorso settembre,
l’Unicef ha denunciato che
nel mondo 143 milioni di
bambini non possono andare
a scuola: di questi, due terzi
sono femmine.
Il peso dei debiti e i tagli
alle spese pubbliche hanno
causato un notevole regresso nei programmi di scolarizzazione dei paesi del Terzo
Mondo. Nel 1995 nei paesi in
via di sviluppo si sono spesi
28 dollari Usa all’anno per
bambino per l’istruzione scolastica contro i 41 dollari che
erano stati spesi nel 1980. Il
sostegno internazionale per i
programmi educativi è diminuito drasticamente. Se nel
1975 questo sostegno copriva
il 17% dei costi, nel 1994 la
quota internazionale raggiungeva solo più il 10,7%.
Eppure, secondo l’Unicef,
questo problema potrebbe
essere risolto facilmente. Sarebbero sufficienti 6 miliardi
di dollari l’anno per permettere a tutti i bambini di frequentare una scuola. Si pensi
che gli investimenti per allestire il parco divertimenti
Euro-Disneyland a Parigi sono stati di 5 miliardi e mezzo
di dollari.
Questo organismo dell’Onu chiede un maggiore impegno da parte degli stati membri per far sì che tutti i bambini possano avere almeno
una istruzione elementare.
Occorrerebbe preparare nei
paesi in via di sviluppo 4 milioni e mezzo di insegnanti e
sarebbero necessari per le
scuole libri, materiale scolastico, mobili. Bisognerebbe
poi sostenere la frequenza a
scuola delle bambine che in
molti paesi, in questo settore
come in molti altri, vengono
penalizzate. Secondo uno
studio condotto in venti paesi in via di sviluppo, in otto
di essi le bambine frequentano la scuola in una percentuale minore del 15-18% rispetto ai bambini. Su questo
fattore incidono spesso particolari tradizioni: basti pensare alla politica condotta
dalle milizie dei Taliban in
Afghanistan.
L’Unicef sottolinea anche
che, nonostante questa situazione, negli ultimi tre decenni la frequenza a scuola è aumentata e raggiunge oggi circa l’80% della popolazione
infantile. Molti scolari però
lasciano la scuola prematuramente: nei paesi africani a
sud del Sahara ciò avviene
per oltre la metà dei bambini,
mentre in Nord Africa, in Medio Oriente e in Asia la defezione scolastica tocca il 20%.
Spesso ciò è dovuto anche alle grosse, lacune della scuola
stessa: classi con più di 50
scolari, insegnanti poco preparati, lezioni non tenute
nella lingua madre.
Il risultato è che, nonostante gli sforzi, in diverse regioni
del mondo l’analfabetismo
aumenta: l’Unesco ha verificato questo fatto in diverse
zone dell’Asia meridionale.
dell’Africa nera e dei paesi
arabi e sta sollecitando i go.
verni a cercare di capovolgere questa tendenza. 50 anni
fa circa la metà dell’umanità
era analfabeta. Oggi, secondo
rUnesco, meno di un quarto
della popolazione mondiale
non sa né leggere né scrivete.
Ma in alcune zone dell’Africa
e dell’Asia l’analfabetismo
tocca quasi i tre quarti delle
persone. E ciò riguarda in
tutto il mondo quasi 900 milioni di esseri umani. Nella
società moderna chi non sa
leggere e scrivere, dice l’Unesco, è tagliato fuori dalla conoscenza e non può esercitare appieno i suoi diritti, (epd)
Alla prima votazione era mancato il quorum
Tutu cittadino onorario di Città del Capo
rinnn la valanaa rii reazirmi theiri. Desmond Tutu è ocffi eime. ner aver blocca
Dopo la valanga di reazioni
provocata da un precedente
rifiuto, i consiglieri comunali
di Città del Capo (Sud Africa)
hanno deciso all’unanimità
di conferire il titolo di cittadino onorario all’ex arcivescovo anglicano della città, Desmond Tutu.
Negli ambienti nazionali e
internazionali, il Comune di
Città del Capo era stato fatto
oggetto di commenti poco
lusinghieri quando, il 30 ottobre scorso, la proposta di
conferire la distinzione di cittadino onorario all’arcivescovo Desmond Tutu non aveva
raggiunto il numero di voti
necessari. Premio Nobel della pace nel 1984, personalità
nota in tutto il mondo per il
suo impegno contro l’apar
theid, Desmond Tutu è oggi
presidente della Commissione «verità e riconciliazione»,
incaricata di far luce sui crimini del passato.
Il 10 novembre scorso, palesemente imbarazzati per il
risultato del voto segreto del
mese precedente, i sessantacinque consiglieri presenti
alla riunione del Consiglio
comunale hanno alzato tutti
la mano quando è stato chiesto loro di votare. Era richiesto un minimo di cinquanta
voti a favore.
I membri del Consiglio comunale aderenti al Congresso nazionale africano (Anc)
del presidente Nelson Mandela, avevano rimproverato i
consiglieri del Partito nazionale, difensori del vecchio re
gime, per aver bloccato ogni
tentativo anteriore di onorare
il cittadino più famoso della
città. All’inizio deU’anno, l'arcivescovo Desmond Tutu
aveva provocato la collera del
Partito nazionale accusandolo di non aver voluto assumere la responsabilità delle violazioni dei diritti della persona commesse durante il regime dell’aparheid.
Ma anche i consiglieri
membri dell’African National
Congress sono stati criticati
per non aver saputo, prima
dello svolgimento del voto
del 30 ottobre, accertarsi che
la proposta di conferire questa distinzione all’arcivescovo Desmond Tutu avrebbe
raccolto un numero sufficiente di voti. (eni)
«Mai
salutò
udì il Si
tra di l
colmati
esclam
tutte k
bambù
/L rac
ria,
cammi
■ anzian,
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Chi sor
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Dio. Q.
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