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ASbOKAMIÌITO
Italia e Impm Anno L. aft^ SenSiiata« L. lo
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Ogni cambUunento d’indirizzo cosía una lira— La copia Lire UNA
CNriS^ VA LO E S E * Socistà di studj. V*J^si
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,, « B'éàti voi, poveri, perché il reghb di Dié è vostro ». Liica 6:20.
I,. s,»-è più poipdlatre di versetto piaral
lelo-di Matteo 5: 3 ove i
i&, -* ■^. u ove 1 (poveri rice^
Avorio rattn'buto «in ispirito ». Pefp^è
questo attributo può iar rr»?!!© conao^;
chi è riooo o aitato.si iusÌTiga di essere
povero « isptito » inforrnando il suo
siile di vita ad una semplicità elegante
e costosa e ohi è ipovero e odia la propria povertà si ritiene autorizzato ,a ricorrere a qualsiasi mezzo per uscire da
epa ledi a cansiàiorarsd .alla caccia della
ricchezza con la riserva mentale di mantenersi povero in ispirino.
Vi furono' invece tempi nella storia
I' della cristianità in cui si eEialtò il valore
spirituale, rendendòllo qjuasi' magico,
p: della povertà e molti uomini proniun
*:■ parelio il v<po relalivo. ,E furono tanti
- infine, questi poveri volontari, questi
p amici di «Madonna Povertà», che si
u trovarono possessori, coJletlivamiente,
|i: di buona parte delle ricichezze del mon
I do, mentre restando “individualniente
poveri in teoria, si lassicuravano in; prai fica quello chie è uno dleà maggiori vantaggi della ricchezza; la tranquillità
p economica, Ila certezza del pane quoti
; diano senza rapporto col sudor^ della
^ e ciò con un gradio di ¡sicurezza
rispetto alla più solida ricch.ezza priva; ta iproporziónata alla potenza dial loro
* ordine. Una tale pmertà non 1 faceva
4 nè veramiente poveri nè tanto meno poveri nello spirito,
- - Eispondendo airinvito rivolto da
feli-;>.Q^.ù....;aJ,.giqyape riBcq,„p0igx:fia, 4, ,spo-.„
gliavano sì dei propri beni, ma, 'eiitrah.dio a parte di quella categoria di
« poveri » tra i quali landavano distribuiti i beni stessi, continuavano, a goderne il frutto, liberandosi nel contempo dalla rasiponsabilità derivante dalla
ricchezza.
Certamiente non è con questo spirito
che Pietro Valdo e Francesco d’Assisi
risposero a queirai^ello, ma la capacità umana .di organizzazione è coisa tan^ to stu^pefaicente che 'già i successori
V quasi immediati di Francesco ne avevana scoperto rinterpretazione uitìlitaria. O m^lio riscoperto, perchè la povertà, ¡prima che nel criisitianiesimo, era
considerata stato meritorio presso alcu^ ne religioni orientali che attribuiscono
p alle rinunzie una grande efficacia ,per
l’elevazione spiriituale e l’acquisto di
meriti. Il mianoiteiisimo, quale potenza
I economica e poliitioo-sociale di una collettività di povteri o presunti ipoveri,
esisteva 'colà con ordanamenti tamlto afi lini a quello icristiano, sorto molto più
' tardi, che sembra incredibile questo ab
bia potuto svilupparsi, come in realtà
si è sviluppato, senza conosoeie quello.
J Ma cosa dobbiam.o intendere noi per
poveri, per povertà? Non si tratta di
. uno stato assoluto, ma di uno di comparazione e quindi il vocabolo può applicarsi in una grande latitudine. Una
■' veohia liturgia, in uso nella Chiesa Valdese, conteneva questa preghilera: « Ne
mnus mvoye ni pauvreté nii richeisSe ». Vi
: è fondato morivo credere che quanto
|, noi isitimiamo oggi « povertà » corrisponda appunto a quello stato definito dalla litegia comie « ni pauvreté ni richesse ». Lo stato eletltoi da Valdo e da
Francesco fu l’assoluta inddgenza, interpretazione lettleralie ddl’invito' del Signore; « Va, vendi tutto quello che
- hai... » (1). tJn Valdo, un Francesco
odierni incomincepebbéro a escludere
; da questo tutto molte 'Cose ritenute in^ dispensàbili alla Vita dell’uomo moderno; i prqpii abiti, n^urolmente, l’orologio, la Sttlo^grafioa, eco., teoc... Doto wrtMfftmo perciò Oondànnarli? Non ne
abbiadilo il ditittof eàiedlamoicS tduttosto: li coMannerebb© Cteeù?
Io credo di no. Dalle singole nonne
date perstonam, dai sh^M eplaodi
deU^ Evangelo, non dobbiiono. come
troppo mes«> si è fatto* dedurne un'sìdi rege'
sterna di regola fisse 4»* autetoatìca
d) Marco 10: il.
mente, qiuusi per virtù magica, portinó
alia salviez2a. Quello appunto che co■ s#ui'soè la superiorità del Cristìanesimò spprà tutte le altre religioni, è la
sua awensione al formalismo. Quello
- òhe impOiria per il cristiano è di' entrare a far pàite del Regno .di Diq, e perciò (egli deve esàere libero, Ubero da
catena mondana. Ma questa libertà egli deve trovarla nel suo spirito più
che nelle candIizkHù ambientali. Il Cristìanjesimio si pone fin, dail’ordginei rispetto a questo 'ócxhoetto' della libertà in
quella posizione che la fllosofla ha raggiunto fuori di esse isolo dopo lunghi
sfòrzi.
Non è l’esigere 'materialmente ricco o
povero che importa, ma bensì Tattitudine di fronte alla si'buazione. economica in' cui ci si trova. Che importa 'spogliarsi_ dei propri beni, molti o pochi, se
non si rhxun'zia a dar la precedenza
. nella: nostra vita mortale ai fattori eco.hbipici, se rindigenzà dovesse cliventare uno stato di schiavitù peggiore della,
riochiezza? Ecco la neoessità della chdarificaz'ioMe «m i^tórito».
E perciò l’iappello al giovane ricco
devia 'Oonsidararsi .non di caràttere universale, ma bensì personale ad uno
schiavo di ricchezza, dierie preoceupaztotìi che essa 'Comporta, delle soddisfazioni ohe essa ci ofitoe. Valdo e Franclssco si sentivano 'schiavi a quel modo e
vollero liberarsi. ' E’ appunto quella
schiavitù che costi;tuiso6 il fardello per
cui fi. ricco stenta a passare ¡per la porta stretta.
Nè 1 appello avrebbe senso separato
dfl « vieni e seguitaini » che lo complete I perchè- senza: tale’' anopnef-'te ‘ "ri-naniZla ■"
• resterebbe 'Steritó.
Ci si può’ domandare; a partire da
quale lim’itie si deve considerare un
uomo « ricco » per questa discriminazione che alcuni vo’rrebhero elevare a
criterio di ’esclusione ipso /aicto dal regno 'dei Cieli?’ Questo non è uno stato
fiscale ichie stabilisoe im imponibile minimo. Quindi rantitesi ricco-povero va
Intesa, non in senso èranomicarnente
quantitativo, ma piuttosto in relazione
al grado di indipendènza rispetto ai
beni. Ricco è colui ¡che >ne è servo e
più ch|e possederli' è da ‘essi posseduto,
povero colui che ¡non soggiace al loro
pdtìEre, fintanto che una aspirazione
suijeriore non liberi il primo o la cupidigia dei beni da conquistare non incatena fi. secondo. Ricco è colui che è minacciato dlall’avarizia e dalla sensualità, led il cui ¡spirito non gode di quella
libertà senza la quale non si accede al
Repio <M Dio. Ma il povero, il povero
nello .spirito, ohe di ’questa libertà fruisce, è per ciò stesso autorizzato a considerarsi cittadino del -Regno?
Qui cade a proposito una distinzione. Valido e Francesco compiono la stesr
sa rinunzia totale ai loro beni, per darsi alla predicazione, alla evangelizzazione, ma il primo non sembra dare
alla rinunzia altro valore che quello appunto di una li'berazione utile ‘all’efficada del ministerio cui è stato chiamato, il secondo dà alla « povertà » quel
oaraittere ascetico chle ritrovi'amo in parchi culti e in varie filosofie preoristiaiù, la circonda di mistica poesia E
la differenza si aceentua ned disoe’poli.
Quell di Valdo, generalmente già poveri per il mondo, non si attengono al
voto idi poverte^volointaria, ma 'ribadiscono rimportanza d’ai «seguitar Gesù»,
quelli di Francesco si polarizzano in
quel voto ai punito da dimenticarle che
non è fine a sè stesso e a fare della povertà una vera e propria divinità, un
idolo tanto più falso che è, come si è
d^tto, uTUi povertà.
Forse 1 tardi discepoli di Valdo sono
andati troppo in là nel trascurare la rinunzm, nello svifiutarne l’efflcaoia Allenati da secoli di vita d'era ed austera,
quando i tempi deH’homo oecommicm
vennero, letssi seppero destreggiarri e
spesso vinòere nelle competizioni ecoitoimche. Molti,, troppi forse, entratrooio
nella categoria dei « ri'ochi » valutabili
ia ci&B, più àocora che in quella dd
riecH nello spérilìo.
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OIratter« 1 »rat. «MMO COftllBII.
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NISTRAZIONE e REDAZIONE;
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Via Ettcae »BRI. 1 big — TOK&B PEIXICE
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Nell’attuale per!
-turbato, in cui là u
tutti è mascherata
dall da un’illusori,
preoedenti di m’ezzi
telerato fi ritmo
suiddtetti tra quei
.che. appartengono
Sarebbe sommamien|e;
per la nostra Chiesi
loro apportate dalh
gesse la maledizione
non isok) cioè di v
• molta montate svaL
ma 'Sopratutto di p
poyertd nello spirito.
rizia, di, farsi guidar'
òro,,. Eloquente mai
.sta peggiorata meni
tribuire al denaro
svalutazione
a siedo ida
piinfcndammte
tale povertà di
.„..alcune classi soèiibondanza senza
I aoquiisto, si è acarricchimienti
nostri lettori
f rategorie rurali,
^triste e deleterio
lifee alle sofferenze
|uenia Si aggiunm diventar ricchi,
in possesso di
e svalutabfie,
(’ix^pe ila primitiva
di cadere nell’a'va‘d^l’avidità di lufésteziónie di iquei|à 'di ricco è ratdiverso grado di
òhe si trattta
dello smercio diei propri pEoldotti oppure della retribuzionie altrui e più anoo^
ra delle ofterte ai Signxne. Compafrando le mercuriali déÌ rriiarcato led i rendiconti delle parroochie, questa diversa
svalutazione saltai agli occhi.
« Ma obiettano castoro, tutti farmo
così ». '
le
Lr aia..
A parte che questa affarmazlone potrebbe anelile essiere non generaOimiente
vera, essa non (di gkistìÌQca, perchè
quello , chie per parecchi secoli fece la
grandezza del .popdLo Chiesa VaMeae fu
appuntò di non fare come fanno tutti.
itili'
uh
■Í
Perchè se colsi non fosse stato, se i
Valdesi avessero doiviito ooritinuare a
servire Mammona 'Oomie tutti, aliara
Pietro Valdo avrebbe potuto continuare ad essere uri onesto e ’èonsadieraito
merdante che, senza trasgredire la Leg-'
ge, sapeva fare mollto bene i propri
affari. M. Eynard.
VaPPE SECOLARI
1 1 4 5, ■ E’ l’anno ideila iciiisi per Ariialdo, da Brescia. Nato a-el lilOO, a Bre
, diventa idiNantes, I iproble" lento delle
interessano solo
Quello òhe lo
preoccupa, che
[uèUo che sogliapratidi; cioè
levangielici, in®!f. -'Sai' 'teoiipù teo- "■
nel campo mo
scia, monaco per v „
scepolo di Abelardo.
mi dottrdu’ali, Tappri
quistioni teologiche l
fino ad un certo pt_
interessa, quello Che
lo tormenta è invece
ino chiamare; iprobL
Itettuazìone desL.peeio^
'tutti’'! gì
' logico si scende qn-----^______ .....
rale, .(Mia dogmatica 41 viene alia politi'ca. Si tratta di evaróelizzare Ja polis;
la città, lo stato. E qpesto è un affare
serio, anzi tragiool, petchè presuppone
la oonstatazion'e ohe la ’Città medioevale,
la polis, lo stato'non è cristiano, ha biso^o di evangelizzaziohe. E’ un affare
seno perchè lo stato meifioevo’le è uno
stato ecclesiastico nefiarsua sostanza,
C'on il suo maestro, Anstétil©, con le sue
regole che deUpiitano sapientemente
ogni sfera di attività pr^ca individuale, ed ogni ricerca sifmtuale. Uno stato
che ha risolto' definitrtamenite tutti i
problemi dello spirito, acùion della materia. ■ ' ; Ì
Per la materia, 'la pifliiica è elastioa:
chiude un occhio sulla rideroa della pietra filosofale per 'eserajpio. Gli uòmini
hanno sete idi oro? Credono che una
^etra 'esista, miracolosa, òhe ha il dono
di trasformare la matma bruta, in oro
prezioso? La politiica lascia l’uomo alle
sue illusioni.
Per lo spirito, no ! Il maiestrio ha pairlato, le sue formule sono perfette; chi
ducute, dubita; chi dubita, non crede;
chi non crede è ¡eretico che ammorba la
comunità. Abelardo è dichiarato eretico; soffre e piega.
Arnaldo resiste,, e dalla Ftancia passa a Zmigo, poi in Germania.., E’ la
dura vita Kiell’©suilie chie Cocchio vigilante dell’autontà ecclesiastica segue,
cauta, ora minacciosa, ora benigna; ora
è la 'Possibilità idi un rogo acceso, ora
la 'Promessa idi una riforma«. Ed Arnaldo ha la ■sua ora di illusione: con Eugenio III papa, chissà che vetramente
non possa suonare l’ora di un rinnovamento? Ed eccolo umiliato, in penitenzia a Roma. Ed ecco ranno 1145: l'ora
del giudizio.
E’ anzitutto un giudizio popolare: i
Romani sono insorti contro il malgoverno eccleBiastico. E’ un moto di passioni
esasperate. Arnaldo non può tacere; non
h-'E il diln'tto di lasdiET gli landinii trEviEp“
si in una lotta materiale, per il pano, di
un giorno soltanto. Il problema è un altro: Convertitevi, il regno dei cm è
vidimo.
Arnaldo da Brescia dà il suo contenuto al moto del popolo, denunzia l’autorità ecdesìastìiCa ed i sùcfi aibusi smza
pietà, senza riguardi.
E’ rora seria .del buon combattìment» a viso apèrta, E quest’ota ^ affiron.
ta, serio, a viso aperto, (She importa se
egli intravede, non tanto lontano, il
martirio? .
,1 2 4 5. Le Valli sonò rifugio ospitale, certo; ma ad una icondizione: che òhi
vi è ospitato sia deciso a vivere ih pace,
a nascondersi; nò, la ■vita diventa
grama; c’è chi tiene gli occhi aprili,
.chi è deòiso a honiiasmar'
fezione. Plnerolo rlordinar
menti; uno ne hh , agtìÈuttbo, aeOl’ainno
*"1220: chi '^itèi4 aàfi mùl-^'
tato. Fra un meizzo secóló una dinffma
sarà arsa viva a Pintórolo per « valdesia ». E’ xm periodo di itransìzione, di
preparazione per la grandle prova, ’chl'
sono questi Valdesi? Coi^ credono? Ed
i Valdesi che non hanno sapienti nè filosofi nè filologi, hanno tradotto il Vangelo; non hanno poeti, ma un porina in
questo tempo appunto è lettoi © sì diffonde, espressione anonima di un gruppo di credenti:
La nóbla Leiezon.
«Oh! fray res, entendé una noblìedeyczon;
soruvent deven velhatr e istar en orezon,
car nos veyen aquest moni esser pres
[del chfwon ».
« Oh ! fratelli, ascoltate una nobile liezionis; spesso dobbiam vegliare e stare
in orazione, perchè noi vediamo che
questo mondo è vicino alla sua fine ».
Enoble veramente è ila Leyczon:
«Neun non deo audr ni imr neuna geni;
mane ni émpie ni paure non deven scar
[nir,
ni tenir vii Vestrang que ven d’av^rui
Ipoi».
coir en aquest morvt nos sen tuit pele
[grin... ».
« Nessuno deve uccidere nè odiare alcuna gente; neppure Tuom semplfee 0
povero dobbiam schiemire, nè considerar dappoco lo straniero che vien d’altro paese, chè in questo mondo -oiflim
tutti pellegrini; peRegrìnl. ma «tuit
fruire ».
1 2 4 5. L’ultimo Delfino, Umberto li,
ha bisiogno di ■danaro. Un « ontoso mercato » viene stipulato, in riferimento ad
alcunie valli del Defiìnato ed al Val Fragelato. Narra lo storico Ghbotto: « Il 22
marzo 1345 Umberto II senveva a Fra
Rufino, domenicano inqumtore in
Lombardia ohe Vautorizeava a purgare
i suoi stati dall’ereéa e gli offriva uno
stipelìdio di 60 sòldi, dVanfio » senza
contare il rimborso delle spese. Si co*
mincìò un’epurazione in grande stile;
ma il Delfiam aveva un cuore piatemo:
ammise le comunità del Val Prageiato
a « ccmpc^e ». Invece dèi sujppìizio e
della 'prigionia, si ammise un versamento «mgruo in danaro; si ebbe cori fi
supplizio di due soli Valderi: Simmida
Ohallier, Thomas Ghigo, © un introitò
netto per le finanze statali di 1847 flò■ rini circa. .
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Ch sono rimasti alcuifi <tt
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qfuesta mteressànte qperazloirae flàaitria
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Al passivo tKx^pamo: B danari l-‘
obolo, pèr coinprane wia « ^ ed,
un ansilo di firro « ad lòiiqiusiitóois peticos », latino jShe non ha t^sc^no di
traduzione I ' ■ ' ' «w.-, • <
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‘■'*,*-* •
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-• 14 4 5, E* per 1© Valli, un anno di
qonnale ¿sviluppo. Anaedeo Vili regge
oon mano iernia stati ¡riumitL; vuole
esitere signorie nd suo stato, geloso <sustode delle prerogative regaM; cosi l’in^sizione. non ,ha libera la mano, ,ed i
Valdesi vivono in paoe^ xma pace relativa, fatta di vessazioni piccole e grandi, in cui è difficile riconoscere dove comincia la religione e dove finisce l’interesse. ^ ■
1 54 5. H 1° gennaio 1545, Francesco r autorizzava l’applicazione di rm
e^tto da lui emanato ben cinique anni
prima, e sempre tenuto in sospeso, I
pipecedenti i^o noti. In Provenza, nel
corso di misure vessatorie contro gii
eretici, un gruppo di Questi aveva reagito, aveva invaso un mulino, a Merindol, che era stato sequestrato ài suo legittimo pròprietario, efreitioo. per diventare la proprietà del demmziante. Franresco I aveva deciso che i beni imimo'dei oolpevoili fossero bruciati; quelli mobili confiscati. Inoltre era prevista
una ^azione punitrioe più' iraddcale: Merindol st^sa doveva essere rasa al suolo. Come s'è detto, la sentenza non venite eseguita che, inaspettatamiente, nellanno 1545. La sorpresa fu tremenda il
bilancio tragico: 4000 morii. 600 prigioni, 250 giustiziati. Condusse questa
bruiate operazione il barone Giovanni
Memer, d’Oppede, nemico ieroce dei
Vald^ e grand© annuniràtore della poesia di Petrarca, che egli tradusse nei
suoi ozi.sangujgicd; !
♦ >|l ♦
j J 64 5. Lun^ anni di lotta hanno
fa^o comprendere ai Valdiesi che le arnn più pericolose tono quelle che la ragione foggia. L’uomo resi^ all’attacco
violento; -spesso si lascia sedurre, è imtoraz^to nella difesa della sua fedie di
fronte agli attacdri insidiosi delia propaganda avversaria, che è ail’ppera abile, tenace, il'* priore M. Aurelio RÒrengo di Lusema pi il frate T. Belviedere
Si soo messi ail’opéra; con, le loro LHter0 apologetiche^ Torre contro Da/masco,
Lucerna della Christiana verità ceroano
di insidie le tradizionali posizioni del- ^
la dottrina valdese, difese con passione
più che con cultura. Un pastore si accinge ad acoettare con. fede e. dottrina
il buon combattimento: P. Gilles di
Torre Pellice, risponde agli attacchi,
compone una preziosa Histojre ecclé-'
fiastique dea Eglises Vaudoises. Il papa
la mette all’indice nel 1645.
* • «
1 7 45. Nessun fatto notevole da segnalare in questa prima metà del secolo. Regpia Carlo Emanuele III,'e regna l’ordine; roiddne stabilito, bène inteso; quello cioè che ha autorizzato il
trasferimento a Pinerolo dlell’Ospizio dei
eatecum^i Valdesi, delle bimbe Valde^
si eh© in^ età di 10 anni e un giorno
amo considerate maggiorenni, se inten^no abiurare la loro fede. Epoca piena
ai guerre e di rumori di guerra in cui
la vita dello, spirito è contristata. Sembra assistiamo ad -un impoverimiento spirituale graduale; nelle-guerre di
successione ip<^cca ed austriaca le milizie Valdesi si distini^ono per il valor
militare, rardore nel combattimento,
non Cd risulta per una intensa vita spirituale. Durante la guerra di successione austriaca le milizie Valdesi prendono parte attiva all’inseguimento del re
da Spagna e del prineij« De Conti con
1^ ardita puntata offensiva fino a
Guillestre nd 1745.
• • III
1 84 5. I Valdesi cominciàno, lentamraite, a comprendere che un rinnovamento civile è imminente, che un’eman^pazione potrà essere concessa. Più dffficile è per essi comprendere die se un
di grazia sovrana può concedere un
editto, solo un’opera di interior© faticoto m^borazione può rendere gli spiriti
d'^xu del doaio, tm riainovaroento »evangelico, non vi può eissere riimovamento della nazione. I Valdesi sentono ancora di avere una parola , da dire
m qui^ rinnovaimento? L’o^a instaiKabiie di Beckewith è un buon segno; TOl 1845 ottiene dalla Svizze
d©Ua prima diaconessa; nel
1845 pgli inaugura il tempio ed il oresWterto di Rodoretto. ,
Nel 1846 U pastore A. Muston vede
revoluto E decreto di» diieci antri
fma.lo "aveva condamato aH’eailio per.
aver stampato, àH’esI re, una tesi s\dla
^storia, valdese.
■ ‘Cl.
'M ^Jé
YALLI NilSTRE®
Da una^èorrispond ma di O. E. MeiU
le chq la tmiTmia de lo sposto <rf impedisce di pubblicare i tegra^mer^e.
i Mi pàre che vaigj la pena ■— e che
sla anche un dover a parte nostra —
di segnalare ama it ziativa emjnentemente valdiese /giunl ormai al 'suo sesto anno di vita: qu la diel partore Rob^to Jahier, coadi vato dàilìl’ editore
Pier Lu^ Pallai: ì cioè l’almàhacco
diventato rapidamer e quello non so'ltànto delle Valli Not re ma quello delle
nosire famiglie. ' ,
Non ho chiesto i l’amico Jahier in
ohe modo gli è venu i ridea. Credo d’indovinane'pensando io ’essa è nata nel suo .
cuore dal suo amore per la terra nostra
« bella e gloripisa » ed è nata nel suo
pensiero dalla* sua assione... fotografica: alta passione e ESrvita a dovere.
Se rievoco i miei ontani ricordi d’infanzia, vedo espostopopra un tavolo del
nostro salotto, im srosso album nero,
formato da grandi ®rtoni dlestroni, su
daacuno^ dri quali da incollata una’fotografia delie Valli.jEra Topera di Davide Peyrot, allora giovane ipastore del
Serre d’Angrpgna. |
Poi, e per un luago .periodo, tutti i
collettori 'valdesi chi « conferenzavano »
sulle Valli si sono ìvpltì. aM’inesauribile cortesia, di Enrico Peyrot. Eglj possedeva una coUezioii» ricchissima, una
parte della ■ quale jè stata! ' riprodotta,
anni or sono, in im’apposita pubblicazione « In memoriak In seguito i dilettanti fotografi sor|> diventati legione.
Alcuni di eissi ha
loro saggio a Valli
La so Ita delle f
ne degli aJmanao
mandato qualche
lastre.
.per la preparaziosin’ora pubblicati è
stata, secondo me,[quanto mai intelligente e felice. Si pompriende che l’intenzione di Jahier è di far conoscere,
di fare àppirezzare|di fare amare la nostra vita valdese sttto tutti i suoi aspetti: ecoo dunque le! scene di 'vita campestre, dal Sietninalore della copÉrtina^
1940 al vecchio !^vare, al giovane Pecoraio, al gregge iull’Alpe.
Ecco le veduteroanoramiche e i monumenti storici cime la Casa di Enrico
Amaud e il folklhrs. Ecco i nostri templi; i nostri cari campanili; ecco lie nostre istituzioni bmeflche.
^ In tal modo ncn sdo — come dicevo
più sopra —r l’alimanacoo, con la sua ricca do<mmentoadne annuale, illustra e
documienta per èli altri la vita valdese;
ma costituisce, oct i valdesi lontani, un
dolce richiamo: 0 Paese. Paese, Paese e
’esenti. neU© Valli la
ita di vedere illustrata
che hanno sotto gli
dà ai Valdesi
sensazione
la regione stes
occhi.
(1) Almanacco Valdese pel 1945, Lire l-S
la copia.
La tentazione dei Regni
La visione dei regni del mondo (l) appare
in un attimo agli occhi di Gesù. E’ il campo
della sua azione. E’ la terra arida assetata
che aittea^ il measaggio e i’ordiine del Regno di Dio. Gesù non vede quello che vede il
Diavolo, cioè una prospettiva brillante di potenza e di ricche^a, di armi e di gloria, ma
la figura misera insufficiente e contaminata
della fMiigiia umana divisa ed dnfeUce.
L’umanità invece di accettare la sovranità di
Dio, dà a sè st^a mìUe sovranità umane che
si invidiano, si contendono, si condannano e
, si distruggono a vicenda.
^ ^sù coni^pla con tristezza lo spettacolo
dell usurpazione di Satana. Il canapo del buon
grano, U campo del Signori, è divenuto il
campo deila zizzania. I Regni del mondo sono
donunatl da Satana. Spira sopra di essi uno
spinto di sufficienza e di fiducia in sè, di
orgoglio e di violenza... L’uomo si sforza di
attuare in essi xm ordine sul piano umano.
E generazione dopo gaierazlone si affatica e
costruisce, e poi abbatte e ricostruisce e rinnova le Mperienze di folle illusione e di amara delusione di tutti l tempi, ma non.raggiunge mai un risultato definitivo. C<wi si
prolunga e si ripete l’altalena della storia
tóle spOT^ e delle sofferenze umane.
il Regno di Dio, è ancora di là da venire. '
1-nella meditazione di
Gesù e gli suggerisce una soluzione pratica:
VI sono tóle grandi possibilità nella vita
dei moMo; lavoriamo assieme a dargli un
assetto definitivo: facciamo alleamm. Facciamo ralleanza della sostanza del bene con
1 apparenza male. Un compromesso delie ^igenze del Regno di Dio con le esigenze del cuore umano, e dell’umaaa natura.
• *n Diavolo menatolo In alto, gli mostrò
^ ^im ^timo tutti i regni del mondo » (Mat
Imponiamo al mondo con la forza l’ordinìe
buono del Regno di'Dio. • ‘W
Gesi^ respinge la tentazione. .L’ordine di’"’:
Dio è su di uri , piano diverso delVordine'"’
ianano. Nessun .ordine umano, per buono che
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sia, può dìstaocaTisl dalla legge dei /peccato
’e dalla condanna della vanità. L’uomo viva
nell’ordine umano, e attenda e speri nell’ordine di Dio. II. messaggio dtìi Vasgelo è* l’annuncio deliRegnq che viene..®’ ufi annunr
do pieno di aUegrezza, e di serenità' di- dl, stacco e di :^eranza. Non conosce oomprotn^i col mondo, non teme di essere paradoxale, nop. si preoccupa dell’fnmiocasso.
Vade retro. Satana 1 podetoè sta scritto:
'Adora ü Signore Iddio .tuo, e a lui solo rendi il tuo culto.
I /cristiani amano attaxuare la visione pessimista del Sadvatore, e cercano di addomesticare U suo insegnamaatò paradossale e- rivoluzionario siui regni umani, colle fannule:
Dio 6 Patria, Trono e altare, e slmfli, che
conciliano „^termini posti hi antitesi nell’EvMgelo. La parola del Salvatore: Date a Cesate ciò ohe è di Cesare, e a Dio quel che è
di Dio, è affermazione con la , quale si cerca
di sostenere una posizione tradizionalmente
data per buona, di- cittadino cristiano. Posizione piena di nobiltà e di ricchezza di sentimento patriottico, che però porta sul terremo della lede pensieri che con essa nulla
hanno a che vedere, non senza cadere poi in
confusioni enormi quando dolorose vicende
della storia pongono dinnanzi alla coscienza
cristiana più Cesari contemporaneamente.
Non vi è nessuna parola del Vangelo che
contenga tanta amara ironia e beffa dolorosa, quanto questa parola ^dl Gesù, che è una
presa di posizitme di resistenza passiva, di
fronte ad uno stato di cose che è la negazione espleta del Regno di Dio. La poslzione di Cristo non è in nessun modo una
attitudine di fattiva collaborazione airatti'vità dei Regni umani.
II Cristianesimo non è e non vuole essere
elemento di ordine, malgrado le interpretazioni varie ohe ne sono state date, le applicazioni tentate, i travl^enti e le deviazioni
della Cristianità. Il Cristianesimo è un messaggio totalmente diverso, che agisce su un
piano infinitamente più elevato, ed è atto a
distogliere più che a incoraggiare gli uomini da ogni attività volta a sostenere le
istituzioni e gli interessi di quel regno umano
nel quale la nascita li ha posti. Il meno che
si possa ffire su questo', argomento è che il
Vangelo ignora e si disànte'ressa completamente del problema Intorno a Gesù passano gli uomini dell’ordine: un centurione il
governatore Pilato, il re ®rode, e quelli ’del
disordine: pubblicani disonesti, donne di facili costumi, malfattori fuorilegge, Zelati rivoteiooari. A Gesù nc«i interessa nè la loro
posizione in società, nè il loro a/tteggiamento
verso l’Impero. Gesù vede in essi soltanto
delle anime.
E di fronte alla patria ximana in cui trascorre i suoi trent’anni di vita. Egli piange,
e vero, dall’alto del monte degli Ulivi, nel
giorno delle Palme, ma sono lacrime d’amarezza per l’Incredulità di quella città che si
diceva santa ed era lontana dal Regno di Dio
I discepoli di Cristo devono apprendere a
salire col loro Maestro sul monte altissimo
dal quale si vedono tutti i Regni della terra. E nel misterioso colloquio di anime ohe è
concesso al credente nella comxmione col
Salvatore, domandare a luì l’ispirazione e la
guida. E il Cristo che ha conosciuto la tentazione dei R^gni umani, risponderà benedicendo e riconoscendo l’Amor del natio loco
come una delle cose belle, uno dei sentimenti del cuore umano che sono dono di Dio, ma
che sono legati alla precarietà e transitorietà della vita di quaggiù. Un dono buòno che,
nelle contaminazioni del Regno dei Peccato!
si perverte nell’orgoglio, nelTinvldla, nell’egoismo, nell’odio e nella violenza. Un dono
un plano modesto relativo di soaidarietà e di
che santificato, permane nella vita umana su
servizio del fratello. Un dono ohe è figura
umile indegna figura, di una realtà infinitàmente^ più alta, chè il Cristiano già possiede
quaggiù nell’annuncio e nella vocazione del
Regno di Dio, e che si realizzerà più pienamente nel Giorno del Signore.
Dei figliuoli di Dio si deve dire oggi ancora come del patriarca antico: Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra
straniera, perchè aspettava la città di Dio
Avendo confessato che era forestiero e pellegrino sulla terra desiderava una patria migliore, cioè una patria celeste. Perchè Iddio
non si vergogna di essere chiamato il suo
Roberto Comba.
Dizionario Valdese
AMMUTOLIRE: v. n.: p^der la favella
per 'timore o maraviglia o vergogna.
E’ un fenomeno patologico che si verifica non raramente. Il sistema n&rvoso può avene Éajfi reazioni insospettaZe.
Il verbo è però usato generalmewte in
senso figurato. E dò è molto strano perchè, in senso figurato, il fenomeno è rarissimo.
« A quel rimprovero ji ragazzo ammutolì». E’ l’esempio classico di tutti i
vocabolari. Noi, però, non abbianm mai
incontrato dei ragazzi che per timore o
per vergogna abbìan perso la favella!
Anzi, abbiamo sempre notato, con curiosità, come, di più piccolo rimprovero,
il ragazzo abbia sempre da opporre un&
riserva di mosmede, di strabuzzare gli
occhi, dì mugoUi indistinti, e, sopraduÈto, di scuse, di cavilli, di ~ ma, — se,
— fo veramente, — ecc., ecc.
Per i fautori delle dottrine evoluzionistiche e del progresso universaìe deve
certo essere argomento dt non lieve
, le fi pàter considerare còme'
feponneno morboso sia quasi
scomparso'e cóme gli uomini siano oggi.
fiiv^taiti ^èosi robusti e forti in ogìii
senào che es^ non sanno più che cosa
sia ammutolire per timore o maraviglia
0 vergogna ! JV«(f campo rnorede non è
Xariaora'dimostrato che là. cosa CiMitUi, 'sca un grande vantaggio I .
Qronaca Vaìdéte
PRAROSTINO.
I NOSTRI LUTTI. Sono deceduti: U 4 o1tobre, Cesarina Rivoiro wed. GcÉrdiol, di anni
74; il 25 ottobre,-. /Susanna Travers ~in Pastre, di anni 71; il 17 dicembre,. Alessdhdrina Griset in Paschettò, di, armi 67, ed il 24
dicembre, Luigi Bourne, ' di anni 80'. Essi
sono stati lungamente" provati dalla sofferenza.
Nel corso del mese di novembre sono deceduti tragicamente: Giacobbe Avondet, di
anni 85; Enrico Bourne, di anni 22; Luigi Romàno, di anni 16; Delio Godino, di anni 23;
Alberto Coisson, di anni 24; Arnaud Costantino, di anni 16; Cesare Paget, di anni 29;
Ernesto Paschetto, di anni 55; Remo Paschetto di Ernèsto, di anni 17; e Cesare Simondet, di anni 40.
Su tutte le famiglie così duramente colpite nei loro affetti invochiamo le consolazioni
del Signore. ■ '
VILLAR PELLICE
ERRATA. Nella nostra ultima corrispondenza, leggere non: «disdette» ma: «distrette ».
— VISITA. La comunità ha avuto, il 19
novembre, l’inattesa quanto gradita visita
del pastore G. Enrico Melile, sceso improvvisamente dai suoi monti di Rorà a recarci
il solenne, attuale appello della Parola del1 Eterno: « Il Regno dei Cieli è preso a forza
ed i violenti se ne impadroniscono». Gli diciamo ancora la nostra gratitudine.
NOZZE. Il 25 novembre abbiamo celebrato, nel nostro tempio, il matrimonio di
Emanuele Gonetto di Giovanni con Anna
Susanna Maria Gönnet di Stefano, di Fien
Minuto. Agli sposi e alle loro famiglie rinnoviamo l’augurio fraterno della vera felicità.
— DIPARTENZE. I nostri vecchi ci lasciano. Abbiamo accompagnato, in queste
ultime settimane, al loro ultimo riposo terreno, le spoglie mortali di sei cari fratelli e
sorelle: Caterina Bannet deceduta, dopo lunga malattia, al Ciarmis, il 9 riovembre, in
età di 72 anni; Marianna Bertinat vedova
Talmon, del Saret, serenamente ritornata al
suo Dìo, il 13 novembre; Caterina Janavel,
del Teynaud, deceduta all’Ospedale il 21 novembre, Giovanni Stefano Berton, ciel Ciarmis, deceduto, in seguito a caduta, il lo dicembre, in età di 85 anni; Maria Cristina Celestina Tourn vedova Alito, la venerata decana della nostra famiglia spirituale, ritornata serenamente al suo Signore, il 7 dicembre, alla bella età di 95 anni; e Maria Nicolet in Favàt, del Saret, separatasi dai suoi
cari, al compimento dei suoi 62 anni, in questa radiosa testimonianza: « La Grazia di Dio
mi basta ! ».
« L’Iddio di ogni consolazione » sia la luce
e la forza di tutti quelli che piangono.
f.
Nell annunzio della settimana scorsa invece di
MICOL FRANCESCO Ìeppasi
Nicol Fernando
La famiglia del compianto
Delio Godino
vivamente commoss^ per tutte le atteataxtoni
dì simpatia ricevute, sentitamente Tingrazia.
Praroétirto (Gay), novembre 1944.
OGGETTO RITROVATO. Chi avesse smarrito nel pressi di Rlo-Crò, il 27 dicembre,
un indumento femminile in maglia nera, si
rivolga i>er ricuperarlo alla Bottega d^a
Carta,
Ai*. 'I.AAAAA1
Prof. Omo CosTABBi, Direttore respoifsabile
Autorizzazione Min. Cultora Popoli^ N. ÌÓ
del 7 gennaio 1944-XXn
ARTI GRAFICHE “L'ALPINA,, - Tórre Pelile«