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1 causa"
Anno V
numero 17
del 2 maggio 1997
L. 2000
Spedizione in a. p. comma 26
art. 2 legge 549/95 nr. 17/97 - Torino
contiene t.P.
In caso dì mancato recapito
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Bibbia e attualità
LA POLITICA
DELLE DONNE
«Naomi disse a Ruth: Figliuola mia,
io vorrei assicurare il tuo riposo, affinché tu fossi felice»
Ruth 3,1
Mai come in quest’ultima legislatura la presenza delle donne in
Parlamento è stata minima numericamente e incapace di parola, di quel
dar voce all’esperienza femminile
nell'abitare il mondo, che potrebbe
dar luogo a una politica di una qualità differente. Mentre gli incontri inhternazionaìi del Cairo e di Pechino
'^avevano sottolineato uno sguardo
femminile capace di trasformare tutta
la realtà, a partire dal punto di vista
della differenza sessuale, nella politica
italiana si afferma visibilmente l'assenza delle donne. Questa visione è
stata ancora rafforzata dal fatto che
questo governo abbia istituito il ministero delle Pari opportunità: luogo
della politica separata delle donne,
luogo a parte, piccolo mondo incapace
di esprimere la grande forza di presenza e di trasformazione delle donne.
\ NCHP le elezioni amministrative
li. di fine aprile hanno visto una presenza minima di candidate e di elette.
Eppure pochi anni fa ail’interno del
movimento politico delle donne circolava un’opinione più positiva rispetto
alla presenza femminile ai livelli politici locali, luoghi in cui più diretta
sembra la relazione con la realtà. Perché di questo si tratta: come si può dare visibilità alla differenza di genere
nella costruzione della società. Luce
Irigaray già diversi anni fa proponeva
l’elaborazione di un diritto sessuato,
per evitare che le politiche delle donne
restassero chiuse nell'ambito di un
mondo separato o, peggio ancora, che
diventassero un’appendice a un supposto diritto asessuato e universale,
misurato sull'esperienza maschile del
mondo. Come dice Alessandra Rocchetti, «le donne non sono un contenuto. Non vogliamo sentire parlare delle
donne, vogliamo vedere donne parlare, ma soprattutto vogliamo vedere
donne che sanno farsi ascoltare».
Ma perché lo sguardo femminile
dovrebbe portare a una politica
di qualità diversa per le donne e per gli
uomini? In primo luogo perché accettare che a livello politico abbia spessore un’esperienza sessuata della realtà
sociale significa ritrovare un radicamento che la politica ha perduto. In
secondo luogo mi sembra che ci aiuti il
racconto del rapporto tra Ruth e Naomi, uno dei pochi nella Bibbia in cui la
relazione fra donne viene raccontata
come un luogo di guadagno di vita e di
felicità. La felicità dell’altra donna è il
motivo di tutta la loro storia. A partire
da questo desiderio centrato sull’altra,
le due donne elaborano e mettono in
atto una strategia che trasforma la loro realtà. Passando attraverso l'amore
e il rispetto, questa loro relazione ha
delle ricadute anche sulla vita degli
uomini che entrano in un rapporto di
amore e rispetto con loro, e crea un
orizzonte messianico aperto.
TTNA politica radicata nella realtà,
che prenda sul serio l'esperienza
sessuata del mondo, può agire proprio
sulle piccole cose che, messe assieme,
sono la materia della politica. E inoltre
può ridare spessore all’ordine simbolico, strumento di trasformazione della
realtà e di immaginazione creativa
della possibile evoluzione del mondo.
Al contrario, se il nostro ordine simbolico resta rappresentato nei modelli di
vita televisivi, poco abbiamo da immaginare perché la politica diventi un
luogo di desiderio in cui si mettono in
gioco la nostra felicità e la nostra libertà, l’agio di abitare il mondo.
Letizia Tomassone
SETÏIMANALK DELLE CHIESE EVANGELICHE BAÏTISTE, METODISTE, VALDESI
In vista deH'unione monetaria la Commissione europea «rimanda» solo Italia e Grecia
Europa-ltalia: di nuovo battaglia aperta
Il problema non sta tanto in quel 0^2% in più del rapporto deficit/PiI quanto nell'enorme debito
pubblico italiano, e nei conseguenti oneri finanziari, che rallentano l'opera di risanamento
PAOLO FABBRI
Da una situazione di confusa incertezza sul futuro dell’unione
monetaria europea si è passati di
colpo a una forte determinazione.
Ciò che ha fatto superare le incertezze è stata la decisione di Kohl di
ricandidarsi alle prossime elezioni
tedesche, facendo dell’euro la sua
bandiera. Chirac, dal canto suo, ha
convocato nuove elezioni in Francia
per avere l’avallo popolare alle restrizioni sulla spesa pubblica necessarie per il rispetto dei parametri di
Maastricht. Questo dimostra che
l’asse Parigi-Bonn si è rinsaldato e si
viaggia verso l’unione monetaria
con una determinazione più forte di
prima. Naturalmente le eiezioni
francesi potrebbero concludersi con
la vittoria della sinistra, che ha
sull’Europa una posizione ambigua,
ma ciò è ritenuto improbabile.
Le conseguenze di questa determinazione si sono viste subito
nell’incontro dei ministri finanziari
a Noordwijk, dove è stato approvato lo schema degli esami che, nella
primavera del ’98, dovranno superare i paesi che intendono far parte
dell’unione monetaria. Parallelamente è ripartita con asprezza la
battaglia contro l’entrata fin dall’inizio di Spagna e Italia. I paesi
considerati sicuri di entrare nel primo gruppo, il così detto «club dell’euro», avevano ritenuto di poter
escludere la Spagna e l’Italia con
l’applicazione rigorosa dei parametri, ma la manovra decisa dal governo italiano, che porta il rapporto deficit/prodotto interno lordo
(Pii) intorno al 3%, riapre la questione. I dati forniti dal rapporto
del Fondo monetario internazionale, che collocano il rapporto per
l’Italia sul 3,3% insieme con la Germania e la Francia, complicano ancora di più la vicenda.
Apparentemente verrebbe da
pensare: mal comune mezzo gaudio; in realtà la questione è assai
più complessa. Ciò che spaventa i
duri custodi del marco è notoriamente l’enorme debito pubblico
italiano (per la Spagna il problema
è un po’ diverso). Tietmeyer e compagni comprendono bene la rilevanza degli sforzi compiuti dal governo Prodi per rientrare nei parametri e non sottovalutano l’enorme risultato di aver messo sotto
controllo l’inflazione, ma resta il
fatto che lo stato sociale italiano
costa troppo in presenza di un deficit che comporta un carico di interessi passivi enorme rispetto agli
altri paesi europei con cui non si
può fare un semplice confronto di
percentuali sul Pii della spesa sociale proprio a causa del peso degli
oneri finanziari.
Il rapporto della Commissione
sulla marcia dei paesi membri verso l’euro è la riprova di queste convinzioni. La Commissione europea
nel suo rapporto semestrale provvisorio ha recuperato la Spagna e
tutti i paesi dell’Unione, bocciando
solo la Grecia e l’Italia. A quest’ultima viene accreditato un 3,2% d incidenza di deficit sul Pii nel ’97,
mentre Francia e Germania sono
considerate in linea col 3% previsto. Evidentemente la Commissione ha creduto ai due paesi leader
della Unione europea e non all’Italia. Il problema sta nel deficit del
’98, che viene stimato al 3,9% per il
venir meno dei provvedimenti
«una tantum».
Di qui la necessità di provvedimenti strutturali sulla spesa pubblica. La riforma Dini, per quanto
riguarda il capitolo più scabroso,
che è quello delle pensioni, avrebbe risolto il problema, ma entrerà a
regime solo nel 2034, quando ormai non solo i giochi dell’Europa
saranno fatti, ma anche i nodi di
una previdenza che sta rinviando
sempre maggiori carichi alle nuove
generazioni saranno venuti al pettine. Per gli altri capitoli della spesa
sociale il problema è aperto. L’urgenza di convincere i partner europei interessati ha indotto Prodi a
forzare i tempi di una verifica con i
sindacati e la maggioranza circa il
riassetto della spesa sociale. Dalla
riuscita del tentativo dipenderà la
possibilità (non la certezza) di forzare la posizione dei rigoristi.
A chi sostiene che un ingresso ritardato non sarebbe una tragedia
va ricordato che ogni punto in meno sui tassi di interesse portato
dall’euro significherà 12.000 miliardi l’anno di spesa pubblica risparmiati. L’eurotassa ne porterà 9.000.
Le cifre parlano da sole. E non dimentichiamo che il problema del
3% sul Pii non è solo formale; se
non vogliono farci entrare hanno i
mezzi per farlo mettendoci alla corda sui mercati finanziari, per questo bisogna convincerli. Siamo alla
resa dei conti e ora quella chiarezza
che abbiamo già chiesto al governo
Prodi va estesa a tutte le componenti della maggioranza: come
pensano di mantenere lo stato sociale e di risanare il debito pubblico
al di fuori dell’Europa?
Tra il primo e secondo turno delle elezioni amministrative
Governo delle città e politica nazionale
ALBERTO CORSARI
SE uno dei compiti in
cui è impegnata la
Commissione bicamerale per le riforme è quello
della messa a punto di
un sistema elettorale efficace e che soddisfi un
po’ tutti, la tornata amministrativa del 27 aprile e dell’11 maggio rappresenterà un banco di
prova esaustivo per il
modello «a doppio turno». Il ricorso al ballottaggio è decisivo in quasi tutte le città capoluogo che dovevano eleggere il sindaco, le coalizioni che, in forma diversa
a seconda delle diverse
realtà locali, si rifanno a
quella del centro-sinistra non riescono da so
le (senza Rifondazione
comunista) a imporsi e
in situazioni di primaria
importanza come Milano e Torino sono indietro rispetto agli avversari
del centro-destra.
Dunque saranno necessarie giornate di trattative accanite per raggiungere un accordo per
il ballottaggio: qualcosa
si dovrà offrire, qualcosa
verrà ottenuto dall’«alleato di maggioranza»
che tanto condiziona
anche il lavoro del governo. E infatti per tutta
la campagna elettorale il
ritornello dei commenti
è stato che questa tornata rappresentava un test
per il governo e per la
maggioranza, poiché le
dinamiche che si sareb
bero sviluppate fra i partiti (non solo nell’area
del centro-sinistra) sarebbero state e saranno
strettamente collegate
dalle dinamiche della
politica nazionale. Nel
bene e nel male. Il dato
amministrativo, insomma, come la riforma delle pensioni e del Welfare
State, come l’Albania,
come lo stesso lavoro
della Bicamerale, è un
elemento della dialettica
fra forze politiche impegnate su diversi fronti.
Francamente molti
italiani avrebbero preferito un altro scenario:
quello che potesse partire dalle realtà cittadine, che vedesse formarsi
o mancare 1 consensi
sulla base delle cose fat
te e di quelle da fare, sui
progetti realizzati e realizzabili piuttosto che
sui giochi di schieramento. Non è andata
così, tranne alcuni esiti
significativi: il buon
vantaggio del sindaco
uscente di Trieste Illy
(segno che la città apprezza il suo lavoro) e
l’esclusione del sindaco
milanese Formentini.
Forse in questi casi il risultato elettorale è espressione di una più
convinta aderenza ai
problemi dell’amministrazione. In ogni caso
appare ancora lunga la
strada per un modo di
vivere la politica che
parta dal concreto piuttosto che dalle segreterie dei partiti.
NON PRONUNCIARE IL NOME DI DIO
INVANO. La riflessione sui dieci comandamenti prosegue. Il cristianesimo
non ha certo brillato per l'osservanza
del terzo comandamento e il nome di
Dio è stato tirato in ballo troppe volte
in guerre, massacri, rivalità. (pag. 3)
AMMINISTRARE LE CITTÀ: QUANDO
LA POLITICA È VICINA. I fattori politici generali certamente incidono
sull'amministrazione di un Comune,
ma non devono far dimenticare le caratteristiche e i bisogni locali, e soprattutto la richiesta dei cittadini di
interventi che incidano nel vissuto
quotidiano. fpag. 6)
IL MESTIERE DI CRESCERE. Ancora adolescenti che si suicidano e che pongono interrogativi amari a noi tutti. A
noi credenti in particolare. Dobbiamo,
giovani e adulti insieme, affrontare i
grandi perché della vita, (pag. 70)
L'EUROPA DEL 2000 SARÀ PIÙ CONFESSIONALE DI QUELLA DI OGGI?
Nell'Unione europea alcuni progetti di
revisione dei trattati istitutivi contemplano la menzione dell’identità religiosa dell'Europa. fpag. 72)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Pai
VENERDÌ 2 MAGGIO 195^ \/ENEI
«Allora Gesù fu
condotto dallo
Spirito su nel
deserto, per essere
tentato dal
diavolo.
E dopo che ebbe
digiunato
quaranta giorni
e quaranta notti,
alla fine ebbe
fame.
E il tentatore,
accostatosi, gli
disse: “Se tu sei
Figlio di Dio, dì
che queste pietre
divengano pani”.
Ma egli
rispondendo
disse: “Sta scritto:
non di pane
soltanto vivrà
l’uomo, ma di
ogni parola che *
procede dalla
bocca di Dio”»
(Matteo 4,1-4)
«Ricordati di
tutto il cammino
che l’Eterno,
l’Iddio tuo, ti ha
fatto fare in
questi
quarant’anni
nel deserto per
umiliarti e
metterti alla
prova, per sapere
quello che avevi
nel cuore, e se
tu osserveresti
ono isuoi
comandamenti.
Egli dunque t’ha
umiliato, t’ha
fatto provar la
fame, poi t’ha
nutrito di
manna, che tu
non conoscevi
e che i tuoi padri
non avevano mai
conosciuto, per
insegnarti che
l’uomo non vive
soltanto di pane,
ma vive di tutto
quello che la
bocca dell’Eterno
avrà ordinato.
Riconosci dunque
in cuor tuo che,
come un uomo
corregge suo
figlio, così l’Iddio
tuo, l’Eterno,
corregge te»
(Deut. 8, 2-3, 5)
IL MALE INTELLIGENTE
L'umanità è rosa da una sorta di cancro morale che perverte le sue intenzioni
più nobili: è il Male, ma è un male intelligente, «il grande e intelligente spirito)
GIORGIO BOUCHARD
Gesù ha trent’anni: è finita la
giovinezza, comincia la ma
turità; è giunto anche per lui il
momento delle scelte importanti, quelle che incidono stilla storia personale e collettiva; nel suo
caso, incideranno sulla Storia
con la S maiuscola, e anche oltre
essa. Ma questo lo sappiamo noi
ora, e soltanto nella fede; lui non
lo sapeva con quella chiarezza
con cui lo sappiamo noi dopo,
nella luce dello Spirito.
La vocazione di Gesù
PER ora, Gesù è soltanto un
giovane uomo, nella pie
nezza delle sue forze; e gli si
presentano, appunto, le tentazioni della pienezza; quelle che
i Padri della chiesa riassumevano sotto il nome di «temptatio
meridiana», la tentazione del
mezzogiorno deOa vita, quando
tutto è ancora possibile, e bisogna scegliere. Tuttavia alcune
cose cominciano ad essergli
chiare; qualche giorno fa è stato
battezzato, e ha sentito una voce dall’Alto (o dal profondo) dirgli; «Tu sei il mio amato Figlio,
in te mi compiaccio» (Luca 3,
22). In altri termini; tu sei qua
per riscattare Israele, per dare
una svolta alla storia dell’umanità, questa storia fatta di fame,
di dolore e di potere (fame di
molti, dolore di tutti, potere di
qualcuno).
La sua vocazione è dunque
ormai chiara; tuttavia, anche lui
come noi può sbagliare le sue
scelte, perché Dio vuole dei figli,
non dei servi, e consegna loro il
dono prezioso e pericoloso della
libertà, e dove c’è libertà c’è spazio per Terrore. Dio ci riconosce
questo spazio, come noi lo riconosciamo ai nostri figli; se non
riconoscessimo ai nostri figli il
diritto di sbagliare, vorrebbe dire che non li amiamo per davvero. Certo, chi ama i suoi figli li
segue con attenzione, è sempre
pronto a intervenire in loro aiuto, ma tutto questo avviene in
un clima in cui la libertà è il
contesto dell’amore vero.
Gesù nel deserto non è dunque un semidio che affronta una
prova truccata; è un uomo vero,
che affronta una prova vera.
Perché le idee si verificano nei
fatti, e gli uomini anche. La prova che Gesù deve sostenere è
molto simile a quella che i profeti hanno affrontato prima di
lui; egli sta nel deserto quaranta
giorni, come Mosè sul Sinai
(Esodo 34, 28), come Elia (I Re
19, 1-13); e come loro non mangia; sta meditando, sta programmando la sua vita. L’intensità
della meditazione e la mancanza di nutrimento lo rendono, alla fine, fisicamente debole ma
così egli può percepire delle
realtà profonde che di solito
sfuggono alla nostra esperienza
quotidiana; è quando si è deboli
che si possono capire tante cose; chiunque è stato seriamente
ammalato lo sa benissimo; e anche chi è stato solo e disperato.
L'incontro con l'Avversario
Preghiamo
Abbi misericordia di noi
abbi pietà dei nostri sforzi,
così che davanti a Te
nell’amore e nella fede
nella giustizia e nell’umiltà
possiamo seguirti
con abnegazione, perseveranza e coraggio
e incontrarti nel silenzio.
Donaci un cuore puro
affinché possiamo vederti,
un cuore umile
affinché possiamo udirti,
un cuore pieno d’amore
affinché possiamo servirti,
un cuore pieno di fede
affinché possiamo vivere la Tua vita.
Dag Hammarskioeld
Segretario delle Nazioni Unite
IN questa situazione straordinaria e privilegiata, Gesù incontra l’Avversario. Lo incontriamo tutti, tutti lottiamo contro un Avversario che è più forte
di noi; divide e distrugge, inganna e accieca. So bene che buona
parte della cultura moderna è
seriamente impegnata a dimostrare che l’Avversario, in realtà,
non esiste, ma devo confessare
che queste dimostrazioni mi
fanno pensare a quel celebre
passo dei Promessi Sposi, dove
don Ferrante dimostra che la
peste non può esistere, e la sua
dimostrazione, in base alla cultura aristotelica, è formalmente
ineccepibile; la peste non è né
sostanza né accidente, dunque
non esiste. Ma poi don Ferrante
muore di peste...
Di una peste simile muore
l’uomo contemporaneo; paralizzato dalla cultura razionalistica
come don Ferrante era paralizzato dalla cultura aristotelica.
l’uomo del nostro secolo non discerne la potenza diabolica che
sta dietro gli orrori del Novecento; dietro il socialismo che inventa il gulag, dietro il grande
Einstein che supplica Roosevelt
di costruire la bomba atomica;
dietro il pio Harry Truman che
decide di sganciarla su Hiroshima, c’è una sorta di cancro morale che rode l’umanità, anche
nei suoi momenti migliori.
Mi trovo attualmente a dirigere un ospedale, e incontro molti
malati di cancro; il cancro, a dire
il vero, non Tho mai visto (come
don Ferrante non aveva «visto» la
peste), ma i suoi effetti devastanti sono sotto i miei occhi ogni
giorno, e a volte sembra che operi con intelligenza, con abilità,
con l’intenzione di uccidere, e ci
riesce. Analogamente, l’umanità
è rosa da una sorta di cancro morale che perverte le sue intenzioni più nobili, distrugge le sue
realizzazioni più belle; è il Male,
ma è un male intelligente. Dostoewskij lo chiama «il grande e
intelligente spirito».
Con questa affermazione, certo, noi dividiamo il nostro cammino da quello del razionalismo
moderno, ma la vita non è un
teorema di geometria piana, la
vita è una battaglia, spesso una
tragedia, un misto di sofferenza
e di colpa, ed è a questo problema (non semplicemente a quello della sofferenza o della morte)
che risponde la nostra fede; la
fede risponde all’effettiva esistenza dei Male. E vi risponde
nei fatti. Gesù, come noi, meglio
di noi, ha lottato contro l’Avversario, durante tutta la sua vita,
nelle cose piccole come nelle
grandi; coi suoi miracoli, negli
scontri coi suoi nemici, nel Getsemani, sulla croce, cioè nell’azione. Qui, invece, egli lo incontra in una visione, in un momento «mistico». Il Diavolo non
ha le corna, non ha la coda, non
puzza di zolfo; sembra un giornalista il quale, durante una
conferenza stampa, dica; «Permette? Posso fare qualche domanda?». E il suo discorso è
chiaro, logico, umano, troppo
umano, ma anche geniale. Dice
Dostoewskij; «Si può dire qualcosa di più penetrante di quanto
fu detto nelle tre domande?».
Sorprendentemente, fra le tre
«domande» non c’è la tentazione
del sesso; se leggiamo le vite dei
«Padri del deserto», troveremo
che questa tentazione è ossessivamente presente; basti per tutti
il caso di Sant’Antonio nel Deserto. Qui, invece, l’Avversario
non spende neanche una parola
a questo riguardo. Eppure Gesù,
nel corso del suo ministerio, sarà
ben consapevole delle ambiguità
delle pulsioni sessuali: «Chi
guarda una donna per appetirla...» (Matteo 5, 28); ed egli vivrà
un celibato consacrato e consapevole. Ma qui, la prima tentazione è molo più quotidiana: è la
tentazione del pane. Gesù ha fame, è ormai stremato, e l’Avversario mette in rilievo il contrasto
che c’e tra la grandezza della sua
missione («se tu sei Figlio di
Dio...») e la miseria della sua
condizione attuale. E così la sua
domanda diventa una proposta:
«Gesù, hai fame? Mangia!».
La risposta di Gesù
La risposta di Gesù è netta1
mente sotto tono; egli si limita a citare Deuteronomio 5, 3:
«Non di pane soltanto...». Gesù
non adopera la sua potenza
messianica per separarsi dalla
sorte comune degli uomini:
quando Tadopererà sarà per
compiere un grande atto d’amore, che è anche un gesto messianico: la moltiplicazione dei pani; ma sarà il gesto del dare, non
il gesto del prendere.
In quel giorno radioso, Gesù
sarà il Messia nella pienezza delle sue funzioni: qui, di fronte al
Tentatore, egli risponde come se
fosse, semplicemente, uno fra
tanti: «Non di pane soltanto vivrà l’uomo». La semplicità, il
«basso profilo» della risposta di
Gesù investono automaticamente la nostra vita: dobbiamo
confessarlo, noi siamo ogni
giorno alle prese con la «tentazione del pane», a volte perché
non ne abbiamo abbastanza, o
almeno non lo abbiamo assicurato; abbiamo paura di non farcela, o che i nostri figli restino
disoccupati, o che a Wall Street
torni la crisi come nel ’29, e allora viviamo attanagliati dall’ansia. Altre volte, o in altri casi, di
pane ne abbiamo troppo, e allora anneghiamo nel materialismo, nelTegoismo: ognuno per
sé, e Dio per tutti... Nei due casi,
soccombiamo alla tentazione.
Ma la libertà di Gesù di fronte
alla tentazione ci apre la via a
una vita fondata sulla fiducia in
un Dio che ci dona il pane quotidiano, e ci libera sia dall’ansia
che dall’egoismo.
(prima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
La meditazione q^i,
fianco riproduce un sei
mone effettiva mente t.
nuto in una chiesa evai
geiica: e così sarà del
due prossime, reiativeai
seconda e aila terza tenà
zione di Gesù. Per mett^
la nostra predicazionei
feconda tensione coni
mentalità di moiti coj
temporanei (e anchej
moiti sinceri credenti cj
hanno paura di ricaderei
forme superstiziose di ret
lier
volti
L'Ai
giosita oppure, orrore dt
gii orrori, di essere accusa
ti di «fondamentaiismo»
consigiierei fortementej
riieggere ia «Leggendj
dei Grande Inquisitorei
che Dostoewskij mette 1
bocca a ivan Karamazov|
Fratelli Karamazov, Libri
V, Capitoio V): Gesù app»
re in incognito neila Si*
giia dei '500, compie silen
ziosamente aicuni mira»
ii, finché i'inquisitore noi
io fa arrestare: neiia noi
te. L'Inquisitore va a visita
re Gesù nelia celia, e pò
ma di liberarlo, lo metti
sotto accusa: bisognavi
accettare la tentazione
bisognava accettarei
usare il pane come stro
mento di potere. Mi pan
evidente, nello scrittore,i
sfida al razionalismo mi
terialistico, e anche un
straordinaria premonizii
ne degli orrori che dove
vano poi devastare il no,
stro secolo. Dostoewskij è
stato da taluno squalificato come «reazionario»; mi
pare più giusto qualificarlo come profeti; o. In questo modo, una orima parte del nostro o ccorso potrà essere un'iiitelligenti'
ma semplice apologia di
uno dei punti non rinun
ciabili della nostra fede
l'esistenza di un «Male ra
dicale» (se ci è lecito usarr
questa formula del filo
sofo Kant), a cui rispondi
l'opera di Cristo nel dramma della salvezza.
«Noi
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perché i
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il proprio benes' ere matfi
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carriera (e la ciiiamiar#
«meritocrazia») Gesù noi
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be degno di me, io in 1^ „
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bado a queste Lassezze era mo
Gesù si mette esattamenti figli e le
al livello di ogni altro ere
dente e cita la Bibbia: eji
è il Cristo, superiore all(
Scritture, eppure sa cheef
se sono una grande risoli
nel momento della prò*
e trova in loro la rispoii
adeguata alla situaziol
Ma Gesù punta davvt|
sulla «Parola che proci
dalla bocca di Dio»:!
cioè che Dio governa
nostre vite mediante!
sua Provvidenza. E in o#
ma analisi un consapevo*
affidamento alla ProviJ
denza è la vera risposta
la tentazione.
Per
approfondili
- K. H. Rengstorf,
gelo secondo Luca, Pai<l®*
editrice, Brescia, 1973.
- J. Schniewind, Il :
gelo secondo Matteo, P*
deia, 1977.
- Aldo Bodrato, // yÌ
gelo delle meraviS',
(commento al Vangelo
Marco), Cittadella edito®
Assisi, 1996.
- Bruno Corsani,
dazione al Nuovo TeS"^
mento, I Voi. Vangeli e
ti, Torino, ed. Claudia^*
- F. Godet, Comment
re sur l'Èvangile de
Lue, Neuchâtel, 1871
- A. McGrath, tSesù:
è e perché è importeli.
saperlo. Edizioni Gbu, distribuzioi
ma, 1997,
Claudiana.
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Progeti
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310199] ^yPNERDÌ 2 MAGGIO 1997
Fede e Spiritualità
PAG. 3 RIFORMA
del male e magari anche di
procurarne la morte. È evidente che Israele rifiutava
questa idea.
Il Signore quando aveva rivelato il suo nome (YHVH) si
era anche rivelato a Mosè
come un Dio di liberazione
mosso a pietà per un popolo
che gemeva nella sofferenza
della schiavitù in Egitto. È per
le ragioni su citate che molti
commentatori legano la proibizione del terzo comandamento alla proibizione del secondo comandamento («non
ti fare scultura né immagine
alcuna»). Non puoi infatti
mai illuderti di «possedere»
Dio perché ne pronunci il nome o te ne fai una raffigurazione qualsiasi. Non puoi
pensare che egli sia ai servizio
di un qualche tuo umano
progetto. È il credente che è
chiamato sempre ad essere al
servizio di Dio e ad entrare
con fiducia nel suo progetto
che sappiamo essere di liberazione e di speranza, (c.p.)
Il massiccio del Sinai dove Mosè ricevette le tavole della Legge
Un commento ortodosso
Il credente nel suo rapporto con le Scritture antiche: prosegue la riflessione sui dieci comandamenti
Non pronunciare il nome del Signore^ Dio tuo^ invano
Il cristianesimo non ha brillato per l'osservanza del terzo comandamento e il nome del Signore è stato tirato in ballo troppe
volte in guerre, persecuzioni, massacri, rivalità. Ma c'è un modo di pronunciare e invocare il suo nome che non è mai vano
L'Antico Testamento
«Non pronunciare il nome
del Signore, Dio tuo, invano;
perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo
nome invano» (Es. 20,7)
Molti commentatori dicono che l’origine di questa
proibizione va ricercata nel
concetto che anticamente si
aveva del nome. Il nome era
strettamente connesso alla
persona che lo portava, conteneva una parte della presenza, della forza, del destino
dell’essere umano che veniva
chiamato con quel nome. Si
invocava il nome di una divinità, magari di fronte a un
idolo che la raffigurava, credendo che in qualche modo
essa fosse «costretta» a intervenire in favore della personache ne chiedeva il soccorso e anche, perché no, contro qualcun altro. Era proprio questo che si faceva nei
ririmagici: si agiva sull’essere soprannaturale pronunciandone il nome, al fine di
maledire qualcuno, di fargli
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t di farsi chiamare con un nome: Gesù Cristo. Era stata
una libera scelta di Dio, che
aveva deciso di assumere, intervenendo nella storia uma
messia» na, un nome e un volto. Quecome ni^ sti non esaurivano tutto queldiplomai^ lo che Dio era e sarebbe stato
n brano seguente è tratto da
«Meditations on thè Ten commandaments», di Pope Shenouda III, citato nella collezione di preghiere di tradizioni ortodosse orientali, pubblicato
nel 1996 dal Consiglio ecumenico delle chiese con il nome:
«Let US pray to thè Lord» e curato da Georges Lemopoulos.
«Non a noi, o Signore, ma
al tuo nome dà gloria» (Salmo
115, 1). Noi possiamo usare il
nome di Dio in maniera sbagliata in preghiera quando la
nostra mente è distratta da
qualcos’altro. Allora le parole
del Signore si applicano a noi:
«Questo popolo mi onora con
le labbra, ma il suo cuore è
lontano da me» (Marco 7,6).
Non usano forse il nome di
Dio in maniera sbagliata coloro di cui il Signore dice:
«Non chi dice “Signore, Signore” entrerà nel regno dei
cieli», e coloro che diranno a
lui: «Signore, Signore, non
abbiamo noi profetizzato nel
tuo nome, e cacciato via de
moni nel tuo nome?» (Matteo
7, 22). Non usano il nome di
Dio in maniera sbagliata coloro che cominciano le loro
riunioni con una preghiera,
nel nome del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo, e poi litigano nelle loro discussioni o
usano parole inadatte, come
se tutte le loro preghiere fossero inutili e l’uso del nome
del Signore fosse stato vano?
Non è giusto un uso del nome del Signore rispettoso solo
nel contesto delle preghiere e
del culto, o quando siamo in
chiesa. Dovremmo usare il
nome di Dio con solennità in
tutte le occasioni e dovunque.
Dovremmo glorificare e lodare il nome di Dio tutto il tempo, come dice il salmista: «Lodate il nome del Signore. Benedetto sia il nome del Signore ora e sempre!» (Salmo 113,
1-2). Giobbe, il giusto disse
nelle sue tribolazioni «Il Signore ha dato e il Signore ha
tolto; sia benedetto il nome
del Signore» (Giobbe 1, 21).
Il terzo comandamento e Gesù
CLAUDIO PASQUET
CON l’avvento di Gesù
questo comandamento
assunse, per i cristiani, un
nuovo aspetto. Perché se era
vero che le proibizioni di usare ilnome di Dio e farsene
immagini restavano immuta
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ma ne indicavano chiaramente un aspetto: un Dio vicino all’umanità, così preso
dalle sue vicende, da volersi
identificare con essa; ancora
una volta, come con Mosè di
fronte al pruno ardente, Dio
era mosso a pietà per i suoi
figli e le sue figlie. Ma l’essenza profonda del comandamento non poteva mutare e
non potrà mutare: non devi,
non puoi usare il nome di
Dio 0 del Signore Gesù Cristo
perdei tuoi fini, non è l’invoeatione del suo nome che garantirà il buon esito dei tuoi
progetti, ma ti è chiesto di
sottometterti al suo progetto
0 di invocare il suo nome
perché te ne dia la forza.
Lo sappiamo, il cristianesimo non ha brillato per l’osservanza di questo comandamento e il nome del Signore
è stato tirato in ballo tante,
troppe volte in guerre, persecuzioni, massacri, odi, rivalità. Perché in epoche storiche in cui la religione svolgeva un ruolo preminente, la
tentazione di avere un Dio
garante delle proprie ideologie e convinzioni era grande
davvero. Oggi viviamo in una
situazione schizofrenica, da
una parte assistiamo a una
certa rimonta del sacro, dell’esoterico, del misterico dove si dà grande importanza
alla forza del nome di «dio»
(spesso un dio qualsiasi, non
importa quale). E ci disturba
che il nome del nostro Dio
ancora una volta sia usato
per fini puramente umani,
per suscitare miracoli che
stupiscono, per soddisfare un
bisogno di soprannaturale,
tipico dell’essere umano, ma
non corrispondente al progetto di Dio per noi. Dall’altra parte credo che si debba
partire da una considerazione: a tutti i pastori e i catechisti che, prima di spiegare
questo comandamento, ne
chiedano ai loro catecumeni
il significato, capita di sentirsi rispondere: «non bestemmiare». È ovvio che non bisogna bestemmiare, anche se.
lavorando in una realtà di
chiesa popolo, non sembra
sempre così ovvio a tutti e a
volte le mie orecchie odono
ciò che non dovrebbero. Ma
è possibile che un comandamento così grande sia stato
ridotto alla proibizione della
bestemmia?
Ma ragioniamoci un po’,
diventa inevitabile che si sia
arrivati a questo. Che cos’è
infatti la bestemmia? Pronunciare un nome per leggerezza perché tanto non succede nulla, è un nome debole
al quale non sai se credere o
no. E noi credenti, giustamente pronti ad arrabbiarci e
a scandalizzarci quando sentiamo una bestemmia, dove
siamo arrivati col nome di
Dio? Spesso proprio fra coloro che vivono e militano nelle
nostre chiese, si tende a non
dare più molta importanza
alla forza insita nell’invocazione del nome di Dio. E questa è una realtà che dura ormai da parecchi anni. Non è
forse vero che a volte è capitato di iniziare alcune riunioni «ecclesiastiche» senza invocare il nome di Dio, c’era
troppo da fare, ce n’eravamo
dimenticati, dimenticandoci
anche della parola «dove due
0 tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18, 20)? Quante
volte sei così di corsa che ti
metti a tavola e non invochi il
nome del Signore affinché
quel cibo che lui ti dona, ti
dia la forza di servirlo?
Mi auguro che le mie siano
solo piccole notarelle moralistiche. Eppure temo che siano indici di un fatto grave:
noi credenti rischiamo di
scordarci della forza insita
nell’invocazione del nome di
Dio. «Non pronunciare il nome di Dio invano» rischia di
diventare inconsapevolmente: «È vano invocare il nome
di Dio» e spesso i nostri figli o
1 nostri nipoti, cresciuti in
questa atmosfera, concludono: «L’invocazione del nome
di Dio è vana».
Ridiventiamo consapevoli
della forza che il Signore ci dà
attraverso il suo nome che ci
è dato per grazia di poter
pronunciare, vigiliamo affinché nessuno se ne approfitti
per piegare il nome di Dio ai
suoi fini egoistici, ma restiamo saldi nella certezza che
l’invocazione del suo nome
non è e non sarà mai vana.
Un comandamento di verità
Il testo che riproduciamo qui
di seguito è tratto da una rara
edizione del 1974 del libro «Il decalogo» pubblicato dalla Casa
editrice Israele per la prima volta
nel 1930. È un libro che raggruppa dieci discorsi di illustri rabbini, tenuti a Firenze nel 1926 nel
corso di un convegno di studi
ebraici. Il commento del terzo
comandamento fu affidato a Armando Sorani che riporta a sua
volta antichi commenti rabbinici. Egli spiega all'inizio del suo
commento che la voce verbale
ebraica «lo tissà» comunemente
tradotta con «non usare» o «non
proferire il nome del Signore invano» significa letteralmente
«non alzerai il nome del Signore
tuo Dio invano», la qual cosa allude, e neppure in maniera troppo velata, al gesto dell’alzare la
mano nell'atto del giuramento,
gesto che troviamo espresso compiutamente in un altro versetto
dell'Esodo (6, 4) dove è usato lo
stesso verbo ebraico: «E vi condurrò nel paese per il quale ho
alzata la mano (ho giurato) che
lo darei ad Abramo, ad Isacco e a
Giacobbe», (a.m.)
Abbiamo poco innanzi letto, tradotto dal suo luogo, il
detto dei maestri che «tutto il
mondo vacillò quando il Signore pronunciò il terzo comandamento». Conviene vedere brevemente cosa intendessero con questo detto, che
è certamente antichissimo se
citato come tradizionalmente
ripetuto per ogni uomo chiamato a giurare. Maarshà, nel
commento a questo passo del
Talmud, spiega che tutto il
mondo vacillò perché il Nome
grande e benedetto del Signore è lo scopo dell’esistenza del
mondo e la base sulla quale
Iddio ha creato i mondi, e chi
giura sul suo Nome invano indebolisce la forza della «famiglia dell’alto» e rende instabile la base del mondo.
R. Moshè da Trani dice con
una immagine che, se fosse
lecito esprimere consimile
idea trattandosi di Dio, quando il Signore creò il mondo
pose quasi il suo Nome come
un suggello sull’abisso perché non inondasse il mondo,
e chi giura in falso alza il Nome di Dio posto sull’abisso e
causa che l’abisso tenti di
sommergere nuovamente il
mondo, e il mondo trema e
vacilla perché è in forse di essere ricondotto al caos.
L’Akedàth Izchàk osserva
che il mondo sta in vita per
un giuramento, perché Iddio
disse: «Ho giurato che le ac
que di Noè più non si riverseranno sulla terra» e giurando
il falso le basi del mondo si
indeboliscono e vacillano.
Rabbi Shemtòv, citando il
verso del salmista: «Se guardi
ai peccati, o Signore, chi potrebbe star fermo?» verso in
cui il nome «Signore» è espresso solo da due lettere
JH, cioè con solo la metà del
quadrilittero, insegna: «Se il
mondo non potesse star fermo qualora il Signore chiedesse conto ai peccatori dei
peccati commessi contro solo metà della sua Gloria, come non vacillerebbe quando
alcuno peccasse giurando il
falso sull’intero Nome di Dio,
sull’intera sua Gloria?».
L’autore del Sèfer Cheli
Jakàr vede anch’esso il motivo del vacillar del mondo
nell’espressione «Lo tissà»
«non alzerai», perché chi alza
il Nome di Dio è come chi
sradichi un albero e lo alzi,
che in conseguenza tutti i rami si agitano insieme al tronco. Così, poiché tutte le creature dipendono dal Nome divino, chi giura alza e agita
tutte le esistenze del cielo e
della terra e tutte le esistenze
ne vengono offese.
E insieme a questi, tutti gli
altri commenti fanno chiaramente comprendere ciò che i
maestri del Talmud vollero
insegnare, che cioè per l’e
braismo non è concepibile
Resistenza d’un mondo che
non abbia le sue basi sulla Verità. Uno dei nostri maggiori,
Rabbàn Shim’òn ben Gamlièl,
disse esplicitamente che il
mondo poggia sulla verità; altri ancora dissero che il mondo è stato creato con la verità,
che l’impronta del Signore è
verità, che il Tempio esistette
per la verità, che Gerusalemme fu distrutta perché era venuta meno la verità, e che la
benedizione di Dio tornerà
sulla terra quando sulla terra
tornerà la verità!
Per i nostri maestri dunque
il terzo comandamento è il
comandamento della verità;
ma, come dissero per i due
precedenti, è anche il comandamento dell’amore verso Dio. Vi è forse già noto il
bel midràsh di Rabbi Levi che
vede nella nostra principale
preghiera quotidiana, lo
Shemà, accennati tutti i comandamenti: il primo comandamento «Io sono l'Eterno tuo Dio» è accennato nelle
parole: «Ascolta, Israele, T
Eterno tuo Dio»; il secondo:
«Non avere altri iddii» nelle
parole «l’Eterno è uno»; il terzo: «Non giurare in falso» nelle parole «Ama l’Eterno tuo
Dio con tutto il tuo cuore»
perché chi ama veramente il
Signore non ne profana il
Nome giurando in falso.
Riforma ABBONAMENT11997 ITALIA ESTERO
■ordinarlo £ 105.000 -ordinario £ 145.000
- ridotto £ 85.000 • via aerea £ 190.000
- sostenitore £ 200.000 • sostenitore £ 250.000
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- cumulativo Riforma + Confronti £ 145.000 {soia Italia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101
intestato a Edizioni Protestanti s.r.i., via S. Pio V15 bis, 10125 Torino.
L’Asilo dei vecchi di San Germano
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non oltre il 31 maggio 1997 al seguente indirizzo:
Asilo dei vecchi, via c. A. Tron, 13
10065 San Germano Chisone (To) tei. 0121-58855
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 2 MAGGIO
Domenica 4 maggio dedicata alla Comunità evangelica di azione apostolica
Predicare PEvangelo in tutto il mondo
La domenica dedicata alla Cevaa non serve soltanto per raccogliere denaro
ma per ricordare che la «missione» è la ragione d'essere della chiesa universale
FRANCO TAGLIERÒ
Dedicare nelle chiese
valdesi e metodiste una
domenica all’anno alla Comunità evangelica di azione
apostolica (Cevaa) sembrerebbe quasi un «parlarsi addosso». Come, bisogna concentrare l’attenzione della
chiesa in una domenica particolare dellanno a quella che
è la sua ragione d’essere più
profonda, cioè la «missione»?
Non è ciò che fanno «sempre» tutte le chiese? Non riflettono, le nostre chiese,
sull’evangelizzazione, sulla
testimonianza evangelica nel
nostro tempo, e così via?
Impostato così il problema
può dare luogo a qualche difficoltà di comprensione perché in realtà le nostre chiese
da motti decenni dedicano un
culto alla missione, intesa come impegno di evangelizzazione in paesi esotici e la Domenica per la Cevaa è eredità
di quella esperienza, proprio
come la Cevaa stessa lo è. Un
tempo c’era anche la colletta,
come c’è tuttora, che voleva
insistere sul fatto che l’opera
dei missionari andava accompagnata e sostenuta non solo
con la preghiera, ma anche
con un aiuto più materiale.
Oggi dedichiamo una domenica alla Cevaa, e lo facciamo non soltanto per raccogliere denaro, ma anche
perché è fondamentale che la
chiesa continui a riflettere sul
suo impegno evangelistico
anche al di fuori dei confini
del proprio paese. Ogni comunità locale deve rendersi
conto di essere soltanto una
piccola parte di una molto
più grande chiesa, quella
universale, in cui vivono milioni di uomini e donne che
pregano e cantano, che leggono la Bibbia e la testimoniano con l’identico obiettivo
di tutti gli altri: rendere gloria
al Signore nell’amore e nella
fraternità tra tutti i popoli sapendo che egli chiama tutti i
suoi discepoli ad unirsi in
una chiesa senza confini. Ben
venga dunque una Domenica
per la Cevaa perché la riflessione sulla missione venga
approfondita e magari approdi in modo sistematico
anche alla Facoltà di teologia.
La costituzione della Cevaa
nel 1971 rappresentò una autentica svolta storica, perché
nasceva con essa la consapevolezza che non aveva più alcun senso la netta divisione
tra nazioni «cristiane» e «pagane». Tutti i popoli, al Nord
e al Sud, all’Est e all’Ovest,
sono chiamati a prestare
ascolto alla voce di Dio, presente e operante in mezzo a
loro. Così pure la comunità
cristiana non avrebbe più potuto essere semplicemente
suddivisa in chiese che invia
vano i missionari e chiese
che li ricevevano, perché tutte hanno lo stesso compito
della proclamazione di Cristo
e del suo Evangelo.
Alla base della nuova visione della Missione della chiesa
è stata posta la convinzione
che l’evangelizzazione è una
iniziativa da condurre insieme, in ogni luogo in cui lo
Spirito spinga a recarsi per
l’annuncio della Parola di salvezza, senza diversità di paesi
e di culture. Tradotto in programmi operativi questo principio postulava l’interscambio di persone tra tutte le
chiese aderenti, che si impegnavano a condividere problemi e speranze, risorse
umane e finanziarie, nella costruzione della più ampia comunione interconfessionale,
interculturale e interrrazziale.
Le Assise della Cevaa, tenutesi con grande successo a
Torre Pellice Tanno scorso,
hanno riaffermato tutti questi
principi, hanno dato nuovo
impulso a quelli che sembravano soltanto buoni propositi
un po’ utopistici. La Cevaa vive, seppur tra mille difficoltà;
la Cevaa svolge la sua missione e chiede oggi alle chiese
che vi aderiscono non solo di
fare delle collette (che pure
sono fondamentali), ma soprattutto di tenere alto l’impegno nell’ideale di condivisione del progetto globale di
evangelizzazione. La Comunità si è data come compito
primario quello di stimolare
la comunicazione tra le diverse chiese attraverso lo scambio di volontari, la visita reciproca di gruppi di giovani e
donne, gli incontri di approfondimento e di attualizzazione dei testi biblici, lo
studio di progetti di sviluppo.
Esistono ancora, dunque, i
missionari anche se purtroppo non ce ne sono di provenienti dalle nostre chiese vaidesi e metodiste italiane: oggi
essi sono chiamati «inviati»
per sottolineare il fatto che si
tratta di persone mandate da
una chiesa a un’altra per prestarvi un servizio specifico, limitato nel tempo. Ma la missione vive anche e soprattutto
in altre molteplici forme, tutte basate sul principio della
reciprocità. Bisogna ammettere che far vivere una comunità di 47 chiese sparse in tutto il mondo, con retroterra
culturali e teologici molto diversi, condividendo risorse e
problemi di rilevante portata
sociale, non è affatto impresa
facile ma proprio in questo
consiste la sfida e la speranza
della Comunità, di ogni comunità cristiana. La Cevaa ha
accettato questa sfida e si
propone, attraverso l’assunzione del proprio progetto
missionario, di seminare speranza tra la gente.
Si svolgerà a Riesi un incontro tra quattro chiese protestanti europee
I credenti sono «stranieri e ospiti anche nel proprio paese»
KLAUS LANGENECK
.. RISTIANI, stranieri e
I ospiti anche nel’proprio paese»: è questo il titolo
dell’incontro delle quattro
chiese gemellate (Bergisch
Gladbach, Bourgoin-Jallieu,
Lugau e Riesi) che avrà luogo
dal 7 all’11 maggio a Riesi.
Sono quattro gemelle molto
disuguali: Bergisch Gladbach
è una grande chiesa della
Germania federale, Bourgoin-Jallieu una chiesa di
diaspora in Francia, nei
pressi di Lione, Lugau una
chiesa nel territorio dell’ex
Ddr, con una vita non facile
visto che la crisi economica
delle chiese tedesche colpisce in modo particolare le
Landeskirchen delle regioni
dell’ex Ddr, e poi Riesi, una
comunità decimata dall’emigrazione, con accanto a sé il
Servizio cristiano.
Il tema dell’incontro, ispirato a Ebrei 11, 8-16, è formulato in modo un po’ provocatorio: provocatorio per
una chiesa territoriale tedesca il cui capo una volta era il
principe del territorio e che
di conseguenza godeva e gode tuttora di tutti i privilegi di
una chiesa di stato, provocatorio anche per la piccola
Chiesa valdese che vuole essere una componente della
società italiana. Come credenti siamo stranieri e ospiti,
anche nel nostro paese.
È naturalmente facile fare
un discorso sui protestanti
come stranieri e ospiti a Riesi,
in Sicilia, dove le chiese e le
opere evangeliche sono tuttora corpi estranei nel tessuto
della società e della cultura.
La cultura protestante si è
sviluppata in seguito alla
Riforma del XVI secolo nell’
Europa centrale e settentrionale; l’Italia, e in modo particolare il Sud, non sono stati
minimamente toccati da questi avvenimenti fino alla seconda metà del secolo scorso.
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Il Servizio cristiano di Riesi, dove si svolgerà l’incontro
Che cosa sono 135 anni di
presenza protestante in una
cultura che fonda le sue radici in una storia millenaria?
Forse è proprio l’illusione di
noi protestanti, che in un certo senso abbiamo perso le radici arcaiche della nostra cultura, pensare che la nostra
verità liberatoria possa trasformare in pochi decenni le
situazioni e le culture.
In Sicilia siamo stranieri e
ospiti in quanto protestanti;
l’accesso alla problematica
può essere facilitato dall’esperienza del protestantesimo in Sicilia. Ma le nostre riflessioni non possono fermarsi qui. Il problema non è
l’estraneità culturale, l’estraneità del credente nei confronti del contesto della sua
vita è una questione teologica. L’affermazione che il credente è straniero e ospite
dev’essere valida anche per
un credente tedesco che vive
in un paese di cultura protestante. Fede e cultura non
sono la stessa cosa. La fede
delle generazioni produce
una cultura, ma la cultura
protestante non può sostituire la fede personale.
Nella fede noi radichiamo
la nostra vita nella promessa
di Dio, e quindi non è più radicata nella nostra famiglia,
nel nostro paese di nascita,
nella nostra cultura d’origine.
Abramo vive nella terra promessa come uno straniero,
ospite della terra promessa
(Ebrei 11, 8-16); gli israeliti
nella terra promessa sono
presso Dio come stranieri e
ospiti, perché la terra è del Signore e loro sono creature
delle opere potenti del Signore (Levitico 25, 23).
Non siamo però soltanto
stranieri, ma anche ospiti, e
non ospiti di passaggio, ma
ospiti che si fermano per un
tempo più o meno lungo in
un luogo, che vivono in mezzo alla gente del posto. Siamo
anche ospiti in questo senso,
perché Dio non è soltanto
il Salvatore, ma anche il Creatore, perché Gesù Cristo
non è soltanto vero Dio, ma
anche vero uomo e il mondo
degli esseri umani è il terreno dove, secondo la volontà
di Dio, germoglierà il Regno
dei cieli. Come credenti siamo ospiti nel mondo, ospiti
nel nostro paese, ospiti nella
nostra cultura. Non siamo
del mondo, ma viviamo nel
mondo, e come ospiti dobbiamo cercare un rapporto
positivo, costruttivo con il
contesto che ci ospita. «Cercate il bene della città dove io
vi ho fatto deportare e pregate il Signore per essa; poiché
dal bene di questa dipende il
vostro bene» (Geremia 29, 7).
L’ospite condivide le vicende
del contesto che lo ospita.
Stranieri e ospiti; come
stranieri abbiamo la possibilità di essere testimoni della
nostra città d’origine che è
nei cieli; come ospiti abbiamo la possibilità di condividere la vita con le persone
che ci ospitano, di essere solidali con loro nelle yarie circostanze della vita. È questo
Torizzonte teologico in cui è
collocato il nostro incontro.
La cosa veramente bella è
che già la fase preparatoria
ha avuto il carattere di incontro. Nel giugno dell’anno
scorso ha avuto luogo una
riunione preparatoria di delegati delle quattro chiese a
Bergisch Gladbach; nelle
quattro chiese abbiamo concordato la comune preparazione tematica attraverso due
domeniche con sermoni paralleli sugli stessi testi, abbiamo messo insieme un piccolo innario trilingue che servirà per i momenti di culto
durante l’incontro. Dopo la
riunione di Bergisch Gladbach, usando i moderni mezzi
di comunicazione, abbiamo
scambiato idee, discusso i
problemi, concordato le cose, diviso i compiti.
Per noi a Riesi è un’esperienza meravigliosa sentirci
in comunione con le chiese
sorelle in Germania e in Francia, ci auguriamo che l’incontro sarà un successo. Prima di
tutto però ci auguriamo che
questo incontro non sia soltanto per le sorelle e i fratelli
dall’estero una bella gita in
Sicilia ma veramente un incontro, in cui la nostra fede
viene nutrita e cresce.
Sitr
ai
UÎ
Culto di apertura delle Assise della Cevaa a Torre Pellice
signifit
traduz
pubbli*
sto in Í
origina:
ti i tesi
Commissione giustizia della Cevaa ìS
Che cos'è la missione oggi?
FEBE CAVAZZUTTI ROSSI
CHE cosa significa missione, oggi? Immagino che
debba significare quello che
è sempre stato fin dalle origini, secondo il mandato evangelico. Tuttavia, per almeno
un secolo e mezzo, tanto per
restare nei tempi moderni,
buona parte della cristianità
Tha interpretata secondo termini in parte riduttivi e in
parte deviati. «Guadagnare
anime a Cristo» ma in un
orizzonte piccolo: quello del
singolo con i suoi bisogni,
sommato ad altri singoli, tralasciando tutte le malattie del
tessuto sociale in cui sono
posti, disattenti alle tematiche di ingiustizia e di oppressione che si sviluppano nel
più vasto spazio di popolo e
di popoli. «Guadagnare anime a Cristo» ma nell’ingenua
e deviarne convinzione che il
proprio modo di vivere secondo i costumi e la morale
contingenti sia l’unico modo
giusto per vivere nella fedeltà
alTEvangelo.
Oggi, quando una serie di
eventi storici mondiali ha costretto a vedere frutti buoni e
frutti perversi di quel genere
di missione, le chiese tutte
acuiscono la propria sensibilità alle grandi o piccole questioni di giustizia-oppressione che travagliano e spesso
dilaniano le società in cui si
trovano a vivere.
La Cevaa, comunione di 47
chiese evangeliche di varia
denominazione, presenti in
Europa in Francia, Italia e
Svizzera, nelTAmerica Latina,
nel Pacifico e in numero più
consistente nell’Africa centrale e australe, da qualche
anno ha voluto dotarsi di un
piccolo strumento che operi
a favore della piena dignità
della persona: una Commissione per la giustizia e i diritti
umani. Situazioni di violazione dei diritti umani, di interi
gruppi etnici come di altri
gruppi diversamente classificati e di singoli, sono in atto
in tutti i paesi dove ci sono
chiese della Cevaa, con punte
di estrema gravità che pongono la chiesa locale in stato
di persecuzione e in pericolo
di carcere o di morte per i
suoi membri. Si deve aggiungere a questo dato di fatto la
nuova e sempre più precisa
percezione che tutte le violazioni dell’integrità della natura sono un attentato alla vita umana.
Di fronte a problemi di coj
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conoscere e capire i fenomeij
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borazione con il sostegno,
con la meditazione biblica,i
con la predicazione e la pieghiera, a quelle organizzazioni e quegli organismi ecclesiali e civili dediti alia promozione della giustizia e alla salvaguardia dell’integrità delli
persona e della natura.
A questo punto si penserì
che questo seppur piccoli
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5
'/fNERDÌ 2 MAGGIO 1997
Una nuova pubblicazione della Società biblica
Il Nuovo Testamento in greco
Si trstta della migliore edizione greco-italiano esistente ed è
arricchita da note tratte dalla «Bibbia di Gerusalemme»
EUGENIO BERNARDINI
UN’EDIZIONE «diglotta»
del Nuovo Testamento*
significa che insieme a una
traduzione italiana viene
pubblicato, «a fronte», il testo in greco, la lingua in cui
originariamente furono scritti ¡Testi neotestamentari. È
quanto propone la Società
biblica nel suo sforzo di rendere sempre più accessibili e
conosciuti i testi biblici anche nelle lin^e in cui furono
scritti. Infatti, fanno già parte
del suo catalogo, oltre a diverse traduzioni e edizioni
dei testi biblici in lingua originale, anche strumenti quali
un dizionario base greco-italiano del Nuovo Testamento
(a cura di Carlo Buzzetti),
una guida allo studio del greco del Nuovo Testamento (a
cura di Bruno Corsani), un
dizionario ebraico e aramaicobiblico-italiano (a cura di
diversi collaboratori tra cui J.
Alberto Soggin e Daniele Garrone) e una guida allo studio
dell’ebraico biblico (a cura di
Giovanni Deiana e Ambrogio
Spreafico).
«L’utilità di uno strumento
come questo - sostiene Bruno Corsani che, con Carlo
Buzzetti, ha curato l’edizione
- è quello di rendere accessibile anche ai non specialisti il
“miglior testo” oggi disponibile del Nuovo Testamento in
lingua originale». La Società
biblica, infatti, utilizza la XXVII edizione «Nestle-Aland»
dei 1993 che mette a confronto ben 5.400 testimonianze
gvànàoV'fa antichi papiri e pergamena impe ie, a rotolo o a «codice», cioè
sono staf a libro, «maiuscoli» o «minucoionn¿ scoli» (a seconda dei caratteri
Tagliere delle lettere utilizzati dai coccolgont pisti), fra documenti più amfondoM
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NUOVO
TESTAMENTO
Greco-italiano
pi, che contengono intere sezioni del Nuovo Testamento,
e piccoli frammenti, risalenti
anche alla fine del II secolo,
contenenti solo poche frasi di
un Evangelo e di una epistola.
Come tutta la letteratura classica antica, anche i testi del
Nuovo Testamento non sono
giunti fino a noi in originale;
noi abbiamo solo delle copie
trascritte da copisti, copie
non perfettamente identiche
una all’altra ma con delle «varianti». Dai tempi di Erasmo
da Rotterdam, che nel 1516
elaborò il primo testo neotestamentario «scientifico» sulla base di diversi manoscritti,
ad oggi sono stati scoperti e
messi a disposizione degli
studiosi un numero molto superiore di «testimonianze documentarie», la metodologia
e l’esperienza si sono raffinate, per cui la XXVII edizione
Nestle-Aland è il «testo migliore» disponibile, cioè quello più vicino al testo originale
andato perduto.
In italiano c’era già una
«diglotta» di questo tipo
(pubblicata dalle Dehoniane
di Bologna a cura di Giuseppe Barbaglio), che utilizzava
il testo greco del Merk, un te
sto valido ma considerato ormai superato. Inoltre, l’edizione della Società biblica
pubblica anche delle note a
piè di pagina che sono una
sintesi delle famose note della Traduction Œcuménique
de la Bible apparsa in Francia
nel 1988, tradotta in italiano
nel 1992, frutto del lavoro corale di esegeti protestanti,
cattolici e ortodossi. La scelta
delle note (a cura di Teodora
Tosarti) privilegia soprattutto
le informazioni linguistiche,
esegetiche, storiche, geografiche, letterali e alcune varianti testuali più importanti.
Come mai la Società biblica ha scelto come traduzione
italiana quella della Conferenza episcopale italiana
(Gei)? «L’uso della traduzione
nota come “Nuova riveduta”
- risponde Bruno Corsani non è stato concesso dalla
Società biblica di Ginevra, allora si è ripiegato su quella
della Gei. Quella della vecchia Riveduta è infatti un po’
superata. Bisogna comunque
tener presente che la traduzione della Gei è generalmente accettabile per cui spero
che questo fatto non limiti la
diffusione in ambiente evangelico». Completano l’edizione una vasta introduzione e
ben nove appendici, tra cui
una molto interessante di
statistica dei vocaboli greci
più frequenti nel Nuovo Testamento. Ci auguriamo che
anche questo strumento abbia lo stesso successo di diffusione di quelli precedenti
in ambito non solo religioso.
(*) Nestle-Aland; Nuovo Testamento greco-italiano, a cura
di Bruno Corsani e Carlo Buzzetti. Società biblica britannica &
forestiera, Roma, 1996, pagine
LI+1.432, £80.000.
PAG. 5 RIFORMA
Un incontro a Milano con il prof. Giorgio Girardet
«Grande codice» della cultura occidentale
SERGIO RONCHI
IL Centro culturale protestante di Milano ha iniziato il 1997 a pieno ritmo. Il ciclo di quattro incontri sugli
integralismi religiosi (condotti da cattolici, ebrei e protestanti) ha registrato un’affluenza di pubWico e un interesse al di sopra di ogni
aspettativa; non certo meno
le conferenze di Bruno Corsani su alcune problematiche
del cristianesimo primitivo e
quella di Giorgio Spini su
«Protestantesimo e rivoluzioni moderne». Poi, di recente,
un uditorio particolarmente
attento si è posto in ascolto
di un interrogativo di piena
attualità: «Può la Bibbia essere considerata il “Grande codice” della cultura occidentale?». Dunque, alla scoperta
della Bibbia. Ne ha parlato
Giorgio Girardet, teologo e
giornalista valdese.
La Bibbia storicamente è
stata al centro di due fioriture; una prima dal tardo Impero romano sino al Medioevo e una seconda nel secolo
della Riforma, preceduta dall’epoca rinascimentale. Sino
a tutta l’età medievale la Bibbia viene letta, copiata e glossata, forgiando così un linguaggio basilare comune a
volgo e a ceti colti; media 1’
intera vicenda umana, alimenta l’immaginario popolare. Viva è la sua presenza anche presso i movimenti di
opposizione. E insieme, in
Occidente, sorge e si radica
una nuova concezione del
tempo: un tempo lineare, un
segmento significativo lungo
il quale scorrono le vicende
umane. Accanto, una diversa
comprensione di Dio, che si
discosta dalla questione dell’essere; questo è un Dio
composito, in dialogo con
l’umanità, pronto a offrire la
possibilità del cambiamento;
la fissità è esclusa dal suo
orizzonte. Infine, dagli scritti
Un’immagine dei Concilio Vaticano II
biblici viene a emergere, dirompente, una dissacrazione
e del mondo e del potere.
Grazie alla Riforma la Bibbia assume la dignità di maestro della vita sociale e ecclesiastica. In Italia invece la
Controriforma ha portato
con sé la separazione del popolo della Bibbia dal popolo
della reazione cattolica. La
Bibbia ha conosciuto così il
suo eclisse; la seconda fioritura è rimasta fuori dai confini nazionali. Con il divieto
controriformistico di leggere
la Bibbia nella lingua volgare,
nessuna edizione degli scritti
biblici si produce nell’arco
temporale tra il 1568 e il
1768, anno quest’ultimo che
vide la traduzione di monsignor Martini, presto condannata da Pio IX.
Solo con il Concilio Vaticano II (1962-1965) le difficoltà
vengono superate, e oggi nella Chiesa cattolica la Bibbia
viene letta e meditata con
profonda serietà. Allora, ha
precisato Girardet, «il problema è proprio della cosiddetta
cultura laica, che ha rimosso
la religione identificandola
con il cattolicesimo; dunque,
con il Vaticano e con il papa».
Bisogna però aggiungere, da
non pochi anni a questa parte, un interesse crescente di
qualche intellettuale.
Così Girardet vede in circolazione ben quattro Bibbie:
l’ebraica, la cattolica, la protestante e quella degli «scopritori solitari», che vedono
nella Scrittura un fatto culturale degno di attenzione. Siamo posti di fronte a una «riscoperta» della Bibbia; «e ciò
in forza di tre fatti storici; in
primo luogo una vasta attenzione al linguaggio e alla comunicazione; in secondo luogo una riscoperta delTebraismo e, infine, una mondializzazione della cultura». Dunque bisogna lavorare per riscoprire le nostre radici.
Uno spettacolo tratto dal testo di Emilio ladini
Giustizia, la realtà più bella della fantasia
PAOLO FABBRI
Je) si»
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I regno
Non mancano certo fatti
di cronaca in cui la realtà
supera l’immaginazione e, in
questo sorpasso, semina
dubbi sulla gente che segue
le vicende giudiziarie e vi si
appassiona. I dubbi restano
anche dopo la sentenza, qualunque essa sia, mentre il casocade nel dimenticatoio,
finché qualche giornalista
non lo ripesca per riproporlo
ni pubblico insieme con
l’eterno interrogativo: quanto
^giusta la giustizia umana?
In tempi recenti la Tv di
questi ripescaggi ha fatto una
trasmissione di successo diretta da Sandro Curzi, con
tanto di supporto drammaturgico solitamente di qualità
nccettabile; eccettuato qualche caso evidente di giustizia
discutibile, ogni volta si riproponevano il dubbio sul
verdetto e la vicenda umana.
«La deposizione» di Emilio
Tadini, scritto per essere rappresentato in prima nazionale nello spazio nuovo del teatro Franco Parenti, ideato da
Gianmaurizio Fercioni con la
tegia di Andrée Ruth ShamtUah e l’interpretazione di
Anna Nogara, si presenta cotPe un caso giudiziario non
tanto dissimile da quelli televisivi, salvo il mancato riferimento a una specifica vicenda e la volontà dichiarata di
tnantenere un alone di ambiSuìtà sulla protagonista, con
intento di coinvolgere il
pubblico nell’intero processo
c nel verdetto finale, che non
Sa bene se debba essere sul
caso umano o su quello giudiziario.
Lo spettacolo inizia con la
protagonista che passeggia
nervosamente in una cella
posta a lato del palcoscenico,
sul quale entra poco dopo
cominciando a rievocare la
sua vita che può essere riassunta così: sette uomini (più
eventuali altri, non precisati)
a cui lei si è legata con intensa passione, fino a diventarne la succube totale, pur
mantenendo su di loro
un’influenza positiva straordinaria, che li ha tolti da una
vita banale, donando loro dignità, ma arrivando sempre
alla delusione dell’abbandono da parte loro, pur accompagnato da ricchi doni dì case, azioni, soldi e seguito dalla loro scomparsa. Di qui
l’accusa di pluriomicidio basata su discutibili indizi. Durante la deposizione, attraverso una serie di porte collocate dietro il palcoscenico,
che vogliono suggerire una
realtà astratta, un «al di là»
da cui possono provenire
evocazioni e suggestioni
(uno spazio dei ricordi? una
dimensione in cui rifugiarsi?)
compare e scompare un uomo: il giudice, gli uomini di
volta in volta evocati, entità
più che persone, tese a suggerire più che a dire. E alla fine la richiesta al pubblico di
un verdetto. E il pubblico, a
grande maggioranza, risponde con l’assoluzione.
Un’assoluzione scontata, se
ci si riferisce al caso giudiziario. Infatti tutto nello spettacolo richiama la passione co
me elemento caratterizzante
del personaggio. La scenografia che scrive sui muri; «qui
tutto è finto tranne la passione»; il gesto drammatico, la
modulazione della voce a toni alti e incalzanti, lo spostarsi da una parte all’altra spesso
vicino al pubblico, esprimono
una forte personalità, una recitazione intensa, resa ancor
più efficace dalla presenza di
grandi specchi a lato del palcoscenico. Seguendo il metodo psicologico del Philo Vance di S. S. Van Dine, non si
può non concludere che la
passionalità non può sposarsi
con la fredda, lucida razionalità che richiedono sette delitti praticamente senza tracce.
Assoluzione quindi per la
protagonista e per l’ottima
interpretazione, mentre molti
dubbi restano sullo spettacolo nel suo complesso. Il ritratto di donna che emerge più
che ambiguo è ben determinato nel sostenere le sue tesi,
la sua vicenda esistenziale e il
suo dramma in atto non suscitano commozione poetica
né emozione. La scenografia
formalmente ineccepibile, lo
spazio nuovo del teatro perfettamente adatto, la regia attenta e accurata danno all’insieme l’aspetto di un frutto di
serra dall’aspetto bello e invitante ma privo di sapore.
Il libro di Paolo Naso sulla questione nordirlandese
Ricercare il dialogo oltre le appartenenze
SILVIA ROSTAGNO
. "IVT 01 comprendiamo l’aaaÌ\ zione per la pace come un’affermazione e una
conciliazione delle diversità»
si legge in un documento della Chiesa presbiteriana d’Irlanda scritto nel 1994. Questo
è il motivo principale per cui
ci interessiamo alla storia tormentata da questa verde isola: un paese pieno di ricchezze culturali e naturali eppure
segnato da odi e separazioni,
un caso in cui la memoria
non è riconciliazione e le diversità sono motivo di orgoglio rivendicativo, una «guerra di religione» che dura nei
secoli ed è sempre riaccesa.
Per orientarsi tra le varie interpretazioni del conflitto in
Nord Irlanda, Paolo Naso ha
scritto II verde e l'arancio*,
che è anche rielaborazione
delle interviste apparse su
«Confronti» e nella trasmissione «Protestantesimo», con
l’approfondimento e l’analisi
delle cause degli scontri e delle posizioni attuali in Irlanda;
il libro è inoltre ricchissimo di
riferimenti bibliografici e di
citazioni di documenti delle
chiese irlandesi.
L’autore inizia fotografando
la situazione sociale e quotidiana della vita in Irlanda del
Nord. Dal primo capitolo ci
Per la pubblicità su
tei. 011-655278, fax 011-657542
guida nella complessità dei
termini della questione: come
utilizzare le parole protestante e cattolico, che cosa significa lealista e repubblicano o
unionista e nazionalista, e come questi termini siano vivi
nei corpi e nell’anima degli irlandesi. In Irlanda non si può
vivere senza definirsi, senza
appartenere a uno di questi
due poli, senza che la propria
identità non salti subito agli
occhi dell’altro, o per l’accento o per la scuola frequentata
o per il quartiere in cui si abita. Ecco perché il libro si concentra sulla storia, a partire
dai primi insediamenti sociali
nell’isola, per proseguire con
il dettaglio delle battaglie durante il ’500 e ’600, e concludendo con i ripetuti tentativi di indipendenza. Capitoli
scritti in modo scorrevole,
che ci introducono nella memoria collettiva delle due parti, nei momenti topici della
storia d’Irlanda, sia come
eventi del passato sia come
pretesti eterni di ricordi e di
rivendicazioni.
Segue una parte di storia
più recente, tra il 1969 e il
1993, che riguarda il periodo
dei troubles, cioè degli scontri
che conosciamo attraverso la
cronaca, scontri che oggi segnano questo conflitto e che
hanno colpito, in termini di
feriti e di morti, una grande
maggioranza di famiglie da
ambo le parti.
La presentazione di alcune
esperienze di pace, nel quarto
capitolo, è conseguente all’assurdità della violenza:
quando girando per le strade
si ha l’impressione di un paese blindato, con le armi divenute strumento quotidiano,
sempre di morte ma non più
eccezionale, non si può che
cercare piccoli grandi gesti di
pace quotidiana. E in Irlanda
la pace si trova creando occasioni di incontro, di conoscenza faccia a faccia, in cui il
tuo nemico spesso ha la tua
stessa storia, di povertà, di
dolore, di sfiducia.
Il quinto capitolo «Le chiese alla prova della pace» è il
centro del libro, sia per il suo
carattere storico-teologico sia
per la sua originalità. Le chiese in Irlanda si presentano
come entità quasi invisibili,
paradossalmente le meno
classificabili, la cui posizione
sfugge a delle categorizzazioni. Infatti la novità dell’analisi
di Paolo Naso si trova nella
scomposizione delle denominazioni, nella presentazione
delle posizioni religiose diverse all’interno della stessa
confessione. I documenti e le
espressioni di condanna della
violenza da parte delle chiese
sono abbastanza recenti e soprattutto solo recentemente
trovano ascolto nelle due comunità. Questa è la scommessa dell’Irlanda; provare a
fidarsi per la prima volta,
considerare le due comunità
alla pari e nessuna «primeggiante» sull’altra, inventare
una convivenza di rispetto e
di diritto.
(*) Paolo Naso: Il verde e l’arancio. Storia, politica e religione
nel conflitto dell’Irlanda del
Nord. Torino, Claudiana, 1996,
pp 145, £23.000.
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PAG. 6 RIFORMA
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L'Editi
■ Le elezioni amministrative del 27 aprile hanno coinvolto più di nove milioni di elettori e elettrici
Amministrare le città: quando la politica è «vicina»
/ fattori politici generali certamente incidono sull'amministrazione di un Comune, ma non devono far dimenticare le
caratteristiche e i bisogni locali e, soprattutto, la richiesta dei cittadini di interventi che incidano nel vissuto quotidiano
Trieste città crocevia di culture e identità
CLAUDIO H. MARTELLI
IL secondo turno delle elezioni amministrative avrà
a Trieste un’importanza particolare e, a mio parere, non
dovrebbe tener conto più di
tanto di fattori politici generali quanto piuttosto degli
aspetti amministrativi che riguardano la città e le possibilità concrete di rilancio della
sua economia.
Il sindaco uscente, il noto
industriale del caffè Riccardo
Illy, dimessosi prima della
scadenza naturale del mandato per una serie di contrasti
con la maggioranza che lo sosteneva (Ulivo) si è trovato di
fronte una schiera di aspiranti
numerosa e estremamente
frazionata. Sinistra, centro,
destra in competizione libera
e la logica partitica ha dominato, come in tutto il paese, le
scelte e gli schieramenti per il
primo turno. Forza Italia e Alleanza nazionale con i loro alleati minori del Polo sono state presenti ognuna con un
proprio candidato, ma anche
l’Ulivo non ha raggiunto uno
schieramento unitario. Illy ha
infatti deciso di correre per il
primo turno con una propria
lista autonoma non facente
capo a nessuna forza politica
e composta più che altro da
tecnici ed esponenti della vita
culturale della città.
La battaglia elettorale, al di
là delle banalità e del ciarlare
becero di qualche candidato
e dei suoi supporter nazionali
(Bossi, infastidito dal fatto
che al suo comizio non ci fosse praticamente nessuno, ha
sciorinato uno sproloquio
contro l’italianità dei triestini
e altre amenità del genere) si
è dimostrata piuttosto di bas
II Canal grande al centro di Trieste
so profilo. Le opposizioni non
hanno argomenti pesanti
contro Illy e si limitano perciò
a farfugliare proteste sul traffico e i parcheggi cercando
consensi tra i commercianti.
Di fatto Illy ha al suo attivo
una serie di successi notevoli
che hanno mostrato come sia
possibile invertire alcune tendenze negative.
Non è da poco, per esempio, l’aver concluso un accordo per il potenziamento della
Ferriera di Servola e l’utilizzo
a fini industriali di un’area
dismessa dell’ex Cantiere né
è da poco aver dato un impulso notevole alle attività
culturali che sono una delle
specificità della città giuliana. Al di là dei preconcetti, il
merito di questo giovane sindaco dal carattere schivo e
dal comportamento non demagogico è stato di aver af
frontato una serie di questioni antiche e di aver dato loro
prospettive di soluzione con
una ritrovata visione di Trieste in chiave europea, capace
di valorizzare le sue specificità e pronta a far valere la
sua autonomia pur nel rispetto dei vicini friulani o
sloveni o croati.
Nuovo è proprio l’approccio su questioni che a Trieste
toccano nervi sensibili e antiche ferite. Parlare di rapporti
intensi con sloveni e croati e
considerarli decisivi per il futuro di Trieste certo infastidisce chi del nazionalismo
chiuso e stupido si è nutrito
per cinquant’anni e, si sa,
Trieste è città di anziani che
hanno la memoria lunga e i
rancori ancor di più. Perciò le
destre alla fine coalizzeranno
tutti i nostalgici, non solo
quelli di An ma anche
quell’ala cattolica conservatrice che con gli sloveni di
qua e di là del confine non
vuole avere rapporti autentici. C’è da augurarsi che i democratici, inclusa quella borghesia che a Trieste ha radici
importanti e autentiche, sappia capire che Illy vuole una
città dalla fisionomia precisa
ma dalle porte aperte a tutti,
come fu nel suo grande passato, e si comporti di conseguenza.
Anche se l’ex sindaco non è
un evangelico, tuttavia gli è
rimasta traccia di quel senso
di responsabilità personale
che la cultura protestante
della sua famiglia gli deve
aver trasmesso, e in questo
egli si dimostra sicuramente
un outsider rispetto ai suoi
contendenti, con all’attivo un
primo mandato di notevole
successo.
Catanzaro emblema dei problemi del Sud
ANTOMIO PARISI
SI recita in questi giorni
l’ultimo atto dell’interminabile telenovela iniziata
nell’ottobre 1996, quando furono escluse dalla competizione elettorale locale alcune
fra le più rappresentative formazioni del panorama politico italiano, cioè Forza Italia,
Rifondazione comunista e i
Cristiano democratici uniti.
L’esclusione dipese essenzialmente da un fattore di carattere tecnico in quanto, al momento della presentazione
delle liste elettorali, non venne raggiunto il numero di sottoscrizioni (circa 400) richieste per l’approvazione delle
liste stesse. Le parti politiche
non ammesse alle elezioni fecero ricorso immediato al Tar
che ne confermò l’esclusione
e in seguito si rivolsero al
cormm d
MAGGIO 1997
Sarajevo^
Gerusalemme (TEuropa
America
Un complotto per uccidere Martin Luther King?
Droghe
Dopo Napoli: ridurre i danni
Giustizia
Intervista all’avvocato Marcello Gentili
Islam
Un’Intesa con i Musulmani
o una legge quadro per tutti?
Confronti', una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
(indirizzo Internet: Http://heIla.stm.it/market/sct(home.htm)
Consiglio di Stato che espresse il medesimo parere.
Fino ad oggi numerosi sono stati i tentativi delle forze
politiche rimaste al palo di
rientrare a tutti i costi nella
corsa elettorale. In che modo? Dopo la decisione del
Consiglio di Stato e dopo l’indizione, da parte del prefetto,
della data delle elezioni, il
Comune di Catanzaro, sbagliando, fece convocare nuovamente i comizi elettorali
come se tutto fosse da rifare.
Così qualcuno degli esclusi si
sentì in diritto di formare
nuove liste (non ammesse da
chi di competenza) recanti
nomi e persone diversi o in
alternativa tentò di far slittare le elezioni a novembre del
’97; qualcun altro, è notizia
degli ultimi giorni, ha deciso
di astenersi dal voto.
Si tratta comunque di due
gesti di grande irresponsabilità politica nei confronti
dell’intera città. Irresponsabile sarebbe anche annullare
il risultato elettorale del 27
aprile per i motivi di cui sopra, e questa è una voce che
circola con insistenza. Questa telenovela potrebbe avere
dunque risvolti giuridici per
niente auspicabili visti gli interventi urgenti di cui la città
ha bisogno.
Si potrebbe infatti parlare a
lungo degli annosi problemi
che affliggono Catanzaro. Alcuni punti rivestono particolare importanza. Permangono infatti i problemi relativi
al traffico, rallentato principalmente da tre fattori; 1) il
notevole afflusso di veicoli
nel centro storico ove sono
dislocati gli uffici (Provincia,
poste, prefettura, banche,
ecc.); 2) la mancanza di parcheggi (anche custoditi); 3) il
passaggio, per le strette vie
della città, di autobus (dell’Azienda municipale e di linea) enormi. A questo si aggiunge la mancanza di un
piano di ricupero del centro
storico (in costante deterioramento): la forte speculazione edilizia e la crisi dello stesso settore creano la necessità
di costruire verso il quartiere
«lido» (sul mare) decentrando gli uffici e creando i presupposti per lo sviluppo del
turismo, completamente assente da Catanzaro.
Assai rilevante è il problema dei giovani: la mancanza
di manifestazioni culturali
adeguate, di un teatro (i cui
lavori di costruzione sono
fermi da un anno), di musei,
di pinacoteche, ecc. rendono
difficile qualsiasi forma di arricchimento culturale. Inoltre
la città manca di un proprio
ateneo (le facoltà presenti dipendono dall’Università di
Reggio Calabria); si registrano poi gravi carenze nei settori dei servizi sociali e dei
servizi pubblici.
Insomma, Catanzaro combatte (si fa per dire) contro
quei problemi che nel Sud
Italia sono all’ordine del giorno e che, nella fattispecie, sono dipesi e dipendono da un
torpore amministrativo, culturale e sociale divenuto ormai cronico. Chi salirà sulla
poltrona di primo cittadino
avrà il non facile compito,
dunque, di governare un capoluogo di regione che oggi è
tale, purtroppo, solo sulle
cartine geografiche.
Milano verso l'epoca
del post-industrialismo
GIORGIO GUELMANI
Milano, 1.300.000 abitanti, una delle metropoli europee più anziane (un
bambino ogni tre ultrasessantacinquenni), ha vissuto
due decenni di trasformazione profonda. Chiuse o ridimensionate le grandi fabbriche, si espande un lavoro autonomo che è spesso in realtà
precariato non garantito. Negli anni Ottanta, l’euforia artificiale della «Milano da bere» ha nascosto a lungo questi mutamenti e così, quando
nel 1992 l’inchiesta «Mani
pulite» ha disvelato la corruzione che stava dietro ai lustrini degli stilisti, la città è rimasta traumatizzata, ed è caduta in uno stato di confusione politica da cui non si è ancora risollevata.
Quali sono i problemi della
città? Il principale è il passaggio alla Milano postindustriale: recupero non speculativo delle aree dismesse,
creazione di posti di lavoro
nei settori avanzati (informatica, multimedialità), ma anche nel risanamento ambientale, attuazione dei
grandi progetti, molti dei
quali (nuova sede della Fiera
e del Piccolo Teatro, Passante ferroviario, ristrutturazio
ne della Scala) si trascinano
da anni. Ma in campagna
elettorale si parla molto di
più di un problema gonfiato;
la sicurezza. I milanesi
proiettano volentieri l’insicu.
rezza derivante dai mutamenti socio-economici sugli
«altri»: immigrati, tossici, viados, centri sociali. Non a caso la Lega ha lancialo lo slogan «un voto in più a noi, m
albanese in meno a Milano».In una metropoli tutto
sommato tra le più sicure del
mondo, si spendono centinaia di miliardi l’anno per
antifurti e porte blindate.
Giustamente alcune associazioni di volontariato hanno
recentemente proposto che
la città spenda per la sicurezza sociale (la casa, i: lavoro,
la scuola, il verde pubblico...)
almeno quanto spende perii
sicurezza privata.
Per concludere, ecco quellit
che erano, al primo turno, ij
più accreditati candidati sedaci (in ordine di chancesi
vittoria): Gabriele A'bertim,j
industriale metalm : ccanico'
(Polo); Aldo Fumagr li, indu-i
striale chimico (Ulive i; Marco
Formentini, sindaco uscente
(Lega); Umberto Gay, giornalista radiofonico (Rifondazione); Antonio Marinoni, panificatore (Lista Dini).
Piei
Ini
Torino città attenta
alla qualità della vita
in
EUGENIO BERNARDINI
Torino, la tjuasi ex città
Fiat, la quasi ex città operaia che deve inventarsi un
futuro post-industriale per
arrestare il declino dei posti
di lavoro. Torino, la città che
perde abitanti (siamo scesi
sotto il milione) e che è rimasta indietro nella qualificazione dei trasporti (non c’è la
metropolitana) e degli spazi
cittadini. Torino, la città del
quartiere simbolo San Salvarlo, destinata ad essere sempre più multietnica (35.000
persone quelle censite, circa
il 4 per cento della popolazione cittadina) nonostante
insofferenze ed episodi di intolleranza verso la nuova immigrazione.
La giunta di «sinistra-centro», una delle prime della
stagione ulivista, ha cercato
di intervenire a livello strutturale, con tutti i limiti che ha
oggi l’amministrazione di una
città. Per esempio ha rimesso
in piedi un bilancio comunale prima disastrato, riuscendo
anche a predisporre progetti
che sono riusciti a ricevere finanziamenti dell’Unione europea per il ragguardevole
ammontare di oltre 100 miliardi di lire. Ha un ruolo riconosciuto a livello europeo
nella promozione delle «Reti
delle città», attraverso alleanze con altre grandi città non
capitali (Barcellona, Lione,
Rotterdam, Ginevra, Glasgow). È cresciuto il suo ruolo
come città di formazione anche a livello internazionale;
dopo il Bit (Bureau international du travail), la Fondazione per la formazione dei
manager dell’Est (una nuova
agenzia dell’Unione europea)
e della scuola dell’Unicri e
dello Staff College (agenzie
dell’Onu). Sono iniziati alcuni
interventi strutturali per migliorare la qualità della vita
con interventi di an odo urba-:
no, di miglioramento dellt
aree verdi, di conte, ùmento
del traffico e di racct' ta differenziata dei rifiuti. Í. ino mi-|
gliorati e valorizzati i apporti;
con «il sociale» (gru¡ pi, asso-!
dazioni, chiese) n-,;ll’area
qualità della vita, cu. : ira, ac
coglienza e integrazi- le della)
nuova immigrazione .,'alorizzazione delle diverse culture
e fedi religiose pre .-'nti sul
territorio (la Chiesa valdese
ha nei confronti delle istituzioni civili un riconoscimento
e un ruolo unico in Italia). Ml‘
il sistema dei trasporti urba:
no e interurbano è ancori
molto deficitario, sulle quf
stioni del lavoro e deH’occii
pazione (dove la competer»
di un’amministrazione c
munale è però assai scarsfj
non ci sono prospettive nui
ve, manca un progetto co»
piuto di che cosa e come sa»
la Torino del 2000. InsonW»
compiti ardui per chiunqa*
vincerà le elezioni.
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Spedizione in a.p. comma 26
art 2 legge 549/95 - nr. 17/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
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L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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1“ maggio, «festa del lavoro». Manifestazioni sono organizzate localmente, dai sindacati: a San Pietro Val Lemina
c’è la «kermesse» franco-italiana, con Cgil, Cisl e Uil piemontesi ma anche i francesi del Centre Alpes Rhône. L’incontro, «Per un’Europa del lavoro», vuole riproporre il ruolo
del modello europeo come capacità di difesa della condizio-^,del lavoratore in contrasto con quei paesi dove i diritti
llnanì non sono rispettati. A Villar Perosa il sindacato autonomo Alp propone a sua volta una festa che ha coivòlto anche l’amministrazione comunale: pace e giustizia sociale,
difesa dei posti di lavoro, riduzione dell’orario di lavoro,
un’Europa che garantisca i diritti di tutti e non soltanto
un’economia di mercato, sono fra gli obiettivi della giornata.
VENERDÌ 2 MAGGI01997 ANNO 133-N. 17 LIRE 2000
Decine di migliaia di persone hanno visitato nello
scorso fine settimana la «L
fiera del riso di Barge» organizzata da un gruppo di produttpri locali. A parte l’attrazione principale data da una
produzione agricola in espansione in una zona non tradizionale per questo cereale, ad
attirare l’attenzione dei visitatori abbiamo trovato una bella esposizione degli antichi
mestieri: ma non si trattava di
fotografie, erano uomini e
donne, artigiani della pietra,
del legno, della lana, del
cuoio. Persone capaci di creare da un blocco di pietra e da
un pezzo di legno utensili per
la casa o il lavoro agricolo,
maglie e vestiti, pizzi ornamentali. Vorremmo vederne
CULTURE TRASCURATE
VECCHI MESTIERI
PIERVALDO ROSTAN
di più di iniziative come questa, magari anche in quella
grande fiera commerciale che
è diventata la Rassegna dell’artigianato di Pinerold; vorremmo vederne di più anche
perché forse a qualcuno potrebbe venire in mente che
questo artigianato minore dovrebbe uscire da forme poco
più che folcloristiche per recuperare una dimensione di
produzione e lavoro che si è
sempre più andata perdendo.
Si è persa rispetto a una generazione precedente una
cultura della manualità; nel
corso degli anni abbiamo visto via via scomparire persone capaci di realizzare una
cesta partendo dai salici, una
gerla o altri oggetti. Ci siamo
detti: bisogna che queste conoscenze, patrimonio di pochi e ormai anziani artigiani,
siano tramandate ma tutto
w—ggi—g
questo non è accaduto. L’artigianato, quello vero, è stato
abbandonato malgrado la
consapevolezza di alcuni e i
buoni propositi. Si era parlato
di scuole, di corsi di artigianato; sarebbe stato anche un
bel modo di coinvolgere persone di grande esperienza.
Invece ci si è fermato a poche mostre di hobbistica. Si
sono fatti studi suH’immagine senza accorgersi che nel
frattempo dietro si stava creando il vuoto. Ci sono Comunità montane, come quella
della vai Pellice, che dedicano a questo settore ben un
milione e mezzo per l’anno
in corso. Non importa; andremo a Barge a scoprire uomini
e donne che praticano ancora
ì vecchi mestieri.
gg«ii«-ggi
Piemonte
Infortuni
suflavoro
in lieve calo
Sono in lieve diminuzione
le denunce relative agli infortuni sul lavoro e alle malattie
professionali: quelle presentate nel corso del 1994 agli
uffici piemontesi dell’Inail
sono state, per quanto riguarda industria, agricoltura e enti
pubblici, 80.134, il 3,8% in
meno rispetto al 1993. I casi
definiti con indennizzo si sono risolti in massima parte
con inabilità temporanea al
lavoro (più del 95%), mentre
quelli che hanno determinato
postumi permanenti sono stati
2.419 e quelli mortali 103.
Questi i dati che emergono
dalla sesta edizione del Rapporto sugli infortuni sul lavato e sulle malattie professionali in Piemonte, pubblicato
dall’Inail in collaborazione
con l’assessorato regionale al
Lavoro e Industria.
L’80% delle denunce rigu^da l’industria, dove i casi
di infortunio e di malattie professionali sono 64.642; l’indice di frequenza è leggermente
superiore a quello dell’anno
precedente ed è più elevato
nel gruppo delle industrie minerarie, che presentano il valore più alto. La maggior mortalità si registra invece nel
comparto delle costruzioni.
Dagli indennizzi si ricava
che in pratica per ogni giorno
dell’ anno in Italia muoiono
per incidenti o malattia professionale quasi 3 persone. In
tutta Italia gli indici di frequenza per le denunce di
infortuni, sia nel settore industriale che in quello agricolo,
spno stati nel 1994 maggiori
rispetto al Piemonte: il dato
nazionale che riguarda i due
settori, pari a 31,28 eventi denuciati, è di gran lunga superiore a quello piemontese che
riporta 25,32 eventi. L’indice
di mortalità piemontese (0,04)
fintane invece superiore al valore nazionale, che è di 0,03
eventi mortali indennizzati per
Ogni milione di ore lavorate.
Sta per partire l'esperienza della nuova Agenzia di accoglienza e promozione
Turismo: quale ruolo per il Pinerolese?
CARMEUNA MAURIZIO
Entro il 12TOaggio dovrebbe essere costituita la
nuova «Agenzia di accoglienza e di promozione turistica
della valle di Susa e del Pinerolese». Il condizionale è
d’obbligo perché, se pure i
tempi stabiliti dalla recente
legge regionale sul turismo
che ha sancito la morte delle
Aziende di promozione turistica sono assai ristretti, non è
affatto detto che nel giro di
due settimane si trovi la solu-zione ai problemi ancora sul
tappeto. Manca, da parte della
Regione, l’indicazione della
cifra che intenderà investire
nella nuova struttura, manca
ancora un accordo sulla possibile sede della nuova agenzia;
in ballo ci sono Pinerolo, Susa
e Oulx, con la prima che avrebbe qualche chance in più
ma le sorprese dell’ultima ora
sono sempre possibili. La
nuova agenzia di promozione
e accoglienza turistica sarà un
organismo capace di rilanciare il turismo in un bacino comunque composito come il
Pinerolese e la vai di Susa,
ciascuno con le sue caratteristiche, oppure diventerà un
Uno scorcio di Sestriere in inverno
carrozzone che garantirà appena la propria sopravvivenza
e il pagamento del personale?
L’agenzia parte dall’esperienza passata; due Apt che
hanno visto nell’ultimo esercizio spendere 301 milioni a
Oulx e 313 a Pinerolo. Con
l’aggiunta degli uffici di
informazione turistica lat che
ricevevano aiuti dalle rispettive Apt, l’area oggi compresa
nella nuova agenzia poteva
contare su una spesa di circa
1 miliardo e 100 milioni. Che
sarà domani? Lo studio sul
possibile sviluppo dell’agenzia, ipotizza un bilancio di
459 milioni per la sede principale e 349 per una sede secondaria; probabilmente sono
troppi ma non va dimenticato
il ruolo degli lat, che ci si
propone di rilanciare e che
per far ciò avranno bisogno di
investimenti: del resto l’accoglienza, l’informazione, l’attività promozionale passano
proprio attraverso gangli vitali come gli lat.
Provincia e Comuni aspettano buone nuove dalla Regione, altrimenti finirà che i
soldi derivanti dall’acquisizione di quote della nuova
agenzia da parte di Comuni e
Comunità montane, ipotizzabili inizialmente in 200 milioni, coprirebbero meno di un
quinto delia normale gestione
del personale e degli uffici.
Quale sarà l’impegno dei privati? Se ne parla spesso, la
bozza di statuto su cui si discute ne prevede la presenza
ma al momento, delle grosse
ditte della nostra zona, nessuna si è fatta avanti. Eppure il
turismo è davvero una carta
importante; a dircelo sono i
dati sulle presenze in zona
l’anno scorso. Se a guidare la
classifica c’è ovviamente Sestriere con oltre 200.000 presenze, non va dimenticata la
sesta posizione di Fenestrelle
con le sue 47.000 presenze
legate in buona parte al rilancio del forte, o il T posto di
Torre Pellice con più di
37.000; e più dietro stanno
Pragelato, Pinerolo, Prali e
Villar Pellice, per rimanere a
quelle località che hanno avuto più di 10.000 presenze.
Certo la vai di Susa può puntare più decisamente sullo
sport di montagna, ma non è
detto che il Pinerolese, con la
sua Università, la sua storia,
l’ambiente e la cultura, debba
essere da meno.
Lo storico e glorioso tempio del capoluogo di Angrogna, primo tempio
valdese costruito nel 1555, fu costruito
su un terreno comunale mai coltivato, in
stato di abbandono e trasformato in un
vero e proprio immondezzaio. Il pastore
Stefano Bonnet, originario di Angrogna e
conduttore di quella comunità dal 1874 al
1901, a cui dobbiamo la valorizzazione
di tutte le tradizioni storiche angrognine,
ricordando i tempi della sua infanzia, descrive la condizione della zona adiacente
il tempio. Essa era diventata non solo ricettacolo di ogni lordura, ma anche campo da bocce e luogo di ricreazione dei ragazzini che lo frequentavano anche la domenica mattina con grande disagio per i
valdesi che frequentavano il culto. Anzi,
scrive il Bonnet: «Persino il curato aveva preso l'abitudine poco caritatevole di
condurvi le processioni durante il nostro
culto. Chiudevamo accuratamente le
porte, ma la voce dei papisti subiva un
IL FILO DEI GIORNI
IL TEMPIO DI
ANGROGNA
ALBERTO TACCIA
crescendo progressivo a misura che essi
si avvicinavano al Tempio dei barbetti,
mentre il loro zelo si infiammava sempre
di più. Ero allora un ragazzino e mi
stringevo a mio padre perché avevo paura di quelle grosse voci e delle forti e frequenti denotazioni che facevano tremare
i vetri del Tempio. Non riuscivo a capire
come al Signore potesse far piacere di
essere lodato con la polvere da sparo!
Più di una volta ho sentito l’odore
dell’incenso penetrare fino a me nella
chiesa e il signor Pietro Monastier, uno
dei miei predecessori, ha visto il messo
comunale (della stes.sa fede del curato e
del sindaco di allora!) entrare nel Tempio e imporre il silenzio perché... passava la processione!
Era prima del 1848 e le nostre lagnanze non venivano affatto ascoltate. Allo
scopo di metter fine a uno stato di cose
così deplorevoli che non ci permettevano
di adorare il Signore in pace nella nostra
chiesa, il Concistoro di Angrogna, sostenuto dalla Assemblea di chiesa, domandò
al Comune la cessione della proprietà di
circa 900 metri quadrati di terreno comunale che circondavano il Tempio. Il
Consiglio municipale rispose favorevolmente, la delibera fu sanzionata dalla
Deputazione Provinciale di Torino e l’atto di acquisto fu firmato il 7 Novembre
1870 e definito il 4 Giugno 1880».
In Questo
Numero
Pinerolo
Lo Statuto comunale
prevede che la direzione
dei lavori del Consiglio sia
affidata a un presiden- te,
mentre in precedenza tale
compito toccava al sindaco
in persona. Ne abbiamo
parlato con Armando Piccato, primo consigliere a
ricoprire questo ruolo dopo
aver svolto per molti anni
quello di funzionario.
Pagina II
Domioliarità
La «Bottega del possibile», associazione presente
da alcuni anni a Torre Pellice, opera nel settore degU anziani secondo un’impostazione alternativa al
ricovero in strutture: si
propone infatti di promuovere una cultura che tenda
a mantenere Tanziano nel
SUO ambiente, non recidendo i Igeami con gli affetti e i ricordi.
Pagina II
Massello
Nel piccolo Comune della vai Germanasca si è votato con la tornata elettorale amministrativa del 27
aprile; il sindaco Willy
Micci è stato confermato,
ma la campagna elettorale, che ha visto tra l’altro
la presentazione di più liste, è stata caratterizzata
essenzialmente dalla polemica sull’ipotesi di realizzazione di un’azienda faunistico-venatoria. Un assessore, Graziella Tron, ha
anche dato le dimissioni.
Pagina III
XXV Aprile
Un bel modo di ricordare la Liberazione è stato
quello di Inverso Pinasca: i
bambini sono stati infatti
protagonisti di una rievocazione sotto forma di recita e di una fiaccolata.
Pagina III
8
PAG. Il
E Eco DELLE Valu ^ldesi
VENERDÌ 2 MAGGIO 19^ ^,gpn
Lavori di riassestamento in piazza San Martino a Torre Pellice
LAVORI A TORRE PELLICE — Stanno proseguendo i lavori in piazza San Martino a Torre Pellice; una nuova pavimentazione e alcune fioriere abbelliranno la piazzetta antistante la chiesa cattolica. 11 cantiere dovrà poi spostarsi ai
giardini di piazza Muston dove sono previsti altri interventi.
VILLAR PELLICE APPROVA IL PROGETTO DEGLI
IMPIANTI SPORTIVI — Nella zona del laghetto di Villar Pellice potrebbe presto sorgere un nuovo complesso
sportivo; la scorsa settimana il Consiglio comunale ha infatti approvato il progetto preliminare di un impianto sportivo che verrà finanziato grazie ad un mutuo con il Credito
sportivo e che prevede a carico del Comune, grazie all’intervento della Regione, una percentuale del 3,5%. L’intenzione sembra quella di reahzzare un campo di calcetto, anche se qualche perplessità deriva dalla presenza a Bobbio
Pellice di una analoga struttura. Si costruiranno degli spogliatoi e al di sopra una piastra polivalente; entro la fine di
maggio dovrà essere redatto il progetto esecutivo e dovranno dunque essere sciolte le riserve sul futuro utilizzo.
Sono intanto a buon punto i lavori di pulizia dell’alveo del
torrente Rospart verso la confluenza col Pellice; grazie a
un contributo regionale è stata tagliata la vegetazione in
alveo e riparata una piccola briglia. I lavori sono stati realizzati, secondo quanto consentito dalla legge sulla montagna, da alcuni agricoltori della zona.
5 MILIARDI ALLE SCUOLE MATERNE PRIVATE —
Sono 286 le scuole materne private piemontesi che riceveranno dalla giunta regionale 5 miliardi come contributo
per il funzionamento. La delibera prevede 10.218.000 lire
per sezione nei Comuni con meno di 6.000 abitanti e
4.327.000 lire nei Comuni con più di 6.000 abitanti.
NUOVA LEGGE SULL’ARTIGIANATO — Il Consiglio
regionale del Piemonte ha approvato un nuovo testo di legge sull’artigianato; vengono abrogate una decina di leggi
precedenti in materia; l’intento della legge è quello di promuovere l’attività anche con contributi erogati a fronte di
veri e propri programmi di lavoro. Per l’artigianato tipico e
artistico si può arrivare fino al 50% del salario mensile di
un apprendista. «La bottega potrebbe diventare vera e propria scuola», è stato detto durante il dibattito su una legge
che ha trovato un consenso assai ampio fra i gruppi politici.
NUOVO INFORMAGIOVANI A LUSERNA — Novità alla
sede di Informagiovani di via Roma a Luserna San Giovanni. Accanto alle tradizionali attività per i giovani infatti è
stato attivato un ufficio del Cilo (Centro informazione per
l’occupazione) con notizie su concorsi, occasioni di lavoro,
contratti, cooperative ecc. Il n. di telefono è lo 0121-900245.
PIU INCENTIVI PER LE NUOVE IMPRESE — Aumenta
no gli incentivi che la Regione assegna a chi intende fondare
nuove imprese e alle aziende che vogliono assumere persone
appartenenti a categorie svantaggiate. Una recente modifica
alla legge che incentiva l’occupazione (28/93) estende le
previdenze indicate nella legge anche ai giovani fino a 35
anni, ai lavoratori provenienti da aziende in crisi, ai disoccupati di lungo periodo a immigrati e frontalieri. Per quanto riguarda l’assunzione di soggetti deboli quali i disoccupati ultracinquantenni è previsto un contributo di 30 milioni per gli
uomini e di 33 per le donne; 25 milioni andranno invece a
sostenere aziende che assumano portatori di handicap.
GITA DELLA COMUNITÀ MONTANA VAL CHISONE
— La Comunità montana valli Chisone e Germanasca, a
conclusione del corso di aggiornamento sull’agricoltura, organizza per sabato 17 maggio, una gita sul lago Maggiore e
nel Novarese, con visite ad agriturismo, ad aziende florovivaistiche e a un caseificio per gorgonzola. Per informazioni
e iscrizioni telefonare allo 0121-81497 e 81190.
CORSI SPERIMENTALI PER LAVORATORI — Si raccolgono le iscrizioni ai corsi sperimentali per lavoratori ex
150 ore: i corsi, della durata di un anno scolastico e completamente gratuiti, consentono di conseguire il diploma di
licenza media e, a seconda della consistenza delle domande, possono essere tenuti in orario mattutino, preserale, serale; le materie di studio sono italiano, storia, geografia,
matematica, lingua straniera. Le iscrizioni si raccolgono
presso la sede di Informagiovani, in via Roma 2 a Luserna
San Giovanni (dal lunedì al venerdì pomeriggio dalle ore
14 alle 17), il distretto scolastico (dal lunedì al venerdì
dalle ore 8,30 alle 11,30 e il giovedì dalle 14,30 alle 16) e
la scuola media di Luserna (dal lunedì al venerdì dalle ore
8,30 alle 16,30 e il sabato dalle 8 alle 13).
MERCATINO DELLE PULCI A PINEROLO — La Mostra mercato dell’antiquariato minore, meglio conosciuta
come «mercatino delle pulci», è giunta alla 27“ edizione e
si terrà nei giorni 3 e 4 maggio nel centro storico di Pinerolo, in via e piazza Duomo, piazza San Donato, vie Duca
degli Abruzzi, Trento, Savoia, del Pino e Principi d’Acaja.
Pinerolo: intervista al primo presidente, Armando Piccato
Come funziona il Consiglio?
DAVIDE ROSSO
Uno dei primi atti del nuovo Consiglio comunale
di Pinerolo al momento del
suo insediamento, alla fine
dello scorso anno, è stata la
nomina del presidente del
Consiglio stesso, così come
previsto dallo Statuto comunale. Il nuovo ruolo (prima
solitamente ricoperto dal sindaco) è stato affidato ad Armando Piccato consigliere,
eletto nella lista Progetto Pinerolo, con alle spalle una
lunga esperienza di funzionario del Comune di Pinerolo.
Abbiamo incontrato il presidente Piccato nel suo ufficio
in Comune e gli abbiamo
chiesto un parere sulle accuse
che gli sono state avanzate da
qualcuno, in questi mesi, di
gestire le sedute del Consiglio comunale troppo severamente e di attenersi alla lettera ai regolamenti; «Lo Statuto
comunale prevede che il presidente deve far rispettare i
regolamenti comunali - dice
Piccato -; quando sono stato
nominato mi sono subito
preoccupato di adeguarmi allo Statuto e al regolamento
del Consiglio, sapevo che ci
sarebbero state delle polemiche perché non è sempre facile far capire le inversioni di
rotta. Del resto le polemiche
sono state utili perché hanno
portato ad una dialettica serrata che ha condotto tutti ad
essere consapevoli che esiste
il regolamento e che ad esso
bisogna sottostare».
- Sente il peso di essere il
primo presidente del Consiglio comunale?
«Per me non è un peso, è
semplicemente un ruolo che
svolgo. Ho saputo di diventare presidente un quarto d’ora
prima di entrare in Consiglio
comunale. Me lo ha chiesto la
maggioranza (informata che
la minoranza sarebbe stata
d’accordo a una mia eventuale nomina) per la mia esperienza di lavoro che mi aveva
portato a partecipare alla stesura dello Statuto e del regolamento del Comune. Ora più
che altro bisogna lavorare allo Statuto e al regolamento
perché devono essere adeguati alla nuova normativa. Bisogna andare a verificare quali
norme devono essere modificate 0 introdotte per rendere
l’assemblea il più produttiva
possibile. Ho già stabilito in
quest’ottica un incontro in
maggio con i capigruppo in
Consiglio comunale».
- Quale è la sua valutazione sul funzionamento del
Consiglio comunale in questi
primi mesi?
«Questi erano mesi in cui
bisognava attendere perché la
giunta non poteva essere molto propositiva. Adesso però
bisogna lavorare. Finora inoltre le commissioni (il presidente del Consiglio comunale
è anche presidente delle commissioni consiliari) non sono
Torre Pellice: la «Bottega del possibile)
Per una cultura
della domìcìlìarìtà
ALBERTO TACCIA
La risposta classica all’au
1
mento delle persone an
ziane soggette a limitazioni fisiche e sociali sono le case di
riposo, che tendono a moltiplicarsi sempre di più. Ma tale
soluzione, spesso individuata
come unica, non è per questo
sempre la migliore. Certo è liberante per le famiglie, ma lo
è anche per la persona anziana? Spesso si tratta di imporre
sradicamenti dolorosi, abbandoni di situazioni di esistenza
ancora valide e significative
dal punto di vista umano e affettivo. La casa non è solo costituita da quattro mura ma è
il luogo dei ricordi, il contesto
della propria esistenza in cui
si è sofferto e gioito, fatta di
tante piccole cose, persone care, memorie, oggetti.
La «Bottega del possibile»
di Torre Pellice con grande
determinazione persegue, promuove e cerca di diffondere
da alcuni anni la «cultura della domiciliarità», che non
vuol dire soltanto ridurre o
eliminare i ricoveri impropri
nelle case di riposo (causati
non da necessità effettive o
dalla volontà esplicita del soggetto ma dalla mancanza di
alternative), ma soprattutto ricercare e proporre scelte diverse che consentano di rimanere nella propria casa il più a
lungo possibile.
Il seminario «Le strutture
residenziali al servizio della
domiciliarità» promosso dalla
«Bottega del possibile», che
ha avuto luogo a Torre Pellice il 18 e il 19 aprile, ha costituito una svolta importante
proprio nella linea della differenziazione e nell’integrazione di servizi nell’ambito di un
progetto unitario capace di
coinvolgere il pubblico, come
elemento di coordinamento
(nell’ambito delTunità geriatrica di valutazione) e di promozione di servizi domiciliari, il privato sociale con le sue
strutture nella sua disponibilità ad aprirsi a nuove forme
di intervento, il volontariato,
le famiglie, la popolazione.
Risorse umane, strutturali,
economiche orientate verso
un unico obiettivo; «Far star
meglio, il meglio possibile,
senza sradicare e mantenendo
la voglia di futuro».
Il convegno non si è limitato ad affermazioni di principio, che possono apparire teoriche e utopistiche, ma ha fornito la possibilità di udire, conoscere e confrontare esperienze vissute di operatori che
hanno agito concretamente
ponendo in essere tutta una
serie di iniziative in cui il «ricovero permanente» non è
che una O’ultima) delle possibilità; servizio mensa, pasti a
domicilio, servizi infermieristici e di riabilitazione, centro
diurno, soggiorni con possibilità di «ritorno a casa» (progetto «rondine»), ricoveri di
«sollievo» per accoglienze
programmate di anziani al fine di consentire alla famiglia
di godere un periodo di vacanza o affrontare situazioni
di emergenza evitando ricoveri impropri in ospedale,
centri di pronta accoglienza,
minialloggi protetti.
Il discorso non è nuovo per
le nostre case di riposo, alcune
delle quali sono nate in questa
prospettiva e altre attuano già
alcuni di questi servizi, ma è il
momento di riprenderlo in un
dialogo allargato ad altri soggetti pubblici e privati.
ancora diventate propositive
perché il regolamento di queste prevede (essendo anteriore alla legge 81) che esse siano solo consuntive. Il mio intento è che le commissioni diventino propositive cioè che
le commissioni si facciano
promotrici di iniziative. Prima il Consiglio era la sede in
cui si dibattevano tutti i problemi, oggi la sede principale
in cui devono dibattersi sono
le commissioni consiliari, tra
l’altro perché qui i consiglieri
possono farsi assistere da
esperti ed è in quelle sedi che
l’informazione può essere
completa. In Consiglio comunale si dovrà andare solamente per deliberare ma il grosso
dell’informazione deve essere
esaminata e discussa nelle
commissioni che sono tra
l’altro anch’esse aperte al
pubblico».
Centro culturale
La «Semaine
du français»
Per sette giorni, a partire dj
3 maggio, il francese sarà prò
tagonista nelle nostre Val]
con un fitto programma
proposte nell’ambito dell’ap
puntamento annuale coni
«Semaine du français». Sarai)
no due concerti sabato 3 mag
gio ad inaugurare la settima
na: a San Germano nel tempi
valdese con un trio femminil
che canta musica popolare ei
Torre Pellice, anche qui ne
tempio, con musica per orga- n tempio ù
no. Domenica 4 culti in fran.
cese nelle chiese valdesi. Nu- --
merose le conferenze: si par. ^
lerà di André Malraux presso jCl IVC
la biblioteca della Casa valdese di Torre Pellice mercolei
7 maggio alle 10,30; giovei
8 a Perosa Argentina Muriel
Augry terrà una conferenza sii
«Carmen: l’univers de la passion» e a Luserna San Gio-|
vanni presso la scuoia medij
sarà presente lo scniìore Joseph Joffo; venerdì d maggio
Giorgio Tourn sarà a Torrt
Pellice insieme a Gérard Cadier per un incontro dibattiti);
su «L’Italie aujourd’hui, 1|
France aujourd’hui», mentri
sabato 10 parlerà a Perosi che anche
Argentina sul tema II fran-, ne di moi
cese dei nostri nom i». Du- da contrai
Ma
las
GR
Tl clima
inel pe:
non è stai
e tranquil
rante la settimana la scuola
elementare di Villar Perosa
ospiterà la mostra «L’arbie»;
inoltre non mancherà una se
!e. Quest
)uisce a !
lio secoli
ale in sit
rata gastronomica con menufeconomie
francese a San Gern ino Chi-jdella sol
sone giovedì 8 magg; o.
potrebbe
consolida
Valli Chisone e Germanasca
Si può rilanciare
« operare,
zione del
la
produzione bovina
LILIANA VIGLIELMO
Il buon esito dell’operazio1
ne di rifacimento e di adeguamento alle norme sanitarie del macello pubblico di
Pomaretto ha indotto l’assessorato all’Agricoltura e l’ufficio agricolo della Comunità
montana valli Chisone e Germanasca a lanciare un progetto molto più ambizioso: la valorizzazione dell’allevamento
bovino locale per conseguire
il riconoscimento del marchio
di qualità.
Agricoltura e allevamento
del bestiame, soprattutto nelle
zone alte delle valli Chisone e
Germanasca, sono sempre andate di pari passo, integrandosi a vicenda e malgrado l’abbandono delle terre si fa così
ancora adesso nei villaggi, ma
siamo lontani dai tempi in cui
la vendita del vitello ingrassato permetteva di rinnovare il
guardaroba di tutta la famiglia
e magari pagare gli studi del
ragazzo o della ragazza più
dotati. La situazione attuale è
sotto gli occhi di tutti: i grossi
allevamenti della pianura hanno soppiantato la produzione
locale, i banconi dei supermercati prendono il posto delle macellerie di paese e, come
se non bastasse, la produzione
di carne bovina ha registrato
un ribasso costante sotto il peso di una pubblicità negativa
che le attribuiva la causa delle
più svariate malattie.
C’è da domandarsi, a questo
punto, quali probabilità di
successo potrebbe avere il rilancio di questo prodotto nelle
valli Chisone e Germanasca, e
se lo sono chiesti anche i pochi allevatori riuniti nella sede
della Comunità montana per il
consueto corso di aggiorna
stoncami
popolazk
sopravvii
^oprìo te
I primi
.«nminist
tMicol SOI
fluttuosi 1
fa una cei
va tra gli
popolazio
mento agricolo, dopo ave|nanziame
ascoltato l’esposizio ’e di Al
berto Brugiapaglia, ¡ cercata l
re universitario, inve ito proprio a questo scopo -ialla Ca j
munità montana. L’e:,petto h re ostilità
ovviamente presen'ato gli hanno da
aspetti positivi deiroperazia
ne: lo scandalo delle inuccht inadeguai
pazze», che ha messo in crisi
il mercato, potrebbe i'avorin ministrai
regionali
Danziario
rio della
però sono
prevalen
soluzione
esempio ;
la vendita di carni sicure, derivanti da animali conlrollalii contrastai
provenienti da allevamenti f sizione hi
pochi capi, quindi non soggw fe la re.
ti ai trattamenti barbari deli sta per il
grandi stalle di pianura. Nat»
raímente l’allevatore dovrei
be impegnarsi a garantire)!
qualità con la somministrazi 1
ne di foraggi selezionati e c#
la vendita programmata. Nf
dovrebbe però più sottostai
alla tirannia dei commerciali
di bestiame, perché il contrai'
to gli garantirebbe comunq®
un utile. Il consumatore,
parte sua, acquistando la ci'
ne nel punto di vendita aut
rizzato dovrebbe assicurarsi
un prodotto sano e genuia*
questa sicurezza lo ricompi’
serebbe di un costo leggd'
mente più elevato, secondo
principio che è meglio mai
giare poca carne ma buoi
piuttosto che molta di quali
scadente. Anche il macello
Pomaretto avrebbe una fu
zione importante per garanti
la lavorazione delle cari
conforme alle norme igici
che richieste per legge.
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 96.500 e 91.200
tei. 0121-954194,
clùesta a
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Q 2 MAGGIO 1997
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Il tempi® di Massello
» Scrive l'ex assessore Tron
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sa valdelercolei
giovedì
1 Muriel
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Massello ha perso
la sua solidarietà
CBAZIELLA TBON
Il clima vissuto a Massello
nel periodo preeiettorale
pas
Gio-j
la media:
itore Jo' maggio
a Torre
rard Ca
dibattito
rimi, la non è stato del tutto pacifico
. menta e tranquillo, a dimostrazione
Perosa che anche un piccolo ComuII fran-, ne di montagna non è esente
• i». Du- da contraddizioni e divergen3 scuola ¡e. Questo purtroppo contrir Perosa misce a sgretolare un princi.’arbie»; rio secolare che è fondamenuna se- ale in situazioni di precarietà
:m menu economica e sociale: quello
ino Chi-|della solidarietà, che molto
J. ipotrebbe ancora contribuire a
consolidare le forze per poter
operare, anche in considerazione del fatto che tale valore
storicamente ha fatto sì che le
popolazioni montanare siano
sopravvissute e radicate nel
^oprio territorio.
i primi anni del mandato
.piministr livo del sindaco
?lMicol sono ' tati abbastanza
'fruttuosi finché si è mantenua la una certa unità collaborati(vatra gli amministratori e la
popolazione, utilizzando i fipo avepanziamenti possibili statali e
di Al- regionali e il contributo fiercato- nanziario e il lavoro volonta
ito prò
peraziomucchi
■ in cris
no della gente. Ultimamente
alla Co però sono sembrati serpeggiaperto hi re ostilità e ostruzionismi che
ato gli hanno dato come risultato il
prevalere di risentimenti e
inadeguatezze anche nella risoluzione delle questioni amlavorintministrative. Mi riferisco ad
n e, detif esempio a chi mediante pareri
ilrollatii contrastanti e azioni di oppomenti i smone ha contribuito a impeI soggd'' dire la realizzazione della piari delh sta per il vallone del Pis, ria. Nat» clùesta a maggioranza anni fa
dovrei un’assemblea del Consorintirell ^ della zona in questione,
istraztj secondo un progetto di mlati ed glioria dell’alpeggio e possiita. Ni
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Ita auto;
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1 buori
i quali^
icello \
ma
’aranti:
e ca
; igiri"'
bile recupero delle malghe in
^ta quota e dei villaggi baite
iango il percorso.
Non essendo stata raggiunta nemmeno l’intenzione di
an accordo, si è arrivati al rifiuto (sic!) da parte della
giunta comunale di un già
concesso finanziamento regionale, e questo fatto è piuttosto strano se si pensa che
spesso si sente lamentare che
Ppf la montagna nessuno fa
aiente e Stato e Regione se ne
tiimenticano. Forse questa risoluzione era parte di un progotto lungimirante?
A distanza di mesi l’orientauiento politico deH’ammini
strazione comunale si dimostra promotore di uno sfruttamento in senso venatorio del
territorio. Si tratta di un progetto di costituzione di una
azienda faunistico-venatoria
privata, secondo la legge regionale n. 70 del 4/9/96 e la
deliberazione della giunta regionale del 9/12/96, che porterebbe un introita non indifferente al magro bilancio comunale. Tutti i terreni verrebbero messi a disposizione
dell’attività venatoria mediante apposite convenzioni
con un direttore-concessionario che, con un regolamento,
gestirebbe una caccia presumibilmente d’élite, corrispondendo al Comune un affitto
annuale.
Lodevole iniziativa da parte
dell’amministrazione per voler dare al Comune una certa
autonomia finanziaria, senonché discutibile per le modalità
di attuazione del progetto.
Mentre prima per le proposte
di partecipazione (anche finanziaria) della gente alla realizzazione di opere non si sono risparmiate assemblee, in
questo caso si è ritenuto di
iniziare con la deliberazione
del Consiglio comunale, calando dall’alto un progetto già
predisposto. La maggioranza
dei consiglieri ha valutato
l’entrata del canone motivo
sufficiente e indiscutibile per
l’accettazione della proposta.
Qualcuno invece ha criticato
la procedura, qualcun altro ha
contestato il tipo di gestione
del patrimonio faunistico da
parte di entità private esterne
che comporterebbe nel tempo
r impoverimento del Comune
a fronte di un arricchimento
dell’azienda.
A livello popolare si sono
già ottenute alcune adesioni
ma molti lamentano la mancata maturazione collettiva dell’idea, con un confronto anche con chi ha già vissuto tale
esperienza. Non indifferente è
poi il risvolto di questo fatto
nei confronti dei cacciatori
non residenti, inclusi quelli
residenti nei Comuni limitrofi. Al momento non esistono
dunque elementi sufficienti
per profilare quale sarà il futuro di Massello e soprattutto
mancano coerenza e unità
d’intenti per una gestione programmata anche con chi vive
sempre sul posto.
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Intervista a Willy Micol, sindaco confermato a Massello
Una vicenda personale
Willy Micol è stato confermato, come era nelle previsioni, sindaco di Massello; 68
cittadini sugli 89 aventi diritto si sono recati alle urne,
dunque il 76,4%. Micol ha ricevuto 55 voti (84,6%), 10
(15,4%) la candidata di Piemonte nazione d’Europa, Sabrina Giovine, e 3 voti sono
stati dichiarati nulli. Salvo ripensamenti di qualche candidato, il prossimo Consiglio
comunale sarà composto oltre
che dal sindaco, da Enrico
Boetto, Annalisa Micol, Ugo
Tron, Cenzo Tratzi, Stefano
Tron, Gino Tron, Gualtiero
Sanmartino e Marco Laggiard
per la maggioranza e da Sabrina Giovine, Giuseppe
Franchi, Marco Di Silvestro e
Piercarlo Marengo. Primi
esclusi rispettivamente Enrico Pons e Renzo Rabellino.
Gli abitanti di Massello, gli
unici ad essere chiamati al voto nelle Valli doirisnica scorsa, hanno vissuto una vigilia
del voto senz’altro più tormentata che nelle precedenti
consultazioni. Già la presentazione di tre liste con, accanto
a quella locale capeggiata dal
sindaco uscente Willy Micol,
i candidati di Alleanza nazionale e Piemonte nazione d’
Europa (An è poi stata estromessa per errori di compilazione), aveva suscitato un certo scalpore.
Poi, in piena campagna
elettorale è venuta fuori la polemica sulla decisione della
amministrazione (col voto
contrario del consigliere Bruno Pons) di accettare la proposta della società Valloncrò
avente sede a Milano pur richiamandosi ad una zona di
Massello, di costituire nel piccolo Comune della vai Germanasca un’azienda faunistico-venatoria secondo quanto
prevede la nuova legge regionale sulla caccia. Un assesso
re, Graziella Tron, di cui pubblichiamo in questa pagina un
intervento, si è dimessa per
protesta sul metodo adottato
daH’amministrazione nella
scelta; altri consiglieri non si
sono più ripresentati; qualcuno forse ha scelto di non votare domenica a segnalare un
proprio disagio.
Come si è sviluppata fin
qui la vicenda dell’azienda
faunistico-venatoria? Il Consiglio comunale aveva esaminato la richiesta della società Valloncrò lo scorso 18
febbraio. «Venne consideralo
- dice il sindaco Micol - che
la concessione della disf/onibilità dei terreni comunali ai
soli fini venatori non
de 1 es^'cizio di eventuali usi
c'Vici, non ostacola l’utilizzo
dei terreni e fini agro-silvopastorali. Nello stesso tempo
la società ci offriva 40 milioni di lire l’anno a fronte di
una ipotesi di convenzione
della durata di 9 anni: in questo modo si potrà verificare
se la cosa funziona o se ci
sono inconvenienti. Non
dobbiamo inoltre dimenticare' che l’azienda dovrà avvalersi di una guardia giurata
(due se la superficie sarà superiore ai 3.000 ettari) per
cui ci sarà una, si pur lieve,
ricaduta occupazionale avendo noi chiesto che in questo
ruolo vengano assunti dei residenti in zona».
Il Consiglio comunale prese atto anche di alcune preoccupazioni dell’assessore Graziella Tron circa l’utilizzo del
canone; e in effetti la delibera
indica anche alcuni interventi
ritenuti prioritari da realizzarsi coi soldi ricavati dalla concessione dell’azienda: conclusione delle procedure
espropriative della pista Coulmian, conclusione acquedotti, istituzione di un servizio di trasporto verso Ferrerò,
La legge regionale del settembre 1996
Azienda faunistica
oppure venatoria?
La legge regionale sulla
caccia del settembre 1996 definisce, all’art. 20, l’azienda
faunistico-venatoria; questa
la sintesi dei commi sul tema.
«La giunta regionale, entro
i limiti del 15% del territorio
agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia, può autorizzare l’istituzione di aziende
faunistico-venatorie.
Le aziende faunistico-venatorie, a prevalente finalità naturalistiche e faunistiche con
particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea
e a quella acquatica, non perseguono fini di lucro. (...) La
richiesta di concessione deve
essere corredata di programma di conservazione e di ripristino ambientale al fine di
garantire l’obiettivo naturalistico e faunistico. In tali
aziende la caccia è consentita
nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i
piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso nelle
aziende faunistico-venatorie
non è consentito immettere o
liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31
agosto. (...)
Nell’ambito delle zone faunistico-venatorie l’esercizio
venatorio è consentito secondo i piani annuali di abbattimento proposti dai singoli
concessionari e approvati dalla giunta, elaborati sulla base
della consistenza faunistica di
fine stagione venatoria e delle
immissioni stagionali di fauna
selvatica a scopo di ripopolamento per le finalità faunistiche in conformità con gli atti
di concessione. (...)
Nelle aziende faunistico-venatorie i danni provocati alle
colture agricole dall’attività
venatoria e dalla fauna selvatica devono essere risarciti dal
concessionario entro 90 giorni
dall’accertamento (...)».
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Balma, valorizzazione delle
attività di recupero ambientale, miglioramento del servizio
di raccolta rifiuti, demolizione di fabbricati pericolanti.
«Non dimentichiamoci - puntualizza Willy Micol - che 40
milioni rappresentano poco
meno di quanto spendiamo
per il personale e cioè quasi il
25% delle entrate correnti
quest’anno. Se pens"^
ogni anno dobbia-;jjo^faj.e i
salti mortali riuscire ^
realizzare q,'ualche cosa ritengo che questa entrata sarebbe
quanto mai utile». Successivamen(2 la giunta riprese la
ielibera del Consiglio, confermandone il contenuto ed
autorizzando il sindaco alla
stipula delle convenzione. Ma
c’è chi reclama la scarsa democraticità della decisione, la
mancanza di co- involgimento dei cittadini: «Non abbiamo fatto un’assemblea generale dei cittadini ma stiamo
consultando i proprietari, a
cominciare dai consorzi; ho
l’impressione - ammicca il
sindaco - che se i soldi, anziché al Comune arrivassero ai
singoli cittadini, non ci sarebbero queste perplessità».
Perplessità, a dire il vero,
che non sono soltanto di alcuni massellini ma che, già al
momento dell’approvazione
della nuova legge erano state
espresse, in materia di tutela
ambientale, da parte di Paolo
Debernardi, del Wwf Piemonte che a proposito delle
aziende faunistiche ebbe a
definirle; «Luoghi di pronta
caccia, dove il rilascio di fagiani, lepri o cinghiali può
avvenire in tempo quasi reale
con il loro abbattimento.
Questa specie di “tiro a volo”
ha forse minore valenza culturale e sportiva dell’andare
ad acquistare la selvaggina
dal macellaio».
XXV Aprile
Inverso
ricorda
MILENA MARTINAT
Una chiara serata di primavera con centinaia di persone che camminano insieme
verso la borgata Clot di Inverso Pinasca. Autorità e semplici cittadini, bambini, adulti e
anziani, partigiani e non, tutti
insieme il 24 aprile sera per
non dimenticare. Insieme in
un cortile del Clot dove furono incendiate, il 2 agosto
1944, delle case ad opera dei
tedeschi; era la guerra, il duro
periodo della guerra di liberazione dal nemico oppressore,
una guerra per la libertà, quella libertà per la quale uomini e
donne hanno lottato e sono
morti. Sindaci con il tricolore,
ex partigiani e staffette con la
consapevolezza dell’importanza di raccontare perché altre persone non debbano rivivere quei momenti. La banda
musicale allieta la serata con
le sue note, i bambini della
scuola domenicale cantano e
presentano la loro recita
«1944: per non dimenticare»,
e poi tutti insieme si scende
dal Clot verso gli impianti
della Pro Loco con le fiaccole
accese. Poi 1 messaggi di coloro che allora erano presenti,
dei bambini che hanno voglia
di sapere, ma nessuna messa
come invece accade spesso:
perché la guerra fu combattuta, la libertà conquistata non
sotto la bandiera di una confessione ma della laicità.
Nelle
Chiese
Valdesi
CULTO DELL'ASCENSIONE
— Giovedì 8 maggio, alle 21,
nel tempio di Torre Pellice culto
dell'Ascensione per le chipj^e
del 1° circuito: alle 20,{-ulto
a Pinerolo per le (jgi 2°
circuito, con la
delle corali.
, partecip32iCi
'i'^roNTRI TEOLOGICI «G.
.cGGE» — Domenica 4 maggio alle 16,30 incontro del collettivo teologico «Miegge» sul
libro di Gianni Vattimo «Credere di credere»; l'incontro si
svolgerà presso l'abitazione di
Marco Rostan e Roberta Peyrot,
strada dei Peyrot 20, San Giovanni, anziché ad Angrogna come inizialmente previsto.
3° CIRCUITO — Proposta di
gita a Lipsia e dintorni dal 13 al
23 giugno «Sulle orme di Lutero». Chi è interessato può rivolgersi alla chiesa valdese di Pramollo(tel. 0121-58020).
ANGROGNA — In seguito
alla visita dei fratelli e delle sorelle calabresi si sta organizzando un viaggio in Calabria e Puglia per la fine dell'estate (intorno alla prima domenica di settembre). Al momento non sono
ancora stati definiti i programmi e i costi, chi è interessato
può comunque già mettersi in
contatto con il pastore. Domenica 11 maggio, alle 10 al capoluogo, assemblea di chiesa,
durante la quale il Concistoro
darà informazioni sulla situazione degli stabili e su alcune ipotesi di progetto.
BOBBIO PELLICE — Sabato
3 maggio alle 21, nei tempio,
concerto della corale di BobbioVillar Pellice.
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Riunioni quartierali: venerdì
2 maggio agli Airali e venerdì 9
ai Boer. Mercoledì 7 alle 20,45,
alla sala Albarin, studio biblico
ecumenico a cura del diacono
Delmirani su Luca 15,11-32.
POMARETTO — Le attività
del gruppo incontro donne si
concluderanno venerdì 9 maggio con la partecipazione a Pinerolo alle 21 nella sala di rappresentanza del municipio alla
presentazione del libro «Mai
come lei».
PRALI — Giovedì 8 maggio,
alle 18,30, il candidato Erik
Noffke terrà il suo sermone di
prova. In preparazione del bazar (domenica 11 maggio) invito ai pralini che sanno lavorare
il legno, dipingere, cucire, disegnare a rendere più ricco il bazar con i propri lavori.
PRAMOLLO — Domenica 4
maggio incontro delle chiese di
Angrogna e Pramollo alla Ruata: culto presieduto dal pastore
Franco Taglierò con Santa Cena
e colletta per la Cevaa; al termine pranzo comunitario.
PRAROSTINO — Sabato 3
maggio volontari e volontarie
sono invitati ad aiutare nella
preparazione della sala del teatro in vista del bazar, che si
svolgerà domenica 4 a partire
dalle 14,30, con la tradizionale
vendita dei prodotti, la lotteria
e il rinfresco. Domenica 11
maggio la comunità riceverà la
visita degli ospiti della Casa delle diaconesse di Torre Peilice,
SAN SECONDO — Domenica 4 maggio ore 10 culto con
assemblea di chiesa; all'odg elezione anziani e deputati a Conferenza distrettuale e Sinodo.
TORRE PELLICE — Venerdì
2 maggio culto serale alla Casa
unionista alle 18. Lunedì 5
maggio alle 20,45, al presbiterio, studio biblico a cura di
Massimo Marottoli su Giovanni
14, 1-14 sul tema «L'ultimo discorso».
VILLAR PELLICE — Domenica 4 maggio alle 10 culto con
assemblea di chiesa. Presentazione della relazione annua,
elezione dei deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo,
elezione di nuovi membri del
Concistoro.
VILLAR PEROSA — Domenica 4 maggio la comunità andrà in visita a San Marzano Uliveto per festeggiare il centenario del tempio: il culto si svolgerà alle 16 con la partecipazione della corale di Villar.
VILLASECCA — L'Unione
femminile organizza per l'8
maggio un incontro, con agape
fraterna, con gli ospiti dell'Asilo
di San Germano; chiunque volesse partecipare deve prenotarsi presso Clodina Balma o Milena Grill entro il 1° maggio.
10
PAG. IV
r
E Eco Delle \àlli ^ldesi
VENERDÌ 2 MAGGIO 1997
j/EN^
Incontri culturali a Perosa Argentina
Guerra e fascismo
LILIANA VIGLIELMO
SpeSi^ i libri che trattano
di epià'qdi di storia locale
hanno come p%}tp di parten/.ii ÜÍÍ "ifioiHdito cufiosità
dell’autore che sfogliirj;^ carte di famiglia, oppure cerè>4|^
far rivivere i racconti uditi M
baratoo; in-seguito, se l’interesse aumenta, parte una ricerca sistematica negli archivi e nelle biblioteche. Alla fine la fatica viene ripagata
dalla pubblicazione del libro
e dalla sua diffusione negli
ambienti dove il progetto ha
preso forma e consistenza.
Nella sede della Comunità
montana Chisone e Germanasca, due ricerche di questo tipo sono state presentate nelì’incontro culturale del 19
aprile: la prima, opera della
prof. Miriam Bein, sulla didattica fascista attraverso i libri
di testo della scuola elementare, la seconda, già organizzata
in volume e venduta nelle librerie, La guerra di Bastían,
di Pierfrancesco Gili, libraio a
Pinerolo. Miriam Bein appartiene alla generazione successiva a quella che usò a scuola
il famigerato testo unico, cioè
tra il 1929 e il 1945, ma è riuscita a fare una ricca collezione di testi, riviste, pubblicazioni di propaganda che il regime fascista introdusse massicciamente nelle scuole, materiale che ora alla lettura ci
appare di una comicità inarrivabile, ma che lascia trasparire l’impostazione razzista, autoritaria e pesantemente militarista propria di quel periodo.
Una guerra rovinosa diede
ben presto una dura mazzata
alla retorica delirante del regime fascista e i ragazzi allevati
a «libro e moschetto» si trovarono a usare quest’ultimo
con altre armi di fortuna,
sparsi qua e là sui monti, nella
lotta partigiana. È la guerra di
%stian, contadino di Bricherasic, cjie con altri compagni
della Sua^età sfugge aH’arruolamento nè^ niilizie della
Repubblica sociqfe dandosi
alla fuga da una valfé.all’altra,
sfuggendo ai rastrellamèhti^e
soffrendo il freddo e la fame.
I ricordi dr q'iffii tem^, ha detto Pierfrancesco Gfii, sofiò
ancora molto sofferti: infatti
all’inizio della ricerca molti si
rifiutavano di fornirgli informazioni e altri gli chiedevano
esplicitamente che cosa lo
spingesse a riportare a galla
antiche polemiche.
Ma il libro adesso è stampato e chiunque lo può leggere e dichiararsi più o meno
d’accordo. L’autore ne è soddisfatto perché ritiene che
questi avvenimenti non debbano cadere nell’oblio: i ricordi dei vecchi partigiani si
affievoliscono col tempo e
ogni anno che passa causa dei
vuoti nelle loro file. Ma i libri
di ricerche storiche devono
essere letti soprattutto dai
giovani: serviranno forse, anche se non è sicuro, a metterli
in guardia contro gli errori
del passato, ma più che altro
a far loro capire che la libertà
e la democrazia non cadono
dal cielo e devono a volte essere duramente conquistate.
Unitrè
Un duo
Maggio libri
Un ricco
pianìstico
Un altro ritorno gradito per
rUnitrè di Torre Pellice, nel
pomeriggio musicale del 10
aprile scorso con il duo pianistico di Ciro Noto e Simone
Samo, brillanti esecutori di
ben undici danze ungheresi di
Brahms e svariate danze slave
di di Dvorak. Ambedue i valenti pianisti, diplomatisi brillantemente al conservatorio
Verdi di Torino, hanno accumulato, benché giovani, un
lungo curriculum di primi e
secondi premi vinti a concorsi
internazionali, europei e internazionali, grazie anche alle
svariate partecipazioni ad attività didattiche e teatrali e concerti in molte città italiane.
Ben meritati gli applausi nella
speranza di risentirli ancora.
programma
SOS ALCOLISMO
Ospedale Pomaretto
Tel: 82352-249 - day ospitai
Ricco programma quest’anno per la manifestazione
«Maggio libri» che aprirà i
battenti il 2 maggio e si concluderà il 31 a Pinerolo. Dopo
la positiva risposta di pubblico degli anni passati l’assesorato competente ha presentato
quest’anno un programma ricco di mostre, incontri con autori, presentazioni di libri,
concerti che si succederanno
nell’arco del mese in diversi
luoghi della città. «L’intento
- dice il sindaco di Pinerolo,
Alberto Barbero - è quello di
andare al di là delle copertine
e di vedere come i libri si costruiscono. Attraverso i libri
entreremo nelle tematiche più
vive della nostra società e cercheremo di approfondire la
storia del nostro territorio».
Un occhio di riguardo sembra
essere rivolto anche al modo
di avvicinarsi dei bambini alla
lettura con la presentazione di
alcune esperienze di scuole
pinerolesi.
cercate hco delle valli valdeeiì
ecco gli esercizi commerciali che lo vendono
Bobbio Pellice: edicola Charboiniier. v'ia Maestra — Bricherasio: edicola Albina, via del Sedale 2 - Luserna S. Giovanni: edicola Pelllzzeri.
(Luserna-Torre), zona Valentino; edicola Mevnet. piazza Partigiani;
edicola Sorgiattìn.o, Bellonatti — Perosa Argentina: cartoleria Fantasy. via Cavour 1; edicoia Calzavara, via Poma 27- Pinerolo: edicola Ardusso, via Dei Mille; edicola Chiavazza. c.so Torino 22; edicola
Conterio, c.so Torino 276; edicola Franceschi, p.za Barbieri 1; libreria Gianoalio, via Duomo 11; edicola Rolando, via Fenestrelle 17; libreria Volare, c.so Torino 44. Pomaretto: cartoleria Bert. via Carlo Alberto 46 — Prall: edicoia Richard. Ghigo — San Secondo: edicola
Boraarello, via Rol & - Torre Pellice: edicola Albano, via Bert 7; cartoleria Calamaio, p.za Municipio; libreria Claudiana, piazza Libertà;
edicola Giordana, p.za Libertà 7; cartoleria Raiiard. via Arnaud; edicola Tourn. via Matteotti 3 - Villar Pellice: edicola Palmas, piazza
Jervis - Villar Perosa: edicola Poet. via Nazionale 33.
PALLAMANO: IL PINEROLESE OSPITA LA FINALE
DI COPPA ITALIA — La Coppa Italia di pallamano approda
nel Pinerolese grazie all’organizzazione del 3S; dal 2 al 4 maggio infatti, il palazzo dello sport di Rinasca, nuovo e regolamentare, ospiterà la fase finale che vedrà la partecipazione di 8
squadre provenienti da tutta Italia: Jomsa Rimini, neocampione
d’Italia, Cassano Magnago, Fileni Cingoli, Torres, Tiger Palermo, De Gasperi Enna, Messina e Messana, Eos Siracusa. Fin
qui questo torneo è vissuto sul duello fra le prime due squadre,
con successi alterni e rivincite continue; mai come quest’anno
comunque l’esito della competizione è incerto.
CAMPIONATI DI TENNIS TAVOLO A TORRE PELLICE — Si svolgeranno nei prossimi due fine settimana alla
palestra di via Filatoio a Torre Pellice gli ottavi campionati pinerolesi di tennis tavolo. Con la consueta organizzazione della
Pòlisportiva Valpellice domenica 4 maggio si confronteranno,
a partire dalle 9, i giovani under 14 e 18 e gli amatori; domenica 1 k sarà la volta dei tornei Assoluti. Al termine delle due
giornate di gioco si vedrà chi seguirà nell’albo d’oro i vincitori
della scorsa edizione Malano, Piras, Belloni e Cesano.
CALClt): IL PINEROLO PERDE 0-3 — Un Pinerolo decimaio dqlle squalific.he seguite alla gara con il Chatillon ha su-^
bito una netta sce>nfittà a4-Agliana contro la quarta in classifica. Lo 0-3 e nato da tm ejroffc difensivo di Giorsa che si è fatto
anticipare nel tentativo di se^ire ft proprio portiere; le due altre
reti raccontano di una superiorità evide"nbì,^DGmenica prossima
chiusura di campionato al Barbieri col Poggibqpsi. La squadra
toscana e stata sconfitta domenica in cas^ dalla Fossanese che
realizzando all’89° ha quasi raggiunto la matematica salvezza.
In Prima categoria il Perosa espugna Luserna vincendo per 2-1,
mentre San Secondo e Cumiana pareggiano, il primo per 1-1
col Santa Maria Storari e il secondo 0-0 a Beinasco.
PALLAVOLO: GRANDE PINEROLO IN Bf — Bella
impresa del Magic Traco Pinerolo che in B1 femminile ha superato per 3-1 la capolista Vigevano; grande risultato per una
formazione in crisi di identità. Identico risultato per il Body Cisco in B2 maschile; opposti in trasferta al Novara, i pinerolesi
hanno saputo condurre in porto la partita ponendosi in buona
condizione per evitare i play out retrocessione. Ha perso invece
per 0-3 il Gold Gallery in B2 femminile sul campo della capolista Omegna. Nei tornei minori da segnalare il successo a Lusema del 3S nel campioliata provinciale Allievi; in finale i pinerolesi hanno battuto per 2-0 il Kappa-Torino. Fra le ragazze
successo del Chieri. In terza divisione femminile il 3S Nova Siria ha vinto 3-2 a Perosa col Bertallot mentre il 3S Bar dei Tigli
ha perso con le.stesse avversarie per 0-3; nel derby col Morgan
queste ultime hanno vinto sulla squadra B per 3-0. In terza divisione maschile júniores, il 3S. B ha per 1-3 con l’Erbaluce,
mentre la squadra A ha vinto sul Valli di Lanzo per 3-2.
ATLETICA — Giovedì 24 aprile si è disputata l’ottava edizione della staffetta podistica della Liberazione a Luserna San
Giovanni su organizzazione di Anpi e 3S. Pochi i partecipanti
sul circuito cittadino; hanno vinto Gualtiero Falco e Renato
Agli nella staffetta Assoluti, Ines Fontana ed Eva Depetris fra
le donne; Eleonora Pinardi ha vinto fra le Ragazze esordienti e
Roñal Mirabile fra i Ragazzi esordienti. Federica e Barbara
Baridon hanno vinto fra le Cadette e le Allieve, Karam E1
Mhatri fra i Cadetti.
In una riunione provinciale giovanile svoltasi al parco Ruffini di Torino alcuni giovani del 3S hanno ben figurato; si tratta
di Roñal Mirabile e Alberto Steri nei 60 m e nel salto in lungo
e di Sara Salvi nel salto in lungo e sugli 80 m dove ha ottenuto
il terzo tempo assoluto.
ATTIVITÀ SCOUTISTICHE — Sabato 10 e domenica
11 maggio week-end scout in località «La erotto d’Plenc»
di Bovile, comune di Ferrerò. Partenza da Torre Pellice davanti alla Casa unionista alle 14,30 di sabato 10; domenica
11 alle 17 appuntamento per i genitori, alle 17, in località
«La erotto d’Plenc».
tVIZI
VALLI CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva: Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 4 MAGGIO
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58787
Fenestreile: Farmacia Grippo - Via Umberto I 1, tei. 83904
Ambuianze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000 - Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL RELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva: telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 4 MAGGIO
Luserna San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via Slancio 4
(Luserna Alta), tei. 900223
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355 - Croce Verde - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva: Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza: Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Appuntamenti
2-4 maggio — MEANO (PEROSA ARGENTINA): Si svol
ge la tradizionale festa. Venerdì
2 alle 21 serata danzante con
l’orchestra Beppe Carosio. Sabato 3 alle 14,30 inizio della gara
di pesca (iscrizioni fino alle
13,30 di sabato), premiazione alle 17; alle 19 cena campagnola,
seguita dalla serata danzante con
l’orchestra spettacolo «La primavera». Domenica 4 infine a partire dalle 9 giro musicale delle
borgate con costumi tipici; alle
14 gara alla belotte a coppie fisse; alle 15 gara di torte e affini
(adesione entro le 12 di sabato 3
maggio); alle 15 esibizione di
ballo delle scuole «A. Tron» di
Pinerolo e «Arabesque» di Perosa Argentina; alle 21 serata danzante e per concludere alle 23
elezione di Miss Primavera, Mister Simpatia e Damigelle.
2 maggio, venerdì — PINEROLO: Alle 17 presso l’expo
Fenulli, nell’ambito delle giornate di solidarietà, presentazione
del libro di Fabio Levi «L’identità imposta», un padre' ebreo di
fronte alle leggi razziali. Sarà
presente l’autore.
2 maggio, venerdì — POMARE-TTO: •Nel.tempio valdese, alle 20,45, si terrà un concerto di musica sacra del Posaunenchor di Pforzhiem-Diirr (orchestra di ottoni). Ingresso libero.
3 maggio, sabato — LUSÈRNA SAN GIOVANNI: Alle 21,
nel tempio, si esibirà il coro Val
Pellice; le offerte andranno alla
ristrutturazione del tempio.
3 maggio, sabato — TORRE
PELLICE: L’associazione «Arci
Nova, Era delFAcquario» organizza un corso teorico pratico di
massaggia riflessogeno ai piedi
presso la sede di c.so Gramsci 38.
3 nraggÌD, sabato — BAGNOLO: Al teatcQ Silvio Pellico, alle 21, va in scena «I dialo.-.-,
ghi delle carmelitane» di Bemanos, con la compagnia Sergio Tofano. Replica domenica 4 alle 15.
3 maggio, sabato — PEROSA ARGENTINA: Nella sala
della Comunità montana, alle 15,
proiezione del video «Cluzoun»,
un viaggio attraverso le valli
Chisone e Germanasca di Predo
Valla e Diego Aghilante. Seguirà
premiazione del concorso sulle
ricerche della valle.
3 maggio, sabato — SAN
GERMANO CHISONE: Nel
tempio valdese, alle 21,15, per la
rassegna Cantavalli ’97, si esibirà il trio femminile francese
«Roulez fillettes», canzoni francesi della tradizione popolare.
Ingresso f 19.000, ridotti 7.000.
3 maggio, sabato — PINEROLO: Alle 21, presso l’expo '
Fenulli, i ragazzi e le ragazze
della scuola media Frignone presentano «Vengo da lontano, ho
un mondo da offrirti». Seguirà la
presentazione del giornale «L’incrocio» a cura del Coordinamento per l’accoglienza dello straniero di Pinerolo.
3-4 maggio — PINEROLO:
Mercatino delle pulci nel centro
storico della città.
4 maggio, domenica — PINEROLO: Àll’expo Fenulli, alle 17, lo scrittore Carlo Lucarelli
e l’attore Guido Castiglia descri
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma
venerdì 2, ore 21,15, Tutti dicono I love you; sabato 3, ore 20 e
22,10, domenica 4, ore 16, 18,
20 e 22,10, lunedì 5, ore 21,15
L’ombra del diavolo.
vono il loro incontro con la cecità: «Quando teatro e letteratura
si trovano di fronte alla diversità». Alle 21 all’auditorium dj
corso Piave «Coraggio, non temere», recital sulla vita di don
Tonino Bello.
5 maggio, lunedì — TORRE
PELLICE: Al Liceo europeo,
alle 17, ultimo incontro del grup.!
po di insegnanti dell’area linguistica del gruppo Lend Pinerolese
per una valutazione del corso di
aggiornamento appena concluso
e per la presentazione di quello
per l’anno scolastico 1997-98,
5 maggio, lunedì — PINÉi
ROLO: Nella sala al piano terra
del seminario vescovile, alle 21,
incontro sul tema «Rapporto tra
l’attività dell’uomo e la tutela
della biodiversità della vita nelle
acque» con il prof. Gilberto Forneris, deH’Università di Torino,
dipartimento di produzioni animali, epidemiologia ed ecologia.
5 maggio, lunedì — LCSERNA SAN GIOVANNI: Presso la
scuola media «E. De Amicis»,
via Marconi 1, alle 20,30 primo
incontro del corso di aggiornamento organizzato in collaborazione con il Centro culturale valdese siri tema «Le fro.otiere
dell’etica»; parlerà Fon. Giorgio
Merlo su «È giusto che si paghi
la politica? La legge sul finanzia-,
.-„mento pubblico dei partiti»
6 maggio, martedì — FORRE PELLICE: Alle 21, presso
la Bottega del possibile, lassodazione per la pace Valpelicee
la libreria Claudiana presentano
il volume «Il verde e l’arancio»,
storia, politica e religione nel
conflitto deirirlanda del Nord,
con Paolo Naso, direttore della
rivista «Confronti» e aut(>re del
libro.
6 maggio, martedì — TORRE PELLICE: Presso la biblioteca della Casa valdese, per
l’-Uttitrè, alle 15,30, cpne.erto per
pianoforte, con Renato Contino,
musiche di Liszt.
7 maggio, mercoledì —
TGRRE PELLICE: Presso il
Centro culturale valdese, fino a\
29 giugno, mostra fotografica di
Walter Morel su «Omef, una
fonderia abbandonata».
8 maggio, giovedì — TORRE PELLICE: Alla bibli oteca
della casa valdese, alle ore 17, 5°
corso di storia e cultura locale
per insegnanti «Il piano di ecosviluppo della Comunità montana, i progetti Interreg»; relatrice
Marisa Bigo.
8 maggio, giovedì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Nella sala conferenze della »cuoia media, alle 17, incontro roii lo
scrittore Joseph Joffo, auioic di
«Un sacchetto di biglie», romanzo tradotto in 19 lingue, sul tema
«Una famiglia ebrea in fuga dalla Russia degli zar alla Francia
di Vichy».
9 maggio, venerdì — PINEROLO: Alle 21, nella sala di
rappresentanza del municipio,
«Delle madri, delle figlie: punti
di vista su una relazione» conversazione intorno al volume di
G. Ponzio e A. Maranca «Mai
come lei», ed. La Tartaruga. Intervengono le autrici, modera il
dibattito Saura Fornero.
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CONOMICI
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 2,
ore 21,15 Le onde del destino
sabato 3, ore 21,15 Blood and
Wyne; da domenica 4 (15,15,
18,15, e 21,15) a giovedì 8 La
carica dei 101 (commedia); feriali spettacoli ore 19,30 e 21,15.
PINEROLO — La multisala
Italia propone, alla sala «Scento», Bugiardo, bugiardo (comico); feriali 20,30 e 22,20, sabato
20,30 e 22,30; domenica 14 30
16,30, 18,30, 20,30, 22,20. Alla
sala «2cento» è in visione Maximum risk (azione); feriali 20,20
e 22,20, sabato 20,20 e 22,30,
domenica 14,30, 16,30, 18,20
20.20, 22,20.
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L’Eco Delle Valli Valdesi
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redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
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Reg, Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
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Vita Delle Chiese ¡
Si è svolta il 12-13 aprile l'assemblea dell'Unione predicatori locali (Upl)
Costruire la comunità dei credenti
Un ministerio «laico» sempre più importante nella consapevolezza delle chiese
che ha la sua ragion d'essere nello studio e comunicazione della Parola di Dio
PAG. 7 RIFORMA
PI |.AilljTTA WUBZBURGER
DOPO Portici, Vallecrosia,
Santa Severa, Rio Marina siamo di nuovo a Santa
Severa per un’Assemblea Upl
in una cornice ridente; il calore non manca in questo importante appuntamento, costellato di momenti di vivace
(jibattito, moderato con «democratica fermezza» dal presidente del Seggio, Leonardo
Casorio, con la collaborazione
del segretario Piero Imazio.
Il segretario dell'Upl, Mario
Cignoni, nella relazione del
CoWato uscente (che comprende Luigi Di Somma e Flojence Vinti), sottolinea le tappe fondamentali di un anno
idi lavoro proficuo, l'Upl ha
avuto 1 suoi rappresentanti alile Conferenze distrettuali e al
I Sinodo, dove le è stata dedicata una serata sulla predicazione laica, in un incontro foI. tieio di consigli e suggerimenti per i partecipanti convenuti numerosi, lì numero
dei candidati e di predicatrici
e predicatori è in aumento e
:’è anche chi, come P. Tomadio, proprio in questa sede
a concluso 11 suo curriculum
i studi, sostenendo l’ultimo
lame e venendo designata
redicatrice per il culto di
fcertura dell’Assemblea 1998.
'Un commosso ricordo di
Èlena Vigliano ci è stato proposto sia nella relazione che
n una lettera di Luigi Di Somna, che ripercorrono in modo
breve ma intenso le tappe
dell’itinerario umano e di foie della sorella che improwi
samente ci ha lasciato, dopo
avere speso tanto di sé per
l’opera e la gloria del Signore.
Molto illuminante una lettera del moderatore, Gianni
Rostan, allegata alla releizione,
che invita a pianificare un impegno dei predicatori locali
che metta in evidenza la fiducia che la chiesa nel suo insieme nutre nei loro confronti.
Oltre ai seminari e ai corsi già
esistenti, bisogna offrire delle
possibilità di approfondimento nella preparazione dei sermoni e disporre la presenza di
«esperti» che possano curare
e seguire i candidati in vista
degli esami nei circuiti che
non offrono ancora questo tipo di servizio.
Nutrita e ricca di spunti la
relazione del prof. Garrone
sui Canti del servo del Signore di Isaia: il primo (42,1-4, «Il
servo deH’Eterno»): «Ecco il
mio servo, io lo sosterrò (...)
egli insegnerà la giustizia alle
nazioni»; il secondo (cap. 49,
«Il servo dell’Eterno, luce delle nazioni»; Il servo potrebbe
essere Israele?); il terzo canto
(50, 4-9, «Il servo dell’Eterno,
oltraggiato e soccorso»); Il Signore è il suo difensore, chi lo
condannerà? Il quarto, infine
(52,13 e 53,12, «Il servo dell’
Eterno e la sua opera»): il servo è emarginato e piagato,
ma porta le nostre malattie.
Ma il servo può essere profeta? Non è una profezia messianica, perché il Messia è
una figura trionfante: ü servo
non è Gesù, mentre Gesù è
stato il servo.
Altrettanto efficace il di
scorso del pastore Bruno Tron
sullo straniero, che ha esordito ricordando che il 1997 è dedicato alla solidarietà con gli
sradicati. Tron è partito da un
riferimento storico all’Italia
del passato, terra di emigrazione. Da 25 anni a questa
parte il nostro paese è stato
oggetto di flussi migratori da
altri paesi, trasformandosi in
luogo di immigrazione. La
presenza evidente degli stranieri nelle nostre città reclama delle risposte concrete,
specialmente da parte dei credenti, che devono vivere la
solidarietà e l’amore per il
prossimo come principio di
coerenza all’Evangelo, come
esperienza vissuta e come parola predicata.
Il culto finale, curato dal
Comitato uscente sul tema
«L’amor fraterno continui fra
voi» (Ebrei 18, Iss) sollecita
un programma per la costruzione della comunità dei credenti, la cui bandiera di guerra sia l’amore fraterno, non
l’autorità dei padri, e la cui
struttura democratica garantisca libertà di pensiero, di
parola e di azione. L’Assemblea si è chiusa con l’elezione
del nuovo Comitato nelle persone di Mario Cignoni, Luigi
Di Somma e Pietro Imazio,
quest’ultimo in sostituzione
di Florence Vinti, che termina
il suo settennio di proficuo lavoro ma continua l’opera di
prédicatrice locale, attiva e
impegnata operaia nella messe del Signore.
Per concludere è doveroso
un particolare ringraziamento
Mario Cignoni
al pastore Bruno Costabel
della Commissione permanente studi che, oltre a offrire
un valido e sostanziale contributo alla qualità e alla ricchezza del dibattito teologico,
ha esaminato i candidati e le
candidate negli spazi e nei
tempi di intervalli previsti per
questo scopo.
Il bilancio complessivo di
questo incontro è indubbiamente positivo: sono emersi
suggerimenti e proposte di
lavoro per il nuovo Comitato,
anche se molti interrogativi
attendono ancora una risposta. Il tutto in un’atmosfera
lieta e edificante, tra volti
vecchi e nuovi, alternando
momenti di forte concentrazione intellettuale e di intensa spiritualità a momenti di
socializzazione, lievi e rilassanti, consumati tra canti e
foto nel giardino del Villaggio
della gioventù.
f
A
Una nuova rubrica curata dal Servizio istruzione e educazione
Il mercatino delle idee
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acwa ifv j.ìx. mtA f c 1.
Il convegno dei Sie che si è svolto a Ecumene
ai primi di novembre 1996 (vedi articolo su
Riforma n. 46/96 p. 7, «Come formare assidui
membri di chiesa?») è stato una fonte di idee,
suggerimenti, proposte innovative, sperimentazionifatte sul campo.
Tra le varie preposte ci è sembrata particolarmente interessante quella del «Mercatino
delle idee». Di che cosa si tratta? Praticamente ogni monitore o animatore di gruppo inventa un mucchio di cose, conduce sperimentazioni, fa lavorare i ragazzi in qualche modo particolare, organizza culti e liturgie per i
bambini e le famiglie, inventa recite, ecc.
L’eco di tutta questa creatività è arrivata appunto al convegno di Ecumene e ci siamo
chiesti se non sia un peccato che tutto questo
materiale vada utilizzato solo sul piano loca^ e nessun altro ne venga a conoscenza. Ecco
^otgere l’idea del Mercatino delle idee, idea
^tt^erita dai partecipanti svizzeri del Can
ton Ticino che già la utilizzano, anche se in
modo diverso. Al convegno hanno partecipato molti monitori giovani, da cui è venuta
anche una richiesta di chiarimenti e indicazioni pratiche. Ecco che si apre un nuovo
«banchetto del Mercatino delle idee»: come
spiegare praticamente ai bambini un testo
biblico difficile? Come gestire un gruppo di
bambini scatenati? Il «Mercatino» è aperto a
tutti: chiunque può esporre la sua merce e
chiunque può acquistare ciò che gli serve...
Rivolgiamo quindi un caldo invito a tutte
le scuole domenicali perché questa ricchezza
di esperienze, di creatività, di domande e di
problemi venga resa nota e diventi fonte di
scambio: un vero «Mercatino delle idee»...
Tutti i contributi e tutte le richieste vanno inviati al Sie, che penserà a inoltrarli a Riforma
con la periodicità stabilita. Eccovi l’indirizzo:
Sie, via Porro Lambertenghi 28, 20159 Milano, fax 02-6682645.
Iniziative di coinvolgimento
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DANIELA BOUCHARD
OTTIMA iniziativa, questa
del «Mercatino delle
idee». Significativo, poi, che
sia essa stessa il frutto deli elaborazione di un’idea prestataci dai nostri amici della
Svizzera italiana. Cercando di
superare il timore di raccontarvi esperienze forse troppo
togate allo specifico della nostra situazione, provo a mettere sul banco del nostro
■Uercato ideale queste piccole
ttflessioni.
Per coinvolgere
la comunità
Uno dei nodi più difficili da
Sciogliere per i monitori è
Senz’altro quello dell’integra^lone ragazzini-resto della
Comunità. Far partecipare i
uambini a una parte del culto
C senz’altro una delle vie da
percorrere, ma spesso si risolve in un assistere passivo a
itn avvenimento estraneo e
stiche piuttosto noioso. La
forma che stiamo sperimentando quest’anno con la nostra scuola domenicale è
quella di cadenzare mensilmente la partecipazione al
culto, motivandola sempre
con un’azione di interscambio. Si va nel locale di culto
per imparare come si svolgono momenti importanti della
vita comunitaria come la preghiera 0 la colletta, ma anche
per insegnare qualcosa. Dato
che la «lezione» si svolge contemporaneamente al culto in
una saletta attigua, una frase
frequente è «non fate troppo
baccano altrimenti disturbiamo»; allora, per far sì che 1
bambini non crescano con
l’idea che il culto sia fatto solo per anziani pedanti, il nostro ingresso non è mai in
punta di piedi.
Le occasioni finora sono
state caratterizzate dall’insegnamento di un canto che
prevedeva battito di mani,
salti e grida; da un serpente
umano che, snodandosi tra le
panche, rivolgeva a ognuno
la domanda: «Vuoi essere anche tu un pezzetto della famiglia di Gesù?»; o ancora un
grande albero di cartone su
cui ogni membro di chiesa
era invitato a apporre il proprio autoritratto. I bambini
erano entusiasti e anche gli
adulti più restii si sono lasciati coinvolgere.
Per un culto particolare
In questo quadro di interazione bambini-comunità,
penso che anche i culti «speciali» come Natale, Pasqua o
Pentecoste possano essere
occasione di testimonianza
reciproca con linguaggi adeguati. I messaggi che gli adulti rivolgono in queste occasioni sono spesso carichi di
astrazione e di sottintesi per
le piccole orecchie che amano la concretezza. Perché allora non riappropriarci per
esempio di quegli elementi
della tradizione ebraica che
per la loro tangibilità e carica
simbolica sono di più facile
comprensione? Un culto di
Pasqua ha così preso le mosse dalla celebrazione della
Pasqua ebraica, partendo
dalla pulizia della casa per
eliminare ogni traccia di lievito e, passando attraverso le
azzime, le erbe amare, l’acqua salata come le lacrime,
siamo arrivati al messaggio di
liberazione portato da Gesù
Cristo. Alla preghiera comunitaria hanno preso parte tutti scrivendo su un mattone di
cartone la propria richiesta a
Dio di liberazione dai vari tipi
di schiavitù. Si è così costruito un muro che al termine
della preghiera è stato simbolicamente distrutto. Alla fine
del culto, per non dimenticarci che certe schiavitù possono essere anche piacevolmente comode, ma non per
questo meno pericolose, abbiamo gustato l’impasto per i
mattoni, l’ottimo charoset
preparato dai bambini.
Per un incontro
tra monitori e genitori
Incontrarsi periodicamente
con altri monitori della stessa
zona penso sia fondamentale
per approfondire aspetti della
comunicazione e dell’espressione come il canto o l’animazione, ma anche per colmare delle lacune che hanno
molti monitori «volontari forzati» mandati allo sbaraglio
da una comunità incosciente.
Uno dei temi che abbiamo affrontato ultimamente è stata
la «sfida della morte da parte
degli adolescenti», guidati
dalle riflessioni della pastora
Adriana Gavina, che ha saputo inquadrare il problema
nella sua globalità, fornendo
indicazioni davvero utili sia
per i monitori che per i genitori presenti.
Il gruppo dei partecipanti aii’assemblea con aicuni famiiiari
Il culto del l'assemblea
Fede e esempio personale
«Voi siete il sale della terra
(...) Voi siete la luce del mondo...». Questo il tema del culto di apertura dell’Assemblea dell’Unione predicatori
locali (Upl) che ha avuto luogo a Santa Severa il 12 e 13
aprile. Queste due affermazioni di Gesù risuonano in
modo categorico: egli non
dice che i discepoli potrebbero essere, ma che sono il
sale della terra e la luce del
mondo. Gesù non elenca
delle qualità, ma afferma il
ruolo che essi ricoprono per
aver risposto alla sua chiamata. Il sale è elemento prezioso che racchiude in sé il
simbolo dell’ingegno, ma
l’acqua lo può sciogliere,
quindi esso è fragile. Poi si
disperde finemente, perché
per ricevere i suoi benefici lo
si consuma; esso deve essere
giustamente dosato, altrimenti non è utile, il troppo e
il troppo poco non servono.
Nella seconda similitudine
si mettono in rilievo le qualità della luce. Oggi essa si
spreca e non costituisce un
bene eccezionale; nell’antichità invece la notte era rischiarata dalla debole luce di
una lampada a olio, prodotto
costosissimo; essa illumina
la città buia, è punto di riferimento del viandante. Pertanto è assurdo accendere una
lampada per poi coprirla.
tanto vale lasciarla spenta ed
evitare sprechi.
Gesù si riferisce a tutto il
suo popolo in ogni tempo,
così ai discepoli allora come
ai credenti di oggi, ai predicatori che diffondono TEvangelo e che sono agli occhi di Cristo altrettanto preziosi quanto il sale che preserva e che
condisce e la luce che illumina e schiarisce. Il predicatore
è chiamato a svolgere tante
funzioni, a risolvere tanti problemi, piccoli e grandi, a aiutare persone che hanno perso, sia pure temporaneamente, il «sapore della vita». La
società di oggi è molto difficile, molti valori morali e spirituali sono andati smarriti in
favore di un’aspirazione a beni materiali e caduchi.
Tutto è lecito, e chi non si
uniforma a tale principio viene emarginato. In questa
realtà di sofferenza noi popolo di credenti siamo esortati a
preservare i valori dell’etica,
a portare la luce di Cristo.
Dobbiamo essere come la
fiamma di un’antica lampada
che illumina senza abbagliare, ricordando che Gesù si
propone, non si impone con
la forza. Le risposte migliori
che possiamo dare in qualità
di sale della terra derivano da
un esempio concreto di vita
personale, coerente alla fede
che professiamo, (e.w.)
Filippini a Reggio Calabria
Tre anni di fraternità
La Chiesa filippina di Reggio Calabria, membro dell’Ucebi, domenica 20 aprile
ha celebrato il terzo anniversario della sua costituzione.
Tema conduttore della celebrazione è stato il passo di I
Corinzi 15, 57 «Ringraziato
sia Dio che ci dà la vittoria
per mezzo del Signor nostro
Gesù Cristo».
Nel corso della predicazione il pastore Salvatore Rapisarda, che da anni cura la comunità filippina per la crescita teologica e lo sviluppo dei
ministeri, ha evidenziato che
la vittoria di cui godiamo non
è opera nostra, ma conquista
di Gesù Cristo. Essa è una vittoria sulla morte, sul peccato
e sulla legge, che ci viene data per grazia e che godiamo
nel nostro essere in Cristo.
Non già, dunque, i nostri successi vanno considerati come
delle vittorie, bensì l’opera di
Cristo: una chiesa che annuncia la vittoria di Cristo
partecipa già a quella vittoria
e a quelTatto di salvezza.
Il culto ha visto una nutrita
partecipazione di filippini,
nonché di fratelli e sorelle
delle chiese di Reggio, Siracusa, della tenda «Cristo è la
risposta» e di altri centri della
Calabria. Data la forte presenza di italiani, i fratelli e le
sorelle filippine hanno compiuto uno sforzo linguistico:
la maggior parte dei canti,
delle preghiere e la stessa
predicazione, che normalmente avviene in inglese, si
sono svolti in italiano. Ciò va
visto come un gesto di servizio e un atto straordinario in
quanto non tutti i filippini e
le filippine di Reggio Calabria
comprendono perfettamente
il linguaggio teologico che si
usa nei culti in italiano. Tuttavia è anche un segno di crescita che deve essere salutato
con gratitudine.
Un’agape con cibi della cucina filippina ha concluso la
giornata, che può essere considerata una tappa significativa nella storia di questa comunità. La gioia della giornata è stata offuscata dalle assenze di numerose coppie di
fratelli e sorelle che proprio
in questo periodo sono nelle
Filippine. Alcuni sono andati
via per sempre, altri torneranno fra due o tre mesi; alcuni sono andati per un normale rimpatrio temporaneo,
altri, fatto doloroso, per lasciare i propri bambini presso
parenti e amici, per poi tornare a lavorare a pieno ritmo
così da far fronte alle ingenti
spese di viaggio, di alloggio e
di mantenimento della famiglia. Se lo sfruttamento, la discriminazione e le ingiustizie
quotidiane non hanno distrutto i fratelli e le sorelle filippine è per la loro fede in
Cristo che dà loro la vittoria
sul peccato sotto qualsiasi
forma esso si presenti, (s.r.)
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 2 MAGGIO i
lîÂiaMi
Incontro di studio a Livorno
Eutanasia
Le implicazioni umane e teologiche
di una questione scottante
Conferenze pubbliche a Siracusa
CLAUDIA ANGELETTI
CONTINUANDO la riflessione sui temi più scottcmti della bioetica, sabato 22
marzo nella chiesa valdese di
Livorno si è parlato per circa
tre ore dell’eutanasia, tra fratelli e sorelle battisti, metodisti e valdesi e qualche amico
esterno (circa 50 persone in
tutto).
Purtroppo uno dei due relatori invitati (il prof. Ermanno Genre) è mancato all’appuntamento per motivi di salute e perciò l’introduzione al
problema è stata affidata alla
sostanziosa relazione del pastore battista Antonio Di Passa, che ha affrontato l’argomento da un’angolazione etico-pastorale, sottolineando
in primo luogo che compito
dei cristiani è principalmente
quello di stare vicino alle persone che stanno morendo,
offrendo conforto spirituale e
assistenza corporale adeguata. Anzi, dato che la richiesta
di essere aiutati a morire (eutanasia) avviene spesso in casi di depressione, è specifico
compito dei cristiani (tanto
più dei pastori) offrire un tipo di aiuto che spinga a non
formulare questo desiderio.
Infatti nella maggior parte
dei casi, i cristiani si sono opposti all’eutanasia, giudicandola una violazione del sesto
comandamento e anche del
codice deontologico medico,
per cui intenzione del trattamento di un paziente deve
essere sempre la cura e non
l’abbreviazione della sua vita.
Di fronte a queste premesse di fondo, però, si erge il
fatto che lo sviluppo della
medicina contemporanea genera nuove problematiche,
ma anche la considerazione
che la nostra società secolarizzata e pluralista ha diritto
al rispetto delle sue richieste
di una regolamentazione legale dell’eutanasia.
Alcuni nodi di dibattito: è
lecito preservare la vita di persone anziane a prezzi altissimi che permetterebbero di
salvare quella di bambini affamati del Terzo Mondo? Ov
vero: è lecito sacrificare Tessere umano sofferente fisicamente e spiritualmente al
principio della sacralità della
vita? E ancora: è lecito essere
misericordiosi aiutando chi lo
chiede a morire, oppure nel
solco della tradizione cristiana dobbiamo continuare a sostenere semplicemente che
Dio partecipa al dolore e alla
sofferenza dell’uomo che deve essere sopportata? Eppure
se è vero, come è vero, che
Gesù ha affermato l’importanza di ogni individuo e della
sua autonoma responsabilità
personale, ha detto Di Passa,
dovremmo rispettare le richieste dei malati, anche
quelle di eutanasia, avendo
comunque ben presente che
dovrebbero essere accolte in
un contesto di interdipendenza, in cui sia effettivo Tessere
membra gli uni degli altri.
Il pastore Gino Conte ha
poi evidenziato Tincongruenza di chi, facendo appello alla
sacralità della vita, per negare
la possibilità persino dell’eutanasia passiva, è poi senza
problema favorevole alla pena di morte e alla guerra.
Conte ha sostenuto infatti
l’importanza dell’aspetto relazionale della vita rispetto al
mero aspetto biologico-animale, evidenziando come
una considerazione dell’importanza della dignità del
morire sia sottolineata da più
parti, da Thomas Moore a
Hans Kùng e come invece
all’accettazione di un’ampia
autonomia personale che
possa prevedere anche la
scelta del momento in cui
morire (eutanasia attiva) si
oppongano i timori derivanti
dalle pratiche naziste e da
possibili simili abusi.
Il dibattito che ha fatto seguito ha evidenziato le grandi
resistenze presenti alla depenalizzazione e all’accettazione dell’eutanasia nel nostro
ambito, proprio sulla base
della considerazione teologica che la vita è Dio e T esistere
un miracolo di Dio, nel bene
e nel male; realtà quest’ultima con cui siamo chiamati a
confrontarci, come Giobbe.
La storia valdese
prima della Riforma
SALVATORE RAPISARDA
.. O TORIA dei valdesi, dal\\ le origini alla Riforma»
è il tema della conferenza organizzata dal Centro culturale «M. L. King», tenuta da Giuseppe Napolitano nei locali
della chiesa battista di Siracusa il 19 aprile. La conferenza
nasce nel contesto della riflessione che evangelici e cattolici, a cominciare con gli incontri della Settimana per
l’unità, stanno conducendo
sul tema della riconciliazione.
A più riprese è stato detto
che la riconciliazione implica
una conoscenza della storia,
perché è necessario individuare e portare alla luce le
radici profonde delle attuali
divisioni delle chiese. Soltanto avendo fatto chiarezza dei
Il monumento di Chanforan ricorda i’adesione alia Riforma
punti di conflitto ci si può fare carico delle proprie responsabilità e sarà possibile
comprendere le diverse sensibilità che si hanno nelle
chiese circa argomenti di attualità quali il rapporto con il
potere politico-economico, la
libertà della predicazione, il
ruolo di uomini e donne nella chiesa e nella società.
Giuseppe Napolitano, valdese e membro della chiesa
battista, ha trattato il tema
con grande passione e ottima documentazione. Ne è
scaturita una lezione in cui i
Poveri di Lione, i valdesi, i
catari, i Poveri lombardi sono stati presentati nei loro
tratti dottrinali, missionari e
etici. I valdesi, è stato detto.
hanno conosciuto reazioni
autoritarie: scomuniche, persecuzioni, crociate, stragi,
ma sopravvivono fino a oggi.
Il loro posto nell’ecumene
cristiana non ha perso di attualità e validità.
Il dibattito ha evidenziato
che le chiese sono chiamate a
vigilare affinché la voglia di
potere e di compromessi non
si impadronisca del cammino delle chiese, che deve essere cammino di servizio e di
ubbidienza a Dio. La rilettura
della storia, il «ricordare»,
vuole essere un argine alla ripetizione delle atrocità che
stanno sempre in agguato.
Nel programma del centro
culturale per il 1996-97 figurano all’attivo una conferenza del prof. Sergio Rostagno
su «Bioetica e coscienza cristiana» {Riforma n. 48/1996)
e una conferenza sul tema
«Tisiologia sociale del disagio
umano» tenuta il 1° marzo
dal dr. Tmden, psicologo con
vasta esperienza nel campo
ecclesiale e nelle comunità di
recupero per tossicodipendenti a Siracusa. Anche questa conferenza ha interessato
un notevole pubblico di evangelici e di cattolici. Si è visto che il disagio è fisiologico
sia per l’individuo che per la
società ed è dovuto alla tensione che si sperimenta nella
paura di perdere ciò che si
ha; vivere, dunque, vuol dire
innescare meccanismi che
per loro stessa consistenza
sono portatori di nuovi disagi
e di nuove sfide. Il dibattito
ha evidenziato che la spiritualità è progettualità, mentre lo spiritualismo è emotività. La parola di Cristo e il
valore della comunità di fede
hanno qualcosa da dire a
proposito del disagio sociale
proprio per la loro capacità
di creatività e progettualità,
per la fede che è un appello a
ricominciare, a non lasciarsi
sconfiggere dagli insuccessi.
Tra gli imminenti appuntamenti del Centro figura una
conferenza del prof. Valastro,
filosofo e già preside di un liceo cittadino, che commenterà il libro di Mario Miegge II
sogno del re di Babilonia (Feltrinelli) e introdurrà il dibattito su storia e storiografia.
Prosegue la riflessione sul tema chiesa e diaconia
Le opere: «armi» del «buon combattimento»
SERGIO AGUILANTE
Diaconia e società: su
richiesta della Csd ripeto, a questo riguardo, poche
e brevi considerazioni.
1) Il pastore valdese Giorgio Appia (a Palermo fin dal
1861); «Fondiamo a Palermo
e in tutta l’Italia meridionale
belle scuole (...) e la popolazione sarà trasformata in una
generazione». Troppo ottimismo? Forse. Emerge comunque una chiara strategia: una diaconia, una «azione sociale», non semplice
«aiuto» ma «mezzo» per il
cambiamento. Lo stesso in
vari ambienti delle chiese
metodiste. Per esempio:
a) Enrico Piggott, pastore
metodista wesleyano, alla
chiusura dell’anno scolastico
1870-1871 dell’Istituto internazionale di Padova; «...noi
“combattiamo il buon combattimento”. Contro noi sono
schierate l’ignoranza e la superstizione; il vizio e la indisciplinatezza; la pigrizia e la
mollezza, l’egoismo e il bollor delle passioni. La nostra è
una guerra patriottica, perché da essa dipendono i destini dell’Italia dell’avvenire»,
b) William Burt, pastore
metodista episcopale: «acciocché questi Istituti siano
utili (...) è necessario che siano di primo ordine (...). Non
possono essere (...) semplicemente istituti di beneficenza (...). Noi non lavoriamo semplicemente per il
momento presente facendo
un’opera di carità a questa o
quella famiglia, ma lavoriamo a stabilire il regno di Cristo nei cuori degli individui e
della società» (Conferenza
1898, Torino).
c) Il Rapporto del Comitato «La Chiesa e la Questione
sociale» alla Conferenza metodista episcopale del 1892
(Pisa): «Finora è per l’individuo che [la chiesa cristiana]
ha speso tempo e fatiche (...)
poco per le masse (...). L’Evangelo è un lievito; deve penetrare tutta la massa (...). La
Chiesa evangelica, che ha già
fra le sue conquiste (...) tutte
le forme della libertà individuale, deve raggiungere ancor questa; la restaurazione
del regno della giustizia e
dell’amore».
Una chiara linea d’azione;
bisogna intervenire nel sociale per fedeltà a Gesù che è
stato «il più perfetto predicatore della giustizia, il bene
fattore dell’orfano e della vedova, il pietoso amico delle
turbe senza pane, il flagellatore imparziale di ogni egoismo farisaico» (dal citato
Rapporto alla Conferenza
1892); e gli interventi nel sociale devono qualificarsi per
la loro «professionalità», per
la loro «evangelicità», per il
loro obiettivo di rinnovare
T«individuo e la società».
2) Queste linee mi sembra
che, nella loro sostanza, siano valide anche oggi, ancorché in situazioni profondamente mutate. L’«arma» per
condurre il «buon combattimento» resta la predicazione: a me piace dire la predicazione mediante il «detto» e
mediante il «fatto». Le «opere
sociali», pertanto, sono anch’esse «armi» per questo
«buon combattimento». Sono consapevoli di non costituire la «soluzione» definitiva
dei tanti problemi della nostra società ma sanno di potersi offrire, quantunque in
dimensioni molto limitate,
come luoghi in cui progettare e sperimentare di volta in
volta iniziative di aggregazione e di «socialità»; servizi di
vario tipo, come piccole «imprese» che diano occupazio
ne, specialmente nel Mezzogiorno, fuori dagli schemi di
una economia «assistita»;
una cultura della partecipazione, dell’impegno diretto;
una scuola che risponda alle
esigenze della nostra gioventù, anche in rapporto al
«lavoro», ecc.
3) Attraverso questi interventi nel sociale, le nostre
chiese accendono, qua e là,
segnali del Regno, del «mondo nuovo» di Dio: un mondo
certamente al futuro, ma un
futuro che irrompe nel presente e chiede il «ravvedimento» sia del singolo, sia
della società. Per cui questi
interventi, nella ricerca della
loro «evangelicità» (nella loro
tensione verso individui rinnovati e nel loro diventare
giornalmente testimonianze
concrete dei «nuovi cieli» e
della «nuova terra» che Dio
crea, della «novità» del suo
Regno che viene), possono
essere costruttori di pezzi di
una società che sia sollecita
della giustizia e della pace,
della libertà e della verità, e
consenta al diritto di correre
come acqua, come un rivo
perenne (Amos 5), e a ciascuno di aprirsi a colui che è carne della sua carne (Isaia 58).
Ebrei e cristiani a Torino
Dieci anni di amicizia
e confronto produttivo
ERNESTO RIVA
Domenica 13 aprile del
1997, nel salone valdese
di corso Vittorio, è stato festeggiato il decimo anniversario dell’Amicizia ebraicocristiana di Torino. Dopo il
saluto del pastore Giuseppe
Platone e di Maria Ludovica
Chiambretto, presidente di
questa associazione, vi sono
state le testimonianze di alcuni dei soci fondatori (purtroppo il pastore Enrico Paschetto e il dott. Piero Luzzati non sono più fra noi), che
hanno ripercorso in breve il
cammino delTAec in questi
dieci anni. Un saluto particolarmente gradito è stato porto per il Comune dall’assessore Carlo Baffert e per la
Provincia dalla presidente,
Mercedes Bresso. Giampiero
Leo, assessore alla Cultura
della Regione, impegnato altrove, è riuscito comunque a
giungere ancora in tempo
per segnalare con la sua presenza l’interesse della Regione per l’attività delTAec. Gli
interventi di mons. Franco
Peradotto e della presidente
della comunità israelitica, Lia
Montel Tagliacozzo, hanno
sottolineato come i cattolici e
gli ebrei torinesi diano un
particolare valore a questo
dialogo interreligioso e interculturale. All’incontro hanno
partecipato circa 120 persone mostrando come l’Associazione abbia un notevole
significato nel panorama culturale cittadino.
L’Aec torinese è stata la
terza, in ordine di tempo, ad
essere fondata, dopo quelle
di Firenze e Roma. Essa èik
ta dall’impegno di Mari!
Avigdor Malvano che, 03%
lica sposata con un ebreo, k
vissuto in prima personal,
difficoltà e la ricchezza dj
dialogo fra persone di re|j.
gioni e culture diverse. Grj
zie al suo interessamento
sa evangel
alla buona volontà diThjljSn
persone (di confessioni di' al
verse e anche non credentii „naie
dopo diversi mesi di colloqi '
ALpasI
mann
Quali
cìieaffron
tre alls Ct
0iministi
«din ter
litro Sino
ipovo coi
la Chiesa
(Ekd). Quf
to hanno
anni e qu
diquest’a
di un ann
rando su
a vari livelli fu approvato]
28 maggio ’86, lo Statuto del
la nuova associazione chej
presentò ufficialmente a
pubblico torinese domenid
9 novembre 1986.
Da allora TAec ha dato ori»
gine a molteplici iniziative
conferenze, dibattiti, gite
senza dimenticare gli orma
famosi «Quaderni delTAec d
Torino» (temi a due vocisi
argomenti di interesse reti
proco, ad esempio la Pasqua .„„uu
ebraica e la Pasqua cristiaiii Lcam
ecc.), nati dagli aitrettanW jionedel
famosi «Incontri del luneè, rh,
con Nedelia Tedeschi, di
parte ebraica, e i pastori Ej ^
genio Rivoir e Alberto Ta
da, da parte cristiana.
L’Aec di Torino, in tuS
questi anni, si è ritagliata uì
suo spazio autonomo tra lì
molte associazioni presen! ^
in città e ha ottenuto in parK!!ì!J™
ticolar modo la fiducia e «amen
collaborazione della comtBjjgQjQ
nità ebraica locale. Per il
turo TAec ha inolti progetf jjjjeg’g
tra 1 quali anche un viaggijg ^
(finalmente!) in Israele,
realizzarsi rimanendo natK^j^^,
raímente fedele al suo stillg^jpgjjg
dialogo amichevole e rispefg^^j^'tà]
to delle diversità. gj
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Celi. Ci SE
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intributi
del 1
isso sce
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Chiesa valdese di Torino
ma, op
La gestione delle opere
L’ultimo Sinodo ha affrontato il problema del riassetto
degli istituti e delle opere che
fanno parte dell’ordinamento
valdese. In merito agli istituti
e alle opere dipendenti da organi di chiese locali, il Sinodo
è arrivato alla conclusione
che essi potranno conservare
l’attuale collocazione e ordinamento solo se le chiese locali, in quanto enti ecclesiastici, saranno munite di personalità giuridica nell’ordinamento dello stato ovvero la
conseguano per decisione sinodale, altrimenti gli stessi
istituti e le stesse opere rientreranno nell’insieme degli
istituti e delle opere gestite
dalla Commissione sinodale
per la diaconia.
La Chiesa valdese di Torino gestisce direttamente la
Casa di Borgio Verezzi e
l’Ostello femminile. In questi
mesi essa è stata dunque impegnata in una riflessione e
in una discussione sulla possibilità e sulla necessità di ri
chiedere la personalità giuri
dica al prossimo Sinodo, p( uue
poter continuare a gestire li
proprie opere in un regime d jj j
maggior chiarezza e coeren
za, oppure di non richiederli ¿j ggj.j
e quindi collaborai e con li jeridianr
Commissione sinodale perii j.
diaconia, sostenendo Tatti' identità
vità di queste opere coni valdei
partecipazione di propi ej pastoi
membri di chiesa ai eomita|lQjenzo
digestione. jlvelinaVi
Il 15 aprile un’affollata as| Hpastoi
semblea di chiesa ha affroni rito ¡1 teir
tato il dilemma cimentandit testante
si in un vivace e appassii; ¿entità 1
nante confronto condussi ¿do qi
con una votazione che ha il '
sto prevalere, per 51 votii
vorevoli contro 32 conti#’
la posizione di chi ritienei*
la Chiesa valdese di TorW
deve richiedere al Sinodoll
personalità giuridica per f
ter gestire «direttamente»“
lavoro diaconale sorto al si#
interno grazie alTentusiasiiO
e al sacrificio di tante sorella
e di tanti fratelli.
tless
CASA VALDESE
DI RIO MARINA
ìsola D'ELBA - piana Mazzini 14 - 57038 Rio Marina |U|
Abbiamo ancora possibilità di accoglienza. Prenotate le vostre ver
canze alla Casa valdese per ferie di Rio Marina.
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0565/924156 (abit.); 0565/962770 (anche fax).
Per pastori e diaconi disposti ad aiutarci con culti e studi bibH^^
0 conferenze sconti particolari.
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Vita Delle Chiese
Intervista al pastore Diekmann, decano della Chiesa luterana in Italia
Per una dimensione europea
// ruolo del luteranesimo nel protestantesimo italiano è quello di un
invito all'apertura e al dialogo. I rapporti con la chiesa tedesca
PAG.
9 RIFORMA
^■1
ANNA MAFFEI
Al pastore Hartmut Diekmann, decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi) abbiamo chiesto di
fare Ü punto del luteranesimo
Italiano alla vigilia del Sinodo
'Ssa e Ut
i Marii
ca%
-breo.li,
irsonaii
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- di reli.
rse. Grj.
mento (
di altri
sioni d|,
redenti! annuale che si conclude in
oolloqii gjti giorni a Rimini.
i _ Quali sono i temi generali
tuto dell affronterete al Sinodo olle chej ugnile consuete questioni
amministrative?
omeniri tema centrale del no
stro Sinodo è la firma del
• ^ovo contratto fra la Celi e
iiziativi chiesa evangelica tedesca
'C gite Questi contratti di soliiji orma to hanno una durata di sei
' anni e questo scade alla fine
■ voci sii! ¿¡quest’anno, cosi è da più
sse reci-j ¿¡yn anno che stiamo lavo1 Pasqui! sul nuovo contratto
cristiani
rettantel
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ichi, di
stori Et
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1.
in tutti
gliata
Qo tra
presen
3 in pari
che cambia un po’ la situa
Jn che senso?
Jmbia la somma versata
lulmente dalla Ekd alla
Celi. Ci sarà un calo del 25%,
lesto vuol dire che il loro
mtributo, che era intorno al
del nostro bilancio, a¡SSO scende a quasi il 40%.
lesto comporta una serie di
ìcisioni ma anche un cam
iiamento nel rapporto del
hgolo credente, delle colunità, della Celi stessa con
chiesa tedesca. La questioe è capire quale valore dare
dia nostra esistenza; o dobiamo ridurre tutto del 25%
stipendi dei pastori, spese,
e rispefg questo potrebbe
anche significare di rimanere
cora una chiesa spiritualinte dipendente dalla Gerla, oppure dobbiamo de
Hartmuth Diekmann
cidere per far vivere la Celi di
subentrare con il nostro impegno alle nuove esigenze. È
un momento decisivo: l’anno
prossimo la Celi compirà 50
anni, e questo dovrebbe implicare una certa maturità.
Nonostante tutto io ritengo
che il contratto che andiamo
a firmare sia buono, esso ribadisce il rapporto stretto
esistente con la Chiesa evangelica tedesca, in quanto non
abbiamo ancora la possibilità
di essere autonomi. Questo
rapporto che ci lega con la
chiesa tedesca in qualche
modo ci aiuta a comprendere
meglio la necessità che abbiamo di trovare anche in
Italia degli “amici”».
- In che modo si stanno
evolvendo i rapporti con le altre chiese, in particolare con
le chiese battiste, metodiste e
valdesi?
«C’è la collaborazione con
la Fcei, e una volta c’era un
gruppo che lavorava sui rapporti fra battisti, metodisti e
valdesi dove noi eravamo soltanto osservatori. Ho già e
II XVII Febbraio a Bari
uestìoni di identità
ta gli
3do, pi
estire I
.'gimeJ hxvil Febbraio è stato ricordato dalla Chiesa valdese
hiedert jj g^j.j incontro po
' ‘ aeridiano del sabato prece
lente la ricorrenza sul tema;
o 1 atti' (Identità protestante e idencon iid valdese», con le relazioni
propjei pastori Giulio Vicentini e
"Onnùflorenzo Scornaienchi e di
Ivelina Vigliano.
Hpastore Vicentini ha insento il tema dell’identità protestante nel quadro della
iientità riformata, eviden%do quanto sia difficile e
tfclesso darne oggi una
ileffiizione chiara e lineare.
Infetti, il «quadrilatero protestante» {sola fides, sola grada,
solus Christus, sola Scriptutn) è, almeno in teoria, conditnso anche da altre chiese cristiane, così come lo è in parte
'I “principio protestante»,
hoè la sempre presente capacità di critica (e autocriti'•n)- È importante che il caratare riformato sia vissuto nelt coerenza a partire dalla reponsabilità ossia come do®tosa risposta, in quanto instlocutori di Dio, alle persot® che ci stanno intorno.
11 pastore Scornaienchi,
*11 a sua relazione sulla
^tlentità valdese», si è chiedo quale sia il proprium valIcse nell’universo protestane. Le rose risposte
'ùngono in risalto alcuni
spetti, quali la situazione di
Onoranza («una minoranza
■gnificativa»), elementi etnit e folcloristici («popolo«iesa»), scelte politiche ed
l^'che. Di fatto però dopo il
''nodo di Chanforan, che
®ttò i valdesi ad aderire alla
«forma nel 1532, è difficile
®oividuare uno specifico
^dese nella dottrina e nel®cclesiologia del valdismo
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riformato. Questo proprium
valdese dovrebbe essere ricercato in un discorso etico
più radicale secondo tre direttive: il pauperismo, cioè
una presa di posizione individuale e collettiva contro il
mammonismo e l’ingiustizia
sociale; Finternazionalità,
cioè ia capacità di un pensiero dal basso ma non locale,
globale ma senza il sostegno
delle strutture di potere politiche ed ecclesiastiche; l’opposizione a un cristianesimo
costantiniano, negazione del
vero cristianesimo.
Evelina Vigliano, che da
tempo si occupa delia storia
della locale Chiesa valdese,
ha illustrato le vicende che
hanno portato la comunità
barese, già della Chiesa libera
e costituente il primo nucleo
di quella valdese nel 1895 a
Bari, ad acquisire un’identità
denominazionale. Si è trattato di un processo lento, nel
quale sono stati determinanti
all’inizio lo studio della storia
valdese incoraggiato da alcuni pastori e la presenza sul
posto di valdesi delle Valli
nonché il confronto, nei primi tempi spesso ostile, con le
altre denominazioni evangeliche della città. L’identità
valdese, allora faticosamente
conquistata, è oggi una ricchezza che non può essere
ceduta alla leggera sull’onda
della spinta unificatrice e livellatrice delle diversità confessionali.
Molti spunti, dunque, in un
percorso attuale che vede un
rinnovato interesse per la
propria identità non solo nella Chiesa metodista e nei vaidesi delle valli piemontesi,
ma anche nei valdesi della
diaspora.
spresso in altre occasioni la
mia idea di dover riprendere
questo dialogo per inserire
meglio la Celi nel contesto
italiano. A mio parere è auspicabile che nascano rapporti più intensi, però aggiungerei che la Celi non dovrebbe diventare del tutto
una chiesa italiana. Infatti in
un momento in cui tutto si
apre all’Europa e noi abbiamo la possibilità di diventare
una chiesa di spirito europeo,
è più auspicabile puntare su
rapporti multinazionali».
- Vuole parlarci del peculiare ministero che le chiese
luterane svolgono nei riguardi delle donne immigrate in
Italia dalla Germania?
«Ci siamo resi conto che
soprattutto le nostre chiese
del Sud sono composte per il
95% da donne sposate con
italiani o sposate in Italia.
Abbiamo compreso che ci sono tantissime relazioni, soprattutto quelle interne a una
stessa famiglia che hanno bisogno di essere curate in maniera particolare; come dialogo tra due confessioni religiose, dato che i mariti sono
in genere cattolici, ma anche
fra due culture. Ad esempio
in molte comunità vengono
offerti corsi di lingua tedesca
per bambini che hanno difficoltà a imparare nella famiglia la lingua della madre. Secondo me la cultura subisce
molto l’influenza della confessione religiosa. Una diversa idea di famiglia, il difficile
rapporto tra pubblico e privato possono essere sperimentati come contrasto tra
due singoli ma in realtà si
tratta di un contrasto tra due
culture diverse».
- Sia il luteranesimo sia il
cattolicesimo tedesco emergono nel panorama europeo fra
le confessioni più attente al
dialogo, forse per questo anche le chiese luterane in Italia
hanno questa sensibilità particolare. Vuole spiegarci perché questo avviene?
«Per quanto riguarda la nostra tradizione tedesca siamo
dipinti come un popolo diviso in due a partire dalla Riforma. La Germania infatti è stato l’unico paese ad esserne
uscito spaccato a metà. È accaduto che dopo aver combattuto guerre di religione
per trent’anni, anche attraverso il Pietismo e l’Illuminismo, è nata una cultura del
dialogo, pur ogni tanto interrotta da qualche regime dittatoriale. E stata una cultura
che si è sviluppata nel tempo,
per questo l’ecumenismo in
Germania è più forte rispetto
alle situazioni di altri paesi».
- In conclusione possiamo
dire che il luteranesimo in
Italia si pone come ruolo fondamentale quello di offrire al
resto del protestantesimo una
dimensione europea e anche
il proprio peculiare contributo al dialogo ecumenico. Io
credo che un altro imprescindibile compito sia quello di
far conoscere Lutero di più e
meglio agli italiani...
« A questo proposito noi
siamo molto grati alla Chiesa
valdese che sta pubblicando
le opere di Lutero in edizione
italiana: è senza dubbio un
arricchimento per la vita religiosa italiana».
Chiesa metodista di La Spezia
La coscienza interrogata
ELISABETTA SENESI
L> 11 aprile, nella chiesa
I metodista di La Spezia, il
Collettivo culturale ha organizzato una conferenza-dibattito sul tema: «Omosessualità e coscienza cristiana»,
relatore il pastore Paolo Ricca, docente di Storia del cristianesimo presso la Facoltà
valdese di Roma. L’incontro
ha richiamato un pubblico
numeroso che ha dato vita a
un dibattito vivace e interessante. Il prof. Ricca, con un
linguaggio chiaro e incisivo,
ha messo a fuoco alcuni aspetti del problema che per
lui costituiscono dei punti
fermi. In primo luogo l’omosessualità è da considerarsi
un fatto, non una malattia,
non un vizio, né una colpa.
La coscienza che l’omosessuale ha di se stesso è identica a quella che un eterossessuale ha della propria sessualità. La questione, peraltro irrisolta, se l’omosessualità sia
una specie di condizione
congenita o acquisita, indotta cioè da circostanze esterne, non cambia la sostanza
del problema, il fatto che
l’omosessuaiità sia appunto
un sentirsi, un essere.
Altro punto fermo è da ritenersi la condanna dell’omosessualità nella Scrittura, anche se in contesti particolari
quali quello dell’ospitalità
tradita neH’eplsodio di Sodoma e Gomorra, e quello dell’idolatria in Romani 1: «...essi
che hanno mutato la verità di
Dio in menzogna e hannno
adorato e servito la creatura
invece del Creatore, che è benedetto in eterno». È importante precisare che la Bibbia
non conosce l’omosessualità
come condizione, ma soltanto come scelta trasgressiva.
Passando poi ad esaminare la
posizione delle varie chiese
cristiane riguardo a questo
complesso problema, il prof.
Ricca ha tracciato un panorama particolarmente variegato in cui si passa da atteggiamento di condanna rigorosa
a posizioni più tolleranti o di
completa accettazione sia
dell’omosessualità in generale che degli omosessuali in
particolare.
Anche riguardo al difficile
aspetto della benedizione
delle coppie omosessuali, così come nei confronti dell’ordinazione di pastori e preti
omosessuali, le posizioni sono piuttosto diversificate e in
molti casi contrapposte. Senza dubbio la questione dell’omosessualità rimane un problema aperto che pone una
serie di interrogativi a cui
non è facile dare una risposta. Come Ricca stesso afferma nella prefazione ai testo
Omosessualità e coscienza
cristiana, anche gli omosessuali, come gli eterosessuali,
sono chiamati a rispondere
in sede morale non della loro
tendenza, ma di come la vivono, cioè della qualità dei
rapporti umani che, a partire
da essa, vengono instaurati.
Infine Paolo Ricca pone
una questione aperta, se cioè
il fenomeno omosessualità,
al di là della volontà dei singoli, non solo riveli ma in
qualche modo consacri una
rottura, un divorzio tra i sessi
non imputabile alle singole
persone, ma per la quale diventa impossibile per ciascun sesso portare nei confronti dell’altro l’intero carico
di responsabilità.
Agenda
CARRARA — In occasione del ciclo di conferenze sul metodismo proposto dalla Chiesa
evangelica metodista di Carrara, alle ore 21
nei locali della chiesa in corso Rosselli 49 il
pastore e presidente dell’Opcemi Valdo Benecchi parlerà su «Il metodismo italiano e i
suoi rapporti internazionali». Informazioni al 0585-788429.
SANT’ANTONINO DI SUSA — Per il ciclo di incontri organizzati dalla Chiesa evangelica battista sul tema «La riconciliazione è fedeltà alla parola di Dio», alle ore 20,45 nel
tempio battista di via Torino angolo via Vaie il pastore Giuseppe Platone parlerà su «Testimoniare la Parola». Per
informazioni tei. 011-9840621.
SANT’ANTONINO DI SUSA — Per il ciclo di
incontri organizzati dalla Chiesa evangelica
battista sul tema «La riconciliazione è fedeltà
alla Parola di Dio», alle ore 10, nel tempio
battista di via Torino angolo via Vaie il pastore Adriano Dorma parlerà su «Credere nella
Parola». Per informazioni tei. 011-9840621.
TORINO — Alle ore 21, nel tempio di corso Vittorio, Massimo De Grandis, titolare dell’organo del tempio valdese di
Torino, l’Accademia dei Solinghi, diretta da Rita Peiretti,
Marco Mosca e Alessandro Peiretti, violoncelli, e Luca Pipanti, traversiere, terranno un concerto con musiche di Vivaldi, Haendel, Bach. Ingresso lire 20.000; l’incasso sarà
devoluto all’iniziativa «Un organo bachiano a Torino».
TORINO — Le edizioni Gbu propongono
una conferenza di Alistair Me Grath, docente
di Teologia all’Università di Oxford, dal titolo
«Deve esserci qualcosa di più», alle ore 17
presso l’Università di Torino, Palazzo Nuovo. La sera, il Centro evangelico di cultura
«Arturo Pascal», in collaborazione con le Comunità cristiane di base, il Corso per animatori biblici, il Gruppo donne
credenti, il Sae, la redazione de «Il Foglio», l’Ywca e i Gbu
organizzano alle ore 21 nella sala valdese di via Pio V15 un
incontro con Alister McGrath sul tema «Chi era costui?».
Nel corso dell’incontro sarà presentato il nuovo libro del
prof. McGrath Gesù chi è e perché è importante saperlo, ed.
Gbu, Roma, 1997. Per informazioni tei. 011-6692838.
PADOVA — Per il ciclo di incontri sul tema «Lunedì con il
Sud del mondo» promosso dal Centro missionario diocesano, alle ore 20,45 presso il Cuamm in via San Francesco
126 Enzo Friso parlerà su «La distribuzione mondiale del
lavoro: situazione e scenari futuri». Tel. 049-690269.
BOLOGNA — Le edizioni Gbu propongono
una conferenza di Alistair Me Grath, docente
di Teologia all’Università di Oxford, dal tifo
lo «Deve esserci qualcosa di più», alle ore 12
presso l’Università di Bologna. Alle ore 21, al
salone dell’Istituto Gramsci in via Berberia
4/2, Me Grath parlerà su «La forza della Riforma protestante nell’attuale scenario religioso»; presiede Roberto Bottazzi, del Centro culturale A. Gavazzi. Tel. 051-239227.
ALBANO LAZIALE — Alle 18,30, presso la Comunità evangelica in via Risorgimento 87, mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, guiderà un incontro sul tema «Il compito della riconciliazione in Europa: verso la II Assemblea ecumenica ».
NAPOLI — Le edizioni Gbu propongono
una conferenza di Alistair Me Grath, docente di Teologia all’Università di Oxford, dal
titolo «Deve esserci qualcosa di più», alle
ore 12 presso l’Università di Napoli. Alle ore
18, presso la Chiesa evangelica dei Fratelli
di Bacoli, Alistair Me Grath parlerà su «Riscoprendo il cristianesimo». Per informazioni tei. 081-8535010.
ROMA — Le edizioni Gbu propongono una
conferenza di Alistair Me Grath, docente di
Teologia all’Università di Oxford, dal titolo
«L’importanza del pensiero della Riforma
per la società pluralistica di oggi», alle ore 15
presso l’Università «La Sapienza», Facoltà di
Lettere, dipartimento di Storia. Tel. 06-4452242.
CANELLI — In occasione delle celebrazioni
per il centenario del tempio di San Marzano
Olivete, la Chiesa evangelica metodista orga
nizza alla Foresteria Bosca, alle ore 20,30, una
tavola rotonda sul tema «Riconciliazione: do
no di Dio e sfida per la società»; partecipano
il prof. Paolo De Benedetti, don Giovanni Pavin, il pastore
Bruno Giaccone, moderatore il prof. Domenico Borgatta
Seguirà l’inaugurazione della mostra «Paola antica. Parola
vivente; tremila anni di Bibbia», con antiche edizioni del te
sto biblico e immagini di Eugenio Guglielminetti.
TORINO — Alle ore 21, nella chiesa battista di via Viterbo
119, rassegna di inni evangelici del XVII secolo coordinata
da Amelia Cocumelli Monti.
MANTOVA — Alle ore 21, nella sala «Isabella d’Este» in via
Giulio Romano, il pastore Grimaldi terrà una conferenza,
organizzata dal Sae, dal titolo «Messaggio e mito nel Nuo
vo Testamento: la teologia di Rudolf Bultmann».
CULTO EVANGELICO: ogni domenica matti
na alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal mon
do evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche, trasmessa a domeniche alterne
alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della
settimana seguente alle ore 9 circa. Domenica 4 maggio (replica lunedì 12) andranno in
onda: «Romania: un lavoro sociale tra i bamÌ3Ìni della strada di Bucarest»; «L’anno degli sradicati»; «Rubrica biblica».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 2 MAGGIO io
Riforma
Il mestiere di crescere
Piera Egidi
Un’adolescente anoressica che si uccide per qualche
chilo in più. Un ragazzo che si toglie la vita a scuola perché non riesce a trovare il senso dell’esistere. Due episodi
che hanno riempito le pagine dei giornali, che hanno fatto versare fiumi d’inchiostro a commentatori e psicoterapeuti. Situazioni estreme che hanno sprofondato nella
desolazione famiglie e comunità. Interrogativi amari che
si pongono a noi tutti. A noi credenti in particolare.
Chi muore giovane è caro agli dei. Questo detto del
mondo classico presuppone una filosofia, un’estetica
della giovinezza su cui tanto si è giocato nei secoli per coniugare insieme giovinezza ed eroismo, bellezza inattingibile e morte. Morte come eccezionalità, rifiuto della
normalità, pericoioso gioco dell’oltrepassamento del limite, sfida al destino biologico, rischio e amore del pericolo, spregio di sé e tensione all’assoluto, sacralità del gesto e desiderio di eterno.
L’adolescenza è sempre stata un mito. Un mito di artisti e di poeti. La Venere del Botticelli, il David di Michelangelo, Romeo e Giulietta, il Tadzio di «Morte a Venezia», i biondi efebi nazisti di Visconti ne «La caduta degli
dei». L’adolescenza nella sua fragilità, nella sua perfezione acerba, colta nel magico istante della sua seduttività.
Così preziosa perché transitoria, così unica. Una gemma
che si schiude, in trasformazione.
L’adolescenza è bella. È bella per chi non la vive. Per
chi l’ha già vissuta e la ripercorre nel ricordo. E nel ricordo si addolciscono e sfumano, quando già non sono stati
dimenticati del tutto, i drammi e le difficoltà, le vere e
proprie tragedie che si nascondono in essa. Tempeste in
un bicchier d’acqua, con il senno di poi. Cose che adesso
ci fanno sorridere. L’adolescenza è bella. Ma chi ha pietà
deU’adolescenza?
I giovani sono esseri ipersensibili. Anche se sembrano
soltanto talora rumorosi caproni pieni di brufoli e poco
votati a lavarsi i piedi. O copie tirate a lucido con doppio
strato di fard di qualche improbabile eroina di telenovela. I giovani sentono intensamente l’amore e la verità,
l’onestà e la coerenza. Anche quando sperimentano l’ebbrezza della loro libertà contando frottole o improvvisando fughe da casa. Capiscono sempre, se uno bara, o se
fa i conti con se stesso. Hanno bisogno di libertà, ma anche di punti fermi e di limiti. Salvo provare subito a trasgredirli. Hanno bisogno di adulti. Adulti che diano loro
tempo, ascolto, dialogo. Lavoro e studio, anche, e gioco
insieme. Adulti che non si travestano da giovani. Ma che
conservino in sé l’eco del se stesso giovane, incontaminato. Adulti che li rispettino, li amino, ma che siano giusti e
severi. E che siano soprattutto un esempio.
I giovani sono dei giudici intransigenti. E che cosa dobbiamo sembrare ai loro occhi noi adulti, se siamo gente
che ha perso ogni spiritualità, che vive senza ideali, che
tira a campare, che fa mille aggiustamenti, giorno dopo
giorno, con la propria coscienza? Noi aduiti siamo spesso
troppo poco severi con noi stessi. Il suicidio di un adolescente è un terribile giudizio di valore su noi e sul nostro
mondo. E non è un bel mondo, pieno di corruzione, di
violenza, di compromessi, di morte, quello che noi stessi
abbiamo contribuito a creare. Queilo in cui noi adulti grigiamente ci sfanghiamo ia nostra esistenza quotidiana.
Quello in cui tentiamo disperatamente di indorare la pillola, perché i giovani non ci rimproverino di averli messi
al mondo, e siano contenti di viverci.
L’adolescenza non ha bisogno di essere blandita. Ha
bisogno, invece, di essere fortificata. C’è tanta paura di
crescere, sempre, nelle più strambe spericolatezze dei
giovani. C’è tanta richiesta inconscia d’aiuto. C’è tanta
insicurezza. Siamo riusciti a condurre il giovane, passo
dopo passo, nodo dietro nodo, nell’apprendimento del
difficile mestiere di vivere? Magari non abbiamo le risposte in tasca. Ed è anche importante che i giovani lo capiscano. Ma non dobbiamo lasciarli soli a affrontare i grandi perché della vita. Con loro dobbiamo e possiamo fare
insieme almeno il percorso delle loro domande.
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Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino
Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrario, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 16 del 25 aprile 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 23 aprile 1997.
J La situazione delle chiese evangeliche in Italia
Come siamo noiosi
Riflettiamo troppo su noi stessi mentre dovremmo rallegrarci
di più e ringraziare il Signore che ci fa vivere nella libertà
GIOELE FULIGNO
COME è noioso questo
mondo evangelico italiano. È da anni che riflette su se
stesso aila ricerca delie responsabiiità per il proprio
stato, trova tante interpretazioni, cerca delle risposte, ma
alla fine tutto resta come prima. Siamo noiosi per una serie di motivi che ormai ci caratterizzano negativamente,
ma grazie alla gentilezza dei
nostri interlocutori veniamo
ancora rispettati e ricercati
per un dialogo ecumenico e
politico che, anche quando lo
sottovalutiamo, ci fa sentire
in qualche modo importanti e
ci gratifica.
Ciò nonostante, siamo
noiosi. Pensiamo che tutta la
società attuale, con le sue
molteplici facce, debba ruotare intorno ai nostri dogmi
religiosi, condividere i nostri
teoremi sociali e politici, accettare i nostri stili di vita, entusiasmarsi per le nostre «povere» liturgie, e siamo indispettiti perché alla fin fine
nessuno, ma proprio nessuno
«ci fila». E allora giù con le litanie. Di chi la colpa? delle
nostre liturgie? dei nostri culti? della società italiana che ci
ha sempre considerati un po’
come degli «strani estranei»
(alcuni di noi pensano che
oggi le cose vanno un po’ meglio perché è una curiosità
avere in mezzo a una stragrande maggioranza di cattolici e di non credenti qualcuno che ha addirittura una storia locale con dei costumi e
degli usi che possono interessare anche molti utenti della
televisione.
Siamo noiosi perché pubblichiamo soltanto libri di
storia, o mettiamo in risalto le
malefatte altrui o le loro incompetenze. Non ci passa
nemmeno per l’anticamera
del cervello che oggi le opzioni politiche, sociali, economiche e anche religiose, coinvolgono trasversalmente tutte
le componenti della società;
anche di questa nostra società italiana che a noi pare
tanto statica, incapace di riforme e sempre succube del
Vaticano. Siamo noiosi perché in occasione di incontri
ecumenici vogliamo dimostrare la nostra rispettabilità e
presenza con la parità di autorità. Il pastore che sta sedu
to accanto al vescovo; se c’è
un cardinale chiamiamo i nostri protestanti che hanno fama di autorità nel tentativo di
essere «pari». A proposito, ma
noi evangelici italiani non dovremmo sempre stare con la
massa del popolo, in un consesso di uguali e di minimi?
Siamo noiosi perché guardiamo i successi di altri movimenti evangelici, peraltro
anche quelli sempre minoritari e che non intaccano la
realtà sociale del nostro paese, con sufficienza e spesso
con disprezzo. Eppure quella
religiosità è espressione importante della fede cristiana,
e per giunta non è relegata
nel mondo delle minoranza
evangeliche. Quanti credenti
cattolici del nostro paese
hanno la stessa fede genuina!
Siamo noiosi perché ci siamo
fermati alle marginalità del
discorso teologico, all’inutilità della discussione sulla
femminilità o mascolinità del
divino, alla relatività della
pratica politica e sociale. Tutte questioni che non hanno
più niente a che fare con il
nostro quotidiano.
Perché non cominciamo a
ringraziare il Signore semplicemente per il fatto che possiamo esistere e vivere come
ci pare e piace la nostra scelta di fede? I tempi in cui i diversi, religiosamente parlando, venivano perseguitati, nel
nostro paese sono finiti. Abbiamo quasi raggiunto gli
Usa in fatto di moltiplicazione delle denominazioni; ciascun italiano può scegliere la
fede o la non fede da professare senza più tener conto
delle autorità e delle tradizioNoi evangelici italiani
membri delle cosiddette
chiese storiche abbiamo ereditato dalle nostre madri e
dai nostri padri questa libertà
e semplicità. Inoltre dobbiamo ringraziare il Signore perché non è soltanto l’Iddio
delle nostre madri e dei nostri padri ma l’Iddio di tutti.
Rallegriamoci perciò del
fatto che non viviamo in
splendido o orribile isolamento: siamo circondati da
molti e molti credenti, di denominazioni diverse e di teologie diverse, e tutti hanno un
solo e comune denominatore, credere nel Dio salvatore.
Rallegriamoci perché ogni
domenica possiamo vivere
nelle nostre piccole comunità
momenti di intensa comunione con tutti coloro che sono come noi fedeli al nostro
modo di adorare il Signore.
Rallegriamoci perché in altre
comunità, diverse dalle nostre, ci sono molti che vivono
intensamente, a loro modo, la
stessa esperienza di fede.
Dobbiamo imparare anche
a distinguere il momento della fede, la pura spiritualità
che è in ciascuno di noi, dal
fatto etico e politico. Questo
vuol dire che possiamo essere
impegnati anche nella scelta
politica con tutto noi stessi;
essere impegnati in un partito
o nel sociale? Ma nel momento della preghiera ia nostra
apertura deve essere totale.
Dobbiamo tenere conto di
tutto e di tutti. Tutto il mondo
entra in noi e noi stessi diventiamo parte della totalità del
mondo. Nel momento della
preghiera, del culto, della nostra vita personale legata alla
coscienza della presenza
quotidiana di Dio, non esistono più sottomissioni, sconfitte, vittorie, minoranze, maggioranze, delusioni, celebrazioni, ricordi, rimpianti. Tutto viene portato a Dio, tutto
viene crocifisso con Cristo,
tutto riceve la riconciliazione
operata da quella crocifissione, tutto viene esaltato dalla
resurrezione.
Allora perché dobbiamo
continuare in questa ricerca
delle recriminazioni? Accettiamoci per quello che siamo,
una sparuta minoranza e basta. Inoltre non facciamoci illusioni, non siamo certo dei
profeti, guardiamo troppo al
passato. Non siamo dei dottori, spesso la nostra teologia
è approssimativa. Non siamo
operatori di miracoli, siamo
troppo razionali. Non siamo
dei diaconi, la nostra solidarietà è ridotta al minimo. Non
abbiamo il dono delle lingue,
né degli angeli né degli uomini, conosciamo soltanto la
traduzione della Riveduta. E
così via... È comunque importante per ciascuno di noi
la coscienza della propria fede. Lasciamo che sia il Signore a giudicare la nostra storia,
e permettiamo allo Spirito
Santo di fare tutti quei cambiamenti, anche nelle nostre
chiese, che potrebbero forse
modificare totalmente le nostre sembianze e attese.
sciutc
S
A proposito di un articolo di Franco Cardini su Avvenire
Quando essere ignoranti è una colpa
EUGENIO BERNARDINI
Non sempre l’ignoranza
è una colpa, ma lo è certamente quando un docente
universitario di storia scrive
un ampio articolo su un quotidiano. Parliamo di Franco
Cardini che, su «Avvenire»
del 22 aprile, lamenta il fatto
che il processo di autocritica
giustamente avviato dalla
Chiesa cattolica per le colpe
del passato non coinvolge le
altre confessioni religiose.
In particolare il professor
Cardini se la prende con i
protestanti che nulla avrebbero dichiarato sulle loro
colpe riguardo, per esempio,
la condanna di Galileo da
parte dei professori luterani
di Tubinga, «i crimini compiuti dagli anglicani e dai
presbiteriani inglesi nel Nuovo Mondo, dai calvinisti inglesi e olandesi in Sud Africa
e in Oceania», i massacri
compiuti da Cromwell e, infine, il fatto che riguardo il
nazismo «si sono taciute le
corresponsabilità» di «molte
autorità delle chiese protestanti tedesche».
Il professor Cardini non
tiene conto che, a differenza
dalle altre chiese, quella cattolica «paga» nei confronti
dell’opinione pubblica il fatto di essere una struttura
centralizzata, gerarchica, autosacralizzantesi, che interviene su tutto con la propria
dottrina, e che la dottrina ufficiale è stata utilizzata nel
passato, come in nessun’altea
chiesa, come un vero e proprio sistema di governo.
Ma Cardini soprattutto dimentica o non sa che il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo
Galilei, che gli causò la condanna nel 1633, fu ben presto pubblicato e disponibile
nei paesi protestanti, che
nessuna chiesa protestante
benedì e giustificò massacri
di popolazione indigena, che
le denominazioni sudafrica
ne sostenitrici dell’apartheid
furono, in pieno regime razzista, condannate ed espulse
dall’Alleanza riformata mondiale, che già nel 1947 a
Darmstad ci fu una solenne
dichiarazione di peccato da
parte delle chiese evangeliche tedesche, poi ribadita da
chiari atti e pronunciamenti
di riconciliazione da parte
delle diverse chiese regionali.
Insomma, il prof. Cardini
dimentica o non sa che la
particolare autocomprensione del protestantesimo gli
consente e lo obbliga a un
continuo processo di revisione critica che non ha bisogno di tempi secolari e quindi della solennità dichiarativa particolarmente sviluppatasi sotto questo pontificato.
Peccato che anche «Avvenire», il quotidiano «di ispirazione cattolica», in pratica la
voce ufficiale della Conferenza episcopale italiana, ospiti
interventi che ignorano clamorosamente la realtà.
itefani ‘
CORRIEBE DELLA Sj^siamo rù
^ te colpii
Ebrei e vaticano affro“i®
la pro'^';
In una pagina (10 apr| l’esecuzi
dedicata alla volontà de|naa22a
Chiesa di Roma di fare pjj in^ua®
tenza, in occasione di d con la P
simposi organizzati dal Vj nocenza
cano, una «scheda» riprj Moli*
de un intervento del «Uj età, di ^
Yorker». Riconoscendo c| di esttaz
«Giovanni Paolo II è stato rale-nc
primo vescovo di Roma aj percors
sitare la sinagoga, il ponte| Pietroso
che ha riconosciuto lo Stuteniamc
di Israele, che ha condanni cenda g
ogni forma di antisemitisnj blema g
che ha a-vuto il coraggio di| conte ci
cordare gli orrori perpetri che chia
contro la comunità ebraj bUità de
romana a due passi dajQuesta'
Santa Sede», James Carr(ia22ànr
nel riassunto del «Corriera; a 25 ani
cui solo appartengono le rj no stati
golette, ritiene un pecci delcom:
che il papa «non abbia avii apartire
il coraggio di criticare ani wta esc
il silenzio di Pio Xil, che ai
rii!
risf^tri
dettalhe
lò oggettivamente quegli
rori. Né potrà mai avere t
coraggio finché continuerÉ vi. Cina <
sostenere il dogma delTinfI
libilità papale».
riAiM
La strada per Graz
Un articolo di t.iampie
Comolli sul numero del
aprile riporta le risposte ^ 2
tre rappresentanti delle co, ¡-„
fessioni cristiane (cattolic?’^
ortodossa, protestante, meri ’
bri deir«osservatori
confessionale» di Milan®
che saranno coinvolte nel
prossima Assemblea ecunì
nica europea. Il pastore vj'
dese Antonio Adamo, chii
to che «Dio si è giù ricori
fiato con noi in Gì isto», ri!
disce che «quel che manci f “
la riconciliazione da pai r ® u c
nostra». Don GianfraiK ®qu(
Bottoni ritiene che la ricol
dilazione delle chiese, pai ''destri
gonate agli orchestrali, «a
verrà quando esse riconi
sceranno come imico dirt Così i
tore lo Spirito Sanio e si all
deranno alla sua maestri
anziché alla propiia». Ilp
lav
iun’
e di u
iato m
comu:
¡ano le
store Adamo individuai
ostacoli più grossi nel
«comprensione del minisi
ro della chiesa», nella qa
stione «al momento irrisoli
bile del primato papale»
ancora nelle «manifestazii
del miracoloso» e nella cotj
troversia sul ministero w
minile, «trascurato nei doffj
menti preparatori di Gf
mentre l’igumeno Di#
Fantini sostiene la vali#'
dell’osservatorio milanese.
i^v^nire
Nel 1'
testim
lermo
K)nal(
li Con
Mp
gañiz;
i^nza.
Tutti
Bibbia protagonista
Un articolo di Mim#
Muoio (18 aprile) rende
to del convegno Gei suj*'
«Bibbia nella vita della Chiv
sa in Italia». Nonostante
Chiesa di Roma viva cori’
«un periodo di speciale g(f
zia» nei confronti
bia, ha detto in apertura
lavori mons. Lorenzo Ghiri',
nelli, restano tre «or"®®!
«"Emarginazione”, come"
presenza obbligata, coin®*
menti
fotogr
giore)
12, 90
u
bita della Bibbia nelle
nità; “occasionalità ■ »
che si traduce nel
che una lettura vale TuC
(...) depotenziandola
vacità e della forza del i"
saggio; “separatezza”U|jj
sempre, infatti, c’è osrnos' ,
le realtà costitutive
stenza cristiana (catecficri'
turgia, carità). E non seiup
emerge la stessa eccles'
della Parola».
da il
20 c
15
[FRDÌ 2 MAGGIO 1997
PAG. 1 1 RIFORMA
La fine del caso Sofri, Pietrostefani, Bompressi
attera aperta al presidente Scalfaro
lignor Presidente, benché
loltì di noi non abbiano co
- -___¿.milito personalmente A
ì siriano Sofri, Giorgio Pietrofcefani e Ovidio Bompressi
LA SllPsiamo rimasti profondamencolpiti dalla loro scelta di
rann affrontare spontaneamente
Oprava del carcere e del(10 aprtl’esWione di una condanontàdTnaa22anni, pur considerata
i fare p! ingiusta e in pieno contrasto
me di ¡¡con la propria dichiarata inti dal Vi nocetiza. . . ..
la»ripr Molti noi - per ragioni di
del «N età, di diversa scelta politica,
cendo d di estrazione sociale o cultu[I è stai« tale-non hanno condiviso il
Roma ai percorso politico di Sofri,
il pontel Pietrostefani e Bompressi; rito lo Sta teniamo però che la loro viondannscenda giudiziaria sia un prosemitisijblema grave che ci interpella
aggio dh come cittadini democratici e
perpettì che chiama in causa la eredità ebral bilità della giustizia italiana,
assi dai Questa condanna definitiva
es Carri a 22 anni di carcere è giunta
-orriereij a 25 anni dal fatto di cui so;ono led no stati accusati (l’omicidio
n pecci del commissario Calabresi) e
bbia avil apartire da un'istruttoria bacare and sata esclusivamente su una
I, che aìj ♦ata di correità priva di
quegli! risÉtri obiettivi e contradavere t dettaliei suoi aspetti decisiintinuerl Qua condanna che è stata
pronunciata il 22 gennaio
1997 dalla Corte di Cassazione, dopo altre sei sentenze
contrastanti e dopo che la
stessa Cassazione aveva annullato già una sentenza di
condanna e una di assoluzione, motivata in modo
«suicida» da un giudice dissenziente.
Signor Presidente, quelli
che fra noi hanno potuto conoscere i punti salienti di
questa vicenda giudiziaria
hanno maturato la convinzione dell’innocenza di Sofri,
Pietrostefani e Bompressi,
innocenza da loro proclamata fin dall’inizio e in tutte le
fasi del processo.
Ma anche quelli fra noi che
non sono in grado di condividere documentalmente
questa affermazione di innocenza, sono comunque profondamente turbati dall’esito
opposto delle diverse pronunzie giudiziarie, che hanno fatto emergere ben più
che un ragionevole dubbio
su una giustizia così labile e
contraddittoria, ma anche
così spietata nella sua tardiva
definitività.
Per questo motivo, ben
consapevoli che la vicenda
giudiziaria di Sofri, Pietroste
fani e Bompressi ha una sua
unicità ma è anche il sintomo di un ben più ampio malessere della giustizia, che
spesso colpisce persone anonime e sconosciute, vogliamo esprimere a Lei il nostro
sgomento per una situazione
che colpisce tanto più profondamente il nostro senso
di giustizia, quanto più appare senza esito.
Noi a questo non sappiamo rassegnarci e ci rivolgiamo a Lei per manifestare la
nostra fiducia nella sua sensibilità umana, nella sua
esperienza di magistrato, nel
suo ruolo istituzionale di supremo garante della Costituzione.
Chi è interessato a sottoscrivere la lettera può rivolgersi ai «Comitati LiberiLiberi»:
- a Roma, c/o Partito radicale, via di Torre Argentina
76, telefono 06-68979324 68979302; fax 06-68805396.
Sito Internet: com.sofri@agora.stm.it.
- a Torino, c/o Studio Patrucco, corso Vittorio Emanuele II 162, tei./fax 0114472744. Sito Internet: Patrucco@sinet.it.
In seguito alla dichiarazione del card. Saldarini sulla Sindone
Lettera aperta della Commissione
evangelica torinese per l'ecumenismo
Siamo francamente dispiaciuti che l’arcivescovo di Torino, il cardinale Giovanni Saldarini, abbia sentito il bisogno di «esternare»
la propria «personale convinzione» sull’autenticità della Sindone: si tratta proprio del
«lenzuolo il cui il Signore Gesù è stato avvolto dopo la sua morte sulla croce per salvare
l’umanità».
Sarà stata l’occasione - la cerimonia di
ringraziamento a tutti coloro che sono intervenuti per domare l’incendio al Palazzo reale e al Duomo di Torino tenuto nella sala del
Consiglio regionale del Piemonte alla presenza delle massime autorità civili e politiche - e l’emozione, ma è un fatto che la presa di posizione del cardinale, ribadita successivamente ai cronisti accorsi per avere la
conferma della sua «opinione personale»,
getta una luce nuova sui preparativi e i contenuti dell’ostensione della Sindone prevista
a Torino per la primavera del 1998.
Né tranquillizza la successiva precisazione
espressa con un comunicato della curia subalpina: «Con le sue parole il cardinale ha
inteso sottolineare il primario significalo religioso della Sindone: essa, vista con gli occhi della fede, è testimonianza della Passione e morte del Signore, proprio perché richiama in modo impressionante il testo
stesso del racconto evangelico. Pertanto l’affermazione del cardinale sul fatto che la Sindone sia proprio “quel” lenzuolo, non intende pregiudicare in alcun modo gli ambiti
delle ricerche storiche e scientifiche in meri
to». Ricerche che a tutt’oggi, ricordiamo,
non consentono di affermare che la Sindone
sia «quel» lenzuolo.
Che cosa verrà dunque detto ai fedeli che
verranno a Torino per vedere la Sindone? E
che cosa, in ogni caso, capiranno se, nonostante le documentate obiezioni delle più
autorevoli ricerche storiche e scientifiche
(Carbonio 14 compreso), il più alto rappresentate della chiesa cattòlica in Piemonte afferma, sia pur come «personale convinzione», che non si tratti solo di un’«icona» di
Cristo (cioè di una «immagine» come aveva
riconosciuto il cardinale Ballestrero nel 1988
subito dopo l’esito delle analisi del Carbonio
14), ma della «reliquia» di Gesù crocifisso?
Col dialogo ecumenico avviato anche sul
tema della Sindone, speravamo di essere
giunti a un livello minimo di chiarezza e
comprensione reciproca: se come evangelici
non possiamo pretendere che i cattolici rinuncino a una pratica secolare di utilizzazione delle immagini nella liturgia e nelle varie espressioni della spiritualità, possiamo
però chiedere che non ci sia ambiguità
neU’accettare i risultati che, nella loro autonomia, le scienze umane determinano - e
nel caso della Sindone le scienze umane fissano, fino a prova contraria, la sua data di
nascita nel Medioevo - e non ci sia ambiguità nel comunicarle con chiarezza ai propri fedeli e all’opinione pubblica.
La Commissione evangelica
per l’ecumenismo - Torino
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Per una
riforma
morale
Fra 25 aprile e 1“ maggio,
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noie basata sulla Resistenza
wl lavoro, con tanto parlara un’Eui'opa che va a maee di unc siam sociale giu|lato non t'e bisogno di dirtomunisti, Ji farsi scudo di
In questo paese non si palano le tasse perclté i governi
^gj lidestra o di pseudo-sinistra
straÌi*^«i di perdere i voti di
Il milioni di evasori.
Così non si ritirano le pa
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no Din^,
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tenti ai criminali automobilisti che passano con il rosso.
Il Pii aumenta sia pure di
poco, ma come fanno a fare
aumentare la domanda interna salariati e pensionati
senza soldi mentre la produzione è ai tre quarti della sua
capacità?
In realtà pochi approfittano della miseria di molti, come ai tempi dei latifondi
agricoli, appoggiati dai media di loro proprietà e dalla
paura di quelli che dovrebbero sostenere i lavoratori
come ai tempi del Minculpop.
Pochi sono i cittadini, parecchi i sudditi, troppi siamo
imbroglioni cinici e miopi
senza il coraggio di pensare.
La prima riforma da fare è
quella morale. Aveva ragione
Socrate: conosci te stesso.
Gustavo Malan
Torre Pellice
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CENTRO DIACONALE
«LA NOCE» - Palermo
Nel 1999 ricorrono quarant’anni dall’inizio dell’opera di
testimonianza evangelica nel quartiere «La Noce» a Palermo, e trent’anni dalla inaugurazione del Centro dia®nale «La Noce».
11 Comitato generale del Centro diaconale lancia un ap1%) per la raccolta di documenti, soprattutto fotografìe,'che illustrino la storia del Centro diaconale, per organizzare quindi una mostra in occasione della ricorrenza.
Tutti coloro che, in Italia o all’estero, avessero documenti o fotografie sono pregati di inviarne copia (per le
fotografie, se possibile in formato 18x24 o formato maggiore) al Centro diaconale «La Noce», via G. E. Di Blasi
12, 90135 Palermo, con una breve nota illustrativa.
Il Comitato generale del Centro diaconale
Un dialogo
mancato
(Lettera aperta al cardinale
di Bologna, Giacomo Bijfi)
Ill.mo cardinale Giacomo
Biffi, è apparso su «Mattina»
di Bologna, in data odierna,
un resoconto del Suo intervento a un convegno universitario e desidero inviarle
questa «Lettera aperta» per
esprimere il mio dissenso riguardo al seguente brano del
Suo discorso: «...oggi non è
possibile per nessuno sottrarsi ai fermenti concettuali e
spirituali della divina rivelazione. Tanto che seppure è vero che la religione cattolica
non è più la religione di stato,
senza voler emarginare nessuno che non è cattolico, e mi
dispiace per lui, non è perfettamente in sintonia con la
storia della nazione».
Io penso che le radici della
storia del nostro paese siano
anche, e non solo, religiose.
La nascita dell’Italia nel seco
lo scorso è stata la nascita di
una nuova visione dell’essere
cristiani. Così le componenti
religiose nel nostro paese sono diverse e non è possibile
omologarle come «cattoliche». Sarebbe un grave errore
storico.
Il Risorgimento fu un grande momento formativo del
nostro paese. Fu anche l’occasione gravemente mancata
di un dialogo fra cattolici e
protestanti, pur se insieme
operarono per l’unità della
nazione. Occasione mancata
perché, ad esempio, dopo il
1870, quando la Società biblica protestante (Società biblica britannica e forestiera)
cercò di diffondere la Bibbia
in italiano in Italia, le forze
della gerarchia cattolica operarono con durezza inaudita
per reprimere la libertà di
stampa religiosa.
Così una rilettura della storia d’Italia come nazione non
può dimenticare l’apporto
dato dai cristiani protestanti
affinché il nostro paese abbia
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Ghia”'
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Fac simile di lettera alle Poste
Continua il disservizio
protestate con noi
Spett.le Direzione provinciale P.T. di.
Spett.le Direzione dei servizi postali
viale Europa 147
00144 ROMA
e per conoscenza
Spett.le Riforma
via S. Pio V15
10125 TORINO
Con la presente intendo reclamare poiché il/i numero/i
.............della pubblicazione «Riforma» consegnato
dall’editore all’Ufficio postale di Torino via Reiss Romoli 44
int. 11, in data (il mercoledì che precede la data di pubblicazione, che è di venerdì) mi è/sono stato/i recapitato/i solo il
giorno................ con un ritardo fortemente pregiudi
zievole per l’utilizzo di tale pubblicazione ovvero per la sua
lettura in termini di puntualità.
Non è la prima volta che si verifica questa inefficienza
nella consegna del settimanale, inoltre più volte il recapito
di alcuni numeri non è stato effettuato.
Chiedo risposta motivata e assicurazioni scritte
sull’adempimento regolare della consegna e sull’eliminazione dei ritardi nei futuri recapiti.
Distinti saluti.
una Costituzione nella quale
viene sancito che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione (...)
di religione...». La libertà di
religione è un frutto che è
maturato lentamente nella
storia d’Italia, ma è un frutto
oggi ben maturo tanto che
non è più possibile mangiarlo solo nella propria casa!
Anch’io sono dispiaciuto,
cardinale Biffi, non perché lei
è cattolico e io protestante,
ma perché continua a dimenticare l’insegnamento
dell’apostolo Paolo riguardo
alla «riconciliazione» quale
ministerio dei cristiani: «Dio
ci ha riconciliati con sé per
mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministerio della riconciliazione» (II Corinzi 5, 18).
Con un fraterno saluto
pastore Giovanni Anziani
Bologna, 18 aprile 1997
Dalla Fcei
Rete di liturgia
nuovo
fascicolo
È uscito il n. 3 di «Rete di
liturgia», il bollettino quadrimestrale della Commissione spiritualità e liturgia
della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
(Fcei) che raccoglie «testi,
idee e proposte per il rinnovamento del culto». Il
fascicolo contiene un intervento del pastore Mario
Affuso («Culto carismatico»), che prosegue il dibattito sulla liturgia avviato
sul n. 1 con un contributo
di Paolo Ricca.
Segue la proposta della
Commissione spiritualità e
liturgia della Fcei per un
nuovo «innario-libro di
preghiera» delle chiese
evangeliche italiane, corredata da una serie di
schede bibliografiche su
nuovi innari e «Prayer
Book» nell’ecumene cristiana.
«Rete di liturgia» può essere richiesto inviando un
contributo spese annuo di
£ 10.000 sul conto corrente
postale 38016002 intestato
a: Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, via
Firenze 38, 00184 Roma,
specificando nella causale:
«Rete di liturgia».
RINGRAZIAMENTO
«Beati i mansueti perché
erediteranno ia terra»
Matteo 5, 5
1 familiari di
Oreste Meytre
di anni 82
non potendolo fare singolarmente
desiderano ringraziare di cuore
tutti coloro che con visite a casa e
la loro presenza ai funerali hanno
manifesfato la loro simpatia.
Un ringraziamento particolare
al cugino Luigi, a chi gli ha fatto
visita in ospedale, al personale
tutto dell’Ospedale valdese di Pomaretto, al medico curante dott.
Broue, al pastore Deodato e alla
Croce Verde di Porte.
San Germano Chisone
17 aprile 1997
RINGRAZIAMENTO
«Ora vediamo Dio in modo
confuso... ma quando verrà
ciò che è perfetto
lo vedremo faccia a faccia»
I Corinzi 13, 12
Ha terminato la sua lunga vita
terrena
Elsa (Nini) Ricca
di anni 102
I cugini Abate, Hurzeler, BertRevel, Picot, Jahier e Ribet, la figlioccia Elsa Chauvie Prassuit,
nel darne comunicazione ringraziano la direzione e tutto il personale dell’Asilo valdese di Luserna
San Giovanni per l’affettuosa e
competente assistenza; un ringraziamento particolare al pastore
Claudio Pasquet.
Luserna San Giovanni
21 aprile 1997
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli e i familiari tutti
del caro
Stefano Favat
(Tiene)
commossi e riconoscenti, ringraziano tutti coloro che con fiori,
scritti, parole di conforto e presenza sono stati loro vicini in questa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare
ai vicini di casa, all’Associazione
ex internati, al dott. Ghirardi e al
pastore Genre.
vaiar Pellice, 2 maggio 1997
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16
PAG. 1 2 RIFORMA
VENERDÌ 2 MAGGIO Igg^
È la domanda che emerge dalla Consultazione sui rapporti chiesa-stato organizzata dalla Kek nella Repubblica ceca
L^Europa del 2000 sarà più confessionale di quella di oggi?
La cooperazione tra le chiese europee è avanzata in molti settori ma non in quello dei rapporti chiesa-stato. Nell'Unione
europea alcuni progetti di revisione dei trattati istitutivi contemplano la menzione dell'identità religiosa dell'Europa
GIANNI LONG
Lf EUROPA si sta riconfesI sionalizzando? Questo è
il dubbio che sorge dopo
aver seguito i lavori deìla
«Consultazione sui rapporti
chiesa-stato» organizzata
dalla Conferenza delle chiese
europee (Kek) a Celakovice,
nella Repubblica ceca. L’incontro è stato indetto per fare il punto sui rapporti tra
chiese e stati, in particolare
nelle cosiddette nuove democrazie dell’Europa centrale e orientale, per favorire
uno scambio di esperienze
tra Est e Ovest e per verificare l’attuazione dei trattati internazionali sui diritti umani
e sulla libertà religiosa.
La cooperazione tra le
chiese europee è avanzata in
molti settori, ma non lo è in
questa materia: il rispetto,
spesso malinteso, delle specificità nazionali, le differenti
vedute tra le diverse chiese, il
rifiuto di molte di esse di occuparsi di temi «politici»
hanno fatto sì che ciascuno
coltivasse i propri rapporti
con lo stato di appartenenza
senza confrontarsi con gli altri; né con le altre chiese europee e nemmeno, questa è
stata una delle considerazioni più interessanti emerse
dal convegno, con le altre
chiese della propria nazione.
Infatti una delle raccomandazioni finali è stata proprio
quella di confrontarsi all’interno di ciascun paese su
questi temi, utilizzando gli
organismi esistenti (federa
zioni di chiese) o creandone
di appositi. E in questo senso
è stata citata proprio l’esperienza italiana della Commissione delle chiese evangeliche per i ràpporti con lo
stato, che consente di discutere in un ambito più vasto
di quello della Fcei.
Il problema più immediato
per tutti i paesi dell’Est è
quello di un dialogo tra chiese
protestanti e ortodosse, che
fanno tutte parte della Kek
ma che hanno spesso vedute
diverse sui rapporti con lo
stato. In questo senso la consultazione di Celakovice aveva una composizione ideale,
divisa circa a metà tra protestanti e ortodossi, mentre non
c’è stato il preannunziato intervento di un esponente delle Conferenze episcopali europee (cattoliche). Erano altresì rappresentati organismi
internazionali che si occupano di diritti umani, come il
Consiglio d’Europa e l’Osce.
Sarebbe troppo semplice
affermare che gli ortodossi
sono per una chiesa di stato e
i protestanti no. Il rappresentante ortodosso della Grecia
ha ribadito che l’identità di
quella nazione richiede il
mantenimento della norma
(più volte contestata in varie
sedi internazionali) che vieta
il proselitismo. Per contro il
prof. Zubov, della Chiesa ortodossa russa, ammettendo
le discriminazioni di cui sono
oggetto ad esempio i battisti,
ha affermato che la tentazione di una chiesa di stato in
Russia non viene dagli orto
II monastero ortodosso della Trinltà-San Sergio di Zagorsk (Russia)
dossi ma da movimenti politici nazionalisti, i cui esponenti ancora dieci anni addietro si proclamavano atei e
perseguitavano tutte le chiese, compresa quella ortodossa. In genere comunque le
chiese «storiche» tendono a
distinguersi dai nuovi movimenti, o sette.
Contro ogni limite alla libertà religiosa, e quindi al
proselitismo, si sono schierati a Celakovice i rappresentanti di chiese evangeliche
tradizionalmente minoritarie
come quelle latine (Francia,
Portogallo, Italia), ma occorre comprendere anche il
punto di vista efficacemente
espresso dal vescovo Jeremiasz, rappresentante di una
Chiesa ortodossa di mino
ranza, quella polacca. Secondo Jeremiasz le chiese dei
paesi dell’Est sono in rinascita ma sono oppresse da gravissimi problemi economici:
la restituzione dei beni confiscati in passato va a rilento,
non vi sono finanziamenti
pubblici e la povertà generale
impedisce sufficienti contributi privati. In questa situazione arrivano i «missionari»,
esponenti di nuove sette, per
lo più americane.
Questi missionari hanno
grande disponibilità di denaro e, secondo Jeremiasz, non
si comprano un locale di culto, si «comprano» direttamente l’amministrazione comunale, ottenendone locali e
privilegi. Di qui la fortissima
avversione di tutte le chiese
(Foto Jean-Jacques Peyronel)
tradizionali, che rivendicano
il proprio ruolo di componente della cultura nazionale. Essa si manifesta in genere
nella richiesta di una legge
statale sui culti che riconosca
le posizioni consolidate. È da
notare che in alcuni stati
dell’Europa centrale e orientale, le questioni dei culti sono di competenza del ministero della Cultura (e non,
come in Occidente, dei ministeri della Giustizia, degli Interni o di apposite strutture).
Se si considera che anche
nell'Unione europea alcuni
progetti di revisione dei trattati istitutivi contemplano la
menzione dell’identità religiosa dell’Europa (sia pure limitata a una generica menzione del carattere cristiano
della nostra civiltà), bensì
comprende la domanda po.
sta all’inizio: l’Europa del
2000 sarà più confessionale
di quella che oggi conoscia.
mo? È probabile, ánchese
non mancano delle indica,
zioni di segno diverso: i paesi
scandinavi e alcuni cantoni
svizzeri, che hanno mantenuto da secoli un assetto che
almeno formalmente è stret-l
temente confessionale, si
stanno avviando verso una
laicizzazione dello stato. In)
particolare a Celakovice èi
stata illustrata l’ampia rifor-i
ma in corso in Svezia dove lai
Chiesa luterana si trasfor-'
merà entro la fine del secolo
da struttura statale che assicura «servizi» a tutti i cittadi-]
ni, indipendentemente dalla
loro religione, a chiesa basata;
sul battesimo e la professione:
di fede dei suoi membri.
Ma certo una riflessione
sulle prospettive dei rapporti
stato-chiesa deve ormai essere condotta su scala europea
e questo è un compito di primo piano per gli organismi
ecumenici europei, anche di
fronte ai segnali preoccupar]
ti che, come ricordato a Celakovice, giungono dagli stati
islamici che stanno nascendo
ai confini dell’Europa, dove
una drastica «pulizia etnica»
è in corso. Nel silenzio gene-l
rale, dalla Cecenia si sta organizzando la deportazione di|
tutti i cristiani, mentre anche '
in alcune ex Repubbliche sovietiche dell’Asia centrale si
conducono politiche decisamente anticristiane. y
i
Non è solo una bella frase
evangelica. È la premessa
per costruire una società
accogliente e pluralista,
fondata sul diritto di cercare
migliori condizioni di vita, sul
diritto all’istruzione, sul
diritto d’asilo per i rifugiati e
chiunque sia perseguitato
per le sue opinioni, la sua
appartenenza etnica, la sua
religione. E nel mondo di
oggi sono milioni le persone
che si trovano in condizioni
di fame, guerra, distruzioni
ambientali, persecuzioni
etniche e religiose.
Per questo le chiese valdesi e
metodiste hanno deciso di
investire una quota dell’otto
per mille, a loro
esplicitamente destinato dai
contribuenti, per sostenere in
Italia e all’estero progetti di
accoglienza di immigrati e
rifugiati, di orientamento e di
istruzione professionale.
Porte aperte alla solidarietà,
ma anche al dialogo e
all’incontro con uomini
donne che vengono da
lontano ma vivono e lavorano
vicino a noi.
D j
> D U
Tutti i fondi
dell’8 per mille
destinati alle
chiese valdesi e
metodiste
saranno
investiti
esclusivamente
in progetti
sociali,
assistenziali,
umanitari e
culturali in Italie
e all’estero.
foto UNHCR/M. Elkhoury
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste e valdesi)
via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06-4745537; fax 06-4743324