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I
Anno 114 - N. 51-52
22 dicembre 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
delle valli valdesi
LUCE DELL'EVANGELO E TENEBRE DELLA "NOTTE DEI CRISTALLI” DI 40 ANNI FA
Molto buia la notte che
il Natale deve illuminare
Rolf Rendtorff, prof, di Antico Testamento ad Heidelberg, affronta
l’antisemitismo cristiano con sofferta consapevolezza di peccato
La notte di cui si parla nella
predicazione che pubblichiamo
qui accanto non è una benigna
e tranquilla notte di Natale, ma
una notte torbida e tragica: la
« notte dei cristalli » che 40. anni fa ha insanguinato e stravolto
il centro della nostra Europa in
uno dei più orrendi pogròm della nostra storia. E’ una ricorrenza che abbiamo già ricordato sul
nostro giornale (vedi n. 46 del .17
novembre). Perché ritornarci sopra? E perché proprio nel numero di Natale? Per due ragioni
che penso riguardino tutti i credenti sotto tutti i cieli.
1) Nel nostro recente passato nessuna notte come quella —
in cui, come dice R. Rendtorff,
i cristiani stessi sono stati partecipi o complici di assassina, violenze sistematiche, soprusi rivestiti di giustificazioni ideologiche
e religiose ■— ci illustra le tenebre del nostro mondo e nello
stesso tempo il bisogno infinito
della luce che splende nelle tenebre. Può darsi che ci sentiamo
urtati da questo accostamento e
siamo tentati di chiedere che
almeno a Natale si abbia un po’
di serenità. Ma allora dobbiamo
chiederci se davvero riusciamo
ancora a cogliere il senso del Natale. Perché una venuta del Cristo separata dalla miseria e dalla colpa del nostro tempo, ridotta ad un momento di serena
nostalgia religiosa, diventa su-^
perflua o incomprensibile. Se ci
illudiamo di attenuare le nostre
tenebre in un vago crepuscolo
spirituale, noi ci condanniamo
a non ricevere la luce che splende nelle tenebre.
2) Questa predicazione, che in
Germania non è certo stata la
sola a marcare questa ricorrenza, ha il coraggio di andare al
cuore della responsabilità evangelica, senza velare neppure la
radice per noi più sconvolgente
dell’antisemitismo, quella che risale a Lutero stesso. E’ un'espressione di sofferta vergogna, una
confessione di peccato e, in quanto tale, il segno della grazia di
F. G.
(continua a pag. 3)
Quando le sinagoghe bruciavano, i cristiani hanno taciuto. Guardavano
da parte, passavano oltre e non si sentivano coinvolti.
Quando i vicini ebrei furono
deportati da nazisti in uniforme, i cristiani tirarono le tendine e fecero come se non vedessero nulla. E quando trapelavano le notizie delle inimmaginabili atrocità nei campi di sterminio, i più non ei volevano credere.
Ma anche quando tutto questo
fu terminato, quando le porte
dei lager si aprirono, quando le
camere a gas, le ipontagne di
cadaveri e le fosse comuni parlarono il loro eloquente linguaggio, i cristiani tacquero . ancora
sernpre. La dhiè'sà parlò sì delle
sue omissioni nella,, lotta contro
la dittatura nera, ma gli Ebrei
non vi furono menzionati. Nella
Confessione di peccato di Stoccarda della Chiesa Evangelica
dell’ottobre 1945 gli Ebrei non
compaiono.
Come potè succedere questo?
Lo scrittore cattolico Reinhold
Schneider ha detto una volta:
« Il giorno dell’assalto alle sinagoghe la chiesa avrebbe dovuto
fraternamentè comparire a fianco della sinagoga. Il fatto che
questo non sia successo è determinante ». Ma perché non è successo? Forse perché la chiesa
non si sentiva _ affatto fraternamente legata alla Sinagoga?
Ci fu un tempo, proprio all’inizio della storia comune di
cristiani ed ebrei, in cui furono
entrambi perseguitati insieme
per amore della loro fede. Per i
Romani, gli allora dominatori
del mondo, il loro reato decisivo era che essi credevano soltanto ad un Dio e che perciò si
rifiutavano di adorare gli altri
dei e soprattutto l’imperatore
romano. Ma questa fondamentale comunanza si ruppe quando
la chiesa divenne potente. Da
quando la chiesa concluse l’alleanza con lo stato, anche i suoi
nemici divennero nemici dello
stato. La fede in un Dio, così co
L’Evangelo di Natale
La parola « Evangelo » designa un messaggio buono e gioioso che deve costituire la predicazione del Nuovo Patto. Di
che parla dunque l’Evangelo? Ascolta, esso dice: Vi annuncio
una grande allegrezza. Quale? Ascolta ancora: Vi è nato un
Salvatore che è Cristo, il Signore, a Betlemme, nella città di
Davide. Ecco cosa è l’Evangelo: una gioiosa predicazione a
proposito del Cristo, il nostro Salvatore. Chi lo predica come
si conviene, predica l’Evangelo e la gioia più grande; ora
quale gioia più grande può concepire un cuore se non che il
Cristo gli è dato? Non dice semplicemente: Cristo è nato, ma
ci assegna la sua nascita come un dono e dice: il vostro Salvatore. Così l’Evangelo non insegna solo la storia del Cristo
ma la assegna e la dona a tutti coloro che vi credono, e questa è l’essenza stessa delTEvangelo. A che cosa mi servirebbe
che fosse nato mille volte e che questo mi fosse cantato
giorno e notte nel modo più dilettevole, se non dovessi apprendere che ciò vale per me e deve diventare una cosa che
mi appartiene? Quando la voce risuona, per quanto flebile
sia il suono, il mio cuore la sente con gioia. Essa penetra fino
in fondo al cuore e risuona armoniosamente. Se ci fosse
altro da annunciare, l’angelo evangelico, e l’evangelista angelico, l’avrebhero detto.
LUTERO
me la comprendevano gli Ebrei,
divenne un comportamento contro lo stato. I due fratelli, figli di
un popolo, divennero nemici,
perché il più giovane era diventato troppo forte e non voleva
più riconoscere il diritto aU’esistenza dell’altro.
Anche Lutero
Questo doveva avere le sue
conseguenze. Gli ebrei divennero nel mondo deH’occidehte cristiano uomini di seconda classe.
E sempre si giunse a massicce
persecuzioni e a stermini in massa degli Ebrei, in nóme della fcr
de cristiana, in nóme di Gesù
Cristo. Còsi le fiorènti comunità
ebraiche del Reno, di Mainz,
Worms e Speyer furono distrutte dai crociati, perché era davvero più facile uccidere, i nemici nel proprio paese e impossessarsi dèi loro, bc'sf che andar**
pellegrini tra i torrnenti iii un
paese lontano e perché preti fanatici avevano inculcato ai crociati: « Sterminio di Ebrei come
atto gradito a Dio nel nome di
Gesù Cristo! ». •
E questo non successe soltanto nei giorni lontani delle crociate, cosicché noi non avremmo più bisogno, di sentircene
coinvolti. Nientemeno che Martin Lutero ha spiegato in modo
inequivocabile come, secondo il
suo modo di vedere, si dovrebbero trattare gli Ebrei. Nel suo
scritto: « Dei Giudei e delle loro menzogne » egli dà ai cristiani i seguenti « fedeli consigli »:
Primo, bisogna bruciare col
fuoco le loro scuole e sinagoghe...;
Secondo, nello stesso modo
bisogna anche distruggere e demolire le loro case;
Terzo, bisogna togliere loro
tutti i loro libretti e i loro Talmud;
Quarto, bisogna d’ora in poi
proibire con ogni forza ai loro
Rabbini d’insegnare;
Quinto; bisogna assolutamente abolire il diritto per gli Ebrei
di circolare liberamente;
Sesto, bisogna loro proibire la
usura e prendere loro denaro,
gioielli, argento e oro;
Settimo, bisogna dare ai giovani e forti Ebrei ed Ebree trebbia, ascia, zappa, vanga, conocchia e fuso e gli si faccia guadagnare il pane col sudore della fronte. Questo suona come
una indicazione per la « notte
dei cristalli » e per la ’soluzione
finale’ della questione ebraica.
Com’è possibile una cosa simile,
non solo da parte di menti fuorviate o di fanatici accecati, ma
nel centro della teologia cristiana?
Si impone innegabilmente la
domanda: I Cristiani sono complici dello sviluppo che ha portato alla « notte dei cristalli » e
verso Auschwitz? Dove sono le
basi per simili assurde conseguenze nelTEvangelo dell’amore
di Dio e della riconciliazione per
tutti gli uomini?
E cosa possiamo e dobbiamo
noi fare oggi per guarire questo
sviluppo errato nella nostra
chiesa?
Cari amici, nessuno di noi può
dire oggi con buona coscienza
che i Cristiani non siano com
« 1 doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento » (Rom. 11: 29)
plici di tutto questo. La dottrina e là pratica della chiesa sono
attraversate da espressioni di
una ostilità spesso massiccia
verso gli Ebrei. Spesso gli Ebrei
erano e sono ancora oggi per i
Cristiani il simbolo delTumanità
caduta rispetto a Dio, un popolo cieco, caparbio, carnale e perverso che a ragione sta sotto
l’ira e il giudizio di Dio. E in
ogni tempo i cristiani si sono
fatti essi stessi organo esecutore di questa ira di Dio.
Concorrenza
Ma, ancora una volta: oom’è
possibile una cosa simile? Cristo è venuto perché nel suo nome si uccidessero degli uomini
e si dichiarassero non-uomini gli
appartenenti ad un intero popolo? Lo stesso Gesù Cristo che
ha annunciato che Tamore del
Padre celeste vale per tutti gli
uomini?
Ma l’odio dei cristiani non riguarda certamente un popolo
qualunque. E il popolo che nella Bibbia è definito popolo di
Dio, il popolo eletto da Dio, il
popolo a cui l’unico Dio si è per
la prima volta rivelato e con cui
ha concluso il suo patto. Di questo popolo Paolo dice nell’epistola ai Romani: « Iddio ha egli
reietto il suo popolo? Così non
sia! Iddio non ha rigettato il suo
popolo, che ha preconosciuto ».
Ma dovremmo aggiungere: i cristiani hanno rigettato questo popolo! I Cristiani hanno fatto quel
che Dio non, ha fatto e che secondo la testimonianza di Paolo
non avrebbe mai potuto fare. I
Cristiani hanno presentato come
liquidato il patto di Dio con if
suo popolo - e si sono essi stessi
messi al suo posto. Questa è veramente la causa di tutto ciò: i
Cristiani hanno preteso e pretendono per sé quel che nella
Bibbia è detto del popolo di Dio ma non in modo che i Pagani, i
non Ebrei si aggiungano al popolo di Dio, lo allarghino e com;
pletino, ma in modo che essi si
mettano al loro stesso posto, e
dicano: Noi siamo il popolo di
Dio - e non voi! La pretesa di
possesso dei cristiani è lo sfondo su cui s’irmesta tutto questo
o, in altre parole: il senso di
concorrenza. Nella chiesa cristiana si è ben presto instaurato un
comportamento, che percepiva
gli ebrei come concorrenti, che
non poteva sopportare che ci
fossero uomini che la pensassero diversamente, che si attenessero alla fede dei loro padri e
non si lasciassero persuadere
dalla nuova dottrina. I cristiani
erano evidentemente così poco
Rolf Rendtorff
(continua a pag. 3f
Preghiera di Natale
Signore nostro Dio! Quando la paura ci afferra, non lasciarci cadere nella disperazione! Quando siamo delusi, non
lasciarci diventare amari! Quando siamo caduti, non lasciarci
a terra! Quando non comprendiamo più nulla e siamo ridotti
all’estremo, non lasciarci perire! Facci sentire la tua presenza
ed il tuo amore che hai promesso ai cuori umili e spepati!
Il tuo Figlio beneamato è venuto per tutti gli uomini, per
uomini smarriti e confusi quali siamo tutti e perciò è nato in
una stalla e morto sulla croce: Signore, risvegliaci e tienici
svegli per riconoscerlo e confessarlo.
Pensiamo a tutta l’oscurità ed a tutte le sofferenze di questo nostro tempo, ai numerosi sbagli e malintesi con cui ci
tormentiamo gli uni gli altri, a tutti i pesi che tanti uomini
devono portare senza conoscere una consolazione, a tutti i
gravi pericoli che minacciano U mondo senza che sappia come affrontarli. ...........
Pensiamo ai malati, agli alienati, ai poveri, agli esiliati,
agli oppressi, alle vittime dell’ingiustizia, ai bambini che non
hanno genitori o ne hanno di indegni.
comunità
luce -------r------ --------, - . a t
abbiamo bisogno. Tutto questo ti chiediamo nel nome del Ssalvatore nel quale tu ci hai già esauditi e vuoi continuare a
farlo. Amen.
KARL BARTH
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22 dicembre 1978
6 MESI NEL RIO DE LA PLATA
Il sermone sul trattore
Ancora sui laici - Un culto all’aperto che è un culto aperto - Diverse
forme deH’impeqno cristiano
a colloquio con I lettori
Nel numero scorso ho indicato
rimpegno dei laici come una delle caratteristiche più interessanti della Chiesa valdese nel Rio de
la Piata. E’ ancora vivissimo il
ricordo dei fratelli che ho incontrato e di cui si può dire senza
esagerare che sono le autentiche
colonne delle comunità a cui appartengono. In ogni Chiesa c’è
almeno un predicatore laico;
spesso si tratta di agricoltori; ho
chiesto loro come preparavano
i loro sermoni. La preparazione
è seria: quasi tutti hanno in casa una piccola biblioteca teologica, talvolta una serie completa
di commentari del Nuovo Testamento; quando occorre, si servono della biblioteca dèi pastore.
Ma la preparazione del sermone
non avviene soltanto al tavolino.
Alcuni mi dicevano: « In campagna si passano molte ore sul trattore; c’è molto tempo per pensare, i nostri sermoni nascono così ». In questo caso non si può
dire che la predicazione sia staccata dalla vita.
Cristiani nella vita
di tutti i giorni
A proposito di collegamento
tra predicazione e vita, ci è capitato di partecipare a un’esperienza òhe abbiamo giudicato
istruttiva. Al Sombrerito, la località del nord argentino di cui
ho già parlato, il culto una volta
al mese è tenuto dai giovani; se
il tempo lo permette, ci si ritrova nell’ampio cortile di una cascina e lì mentre i bambini giocano e corrono, si passa il pomeriggio insieme. La prima parte
del culto è dedicata all’informazione : si può trattare di informazioni pratiche concernenti il
lavoro agricolo o di informazioni su situazioni più generali. Poi,
senza interruzione, il culto prosegue con la confessione di peccato, la lettura biblica e la predicazione.
La partecipazione a uno di questi culti era compresa nel programma che la commissione presbiterale mi aveva preparato.
Siamo giunti con un po’ di ritardo a causa di un guasto all’automobile del pastore Nestor Tourn,
nostro accompagnatore. I giovani non si erano impressionati ed
avevano, cominciato anche senza
di noi. Quando siamo arrivati, il
vice-ipresidente del concistoro, un
giovane trentenne, stava leggen
Partecipanti ad un incontro del Centro Emmanuel in Uruguay.
do un articolo molto chiaro e
documentato sulla crescita degli
armamenti nel mondo. Nel sermone che ho tenuto subito dopo,
nel mio spagnolo un po’ avventuroso, ho potuto agganciarmi
facilmente a quelTarticolo, dato
che il testo era Osea 2: 18: « Farò un patto... allontanerò dal
paese l’arco, la spada, la guerra ». Da quanto mi hanno detto,
l’uso di avere una parte informativa nel culto non è affatto recente, è la vecchia tradizione delle unioni giovanili rioplatensi,probabilmente importato dalle
Valli del Piemonte.
Dimostra com'unque che non
si vuol staccare la vita dal servizio che dobbiamo al Signore.
Questa mi sembra essere la forza dei laici, quindi la forza della
Chiesa valdese sulle due sponde
del Rio de la Piata. Se si è capaci di pensare al sermone guidando il trattore, si è ánche capaci di dare un senso cristiano
alla vita di tutti i giorni, nel consiglio di amministrazione di una
cooperativa, nella scuola, in una
professione.
Il trasfoguero
Non vorrei però ohe i lettori
si facessero un’idea esageratamente positiva della situazione.
I laici impegnati sono pochi anche qui. Ma gli altri, come giudicarli? Ne ho parlato spesso,
conversando con i pastori, uomini che ho imparato a stimare:
vivono in situazioni difficili, che
affrontano con buon umore, con
semplicità, con una vita spirituale profonda.
Bene, direi che qui si tende a
superare la classica distinzione
tra nucleo fedele e membri che
stanno al margine. Alcuni pastori me lo hanno fatto capire con
Timmagine del trasfoguero. Nella grande maggioranza delle case qui non ci sono stufe né riscaldamento centrale. Ci si scalda con un semplice camino, e nel
camino non manca mai il tras foguero, cioè il grosso ceppo di legno, che consuma lentamente.
Lo si può lasciare per ore e ore,
finché sembra completamente
spento. Ma basta accostargli un
po’ di legna sottile per vederlo
riaccendersi e diffondere un calore confortante.
In molti membri di Chiesa non
c’è una grandf pratica religiosa;
ma c’è sicuràmènte, e talvolta si
manifesta nel confronto con i
problemi pratici della vita, un’autentica fede, un modo di affrontare la vita che dimostra un contatto frequente con la Bibbia. Da
questi membri di Chiesa non si
dovrebbe pretendere T impegno
attivo come si impone una legge. L’essenziale è la formazione
biblica, un comportamento quotidiano che abbia radici bibliche.
Se c’è questo, il fuoco prima o
poi tornerà a scoppiare.
(3 - continua)
Bruno Rostagno
LETTERA APERTA
AL SEN. T. VINAY
lll.mo sen. Tullio Vinay,
memore dei suoi ìNuminati libri,
articoli e conferenze sul Vietnam e
sulla sincera e cristallina volontà liberatrice e indipendentistica dei comunisti locali, ora che costoro hanno, con
una guerra quasi santa, liberato l'intero paese, non riesco a spiegarmi
perché decine di migliaia di persone
affrontano rischi e privazioni terribili,
per lasciare quel felice paese, giacché ora non è più oppresso dagli americani. Durante i suoi pellegrinaggi in
quella specie di « civitas solis », non
notò nulla che ce lo possa spiegare, e
perché non ce lo disse?
Qualcuno dice che ciò succede perché i liberatori sono peggio dei predecessori e perché ogni libertà, laggiù, è stata soppressa, ma sono sicuramente trovate propagandistiche della
reazione , capitalistica.
Ora, vorrei proprio che tornasse ad
illuminare le nostre menti sulTargomento, visto che è anche grazie alla favorevole immagine che lei e altri come
lei, portarono di quel regime che ora
il popolo indocinese può godere di
un così saggio governo e visto che
quel movimento di liberazione somiglia
così tanto a quei Fronte Patriottico
rhodesiano che il Consiglio Ecumenico delle Chiese vuole finanziare. Insomma, come cristiani, vogliamo sapere di quali meriti vantarci in quanto Chiesa Valdese, sia in merito al
Vietnam, oggi, sia in merito alla Rhodesia, domani.
Certo, sia della pubblicazione di
questa lettera, sia della sua risposta,
che non sarà sicuramente legata, benché sla un parlamentare, ad alcuna disciplina di partito, poiché lei è indipendente, casualmente eletto in un
collegio privilegiato nelle file di un
partito, le porgo i miei ossequi.
Lucio Malan, Luserna S. G.
CAMBOGIA E
VIETNAM
Egregio Direttore,
Ancora il 27 ottobre suH'Eco, il senatore Vinay ci chiede di aiutare il
Vietnam alluvionato, riservandosi di darci quelle Informazioni sulla situazione
interna di quel Paese, ohe ci promette
ormai da sei mesi. In una parola chiedeva ancora fiducia « a scatola chiusa ».
Un po’ più disincantato ci sembra il
pastore Platone, che nel numero 46,
sotto il titolo « Autogenocidio in Cambogia », afferma che i Khmer rossi
hanno fatto una « tragica caricatura di
rivoluzione marxista » e invita a guardare, d'ora innanzi « più ai risultati concreti che ai programmi teorici, i quali
possono nascondere un genocidio di
massa che non ha giustificazioni ».
L'articolo in questione è una edulco
VENEZIA-MESTRE
In una stessa giornata, domenica 19 novembre, abbiamo avuto un culto in comune con i luterani, nella loro chiesa, e un
incontro dei gruppi ecumenici del
Triveneto nella chiesa parrocchiale cattolica di Mestre. La
partecipazione è stata buona
malgrado la sovrapposizione
parziale che non si è potuta evitare e lo sciopero ferroviario.
Martedì 21 novembre si sono
svolti i funerali di Arturo Bogo,
di 81 anni. La sua scomparsa
significa una grave perdita, non
solo per la sua famiglia, ma
per tutta la nostra comunità, per
la quale la sua vita è stata un
esempio di fede e di coerenza.
Nato in una famiglia valdese,
non c’è stata attività della chiesa che non Labbia visto impegnato in prima persona: dalla
Unione giovanile alla filodrammatica, dalla predicazione al lavoro nel consiglio di chiesa, del
quale ha fatto parte più volte.
Anche da quando l’età e la salute non gli permettevano più impegni specifici, non mancavano
mai la sua puntuale presenza
ai Culti, la sua battagliera partecipazione alle assemblee di
chiesa, e il suo interesse a tutto quanto riguardava l’attività
della Chiesa, in cui portava il
suo carattere sereno e il suo amore per la compagnia. Di
mentalità aperta, era stato fra
1 primi ad accogliere con entusiasmo e interesse l’idea ecumenica. Una grande folla si è riunita intorno alla sua numero
Dalle chiese
sa famiglia per ascoltare insieme il messaggio di Resurrezione
contenuto in Giovanni 5: 25 e in
I Corinzi 15, e per ricordare la
sua figura di credente.
TORINO
La Tavola non è stata in grado di supplire alla partenza dei
pastori Conte e Vetta con l’invio
di un nuovo pastore: questo
significa un ulteriore carico
di lavoro pastorale e un aumento dell’impegno dei laici. La
comunità di Torino ha avuto
due assemblee di Chiesa e nella
prima (9 ottobre) ha approvato
il piano di lavoro per l’anno
1978/79 presentato dal Concistoro. Oltre alla normale organizzazione del lavoro ( responsabilità pastorale, culti, catechismi
e scuole domenicali) segnaliamo
alcune iniziative:
a) Un gruppo di laici si sta
preparando al compito di « visitatori », essi dovranno prendere contatto con tutti quei
membri che vivono ai margini
della comunità (purtroppo sono veramente molti sui circa
2.000 membri comunicanti).
b) Nel mese di novembre ha
avuto luogo il primo ciclo di
un corso di formazione adulti
che dopo l’incoraggiante debutto dell’anno scorso si ripeterà quest’anno in cicli mensi
li. Il corso si propone di offrire un momento di riflessione e
approfondimento dei temi della
fede protestante ed è diretto
in special modo a coloro che
provengono dal cattolicesimo.
Gli incontri di novembre sul
tema « i sacramenti » hanno avuto una buona partecipazione.
c) Si fa sempre più sentire
la necessità di un maggior inserimento della comunità di lingua inglese, che vede assicurati
i suoi culti in lingua inglese da
due pastori valdesi a turno. Attualmente, a parte il cosiddetto « Natale intemazionale » non
ci sono contatti con la comunità
italiana. L’assemblea di chiesa
del 26 novembre ha pertanto
richiesto la presenza di un membro inglese nel Concistoro della chiesa valdese di Torino.
La Comunità di Torino, anche
se tanto ristretta (parlo dei
membri effettivi), cerca di aprirsi verso l’esterno, collaborando con le altre denominazioni protestanti presenti in città,
con le attività del Centro Evangelico di Cultura che organizza
pubbliche conferenze/dibattito,
con la presenza in una radio
locale, con i rapporti ecumenici in parrocchie cattoliche, con
C-NT, con il servizio biblico, con
un gruppo di Cristiani per il
Socialismo.
Non sono però trascurati i te
mi sottoposti allo studio delle
Chiese dal Sinodo ecc.; sono
state create apposite commissioni e già l’assemblea del 26
novembre, pur con una partecipazione molto bassa (una sessantina di persone su più di
400 membri elettori), ha discusso e approvato la bozza elaborata dalla commissione per la
conciliarità.
a cura di Patrizia Mathieu
CHIVASSO
TORRAZZA
La comunità di Torrazza ha
un suo culto mensile alle 14.30
di una domenica da destinarsi di
volta in volta, vi partecipano
fratelli provenienti da Cigliano,
Verolengo e talvolta anche da
Chivasso. Il culto è l’unico momento di aggregazione fraterna
anche se i membri della comunità si interessano a tutti i problemi della Chiesa.
Nella comunità di Chivasso
invece, a causa della varia provenienza dei suoi membri (fratelli, pentecostali, valdesi) si ha
una partecipazione attiva allo
svolgimento della liturgia e il
mercoledì sera ha luogo uno studio biblico, mentre una volta al
mese rincontro ha luogo con i
cattolici. Queste due comunità,
prima curate in modo veramente fraterno da Gino Conte, sono ora affidate a Mario Castellani (Ivrea).
Il piccolo gruppo di Settimo
Torinese è invece visitato settimanalmente da Sergio Turcic.
rata relazione del libro di Jean Lacouture, uscito in questi giorni a Parigi,
Sarebbe stato opportuno dire che
Lacouture è stato ed è tuttora corrispondente di « Le Monde », giornale
francese, spesso citato daH’Eco. Egli
è anche autore di numerose pubblicazioni sul Terzo Mondo e ha sempre
parteggiato per i Vietcong contro l’imperialismo americano. Presentando
l'ultima sua fatica alla stampa, egli ha
riconosciuto di « aver commesso errori piuttosto gravi sulla Cambogia,
dovuti a cattiva conoscenza, a incompetenza e ingenuità ».
Interrogato dal noto giornalista FeTto, corrispondente di un quotidiano
italiano, ha aggiunto: - Riconosco che
sul Vietnam, ho avuto, talvolta, ùn
comportamento più da militante che da
giornalista e che mi è capitato di
dissimulare certi difetti dei Vietcong,
in guerra contro gli americani, perché ritenevo che la causa vietnamita
fosse abbastanza giusta e buona per
non mettere in piazza i loro errori...
ho creduto che il. Vietnam del Sud,
una volta liberato, avrebbe avuto uno
stato democratico autonomo. Alcuni
uomini, che io stimavo onesti, me lo
avevano assicurato e io ci avevo creduto ». Più avanti: « Esiste certamente un microimperialismo vietnamita.
La riuniflcazione dell'Indocina, sotto
la loro egida, è un obiettivo che i
vietnamiti hanno sempre perseguito.
In pratica essi già possiedono il Laos...
Una delle ragioni della follia della
Cambogia, sta nella paura dei vietnamiti ».
Questo libro dovrebbe significare la
fine del modo di vedere il mondo, diviso in due: cause buone e cause
cattive; « in futuro — dice Lacouture —
io riesaminerò ogni causa, che mi verrà proposto di difendere e sulla quale
dovrò lavorare in modo puramente
scientifico, in funzione, non solo di
quello che dicono, ma che fanno gli
uni e gli altri.
Per me non esiste più un campo
imperialista e uno anti-imperialista,
esistono più imperialismi e ogni volta
dobbiamo esaminare gli avvenimenti,
partendo da una analisi socio-economico-polltica della regione, del Paese: le
bandiere non basteranno più: da questo momento dobbiamo giudicare dagli
eventi ».
Anche il giornale « Le Monde », che
per molti anni aveva sostenuto in modo
quasi incondizionato i Vietcong, ha
pubblicato una serie di reportages del
suo corrispondente Paringaud, che
presentano il regime vietnamita, come
una dittatura disumana ed assurda, un
regime da gulag. In Francia sono in
molti a cominciare a chiedersi perché
si sono sbagliati sulla natura de vari
movimenti di liberazione nazionale, cui
andava la loro simpatia e solidarietà
e che, giunti al potere, trattano il
popolo con una crudeltà peggiore dei
loro oppressori colonialisti.
Altra dimostrazione quotidiana di
questi « errori di valutazione » è la
continua fuga dal « paradiso vietnamita » di migliaia di profughi. Il 16
novembre è affondata una imbarcazione con 250 profughi, quasi tutti sono
annegati, nelle successive 24 ore sono
giunti in Malaysia con altre imbarcazioni di fortuna 800 profughi. Se si
fugge da un Paese su barche d'ogni
tipo, per lo più adatte alla sola navigazione fluviale e si affronta il mare
aperto, non è certo perché in quel
Paese siano giunti la libertà e il benessere.
L'autocritica di Lacouture è completa, coraggiosa, ma quali e quante
lotte inutili e sanguinose, quanti terribili lutti, disinganni, fiducie mal riposte, sacrifici di ogni genere si sono
succeduti in tutti questi anni.
Quanto male hanno recato ai giovani queste cattive informazioni, piene
di ingenuità e senza una colpa precisa. Come rimediare a tutte le divisioni, sofferenze, falsi ideologici in nome
della libertà, che ne sono state le
conseguenze? Una bella autocritica e la
coscienza è a posto: per l'avvenire,
staremo più attenti I
Anche il pastore Platone avverte la
necessità di stare più attenti alle false rivoluzioni marxiste come quelle
cambogiane, ma tutte le rivoluzioni
marxiste, vere o false che siano si
sono sempre risolte a danno del popolo, da quella russa in poi.
Sarebbe veramente il caso di osservare attentamente le cose, prima di
prendere una posizione politica, fiancheggiatrice di rivoluzioni vere o false, che si traducono sempre, in spreco di energie, di denaro e, ciò che
più conta, di credibilità.
Aldo Rostain, Torino
RETTIFICA
Il n. lelefonico del past. Pino Mollica, pubblicato sul « Valli nostre » è
errato: quello nuovo è 099/68.63.471,
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22 dicembre 1978
3
PRESENZA EVANGELICA IN ITALIA
TRIESTE
J
L
Gli 80 anni della Chiesa metodista
Storia di ieri
La sua fondazione risale al
1898. La XVI Sessione della
Conferenza annuale italiana della
Chiesa Metodista Episcopale si
riuniva in Venezia dal 12 al 17
maggio 1897 sotto la presidenza
del Vescovo Goodsell. In quella
sede il pastore Felice Dardi, originario della provincia di Trieste, chiese ed ottenne di essere
inviato in missione nella sua terra nativa per fondarvi una nuova comunità. L’anno successivo
la Chiesa Metodista Episcopale
di Trieste è già rma realtà definita « assai promettente » dagli
atti della XVII Conferenza annuale di Torino. La sede della
comunità, la Cappella di Scala
dei Giganti (allora vi si accedeva per via del Monte non esistendo né la galleria Sandrinelli
né la Scala) viene ufBcialmente
aperta al culto il 16 dicembre
1900 dal vescovo John H. Vincent e dal dottor William Burt,
già per lunghi anni Presidente
dell’opera metodista in Italia. Si
tratta dell’antica cappella dell’ex
cimitero luterano che aveva sede, tra il 1753 e il 1843, tra l’attuale via del Monte, la Scala dei
Giganti e il Corso Italia. La costruzione della Cappella risale
sicuramente agli ultimi anni del
Settecento e venne restaurata e
modificata dai Metodisti tra il
1899 e il 1900.
Tra il 1898 e il 1904 la Chiesa
Metodista di Trieste cresce e
si sviluppa in modo assai notevole. La missione evanplizzatrice del Dardi e dei suoi collaboratori si rivolge verso le fasce più basse della popolazione
e l’attenzione viene portata anche verso gli alcolisti assai numerosi in quegli anni nel ceto
operaio. Assistenza materiale e
predicazione cristiana si accompagnano secondo la migliore tradizione metodista ed i frutti non
tardano a venire. Sensibilizzati
da questa azione e dall’invito al
risveglio spirituale aderiscono
alla nuova comunità anche evangelici di altre confessioni e provenienti da ambienti della borghesia.
L’autorità austro-ungarica e la
Curia Vescovile non vedevano di
buon occhio il crescere della
Chiesa Metodista a Trieste sia
per motivi di ordine religioso
che politico, essendo una Chiesa italiana. Le leggi austriache
facevano distinzione tra Chiese
riconosciute e non riconosciute
dallo Stato. Ogni Chiesa poteva
chiedere il riconoscimento ma,
nell’ottenerlo, ne derivavano tante e tali limitazioni che la vita
ecclesiastica veniva di fatto paralizzata. La legge austriaca privilegiava esclusivamente la Chiesa Cattolica Romana e ciò fin
dal sedicesimo secolo per la necessità di stroncare il Protestantesimo che si era assai diffuso
in Austria, Ungheria e nei vari
territori del vasto Impero asburgìco. I rapporti pangermanici e le necessità di ordine pratico imponevano però una tolleranza che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento si era
fatta indubbiamente sentire specialmente in città di rapida espansione economica e commerciale. Chiese riconosciute dallo
Stato austriaco erano la Augustana (Luterana), la Riformata, la
Chiesa dei Fratelli Moravi, la
Vetero Cattolica. Gli obblighi
inerenti al riconoscimento implicavano di fatto la rinuncia al
proselitismo tra la popolazione
cattolica. La Chiesa Metodista
non aveva voluto perciò chiedere alcuna autorizzazione essendo interessata più che mai
ad un’attività missionaria.
La vita di queste Chiese non
riconosciute era assicurata da
un articolo di legge (art. 16 della Legge Fondamentale del 21 dicembre 1867) che suonava: « A
coloro che professano una confessione religiosa non riconosciuta dalla legge è permesso
l’esercizio domestico della loro
religione, in quanto tale esercizio non sia contrario alla legge
o ai buoni costumi ». In virtù
di altra legge sulle pubbliche
riunioni si tenevano però nella
Cappella Metodista adunanze
assai estese alle quali si poteva
accedere mediante invito personale. Queste riunioni non dovevano avere però il carattere di
servizi religiosi: nessuna preghiera, celebrazione di sacramenti e benedizione era permessa.
Era possibile però leggere la
Bibbia e le preghiere in essa
contenute. Spesso accadeva che
l’autorità di polizia dovesse intervenire per far rispettare ai
Metodisti le disposizioni che ne
limitavaho la libertà.
Un motivo di conflittualità era la legislazione sul cambiamento di religione. Era stabilito
infatti che, una volta compiuti i
14 anni, il cittadino austriaco
fosse libero di uscire dalla Chiesa di appartenenza. I Agli di coloro che cambiavano confessione dovevano però rimanere nella Chiesa già dei genitori sino
al compimento del quattordicesimo anno di età con tutti gli
obblighi derivanti, come ad esempio quello dell’educazione religiosa. I Metodisti non si piegavano a queste imposizioni così
come non accettavano limitazioni per i loro ministri nei funerali e nelle visite agli ammalati.
Il punto di rottura venne raggiunto quando il 14 gennaio 1905
il magistrato civico di Trieste inviava al Pastore Felice Dardi un
decreto di diffida a proseguire
nell’attività e il divieto di fregiarsi del titolo di Pastore nonché di usare certificati di battesimo e di frequenza aH’ìstruzione religiosa. A questo gravissimo provvedimento seguiva una
circolare a tutte le scuole della
città con la quale si avvisava che
i fanciulli in possesso di certificati di profitto deU’istruzione religiosa rilasciati dal «sedicente»
Pastore Evangelico della Chiesa
metodista di Trieste « erano da
riguardarsi come senza confessione religiosa ».
Nonostante tutte le difficoltà
la comunità cresceva di numero
anche se l’aderire in quegli anni alla Chiesa Metodista, significava essere soggetti ad ogni tipo di intimidazione, prima e
nel momento di presentare all’autorità mimicipale la dichiarazione di abiura della fede cattolica. Non è senza tristezza il
fatto — da registrare per obiettività storica — che la Curia cattolica non si dimostrò seconda
all’autorità dello Stato nel perseguitare i Metodisti. Con il congiungimento di Trieste al Regno
d’Italia la situazione migliorò
sensibilmente.
La Chiesa Metodista di Trieste assorbì nel secondo dopoguerra diversi membri provenienti dalla diaspora istriana e
dalla sorella Chiesa di Pola il
cui stabile venne ceduto al governo jugoslavo nel 1947 e che
oggi — a quanto è dato di sapere — risulta essere adibito a
locale di culto di una Chiesa
Evangelica Jugoslava.
Cresciuta di importanza negli
anni del Governo Militare Alleato, perché frequentata anche da
numerosi civili e militari metodisti, sia inglesi che americani,
ritornò alle proporzioni originali dopo il 1954 anche per l’esodo
di alctme famiglie verso l’Australia e l’America del Sud.
Attività di oggi
Nel corso dell’autunno del suo
ottantesimo armo di vita la comimità si è impegnata per il
rinnovamento dei propri locali
sociali riuscendo con grande sacrificio a rimettere completamente a nuovo la propria struttura in modo da potervi svolgere
in maniera ottimale tutti i tipi
di attività. La saletta di riunione, che può ospitare una cinquantina di persone a sedere è
stata completamente ripavimentata e riverniciata. Con l’innalzamento di una parete interna si
è ottenuto un funzionale cucinino per i bazar e le riunioni conviviali. Anche i servizi igienici
sono stati completamente rifatti come pure la pavimentazione
dell’atrio di ingresso alla Chiesa. Per una piccola comunità
come la nostra è stato uno sforzo finanziario notevolissimo ma
abbiamo scoperto con gioia che
il desiderio di rifondare la comunità è comune a giovani ed
anziani e tutti hanno contribuito con entusiasmo, con il lavoro
personale, con offerte anche consistenti per attrezzare i locali
in vista di un nuovo impegno di
lavoro a Trieste.
Siamo già avanti con la costituzione di ima libreria circolante evangelica che svolgerà il
suo servizio negli ospedali e
nelle carceri cittadine. Abbiamo
raccolto quasi naille volumi tra
narrativa, saggistica, argomenti
religiósi, poesia e contiamo di
aumentare ancora il numero
mediante i doni degli amici. La
Biblioteca sarà gestita dal Gruppo di Servizio e Soccorso evangelico di Trieste che è annesso
alla nostra Chiesa e che funziona in varie iniziative dall’epoca
del terremoto in Friuli. Tra le
altre cose questo gruppo si occupa dei profughi evangelici dell’est ed è riuscito a far ottenere l’invio in Francia di un gruppo di giovani rumeni e il rimpatrio di un cileno ottantenne che
desiderava ritornare al suo paese. Un nuovo clima di fraternità e di cordialità si è instaurato tra i membri della comunità
e i numerosi amici — evangelici e cattolici — ed è possibile
vivere insieme una esperienza
nuova nella quale ognuno ha
un posto e si sente in grado di
dare e di ricevere.
I contatti con la sorella comunità valdese sono ottimi ed
i nostri consigli di chiesa si sono riuniti due volte ed hanno
stabilito alcune attività in comune per il prossimo anno. Contatti proficui esìstono anche con
altri fratelli di altre denominazioni.
Quello che veramente conta
è che la comunità si sente viva
e desiderosa di intraprendere
nuove azioni di testimonianza
e di evangelizzazione in città e
che finalmente è possibile discutere di ogni cosa con rispetto
delle opinioni differenti senza
che questo crei divisioni o barriere.
Con questo mese abbiamo iniziato a trasmettere il culto evangelico da una radio locale molto ben ascoltata. La trasmissione va in onda ogni domenica
mattina alle ore 9 e dura un
quarto d’ora.
Claudio Martelli
Prossimi appuntamenti
17 DICEMBRE - 7 GENNAIO
Mostra d’arte sulla Sacra Scrittura: L’Evangelo di Giovanni.
Vi partecipano 25 qualificati pittori e scultori di Trieste
che si sono impegnati su questo tema dopo aver affrontato
con la comunità metodista uno studio sul testo. La mostra,
che è alla sua seconda edizione, resterà aperta tutti i giorni
dalle 17 alle 20 e nelle giornate festive dalle 9 alle 13. Se la
irruenza sarà come quella dell’anno scorso la mostra verrà
visitata da qualche centinaio di persone e ci consentirà un
buon lavoro di evangelizzazione.
31 DICEMBRE, ore 10
Culto in comune con le comunità luterana e battista nella
chiesa luterana di Largo Panfili. Il culto verrà tenuto per la
parte liturgica dal pastore battista Liberante Matta e il sermone verrà tenuto dal candidato pastore metodista Claudio
Martelli.
(segue da pag. 1)
coscienti del loro essere che percepivano la semplice esistenza
degli ebrei come una minaccia
che doveva essere rimossa con
ogni mezzo. Erano incapaci di
mantenere il rispetto per la fiducia alla fede originaria ail'unico Dio e non gli riusciva ad essere tolleranti nei confronti di
quelli che volevano pregare e
servire Dio in modo diverso dal
loro.
Era soprattutto la loro immagine della chiesa ad essere oscurata dall’esistenza degli Ebrei.
La chiesa come istituzione in cui
la signoria di Dio sulla terra si
mostrava visibilmente non tollerava accanto a sé nessun popolo
che non riconoscesse i suoi dogmi. La chiesa doveva essere forte e potente e riconosciuta, doveva essere la chiesa trionfante.
Perciò l’esistenza di chi credeva
in altro modo poteva tutt’al più
servire ad aumentare la propria
gloria. Quindi il popolo ebraico
dovette far la parte della controfigura negativa della chiesa e
perciò gli ebrei dovettero sempre assumere il ruolo di capri
espiatori — in senso teolo^co
a maggior gloria della chiesa.
La Chiesa siamo noi
Cari amici, purtroppo questa
non è una caricatura dell’autocomprensione cristiana, ma è
l’immagine diventata dominante
nella storia della chiesa. Ora non
possiamo cadere nell’errore di
scaricare tutto questo sulla chiesa come istituzione, e esimerce
E’ molto buia la notte che
l’Evangelo deve illuminare
ne noi stessi.
Perché la chiesa siamo noi, indipendentemente da quanto sia
stretto il nostro contatto con la
vita della chiesa. Questo atteggiamento nei confronti degli
ebrei è davvero profondamente
penetrato nella nostra coscienza
e nel nostro inconscio. Che gli
ebrei siano diversi, che non c’entrino veramente, e che essi stessi siano in fondo responsabili
del loro destino di minoranza
continuamente perseguitata, questo pensiero è la radice per tutte le diverse forme di ostilità
verso gli ebrei e di antisemitismo, nel passato e nel presente.
Nessuno vorrà davvero pensare che tutto questo sia superato.
Nessuno può chiudere gli occhi
davanti al fatto che si trova ancora oggi fra noi non soltanto
un antiebraismo religioso, ma
anche un nuovo antisemitismo.
Forse questo non è affatto un
nuovo antisemitismo, ma il vecchio che non è mai stato superato. Ma il suo veleno si è già
di nuovo propagato sui giovani.
Raccontano crudeli barzellette
sugli ebrei e alcuni marciano già
di nuovo per le strade in uniforme e gridano « a morte gli
ebrei ». È ancora fruttifero il
germoglio su cui è cresciuto.
Perciò in questo giorno il no
stro ricordo non può essere rivolto solo al passato. Certo, questa è la prima cosa che dobbiamo fare oggi. Confessare piena
vergogna e pentimento per il
fatto che allora, 40 anni fa, i cristiani non hanno aiutato gli
ebrei e che la maggior parte di
quelli che hanno fatto del male
agli ebrei erano cristiani.
Furono cristiani battezzati cittadini di Heidelberg, che diedero alle fiamme la sinagoga, che
demolirono e saccheggiarono case e negozi, e deportarono concittadini ebrei; furono studenti
dell’Università di Heidelberg che
alcuni giorni dopo là « notte dei
cristalli » bruciarono sulla Universitätplatz i rotoli della Thorà
presi dalla sinagoga distrutta al
canto di inni nazisti.
Perché non si ripeta
Ma non dovremmo limitarci a
questo sguardo retrospettivo.
Dobbiamo chiederci: Che cosa
abbiamo fatto — e che cosa dobbiamo fare! — perché non possa mai più succedere una cosa
simile? Per i più vecchi fra noi
questa giornata deve essere una
rinnòvata occasione di introspezione critica per vedere se abbiamo fatto abbastanza nello
sforzo di mettere a nudo e sradicare le radici di questi orrendi avvenimenti che sono successi tra noi, e se abbiamo assolto
la nostra responsabilità nei confronti della generazione successiva, di informarli su quel che
è successo e di lavorare con loro perché questo non possa di
nuovo succedere.
Vorrei esortare i più giovani
fra noi: non rassegnatevi se i
vecchi tacciono su queste cose.
Chiedete loro come tutto questo
è potuto succedere, ma non cadete nella autogiustificazione, ma
esaminate voi stessi per vedere
se ne siete immuni.
Agli studenti in teologia vorrei
dire: Interrogate i vostri professori di teologia, lavorate con loro su questi argomenti, sforzatevi verso una nuova comprensione teologica dell’ebraismo —
verso una nuova comprensione
della vostra fede cristiana, in
cui l’ostilità contro gli ebrei non
abbia alcun posto così come non
ci può essere posto per l’inimicizia contro altri uomini. Indirizzate i vostri sforzi verso una
nuova comprensione della chiesa, che non voglia trionfare su
chi crede diversamente, ma che
serva con umiltà e che credendo
speri, insieme con gli Ebrei.
Agli scolari vorrei dire: Inter
rogate i vostri genitori e insegnanti, ma anche voi non in una
critica agli altri che vi giustifichi, ma con un esame autocritico che riguardi proprio voi stessi. Corriamo infatti tutti davvero il pericolo della presunzione
e deH’avversione nei confronti
di uomini che la pensano diversamente o che vivono diversamente da noi, prima di tutto delle minoranze che ci risultano
scomode, degli immigrati, degli
handicappati, dei barboni, degli
uomini che dipendono dalla tolleranza, dalla comprensione e
dalla solidarietà che troppo spesso rifiutiamo loro.
Rolf RendtorfI
(segue da pag. 1)
Dio che Cristo è venuto a portare agli uomini. Può darsi che
siamo tentati di dire: troppo comodo ammettere di aver sbagliato, riconoscere i propri errori e tirare avanti. Ma allora
dobbiamo chiederci se sappiamo
cosa sia il ravvedimento e se
perciò riusciamo ancora a comprendere il cuore dell’Evangelo
portato dal Cristo: che la grazia di Dio consiste nel poter confessare il proprio peccato ed essere così portati al di là di esso.
Qualsiasi altra cosa che sia di
meno — o che pretenda di essere di più! — della confessione di
peccato ci tiene al di qua di esso
in un legame irrisolto. Ancora
una volta, riconoscere e confessare le nostre tenebre (di ieri e
di oggi) rappresenta l’unica possibilità di accogliere la luce del
Natale di Cristo. F. G.
4
22 dicembre 1978
LETTERE DALL’INDIA
Uomini e donne: unità o divisione?
Rachel Wahlberg, ha recentemente composto un nuovo credo apostolico, chiamato « il credo della donna», in cui la con
fessione di fede in Gesù è fondata sui numerosi episodi dell’Evangelo in cui Gesù ha a
che lare con le donne — dalla
Samaritana alla peccatrice che
Anche nel movimento ecumenico le donne non sono « l’altra metà del cielo » ma solo una piccola fetta di un cielo ancora sovraffollato di uomini - Il nodo fondamentale dei ministeri
gli tmse i piedi, da Marta e
Maria con cui egli volentieri si
intratteneva a Maria Maddalena
prima testimone del Risorto.
Una ventina o poco più — il
15% del totale — erano le donne presenti a Bangalore come
membri di «Fede e Costituzione ». Non dimque « l’altra metà del cielo » ma solo una piccola fetta di im cielo ecumenico
ancora savrappopolato di uomini. Come la società, così anche la
chiesa, la teologia e lo stesso
movimento ecumenico sono dominati dagli uomini. Benché la
vita, la testimonianza e anche
la fede cristiana siano, oggi come ieri, in larga misura alimentate e fatte progredire dalle
dorme, pure esse hanno sempre
occupato e ancora occupano
nella chiesa ima posizione nettamente subalterna. In alcune
chiese (la cattolica e l’ortodossa
in particolare) le donne sono
— com’è noto — escluse dal sacerdozio, sono cioè vittime, su
questo punto, di un vero e proprio apartheid maschile nei loro confronti. C’è qui una grave
divisione interna a ogni chiesa
che è il frutto di secolari disuguaglianze e discriminazioni nei
confronti delle dorme e che impedisce una vera e piena comunione. Se il movimento ecumenico intende creare non soltanto
l’unità tra le chiese ma anche e
in primo luogo l’unità all’interno di ciascima comunità cristia
na, non potrà ignorare questa
divisione tutt’altro che secondaria. Un’unità cristiana che continui a consacrare il primato maschile anche nella chiesa e al
cui interno il sesso continui ad
essere un fattore di discriminazione non è l’unità per la quale preghiamo e lavoriamo.
La questione dei rapporti tra
uomini e dorme nella chiesa è
dunque imo degli aspetti non
minori dell’odiemo problema
ecumenico. A Bangalore la commissione « Fede e Costituzione »
se n’è occupata due volte, prima
nel quadro del discorso sulla
speranza e poi in quello della
riflessione sull’unità. Due documenti sono stati redatti da due
diversi gruppi di studio: il primo intitolato « Render conto della speranza — visto dalla parte
delle dorme »; il secondo « L’unità in un mondo diviso; la comunità tra uomini e donne nella
chiesa ». A questi documenti
(presentati all’assemblea plenària e da questa brevemente discussi) va aggiunto un fascicolo preparato a Ginevra dai responsabili del programma del
CEC sulla « Comunità tra uomini e dorme nella chiesa », diretto dalla pastoressa americana
Constance F. Parvey. Che cosa
emerge da tutto questo materiale?
Comunità infranta
Speranza e prudenza
2. Quali sono i sintomi più
vistosi della posizione subordinata della dorma nella chiesa? Sono sotto gli occhi di tutti: il
governo della chiesa, la sua
teologia e il suo culto sono nelle mani degli uomini. A questi
livelli la presenza delle donne
è minima, in qualche chiesa è
addirittura vietata.
Questa situazione anomala di
subordinazione e discriminazione della donna nella chiesa è
stata vivamente criticata a Bangalore. « Non si possono giustificare — dice un documento —
situazioni in cui la chiesa stessa sviluppa istituzioni, pratiche e una teologia che infliggono ulteriori oppressioni alle
dorme ».
ha l’impressione che la speranza espressa da questa dorma
africana sia anche quella prevalente in seno al movimento
ecumenico. Ma accanto a questa
speranza c’è anche molta prudenza, perché su questo punto
le resistenze da parte cattolica
e ortodossa sono molto forti.
Perciò nei documenti di Bangalore non c’è un pronunciamento esplicito a favore dell’accesso delle donne a tutti i ministeri della chiesa, c’è solo l’invito
alle chiese a studiare la questione in un confronto ecumenico
aperto. D’altra parte s’è citato
come « segno di speranza » la
conclusione raggiunta nel 1976
da una commissione pontificia
istituita da Paolo VI, in cui 12
membri su 17 (quindi con soli
5 voti contrari) hanno dichiarato che « se la Chiesa dovesse
aprire il sacerdozio alle donne,
questo non contraddirebbe le
intenzioni originali di Cristo ».
Femminismo mariano
3. Infine a Bangalore si sono udite le voci di molte donne cristiane che cominciano a
ripensare e riformulare la loro
fede e, in generale, il cristianesimo a partire dalla loro nuova coscienza femminile (o femminista). Iniziative in questo
senso sono già state prese soprattutto nelle chiese statunitensi. Ad esempio un’americana,
In questo contesto non è mancato — com’era prevedibile —
un tentativo cattolico di ricuperare la mariologia in chiave
di emancipazione femminile. In
uno dei documenti proposti all’esame della Commissione, la
teologa cattolica latino-americana Olga Alvarez afferma che «nel
Nuovo Testamento Maria è il
modello della Nuova Donna» e
che «il significato di'Maria come la Nuova Donna deve ancora
essere scoperto ». Il gruppo di
studio incaricato di esaminare,
insieme ad altri, anche questo
documento non si è lasciato suggestionare — grazie a Dio — da
queste speculazioni mariologiche
e dopo aver negato che Maria,
Paolo Ricca
{continua a pag. 10)
E ancora: « Dovremmo esaminare quelle pratiche che limitano la piena partecipazione delle
donne alla iòta della chiesa, con
l’intento di individuarvi le influenze straniere, non conformi
con lo spirito del Nuovo Testamento ».
INTERVISTA AL PROF. TEOFILO G. PONS
L’antica
Ma il nodo fondamentale di
questa limitazione è l’esclusione
della donna dal sacerdozio nella chiesa cattolica e in quelle
un popolo
sapienza di
montanaro
ortodosse e dal pastorato in quelle chiese che ancora non lo
consentono. C’è chi ha affermato che la divisione tra uomini e
donne nelle chiese è cosi più
grave ancora della divisione tra
le chiese. Cosa si può fare per
risanare questa ferita? Il primo
passo è senza dubbio di riconoscere alle donne il diritto di accedere a tutti i ministeri nella
, chiesa. È scandaloso che questo
non sia ancora avvenuto ed è
molto dubbio che possa avvenire a breve scadenza. Eppure non
mancano delle spinte in questo senso. A Bangalore una
donna africana, citando la parola di Gesù « La messe è grande ma pochi sono gli operai »,
commentava: « La chiesa sta
perdendo gran parte della messe per non voler utilizzare delle donne consacrate nel ministero. Spero che venga il giorno in cui tutto il popolo di
Dio sarà pienamente utilizzato
nel servizio del suo Regno ». Si
Ha 83 anni e, nelle Valli Vaidesi, ha vissuto in prima persona le trasformazioni del nostro
tempo. Adesso le ha anche documentate in un libro, che è appena arrivato in vetrina: « Vita
montanara e folklore nelle Valli
Valdesi » (1). Teofllo Giosuè Pons
(« le doyen des vaudois », come
10 chiama M. Pezet), che è stato
insegnante e anche preside del
Ginnasio-Liceo valdese di Torre
Penice, passa ancora le sue giornate allo scrittoio ad ordinare
11 vasto materiale che ha raccolto, per anni e anni, su ogni aspetto della vita montanara. Siamo
andati a trovarlo. Abbiamo parlato con lui di questa eccezionale raccolta di « vita vissuta »
in cui s’intrecciano le feste, ì
giochi, il lavoro, i proverbi, le
abitazioni, l’istruzione, la vita
religiosa, l’alimentazione...
— Me ne sono sempre occupato. Se volessimo fissare delle
date potrei dire che dal 1924,
quando entrai come insegnante
al Collegio Valdese, Collegio che
frequentai anche come allievo
dopo la Scuola Latina di Pomaretto, cominciai ad occuparmene
in modo più sistematico. Ma
già nel 1911, ricordo, che studente ginnasiale ebbi occasione, con
altri compagni della mia valle,
di assistere ad una serata del
XVII febbraio in cui si recitò
un monologo, in francese, dell’umorista Teodoro Revel, intitolato: « C’est généant, c’est très
généant, c’est trop généant I ».
Decidemmo subito di tradurre
quel pezzo teatrale in dialetto.
Da allora cominciai a tradurre
molte altre cose sino ad interessarmi ai costumi e alle usanze
locali.
di
— A quando risale il suo interesse per il folklore locale?
— Il libro, appena uscito, « Vita montanara e folklore nelle
Valli Valdesi », esattamente
cosa paria?
— Parla del lavoro faticoso
della gente di montagna nelle
singole stagioni. Lavoro che è
sconosciuto alla cultura italiana
e direi anche alla borghesia locale. Questo libro vuol anche
essere un omaggio alla mia gente, alla popolazione delle nostre
montagne. Nel valdismo c’è una
grande ricchezza di ricerche storiche ufficiali mentre manca l’altra storia, quella delle vicende
della vita quotidiana.
Aggiungo che dietro a queste
pagine c’è l’intenzione di iniziare a documentare aspetti di
storia valdese pressoché trascurati. Insomma; « de minimis
non curat pretor » (delle cose di
poco conto il pretore non si
occupa), non mi ritengo uno storico ma penso che anche le minime cose possono aiutare a
meglio chiarire le vicende del
nostro passato.
RADIO E TELEVISIONE
Il debito dei sequestrati
1. Emerge in primo luogo
la constatazione che anche nella
chiesa la comunità tra uomini
e donne è infranta e sembra
ancora lontano il tempo in cui
l’umanità maschile e quella femminile realizzeranno nella chiesa
una comunione degna di questo
nome. La chiesa, su questa come su altre questioni, non appare molto migliore della società in cui vive, in qualche caso persino peggiore. Comunque
non è, su questo punto, un modello per la società. «La società
in cui viviamo — dichiara uno
dei documenti di Bangalore —
ha perpetuato e istituzionalizzato la sottomissione delle donne in tutti i campi: sociale, politico, economico, religioso... Ma
la Chiesa non dovrebbe riflettere tutte le divisioni deUa società... Se essa non è in grado di
superare almeno in parte i mali
che aflliggono la società non
può essere il ’’sale” o la ”luce”
deUa terra ». Ma appunto; la
chiesa non brilla come luogo
in cui le donne sono più libere
che altrove o come comunità
all’avanguardia nel processo di
emancipazione femminile. La
stessa ricerca, finalmente avviata, di una « nuova comunità »
tra uomini e donne nella chiesa
è il riflesso dei movimenti laici
di liberazione della donna presenti nella società.
Ho sempre ammirato Maurizio Costanzo. Lo ritengo un ottimo giornalista, con una capacità eccezionale di costringeie
qualsiasi individuo a rivelarsi
anche negli aspietti più nascosti.
E tutto questo pacatamente, ma
con fermezza, ponendo domande difficili, delicate, talvolta dolorose, senza però mai mancare
di un profondo rispetto per l’essere umano in quanto tale,
chiunque si trovi davanti.
Mi ha particolarmente colpita
i! numero dell’Acquario, in cui
Costanzo ha posto a confronto
un giudice, un avvocato e due
vittime di sequestri: un padre
che non ha potuto racimolare la
somma richiesta dai malviventi
e non ha saputo più nulla sulla
sorte del figlio, e il figlio di ùn
personaggio politico che ha versato un miliardo per riaverlo.
Al di là della commozione per
il dignitoso dolore di quel padre, della rabbia per l’avidità vigliacca e crudele dei sequestratori e per l’inefficienza delle nostre strutture pubbliche che ci
lasciano indifesi davanti a questi criminali, due considerazioni
si impongono, mi pare, a tutti
noi.
Prima di tutto è verissimo che,
anche ma non solo in questi casi, ci sono dei privilegiati. Se i
magistrati milanesi hanno impedito a quel padre di aprire una
colletta per riscattare il figlio,
perché i magistrati napoletani
l’hanno invece permessa? È
inammissibile che non abbiamo
gli stessi diritti e doveri a Milano e a Napoli: se da una delle
due parti (secondo me a Napoli)
si è sbagliato, abbiamo il diritto di saperlo e di sapere quali
provvedimenti si sono presi perché il fatto non si ripeta.
Il figlio riscattato affermava
che suo padre non aveva brigato per ottenere questo risultato,
e io gli credo. Ma le persone conosciute, a qualsiasi livello e anche nel nostro piccolo mondo
quotidiano, non hanno di solito
bisogno di chiedere favori; c’è
sempre gente felice di offrirglieli spontaneamente. Non si sa
mai, è utile farsi dei meriti con
persone di cui potremmo aver
bisogno. Chi di noi ha saputo in
ogni occasione resistere alla duplice tentazione di essere più
gentili con alcuni che con altri,
e di accettare le gentilezze altrui, anche quando costituiscono
un privilegio ingiusto?
E poi mi domando se il figlio
intervistato l’altro giorno e tutti
gli altri che sono stati liberati
alle medesime condizioni si rendono conto del grosso debito
che loro e le loro famiglie hanno contratto, non tanto con chi
li ha aiutati a trovare i soldi necessari, ma con ognuno di noi,
in Italia e fuori. Da un lato hanno fornito somme enormi a criminali pericolosi e spietati, che
probabilmente se ne serviranno
per fqre altro male, e son diventati complici dei loro nemici,
rendendo sempre più redditizia
l’industria dei rapimenti e mettendo in pericolo non solo chi
per le sue ricchezze può attirare
l’interesse dei rapitori, ma qualsiasi povero diavolo che potrà
beccarsi una pallottola vagante
in una delle sparatorie che spesso accompagnano queste vicende. Dall’altro — e questo è il fatto più grave — con la loro resa
hanno contribuito allo sgretolamento di qualsiasi forma di pacifica convivenza. Che cosa sapranno fare per dimostrare che
i soldi del riscatto sono stati
spesi bene e che, tirando le
somme, la loro vita non è costata agli altri molto più di quel
che valeva? Non è convincente
il discorso, ripetuto tante volte
specie dopo il caso Moro, sulla
sacralità della vita. Se una vita
è sacra, lo sono tutte, e non se
ne devono rischiare troppe altre
per salvare la propria. ()erto non
mi sento di giudicare, e tanto
meno di condannare, chi sacrifica i propri soldi per riavere una
persona cara. Nessuno può sapere che cosa farebbe se si trovasse a vivere un dramma simile.
Tuttavia non mi sento di accettare il principio che ognuno ha
il diritto in ogni caso di salvare
la sua pelle e quella dei suoi cari: gli altri si arrangino.
— Mi sembra che oggi, anche
suUa scia del «Mondo dei vinti»
di Nuto Revelli, è sorto un interesse nuovo per il folklore che
si accompagna a nuove ricerche
ed analisi. Il suo libro s’inserisce in questa linea?
— Non esattamente poiché il
mio libro contiene materiale
che ho pazientemente raccolto in
un lungo periodo di tempo. Non
ho avuto fretta. La mia modesta
opera più che un’analisi è la fotografia di come si viveva, soprattutto in montagna, sino al
primo quarto del nostro secolo.
Questa ricostruzione vuol indicare alla nostra gente, ormai
per lo più lontana dalle sue terre, le radici della propria origine che nessuno di noi ha motivo di dimenticare o vergognarsene. In altre parole ho inteso
rendere un servizio nella ricostruzione di un’identità che, nella nostra popolazione, si sta sfocando.
— Con questo libro considera
quindi completato il suo lavoro?
— Ancora no. In questo primo
volume è esposta soprattutto
la parte concernente le attività
agricolo-pastorali nel loro ambiente domestico. Ma c’è tutta
un’altra parte, che dovrà completare prossimamente l’attuale
volume, riguardante le tradizioni popolari che costituiscono
la cultura di un popolo montanaro che da sette secoli, attraverso il lavoro di generazioni,
ha dissodato e continuato a lavorare il terreno su cui si era
stabilito.
(Intervista a cura di
G. Platone).
Marcella Gay
(1) Teofilo G. Pons, Vita montanara e folklore nelle Valli Valdesi,
pp, 280, 70 ¡11.« 56 disegni, Claudiana,
die. 1978, L. 8.000.
5
22 dicembre 1978
RAPPORTI TRA STATO E CHIESE IN PARLAMENTO
Concordato :
la revisione avanza
Al termine di un dibattito di
due giorni, il Senato, il 7 dicembre, ha invitato il Governo « a
tenere nel massimo conto le osservazioni, le proposte ed i rilievi emersi nel corso della discussione, particolarmente in relazione a taluni aspetti della legislazione matrimoniale, alla definizione della commissione paritetica per gli enti ecclesiastici,
all’insegnamento della religione
nelle scuole, tenendo debitamente informati delle trattative i
presidenti dei gruppi parlamentari », ed ha concluso il suo voto precisando che « esistono le
condizioni per entrare nella fase conclusiva del negoziato » da
tempo avviato per pervenire alla revisione del concordato del
1929. Bisogna pertanto prendere
atto che dopo due anni e mezzo
dall’inizio concreto della trattativa, se la corsa per la revisione
non è ancora finita, sembra tuttavia che si stia imboccando il
rettifilo di arrivo.
Nel Corso del dibattito comunisti, socialisti e repubblicani
hanno grosso modo tenuto il
medesimo discorso, ribadendo
ciascuno il suo punto di vista:
il testo di questa terza bozza è
certo migliore dei due precedenti, ma vi sono ancora molti punti da rivedere, tanto più che la
disciplina preventivata per talune questioni prioritarie come
il matrimonio e la sua giurisdizione, la scuola e l'insegnamento della religione, non è ancora
soddisfacente; ed il rinvio di
quella relativa agli enti ed i beni ecclesiastici, non appare abbastanza impegnativo. L’unisono
di questi interventi traspare anche dalla mozione conclusiva approvata dal Senato. Tutti convengono che la revisione è già
a buon punto, solo Lelio Basso
ha chiaramente manifestato il
suo dissenso dichiarandosi per
la « abrogazione ». I cattolici della DC si sono limitati ad un esame tecnico di taluni punti; quelli della sinistra hanno più che
altro ribadito quale, a loro avviso, avrebbe dovuto essere l’indirizzo della Chiesa romana in
una trattativa del genere.
Non è certo il caso di addentrarsi qui in un esame delle varie argomentazioni addotte nel
corso del dibattito a sostegno
delle diverse tesi. Si può tuttavia tentare una sintesi fissando
qualche punto.
Maggiore
consapevolezza
PROTESTANTESIMO
Lunedì 25 dicembre, ore
22,45 circa
Quattro volti di Gesù
In occasione del Natale
la scelta della rubrica è di
parlare non del bambinello che nasce ma dei quattro volti di Gesù. La trasmissione, curata da Aldo
Comba, sarà accompagnata da letture bibliche.
più vasto. La revisione concordataria è risultata quindi inquadrata nel problema globale dei
rapporti tra Stato e Chiese (al
plurale).
In questi termini, si può
dire, va impostandosi la politica
ecclesiastica nel nostro paese. L
logico attendersi che vada in
conseguenza formandosi una
nuova mentalità non più bigotta
e codina, ma di vedute più larghe, più matura, più costruttiva.
V’è già un respiro più ampio, vi
sono maggiori comprensioni che
consentono valutazioni più equilibrate dei singoli argomenti da
trattare, perché no, anche su di
una base comparativa. Questo è
indubbiamente un passo notevole nella maturazione politica
di un tema che viene finalmente
ad assumere la dimensione che
gli è propria.
Articoli 7 e 8
2) Ne è risultato di conseguenza un certo appiattimento del
contenuto dell'art. 7 su quello
dell’art. 8 della Costituzione.
Contenuto questo, più globale di
quello della norma che lo precede. In definitiva se, come ha
ricordato anche Ton.le Andreotti, il progetto di revisione che si
sta elaborando, si avvia verso lo
schema di un concordato quadro, il ricorso all’istituto dell’intesa per procedere in seguito alla sistemazione delle singole partite, appare inevitabile. E non
bisogna dimenticare che su questo terreno v’è oramai un precedenté concreto che, se non può
fare testo per tutti col suo contenuto, tuttavia non è da escludere possa produrre un processo di osmosi da una trattativa
all’altra. Qualche spunto in proposito lo si è notato anche nel
corso del dibattito.
sono. Il nuovo testo è un complesso di emendainenti al precedente, che si ritiene siano accettabili dall’altra parte, anche sè
magari v’è già di fatto un assenso su ciascuno dei vari articoli.
Questa tecnica consente indubbiamente maggiore elasticità e
si presta meglio al sistema di
procedura adottato; a quella
parlamentarizzazione cioè della
trattativa che oramai è in atto
e su cui il Senato ha nuovamente insistito. È quindi certo che
si avrà almeno ancora un altro
giro di consultazioni in sede parlamentare prima di pervenire
alla stesura di un testo che possa essere considerato definitivo
e su cui il governo possa ottenere il via libera da parte delle
Camere per procedere alla firma
e quindi alla ratifica del nuovo
protocollo concordatario. La via,
se non sembra più tanto lunga,
resta tuttavia aperta ad ogni soluzione. Tutto è ancora possibile, non esclusa la rottura di fronte ad eventuali irrigidimenti nell’atteggiamento vaticano. Il papa polacco non ha lasciato trapelare nulla di quello che può
essere il suo convincimento circa la conclusione e la portata di
un nuovo concordato con la Repubblica italiana. Per ora si è
adoperato soltanto a raccogliere
il consenso della popolazione
cattolica della sua diocesi romana polarizzandolo sulla sua persona, come si addice ad un vescovo. La situazione di questa
trattativa pùò quindi nascondere delle sorprese, certamente
qualche incognita.
PROTESTANTESIMO IN TV
Protestantesimo dell’11 dicembre
ha presentato alcune comunità
della diaspora toscana e del Lazio: Barga, Empoli e Rocca di Papa. Nella Bibbia con diaspora o
dispersione si intende la dispersione appunto del popolo di israeie in terra straniera. Anche la
chiesa cristiana primitiva nasce e
si sviluppa in una situazione di
diaspora; tante piccole comunità
disseminate nel territorio deli impero romano. Ora noi con questo
termine indichiamo tutti quei piccoli gruppi e comunità evangeliche
che vivono accanto alle chiese più
compaesani. Questo mondo contadino insieme agli altri è stato sottoposto a dure prove di penuria:
la più grande all’inizio del 900 arginata con l’emigrazione di moiti
contadini in America, la più recente nell’ultimo dopoguerra che ha
provocato un decisivo spopolamento della montagna.
Alcuni membri di questa diaspora, a causa dei disagi ambientali
ed economici, si sono trasferiti a
Barga centro. Gli evangelici rimasti
in montagna hanno dovuto lottare
per ottenere strade ed energia
elettrica.
Diaspora
grandi, e che vivono la loro fede
evangelica in un ambiente che nel
passato è stato loro sovente ostile. Nonostante l’esiguità del numero dei loro membri, questi gruppi cercano di testimoniare con
coerenza il messaggio evangelico
ricevuto.
Queste diaspore hanno avuto
origini differenti, alcune sono nate
dalla predicazione di singoli, altre
dalle emigrazioni di alcuni nuclei
familiari. L’attenzione è caduta in
particolare sulla piccola comunità
che si trova in una frazione montana di Barga In Toscana.
Questi contadini deH’Appennino
toscano sono stati a lungo intervistati e hanno saputo esporre con
chiarezza e convinzione la loro origine e la loro storia fino ai giorni
nostri. La piccola comunità di
Barga è nata dalla predicazione
di uno 0 più emigranti venuti a conoscenza, in America, del messaggio evangelico e che, una volta rimpatriati, hanno Iniziato ad
evangelizzare i propri familiari e
Dalle interviste fatte a questi
fratelli si può dedurre che abbiano
dovuto superare notevoli difficoltà
per trovare un lavoro, difficoltà aggravate naturalmente dall’appartenenza ad una religione diversa
dalla cattolica e da scelte politiche non conformiste. Non sono
mancati nelle interviste fatte ricordi di episodi grotteschi di razzismo religioso.
La testimonianza che essi danno
nel loro ambiente si concretizza,
al di là delle parole, in un atteggiamento di concreta solidarietà e
fraternità nei confronti del loro
prossimo.
La realtà della diaspora è più
viva ohe mai, non soltarito perché
molte chiese evangeliche hanno
avuto origine da una situazione
di diaspora, ma perché essa è
l’espressione concreta del messaggio della Parola che non rimane
chiuso in una chiesa ma viene
portato anche all’esterno.
CARLA NEGRI ADAMO
LA SCOMPARSA DI UN AMICO: LELIO BASSO
Probabile conclusione
Maggiore prudenza
3) Certamente sul piano delle
procedure ci si è incamminati su
di una via di maggior prudenza
ed i risultati sembra non verranno a mancare. La terza bozza, ora esaminata dal Senato,
non è stata presentata come un
testo firmato tra le parti, come
una specie di progetto già concluso, come fu la prima bozza discussa alla Camera due anni or
4) A meno di una grave crisi
di governo o di, qualche altro
imprevisto sul piano politico italiano, è però assai probabile che
si pervenga ad una conclusione
nel corso del 1919. È anche molto probabile che di conseguenza
anche l’intesa tra la Repubblica
italiana e le Chiese valdesi e metodiste, si concluda in questo giro di tempo. Il problema è oramai visto ed avvertito nella sua
globalità, non sembra quindi logico né producente sul piano
della politica ecclesiastica del
paese, che si proceda fuori di
un certo qual parallelismo.
Un
tra
indipendente
gli indipendenti
Giorgio Peyrot
16 dicembre: è morto a Roma
Lelio Basso. Il giorno prima aveva avuto un malore al Senato,
trasportato all’ospedale sembrava dovesse riprendersi dato che
aveva chiesto dei libri; poi il
collasso alle prime luci del 16
dicembre, giorno fissato per una
cerimonia in Campidoglio per
offrirgli un volume in omaggio
del suo 75.mo anniversario. La
cerimonia ebbe luogo ugualmente ma in un’atmosfera ben diversa.
Lo vogliamo ricordare anche
noi, nel nostro piccolo ambiente
protestante al quale è sempre
1) Se la politica è l’arte — o
la scienza — di rendere possibili
le cose che si stimano necessarie, un passo avanti è stato certamente fatto nel corso di questa verifica della trattativa operata in Senato. Si deve constatare infatti una crescita di sviluppo nella consapevolezza delle
cose. Né il Presidente del Consiglio, né alcuno tra gli oratori ha
impostato il suo dire nei termini ristretti a cui si era abituati
concentrando il dibattito sul tema dell’incontro di vertice tra
Stato e S. Sede; né sono emersi
travisamenti di marca confessionale o ideologica circa i risultati da conseguire. Si è raccolta
l’impressione che si stia uscendo da un vecchio provincialismo
tipicamente italiano e cattolico
(l’Europa è già più vicina...!) per
cui il tema è stato trattato da
un angolo visuale più aperto e
Ancora polemiche
sutrassegnazione di fondi
del CEC al Fronte Popolare
dello Zimbabwe
Continuano nel mondo ecumenico le discussioni, anche molto
vivaci, sull’assegnazione di fondi da parte del Pondo Speciale
per la lotta al razzismo del Consiglio Ecumenico delle Chiese
(CEC) a favore del movimento
di liberazione « Fronte Popolare» dello Zimbabwe (Rhodesia).
Da un lato non mancano le
critiche aH’atteggiamento del
CEC e dall’altra le reazioni a
queste critiche sono anch’esse
numerose.
Tra le prime ricordiamo l’atteggiamento di netta riserva
dell’Esercito della Salvezza, della Federazione delle Chiese Protestanti della Svizzera e di molti ambienti soprattutto di tendenza fondamentalista. È evidente che nelle valutazioni di
questa decisione del CEC hanno
una parte considerevole le diverse impostazioni politiche di fondo che soggiacciono alle varie
chiese o movimenti, ma anche
la diversa maniera di concepire
l’impegno cristiano per la liberazione dell’uomo.
In questi ultimi tempi è però
apparso un documento che è
senza dubbio meritevole di attenta considerazione. La Commissione della chiesa cattolica
rhodesiana « Giustizia e Pace »
ha infatti pubblicato una dichiarazione assai severa e critica
nei confronti dei due movimenti di liberazione che da qualche
¡echi dal mondo cristiano,
a cura di BRUNO BELLION
tempo hanno accettato di formare un governo di transizione
per guidare gradualmente il
paese dalla situazione attuale
di colonialismo accentuato a im
nuovo modo di vivere, in cui la
minoranza bianca e la maggioranza nera possano convivere e
condividere le responsabilità della guida del paese, in vista non
di interessi dell’ima o dell’altra parte, ma dell’insieme della regione. Secondo « Giustizia
e Pace » i tentativi messi in opera dal governo di transizione
(formato di bianchi e di neri)
sono « troppo timidi » e certamente « tardivi », per cui non
costituiscono una risposta efficace ai gravi problemi ohe tormentano il paese.
In particolare viene sottolineato che finora nessun miglioramento si è avuto nella situazione di grave discriminazione razziale avvertita a tutti i livelli, in
particolare nel fatto che il mondo economico continua ad essere precluso ai neri.
Il documento conclude con un
invito a che il governo di transizione operi passi concreti verso im superamento di tale situazione, in particolare accettan
alla quale possano partecipare
con pari diritti tutti 1 rappresentanti dei movimenti di liberazione e dei bianchi. Solo questa iniziativa potrà portare al
superamento della guerra civile
che si sta manifestando ormai
da troppo tempo nel paese.
Se normalmente «Giustizia e
Pace » ha atteggiamenti certo
progressisti, rimane pur sempre
una fonte attendibile di informazione. E se la valutazione che essa dà delle condizioni della
Rhodesia sono esatte, indirettamente la decisione del CEC viene a ricevere un appoggio sostanziale.
Su un terreno completamente
diverso, anche se con critiche
assai accese, il Consiglio di Presidenza della Chiesa Evangelica
in Germania ha invitato tutte le
chiese membro a non staccarsi
dal CEC per questa iniziativa
discussa. Secondo le affermazioni di questo organismo, il CEC
rimane un luogo importante in
cui è possibile svolgere un vero dialogo ecumenico. Staccarsi dal CEC significherebbe isolarsi dal resto del mondo cristiano e di conseguenza mancare
ad una precisa vocazione di te
do Tipotesi di una conferenzastimonianza nel tempo presente.
stato legato, fin dai giorni della
sua attiva collaborazione alla rivista ’Conscientia’ diretta da
Giuseppe Gangale. E i suoi contatti hanno proseguito nelle diverse circostanze storiche, specialmente con il nostro ambiente milanese, ove aveva molte
amicizie e con Agape, sin dagli
anni ’50.
Anche ai funerali, come su tutta la stampa, è stata ricordata
la sua natura indipendente sia
nella ricerca di una via nuova
al socialismo sia nella prassi
quotidiana delle sue lotte. Il suo
ultimo intervento in Senato è
stato per l’abrogazione del Concordato, tesi purtroppo sostenuta da pochi. La sua onestà di
ricercatore, ed il suo impegno
per i diritti umani gli hanno accattivato le simpatie di tutte le
forze democratiche, malgrado il
suo carattere sempre contestatario. Ognuno ha riconosciuto in
lui il combattente per la libertà
degli individui e dei popoli come
è apparso chiaro nell’ultimo saluto dei rappresentanti dei partiti dinanzi alla sua bara. In
quest’opera era infaticabile e ha,
certamente, abusato delle sue
forze. All’inizio di novembre era
in Brasile e alla fine dello stesso mese in 'Giappone, a Tokio,,
dove sono stato con lui per l’ultima volta. Il suo contributo alla politica italiana, con un’etica
che oserei dire protestante, risale al 1921 quando era studente
alla facoltà di legge dell’Università di Pavia. Poi coraggioso oppositore del fascismo, confinato
politico, partigiano, membro dell’Assemblea Costituente, irrequieto e dinamico membro di
partiti socialisti ove sempre ha
esercitato la sua critica costruttiva e di ricerca. In fondo non
poteva mai essere incasellato in
uno schema e si deve dare atto
al P.C.I. se questo partito, perché non fosse persa una voce
cosi importante nel Parlamento,
gli ha offerto un posto nelle sue
liste come indipendente di sinistra, ma anche fra noi indipendenti è stato ancora xm indipendente. Ora è morto ma lascia
un’eredità di pensiero che sarà
argomento di studio e di stimolo per più generazioni, non solo
in Italia ma nel mondo, del quale prima di tutto era cittadino.
Tullio Vinay
6
22 dicembre 1978
LA FEDERAZIONE FEMMINILE VALDESE INVITA LE CHIESE A RIFLETTERE SUL SENSO DEL NATALE
PER VIVERE L’EVANGELO TUTTO L’ANNO
LA FESTA DI NATALE E’ AIUTO|0
IMPEDIMENTO? NECESSITA’ DI UN DIBATTITO
Raccogliere il materiale per
una pagina sul Natale come era
visto un tempo nelle nostre comunità e come è visto oggi, è
un’esperienza senza dubbio interessante. Chiedere infatti ai bambini, agli adulti, agli anziani quali sono i loro ricordi, le loro opinioni, le emozioni in proposito
offre una larga messe di spunti
per la riflessione.
Anzitutto i ricordi e le sensazioni sono assai diversi a seconda dell’età, del tipo di comunità,
dell’ambiente in cui vivono le
persone. Ad esempio in alcune
comunità anche un certo numero di cattolici partecipava o meglio assisteva alle « Feste dell’albero ». Come per molti dei nostri anche per loro, molti anni
or sono, era quella l’unica occasione in cui ricevevano un’arancia, un dolce, un regalo. E a questi cattolici il ricordo è rimasto:
un bel momento di allegria di
cui ancora adesso si è riconoscenti agli evangelici.
Per molti la festa era « bellissima», «una fiaba», «un momento magico » « si stava tutti insieme, al caldo », « si cantava ». Per
altri si ricordano i momenti meno fiabeschi ma più pràtici: il reperimento dell’albero, gli ornamenti che si rompevano, la preparazione delle recite e dei canti (momenti non sempre facili ’
da superare con i giovani... attori un po’ indocili o magari un
po’ lenti) l’ansia al momento culminante perché tutto andasse bene in modo che il giudizio della
comunità fosse positivo.
Insomma da parte di alóuni
molto lavoro, molto impegno,
molte ore messe a disposizione,
da parte di altri la gioia di stare
insieme, la commozione o l’orgoglio di veder recitare i propri
figli, nipoti ecc.
Ma, ci vien fatto di chiederci,
cosa c’era di valido in queste feste, se è rimasto solo negli occhi
il luccichio dell’albero o nelle
orecchie la melodia di « Sotto
splendido stellato ». Certo, i bei
ricordi non son da disprezzare o
da buttare e tutti ripensiamo volentieri a una strada innevata,
alla chiesa illuminata, al caldo
e al profumo delle arance e ci rivediamo con tenerezza bambini
piangenti di fronte al pubblico,
pur così indulgente, nel tentativo di spiccicare una poesia. Ma
è solo questo che è rimasto? E’
solo questo il significato di una
festa comunitaria per il Natale?
E un’altra cosa ci chiediamo
rileggendo certi testi che si recitavano nelle varie feste, in tutte
o quasi tutte le comunità, qual
era il messaggio che veniva dato.
Abbondano infatti ornamenti dell’albero di Natale che parlano,
bimbi poveri e bimbi ricchi, angioletti di tutte le misure, animali vari, pastori di tutti i tipi,
persino sordi o balbuzienti, il
vento, la neve, le stelle e altro ancora.
Negli ultimi anni, è vero, i testi sono stati in magpioranz.a presi dall’Antico e dal Nuovo Testamento, letti, drammatizzati, mimati e, a volte, nel limite del
possibile, attualizzati. Tuttavia
questa forma di « recite » non
sempre è piaciuta, spes.so è stata
ritenuta rivoluzionaria o nel peggiore dei casi, noiosa.
Certo nelle nostre feste dell’albero si è praticamente fatto
di tutto: dalla recita oUncentesca fantastica e fantasiosa alV albero di natale contestato
alla lettura politicizzata o attualizzata dei testi biblici. E adesso
a poco a poco non si fa più nulla!
Man mano nelle comunità, .soprattutto nelle più piccole la festa di Natale sparisce o se rimane non coinvolge più tutta la co
LIVORNO
Un Natale d’altri tempi
in Istituto.
L’albero é grande,
ma gli occhi son . tristi.
munità ina sólo i banìbini più
piccoli, i loro genitori, qualche
persona anziana se è in grado di
parteciparvi.
I giovani non ci sono, salvo i
monitori. Gli adulti sono assenti
o, peggio ancora, arrivano 'in ritardo, per il bazar, quando c’è,
« tanto è una festa per i bambini ». Sono poi quegli stessi adulti che riempiono « una tantum »
la chiesa a Natale: i natalini insomma, razza un po’ più numerosa dei pasqualini.
Questa pagina che la Federazione Femminile Valdese ha curato, può forse per alcuni avere
un sapore un po’ polemico ma
non è così.
Interrogarsi sulla festa di Natale nelle nostre comunità non è
solo soffermarsi un momento su
un aspetto marginale di queste
ma rivedere tutto il nostro atteggiamento su molti aspetti della
nostra vita.
Si dice spesso: criticando le
« feste dell’albero » o eliminandole non abbiamo dato nulla in
cambio ai bambini. Ma chiediamoci perché dare qualcosa ai
bambini solo a Natale e non durante tutto il resto dell’anno, dato che, lo si voglia o no, la Scuola domenicale non viene certo intesa come una questione vitale
da tutta la comunità. E se la festa era o è per i bambini per
quale ragione la più grossa (e
non sempre divertente) fatica
l’hanno sempre fatta loro? E ancora: ai bambini quasi dappertutto non si fa più il famoso regalo anzi si insegna loro a dare
il superfluo ai più emarginati,
ma perché solo a Natale?
Alla F.F.V. sembrerebbe di
non aver fatto un lavoro inutile
se questa pagina potesse servire
per iniziare un dibattito sul Natale nelle comunità. Gli articoli
che sono stati raccolti sono testimonianze diverse di realtà diverse; in cui alcuni si potranno ritrovare altri no. Aspettiamo tuttavia che tutti o quasi, riflettano
sull’argomento, non solo perché
siamo nel mese di dicembre.
M. C.
LA SPEZIA
Quale Natale?
Abeti o pini illuminati da
candeline multicolori, angeli con
trombe e spartiti musicali, palline variopinte, pigne e pupazzetti vari faranno tra poco bella
mostra nelle nostre case e metteranno tanto calore nei cuori.
Si dice che il tutto si fa per
i bambini perché non scompaia
quel poco che del Natale ancora
rimane. Baci, abbracci, scambio
di regali, cartoline e telefonate
a chi è lontano e che non si
vede da mesi o anni. Ci si sente
quasi felici e, per una volta all’anno, si scacciano pensieri tristi.
Perché è festa e tutto solletica
il sentimento per un momento
di gioia e di abbraccio universale. Si tira fuori dalla libreria
una Bibbia e un innario. Lo scenario è completo per rivivere i
momenti magici della Natività.
Si creda o non si creda, il
Natale è ricordato e ancora può
definirsi la festa più grande dell’anno.
Le nostre chiese tirano fuori
per quel giorno le tovaglie più
belle per la S. Cena, si cantano
gli inni d’occasione, la liturgia
è, come sempre, più solenne. I
partecipanti al culto sono numerosi e la colletta pingue.
Gli anziani sono felici perché
tutti i posti a sedere sono occu
pati e il coro li riporta ai tempi lontani in cui non solo al
mattino, ma al pomeriggio e
fino al sei gennaio era sempre un
ritrovarsi insieme fino alla festa dell’albero con la recita e
la distribuzione di pacchi-dono
sia aH’interno della comunità
che fuori. L’incanto ora dura
poco, al massimo due ore, perché la domenica successiva ci si
ritroverà in numero sparuto.
Le giustificazioni sono varie. I
giovani non sentono il bisogno
di giustificarsi in quanto nel
tutto vedono, per lo più, una finzione e tanta ipocrisia. Vuol forse ciò significare che si è un
po’ tutti d’accordo che non è
più il caso di solennizzare un
giorno dell’anno che è stato preso, per effetto di una politica
cristianizzatrice, a ricordo della
nascita di Gesù di Nazareth?
Purtroppo si è rimasti attaccati
a questo rituale che viene ripetuto ogni anno nelle nostre chiese e case con la stessa solennità e grosso modo con gli stessi
moduli teologico-folcloristici.
Ci sarebbe da augurare che
il meglio del Natale venga salvato, che lo spirito fraterno di
quel giorno, senza più i veicoli
sentimentali, ci unisca tutti i
giorni dell’anno e che il ricordo
degli ammalati e dei carcerati
non serva a mettere in pace la
nostra coscienza come un bagno
purificatore che ci avvicina e
ci rende più accetti a Dio.
Se c’è scetticismo o noncuranza per il rituale natalizio — almeno in alcuni settori della società — è perché la festa interrompe per un attimo il ruolino
di marcia della vita nella quale
sono assenti i temi della fede,
della predicazione e della testimonianza.
Ritrovarsi in un caldo pomeriggio d’estate per parlare, danzare o giocare sulla giostra o a
bocce con un gruppo di ammalati dell’ospedale psichiatrico,
oppure per disegnare, cantare o
tentare un colloquio in uno di
quei grandi cameroni dalle pareti bianche e squallide, ha forse nulla da invidiare ad una
bella festa che si svolge nel salone della chiesa?
Si tratta allora di recuperare
le tradizioni di fraternità e di tradurle attualizzandole in ogni
giorno della nostra vita? Potrebbe essere una linea di azione e
di ricerca. Forse in quel giorno
che chiamiamo Natale la nostra
chiesa non avrà né porta, né
mura e neppure un soffitto.
Carmelina Bozza
La nostra
rinascita
in Cristo
Durante una riunione di gestione dell’asilo l’anno scorso di quest’epoca si stava decidendo il programma natalizio; in coerenza con
la laicità della scuola la festa non
doveva aver un carattere religioso. Ora siamo di nuovo a Natale
e la grossa preoccupazione di questi giorni è come spendere la tredicesima (il problema dei regali
ci assilla);- poi a tutto il resto si
aggiunge quest’anno il problema
di partecipare al culto di domenica 24 o al culto natalizio.
Ma cosa è rimasto del Natale,
del vecchio buon Natale di altri
tempi? Per rispondere a questa
domanda ho voluto intervistare alcune persone di diversa età.
I meno giovani ricordano con
tristezza i vecchi natali in cui ci
si riuniva intorno all’albero, si
leggeva nella Bibbia il racconto
di Natale, si pregava e si cantava
gli inni sacri.
1 giovani non si sono pronunciati molto; l’unica risposta non
era molto confortante: « i giovani non sentono più il Natale! ».
I bimbi mi hanno parlato di luci, di regali: « saremo tutti riuniti, ci saranno gli zii e i cugini »,
« guarderemo i nuovi giocattoli ».
E se tutto questo sparisse? « Beh,
certo sarebbe sempre Natale, perché ci si ricorda della nascita di
Gesù, ma sarebbe molto triste »
mi ha risposto uno dei più grandicelli.
II Natale, diventando predominio di tutti, cristiani e non cristiani, ha allontanato il credente dal
vero significato, non per sua cattiva volontà, ma perché non abbiamo più tempo di pensare. Le
luci che fra un po’ ci circonderanno, la pubblicità, la necessità di
non far brutta figura verso gli altri ci prende tutti nello stesso vortice. Bisogna correre, bisogna
spendere. Ma fermiamoci un momento e ritorniamo al Natale dei
dolci fatti in casa e dei culti familiari. Troviamoci insieme ai nostri fratelli e rileggiamo insieme
il racconto di Natale. Ci sarà facile riscoprire che non si festeggia solamente la nascita di
Gesù, ma anche la nostra rinascita in Cristo.
Lidia Ribet Noffke
Auguri
A tutti 1 lettori, a quelli ohe conosciamo e ai
molti che non conosciamo ma ai quali ci sentiamo legati da un
uguale vincolo di fraternità, auguriamo un
Natale benedetto dal
Signore.
Il prossimo numero, il
primo del 1979, porterà la data del 5 gennaio e conterrà l’indice del 1978.
7
22 dicembre 1978
VENEZIA
IL NATALE IN UNA COMUNITÀ’
ATTRAVERSO I TEMPI
NELLE RISPOSTE DEI GIOVANI
Cronistoria
di una festa
La cronistoria della Festa di
Natale nella Comunità Valdese di
Venezia non avrebbe molto interesse, se non fosse che l’evoluzione che ha subito negli ultimi settant'anni, quale risulta da una
piccola inchiesta fra persone della chiesa di tutte le età, è probabilmente comune nei tratti principali a gran parte delle nostre comunità.
Fino alla prima guerra mondiale all’incirca, la festa aveva luogo
nel salone dell’attuale foresteria,
che i ragazzi raggiungevano solennemente in corteo, cantando
l’inno « Marciamo fratelli ». Il salone era decorato, e c’era un albe
ro altissimo. La festa durava almeno un paio d’ore, composta di
recite, poesie, canti, quadri viventi; talvolta partecipavano anche gli adulti, soprattutto per le
letture. Vi prendevano parte anche gli ospiti del collegio metodista. 11 pubblico era numerosissimo, compresi parecchi ospiti cattolici. Ai bambini venivano dati
un cartoccio di frutta e dolci e un
giocattolino; c’era però una discriminazione che oggi viene stigmatizzata: per i bambini « poveri » il giocattolo era sostituito da
un taglio di tela.
Il regalo « utile » viene abolito nel primo dopoguerra; là festa
La Scuola domenicale di una piccola comunità impegnata nella
festa di Natale.
si sposta nella chiesa al pianterreno, ma rimane sostanzialmente invariata; talvolta alle recite e poesie natalizie si affiancano quelle
« classiche » (p. es. Pascoli), e
perfino di genere patriottico. C’è
sempre una notevole partecipazione della comunità e di ospiti
esterni. Via via la frutta viene sostituita da caramelle, che vengono
offerte anche ai bambini ospiti, e
i giocattolini di latta da libri.
Niente di nuovo neppure durante la seconda guerra mondiale
e fino agli anni ’60 circa; le recite in costumi rimediati alla meglio hanno sempre la parte principale, ihsieme ' agli inni e alle
poesie dei più piccoli.
I cambiamenti avvengono tutti negli ultimi quindici anni: i
costumi sono eliminati, le recite
via via sostituite da drammatizzazioni e letture bibliche. La Chiesa si è sdoppiata con vari trasferimenti che hanno dato inizio alla Comunità di Mestre, così ora
la festa di Natale raccoglie due
Scuole Domenicali; e con l’integrazione valdo-metodista viene a
interessare le due comunità; tuttavia la partecipazione degli adulti è alquanto diminuita, tanto che
si tiene nei locali sociali. Si elimina il Sacchetto di caramelle (i
bambini hanno dolci in abbondanza) e si sostituisce con una
merenda in comune, a cui partecipano i bambini cattolici intervenuti. Poi vengono eliminati i regali, e il ricavato della sottoscrizione viene mandato a qualche
istituto evangelico. Si elimina anche l’albero, che alcuni considerano un simbolo pagano; la « festa
dell’ albero di Natale » diventa
semplicemente « festa di Natale ».
Indagine tra i membri
della comunità
A parte i fatti esteriori, tre sono le differenze essenziali nello
svolgimento della festa fra oggi e
qualche decennio fa, e solo una
va a favore di oggi: cioè la maggiore aderenza al testo biblico
(letture e riflessioni piuttosto che
recite con angeli e pastori); ma
mentre una volta la festa coinvolgeva l'intera comunità, ora sembra interessare esclusivamente
scuole domenicali, genitori e nonni; non solo, ma mentre una volta
era un’occasione di apertura verso l’esterno, è ora un ripiegarsi
della comunità su se stessa.
Delle 24 persone interrogate
(dai 7 agli 81 anni), solo due hanno della festa di Natale un ricordo totalmente negativo, e una parzialmente negativo: gli altri hanno espresso impressioni positive.
In particolare, per i più anziani
significava, oltre che una festa
comunitaria molto sentita, l’unico regalo e una rara occasione di
divertimento. Per i più giovani —
dai bambini di adesso a quelli che
erano bambini nell’ultimo dopo
guerra — che hanno maggiori occasioni di divertimento, la festa
è meno attesa, ma rimane comunque la buona impressione della
compagnia degli altri bambini e
dell’incontro con la comunità. Ma
che cosa resta ai bambini del messaggio biblico, dell’Evangelo, « il
buon annunzio di una grande allegrezza che tutto il popolo
avrà »? Il ricordo di un regalo,
di una festa, la compagnia, la merenda, le risate non bastano.
Ogni tanto si sente la proposta
di abolire del tutto la festa di Natale: in fondo, si dice, la chiesa
primitiva non festeggiava la nascita, ma la resurrezione di Cristo;
il Natale è ormai una festa quasi
pagana, un’occasione di consumismo; la festa della comunità è
un compromesso. Abolire è facile; ma abolendo la festa comunitaria si lascerebbero i bambini in
balia del solo messaggio consumistico, senza dare loro nient’altro, nessun altro messaggio.
D’altronde i bambini hanno bisogno di una festa, di qualcosa di
Per un bimbo e
per un adulto
Natale significa
cose diverse.
Ce- ne ricordiamo
nelle nostre
chiese?
tangibile che ricordi loro l’importanza di questo giorno; è già
qualcosa se si rendono conto che
la nascita di questo bambino,
quasi 2000 anni fa, è tale che ancor oggi la festeggiamo, e la vogliamo festeggiare nell’ambito della comunità, in maniera diversa
da Ferragosto o Carnevale.
Non possiamo pretendere troppo dai bambini: non possono capire tutto e subito di qualcosa
che trascende anche le nostre menti di adulti. E non possiamo pretendere troppo nemmeno dalla
festa di Natale: non può essere
« la » predicazione, ma solo una
delle tante occasioni di riflessione e di incontro con la comunità.
Certo però spetta alla comunità
di essere presente e di sentire la
responsabilità di questi bambini,
che riguardano tutti, e non solo
le famiglie e i monitori; e spetta
alla comunità di mostrare ai bambini che il Natale non è soltanto
una bella festa di un pomeriggio,
ma qualcosa da celebrare durante
tutto l’anno.
Parlano i più giovani
Dalla Scuola Domenicale
— Che cosa c’è a Natale?
— "Viene Babbo Natale a portarci i regali. — C’è l’albero e ci
sono i regali. — C’è l’agnello
(?), l’albero. — Ci sono i regali.
— Ci sono le figurine di cioccolata sull’albero. — A Natale vado dal nonno. — Si cerca di essere buoni.
— Ma perché festeggiamo il
Natale?
— E’ la nascita di Gesù. —
Si festeggia il compleanno di
Gesù. — Natale è la nascita di
Gesù (tutte).
— Se non ci fossero né Babbo
Natale, né albero, né regaU, né
dolci, ecc., sarebbe Natale lo
stesso?
— Sì, certo! — Si capisce! —
No — Sarebbe Natale, sì, ma
brutto. — Sarebbe triste. — Io
penso che per forza ai piccoli
sembrano più importanti l’albero e i regali (detto dalla più
grande). — Quando è nato Gesù
non c’era Babbo Natale (detto
di colpo dalla più piccola). —
I magi gli hanno fatto regali (è
bene pimtualizzare che siamo
all’inizio soltanto della sequenza « Gesù .Viene »).
— Sapete perché facciamo la
festa di Natale a ’Venezia con
le due Scuole Domenicali e la
gente della chiesa?
— Porse per aiutare le persone più povere? (Non si fa più il
regalo, la somma va a qualche
istituto). — Per parlare della
nascita di Gesù. — Avremo anche quest’anno i fogli da leggere? — Compreremo i biglietti
della lotteria?
(Sintesi di una conversazione
con sette bambine fra 7 e 12
anni).
Riflessioni di alcuni catecumeni
— Come sentivate il Natale da
bambini e come lo sentite oggi?
— Davo importanza al Natale, sì, ma quello che contava di
più era il regalo. Adesso ne sento di più il significato religioso!
— Per me l’idea del Natale era
im po’ quella dei presepi che
vedevo. Non capivo bene il significato del Natale: si veniva
in chiesa, ma questa era per me
la parte meno piacevole del Natale. Non sapevo molto di Gesù, pressappoco solo che era figlio di Maria e di Giuseppe.
— Avevo il senso di una festa
magica, come di una fiaba.
— Il Natale è diventato soprattutto una festa « da regali ».
— Secondo me oggi le sovrastrutture non tolgono il valore
al Natale e ancora oggi lo sento
molto.
— Sapere che Gesù era nato in
una stalla, al freddo, mi dava il
senso di un grande atto d’amore.
— Il Natale è tanto appesantito da sovrastrutture che è
più diffìcile sentirlo come festa
religiosa, sento di più la Pasqua;
e poi mi sembra più importante la morte e la resurrezione,
che è una cosa straordinaria,
mentre quando Gesù è nato, è
nato come tutti.
— E come sentivate la festa
di Natale nella comunità?
— Non mi piaceva, non mi
piaceva leggere, né imparare a
memoria; inoltre per me il Natale va festeggiato con gli amici e io non conoscevo la maggior
parte delle persone della comunità, perciò mi sentivo fra estranei.
— A me il contrario: mi piacevano le letture e tutto quello
che si faceva, mi piaceva la merenda, mi piaceva trovarmi fra
la gente, perché sapevo che era
la mia comunità: tuttavia da
più grande mi sono sentita più
a disagio.
— Io mi ricordo soprattutto
la merenda.
Il servizio da Venezia è stato curato da Roberta Colonna Romano
8
22 dicembre 1978
cronaca delle valli
INTERVISTA CON CARLA LONGO
ANGROGNA
Pomaretto: scuola domenicale
e realtà quotidiana
con la popolazione
Si è recentemente parlato, anche da queste colonne, dell’attività didattica che si svolge nella
scuola domenicale di Pomaretto.
Attività « strana », come qualcuno l’ha definita, o tentativo di
collegare l’insegnamento alla
realtà della vita?
Per rispondere a questo interrogativo abbiamo intervistato
Carla Longo, una delle responsabili di quella scuola domenicale.
— Come è nata l’iniziativa dei
monitori di Pomaretto?
— Siamo partiti dal senso di
disagio col quale abbiamo constatato che, pur utilizzando nuove tecniche didattiche, la preparazione data dalla scuola domenicale rimaneva ancora di tipo
scolastico. Ci siamo allora chiesti quale fosse il rapporto tra la
predicazione a tutti i livelli (culti, riunioni quartierali, catechismo, scuola domenicale) e l’impegno di vita tU tutti i giorni.
— Questo grosso problema,
non solo vostro peraltro, lo avete legato al programma 1977-78
sulla Risurrezione?
— In un certo senso si. Ci siamo cioè chiesti cosa significava
per tutti noi, nella scuola domenicale, nella comunità, nelle famiglie, il fatto che Cristo è risuscitato. Non è stato facile trovare una risposta. Ne abbiamo
parlato con i ragazzi ed insieme
abbiamo deciso di esaminare
questo problema in alcune famiglie scegliendole fra quelle che
supponevamo più disponibili al
colloquio. Abbiamo poi discusso il progetto col pastore e quindi, insieme a lui, siamo andati
di famiglia in famiglia a spiegare quello che avremmo voluto
fare con la loro collaborazione.
— È stato un esperimento positivo?
— Sì, senz’altro anche se si
può parlare solo di im successo
parziale favorito dal fatto che le
famiglie avvicinate non erario indifferenti al discorso biblico.
Non ne avremmo comunque parlato se qualcuno non ci avesse
fatto notare che l’esperimento
poteva essere ripreso da qualche altra scuola domenicale.
— Vuoi spiegarci come si è
svolto, nel particolari, l’esperimento?
— Ti parlerò della visita alla
quale ho partecipato personalmente con un gruppo di ragazzi
di V e 2‘ media.
Abbiamo avuto la fortuna di
trovare una famiglia al completo: nonno, padre, madre e sorella di un ragazzo del nostro gruppo di precatechismo. Siamo stati molto ben accolti e, con nostra sorpresa abbiamo constatato che il nonno condivideva appieno le motivazioni che ci avevano spinto fin lì. Questo noimo
parlandoci della sua vita in una
borgata di Perrero e della sua
esperienza di emigrante in Francia, attraverso il racconto di episodi di vita spicciola, ci ha presentato un quadro molto vivo e
realistico delle condizioni politiche, della vita ecclesiastica, degli usi e dei costumi del suo
tempo. Il nipotino non aveva
mai sentito raccontare queste
cose. Si è creata così un’atmosfera molto stimolante, si è realizzato un legame fra le generazioni presenti che hanno reso
più facile il chiederci che cosa
significasse per noi il fatto che
Cristo è risuscitato. Il nonno ci
ha detto cosa significava per lui
emigrato in Francia. Dicendolo
riscopriva cose che lui stesso
aveva da tempo dimenticato.
È chiaro che il discorso è stato anche dispersivo, che non siamo giunti a conclusioni definitive, l’importante è che tutti abbiamo sentito il valore che questa esperienza di comunione fraterna aveva per ognuno di noi.
— Gli altri gruppi hanno vissuto la stessa esperienza?
— No, naturalmente. Non tutti hanno trovato una famiglia al
completo ; ci sono stati anche in
contri con persone singole. I
problemi emersi sono stati tuttavia sempre molto importanti.
Problemi attuali; come quello
delle condizioni di vita nella fabbrica, del rapporto genitori-figli,
deH’incomunicabilità, dell’alienazione. Tutto ciò ha molto interessato i ragazzi che, oltre a riscoprire i loro genitori, si sentivano tanto coinvolti dai loro
problemi al punto da manifestare chiaramente la loro solidarietà.
— Questa intesa fra generazioni, questa solidarietà che si realizza quando ci si rende conto
che molte incomprensioni dipendono da fattori esterni, sono
molto interessanti. Ora però vorrei sapere se anche i più piccoli
sono stati coinvolti in questo tipo di contatto con le famiglie.
— Sì, un gruppo di bambini
della 3* elementare, ma adottando un metodo diverso, presen
tando cioè nelle famiglie il lavoro svolto durante l’anno dalla
scuola domenicale. Il risultato è
stato molto interessante. Si è
constatato che i genitori preferiscono delegare, demandare ad
altri, piuttosto che impegnarsi
personalmente nella formazione
dei loro figli.
« Anche tu puoi dirci queste
cose, anche tu puoi prepararti
come fanno i monitori... » dicevano i figli ai genitori. « Noi non
siamo in grado di parlare di
queste cose, abbiamo paura di
dirle, non le sappiamo più... » rispondevano i genitori. Forse
questo è vero. Ma è altrettanto
vero che i nostri figli ci chiedono questo tipo di impegno.
Ecco la nostra esperienza. Non
è completamente chiaro per noi
il suo significato, non ci sentiamo di trarre conclusioni. È tutto un discorso da continuare e
sviluppare : vedremo dove ci
porterà !
FRALI
V . -f - •
Lo sgombero della neve
Le prime nevicate hanno ridato a Frali la sua splendida veste invernale. iPer la piena utilizzazione delle piste da sci mancano ancora alcuni centimetri di
neve, ma c’è ancora una settimana prima di Natale e tutti sperano in una bella nevicata. Intanto
però è giusto cominciare a chiedersi come funzionerà il servizio
di sgombero della neve sulla
provinciale e sulle strade comunali, condizione indispensabile
perché la stagione invernale si
svolga senza intoppi.
Le abbondanti nevicate dei primi mesi del 1978 avevano messo
in luce le carenze del servizio
provinciale. C’erano state spiegazioni e assicurazioni da parte
della Provincia. Ora una parte
del programma annunciato è
stata realizzata: l’asfaltatura della provinciale da Perosa a Frali e Massello (ma per un giudizio
definitivo su questi lavori preferiamo aspettare la prossima primavera). Per quanto riguarda lo
sgombero della neve a che punto siamo? Sabato 16 u.s. si è
tenuta nella sala comunale di
Frali una riunione aperta a tutta
la popolazione e dedicata a questi problemi. Alla mattina nevicava fitto, quindi il discorso era
più che mai di attualità.
Davanti a un’ assemblea non
molto numerosa, il sindaco Fiorio Plà ha fornito dei dati abbastanza soddisfacenti.
In valle funzioneranno 3 Unimog della Comunità Montana, da
questa concessi in uso ai comuni di Ferrerò, Massello e Frali,
uno per comune; in caso di
emergenza potranno funzionare
congiuntamente. L’unimog in dotazione a Frali stazionerà a Rodoretto e servirà anche Fontane:
per la prima volta questa borgata usufruirà così di un servizio
regolare di sgombero neve. Inoltre quest’anno le frese della Provincia saranno due, una a Frali e
una a Pomaretto, permettendo
così un intervento efficace da
monte e da valle. La fresa del
comune sarà utilizzata normalmente soltanto per le strade comunali. Se dovesse intervenire
sulla provinciale, le ore sarebbero restituite dalla Provincia entro tempi brevi.
Hanno collaborato a questo
numero: Marco Ayassot, Mario Castellani, Roberta Colonna Romano, Maddalena
Costabel, Franco Davite, Dino
Gardiol, Daniele Garrone,
Adriano Congo, Luigi Marchetti, /ve Pons, Paolo Ribet, Aldo Rutigliano, Giorgio
Tourn.
Resta aperto il discorso dei
paravalanghe, che contiamo di
riprendere su queste colonne. Per
quanto riguarda i mezzi il progresso, rispetto all’anno scorso,
è innegabile.
B. Rostagno
Manca ancora più di un anno
alla scadenza dei Consigli comunali eletti il 15 giugno 1975. Tre
anni e mezzo di lavoro rappresentano tuttavia un arco di tempo abbastanza consistente per
valutare la capacità e la volontà
politica di un’ amministrazione
nell’ affrontare e nel portare
avanti i problemi di una comunità.
Proprio per fare il punto della
situazione, « per valutare quanto
si è fatto e programmare insieme le cose da fare nei prossimi
anni » come era scritto nella relazione del Sindaco distribuita a
tutta la popolazione, il Consiglio
Comunale di Angrogna, continuando quella che è ormai una
scadenza tradizionale d’autunno,
ha voluto confrontarsi con i propri amministrati in una serie di
assemblee pubbliche che hanno
avuto luogo domenica 10 dicembre.
La gente ha risposto al di là
di ogni più ottimistica previsione: nei quartieri più isolati, a
Pra del Torno e a Buonanotte, le
vecchie scuole Beckwith si sono
rivelate troppo piccole per accogliere tutti i partecipanti.
Anche il dibattito, contrariamente alle precedenti esperienze,
non si è limitato unicamente ai
problemi specifici della zona, ma
ha toccàto temi più generali, dall’utilizzazione dell’edificio della
ex-scuola di Chiot d’I’Aiga, alla
raccolta rifiuti, alle disposizioni
in materia di edilizia.
A Pra del Torno si è discusso
anche di strade e di acquedotti
che non ci sono, ma che sarebbero necessari.
Sono venute fuori le perplessità circa la decisione della Regione che ha classificato la borgata come « centro storico » po
nendo quindi dei limiti alla ristrutturazione deH'abitato.
Tutti gli intervenuti nel dibattito si sono detti d’accordo nel
non costruire case nuove e condomini, preservando la struttura
architettonica originale del luogo, ma è altrettanto evidente che
se non si provvede a restaurare
i fabbricati esistenti, il « centro
storico » diverrà fra non molto
un cumulo di rovine.
A Buonanotte, invece, il problema più dibattuto è stato quello della strada che dovrebbe collegare il Serre all’Arvura e a
Cacet.
Il progetto c’è ed è stato discusso insieme alla popolazione
interessata; si tratta ora di cercare le risorse finanziarie per la
realizzazione.
Il Comune, tramite il Sindaco
Franca Coisson e i numerosi consiglieri presenti (9 su 15), si è
detto disposto ad esaminare
l’eventualità di impegnare in
quest’opera i 20 milioni per la
viabilità che otterrà dalla Regione tramite il Comprensorio e la
Comunità Montana.
Per la somma rimanente si è
pensato di chiedere un contributo regionale costituendo un
consorzio fra gli agricoltori della zona.
Se l’atavica diffidenza dei contadini, e' la paura di vedere le
proprie terre toccate da ruspe
e camion non prevarranno, le firme di adesione al consorzio potranno essere raccolte in breve
tempo e inizierà l’iter burocratico per la richiesta del contributo.
Vari temi di carattere generale, infine, sono stati trattati al
Capoluogo dove però, come d’abitudine, l’affluenza della popolazione è stata piuttosto limitata.
Jean-Liouis Sappé
CONSIGLIO COMUNALE DI PERRERO
Il futuro di un paese
Non è mai facile amministrare un Comune come quello di
Ferrerò, ma in certe occasioni il
compito è ancora più difficile:
quando cioè viene richiesta una
programmazione che richiederebbe anche la capacità di prevedere un futuro quanto mai incerto e problematico. Nella seduta di sabato 16 dicembre, il
Consiglio comunale si è trovato
alle prese con il problema della
sistemazione dell’albergo Regina, problema una volta tanto
non finanziario (le spese non
graverebbero che in minima parte sul bilancio comunale) ma
piuttosto di programmi e di
buona utilizzazione dei fondi
pubblici.
Il progetto per l’utilizzazione
di questo grosso stabile prevede
un locale per uso commerciale
a livello della strada provinciale, un alloggio al piano immediatamente superiore, una serie
di locali per un eventuale trasferimento delle scuole elementare e media, un ambulatorio e
altri otto alloggi da affittare.
Come si è detto, il Comune diventerebbe proprietario di un
immobile di notevoli proporzioni con pochissima spesa; infatti
la Regione si assumerebbe gli
oneri dell’acquisto e di un contributo per l’adattamento dei locali ad aule scolastiche; gli altri contributi per il centro commerciale e per ¡gli alloggi popolari sarebbero probabilmente
concessi senza difficoltà. Tenendo conto che un terzo del paese
si trova sotto la frana e che il
rimanente è situato in una zona
rocciosa, è chiaro che di costruzioni nuove a Ferrerò se ne potranno d’ora in avanti progettare ben poche; l’albergo Regina
si trova invece al centro dell’abitato in condizioni di quasi
assoluta sicurezza. Non potendo
però essere venduto a privati a
causa del vincolo alberghiero, ha
due sole prospettive di avvenire: o essere acquistato da un
ente pubblico, o cadere in rovina.
Le perplessità emerse durante
la discussione in Consiglio hanno riguardato appunto le prospettive future del paese: è conveniente sistemare tre piani ad
alloggi, quando la gente se ne va
dalla montagna, col rischio di
trovarseli vuoti? Con tutti i milioni che si spendono per fermare la frana, l’attuale edificio scolastico di Ferrerò non può essere considerato sicuro? Il Comune ha venduto la vecchia scuola
elementare alla parrocchia cattolica e adesso si procura nuovi
locali? In una situazione di progressivo spopolamento, che futuro può avere un centro commerciale?
Riprendendo questi argomenti, altri consiglieri hanno espresso una fiducia maggiore nell’avvenire: gli alloggi popolari possono soddisfare una richiesta
che è sempre esistita ma a cui
l’edilizia privata non può rispondere; le aule si possono trasformare in sale per i servizi sociali
o in altri alloggi; la posizione
centrale deH’edificio lo rende
adatto ad un’attività commerciale che potrebbe anche essere la
cooperativa della Comunità montana.
Concludendo il dibattito, il
Consiglio ha approvato l’acquisto; ma da questo argomento
spinoso si è subito passati ad un
altro più spinoso ancora.
Considerando la situazione della strada di S. Martino, attraversata in vari punti dalla frana di
Ferrerò, che richiede per essere
sistemata un ulteriore stanziamento di duecento milioni, il
sindaco ha proposto di adoperarne la metà (a condizione che la
richiesta venga accolta) per continuare la strada Chiotti-Villasecca che dovrà essere iniziata
fra breve fino a raggiungere il
villaggio di Villasecca superiore.
Siccome da Villasecca superiore
parte già una strada che si congiunge con quella di S. Martino,
si otterrebbe una variante che
potrebbe essere di grande aiuto
qualora si dovesse chiudere al
traffico l’altra strada.
La discussione su questo punto è stata molto acida e si è ripresa in esame tutta la questione di questa travagliatissima
opera, che si tira avanti a progettare da una ventina di anni
senza che sia stato finora possibile realizzarla. Trattandosi di
una strada che sovrasta alcune
case del villaggio di Chiotti, è
chiaro che deve essere garantita al massimo la sicurezza di
chi vi sta sotto. Le recenti frane
sono per gli amministratori un
ben duro ammonimento! D’altra parte, le mappe geologiche
della regione indicano il versante come sufficientemente stabile,
se si riduce la larghezza della
strada e se i muri di sostegno
.saranno costruiti oon le dovute
precauzioni.
Con alcune astensioni, la proposta è passata; si è anche approvata la richiesta di un’altra
perizia geologica sul versante in
questione. Certo non sono decisioni facili da prendere per un
Consiglio comunale; in questo
caso, come in quello precedente, il margine di errore deve essere veramente ridotto al minimo.
L. V.
TORRE PELLICE
Al distretto
scolastico
Mario Tarditi, insegnante alla
Scuola Media statale di Torre
Pellice, è il nuovo presidente del
Consiglio Scolastico Distrettuale.
Subentra a Mauro Suppo, che
ha rassegnato le dimissioni per
motivi personali.
Tarditi è stato eletto con 21
voti su 27. Si sono astenuti, con
diverse motivazioni, alcuni consiglieri che fanno riferimento
alla D.C. e gli esponenti del Collegio Valdese.
9
22 dicembre 1978
CRONACA DELLE VALLI
VITA NEI CIRCUITI
Una struttura
ancora in rodaggio
L’assemblea del 2" Circuito si
è tenuta a Prarostino domenica
3 dicembre alle ore 15, nella sala delle attività del Presbiterio.
Dopo una introduzione biblica tenuta dal pastore Cipriano
Tourn, si apre la discussione
sulla situazione del Circuito dopo una breve analisi del pastore
Tourn. Vari oratori prendono la
parola, pastori e laici; Viene
espresso il dispiacere di notare
l’assenza di due comunità: Pramollo e San Germano Chisone
e si vuole dire a queste comunità che abbiamo bisogno di loro,
della loro compagnia, della loro
collaborazione, della loro partecipazione. Viene anche rilevato
che l’istitpzione del « Circuito »
non è ancora entrata nella mentalità di una parte dei membri
di Chiesa che non ne vede la
necessità, considerandola come
una sovrastruttura. Viene allora
precisato che il « Circuito » non
ha compiti amministrativi che
sono di competenza della Conferenza Distrettuale, che il suo
compito è piuttosto quello di organizzare e coordinare attività
comuni con più chiese vicine,
ecc. Viene poi fatta la proposta
di organizzare un incontro fra
le varie comunità del Circuito,
un’intera domenica, con partecipazione al culto del mattino,
pranzo al sacco e nel pomeriggio esame della situazione del
nostro giornale, l’Eco-Luce, e
della C.I.O.V. La data e la località sono ancora da fissare e lo
farà quanto prima il nuovo Consiglio che è stato eletto, dopo un
ampio scambio di idee, alla fine
della seduta. Esso risulta così
composto : Pastore Cipriano
Tourn Sovrintendente (Prarostino), Plorina Bleynat, rapp. dei
Concistori (Villar Porosa); Silvia Rostagno (Pinerolo), rapp.
delle Scuole Domenicali; Piero
Ribet, rapp. delle Unioni Giovanili (S. Secondo); Amilda Gardiol, rapp. delle Unioni Femminili (Prarostino).
Con un buon bicchiere di vino prarostinese, continua la fraterna conversazione, e alle ore
17 la seduta è tolta col canto di
un inno.
Cipriano Tourn
SAN SECONDO
• Sonia Forneron, la secondogenita di Silvano e Rina Vinçon
(Miradolo) è stata battezzata
domenica 17. Alla bimba, al fratello Rossano ed ai genitori il
nostro fraterno augurio.
• Le nostre condoglianze ad
Aldo Bouchard della Rocchetta
(Brusiti) per la scomparsa della mamma, deceduta all’Asilo di
S. Germano.
PINEROLO
Domenica 17, piena di sole, è
stata una giornata radiosa per
la comunità di Pinerolo.
La mattina, durante il culto, i
presenti hanno riascoltato dopo
parecchi anni la voce ed il messaggio del pastore Ermanno Rostan, .che._dopo una lunga _^t>_
vità di servizio in varie chiese
è venuto a stabilirsi nella nostra
città. Nel pomeriggio, le Corali
di San Giovanni e di San Germano e il Coretto di San Germano con i loro canti hanno colmato di gioia i cuori delle numerosissime persone che riempivano il Tempio.
Calorosi applausi hanno testimoniato la riconoscenza e l’affetto di tutti per i coristi, i barnbini del coretto, i giovani flautisti, i loro direttori ; R. Bouchard, E. Charbonnier, E. Ttirck;
un ringraziamento particolare
alla signorina Tùrck ed ai giovani organisti che si sono alternati al nostro povero organo
(per la cui riparazione sarà utilizzato il denaro raccolto alla fine del concerto), perché hanno
saputo trarre da esso quanto
più si poteva.
Sono: • state due-: ore magnifiche, che hanno riportato gli animi al vero spirito di gioia del
Natale, facendo dimenticare che
fuori i negozi erano aperti per
rendere la più bella festa della
Cristianità occasione di un misero fatto commerciale.
TORRE PELLICE
Esprimiamo la nostra solidale
simpatìa cristiana alle famiglie
della nostra comunità colpite
dal lutto nel corso della settimana scorsa con la morte di
Giovanni Cesare Ribet, Luigi
Pellegrin, Alda Bein, Giulio Cesare Morel.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
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• Sabato 16 si sono sposati ai
Coppieri Sergio Avondetto e Daniela Pascal ; rinnoviamo loro
l’augurio di una vita fondata sul
rispetto e la sincerità reciproca
nel riferimento evangelico.
• Domenica il culto avrà luogo
presso la Foresteria con i bambini della Scuola domenicale.
Nel pomeriggio i bambini trascorreranno alcune ore insieme
nei locali della Sala Unionista
con un programma di giochi e
di intrattenimento organizzato
dal gruppo giovanile e dai monitori.
• Domenica 17 il gruppo giovanile ha presentato alla comunità al termine del culto un documento ed una documentazione su tabelloni del problema dell’obiezione di coscienza e dell’antimilitarismo seguendo le indicazioni date dal Sinodo.
• La corale ha partecipato insieme ai coralisti di Bobbio-Villar ad un concerto natalizio sabato scorso nel tempio di Villar
Pellice, concerto che sarà ripetuto sabato nel nostro tempio.
Interessante il programma, lodevole l’esecuzione.
• Si è chiuso sabato il nostro
ciclo di Studio Biblico sulla figura di Mosè; le cinque « lezioni » sono state seguite da un
gruppo di fratelli numeroso ed
interessato, una ultima seduta
è prevista giovedì 22 per chiarire gli interrogativi emersi nel
corso dello studio.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
PERRERO-MANIGLIA
MASSELLO
RODORETTO
• Al culto di Natale, limedì, 25
dicembre, parteciperà la corale
con il « Concerto Natalizio » per
coro ed organo del prof. Ferruccio Rivoir.
• Sì sono uniti in matrimonio,
sabato scorso, Durand Roberto
e Paola Godino.
Il Signore accompagni con le
sue benedizioni questi giovani
sposi.
Natale al Rifugio
• La festa dì Natale al Rifugio Carlo Alberto avrà luogo
nel pomeriggio di venerdì 22 dicembre con inizio alle ore 15.
Tutti coloro che desiderano
essere vicini agli ospiti in questa occasione sono cordialmente invitati e la loro presenza
sarà molto gradita.
2 concerti
natalizi
TORRE PELLICE
Sabato 23 dicembre - ore
20.45 nel Tempio valdese
— Corale di Torre Pellice
— Corale di Villar-Bobbio
— F. Corsani - organo
LUSERNA S. GIOVANNI
Sabato 30 dicembre - ore
20.45 nel Tempio dei Bellonatti
Corale dì. S. Giovanni
— Corale di S. Germano
— Coretto di S. Giovanni
— F. Rivoir, E. Turck, A.
Long, organo
— C. Richiardone, flauto
Tutti sono cordialmente
Invitati.
I due impegni segnalati nello
scorso numero per la comunità
di Perrero-Maniglia sono stati
regolarmente mantenuti. Venerdì. 15, una settantina di persone
si sono raccolte presso i locali
della Chiesa valdese per rincontro di studio biblico. Si tratta, a
mia conoscenza, della prima volta che la comunità cattolica e
quella valdese di Perrero organizzano uno studio biblico in comune. Il tema scelto è stato la
lettera di Giacomo, gli oratori
il past. Bruno Rostagno e il canonico don Mercol. Il past. Rostagno ha presentato il primo
studio introduttivo alla lettura
della Bibbia, tracciando in rapida sintesi la storia del testo biblico e mostrando la necessità
per il credente di rimanere ancorato alla Bibbia e di leggerla
con occhio storico. Il canonico
don Mercol ha invece introdotto '
alla lettura della lettera di Giacomo. Già in questo primo incontro siamo incappati in un
problema scottante: la questione dei fratelli di Gesù. Non si è
però andati molto a fondo nella
polemica, un po’ perché era il
primo incontro tra noi, un po’
perché si tratta di un argomento abbastanza marginale rispetto al tema che ci si era dato. Volendo dare un giudizio su questa
iniziativa, si può dire che in questo tempo in cui nell’ambiente
cattolico i valdesi sono accusati
di non capire niente di ecumenismo, l’unico modo costruttivo
di fare ecumenismo non è tanto
quello di vedere se il papa ha
diritto di esistere o no o di esistere per chi, quanto piuttosto
quello di porsi tutti quanti di
fronte alla Parola di Dio per lasciarsi da questa interrogare.
Secondo, appuntamento, l’Assemblea di Chiesa di domenica
17. All’ordine del giorno due im
portanti adempimenti : l’approvazione del preventivo per l’anno 1979 e l’elezione di sei membri del Concistoro. Il preventivo, che prevede tm aumento di
circa il 15%, è stato approvato
dopo una breve discussione sulle proposte fatte dall’ultimo Sinodo riguardo ai modi in cui
contribuire.
L’elezione dei membri del
ConcLstoro ha invece dato lo
sptmto per ima verifica su un
argomento molto discusso : la
vendita delle scuole. Sarebbe
troppo limgo qui tracciare le linee della discussione, conclusasi — anche se non si è avuto sull’argomento una votazione —
con la sostanziale approvazione
dell’operato del Concistoro; pensiamo tuttavia di tornare rm
giorno sull’argomento. Al momento dell’elezione tutti i membri uscenti del Concistoro sono
stati riconfermati e quanti di loro richiedevano di essere sollevati dall’incarico sono stati richiesti di restare al loro posto
che hanno occupato fino ad oggi con vero spirito di servizio.
I loro nomi; Pons Luigi (Baissa), Tron Aldo (Porengo), Massei Roberto (Bessé), Viglielmo
Liliana, Tron Claudio, Quattrini
Eline (diacono).
Concludiamo con gli appuntamenti per questa settimana. Venerdì 22, ore 20,30, riunione quartierale a Perrero; sabato 23, ore
14, la scuola domenicale ed alle
ore 15 e 16 i catechismi; domenica 24, ore 10,30, culto tenuto
dai bambini della scuola domenicale a Perrero. Per questa domenica non si terranno i culti a
Maniglia e Massello. Limedìj 25,
ore 10,30, culto con S. Cena a
Perrero, alle ore 11 a Massello
ed alle ore 14,30 a Maniglia. Lo
stesso giorno alle ore 19,30 il
culto dei bambini a Maniglia. Il
giorno 31, oltre ai culti normali
a Perrero, Maniglia e Massello,
si terrà la sera alle ore 19,30 un
culto a Perrero. Dopo questo
culto chi vorrà potrà fermarsi
per cenare assieme.
ANGROGNA
RORA’
POMARETTO
• I coniugi Letizia e Alessandro Maurino di Porosa hanno
festeggiato domenica 17 le nozze d’oro. Ci siamo molto rallegrati con loro per questo bel traguardo e chiediamo al Signore
di accompagnarli con la Sua grazia ancora per lunghi anni insieme.
All’incontro, di domenica 17,
dell’Unione Femminile, aperto
da una meditazione biblica di
Susanna R. Malan, si sono affrontati temi musicali introdotti da
Laura Rivoira, ed è stato presentato da Ethel Bonnet un vivace ’reportage’, corredato da
diapositive sul suo recente viaggio in Paraguay.
Prossimo incontro domenica 7
gennaio alle 14,30; gradita ospite sarà Laura Nisbet, missionaria. L’incontro, che avverrà nella Sala, è aperto a tutti.
• Venerdìi 8 ha avuto luogo il
funerale della nostra sorella
Tron Adelina ved. Tron, di anni 90. Solo pochi mesi fa la nostra sorella cantava ancora delle vecchie complaintes valdesi
senza dimenticare una parola.
La salma è stata tumulata nel
cimitero di Rodoretto.
Culti di Natale (Santa Cena).
Il 23 c.m. alle 19,30 a Pradeltorno, il 24 alle 10,30 al Capoluogo
(Corale) e il 25 al Serre, alle 10
precise, Natale con le Scuole
Dom. e i catecumeni. Partecipa
la Corale.
• Sabato 16 si sono sposati
presso il Municipio di Rorà Loredana Rivoira delle Fucine e
Franco Giachero della Maddalena. Ai giovani sposi che si stabiliscono a Lusernetta vanno i
nostri migliori auguri.
• Ricordiamo la festa di Natale dei bambini della scuola domenicale ed il bazar preparato
dall’unione femminile, domenica
24 a partire dalle ore 14,30 presso la scuola delle Fucine.
• Ringraziamo il membro della Tavola Valdo Pornerone che
ha partecipato alla nostra assemblea di chiesa domenica 17
informandoci sulla situazione finanziaria della nostra chiesa, rispondendo alle numerose domande rivoltegli. Un grazie anche alle sorelle e ai fratelli che
hanno collaborato per preparare il pranzo comunitario.
Domenica 31, alle 20,30, culto
al Serre con S. Cena.
BADIA CORALE
Un disco di canti popolari
VILLASECCA
Unanime è stato il sentimento
\ di viva partecipazione di tutta
la nostra comunità all’umana
sofferenza della famiglia Viglielmo per la morte della loro cara
. Giulia.
■ Unanime pure è la sincera ed
affettuosa riconoscenza per l’imiKgnativo e costruttivo lavoro
svolto da questa sorella per molti anni nella nostra comunità.
E’ stato presentato al pubblico in questi giorni un interessante disco L.P. intitolato « Canti e
suoni delle nostre valli » inciso
dalla Badia Corale di Val Chisone.
<3uesto attivo gruppo si occupa da anni del canto popolare
tradizionale dell’entourage pinerolese con particolare riguardo
all’area valligiana che costituisce
un -fertile terreno di ricerca.
Le Valli Valdesi, infatti, sono
state e restano custodi di un immenso patrimonio musicale, in
parte raccolto e pubblicato da
insigni studiosi e appassionati
ricercatori quali F. Ghisi, E.
Tron, R. Balma, A. Ribet, G.
Tourn, T.G. Pons, in parte tuttora da scoprire.
La Badia Corale di Val Chisone con questo suo lavoro ha inteso contribuire alla ricerca, alla conservazione e alla diffusione
di quei canti che i più hanno ormai dimenticato, ma che costituiscono una ricchezza inestimabile e insostituibile.
Buona parte dei pezzi presentati in questo disco sono stati
ascoltati in Val Germanasca dalla viva voce della gente che an
cora li sa cantare e che magari
ne ha conservato i testi trascritti su cahiers ormai sgualciti o
quasi ille'^gibili.
Le interpretazioni in chiave
corale delle varie melodie si rifà,
per quanto possibile, ai modelli
originali registrati dal vivo: ampi spazi sono lasciati all’unisono,
i moduli del canto liturgico valdese affiorano nei pezzi a più voci, i testi sono riportati integralmente cosi come sono stati raccolti.
Si tratta insomma di un lavoro onesto che non vuole essere
un documento destinato all’ibernazione, ma una proposta musicale ben viva e presente.
Il disco « Canti e suoni delle
nostre valli » è in vendita nei negozi specializzati di Pinerolo e
del pinerolese e alla Libreria
Claudiana di Torre Pellice.
In occasione delle festività natalizie è nuovamente riapparsa
in commercio la registrazione su
cassetta del Concerto di Natale
che la Badia Corale di Val Chisone aveva tenuto con la Corale
Valdese di S. Germano a Pinerolo nel dicembre 1975.
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA pastorale cerca pianoforte
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Nichelino, tei. (011) 62.70.463.
« Venitevene ora in disparte in
luogo solitario e riposatevi »
(Marco 6: 31)
I figli Tron Enrico con la moglie
Genre Giulia in Francia, Tron Augusto con la moglie Balma Alma e famiglia, nipoti e pronipoti, annunciano
la dipartenza dì
Tron Adelina ved. Tron
di anni 90
e ringraziano quanti sono stati loro vicini, in modo particolare i Medici ed
il Personale tutto dell’Ospedale valdese di Pomaretto per l’assistenza prestata alla loro Cara, ed il past. Coisson
per il messaggio di speranza.
Pomaretto, 8 dicembre 1978
« Vegliate perché non sapete né
il giorno né Vora »
(Matteo 25: 13)
In un incidente stradale è mancata
Nahomi Dalmas in Beux
Nell’immenso dolore della separazione ma sorretti dalla fede, partecipano la dipartita della loro Cara : il
marito Clemente, i figli Ada e Valdo
con le rispettive famiglie ed i parenti
tutti.
Buenos Aires, 6 die. 1978.
- ÌlL.;... . -JL
10
10
22 dicembre 1978
INTERVISTA A TULLIO VINAY
Timori e speranze
davanti aii’Europa unita
— Pastore Vinay, ha appena
fatto una serie di conferenze
in Germania federale e in Svizzera. Secondo lei, come reagisce
la chiesa ai problemi del mondo?
— La Chiesa è ancora troppo
rinchiusa su se stessa; le manca una visione planetaria della
sua missione. È troppo preoccupata di sopravvivere e di difendere le sue istituzioni, al punto che dimentica il suo compito
essenziale: impegnarsi per portare al mondo un messaggio di
vita, di pace, di giustizia e di
amore. Il suo grande peccato è
di voler conservare ciò che ha
acqiùsito.
— Durante le sue conferenze,
quali sono le reazioni del pubblico?
— Se parlo del servizio cristiano di Riesi, sonp domande sulla
maña. Se si '{'ratta del miò impégno politico, ecco la domanda
sulla mia elezione a senatore
cOlhe; indipendente su una lista
cotnunista. Gli uditori mi fanno
ñducia personalmente, nia non
sono sicdro che accettino la mia
anàlisi del PCI come partito democratico. Non mettiamo tutti i
comunisti nella stessa pentola.
tJn cardinale italiano mi diceva
tm giorno: «Sa, quei comunisti...». Gli ho risposto: «Mi dica
Chi sono ì cristiani e le dirò chi
sono l comunisti ».
^ Conosce bene la Germania
fede;pale. Che cosa vi succede
coi «Berufsverbot» (divieto di
esercitare una professione, che
colpisce specialmente i militanti
di sinistra)?
— Ho incontrato in Germania
molti pastori giovani e vecchi
che tutti deplorano di non pO:
ter più parlare apertamente.
Eppure!! Non bisogna sottomettere tutto alla critica dellTEvangelo? Il Berufsverbot è stato
decretato all’inizio per lottare
contro il fascismo e il terrorismo, ma si è presto esteso a tutti quelli che hanno idee un po’
originali sulla società. Risultato: tutto un popolo vive nella
paura e non nella libertà. C’è
da augurarsi che l’attuale governo abroghi questa restrizione
delle libertà individuali.
— L’anno prossimo l’Europa
disporrà di un Parlamento.
Queste elezioni quali reazioni suscitano in ItaUa?
— Al Senato stiamo preparando la nuova legge elettorale.
Una difficoltà sta sorgendo: sarà garantita la libertà di propaganda presso i lavoratori immigrati? Oppure gli operai, sottoposti a pressioni, rischieranno
di perdere il loro lavoro?
L’unità europea è al tempo
stesso un vantaggio e un pericolo. L’Europa non deve costruirsi come gli Stati Uniti la cui ricchezza e potenza si sono fatte
a detrimento degli stati dell’America del Sud. Potrebbe succedere la stessa cosa se l’Euro
ComiUto di Redazione : Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Niso De Michelis, Giuiiana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
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La Luce ».
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Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
pa crescesse le sue forze sulla
schiena dell’Africa. Al contrario,
l’Europa deve divenire un luogo di riconciliazione e di solidarietà col terzo mondo, non il
tramixjlino di un neo-colonialismo. Per altro non bisogna dimenticare che la Germania è
una grande potenza esportatrice,
e questo deve farci riñettere.
Ho in Germania numerosi amici,
ciò mi autorizza a parlare liberamente: temo in una Europa
imita, una egemonia tedesca, il
che, ai limiti, potrebbe provocare una nuova guerra mondiale.
— Pensa che questa minaccia
esista realmente?
— Si, perché il vero e grande
pericolo è quello della corsa agli
armamenti, sempre più onerosi
e sofisticati. Malgrado gli avvertimenti deirONU, di Paolo VI,
del CEO a Nairobi, le somme
investite non fanno che aumentare; più di 400 miliardi di dollari nel 1978. Occorre aggiimgere
il pericolo della bomba N, la
bomba a neutrone; considerata
come tattica, è destinata prioritariamente all’Europa, in ceiso di
conflitto maggiore. I Russi che
staimo realizzandola anche loro
se nè. serviranno a loro volta. Le
popoiazipni saranno distrutte e
le case intatte, ecco la meraviglia
di questa nuova arma!
La Chiesa ha per dovere e
per scopo di lottare contro gli
armamenti e di salvare il senso dell’umano nel mondo. La
pace non si fa preparando la
guerra, come ci insegnano da
secoli, ma lavorando per la
pace.
Un teologo tedesco ha detto
(cito a memoria): «Dobbiamo;
vivere per fede facendo fiducia
al Signore e non aH’ombrsllo
atomico ».
— Ha parlato di perìcolo tedesco. Ma non ce ne sono altri
due: la Democrazia cristiana e
il Partito comunista?
— Mi sono posto questa questione. Effettivamente se c’è alleanza tra la DC italiana e la
CDU tedesca, l’Europa può essere dominata non dalla Chiesa
cattolica, ma dalla curia romana. Quanto aU’influenza dei PC
italiani e francesi essa è molto
limitata; sono minoritari in Europa e si sono distaccati da Mosca, soprattutto dopo Praga 1968.
— Dove va l’Italia dopo l’affare Moro?
— Dopo le ultime elezioni, nessuno dpi due grandi partiti, DC
e PCI può dirigere il paese da
solo. Nella DC le forze di destra
si oppongono all’alleanza con il
PCI facendo così del « compromesso storico » una situazione
instabile sfruttata dalle Brigate
rosse. La gente ha paura; per
cui c’è il pericolo di passare da
imo Stato di diritto ad uno Stato «forte ed autoritario » cioè ad
un nuovo fascismo. L’Italia potrebbe rimettersi da questa crisi, se esistesse una vera unità
nazionale e se si sviluppasse
maggiormente uno spirito di responsabilità tra i suoi dirigenti.
Purtroppo è più facile fare della
demagogia!
— Che cosa pensa dell’elezione
di Giovanni Paolo II?
Il nuovo papa ha sottolineato
la sua volontà di proseguire l’apertura del Vaticano II e il dialogo ecumenico. Inoltre il fatto
che sia polacco è un avvenimento
importante che mette fine ad
una limga tradizione,., quella dei
papi italiani, e sottblihea l’universalità della chiesa, è una speranza. A causa delle sue origini
potrà criticare sia il sistema comunista sia quello capitalista.
Senza essere un anticomunista
viscerale, potrà giudicare ciò che
vi è di positivo e negativo da
una parte e dall’altra. Lo potrà
fare nella misura in cui prenderà le sue distanze dalla curia
romana, troppo sovente legata
alla politica italiana.
(Intervista a cura di
« La Vie Protestante »)
fLA SETTIMANA INTERNAZIONALE
Il Vietnam ieri e oggi
a cura di Tullio Viola
È" molto diffìcile ottenpre
inforniazioni precise e sicure sul
Vietnam. E poiché non è nostra
abitùdine parlare di cose che
non sappiarno, o che sappiamo
in modo incerto, così da lungo
tèmpo non abbia.mo più parlato
di quel paese, che continua ad
esser, provato da dure vicende
storiche: speriamo che i nostri
lettori vogliano concederci, in
proposito, la loro benevola indulgenza.
Ora però (su « L’Espresso » del
17.12/78) è uscito un articolo
dell’illustre scrittore tedesco Peter Wéiss, dal titolo: « Vietnam,
amore mio », Quante volte abbiamo, dentro di noi, pronunciato queste .stesse parole, negli
anni terribili in cui quell’eroico
popolo si difendeva dai suoi potenti e prepotenti aggressori!
Ma che- ne è oggi, veramente, di
quel popolo?
Il Weiss dà una sua personale
valutazione, ' formulata in nove
punti, ciascuno dei quali avrebbe bisogno d’esser dimostrato
ampiamente, con prove di fatto.
Tali prove il WèiSs non fornisce
se non in minima parte, ma il
suo discorso è, nel complesso,
convincente e articolato con acutezza e forte intelligenza critica.
Perciò vogliamo riportarne qui
le linee essenziali.
« 1) Dopo il fallito tentativo di
battere militarmente il Vietnam,
gli USA sono passati alla guerra economica. La nuova fase dell’aggressione era pronta ormai
da lungo tempo. Il governo di
Washington vuole ottenere, mediante una campagna mondiale
di diffamazione e lo strangolamento economico, quello che non
era riuscito ad ottenere con le
armi.
Tre anni dopo la liberazione
del Sud e la proclamazione dell'unità nazionale, il Vietnam si
trova esposto ad una campagna
di stampa mondiale che, usando
la menzogna e la deformazione,
è riuscita a provocare incertezze, dubbi e anche ostilità perfino in coloro che hanno difeso la
causa del Vietnam. (...)
2) Chi ha seguito le fatiche e
le sofferenze indicibili del Vietnam, e conosce le strutture culturali e sociali del paese, sa che
la natura e l'atteggiamento della popolazione, come del partito, non sono mutati affatto. La
stampa borghese attribuisce cinicamente al governo vietnamita la responsabilità delle difficoltà e della miseria attuali: ma
esse non sono altro che la co •■seguenza della sistematica distruzione delle foreste, dell’avvelenamento del suolo, della distruzione delle piante di mangrovia che garantivano la stabilità delle dighe e degli argini (e
quindi il raccolto del riso). (...)
3) Non esiste alcuna base scientifica a sostegno della tesi per
cui . i contrasti tra Vietnam e
Cambogia, e tra Vietnam e Cina
sarebbero da ricondurre a conflitti secolari. I signori feudali
facevano spedizioni per impar
dronirsi di altri territori, e il cor
lonialismo francese creò i preì
supposti per te questioni di confine: ma, a paftire dalla fondazione del partito ].rivoluzionario,
(il Viet-Minh) nel 1941, e dqlla
costituzione della Repubblica democratica del Vietnam (1945),
l'idea nazionalista non ha più
avuto in Vietnam alcun seguito.
I rapporti fra il partito operaio
vietnamita e i movimenti di liberazione dei paesi confinanti
sono di natura internazionalista,
ed è sempre stata sottolineata la
necessità che i partiti rivoluzionari siano del , tutto indipendenti. (...)
4) Anche della posizione assunta dal Vietnam nei confronti dell’URSS e della.Cina popolare viene data una falsa immagine. Fin
dall’inizio degli anni ’60, la linea
vietnamita è rimasta immutata:
la lotta armata non doveva esser legata ad alcuna, alleanza. La
diplomazia vietnamita è riuscita
ad impedire che il paese venisse
coinvolto nel crescente antagonismo russo-cinese. Nel 1965 il
governo vietnamita respinse la
richiesta^ fatta da Teng Hsiaoping in una sua visita ad Hanoi,
di accettare esclusivamente l’aiuto cinese, rinunciando all’appoggio sovietico. Da quel momento
le pressioni cinesi sul Vietnam
si fecero più forti; nonostante
ciò, il governo vietnamita non
venne mai meno al principio di
mantenere il paese fuori della
sfera d’influenza delle due grandi potenze, pur dipendendo completamente dal loro aiuto per difendersi da un nemico tanto superiore. (...) »
5) Da un certo momento in
poi, « gli aiuti cinesi al Vietnam
vanno intesi come un ulteriore
tentativo di accaparrarsi il Vietnam. Ma la maggior parte dei
rifornimenti di armi, di materiale, di cibo e di medicinali continuarono a giungere dall’URSS
e, in buona parte, dalla Repubblica democratica tedesca, inviati per mare fino al porto di Haiphong sotto la costante minaccia
della flotta e dell’aviazione americana. (...)
6) Allorché Nixon, dopo un’ultima ondata di bombardamenti,
giunse alla conclusione che il
Vietnam non si sarebbe lasciato
piegare e dovette riconoscersi
sconfitto, la Cina gli diede il suo
appoggio. Il 20.4.’75, dieci giorni
dopo l’entrata delle truppe nordvietnamite e del Fronte di liberazione nazionale a Saigon, una
delegazione inviata dalla Cina
ad Hanoi rinnovò la richiesta di
rinunciare alla liberazione del
Sud. Gl’interessi cinesi su alcune isole vietnamite si alleavano
alle speranze americane di mantenere il Vietnam del Sud nella
propria sfera d’influenza commerciale anche in tempo di pace^ per sfruttare i giacimenti petroliferi della costa (...).
7) In rapporto a. questa discriminazione in atto nei confronti
del Vietnam, si afferma che esso non è disposto a risolvere i
conflitti di confine con la Cambogia mediante trattative, secondo le assicurazioni date nel
196?.; Ir realtà il Vietnam continua a volere le trattative, ma
queste, per ora, sono impossibili in quanto le truppe cambogiane, equipaggiate con armi cinési, minacciano la popolazione
Vietnamita, ai confini, con attacchi terroristici, e inoltre sussistono incertezze 'sùllà situazione
interna in Cambogia' e in particolare sulla posizione di Sianùk.
(...) ■ \ "
8) In considerazióne deil’umanità con cui sono trattati, nel
Vietnam, i piloti americani presi prigionieri^ e dell’attendibilità
riscontrata nei comunicati del
governo vietnamita, non sussiste alcun motivo per dubitare
della correttezza delle . misure
adottate nell’attuale periodo di
ricostruzione. La calunnia, diffusa dalla stampa borghese, secon
do cui il Vietnam è sulla strada di “perdere la pace", è insostenibile, se si tien conto della
pazienza con cui nel Vietnam si
cerca di riportare la tranquillità
nel Sud, dove l’occupazione americana e il corrotto regvne di
Saigon hanno creato bande dà
ladri e schiere di prostitute (erano 150.000 i ragazzi dediti agli
stupefacenti). (...)
9) Dopo la conclusione dell’accordo tra la Repubblica socialista del Vietnam e l’URSS, firmato il 3.XI.78, la campagna di
discredito contro il Vietnam ha
toccato. il punto più alto. Nel
patto non si fa cenno di alleanze' militari, ma solo della garanzia di. amicizia reciproca, dell’aiuto per rafforzare le conquiste del socialismo, di scambi
scientifici e culturali e dell’impegno di consultazioni immediate, neh caso che uno dei due
partner sia attaccato e minacciato di. un attacco, affinché sia
possibile eliminare la . minaccia
e prendere misure per mantene-,
re. la pacp, .Nonostante ciò ù
Vietnam è stalo, immediatamente, bollato pome, vassallo dell’ÙRSS. (Eppure, s,è il Vietnam è
riuscito a tenersi fuori da ogni
alleanza in 40 anni di lotta sempre più dura, oggi, dopo aver
faticosamente conquistalo Viridipendenza, non ha interesse alcuno a legarsi a una grande potenza, ma solo ad assicurarsi le
condizioni per ricostruire il paese e conservare ciò ch’à riuscito
a conquistare ».
Uomini e donne
(segue da pag. 4)
secondo la testimonianza biblica,
sia la nuova donna ma, semmai,
una nuova donna e un possibile
modello di liberazione, ha insistito sul fatto che « la vera dignità di Maria scaturisce dai suo
ruolo di discepola... e questa dignità essa la condivide con tutti
i cristiani ». Peccato che questa
chiarezza di giudizio sia un po’
offuscata da una strana « raccomandazione » fatta dai gruppo di
studio alla Commissione (e che
l’assemblea plenaria ha avallato): «investigare le implicazioni delle dottrine mariane come
parte della speranza di uomini
e donne cristiane nella comunità della chiesa, nel quadro di
una domanda particolare relativa alla possibile convergenza, o
meno, su questo terreno dell’insegnamento protestante, anglicano, ortodosso e cattolico ». I
lettori noteranno il carattere involuto di questa formulazione,
che denota forse un certo imbarazzo ecumenico circa il suo contenuto. Si sa infatti quanto sobria sia la testimonianza deila
Scrittura intorno a Maria ed è
chiaro che i cristiani non possono allontanarsi da questa esemplare sobrietà e non possono indulgere a goffi (anche se
bene intenzionati) tentativi di ri
lanciare la mariologia collegandola ai movimenti di liberazione della donna.
Molto più interessante e costruttiva è un’altra « raccomandazione » fatta non solo a « Fede e Costituzione » ma « a tutte
le chiese»: «cominciare a prendere seriamente in considerazione l’eliminazione di tutto il linguaggio esclusivamente maschile
nei testi biblici, liturgici e in
altri documenti ufficiali, là dove i due sessi sono chiaramente sottintesi e dove non sono in
gioco questioni dottrinali ». Alcuni (uomini!) in assemblea plenaria hanno subito protestato,
specialmente per quanto concerne il linguaggio biblico: con ragione hanno osservato che non
si tratta di modificarlo ma di
spiegarlo.
Che dire in conclusione? A
Bangalore si è avuta l’impressione che su tutte queste questioni le cose stanno cambiando e che per quanto lungo sia
ancora il cammino da percorrere, i primi passi — che sovente sono quelli decisivi — sono
stati compiuti. Il prossimo appuntamento è per il 1980 quando avrà luogo, non si sa ancora
dove, una consultazione mondiale patrocinata dal CEC su « La
comunità tra donne e uomini nella chiesa ».
Paolo Ricca
(8 - continua)