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Anno 123 - n. 1
9 gennaio 1987
L. 700 „—
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bls/70
In caso di mancato recapito riapedire
a; casella postale - 10066 Torre Pellice
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LIBERTA’ RELIGIOSA
BILANCIO DELL’ANNO PASSATO
Firmate
altre due
Il tempo, la parola, la vita
Tra succedersi di avvenimenti e bombardamento di informazioni oc■■ corre riscoprire il senso dello studio e la strada della riflessione
Almeno sotto il profilo della
libertà religiosa, il 1986 è finito
bene. Lunedì 29 dicembre il presidente del Consiglio, on. Bettino Craxi, ha firmato col past.
Francesco Toppi l’intesa che
regola i rapporti tra la Repubblica Italiana e le « Assemblee
di Dio in Italia » (chiese pentecostali) e col past. Enrico Long
l’intesa che regola i rapporti
coll’« Unione Italiana delle Chiese Avventiate ».
Altre due confessioni religiose,' dopo quella valdese e metodista, vedono così regolati con
un accordo i loro diritti di libertà. Per i pentecostali, come
ha scritto Vaido Spini, sottosegretario agii Interni, si tratta
della « conclusione di una delle
più lunghe e dure battaglie per
la libertà religiosa dell’Italia
contemporanea ». Una battaglia
non facile perché i pentecostali, fin dall’inizio della loro missione in Italia, sono stati duramente perseguitati e vessati
dalla polizia e dagli organi dello stato e non solo dallo stato
fascista, che nel ’35 colla famosa circolare Buffarini-Guidi definì i pentecostali « pericolosi
per l’integrità fisica e psichica
della razza ». Circolare che fu
rispolverata negli anni ’50 dal
ministro agli Interni Sceiba che
continuò nell’opera vessatoria
contro i pentecostali. A questo
proposito, Valdo Spini ricorda
un episodio indicativo della mentalità di quel tempo: il sindaco
di Cavaso del Tomba aveva rifiutato di erogare l’acqua ad
una abitazione perché « abitata
notoriamente da protestanti ».
Grande perciò deve essere
stata l’emozione del past. Toppi, che era stato lui stesso perseguitato a causa della sua fede, quando ha apposto la sua
firma all’intesa: « Finalmente
— ha commentato — siamo cittadini a pieno diritto ». L’on.
Craxi, a conoscenza della storia recente dei pentecostali, ha
riconosciuto che « alla loro vicenda segnata da persecuzioni,
sofferenze, lotte silenziose, il
paese guarda con profondo rispetto ».
L’intesa con le chiese avventiste è la prima che gli avventisti realizzano nel mondo con
uno stato e rappresenta un passo concreto verso il riconoscimento dei diritti di coloro che
per convinzione non possono
adeguarsi alle regole di maggioranza. Si pensi solo alla questione dell’osservanza del sabato.
Molte — e non poteva che essere così — sono le differenze
tra le intese firmate con le chiese avventiste e pentecostali e
quella colle chiese valdesi e metodiste, ma l’impostazione di
fondo, quella di essere un accordo per distinguere gli ambiti di
azione dello stato e delle confessioni religiose, rimane.
Dopo che una legge darà Vigore alle intesa, avventisti e pentecostali potranno partecipare
alla ripartizione di quell’otto F>er
mille del gettito IRPEF che il
sistema concordatario assegna
per il sostentamento del clero cattolico e che invece que
ste chiese utilizzeranno per fini
di assistenza.
Avventisti e pentecostali non
terranno lezioni di catechesi, di
dottrina religiosa, e pratiche
di culto nelle scuole pubbliche.
Agli avventisti inoltre è riconosciuto il diritto del riposo il sabato su loro richiesta. Le ore
lavorative non prestate il sabato potranno essere ricuperate
la domenica o in altri giorni
senza compensi. Ai pentecostali viene garantito che nella pianificazione delle radiofrequenze
si terrà conto di bacini di utenza idonei per le emittenti confessionali.
La polizia non potrà entrare
negli edifici di culto, salvo nei
casi d’urgenza, che « previo preavviso ai ministri delle chiese ».
Il colportaggio, per la vendita
di Bibbie e altre pubblicazioni
di carattere religioso, potrà avvenire nei luoghi pubblici senza autuiizz-azlone e il pagamento di alcun tributo.
Come si vede si tratta di documenti che riguardano la libertà di tutti, i diritti fondamentali dell’uomo che trovano finalmente riconoscimento nel sistema dei rapporti tra stato e chiese nel nostro paese. Un sistema
che si arricchisce oggi di due
nuove intese.
Ne mancano ancora altre (in
primo luogo quelle con le comunità israelitiche e con le chiese battista) e soprattutto manca l’abrogazione della vecchia
legge sui culti ammessi, prima
che il sistema previsto dalla
nostra Costituzione sia pienamente operante. Due passi avanti però sono stati compiuti.
Giorgio Gardiol
Sfogliando l’annata 1986 del
giornale tornano alla mente i
fatti cruciali che hanno caratterizzato questo anno di storia
della nostra vita. Il 1986 è stato
l’anno di Cernobyl, la sua esplosione ha fatto improvvisamente
crescere la « coscienza antinucleare » del mondo intero. Sul
versante interno, più vicino ai
nostri interessi, l’86 è stato l’anno della circolare Falcucci sull’ora alternativa all’ora di religione approvata dalla Camera e
che ha spaccato il Paese portando il governo nell’area della crisi: un problema tuttora irrisolto! L’86 è stato anche l’anno di
una religiosità trionfante e spettacolare con al centro l’attuale
pontefice: il 13 aprile papa Wojtyla entra nella sinagoga di Roma accolto, con paramenti sacri, dal rabbino Toaff e il 27 ottobre, ad Assisi, il papa invita
250 rappresentanti ufficiali di fedeli di credo diverso a pregare
per la pace. La manifestazione
è stata trasmtessa in mondovisione. Assenti i protestanti italiani.
c’è un solo dato costante: la ripresa del terrorismo su scala internazionale, sepie drammatico
di problemi irrisolti.
Il tempo divorato
L’Italia dell’86 è stata presente al tavolo dei sette grandi del
sistema monetario internazionale mentre la Fiat continua ad
espandersi a macchia d’olio. Sulla scena intemazionale: la crisi
con la Libia e il bombardamento su Tripoli; l’apartheid in Sud
Africa (sinora i morti sono 1697);
il parziale ritiro delle tmppe sovietiche dall’Afghanistan; il freddo vertice Gorbaciov-Reagan a
Reykjavik; l’attentato al dittatore cileno Pinochet... un caleidoscopio di momenti cmciali,
con rari squarci di speranza, in
cui è diffìcile orientarsi. Nel 1986
E’ volato via in fretta questo
1986 vissuto davanti alla televisione, ascoltando distrattamente
la radio o guardando (raramente leggendo) i giornali. In realtà viviamo troppo in fretta e male il tempo che ci è dato in cui
non c'è più posto per la riflessione e l’approfondimento. Siamo sollecitati da mille informazioni, mille possibilità da consumare, mille stimoli diversi e
'tutti nuovi’ che travolgono e divorano le nostre giornate.
Anche la predicazione nelle nostre chiese — notava il filosofo
protestante Paul Ricoeur recentemente su « La vie protestante » — punta tutto e in fretta
sul provocale la decisione dcil’uditorio senza sapere più, con
calma, raccontare la Bibbia alla gente e stimolare la sua immaginazione e riflessione. « Gesù, con le sue parabole, stimolava Fimmaginazione dei suoi
uditori e — dice Ricoeur — vorrei che la nostra predicazione si
aprisse all’immaginazione, al
'tempo raccontato’ per meglio
capire e, solo dopo, prendere delle decisioni ».
Il disprezzo per
le parole e per la vita
L’azione e la tecnica sono i ve
CAPODANNO
Buon evangelo
« Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la
Parola era Dio» (Giov. 1: 1).
In princìpio era il verbo. Non
Capodanno. Non la nascita, mia
o del mondo, dell’umanità o di
Gesù. Non il concepimento, di
un individuo o dell’universo.
Non un segno zodiacale, né la
grande ruota della vita, né la
natura, né la storia. Non l’inizio
di un anno, scolastico o liturgico, sportivo o di lavoro. Non l’inizio della specie o un buco nero, né un'esplosione stellare né
la luce, ma in principio era il
verbo. E' un’affermazione di fede, non può né vuole essere un
dato di esperienza vissuta.
Tra l’altro, se pure le concrete persone oggi viventi hanno
preoccupazioni esistenziali, si
chiedono piuttosto dove sono,
chi sono, dove vanito, e non tanfo da dove vengono. Solo chi è
più forte, chi non ha paura di
guardarsi in faccia può, al più,
mterrogarsi sulla propria identità, sulle proprie radici; ma
fuori dalla fede anche questa
forza è conservatrice, non creativa.
Il testo biblico volta pagina
su queste speculazioni, di filosofi o di adolescenti. Non parla
di noi ma di ciò che è diverso,
altro da noi e dalla nostra esperienza, e ci pone bruscamente di
fronte al principio, dove non ha
ancora senso parlare di spazio,
di tempo, di coscienza. Dove nessuno di noi c’era, quando nessuno di noi respirava, "prima”
di ogni coscienza e conoscenza
umana.
All’inizio, della Genesi e dell’evangelo, ci scontriamo con
questo principio, con questa diversità e alterità assoluta rispetto a ciò che siamo e sperimentiamo. In principio era qualcosa che non sappiamo e mai sapremo « tradurre » in modo adeguato: il « verbo », la « parola »,
il « logos », la razionalità. Ve
ri padroni del nostro tempo. La
riflessione, il pensiero sono generalmente visti come elementi
di disturbo nella catena produttiva in cui siamo tutti inseriti.
Anche la parola orale è diventata merce di scarto. Lo dimostra il fatto che la nostra società, quando vuole comunicare cose realmente importanti, usa immagini o azioni-simbolo. E al disprezzo per la j>arola si associa,
spesso, anche il disprezzo per
la vita umana. I malati, i nonefficienti, i ’diversi’ sono scartati
come elementi di disturbo, di
rallentamento fastidioso del ritmo produttivo.
Ora, come chiese che intendono ispirarsi alla Bibbia e alla
Riforma protestante, credo che
dobbiamo riappropriarci del
tempo dello studio. Abbiamo bisogno di riflettere e di avere
tempo per pregare e capire. Senza questa apparente ’perdita di
tempo’ non ci sarebbe stata nes.siina riforma della chiesa. Senza
studio, senza approfondimento,
senza preghiera c’è solo azione
fine a se stessa e fanatismo. Ma
non si tratta solo di riconquistare il tempo che la società ci divora bensì anche le parole che
ci vengono quotidianamente sottratte per ingannare, per illudere, per stordire.
Una prospettiva
per il futuro
vento, lo spirito divino...
Che questo « logos » abbia per
noi il nome di Gesù non rende
di per sé tutto più facile. Gesù
che spiega Dio, che è Dio, non è
per questo la scorciatoia verso
più semplici comprensioni di
Dio. E’ scandalo nello scandalo,
pietra d’inciampo sulle vie larghe di chi cerca tranquillo la sua
via alla trascendenza, alla mistica, alla divinità. E’ la porta stretta per un inizio nuovo. Non
« buon anno » dunque, ma buon
annuncio, evangelo che si accampa fra noi, fascio di luce
che collocandosi nelle tenebre le
rompe, le vuole vincere.
Per fede, perché carne e sangue non accolgono meccanicamente la luce, né la nostra umanità può imprigionare il principio, pronunciare e incarnare il
verbo. Per fede, perché è il ver. ho, che sta nel principio, a prendere forma umana, a dare forma umana alla nostra umanità,
che al di qua di questo nuovo
inizio rimarrebbe nelle tenebre.
Sergio Ribet
Riscoprire il rispetto per la
Parola e le parole significa anche scoprire il rispetto per la
vita, qualsiasi vita e a qualsiasi
latitudine. In sostanza si tratta
di afferrare e vivere la nostra dimensione vera di chiesa. Non
siamo né la chiesa del sacro,_ né
quella dell’immagine o dell’icona. Vogliamo essere chiesa della
Parola. E’ la Parola predicata
che fonda la comunità dei credenti. Il nostro programma potrebbe avere questo titolo: « E
la Parola è stata fatta carne »
(Giov. 1: 14).
Portare avanti questo programma di riscoperta del nostro essere evangelici per gli altri, senza colpevolizzare nessuno, ma aprendoci alla Grazia di
Dio che libera e orienta significa che nel 1987 avremo molte
cose da fare. Tutte apparentemente poco produttive per la
società. Ma solo apparentemente.
Giuseppe Platone
SOMMARIO
□ Religione a scuola - p. 3
□ Fede e cultura - p. 4
□ Chiamati ad essere
prossimo - p. 5
□ Domenica della
CEVAA - p. 6
□ Vita delle chiese
pp. 8-9
□ Diritti umani - p. 12
Indice anno ’86 (inserto)
2
2 commenti e dibattiti
9 gennaio IQS'?
OBIETTIVI
Il nostro giornale nel 1987
Come ognuno di noi, anche la nostra redazione
all'inizio dell’anno fa buoni propositi, incoraggiata
dalla buona risposta che la nostra campagna abbonamenti ha ricevuto. (A proposito, avete già rinnovato?).
Per il 1987 abbiamo previsto nuove rubriche,
maggior attenzione alla tempestività della notizia,
più spazio per l'opinione dei lettori. Nuove rubriche: innanzitutto una rubrica mensile dedicata all’avea rioplatense dove vive l'altra metà della nostra chiesa. Non solo notizie della chiesa valdese,
ma anche di quella metodista che quest'anno ricorda i 150 anni del suo arrivo in Argentina.
Poi una rubrica di storia, la storia della Rifor
ma e del movimento evangelico nel nostro paese,
i valdesi e il glorioso rimpatrio.
Ed ancora: una rubrica chiese e stato per accompagnare il dibattito sui finanziamenti ecclesiastici e l'evoluzione dei rapporti stato-chiese nel nostro paese.
Buoni propositi che hanno bisogno della collaborazione (e anche delle critiche) dei lettori cui a
partire da questo numero riserviamo una pagina
dedicata al dibattito e atte toro lettere.
Giorgio Gardiol
DIBATTITO
La TEV: scarsamente
Riceviamo e pubblichiamo:
In generale, si attacca qualcuno che propone una linea precisa e che « disturba ». Se così è
per la TEV, le reazioni rabbiose
e « plebee » (uso il termine di
uno degli scriventi) di questi ultimi tempi confermano che tale
movimento ha tutt'altro che perso la sua ragion d’essere. Non
mi fermerò a contestare certe
affermazioni che non meritano
smentite ma desidero allargare
il discorso ai problemi di fondo.
E’ bene, tuttavia, che certe voci
si esprimano perché si sappia
fino a che punto si è giunti in
alcune fasce della nostra Chiesa.
In un articolo di commento
all’ultimo Sinodo (sul n. 34, del
5.9.’86), Aldo Comba si rammarica per la « mancanza di dialettica interna » del Sinodo. Dopo
un periodo di scontri frontali,
egli dice, oggi si sarebbe giunti
« all'estremo opposto. Una quantità di ordini del giorno sono stati votati all'unanimità o quasi,
e nelle discussioni le voci che si
sono discostate dalla linea generale sono state poche, isolate e,
soprattutto, incapaci di proporre
una linea alternativa ». Affermazione sorprendente per chi sa
con quale cura e perseveranza
si è perseguito proprio lo scopo di ottenere un unanimismo
sinodale degno dei migliori regimi totalitari, mentre le varie
commissioni tendono ad essere
sempre più « omogenee ».
Oggi, i frutti si fanno inevitabilmente sentire. La patina di
grigiore dei nostri Sinodi non
scomparirà se non ripiortandoli
alla dignità ed alla serietà di
un’assemblea riformata, preoccupata di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. Il fatto che poche voci dicano questo dentro e
fuori il Sinodo non Amole affatto dire che esse siano meno valide dei grandi pronunciamenti
collettivi e ordini del giorno
« profetici » sinodali.
Quanto poi all'incapacità di
proporre linee alternative, mi si
permetta di dissentire. Ecco soltanto alcuni esempi.
1) Collegio di Torre: questo
istituto svolge oggi un lavoro assai apprezzato grazie a poche
voci che, a .suo tempo, hanno
sostenuto la necessità di non
chiuderlo. Lo stesso si dica per
molti nostri istituti di tutti i
generi.
2) Lm questione morale. Sta
trovando scarsissima risposta
spirituale nell’ambito delle nostre chiese una chiara indicazione, data da jj^he voci, in mezzo ai rimbrotó generali, per un
coraggioso 9j|'' ritorno ad
un atteggiamifjto morale più
conforme all« indicazioni bibliche. Chi ha voluto ascoltarle ve
ramente? L’unanimismo dei più
ha impedito una riflessione umile e sincera e si tira avanti con
i luoghi comuni e le soluzioni
che sembrano più vicine alla libertà cristiana.
Penso, tra l’altro, alla questione omosessuale, che sta prendendo una strada tutt’altro che
limpida in mezzo a noi. Tanto
che potremmo fare nostra la
pubblicità del Partito radicale di
questi ultimi tempi che lascia
capire, attraverso l’immagine di
due uomini che si baciano non
propriamente come due fratelli:
« Se volete che sii omosessuali
non siano oppressi, affrettatevi
ad iscrivervi al nostro partito ».
In questo, tra l’altro, sostengo
la posizione assunta dalla TEV.
Ma vi sono infinite altre questioni sulle quali andrebbe fatto
un discorso diverso. Per esempio le questioni della vita di coppia, anche pastorale. V’è poi un
cinismo politico che detta decisioni e prese di posizione che
non hanno molto a che fare con
un impegno cristiano nella società. Pur condannando, ad esempio, il cinismo col quale un
noto « garibaldino » ha difeso in
parlamento l’operato della Falcucci, non posso fare a meno di
pensare alle tante volte in cui la
nostra Chiesa ha difeso posizioni
politiche in quanto tali, con altrettanto cinismo.
Anche qui la proposta delle
poche voci è stata ed è molto
chiara: liberarsi dalla mentalità
di questo secolo e tornare ad
una spiritualità evangelica e ad
uno stile di vita meno vincolato
all’evolversi dei costumi ed alle
mutevoli fortune delle ideologie.
3) Il Sud Africa. Una questione che fa soffrire me quanto
molti altri. E’ stata affrontata
in Sinodo in modo tutt’altro che
dignitoso ed evangelico. Non si
è colto il « kairos » del Signore.
Si è dato spazio al rappresentante di un movimento come
quello dell’African National Congress, che ha sempre cercato il
male del continente africano, gabellandolo per liberazione. Mi
sono perciò indignato e vergognato per lo spazio dato ad un
suo rappresentante e per il modo con cui la sua presenza è stata gestita, col netto rifiuto di
ascoltare poche voci che dicevano altro, stigmatizzandole come
reazionarie e razziste. L’apartheid è teologicamente e biblicamente insostenibile e moralmente nocivo per quelli che lo
praticano. Non sono però il solo a sostenere, ad esempio, che
le sanzioni contro il Sud Africa
sono fatte per aggravare la situazione di quanti soffrono già
abbastanza anche così, sotto Pretoria e sotto i governi « liberi ».
Breyten Breytenbach, intellet
tuale boero in esilio a Parigi, ha
definito l’apartheid « una malattia dello spirito ». Ciò non gli ha
impedito di dire, ad im intervistatore (Stampa 14.11.’86): «Non
sono persuaso che il mondo
esterno voglia veramente un profondo cambiamento in Sud Africa. Qui c'è, in parte, una gigantesca mistificazione morale: l'apartheid è divenuto la pecora
nera, degli ipocriti di ogni genere ». E ancora: « Le sanzioni possono avere esiti distruttivi. Una
volta che si dà inizio a qualcosa è poi difficile bloccare il pro
cesso. E come dovrebbe risollevarsi l’economia africana se prima viene distrutta? ». L’allusione al fatto che tutta l’economia
africana è influenzata da quella
sudafricana è significativa. Tutto questo per dire che non mi
sento di associarmi alla « liberazione » auspicata dai vari africanisti nostrani, magari al prezzo di molto sangue e... in barba
al pacifismo e alla non violenza.
Ancora una volta in tutto questo è mancato lo spirito di preghiera, il riconoscimento umile
di una sofferenza che comunque
non possiamo risolvere noi, un
messaggio chiaro ma evangelico
rivolto a tutta la popolazione
del Sud Africa. Ma come fare
questo in mezzo al clamore di
un comizio? Perché nasconderei
ai lettori la tristezza con cui ho
constatato che gli atti del Sinodo riferiscono il mio intervento con queste parole: « St pronuncia contro le sanzioni economiche e parla della violenza dei
neri »? Così passerò alla storia
come razzista insensibile, senza
che si sappia il vero contenuto
del mio discorso, fatto anche
sulla base di un non indegno
articolo di J. Ellul, offerto dalla
TEV al membri delle nostre
chiese come materiale di studio
e di riflessione e non come parola definitiva sul Sud Africa.
Mi fermo qui, con gli esempi.
Non senza però ribadire che le
indicazioni per un cambiamento
di rotta sono state date, a più
riprese. La Chiesa, nei suoi responsabili e nelle frange emergenti non ha voluto ascoltare,
nel migliore dei casi, che « a partire da certe scelte irrinunciabili » (ma a mio avviso non evangelicamente fondate). Lo farà
prima che sia troppo tardi, prima che le lacerazioni siano troppo paralizzanti per la nostra
opera di testimonianza? Oppure
continueremo a baloccarci con
accuse di separatismo che cercano di ignorare il problema vero? Un movimento come quello
TEV è segno di malessere e di
speranza per tutta la Chiesa, con
tutti i suoi difetti e con la sua
« pochezza ». Sarà possibile cominciare un dialogo?
Giovanni Conte
IL VERO
ECUMENISMO
Ascoltavo giorni fa con intensa
emozione il Requiem di Brahms eseguito dall’orchestra e dal coro della
RAI. Guardavo ammirata questo insieme perfetto ed il direttore d'orchestra
che dimostrava con piccoli cenni la
sua soddisfazione per il risultato.
D'un tratto mi dissi: Ecco il vero
ecumenismo!
Che importa il fatto di essere cattolico, protestante o musulmano? Che
il coro sia formato da voci o da azioni, ciò che conta sulla terra — mi
sembra — è unire le forze per creare
in noi e attorno a noi il capolavoro
che Dio ci ordina di eseguire. Al
contrario, ci perdiamo in disquisizioni
oziose e ciarliere. Invece di “ togliere il troppo » come diceva Michelangelo, perdiamo energie, tempo e saliva per discernere come agire. Così, intanto, non si fa niente, vero?
Vorrei invitare il signor Morello ad
invertire le parti — come del resto
sarebbe logico .— visto che 1 incontro per la pace fu promosso per primi dai protestanti tedeschi, al quale
naturalmente il Vaticano non volle aderire. Che effetto gli farebbe sentirsi suggerire di « aprirsi con generosità alla Chiesa Protestante »? Come
se la santa volontà di Dio consistesse
nell'essere di una sola idea. Basta
immaginare che cosa diventa una nazione con un solo partito politico.
Vorremmo ia dittatura anche nella religione?
Se Dio ci ha per l’appunto creati
diversi, penso sia perché ognuno
suoni il meglio possibile lo strumento — che gli fu affidato con la vita
— nell’orchestra cosmica che ci accoglie su questa terra.
Dopotutto vorrei sapere: a chi serve la moda attuale di ripetere con
tono melodrammatico che siamo divisi? i credenti, che vivono intensamente e con fervore la loro vita interiore, sanno molto bene quanto si
sentono profondamente uniti ai credenti della terra intera. Essi fraternizzano nel desiderio di fare della loro
vita un inno di riconoscenza e di disponibilità al servizio di Dio.
Certamente se Dio è, ancora per
troppi, quell’essere barbuto, quell’idolo al quale si accendono delle candele o quella nozione indefinita di qualcuno al di fuori di noi, non potremo
mai comprenderci.
Ma se Dio è l’Energia creatrice
che vibra in tutte le nostre cellule,
se Dio è la nostalgia di perfezione
che ci dà la forza di vivere, di perseverare e di morire, qualunque sia
il prezzo di questa fedeltà, allora
ci riconosceremo membri della stessa
famiglia.
L’indispensabile non è il mezzo,
ma il fine. Che la via che mi è più
congeniale sia quella cattolica, o protestante 0 agnostica, il fine è Uno:
rispettare Dio attraverso la vita e
fondere in un medesimo Spirito tutto
quello a cui aneliamo.
Lucietta Tetiger, Neuchâtel
IRONIA,
NON SARCASMO
Intervengo qui per esprimere le
mie perplessità rispetto al contenuto*
della lettera, a firma Lucio Malan,
pubblicata sul numero 48 dell’Eco-Luce.
Tralasciando eventuali rilievi in merito alla questione della cosiddetta
» marcia dei contribuenti » di Torino,
sulla quale ognuno ha il diritto di
mantenere una propria opinione, anche incoerente con quella che può
sembrare essere la realtà oggettiva
dei fatti, vorrei soffermarmi su alcuni spunti critici suggeriti dall’intervento del signor Malan.
Mi pare che il discorso di quest ultimo sia una chiara testimonianza di
come dovrebbe venire utilizzato lo
spazio sull’Eco a disposizione dei lettori e di come, invece, esso venga
sovente sfruttato in modo scorretto.
Da un lato, infatti, ritengo non negative le riflessioni del Malan in quanto
costituiscono un'occasione di confronto e di verifica tra ciò che è stato
scritto sul giornale e un punto di vista diverso.
La rubrica « a colloquio con i letto
ri » è, per l'appunto, un momento importante di riscontro dell obiettività o
della parzialità dei pareri espressi dagli articolisti dell’Eco. In tale senso
ogni intervento è in grado di approfondire, rettificare, controbattere le tesi
nonché le esposizioni di fatti avanzate sul settimanale.
D’altro canto non condivido affatto
l’impostazione di fondo dello scritto
del Malan. Una cosa è fornire elementi di discussione, di critica costruttiva, una cosa del tutto differente è il dare voce a più o meno sottili motivi polemici. Se poi essi vengono
presentati in tono gratuitamente sarcastico... Rappresenta un grosso errore confondere il sarcasmo con 1 ironia. Quest'ultima è spesso uno strumento di provocazione intelligente,
mentre il primo è solo e sempre sconvenienza,
Ringrazio per l’ospitalità.
Marco Borno, Luserna S. G.
CRISTO: DIO
E UOMO
Caro Direttore,
ho letto l’articolo di Gino Conte su
« Gesù Cristo, un uomo » apparso su
"La Luce” il 5.12.1986.
Condivido, in linea di massima, il
suo punto di vista e Tammiro per il
suo dire: chiaro e semplice, prerogativa di rara constatazione perché spesso si ama fare sfoggio di scritti ad
alta levatura teologica lasciando a
bocca asciutta i molti!
Rileggendo quanto Paolo scrisse in
Filippesi (2: 6): “ ...non considerò essere uguale a Dio... ma spogliò se
stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini... », mi fa
capire che Gesù relegò in soffitta il
suo titolo divino, per svolgere la sua
missione terrena totalmente da uomo, come lo siamo noi.
In questa visuale di Gesù Cristo,
potenzialmente Dio e dinamicamente
uomo, considero la sua dualità. Un
onesto pensante o un credente dalla
fede non sfuocata, non dovrebbe creare alcun problema teologico sulla citata dualità del Cristo Gesù: Vero Dio
e Vero Uomo!
Distinti saluti.
Giuseppe Fiorentino, Roma
RICORDATEVI ANCHE
DEI RADICALI
Caro direttore,
è strano. E' strano il fatto che mentre ponete tanta attenzione a non pochi problemi social-politici italiani
(per non parlare di altri paesi anche
lontanissimi) non un solo accenno abbiate riserbato mai a un « movimento » — che è forse il solo che, se
non altro, è sempre stato il primo a
smuovere le acque stagnanti di una
democrazia che... fa fango da tutte
le parti.
Tante sono le ragioni per le quali
meriterebbe di essere ricordato; ma io
credo che a ognuna di queste ragioni
si possa pensare da soli. Cosa del
resto che già alcuni membri di chiesa,
pubblicamente e senza riserve, già
fanno.
Parlo ovviamente del Partito Radicale. Chiedo scusa per le prime due
parole di questa breve nota. Sono
certamente sbagliate. Nella temperie
in cui viviamo, il « fatto » non è per
nulla strano.
Cari saluti.
Ezio PinardI, Milano
QUESTA PAGINA
è dedicata alle opinioni, ai commenti, e ai dibattiti dei lettori.
Chi desidera scrivere una lettera è pregato di contenere II suo
scritto in 30 righe dattiloscritte.
Chi invece vuol contribuire ad un
dibattito contenga il suo scritto in
60/70 righe dattiloscritte.
Lettere e contributi vanno indirizzati:
Redazione
L'Eco delle Valli - via Pio V, n 15
10125 TORINO
3
a gennaio 1987
religione a scuola %
ORA DI RELIGIONE
Nessuna valutazione
per chi non si avvaie
Come volevasi dimostrare...
Sei mesi fa scrivevo (n. 28 del111 luglio 1986): il ministro Falcucci « ha fatto conoscere, a colpi di circolari, che la sua predilezione e il suo occhio di riguardo vanno verso tutti coloro che
si avvarranno del diritto di scegliere l’insegnamento della religione cattolica ».
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
NOTA PER LA VALUTAZIONE RELATIVA ALL INSEGNAMENTO
DELLA RELIGIONE CATTOLICA
(da allegar« alla scheda personate. per jnrormaàoiK aNe ramÌBliel
L’occhio di riguardo l’ha dimostrato ancora una volta nel predisporre, con un tempismo inconsueto per il Ministero di cui
è responsabile, la «Nota per la
valutazione relativa all’insegnamento della religione cattolica»
(vedi facsimile). Tale modulo,
che riprende tipograficamente e
graficamente, con tanto di stemma della Repubblica italiana, le
schede scolastiche per gli alunni della scuola elementare è, secondo il disposto del Ministero,
da allegare alla scheda personale, per informazione alle famiglie degli alunni, alla fine del
primo trimestre o del primo
quadrimestre dell’anno scolastico 1986-87.
am oLa oidattko ot
PIWilNClA oi
SCVOLA ELEMENlAUt
ANfW SCOLASTICO imfST
Ckisif
VALUTAZIONE (con rìrerimaxo hs airintCKSx con il quale l'alunno ha seguito l'aiiività di
insegnamento della religione catloika sia ai hiuitati formativi conseguiti):
Il nuovo modello
per la valutazione
della religione
cattolica nella
scuola elementare.
I TRIMESTRE
Ho cercato e richiesto ingenuamente il modulo per la nota
per la valutazione relativa alle
attività alternative (che siano
alternative lo crede solo più il
Ministro) all’insegnamento della religione cattolica, da allegare alla scheda personale, per informazione alle famiglie degli
allievi che non si avvalgono dell’insegnamento della religione
cattolica.
Di quel modulo neanche l’ombra. Non solo non è predisposto ma a nessuno viene in mente che quelli che non si avvalgono dell’I.R.C, hanno diritto a
una documentazione e valutazione delle attività alla cui frequenza sono chiamati obbligatòriamente.
tazione va riferita sia all’interesse con il quale l’alunno ha seguito l’attività di insegnamento
della religione cattolica sia « ai
risultati formativi conseguiti ».
Come a dire che chi avrà seguito l’attività di l.R;C. (compare
curiosamente per le elementari
il termine attività accanto alla
dicitura « insegnamento della religione cattolica ») otterrà risultati formativi... per cui implicitamente è detto : « E’ bene, è
auspicabile che tutti frequentino le due ore di attività di insegnamento della religione cattolica ».
Nascono a questo punto alcune considerazioni che lasciamo ai lettori di sviluppare, a loro piacimento:
gione cattolica svolge regolari
ore di lezione (24 settimanali) e
l’attività proposta loro non è alternativa ma semplicemente attività scolastica a tutti gli effetti. Per questo non predispone schede speciali.
E’ certo che, in questo tempo
di Avvento in cui ancora una
volta abbiamo percorso con la
lettura e con la riflessione il
racconto della nascita di Gesù,
non abbiamo potuto fare a meno di accomtmare tutti coloro
che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica con Giuseppe, Maria e il
Bambino che un giorno a Betlemme « non trovarono posto »
e dovettero accontentarsi di una
sistemazione di fortima.
Eppure non c’era da richiedere grandi sforzi ai « cervelloni »
ministeriali : bastava sostituire
alla dicitura « Insegnamento della religione cattolica» quella di
« Attività alternative ». Tutto il
resto (l’intitolazione della scuola, i dati anagrafici dell’alunno,
le caselle per il giudizio, la rilevazione delle assenze, le firme
dell’insegnante preposto) andava bene.
Scorrendo la nota per la valutazione delTI.R.C. c’è qualcosa che ancora una volta ci fa riflettere e preoccupare: la valu
1) il Ministro ha perso definitivamente ogni senso dello
Stato democratico e gioca ormai
a carte scoperte cercando di
portare a casa (diocesana s’intende) quanto più può;
Franco Calvetti
2) il Ministro cerca di dimenticare e di far dimenticare che
ci sono utenti della scuola pubblica che hanno dichiarato di
non avvalersi delTI.R.C. o che
non hanno manifestato nessuna
volontà a questo proposito;
3) il Ministro ha finalmente
capito che chi non segue l’attività di insegnamento della reli
gioventù
evangelica
anno XXXVI - n. 102 - dicembre 1986
editoriali;
— La religione neiia scuola, di Franca Long
— Quando scrive il cardinale, di Alfredo Berlendis
studio biblico;
il kastìmonio
Mensile dell’ Unione Crisfiana Evangelica BalHsfa d’Ifalia
Abbonamenti 1987
Abbonamento ordinario L. 25.000
Estero L. 40.000
Sostenitore L. 50.000
Cambio indirizzo L. 2.000
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1 copia arretrata L. 3.500
Versate su CCP n. 16551509 intestato a:
<c il testimonio » - Borgo Ognissanti, 6 V * . 50123 FIRI
La conoscenza rende arroganti ma
l’amore edifica, di Massimo Aprile
Nord/Sud
Problemi dell’immigrazione in Europa
occidentale, di Teresa fsenburg
Ecumenismo
Il Consiglio ecumenico delle chiese, di
Maria Sbaffi Girardet
Interventi
Ecologia: un impegno anche per le
chiese, di Simone Cerrina Peroni
Diventare critici, di Saverio Merlo
Il senso della diaconia cristiana, di
Jean-Jacques Peyronel
Riflessioni sulla diaconia, di Claudio
Tron
Materiali
L’invasione di sette e corporazioni re
ligiose in Argentina, di Hego Ortega
L’essenza della pace, di Yann Redalié
Una vita « rinnovabile -, di Antonella
Visintin
gioventù evangelica, via Luigi Porro
Lambertenghi, 28 - 20159 Milano tei. 02/6890227 - sottoscrizione per II
1987; annuale L. 19.000 - estero L.
25.000 - sostenitore L. 30.000 - versamento su C.C.P. 35917004
NOTIZIE FLASH
□ GIUDICE ORDINARIO INCOMPETENTE
MILANO — Il tribunale civile ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal padre di uno studente del liceo classico Beccaria che aveva lamentato la mancata introduzione dell’ora alternativa a quella di religione.
L’avvocato Franco Rizzo aveva chiesto un provvedimento d’urgenza dopo aver riscontrato che nei primi mesi dell’anno scolastico
suo figlio, come gli altri studenti che avevano rinunciato alTinsagnamento della religione, era costretto a trascorrere le ore vuote
nei corridoi.
Il giudice Roberto Bichi, dopo avere ascoltato tra l’altro il preside dell’istituto Michele Tanga, che nella causa era assistito dall’avvocato dello stato Gabriella Vanadia, ha dichiarato inammissibile il ricorso. « Non si può non rilevare — si legge nella sentenza
— come 1 provvedimenti domandati dal ricorrente esorbitino dalla
possibilità di intervento del giudice al quale è impedito interferire nelle decisioni della pubblica amministrazione o di sostituirsi ad
essa. Il giudice potrà solo accertare l’eventuale illecito compiuto
daU’amministrazione e accogliere la domanda risarcitoria ».
□ GEI: 5 PUNTI IRRINUNCIABILI
ROMA — Il presidente del Consiglio On. Oraxi, rispondendo
ad una serie di interrogazioni parlamentari di tutti i gruppi politici, ha affermato che l’attuazione pratica dell’ora di religione nella
scuola pubblica sarà rivista.
AlTindomani delle sue dichiarazioni alla Camera la CEI (Conferenza episcopale italiana) ha diffuso una nota nella quale i vescovi demmeiano il clima in cui si svolge il dibattito sull’ora di religione ed in particolare indicano i pxmti « irrinunciabili » da parte
dei cattolici. Eccoli:
1 ) « l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non Universitarie di ogni ordine e grado (materna, elementare, secondaria) assicurato nel quadro delle finalità della scuola»;
2) « l’insegnamento della religione cattolica, impartito nel
quadro delle finalità della scuola, deve avere dignità formativa e
culturale pari a quella delle altre discipline»;
3) «il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi delTinsegnamento della religione cattolica assicurato dallo Stato, non
deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la formazione deliie classi, alla durata dell’orario scolastico giornaliero e alla collocazione di detto insegnamento nel quadro orario delle lezioni»;
4) « la collocazione oraria di tali lezioni è effettuata dal Capo di Istituto sulla base delle proposte del collegio dei docenti, secondo il normale criterio di equilibrata distribuzione delle diverse
discipline nella giornata e nella settimana, nell’ambito della scuola e per ciascuna classe»;
5) « gli insegnanti incaricati di religione cattolica fanno parte
della componente docente e degli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti».
quindicinale ecumenico di
fede, politica, vita quotidiana
informazione, riflessione, dibattito su
esperienze di base, chiese, società,
movimenti di liberazione, pace, ecologia,
etica, Bibbia, teologia.
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4
4 fede e cultura
9 gennaio 1987
STRENNA CLAUDIANA '86
La venuta di Gesù
nella Bibbia e nell’arte
La fede cristiana in dialogo con le culture - Il
deM’iconografia - Uno strumento utile per
Mi son fatto un regalo di Natale, prendendomi il tempo e il
gusto di leggere in santa pace
Tul tima strenna della Claudiana
Un primo problema che questo
libro può porre al lettore protestante riguarda l’uso stesso delle
immagini — pitture o sculture —
utilizzate per rappresentare fatti
biblici. I pareri, schematizzando,
possono essere: « Finalmente superiamo la voglia di "bruciare”
le immagini, l’eresia iconoclasta,
e tentiamo un confronto non
sommario tra scrittura e rappresentazione artistica»; o, all’opposto: «Anche tra noi si perde
il criterio della "sola scrittura’’ e
si fa strada la cultura dell’immagine, il rischio di dimenticare il
secondo comandamento, di cadere nella eresia iconólatra, di adorare le immagini ».
Ss possiamo descrivere con
categorie cattoliche l’idea prevalente al riguardo nei nostri ambienti, direi che il « rompere le
immagini » è considerato eresia
veniale, la « adorazione delle immagini » eresia mortale. Ma nella
pratica le cose vanno diversamente. In case di evangelici, in
sale comunitarie, rimmagine esiste. Dagli innocenti (?) quadri
con fiori, montagne, paesaggi pastorali e versetti (teologia naturale?), ai più insidiosi gesucristi
diìaiii liiiiim, aci ar
tistiche crocifissioni latinoamericane o sacre famiglie afroasiatiche. E in quanti istituti
evangelici la evangelicità degli
stessi non è affidata solo o prevalentemente all’impegno professionale e vocazionale, ma testimoniata con la « ostensione » di simboli evangelici e croci ugonotte?
Lasciamoci interrogare dal libro di Weber, dopo la prima reazione viscerale — mi piace, non
mi piace — chiedendoci non ingenuamente se è possibile una
« Bibbia dei poveri » che parli di
Cristo per immagini, o se questa '
via è, sempre e comunque, una
tentazione da respingere.
Ma il testo può condurre ad
una ulteriore riflessione, ad im
livello più profondo. Nel suo specifico, il libro rappresenta al meglio il nocciolo teologico cui è fin
qui giunta la riflessione del CEC
(H.R. Weber ha lavorato all’Istituto di studi ecumenici di Bossey, ed è direttore dell’Istituto di studi biblici del Consiglio
Ecumenico delle Chiese). L’impressione che se ne trae è che
abbiamo davanti una presentazione non banalmente apologetica
della fede cristiana, intendendo
l’apologià nel senso tecnico del
termine, come presentazione della fede cristiana in un dialogo
continuo con la cultura e le culture umane, come presentazione
di Cristo in modo comprensibile
agli uomini di ogni fede e cultura. Una posizione rigorista po
Un terzo interrogativo che si
pone è: a chi si rivolge il libro?
il potenziale pubblico? Il testo
non è di così facile lettura come
parrebbe grazie alla seducente
presentazionè grafica. 36 meditazioni bibliche brevi, ma non semplicissime. Una buona sintesi di
questioni aperte, per chi è già
familiare con le questioni bibliche, teologiche, storico critiche,
ma non necessariamente una
« introduzione » al fatto cristiano.
■Per studenti della scrittura, catecumeni o persone con una preparazione culturale, un libro da
studiare, non da annusare distrattamente. Per il cattolico interessato alla Bibbia, che può ritrovarsi nelle immagini ma trovare
nel testo anche un senso critico
riformato, rispettoso di altre tradizioni ma non stanco di se stesso. Per addetti ai lavori delle nostre chiese, quanti concretamente meditano la Bibbia, predicatori, anche occasionali, monitori, catechisti, animatori, padri o
madri di famiglia che non hanno
paura di rifare scuola domenicale o catechismo coi figli. « Regalo intelligente » se non sprecato
dando perle ai porci, cioè se si
pensa possa essere letto per davvero, non solo guardato o contemplato.
Un rilievo critico formale: in
un libro che si presenta, come
s’addice alla casa editrice, come
sobriamente lussuoso, è peccato
siano sfuggiti alcuni errori di
problema ideila liceità
gli addetti ai lavori
stampa, inesattezze non gradevoli
(per esempio a p. 22, a un quarto
circa del testo, l’omissione di un
« non » capovolge il senso di una
frase; poche righe sotto compare uno sgradevole « Qualche volte »; a p. 41 compare un « avvenimento » che presumo fosse nell'originale un « censimento »; a
p. 56 credo si debba leggere che
« la corona (era) di spine »; a p.
59, al penultimo capoverso, si
chiudono delle virgolette che
non erano mai state aperte).
Buono invece il fatto di citare
per esteso i testi biblici commentati, anche se è bene avere
sottomano la Bibbia per un approfondimento, là dove si vogliano controllare con precisione i
testi di appoggio che sono solo
menzionati. Forse in qualche
UN LIBRO DA LEGGERE E MEDITARE
Una testimonianza che
fa vergognare l'uomo
che ha una coscienza
« lo so che subito mi volevo an- gioranza dei protagonisti ha acdare ad attaccare ai fili spinati cettato — e per alcuni di loro
con la corrente dentro. Ero stufo, era la prima volta — di parlare,
stufo, ma ero anche in forza. Dopo, pur sapendo che questo sar^be
invece, niù la vita sfur'tiiva e niù costato dolore e fatica: «Non
la difendevo. Non volevi più morire dopo, quando ti sentivi morire non lo volevi più fare ». Così Rinaldo Planchon di Torre Pellice, classe 1923, ricorda i suoi
giorni nei Lager nazisti, prima a
Mauthausen, poi a Gusen.
La sua è una delle tante testimonianze che un gruppo di studiosi e ricercatori torinesi, coordinati da Anna Bravo e Daniele
Jalla, ha raccolto in questi
anni tra oltre duecento piemontesi sopravvissuti ai campi di
sterminio.
Quattrocento ore di registrazioni e diecimila cartelle di testi trascritti vedono ora la luce in im
montaggio di più di novecento
brani che l’editore Angeli pubblica in questi giorni sotto ü ti
punto si poteva anche abbonda- j ¿ offesa
re un poco di più nelle citazioni
per extenso. Per esempio a p. 74,
nota 3: i « tre comandamenti »
tratti da Matteo e citati nella
Didaché. Si poteva accennare
che si tratta dei comandamenti
dell’amore verso Dio, verso il
prossimo, e del fare agli altri
quel che vorremmo fosse fatto
a noi.
Sergio Ribet
'HANS.RUEDI WEBER, EmmanueL
<1 Oggi, vi è nato un Salvatore ». La
venuta di Gesù nella Bibbia e nell arte. Trad. Mirella Corsani. Ed. Claudiana, Torino 1986, pp. 122. Lire
26.000.
TORINO
438 pagine fitte di ricordi e testimonianze, riflessioni ed emozioni: « Una antologia della brutalità e del dolore » — scrive Primo Levi nell’introduzione — « rivolta a quegli storici che, a distanza di quarant’anni, dedicano
pagine e pagine di acrobazie per
dimostrare che noi non abbiamo
visto quello che abbiamo visto,
non vissuto quello che abbiamo
vissuto ».
E in effetti, così come in passato si è andati gradualmente cancellando le strutture e le prove
viventi dell’Olocausto («A Flossenburg — ci diceva Lilia Davite,
insegnante alla scuola media di
Torre Pellice e che ha lavorato
alla raccolta delle testimonianze — il poco che resta dei campi
di sterminio si perde in un giardino all’inglese; a Mauthausen,
sono mai andato a cercarlo quel
discorso lì, non volevo più parlarne, non volevo più sentirne parlare. Era una cosa che io volevo
e dovevo dimenticare. Perché se
no, se cominciavi a pensarci, diventava una malattia ».
Ma questo libro, che Bravo e
Jalla — da tempo impegnati nella storia orale — hanno curato
con intelligenza, sensibilità ed
estremo rigore scientifico, non è
né vuole essere una ricostruzione
sistematica della deportazione
piemontese, e neanche un altra
storia raccontata dalla parte degli « ultimi »: « La vita offesa
spiegano i curatori — è anzitutto un insieme di racconti, diviso
in parti e capitoli che si rifanno
alla scansione temporale della
biografia: il prima, con i fatti e
le condizioni che hanno portato
al Lager; la prigionia come centro focale; il dopo, ritorno e ricordo. Ogni racconto va letto pensando a qualcuno che parla ad
altri, per comunicare insieme ai
fatti il loro peso nella sua vita
e il giudizio che ne ha tratto ».
E il giudizio, in molti casi, è duro, tranciante: « Oggi chiunque
direbbe: va bene, ma ormai Mauthausen non si fa più. Ma, gente
non fanno più Mauthausen col
forno crematorio e con quei
Rapò; però la mentalità, la violenza e la crudeltà che hanno
creato queste cose vengono rimesse in pratica. In altri modi,
ma quel male, quella mentalità
che distrugge l’individuo ci sono
anche oggi ». « Penso che siamo
tra i pochi che riescono a rendersi conto della situazione attuale di certi paesi come il Cile.
K. Barth in un liceo
Il Liceo Classico Statale Vittorio Alfieri di Torino ha celebrato con una lezione, comune
al triennio, in Aula Magna, il
centenario della nascita di Karl
Barth (1886-1986). Il professor
Aldo Moda, cui si deve tra l’altro la traduzione ed il commento di Barth nei ’’Classici UTET”,
ha schizzato l’esistenza del più
importante teologo del nostro
secolo, mettendo in evidenza alcuni momenti fondamentali: il
no barthiano all’epoca della prima guerra mondiale (la lettura
di alcuni testi contemporanei a
quel momento ha aiutato a comprenderne la non comune portata), il periodo di Safenwill
(rilevando in particolare la prassi barthiana, sottolineata nella
sua prospettiva teologica), la resistenza al nazismo e la partecipazione alla chiesa confessante, l’azione di resistenza ideologica durante il secondo conflitto, le esigenze teologico-pratiche nel mondo uscito dalla
trebbe sospettare immediatamen- guerra (individuate nella guarite che in questo modo lo scanda- gione dei tedeschi dai postumi
sul fondo della cava di pietra. Noi sappiamo cosa vuol dire eshanno fatto un laghetto »), si cer- sere chiusi e torturati, desapaca oggi di occultare e di minimiz- recidos, massacrati, violentati a
zare i crimini nazisti, negando livello psichico. Solo che «amo
che esistano testimonianze atten- in pochi a saperlo, troppo! E non
dibili. c’è violenza sull’uomo che non ti
Le pagine terribili, spesso qua- faccia scattare
........... ....... ....... ..... si incredibili, de « La vita offesa » jip„aere e
cretizzantesi nel discorso sulla sono una risposta a tutti coloro , J^^g^jtare'^Perché sappia chi
conoscenza di Dio, la dottrina che tent^ano di stravolgere la sto- ^ di
quattro momenti: la dottrina
dell’autorivelazicne divina con
lo della croce e della incarnazione venga evitato. Non è necessario che sia così. Potremmo anche essere davanti ad un .serio
tentativo di togliere di mezzo gli
scandali non necessari dovuti a
storie e culture diverse, per lasciare davanti all’uomo « solo » lo
scandalo fondamentale, l’inciampo per la fede che è contenuto,
salutarmente, nelle vicende di
Gesù. La domanda che dobbiamo
porci — e alla quale volutamente
non rispondo con un mio parere
«autorevole» — è: il tentativo di
H.R. Weber è riuscito?
dell’ideologia nazista, nel rapporto critico ma dialogico con
i regimi dell’Est, nella lotta per
il disarmo e contro l’atomo). Il
pastore Giorgio Toum, con un
intervento di magistrale chiarezza, si è poi soffermato sul
pensiero di Barth. Dopo aver
ricordato l’ambiente europeo
assai aperto al dialogo teologico ed il clima culturale in cui
si è trovato Barth (soprattutto
durante gli anni di Basilea) e
dopo aver rammentato il carattere riformato di questa teologia, Tourn ne ha esemplificato
cristologica concretizzantesi nel
discorso sulla predestinazione,
la dottrina della creazione, la
dottrina della chiesa. Tourn ha
rilevato ad ogni momento gli
apporti originali, correlandoli
a dati conosciuti o conoscibili
dal pubblico ed ha messo in rilievo il fatto più tipico dell’intera sistematica barthiana, cioè
la sua risoluzione cristologica.
Organizzatore dell’incontro, il
prof. Carlo Ottino lo ha brevemente introdotto, ponendo l’accento su tre fattori: sull’esemplarità dell’approccio storicocritico al fatto religioso in una
lezione come questa, rispetto alla prospettiva confessionale vigente; sulla tradizionalità ormai
di questi incontri annuali all’Alfieri (negli anni passati si
sono studiati Lutero e Zwingli,
l’ebreo medioevale Maimonide, il
problema di Dio, oltre ai temi
della libertà religiosa ed ai problemi sollevati dalla soluzione
concordataria, sempre a più voci e con dibattito); sulla loro
specifica connotazione, che è
quella di attirare l’attenzione su
autori o su aspetti che il consueto curricolo scolastico non
contempla, o contempla in altra
prospettiva. L’attenzione del
pubblico è stata viva, malgrado
la problematica fosse ardua e
in gran parte sconosciuta; a testimonianza da un lato di gravi carenze culturali e dall’altro
della possibilità non chimerica
di cominciare a colmarle.
che tentano àrstravolgere la storia: « Tanti non capivano, non
potevano nemmeno immaginarsi.
Perché noi vedevamo gente morire continuamente, tutti i giorni,
e i crematori fumavano tutti i
giorni con 500, 600, 700 persone
al giorno cremate. E bambini,
vecchi, e gente che erano pieni
di vita. Ne ho visti portati via, la
notte erano lì, la mattina erano
per terra. Ma non erano morti
quei lì. Erano solo assiderati, un
po’ dal freddo, un po’ dalla fame, e venivano portati nel crematorio. Quei lì erano vivi, non erano morti! Bastava rianimare un
po’ il corpo, che loro riprendevano a vivere. E allora quella roba
lì, se uno non c’è stato... Raccontare non era giusto, raccontare il
vero non si era creduti. Allora
ho evitato di raccontare: "sono
stato prigioniero", e bon ».
Scorrere queste pagine è un
po’ come ascoltare dal vivo la
parola degli ex deportati: i brani
riprendono fedelmente le parti
corrispondenti alle interviste
orali, con le espressioni gergali,
le interiezioni, le sospensioni della voce: « A contare questi fatti
sto piuttosto male che bene. E
poi... non mi faccia contare quello che è stato nel Lager, perché è
terribile... è terribile raccontare ».
Un aspetto straordinario di
questa ricerca, nata all’interno
del gruppo degli ex deportati piemontesi « per trasmettere il testimone prima che la corsa sia
finita », è che la stragrande mag
non
menticare ricordi: « La testimonianza che noi portiamo e una
testimonianza che fa vergognare
l’uomo che ha una coscienza».
Jean-Louis Sappè
1 La vita offesa: Storia e memoria
dei Lager nazisti nei racconti di 200
sopravvissuti, A cura dì Anna Bravo
e Daniele Jalla. Prefazione di Primo
Levi. Franco Angeli Editore, L. 25.000.
Opuscolo del
XVII Febbraio
La Società di Studi Valdesi edita
anche quest'anno in occasione del 17
febbraio un opuscolo commemorativo.
Affidato al prof. Giovanni Gönnet rievoca le vicende dell'esilio dei Valdesi
nel 1687, dopo la distruzione delle
chiese e la carcerazione dei Valdesi.
L'opuscolo consta di 30 pagine, illustrato, sarà disponibile agli inizi di
febbraio al prezzo di L. 4,000. Le comunità sono pregate di inviare al più
presto la prenotazione alla Società
per poter ricevere le copie in tempo
per la settimana del 17 febbraio. Le
condizioni restano quelle consuete; 20
per cento di sconto, spedizione a carico del destinatario, indicare se contrassegno.
5
9 gennaio 1987
ecumenismo 5
QUALE DIACONIA NELL’ANNO 2000?
li
Chiamati ad essere prossimo
Occuparsi non solo delle conseguenze, ma anche delle cause del male - In una creazione minacciata occorre pensare
la diaconia in termini globali - Debito del Terzo Mondo, armi, guerre locali: la chiesa non può rimanere neutrale
« La diaconia dell’anno 2000 ha bisogno di una nuova teologia » è
la conclusione impegnativa, che la consultazione mondiale del Consiglio ecumenico delle chiese ha tratto dopo una settimana di intenso confronto tra 250 responsabili di chiese e di organismi ecclesiastici di assistenza e di aiuto reciproeo. La consultazione, che si
è tenuta a Larnaca (Cipro) dal 19 al 26 novembre scorso, aveva per
scopo di indicare le linee di lavoro fino al prossimo 2000. L’iniziativa del CEC faceva segpiito ad una analoga tenuta nel lontano 1966.
Alla consultazione per l’Itaira hanno partecipato: Toti Bouchard
in rappresentanza del Servizio di azione sociale della FCEI e Marco Jourdan dell’Istituto Gould di Firenze.
Le chiese non possono fermarsi ad una risposta materiale
ai bisogni del mondo; devono
dare anche una risposta teologica — così dice il prof. Victorio
Araya Guillen, del Seminario biblico di San José del Costarica.
Predicazione e diaconia vanno
quindi insieme. AU’amore, in
quanto azione verso il prossimo,
si accompagna anche la fede,
senza la quale l’azione è vuota.
Diventare prossimo vuol dire essere vicino agli umiliati del mondo, agli emarginati della società; significa scegliere il povero,
il minimo. Il conflitto reale non
è tra l’Est e l’Ovest, ma tra il
Nord e il Sud, tra la ricchezza
e la povertà, tra l’abbondanza e
la fame.
Klaus Poser, direttore della
Commissione del CEC per l’aiuto e l’assistenza ai rifugiati, ha
cercato di sintetizzare in cinque
punti i problemi della diaconia
del Duemila. Anzitutto i problemi sono diventati molto più
complessi: mentre vent’anni fa
si poteva ancora parlare di sottosviluppo, oggi questo è un termine che non descrive più in
modo adeguato la situazione.
L’intera creazione è minacciata,
bisogna quindi trovare soluzioni globali, se si vuole evitare il
peggio. La diaconia, inoltre, non
può svilupparsi senza un adeguato pensiero teologico; non
può accontentarsi di curare i
sintomi, ma deve attaccare le
radici stesse del male, superando eventualmente anche i limiti
locali e regionali. La diaconia deve essere profetica: tenere quindi conto della minaccia che pesa sul creato ed intraprendere
azioni per la conservazione del
creato. La diaconia sarà infine
un impegno a vivere insieme nel
dialogo.
Nella discussione è anche intervenuto il segretario generale
del CEC, il pastore Emilio Castro. Egli ha invitato a mettere
la croce al centro dell’azione dia
conale: « La croce ci aiuta a
comprendere la realtà del male,
la potente presenza del peccato
in ogni manifestazione umana.
Ci apre gli occhi sulla realtà di
tutti i popoli oppressi nel mondo, sulla povertà degli emarginati, perché Gesù così è stato
sulla croce ». La responsabilità
delle chiese non si limita a gestire dei progetti: le chiese devono imparare ad essere luoghi
di riconciliazione; i credenti sono ministri della diaconia della
croce.
Nel dibattito sono emersi molti e gravi problemi concreti. Il
più drammatico forse è quello del
divario tra le spese per armamenti e le spese per combattere
la fame. Negli anni ’50-60 si coltivava l’illusione di equilibrare
il rapporto Nord-Sud. Non solo
quell’iilusione s’è infranta, ma il
fossato tra primo e terzo mondo diventa sempre più profondo ; il debito dei paesi poveri
aumenta sempre di più. E così
è anche col problema della fame.
Tra gli altri temi affrontati
anche il Medio Oriente, Israele,
il Libano, ITrak e non ultimo
Cipro: si tratta di tante pxplveriere che richiedono attenzione
da parte delle chiese.
E' facile constatare che la diaconia così come emerge da questa consultazione mondiale as
Larnaca (Cipro): un momento della consultazione "Diaconia 2000".
sume una dimensione più ampia di quella tradizionale: i problemi sono globali e globali devono essere le risposte. Un’altra
caratteristica è la politicizzazione della diaconia: il nocciolo dei
problemi è politico e le azioni
delle chiese si situano in quel
contesto, senza più limitarsi a
questioni puramente etiche.
La chiesa non può inserirsi
nella sfera politica senza mettere in discussione la sua unità.
D’altra parte non può essere luogo di riconciliazione se non partecipa alle divisioni politiche;
sarebbe un falso ecumenismo e
la chiesa non riuscirebbe a riflettere quell’amore di Dio di cui
s’è parlato a lungo nel corso di
questa consultazione del Consiglio ecumenico.
Fahrice Lengronne
(Liberamente tradotto da « Le
Christianisme au XX' siècle »
n. 94 del 15.12.’86).
Come cristiani di tutti i continenti, e
come donne, uomini e giovani, ci siamo
riuniti a Larnaca per affermare il nostro
impegno per la giustizia e la pace tramite la diaconia. Per tutti i cristiani, la
scelta tra vita e morte è chiara. Cristo
stesso ha detto: Io sono venuto per darvi la vita, e darvela con abbondanza
(Giov. 10; 10). Per questo noi scegliamo
la vita e ci impegniamo a lavorare per la
sua realizzazione attraverso li servizio
cristiano, che è reso a tutti nel mondo.
Siamo chiamati ad essere vicini ad ognuno ed a tutti.
Gesù Cristo è il Signore. CI impegniamo ad obbedirlo nella potenza dello Spirito Santo. Non accettiamo nessun altro
Signore. Il regno di Dio è una condivisione trinitaria di amore. Dio solo ha il
potere ultimo sulla materia e sull’energia. Le risorse materiali e spirituali di
Dio appartengono a tutti e tutti devono
poter dire la loro sul loro utilizzo.
Negli ultimi venti anni, dalla Consultazione delTInter-Church Aid [Aiuto tra
le Chiese] a Swanwick, la sofferenza nel
mondo è cresciuta. Noi confessiamo il
nostro peccato e confessiamo la nostra
complicità nel sostenere tacitamente o
implicitamente strutture e sistemi, nelle
chiese e nella società, che opprimono esseri umani, causando sofferenze al popolò di Dio. Noi crCdiatìio che^la dimoia — in tutte le sue molte autentiche
forme — non possa essere separata dalla
battaglia per la giustizia e la pace.
Ed in ogni continente — in un tempo
di accresciuta violenza e terrorismo —
gli uomini stanno ora combattendo per
la vita, la giustizia, la pace. In America
Latina e nei Caraibi, essi combattono
contro strutture politiche, economiche,
militari che cercano di soffocare la loro
stessa esistenza, e la popolazione sta
combattendo per rompere lo strangolamento dei debiti esteri e la diseguagllmza della distribuzione della terra. In Asia,
strutture economiche ingiuste, includendo i fenomeni di un’economia orientata
all’esportazione, hanno creato conseguenze umane devastanti. Le minoranze etniche e gli emarginati lottano per superare
secoli di discriminazione ed oppressione.
In Sud Africa e Namibia la gente soffre
e muore sotto il giogo disumano dell'apartheid, ove ii regime locale destabilizza continuamente le zone di frontiera
ed i paesi confinanti, ed anche l’intero
continente ed il mondo. Noi appoggiamo
caldamente che si assumano sanzioni
economiche contro quel regime. Facciamo appello a tutte le persone di buona
IL DOCUMENTO FINALE
Una diaconia profetica
volontà di aiutare e rafforzare le economie dei paesi interessati, senza la eui solidarietà la lotta sarebbe diffìcile ed ancor più persone morirebbero.
In Nord America, Europa ed Asia Australe, i poveri e gli oppressi combattono per la giustizia, contro forme sempre
più sofisticate di controllo politico ed
economico.
Esprimiamo particolarmente la nostra
preoccupazione perché in Albania a tutti
i credenti, cristiani o musulmani, è negato il diritto di esistere come comunità
religiose e di riunirsi.
Nel Pacifico, le popolazioni stanno
combattendo per una auto-determinazione e per proteggere la loro vita, le loro
culture ed il loro ambiente dai veleni
delle armi e delle scorie nucleari.
Nel Medio Oriente, le battaglie per la
pace e la giustizia assumono svariate
forme. Nel Libano l’agonia di una nazione è la risultanza di forze regionali ed
internazionali ad un tempo,, che hanno
destabilizzato la nazione. Morte e ripetute evacuazioni dalle case e dalle zone
hanno obbligato gli abitanti a soffrire ed
a perdere la capacità di riconquistare la
loro unità e sovranità nazionale.
La lotta dei Palestinesi per l’auto-determinazione ed il diritto ad uno stato sovrano richiede più appoggio da parte di
tutti ed un maggior coinvolgimento delle
chiese per realizzare pace e giustizia per
tutte le popolazioni della regione.
La guerra Iran-Irak ci richiede di sviluppare nuove vie per esprimere solidarietà a tutte le vittime, e chiede il nostro
appello alle potenze che alimentano questa guerra attraverso la vendita di armi,
allontanando così una soluzione alla violenza. Ci richiede anche di incoraggiare
coloro che hanno intrapreso iniziative di
pace.
Il genocidio armeno, uno dei primi
nel nostro secolo, non deve essere dimenticato e deve essere riconosciuto dalla
comunità mondiale. In Cipro, la richiesta di unità tra le comunità divise e di
pace, ivi incluso l’aiuto ai rifugiati e la
ricerca dei dispersi, deve essere appoggiata.
In ogni continente, e sotto ogni siste
ma sociale, politico ed ideologico, le forze del male continuano a manifestarsi.
Una crescente militarizzazione rende i
popoli poveri ancora più poveri, e la corsa agli armamenti nucleari, raggiungendo anche lo spazio, minaccia di completa distruzione anche la vita del nostro
pianeta. Le continue morti per fame ci
fanno vergogna. Un crescente numero di
rifugiati, ed una crescente xenofobia hanno creato nel mondo situazioni ove la difesa della vita e della dignità umana è
messa in pericolo.
La crescita dell’emigrazione mette in
pericolo ì diritti di molti, che vengono
sottomessi a forti sfruttamenti. Come
cristiani, noi dobbiamo agire ed agire
adesso, per assicurare una vita decente
e dignitosa a tutti.
Le strutture economiche e sociali, che
perpetuano diseguaglianze e povertà devono essere sostituite da un nuovo ordine economico intemazionale e da un nuovo sistema politico, che assicuri la piena partecipazione di tutti i popoli alle
decisioni che riguardano la loro stessa
vita.
L’esistenza di regimi repressivi, che sona tenuti in piedi da stmtture economiche internazionali, ha condotto alla
violazione dei diritti umani in tutti i continenti. Tali violazioni possono solo essere etichettate come peccato. La violenza
sotto ogni forma, specialmente la violenza di stato, deve c»sere combattuta.
Come cristiani, riaffermiamo il nostro
credo fondamentale che tutti i popoli di
Dio devono vivere con dignità e devono
determinare il loro futuro.
La polarizzazione e la fragmentazione
cui stiamo assistendo, sotto molte forme
ed in ogni continente, minacciano la sopravvivenza di noi tutti. In tutto il mondo, la sofferenza, il dolore e la lotta crescono.
Ma in mezzo al dolore e all’oppressione, noi vediamo anche manifestarsi speranza, fede e gioia. I giovani sono in prima linea in questa lotta e sfidano le chiese con la loro resistenza e la loro diaconia liberatrice. Le donne, che hanno sempre svolto la maggior parte del ministero diaconale delle chiese, sano anche più
impegnate nell’approfondire la comprensione cristiana òi una diaconia iucenliata sulla persona. Noi riconosciamo che
molti cristiani stanno pagando un prezzo
per la loro fede. Le chiese stesse devono
fare molto di più per fronteggiare le ingiuste strutture che hanno impedito alle
donne ed ai giovani di essere parte attiva ed integrante nel determinare le direttive del servizio cristiano. I giovani e
le donne devono essere i facitori ed i mediatori di questa rete di solidarietà.
Dappertutto una diaconia profetica risulta essenziale per il ruolo delle chiese
nel modellare il loro futuro.
Abbiamo tutti sperimentato, in un modo o nell’altro, la potenza trastormatrice
del servizio cristiano. Abbiamo visto la
nostra fede approfondirsi attraverso il
servizio e la nostra diaconia arricchirsi
attraverso la nostra ricerca spirituale
della verità. E la verità dovrebbe liberarci da tutte le forme di egoismo, invitandoci a servire per la gloria di Dio come un atto di dedizione personale (vedi
Giov. 8: 32). Come cristiani, noi crediamo che Dio si manifesti attraverso ogni
creazione e che i servitori di Dio diventino strumenti di una chiamata al pentimento, all’obbedienza ed all’amore, proclamando la forza del Regno di Dio (vedi Matteo 11; 12). Riconosciamo che la
giustizia non sarà data dal potente,
a meno che t;li oppressi non stiano uniti. Noi sappiamo che Dio è dalla parte di
coloro che combattono per la giustizia
e per la pace, e noi sappiamo nei nostri
cuori — se non ancora nelle nostre azioni — che 11 nostro posto deve essere con
loro.
Come il terzo millennio si avvicina, noi
ci impegniamo da oggi in avanti a lavorare per la giustizia e la pace tramite la
nostra diaconia. Ci impegniamo ad identificarci e ad essere solidali con chi sta
ora combattendo per la pace su basi di
giustizia. La nostra diaconia ora ed in
futuro deve essere basata sulla fiducia
reciproca e sulla vera condivisione. Riconosciamo che gli uomini e le chiese
in tutti i continenti hanno delle necessità
e che la nostra diaconia deve essere diretta verso coloro che soffrono. Sappiamo che le forze che ci fronteggiano sono
molte, sappiamo che la strada dinanzi
a noi sarà lunga e dolorosa. Sappiamo
che non dobbiamo fare nuli’altro che
prendere la croce e seguire i passi del
servitore sofferente, Gesù Cristo nostro
Signore. La sua vittoria sulla morte ci
dà vita e speranza.
(traduz. di Roberto Giacone)
6
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ecumenismo
9 gennaio 1987
11 GENNAIO: DOMENICA DELLA CEVAA
Nei secoli passati il termine « missione » significava essenzialmente lo
annuncio dell’Evangelo
da parte di europei (o americani) a popoli dei paesi tropicali definiti « pagani », adoratori di dei e di stregoni secondo
l’usanza della loro cultura e religione. I missionari erano inviati da società a carattere privato,
abbastanza indipendenti dalle
chiese, tra le quali erano poche
' quelle che avessero la preoccupazione dell’evangelizzazione del
mondo, soprattutto in ambito
protestante. Questi missionari
hanno annunciato l’Evangelo a
coloro che non lo conoscevano
ed hanno riimito intorno a sé
delle comunità cristiane, fondando contemporaneamente delle
infermerie, divenute poi ospedali, traducendo la Bibbia, alfabetizzando intere popolazioni, creando scuole e formando pastoia ri e insegnanti autoctoni.
La maggior parte dei missionari ha naturalmente condiviso
ri pregiudizi culturali e razziali
della grande maggioranza degli
occidentali di quel tempo. Allora noi europei pensavamo (ma
abbiamo veramente cessato di
farlo?) che la nostra cultura e
' la nostra razza fossero superio/ ri a quelle degli altri e che,
* per fare dei passi avanti, dal
- ' punto di vista religioso ed eti^ co, tutta l’umanità dovesse adottare i nostri valori cristiani.
.Così, molti missionari hanno
disprezzato le culture locali, portando con l’Evangelo tutto il loto bagaglio culturale occidentale. Troppo spesso, per diventare
cristiano un africano, per esempio, doveva rinnegare tutto ciò
Ü che faceva di lui un « africano »
e adottare un comportamento
e ima mentalità « da bianco ».
Se è giusto oggi criticare que- sto atteggiamento, bisogna tuttavia saperlo situare nel contesto dell’epoca. Non bisogna neppure dimenticare che un certo
numero di missionari ha studiato attentamente le culture di
questi popoli presso 1 quali erano stati inviati, facendo talvolta anche im lavoro etnografico
di primaria importanza.
LA MISSIONE OGGI
L’indipendenza delle
chiese del
Terzo Mondo
Alla fine del secolo scorso
l’occidente aveva il predominio
in tutte le relazioni ecclesiastiche, in teologia, in morale e
naturalmente anche in campo
finanziario. E’ durante i primi
decenni del nostro secolo che
la situazione è profondamente
cambiata. Lo scoppio delle due
guerre mondiali ha tolto all’occidente la sua aureola di « civiltà modello ». Nel Terzo Mondo gli uomini hanno preso coscienza della propria dignità in
quanto facenti parte di una cultura e di ima civiltà diversa
dall’occidentale, sentendo la necessità di prendere ili mano il
loro destino: le guerre di liberazione nazionale e la decolonizzazione permisero a molte nazioni di conquistare Tindipendenza e il Terzo Mondo divenne una realtà politica.
Parallelamente le comunità
cristiane, nate dal lavoro missionario, hanno capito la loro
vocazione di chiesa, l’hanno rivendicata e hanno ottenuto la
autonomia e l’indipendenza, diventando proprietarie dei beni
appartenuti in precedenza alle
società missionarie. Queste, a
loro volta, harmo abbandonato
in parte o del tutto il loro potere decisionale e hanno afiBdato l’opera alle nuove chiese.
Alla fine degli anni sessanta
il mondo cristiano appariva
cambiato. Nella maggioranza
dei paesi del mondo esistevano
chiese locali attive, che non volevano più essere considerate
come filiali delle sedi europee
o americane, da cui fino ad allora era stata decisa e diretta
tutta l’opera missionaria. La missione non è ormai più una questione di « avventura tropicale »,
per così dire, ma un impegno
per la chiesa locale dovunque
essa si trovi, in Italia come in
La CEVAA tesse una trama di rapporti fra chiese di culture e
razze diverse.
Togo, in Nuova Caledonia come in Svizzera.
Siamo, d’altra parte, invitati
a- rispondere alle domande di
sostegno e di collaborazione
che ci possono essere indirizzate dalle chiese di altri continenti, così come possiamo essere
noi, chiese europee, a richiedere a chiese del Terzo Mondo
un aiuto per la missione nel
nostro paese. L’Azione Apostolica Comune che vede impegnato un pastore togolese tra gli
immigrati africani a Roma in
collaborazione con la chiesa
valdese è un esempio attuale e
illuminante in questo senso.
Comunità Evangelica
di Azione Apostolica
Il 31 ottobre 19’71 si costituì
la CEVAA, formata allora da 25
chiese (oggi sono 46, comprendendo quelle associate, ma non
membri ufBciali) come strumento di un aiuto ecclesiastico
reciproco al servizio della mis
sione. La chiesa valdese aderì
subito alla Comunità, nel rispetto della tradizione missionaria che l’aveva legata in passato alla società di Parigi. La
CEVAA persegue l’obiettivo di
scambiare, il più possibile su
un piano di uguaglianza, persone, rifiessioni teologiche, forme
di testimonianza e, non ultime,
risorse economiche.
L’affermazione deH’indipendenza dei cristiani e delle chiese degli altri continenti ha portato a una rilettura delle culture e delle tradizioni alla luce
dell’Evangelo. Ogni comunità
cristiana è chiamata ad annunciare e vivere la Buona Novella nella sua lingua e nella sua
cultura.
Credere nella chiesa universale e viverla, significa anche
rallegrarsi della diversità delle
esperienze di fede vissute in
altri paesi; significa essere pronti a dare e a ricevere, riconoscendo che la nostra forma di
praticare l’Evangelo e l’organizzazione della nostra chiesa sono
INTERVISTA AL PAST. RENATO COISSON
La CEVAA: comunità multiculturale
— Quali sono le funzioni del
Comitato Italiano per la CEVAA,
che tu presiedi?
— Quando il Sinodo ha votato
all’unanimità l'adesione della nostra chiesa alla CEVAA, come
membro fondatore, ha accettato
di entrare in un’avventura per
molti versi molto utopistica:
creare una comunità multirazziale e multiculturale con le vecchie chiese europee che avevano
dato vita alla missione e le giovani chiese che in Africa e in
Oceania da questa missione erano nate.
Tenendo conto deH’abisso che
separa, sotto tutti i punti di vista,
il mondo sviluppato dal così detto terzo mondo, era una sfida
lanciata alle nostre chiese, della
cui portata non ci siamo subito
resi conto. Nel momento in cui
si vuole passare dal piano sentimentale del progetto CEVAA al
piano concreto ci si rende conto
infatti che il cammino da percorrere è lungo. Fino a che punto
siamo disposti a partecipare a
quello scambio (partage) di idee,
uomini e mezzi con cui la CEVAA
ha creduto di concretare questa
comunità di chiese? Fino a che
punto ci sentiamo coinvolti dalla
vita e dalla riflessione delle giovani chiese deH’Africa e dell'Oceania?
Consapevole di queste difficoltà
la Tavola ha nominato un comitato il cui compito è quello di curare' la presenza della nostra
chiesa nelle diverse occasioni di
incontro e di riflessione date
dalla CEVAA e, verso l’interno,
quello di informare e stimolare il
nostro ambiente a prendere sempre più coscienza di appartenere
ad una comunità di chiese.
— Quanto viene chiesto al comitato è molto e di difficile attuazione, soprattutto perché tutti
i suoi membri sono già impegnati
nella loro normale attività. Vi
siete divisi i compiti?
— Giovanni Conte segue tutto
il programma della animazione
teologica, un progetto ambizioso
della CEVAA, attraverso il quale dovrebbero essere mediati alle
chiese membro gli stimoli di riflessione teologica propri di culture e di sensibilità diverse. L’ultimo incontro internazionale degli animatori teologici si è tenuto, nel settembre scorso, a Vallecrosia.
Claudio iPasquet, in questi ultimi anni, ha animato rincontro
degli envoyés, organizzato dal
DEFAP francese e dal D.M. svizzero. Ora lo abbiamo incaricato
di seguire un nuovo progetto
della CEVAA suH’eyangelizzazione, che prevede un’inchiesta con
visite alle varie chiese.
Anita Tron fa parte del comitato per la valutazione delle opere.
Franco Taglierò cura l’informazione sul nostro giornale e infine il sottoscritto, oltre al coordinamento del nostro lavoro,
rappresenta la nostra chiesa nel
Conseil, l’organo decisionale della
CEVAA, che riunisce una volta
all’anno i rappresentanti di tutte
le chiese per l'impostazione del
lavoro.
— Dall’anno scorso la CEVAA
collabora con la chiesa valdese
nel lavoro a favore degli immigrati francofoni a Roma. Penso
che questo progetto vi coinvolga
anche direttamente, non è vero?
— Sì, certamente. Si tratta, come i lettori ricorderanno bene, di
una azione apostolica comune,
cioè di un progetto di una chiesa membro sostenuto da tutte le
altre chiese, per il quale la chiesa evangelica del Togo ha inviato la famiglia Edzavé a lavorare
per la nostra chiesa insieme con
Lucilla Tron. La CEVAA seguirà
per un certo numero di anni questa iniziativa, con un impegno
finanziario notevole (circa 50 milioni all’anno!) nella prospettiva
che sia poi la chiesa valdese a
proseguire l’opera. Siamo molto
riconoscenti di questa azione
apostolica comune, perché ci
permette di fare finalmente qualcosa per questi fratelli e sorelle
emigrati che chiedono il nostro
aiuto e anche perché così le nostre comunità avranno davanti
agli occhi un’espressione concreta della realtà CEVAA.
— Appena si parla di qualcosa
di concreto viene fuori il problema finanziario. La CEVAA si
è assunta un grosso peso con
l'iniziativa romana, ma la nostra chiesa cosa fa per la
CEVAA?
— Il nostro impegno per il 1987
sarà di 20 milioni. E’ già una bella somma. Poco alla volta quasi
tutte le chiese hanno risposto al
nostro appello permettendoci di
triplicare in pochi anni il nostro
contributo. Quello che vorremmo
però è giungere ad un contributo che non sia soltanto il frutto
di una colletta domenicale, ma
che sia un impegno assunto in
sede di formulazione di bilancio
nreventivo, come responsabilizzazione cosciente nella prospettiva
della chiesa universale. In tal modo i bilanci delle nostre comunità
si aprirebbero a questa nuova dimensione, con un atto di notevole significato.
a cura di Franco Taglierò
determinate in parte dal contesto della storia europea e che
altri cristiani hanno la libertà
di organizzarsi e di formulare
preghiere, canti, teologia ed etica in modo diverso dal nostro.
Questa universalità si esprime
in modo visibile con lo scambio di persone da una chiesa
all’altra. I credenti che accettano di mettersi a disposizione
di un’altra chiesa per testimoniare l’Evangelo o per rendere
un servizio professionale, diventano degli «inviati» (envoyés).
Lo scambio di persone può anche passare attraverso visite
di gruppi ecumenici e internazionali, con una mentalità non
da funzionari ecclesiastici, attraverso seminari comuni o altre forme di contatto, che permettano a credenti diversi per
cultura o per razza di incontrarsi come fratelli e sorelle.
Da missionari
a inviati
Per tener conto di tutti i cambiamenti prodottisi, si preferisce oggi non più parlare di
« missionari », ma di « inviati »
da una chiesa ad un’altra. Dunque anche il vocabolario è cambiato, nell’intento di esprimere
che l’europeo che parte per
un servizio presso una chiesa
di un altro continente non sarà
colui che darà ordini con la
presunzione di saper tutto. L’inviato non parte più per tutta
la vita, come succedeva spesso
in passato, ma per un periodo
determinato di alcuni anni. Egli parte perché la chiesa presso la quale presterà servizio ha
chiesto una persona alle altre
chiese e non perché una società missionaria ha deciso di mandare qualcuno in quel tal paese, in quel tal campo di missione, piuttosto che in un altro.
Il cambiamento del vocabolario vuole però anche tener conto del fatto che l’invio in missione è caratteristico dell’esistenza di ogni discepolo di Cristo e che ogni cristiano è missionario là dove vive, in Italia
come altrove. Coloro che prendono la decisione di lavorare in
una chiesa africana, o di dare
testimonianza della loro fede
in un contesto culturale diverso dal loro, compiono, nel quadro della missione globale della chiesa, un ministero specifico, che mantiene tutta la sua
importanza, qualsiasi terminologia si voglia usare per definirlo.
Verso una
comprensione della
missione globale
della chiesa
Il senso del termine « missione » si è dunque notevolmente
esteso.
Esso ricopre ormai l’insieme
della testimonianza di ogni chiesa particolare, dunque della
chiesa universale. In questo modo sono da considerarsi facenti parte della missione globale
della chiesa tutti i campi di impegno specifico, come l’evangelizzazione, la catechesi, la diaconia, il culto e la Cena, la difesa dei diritti deH’uomo, la
collaborazione tra chiese, il sostegno dei piani di sviluppo, la
denuncia delle ingiustizie, la
preghiera individuale o comunitaria, la cura d’anime, il lavoro
tra i profughi e gli emigrati, la
cappellania nelle carceri, la partecipazione alla lotta degli sfruttati per ottenere più libertà e
meno oppressione, gli sforzi per
tradurre la Bibbia, ecc.
Nella sensibilità del credente
di ieri come di oggi, la « missione » non ricopre l’insieme
della vita e della testimonianza
della chiesa: un altro degli obiettivi della CEVAA è proprio
quello di fare in modo che questa sensibilità cambi e, maturando, dia frutti in ogni chiesa.
7
9 gennaio 1987
obiettivo aperto 7
In tutti i paesi industrializzati
dell’occidente il settore sanitario è oggi sotto accusa.
Problemi organizzativi, finanziari e scandali sono i sintomi
evidenti di una grave malattia
della sanità. Da un lato il sistema manifesta una forte rigidità
ad ogni piccolo cambiamento, i
suoi attori sono fortemente sindacalizzati e quindi ben capaci
di difendere i loro piccoli e grandi poteri, dall'altra crescono a
dismisura la domanda ed il consumo sanitario dei cittadini, non
solo quelli spontanei, ma soprattutto quelli indotti dal sistema sanitario stesso. Di qui
una crisi, uno sfasamento tra
aspettative dei cittadini e modello organizzativo per soddisfarle.
Sfasamento che si traduce in un
sentimento diffuso di sfiducia
sia degli operatori che degli
utenti.
E’ quindi con grande interesse che abbiamo guardato al convegno organizzato ril-13 dicembre scorso dalla Comunità Montana Val Pellice - USSL 43 sul
tema « Obiettivo far salute »,
che ha visto l’attenta partecip>azione di un qualificato numero
di addetti ai lavori (tra cui anche la Ciov e l’Ospedale di Torre, per quello che ci riguarda più
direttamente come valdesi) e del
ministro della sanità Donat Catti n. Un convegno che nel suo approccio al problema ha ribaltato
subito il modo tradizionale con
il quale noi vediamo la salute.
Moi tutti siamo figli di un modello scientifico e cuiturale centrato sulla malattia e sulla sua
cura. Far salute significa generalmente, per noi, curare, prevenire per quanto possibile la
malattia. Salute è l’assenza di
malattia.
Un nuovo modello
scientifico
Per gli organizzatori di questo convegno il modello scientifico e culturale in cui inserire
l’obiettivo di far salute è invece
l’uomo, visto nella sua complessità, « l'uomo considerato nella sua globalitcì, nelle sue libertà, nelle sue responsabilità —
ha detto il dr. Gianni Rissone,
coordinatore sanitario dell’USSL
—. Impegnarsi per l’obiettivo del
far salute significa non separare ed affrontare le questioni di
fondo che oggi costituiscono le
condizioni negative per Vagire
per la salute, e cioè le separatezze esistenti nei saperi e nelle
pratiche disciplinari e tra questi ed i saperi collettivi.
Lo sviluppo scientifico non ha
coinciso con il progresso culturale. La burocrazia, lo specifismo, i sistemi chiusi esistenti,
consentono e favoriscono in
particolare un processo di deprivazione della capacità delle
persone di tutelare la propria
salute.
La parcellizzazione dell’uomo,
sempre più strumento di profitto e potere di altri, determina percorsi che conducono a contenitori di emarginazione, dal
manicomio agli ospizi, agli ospedali, ai farmaci. Anche se la gente conosce molte soluzioni tecniche apprese dai media, spesso
non c'è libertà e responsabilità
CONVEGNO NAZIONALE A TORRE PELLICE
Obiettivo far salute
'y
servizi e comunità a confronto
La salute: un obiettivo da conquistare attraverso un cambiamento
culturale, l’organizzazione di servizi efficienti, la partecipazione
della persona nelle decisioni per
la sua salute, ma ci sono delega e bisogni indotti.
Diventa improrogabile l’affermazione di una metodologia di
integrazione tra i saperi e le
pratiche esistenti. Si pone la
questione della ricostruzione
dell’uomo e della ridefinizione
dei ruoli degli operatori per l’obiettivo che è la salute, la persona, la persona sana e malata
e non la malattia; processo attuabile anche attraverso servizi,
prima di tutto efficienti, che ridiano all’uomo la capacità di essere libero, di appropriarsi di
un sapere che consenta il suo
essere responsabile. Condizione,
questa, necessaria per la libertà
e responsabilità dell’operatore,
anche per lottare insieme nel
superamento delle molteplici
condizioni negative, dannose, esistenti (dalle burocratiche alle
ecologiche, da certi interessi industriali agli interessi mafiosi
che si propagano nell’assenza
dello Stato) ».
Un’esigenza di modificare un
modello culturale che in Italia
è stata, almeno in parte, recepita coll’approvazione delle leggi
di riforma del servizio psichiatrico (la cosiddetta 180) e del
servizio sanitario nazionale (la
833). Nonostante questo gli anni sono trascorsi e difficoltà politiche, burocratiche ed organizzative, hanno impedito a questi
principi di diventare operativi
nei servizi che devono applicarli, sì che oggi si parla sempre
più spesso di « riformare la riforma ».
Il ruolo del cittadino
Ma secondo Franca Basaglia
Ongaro, uno dei relatori del convegno, oggi è ancora possibile
applicare le riforme, nonostante
tutte le controindicazioni che si
manifestano nella pratica quotidiana nelle varie USSL. E’ proprio il cittadino il soggetto, la
« risorsa » che può far procedere le riforme, che può guadagnarsi la salute.
« Infatti — osserva Franca Basaglia — non è privo di significato il fatto che la crisi del modello medico-clinico di salute sia
più sentita ed evidente là dove
è stato istituito un servizio sanitario nazionale. Cioè dove il
diritto alla tutela della salute per
tutti è stato sancito per legge.
La nuova conflittualità del cittadino agisce come fonte di una
conflittualità che comporta esigenze qualitativamente nuove.
Dal momento che esiste un diritto individuale e collettivo alla tutela della salute, esiste un
nuovo dovere sociale che amplia quello puramente professionale, costretto a trovarsi a
contatto con una salute condizionata e minata da problemi di
vita di cui la cultura medica non
ha tenuto conto ».
In questo quadro emerge a
nuovo ruolo il medico di base,
non più medico della mutua dispensatore di certificati e medicine, che interviene non solo per
la cura della malattia ma si adopera per i cambiamenti necessari per raggiungere risultati
complessivi ed efficaci di salute
sul territorio. « Il compito del
medico di base ■— ha affermato
Danilo Mourglia, giovane medico della USSL 43 — è quello di
far star meglio dal punto di vista psicofisico la gente, senza
però dimenticare che per far
questo deve avere la stima di
chi si rivolge a lui e competenze
scientifiche sicure ».
Territorio-laboratorio
Mariena Scassellati Gaietti,
coordinatrice dei servizi sociali
dell’USSL della Val Pellice, parlando dell’esperienza concreta
fatta in valle ha sostenuto ohe
« il territorio deve essere laboratorio di ricerca e di cultura per
far salute, più salute, per uno
’’star meglio possibile” su un
territorio, dove c’è anche l’ospedale, ma soprattutto una rete articolata di risposte integrate che
intendono privilegiare, ad esempio, la possibilità, la fattibilità
reale di una scelta, di un’alternativa al ricovero sanitario e socioassistenziale improprio, non voluto, non necessario per far salute ».
dolfo, docente di metodologia
clinica all’Università di Torino
— il medico ben preparato potrà
diventare un buon medico ospedaliero. La formazione che gli
viene dall’Università non gli fornisce gli strumenti che consentano una valutazione critica del
proprio ruolo e soprattutto dei
propri limiti. Sono perciò necessari correttivi alle organizzazioni dei corsi di laurea per medici e che l’Università faccia uno
sforzo di “umiltà” accettando il
concetto che non è depositaria
per definizione di tutto il sapere ».
Ne deriva quindi che gli operatori della medicina devono essere attenti a quella cultura della malattia che esiste nella cultura popolare, conoscerla ed interloquire direttamente con essa. Su questo tema il convegno
ha ascoltato una interessante relazione' ■ del dirètfore sanitario
dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice, Giovanni Mathieu, che
ha rilevato come il modello popolare di malattia « si formi attraverso l’esperienza del dolore »
e viene mediato « dai vari momenti di aggregazione sociale,
dall’ambiente di lavoro, dal rapporto col medico ».
Se si vuole invertire un modello culturale, se si vuole costruire
una capacità di far salute di tutta una comunità, occorre che i
servizi offerti alla popolazione
siano diffusi ed efficienti sull’insieme del territorio.
Un tentativo che la Val Pellice
ha cercato di realizzare in condizioni spesso difficili per mancanza di mezzi, uomini e a volte anche scontrandosi contro incomprensioni politiche degli stessi amministratori locali.
Eppure nonostante tutto questo la Val Pellice è diventata un
territorio-laboratorio per far salute.
Un laboratorio in cui agiscono
operatori sia politici che tecnici animati dalla volontà di sperimentare in concreto idee e progetti che non possono rimanere
semplicemente xm libro dei sogni.
Gli operatori in questo loro laboratorio non vogliono però essere soli: « Infatti — ha concluso Mariena Gaietti — come operatore del ’’sociale” (che ha avviato il percorso verso il territorio-laboratorio di ricerca e di cultura) ho bisogno di speranza. .
Non mi basta l’utopia per lavorare con gli ultimi, gli invisibili,
per promuovere uno star meglio
possibile, ma ho bisogno che tutti "i viandanti”, con le loro opzioni culturali e politiche, sempre di più percorrano la stessa
strada ».
La partecipazione delì’individuo, dell’uomo al far salute passa — così ha concluso il convegno — per tre momenti: la valorizzazione della « risorsa gente », anche attraverso il coinvolgimento di quelle strutture associative (anche ecclesiastiche)
sensibili alle problematiche della libertà e della resimnsabilità
dell’uomo, l’organizzazione di
servizi socio-sanitari integrati (e
l’esperienza della Val Pellice in
questo settore è decennale) e
quello della formazione degli
operatori.
Alcuni punti sui quali i partecipanti si sono dati appuntamento, per una verifica del lavoro
fatto, l’anno prossimo.
Giorgio Gardiol
Chi desidera approfondire I
temi del convegno nazionale e
ottenerne gli atti, può scrivere
a USSL 43 - Piazza Muston 3
- 10066 Torre Pellice. Telefono
0121/91836.
Le foto ohe illustrano questo
articolo, che riguardano alcuni
servizi ospedalieri, danno la
immagine di un modello di sistema sanitario centrato sulla
malattia, che il convegno ha
voluto porre in discussione.
La formazione
del medico
Il problema della formazione
del medico è perciò essenziale,
ma l’Università in Italia non è
adeguata a questo compito:
« Nella migliore delle ipotesi —
osserva il prof. Guglielmo Pan-
8
8 vita delle chiese
9 gennaio 1987
CHIESA BATTISTA DI POZZUOLI
CORRISPONDENZE
No, non ci allontaneremo Messaggio cristiano
e comunicazione
La ridefinizione degli spazi urbani rischia di sottrarre il locale di culto ad una comunità « punto di riferimento » per la cittadinanza
Pozzuoli ,1986^ ormai sono trascorsi tre anni da quando il 4
ottobre del 1983 una violenta
scossa da un lato determinava
l’evacuazione di migliaia di famiglie, e dall’altro dava inizio
a progetti politici e sociali la cui
conseguenza immediata è stata
la costruzione del megaquartiere di Monteruscello.
In questi anni molto si è
scritto sulla efficienza di tale
operazione, facendo di Pozzuoli
il simbolo di im decisionismo
che doveva rompere una situazione di lentezza e ritardi decennali che caratterizzano la
storia dell’urbanistica nel Meridione. VogUo precisare innanzitutto che qui non si vogliono
discutere gli aspetti tecnicoscientifici della questione ma si
vuole esprimere rm giudizio politico su ima vicenda che ha visto nei fatti l’espulsione dalla
città di ceti sociali politicamente ed economicamente marginali. A Monteruscello, come ad ogni nuovo insediamento sorto
alla periferia di una città, si legano vicende di emarginazione
con il tipico corollario di violenze, droghe ecc. Sul fronte opposto del recupero del centro
cittadino si assiste ad una ridefinizione degli spazi urbani,
che tende a restringere, se non
ad annullare, momenti e luoghi
di aggregazione sociale. Questo
ha significato il confino della
Comunità Evangelica Battista,
la cui presenza storica, religio
PORDENONE
Anniversario
Domenica 30 novembre la
Chiesa Battista di Pordenone ha
festeggiato i 75 anni della costruzione del tempio. L’edificazione del tempio ebbe, nel lontano 1911, l’importante conseguenza di riunificare le due comunità evangeliche (battista e
libera) presenti a Pordenone fin
dagli ultimi anni del XIX secolo.
Nella stessa giornata è stato ricordato il 50“ anniversario della
costituzione della corale evangelica, strumento negli armi di testimonianza ed evangelizzazione.
I numerosi intervenuti hanno
ascoltato il vibrante sermone
del presidente deiroCEBI, past.
Paolo Spanu, che ha ricordato
come in questa occasione si ricordasse non tanto una edificazione di mura ma il reale impegno, nella costruzione dell’Opera del Signore, di tutte le persone che sono passate, e passano, all’interno del tempio. Anche
il sindaco di Pordenone, Alvaro
Cardin, ha voluto portare a tutta la comunità il saluto della cittadinanza ed ha ricordato come
i pordenonesi, ed egli personalmente, abbiano conosciuto negli
anni la serietà, la testimonianza e l’impegno civico dei concittadini evangelici. Il peist. Cammellini, in rappresentanza di
tutti gli ex conduttori della comunità, ha ricordato brevemente i difficili quanto esaltanti anni della ricostruzione nel primo
dopoguerra, periodo storico da
lui vissuto a Pordenone.
Molti altri intervenuti, rappresentanti di comunità evangeliche
del pordenonese, del Veneto, di
gruppi ecumenici cattolici hanno colto l’occasione per salutare
e portare im breve messaggio.
Nel corso della mattinata la corale ha allietato i presenti con
un breve repertorio dell’innologia evangelica ed ha ricordato i
propri 50 anni con Tesecuzione
di Un brano risalente ad allora.
sa e culturale viene oggi assicurata dal lavoro in condizioni
precarie dei fratelli. Quello che
una volta era il locale di culto
di una comunità che tendeva ad
essere punto di riferimento nella città, oggi si trova ad occupare una « gabbia per topi », uno
spazio originariamente indirizzato a deposito commerciale. I
principi discriminatori che stanno alla base della ristrutturazione della città nel piccolo hanno
significato la marginalizzazione
di presenze « scomode ». La questione dei locali non è fine a se
stessa; la battaglia che stiamo
conducendo, che ha come obiettivo la conquista di spazi per
centri sociali, punti di incontro,
è stata affrontata in due momenti diversi. Il primo nella fase
di emergenza in cui la gente veniva evacuata, quando la comunità, cosciente del tentativo di
espulsione in atto, ha espresso
la sua ferma volontà di rimanere nel centro storico.
Oggi invece, dopo la costruzione di questo grosso quartiere, l’analisi va rivista nel senso
che, pur non abbandonando l’idea di un centro storico che
riacquisti la sua originaria composizione sociale, ci rendiarno
conto della necessità in termini
di predicazione e di annuncio
deiravangelo di una nostra presenza nelle zone di nuova costruzione. Nonostante l’isolamento in cui si cerca di relegare la comunità, i fratelli sono
impegnati insieme ad altre forze politiche e culturali a mantenere viva la voce del dissenso e
della contestazione.
La questione dei locali non è
fine a se stessa, per cui, pur
nell’ipotesi di una assegnazione
di un luogo di culto rispondente
all’esigenza che prima segnalavamo, ma lontano dalla vita quotidiana della città, non saremo
disposti ad accettare il compromesso di un nostro allontanamento. Nei mesi dell’emergenza,
la comunità ha avuto diversi
incontri con Tamministrazione
che ha sempre ignorato sul piano politico l'a esigenze che le
venivano poste.
Un gioco di rimandi, di promesse e di attese, che è durato
fino all’arrivo del pastore Umberto Delle Donne, che apre una
svolta determinante non solo
nella vita della comunità, ma
nel confronto politico con l’amministrazione. Questo si arricchisce di strumenti di analisi
data la precedente esperienza
politica e sindacale del pastore,
facendo riacquistare alla comunità un ruolo non sterilmente
religioso, ma che si inserisce di
nuovo nella scena politica e sociale.
Quindi si vuole concludere
che la vicenda della comunità
di Pozzuoli non è un caso isolato, ma investe a mio giudizio
tutto il mondo evangelico nella
difesa dei diritti delle minoran
ze. Sono quindi necessari, qualora la situazione dovesse complicarsi, la massima solidarietà e
il più sincero sforzo delle Chiese, deimCEBI, della FCEI e della FGEI.
Non potremmo mai allontanarci da quelli che sono i bisogni degli umili che pagano i
costi più alti di politiche discriminatorie, anzi questa esperitanza ci dà la consapevolezza di restarvi più vicino.
Emanuele Casalìno
Lunedi 8 dicembre, organizzato dalla Federazione delle Chiese evangeliche del Triveneto
-(PCET), si è svolto nei locali
della Chiesa Battista di Pordenone il convegno « Mezzi di comunicazione ed evangelizzazione ».
Nel corso della mattinata il
pastore Claudio H. Martelli (direttore di Radio Trieste Evangelica) ha tenuto ima doppia relazione su ; « La radio ; genesi di
un mezzo di comunicazione di
massa » e « Teologia della comunicazione ».
Nel primo intervento Martelli ha sottolineato come Tavvento della radio abbia portato
enormi cambiamenti nella società e come ancor oggi, pur
incalzata dagli altri mass media, influisca sui comportamenti delle persone in modo per
lo più segmentato, settoriale e
specializzato. La seconda relazione ha posto in evidenza, partendo dai saggi di McLuhan, come la radio possa essere strumento per la diffusione del messaggio cristiano. La « galassia
Gutenberg» (l’universo della carta stampata) è, piaccia o no, oramai perdente nei confronti dei
media elettronici. Se come chiese evangeliche non vogliamo essere tagliati fuori dalla comprensione della gente o spiazza
FGEI - PROGETTO TORINO
Paura del nucleare e
impegno per la pace
Dal 6 all’S dicembre 1986 si è
svolto ad Agape un Convegno Regionale sul tema « Paura del nucleare o impegno per la pace? »
organizzato dalla FGEI - Progetto
Torino. In tutto i partecipanti sono stati 65, provenienti da tanti
gruppi giovanili del Piemonte,
Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia (Chiese Battiste e Valdesi di:
Rivoli, Torino, Perrero, Pinerolo,
Ivrea, Biella, Aosta, Genova, Cuneo, Milano...). Il tema, che era
molto ampio, è stato trovato interessante dai molti giovani dagli 11 anni in su che hanno quindi partecipato volentieri al Convegno Regionale.
Il Convegno è iniziato domenica 7 mattina, con una relazione di
Mario Valdacchino, fisico e docente al Politecnico di Torino,
sulle armi nucleari e le strategie di guerra in tutto il mondo.
Questa relazione introduttiva è
stata stimolante e ha suscitato
molte domande, parlando delle
bombe nucleari, degli atomi e
del « nemico con la pancia nuda
e con la spada sguainata ». Un
esempio è stato quello del lancio dei missili contro il nemico
e del nemico contro me, rimanendo in pratica disarmati tutti
e due, senza più missili negli arsenali militari.
Nel pomeriggio è intervenuto
Ezio Ponzo, psicologo e docente
airUniversità di Roma, che ha
parlato su: « Abbiamo paura del
nucleare? ».
Da una ricerca emergeva ad
esempio che un bambino che ha
il padre che lavora in una centrale nucleare, che può controllare se tutto va bene, si sente più
sicuro di un altro bambino che
ha il padre che lavora in una
fabbrica. Ezio Ponzo ha dato
spunti parlando dei sogni dei
giovani e delle loro preoccupazioni rispetto al nucleare.
I giovani hanno apprezzato i
due oratori, dimostrando interesse e curiosità; c’è chi ha detto
che il discorso di Ezio Ponzo era
stato più interessante, ma secondo me sono stati chiari tutti e
due.
Verso sera il Segretario Nazionale della FGEI, Paolo Ferrerò,
ha presentato il Progetto Torino
ai gruppi.
Dopo cena il gruppo di Ivrea,
in collaborazione con alcuni «animatori» del Progetto Torino, ha
presentato lo spettacolo teatrale
« Munir » che ha avuto un buon
successo tra il pubblico.
Lunedì 8 mattina tutti i partecipanti hanno discusso divisi in
gruppi (nucleare, servizio militare, servizio civile, movimento
non violento...).
Prima di partire da Agape Eugenio Bernardini ha proposto il
culto di chiusura con una animazione biblica su Gedeone, leggendo dei passi biblici e dividendoci
poi in gruppetti (i militari, ¡ giovani, gli anziani e i fedelissimi)
ognuno con una sua opinione
specifica.
La giornata si è conclusa con
alcune preghiere di ringraziamento dei giovani per la buona
occasione di incontro, riuscita
benissimo, ad Agape. Speriamo
che queste possibilità di stare insieme si ripetano più spesso.
In generale penso che tutti i
partecipanti siano stati soddisfatti di questo Convegno Regionale,
ben organizzato dal Progetto Torino, che è al terzo anno di lavoro
(questo è il quinto incontro del
1986). Il prossimo incontro sarà
l’il gennaio 1987 a Torino in Via
Passalacqua, sede dei giovani
della Chiesa Battista, a cui sono
invitati a partecipare tutti i
gruppi dell’hinterland torinese.
Riccardo Bertin
ti dai predicatori elettronici dobbiamo impegnarci nelTutilizzo
di questi strumenti e seguire
l’esempio di Gesù che seppe farsi comprendere dai suoi contemporanei utilizzando un nuovo
mezzo di comunicazione orale:
la parabola.
Nel pomeriggio è stato informalmente discusso l’avvenire del
programma radiofonico, a cura
della PCET, « Dieci minuti con
la Bibbia », che a venerdì alterni viene diffuso dalla RAI regionale.
Ricordando il 1686
ZURIGO — Nei mesi di dicembre e di gennaio una móstra
ed alcune conferenze ricordano
alla città l’epoca del Rifugio allorché i Valdesi, reduci dalle
carceri sabaude o dai nasccndigli delle Valli dove gli Invincibili avevano sostenuto una certa
qual resistenza, passarono anche da Zurigo, come in molte
altre città svizzere, trovandovi
asilo e conforto prima di proseguire verso nuovi insediamenti,
nella Germania meridionale in
partìcolar modo o di rientrare
alle Valli, qualche anno dopo,
in seguito alla spedizione di Arnaud e dei suoi uomini che noi
ricordiamo come il rimpatrio.
A Zurigo i Valdesi incontrarono i loro fratelli Ugonotti che
li avevano preceduti di un anno, alla revoca dell’editto di
Nantes, sulla via dell’esilio. Con
le tre componenti religiose e
linguistiche: la Chiesa Riformata del Cantone di Zurigo (lingua
tedesca), la Chiesa di Lingua
Francese (Ugonotta) e la Chiesa di Lingua Italiana (Valdese)
si è voluto ricordare questo passato lontano ma denso di riferimenti attuali (la libertà di coscienza, il diritto d’asilo, i rifugiati...) con un culto trilingue
al quale ha preso parte anche la
corale di Luserna San Giovanni
che ha tenuto poi, nel pomeriggio, un apprezzato concerto
presso la casa comunitaria valdese.
Le conferenze si svolgono presso la sede dell’Università, sono
già intervenuti i Prof. Kiefner
e Barbatti; per la prossima, il
23 gennaio, è atteso il Prof. Paolo Ricca della Facoltà di teologia.
La mostra è aperta fino al 31
gennaio, tutti i giorni feriali,
presso l’Archivio di Stato.
OMEGNA — Nell’ambito degli incontri interconfessionali promossi dalle
chiese metodista e cattolica sul tema « Non per la pace della coscienza,
ma per una coscienza di pace », mercoledì 14 gennaio, aile 20,45 presso
il Cinema-oratorio, si svolgerà una
conferenza-dibattito su Una testimonianza dal sud del mondo: Sud Africa disperazione o speranza?, con la partecipazione di Benny Nato, rappresentante per l’italia dell'ANC,
MILANO — Per il II ciclo del Corso biblico “ La visione bìblica della
storia » mercoledì 14 gennaio, alle ore
21, in via F. Sforza 12 a (ingresso libreria Claudiana) si terrà un incontro
con il prof, Giuseppe Laras, rabbino
capo di Milano, sul tema La concezione ebraica della storia.
S. FEDELE (Co) — Si svolgerà sabato 17 e domenica 18 M 1° convegno
« Fede e testimonianza 87 », presso il
Centro Evangelico « Pietro Andreetti »,
dal titolo L'etica di Paolo: linee di
lettura. Le iscrizioni devono pervenire
entro lunedì 12 presso il pastore Del
Priore a Como (tei. 031/273440).
9
9 gennaio 1967
vita delle chiese 9
COLLETTIVO ECUMENICO DI TORRE PELLICE
Lo shalom della Bibbia
Un concetto di cui il termine ’’pace” non rende conto - Dai racconti
biblici al ruolo dello stato d’Israele - Un ottimismo antropologico
Per iniziativa del Collettivo
ecumenico di Torre Pellice la
sera del 4 dicembre u.s. il rabbino Emanuele Artom ha tenuto nei locali del collegio valdese una convefsàzione su « Il
concetto di Shalom nell’ebraismo » con un buon concorso di
pubblico. L’argomento rientra
nel programma di studio che il
Collettivo si è dato per il corrente anno, avente per oggetto
ima ricerca sulla pace nella Bibbia. Il rabbino ha esposto in
forma chiara e accattivante le.
sue argomentazioni che possono essere sinteticamente ricondotte ai concetti seguenti.
Non sarebbe corretto parlare
di Shalom nella Bibbia (come
gli era stato inizialmente chiesto ) perche la Bibbia « non contiene tutto ». Senza le tradizioni orali che la integrano, il quadro non sarebbe esauriente.
I termini « Shalom » e « Pace »
non si equivalgono: il secondo
è riduttivo rispetto al primo.
Pace può significare nell’acce
zione corrente anche solo relativa tranquillità, « non belligeranza» a seguito di compromessi interessati ecc., mentre per
Shalom si intende « armonia perfetta basata sulla giustizia».
Quando si realizzerà il vero
Shalom ogni possibilità di violenza sarà esclusa perché nessuno avrà necessità di farvi ricorso. Questa pace perfetta che
concernerà tutti i popoli della
terra si realizzerà solo nell’era
messianica (vedi Isaia e Michea), quando il messaggio di
Israele avrà raggiunto il mondo intero.
Nell’attesa seno possibili solo degli « Shalom relativi ». Evidentemente non si deve essere
portatori di violenza ma neppure sopportare la violenza altrui,
né venire a patti col malvagio.
La direttiva per il tempo attuale, premessianico, è dunque:
« Shalom, ma non a tutti i costi ».
A questo punto l’oratore ha
portato numerosi esempi di cir
FGEI
Veste rinnovata
per il Notiziario
Grazioso e colorato, perfino illustrato, segna una svolta rispetto ai suoi predecessori. E’ il
nuovo « Notiziario EGEI », la
circolare di collegamento fra gli
aderenti al movimento giovanile.
Il termine « circolare », per la
verità, appare un po’ riduttivo
per una pubblicazione che, come dice Stefano Meloni nell’articolo di presentazione deU’iniziativa, vuole essere «non più
solo veicolo di informazioni, avvisi e relazioni, ma un foglio su
cui è possibile aprire una discussione, lanciare delle idee,
esprimere dei pareri ».
Il primo numero di questa
nuova serie del Notiziario EGEI,
in effetti, è coerente con la « filosofia » di Meloni : poco o niente di organo di collegamento
tecnico, abbastanza invece quanto a spunti di riflessione. Si parte con una rapida ma interessante analisi delle basi bibliche
della teologia razzista sudafri
cana, e si continua con il resoconto di un incontro fra rappresentanti di movimenti giovanili
ecumenici dei paesi latini. Nelle
pagine interne, si possono leggere articoli sul recente congresso di Agape della EGEI, sull’energia nucleare, e sul « progetto Torino», iniziativa di aggregazione dei giovani evangelici di Torino e dintorni. E’ annunciato per il prossimo numero un intervento di Michele Rostan : « America, America » è il
titolo.
Per quattro pagine — tante
ne conta questo nuovo Notiziario — ce n’è Abbastanza. Il tempo dirà qùalè sarà la riuscita
dell’iniziativa, che indubbiamente è legata, più che alle capacità
tecniche del gruppo redazionale
(il gruppo EGEI di Cagliari),
che per altro appaiono essere
buone, ai momenti di alta marea e di riflusso che ciclicamente caratterizzano il lavoro giovanile nelle nostre chiese.
Riprendono i lavori all’Asilo
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Iniziative
evangelizzazione
costanze, tratti dalla Bibbia (segnatamente dai racconti mosaici), in cui il popolo d’Israele
sarebbe stato fedele e rispettoso di questo principio. Successivamente, con un salto storico
e un’assimilazione totale che è
apparsa piuttosto sconcertante,
egli ha asserito che anche l’odierno stato di Israele ha seguito e segue la medesima linea
di comportamento (ricorso alla violenza solo in risposta a
quella altrui ecc.).
Nel dibattito è emerso — sia
pure in forme cortesi — il dissenso su questo pimto « caldo ».
Altre domande hanno toccato
tasti diversi quali il ruolo marginale della donna nell’ebraismo, negato dal rabbino, la conferma da parte sua che lo stato di Israele rappresenta in linea generale , un punto di rif^
rimento per la diaspora ebraica, la convinzione della maggioranza degli ebrei che il ritorno
in Palestina rappresenti im adempimento del volere divino
già espresso nella Bibbia. Infine,
secondo una concezione che più
delle altre contrasta con la visione cristiana in genere, e protestante in particolare, l’affermazione che l’era messianica
sarà il naturale sbocco di un
progressivo perfezionamento
dell’umanità. L’atteso Messia (un
uomo e non un « figlio di Dio »)
sarà il rappresentante più qualificato di questa umanità, giunta al massimo grado di maturazione per opera ed influenza del
popolo eletto, ma non per questo divenuta ebrea. In essa —
sul piano storico e non per intervento soprannaturale — si
attuerà il vero « Shalom ».
Un ottimismo antropologico
che non può non lasciarci perplessi e teologicamente dissenzienti.
Un’osservazione finale: il dissenso circa la politica israeliana è stato interpretato dal rabbino Artom come espressione
di antisemitismo mentre è chiaro che le due cose non sono
interdipendenti. Tuttavia di questa diffidenza non possiamo indignS’i'ci <se riflettiamo al comportamento tenuto dai orìstiàni
nei confronti ' degli ebrei nel
corso dei secoli.
Si è trattato, dunque, di una
serata insolita, in cui si è avvertito il rincrescimento di non
poter approfondire il discorso
sui molteplici aspetti del tema
affrontato.
M. Argentieri Bein
SAN GERMANO CHISONE
Sono ripresi i lavori per la
costruzione del nuovo Asilo
di San Germano.
Si tratta del blocco più a est
dell’edificio, che dovrà ospitare
la palestra di fisioterapia,
gli ambulatori medici e,
ai piani, gli alloggi
per gli autosufficienti.
La risposta della popolazione
e delle chiese all’appello
finanziario del contitato
è stata grande, ma non ancora
sufficiente a coprire tutto
quanto è previsto
nel progetto.
La Commissione evangelizzazione della chiesa di Torre ha
presentato alcimi interventi previsti per i prossimi mesi.
In collaborazione con la Società di . Studi Valdesi verrà riproposta in alcuni centri del saluzzése quella parte di storia locale attinente alla Riforma; mediante l’allestimento di mostre
e l’organizzazione di conferenze
verranno presentati personaggi
storici quali G. Varaglia, G. L.
Pascale ed altri.
Proseguirà la presenza, gratuita, a Telecupole al termine del
telegiornale verso le ore 19.40.
Dopo il primo intervento del
past. G. Tourn il prossimo incontro è in programma per il
14 gennaio sul tema dell’ora di
religione nella scuola con la
prof.ssa E. Cofsson. Altri temi
trattati saranno: storia valdese,
Intese con lo Stato, 17 febbraio,
la Riforma nel saluzzese, l’impegno per la pace.
Le iniziative in quella zona
hanno assunto particolare impulso grazie alla presenza nella
commissione del sig. A. Cuccureddu ivi residente.
Nel mese di febbraio verrà
proposto un dibattito-confronto
fra un valdese ed un testimone
di (Geova, moderatore il Direttore de « L’Eco-Luce ».
Altri due impegni proseguiranno nel corso dell’anno : visite
a famiglie nella zona Appiotti
con riunioni in collaborazione
con l’anziano del quartiere, e la
collaborazione con Radio Beckwith, ritenuto importante strumento di presenza valdese in vai
Pellice.
Assemblea di chiesa
TORRE PEULICE — Domenica 11 gennaio, dopo il culto,
avrà luogo una breve Assemblea
di chiesa dedicata ad una informazione generale sulle attività
della chiesa e sui temi di discussione, compresa la CEVAA.
• Sabato 17, con inizio alle
ore 16, alla Casa Unionista, la
Commissione per le attività giovanili organizza un incontro per
i catecumeni, gli unionisti e
quanti vorranno partecipare. Il
programma comprende la visione di un film con discussione.
• Le riunioni quartierali di
questo bimestre sono a cura
della Corale, del Coretto e dell’Unione Eemminile. Lo studio
biblico riprende limecfi 12 al
Presbiterio.
• E’ deceduto il fratello Emilio Pellenc; la comunità esprime
alla famiglia fraterna simpatia.
Diapositive sulla
Palestina
PERRERO - MANIGLIA —
Unione Femminile - La prossima seduta avrà luogo martedì
13 gennaio. Durante questo incontro, la prof. Elena Pascal di
Torino illustrerà con diapositive un itinerario da lei compiuto in Palestina. Tutte le sorelle
sono cordialmente invitate.
• Esprimiamo la nostra fraterna simpatia a Giovanna Micol, al marito Renzo Pons e alla figlia Raffaella, per la scomparsa, avvenuta dopo lunghe
sofferenze, della mamma di Giovanna, Marta Tessere, il cui servizio funebre ha avuto luogo il
16 dicembre nella chiesa cattolica di Perrero.
Culto con i
bambini
SAN GERMANO — Come
sempre è stato denso di momen
ti di incontro il tempo natalizio.
Sabato 20 dicembre la Corale
ha dato un apprezzato contributo ad un concerto tenuto da
quattro corali presso la comunità cattolica pinerolese intitolata alla Madonna di Fatima.
La domenica successiva, il culto è stato tenuto, 'com’è ormai
tradizione, da tutte le attività.
Come base pér la riflessione si
è voluto tenere 11 programma
seguito fin qui dalla Scuola Domenicale : quattro incontri di
Gesù tratti dal racconto dell’evangelista Marco. Ogni gruppo
di bambini aveva approfondito
uno di questi incontri e ne aveva rappresentato il messaggio
attraverso dei disegni simbolici
giganteschi, che erano stati posti su dei pannelli nell’abside.
Una breve riflessione, tenuta
dai bambini stessi o dall’Unione femminile, ha aiutato ognuno dei presenti a riflettere sulla realtà dell’incarnazione : il
Cristo che viene incontro all’uomo. Terminato il culto, la Scuola Domenicale si è raccolta per
un’agape e per un pomeriggio
dì giochi.
• Approfittando poi di visite
di fratelli, occasionate dal periodo festivo, abbiamo avuto la
gioia di ascoltare la predicazione di Gianni Long, domenica 28
dicembre, e del pastore emerito
Enrico Corsani, domenica 4 gennaio.
• Per alcuni di noi la gioia
del Natale è stata offuscata dalla improvvisa morte di Anna Ribet, di 83 anni, avvenuta la mattina del 26 dicembre. La tristezza è lenita dall’amore di Dio che
si è accostato a noi con l’Eknmanuele, il « Dio con noi ».
Giovedì 8 gennaio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMEHICO
PINEROLO — Prosegue giovedì 8
gennàio la lettura del libro dell’Apocalisse (capp. 4-5), con inizio alle
20,45 presso la Chiesa valdese (vìa
dei Mille, 1). Nella seconda parte della serata preparazione dell’incontro ecumenico di domenica 25 gennaio presso il convento dei PP. Cappuccini.
Domenica 11 gennaio
a ASSEMBLEA DELLE
CORALI
PINEROLO — Si svolge domenica
11 gennaio, presso la chiesa valdese
di via dei Mille 1, alle ore 15, l’assemblea delle corali. All’ordine del
giorno: programma della festa di canto; aggiornamento musicale; quote
delle corali.
Lunedì 12 gennaio
□ INCONTRO PASTORALE
TORRE PELLICE — Lunedì 12 gennaio, presso la Casa unionista di Torre
Pellice, con inizio alle ore 9.15, si tiene l’incontro dei pastori delle valli.
In programma: meditazione a cura di
M. Chalupka; dibattito sulla proposta
di un Concìlio della pace, introdotto
da L. Deodato; Chiesa universale (nel
pomeriggio).
Giovedì 15 gennaio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Giovedì 15 gennaio, alle ore 20.45, presso II Centro
d’incontro, don Franco Barbero parla
su: ■■ Shalom » e pace, nella pratica
e nella elaborazione della teologia
della liberazione.
10
Si
10 valli valdesi
9 gennaio 1987
C’è Coop
e Coop
TRA TORRE E VILLAR
Un campo da golf
per la Val Pellice?
Un’iniziativa privata che vede i primi dubbi da parte dei proprietari
dei terreni - Un tentativo di promuovere lo sviluppo turistico
Scandalo delle cooperative.
Ogni tanto sui giornali nazionali
compaiono notizie di questo o di
quell’illecito commesso da dirigenti di qualche cooperativa.
Ce n'è per tutti: cooperative
bianche, rosse, verdi.
Eppure l’idea della cooperazione ha sempre suscitato l’interesse di molti che, vedendo nell’organizzazione basata sul principio
democratico e sul solidarismo
gli elementi caratterizzanti questa forma di impresa, hanno pensato seriamente ad impegnarsi in
questo settore.
La crisi economica, che abbiamo vissuto negli anni scorsi, ha
spinto molti lavoratori a costruire anche qui da noi nel pinerolese nuove esperienze cooperative per salvare il posto di lavoro
o più semplicemente per tentare di averne uno. Sono nate così
la Italco, la Nuova Crumière che
hanno rilevato fabbriche chiuse
dai proprietari perché non più
redditizie o in fallimento, l’Agrovalli, la CoopS, la San Domenico, Duavaladdo, Terranova, la
0-99, la Carabattolà, la Tartavolante, la Quadrifoglio (l’elenco
è sicuramente incompleto) che
nel lavoro associato perseguono
anche fini solidaristici con gli
strati più deboli della popolazione o più globalmente politici della tutela dell’ambiente. Accanto
a queste, le tradizionali e le nuove cooperative agricole, le più
antiche di produzione e lavoro
(e qui non dimentichiamo la
cooperativa che stampa il nostro
giornale), quelle edilizie e di consumo: insomma le nostre valli
hanno sviluppato un forte movimento cooperativo. Movimento
che solo in qualche caso è stato
concretamente aiutato a crescere dagli enti locali. Se abbiamo
una importante struttura cooperativistica lo si deve essenzialmente alla volontà degli stessi
soci cooperatori.
Ma ci sono coop e coop. Ve
ne sono alcune che puntano a
perseguire fino in fondo fini mutualistici e solidaristici ed altre invece che sembrano sorgere per
motivi diversi che non quelli della cooperazione.
E’ quanto sta succedendo nel
campo della cooperazione di consumo. Abbiamo visto sorgere un
po’ dappertutto veri e propri supermercati che si qualificano come cooperative. Vicende giudiziarie di questi giorni, che hanno
coinvolto noti commercianti pinerplesi, evidenziano il meccanismo. Si costituisce una cooperativa cui partecipano anche molte persone, ma subito qualche socio diventa più importante di altri perché dà personalmente garanzie ai fornitori, ed in pratica
condiziona così il funzionamento della cooperativa. Probabilmente dal punto di vista della
legge sulla cooperazione tutto è
in regola, ma i fini mutualistici,
il principio democratico, il solidarismo dove sono? Solo nei
prezzi del supermercato?
Sarebbe però sbagliato considerare alla stessa stregua tutte
le cooperative di consumo. Ce ne
sono infatti alcune che pur gestendo negozi di vendita sviluppano un vero e proprio senso solidaristico tra gli aderenti. Lo si
vede dal modo con cui funzionano, dal modo con cui i soci sono chiamati a partecipare alle
decisioni e al lavoro della cooperativa.
Cooperazione vera fa rima con
partecipazione. Giorgio Gardiol
In vai Pellice, nel corso di
queste settimane è emerso un
nuovo elemento di discussione
intorno all’ipotesi di creare un’area per un campo da golf.
La zona interessata comprende ampie fasce di terrMii fra
Torre Pellice e Villar; a causa
del noto fenomeno del frazionamento sono una novantina i proprietari interessati (60 su Villar, gli altri su Torre).
L’idea è sorta fra rm gruppo
di privati, i quali — ci ha detto
uno di essi, la signora Olimpia
Novena — intenderebbero così
aumentare il flusso turistico in
valle, promuovere questo sport,
per altro attualmente praticamente ignorato in zona. Certo
sarà diflìcile riuscire nell’ipotesi, se non altro per il solo fatto
di dover trattare con moltissime
persone; comunque da escludere la possibilità di espropri, come presentato invece su altra
stampa, p>er il semplice fatto che
ciò è possibile per gli enti pubblici e non per privati.
Il timore di espropri ha in
realtà mobilitato i proprietari
dei terreni: si sono svolte assemblee nei due comuni interessati con la presentazione del
progetto.
Il campo prevederebbe nove
buche, mantenendo all’incirca
l’attuale paesaggio con l’aggitmta di qualche albero; non sono
state considerate strutture tipo
docce, spogliatoi o bar. «E’ presumibile — aggiunge la signora
Novena — che i giocatori alloggino presso le nostre strutture
alberghiere e quindi non sussistano problemi».
Problemi paiono invece esistere per chi dovrebbe vendere od
affittare i terreni.
Esiste per molti un legame
quasi affettivo con la terra, ma
per molti si tratta di aree utilizzate per la fienagione, il pascolo
o campi. A nulla paiono aver per
ora portato le offerte in denaro, le proposte di tipo diverso
formulate.
Su molti, ci hanno detto alcuni amministratori di Villar, pesa l’immagine attuale delle seggiovie Vandalino: molti a suo
tempo sottoscrissero azioni di
quella società nata su rm’ipotesi di sviluppo turistico ed oggi
ridotta a macerie e ferro vecchio.
Le perplessità, dunque, sono
molte, anche se, aggiungono ancora i promotori del campo di
golf, verrebbero a crearsi alcuni posti di lavoro. Quanti? « Forse cinque » è la risposta.
Non sarà in ogni caso storia
breve e perciò è stata creata una
commissione mista di proprietari e promotori deH’iniziativa :
solo col tempo si potranno avere sviluppi concreti e razionali
alla vicenda.
Piervaldo Rostan
VALLÍ ChHSONE E GERMANASCA
Servìzi, progetti
e contributi ridotti
PINEROLO
Continua
la crisi
Da due mesi la città è priva di
un esecutivo comunale. Dopo
reiezione a sorpresa di un comunista ad assessore in sostituzione del dimissionario Berti (PSDI), tutti gli assessori e
il sindaco hanno rassegnato le
dimissioni.
Vicende giudiziarie legate alla sua attività lavorativa avevano indotto l’assessore Berti a
dimettersi dall’incarico.
Di fronte a questa situazione
i franchi tiratori della maggioranza imponevano reiezione di
un comunista al posto del candidato socialista. Di qui le dimissioni. I partiti del pentapartito in questo periodo hanno
avuto una serie di incontri per
vedere dì ricostituire una maggioranza. Ma la cosa è ancora
in forse.
Con una presentazione molto
favorevole dell’assessore Michellonet, l’assemblea dell’USSL 42
ha accettato le condizioni già
discusse in precedenza con il
Comitato del Convitto di Pomaretto per il rinnovo della convenzione: 400.000 lire mensili per
ognimo dei cinque minori ospitati, dato che altri due sono provenienti da USSL di Torino, assicurazione che si manterranno
accettabili livelli di personale.
Nella stessa seduta di venerdì 19 dicembre è stata anche
approvata la convenzione con
l’Asilo di S. Germano per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, che attualmente sono
ventisei, e alle persone affette da
minorazioni mentali (in numero di otto), i quali non possono
avere in famiglia l’assistenza necessaria. Per questi casi, il distretto sanitario assicura il lavoro a pieno tempo di un infermiere e una parte di lavoro svolta da altro personale dell’TJSSL.
Sono così superate, almeno
per il momento, le difficoltà che
avevano dato luogo ad un vivace dibattito tra gli amministratori deirUSSL e i rappresentanti dei vari Comitati. Ritornano
invece con scontata puntualità
sul tappeto le lagnanze per le
richieste finanziarie dell’ospedale di Pcmaretto e per l’impossibilità di un controllo interno
della gestione.
Nei fatti, rusSL 42, come tanti altri enti di questo tipo, si
trova a dover proseguire nella
conduzione dì servizi iniziati
con entusiasmo negli anni passati, in una fase di ridotti contributi e di pesanti responsabilità. Si spiega cosi in parte la
In un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l’anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
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Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
16 alloggi
in vendita
TORRE PELLICE — Il Ccmu
ne è stato individuato per un
nuovo insediamento di edilizia
agevolata/convenzionata.
In sintesi:
— nella zona di San Ciò (vicino agli alloggi già costruiti a
suo tempo in edilizia convenzionata) potranno essere costruiti
fino a sedici alloggi da parte
della Ditta Navone di Torino, in
edilizia agevolata;
— gli alloggi potranno essere
ceduti, agli eventuali richiedenti,
a condizioni economiche particolarmente agevolate (legge 457/
1978);
— gli aventi diritto (in base
ai redditi familiari massimi fissati dalla legge), potranno ottenere facilitazioni anche attraverso la concessione dì un mutuo a tasso estremamente agevolato;
— gli alloggi avranno una dimensione adeguata al nucleo familiare.
Considerata l’urgenza posta
dalla Regione per rinizio dei lavori, gli interessati all’acquisto
devono rivolgersi entro il 20 gennaio 1987 alla Segreteria del Comune. Verrà data priorità per
gli acquisti ai residenti nel Comune.
diffidenza con la quale vengono
trattati i rapporti di convenzione che, guarda caso, sono tutti
rivolti ad opere della Chiesa
valdese, per cui manca un riscontro oggettivo con altre realtà, che, probabilmente, manifestano anche maggiori esigenze
a parità dì servizi.
Al di fuori delle questioni sanitarie, un altro problema ha
causato un certo malumore tra
i presenti: la richiesta di un
progetto di sistemazione degli
argini del Chisone da Villar
Perosa a S. Germano, fatta dal
servizio idrogeologico della Regione. Su questo tratto del Chisone dovrebbe essere costruito
un ponte in sostituzione dì quello militare sistemato dopo l’alluvione del ’77, ma i lavori sono
fermi, perché le sponde del torrente non sono ritenute abbastanza sicure. Purtroppo, non
può anche essere utilizzata l’area industriale che costeggia la
sponda sinistra del Chisone, finché non saranno arginate entrambe le rive.
Alcuni interventi hanno espresso la convinzione che il progetto, del costo di 25 milioni, dovrebbe essere compito del servizio idrologico e non della Comunità Montana, altri il timore
che, allungandosi ancora i tempi, le ditte interessate all’utilizzo dell’area industriale vadano
a sistemarsi altrove. In conclusione, la spesa per il progetto è
stata approvata, con la speranza che non vengano richieste
opere ciclopiche, destinate a
rinviare senza fine sia i collegamenti stradali, sia l’industrializzazione della zona.
L. V.
Raccolta
differenziata
dei rifiuti
ANGROGNA — Presto anche
nel nostro Comune partirà la
raccolta differenziata dei rifiuti:
infatti nell’ultima seduta dello
scorso anno il Consiglio comunale ha deliberato di affidare ad
una ditta privata, in via sperimentale per un anno, la raccolta del vetro e del ferro vecchio.
Le bottiglie dovranno essere
depositate negli appositi contenitori posti accanto a quelli già
esistenti.
I materiali ferrosi andranno
invece depositati accanto ai contenitori esclusivamente la sera
dell’ultimo lunedì di ogni mese.
II Consiglio ricorda inoltre che
per quanto riguarda i materiali
di scavo o demolizioni bisogna
informare il Comune che fornirà indicazioni in merito.
Un nuovo
notiziario
SAN SECONDO — E’ in distribuzione in questi giorni un
nuovo trimestrale: è San Secondo notizie, un periodico che la
nuova amministrazione comunale ha voluto per informare tutta la popolazione sull’attività
dèi comune. « E’ pur vero —
scrive il sindaco Mario Avondetto, direttore responsabile —
che i consigli comunali sono aperti al pubblico e che le delibere restano appese all’albo
pretorio affinché i cittadini ne
prendano visione, ma è altrettanto vero che soltanto una minoranza sa o può approfittare di
questi strumenti: di qui la decisione di produrre un bollettino
che ha come scopo l’informazione, la più corretta possibile,
al di là di ogni compromesso
politico 0 di parte ».
Nel primo numero, in una veste graficamente ben curata, vi
sono artitioli sulla mensa scolastica di Miradolo gestita direttamente dai genitori, sulla
pianificazione urbanistica del comune, sull’ecologia, sullo sport.
# Hanno collaborato' a questo
numero: Michele Campione,
Lucilla Peyrot, Paolo Ribet,
. Liliana Viglielmo.
ì
11
9 gennaio 1987
valli valdesi 11
UN GRIDO DI ALLARME
Un giro per la Val Germanasca
Carlo Ferrerò, testimone delle trasformazioni
tenzione sul degrado e lo spopolamento: anche
Povera valle, come sei ridotta
in 50 anni! I boschi diventano
impenetrabili, invasi come sono
dai cespugli. Un grande patrimonio boschivo va così in deperimento. Molti dei sentieri sono
ormai solo tracce affioranti qua
e là; i bei campi di patate, di segale, di grano saraceno, orzo e
avena e gli orti colmi di fresche
verdure sono scomparsi, i muri
di sostegno sono franati, al loro posto stanno crescendo i rovi.
Dove non vanno più i pastori
destate i pascoli stanno scomparendo, il poco che è rimasto
rischia di essere sconvolto dai
cinghiali, le belle baite destinate al bestiame ed ai pastori sono ora in gran parte dmoccate.
Ovunque c'è un silenzio di
morte, non si sentono più i canti armoniosi degli uccelli. Con
la partenza dell’uomo anche queste bestiole se ne sono andate e
pensare che vi erano ben 6 specie di uccelli notturni!
Un tempo si udivano allegri
canti provenienti dalle borgate,
che rendevano viva la vallata,
ora si sente solo il rombo dei
motori che percorrono la provinciale a fondovalle. Nel vallone di Frali, che è rimasto l’unico ancora un po’ in vita, gli
abitanti sono però distrutti nel
loro morale, il progresso ha portato il regresso. Le buone sorgenti, e ve n’erano molte, sono
oramai nascoste dalle erbacce ed
è difficile scovarle anche per coloro che un tempo abitavano sul
posto. Le vecchie scuole di borgata sono in gran parte in rovina.
Di un gran numero di forni
dai quali usciva un buon pane
il cui profumo si sentiva di lontano, non ne sono rimasti che alcuni; al giorno d’oggi coi forni
elettrici e le farine raffinate non
si sente più nessun profumo,
nemmeno a metterci la testa
dentro.
Una galleria delle miniere di talco.
USSL 42 • VALLI
CHISONE - germanasca
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 11 GENNAIO 1987
Villar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
- Via Nazionale, 22 - Tel. 840707.
Ambulanza ;
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile].
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLIGE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 11 GENNAIO 1987
Bibiana: FARMACIA GABELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef, 55733,
Bobbio Penice: FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
-----------------------
Lettere
all’Eco
delle Valli
avvenute in Val Germanasca, richiama l’atnel vallone di Frali il progresso è solo relativo
Villaggio di Rodoretto visto da Galmount.
TASSA RACCOLTA
RIFIUTI
Leggo sull'Eco delle Valli Valdesi
n. 49 del 19.12.86 la lettera del Sig.
Leo CoTsson e mi stupisco che tali
problemi vengano trattati su di un
giornale, anziché direttamente con la
amministrazione interessata.
Premetto che non è chiaro a chi si
riferisca II Sig. CoTsson quando parla del costo della raccolta rifiuti e
del questionario relativo ad essa e
non è escluso che si rivolga ad altra
amministrazione avendo una casa e la
residenza a Luserna.
Tocca invece sicuramente il Comune di Angrogna il caso dello zio deceduto, per la cui abitazione' viene
ancora pagata la tassa dagli eredi,
non essendo stata data al Comune nessuna indicazione contraria al riguardo.
Credo che, per debito d'informazione, si debba ricordare che la tassa
per lo smaltimento dei rifiuti non si
paga in base al reddito delle persone,
ma in base ai metri quadrati dei locali delle abitazioni fruite dal proprietario o dagli inquilini.
Disponibile a fornire ogni chiarimento necessario nel dettaglio, nella
sede opportuna, ringrazio e porgo
cordiali saluti.
Il Sindaco di Angrogna
Prof. Franca Coisson
Dei 36 mulini che in autunno
macinavano giorno e notte non
ne è rimasto nemmeno uno. Al
loro posto esistono dei lugubri
ruderi; tutto questo pare un sogno. Ma un sogno non è. E’ solo
un orribile spettacolo.
1 pochi rimasti nelle borgate
sono ormai anziani, dimenticati
da tutti ma non dagli esattori
delle bollette dell’ENEL, che
sanno bene dove trovarli per far
loro pagare un cattivo servizio.
Quelli che poi hanno dovuto
scendere più a valle per potersi
recare al lavoro, si vedono tassata la casa di borgata come seconda casa.
I pochi campi ancora coltivati
rischiano di essere distrutti dai
cinghiali; le autorità locali ed
alcuni benpensanti si fanno gloria delle riserve di caccia e delle zone di ripopolamento, ma
queste non servono per la normale selvaggina ma solo al moltiplicarsi dei cinghiali. Si vede
che alle autorità interessa di
più questo che il patrimonio della valle ed i pochi montanari che
sono ancora rimasti. Così la valle che un tempo si chiamava
« Valle oscura » presto ritornerà alla sua origine con la completa distruzione delle risorse
che aveva. L’occupazione è ora
ridotta a poco: la miniera che
60 anni or sono era una parte
importante deU’economia, ora è
cronicamente malata. Nello stesso periodo più di 200 famiglie se
ne sono andate e di tutta la produzione che cosa è rimasto? Si
può contare che un tempo si faceva una media di 20 mila fornate di pane all’anno, si producevano circa 35 mila quintali di
patate all’anno, 2 mila di grano
saraceno; vi erano poi 2 mila
capi bovini, 800 suini, 1.500 fra
ovini e caprini e in quanto al
vino non meno di 30 mila brente
(una brenta = 50 litri). Vi erano
poi 25 negozi alimentari, 15 esercizi alberghieri, 5 commercianti
in legname, 3 segherie, 3 fucine,
3 maniscalchi', 3 carradori; ora
tutto questo patrimonio di operosità è praticamente distrutto.
Di 154 borgate in tutta la vallata,
22 sono ormai deserte tutto l’anno, 54 rimangono abbandonate
durante l’inverno; solo 10 sono
abitate tutto l'anno da una sola
persona, anziana; non più di 20
da una sola famiglia; le altre ancora da 2-3-4 famiglie per la maggior parte composte da persone
anziane. Nel volgere di qualche
anno rimarranno deserte anche
queste e questa volta per sempre.
Questo è quanto ci rimane di
una florida valle che ha impiegato millenni per arrivare al suo
punto massimo e che in 50 anni
si è ridotta così.
Carlo Ferrerò
Oggi
e domani
Manifestazioni
TORRE PELLÌCE — L'Associazione
Culturale F. Lo Bue e Radio Beckwith
F. M. 91.200 presentano la giornata
di Radio Beckwith, domenica 11 gennaio a partire dalle ore 15 presso la
Foresteria Valdese di Torre Pellice.
Programma:
ore 15: apertura;
ore 15.15: Concerto del Coretto Valdese di Torre Pellice (1° parte);
ore 15.45; I protestanti e l'informazione - Un giornale e una radio (intervengono un membro delia redazione de
"L'Eco-Luce” ed un esponente della
redazione di Radio Beckwith);
ore 17: Concerto del Coretto Valdese (2“ parte):
ore 18: Proiezione di diapositive del
Concorso « Angoli della Val Pellice »;
ore 19,30: Cena;
ore 20.45: « Cani aviou n'ounsa
d'boe »: incontro con la musica popolare, in compagnia di Robert Taglierò,
Enrico Gay, Carletto Arnoulet;
ore 22: Estrazione dei biglietti vincenti fra I partecipanti alla sottoscrizione prò Radio Beckwith.
La serata canora proseguirà dopo
l'estrazione dei biglietti.
Durante tutta la giornata funzionerà
un servizio di buffet con thè offerto a
tutti i partecipanti.
Comitati per la pace
TORRE PELLICE — Venerdì 9 gennaio, alle ore 21, presso la sede di
via Repubblica 5 (2° p.), si incontrano i
Comitati pace della Val Pellice e di
Pinerolo per discutere insieme dell'Associazione pacifista la cui costituzione
dovrebbe avvenire prossimamente a
livello nazionale. Tale associazione,
che vedrà coinvolte tutte le forze politiche e sociali impegnate nel campo
pacifista, dovrebbe lavorare anche a
livello regionale e locale.
Proiezioni
TORRE PELLICE — Venerdì 16 gennaio, presso la sede del CAI in piazza Gianavello alle ore 21, Roby Boulard illustrerà con diapositive il suo
recente viaggio in Tibet e Nepal.
« ...E la mia lingua parlerà
della tua giustizia, e dirà del
continuo la tua lode n
Il giorno 3 dicembre, in Roma, si
è serenamente spenta e si è ricongiunta alla diletta sorella Pia
Maria Felicita Polizzy
ved. Urso
Ne danno annuncio il figlio Marcello
Urso, i nipoti Mairio e Marina Falchi
e Jeannette Platone.
Roma^ 3 dicembre 1986
RINGRAZIAMENTO
« Io ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
La figlia e familiari della compianta
Celina Martinat
di anni 85
ringraziano sentitamente quanti hanno preso parte al loro dolore, Un grazie particolare al medico curante, dottor Vivalda, e al pastore Bruno Rostagno.
Dubbiane, 18 dicembre 1986
RINGRAZIAMENTO
Ha terminato la sua vita terrena
Aldo Bleynat
di anni 83
La figlia ringrazia tutti i parenti, i
vicini di casa, gli amici della famiglia
che sono stati vicini al padre e a lei
in questo ultimo periodo e che le hanno prestato aiuto dopo la morte del padre. Un ringraziamento particolare alle figliocce, alla cugina Rina, alle nipoti e ai nipoti, alle famiglie Gönnet
e Monnet, al signor Oreste Paget, alle
sorelle Paschetto, ai dottori Rolfo e
Ross, al gruppo degli Alpini di Prarostino con il capogruppo Aldo Bouchard, al pastore Klaiis Langeneck.
Prarostino, 15 dicembre 1986
RINGRAZIAMENTO
« L’Eternel l’avait donné, l’Eternel Va ôté; que le nom de
VEternel soit béni! »
E’ improvvisamente mancata alTaffetto dei suoi cari la professoressa
Anna Ribet
di anni 83
Ne danno l’annuncio i fratelli : Alberto con la moglie Nerina, Alessandro; i nipoti: Sandra, Gigliola, Giovanni, Renato, Lidia, Grazia, Paolo e
Vincenzo con le rispettive famiglie;
pronipoti e parenti tutti.
Si ringraziano tutti coloro che di persona o con scritti hanno voluto manifestare la loro simpatia; un ringraziamento particolare al past. Bruno Rostagno ed al dott. Pierangelo Baschera.
S. Germano Chisone, 26 dicembre 1986
ANNIVERSARIO
Ad un anno dalla dipartita di
Irma Vinçon Pons
il figlio Aldo con Carlotta e i nipoti di
Firenze e di Pinerolo, la ricordano con
affetto e rimpianto, uniti all’amore di
sempre.
Firenze, 17 dicembre 1986
AVVISI ECONOMICI
CERCASI alloggio in affitto, 2 camere, cucina, giardino in località Luserna S. Giovanni o Torre Pellice Tel. 0121/901414 - 0121/901081.
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Vìa S. Secondo, 38 - PINEROLO - Tel. (0121) 201712
(di fronte Gasemia Alpini « Berardi »)
12
diritti umani
9 gennaio 1987
?í-
5 Vj
;a7
IMMIGRATI IN ITALIA
Non più clandestini
Approvato il testo di legge sui lavoratori stranieri: ora potranno vedere riconosciute le attività lavorative svolte nel nostro paese
E’ terminato il tormentato iter
parlamentare della legge sul
«Collocamento e il trattamento
dei lavoratori immigrati e contro le immigrazioni clandestine». Un avvenimento importante, anche se il testo approvato,
dopo le modifiche subite in Senato prima di tornare alla Camera, presenta alcuni punti negativi, se considerati dal punto
di vista della parità di trattamento degli immigrati con i
cittadini italiani.
Così per esempio l’art. 4 sul
ricongiimgimento lamiliare, che
prevede il soggiorno dei familiari limitatamente al « periodo per
il quale | ammesso il lavoratore e sempre che quest’ultimo sia
in grado di assicurare ad essi
normali condizioni di vita ». Citato così l’articolo sembra abbastanza asettico. Però guardando alla realtà c’è da chiedersi:
chi valuterà quali siano « le normali condizioni di vita » e secondo quali criteri? Che cosa
succederà se il lavoratore, a cui
si sono ricongiunti i familiari,
se ne va praticamente abbandonandoli? Che ne sarà della donna che venisse ripudiata, 'o semplicemente divorziasse dal marito?
Ancora l’art. 6 pur concedendo, a certe condizioni, agli stu.. denti stranieri di svolgere attività lavorativa a tempo determinato, dimezza la proposta
originaria che fissava tale tempo in millecento ore annuali.
D’altra parte sono stati mantenuti alcuni aspetti positivi,
come quello dell’art. 11.3 dove
si afferma che «la perdita del
posto di lavoro non costituisce
motivo per privare il lavoratore extracomunitario, ed i suoi
familiari residenti, del permesso
di' soggiorno ». Tuttavia siamo
lontani dal prevedere per l’immigrato il diritto alla residenza
permanente, i diritti politici, o
la dlflìcile soluzione del proble
ma dell’inserimento (soprattutto
per le seconde generazioni) pur
nel rispetto dell’identità culturale. Infatti alcune disposizioni
in tal senso, previste nella prima stesura dell’attuale testo,
sono state soppresse, o molto indebolite.
Quello che è di importanza
immediata è Tart. 16 sulla « regolarizzazione delle situazioni pregresse». Infatti la .maggioranza
degli imrnigrati-provenienti dai
paesi del Terzo Mondo sono
clandestini. Con questa legge,
tutti coloro che attualmente si
trovano in situazione irregolare,
possono mettersi a posto, purché la procedura sia avviata entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge (la pubblicazione sulla Gazzetta ufiBciale è imminente). Questi sono i passi
da compiere:
— se rimmigrato è privo di
documenti di riconoscimento, o
ha documenti scaduti, può procedere al suo riconoscimento
mediante atto notorio « attraverso l’acquisizione contestuale di
un congruo numero (?) di testimonianze di cittadini italiani,
o provenienti dallo stesso Stato del richiedente»;
— coloro che hanno contravvenuto alle disposizioni sul soggiorno degli stranieri, devono
presentarsi aU’autorità di pubblica sicurezza (la Questura)
del luogo ove dimorano, per
rendere dichiarazione dì soggiorno e della propria situazione lavorativa;
— Timmigrato comunica alrufBcio provinciale del lavoro,
competente per territorio, la
propria situazione. Se impiegato è necessaria anche la comunicazione del datore di lavoro,
se disoccupato verrà iscritto nelle liste di collocamento;
— i datori di lavoro che intendano assumere lavoratori
immigrati presenti in Italia, possono chiedere l’autorizzazione
al competente ufficio del lavoro
anche se i predetti immigrati
non . sono iscritti nelle liste;
^'non ci sono sanzioni né per
i datori di lavoro né per gli immigrati che provvedano a quanto prescritto entro il tempo stabilito di tre mesi.
E’ importante in questo articolo il riconoscimento dell’attività lavorativa effettivamente
prestata anteriormente all’entrata in vigore della legge, anche
ai fini deirattribuzione delle
previdenze sociali. « Contro ogni
eventuale diniego relative alla
fase di regolarizzazione è ammesso il ricorso da parte delrinteressato innanzi alla magistratura amministrativa ».
Credo che le chiese locali abbiano il dovere di dare la massima pubblicità presso gli immigrati a questa legge e soprattutto alle procedure per la regolarizzazione disposte dall’art. 16,
prevedendo di offrire, a chi lo
chiede, un servizio di assistenza per il reperimento degli uffici competenti e dei patronati,
per la scrittura di domande e
l’espletamento di tutte quelle
pratiche burocratiche che spesso
mettono in crisi anche noi italiam, figuriamoci uno straniero
che sa poco e male la nostra lingua e ha vissuto per un tempo
con la paura della clandestinità.
Il Servizio Migranti della PCEI
è a disposizione di chi vorrà
chiedere informazioni in merito.
Fatta questa legge aspettiamo
naturalmente di conoscere il tenore delle circolari ministeriali
applicative e aspettiamo anche
le altre due norme di legge:
quella che modifichi l’attuale
Testo Unico di pubblica sicurezza per quanto riguarda l’ingresso e il soggiorno degli stranieri in Italia e quella che estenda il riconoscimento del diritto
di asilo politico anche ai rifugiati provenienti da paesi extraeuropei. Bruno Tron
Un ^ornale è
anche lavoro. Lavoro
per redattori,
tipografi,
correttori di bozze,
spedizionieri.
Piero Granerò, 39 anni, di
Torre Pellice. Da 24 anni
presso la Cooperativa'
tipografica,
lavora all’impaeinazione
del nostro giornale.
ABBONAMENTI '87
Sœgli subito fra tre possibilità
Abbonamento ordinario
lire 31.000
Abbonamento a ’costo reale’
lire 50.000
(è II costo del giornale
diviso per
Il numero degli attuali abbonati)
Abbonamento sostenitore
lire 70.000
(con diritto a due stampe
di Marco Rostan raffiguranti
I templi di
Luserna S. Giovanni e di Pramollo)
Abbonamento estero lire 55.000 (via ordinaria), lire 84.000 (via aerea)
AMNESTY INTERNATIONAL
I prigionieri
del mese
I lettori del Notiziario di A.I.
del mese di novembre sono stati invitati a scrivere alle autorità della Siria, del Sud Africa
e deU’URSS per intercedere a
favore della liberazione di tre
prigionieri d’opinione. Presentiamo ora, in breve, i casi di
questi prigionieri, perché anche
i lettori dell’Eco-Luce possano
rivòlgere appelli a chi ha il potere per il loro immediato e incondizionato rilascio.
MARWAN HAMAWI ■ SIRIA
48 anni, giornalista, già addetto stampa della Lega Araba nell’ufficio di New York e osservatore della stessa Lega all’ONU.
Nel ’70, nominato direttore dell’agenzia di stampa siriana SANA, fece ritorno a Damasco. Il
21 marzo del ’75 verme arrestato con altri siriani sospettati di
collaborare con l’ala irachena
del partito Ba’th ed è tuttora
detenuto senza accusa né pròcesso in base allo stato di emergenza in vigore dal ’63. A.I. lo
ha adottato come prigioniero
per motivi d’opinione nel ’76,
ma i suoi appelli alle autorità
siriane sono rimasti sempre senza risposta. Scrivere a:
H.E. President Hafez al-Hassad
Presidential Palace
Abu Rummaneh-al Rashid Street
Damascus - Syrian Arab Republic
IVY CIKISWA GCINA e
JANET CHERRY SUD AFRICA
Ivy Gcina, 49 armi, leader dell’Organizzazione delle donne di
Port Elizabeth. All’alba del 12
giugno, prima ancora che entrasse in vigore lo stato di emergenza, è stata arrestata nella sua casa e da allora è detenuta per autorità del Ministero
della Legge e dell’Ordine che ha
il potere, per l’emergenza, di
ordinare detenzioni a tempo illimitato e senza processo.
Janet Cherry, 24 anni, faceva
parte del direttivo della Campagna stop alla coscrizione (ECO.
L’ECC è im’organizzazione di
bianchi contraria alla coscrizione obbligatoria alle Forze Armate. E’ stata arrestata il 22
agosto ’86 a Cape Town ed è
trattenuta in carcere senza accusa.
Scrivere per le due prigionier© 8it
Mr P. W. Botha
State President of South Africa
Union Buildings
Pretoria - Sud Africa
SOFYA BELYAK URSS
32 anni, residente nell’Ucraina
CILE
Intensificata
la repressione
(Gli abbonati Èsteri sono pregati di" non inviare assegni bancari, ma di versare gli Importi relativi a mezzo postagiro
internazionale o vaglia da accreditarsi sul conto .corrente postale 32J,1Q6 Intestato a Eco-Luce — casella postale —
10066 Torre Pellice).
Occidentale, cattolica, organista
in una chiesa locale. E’ stata
arrestata nel 1983 a 2itomir e
processata nell’ottobre dello
stesso anno con l’accusa di « agitazioni antisovietiche » e « attività religiose antisociali ». Era
stata inizialmente accusata di
aver avuto dei collegamenti con
Solidamosc nel corso di due visite a parenti in Polonia, di aver cercato di convertire dei
giovani comunisti al cattolicesimo e inoltre di aver fatto circolare degli scritti sul miracolo
di Fatima. E’ stata condannata
a 5 anni di carcere più 5 anni
di confino. Scrivere a:
P. G. Osipenko: SSSR
UKr. SSR
Kiev - Kreshchatik 2
Prokuratura USSR
Prokuroru Osipenko P. G.
Unione Sovietica
RILASCI E NUOVI CASI
A.I. ha appreso che nel mese
di settembre ’86 sono stati rilasciati 142 prigionieri in adozione
o investigazione. Sono stati assunti 194 nuovi casi.
PENA DI MORTE
A.I. ha appreso che nel mese
di agosto ’86 sono state condannate a morte 50 persone in 15
paesi e 24 sono state giustiziate
in 9 paesi.
a cura del
« Gruppo Val Pellice »
Via Beckwith, 8 - Torre Pellice
. L’Eco delle Valli Valdesi »: Rea
Tribunale di PInerolo n. 175.
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ti, Piera Egidi, Claudio H. Martelli
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All’epoca di Allende il 23%
del bilEincio dello stato era destinato alle spese sanitarie mentre il 4% era destinato all’esercito. Oggi nel Cile di Pinochet
la situazione si è rovesciata; il
23% del bilancio serve a mantenere i 150.000 soldati delle forze armate ed il 4% per curare
una popolazione di 12 milioni di
abitanti.
Dopo il fallito attentato a Pinochet del 7 settembre scorso,
la situazione sociale non ha fatto che peggiorare; la fame colpisce gli strati più poveri della
popolazione, la repressione militare si è accentuata anche contro le chiese. Innocenti sono
stati condannati per il fallito
attentato: 600 prigionieri politici hanno effettuato uno sciopero
della fame per evitare ai condannati l’esecuzione della pena di
morte.
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