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Anno 117 ■ N. 32
7 agosto 1981 - L. 300
Spedizione In ebbonsmento postale
1* Gruppo bis/70
BìBLìOTHCA
10060 Tomi: FEfLíCE
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
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tii risia
Due agosto 1980, scoppia la
bomba alla stazione di Bologna.
Due agosto 1981, nello stesso luogo, alla stessa ora, davanti alTedifìcio ricostruito, il presidente dell’Associazione familiari delle 85 vittime e dei 200 feriti, Torquato Secci, chiede un minuto
di silenzio per quelle vittime dicendo: « oggi per loro vi è solo
silenzio perché dopo un anno non
gli è stata ancora resa giustizia ».
Ma il silenzio della gente dura
solo un minuto. Il silenzio sui
mandanti e gli esecutori dell’orrendo crimine rischia di durare
per sempre.
Il vice-presidente dell’Associazione, Paolo Bolognesi, aveva dichiarato qualche tempo fa: « i
servizi segreti dello stato hanno
boicottato le indagini e forse le
hanno anche depistate ». La stessa cosa era stata detta dai familiari a Pertini, ed il presidente
della Repubblica aveva risposto,
da uomo che sa partecipare senza calcoli politici : « mi sento
umiliato ».
Ci sentiamo tutti umiliati. Lo
avevamo detto, con parole « nostre », di gente che conosce il significato dell’appello al ravvedimento, fin dallo scorso anno, al
Sinodo, di fronte alla strategia
della morte che ha prodotto la
più grave strage della nostra
storia repubblicana. Pochi in Italia hanno capito la nostra umiliazione e il nostro appello al
ravvedimento.
Ma ora non ci sentiamo umiliati per il modo con cui la città
di Bologna ha deciso di vivere
questo primo anniversario della
strage. I concerti rock, la IX sinfonia di Beethoven, Carmelo Bene che recita Dante dai merli
della Torre degli Asinelli, ma soprattutto il convegno dei giovani d’Europa sul terrorismo, la
disoccupazione, la casa, la cultura, gli innumerevoli dibattiti,
la ferma risposta alle provocazioni, hanno fatto si che questo
2 agosto non si risolvesse in una
sterile « commemorazione ».
Non era mai successo che si
ricordasse la morte proclamando
la vita, anche nei suoi aspetti di
massa, ma è successo a Bologna,
pur tra polemiche e le inevitabili
incomprensioni. Ma chi non ha
capito che dietro a questa commemorazione non conformista di
un tragico anniversario c’è semplicemente la volontà di « resistere » contro la strategia della
violenza che vuole stravolgere in
senso autoritario il paese (e contemporaneamente dichiarare la
propria fiducia nella democrazia
e nella partecipazione di base)
si autoesclude dalla speranza di
poter costruire un mondo di libertà nella giustizia e nella verità.
Ci sono soprattutto due modi
per situare se stessi di fronte alla morte: uno è quello di manifestare « cristiana » rassegnazione in vista di un beato al di là
e di un disimpegno nell’al di
qua; l’altro è quello di annunciare la speranza cristiana nella
vita nuova che Gesù Cristo (vivente oltre la morte) ci pone davanti perché la sappiamo accettare. I cittadini di Bologna non
sono magari tra coloro che hanno compreso il secondo; ma il
primo, quello della rassegnazione e del silenzio, lo hanno rifiutato.
Paolo Sballi
___________________APERTO A TORRE PELLICE IL SINODO VALDESE-METODISTA 1981
Per una buona amministrazione
L’invito acJ una « economia » efficiente e le implicazioni per la vita della nostra chiesa e
del nostro paese nel sermone di apertura tenuto per la prima volta da un predicatore laico
I Pietro 4; 10-11
Nella predicazione di apertura
del Sinodo sono stati normalmente affrontati i grandi temi
della testimonianza cristiana e
dell'impegno nel mondo. Potremmo trovare nei sermoni sinodali
il riflesso di tutta la riflessione
dei decenni passati: una riflessione che non sempre condividiamo più fino in fondo, ma della
quale siamo riconoscenti al Signore perché è stata alla base
della nostra ricerca di oggi.
Quest’anno vorremmo più modestamente soffermarci un po’ a
lungo su considerazioni pratiche,
che l’idea di amministrazione, di
« economia » efficiente e funzionale, ci può suggerire per il piccolo cabotaggio della nostra navicella ecclesiastica e per i problemi che dobbiamo affrontare
col nostro paese.
Il nostro passo non è certo
privo di grandi temi. Menzioniamo brevemente i principali per
dare un’inquadratura alla nostra
vocazione di « economi », di « amministratori delegati » della grazia di Dio.
Il corteo sinodale rientra nella
Casa valdese dopo il culto di
apertura. In primo piano il predicatore Claudio Tron e il pastore Giovanna Pons, in seconda fila gli altri due pastori appena
consacrati: Claudio Pasquet e
Alfredo Berlendis.
(Foto Renato Ribet)
I grandi temi
1. Innanzitutto il nostro passo
ci ricorda la multifornùtà della
grazia di Dio. Noi siamo chiamati a renderci servitori di questa
multiformità; potremmo dire
della imprevedibilità della grazia di Dio. Dobbiamo stare molto attenti a non confondere questa imprevedibilità con l’imprevidenza nostra. Qualche volta lo
abbiamo fatto e la nostra amministrazione è stata estremamente imprevidente. L’imprevedibilità della grazia di Dio ci
chiama, invece, ad una totale disponibilità e ci ricorda che la
« amministrazione » a cui siamo
chiamati è sempre estremamente lontana dal possesso di quello che amministriamo. Possiamo
anche rendercene conto pensando a come si manifesta la multiformità della grazia; nella chiesa, con la diversità dei carismi,
dei doni dello Spirito, che nascono dove Dio vuole e quando vuole; nella storia, di cui Dio è il Signore, e nella quale esercita la
sua grazia ed il suo giudizio, lo
sconvolgimento o l’assecondamento dei piani umani secondo
linee che non possiamo penetrare; ma soprattutto in Cristo, che
si è dato per tutti gli uomini, ma
in modo estremamente svariato
per gli uni rispetto agli altri e,
appunto, in modo imprevedibile:
si pensi al diverso modo di incontrare i farisei ed i pubblicani.
2. Un secondo grande tema del
nostro passo è quello di un’amministrazione intesa come dono,
anziché come sfruttamento e come speculazione ai danni degli
altri. Ciascuno diventi diacono
degli altri. Nella chiesa economia
equivale a diaconia. La chiesa
deve funzionare come un'azienda, ma non per arricchire se stessa, bensì per arricchire gli altri.
E' possibile un’economia ecclesiastica distorta quando prende
corpo un potere di tipo clericale
e gii azionisti dell’azienda-chiesa
diventano più padroni che servitori. La vera economia, invece,
deve riflettere quella del Signore
che « essendo ricco si è fatto povero, per arricchire molti » (II
Cor. 8; 9).
3. Infine non possiamo dimenticare che l’idea di amministrazione, di « funzione dell’economo
di una casa signorile » è usata
anche in altre occasioni dal Nuovo Testamento per indicare l’impegno dei credenti e della comunità cristiana o, se si preferisce,
il modo con cui questo impegno
va esercitato. Si pensi alla parabola dei talenti: la grazia di Dio
va messa tutta in commercio.
Non può essere sotterrata. Naturalmente non possiamo neanche mettere in commercio più di
quello che abbiamo: chi ha due
talenti o un talento solo non può
restituirne 10. Ma quello che Dio
ci ha dato non va sciupato. Si
pensi anche al severo monito
che Paolo fa a se stesso: « Guai
a me se non evangelizzo... l’evangelizzazione è una “amministrazione”, una "economia” che mi è
stata affidata » (I Cor. 9: 17). Amministrazione equivale a vocazione.
Indicazioni pratiche
A questo punto possiamo cercare di individuare alcune indicazioni pratiche che questa nozione di amministrazione ci può
dare per i nostri problemi.
1. Innanzitutto ci sembra da
sottolineare che la « buona amministrazione » è una necessità
che la predicazione cristiana può
indicare al nostro paese. Il nostro testo pone la buona amministrazione della grazia in una prospettiva escatologica, perché il
tempo è ormai abbreviato, e come carattere distintivo di quelli
che hanno abbandonato le opere
del paganesimo perché sono passati attraverso la conversione.
Forse il paese non può sempre
capire le motivazioni cristiane,
né possiamo chiederglielo, perché anche noi riteniamo che una
società civile deve essere laica;
ma la trasposizione nella società
di questa esigenza può esser capita da tutti, soprattutto oggi
che si parla di questione morale.
La buona amministrazione civile
è il risultato di una conversione
anche quella. Noi pensiamo spesso, perciò, forse non del tutto a
torto, di aver qualche lezione da
dare in fatto di buona amministrazione.
Mi riferisco naturalmente ai
problemi di onestà e di efficienza. Ma anche gli stessi fini istituzionali dei nostri enti ecclesiastici possono situarsi nella zona di
frontiera fra amministrazione
della grazia di Dio e amministrazione di una società civile e dare a quest’ultima un messaggio
comprensibile sulle scelte produttive da privilegiare. Non beni
di consumo più abbondanti, innanzitutto, ma un sistema di vita diverso.
— La Tavola Valdese, per
esempio, è un ente di culto. Noi
intendiamo questo non tanto nel
senso che produce delle cerimonie liturgiche, ma nel senso che
deve promuovere una predicazione che produce speranza tra
gli uomini; onestà, dedizione
agli incarichi che ci sono affidati. Il culto inteso in maniera intelligente non può essere che il
dono di noi stessi e della nostra
vita (Rom. 12).
— La Tavola è anche ente di
istruzione. Produrre e diffondere
cultura è un compito fondamentale anche per la società. In questi giorni e in queste settimane
dobbiamo dire che è pessima amministrazione contenere la spesa
pubblica a spese dell’istruzione
anziché, per esempio, riducendo
le spese militari.
Claudio Ti'on
(continua a pag. 2)
Giornata dell'Eco XV Agosto
Nel quadro della « Giornata dell'Eco delle Valli » che Il tradizionale incontro delle chiese valdesi avrà luogo
si terrà sabato 8 agosto a Torre Pellice, giardini di P.za Mu- quest'anno in località Pragiassaut, nel territorio del comune
ston, avrà luogo alle ore 20,30 una tavola rotonda sul tema : di San Germano Chisone.
«Cattolici e protestanti di fronte alla questione morale: il Ore 10 - Culto presieduto dal pastore Giorgio Bouchard,
rapporto etica-politica nella cultura italiana ». moderatore della Tavola Valdese.
Interverranno : Ore 10,45 - Tavola rotonda su «Le Valli Valdesi oggi e
Gianni Baget Bozzo, pubblicista ; domani », con l'intervento di Giorgio Bouchard,
Giorgio Spini, professore universitario; Franco Becchino e Claudio Tron.
Wladimiro Zagrebelsky, magistrato; Ore 14,30 - Saluti dal Rio de la Piata (Marcelo Dalmas)
presiederà Franco Giampiccoli, direttore dell'Eco-Luce. La Società di Studi Valdesi ha cento anni : biLa giornata si svolgerà dalle 10 alle 23 con servizio lancio e prospettive (Giorgio Tourn).
bar e buffet. Pragiassaut si raggiunge dalla Val Chisone salendo da
E' in corso una sottoscrizione a favore dell'Eco-Luce con San Germano fino alle Rue di Pramollo e di qui sulla sinistra
cospicui premi. verso la Vaccera ; dalla Val Pellice con la strada dei Colle
In caso di cattivo tempo la manifestazione avrà luogo della Vaccera e poi scendendo sul sentiero che sarà oppornei locali della Casa Unionista (Via Beckwith 5) e la tavola tunamente segnalato.
rotonda nella Sala sinodale della Casa valdese. La CED 1°
2
7 agosto 1981
_____L’ESAME DEI TRE CANDIDATI CONSACRATI QUEST’ANNO
La fede interroga e risponde
Buona amministrazione
Mi sembra che la giornata dedicata all’esame di fede dei candidati al ministero sia stata ima
giornata molto intensa, valida.
Si è trattato indubbiamente di
un esame, come è giusto che
sia perché nulla sia banalizzato,
ma nello stesso tempo di una
cosa quanto mai lontana da ciò
che si intende correntemente col
termine esame. A me pare che ci
sia stata in tutta questa giornata, sia nel modo in cui sono state poste le domande ai candidati,
sia nel modo in cui sono state
discusse le predicazioni, una condivisione da parte di tutti di impegno e anche di speranza. Ho
sentito cioè questa giornata come una giornata vissuta da una
comunione di fratelli, uniti in
im’impresa fraterna, in ciò <Sie è
— se mi si consente un’espressione un po’ retorica, ma non troppo — la meravigliosa avventura
del ministero pastorale.
Abbiamo dunque esaminato un
giovane e due persone più mature: queste ultime con un’esperienza di vita anche travagliata
alle loro spalle.
Il giovane, possiamo dire, era
il segno di una via sperimentata
per giungere al ministero però
tutt’altro che ovvia. Nella sua
motivazione della richiesta di
servire come pastore Claudio Pasquet ha detto: sono figlio di un
matrimonio misto perciò non
sono valdese per tradizione, ma
per una scelta personale.
Poi una donna, attirata aH’impegno nella chiesa — secondo
quello che ci ha detto nel narrare la ragione della sua richiesta
— da una famiglia pastorale.
Costretta tuttavia a rinviare il
il suo servizio (per i ritardi —
dobbiamo pur riconoscerlo —
delle nostre chiese a correggere
un atteggiamento sbagliato verso
la donna) vive la sua vocazione,
nell’insegnamento, persuasa che
ogni credente deve fare teologia,
persuasa che la fede vien dal capire e che fare il pastore vuol dire in ultima analisi capire la
Bibbia con gli altri, con i fratelli. È perché è persuasa di questo che a un certo momento
della sua vita ha ripreso il progetto della sua gioventù e lo ha
portato a compimento chiedendo
appunto di associarsi al nostro
servizio.
E infine un uomo, che arriva al
ministero pastorale dopo un
cammino lungo che inizia dalla
ricerca di una comunità vera
che egli ritiene in un primo tempo di trovare in un convento
cappuccino, poi in una chiesa di
tipo fondamentalista, infine nella comunione delle nostre chiese
perché, come egli ha detto, trova
in esse una comunità che riesce
a non sovrapporsi all’Evangelo,
lasciandolo perciò libero di agire
con la sua forza di liberazione
e di rinnovamento.
Tra le risposte che sono state
date, dai candidati alle doman
______LE PRIME BATTUTE DEL SINODO
Inizia il dibattito
Mentre stiamo consegnando alla tipografia queste prime, rapide impressioni sull'avvio dei lavori sinodali è in
pieno svolgimento il dibattito sulla
- questione morale »: uno dei temi privilegiati sia dalla Tavola Valdese sia
dalla Commissione d'esame nelle proprie relazioni presentate in Sinodo. Ma
il primo confronto, avviato subito dopo
la lettura della relazione della Commissione d'esame, come era facilmente
prevedibile sin dalla vigilia di questa
sessione, è avvenuto sul tema dell'evangelizzazione che oramai, da alcuni
anni, è al centro dell'attenzione delle
chiese. Dopo una prima ampia rassegna su esperienze evangelistiche, avvenute a livello locale nel corso dell'anno, è stata ribadita la necessità di
un impegno corale di tutte le chiese
nel campo dell'evangelizzazione.
Lo storico Spini ha ricordato, nel corso del dibattito, che quel 70% di italiani che nel recente referendum sull'aborto non si è riconosciuto nelle posizioni del cattolicesimo ufficiale rap
presenta un interlocutore interessante,
disposto forse ad accettare posizioni
cristiane alternative rispetto all'autoritarismo gerarchico cattolico. Il riferimento alle nuove possibilità evangelistiche offerte dail'apera di ricostruzione fisica e morale del dopo-terremoto
è stato rinviato al prossimo dibattito
pubblico sul terremoto che si terrà a
Luserna San Giovanni, così come il
problema dell'evangelizzazione alle Valli è stato rinviato al prossimo incontro
del XV agosto (quest'anno a Pramollo,
in località Pragiassaut) che sarà introdotto da una relazione del Moderatore.
Al momento i 145 membri con voce
deliberativa del Sinodo (presenti molti
osservatori e ospiti stranieri provenienti da: Germania Orientale e Occidentale, Francia. Svizzera, Inghilterra, Canada, USA) hanno dato vita, a proposito deH'evangelizzazione, ad una rassegna e confronti interessanti ma di carattere ancora generale.
S- p.
Seggio del Sinodo
Presidente: CLAUDIO TRON
Vice-Presidente: LEDA ROCCA
Segretari: GIANNA SCICLONE, CLAUDIO PASQUET, ALFREDO BERLENDIS, MIRELLA SCORSONELLI, MICHELE ROSTAN
Assessori: MARCO JOURDAN, ENOS MANNELLI
Commissione d'esame: PAOLO SBAFFI, GIANNI BOGO, LILIANA VIGLIELMO, UGO ZENI
Commissione delle proposte: DAVIDE CIELO, GIOVANNI ANZIANI SIMONETTA COLUCCI, PIERA SANTORO. BRUNO LORASCHI
I membri del Sinodo con voce deliberativa sono 145, quelli con voce
consultiva 32.
de specifiche che erano state loro
rivolte, può essere interessante
ricordare per esempio quella
che ha dato Claudio Pasquet sull’insegnamento cristiano. Egli ha
detto: « Si tratta di fornire strumenti di lettura e di comprensione della Bibbia, ma strumenti che siano comprensibili, cioè
che consentano di tradurre la fede in termini pratici. In una parola l’insegnamento dei giovani,
dei catecumeni, deve mirare a
rendere Cristo immediato. D’altra parte, bisogna anche evitare
il rischio che si finisca per privilegiare l’immediato e allora è anche necessario che questo insegnamento sia accompagnato dallo sforzo di dare ai giovani il
senso della memoria storica. Un
altro aspetto da tener presente
nella catechesi è quello di non
sfuggire ai problemi dei ragazzi,
anche se possono sembrare problemi strani, inusitati o imprevisti. C’è una volontà pragmatica
nelle giovani generazioni, dobbiamo dare a questa volontà uno
sbocco pratico e questo sbocco
pratico potrebbe essere l’evangelizzazione, allora noi avremo
veramente dei giovani militanti ».
Un’altra risposta interessante
è quella data da Alfredo Berlendis riguardo al problema della
cura d’anime: « La cura d’anime
che cos’è in fondo, è essenzialmente aiuto fraterno. Se è questo deve essere dentro tutti i
ministeri, non è perciò proprio
del ministero pastorale, ma se la
cura d’anime sta nella predicazione, nel ministero proprio del
pastore allora certo è un precipuo compito suo e forse sarebbe
meglio dire del predicatore. E
allora per aiutare davvero i fratelli il pastore deve soprattutto
predicare, annunziare una buona
notizia in termini comprensibili,
sapendo discernere ed è questo
certo cosa non facile, la parola
giusta per le situazioni e i momenti dell’uomo ».
Infine Giovanna Pons sul tema dei ministeri: « il ministero
pastorale non è in fondo una
vocazione diversa da quella ordinaria di tutti i credenti. Il ministero pastorale è soprattutto un
dono che viene dal Signore, questo dono si scopre però in una
dimensione particolare che è la
dimensione della comunità. Perciò il ministero deve essere in
fondo a dimensione d’uomo, perché si muove, si scopre, si valorizza nella dimensione della comunità. Il ministero pastorale è
dunque l’esercizio di un dono;
certo è un ministero specifico,
perché un dono specifico. Il problema più grosso è che la chiesa
deve saper usare i doni dei credenti e perciò deve saperli scoprire e valorizzare ».
Le tre predicazioni che sono
state date nel pomeriggio, dai
candidati nel tempio del Ciabas
sono state tré predicazioni sostanzialmente valide. Forse la cosa più interessante è stato il dibattito che ha seguito queste predicazioni. Si è trattato di un dibattito molto vivace, di una occasione di riflessione comune
sulla nostra predicazione, di un
momento della ricerca perché
essa sia fedele, credibile, e autentica.
I
Franco Becchino
(segue da pag. 1)
— La Tavola è anche ente di
beneficenza e di assistenza. Di
fronte alla continua messa in
guardia contro i rischi di uno
stato assistenziale, pur riconoscendo la necessità di non sprecare anche nel campo dell’assistenza, dobbiamo dire forte che
è molto più evidente oggi il fatto che lo stato assiste male i cittadini e in particolare le persone più svantaggiate della società: pensionati, malati, handicappati. E’ forse vero che sono di
fatto assistiti alcuni cittadini che
non ne avrebbero bisogno, ma
questo è il riflesso della disoccupazione: c’è elemosina perché
manca la giustizia, altrimenti l’elemosina non sarebbe necessaria.
2. Qualche indicazione pratica
il nostro testo la dà anche, però,
per la vita ecclesiastica del nostro minuscolo protestantesimo
valdese e metodista. Possiamo
coglierla attenendoci allo stesso
testo della I Pietro:
— Colui che parla lo faccia come dicendo gli oracoli di Dio.
Dobbiamo continuàrtiente riimparare a parlare. Dobbiamo parlare per gli altri da parte di Dio,
dire tutte le parole necessarie e
nessuna di troppo. Non dobbiamo sciupare la parola. Questo
innanzitutto in Sinodo. Quante
parole di troppo o male impostate rischiamo di dire! Perdiamo
tempo per limare meglio degli
ordini del giorno, senza saperci
autodisciplinare per cercare le
parole che servono a produrre
effetti diversi. Dobbiamo assolutamente evitare di perpetuare la
impressione che nel secolo scorso avevano il conte Guicciardini
e Teodorico Pietrocola Rossetti
quando affermavano in un volumetto polemico che il moderatore portava questo nome, perché la sua funzione era di moderare i pastori « quando quei
venerandi si azzuffavano nei loro sinodi procellosi » (cfr. 'Vinay:
Storia dei Valdesi, voi. 3, pag.
79). Il Sinodo deve essere il posto in cui si usa bene la parola.
Altrimenti si ripete il cattivo uso
che se ne faceva nella chiesa primitiva con una glossolalia fine a
se stessa e contro la quale forse
il nostro testo prende posizione.
Se parliamo troppo finiamo anche per riflesso col non dire parole essenziali: siamo in ritardo
su parecchie parole che dovremmo dire, non solo su parole profetiche che non sempre ci è dato
di avere, ma anche su parole di
riflessione e di studio che richiedono solo un po’ di impegno ben
amministrato: non siamo capaci
di produrre un catechismo adatto ai giovani del nostro tempo;
non siamo capaci, noi, popolo
della bibbia, di produrre un com
Protestantesimo
in TV
La trasmissione su
«30 ANNI DI AGAPE»
(rivisitazione della storia
di Agape in occasione dei
30 anni) andrà in onda
martedì II agosto, alle ore
23,10 anziché lunedi 10.
Prossime trasmissioni;
24 agosto;
«Terremoto, fase due».
7 settembre;
« L’Antico Testamento ».
21 settembre:
« Il Nuovo Testamento ».
mento popolare all’Antico Testamento, un Antico Testamento annotato, che certo sarebbe indispensabile ai monitori e ai predicatori locali, oltre che a tutti
i lettori della Bibbia; siamo in
ritardo nella produzione di un
dizionarietto teologico che serva
a presentare il pensiero protestante al nostro paese. Poi parliamo di evangelizzazione.
Fratelli, dobbiamo imparare ad
amministrare meglio la grazia
che ci è fatta nel dono della parola.
— Colui che esercita una diaconia lo faccia come sotto la spinta che Dio amministra. La varietà dei ministeri nella nostra chiesa è un fatto ormai riconosciuto. Dobbiamo anche riconoscere
che in genere è la grazia di Dio
che si manifesta in essi. Corriamo, però, due rischi. Il primo è
quello di disperderne le energie
e di utilizzarli male. Dobbiamo
tener conto del fatto che la flessibilità degli uomini non è illimitata. Abbiamo fatto di un pastore un cassiere, ma non è detto che l’operazione inversa avrebbe uguale successo. Il secondo
rischio è quello che si affaccia
in ogni chiesa ed è quello di fare
del ministero un’occasione di potere anziché di servizio. In questo caso ognuno prende iniziative proprie, senza coordinarle
con le linee generali del lavoro
elaborate dal Sinodo; non sono
del tutto assenti anche i casi in
cui coloro che esercitano un ministero hanno finito col bloccare
deliberazioni delle assemblee.
Noi siamo maestri sulla via attraverso la quale una decisione
deve essere presa. Possiamo dare lezioni di democrazia al nostro paese essendo certi che se
le merita. Ma non siamo sempre altrettanto puntuali nell’esecuzione delle deliberazioni prese
dalle assemblee. Ci fu una volta
un pastore che scrisse sulla circolare della sua chiesa che si sarebbe fatto il contrario di quello
che il sinodo aveva chiesto. Ancora: condividiamo a volte la negligenza e Tinefficienza del nostro paese male amministrato:
le nostre poste recapitano tardi
o perdono a volte la corrispondenza. Ma coloro che hanno fra
noi compiti di coordinamento
sanno quanto è difficile non solo
fare arrivare le lettere, ma anche farle partire da coloro che
dovrebbero scriverle. Ciascuno
di noi deve imparare ad esercitare il proprio ministero, pastorale o non, con spirito amministrativo, sentendosi spinto non
da scrupoli e puntualità umana,
ma da Dio.
Vorremmo che questa proposta fosse lasciata anche a voi, Alfredo, Giovanna, Claudio, che
consacriamo quest’oggi al ministero pastorale. Vi facciamo una
grande richiesta: quella di essere dei banditori delTEvangelo di
Gesù Cristo. Ma vogliamo anche
chiedervi di essere fedeli ad una
funzione e ad uno stile che, in
confronto all’annuncio, ha quasi
il sapore di una semplice manovalanza: quella di badare a che
in voi e nella chiesa la multiforme grazia di Dio non sia sciupata, ma accortamente amministrata. Vi chiediamo davanti al
Signore di essere fedeli nelle piccole cose sapendo che di queste
piccole cose è fatta la grande
missione della chiesa a cui voi
parteciperete col vostro ministero. Claudio Tron
Marsala: una giornata di gioia
DALLE CHIESE
A Marsala, la piccola chiesa
valdese che da circa trent’anni,
da quando fu fondata ai tempi
del pastore di Palermo Mathieu,
testimonia, pur nella modestia
del numero, ma anche nella testarda consapevolezza dell’« una
sola cosa è necessaria », il 'Vangelo di Gesù Cristo, il 12 luglio
ha vissuto una bella giornata di
gioia con la solenne confermazione di due giovani catecumene ;
Pina ed Enza Denaro. Semplice
ed austera la cerimonia, secondo la liturgia riformata. Viva e
commossa la partecipazione di
tutti. Dopo brevi parole di storia
e di augurio del past. Giunco, le
due giovani hanno confermato le
promesse battesimali, hanno pronunziato la confessione di fede,
quindi sono state accolte ufficialmente nella piena comunione
della Chiesa. Il past. Panasela
venuto in gita con una ventina di
fratelli di Palermo, che han fatto da simpatica cornice alla
straordinaria cerimonia, ha rivolto un appropriato messaggio
biblico.
La domenica seguente, quale
felice prolungamento a tanta solennità, lo studente in teologia
Giuseppe La Torre veniva ammesso a far parte ufficialmente
della Chiesa Valdese. La sua confessione di fede venne rappresentata da un commovente messaggio che, partendo dalla lettura
del Salmo 139, tratteggiò le travagliate tappe fisiche e spirituali
attraverso le quali il Signore lo
condusse sino a questo giorno
in vista del servizio pastorale
nella chiesa di Dio.
Alle giovani confermate l’au
gurio di una fedeltà senza fine
all’Eterno, al candidato pastore
quello di un buon anno all’Estero, alla piccola e giovane comunità l’augurio di molte giornate
come queste.
AOSTA
• La domenica di Pentecoste,
il 7 giugno, la comunità si è rallegrata e si è stretta attorno a
5 catecumeni che hanno chiesto
l’ammissione in chiesa; Oriana,
Corrado ed Ester Henriet mediante battesimo, Viviana e Massimo Resburgo mediante confermazione. Essi stessi hanno presieduto il culto con una buona
predicazione nella quale hanno
sottolineato gli aspetti fondamentali della loro decisione e
hanno confessato la loro fede in
Gesù Cristo.
FORANO
La comunità ha meditato nel
pomeriggio del 30 maggio sul testo di Romani 8: 11 in occasione del rito funebre della sorella
Maria Marcucci ved. Scarinci deceduta a Roma e per sua espressa volontà accompagnata all’ultima dimora dal pastore di Forano, past. Cappella, insieme ai
tanti amici e parenti.
Il 16 giugno la comunità si è
trovata di nuovo a pregare di
fronte ad una bara, quella del
fratello Claudino Paolucci di 68
anni, deceduto a Roma ma tornato al suo paese dopo una vita
travagliata.
Il past. Sommani è intervenuto alle esequie soffermandosi sul
versetto di 2 Corinzi 5: 1 e con
i presenti ha ricordato la figura
del fratello Claudino che, saldo
nella sua fede è riuscito a trasmetterla anche a coloro che gli
sono stati accanto.
Da parte della comunità tutta
fraterne condoglianze alle due
famiglie.
IVREA
Tutte le attività si sono concluse nella prima decade di giugno.
• Domenica 7 giugno, Pentecoste, abbiamo avuto la gioia di
partecipare ad un culto particolarmente comunitario. A conclusione dell’anno di attività la
Scuola Domenicale ha voluto essere con la comunità dei « grandi » per il culto con parecchie
letture della Parola, con canti,
con la lettura di versetti durante
la S. Cena e accompagnando all’armonium gli inni. E’ stata
questa un’occasione per constatare il contributo che i giovanissimi possono dare alla loro comunità.
3
7 agosto 1981
ECO“LUCE inchiesta ECO'LUCE inchiesta ECO'LUCE inchiesta
Le risposte al questionario
Ragioni di spazio non ci hanno consentito di pubblicare nelle
pagine centrali del numero scorso i dati relativi alle risposte al
questionario diffuso in primavera tra i nostri lettori.
Li pubblichiamo perciò in questo numero, chiedendo ai lettori
che desiderano commentarli di scriverci.
Le cifre si riferiscono a percentuali (%) su un totale di 818 risposte.
3) Giudizi sul
contenuto
Eco-Luce
no, informazioni della
CEvAA, notizie dall’ Italia evangelica)
g) Rapporto lettori-giornale (Tribuna libera, A
colloquio con i lettori.
L’angolo di Magna Linota)
Questo rapporto, che normalmente si esprime nella
forma di lettere;
dovrebbe avere più commenti redazionali
andrebbe potenziato
contiene a volte cose superflue
va bene così com’è ora
altri suggerimenti
17,7
26,6
17,0
32,9
5,8
1) I dati statistici
sui lettori
a) Sesso
maschio
femmina
54,7
45,3
g) Area geografica di residenza
Valli
nord
centro
sud-isole
estero
38,1
40,5
11,8
6,2
3,4
b) Classi di età
fino a 25 anni
da 25 a 40 anni
da 41 a 60 anni
oltre 60 anni
6,4
19,9
39,4
34,3
h) Popolazione del Comune di residenza
meno di 5.000 abitanti
da 5.000 a 15.000 abitanti
da 15.000 a 50.000 abitanti
da 50.000 a 100.000 abitanti
oltre 100.000 abitanti
a) Rubrica ’’Punti di vista”
Secondo lei è importante
che il protestantesimo italiano sia sistematicamente
presente con valutazioni,
espresse a titolo personale,
su singoli avvenimenti dell’attualità nazionale e/o internazionale?
sì
no
dovrebbero riportare più
notizie e commenti dalle
altre denominazioni
dovrebbero rinortare più
notizie e commenti dal
mondo cattolico
va bene come sono ora
altri suggerimenti
f) Presentazione di novità
librarie
89,8
10,2
31,8
10,3
14,6
8,9
35,0
b) Meditazione biblica
c) Titolo di studio
licenza elementare
licenza media inferiore
licenza media superiore
laurea
17.2
21,1
38.2
23,5
2) Funzione
del giornale
d) Professione
studente
operaio/a
dirigente
artigiano
ministro di culto
casalinga
agricoltore
impiegato/a
commerciante
professionista
insegnante
pensionato/a
altro
5.1
5,7
2.9
0,7
5.2
13,3
1,0
14.0
0,7
2,5
11.0
34,0
3.9
Un giornale evangelico, come L’Eco-Luce, deve;
a) curare soprattutto l’informazione (fornendo prevalentemente notizie)
curare soprattutto la formazione teologica dei lettori
entrambe le cose
altro
sono preferibili;
meditazioni varie e occasionali (riprese anche da
sinodi o altre manifestazioni)
meditazioni redatte espressamente per L’Eco - Luce
sulla base di un preciso
programma, da svolgere
numero per numero
veri e propri studi biblici,
anche in più puntate che
analizzino sistematicamente un argomento
altre forme
35,0
deve uscire con maggior
frequenza
deve prestare maggior attenzione alle pubblicazioni
di altre case evangeliche
oltre alla Claudiana
deve prestare maggiore attenzione alle nubblicazioni
cattoliche
va bene così com’è ora
altri suggerimenti
36,2 4) Abitudini di lettura
17,2 a) Il giornale è letto: nel suo complesso 82,3
42,7 solo nelle pagine riguar-
3,9 danti le Valli 2,9
solo nelle pagine di inte- resse generale 13,5
altre risposte 1,3
23,4 b) Quante persone leggo- no il giornale?
solo chi lo acquista 31,2
anche un parente o amico 47,5
anche più parenti o amici 21,3
33,2 10,0 c) Dopo la lettura il gior- nale è; conservato 60,5
29,9 regalato 13,6
3,5 gettato via 25,9
24,3
36,0
4,7
13,2
8,1
74,1
4,6
e) Religione
cattolico
nessuna religione
simpatizzante evangelico
altra religione
evangelico
tra gli evangelici;
metodista
valdese
altro
2,5
0,6
6,2
3,7
87,0
13.4
77.4
9,2
b) interessarsi esclusivamente di problemi religiosi
essere aperto ai problemi
politici e sociali (ovviamente non in termini di partito), in quanto espressione
concreta di partecipazione
ai problemi del prossimo e
della società in genere
altro
8,8
c) Notizie (da chiese, circuiti, distretti, campi
ecc.)
dovrebbero essere più sintetiche, riportando solo ar.
gomenti di interesse generale e trascurando le cronache
dovrebbero essere ampliate
vanno bene come sono ora
altri suggerimenti
21,2
22,4
51,8
4,6
84,3
6,9
f) Impegni e incarichi nel
mondo evangelico
SI
no
50,2
49,9
c) svolgere una funzione
esclusivamente interna
svolgere anche una funzione esterna di informazione,
evangelizzazione, testimonianza
altro
2,7
d) Cronaca delle Valli
dovrebbe essere ridotta
dovrebbe dare più notizie
delle comunità
dovrebbe dare più notizie
della vita pubblica della
zona
va bene così com’è ora
altri suggerimenti
17.0
27.1
28,3
21,9
5,7
94,8
2,5
e) Rubriche ecumeniche
(Echi dal mondo cristia
L
I Distretto
Distretto
»■
CIFRE, DATI E DEDUZIONI
Diffusione «Eco-Luce»
Il Distretto
iV Distretto
Presentiamo qui di fianco alcuni grafici (curati da Dino
Ciesch) relativi alla diffusione
dell’Eco-Luce.
I grafici presentano la situazione degli abbonamenti al 31 dicembre di ogni anno, mentre per
il 1981 è presentata la situazione
al 30 maggio.
Nel grafico non sono però compresi gli abbonamenti esteri
(quest’anno in numero di 240) e
quelli pagati dalla Tavola Valdese (in numero di 258), né quelli
pagati dalla Regione Piemonte
nel quadro dell’azione « giornale
in classe» (in numero di 52), né
il numero di copie diffuse settimanalmente in edicola e libreria
(in numero di 65). Perciò in realtà l’attuale diffusione del giornale è di 4.901 copie.
A queste vanno ancora aggiunte n. 124 copie omaggio o cambio
con altre testate, che portano la
nostra tiratura settimanale a
5025 copie.
numero di 4.656 lettori; finalmente il 21,3% delle risposte dichiara che il giornale è letto da
almeno tre persone il che indica
(assumendo l’ipotesi minima di
tre persone) un numero di 3.132
lettori. La somma è appunto di
9M7 lettori.
TOTALE
Lettori valdesi
e metodisti
Numero
dei lettori
Sulla base delle risposte al
questionario (vedi sopra) possiamo ipotizzare che i nostri lettori
siano almeno 9.300 persone. Infatti, secondo la nostra inchiesta, il 31,2% delle risposte dichiara che il giornale è letto da uno
solo, il che rapportato alla diffusione ci indica il n. di 1.529 lettori; il 47,5% delle risposte dichiara che il giornale è letto da
un’altra persona e ciò indica un
L’inchiesta ci consente inoltre
di estrapolare alcuni dati relativi
al rapporto tra numero dei lettori e numero dei membri di
chiesa e della popolazione valdese e metodista.
Sulla base dei dati dell’inchiesta possiamo dire che r87% dei
lettori è evangelico (cioè 8091)
e che di questi il 90,8% appartiene alle chiese valdesi e metodiste,
cioè 7.345.
Se rapportiamo questo numero al numero dei membri comunicanti delle chiese valdesi e metodiste (22.149, al 31 dicembre
1980) il rapporto lettori-membri
di chiesa è del 33,2%, cioè vi è
un lettore dell’Eco-Luce ogni tre
membri di chiesa.
Inoltre se rapportiamo il numero dei lettori valdesi e metodisti al numero dei membri elettori (valdesi) ed eleggibili (metodisti) che al 30 dicembre scorso
era di 9764, il rapporto diventa
il 75,2%.
Se invece si rapporta il numero dei lettori all’intera popolazione valdese e metodista (30.978)
il rapporto è del 23,7%.
4
7 agosto 1981
a colloquio con i lettori
Pubblichiamo diverse lettere al giornale alcune delle quali hanno dovuto
fare parecchia anticamera per la sovrabbondanza di materiale. Ci scusiamo con
gli autori per questo inconveniente.
RAPPRESENTANZA
Caro Direttore,
leggo con stupore sul n. 22 de « La
Luce ■ la lettera di Inda Ade, la quale
- soffre enormemente » di essere rappresentata da me, come protestante
italiana. Onde tentare di lenire in qualche modo le sofferenze della sig. Inda
Ade, preciso quanto segue:
1) lo non sono responsabile dei
commenti dei giornalisti. La frase « Sensi rappresenta 200.000 (sic!) italiani... »
era evidentemente {lo si capiva dall’impostazione tipografica) un commento del giornalista e non faceva parte
del testo dell’intervista da me rilasciata
a La Repubblica. La lettera di Inda Ade
doveva essere inviata a La Repubblica,
non a La Luce.
2) Non ho mai avuto la pretesa
di • rappresentare » nessuno. Nell’ambito del protestantesimo italiano mi è
stato tuttavia affidato un compito che
tento di portare avanti come meglio
posso, cercando di far conoscere il
pensiero e l’atteggiamento dei protestanti che formano la Federazione. Mi
sono sforzato di farlo con molta attenzione e sempre con riguardo verso chi
non pensa come la maggioranza di noi.
3) Nel fatto specifico, poi, mi sembra veramente enorme che un protestante possa non essere solidale con me
nello stigmatizzare la massiccia interferenza ecclesiastica cattolica negli affari interni dello stato italiano a proposito del recente referendum (il che
non ha nulla a che vedere con il diritto
della chiesa di pronunziarsi sul problema dell'aborto).
Cordialmente
Piero Bensì, Presidente FCEI
ETICHETTE
Caro Direttore,
leggiamo sulla Luce n. 24 una lettera
di sn>entita sulla Festa dì Canto delle
Scuole Domenicali, della Liguria, in cui
quasi con orrore si chiarisce che essa
non (scritto in neretto perché non ci
siano dubbi) sarebbe stata organizzata
dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Liguria. Ora vorremmo chiarire
che l’invito a partecipare a questo incontro a firma Anita Simeoni ci è pervenuto su carta intestata « V Circuito
delie Chiese Valdesi e Metodiste» e
■ Federazione delle Chiese Evangeliche
in Liguria », che è l’intestazione di
solito usata per i Collettivi e gli altri
incontri della Federazione. Per cui
francamente ci sembra che gli autori
della smentita abbiano preso un solenne granchio.
A parte la questione formale, però,
quello che non comprendiamo è la sostanza. Perché continuare a pensare alla Federazione come a un lupo mannaro
e non invece come ad uno strumento
di servizio che sa organizzare anche
queste belle Feste, in cui il Signore
ci dona di sentirci uniti e di non pensare a « federati » e « non federati »
ma solo alla gloria di Dio? Perché quando una cosa riesce bene, ci si affretta
a smentire contro ogni evidenza che
la Federazione non c’entra? Perché invece non tentare di superare le » etichette » per cercare di lavorare insieme
come questa Festa ci ha dimostrato che
possiamo e dobbiamo fare?
Grazie per l’ospitalità e fraterni saluti.
Per i monitori della Chiesa Battista
di La Spezia
Paola Pietragiana, La Spezia
DOPPIA PROTERVIA
Caro direttore.
ho letto con interesse la pagina che
Mario Miegge ha dedicato alla sessione
recente delia Commissione delle Chiese per gli Affari Internazionali. È ricca dì dati, osservazioni, valutazioni
utili. Però...
M. Miegge ci dice che nella sessione » sono state approvate aH'unanimìtà
due dichiarazioni dure e inequivocabili
sul Salvador e sul Libano ». Ma ne
attendiamo invano di altrettanto dure e
inequivocabili non foss’altro che sul1 Afghanistan, per fare solo l’esempio
più plateale e brutale. Sì, c’è stata un
po di discussione, ma bisogna capire
la situazione dei cristiani dell’est...
M. Miegge stigmatizza . la svolta
proterva della strategia americana »,
ma non sembra vedere la costanza
proterva di quella sovietica, che ha abbondantemente approfittato su tutto lo
scacchiere della relativa remissività
carteriana.
Se questa è la "profezia" politica
della CCIA — e lo è. in misura considerevole —, come stupirvi, fratelli del
la CCIA, se dissentono da voi anche
cristiani che, come me, rifiutano posizioni teologicamente fondamentaliste e
politicamente reazionarie? Siete sicuri
di essere non-conformisti? Ritenete di
servire alla riconciliazione e alla pace,
con questa parzialità? Parziale, dunque
scarsa è la vostra autorità. La vostra
indignazione e la vostra azione è selettiva: ma l’Evangelo, l’appello e il giudizio evangelico non è selettivo.
Gino Conte, Genova
IMMORTALITÀ’
Ho letto, nel settimanale, della risurrezione e della immortalità. Allo stato attuale delia umana mia ignoranza io
credo alla immortalità dello Spirito.
Si suppone che scritti anteriori siano
la fonte degli attuali evangeli forse riveduti e corretti dagli sconosciuti redattori (non so a qual grado di conoscenza fossero) negli incerti tempi cui
sono datati. Tuttavia ci raccontano tutti
che Gesù, dopo morto (« morto quanto alla carne ma vivificato quanto allo
Spirito »), appare (anche a porte e finestre chiuse), non è subito riconosciuto, sì rivela alla voce e anche in forma fisica e poi... sparisce. Fatti che avvengono in molte manifestazioni spiritualistiche.
Saulo è stato fermato sulla strada
per Damasco da una luce folgorante
e una voce occulta. Una presenza puramente spirituale del Cristo.
Non so se e in quali dottrine fosse
addottorato ma nelle sue epistole vi
sono, per quanto riguarda morte e risurrezione, molte contraddizioni.
Penso sia bene rileggere il volumetto
del pastore Francesco Peyronel « La
risurrezione di Gesù Cristo - Breve esame scientifico e teologico degli Evangeli in relazione alla moderna scienza psichica ». Vi sono altre serie pubblicazioni in proposito.
Non si tratta di aderire ad una o
altra religione o filosofia ma di confrontarle cercando di trarne quanto ci
rivelano di buono e di vero, purificandole, se possibile, da ciò che riteniamo
sia solo mentalmente umano.
Ognuno a suo livello di coscienza ed
intelletto, per la ricerca di quella Verità che non è appannaggio di alcuno.
Cordiali saluti.
Renato E. Pampuro, Genova
CHIESA DEL RISCHIO
Caro Direttore,
la testata del giornale « La Luce »
porta specificato: « settimanale delle
chiese valdesi e metodiste ». Stando così le cose, io mi chiedo se veramente il giornale sia tenuto a ospitare con
tanto riguardo lettere provenienti da
persone che non hanno nulla di valdese
né di metodista, che non conoscono
queste chiese e, se le conoscono, non
ne condividono affatto i presupposti di
base. Queste persone si troverebbero
meglio in qualche parrocchia cattolica
di vecchio stampo o in qualche cenacolo fondamentalista e a parer mio
non hanno nessun diritto di pretendere
che il settimanale delle chiese valdesi
e metodiste condivida o propaghi i loro principi.
Negli ultimi anni io ho frequentato
vari raggruppamenti religiosi: comunità dì base, gruppi del dissenso, riunioni di pentecostali, di fratelli e di testimoni di Geova (oltre a gruppi dì ispirazione extra-cristiana). Ebbene, posso dire che veramente questa chiesa valdese-metodista che tanto spesso ho criticato, critico e criticherò, mi è apparsa la più fedele all'Evangelo, quella per
cui vale maggiormente la pena di impegnarsi, quella che è più attenta ai
perìcoli della superstizione, del ritualismo, del moralismo che rende schiavi
anziché liberi in Cristo, quella che è
più lontana da ogni forma di culto della personalità e da trionfalismi. È la
chiesa del rischio, e tale deve rimanere
se non vuol perdere la sua ragione di
essere.
Diciamo a questa brava gente che
mandi le sue lettere a qualche bollettino parrocchiale, non a un foglio che
intende comunicare Cristo agli uomini.
Cordiali saluti.
Rita Gay, Bergamo
TV IMPIETOSA
Caro Direttore,
sono molto in ritardo sugli ultimi avvenimenti che hanno scosso il paese:
attentato al papa, tragedia di Vermicino,
ma vorrei attirare la sua attenzione
sul come la RAI-TV ne ha informato
le masse.
Quando hanno sparato al pontefice.
il cronista ci ha raccontato per ben
sei ore consecutive, non solo la vicenda
dell’attentato stesso, ma invadendo i
corridoi dell’Qspedale, ha descritto le
fasi dell’operazione subita da Giovanni
Paolo II, violando, secondo me, il segreto professionale, e pur di parlare,
descrivendola e spiegandola con termini sbagliati.
Ma per la tragedia di Vermicino, ho
trovato ancora più insostenibile quell’eccitarsi, facendo leva sui buoni sentimenti del popolo italiano, alle spese
del dolore di una famiglia dignitosa, e
questo per giorno e notte. Perché hanno permesso di fare sentire la voce
del bambino (non l’ho sentita ma l’ho
saputo dai giornali) allorché tutta la
faccenda riguardava solo i genitori?
Non mi sembra né particolarmente
educativo, né, e soprattutto, d’aiuto per
chi lavorava attorno al pozzo.
Vorrei anche denunciare il modo di
fare certe interviste a personaggi politici, o non, a gente semplice del
Sud o del Nord, insistendo per avere
una dichiarazione, un’opinione, senza
nessuna pietà né rispetto della persona
umana. (Questo specialmente sul II
canale deHa TV).
Credo che sla il dovere di noi evangelici di protestare (una volta ancora!)
contro quello che diventa un attentato
alla libertà dei singoli perpetrato da cronisti che cercano di fare carriera o non
vogliono perdere • la grande occasione » di mettersi in mostra.
Con molti cordiali saluti
Louise Rochat, Torre PeHice
MILANO EMITTENTE
Caro Direttore,
pienamente d’accordo con Aurelio
Penna sulla sua « proposta alla FCEI »
contenuta nel n. 29 del gio-rnale. È
profondamente vero che noi evangelici
dobbiamo entrare a far parte « stabilmente e significativamente del ’’paesaggio’’ culturale italiano ». Ed è anche
urgente, assai urgente che ciò avvenga. Penso anch’io che la sede più adatta per un nostro trasmettitore possa
essere Milano. Malgrado l’impegno
per i terremotati, credo che possiamo
benissimo dare il via anche a quest’altra iniziativa. Il prossimo Sinodo non
potrebbe prendere un’iniziativa concreta? Usciamo un po’ dai nostri schemi, finora non troppo aperti.
Comunque, spero che la proposta
assai concreta di Aurelio Penna non
cada, come tante altre cose, nell’abisso
della trascuratezza.
Fraternamente
Lino de Nicola, San Remo
UNA PROPOSTA
Replicando alla risposta alla sua lettera pubblicata sul n. 27 del 3.7 Antonio Ardito scrive:
Lancio una proposta: un gruppo di
pastori valdesi (e metodisti) dicano attraverso le colonne de « La Luce »:
1) Che cosa significa per te oggi il
comandamento divino « Non commettere
adulterio »?
2) Che cosa significa per te oggi
l’interiorizzazione cristiana di questo
comandamento: ■ Chiunque guarda una
donna per appetirla ha già commesso
adulterio con lei nel suo cuore » (Matt.
5: 28)?
3) Ritieni che la libera disimpegnata
convivenza fra uomo e donna, anche se
unica e fedele, sia una trasgressione
del comandamento divino che vieta l’adulterio?
4) Ritieni che la predicazione contro
il peccato sessuale, in qualsiasi forma,
in qualsiasi condizione umana, sia oggi
altrettanto importante, e che comunque debba avere un posto, quanto quella, oggi diffusissima nel Protestantesimo <r federale » italiano, contro lo sfruttamento polìtico-economico-sociale dell’uomo sull'uomo?
Antonio Ardito, Pisa
CINEMA
Momenti di gloria
Le nostre azioni sono casuali
o scatenate da una molla, qualche volta inconscia qualche volta invece caricata da una tenace
volontà? Nella vita pochi fanno
esattamente ciò che volevano; e
se lo fanno forse pensano che potevano fare qualcos’altro. Così
tutti abbiamo qualche cruccio, il
rimpianto di ciò che non è stato
e poteva essere, o che è stato ma
che poteva essere diverso. Oggi
diciamo: mi sono realizzato?
« Momenti di gloria » mi sembra un buon metodo per diffondere in termini popolari questo
segreto della vita, come conquistarlo, come impadronirci di noi
stessi e tenere in pugno i nostri
ideali. Racconta di due atleti inglesi che vinsero la medaglia
d’oro nelle Olimpiadi del 1924 a
Parigi. Uno si chiama Eric Liddell. Il padre è un pastore della
Chiesa di Scozia, la sorella lo aiuta nel suo lavoro. Eric sente la
vocazione a predicare l’evangelo
in Cina, ma intanto si sente anche chiamato a correre, glorificando Dio con il dono fisico che
gli è stato dato. Vola sui 100
metri ma è anche un buon quattrocentista. Corre con la serietà,
il cuore e lo spirito di sacrificio
che mette nella sua pratica di
credente.
L’altro è Harold Abrahams. Il
cognome dice tutto, dice perché
corre, e come. È ricco, ma ebreo.
Suo padre è un finanziere, ma
per il rettore dell’austero « college » di Cambridge è uno che
« presta soldi ». Oltre che le corse Harold deve vincere questo
complesso che lo fa istintivamente aggressivo e dialettico. Perciò
studia legge. Non gli preme onorare Dio, lo sport, l’università o
l’Inghilterra.
I due s’incontrano in varie
sfide in patria. Eric ha innato il
senso del traguardo, la determinazione per raggiungerlo, se necessario soffrendo. Harold deve
vincere se stesso, « deve » arrivare primo, vendicandosi di tutti.
La sua molla è la rabbia, il tarlo
che lo rode e gli fa commettere
errori in corsa. Allora rompe la
clausola del dilettantismo (c’era
una volta!) e paga un famoso
allenatore mezzo italiano mezzo
arabo per correre i 100 meglio di
tutti.
Ce la farebbe alle Olimpiadi a
battere Eric, o gli finirebbe ancora dietro? Eric dovrebbe correre le eliminatorie di domenica.
Ma si rifiuta: è il giorno del Signore. A Parigi il principe di Galles, futuro re del Regno Unito,
cerca di convincere l’eroe nazionale a onorare la patria. Niente
da fare: « Meglio obbedire a Dio
che al re ». Per fortuna un amico, nobile di nascita e di animo,
gli cede il suo posto nei 400 metri. Eric li vince e Harold vince
i 100.
Costumi, musica, ricostruzioni d’ambiente sono suggestivi e
fanno rocchiolino al pubblico.
Due citazioni bibliche sono un
po’ piegate ad uso del film. Nella
prima si vede Eric sul pulpito
leggere Isaia 40 (il doppiaggio
italiano ha un errore, dice Isaia
4): « Quelli che sperano nell’Eterno corrono e non si stancano »;
nella seconda Eric alla partenza
della gara olimpica riceve un biglietto d’incoraggiamento con le
parole di 1 Samuele 2: 30: « Io
onoro quelli che mi onorano ».
Possibile, ma poco probabile,
l’episodio dell’amico che cede il
suo posto in corsa, sempre che i
regolamenti lo consentano ; e
ingenui, per i nostri tempi, i due
messaggi che il film ci lascia: si
gareggia per lo sport (non per
i soldi) e per la patria, qui la
« cara, vecchia Inghilterra » (sono riprese nella loro struggente
bellezza le brughiere delle Highlands scozzesi).
Io ho raccolto un terzo messaggio. Il titolo originale della
pellicola è « Carri di fuoco », che
ha il riscontro biblico nel rapimento di Elia in cielo (2 Re 2:
11). Il carro di fuoco è il titolo
di un famoso negro-spiritual
(«Swing low, sweet chariot»).
Nella storia profana indicò il carro dei vincitori e divenne simbolo della fulgida gloria del sole.
Ebbene, la vocazione di Eric a
Dio non verrà abbagliata dalla
gloria sportiva. Nella vita reale
Eric Liddell andrà davvero missionario in Cina dove morirà alla fine della seconda guerra mondiale (Harold andrà in America
dove morirà nel 1978).
Forse è un film del riflusso e
del « come eravamo ». Ma io ci
ho trovato poco di retorico, compresa la commozione.
Renzo Turinetto
IL DIBATTITO SULLA STORIA DEI VALDESI
Una nota oscura
Quando nel febbraio scorso
ha avuto luogo a Roma la presentazione del terzo volume della Storia dei Valdesi scritto dal
prof. Valdo Vinay con i contributi del past. Luigi Santini e del
prof. Domenico Maselli una cosa è parsa strana alla maggioranza dei lettori e certo anche a
molti lettori: la comparsa, in calce al titolo della conclusione del
volume, di una nota la quale
dice che detta conclusione « esprime l’opinione personale dell’autore » (p. 469). Ma — è stato
osservato — tutto il volume non
è forse anch’esso l’espressione
CAMPO TEOLOGICO AD AGAPE
La profezia
Domenica 9 agosto ; arrivo.
Lunedì 10 agosto : Introduzione al campo (Ermanno Genre) Relazione di A. Marx (Strasburgo) su : « La profezia nell’Antico
Israele, con particolare riferimento al rapporto tra profezia e
realtà sociale e politica » - Animazione biblica a cura di Henry
Mottu (Ginevra) su Geremia 26
(e 7).
Martedì 11 agosto; Relazione
di Sergio Rostagno (Roma) su:
« Che senso ha parlare di profezia dopo Gesù Cristo? » - Animazione biblica a cura di H. Mottu
su Apocalisse 11.
Mercoledì 12 agosto : Relazione di Ernesto Balducci (Firenze)
su: « Profezia o.ggì » - Lavoro a
gruppi sul tema: profezia - istituzione ecclesiastica - Informazioni sulla situazione dei diversi
paesi a partire dalla problematica dibattuta nel campo.
Giovedì 13 agosto: Relazione
di H. Mottu su ; « Il Dio dei profeti » - Animazione biblica a cura di H. Mottu su Geremia 1 (e
20; 7-18).
Venerdì 14 agosto : Per escursioni in montagna.
Sabato 15 agosto: Lavoro a
gruppi - Assemblea finale - Sera :
Culto finale.
Domenica 16 agosto : Partenza.
Per informazioni : rivolgersi ad
Agape - 10060 Frali - tei. 0121/
8.514.
delle vedute personali del Prof.
Vinay? Può uno storico degno
di questo nome spogliarsi a tal
punto della sua personalità da
essere diverso in tutti i capitoli
della sua storia salvo che nella
conclusione? D’altra parte, se
questa conclusione esprime l’opinione personale dell’autore e
solo essa, vuol dire che tutte le
altre parti sono stimate come
esprimenti un’opinione diversa,
ritenuta forse più obiettiva o
più consona alla verità storica.
Ma, in questo caso, chi è il giudice? l’editrice Claudiana? o dietro ad essa la Società di Studi
Valdesi, o la Tavola, o addirittura tutta la Chiesa valdese, oggi
per giunta valdo-metodista?
Inoltre, se le pagine 1-468, a
differenza delle pagine 469-481
(solo 13, cioè appena il 3%), non
sono l’espressione personale dell’autore, chi le ha pensate e scritte? Se poi sono ritenute più
obiettive, allora vuol dire che le
pagine che sono state maggiormente oggetto di critiche o di
approvazione — come quelle 441444 sull’orientamento marxista
della PGEI, e 444-446 sulla TEV
— sono state ugualmente riconosciute come corrispondenti alla
realtà delle cose. Quis judices ,judicabit?
Giovanni Gönnet
# Il prossimo numero, dedicato
al Sinodo, uscirà a 4 pagine
con la data del 14 agosto. Seguiranno due settimane di chiusura
estiva e riprenderemo le pubblicazioni regolari col n. del 4 settembre.
5
7 agosto 1981
UN SAGGIO DI STORIA DELLA TEOLOGIA, UN'ANTOLOGIA PERSONALE, UN COMMENTO ALL’APOCALISSE
QUALCHE BUON LIBRO PER L'ESTATE
Corsini: annuncio
profetico del Cristo
Subilla: le nostre recenti
Il nuovo iibroi uscito dairofficina di V. Subilia è, come i precedenti, robusto e affidabile. La
presentazione della teologia protestante del secolo scorso vien condotta in quattro capitoli e definita nei seguenti aspetti principali: la coscienza
religiosa, la coscienza morale, la coscienza ideale,
la coscienza risvegliata, la coscienza sociale.
Poiché questi temi non sono casuali, ma fanno parte della nostra storia, nonché dell’attualità, le informazioni e i giudizi offerti da quest’opera costituiscono un utile arricchimento e precisazione di nozioni e concetti che spesso vengono
adoperati senza sufficiente padronanza. Capirne
la provenienza è invece stimolante per la propria
ulteriore riflessione intorno ad essi.
La teologia dell’Ottocento viene vista in una
doppia luce. Da una parte le viene dato un riconoscimento esplicito come momento necessario
e essenziale della storia della cultura protestante
e cristiana. Dall’altra ne vengono messi in chiaro
i limiti, emersi con la critica decisiva di tutta una
schiera di teologi del Novecento, tra i quali un
posto di rilievo spetta a Barth. Il motivo conduttore della critica è questo: il protestantesimo
moderno (quello cioè che giunge all’incirca alla
prima guerra mondiale) finisce per porre l’uomo
al centro dell’interesse teologico; l’uomo prende
poco alla volta il posto di Dio.
Oggi molti si rifanno alle tematiche elaborate
dal protestantesimo moderno, riaprendo i dossiers dei maestri dell’Ottocento. La ragione di ciò
emerge dalla natura dei temi trattati. Quanto a
Barth, non è diventato e non poteva diventare il
palladio dei fondamentalisti, mentre la sua influenza sembra destinata a prolungarsi. Subilia
parla dell’« illusione di aggirare o superare
Barth », mettendo ben in chiaro che non si tratta
del pericolo di ignorare l’opera specifica di un
singolo teologo, ma del confronto decisivo con
quello che è l’oggetto della appassionata ricerca
barthiana, vale a dire in definitiva Dio stesso, quale criterio in qualche modo esterno di ogni benintenzionato discorso sull’uomo e la società.
A questo tipo di problemi Subilia accenna in
alcune pagine conclusive, scrivendo: « L’elemento
che può esser designato come essenziale in Barth,
non superabile per succedersi di cicli culturali,
è il carattere fortemente confessante della sua
Vittorio
Subilia
PI lO’rESTVNTESIiMt )
DIODI] UNO ’riIA
SCHLliIEBMACHEP
E BAHTH
SOLA
SCRIP
BJRA nuovi studi teologici/Claudiana
teologia, cioè il suo riferimento costante a ciò,
in concreto a Colui, che costituisce l’unico tema
del suo discorso » (p. 134).
Arricchisce il volume un copioso indice dei norni. Dato che i libri di Subilia (come ci è capitato
di vedere) vengono letti e sottolineati, pensiamo
che anche questo meriti gratitudine e accoglienza.
S. Rostagno
^ V. Subilia, Il protestantesimo moderno tra Schleiermacher e Barth. (Sola scriptura 8). Claudiana, Torino,
1981. 141 pp. Lire 5.800.
Levi: da Giobbe ai “buchi neri”
L’ultimo libro di P. Levi^ è „
prima vista soltanto una antologia di brani degli autori preferiti
dallo scrittore, quasi il corrispondente del « Museo immaginario »
che Malraux^ si era costituito con
i capolavori dell’arte di tutti i
tempi e di tutti i paesi; invece,
mentre l’opera di Malraux è il
frutto di una ricerca obiettiva, e
quasi impersonale, dei monumenti più universalmente validi
creati dall’uomo, l’immagine che
risulta più viva dalla lettura dell’antologia leviana è proprio
quella del raccoglitore, anche se
egli avverte nella prefazione:
« ho letto parecchio, ma non credo di stare inscritto nelle cose
che ho letto ».
Questo è verissimo, nel senso
che i suoi libri non sono influenzati da altri libri, ma scaturiti
dalle cose e dalle persone conosciute nella vita. Anzi, quel che
più mi colpì, tanti e tanti anni
fa, quando lessi per la prima volta « Se questo è un uomo », fu
proprio la capacità dell’autore di
evitare sia lo sfogo individuale,
sia la fastidiosa letterarietà di
altre persone pur profondamente oneste, come un Saint-Exupéri
o un Vercors. Levi è un classico, per me, proprio per la limpida essenzialità delle sue pagine e per il pudore con cui il testimone quasi si annulla nel racconto: alla fine ricordi le donne
di Fossoli che stendono sul filo
spinalo i pannolini dei neonati,
il chimico tedesco della Buna, o
il condannato a morte che ai
piedi della forca grida: « Ich bin
der letzte », e quasi dimentichi
il deportato grigio e dimesso che
ha saputo trasmetterti la sua
esperienza.
In questo ultimo libro succede
esattamente il conti'ario, e Levi
se ne rende conto: « Mi sono
sentito più esposto al pubblico,
più spiattellato, nel fare questa
scelta che nello scrivere libri in
proprio. A metà cammino mi sono sentilo nudo... ».
Di una cosa invece mi pare non
si sia roso conto, quando dice:
« Non avrei previsto, accingendomi al lavoro..., che la mia esperienza concentrazionaria dovesse
pesare co.sì poco ». lo penso invece che essa sia uno dei fili con
a duttori di tutta questa scelta, co- conclude,
sì profondamente sincera, di
trenta autori cavati fuori da 30
secoli di messaggi scritti; qui
troviamo la risposta al dubbio
di quel primo lontano libro, « Se
questo è un uomo ».
Il Levi che inizia la raccolta
con le domande di Giobbe, il giusto oppresso dall'ingiustizia, degradato ad animale da esperimento, ha saputo salvare, proprio attraverso la disumana esperienza dei campi di concentramento, i valori che tornano come costanti in quest'antologia:
la capacità di ridere (anche se
quasi sempre è un riso grondante di lacrime, o la gioia elementare di mangiare, di bere, di sentirsi vivo), la coscienza della statura dell’uomo, di qualsiasi uomo, ma soprattutto di quello che
soffre ingiustamente, l’impegno
per capire, anche il torturatore
( « Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti
sono gente come noi, hanno il
nostro viso, ci rassomigliano...
ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada deH’ossequio e del
consenso, che è senza ritorno »).
Questi possono sembrare filoni diversi: in realtà è un messaggio solo: chi soffre, chi sfida
la propria paura, chi sa ancora
ridere, chi cerca la verità, è,
nonostante tutto, un uomo. E
Levi è un uomo, ha, come il suo
vecchio testo di chimica organica pratica, « l’autorità di chi insegna le cose perché le sa, e le
sa per averle vissute. Un sobrio,
ma fermo richiamo alla responsabilità ». La raccolta si chiude,
enigmaticamente, con i « buchi
neri », a cui tendono tutti i percorsi, sia dcH’individuo, sia dell’universo intero.
Secondo Levi, la rivoluzione
culturale degli astrofisici ci insegna che siamo soli e che i « buchi neri » rischiano di essere le
tombe dcH’universo, da cui nulla potrà mai più riaffiorare. Eppure « se la mente umana ha concepito i buchi neri ed osa sillogizzare... perché non dovrebbe
saper debellare la paura, il bisogno ed il dolore? ».
Sono le sue ultime parole nel
libro e l’ultima citazione, che lo
è: « Non possiamo
aspettarci risultati a breve scadenza, ma il futuro non sembra
privo di promesse ».
Qccorre molto coraggio per
chiudere così un libro, nel 1981.
Davvero per Levi, come per Bertrand Russell, « la condizione
umana è miserabile, ma è ozioso attardarsi a compiangerla e
doveroso adoperarsi per renderla migliore ».
Eppure, qualcosa è morto definitivamente in lui nel campo di
concentramento, e lo avverte egli
stesso: « Tewje non esiste più:
10 hanno ucciso i gas di Auschwitz e i lager di Stalin ». E questo si rivela anche nella scelta
dei due cori, da « Assassinio nella cattedrale » di Eliot: « Qualcosa è avvenuto che non sarà risanato mai più. Per cancellarlo
bisognerebbe lavare il vento e
ripulire il cielo ».
Di fronte a questo, mi pare che
Levi reagisca come quel personaggio di Peretz/ conteso sul
letto di morte fra l’angelo della
Luce e l’angelo cattivo. L’angelo
maligno gli chiede di seguirlo
« dagli infelici, dagli affamati,
dai languenti, dai deboli e dai
tormentati... Non li potrai aiutare, ma potrai patire con loro... ».
11 moribondo sceglie di seguirlo
c l’angelo della Luce se ne va solo. Così Levi si rifiuta di dimenticare il lager: sarebbe un tradire chi non è tornato.
Sarà forse perché, a differenza
di Levi, io ho vissuto solo indirettamente, attraverso persone
care, il dramma dei lager, ma la
mia antologia personale potrebbe sì cominciare come la sua con
le domande di Giobbe, però si
concluderebbe, anziché con i
« buchi neri » con le parole del
salmista antico: « 11 mio aiuto
viene dall’Eterno ».
Marcella Gay
' PiiiMO Levi: La ricerca delle radici (antologia personale) Einaudi, Torino 1981 (Gli Struzzi, n. 240).
2 André Malraux : Le musée imaginaire de la sculpture mondiale. Ed.
N.R.F. (La Pleiade).
^ ISAC L. Peretz : Novelle ebraiche
- n. 819 Universale Economica Feltrinelli - Milano 1980.
L’Apocalisse di Giovanni è uno
scritto apocalittico o profetico?
Non da oggi propendo per la seconda alternativa ed è quindi con
soddisfazione che ho letto il libro di Eugenio Corsini in cui il
significato profetico dell’Apocalisse è messo in luce con grande
coerenza e rigore'.
Nell’A.T. il profeta è colui che
legge nella storia i segni della
presenza e della volontà di Dio
(p. 33) e ne trae ammonimenti e
consigli per il popolo — non colui che predice l’avvenire! L’autore dell’Apocalisse intende stabilire una continuità fra il suo
scritto e la tradizione biblica intesa come profezia, cioè come
manifestazione della volontà di
Dio (p. 37). In questo senso, dunque, l’Apocalisse è una « profezia » che si riferisce alla prima
venuta di Cristo, una meditazione sul significato di nuella venuta e un’illustrazione degli eventi
storici e spirituali che l’hanno
preceduta e preparata (p. 69).
La figura centrale su cui ruota
l’Apocalisse, e che esprime quella volontà, è quella dell’Agnello
(trasparente allusione alla morte
di Gesù Cristo, p. 40). Le frequenti menzioni della « profezia »
e della « testimonianza di Cristo », che troviamo nell’Apocalisse, non si riferiscono alla nredicazione data dalla chiesa e dai
suoi membri, ma a Quella resa
dai credenti dell’antico patto.
Quindi si tratta di testimonianza della prima venuta di Cristo:
dell’incarnazione e dell’opera di
salvezza (p. 44). Anche gli uccisi
(quelli del quinto sigillo, i due
testimoni, quelli del regno millenario) sono i giusti e i profeti
dell’economia antica (p. 47 s.) i
quali partecipano agli effetti del
sacrificio di Cristo e vivono e regnano già con lui (p. 48). E’ come dire che per Corsini l’Apocalisse allude ai punti salienti di
una storia che dalla creazione e
dalla caduta conduce fino « alla
nuova creazione e alla redenzione che hanno luogo nella venuta
storica di Gesù &isto » (p. 54).
Il rapporto fra l’Antico e il Nuovo Testamento è un rapporto di
continuità tipologica (p. 59), non
simbolica o allegorica.
Il Corsini fonda la sua interpretazione dell’Apocalisse sul parallelismo dei quattro cicli di
sette: sette lettere (cc. 2-3, una
interpretazione dell’A.T. alla luce
di Gesù Cristo), sette sigilli (cc.
6 a 8: 1, una meditazione sulla
storia umana alla luce della persona del Cristo), sette trombe
(da 8: 6 a 11: 18, la storia come
giudizio di Dio sul mondo), sette
coppe (c. 16, la morte di Cristo
come giudizio di Dio sulla storia).
Questi quattro blocchi costituiscono l’ossatura dell’Apocalisse.
Il risultato della lettura che il
Corsini fa del testo, alla luce dei
suoi riferimenti alla tradizione
biblica dell'A.T., è che l’Apocalisse parla sì di una venuta di Gesù
Cristo, ma non quella che avverrà alla fine dei tempi, bensì quella che si è attuata nel corso di
tutta una storia, a cominciare dalla creazione del mondo, e che ha
avuto il suo punto culminante
nel grande « evento » della venuta storica di Gesù Cristo e della
sua morte e risurrezione (p. 18Ì.
Questa coerenza e concentrazione cristologica ha qualcosa di tonificante e non possiamo che rallegrarcene. Naturalmente essa
comporta, per il Corsini, l’abbandono drastico dei riferimenti agli
ultimi giorni, al giudizio finale,
alla sorte eterna ecc., se non per
quanto tutto ciò è già presente
proletticamente nella morte e risurrezione di Gesù Cristo. Così
p. es. la battaglia di Harmagheddon coincide con la morte di Gesù, e così anche la guerra contro
Gog e Magog. Il regno millenniale diventa il regno di quelli che
hanno testimoniato il Cristo venturo fino al sacrificio della vita
(p. 508), mentre Satana è incatenato per mille anni: una prigionia provvisoria, dunque incompleta, che si addice all’economia
pre-cristiana a cui manca la pie
nezza dell’opera di Cristo. Dopo
i mille anni (cifra simbolica) Satana viene slegato: se così non
fosse, non potrebbe consumarsi
la vittoria provvisoria del male
che consiste nell’uccisione del
Cristo. La seconda risurrezione e
il secondo giudizio avvengono invece come conseguenza della
morte di Cristo e ne rappresentano il carattere universale e definitivo (p. 509). La descrizione
della nuova Gerusalemme rappresenta gli effetti positivi della
morte di Gesù Cristo, cioè la restaurazione del rapporto fra l’uorno e Dio (p. 518), l’adempimento
di tutte le promesse messianiche,
la costituzione del nuovo popolo
eletto che Dio si è scelto non più
da una sola nazione ma da ogni
tribù, popolo e lingua (p. 521):
Dio diventa il « Dio-con-loro ».
Non è affatto la vita futura o l’eternità, bensì la nuova realtà
portata da Cristo, che sostituisce e continua al tempo stesso
l’antica (p. 537).
Naturalmente la lettura di questo libro, per quanto suggestiva,
non ci esime dal rivolgere alcune
domande al Corsini:
1) E’ senz’altro vero che certe interpretazioni rigorosamente
« escatologiche », cioè riferite totalmente agli « ultimi tempi »,
annullano il rilievo contemporaneo della predicazione dell’Apocalisse e la concretezza del suo
messaggio per j contemporanei.
Ma è necessario andare all’estremo opposto e spostare la profezia alFinterpretazione della storia pre-cristiana? Non è « profetica » anche un’interpretazione
della storia degli anni di Giovanni? Penso in modo speciale (se
non ho letto male) ai primi quattro sigilli, e alla scarsità di allusioni alla persecuzione nel libro
del Corsini.
2) L’interpretazione delle sette lettere è la parte che mi sembra meno convincente. Più volte
il Corsini prende posizione contro un’interpretazione allegorica
dell’Apocalisse, ma ritrovare nelle sette lettere la storia del popolo d’Israele non significa ricadere nella medesima tentazione?
3) Qgni tanto il linguaggio
usato per parlare del Giudaismo
suscita un sospetto di anti-semitismo latente, inconscio. Si veda
a p. 456 il termine ormai fuori
uso di « deicidio », ma anche
p. 360, 351 e altre. Mi sembra che
il Corsini avrebbe dovuto precisare meglio i motivi e le circostanze dell’opnosizione fra Giudaismo e comunità cristiana all’epoca dell’Apocalisse e specialmente dopo la distruzione di Gerusalemme, mentre invece l’assenza di questi chiarimenti dà
alle accuse un valore generale,
quasi metafisico. La bestia che
sale dalla terra e che ha due corna simili all’Agnello è il giudaismo con i suoi due elementi costitutivi, la Legse e i Profeti (p.
363). Esso ha adottato la mentalità, i fini e i mezzi del potere
politico romano, sognando un regno messianico che fosse il rovesciamento del rapporto esistente
tra dominatori e dominati (p.
456): sono giudizi pesanti che andavano documentati.
4) Il libro è scritto in forma
tendenzialmente polemica contro le interpretazioni finalistiche
{endgeschichtlich) dell’Apocalisse. Quest’impostazione esigerebbe un contrappunto di note o almeno di riferimenti a autori o
testi presi di mira; ma quest’apparato manca del tutto. Certo ne
guadagna la leggibilità e la diffusione del libro, ma a scapito di
un inserimento diretto nel dibattito corrente sull’interpretazione
dell’Apocalisse, specialmente all’estero. Il libro invece potrà e
dovrà essere letto, speriamo con
profitto, non solo dagli studiosi
ma anche dai lettori della Bibbia
sia in campo cattolico che evangelico.
Bruno Corsani
' E. C0R.SINI, Apocalisse prima e
dopo, Torino, SEI, 1980, pp. 561,
L. 9.000.
6
7 agosto 1981
ALLE VALLI OGGI
cronaca delle valli
TORRE PELLICE XXXII MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA
Alpeggio
Infer net
Un alpeggio abbandonato forse non fa più notizia, ma fa riflettere. Da due anni aU'Infernet, nell’alta valle d’Angrogna,
non ci va più nessuno. Anche la
mulattiera d’accesso è parzialmente distrutta da una frana. Ti
coglie insomma un senso di tristezza, per un duplice motivo: da
un lato nei discorsi di chi oggi
va ancora agli alpeggi (e purtroppo è quasi tutta gente di montagna) manca una prospettiva per
il domani (« quest’anno forse è
l’ultima volta », « non abbiamo
più braccia giovani che ci aiutino ») e dall'altro è in aumento
l'abbandono dei ricoveri di alta
montagna per il bestiame. Anzi,
alcuni tra questi sono già crollati sotto la spinta della neve e
delle intemperie. Più nessuno,
prevedibilmente, li riparerà. Stessa fine tocca a tutte quelle opere
murarie, frutto di un passato di
paziente fatica, messe lì a delimitare viottoli e passaggi. Una
volta crollate chi andrà a rimettere pietra su pietra specie là dove non può arrivare sabbia e cemento se non a dorso di mulo?
Certo, per fortuna nostra, non
tutti gli alpeggi sono in stato di
abbandono. Ma potranno andare
avanti per molto se non si migliorano radicalmente le difficoltà d’accesso?
E’ chiaro che oeei le baite di
alta montagna o i muri a secco
che delimitano le mulattiere si
riparano solo con ferro e cemento. E se non c'è la strada per arrivarci, presto o tardi, l’abbandono è pressoché garantito. Mi pare che per superare l’abbandono
dell’alta valle non è tanto consigliabile vivere nella passiva attesa di una soluzione che cada
dall’alto da parte dell’ente pubblico, nel nostro caso dei Comuni o delle Comunità Montane
(che con la pochezza dei mezzi a
disposizione non possono certo
frenare l’abbandono di certe zone di montagna) quanto puntare
di più sulla costituzione di consorzi agricoli o cooperative. La
gente cioè interessata a portare
il bestiame all’alpe deve mettersi insieme per risolvere i propri
problemi. Qui sta la di^icoltà
maggiore. Ma non mancano
esempi di consorzi che, direttamente appoggiati dai Comuni o
dalle Comunità Montane (per il
disbrigo di pratiche burocratiche,
per l’utilizzo dei mezzi meccanici, etc.) hanno affrontato e risolto le difficoltà d’accesso agli alpeggi che, una volta restaurati,
hanno ripreso a vivere e spesso
ad ingrandirsi. Non è un caso
che, se da un lato sono mediamente diminuite le persone che
vanno agli alpeggi, sono però,
dall’altro, aumentati i capi di bestiame in tutti i luoghi dove le
vie di accesso sono praticabili.
Ma a volte, risolto un problema, se ne crea un altro. Facilità
d’accesso agli alpeggi significa
anche invasione domenicale dei
turisti che, come sappiamo, lasciano dietro di sé bottiglie, lattine e ogni sorta di sporcizia. Agricoltori degli alpeggi del Barbara, a cui si accede con una certa
facilità, lamentano appunto la
continua seminagione di oggetti
in plastica che rovinano pascoli e
bestiame. Cartelli, avvisi, divieti,
ce ne sono a sufficienza ma le
tracce del turismo di rapina, di
anno in anno, si fanno sempre
più fitte e pericolose. Solo una
educazione alla montagna che
parta dai banchi di scuola insieme ad un’attiva collaborazione
alla difesa dell’ambiente possono
eliminare quelle cause che rendono ancora più tristi e squallidi i pascoli d’alta montagna abbandonati dall’uomo.
G. Platone
Hanno collaborato a questo
numero: Claudia Claudi, Augusto Comba, Ennio Del Priore, Paolo Giunco, Luigi Marchetti, Aldo Rutigliano, Cipriano Tourn.
Omaggio
a Paolo Paschetto
Patrocinata dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino, si è aperta sabato 1° agosto, al Collegio Valdese di Torre
Penice, la 32* Mostra d’arte contemporanea. Durerà fino al 23
agosto.
Giunta alla sua 32“ edizione,
la Mostra ritorna quest’armo
nella sede originale — le aule
del Collegio Valdese — dopo un
intervallo di oltre dieci anni durante il quale si è svolta nelle
scuole di Viale Dante. I nostri
lettori conoscono già il valore
di questa Rassegna che nel corso della sua ormai lunga carriera ha ospitato i più grandi maestri del nostro tempo, quali Picasso e Matisse. Così ne parlava
il critico F. Vinci torio su « L’Espresso » dello scorso anno (n.
37 del 14.9.’80): «Da oltre un
quarto di secolo, grazie all’intelligenza e la tenacia del pittore
Filippo Scroppo, che ne è l’animatore, una delle più serie d’Italia ». Il giudizio ci pare pienamente meritato e l’edizione di
quest’anno lo confermerà sicuramente. Filippo Scroppo ci ha
guidato nella visita e con semplicità, competenza e grande
umanità, ci ha fatto condividere
la sua passione per l’arte.
La Mostra di quest’anno è particolarmente interessante. Il posto d’onore è riservato ad un
omaggio a Paolo Paschetto ( 18851963), il famoso artista valdese
di cui siamo vicini ormai al primo centenario della nascita. Nato e deceduto a Torre Pellice, figlio di un pastore di grande cultura, Paolo Paschetto ha svolto
tutta la sua attività professionale a Roma, all’accademia delle
Belle Arti, dove insegnava composizione decorativa. Ma tornava
spesso al paese natale dove trovava l’ispirazione per la maggior
parte dei suoi paesaggi. Tutti conoscono la sua decorazione dell’Aula Sinodale di Torre Pellice,
ma la sua produzione decorativa
è molto vasta: ricordiamo la decorazione delle chiese valdese,
battista e metodista di Roma,
delle chiese battiste di Civitavecchia e di Altamura, la decorazione del Salone degli Stemmi
e della Sala dei Cimeli garibaldini in Campidoglio, di due sale al
Ministero degli Interni, del Gabinetto del ministro e del Salone d’attesa al Ministero della
Pubblica Istruzione.
Le opere presentate alla Mostra sono una scelta di incisioni
illustrative del Salmo XXIII di
Davide, il Salmo d’oro, e del
Credo. Certo, l’arte del Paschetto non si può considerare « contemporanea », porta il marchio
del suo tempo — la simbologia
ottocentesca — e non corrisponde più alla nostra sensibilità moderna ma, con la sua essenzialità e il suo tratto geometrico ha
qualcosa di moderno (vedi per
es. la « risurrezione dei corpi »).
Un’arte comunque che ha una
sua indubbia efficacia. Particolarmente felice l’idea degli organizzatori di accostare alle opere
del Paschetto quelle di giovani
artisti sotto i trentacinque anni
su un tema tratto da un Salmo.
Si può così cogliere l’infinita varietà e ricchezza di linguaggi per
esprimere la spiritualità, dalla
concretezza serena ed ottimistica del Paschetto alla coscienza
tormentata, problematica, degli
artisti contemporanei.
Altra interessante novità di
questa Mostra è lo spazio riservato all’« arte rupestre preistorica » delle nostre vallate, a cura
di Osvaldo Coìsson. Segni incisi
nella roccia dei nostri monti alla
fine dell’ultima glaciazione, quando l’uomo comincia a stabilirsi
in queste valli. È una testimonianza difficile da decifrare ma
ci fa intuire lo spessore della
storia umana svoltasi per millenni nei luoghi dove ci troviamo a vivere oggi.
Un’aula è dedicata a Annibaie
Biglione, scomparso di recente,
amico personale di Scroppo e
che con lui, insieme a Galvano e
Parisot, fece parte del MAC (Movimento Arte Concreta) dal 1948
al 1957. Si passa da tele che of
frono composizioni rigorosamente geometriche ai dipinti dell’ultimo periodo dove la forma
scompare e rimangono strani segni, come a voler significare un
mondo, una civiltà in disfacimento.
Vi è poi una « Personale » di
Giorgio Griffa, artista ormai affermato che fu allievo dello stesso Scroppo. Presenta lavori fatti
su tele grezze, senza telaio, in
cui la tela stessa, nella sua materialità, concorre a formare insieme ai colori l’opera d’arte.
Un’altra « Personale » è dedicata
allo scultore Bruno Martmazzi.
Presenta una serie di studi marmorei sulla forma umana: gambe accavallate, bocca, ombelico,
che costituiscono un esempio
perfetto dell’opera del Martinazzi tesa a rappresentare la misura
delle cose. Infine una « Personale » di Francesco Casorati, figlio
di Felice, con una serie di quadri dove dominano gli uccelli e
i pesci, e il colore blu che crea
un’atmosfera molto poetica.
All’ultimo momento è stata allestita anche una sala riservata
ai « post-moderni », cioè a quei
giovani artisti che danno libero
corso alla loro fantasia creatrice, al di là di ogni schema stabilito.
Paolo Paschetto: dal Salmo 23 « ... nulla mi mancherà... ».
Complessivamente, la rassegna
è di alta qualità e merita la fama che si è conquistata. Ne siamo grati al nostro fratello e concittadino Filippo Scroppo il quale, a coloro che dicono di « non
capire » l’arte moderna, spiega
con semplicità e convinzione che
l’arte non consiste nella pura e
semplice ■ riproduzione del reale,
ma in un atto creativo che nasce dalla soggettività di ogni artista di fronte alla complessità
del mondo e della vita, come
una delle più alte espressioni
della spiritualità umana.
Jean-Jacques Peyronel
LE CONTRADDIZIONI DELLA LEGGE SULL’ADOZIONE
E’ un bambino, non un pacco
L'attuale legge sull'adozione è così rigida che la sua burocratica
applicazione porta a situazioni decisamente contrarie all’interesse
del bambino. Un caso emblematico successo recentemente in Val
Chisone.
Liliana Torano ha ventisette
anni, vive a Porte; ha lavorato
presso la Widemann di San Germano come operaia e da quando
la fabbrica ha chiuso i battenti
cerca con costanza e tenacia un
altro lavoro, nel frattempo ha
conseguito il diploma di ragioniera, studiando come privatista.
Suo marito Salvatore è impiegato; la loro vita è stata normale
e serena fino a qualche tempo fa,
finché Marco, il bambino che
avevano in affidamento, è stato
loro tolto.
— Com’è entrato Marco a far
parte della vostra famiglia, Liliana?
— Beh, avevamo fatto domanda per l’adozione, ma ci volevano
ancora degli anni, bisogna essere sposati almeno da cinque; così l’assistente sociale ci
parlò di Marco, disse che era
un bimbo difficile, aveva già cambiato sei o sette famiglie ma tutti dopo un po’ lo rimandavano
indietro, noi avremmo dovuto
tenerlo tre mesi, poi il Tribunale
avrebbe deciso a chi darlo definitivamente; accettammo.
— Che cosa significa esattamente affidamento?
— Vuol dire, in pratica, che il
bambino vive insieme ai genitori affidatari ma mantiene dei contatti con la famiglia d’origine, in
molti casi c’è un ricongiungimento con i genitori naturali. La
mamma di Marco veniva ogni
tanto a vederlo, escludeva di poterselo riprendere per una serie
di motivi che sarebbe troppo
lungo spiegare, ma gli voleva
bene a modo suo; era contenta
che stesse con noi.
— Ma il bambino è rimasto
qui ben più di tre mesi.
— I mesi diventarono nove; il
Tribunale rimandava sempre la
sua decisione e il piccolo si attaccava sempre più a me e a
Salvatore, e noi a lui!
— Era davvero un bambino
difficile?
— Si, all’inizio non sapevo come fare. Aveva quasi due anni,
ma non parlava, faceva solo dei
versi, si sporcava moltissimo e
non dormiva la notte; aveva degli incubi, gridava, rimaneva tutto coperto di sudore. É terribile
vedere un bambino così piccolo
in quello stato, credimi. Evidentemente il fatto di venire sballottato da un nucleo familiare all’atro gli aveva causato degli
choc, si sentiva indesiderato, respinto; ci sono voluti dei mesi
perché diventasse come i suoi
coetanei. Mi ricordo che in principio mangiava tanto, era insaziabile, per compensazione; il suo
pancino era dilatato, quasi gonfio, ultimamente invece si era
normalizzato anche nell’alimentazione.
— Gli incubi notturni erano
cessati?
— Aveva una crisi di terrore al
mese, anziché ogni notte. Ma se
gli stavo vicino e gli tenevo la
mano si calmava. Mi chiamava
mamma, pensa.
— Ve l’hanno portato via senza preavviso?
— Sì. Avevamo detto alle assistenti sociali che si occupavano
del caso che desideravamo che
rimanesse con noi per sempre, e
dopo qualche tempo eravamo
stati convocati a Torino. Lì ci assicurarono che il bambino non ci
sarebbe più stato tolto; visto
che in passato aveva riportato
dei traumi e che staccarlo da
noi significava farlo soffrire ancora, il Tribunale pareva disposto a lasciarcelo. Eravamo euforici, abbiamo comprato la roulotte per andare al mare tutti
insieme e un mucchio di giocattoli. Poi, un giorno arrivò un’assistente sociale: dovevamo presentarci in Tribunale la mattina
seguente, con Marco, non spiegò
niente. Giù c’erano i nuovi genitori, i prescelti; l’hanno preso
cosi com’era, non hanno parlato
con noi, non hanno preso i suoi
abiti, né i suoi giocattoli e non
si sono informati sulle sue abitudini. Ho paura che Marco si
troverà sradicato; mi hanno permesso di salutarlo solo perché
ho insistito.
— Non saprai più nulla di lui?
— No, una faccenda da lager.
Sarebbe stato più umano avvisarci per tempo, far venire i
nuovi genitori in casa nostra, in
modo che Marco cominciasse a
conoscerli, mi sarei rassegnata
più facilmente se avessi visto che
stringevano amicizia, che il piccolo si affezionava. Avrei spiegato tutto all’altra madre, certe
parole Marco non le dice bene,
ci vuole l’interprete; adesso gli
occorreranno delle ore per farsi
capire e poi sono sicura che
piange e mi cerca dappertutto,
■quando Taffidavo a qualcuno dopo un’ora o due faceva così.
— Vi hanno detto come mai
siete stati giudicati non idonei
a tenerlo?
— Non siamo sposati da cinque anni e inoltre il Tribunale ha
giudicato negativo il fatto che
la madre naturale di Marco ci
frequentasse, hanno detto che
prima o poi poteva avanzare delle pretese, turbarlo, ma io so che
non l’avrebbe mai fatto; veniva
qui come una specie di zia, era
felice di vederlo sistemato, credimi.
— Che cos’hai da dire dopo
questa esperienza?
— Capisco le coppie che si recano all’estero e « comprano »
un bambino, nessuno glielo toglie. Ci sono delle persone e dei
movimenti che si fanno promotori di vere e proprie crociate contro l’aborto, bisognerebbe preoccuparsi invece delle sofferenze
dei bambini che esistono già, lottare per delle leggi più giuste,
la storia dei cinque anni di matrimonio non ha senso! Senza
contare le lungaggini, le pratiche che bisogna fare, prima che
tu abbia un bimbo passa tantissimo tempo.
— Cosa dice la gente quando
racconti ciò che vi è capitato?
— Molti mi capiscono e mi
stanno vicino, per altri invece adottare un bambino è una stramberia, dicono che bisogna farseli, cosi sono « tuoi »! Vedono un
figlio come un oggetto, capisci?
Non deve essere di seconda mano! Quando sento certi ragionamenti, mi sale dentro una rabbia! E quando vedo tutti i giocattoli di Marco sparsi per casa e
penso che magari li sta chiedendo! Se almeno mi avessero consentito di. portargli la sua bicicletta, ci teneva tanto...
Intervista
a cura di Edi Morini
7
7 agosto 1981
SOCtETA' DI STUDI VALDESI
Mostra storica
e seduta annuale
MASSELLO
PRAROSTINO
La cronaca delle maniiestassioni per il centenario della Società
di Studi Valdesi deve anzitutto
registrare l’inaugurazione della
Mostra storica (v. « Eco-Luce »
del 31 luglio, p. 3), ordinata in
un’aula del Collegio di Torre Pellice e aperta domenica 26 luglio
alle ore 17.
Sono intervenuti il moderatore
della Tavola Valdese, Giorgio
Bouchard, il presidente della
Comunità montana Val Pellice,
Franca Coìsson, e vari esponenti
della cultura e di enti locali.
Il presidente della SSV, Giorgio Tourn, ha sottolineato, nel
discorso inaugurale, l’esigenza di
integrare e accrescere la documentazione di cui si dispone; la
tlùàle tuttavia, opportunamente
utilizzata nella Mostra, consente
in breve al visitatore di cogliere
vari aspetti interessanti della vicenda della Società. Vicenda narrata dallo stesso Tourn, con
Gianni Bellion, nell’opuscolo Cento anni di cultura valdese.
La riflessione storica si è poi
inserita in un animato dibattito
sui compiti del presente e del
futuro, sviluppando i collegamenti indicati da Giorgio Spini, Giovanni Gönnet, Domenico Maselli
e vari altri interventi, nell’annua
seduta sociale della SSV, tenuta
nell’aula sinodale la sera del 2
agosto alle ore 21. I temi del dibattito sono stati forniti dall’assai ampia relazione di Tourn.
Prima di passare alla seduta amministrativa, che ha visto l’approvazione della relazione e la
rielezione del seggio uscente,
hanno espresso significativi messaggi M. Dalmas, della Soc. sudamericana de Hist. vaidense (al
presente soppressa), A. Grefe,
della Deutsche'Waldenser Vereinigung, L. Mordan, dell’Ass. d’ét.
vaudoises et historiques du Luberon.
A. C.
TORRE PELLICE
La Mostra personale di Isabella
Chauvie allestita nelle Scuole comunali
di Viale Dante rimarrà aperta fino al
16 agosto.
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Gita alle Cevenne dal 4 al 7 settembre. Costo L. 75.000. Prenotarsi telefonando al 944144 (Platone) o 944161
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BOBBIO PELLICE
Rimpiango di non aver potuto partecipare al Sinodo e soprattutto alle discussioni sulla questione morale e
I aiuto alle popolazioni terremotate.
Spero che il Sinodo sia capace di
affrontare dialetticamente la questione
morale e il terremoto aprendo un dibattito innanzitutto aH'interno delle
chiese. Basta difatti leggere le relazioni delle chiese per rendersi conto
B. C. L. E.
di Bera Luciano
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che un vero terremoto sconvolge la vita
delle nostre comunità. Le chiese se
vogliono vivere (e ho l'impressione,
dopo un anno a Bobbio che lo vogliono)
devono aggiornarsi. La nostra gente ha
bisogno di ritrovare fiducia in se stessa per affrontare la tormenta. Per questo la chiesa deve diventare un luogo
fraterno e accogliente dove i credenti
vivono la loro fede con senso critico.
Grosso modo, due vie ci sono oggi
proposte: quella che guarda verso il
passato glorioso anatematizzando gli
omosessuali e I lavoratori dei nostri
istituti che - osano » scendere in sciopero e la via di un vero aggiornamento
che non deve passare sópra la testa
della gente. La base (io parlo della comunità nella quale sono vissuto un
anno) aspetta questo aggiornamento:
c'è un bisogno d'apertura, c'è il desiderio di cambiare l'immagine tradizionale del pastore e della comunità, c'è
la volontà di costruire uno spazio suscettibile di accogliere ognuno, chiunque sia, con amore e fraternità.
Non ho potuto purtroppo continuare
a partecipare con voi all'edificazione
di questa comunità e spero che II motivo delle mie dimissioni, che ognuno
conosce, sarà proposto all'attenzione
del Sinodo, perché non tocca soltanto
il pastore Benotmane o la comunità di
Bobbio, ma la chiesa nel suo insieme.
Un'ultima volta vogliamo ringraziare
la comunità di Bobbio che ci ha accolti
come fossimo dei Bobiarelli tornati al
paese e speriamo che il desiderio di
mantenere un contatto malgrado la distanza sarà soddisfatto.
Elisabeth e Thierry Benotmane
• La nostra comunità è stata ancora
una volta colpita dal lutto nella persona di Attilio Charbonnier, deceduto improwisamente all'età di 59 anni. Alla
famiglia tutta la simpatia della comunità.
• Prossima seduta del concistoro
il 2 settembre.
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Al culto di domenica 26 luglio ha
partecipato, come ormai avviene abbastanza spesso, un gruppo di fratelli
cattolici, col parroco di Salza e ¡Massello, don Pasquale Canal-Brunet. La
liturgia è stata opportunamente adattata, In modo da poter dare agli ospiti
il modo di esprimere il significato della 'loro presenza, con » franchezza evangelica », nella lìnea del testo della predicazione (Filippesi 1: 20). Ovviamente
proprio tale franchezza ci mette di
fronte alle difficoltà dell'incontro ecumenico, ma, d'altra parte, ci permette
di proseguire il dialogo in modo proficuo. Riteniamo che incontri come
quello di Massello vadano proseguiti
ed intensificati, con la massima chiarezza, ma anche con la massima apertura.
Domenica 9 agosto
ore 14.30
RIUNIONE AL
COLLE DELLE FONTANE
presiede
il prof. Bruno Corsani
Tutti sono invitati
POMARETTO
Domenica 19 luglio u.s. ha avuto luogo la già annunciata riunione ai Paure.
Era 'Previsto un pranzo comunitario il
cui ricavato serviva per contribuire alle
spese per la riparazione dei tetti delle
scuole delle borgate. Circa 75 persone
presenti al pranzo, aumentate a 90 per
la riunione. Utile netto ricavato L.
588.650. Il fratello Rastre Filiberto ha
offerto una infornata di pane casareccio, che è andata a ruba.
Un gruppo di giovani ha effettuato
lavori alla scuola dei Cerisieri gratuitamente come mano d'opera, ed acquistando il materiale necessario con i
fondi forniti dal gruppo colportaggio
che ha messo a disposizione della
comunità il ricavo delle vendite durante
l'anno 1980,
• Diamo il benvenuto ad un gruppo
di giovani Olandesi della comunità di
E.D.E. Questi giovani, come già l'anno
scorso, impegnano una parte delle loro vacanze rimettendo a nuovo la Sala
Lombardini a Perosa Argentina. A loro
il ringraziamento della comunità.
• Sono stati eseguiti alla casa pastorale lavori di restauro con il cambio degli infissi esterni; lavori che erano rimasti in sospeso 5 anni fa, per la
mancanza di fondi,
• Domenica 26 luglio ha avuto luogo il funerale della nostra sorella Emma
Ribet dei Masselli, deceduta nella sua
abitazione all'età di 80 anni.
Ai familiari in lutto, la simpatia cristiana della comunità tutta.
• Giovedì 30 luglio ha avuto luogo
il funerale del nostro fratello Umberto
Giovanni Tron deceduto improvvisamente all'età di 57 anni presso l'Ospedale
Valdese di Pomaretto. Ai familiari in
lutto la simpatia cristiana della comunità tutta.
Domenica 26 luglio 1981 ha avuto
luogo la giornata comunitaria. Si è iniziata con il culto, nell'antica chiesa di
Roccapiatta, ripulita per l'occasione da
alcuni volenterosi che con 11 loro lavoro hanno in qualche modo reso meno
penoso il dover vedere le mutilazioni
sopportate da questo antico monumento che per opera di mani impietose
di gente senza scrupoli, è stato privato del pregevole pulpito, del tavolo
della Santa Cena e di parecchi banchi
in noce massiccio.
Il neo formato gruppo dei giovani
flautisti guidati dalla Signora Tourn,
ha accompagnato la comunità nel canto
degli inni.
Dopo il culto la maggior parte dei
partecipanti alla giornata (in tutto 60/70
persone) è salita a piedi fino alla borgata Codini.
Alle 16 c'è stato II momento più
bello e toccante dell'intera giornata:
nel cortile di Magna Ester, moglie del
nostro anziano Malan, Impossibilitata
da 12 anni, a causa di una malattia, a
partecipare ai culti in S. Bartolomeo,
la comunità ha bevuto il thè, che data
l'atmosfera creatasi ha assunto più le
caratteristiche di una Santa Cena che
di un vero e proprio thè.
Concluso II thè con 11 canto <fl alcuni inni, la comitiva di fratelli e sorelle
è proseguita per Pralarossa, dove ha
cantato ancora un inno nel cortile della casa dell’anziano Martinat, dopodiché
è rientrata, attraversando le vecchie
borgate della valle, alle proprie abitazioni.
PERRERO-MAN4GLIA
L'« Eco del Chisone » porta la notizia
che nella parrocchia cattolica, il giorno
22 luglio, in occasione della festa patronale in onore di S. Maria Maddalena, una non meglio identificata bambina
■■ ha offerto un mazzo di fiori al celebrante a nome della comunità valdese »
(v. n. del 30 luglio).
Teniamo a precisare ohe ognuno può
offrire tutti i mazzi di fiori che vuole,
ma che la comunità valdese di PerreroManiglia ha deciso in assemblea di
chiesa di impostare i propri raprporti
fraterni con la comunità cattolica nello
studio biblico in comune e non in atti
di omaggio in occasione di feste di
santi patroni. Pertanto, se un mazzo di
fiori è stato offerto, lo è stato a titolo
personale e non a nome della comunità valdese », che non ha delegato nessuno a compiere tale atto.
VILLASECCA
Siamo profondamente grati alle sorelle membro della nostra Unione Femminile per essersi assunte e portato
a termine l'impegno di lavoro e... di
danaro che hanno consentito di offrire
un rinfresco al gruppo di fratelli irlandesi condotti dai coniugi Wynne in visita alle Valli.
• È stato molto simpatico e utile
aver avuto la partecipazione dì 8 sorelle
della U. F. alla riunione di Bovile. Grazie per la loro presenza e grazie per
aver sostenuto personalmente le spese
di trasporto.
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RINGRAZIAMENTO
La famiglia, profondamente commossa per la dimostrazione di stima e
di affetto, tributata a
Caterina Rivoira
in Odetto
ringrazia sentitamente tutte le gentili persone ohe con la loro presenza,
scritti e telefonate hanno voluto testimoniare il loro cordoglio; un grazie particolare è rivolto alle famiglie
Giusiano, Martina ed agli amici villeggianti: Ida, Rocco, Carla e Carlo,
per il premuroso aiuto prestato nei
momenti più difficili.
Rorà, 27 luglio 1981
RINGRAZIAMENTO
« ...Perché so in chi ho creduto »
(2 Timoteo 1: 12)
Il fratello, la cognata ed i nipoti di
Emma Ribet
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto espressa alla loro
cara, ringraziano tutti coloro che, con
partecipazione al funerale, scritti e fiori hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al
Doti. Peyrot, al personale dell’Ospedale di Pomaretto ed aUa Sig.ra Long
Lina per Paffeltuosa assistenza.
Pomaretto, 26 luglio 1981
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CRONACA DELLE VALLI
7 agosto 1981
ITINERARI ALLE VALLI - 8
Alla scoperta delle testimonianze
storiche di Pomaretto e di Meano
a cura di Raimondo Genre e Guido Baret
'A.792
HEfíHO
anrfiijoia
/ 'Si ciflCfi
ntcELi iTfii
Nell’anno di guerra 1944 addi 21 marzo
questo villaggio fu distrutto da incendio
per rappresaglia che costò la vita
a quattro suoi abitanti
•1247
W' A
CEftlSIERl %
.. POnaRETTO** a*i'*
Km \A6ì>ì ■ilTOrÌ"
Località di partenza: Pomaretto
620 m
Dislivello in salita: 352 m
Dislivello in discesa: 352 m
Tempo complessivo: h 2,50
□
L’itinerario che proponiamo, a
carattere prevalentemente storico, è adatto sia a nuclei familiari
sia a scolaresche, non presentando difficoltà particolari. Raccomandiamo solo, nel caso di gite
scolastiche, di sorvegliare i ragazzi nell’ultimo tratto della salita verso la Roccio d’ia Pacalo e
lungo il sentiero sopra le cave
di granito, essendo questi tratti
particolarmente esposti.
Per quanto concerne l’equipaggiamento, è buona norma munirsi di scarponi e spessi calzettoni
per la difesa da eventuali vipere.
A nostro avviso, l’itinerario è,
dal lato storico, il più interessante della zona.
Verso antichi villaggi
Punto di partenza: la Casa dei
Professori, situata a Pomaretto
in Via Balziglia, n. 52. (620 m ).
All’altezza di questo vecchio edificio, fatto costruire dal Beckwith (ospitò la Scuola Latina dal
1842 al 1865X imbocchiamo il
sentiero a lato di un canaletto
d’irrigazione; dopo pochi minuti,
attraversiamo la condotta forzata della centrale idroelettrica del
Cotonificio e poi il canale, ormai
ridotto a rigagnolo, del vecchio
mulino, il cui stabile è ora trasformato in casa d’abitazione.
Poco prima di raggiungere le case del Pian, appena sotto al sentiero, ricordiamo che fino ad una
cinquantina di anni fa sorgeva
« l’iilie », ovvero lo stabile nel
quale era installato l’impianto
per estrarre l’olio dalle noci.
Il sentiero che abbiamo testé
percorso, e che prosegue passando davanti alle case del Pian, fu
fino al 1826 la scorciatoia praticata dai pomarini del capoluogo e
delle borgate poste sulla destra
or. della Germanasca per raggiungere il tempio che a quell’epoca sorgeva ai Pons.
Abbandoniamo ora il sentiero
e, volgendo a sinistra, raggiungiamo con breve salita il villaggio dei Pons 677 m h 0,15. All’ingresso dell’ abitato, una lapide
ricorda in questi termini un tragico avvenimento:
di fronte a tanta barbarie - o viandante,
fermati, rammemora e rifletti.
All’estremità opposta del villaggio, sorge la scuoletta quartierale costruita nel 1866. Poco
oltre le ultime case del villaggio,
lasciamo a sinistra la mulattiera che sale verso i Bout e, dopo
un breve tratto in piano (antica
galleria di grafite) la strada prosegue con ripida salita verso la
Roccio d’ia Pacalo 770 m h 0,30.
Con molta fantasia, potremmo
far derivare il nome della roccia
dal latino « pacalis » (luogo di
pace, di quiete, calmo, tranquillo); propendiamo invece per
l’ipotesi assai più verosimile che
una donna di cognome Pascal abbia dato il nome alla roccia (precipitata? proprietaria dei terreni
limitrofi?). Nel dialetto locale e
negli stessi atti ufficiali, si usava
infatti in passato declinare i cognomi al femminile se riferiti a
una donna e al plurale se riferiti
a più fratelli.
Questo sito merita una breve
sosta per ammirare lo splendido
panorama.
Seguendo il sentiero quasi pianeggiante, proseguiamo ora fra
boschi cedui di castagno selvatico (broppe), rovere, betulle, pini
e nelle combe più fresche, ontano
(verne), frassino, sorbo selvatico
(pìsséro). La fauna della zona è
rappresentata prevalentemente
da volpi, scoiattoli, gazze e, più
in alto, poiane, qualche raro tasso e faina, oltre a cinghiali di
passaggio. Non si illuda però
l’escursionista di imbattersi in
qualcuno di questi esemplari: il
privilegio di scorgere la selvaggina è riservato agli esperti cacciatori e richiede pazienti appostamenti.
Lasciamo a sinistra il sentiero
che sale verso i diroccati « tombini » del vecchio acquedotto dell’osjjedale (in località Fauchìn) e
più oltre quello che sale verso
Là Brusà e le miande Micèlo
(buona sorgente sul bordo del
sentiero). Varchiamo poi il confine fra il Comune di Pomaretto
e l’ex-Comune di Meano, annesso
a Perosa fin dal 1928; questa linea di confine, ora senza tracce
visibili, ebbe per secoli grande
importanza poiché segnò il confine fra Piemonte e Delfinato.
Ancora un tratto pianeggiante,
una breve salita ed eccoci nel
villaggio Gataudìo 867 m h 1, circondato da prati e castagni secolari. Lo storico pinerolese Pietro
Caffaro fa derivare lo strano nome della borgata da « gastaldia »,
cioè sede del « gastaldo », ossia
signore di contado, castellano. In
effetti, secondo la tradizione locale, pare che il villaggio fosse
anticamente sede di «pretura»:
riferito a secoli addietro, questo
istituto non deve probabilmente
essere inteso nel suo significalo
moderno, ma come sede del castellano.
Il villaggo che, fino alla seconda guerra mondiale, contava oltre una cinquantina di abitanti.
ha attualmente un solo residente
stabile; è facile immaginare con
quale ansia questo simpatico vecchietto aspetti il ritorno della
primavera, quando i vecchi abitanti, ormai stabilmente insediati a fondovalle, ritornano lassù
per riaprire le antiche case e coltivare il campicello di patate.
Notiamo, scolpite sui muri di
alcune case, delle date che risalgono al XVIII secolo; in mezzo
alla borgata un gigantesco castagno che supera i tre metri
di diametro; poco oltre la borgata, poco sotto alla strada
carrozzabile, un rudere ove, secondo la tradizione locale, sorgeva il castello di un feudatario del
quale viene anche indicato il nome (Cesari? De Ceasare?). Occorre tuttavia fare poco affidamento
su queste informazioni: è infatti
notorio che, nelle tradizioni orali popolari, i nomi vengono spesso deformati al punto da renderli talvolta irriconoscibili. L’elemento caratteristico di questo
rudere consiste in alcune file di
pietre del muro meglio conservate disposte a spiga.
Dalla borgata, una mulattiera
in cattivo stato scende verso il
fondovalle; passiamo a lato del
bacino dell’impianto idroelettrico
del Cotonificio di Perosa, attraversiamo su un ponticello il Chisone 691 m h 0,15 e poi la statale
(allargata nel 1931 con demolizione delle case della borgata
Jartousière su un lato della strada) e imbocchiamo la strada che
sale verso la Ciapella. Al bivio,
volgiamo a sinistra fino a raggiungere la località Serr’Aurius,
h 0,20, poco sotto alle borgate
Grange e Briere. La pietraia e i
ruderi che quivi troviamo indicano la località ove sorgeva il castello del conte Francesco Antonio Thesauro, cui Meano venne
infeudato nel 1734. Il nome della
località è un esempio di deformazione di un nome di famiglia
nella tradizione popolare: « Auriùs » è con ogni probabilità la
deformazione di Thesaurus pronunciato con accento tendente al
francese nella finale.
Sul confine tra
Piemonte e Delfinato
Ritorniamo quindi sui nostri
passi fino al bivio e proseguiamo
poi sulla destra verso la storica
borgata Ciapella 796 m h 0,20.
L’unica strada che divide la borgata segnò fino al 1713 il confine
fra Piemonte e Delfinato: le case
a levante erano in Piemonte,
quelle a ponente in Francia. Gli
abitanti del villaggio indicano a
lato della strada, sulla destra di
chi sale (cioè Iato Piemonte) lo
stabile dell’ antico tempio valdese. Pare tuttavia, secondo fonti
storiche attendibili, che tempio
e presbiterio sorgessero rispettivamente uno su territorio francese e l’altro su territorio piemontese, per cui siamo propensi
a ritenere che lo stabile non sia
l’antico tempio bensì il presbiterio. Il tempio andò probabilmente distrutto all’epoca della revoca dell’Editto di Nantes (1685).
Su una « boina » piantata nella
strada, sono scolpite sui due lati
rispettivamente le iniziali P e M
(Perosa e Meano); l’antico confine divide tuttora le parrocchie
di Perosa e Meano, anche per
quanto concerne i cimiteri.
Appena sopra la borgata, in posizione dominante, notiamo il rudere di una poderosa torre, « la
touràso »; quivi, secondo la tradizione locale, sorgeva il castello
di un feudatario (di nome Torre?
Della Torre?). Queste informazioni sono tuttavia poco attendibili e, anche in questo caso, valgono le considerazioni fatte a
proposito del rudere della Gataudìo. Siamo piuttosto propensi a ritenere che questa torre facesse parte del sistema di fortificazioni di Bec Dauphin, che evidentemente non si limitava alla
fortezza che domina Io stradone
dall’alto del roccione e della quale rirnane un imponente rudere.
Riteniamo tuttavia interessante
riferire questi particolari poiché
talvolta, da notizie apparenternente insignificanti, gli studiosi
di storia locale possono trarre
utili indicazioni per le loro ricerche.
Scendiamo verso la borgata
Brandoneugna 105 m percorrendo
una buona strada asfaltata. Poco
prima di raggiungere la borgata,
sulla nostra destra troveremo un
bosco ceduo di « broppe » fra ruderi di muri a secco e pietraie:
« lou bòc d’ia gléiso ». E’ assai
probabile che quivi sorgesse
un' antica chiesa valdese, della
quale, che ci risulti, non esiste
alcuna notizia scritta.
Scendiamo verso la statale, attraversiamo il Chisone 662 m
transitando, col consenso della
Ditta Palmero, sul ponte della
cava di granito denominata « Bosco del Torno » e raggiungiamo
in breve Rocca Pértùsa (lou Pértùr); quivi potremo ammirare
un esempio di lavoro ciclopico
per l’epoca in cui venne realizzato (prima della scoperta degli
esplosivi?); il varco per derivare
l’acqua della « bealera » dal Chisone e per il transito delle persone venne effettuato scalpellando
pazientemente la roccia; i pochi
fori da mina che si notano in
basso fanno infatti supporre che
Timpiego di esplosivo risalga ad
epoca successiva alla primitiva
realizzazione dell’ opera, essendosi forse reso necessario l’abbassamento del livello della
« bealera ». All’uscita del varco,
notiamo in basso a sinistra varie incisioni di incerto significato
(incisioni lineari, una coppella,
una lucertola?).
Proseguendo per il sentiero che
costeggia la « bealera », troviamo sulla nostra destra, sotto alla
borgata Pons, il prato ove sorgeva l’antico tempio di Pomaretto,
del quale non rimane traccia,
quindi le case del Pian, donde in
pochi minuti saremo di ritorno
alla Casa dei Professori h 0,40.
Del sentiero di Rocca Pértùsa
si servirono fino al 1730 i riformati di Val Pragelato i quali
privali dei loro luoghi di culto
dalla revoca dell’Editto di Nantes, si recavano al tempio dei
Pons.
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Michelis, Giorgio Gardiol, Meroella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel. Roberto Peyrot,
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FRANCO GIAMPICCOLl
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■ La Luce >: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
• L'Eco delle Valli Valdesi >: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)