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ABBONAMENTI : Interno ed Eritrea, anno L. 3; semestre L. 1,50.
Estero : anno L. 5 ; — semestre L. 3. — Per inserzioni, prezzi da convenirsi.
Dipettofe e flinnilDistPatope : Beovcnuto Celli, Via ©agenta 18, ROfflH
Homa, HO ÌìoDembre H910 = 3^.nno UH = H. 46
stampa e la moralità — Gu,OIIliIItlPItJ ♦ glieimo Ferrerò e la filosofia
della storia — Cose di Germania — Discorso di
Guglielmo II all’Università di Berlino — Il Convegno antialcoolistico di Milano — Alla rinfusa
— Il 4 novembre — Monumento al Guthrie — Giuseppe Cesare Abba — Enrico Dunant — Commemorazione di G. Appia — Centenario d’un Grande —
Santi protettori dell’aviazione — Macabro boicottaggio — Concorso Elisa Crema — La Bibbia di Napoleone — Il Cielo Stellato — Valli Valdesi — Da le
antiche province — Lettere nizzarde — Corriere milanese — Nella città dei fiori — Cronachetta romana
— Associazione Cristiana della Gioventù — Libri e
periodici ricevuti — Rivista Cristiana — Bollettino
omiletico — Auri sacra fames — Sotto l’incubo !
La sfanipa e la moralifà
Il sostituto procuratore generale presso la Corte
d’Appello di Eoma, comm. Calabrese, ha scritto contro
la stampa quotidiana una fiera requisitoria, dicendo
con maggiore autorità ciò che noi abbiamo modestamente affermato da tempo.
Del progetto di legge inteso a porre un freno
alla soverchia libertà, degenerata in licenza, non ci
occupiamo ; sarà ingenuo, poco pratico, esagerato il
provvedimento proposto, non abbiamo competenza per
dirlo. Ma quando il procuratore scrive che « il giornale può, assai più di qualsiasi altro genere di lettura, servire di suggestione al delitto e peggiorare
le condizioni della pubblica moralità, specie per
l’influenza che esercita snH’animo dei giovani pericolanti, traviati e delinquenti ; che « se la pubblicità sommaria degli avvenimenti e dei misfatti è
inevitabile, non è necessaria nè utile la pubblicità
depravatrice e contagiosa dei particolari », allora
afferma delle verità sacrosante, confermate ogni
giorno dai fatti. Chi lo nega, chiude gli occhi all’evidenza 0 mente per motivi interessati. La stampa
quotidiana è diventata un veicolo d’infezione morale, e, senza volerlo esplicitamente, nna vera e propria scuola di corruzione e di delinquenza. Siamo
giunti al punto che non si possono più portare giornali in casa, compresi i più gravi e seri e autorevoli, perchè pieni di delitti e fattacci di ogni sorta,
narrati e descritti nei minimi e più ripugnanti particolari, senza contare le appendici e gli avvisi a
base di pornografia, che farebbero ottima figura in un
bordello. Se il giornale dev’essere la cronaca fedele
della vita, con le sue bellezze e le sue bruttezze, di
gran lunga più numerose, non ne consegue, ottimo
Janni del Corriere, che debba essere la cloaca massima della nostra poco civile e molto corrotta umanità, un libro nero riveduto e aumentato, un trattato clinico di tutte la malattie e le, degenerazioni
umane. Se può importare, fino a un certo punto al
lettore di sapere che il vicino ha ammazzato la moglie perchè lo tradiva, o che due innamorati sono
stati trovati mo)ti in una camera d’albergo, che una
serva o una signorina si sia sbarazzata del frutto di
illeciti amori (e anche tutto questo che importa alla
gran massa dei lettori ?), che bisogno c’è di descrivere tutto per filo e per segno, e èi rivelare i
particolari più scabrosi e più piccanti ? Se si fa nna
passeggiata in campagna, è forse necessario nella
descrizione di mettere tutto ciò che si è veduto lungo
le siepi 0 per i campi?
I giornalisti dicono che è il pubblico che vuole
dettagli e che un giornale che non seguisse l’andazzo morrebbe a breve scadenza. E’ lecito dubitarne,
perchè una buona parte del pubblico è nauseato dalle
esibizioni di brutture e di turpitudini, e quello deve
alzare sempre più forte la voce contro l’ihsano indirizzo. Ma poi, chi lo ha educato cosi il pubblico ?
Chi l’ha avvezzato in quel modo ? Chi ha solleticato
in lui quel e-usto morboso per il brutto, il turpe e
l’indecente ? Chi ha acuito la sua curiosità fino
alla frenesia ? Siete voi, giornalisti ; siete voi che
avete cominciato con l’abbondare in dettagli e descrizioni a cui il pubblico non era abituato, cercando di superarvi l’un l’altro, a fine di lucro e speculando sulle umane passioni, in cosi poco nobile gara.
Non è il pubblico che fa il giornale, ma è questo
che fa quello. Prova ne sia, fra altre, il numero
di delitti che si commettono per smania morbosa di
pubblicità 0 per imitazione di ciò che si è letto sul
giornale ; ‘come altresi la curiosità morbosa sempre
più esigente perchè ? perchè mantenuta, eccitata e
soddisfatta dal giornale. Il quale dice giustamente
il comm. Calabrese, « dovrebbe elevarsi al di sopra
della folla e non dovrebbe assecondare le tendenze
del pubblico ». Invero, se è diversamente, se, cioè,
è il giornale che segue il pubblico, dove se ne va
la famosa missione della stampa ?
Eppure, è in nome di quella missione, come pure
in nome della libertà, delle conquiste intangibili, del
progresso e di tante altre cose, che fanno rumore
come colpi di gran cassa, che i giornalisti italiani
hanno riversato sul capo del povero procuratore ogni
sorta di dileggio, di disprezzo, di parolacce, di insulti, minacciando « d’insorgere uniti e terribili, nella
lontana ipotesi », ecc., accusandolo di rendere « un
servizio a qualche gruppo di associazioni clericali ! »,
E tutto questo, ed altro ancora, semplicemente perchè
aveva detto delle verità sacrosante ! Ma la verità
scotta, lo si sa.
Codeste verità è il pubblico sano che deve farle
sue e ripeterle a voce sempre più alta, talché se non
le vogliono ascoltare i giornalisti, le sentano i legislatori e facciano ragione alla decenza e alla moralità giornalmente offesa.
Tutt’altro che clericali o puritani esagerati, noi
concludiamo con il buon giudice Majetti : « l’innocenza sacra, il decoro nazionale, la pace domestica,
la salute pubblica reclamano la fine di questo esibizionismo scandoloso, perenne di brutture, che ci
disgustano o pervertono, che avvelenano la nostra
stirpe alle radici ».
Egli promette pure che la repressione verrà. E
venga presto. Enrieo
Guglielmo Ferrerò
e la filosofia della storia
Quando il ministro deH’istrnzione pubblica fece
la proposta di istituire nell’Università di Roma una
cattedra di filosofia della storia per affidarla a Guglielmo Ferrerò, si sollevò una fiera polemica, che
ora si riaccenderà dopo la vivace auto-difesa dello
storico proposto. Gli oppositori, in sostanza, pur rendendo omaggio all’ingegno del Ferrerò, gli negavano
le qualità necessarie per occupare degnamente la
nuova cattedra.
Ora il Ferrerò, che conservò allora un dignitoso
silenzio, nella sua conferenza, detta a Firenze, ampiamente si difende dagli attacchi e altresì espone
quale debba essere rìnsegnamento della filosofia della
storia. Ci ha in quella sua auto-difesa colpito il brano
che si riferisce alla decadenza degli studi storici in
Italia, nel quale si afferma che una delle caus> di
tale decadenza ha da riporsi nella importazione per
via amministrativa (?) di nna cultura in gran parte
di origine protestante, che aveva le qualità e i difetti delle culture svoltesi all’ ombra delle Riforme
e che non corrisponde al genio e alle tradizioni della
cultura italiana soprattutto per due ragioni: perchè
è troppo mistica e metafisica, e troppo poco artistica.
Ora qui si affaccia subito una considerazione che
ci pare molto ovvia. Di chi la colpa di cotesto decadimento degli studi storici in Italia se non di noi
0 del nostro ambiente ? Quale causa mai ha impedito agl’italiani di occuparsi con amore delle cose
proprie, in maniera da impedire, sia pure indirettamente, agli stranieri di scrivere la nostra storia ?
Non è forse qui il caso di muovere piuttosto rimprovero alla indifferenza, alla ignavia nostra tradizionali ? E invece si tirano in ballo, poco a proposito,
le infiltrazioni protestanti anche nel modo di scrivere 0 di esporre la nostra storia I
Si doveva, quindi, vedere se non era il caso di
fare una più profonda diagnosi del male lamentato,
anziché muovere critiche al misticismo e alla metafisica protestanti con infinito compiacimento degli
uditori e del Corriere della Sera ! E perciò siamo
sempre alle solite. Mentre gli stranieri si occnpavano delle cose nostre, sia pure con poco amore artistico (?), e raccoglievano con pazienza infinita le memorie della nostra storia, che cosa facevano gl’italiani se non quello che conveniva di santa ragione
flagellare ? Pensate alla pigrizia, all’indifferenza nostra per tutto ciò che ha rapporti con la cultura e
con le forze vive di una nazione che dovrebbe aspirare quel a primato, che cause varie ci hanno impedito
di raggiungere o di riafferrare. E perciò il Ferrerò
avrebbe fatto meglio di rendere omaggio alle culture straniere, sia pure imbevute di misticismo e
di metafisica, le quali hanno, però, impedito che tante
cose nostre andassero perdute o disperse.
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LA LUCE
E intanto assodiamo ancora una volta il fatto che
1 influenza della Riforma sullo svolgimento della cultura è stata quanto mai vasta e profonda. E Raffaele Mariano ha dovuto scrivere ; « Non sono le
nazioni cattoliche, ma le evangeliche, che han preso
1 egemonia nell andamento della storia : l’han presa,
e la tengono tuttora. Piaccia o no, le idee ispiratrici e direttive della cultura moderna vengono di
li, dai popoli della Riforma : e i cattolici, quasi tirati a rimorchio, o vi sottostanno o, tutt’al più se
ne appropriano i risultati »,
Ed ora ben venga il Ferrerò ad inaugurare un
ordo novus in questa materia, in maniera da corrispondere meglio al genio di nostra stirpe, purché
« 1 opera d arte » non si traduca poi in leggerezza
e in superficialità.
Envleo fDeyniev.
C^E^dÌ^^BRMAWT^
Si parla assai al presente in Germania di un libro
intitolato : JFir Katholiken und die Anderen » (Noi
Cattolici e quegli altri) dovuto alla penna di un rinnegato, Amburghese di nascita, gesuita di professione, che risponde al nome di Paul de Mathies, per grazia della Santa Sede, Barone.
• Quegli altri » pel Barone papale, sono tutti i Tedeschi non strettamente ultramontani. Al vero Cattolico poco importano i vari sconvolgimenti cui sono
sottoposti gli stati dell’universo mondo, destinati,
tutti quanti, a sparire come sparite sono le dinastie
che regnavano in Egitto già 5000 anni prima della
nascita di Cristo. La sola dinastia che rimarrà, quando
saranno dimenticati tutti i nomi che attualmente
impinguano l'Almanacco di Gota, è la dinastia papale, alla quale apparterrà il dominio universale assoluto.
L’amor patrio è una fisima, tanto pel Francese che
pel Tedesco. La vera patria del cattolico è l’Universo
ridotto all’ubbidienza di un sol pastore, monarca assoluto : il Papa. Al papale Barone poco importa dei
sovrani. Il cattolico Re di Sassonia che, nell’interesse
della pace tra le varie confessioni religiose, s’è permesso di fare al papa alcune rimostranze riguardo
all’Enciclica Editae saepe, si è meritato lo sdegno
del signor Barone, che l’ha qualificato di Re in 12“ il
quale regna sur una estensione di appena 16 mila
chilom. mentre il papa estende il suo dominio dall’uno all’altro polo.
Ora viene il bello: Il Re di Sassonia se l’è avuta
• male e con esso molti buoni cattolici fra i quali i
Redattori della Eoelnische V.ztg. ohe disapprovano
apertamente le parole del gesuita, mentre la € Germania » di Berlino le loda. Il Re di Sassonia ha
detto che scriverebbe al papa una seconda lettera
per domandargli se approva le espressioni del baronificato gesuita. Del ohe avuto sentore il gesuita,
colla maggior disinvoltura del mondo dichiara nulla
avere scritto del Re di Sassonia e difatti nel libro
incriminato il nome del Re di Sassonia non c’è, come
nella famigerata Enciclica non leggonsi i nomi nè
di Lutero, nè di Zwinglio, nè di Ecolampadio, nè
di Calvino; ma, come ha mentito il Papa nel pretendere non avere avuto in mente le persone e le
nazioni che la sua Enciclica offendeva, così mentisce il rinnegato Barone, ma riguardo ai Gesuiti e
Gesuitanti vale il proverbio: Laterem lavat qui
corvum mundare eonatur.
ohe vogliono il progresso e la pace tra le confessioni ^religiose e tra i vari popoli. Ma questi sentimenti di pace e fratellanza sono un oggetto d’orrore
pel Vaticano e per gli altri fanatici di Roma, di Berlino e di Breslavia, che assolutamente nulla vogliono
aver che fare cogli odiati Protestanti. Ai Cattolici
non è più permesso di far parte di una società operaia che ammetta anche Protestanti. Se dipendesse da
quei fanatici dovrebbe, quanto prima, scoppiare una
nuova guerra di 30 anni, ohe non mancherebbe di
ripiombare l’umanità nella barbarie. — Fortuna che,
nella maggior parte degli Stati, i cattolici fanatici
sono in »infima minoranza 1
*
* «
La Rivoluzione in Portogallo trova un’eco in Germania per quel che concerne le Congregazioni ossia
ordini monastici ; la Deutsch Evang. Korrespondenz
insiste onde il governo prenda le misure necessarie
a impedire anzitutto ai Gesuiti espulsi dal Portogallo di stabilirsi in Germania, dove dal 1866-1906 le
congregazioni hanno preso uno sviluppo incredibile.
Nel 1866 erano 996 con 9733 membri; oggi sono 5211
con 6000 membri.
Nella diocesi di Magonza contansi un frate su 183
uomini, una suora (stavo per scrivere fratessa) su 47
donne.
La Rh. W.ztg scrive : Mercoledì sera sono giunte
a Münster (Vestfalia) undici suore colla loro superiora, provenienti da Lisbona ed han trovato accoglienza nel Convento Zum Guten Hirten. Fra esse
trovansl una Schorlemer e una contessa Kerssenbrock. Si sa che la nobiltà vestfalica è per lo più
strettamente papale.
»
• Hf
In un discorsò tenuto a Colonia prima della sua
partenza per Roma; ad limina Apostolorum, il Cardinale Fischer altamente esprimeva il desiderio, il
dovere e la necessità in cui trovansi i Cattolici della
Germania di lavorare alla soluzione delle varie quistioni sociali, d’amore e d’accordo con gli Acattolici
Il 21 ottobre celebravasi nella città di Halle un
giubileo interessante per l’intiera Germania : il bicentenario della Cansteinsche Bibelgesellschaft la
più antica delle società bibliche della Germania, fondata nel 1710 dal pio e generoso Barone Canstein,
l’amico di Spener e di Franche. Anche nella fondazione di questa società osservasi l’influenza di Lutero.
Prima di esser pastore a Halle, Aug. Herrm. Franche
era diacono in Erfurt e precisamente in quella chiesa
del Convento Agostiniano, che l’induceva ogni giorno a
ripensare a quel grande, il quale colà trovò il tesoro
della S. Scrittura e più tardi, con quella sua classica
traduzione, sì potentemente concorse alla diffusione
della Bibbia in tutta la Germania. Ma le spese di
stampa erano forti, non tutti erano in grado di fare
acquisto del sacro libro. A. H. Franche, ispirandosi
all’idea del gran Riformatore, cercò i mezzi onde
vendere il Nuovo T. a due grossi (25 cent.) àlmeno
ai suoi parrocchiani. Trasferitosi poi a Halle, ed entrato in relazione col Barone Canstein di Berlino,
trovò in lui un uomo zelante per la diffusione del
Vangelo e, coll’aiuto suo e di altri generosi benefattori, venne fondata la società cui più tardi restò
unito il nome del Barone. Le due prime forti contribuzioni, di 1000 Talleri l’una, furono quella della
regina Sofia Luisa di Prussia e quella del principe
Carlo di Danimarca.
Dal 1710 — 1800 furono venduti quasi due milioni
di Bibbie e un po’ più di un milione di Nuovi Test.
A tutt’oggi sono in complesso circa otto milioni.
In occasione del suo Bicentenario la Cansteinsche
Bibelgesellschaft ricevette, oltre ai doni in danaro,
le congratulazioni di altre 22 Società bibliche sorelle
minori per età, alcune delle quali hanno assunto
un’importanza mondiale.
• •
Un libro che, sotto gli auspici del Keplerbund, è
destinato a fare un gran bene è quello teste aununziato e raccomandato dai giornali evangelici, pubblicato dalla casa editrice Rauhe Haus sotto il titolo : Natur und Bibel in der Harmonie ihrer Offenbarungen Natura e Bibbia nell’Armonia delle
loro Rivelazioni. Autori ne sono tre distinti scienziati :
l’Astronomo Dr. Joh. Riem, l’Antropologo Dr. O.
Hamann il biologo Dr. Karl Hauser. Diamo questa
notizia nella speranza che qualche lettore della Luce,
che ne abbia il tempo, ce ne ammannisca una traduzione in lingua italiana. Renderebbe un immenso
servizio non solo al pubblico evangelico bensì a tutti
i sinceri cercatori di verità.
Paolo Calvino.
Discorso di Gogllelmo li aO’DnitersM di Berlloo
L’il dell’ottobre scorso l’Università di Berlino ha
celebrato il suo Giubileo, ha festeggiato solennemente
i suoi cento anni di esistenza e di storia.
In questa circostanza l’Imperatore tedesco si è recato in gran pompa, quasi in processione, nella nuova
Aula universitaria. Echeggiavano, evocatori e commoventi, i canti studenteschi e le fanfare militari.
Gli facevano ala compagnie di soldati forti ed impassibili, scintillanti per vestiti ed armi. Lo seguirono
il cancelliere dell’Impero, i ministri, molti principi
imperiali e reali, moltissimi ufficiali superiori, i seggi
del Parlamento tedesco e della Dieta prussiana, rettori universitari, predicatori di Corte, professori, studenti in wichs (costumi loro medioevali). Così l’Imperatore era in un’aureola abbagliante e multicolore
di risplendenti uniformi, di maestose toghe in porpore trapunte d’oro, di talari oscuri, severi, austeri ;
si trovava in mezzo alla grande aristocrazia intellettuale e spirituale dell’Impero, la sola oramai dinanzi
alla quale le universe moltitudini piegano riverenti
e docili le fronti.
Dopo il discorso del rettore, egli prese la parola e
disse, tra l’altro, quanto segue :
« Alla mia fedele « Università Federico Guglielmo »,
in occasione del suo primo Giubileo secolare il saluto e
l'augurio !
Fin dai giorni della sua fondazione ella è stata intensamente unita ai destini della patria prussianotedesca. Il mio avo, Federico Guglielmo III, che ora
riposa in Dio, la chiamò in vita or sono cento anni,
perchè nello Stato, fisicamente indebolito per le grandi
perdite di uomini, si innestassero forzo compensatrici
e ricostituenti, energie spirituali. Così l’Università di
Berlino nacque da quel medesimo spirito creatore dal
quale trasse le sue origini la rinascenza della Prussia.
E questo spirito, che innalzò la Prussia-Germania e che
fu vivo in Fichte, Schleiermacher, Savignij (1) e nei
loro amici, fece dell’Università, nel volgere di pochi
anni, un importantissimo centro nazionale di vita spirituale e scientifica.
Certo in sulle prime l’Università Berlinese era lontana ancora dal rappresentare una < universitas literarum » nel senso di Guglielmo von Humbold; ma
in verità si è avvicinata sempre più a siffatto ideale.
E’ una grande fortezza delle scienze e come tale ha
acquistato, eziandio al di là delle frontiere prussiane
e tedesche, una importanza internazionale.
Intanto non è ancora realizzato il progetto di Humbold che nella Università comprendeva la somma degli
stabilimenti scientifici. Ma quest’ora solenne accenna
all effettuazione sollecita di quello a cui egli mirava...
Il compito sacro del presente mi sembra consistere
nel^ chiamare urgentemente alla vita tutti gli Istituti necessari alle più accurate investigazioni scientifiche...
L’alto compito domanda grandi mezzi e lo si può
raggiungere solo quando sieno pronti a valida collaborazione, a sacrifici, tutti quelli che s’interessano
al progresso della scienza ed al benessere della patria.
Sia questo giorno non solo una data commemorativa,
ma segni un ulteriore passo nello sviluppo della vita
spirituale tedesca.
Possa questa Università, riandando i tempi in cui
sorse, conservare il suo carattere prussiano-tedesco. E’
vero : la scienza è un bene che appartiene a tutto il
mondo colto ed i suoi risultati non si fermano dinanzi a confini. Epperò — poiché ogni Nazione deve
conservare il suo genio, la sua personalità, se vuole
mantenersi indipendente ed affermare il suo valore
per l’universalità — persista l’alma madre berlinese a
sentirsi Università tedesca. Come pel passato, continui
anche pel futuro ad essere sede di usi e costumi tedeschi.
Possa l’Università anche nell’avvenire avvalersi del
privilegio che sempre ebbe, occuparsi della vera scienza
che viene dal cuore e si coltiva nei cuori, che trasforma i caratteri e li crea. Consegua ciò con quella
nobile libertà che impone leggi a sè stessa, col sentimento di essere amministratrice di un tesoro che
deve essere dispensato all’intiera umanità. « Communis
hominum thesaurus situs est in magnis veritatibus » :
il tesoro comune degli uomini è posto nelle grandi
verità ! Ed ogni verità è di Dio ed il suo Spirito riposa sopra ogni lavoro che procede dalla verità o ad
essa mira. Oh commilitoni : possa siffatto Spirito di
Verità riempirvi e compenetrare il mio diletto Istituto Superiore in tutte le sue manifestazioni.
Ed allora la sua vecchiezza sarà come la sua gioventù : egli continuerà ad essere la città posta sopra
il monte verso la quale salgono i popoli, un ornamento
ed un baluardo della patrta >.
Il discorso imperiale ci ha suggerito le seguenti considerazioni :
Beato il popolo che vive ncWunione feconda tra
Dio e la scienza, tra la religione e la morale, tra Cristianesimo e Stato. Beato il popolo per cui il punto
culminante della scienza ed il punto culminante della
religione, anziché essere continuazione di due parallele infinite, s’incontrano nel palpito di Dio ! Tre e
quattro volte beato lui : non si consumerà in lotte
intestine di partiti, non conoscerà gli odiì sacerdotali
del Vaticano contro al suo paese, non si troverà nel
dilemma latino, mortale sempre : o amare libertà,
scienza, patria e rinnegare Dio fattosi prete, o amare
questi ed odiare scienza, libertà, università, scuole,
libri, patria, tutti i valori della vita moderna, tutti.
Noi Italiani, membri certo non secondi della
grande famiglia latina, siamo divisi da secoli per
opera nefasta del papato : i Guelfi ed i Ghibellini si
continuano coi mutati nomi di clericali ed anticlericali. » Ogni cosa divisa in sè stessa non può durare; quando un regno è diviso, non può durare;
non potest regnum illud stare ! » (Meo. 3, 23-24). Sono
parole di Gesù e del buon senso, così profondamente
buono da essere divino. Bisogna quindi sopprimere
questa inimicizia.
Ma il Vaticano Spirituale è definitivameate tramontato nel Vaticano Regio o Curia. Ma la religione papale consiste oramai nell’obbedienza assoluta, cieca,
cadaverica al primo Mery del Val che si presenta. Ma
il papato non vuole, non può mutare, riformarsi ;
dev’essere qual è, oppure cessare dall’essere. Deve
odiare il protestantismo italiano che nella politica
corre col nome di liberalismo, che nelle scienze eco
(1) Grandi rappresentanti della filosofia, della religione evangelica e del diritto.
3
LA LUCE
nomiche si chiama democrazia, che nella religione
corrisponde al modernismo ed al valdesismo. Ma noi
non possiamo separarci dalle libertà, dalle scienze
dalie attività moderne, perchè ciò significherebbe un
arrestarsi ; ora nè la storia nè la natura consentono
una fermata. Ma noi non sappiamo rinunciare a Dio ;
sarebbe rinunciare agli ordini, agli imperativi, alle eie'
vazioni degli ideali palpitanti in una volontà personale ; sarebbe adattarci ad ideali... morti.
Perciò, se realmente ci rispettiamo, se amiamo il
progresso, la patria, il regno di Dio, dobbiamo oggi,
senza rimpianti, abbandonare il papato ai suoi destini ed avanzare verso luce maggiore, verso religiosità più evoluta, col cuore sempre alto, collo sguardo
sempre avanti !
Gio\/aEmi Grilli
Il Convegno antialcoolistico di Milano
Nella speranza che qualche penna, più della mia
autorevole, mandi alla Luce una descrizione particolareggiata di queirinteressante Convegno — da taluno
chiamato anche Congresso — vorrei permettermi alcune
osservazioni — diciam cosi — periferiche.
Di molte cose mi son rallegrato, di altre no.
M’è doluto assai il vedere cosi poca gente interessarsi di una quistione di si alta importanza — forse
l’organizzazione e la reclame sono state difettose. I
partecipanti erano poco più di 100. Brillava per la sua
assenza il clerp milanese, che pur conta un numero si
ragguardevole di degnissimi e dotti sacerdoti ai quali,
certamente, sta a cuore non soltanto il bene religioso,
ma anche il bene economico dei loro concittadini. Mancava altresi l’elemento operaio che, almeno la Domenica, avrebbe potuto intervenire. Mancavano le signore che Invece di 6 o 7 avrebbero potuto esservene
almeno 60 o 70. Mancavano quasi tutti i medici milanesi, che pur contano tante celebrità.
Tutte queste mancanze attribuisco a difetto di organizzazione, di reclame e di interesse. D’altra parte
mi sono rallegrato dell’intonazione che ha regnato durante tutte le discussioni alle quali ho avuto il piacere
di assistere, anche quando la diversità di parere era assai marcata; e questa intonazione palla a favore dei bevitori d’acqua, che non si riscaldano, ma restau sempre
all’ altezza della situazione. Ho goduto nel sentire la
parola elegante, dotta e convinta del Dr. Schiavi, del |
senatore De Christoforis, dell’onorev. Zerboglio, dei socialisti on. Cabrini e Turati, dell’ amabile Amàlfti, d'el
fiorito Fiorioli della Lena e di tanti altri.
Una sodisfazione tutta personale l’ho provata nel vedere rappresentata a quel convegno la Chiesa Valdese,
con cinque membri : Eoohat pastore e il figlio dottore,
Geymet, Gandini e meine wenigkeit. Parlarono ascoltatissimi i tre primi e verso la chiusura venne espressa
al venerando Giov. Rochat l’ammirazione e la gratitudine del piccolo, ma animoso esercito degli antialcoolisti,
per il coraggio e la costanza con cui egli, ad onta di
tanti ostacoli, ha saputo farsi non soltanto iniziatore,
ma propugnatore indefesso di questa buona causa.
Un’altra cosa ancora m’è piaciuta; quegli antialcoolisti non sono fanatici. Essi, pur profondamente convinti della verità delle loro teorie, non guardano come
altrettanti reprobi coloro che ancora non le approvan
tutte; ma cercano di far dei proseliti con argomenti
strettamente scientifici e basati su numerose e comprovate esperienze.
E neppure vogliono estirpare i vigneti ; anzi desiderano trovare i mezzi di rendere più proficuo ancora
l’uso dell’uva, che i progressi della chimica potranno
trasformare in sostanze più nuti;itive assai del vino e
non mai nocive.
Un argomento, che venne apipena sfiorato, è stato
quello della responsabilità o meno dell'ubriaco. Si sa
che molti criminalisti considerano 1’ ubriachezza come
un’attenuante alla gravità del delitto. Si dice: l’ubriaco
non trovasi in uno stato normale quando commette un
delitto, per conseguenza va trattato piuttosto come un
ammalato anziché come un colpevole, specialmente poi
se è figlio di alcoolizzati e già per atavismo/rres/o«sabile. Questo ragionamento è un duplice sofisma : Se
prima di ubriacarsi uno è nello stato normale, perchè
adunque si ubriacherebbe?
Se i figli di alcoolizzati più nOn sono responsabili,
bisognerà formare un albero genealogico degli alcoolizzati per risalire al colpevole della prima sbornia e
costituire cosi vere dinastie di irresponsabili, più costose allo stato che non tutte 1? dinastie riunite dei
sovrani spodestati.
L’umile mio parere è quello che dovrebbe venir punita l’ubriachezza in modo pedagogico, inteso a prevenire una ricaduta; ma in quanto ai delitti perpetrati
in istato di ubriachezza sarei senza misericordia, per la
ragione semplicissima che, tante volte, l’ubriachezza è
soltanto una maschera, della quale sa meravigliosamente
servirsi un avvocato poco coscienzioso per far mandare
assolto un cliente, che, in ultima analisi, non ha fatto
che perpetrare uua vendetta.
Speriamo anche in una riforma ragionevole di quella
mostruosità giuridica contenuta in ^alcuni articoli del
codice penale militare, che non punisce l’ubriachezza
come dovrebbe ma poi è di una severità veramente barbara contro un soldato che in istato di ubriachezza insultasse un superiore.
Ugual legge ci vuole pel militare come pel borghese
— sono civili l’uno al par dell’altro.
Paolo Calvino.
HLLH RINFUSA
I giornali annunziano che il Governo spagnolo intenderebbe di applicare la legge catenaccio (che vieta
il costituirsi di nuove congregazioni religiose) soltanto due anni dopo che sarà promulgata. Che peccato !
Frattanto il Vaticano continua nella sua opera di
repressione. A Perugia ha soppressa definitivamente
la Schola Cantorum, il cui maestro — già da tempo
trasferito altrove — era ñ Casimirri. Pare c’entri il
modernismo. — Ad una buona conoscente del Padre
Tyrrell — miss Maud Petre — il Papa avrebbe ingiunto di firmare un’adesione completa all’enciclica
Pascendi e ad altri disgraziati recenti documenti
pontifici, per attestare ìa propria ortodossia romana.
La detta signorina in una lettera al Times si rammarica dolorosamente di quest’atto di tirannia, e il
Times stesso lo commenta vibratamente, dicendo, tra
le altre cose: « La politica su cui si fonda l’Enciclica è destinata a fallire perchè basata su un pietoso misconoscimento della natura umana. Essa infatti non tiene conto della esistenza di quella incomoda cosa che si chiama coscienza. E’ una grave disgrazia che gli attuali reggitori della Chiesa Romana non si avvedano di questo loro errore e abbiano adottato risolutamente una politica che è una
politica di suicidio. Quando si pensa al bene che potrebbe fare un Papa sinceramente progressista a favore di milioni di persone che desiderano una fede
che armonizzi con la scienza e con la vita, la presente attitudine di cieca reazione assunta dal Vaticano non può essere deplorata con sufficiente energia >.
A Parigi, i professori dell'Istituto Cattolico hanno
prestato giuramento antimodernista ; e lo stesso hanno
fatto, tra solenne apparato, i professori del Seminario di Siena. Perinde ac cadaver !
C e uno tuttavia ohe non pare disposto a piegar
facilmente la cervice, e costui è il cattolico romano
re di Sassonia. Si telegrafa infatti al Corriere della
Sera: « Come ricorderete, un opuscolo del padre
gesuita Mathies aveva posto in derisione le proteste
del Re di Sassonia contro l’enciclica su S. Carlo
Borromeo, dicendo che gli storici sarebbero scoppiati dal ridere su questo Re in sessantaquattresimo. Si attese che il Vaticano sconfessasse lo scrittore che è cameriere di cappa e spada di S. S. Ora
si apprende che il vicario apostolico presso la Corte
sassone ha scritto direttamente al Pontefice sulla
opportunità di dare qualche soddisfazione al cattolico Re ».
Contro il sindaco Nathan proseguono le polemiche.
Il 4 corrente — giorno che i Cattolici romàili dedicano a S. Carlo Borromeo (l’ispiratore dqi più recenti errori del Vaticano) —i Papisti di Alténstadt, in
Austria, si son radunati e han formulato quest’amenissimo ordine del giorno : « In questa dolorosa
circostanza (attenti, o Lettori) si è constatato Una
volta di più che la così detta legge delle guarèntige per la libertà e l’indipendenza del Papa non è
che una menzogna ». — E contro Nathan, il 7 corrente, i Cattolici di Vienna, con a capo il vice borgomastro Porzer o Pazzer (sembrerebbe più naturale quest’ultimo nome!) han fatto gazzarra. Ecco li
brano più classico del discorso di quel Pazzer : « L’usurpazione di Roma — disse il vice borgomastro
Pazzer — è la vergognosa macchia della storia moderna. Quella fu una vergogna non solo per chi la
compì, ma anche per chi la tollerò. Nathan con il
suo discorso venne meno ai suoi doveri di persona
colta, di uomo politico, di Sindaco, di oratore. Perchè il signor conte di Aehrenthal, ministro degli esteri della cattolica Austria e della non meno cattolica Ungheria, non è intervenuto presso il governo
italiano imponendogli la destituzione del blasfematore? Il nostro popolo cattolico vuole che la questione romana, sempre viva, sia trattata come una
questione internazionale, non come un affare che riguardà solo l’Ìtalia.
II governo italiano ha ingannato con le così dette
leggi delle guarentige i popoli cattolici. Ora si è
dimostrato incapace di far rispettare i diritti del
Papa ».
Dulcis in fundo. Il borgo di Monticelli (Piacenza)
retto da socialisti' aveva bandito il concorso per un
posto di maestro. Senza che il Municipio sapesse dell'esser loro, i quattro o cinque primi classificati furon preti o frati. Imaginate l’impiccio in cui a’è trovata quell’Amministrazione comunale!
Il -4 novembre
Fu festa più solenne che mai quest’anno, come era
facile avvedersi da lo scampanìo con cui si venne
quella mattina più presto e più a lungo del solito a
turbare i nostri placidi sonni. Risvegliandoci di soprassalto, quella mattina il primo nostro pensiero
corse a S. Carlo Borromeo e alla enciclica ormai inseparabile dal nome di S. Carlo, la Editae saepe, di
tragica e comica memoria. E quante altre visioni disparatissime non ci si affacciarono subito. Le amene isolette del lago Maggiore, ohe da Borromeo han preso
il nome. La statua colossale del Santo che sorge snl
lago, ad Arona : S. Carlona. Il concilio di Trento, di
cui S. Carlo fu l’eco fedele. Pio V, il papa secondo il
cuore di S. Carlo. E così via, via, di visione in visione,
fino agli ultimi fatti di cronaca vaticana.
S. Carlona, la colossale statua dedicata ai santo, sul
lago, che nei nostri anni infantili ci riempiva di meraviglia, quando qualcheduno cé ne descriveva le proporzioni enormi del busto, della testa, del naso : S.
Carlona se ne sta là, non certo a < illuminare il mondo » come quell’altra più colossale statua, che all’ingresso del porto di Nuova York sorge col braccio che
reca la face della libertà proteso in alto, in cospetto
dell’ocèano scònfinato. Oh, S. Carlo non è di sicuro
un simbolo della libertà, tutt’altro. Bigotteria, superstizione, servaggio spirituale : ecco l’opera del santo
milanese.
La aristocratica famiglia di lui rappresentò per
lungo volger di anni tra la nobiltà della metropoli
lombarda una sorta di bigotteria volgaretta assai. Una
delle defunte contesse Borromeo, per citare un fatto
di cui noi stessi possiamo dirci testimoni, andava
spesso e volentieri a Roma, ove portava seco una
buona provvista di coroncine del rosario eleganti; e
là, ai piedi del S. Padre, chiedeva benedizione su di
sè e su de..i coroncine, che regalava poi come preziosi
talismani alle amiche, alle parenti. Una di queste coron'ciñe hehedette non più' lunga di uña spanna,
con la crooettina graziosa in argento, pervenne nelle
nostre mani, e noi la conservammo per molto tempo
come ricordo doloroso della superstizione romana,
che allora specialmente menava tanta strage anche
tra le anime più belle.
Si decantano le virtù di S. Carlo Borromeo; ma a
che si riducono queste virtù ? Egli fu austero nella
Vita, come Pio V, il papa di casa Ghislieri, che per
le vie di Roma andava processionando coi bianchi
capelli al vento e i piedi ignudi, simile ad un pellegrino presso il santo sepolcro. Ma anche Saulo da
Tarso, il persecutore dei cristiani, il complice nell'uecisione di Stefano protomartire, anche Saulo, prima
della conversione, prima di divenir S. Paolo, conducova vita austerissima : egli stesso ce n’ assicura. Il
Borromeo, come Pio V, il papa ch’egli tanto s’adoprò
a far eleggere, fu un inquisitore. Ora chi dice inquisitore dice anima crudele fino all’atrocità. E chi dice
anima crudele dice anima priva d’amore. E chi è privo
d’amore... oh, che cos’ è mai chi sia privo d’amore ?
Ce lo dica Saulo inquisitore trasfigurato in Apostolo
di Gesù Cristo. Chi è privo d’amore non è certo un
« santo », non è nemmeno un cristiano, non è nemmeno un uomo ; chi è privo d’amore è... « nulla ». Leggete il capo XIII della I epistola del grande Apostolo
ai Corinti. * Quando pure dessi il mio corpo perch’io
fossi arso, se non avessi amore, ciò non mi gioverebbe
a nulla ». Ora S. Carlo non ha neppur dato il suo
corpo, per farsi ardere. S. Carlo era inquisitore, era
fautore di quell’inquisizione che ardeva... gli altri !
Non. è un santo dunque; è nulla, anzi men che nulla.
Per opera di lui, la dottrina cattolica romana, coi
suoi sette sacramenti, con la sua esagerata autorità
papale, con la sua avversione decisa alla gran verità
della salvezza per grazia, s'è costituita nella morta fissità del fossile, precludendo la libertà del pensiero e
quel che più monta la libertà della coscienza. Interprete austero e fanatico del Concilio di Trento, S.
Carlo fu il Merry del Val, come Pio V fu ii Papa Sarto
di quel secolo duro. Si capisce che il Vaticano odierno
senta tanta inclinazione verso il Santo. C’è affinità
grande tra il Vaticano di ora e il Santo e il Vaticano
d’allora. La semplicità di vita di Pio X ricorda i piedi
ignudi di Pio V. S. Carlo Q l*ÌO V sono i nonni della
Editae saepe. Anch’essi Pavrebbero scritta, anch’essi
l’avrebbero divulgata nel mondo.Essi però non l’avrebbero... ritirata. Possedevano un po’ più di carattere !
Giuseppe Serafini.
4
MOhU/nENTOjy. QUTiIRIC
Li 3 Ottobre veniva inaugurata a Edimburgo, nei
splendidi giardini di Princes-Slreet, una statua al
celebre predicatore e filantropo Tommaso Gnthrie.
Mandiamo da queste colonne un saluto riverente
alla memoria di quel grande amico della Chiesa Valdese e ci compiacciamo vivamente che la città di
Edimburgo abbia assegnato un posto d’onore, fra i
monumenti cittadini, a questo illustre scozzese. Come
ben disse uno dei suoi figli, Lord Charles Guthrie,
alla cerimonia dello scoprimento : « E’ specialmente
grato alla famiglia che la statua del nostro padre
si trovi qui nel cuore del paese, di cui egli fu cosi
fiero, e nel cuore di questa gran città, che cosi a
lungo ha servito ».
A. M.
Giuseppe Cesare Abba
Anche la Luce rende omaggio riverente alla memoria del tanto rimpianto patriotta illustre e scrittore gagliardo ; e con viva commozione raccoglie le
parole contenute nel testamento di lui ; * Ho amato,
e creduto in Dio, nell’immortalità dell’anima mia;
devoto a Cristo e della sua dottrina seguace umile e
convinto. La mancanza di pratiche esteriori non
volle mai dire nè per me, nè per mia moglie, nè
per i nostri figli irreligiosità ».
Tbnrico^toant^
E’ morto Enrico Dunant, il fondatore della Croce
Rossa. Nato a Ginevra nel 1828, s’occupò sempre di
beneficenza e di opere caritatevoli. Nel 1855, prese
un interesse vivissimo all’opera organizzata, per soccorrere le vittime della guerra di Crimea, con Miss
Florence Nightingale, pur ora morta in Inghilterra.
Nel 1859, si trovò di passaggio a Solferino e si adoperò a tutt’uomo per lenire i tormenti di alcuni tra le
migliaia di feriti di quella sanguinosa pugna. Lo
spettacolo di quel vasto campo, cosparso di giovani
sul fior dell’età che, dopo ore di agonia solitaria,
morivano, spesso solo perchè era mancato il soccorso opportuno, non gli dava più pace. Intesosi con
due altri Ginevrini, G. Moynier ed il dottor Luigi
Appia, (fratello del pastore Giorgio, morto di recente a Torre Pellice) preparò un sistema di soccorsi
che espose al mondo civile nel suo vibrito ’e commovente Souvenir de Solferino, tosto tradotto in
tutte le lingue. — A quei tempi, ogni nazione aveva
un servizio di ambulanze, con bandiere e segni speciali; questi però, non essendo noti al nemico, gli
ospedali mobili erano spesso assaliti, i feriti ed i
medici massacrati o fatti prigionieri. Il 26 ottobre
1863, i tre iniziatori ebbero la gioia di vedere aprirsi, a Ginevra, una conferenza mondiale, e nell’agosto 1864 un congresso diplomatico che creò la Croce
Rossa. Questa benefica istituzione doveva essere rispettata da tutti i belligeranti e venne dapprima adoperata in Italia nella guerra del 1866. I fratelli
Luigi e Giorgio Appia vi si segnalarono per carità
e zelo indefessi. La Croce Rossa, oggi adottata anche
dalla Cina e dal Giappone, non interviene, a prò dell’umanità sofferente solo in caso di guerre. L’abbiamo
vista, anche recentissimamente, recare preziosi soccorsi in luoghi funestati da terremoti, epidemie, inondazioni. Mentre la sua opera prendeva uno sviluppo insperato, Dunant cessava di far parlare di sè.
Egli è ora morto, quasi dimenticato, la sera del 30
ottobre, nell’infermeria di Heiden (S. Gallo) in Isvizzera, in età di 92 anni. Ma non sarà dimenticata
la sua iniziativa, benedetta da migliaia di petti in
tutte le lingue. Giovanni Jalla,
Commcmor^zioi^di Q. ppia
Il 31 ottobre scorso, a Parigi, nel vasto tempio della
Redenzione, gremito di persone, si ebbe una cerimonia
commemorativa di Giorgio Appia, il * pastore universalmente amato », come lo chiama il Témoignage.
Preghiera e lettura della parola di Dio. Discorso biografico del pastore Weber. Partecipazione della simpatia della Chiesa tedesca parigina, e di una lettera
del pastore Léger moderatore della nostra Chiesa Valdese. Discorso di Caspari, presidente della Commissione esecutiva, a nome dei pastori e dei laici ; di
Meyer, a nome della Congregazione stessa della Redenzione, presso la quale G. Appia fu per tant’anni
pastore; discorso di Schmidt, a nome della Congregazione di S. Marcello, presso la quale G. Appia fece
le sue prime e le sue ultime armi. Parlarono ancora :
il Couve, per le Chiese Riformate e altre, dicendo dei
meriti del defunto rispetto alla Società delle Scuole
Domenicali, alla Società Biblica di Francia e alla Casa
delle Diaconesse di Via de Reuilly ; il Bianquis, per
dire dell’operosità dell’egregio defunto pro missioni’;
Wilfred Monod, nipote di Giorgio Appia, per evocarne i ricordi più intimi e dipingerne la vita privata. La cerimonia terminò con la preghiera, proferita da quest’ultimo oratore. Dopo di che, la maggior
parte dei presenti passò in una sala accanto, ad esprimere le proprie condoglianze alla famiglia del tanto
rimpianto uomo.
C E HIE H B HjOirBRÌMDr”
Il Grande di cui si celebra oggi stesso, 10 novembre, il primo centenario della nascita, è Carlo Dickens, quel mago della penna, che gl’inglesi considerano tuttora come il loro « romanziere nazionale »,
quantunque sia alquanto passato di moda. Gli scrittori vanno anch’essì soggetti alla moda, come 1 cappelli delle signore; con questa differenza però che
una foggia di cappelli tramonta e non se ne riparla
più, mentre gli scrittori, se son veramente grandi,
restano circonfusi di gloria nel cuore degli uomini,
e sono sempre letti da le anime più profonde che
non cercano la novità, ma la verità. Tuttavia bisogna
essere giusti e riconoscere che, se l’astro di un certo
dato scrittore s’abbassa verso l’orizzonte, ciò non è
dovuto esclusivamente ai gusti mutevoli, al capriccio dei lettori avidi di cose nuove, bensì anche ai
difetti intrinseci dello scrittore medesimo.
Quest’è il caso appunto del Dickens. Ha dei difetti, e quanti ! Qualche nostro lettore riderà dell’ardire con cui ci facciam giudici d’un romanziere di
tanta vaglia e di tanta fama. Ridete pure ; per tutta
risposta vi diremo che la critica giustg. è più facile
che voi non crediate : a farla, basta un poco di buon
senso e d’esperienza dell’arte e della vita; e soggiungeremo che, quant’a noi, abbiamo cordialmente in
odio quell’incensamento che spesso spesso vien sostituito al giudizio sereno e retto, e l’abbiamo in
odio perchè è la cosa più ipocrita e più stupida che
si possa imaginare.
I difetti del Dickens sono parecchi. Ha delle lungapate interminabili, delle intere pagine che non
attirano e che volentieri si saltano a piè pari. Abbonda di inverosimiglianze, che fanno ridere, quando
non irritano. Si perde in un labirinto di particolari
minuti, che nuocciono al movimento vivo dell’azione.
Dipinge stupendamente i caratteri, ma dal di fuori;
senza penetrare nelle anime, senza renderle trasparenti all’occhio del lettore. E poi (difetto principalissimo) è d’un ottimismo e al tempo stesso d’un pessimismo così invariabilmente esagerati, che alla fine
riescono faticosi anche al più benevolo degli ammiratori. Qui soprattutto apparisce in tutta la sua enormltà la mancanza di psicologia. Si direbbe che
pel Dickens il mondo non sia costituito che da due
classi distintissime, separatissime di individui, da
due sole classi opposte tra loro come il polo Nord
e il polo Sud : i soavemente, i divinamente buoni e
i disperatamente birboni. Le sfumature intermedie,
che sono infinite e reali nella vita che si vive, Carlo
Dickens non le conosce. Angioli e dèmoni, non c’è
altro, secondo lui, a questo mondo I
Ma accanto a questi difetti reali, quanti pregi,
quante qualità squisite ! I personaggi principali dei
romanzi di Carlo Dickens non son mai o quasi mai
i... veramente principali : figure meglio lavorate sono
le secondario. Ma queste si vedono, son vive, e non
morranno di certo. E che finezza di cesello! Gli essere più cari al cuor del Dickens sono i bambini.
Naturalmente i bambini del Dickens son quasi tutti
buoni, anzi ottimi. Ma, oh, quali dolci profili! Davide
Copperfield, la Nelly, la Florence, il piccolo Paolo
Dombey!...
Oltre che nella pittura (}ei suoi piccoli, tutti buoni,
tutti ottimi, Carlo Dickens eccelle come caricaturista e come umorista. Quelle macchiette di vecchi originali, di donne pettegole, di anime buone buone
fino alla stravaganza rimarranno per sempre, come il
don Abbondio e come la Perpetua del Manzoni;
hanno anzi un che di più vivo e di più duraturo che
ì personaggi manzoniani : pensate, se non ad altri, a
Boffin e alla sua degnissima consorte !
Temp’addietro, Pablo domandava al direttore della
Luce quali libri di lettura amena si potrebbero col
cuor tranquillo proporre ai giovanetti. Il direttore
della Luce, probabilmente senza malizia, ma per trascuratezza soltanto o per dimenticanza, non rispose
nulla alla domanda del giovanissimo Pablo. Perchè
non gli si potrebbe rispondere adesso che i romanzi
di Carlo Dickens sono quasi tutti raccomandabilissimi a giovanetti non troppo... giovani. Peccato che
in italiano cosi pochi sian stati tradotti ! In francese ci son tutti, salvo errore : da Dombey e figlio
a\yAmico comune, da Oliviero Twist alla Piccola
Dorrit. Sono venticinque bei volumi editi da l'Hachette di Parigi, a un solo franco il volume, copertina rossa fiammante.
Genitori, non date retta a Ettore Janni. Provve
.dete una letteratura attraentissima, piacevolissima e
al tempo stesso sana ai vostri figlioli: la cosa è possibile. •
Siccome la Luce è giornale religioso, perchè (terminando questo rapido accenno, che vuol essere un
piccolo omaggio alla cara memoria dell’ immortale
romanziere inglese, in occasione del suo primo centenario) perchè non dovremmo aggiungere che Carlo
Dickens fu profondamente religioso, come molti luoghi de’ suoi romanzi attestano ? Una sola citazione,
come saggio. Il piccolo Paolo Dombey, il piccolo
« rococò », così gracile, così precoce, così affettuoso,
così caro, è morto. E il Dickens scrive : « Il raggio
d’oro tornò ad altalenare su la parete, ma null’altro
si mosse più nella camera.
Ah, sempre questa vecchia storia, vecchia quanto
il tempo! cambiate, cambiate pure, o mode del mondo; questa moda non cambierà mai... No, no, non
cambierà mai; finché la nostra schiatta non abbia
finito il corso, finché il firmamento che rota sui
nostri capi non siasi svolto del tutto, non cambierà
questa vecchia vecchia moda che chiaman morte !
Ma ringraziate Iddio, o voi tutti che, come me,
la disoernete, ringraziate Iddio per quell’altra legge
più antica ancora della morte, per la legge dell’Im”»^talità ! . _____________________Parvus.
5«i7ti protettori dcll'auiéi3Ìorje
Reca il « Daily Mirror » che gli aviatori francesi,
con a capo i due Blériot, Leblanc ed Aubrun, si son
scelti un santo protettore. Chi ha scelto S. Cristoforo,
« portatore di Cristo », e chi nostra signora di Platin.
Fra questi ultimi ci sono gli aviatori suddetti.
Faranno bene a considerare due cose : 1. Di non suscitare gelosie fra i diversi protettori; 2. di non accettarne troppi perchè a lungo andare costano cari.
Ormai anche tra i santi della chiesa c’è una concorrenza commerciale spietata, che nulla promette di buono
per l’avvenire. (Da la Cultura moderna).
Macabro boicottaggio
In un paese del bergamasco, rocca del clericalismo,
moriva 1’ altro giorno a 19 anni un figlio del celebre
professore di storia Bertolini, morto anche lui lo scorso
anno a Bologna. In quel gentile paese di Gazzaniga
(il nome merita di passare alla storia) non fu possibile
trovare quattro persone che volessero trasportare la
salma dall ospedale fino alla stazione ferroviaria, semplicemente perchè il giovane aveva rifiutato i cosi detti
conforti religiosi.
Ecco un altro frutto squisito dell’educazione cattolica romana : fanatismo bestiale e crudeltà che va fino
oltre la tomba. Non basta boicottare i vivi che non
seguono gli evangelici precetti di santa madre ; si boicottano anche i morti. Sistema antico del resto, poiché 1 inquisizione, non paga di sfogarsi sui vivi, dissotterrava anche i morti, come le iene.
Io penso a quei negri, i quali trasportarono il corpo
imbalsamato di Livingstone, dal centro dell’Africa fino
alla costa di Zanzibar, camminando tre mesi intieri
per consegnare agli Europei il loro prezioso carico ; li
metto a confronto di quegli altri esseri che si dicono
civili e cristiani, che sono stati educati secondo quel
sistema di cui la chiesa vanta la privativa e vorrebbe
avere il monopolio, e concludo: meglio i pagani selvaggi di simili cristiani civilizzati.
Enrico Rivoire.
Concorso Elisa Crema
Accenniamo ora alle condizioni richieste dal Concorso « Elisa Crema », di cui la Luce ha già parlato.
« L’opera dovrà essere scritta in buona lingua italiana, avere carattere popolare, esclusa la forma di
manuale o catechismo, e dovrà essere volta ad educare i fanciulli ed i giovani con uno o più racconti.
Informandosi a principi applicabili a qualsiasi società civile, senza distinzione di culto ». Presentare i
lavori < in 3 copie almeno scritte a macchina, non
firmati, contrassegnati da un motto ed accompagnati
da una scheda in busta suggellata, contenente il nome
dell’autore ed il suo indirizzo, col motto riportato
esternamente ». Dette copie vanno dirette al « segretario della Congregazione di Carità in Firenze ». L’Autore premiato « dovrà pubblicare il suo lavoro integralmente » (senza modificazione di contenuto nè di
forma) « entro un anno dalla aggiudicazione del premio stesso, stampandolo in edizione economica e di
facile diffusione. A lui resterà la proprietà letteraria
dell’opera. I due terzi del premio e le eventuali ricompense saranno versate il 2 gennaio 1912, anniversario della morte di Elisa Crema, o in altro giorno
5
LA LUC:
prossimo da destinarsi; l’altro terzo, alla presentazione di 12 copie del lavoro pubblicato, fatta al segretario della Congregazione di carità ». Presidente
della commissione giudicatrice : prof, senatore Guido
Mazzoni ; segretario. Becchini, nome di non troppo
augurale incoraggiamento !
dei
La BibHa^jJl^oleone
Un giornalista italiano ha scoperto all’Isola d’Elba,
nella chiesa della Madonna del Monte, una Bibbia italiana sulla cui copertina si trovano una corona imperiale e la lettera N. Sono sottolineati parecchi versetti,
fra i quali: Matt.XI, 28: « Venite a me, voi tutti che
siete travagliati ed aggravati ed io vi darò riposo »
— Matt. XXVI, 38 : » L’anima mia è oppressa da tristezza mortale » — Rom. Vili, 31 : « Dio è per noi,
chi sarà contro di noi ? ».
Questa Bibbia è quella di Napoleone I.
(Da VEglise Libre). Angela Ricoeur.
Il Ciclo Stellato
... Riguarda ora verso il Cielo,
ed annovera le Stelle, se tu le
puoi annoverare... Gen. XV, 6
I Libri Sacri non dicono se Abramo fu poeta ; ma
se lo fu, nessuno se ne faccia meraviglia ! Vivendo
all’aria libera, in mezzo ai vasti orizzonti, e testimone
costante delle magnifiche scene della Natura, egli,
come tutti gli Orientali, dovette possedere un’anima
poetica. Come Giobbe egli ammira le bellezze della
Terra e del Cielo e vi scopre la mano dell’Onnisciente
e dell’Onnipotente:
« Che distende tutto solo il Cielo e calca le sommità
« del mare ; che ha fatto i segni del Carro, dell’Orione,
« delle Gallinelle, e quelli ohe sono in fondo all’Au« stro ; — che fa cose tanto grandi che non si pos« sono investigare, e tante cose meravigliose che non
« si possono annoverare ». (Giob. CX, 8-10).
Com’ è bello figurarsi il padre dei credenti seduto
all’entrata del suo padiglione, in una notte calma e
serena, mentre una voce di Persona invisibile gli
dice: « Riguarda ora verso il Cielo ed annovera le
Stelle, se tu le puoi annoverare ! » — Quella voce soggiunge : « Tale sarà la tua progenie 1 » — E l’eco
di quella voce non si ripercuote ella sul labbro di
Isaia (XL, 26) allor ch’egli sciama ad Israele : « Levate
< ad alto gli occhi vostri e vedete : chi ha create tutte
« quelle belle cose ? Chi fa uscire l’esercito loro a conto ?
. Chi le chiama tutte per nome, per la grandezza deila
< sua forza, senza che ne manchi pure una, perciocché
« Egli è potente in virtù ? ».
II pastorello di Betlemme, l’autore delle soavi canzoni d’Israele, fu il poeta del cuore, del tempio, della
patria, ma eziandio della Natura. Le fibre dell’anima
sua vibrarono melodiosamente ad ogni alito proveniente dal cielo, dai campi, dagli armenti, dal Santuario. Anch’egli amò levare ad alto gli occhi suoi e
imbeversi della poesia del Sole, della Luna e delle
Stelle; e mentre egli se ne commuove ci commuove.
« Quando io veggo i tuoi Cieli, che sono opera
« delle tue dita : la Luna e le Stelle che tu hai di« sposte, io dico : Che cosa è l’uomo che tu ne abbi
€ memoria, e il figliuol dell’ uomo che tu ne prenda
« cura ? » (Sai. Vili, 4-5).
La fede salda e semplice dei patriarchi nella immensità di Dio, nella sua onnipotenza e infinita bontà,
è ancor oggi la nostra fede. Questa facoltà dell’anima
per mezzo della quale entriamo in comunione colla
Divinità ; questa poesia sublime che prorompe da ogni
cosa creata, nulla hanno perduto dinanzi alle investigazioni di coloro che hanno volto l’intelletto allo
studio dell’Universo. .\nzi, le strabilianti scoperte di
Galilei, di Newton, di Copernico, di Herschell, di Laplace, di Leverrier, di Pons, ecc. — di quanti sono
che hanno appuntato il telescopio su gli astri folgoranti del firmamento, mentre hanno allargato immensamente i confini (se si può parlar di confini) dell’Universo, hanno accresciuto del pari la nostra fede
e la nostra adorazione.
Gli astronomi ci assicurano di aver pesato il Sole,
di averne misurata la luce, calcolato il calore : tutte
cifre da non potersi quasi scrivere... Noi preferiamo
la descrizione che ce ne dà il Salmo XIX : « I Cieli
« raccontano la gloria di Dio... Egli ha posto in essi
» un tabernacolo al Sole : egli esce fuori come uno
- sposo dalla sua camera di nozze ; egli gioisce come
« prode a correr l’arringo. La sua uscita è da una
« estremità dei Cieli e il suo giro arriva fino all’altra
€ estremità e niente è nascosto al suo calore »... Qui
non sono cifro, ma che spettacolo vivente, grandioso, emozionante !
11 Signore ha fatto eziandio la Luna « per le stagioni » (Sai. CIV, 19). Dessa è l’astro più a noi vicino,
il nostro satellite fedele, che rischiara lo nostre notti
con quella blanda e pallida luce ohe tanto piace ai
cuori innamorati, che tutti i poeti hanno cantata. Essa,
ci insegnano gli astronomi, a
un mondo morto, spopolato,
alte montagne ove regna un
anche ad essa è dovuta la noati[i
rocchè, se non ci può dare qm
in proprio, almeno ci fa parte
della luce del Sole, ch’essa rive
stancarsi mai, senza mai voltar^:
Se della Luna le Sacre Carte
Sole, pur esse non trascurano
nenti servigi. Ad essa spetta
quindi delle « stagioni » e del
novilunii consacrati a Dio, con
di grazie ? Poiché ogni cosa de
« lodatelo voi. Sole e Luna e
ogni cosa che ha fiato, lodi il
(Continua).
differenza del Sole, è
serto, senz’aria, con
4ilenzio eterno. Pure,
a riconoscenza, impe.èlio che non possiede
di quello che riceve :
ibera sulla terra, senza
i le spalle.
dicono meno che del
di rilevarne gli emimisura dei mesi e
^’anno ; e non erano i
festività e rendimenti
ve lodare il Signore,
elle lucenti tutte 1 Ed
Signore ! »
Y.
VÀLLI VA
or
giu
cm
. Bobb:
un
> pratic
olii
Bobbio Penice. — Inangurasfi
nista. — Se poche settimane
presa ed il piacere di veder
umile paesello di confine i Re
ni, martedì scorso, 1. Nov., pr
soddisfazione. Non si trattava già.
ma bensì di inaugurare una
amico degli Stati Uniti aveva
di Dio e per il bene della gio
Il Sig. Herbert Welsh, trovand
scorrere qualche settimana a
del pastore, e non scorgendovi
le due Unioni Cristiane ivi es
di provvedervi, e, da uomo
Martedì dunque in mezzo
ai rappresentanti delle Unioni
di Torino e di Milano, il pasto^
rava la casa deponendo sul j
ed esprimendo il voto che tale
per il bene morale e spiritual^
Il Vice Moderatore, Sig. C. A.
noscenza della nostra Chiesa
Donatore d’ogni bene, ed in s
nostro e al sig. e alla signora
presidente di gruppo,, invita i g
che fa strage in mezzo alla
Welsh esprime la sua soddisfa:
piuta, opera di fede, di amore
Jahier riferendosi alla costruzio
salemme, esprìme il voto che 1
aperto giorno e notte sulla Casa
presidentessa delle Unioni fe
da Torino colla Sig.na Meynier
grande responsabilità che ine
in possesso oramai di un loca
Un modesto banchetto riu
commensali nelle due sale del
brevi parole di ringraziamento
Sig. C. A. Tron, dal presidente
Sig. Pellegrini studente in
Jahier e Falchi, si leggono
desione del Moderatore della
Dott. Roberto Prochet e Paolo
Sig.ra Bertrand di Ginevra, d
di Milano, del Sig. Alberto F
Torino, dell’Associazione di
di Torre Pellice, e di altri.
La sera alle 7 e mezzo il
vamente per ascoltare le parole
dirette alla gioventù dai Sigg,
Ed ora sentiamo tutto il v
oblige,^ faremo coll’aiuto di
stro egregio benefattore, al q:
tutta la nostra riconoscenza.
Signore.
Mili
J)a le aniìch^ province
GENOTA. — Da la relazioni
30 giugno 1910) di questa no
il pastore sig. F. Rostan, tog
c L'avvenimento più imporf;
gregazione, durante l’anno e
fu la riapertura del nostro
l’intervento di parecchi amie
Per quasi due anni i noeti:
brati nella cappella della Chi
non ha mancato di esternarii
sua sentita riconoscenza per
generosamente concessa.
Il giorno di Pentecoste 6
giunti alla chiesa. Abbiamci
catecumeni iscritti per il ve
LDKSl
one di una Casa Uniosono avemmo la soriigere in questo nostro
d’Italia coi principi(|vammo un’altra grande
di solennizzare i Santi,
sa linda e gaia che un
fitto erigere alla gloria
ventù.
osi due anni fa a traio, ospite della famiglia
locale che accogliesse
i stenti, prese l'impegno
0, vi provvide a dovere,
popolazione del paese.
Ideila Valle, di Pinerolo,
e Sig. Gardiol inauguàlpito la Parola di Dio,
edificio sia lo strumento
della nostra gioventù.
Tron, disse che la ricodeve andar anzitutto al
ei^uito al munifico amico
Gardiol. 11 Prof. Falchi,
ipvani a resistere al male
ierna gioventù. Il sig.
zione per 1’ opera comdi pazienza. Il pastore
ine del tempio di Geruocchio del Signore sia
. Infine la Sig.ra Schaick,
mminili d’ Italia, venuta
segretaria, accenna alla
c^mbe alle nostre Unioni
tanto ambito,
aisce a mezzogiorno 7.5
piano superiore. Dopo
dette dal pastore, dal
dell’Unione locale, dal
urisprudenza, dai Sigg.
ttere e telegrammi d’a(fhiesa Valdese, dei Sigg.
Coisson di Roma, della
(^lla Sig.ra Fontana-Roux
rochet per 1’ Unione di
ano, del Sig. Weitzecker
locale si riempiva nuodi appello specialmente
Gardiol, Falchi e Welsh.
alore del motte Noblesse
]Dio che la fatica del nonale esprimiamo ancora
non sia vana presso il
G.
annua (1. luglio 1909 —
istra chiesa, che ha capo
liamo i seguenti periodi :
ante per la nostra conlO^lesiastico ora trascorso,
tempio il 5 giugno coli venuti dal di fuori,
i culti erano stati celeesa Scozzese. Il Consiglio
al dottore D. Miller la
l’ospitalità che ci fu così
i^uovi fratelli furono aggià un bel numero di
hiente anno.
Le sorelle Alina Ferrari Goss e Emilia Lepri ci lasciarono dopo lunghe sofferenze. Esterniamo una volta
àncora alle famiglie afflitte l’espressione delia nostra
cristiana simpatia.
Prima di chiudere questo cenno, non veniamo meno
al gradito compito di ricordare con cuore riconoscente
e grato l’opera delle monitrici a favore della scuola
domenicale e quella del cav. O. Goetzlof e della signora
E. Rostan i quali accompagnarono regolarmente e puntualmente i cantici coll’ organo e con 1’ armonium ».
SANREMO. — Leggiamo nel Pensiero di Sanremo :
« Le conferenze di Ugo Janni sono sempre onde di
luce e squilli di verità che conturbano gli spiriti insani, animano i fiacchi, esaltano i forti. Attraverso
le boscaglie dell’errore e della superstizione, e oltre
i torrenti impetuosi della negazione scientifica e dell’obiezione cattedratica va egli, l’insigne oratore, aprendo le diritte vie del Vangelo verso le cime soleggiate dell’Ideale Cristiano, — verso queste altitudini
traendo torme di anime che la sua parola affascina
e persuade.
E Venerdì sera, togliendo pretesto dell’attuale momento spirituale da diverse tendenze combattuto, si
volse egli a proclamare il carattere permanente del
principio cristiano considerato alla luce della scienza
e della filosofia moderne ».
Il Pensiero di Sanremo prosegue quindi dando un
bel sunto della conferenza dell’egregio sig. Janni.
LETTERE NlZZaRDE
Nizza, 4 Nov. 1910.
Caro Direttore,
Rubo qualche ritaglio di tempo, tra una visita agli
ospedali ed una lezione catachetica, per mandarle l’articoletto richiesto come viene sotto la penna mia, che
non é veloce come quella del Salmista (Sai. XLV, 2)
e neppure come quella dei suoi numerosi, valenti e
fedeli collaboratori, ai quali mando un cordiale saluto.
La Chiesa di Nizza, rinata a vita novella mercè i
suoi buoni elementi, naviga discretamente bene nella
sua attività morale e spirituale, tanto da infondere coraggio e dar lena à chi è stato chiamato ad esserne
il terreno ed assai imperfetto nocchiero. Anche durante
i mesi estivi, quando pare quasi squallida per mancanza dell'elemento forestieri la bella regina della riviera d’azzurro, i culti principali furono ben frequentati e la scuola domenicale potè proseguire l’opera
sua benefica per parecchi bambini e giovani. Dico :
giovani, poiché da noi i giovani e le giovani della
chiesa, anclie durante due o tre anni dopo la loro
ammissione alla Santa Cena, non tralasciano la coltura
evangelica della Scuola domenicale, addestrandosi in
tal guisa e preparandosi a diventare buoni monitori
e buone monitrici. E’ questo pure un ottimo mezzo
pel pastore di avere sempre i suoi ex catecumeni sotto
la sua diretta influenza. Ricordiamo con profonda
gratitudine, che quando il chiaro Prof. B. Tron, del
Ginnasio-liceo di Torre-Pellice (di buona e venerata
memoria) dirigeva con arte pedagogica meravigliosa
la scuola domenicale, gli studenti liceali {atque ego
minimus) seguivano le sue lezioni, condite con finissimo umorismo morale, parecchi anni dopo la loro
confermazione religiosa.
Dai primi di ottobre a questa parte le adunanze si
sono rimpolpate assai e, con intimo compiacimento
ed infinita riconoscenza al Signore, posso affermare
che la Parola del Signore è amata, gustata e tenuta
in altissimo onore fra noi e ohe il messaggio del predicatore, semplice senza frondame di scienza filosofica esuberante, è accolto con simpatia e con fraterna
bontà.
Se r anno ecclesiastico nostro, ora decorso, ci ha
rallegrati con 20 ammissioni per pura e schietta professione, quest’anno esse saranno in minor numero.
Ciò ci dicono le iscrizioni di catecumeni finora registrate ; ma l’avvenire è nelle mani di Dio e Egli forse
ci addurrà nuove reclute.
La bellissima opera del Foyer, interessante oltre
ogni dire, è ricominciata dal 15 ottobre p. p. e già
un centinaio di istitutrici, di cameriere, di donne e
ragazze di servizio, di varie nazionalità e confessioni
religiose (vi sono pure delle israelite) possono in
quel simpatico, pulitissimo e cordiale rifugio seguire
lo studio e la predicazione regolari della Parola di
Dio. Quest’uditorio tutto femminile, di necessità cambia sempre di settimana in settimana, di mese in mese,
ma la divina semenza, ne abbiamo prove ed esperienze
benedette, non va perduta. Nella Nizza pagana, piena
tentazioni pericolosissime, in questo deserto di vita
spirituale dove regnano sovrani assoluti il Pluto delle
ricchezze e l’Afrodite dell’immoralità, quella istituzione, che accoglie, qual madre pietosa ed affettuosa,
le ragazze senza posto, è una vera oasi di pace, di
conforto, di oculata carità. Per tanto è ovvio ch’io
mi valga dell’ospitalità, che Ella concede al mio articoletto, per dire ai nostri giovani evangelici di ambo
i sessi i quali hanno l’intenzione di recarsi in questa
6
j6
LA LUCE
città che credono un Eldorado, di non venire se non
hanno un posto già fissato prima e se ciò nullameno
vogliono venire, di avvisarmi in tempo ond’io li raccomandi come meglio potrò e secondo le circostanze
eventuali.
Nei giorni di festa romana deH’Ognissanti e della
commemorazione dei defunti abbiamo avuto splendide e confortanti adunanze nel Cimitero detto del
Castello e naturalmente nel solo riparto protestante.
Non so se in Italia tali riunioni verrebbero concesse
daH’autorità municipale. Martedì e mercoledì del mese
corr., abbiamo predicato il Vangelo, in italiano ed in
francese, con vibranti appelli, e con non velati accenni alle sullodate feste, ad un fittissimo uditorio
composto maggiormente di cattolici che non di evangelici, e la buona novella del perdono mediante il
Santo per eccellenza, il Cristo, col messaggio della realità deila vita eterna per mezzo di Lui solo, echeggiarono altamente nella marmorea necropoli. Molte
centinaia di persone l’udirono, attente, simpatizzanti
e con segni di non dubbia approvazione e commozione.
Sono occasioni propizie assai ed eccezionali. Il terreno era preparato dall’ambiente stesso e dalla soave
e mesta poesia delle tombe. 11 terreno è ferace fra i
sepolcri e Dio sa quali frutti potrà portare la sua
Parola predicata con zelo e con forza.
Nel corso dell’anno abbiamo avuto il bene di udire,
nella nostra leggiadra ed ampia sala di conferenze,’
vari oratori francesi amici e fra gli altri il caro fratello Revoyre, pastore e già prete romano, ora Direttore dell opevu dei preti evangelici, che vuole sottrarsi
alla tutela delle chiese evangeliche per fare da sècol
concorso, s’intende, di tutti i cristiani generosi ed abbienti. La sua Opera ha compiuto teste il trasloco
à&\\& angusta domus (guardi il proto di non stamparmi augusta!) della via Montgallet in una bella
proprietà della via de Vanves, dove, oltre alla casa
ospitaliera composta di cinque camere, sonvi i locali
dell’amministrazione, del giornale ed un quartierino
pel Direttore, più (e ciò è affatto, nuovo) una bella
sala di evangelizzazione indipendente ed autonoma
per i cattolici per parte dei preti rimasti cristiani.
Lo scopo di costoro è di allontanarsi dai soliti mezzi
adoperati dalle altre società di evangelizzazione popolare per promuovere: 1) riunioni intime, molto spirituali, serie ed intensive, per gl’iniziati principianti
come per i già conquistati alla causa religiosa ; 2)
grandi conferenze meno frequenti assai, ma ben preparate e documentate, e annunziate con molta pubblicità. Intanto si faranno delle prove, «he noi sinceramente desideriamo benedette e vittoriose. In soli
due mesi più di 16 sacerdoti domandarono il patrocinio deli’opera dei preti, per essere liberati ed ottetere occupazioni o civili od ecclesiastiche.
Ed ora, caro Direttore, le mot de la fin come dicono
i nostri amici Galli. Non ritorniamo sulla storia del
Sillón e del Sig. Sangnier, già esposta nelle colonne
della Luee, ma osserviamo con molti Francesi cattotolioi quanto segue, con questo divario però, che se essi ,
ne sono meravigliati, noi non lo siamo nè molto nè
poco; sentite:
L’unanimità dei vescovi francesi, meno due, aveva
accettata la forma delle associazioni cultuali ; si sa
Or bene, il papa le condanna ed ecco tutti i fogli re
ligiosi fanno a gara nel lodare la saviezza, la perspi
cada, la santità del Pontefice ; ed i consigli generai
reazionari, allorché protestano contro la cessione de
beni ecclesiastici a favore degli uffici di beneficenza
dei Comuni, ricevono le congratulazioni premurose
del vescovo locale.
I Monsig.ri Mignot, Fuzet, Gibier, Eyssantier, Chapón (di Nizza) ecc., approvano con fervore l’opera di
Marc Sangnier. 11 papa condanna il Sillón ed immediatamente i medesimi vescovi lodano ad una voce la
lettera di Roma. Il Pontefice emana il decreto Quam
stMpMÌarisnll’ammissione, ai 7 anni, dei bambini alla
prima comunione. Immediatamente i vescovi tessono
l’elogio del papa... mentre scrivono lettere confidenziali contrarie ed assennatissime, e supplicano le autorità ecclesiastiche superiori di differire 1’ applicazione del decreto... ciò che probabilmente verrà fatto.
Hanno ragione i francesi ben pensanti nel dire che
in Francia, se si hanno dei vescovi non si ha più l’episcopato. L’Episcopato poderoso gallicano, alla Bossnet, alla Fénelon, malgrado i gravi orrori suoi conservava qualche cosa di nobile, di elevato e di venerando. Dov’è? E le voci generose, profondamente cri- Í
CORRIERE MILANESE
Il Circolo Missionario Evangelico ha ripreso, dopo
la solita sosta estiva, il suo lavoro di propaganda e,
come inizio, ha indetto un breve ciclo di conferimze
speciali tenute nelle sere del 30 e 31 ottobre e del 1
novembre u. s. nella Chiesa di Via Fabbri, dagli egregi Sigg. Paolo Calvino di Lugano, Dott. F. F,orioli
Della Lena di Venezia e Giovanni Rochat di Firenze.
A dette conferenze intervenne costantemente un
numeroso pubblico, di fratelli e di estranei, in modo
che l’esito avuto è stato assai lusinghiero ed incoraggiante.
Il Sig. Paolo Calvino tenne una brillante conferenza sull’argomento Tu es Petrus. Il Sig. Calvino
trattando questo argomento più che mai all’ordine del
giorno, fu assai felice nelle sue argomentazioni, e la
sua dotta conferenza ha lasciato una buonissima impressione.
Il Dott. F. Fiorioli Della Lena, accettando cortesemente l’invito del Circolo Missionario, ci parlò con
quella sua rara competenza, su un grande argomento
d attualità, cioè sul Satana moderno (l’alcoolismo).
Difficile sarebbe riassumere la dotta conferenza che
venne studiata dal lato umanitario, sociale e fisico
dall’egregio conferenziere e che fu assai gradita da
coloro che l’udirono.
Il Sig. Giovanni Rochat chiuse il breve ciclo di
conferenze, con un’altra conferenza antialcoolistica
parlandoci del dovere che a noi incombe, come cristiani-evangelici di combattere con tutte le nostre
forze la marcia disastrosa che l’alcoolismo compie
nella nostra cara patria. Il Sig. Giovanni Geymet di
Torre Pellice aggiunse altre appropriate parole, che
chiusero degnamente la serie delle conferenze indette.
Il Circolo Missionario Evangelico ringrazia vivamente gli egregi conferenzieri.
Auguriamoci che altri cari fratelli ed amici portino anch’essi il loro contributo affinchè l’opera del
Circolo si consolidi vieppiù..
Gronachetta Romana
Domenica scorsa avemmo il piacere di sentire, nel
tempio di Via Nazionale, il candidato in teologia signor Davide Bosio, il quale è stato posto qui a fianco
del pastore signor Ernesto Comba. Il giovane predicatore promette assai. Insieme con sincere congratulazioni, gli facciamo auguri cordiali per un lungo e
benedetto ministerio.
—- Domenica si adunò l’assemblea di chiesa, che
riesci molto numerosa. Si espressero rallegramenti per
l’autonomia conseguita da questa simpatica Congregazione.
— Domenica prossima al culto serale (ore 17 e mezzo)
parlerà il pastore di Sanremo, signor U. Janni, capodistretto per l’Italia Meridionale. Egli presiederà
anche al culto di giovedì 17 corr. (ore 18 e mezzo).
(IssoGiazionB Epistiana della Gioventù
Per celebrare la settimana di preghiera il C. D. dell’A. C. D. G. di Roma ha deciso 1) di invitare i Sigg,
Pastori delle diverse Chiese Evangeliche a consacrare
alla gioventù uno dei culti di domenica, 13 corr.; 2)
di avere due adunanze speciali : una, lunedì 14 alle
ore 19, nella Chiesa di Piazza in Lucina 25, presieduta
dal Sig. Shaw, l’altra venerdì 18, alle ore 20,30, a Via
della Consulta 67, presieduta dal Dott. R. Prochet,
presidente del C. N. dell’A. C. D. G.
Invitiamo cordialmente i soci e tutti coloro che simpatizzano con la nostra opera a partecipare a queste
adunanze.
Il Segretario Generale.
Anche durante la stagione estiva i cari fratelli
Alberti, Clerici e Papaleo hanno continuato a prestare l’opera loro come colportori volontari. I risultati loro furono come sempre benedetti.
Il Circolo ha poi, con deliberazione consigliare,
aderito al IV Convegno Nazionale antialcoolista ed
il suo segretario, all’uopo delegato, partecipò ai lavori indetti. Sappiamo che il Circolo intende d’or^
innanzi estendere la sua attività anche in questo
campo.
Gaspare Gandini.
Nella città dei fiori
stiano di Lamennais di Lacordaire. di Montaiembert,
dell’abate Pereyve, del padre Didon, dove sono?
« Mais où soni les roses d'autom ?
aff.mo
Paolo Longo
li amici d'aincFicii:
loro abbonamento (un dollaro) al prof. A Clot, 86 Ronae^n St. Rochester N. Y. — Preghiamo tutti quei no- i
stri fedeli Lettori e Amici di procurarci ciascuno un I
auovo abbonato per l’anno 1911.
Domenica 6 novembre, era di passaggio a Firenze
il capo distretto sig. B. Revel, il quale assistette alla |
scuola domenicale di via Serragli, rivolgendo alcune !
parole ai fanciulli, ed occupò pure il pulpito alenilo
del mattino.
Alle 5,30 il pastore G. E. Melile ha iniziato l’opera di evangelizzazione con una conferenza — largamente annunziata e tenuta nel tempio di Via Serragli, affollatissimo — sull’argomento: Un poema cri~
stiano moderno: La buona novella di Corrado Corradino.
Il sig. Melile iniziò il suo dire col rilevare il fatto
importantissimo dell’interesse che suscita nel secolo
nostro la persona e l’opera del Cristo, prendendo
quindi ad analizzare l’opera del Corrado e raggruppando sotto tre capi principali le molteplici idee svolte
nella conferenza :
1) L' Uso che il Corrado ha fatto degli scritti
evangelici originali, rilevano come manchi nel poema
l’elemento soprannaturale e la ragione del miracolo
per quanto l’autore, trasportato da la sua fantasia d’artista e di poeta, immagini cose assai meno naturali
degli stessi miracoli di cui parlano i Vangeli.
2) La persona del Grisfo, facendo notare come anche
qui sia trascurato l’elemento soprannaturale e come
non sia concepita bene la divinità di Gesù.
3) L'opera di Cristo, consistente nell’annunzio della
buona novella, novella d’amore e d’amore universale
e nella redenzione dell’uomo, non intesa però dai
Corradino nel suo significato integrale.
Il conferenziere col suo studio misto d’ammirazione
e di critica pel Corrado — che per quanto ammirevole e per quanto scriva talora con grande effusione
d’animo additando nel Cristianesimo il rimedio ai mali
sociali, non ha però intesa ancora tutta la grandezza
del Cristo — fu seguito con attenzione e gustato dal
numemeroso pubblico.
Possa coll’aiuto di Dio, il lavoro di evangelizzazione così ben iniziato produrre molti e benefici frutti.
L. M.
LIBRI E RERIODICI RICEVUTI
IL POPOLO PACIFISTA — Anno I, N. 3. - Si pubblica a Bonefro ed è diretto da Paolo Baccari. — REDENZIONE ! — Foglio di propaganda antialcoolista. —
Anno I, N. 1. — Si pubblica a Milano, Via A. Lamarmora, N. 27.
Hi vista Cristiana
Sommarlo del N. 10 (ottobre): Un salterio giudeocristiano del primo secolo, (G. Rostagno) — Il Congrasso di Berlino, (G. Grilli) — Un commentario recente sulle Epistole Pastorali, (T. Longo) — La folla
'Tlà sua creatura, (A. Taglialatela) — Una protesta,
(E. Bianciardi) — Cronaca del movimento religioso,
(U. Janni) — Note bibliografiche — V. G. - T. L. - G. R.
Bollettino Ornile lico
Sommario del N. 5 (settembre-ottobre) : Per l’inizio
di una nuova campagna Invernale — Confermi all’immagine del Figliuol di Dio — Il figliol prodigo (Il
sentimento del peccato) — Il figliol prodigo (Il rimedio del peccato). — Il figliol prodigo (La felicità non
ostante il peccato) — « Fuor di Cristo non possiamo
far nulla » t Tu non sei lontano dal Regno di Dio»
La pietà di un maggiordomo esemplare — I caratteri della beneficenza cristiana — Il giorno della
salute — I beni di Dio e i beni del mondo — Nell’agone cristiano.
IMP0RTaNTlSSIMe
Per accordi fatti col valoroso periodico italiano L’ ARALDO, che si pubblica a Brooklyn
N. Y. (America) potremo offrire un abbonamento
cumulativo che costerà per l’Italia L. 8 l’anno,
per l’America dollari 1,60. Con otto lire potrete
avere per tutto il 1911 due periodici evangelici
settimanali : LA LUCE e L’ARALDO.
Svizzera, Beraiania, Scandinavia „.«‘'x
Luce, rivolgersi al pastore Paolo Calvino, LUGANO.
Distinta famiglia Valdese
sione. — Rivolgersi al Signor E. Giampiccoli — pastore. — Via Pio Quinto, 15. TORINO
Domanda di persane di servizio:
evangelica per cucina di famiglia, ed una cameriera
capace di cucire. Stipendio a mesi o ad anno da convenirsi. Indirizzare offerte al Sig. Tron, Villa Violetta — Bordighera.
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dell’Istituto Gould, Via Marghera 2, Romi.
7
LA LUCE
/luri Sacra Fames
(La. tormentosa fame dell’oro).
Il marchese ai calò dentro il pozzo, e curvo sul fondo
lo esaminò tutto intorno. Nel suo lato settentrionale il
pozzetto mostrava un ammattonato di qualità diversa
dall’interno del pozzo. Il marchese lo colpì col piccone,
e un suono cupo, come di vano appena coperto, risuonò alle sue orecchie. Il vecchio picchiò forte, quasi
con rabbia, temendo che alla fine i suoi sforzi e le
sue speranze andassero falliti. Un mattone cadde e
scoperse una specie di galleria non più alta di sessanta centimetri. Il marchese vi pose dentro la candela e guardò. In fondo alla galleria c’era una cassetta, la quale poteva essere la cassetta del tesoro, ovvero anche un piccolo sarcofago racchiudente un cadavere.
Il marchese a quella vista sentì una nuova onda di
energia corrergli giù per la vita. Piccone e pala corsero l’arringo. Colpi ripetuti e stranamente forti e potenti tolsero gli ultimi ostacoli alla conquista del desiderato tesoro, e prima che l’alba di un bel giorno di
giugno tingesse il cielo della sua luce multicolore, il
marchese Filippo faceva ritorno alla palazzina, curvo
sotto una cassa di ferro arrugginita e ammuffita. Quella
cassa conteneva il tesoro del diavolo.
XVII.
La vita delle pietre preziose.
Pochi giorni dopo i fatti da noi narrati, il marchese
Filippo faceva a Parigi una visita al celebre gioielliere Tiffany. Egli portava con sè una piccola valigetta e, chiusa in essa, una certa parte del tesoro del
diavolo.
Le pietre preziose rubate al Santuario di San Giacomo nella Spagna balenarono i loro fiochi splendori
sotto gli occhi esperti del gioielliere americano.
Il Tiffany contemplò a lungo e in silenzio il grosso
cumulo di diamanti, di topazi, di rubini, di ametiste
ed altre gioie di gran valore che il marchese muoveva
e palpeggiava sotto i suoi occhi. A sua volta egli la
prese, le contemplò alla chiara luce solare di un bel
giorno d’estate, le pesò, le sottopose a vari esperimenti di ottica e di fisica, quindi si fece contare dal
marchese la loro storia.
— Mio caro signore — disse il Tiffany, quando la
narrazione fu finita. — Ella possiede un tesoro di
gran valore in sè, ma che sarà difficile a vendere,
perchè le pietre preziose del suo tesoro sono vecchie
decrepite e stanno per morire.
— Per mof'ire ? — sciamò il marchese, pieno di meraviglia.
— Sì, per morire: e mi spiego subito. Io conosco
assai bene la mia arte e non corre giorno che non
passino sotto ai miei occhi pietre preziose, che mi
vengono recate da tutti i più remoti angoli della
terra. Tutte queste pietre preziose hanno una storia
e tutte hanno una età. Un filosofo, un romanziere si
interesserebbe assai della prima ; io della seconda. Io
compro le gioie giovani per metterle in commercio:
non compro le pietre preziose troppo vecchie, o se ie
compro, le vendo ai Musei. Ella, signore, possiede
delle gioie che avranno forse cinque o sei mila anni
di vita.
— Ma come! — sciamò di nuovo il vecchio patrizio genovese — forse ohe le pietre preziose hanno
vita ?
— Vita propriaménte nò — rispose il Tiffany —
si comportano in molte cose come se avessero vita.
Le leggi della vita sono in gran parte comuni a tutte
le cose esistenti. Gli esseri vivono, nascono, da un
germe per lo più, crescono, arrivano al loro massimo
sviluppo, decadono, muoiono e si trasformano nel crogiuolo della morte in altri corpi, in altre sostanze, in
altri esseri. Così avviene delle pietre preziose. Queste
sue gioie ebbero una origine. Non furono sempre
pietre preziose, nè lo saranno sempre. Osservi questo
suo rubino e lo metta al confronto con questo mio.
Il mio è più rosso, più scintillante, più irridescente.
Il suo è smorto, languido, quasi esangue. Sembra un
cadavere di rubino e lo è quasi. Qualche secolo ancora e il suo rubino non sarà più rubino. Finirà di
trasformarsi in qualche altra pietra che non ha nome,
come il vino corrompendosi si trasforma nell’aceto, e
l’aceto corrompendosi si trasforma in una nuova sostanza, e questa alla sua volta, si trasforma in un’altra,
e via di seguito.
Io ho visti i gioielli delle vecchie Imperatrici di
Egitto nel Museo di Ghizieh al Cairo. Somigliano ai
suoi. Sono gioie moribonde e molte sono già morte.
Altri si chiede come mai i vecchi Faraoni dell’Egitto
potevano incastonare in oro e portare al collo dei simili ciottolini. La risposta è facile. Al tempo de Faraoni quelle gioie erano veramente pietre preziose di
gran valore: ora non sono che cadaveri millenarii,
un’ombra, una traccia fugace di un tempo. Le pietre
preziose, che si trovarono in dosso ai Re e alle Regine dell’antica monarchia francese, quando la Rivoluzione dell’ottantanove ne dissacrò le tombe secolari,
erano esattamente come sono ora le sue. Alcune di
esse si possono vedere nel Museo di Cluny, in quello
di Avance, a Colonia, in Germania, a Berlino e altrove. Anche il Museo Brittanico a Londra contiene
di simili gioielli moribondi od’ anche morti. È cosa
da Musei. Non fanno pel commercio. Le belle donne
non amano portare in collo o sul seno dei cadaveri.
— Dunque, non ho speranza di venderle ? — domandò il marchese.
— Gliele compro io — replicò il gioielliere. — Io
le rivendo ai Musei o a qualche collezionista. Certo
pietre preziose scolorite dal tempo acquistano delle
tinte così sfumate, così melanconiche, così strane da
invogliare certi gusti ammalati di gran signori. Io
vendo pietre preziose ad ogni sorta di gente e ne
tengo per tutti i gusti. Se c’intendiamo sul prezzo,
si farà l’affare. Quanto pretende lei da questo suo
tesoro ?
Il marchese pronunciò una cifra molto alta, che
l’altro scartò immediatamente. Le trattative per la
vendita furono lunghe e laboriose. A un certo momento esse furono per rompersi, perchè il marchese
e il gioielliere non potevano affatto intendersi sul
prezzo. Ma alla perfine la vendita potè effettuarsi con
vicendevole soddisfazione. Il marchese prese la via
del ritorno con una grossa somma di denaro in sua
possessione, e il gioielliere rimase padrone di una
certa parte del tesoro del diavolo. L’altra, composta
di oro pallido, anch’esso logoro e sformato dal tempo,
rimaneva in proprietà del De Paoli, il quale l’avrebbe
venduto solo quando, per avventura, la necessità tornasse a battere minacciosa alle porte di casa sua. Pel
momento egli ne aveva più che a sufficenza per iniziare una vigorosa campagna contro gli Olden e rivendicare i diritti del suo casato.
(Continua). (14)
Prof. Giorgio Bartoli.
I\vQto. pagato l’abbonamento ?
^oifo VimuBo!
Proprietà riservata — Biprodazìone proibita
— Le scriverò senza fallo domani. Imagino quanto
ie farà piacere questa notizia. E intanto la diocesi ?...
— Si provvederà, si provvederà opportunamente.
È' mio sommo interesse che si mandi a quella sede
persona di mia intera fiducia... Non mancheiò di intromettermi e di dare buoni consigli a Sua Santità.
Ah, dovranno filar diritto quei buoni parroci d'ora
innanzi ! sennò... sennò faremo un bel repulisti...
Il Cardinale si abbandonò ad una risata sonora.
— Ma si fa tardi — riprese subito, guardando l’orologio — ed io debbo dirvi una parola a proposito
del Padre Regaldi.
— Oh, oh 1 — esclamò Donna Luisa, coi segni della
massima attenzione — grandi notizie davvero ! Ebbene che n’è di lui? Torna a Roma?
— Non si sa quando; forse non subito; ma torna.
Voi ve ne mostrate lieta P Lo so. Padre Michele è il
beniamino di molti... ma io non vi nascondo che il
suo ritorno m’impensierisce. Anche il Santo Padre ha
una grande predilezione per lui... e passa sopra per
lui a molte e molte cose... Eppure non sono mancati
i consigli savi e prudenti... ma da quell’ orecchio il
Santo Padre non ci sente... Temo, temo che egli si
scaldi in seno una vipera.
— Possibile? Padre Michele Regaldi! Un uomo così
affascinante, un predicatore così eloquente, quasi una
gloria per la Chiesa cattolica... '
— Eh, eh 1 È un bell’ingegno di certo... è quasi una
gloria... lo so; ma appunto per questo...egli si crede
lecite molte cose... bisogna tenerlo d’occhio... si diceva
perfino, tempo addietro, ch’egli fosse in relazione d’amicizia con alcuni caporioni dei protestanti... Ma possono esser calunnie... Certo, con Padre Regaldi bisogna andar cauti, ci vuol molto tatto, molta prudenza...
egli è protetto... Sapete che era stato mandato al Venezuela in missione segretissima ; una missione della
massima fiducia... Ora il Papa l’ha richiamato. Bisognerà, Luisa, fargli un’accoglienza festosa, invitarlo
spesso alla nostra tavola... e... e... lo studieremo un
po’ da vicino... mi affiderò a voi, Luisa, per questo ;
so che siete famosa per leggere in fondo ai cuori.
La Marchesa restò pensierosa e rispose un po’ freddamente: — Vedremo, vedremo...
Il Padre Regaldi, a dire il vero, era una delle sue
simpatie e le sapeva male di doversi schierare, sia pur
nascostamente, nelle file dei suoi avversari.
Intanto l’Eminentissimo Cardinale si disponeva in
fretta per andarsene.
— Buona notte, Luisa, buona notte ; ho fatto tardi
davvero ; ma son contento della mia serata, e felice
che le mie notizie vi abbiano reso un poco della vostra consueta serenità. Vi avverto che non vedrete
Camillo per qualche tempo ; non ve ne date pensiero,
starà fuori di Roma un mese, due mesi... non so... ma
è meglio che non lo rivediate per ora... Salutatemi
Lauretta. A proposito: domattina alle dieci mandate
da me Domitilla, ho bisogno di parlarle.
La Marchesa accompagnò il fratello fino all’ uscio.
Qui egli le porse la mano, sorridendo, e le disse : — j
Siamo buoni amici, non è vero? E mi raccomando:
prudenza e silenzio con tutti.
Quando, un minuto dopo, Donna Luisa di Campovenatico alzò la pesante portiera di velluto per passare
dal salottino alla sua camera da letto, fu non poco sorpresa di trovarsi a faccia a faccia con Domitilla.
La cameriera, un po’ confusa, s’inchinò profondamente.
— Che facevate qui ? — chiese la signora con una
certa asprezza. — V’ avevo pur detto che questa sera
non avevo più bisogno di voi...
— Ma la Signora Marchesa sa bene che io non mi
corico mai prima di Lei... non potrei dormire tranquilla... Vedendo che si faceva tardi, ho temuto che
la Signora si fosse appisolata sulla poltrona e venivo
ad avvertirla che la sua limonata calda è già pronta...
Ma la Signora si sente forse male questa sera? Mi pare...
— Non ve ne date fastidio — rispose brusca brusca
la Marchesa. — Spegnete i lumi, e andate a letto ; non
ho bisogno dei vostri servizi.
— Non vorrei che la Signora fosse in collera con me...
— Niente affatto. Ah, mi dimenticavo : domani alle
dieci suderete a prendere gli ordini di Sua Eminenza
a palazzo Vergati. Buona notte.
Domitilla restò, sola, a riordinare il salottino.
Era sempre la stessa Domitilla che abbiamo conosciuto a Pietraviva, col solito colletto, coi soliti polsini inamidati, col soiito cocuzzolo di capelli neri stretti
sulla nuca, e unti e lisci sulle tempie... soltanto, qui,
invece del grembiule di lustrino nero, portava un
finissimo grembiule bianco a spallino, ornato di merletti, e in capo aveva una cuffietta civettuola del medesimo colore. Tutto quel bianco, però, faceva risaltare, quella sera più che mai, la tinta giallognola del
suo volto, che, sfiorato da un fine sorriso malizioso,
assumeva, alla vivida luce delle lampadine elettriche,
un’espressione veramente ripugnante.
XV.
Giunto nel suo gabinetto particolare e sdraiatosi
in un’ampia e morbida poltrona, l’Eminentissimo Cardinale si abbandonò ad una serie di piacevoli riflessioni. Piacevoli per certo a giudicarne dall’aspetto sodisfatto del volto e dal sorriso che lo illuminava. Aveva vinto una battaglia, la più difficile forse di tutte
quelle che ancora gli rimanevano da vincere, per condurre a buon termine la campagna da lui intrappresa.
Non era poca cosa l’aver saputo piegare ai propri
voleri l’orgoglio puntiglioso e fanatico di sua sorella!
Ma... come tutto combinava ai suoi fini ! quel medesimo orgoglio si era alleato con lui e aveva fatto abbassare la fronte della superba signora.
— Povera Luisa ! — pensava il sorridente prelato,
che in quel momento si trovava assai disposto alla
tenerezza — le ho inflitto un colpo molto rude!-.eh,
se avessi potuto evitarglielo, l’avrei fatto ben volentieri... non per nulla abbiamo un cuore anche noi... e
che cuore!... eppure ho dovuto agire così, e tornerei
da capo, se fosse necessario per il suo bene... e per
il mio... Ah, certo, anche per il mio... Chi vuole lo
scopo vuole i mezzi, non c’è santi... E Io scopo si conseguirà ! Quando un uomo come me s’è fitto in testa...
Ah, i milioni, 1 milioni ! Quante cose si possono fare
con dei bravi milioni... E dove non potrà giungere,
a che cosa non potrà aspirare il Cardinale Vergati,
quando abbia dei milioni ?.. L’avvenire ?... L’avvenire è un punto interrogativo solo per ohi non possiede energia, solo per ohi non sadire < voglio >. Ma
per me... l’avvenire è una realtà...
A questo punto del suo soliloquio, il buon prelato
vide brillare dinanzi alla propria fantasia una visione
così splendida di potenza e di gloria, ohe istintivamente chiuse gli occhi abbarbagliati e restò per alcuni minuti immobile, irrigidito, senza osar quasi tirare il fiato, per tema che quella visione si dileguasse,
troppo presto.
(Continua).
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