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ECO
DELLE WII VALDESI
biblioteca valdese
10066 TORBE PEIL ICE
Setfimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - i\ um, 17
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TORKE PELUCE - 28 Aprile 1972
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Ai sostenitori e ai detrattori detta leotodia potitica
I cristiani non sono, per lo più, affamati di teologia: questa vecchia
constatazione riaffiorava, non precisamente confortante, anche in una recente riunione della Commissione della Claudiana. Ciò non vuol dire che
non abbiano una teologia: non esiste
una fede che non sia teologia, cioè
riflessione tesa alla conoscenza delITddio vivente che l'ha suscitata. Non
di rado, però, è una teologia —- cioè
una fede — irriflessa, emotiva, spesso
pigra, anche, perché rifugge dalla fatica e dal rischio del confronto e del
chiarimento; e di conseguenza, inevitabilmente, è superficiale, scarsamente
qualificata e incisiva, perché non radicata in profondità nel suo solo fondamento, Cristo, nella comunione con
le sue sofferenze e nella potenza della
sua risurrezione, e perché non aperta
ampiamente alle dimensioni sconflnate dell’Evangelo, dal realismo quotidiano più spicciolo alla meravigliosa
speranza del Regno.
Vi è però oggi, almeno in alcuni
settori cristiani, una teologia che può
contare su un certo numero di seguaci: la « teologia politica »; la sezione
che questa teologia occupa nei cataloghi editoriali e negli scomparti delle
librerie specializzate, è eloquente. Negli ultimi anni pure fra noi, soprattutto ma non esclusivamente in ambiente. giovanile, ci si è impegnati in
modo particolare in tal senso: il lavoro della gioventù impegnata nella
EGEI, la ricerca di Agape, di « Gioventù
Evangelica », di « Nuovi tempi » e del
Movimento Cristiano Studenti, un certo
numero di pubblicazioni della Claudiana hanno avuto, nettamente prevalente, questa impostazione. E tracce di
questo orientamento non sono mancate
in molte predicazioni, in molti convegni, anche nel nostro lavoro redazionale.
Non si tratta davvero di una scoperta. La storia della chiesa è, come
tutti sanno, strettamente intrecciata
con la storia tout court, almeno nelle
regioni umane nelle quali il cristianesimo si è andato diffondendo: e su
questo intreccio la chiesa ha pure riflettuto, fatto teologia. L’articolo di
André Dumas pubblicato qui la scorsa settimana ricordava con felice concisione quale portata abbia avuto, per
le chiese riformate del XVI e XVII secolo il problema politico, a livello di
riflessione e a livello di decisione e
di azione. Il panorama sj è fortemente ridotto, all’epoca del pietismo, in
conformità con la riduzione della fede a fatto essenzialmente individuale,
della chiesa a ecclesiola di santi ai
margini del mondo; tuttavia anche in
questo periodo non è mancata una
teologia e un’azione ’politica’: anzi sono di matrice pietista, in buona parte, le prime istituzioni ’sociali' apparse in epoca moderna nel nostro Occidente (le varie opere assistenziali, sotstenute da un attivo diaconato), né si
dimentichi l’apporto che, ad esempio,
il metodismo britannico ha dato al sorgere del laburismo parallelamente alla
prima rivoluzione industriale.
Pur rimanendo fenomeno di minoranza, la Chiesa confessante degli anni
trenta e quaranta in varie nazioni ha
avuto, e non è necessario sottolinearlo,
una marcata s.ensibilità politica: le sue
dichiarazioni, le sue predicazioni, i suoi
scritti, la sua azione, anche al livello
più ’teologico’, avevano una portata politica che il totalitarismo imperante ha
perfettamente capito e duramente represso.
Fare della teologia politica, a livello di riflessione e di azione, non è
dunque davvero una scoperta e ci dobbiamo essere allontanati molto dalla
nostra linea riformata, se accade —
come accade — che ricercare nella
chiesa la dimensione politica della
nostra responsabilità cristiana sia come accarezzare contropelo un gatto.
Detto questo, però, dobbiamo cercare come si qualifica la ’teologia politica’ che oggi parecchi perseguono
nelle nostre chiese o ai margini di esse. Si tratta di un fenomeno molto
complesso, che non ho davvero^ la capacità e quindi la pretesa di ’padroneggiare’. Vorrei soltanto fare due
considerazioni.
Anzitutto, mi pare che ciò che contraddistingue, più che in passato, la
coscienza politica di un numero forse crescente di cristiani è la ’scelta di
classe’, fondata a sua volta su di una
scelta ideologica, più o meno rigorosamente marxista. In base a questa
scelta, chiunque non la condivide o
abdica alla sua responsabilità politica,
o fa della politica che contrasta, in buona o cattiva coscienza, con la sua vocazione e la sua responsabilità cristiana.
Questo è detto un po’ grossolanamen
te, ma a volte dire le cose grossolanamente aiuta a chiarirle e chiarirci.
Ora, per usare i termini di A. Maillot
in un parere critico espresso su « Réforme » a proposito del noto rapporto Chiesa e, poteri preparato e diffuso
da una commissione della Federazione protestante di Francia, « usciamo
appena dal costantinianesimo; non è
una buona ragione per rituffarci in
esso (...); stiamo appena uscendo da
certe servitù filosofiche, stiamo faticosamente liberando il messaggio biblico da ganghe antiche o recenti; non
è una buona ragione per beatificare un
nuovo filosofo: Karl Marx. In ogni caso
ci troviamo di fronte (si parla del citato documento) a una resurrezione
protestante del Sant’Uffizio. E sì che
a suo tempo ne avevamo dette dei
vescovi che dicevano ai loro parrocchiani come dovevano votare... ». Il
giudizio (del resto abbondantemente ricambiato!) che da questa parte
cade sugli ’altri’ cristiani mi pare inaccettabile non già per ragioni sentimentali o moralistiche del tipo ’vogliamoci bene’, ma per il nostro fondamento teologico che ci vieta tassativamente di assolutizzare qualsiasi
orientamento umano, anche quando
una ideologia ha dietro di sé una carica umana fortissima; anzi, allora è
più forte che mai la tentazione idolatrica e pagana.
In secondo luogo, la politica diventa o tende a diventare il tutto della
teologia e della fede (tanto che possono essere credenti, senza saperlo, i
compagni che fanno politica, s’intende quella, politica). Allora non soltanto si verifica, a livello psicologico, un
vero e proprio squilibrio umano e sociale; ma soprattutto — ed è quel che
conta fra cristiani — si compie una
riduzione dell’Evangelo (trascurando
ne molti aspetti e in particolare quel
lo escatologico, mentre è chiaro che
la speranza del Regno, non fatto da
mano d’uomo né scaturito dai pensieri detl’uomo, ne è la molla), ovvero
una deformazione dell’Evangelo visto
in un’ottica che non ha in esso la sua
origine e la sua norma, e che quindi
gli fa violenza, ’diversi’ come sono i
pensieri di Dio dai nostri pensieri e
le vie di Dio dalle nostre vie. Certo
nessuno può lanciare questa pietra da
una posizione di pretesa giustizia o correttezza, le riduzioni e le deformazioni
di troppi altri conformismi passati e
presenti gravano sulla coscienza delle
chiese e dei cristiani; ma questo non
deve impedire di riconoscere che anche
in questo caso vi è tentazione, e che vi
si cade.
Un esempio tipico di come man mano tutto passi sotto il rullo compressore: si è provato anche con Karl
Barth, ma la roccia non si frantuma
facilmente. In un suo libro recentissimo: Teologia e socialismo, l’esempio di Karl Barth, il teologo Friedrich
Wilhelm Marquardt ha studiato l’opera di Barth in una prospettiva politica, sostenendo che la matrice della
sua teologia sia da ricercarsi nell’impegno politico socialista del giovane
pastore di Safenwil. Ora, Eduard
Thurneysen, l’amico fraterno che forse come nessun altro ha seguito in
tutta la sua parabola la vita e l’opera
di Barth, vero e modesto compagno
di strada, afferma che nella sua indagine il Marquardt sposta gli accenti
anteponendo la prassi politica alla
conoscenza teologica, nell’opera del
grande teologo. Di un tema secondario, che per altro coesiste costante e
necessario, egli fa il tema essenziale,
quando pretende che in principio
Karl Barth non abbia affatto voluto
fare della teologia.^^na sia stato ispirato da un socialismo rivoluzionario.
e sia giunto alla teologia solo ih un
secondo tempo, in quanto avrebbe
trovato nel messaggio biblico del Regno di Dio la legittimazione della sua
prassi politica radicale. « Le cose non
stanno così », afferma Thurneysen; lo
sviluppo teologico di Karl Barth ebbe inizio quand’egli incontrò, studiando la Bibbia, una realtà di Dio (il che
è ben altro che un concetto di Dio)
che la teologia precedente non aveva
conosciuto. Quest’incontro con il Dio
sconosciuto ma vivente aveva toccato e sconvolto Barth, in profondità,
ed egli chiama quest’incontro la « realtà » (Sache) con cui è alle prese, il
« movimento » nel quale è coinvolto.
Soltanto a partire da questa esperienza di fede essenziale, schiettamente
nello spirito della Riforma e alla quale si deve riconoscere valore primario, si può capire la componente politica, secondaria, nella sua teologia; invertire le priorità vorrebbe dire falsarla.
E un vero peccato che la ri-scoperta
della dimensione politica della nostra
fede e della nostra responsabilità cristiana, da parte di settori attivi e vivi delle nostre chiese, avvenga con caratteristiche evangelicamente contestabili. E un vero peccato, perché si imposta allora in termini falsanti un confronto che dovrebbe invece scuotere e
far riflettere le nostre chiese spesso filistee e conformiste e richiamarle, fra
l’altro, alla loro vera tradizione protestante, riformata. Ma per avere autorità cristiana il richiamo deve avere una
nota evangelica inconfondibile. Lo insegna quella Dichiarazione di Barmen,
della Chiesa confessante, che pare messa in sordina, stranamente, anche da
parecchi di coloro che in un passato recente vi si sono vigorosamente richiamati.
Gino Conte
TEOLOGIA POLITICA
CHE COS E'
E A CHE COSA TENDE?
« Qie cos’è e a che cosa tende la teologia politica? », questo il tema di un
recente colloquio pastorale nella casa
riformata di Rùgel, in Argovia, al quale ha partecipato Dorothee Solle, la
teologa evangelica di Colonia nota per
essere una delle ideatrici e animatrici delle « Politische Nachtgebete », letteralmente « riunioni di preghiera politiche », in realtà riunioni serali di
dibattito su questioni d’attualità, sforzandosi di considerarle in una prospettiva cristiana.
Al colloquio partecipava pure il
teologo riformato di Basilea Eduard
Thurneysen, il quale, secondo il servizio stampa evangelico (sepd) di Zurigo, ha criticato il grave spostamento
d’accenti operato da F. W. Marquardt
nel suo recente libro su Teologia e socialismo — l’esempio di Kart Barth
(se ne parla nell’articolo di fondo, a
fianco). Anche la Sdlle ha dichiarato
che il punto di partenza della sua teologia sta nell’Evangelo e non in una
strategia politica.
È un’ermeneutica della società
L’Evangelo è la storia della liberazione dell’uomo, afferma la Solle. Gesù era un operaio, che andava attorno con un gruppo di amici. Si dividevano ciò che avevano. Aiutavano e
curavano i malati. Essi si schierarono dalla parte degli oppressi, della
piccola gente, dei deboli. Denaro e potere non avevano per loro alcuna importanza. Così Gesù venne a conflitto
con la classe dominante. Ambienti clericali e polizia politica fecero lega. Lo
si processò. Fu condannato a morte.
/continua a pag. 4 )
IIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIMIMIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIMinilllMIIIIIIIMIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIWIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Il rapporto di un gruppo di studio del C.E.C. nel quadro
del Programma di lotta contro il razzismo
Il progetto della diga sul Cunene,
sogno 0 incubo?
Arnoldshain (soepi). - Il Cunene nasce nel cuore deH’Angola e scorre per
un primo tratto verso sud, volgendosi
poi ad ovest, lungo la frontiera namibiana, fino a gettarsi nell’Atlantico. Si
progetta da tempo di utilizzarne le acque per l’irrigazione e la produzione di
energia elettrica.
Ora il Portogalllo e il Sudafrica hanno predisposto in comune un progetto
che, con la costruzione di 27 dighe e
centrali idroelettriche, dovrebbe fare
di questo vecchio sogno una realtà. Ma
agii occhi dei movimenti di liberazione
africani questo sogno si presenta come
un incubo, analogamente a ciò che avviene nel Mozambico per la diga di Cabora Bassa.
Essi infatti considerano il progetto
di sbarramento del Cunene un tentativo, da parte di questi due regimi, di
rafforzare la loro dominazione sulla
maggioranza nera migliorando le comunicazioni, incoraggiando l’insediamento di coloni bianchi e producendo
energia che permetterà a coloro che
sfruttano le miniere di accelerare il loro sfruttamento spoliatore, prima che i
proprietari di queste risorse, gli Africani, accedano all’indipendenza e rivendichino il loro patrimonio.
Per raccogliere informazioni circa la
partecipazione di imprese straniere a
questo progetto troppo poco conosciuto e per rendervi attenta l’opinione
pubblica, il Programma di lotta contro
il razzismo (PLR), del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha organizzato un
convegno al principio dello scorso mese. Una sessantina di partecipanti, rappresentanti gruppi d’azione e Chiese europei e nordamericani, si sono riuniti
nell’Accademia evangelica di Arnoldshain, nelle montagne del Taunus. Partendo da uno studio del PLR sul progetto di imbrigliamento del Cunene, pubblicato di recente, hanno discusso vari
documenti, preparati da alcuni partecipanti specialisti sulle questioni dell’Africa australe, che dpano informazioni dettagliate sugli investimenti in
Namibia e in Angola. Inoltre fra i presenti ve ne erano che avevano visitato
la regione.
Come avviene di solito nelle conferenze patrocinate dal CEC, le raccomandazioni votate ad Arnoldshain non impegnano il CEC. Il rapporto elaborato in
quest’occasione sarà esaminato dalla
Commissione del Programma di lotta
contro il razzismo nella sua prossima
riunione (23-28 aprile), e questa sceglierà le proposte da sottoporre al Comitato centrale del CEC nella sua
prossima sessione, a Utrecht, in agosto.
Contrariamente a ciò che avviene pella diga di Cabora Bassa, alla cui costruzione partecipano direttamente un
certo numero di ditte europee, il progetto del Cunene sarà realizzato da imprese sudafricane e portoghesi con l’appoggio della finanza internazionale.
Presto terminata
la prima diga
Una ditta portoghese ha iniziato nel
1969 la costruzione della diga di Gove,
al centro dell’Angola, che dovrebbe essere terminata entro l’anno in corso.
La prima tappa prevede lavori a Maiala, Matunto, Calueque e alle cascate di
Ruacana.
Non appena funzionerà il sistema
d’irrigazione, i Portoghesi prevedono,
per cominciare, l’installazione in Angola di trentatre fattorie di media e grande entità destinate alle colture di reddito e aH’allevamento bovino. Se i movimenti di liberazione si mostrano poco favorevoli a questo progetto, a prima vista assai valido, la ragione è che
già il 60% delle terre arabili dell’Angola è proprietà esclusiva di europei,
sotto forma di latifondi. Inoltre il governo si sforza di attirare ex-militari.
Portoghesi attualmente all’estero e famiglie italiane che sono state costrette
a lasciare la Libia e la Somalia.
Nel 1960 la popolazione bianca dell’Angola era di 172.000 abitanti ed è più
che raddoppiata nel decennio seguente; il governo portoghese auspica vederla toccare il mezzo milione.
Il progetto favorirà soprattutto le
compagnie minerarie, cui fornirà ener
UJßoUOk ■ . \ \ L. . ■ A > V .
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'■-.'.l NAMIBIA
■ x SOUTH AFRICA
• • • V
gia elettrica: al primo posto la Tsumeb
Corporation, controllata dall’American
Metal Climax e dalla Newmont Mining,
entrambe americane, che detiene l’80%
della produzione di metalli in Namibia, come pure nelle miniere di ferro di
Cassinga, in Angola, che rendono al governo portoghese 17 milioni di dollari
in valuta estera aH’anno. Grazie all’elettricità queste miniere potranno accrescere la loro produzione, al punto che
le riserve minerarie del paese saranno
esaurite in 25 anni. L’energia elettrica
faciliterà pure le operazioni di carico
nel porto di Mogamedes, accrescendo
così il reddito economico delle miniere.
Il progetto di sfruttamento dell’uranio a Rossing, che dovrebbe essere rea
L’Angola e la Namibia (Africa del SudOvest), la regione dominata da regimi
bianchi che sarebbe
economicamente potenziata ( irrigazione
ed energia elettrica )
dal discusso imbrigliamento del Cunene.
hzzato nel 1975, è anch’esso fra i benehciari. Inoltre si sta saggiando il sottosuolo del paese, per trarne petrolio,
zinco e diamanti.
Il Portogallo come il Sudafrica sono
concordi nel dichiarare che il progetto
del Cunene è un’impresa di "sviluppo”
al servizio degli interessi del popolo. I
partecipanti alla riunione di Arnoldshain, invece, sono giunti alla convinzione che si tratta di un’operazione di
vasta portata per stabilire e rafforzare
la dominazione bianca sull’insieme dsll’Africa australe, o, per riprendere le
loro espressioni, « di un piano strategico d’importanza capitale il cui obiettivo è ostacolare e far fallire la lotta
dei popoli africani per la pace e la democrazia ». « È evidente che l’aiuto economico e finanziario internazionale dato al progetto del Cunene costituisce
un contributo diretto alla difesa e al
rafforzamento del razzismo e del colonialismo in Africa », prosegue il rapporto del convegno il quale conclude
chiedendo che si metta fine agli investimenti in questo paese e che si cessi di
dare appoggio di qualunque tipo ai
regimi bianchi.
Responsabilità e
preoccupazioni dei cristiani
Il pastore R. J. van der Veen, segretario generale del Consiglio missionario olandese, ha posto l’accento sulla
responsabilità dei cristiani in Africa
australe, i quali contribuiscono a fare
la storia .sforzandosi di dare al futuro
(continua a pag. 4)
2
pag. 2
4'. . .
N. 17 — 28 aprile 1972
■ w ♦ W V* U ,
LA BIBBIA NON LETTA
Liberi, ma per edificare
(I libri di Esdra e di Neerhia)
1 - Esdra
antica traduzione greca dei « Settanta » e come fecero, di poi, sia i manoscritti ebraici che le successive traduzioni.
Siete stati liberati
Eccoci dunque ad Esdra. Siamo nel
secolo della grande espansione dell’impero Persiano. Ad occidente tale
espansione si urterà contro l’eroica
difesa dei Greci, basti ricordare la famosa battaglia di Maratona (490 a.C.),
l’olocausto dei trecento prodi di Leonida alle Termopili (480 a.C.), la battaglia navale di Salamina, del medesimo anno e, pochi mesi dopo, quella
di Platea (479 a.C.) che tolse ai Persiani la voglia di invadere la Grecia.
Ad oriente i Persiani erano stati più
fortunati: Ciro, il grande, dopo avere
assoggettato la Media (559 a.C.) e la
Lidia (548 a.C.), sconfiggeva l’impero
rivale di Babilonia e, nel 538, ne conquistava la capitale.
È a quest’ultimo avvenimento che
si riallaccia l’apertura del libro di
Esdra. In base al principio « I nemici
dei miei nemici, sono miei amici »,
Ciro, il « gran re », emanò un editto
co! quale liberava gli Israeliti dal loro stato di servitù e favoriva, anche,
con cospicue donazioni a titolo di
« riparazioni », a spese dei vinti, il loro ritorno in Palestina.
Sebbene la magnanimità di Ciro
fosse dovuta soprattutto al calcolo
politico di farsi degli amici che gli ga
Come può apparire diverso un fatto, a seconda che sia celebrato dai
versi di un poeta, o raccontato da un
libro di storia! Le narrazioni di Esdra
e Neemia si riferiscono infatti al medesimo avvenimento cantato dal Cantico dei Cantici, di cui abbiamo detto
nelle precedenti noterelle, ma quanta differenza!
Trattasi dunque del ritorno in patria del popolo d’Israele, della ricostruzione del tempio e delle mura di
Gerusalemme e, soprattutto, della restaurazione nazionale c religiosa, dopo il lungo periodo della deportazione babilonese che, per buona parte
del popolo, era durata assai più di
mezzo secolo.
Precisiamo subito che Esdra e Neemia, anche se si presentano come due
libretti distinti, ognuno intitolato dal
nome del rispettivo protagonista, formano un’opera unica in due volumi,
anzi nelle più antiche Bibbie ebraiche
erano unificati sotto il nome del solo
Esdra. Tale opera, a sua volta, va
considerata come una continuazione
dei libri delle « Cronache », il cui secondo tomo conduce la storia fino alla distruzione di Gerusalemme ed alla deportazione in Babilonia degli abitanti.
Fatte queste precisazioni, continuiamo pure a considerare i due scritti
separatamente, come iniziò a fare la
iiiiiiiiiiimiimiimiiiiiiimiiiiiitiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiimiiiiiinmiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiim iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
(7) Il tempo e Fuomo
Dalla nota precedente si potrebbe
dedurre che la storia del mondo abbia un senso, ima direzione, una sua
meta. Il tempo è stato infatti rappresentato mediante una retta sulla quale un punto indica l’inizio e un altro
punto la fine della storia del mondo.
Ma questi due punti posti ai limiti
del tempo ( « il punto di partenza e il
punto di arrivo sono fuori della storia », scriverà G. Miegge), che sono
come il punto di partenza e il punto
di arrivo, non stanno forse ad indicare che la storia si muove in una sua
direzione?
Dall’antichità pre-cristiana sino ai
tempi moderni, l’uomo ha pensato che
la storia abbia un senso. Lo ha pensato dapprima per un ragionamento
religioso: se Iddio è il grande artefice di tutto. Colui che tutto regola e
dirige (per Sant’Agostino Dio ha fatto anche tutti i tempi). Egli è il padrone della storia; e se Dio è il padrone e l’arbitro, la storia non può mancare di un senso, il senso che Dio le
darà.
La fede musulmana sfocerà così
nel fatalismo: Maktub, tutto è scritto. L’uorno non potrà cambiare una
virgola di ciò che è scritto nel Libro
della storia. Hegel e Bossuet, dal canto loro, pur partendo da esigenze diverse e senza giungere al fatalismo
dei musulmani, diranno entrambi che
liì storia non poteva essere diversa da
quella che è stata.
Se dunque la storia ha un senso,
può essere utile all’uomo conoscerlo.
Ma nella ricerca del senso della storia gli uomini saranno influenzati dalle loro aspirazioni o dall’ambiente in
cui vivono. Così il materialismo storico affermerà categoricamente che tutta la storia è dominata dalle condizioni economiche e si compendia nella
storia della lotta di classe, la quale
si concluderà con la vittoria del proletariato. Per l’argentino Juan Alberdi, invece, che vive in un immenso e
lontano paese, quasi spopolato, ove
popoli di diversa origine si incontrano e si fondono, il senso della storia
sta nel miglioramento indefinito della specie umana mediante l’incrocio
delle razze e la comunicazione delle
idee. Questa ricerca del senso della
storia che abbia rispondenza ad un
proprio pensiero e ad una propria
ideologia porterà alla fine alTaberrante teoria razzista del de Gobineau e
alle pazzesche e tragiche conseguenze
del nazismo.
Ma la storia, obiettivamente esaminata, senza idee preconcette e interessi particolari, non ci fa scorgere alcun suo senso e ci appare anzi come
il regno del caso.
Come conciliare dunque la nostra
fede con la realtà storica nella quale
noi viviamo? L'Iddio dei cristiani, se
non è l’Iddio dei musulmani, TAllah
che tutto ha predisposto, per cui tutto è quindi immutabile, non è neppure l’Iddio del poeta persiano Omar
el Khayyam, che giucca con gli esseri umani come fossero pedine di una
dama:
noi siamo per il Cielo i pezzi di un
giuoco...
Esso con noi si trastulla su lo scacchiere dell’essere
e poi torniamo ad uno ad uno nella
scatola del Nulla.
L’Iddio dei Cristiani è l’Iddio misericordioso, che si preoccupa dell’uomo, ed è l’Iddio onnipotente. Signore
del tempo e della storia. Ma non so
no le vicende umane che possano farci conoscere i piani di Dio. L’uomo,
nella sua mentalità utilitaria, vuole
scoprire i piani di Dio, vuole conoscere, in altri termini, il futuro, e scruta i fatti storici come un astrologo
esamina il corso degli astri per ricavarne,un oroscopo. Il futuro, però, dirà ancora Giovanni Miegge, « non è
l’effettuazione di un piano già tutto
previsto e perciò esaurito prima di
essere attuale, ma l’esplicazione libera e multiforme della volontà di Dio,
che rirnane per noi imprevedibile, e
deve èssere costantemente cercata
per poter essere ùbbidlta ».
Come non v’è contraddizione tra fede e scienza, così non v’è contraddizione tra storia e fede. I piani di Dio
non sono nella storia, ma è la storia
nei piani di Dio, in un disegno che
non è puramente fatalistico, perché
in questi suoi piani Iddio non fa Tuomò schiavo. Riferendosi all’azione della Provvidenza divina nel mondo e
sul mondo, Berdiaev scriverà: « Tutto il segreto è nel fatto che Dio non
agisce nel determinismo della natura
oggettivata, ma solo nella libertà, solo attraverso la libertà dell’uomo ».
Il cristiano non deve incrociare le
braccia come un musulmano di fronte alla fatalità. Egli deve sapere che
nei piani di Dio v’è anche la sua libertà. Ed è questa sua libertà che egli
deve trovare nei piani di Dio, e non
la pura e semplice conoscenza di questi piani perché possa conformarcisi
come uno schiavo. I piani di Dio, che
comprendono il tempo, di cui l’uomo
è schiavo, lo vogliono libero. Così
l’uomo, che è schiavo DEL tempo, è
libero NEL tempo. Eros Vicari
rantissero le spalle-nelle sue prossime
mosse contro l’Egitto, gli Israeliti videro in lui un provvidenziale salvatore, addirittura uno strumento nella
mano di Dio, un « unto » dell’Eterno,
come lo chiama il 4« capitolo di Isaia
(v. 1), con evidente ragione.
I deportati iniziarono il rimpatrio.
Una prima carovana guidata da Zorobabele, principe di sangue reale, e dal
sommo sacerdote Giosuè (cap. 1 a 6)
giunse sulle rovine di Gerusalemme,
ricostruì, prima, un altare per i sacrifici (cap. 3) e poi si mise all’opera
per la ricostruzione del tempio (cap.
4-5) che proseguì per molti anni fino
alla solenne dedicazione, grazie anche
ai favori concessi dal « gran re » Dario I.
A questo punto il libro ha una lacuna di vari anni per riprendere, al
capitolo 7, con l’arrivo a Gerusalemme di una seconda ondata di esuli,
guidati da un dotto scriba di nome
Esdra, protagonista e, in parte, autore di quelle sezioni del libro che appaiono scritte in prima persona.
Più facile
costruire il tempio
che la comunità
Esdra trovò che, se anche il Tempio era stato ricostruito e la liturgia
dei sacrifici vi si celebrava regolarmente, la situazione religiosa del popolo era lungi dal corrispondere a
quelle manifestazioni ufficiali esteriori. Era stato diffìcile e lungo riedificare il Tempio, ma si sarebbe rivelato assai più arduo ricostruire la fede
c la religiosità interiore del popolo. _
Uno dei maggiori pericoli era costituito dai matrimoni misti. Forse a
causa del soprannumero di uomini
tra i rimpatriati, forse anche per il
desiderio di molti di questi di imparentarsi con le tribù locali per esservi meglio accetti, il fatto sta che molti prendevano per mogli donne pa- ,
gane. Ciò significava quasi sempre
una quotidiana compromissione della
fede, un rilassamento dei principi rehgiosi e soprattutto un educazione
paganeggiante delle nuove generazioni. I capitoli 7 a 10 narrano appunto
la battaglia sostenuta da Esdra per
ricondurre il popolo ad una piu stretta osservanza deW« legge su questo
punto di vitale importanza.
A parte gli elenchi anagrafici dell’ultimo capitolo e dei cap. 2 e 8 con
nomi e cifre delle due ondate di rimpatrio, il libro è interessante per le
notizie storiche che offre, con la citazione testuale di documenti (editti
e lettere) dell’epoca, ma è soprattutto utile per la comprensione di quel
tipo di pietà giudaica che ritroveremo ai tempi di Gesù e che ha le sue
radici nel secolo della restaurazione
postesilica. La pagina più bella e fon
se il capitolo 9 con la preghiera di
Esdra che confessa il peccato di infedeltà e di ingratitudine del suo popolo. Una preghiera che, tenuto cimto delle differenze di situazione che
ci sono fra epoca ed epoca, può diventare di attualità ogni qualvolta il
popolo di Dio sia tentato di dimenticare le liberazioni divine passate e
presenti, per sposare, se non sempre
le donne, spesso le cause e le ideologie del mondo, nel quale Dio lo ha
chiamato a vivere ed a testimoniare
di Colui che libera.
Ernesto Ayassot
A Ecumene, 1-3 giugno
1972
Convegno Biblico della F. C. E. I.
Scartare pregiudizi secolari e tradizioni umane per giungere al nocciolo vivo ed attuale dell’Evangelo: questo è lo scopo fondamentale di
una lettura critica e scientifica — cioè moderna — del Nuovo iestamento.
La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia per mezzo del suo
Servizio Studi organizza a Ecumene un convegno biblico sul tema:
«
Una lettura moderna del Nuovo Testamento
di E. Kasemann
L’interpretazione
Lo studio sarà centrato sul Nuovo Testamento. L’interpretazione di
Kasemann sarà un semplice strumento per la comprensione del testo.
Argomenti principali:
1) Alcuni dati forniti dall’indagine storico-scientifica del Nuovo Testamento;
2) Il Nuovo Testamento inteso come appello alla liberta; , ..
3) Esame di alcuni passi biblici sulla scorta delle « note omiletiche » di
E. Kasemann.
Sono invitati tutti i membri delle chiese evangeliche. eviteranno
inutili tecnicismi di linguaggio. Il convegno ha una funzione ^p'or'iamento teorico-pratico per predicatori laici, monitori, pastori e per i i
credenti impegnati. , di- Ernst
A titolo di preparazione previa si raccomanda la lettiti a oi. n,rnsi
Kasemann, Appello alla Libertà, ediz. Claudiana.
Località: ECUMENE si trova in località Cigliolo, a 1 km da Velletn.
Data: 1-3 giugno 1972 (arrivo il 31 maggio pomeriggio o sera, partenza il
3 giugno pomeriggio).
Prezzo: L. 1.650 per giorno (vitto e alloggio); per i visitatori
L. 1.000 a pasto.
Iscrizioni: Servizio Studi - Federazione Chiese Evangeliche
38 - 00184 ROMA.
occasionali
via Firenze
Notiziario Evangelico Italiano
Il lavoro unitario fra
ovangelici federati e non
Un documento della chiesa metodista di Savona
Il Consiglio di Chiesa della Comunità Evangelica Metodista di Savona
e Albenga, in adempimento di espresso mandato ricevuto dalla assemblea
generale, desidera esprimere con il
presente documento il pensiero di
questa comunità sul lavoro unitario
delle Chiese Evangeliche nella regione
e nel paese.
La comunità ha aderito con gioia e
senza riserve alla Commissione di intesa fraterna fra le Chiese Evangeliche della Liguria e del Sud-Piemonte;
è persuasa che questa Commissione
possa essere veramente luogo di incontro e di comune riflessione per le
chiese che vi hanno aderito, oltre che
strumento per un potenziamento del
lavoro unitario nella zona, e dichiara
di impegnarsi in questo senso.
Tuttavia questa comunità, constatata la impossibilità, per il momento,
del collegamento tra questa Commissione e la Federazione delle Chiese
Evangeliche in Itaha, ribadisce, per
quel che la riguarda, la sua adesione
alle linee di lavoro, di pensiero e di
azione della Federazione; consapevole
però che la impossibilità del ricordato collegamento è derivata da riserve
critiche di alcune comunità sorelle a
queste linee, auspica un approfondimento dei problemi che soggiacciono
a tali critiche, in vista di un chiarimento di fondo che consenta di procedere avanti sul cammino indicato
dal II Congresso Evangelico del 1965,
che è, ad un tempo, cammino unitario
e cammino di rinnovamento.
Questa comunità, infine, constatando il sempre maggiore sviluppo nella
zona dei rapporti fraterni tra le comunità valdesi e metodiste, persuasa
che il processo di integrazione tra la
Chiesa Valdese e la Chiesa Metodista,
lungi dal contrastare la causa dell’unità fra gli evangelici italiani, può favorire quel cammino unitario e di rinnovamento di cui si è detto, fa -voti
perché la prossima sessione congiunta del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista rappresenti un decisivo passo avanti in tale processo di
integrazione.
iiiiiiiiiiiiiiiiMimiiiiimimmmiiiiiiiiiiiiiiiiiininiiiiiiiii
- AL VILLAGGIO DI S. SEVERA
bilità della testimonianza ». Gli studi biblici
che apriranno le giornate di lavoro, centrati
su questo tema, saranno tenuti dal pastore
Michele Sinigaglia.
tlllllllllllllliltllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllll
ADELFIA - estate 1972
CAMPO CADETTI
30 giugno - 8 luglio
Età : 13-17 anni.
Direzione : Mario Berutti - Enrico Trobia.
Tema : Scuola d^obbligo e lavoro minorile.
Iscrizione L. 1.000 - Quota L. 9.000.
CAMPO POLITICO
11-16 luglio
Direzione : Alessandro Gerace - Enza La Monica (con Pasquale Papiccio, Piero Rostagno, Giovanni Papa, G. Bellassai).
Tema: Il neofascismo in Italia e nel Mezzogiorno in particolare.
Iscrizione L. 1.000 - Quota L. 8.000.
CAMPO STUDI F.G.E.I. (in preparazione
campo F.G.E.I. Ecumene)
18-24 luglio
Direzione: Jean-Jacques Peyronel - Salvo Rapisarda.
Tema: La sfida del cattolicesimo del dissenso
Iscrizione L. 1.000 - Quota L. 8.500.
ADELFIA - Centro Giovanile Evangelico Scogliotti fraz. di Vittoria, tei. 80.132 - Direzione: Via Garibaldi 60, tei. 81.161 - 97019
Vittoria (rg).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiimiiiiimiiiii]iiiiiiiiiii:iiii;i
Centro Evangelico <( P. Andreetti »
S. Fedele Intelvì
Assemblea dell'UCEBI
Dal 29/4 al 2/5 si tiene al Villaggio di
S. Severa (Roma) l’Assemblea generale dell’Unione delle Chiese Evangeliche Battiste di
Italia (UCEBI). Essa avrà per tema : « Credi
CAMPO RIPOSO
PER FAMIGLIE
Dal 6 al 27 agosto avrà luogo al Centro di
S. Fedele il Campo Riposo per Famiglie. Il
Campo durerà tre settimane ma è possibile
parteciparvi per una spia settimana.
La quota settimanale è cosi fissata;
L. 9.000 per ragazzi dai 4 ai 10 anni.
L. 12.000 per gli adulti.
Poiché i posti sono limitati si prega di fare
pervenire le prenotazioni entro e non oltre
il 15 maggio airUfficio di Como (Past. Salvatore Briante, Via T. Grossi 17, tei. [031]
273440) specificando:
а) la composizione della famiglia;
б) il periodo di partecipazione.
Una cuoca, un direttore, un programma elastico ed adeguato faciliteranno il soggiorno
dei partecipanti.
Un best-seller
STATI uniti' — Alla fine dello scorso anno, dopo più di 5 anni dalla pubblicazione, sono state vendute 30 milioni di copie del Nuovo Testamento
in inglese corrente, intitolato; « Good
news for modern man ».
Corsi di diffusione biblica
TEXAS — Un forte gruppo di giovani, insieme con una trentina di pastori di lingua spagnola, ha seguito il
corso di diffusione biblica organizzato dalla Società Biblica a S. Antonio
e a Brownsville nel Texas. Questa
esperienza si è rivelata positiva anche
dal punto di vista della collaborazione inter-confessionale.
Diffusione biblica tra gli immigrati
INGHILTERRA — Vi è un milione
e mezzo di immigrati in questo paese,
provenienti per metà dall’India e dal
sud-est asiatico, compresi 55.000 cinesi. A questi si aggiungono numerosi
immigrati europei: ciprioti, italiani,
maltesi. La Società Biblica Britannica e Forestiera si è radunata per studiare il problema della diffusione
delle S. Scritture fra la popolazione
immigrata. Qccorrerà pubblicare l’Evangelo in diverse lingue; la stampa,
le autorità scolastiche, l’Alleanza evangelica diretta dal pastore Huggett, i
volontari, sono considerati tutti mezzi possibili per diffondere la Parola
di Dio tra gli immigrati.
Una fiera del libro
INDIA — Ha avuto luogo nell’anno testé decorso a Nuova Delhi, una
grande fiera del libro, alla quale la
Società Biblica ha partecipato presentando 400.000 copie in due lingue di
una Selezione a colori sulla conversione dell’apostolo Paolo. Sempre nell'anno 1971 la Società Biblica ha diffuso in India 8 milioni di copie delle
Scritture: è una cifra-record, soprattutto se si pensa alle traduzioni in
varie lingue che questa diffusione
comporta; negli ultimi tre anni, infatti, la Bibbia è stata tradotta in
quattro lingue indiane, il Nuovo Testamento in due lingue e porzioni di
esso in 15 dialetti. Tuttavia la cifrarecord sembra insignificante se paragonata alla popolazione che è di 560
milioni di abitanti.
Viaggio fluttuoso
ZAMBIA — Un gruppo della Società Biblica africana ha compiuto un
lungo viaggio nel paese visitando con
un furgoncino di libri varie scuole ed
istituti, e le stazioni missionarie dei
Fratelli cristiani, della Chiesa cattolica e della Missione evangelica. La madre superiora di un orfanotrofio cattolico ha comperato tutte le Bibbie
che il gruppo aveva con sé. Al termine del giro il gruppo aveva diffuso
circa 3000 esemplari della Bibbia e
del Nuovo Testamento.
Impegno dell’Esercito della Salvezza
NEW JERSEY -— L’Esercito della
Salvezza di questo paese si è impegnato a fondo per una diffusione massiccia dell’Evangelo nel Terzo Mondo
nei prossimi due anni.Il generale dell’Esercito della Salvezza, che ha proposto questa campagna, l’ha intitolata: « la tua Parola è una lampada al
mio piede, una luce sul mio sentiero ».
Impegno in Italia
ROMA — Il pastore Bertalot, presidente della Società Biblica italiana,
partecipa che è intenzione della Società di realizzare una nuova traduzione del Nuovo Testamento, libera
dalla preoccupazione di fare corrispondere esattamente ogni vocabolo
greco con uno italiano, ma atta a trasmettere il messaggio apostolico ài
lettore moderno. Quest’opera, per ora
soltanto progettata, interesserà non
solo l’Italia, ma anche la Svizzera italiana e tutti i paesi ove risiedono colonie di italiani.
3
28 aprile 1972 — N. 17
pag. 3
E IIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIII
ci scrivono
iiiiimniiimiiiiiiiiiE
Note di lettura
I
E
I
i
Grazie
Un lettore, da Torino:
Leggendo il vostro giornale, trovo delle
le polemiche, che non mi piacciono, pur
comprendendo che è permesso esprimere il
proprio pensiero, anche se non scritto con
amore perfettamente cristiano (come ad
es. polemiche col past. Castiglione, o con
r« Amico dei fanciulli » e altri).
Ma a parte le polemiche desidero esprimere il mio ringraziamento ai redattori dei
bellissimi articoli dal titolo «...fui malato»,
che sono entrati nel mio debole cuore; al
pastore Ayassot per gli articoli « La bibbia non letta » che mi ha fatto rileggere
il Deuteronomio, Levitico, Numeri, il Cantico dei Cantici, che da tempo non avevo
riletto; al redattore del « Lavoro deU’Uliveto » (n. 14 del 7 corr.), che mette in
luce tanti aspetti così poco conosciuti del
bell’impegno cristiano di questo nostro istituto.
È sempre bello leggere degli articoli sul
vostro giornale che facciano del bene ai
nostri deboli sentimenti cristiani.
C. T.
I Problemi
I e non personalismi
= Caro direttore,
E Quando lessi, in calce alla risposta del
E fratello Ricca Adelchi, la noterella redazio= naie che dichiarava chiuso il dibattito inS torno ai funerali ecc.... provai un’impresE sione mista di piacere e di dispiacere. Di
E rò subito di quest’ultima per lasciare « dul
= cem in fundo ».
= 1) So benissimo, per esperienza, che, in
E campo giornalistico, le forbici hanno semE pre ragione. Il redattore può sempre riserE varsi l’ultima parola e tagliare il discorso
= a chi vuole, quando vuole e dove vuole.
= Servendosi delle forbici, il redattore ha
E « creduto » bene dare un taglio definitivo
E dopo l’ultima battuta del fratello Ricca
E Adelchi, risparmiandomi (bontà sua) la fa= tica di una inutile risposta. Il metodo, an= che se non mi piace, non è né nuovo, né
E peregrino, tanto che è ancora in auge in
E molti paesi e l’abbiamo conosciuto anche
E in Italia quando i... « Balilla » avevano
^ sempre ragione e i dissenzienti venivano
= zittiti, magari al canto di « Giovinezza »...
E 2) A parte, però, questo dispiacere,
= sono lieto che la polemica sia stata chiusa
E perché mi sarebbe stato difficile continuar^ la sul terreno del mio interlocutore. Infat= ti, se mi par lecito adoperare qualche vol
E ta un po’ di « humour » (che può sembra
E re « pesante » o leggero a seconda deUa
E suscettibilità deUe persone), mi ripugna
E l’arma delle offese personali e della deniE graziane. Bene quindi ha fatto il redattore
E a togliere la parola per non « indurmi in
= tentazione », facilitandomi così il compito
E di apparire più mansueto di quello che
E forse sarei apparso rispondendo.
E Ciò non significa, però, che non avrei
= avuto piacere di continuare la discussione,
E purché ad altro livello.
E Mi scusi se Le ho rubato ancora un po’
E di spazio, pur senza rientrare in argomen= to per rispettare le forbici^rNon ho voluto
E però che si credesse che .ifon avevo letto e
E capito, come certo hanno letto e capito i
E lettori del giornale.
E Cordialissimi saluti
= Ernesto Atassot
telle individuali anziché la nostra -infedeltà e idolatria ecclesiale, finché non confesserà questo peccato, senza cercare attenuanti o consolazioni, e non riconoscerà in
Gesù Cristo la sua unica possibilità di significato e di salvezza anziché il suo zimbello. Ma la comunità non vuole arrivare
a questo, se ne difende disperatamente: e
le sue difese si chiamano paganesimo, fondamentalismo, culto della tradizione, critica alla predicazione « marxista », critica ai giovani che vogliono la rivoluzione
ma non fanno le buone cose positive che
solo gli ipocriti ormai sopportano di fare.
No, anch’io, che ho sempre volonterosamente collaborato alle buone cose positive,
cioè attaccato francobolli, partecipato ai
bazar, frequentato i culti, fatto la moqitrice, oggi non mi sento più di contribuire a questa mascherata e perciò, siccome
credo in Gesù Cristo, mi limito a dire
quello che penso quando mi capita di parlare, e cerco la mia comunità di credenti
fra i miei amici atei, dissidenti e marxisti,
con i quali sento di poter camminare in
una autenticità di ricerca dalla quale le
nostre comunità dovrebbero prendere esempio.
Rita Gay
E Lo scambio di lettere E. Ayassot-A. Ric~^
= ca è avvenuto ora nella rubrica I lettori
— scrivono'^ ora nella Cronaca delle Val
I li" che è curata, con un gruppo di collabo
E rotori, da Ermanno Geme e che, coinè al
E tre rubriche, ha una sua autonomia. Ea
= noterella redazionale non era mia; per par
E te mia sono pronto a darLe spazio anche se
E mi rallegro — come penso tutti, o quasi
E _____ che il dibattito non prosegua a livello
E di personalismi. V. C.
I II dito sulla piaga
E Una lettrice, da Bergamo:
E Caro direttore,
E scusa se ti dico francamente che mi semE bra che il tuo commento alla lettera
E aperta di Giorgio Tourn esprima una di
E quelle tipiche difese tanto in auge nei no
E stri ambienti quando si affronta un pro
E blema di fondo : quella di dire, cioè, il pro
E blema è ben più vasto e complesso... {terció
E attenti a quel che dite, non fate i provin
= ciali e possibilmente state zitti. So che non
E è questo il tuo abituale atteggiamento, ma
E appunto perciò mi risulta ancora più in
E comprensibile il fatto che tu non abbia sa
E puto o voluto capire che Giorgio Tourn ha
E proprio messo il dito su la piaga attuale
E delle nostre comunità. E questa piaga la
= rivela benissimo là dove dice: « ...il pro
E blema non è il marxismo ma la non vo
E lontà di rinnovamento delle nostre comu
= nità : non è di Marx che hanno paura i no
E stri membri di chiesa, è di Gesù Cristo ».
E Eccolo qua il punto che manda in rovina
E tutti i nostri zelanti tentativi comunitari,
E le nostre fittizie ricerche di un’azione co
E mune, il nostro ipocrita gettar ponti fra le
E due generazioni di credenti per poi consta
E tare (oh stupore!) che nulla di nuovo ap
E pare aU’orizzonte, nessuna bellissima idea
— o alternativa. Certo nulla di nuovo appari
E rà, stiamone pur certi, finché la comunità
E non arriverà a riconoscersi in peccato e
E si ostinerà a considerare peccati le scappa
lo non mi sogno neppure di dire, nè a
Giorgio Tourn né a te. di stare zitti; siete voi, mi pare, che vorreste far stare zitto Enrico Geymet; non cambiamo quindi
le carte in tavola. Con questo, ho detto
chiaro che dissentivo da E. Geymet per ciò
che concerne il Kasemann; d’altra parte
continuo a ritenere troppo generale e generica la difesa della “teologia moderna”,
da parte di G. Tourn. Per ciò che riguarda
le nostre comunità, accettiamo pure l’affermazione di G. Tourn: « non è di Marx
che hanno paura i nostri membri di chiesa,è di Gesù, Cristo »; mi pare però che tu
te ne serva come di un giudizio su altri,
dal quale, ora che avresti più o meno mollato gli ormeggi della routine ecclesiastica, (pardon, ecclesiale), saresti esente. Se
vogliamo parlare in questi termini paradossali, credi che ci sia qualcuno, anche fra
i tuoi « amici atei, dissidenti e marxisti »,
che non abbia paura, o scandalo, o noia di
Gesù Cristo: quello della testimonianza
neotestamentaria, s’intende, l’unico autentico, e non una versione ad usum delphini? Credi proprio che le « difese » siano
soltanto quelle che mi elenchi, e non vi si
debbano aggiungere il neo-liberalismo teologico, il culto della rivoluzione, i conformismi di una predicazione "marxista"; che
il paganesimo odierno sia solo di segno
conservatore? Quali fioriture di alternative puoi indicarmi, entro e fuori le mura,
nel luminoso presente e per il più radioso
avvenire? Non viviavo tutti per grazia e di
grazia? Che non sia a buon mercato, questo sì.
Gino Conte
Una voce dalla diaspora
Una lettrice, ci scrive da Aitino (Chieti):
Chiedo ospitalità a « L’Eeo-Luce » almeno per una volta, per far conoscere il
mio modesto pensiero. Non sono una valdese delle Valli, però sono molto affezionata alla Chiesa valdese da 50 anni e più.
Innanzi tutto sono febee di sapere che al
prossimo Sinodo vi sarà la consacrazione di
pastori metodisti e valdesi insieme (L’EcoLuce del 10-3-1972). È logico: Cristo è il
Càpo e i suoi fedeli sono unò in Lui.
Ed ora vi parlo di me: nata e battezzata nella chiesa cattolica, me ne allontanai
subito fin dall’infanzia appena conobbi
l’Evangelo. Udii l’annunzio delle verità
evangeliche dai pastori metodisti, i quali
furono i primi a mettermi nelle mani « il
Libro dei libri » — La Sacra Bibbia —
ch’è l’oggetto più caro di tutta la mia esistenza. Da uno di loro ebbi il potente libro
Il Papa - Re del Prof. Pietro Taglialatela.
Un altro libro, a questi dedicato, dal titolo Roma papale e i martiri del libero pensiero capitò per caso nelle mie mani, ne
ignoro l’autore perché manca qualche pagina dov’era il suo nome; anch’esso fu portato dai metodisti. Entrambi questi libri si
dovrebbero ristampare e diffondere. Poi,
nella mia adolescenza, studiando a Chieti,
frequentai la casa del pastore Valdese Diodato Rosati, fu lui la mia guida Spirituale
in quell’età. Ecco qui i suoi doni, lì conservo ancora: questo piccolo Nuovo Testamento con tante referenze; quest’altro.
Nuova Aurora, che aiuta il credente a
non lasciarsi influenzare dalla filosofia scettica.
Poi, per motivi professionali sono vissuta in posti diversi, sempre lontana dalle
Comunità religiose e dai culti. Ma pure
ecco la gioia di ritrovarmi ogni tanto a Firenze in Via dei Serragli a contatto del Pastore V. Sommani, il quale non mi ha mai
abbandonato assistendomi con le sue preziose lettere piene di fede. Eccomi pure a
Torre Pollice!... Ed ecco La Storia dei Vaidesi del Prof. Ernesto Comba edito nel
1935. Ecco Tattro libro prezioso Riformatori
e Riformati Italiani dei secoli XV e XVI
del Prof. Augusto Jahier del 1924. Ecco
la Storia della Bibbia del Prof. G. Luzzi
del 1939; ecco la Bibbia riveduta da lui.
Perdonate se ho citato i titoli di alcuni
miei libri, Tho fatto per dirvi che in fondo il mio isolamento non è stato come in
un deserto, in compagnia di cosi buoni
amici. Leggendo ora su « L’Eco-Luce »
dell’11 febbraio scorso (e sui numeri successivi) l’articolo « La storia valdese da riscrivere » — Valdo, non Pietro ecc.
sono rimasta male, perplessa. Ma come?
La storia valdese scritta e riconosciuta
finora veritiera non è più valida? E come?.
dal 1140 o 1170 ad oggi, in tanti anni gli
studiosi non si sono mai accorti di questo
nome sbagliato? E chi ci assicura che le
ricerche fatte di recente siano verità assoluta? Noi non possiamo controllare con
esattezza l’origine di tante notizie nè possiamo parlare con lui, Valdo. Signori studiosi di oggi, perdonate la mia impertinenza, ma vorrei pregarvi di lasciare la storia valdese così com’è scritta; rispettiamo
gli storici che l’hanno scritta con tanta
scrupolosità. In me è sorto un altro dubbio :
chi ha soffiato per primo il duhhio sul nome di Pietro Valdo? Con quale intenzione? Si vorrebbe forse diminuire o annuUaire del tutto l’importanza del movimento
valdese e far crollare l’edificio secolare della testimonianza evangelica, cen tanti eroismi di martiri, proprio oggi che godiamo
la libertà grazie alle loro sofferenze benedette dalTEterno? Vogliamo forse comportarci come i moderni « Testimoni di Geova » i quali, mentre godono la libertà religiosa e fanno congressi dovunque, sprezzano coloro che soffrirono atrocità inaudite e morirono a migliaia dì morte orribile per conquistare la libertà? « Testimoni
di Geova » : essi affermano che la loro congregazione è l’unica, la sola vera riconosciuta da Geova e chi rimane fuori di essa
non si salva! Anche gli studenti biblici
della Torre di Guardia si sono dati da fare
per modernizzare la Bibbia, accusando i
religiosi di aver tolto il nome divino dalle
Sacre Scritture e assumendosi il compito di
reinserirvelo, e così hanno cancellato daUa
Bibbia la bellissima parola « l’Eterno » per
sostituirla con Geova, come se i dotti professori G. Diodati, G. Luzzi e altri competenti non fossero stati capaci di tradurre
daU’ebraico YHWH la parola Geova. E
poi non basta questo nome? Perché sento. no il bisogno di dire Geova-Dio?
Signori studiosi valdesi, perdonatemi,
non voglio offendere nessuno : comprendo benissimo quanto voleva dire l’eminente A. Vinet con la sua frase « La verità senza la ricerca della verità non è che
mezza verità »; è giusto approfondire la
conoscenza; è necessaria la critica storica,
però senza demolire nulla.
Se volete scrivere un nuovo libro, vi prego, scegliete un titolo adatto ai nuovi studi, un libro diverso che non sia la Storia
Valdese corretta, ma serva semplicemente
ad arricchire quanto hanno scritto gli storici precedenti. Vi prego prima di accettare i risultati della « ricerca scientifica »
(corne sta scritto su « L’Eco-Luce » del 10
marzo ’72) accertatevi che non vi sia in
giro qualche astuzia di Satana come è
scritto su questa lettera del' pastore valdese
Virgilio Sommani datata 21 marzo 1960.
È la sua risposta ad una mia informazione
circa i « Testimoni di Geova ». EgR
gandomi tranquillamente la risposta di Dio
a Mosè riguardo al suo nome (Esodo 3: 13,
14 e 15) aggiunge : « ®^va è nato da una
lettura sbagliata di Jahveh l’Eterno e per
molti di loro, vorrebbe dire Creatore ». In
fondo alla lettera concludeva: «Sono le
astuzie di Satana, che vuol mettere confusioni fra i cristiani ».
Permettetemi di ripetere anche una frase
che ho udito dal Prof. P. Casalini (evangelico anche lui) ; « La troppa istruzione è
distruzione ».
Tornando alla storia dei valdesi, penso
che l’essenziale non è il nome del capo del
movimento, non è importante conoscere
le notizie incerte che si perdono nel passato; noi non seguiamo una dottrina di
Valdo, ma è importante l’opera di lui, la
predicazione deUa Parola eterna, la testimonianza del passato e quella odierna che
possiamo dare in ogni momento vivendo
secondo lo Spirito, santamente, cosi come
piace al nostro Divino Maestro. È importante vivere nella Luce, essere tralci attaccati a Lui ch’è la vite. L’insegnamento
di Gesù è semplice e sublime : « Ama il
Signore Iddio con tutto il tuo cuore e con
tutta l’anima tua e con tutta la mente tua.
Questo è il grande e il primo Comandamento. Il secondo, simile ad esso, è: Ama
il tuo prossimo come te stesso. Da questi
due comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti» (Matteo 22: 37-40). É
meraviglioso constatare che, quando c è la
Luce dello Spirito, l’operaio e la donna
del popolo con la 5* o la 3“ elementare
comprendono la Bibbia come le persone
colte.
Per concludere, chiedo ancora scusa se
mi sono permessa di dissentire. Mi è sommamente caro dirvi che quando ero bambina, di circa 12 anni, Gesù mi apparve in
sogno dicendomi : « Ma veramente sei disposta a rinunziare a tutto per seguirmi? ».
Io risposi: « La tua grazia mi basta ». Fu
un semplice sogno? No, è stata la realtà di
tutta la mia esistenza. La sua voce particolare Tho udita sempre, allora come oggi; e ancora: «E chi non porta la sua
croce e non vien dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lucal4: 27). Tutti
coloro che hanno accettato di seguire Gesù, sanno quanto sia difficile alla nostra
natura umana vivere secondo lo Spirito e
non secondo la carne; e sanno pure quanto sia bella, eccellente la vita nello Spirito! È meraviglioso per me sapere che nessuna sapienza umana è riuscita a staccarmi dal nostro Maestro: la Sua grazia non
mi è mai mancata. Le Sue parole : <c Io sono il buon pastore... Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi
seguono; e io do loro la vita eterna, e non
periranno mai, e nessuno le rapirà dalla
mia mano » (Giovanni 10 : 14-27-28) sono
verità, questo ho capito per esperienza.
Gesù disse a Toma: « Io sono la via, la
verità e la vita; nessuno viene al Padre
se non per mezzo di me » (Giov. 14: 6).
Gloria in eterno al nostro Signore ch’è
sempre presente e non ci abbandona mai.
Mari.\ Di Paolo
Il problema del sesso
in una prospettiva biblica
C G. ScORER, 'La Bibbia e il sesso oggi. Ed.
« Voce della Bibbia », L. 1.000.
L’autore del libro, come egli stesso scrive
nella presentazione, non vuole dare altro che
« una base solida ed esauriente per ogni ulteriore esame di questo argomento e una chiarificazione delle nostre idee e delle nostre convinzioni, come seguaci di Gesù Cristo ».
Infatti, mai come in questo particolare momento della nostra epoca possiamo assistere ad
una fioritura di domande, risposte, articoli,
tutti trattanti lo stesso argomento: il sesso.
Il cristiano di fronte a questo problema può
assumere tre atteggiamenti.
Il primo è di un conservatorismo estremo,
con norme morali tradizionali: dotate di una
validità permanente ed assoluta, mentre i motivi determinanti sono considerati fattori secondari nella moralità dell’atto stesso.
La seconda posizione si potrebbe definire
come moderatamente conservatrice. Si valuta
l’azione morale prevalentemente sotto il profilo della motivazione, sena però cadere nel radicalismo esclusivista di coloro che considerano la motivazione stessa, in questo caso l’amore, come unico criterio valido.
La terza posizione può dirsi una variazione
delTatieggiomento liberale, in cui le norme
morali esprimono e rappresentano soltanto delle libere scelte collettive fatte attraverso i secoli dai singoli e dalle società la cui maggioranza non era cristiana e la cui evoluzione è
sempre in atto
Scorer appartiene alla seconda categoria, o
meglio il suo atteggiamento trova più corrispondenza con la seconda posizione e con un
forte influsso di conservatorismo.
Il suo testo si divide in tre parti. La prima
tende a riassumere i costumi del popolo di
Israele e le leggi date ad esso da Dio. L’autore, a questo proposito, sottolinea molto il patto che l’Eterno fa con Abramo e vede in esso
un esempio di grande fedeltà, fedeltà che egli
paragona a quella dovuta in un rapporto matrimoniale. Il parallelo può lasciare qualche
perplessità, ben conoscendo le disubbidienze e
l’incredulità di Israele, e lo sdegno per esse
da parte dell’Eterno.
A questo esempio possiamo contrapporne un
altro più esatto: la fedeltà matrimonisile deve
essere simile a quella esistente nel rapporto
di Cristo con la Sua Chiesa.
Tuttavia, prima di parlare di matrimonio
Scorer parla deU’amore. L’argomento è svolto
molto brevemente e non è sufficientemente approfondito. Non si accenna alla spiegazione di
amore, agape, philia ed eros : quattro sentimenti molto importanti ed interessanti da sviluppare.
La seconda parte del libro tratta deU’insegnamento di Cristo, del suo comportamento
con le donne, del divorzio e deUa castità.
Questo ultimo punto è svolto più ampiamente degli altri.
Non possiamo non essere d’accordo con lui,
quando afferma che deve esistere una castità
pre-matrimoniale, sia fisica, sia psichica, in
tesa come libera scelta di vocazione e di convinzione e non come sacrificio, o come ipocrita rinunzia, perché « nòK sta bene » o perché
« certe cose non si fanno prima del contratto
matrimoniale ». , f
L’autore tuttavia imfalge su una posizione
discutibile e, sotto un certo punto di vista, un
poco ambigua ed incoerente: egli sottolinea la
sua ferma opposizione ai rapporti pre-matrimoniali perché non giusti e negativi sotto tutti gli aspetti e sostiene le sue opinioni con citazioni bibliche, in sé esattissime, ma che lette
nel testo biblico assumono un significato molto più profondo e molto più completo. A questo proposito è' interessante leggere ciò che
scrive Friedrich von Gagern : « ...Procurarsi
un piacere privò di significato, ecco il contrario della castità, ecco ciò che non può procurare felicità vera né duratura »
E ancora ciò che scrive F. Bockle : a La castità non richiede per niente lo scansare, l’angoscia e la fuga davanti al sesso; il suo compito sta piuttosto nella strutturazionè completa e nella formazione deUe forze sessuali; la
sua esistenza è l’integrazione armonica dell’impulso sessuale nell’intera personalità »
Indubbiamente la scelta non è facRe; non
sempre le persone che amano, proprio perché
amano, posseggono tutti gli elementi e la lucidità per esaminare il proprio e l’altrui comportamento. Tuttavia una vera maturità, una
presa di posizione chiara e responsabile, e del
momento e della situazione che si vive, si ottengono solo mediante una seria meditazione e
con costanti preghiere; in questo modo si renda all’uomo la sua umanità e la coscienza della sua sessualità come di un tutto unico voluto da Dio.
Leggiamo ancora ciò che dice U. Beer : « Il
piacere... non è neppure pre-coniugale, perché
appartiene già al matrimonio. Come dice Lutero: "Quando un giovine entra neUa stanza
della fidanzata, ed essi sono d’accordo davanti
a Dio, il loro matrimonio incomincia in quell’istante” » *.
Nella terza ed ultima parte del testo Scorer
fa un’esposizione fuggevole e un poco superficiale del messaggio paolino sulla coppia cristiana. Su questo argomento è molto più significativo ciò che scrive J. . Von Allmen
Riassumendo: il libro si legge bene perché
è uno stile scorrevole e abbastanza vivace. Può
essere molto interessante per studi, o per discussioni sull’argomento e per confronto di
opinioni.
Mimma Pecoraro
^ Sesso e moralità - Rapporto presentato al
Consiglio Britannico delle Chiese. Ed. Paideia.
^ citato da U. Beer, Amore o erotismo?
Dieci arringhe in difesa dell’amore. Ed. Claudiana.
® F. Bockle-J. Kòhne, Rapporti pre-matrimoniali. Ed. Queriniana.
^ U. Beer, op. cit.
“ J. J. VON Allmen, La coppia cristiana in
San Paolo. Ed. Gribaudi.
Gli ano! del fascismo e della guerra
narrati ai ragazzi da Nino Lodi
iitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiniiiiiiiiiiiMiiiniiiimmimiiiiiiiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiiMiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
= Mario Lodi - Il Corvo. Ed. Giunti (Bem= porad Marzocco), Firenze 71, L. 1.200.
I Mario Lodi, nato a Vho di Piadena
E nel 1922, ha finito i suoi studi il giorno
E della dichiarazione della seconda guer
E ra mondiale. Gli è toccato partire e fu
i prima allievo ufficiale, poi aviere e poi
E prigioniero delle S.S. Ora insegna ai
E bambini e scrive. Molti conoscono di
E lui II paese sbagliato, scritto per i gran
= di, ai quali dice la sua bella esperien
= za di maestro che ha chiaro prima di
I tutto lo scopo di insegnare ai ragazzi
E a diventare degli uomini. Questo II cor
E vo è scritto per i ragazzi (mentre 71 per
= messo, il permesso di caccia, Tironica
= licenza che si ottiene di uccidere le be
= stie, è per i bambini), ai quali TA. ri
= corda, come in una specie di biografia,
E gli anni del fascismo e della guerra e
E racconta loro in una serie di quadri i
I suoi anni di balilla e di avanguardista,
E sottolineando con ritmo pacato e deci
= so, più con l’episodio che col ragiona
i mento, che cosa ha significato quelTes
I sere inquadrati, quel non potersi sot
E trarre all’« obbligatorio », quel dover
- ragionare in massa sottostando alTesal
= tazione della « bestia » che è in noi e
E ci spinge a odiare succubi di una vio
E lenza organizzata.
E Pure II corvo non è un libro cupo di
i odio, anzi è un libro che sa sorridere
E ai ragazzi, mentre spiega loro, come
E meglio non si potrebbe fare, le grosse
S cose che devono assolutamente sapere
= oggi per poter essere coerenti e co
1 scienti domani. Noi raccomandiamo vi
E vamente che sia dato loro in lettura.
I Una selezione bibliografica
I di libri per l'infanzia
= Le opere per bambini e per adoleE scenti che danno un contributo rile
i vante alla causa della comprensione
E internazionale figureranno in una bi
= bliografia selettiva che TUNESCO pub
E bucherà in occasione dell’Anno inter
E nazionale del libro. Ogni nazione è in
E vitata a suggerire i titoli di dieci ope
= re pubblicate dal 1965 ad oggi e desti
= nate a ragazzi fino all’età di circa 14
i anni. A quest’impresa collaborano TAs
E sociazione intemazionale dei bibliote
E cari, la Biblioteca intemazionale della
~ gioventù, di Monaco di Baviera, e le
Commissioni nazionali delTUNESCO.
Proprio oggi. Ed è anche un libro di
speranza che si chiude nella certezza
che « verrà un mondo nuovo ». Certo
che verrà, e qui potrebbe cominciare
un bellissimo discorso col maestro Mario Lodi che io seguo molto volentieri
in questa sua speranza comune a tanti.
Di tutto bisogna fare perché questa
speranza si adempia, ma penso che di
tutto veramente si potrà fare solo se
avremo ancora viva e chiara coscienza
di quella testimonianza biblica così
forte nel tempo in cui fu redatto il
Nuovo Testamento e che si esprimeva
nelle parole dell’epistola di Pietro:
« ...secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei
quali abiti la giustizia ».
T A R Z A N
(l’originale)
E. R. Burroughs — Tartan delle scimmie — Ed. Giunti (Bemporad Marzocco), Firenze 1971, L. 850.
Dino Bozzati, nel presentare il libro, si chiedeva se gli amici gli avrebbero dato dello scemo per essersi divertito a leggere le avventure di Tarzan! Io non ho difficoltà a mettermi
dalla sua parte e a lasciare che gli
amici pensino quello che vogliono.
Tartan delle scimmie si fa leggere
d’un fiato: si tratta di un ragazzo
bianco che allevato da una scirnmiona, cresce nella foresta africana intelligentissimo, forte, un vero eroe, buono come ogni eroe, e della giungla impara e vive le leggi, fino che si ricongiunge con un gruppo di esploratori
cosidetti civili, ma la sua difficoltà di
integrarsi nella civiltà si sviluppa nei
volumi successivi. Il libro era stato
scritto nel 1914 ed aveva avuto allora
uno strepitoso successo. Quando l’autore morì a Los Angeles, nel 1950, aveva raggiunto la fama di Veme e di
Kipling. Ora TEd. Giunti ripresenta in
veste integrale tutta la serie dei 5 volumi su Tarzan. Il cinema americano
lo aveva reso famoso facendolo impersonare da bellissimi attori e^ creando filmoni impressionanti. Ma il libro
è un’altra cosa: si imprime, specie
nelle menti giovani e vi incide alcuni
valori, magari molto semplici, ma che
hanno il sapore delle cose buone.
Berta Subilia
4
pag. 4
N. 17 — 28 aprile 1972
LA CHIESAftE LA SUA
e'
‘ V.
La diga sul Canene, sogno o ìnmibii?
{segue da pag. 1)
un volt» umano e partecipando attivamente al processo di liberazione, di
umanizzazione e ridistribuzione delle ricchezze. Hanno pure il dovere di
« lottare contro l’antistoria », dovere
che egli ha accostato alla nozione biblica di “giudizio". Se molti cristiani
non si sentono di sottoscrivere ai metodi violenti di trasformazione che si vorrebbe imporre agli oppressi, ciò non
dovrebbe impedire loro — ha detto van
der Veen — di porsi al loro fianco e
aiutarli.
Egli si è dichiarato d’accordo con l’attribuzione ai movimenti di liberazione
di somme prese al Fondo speciale di
lotta contro il razzismo, del CEC, e ha
raccomandato che si faccia appello ai
contributi individuali per supplire a
quelli delle Chiese o accrescerli. Al tempo stesso ha proposto un piano di sviluppo speciale in favore del Portogallo,
se questa nazione accettasse di ritirarsi dall’Africa. Quest’idea non è stata approvata dall’assemblea, la quale temeva che in tal modo si incoraggiasse lo
sfruttamento dei diseredati bianchi della madrepatria, sfruttamento che verrebbe a sostituire quello dei neri delle
colonie.
Il convegno di Arnoldshain ha rivolto una serie di raccomandazioni al
CEC. Basandosi su una dichiarazione
approvata dal Comitato centrale ad Addis Abeba, che chiedeva alle Chiese
membri « di dissuadere i loro governi,
come pure le società industriali e commerciali, dal sostenere progetti quali
la diga di Catara Bassa o qualsiasi impresa che potesse rafforzare i regimi
razzisti e colonialisti in Africa », ha proposto l’organizzazione di una campagna di lotta contro il progetto del Cunene. Questa campagna comprenderebbe tre tipi d’azione: 1) sollecitare le imprese a ritirarsi dall’Angola e dalla
Namibia, a rischio di vedersi boicottate dai loro azionisti o sottoposte ad altre consimili rappresaglie; 2) chiedere
alle Chiese membro del CEC e alla
Chiesa cattolica romana di ritirare i
loro depositi dalle banche che finanziano questo progetto (Dresdner Bank,
Deutscher Bank e Commerz Bank, per
la Germania; Crédit Commercial de
France e Crédit Lyonnais, per la Francia; Hill Samuel and Banker’s Trust,
per la Gran Bretagna; Algemeene Bank
Nederland, per l’Olanda; Crédit Bank
S.A., per il Lussemburgo) e incoraggiare, attraverso i gruppi d’azione e le
Chiese, il ritiro dei conti privati _ da
queste banche; 3) chiedere alle Chiese
e ai gruppi d’azione di dar prova di vigilanza per impedire ad altre imprese
di associarsi in seguito a tale progetto.
Sono state pure studiate altre possibilità d’azione: una, in particolare, sarebbe di impedire alla Comunità economica europea di allacciare relazioni
privilegiate con il Portogallo e il Sudafrica. Si è chiesto al CEC di^ esercitare
pressioni sull’opinione pubblica e di organizzare una riunione di parlamentari
dei paesi della CEE che sarebbero favorevoli a quest’azione.
Alla Commissione della Chiese per
gli affari internazionali (CCAp è stato
chiesto di informare le 252 Chiese membro del CEC circa il tenore della risoluzione 283 del Consiglio di sicurezza delTQNU e della decisione della Corte internazionale dell’Aja, le quali dichiaravano illegale l’occupazione della Namibia da parte dell’Africa del Sud. Secondo questi documenti, l’estrazione di
qualsiasi prodotto, minerario o altro,
della Namibia dev’essere considerato
« saccheggio » e i diritti e le tasse versati dalle compagnie sono illegali. Si è
chiesto a tutti gli Stati che intendono
rispettare il diritto internazionale di
fare un passo di più e di vegliare alla
protezione dei diritti dei proprietari legittimi di questi beni, ricorrendo ai loro tribunali. A tutti gli Stati si è chiesto di cessare la fornitura di armi al
Portogallo, mentre il CEC e la Chiesa
cattolica romana sono stati caldamente pregati di condannare pubblicamente l’uso di defolianti e di napalm nella
lotta contro i popoli dell’Africa australe.
Il convegno ha messo l’accento m
modo particolare sull’aiuto ai movimenti di liberazione. Le azioni proposte vanno dalla campagna d’informazione in seno alle Chiese agli sforzi per
assicurare ai combattenti per la liberazione fatti prigionieri uno statuto
conforme alle convenzioni di Ginevra.
I Portoghesi che rifiutano di servire
nelle forze armate dovrebbero essere
considerati rifugiati politici e le Chiese e altre organizzazioni dovrebbero
creare azioni di appoggio analoghe a
quella che le Chiese canadesi hanno organizzato in favore dei renitenti alla
guerra nel Vietnam. Infine il rapporto
chiede con insistenza al CEC di aiutare
il popolo portoghese nella sua lotta
« contro il regime di repressione all interno stesso del Portogallo ».
Una priorità fra le altre
Per il momento l’attenzione dell’opinione si è fissata su un solo aspetto del
Programma di lotta contro il razzismo: il Fondo speciale che ha perme.sso di sostenere i progetti umanitari
delle organizzazioni che lottano nei cinque continenti contro il razzismo bianco. Ma il PLR ha in programma tre
priorità, fissate dalla sua Commissione
nel marzo 1971, le quali dovevano costi
tuire tema di campagne d’informazione
in seno alle Chiese membro.
Le proposte formulate dal convegno
circa gli investimenti nelPAfrica australe potrebbero dar luogo ad altrettante polemiche che l’attribuzione di
un aiuto finanziario ai movimenti di liberazione, ma il CEC non teme la controversia se può servire alla causa della umanizzazione e della liberazione.
Francés S. Smith
addetto stampa al CEC
Un parerp personale
Personalmente ritengo sia stato un errore^
da parte degli organi del CEC, decidere, senza
previa consultazione delle Chiese, un’azione
cristianamente così discutibile come Vappoggi ai movimenti di liberazione africani, nella
forma votata, che è quella di un finanziamento; dire che si appoggiano solo i fini umanitari (istruzione, sanità, aiuto alle famiglie dei combattenti e dei prigionieri) a parte
le difficoltà di controllo, e poco più che un
sofisma, in particolare oggi che si dice e ripete che « tutto è politica »: si è quindi trattato di una scelta politica, e della scelta per
una determinata politica. Non c’è quindi affatto da stupirsi se le obiezioni sono state
molte, e rifiuto il comodo e semplicistico argomento che quanti obiettano lo fanno per
motivi politicamente reazionari o religiosamente intimistici: negli stampi di questo genere, non tutti si lasciano calare.
Da questo errore è dipeso quelValtro, che
sfiora quasi il velato ricatto morale: fare del
Programma di lotta contro il razzismo un tutto unico; e non si dica che è un programma
unitario e universale: è totalmente rivolto
contro il razzismo bianco (se questo è senz’altro, e di molto, prevalente, non è certo il solo,
nel mondo), e ha anche una colorazione
antioccidentale e anticapitalistica ben precisa,
non prendendo in considerazione altre forme
di razzismo (sovietico) o di colore. Dato il carattere estensivo che si dà al significato del
“razzismo”, il panorama può e deve essere più
ampio, a livello ecumenico, cioè universale, se
davvero si vuole farne un programma unitario.
Ora, ci sono certamente molti cristiani e
parecchie Chiese i quali darebbero senz’altro
il loro appoggio alla grande maggioranza degli scopi che il PLR propone loro, ma che in
coscienza non ritengono di dover finanziare,
per motivazioni cristiane, una lotta armata.
Proprio il convegno di Arnoldshain è, sotto
certi aspetti, la prova che per una fantasia
intelligente, informata e solidale vi è un’ampia gamma di possibilità di intervento e di
pressione sull’opinione pubblica, senza ricorrere per cominciare al gesto non precisamente fantasioso né particolarmente qualificato in
senso evangelico di versare ‘ un po’ di denaro(con un certo battage pubblicitario, analogo
ad es. a quello che ha accompagnato, in Francia, la pubblicazione del rapporto Chiesa e poteri) : proprio nel momento in cui si ritiene di
compiere un atto altamente politico, si rischia forte di eludere l’assunzione di una vera
responsabilità politica. Essere accanto ai popoli africani in lotta per la loro liberazione, lo
si può fare in molti modi: e piuttosto che dar
loro (direttamente o indirettamente) dei soldi
per uccidere e farsi uccidere pagando essi (e
non noi) di persona, non dovremmo, noi cristiani, trovare il modo di chiamare il mondo
a ravvedimento, di convincere individui e organismi e gruppi di peccato politico, con parole e con gesti che non siano semplicemente
quelli del mondo? La decisione degli organi
del C.E.C. ha fatto rumore; ma anche se l’appassionata riflessione e l’impegno quanto alla
dimensione politica della nostra responsabilità
sono sani e preziosi per la chiesa, ritengo che
questo gesto clamoroso (si fa per dire) non
possa essere incluso nello « straordinario » che
Gesù ci chiede nell’Evangelo.
Gino Conte
71 cristiani di
chiedono la restituzione
dei diritti civili
Colombo (Relazioni Religiose) - In seguito
alla rivolta dell aprile 1971, il governo di Ceyloii ha privato la popolazione di alcuni diritti civili. Oggi, due vescovi, uno cattolico, Leo
Nanayakkara, ed uno anglicano, Laxman
Wickramasinghe, capeggiano il movimento
sorto per chiedere la restituzione dei diritti civili in forma integrale. Monaci buddisti e professori universitari si sono aggregati al movimento, il quale reclama che gli avvocati possano visitare i 14.000 tra studenti e giovani
che sono stati arrestati durante le sommosse.
Il movimento ha quindi denunciato Fam^ia
libertà concessa alla polizia sui cadaveri, per i
quali non vi è stata nessuna inchiesta sulle
cause del decesso. Il 64% della popolazione
di Ceylon è buddista, il 20% è induista, il
7% è musulmana e l’8% cristiana.
fìforniate d'olanda
sul Programma anllrazzlsta del C.E.C.
In Sudafrica il pastore B. Moore, già segretario generale ad interim del Movimento universitario cristiano, è stato condannato al domicilio coatto nel distretto di Johannesburg
per cinque anni. Non può partecipare a riunioni di indole sociale, politica o educativa,
ricevere visite, tranne quelle di un medico,
di modo che non gli è possibile continuare la
sua attività di direttore dei corsi per corrispondenza dell’associazione delle Chiese indipendenti d’Africa. Questa misura governativa
giunge cinque mesi dopo la messa al bando
per tre anni dì J. Moloto, segretario generale
del Movimento cristiano universitario. Anche
S. Ntwasa, direttore del « progetto di teologia nera » fino allo scorso febbraio è stato
messo al bando mentre partiva per il seminario federale allo scopo di completare la sua
formazione teologica.
Un gruppo di buddisti, cattolici e caodaisti
del Sud Vietnam ha avuto un incontro, alla
fine di marzo, con dei membri della Commissione delle Chiese per gli affari internazionali,
della Commissione aiuti reciproci e assistenza
ai profughi e della sezione « Dialogo con i
seguaci di fedi e ideologie del nostro tempo »
(tutte del CEC). Scopo principale è stato quello di esaminare le possibilità di dialogare e di
cooperare fra i seguaci delle varie fedi e ideologie del Vietnam, e nello stesso tempo vedere
quali sforzi possa compiere il CEC per ricondurre la pace e lavorare per il rinnovamento
della società vietnamita. Sono stati prospettati
ulteriori futuri incontri con una più marga
partecipazione.
La Chiesa cattolica negli USA e la Convenzione. hattista del sud hanno registrato un aumento del numero deioro membri nel 1971,
al pari di varie altre comunità meno numerose, mentre certe Chiese protestanti più grosse
hanno registrato un leggero calo, secondo l’annuario delle Chiese americane, per il 1972.
Contrariamente alla diminuzione dell’anno
precedente, la Chiesa cattolica romana registra un incremento del 7 per cento e conta in
totale 48.214,729 membri. La comunità protestante più importante, la Convenzione battista del sud, si è accresciuta dell’1,2% e conta
11.628.032 membri. Le 193 comunità protestanti (compresi i Mormoni e i Testimoni di
Geova) comprendono in totale 71.712.896 per
Secondo la rivista cattolica jugoslava « Glas
Koncila », in Unione sovietica sono stati contati 60 milioni di credenti praticanti e vale a
dire 50 milioni dì ortodossi, oltre tre milioni
di cattolici, 2 milion di membri dì sette cristiane, 2 milioni di musulmani e 2 milioni di
ebrei. Sempre secondo la suddetta rivista, vi
sarebbero attualmente in URSS 50 mila preti ortodossi.
(soepi)
iiiiiiiiii¡iiiiiiiiiui¡iiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiimimiiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiiiiiiii.i
In espansione la chiesa cristiana
a Hong-Kong
Hong Kong (spr). - Facendo il punto sugli
ultimi quindici anni del suo lavoro di segretario generale del Consiglio di Hong Kong della Chiesa di Cristo in Cina, il past. Peter
Wong ha recentemente dichiarato al Consiglio
che il numero delle chiese è passato da 18 a
30, quello dei membri della Chiesa è quasi raddoppiato (sebbene si faccia sentire attualmente un lieve calo) e il bilancio è di 128 volte
quello iniziale. Nel 1957 c’erano 5 scuole e
1.300 alunni; ve ne sono ora 45 con una capacità di 43 posti. P. Wong ha detto che forniva queste statistiche non solo in segno d incoraggiamento, ma anche come una messa in
guardia. L’evangelizzazione dev’essere intensificata, se il Consiglio vuole poter continuare
il suo programma dì espansione scolastica.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiniiuinilìiiìiuliiitiiiiiiiiiiiniiiiiMmniiiiii
n primo missionario
coreano inviato in Indonesia
Seul (spr). - Primo missionario coreano inviato in Indonesia dalla Chiesa presbiteriana
della Corea, Park Chang-Hwan è un eminente
professore di teologia, pure assai noto nel suo
paese come traduttore della Bibbia. La Chiesa
presbiteriana di Corea ha già mandato 19 missionari in varie parti del mondo (Etiopia, Brasile, etc.) e altri si preparano a partire. Un
istituto missionario sta per essere fondato nel
quadro del Seminario teologico di Seul per
formare missionari coreani « per stimolare la
Chiesa a volgersi alFeslerno ».
La prima donna pastore
nello Zambia
La prima donna che desidera diventare
pastore nella Chiesa unita dello Zambia è stata
mandata dalla sua Chiesa in Australia per proseguirvi gli studi teologici. Otto studenti in
teologia si preparano alla consacrazione pastorale nell’Istituto di formazione teologica di
Kitwe. Tre donne zambiane hanno sinora terminato la loro formazione di diaconesse; quattro candidate sono iscritte per quest anno.
iiiiiiiiiiiiiiiitiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiKiiiiiniidiiiHiiiiii
Il terzo congresso
internazionale
di musica religiosa
Berna (Relazioni Religiose) — Il III
Coiygresso di musica religiosa si svolgerà a Berna dall'l all’8 settembre. Il
comitato d'organizzazione è presieduto da un cattolico, mentre il presidente del comitato esecutivo è un
membro della Chiesa riformata. Durante il Congresso, degli specialisti informeranno circa i movimenti che^ si
manifestano nel campo della musica
religiosa.
Lunteren, Olanda (spr). - Il Sinodo delle
Chiese riformate (Gereformeerde) d’Olanda ha
deciso di aiutare le vittime della discriminazione politica e sociale, per quanto possibile
consultandosi con il Programma di lotta contro il razzismo (PLR), del Consiglio ecumenico delle Chiese, ma ha respinto, con 40 voti
contro 20, una proposta di appoggio generale
al Programma stesso.
11 Sinodo ha messo in serio dubbio la politica del PLR, che accorda doni a « movin^enti
di liberazione che non rifiutano la violenza ».
I membri del Sinodo hanno pure espresso il
timore che l’appoggio a tali movimenti danneggì le loro relazioni con le Chiese sorelle in
Sudafrica.
Il Consiglio esecutivo delle Gereformeerde
Kerken è stato incaricato di cercare di rinsaldare i vincoli con le Chiese di tradizione riformata nell’Africa del Sud e di arrivare con loro
a un’ubbidienza completa alla Scrittura in fatto di relazioni fra i gruppi e gli individui, sia
in Olanda sia in Sudafrica. Il Dipartimento
missionario e il Consiglio di diaconia sono
stati pregati di continuare a sostenere l’Istituto cristiano neU’Africa australe.
Questa decisione del Sinodo contro il PLR
del CEC ha dato luogo a proteste fra i membri
di chiesa. Oltre un centinaio di studenti in
teologia dell’Università libera di Amsterdam
hanno dichiarato ai membri del Sinodo che
erano profondamente scandalizzati e delusi dal
loro atteggiamento.
Nella prossima riunione del Sinodo ecumenico riformato, che sì terrà a Sydney, Australia, dal 14 al 25 agosto, le Chiese riformate,
olandesi subiranno violenti attacchi da parte
di altre Chiese membri. Una mozione, redatta dalla Chiesa presbiteriana ortodossa negli
U.S.A., chiederà una dichiarazione secondo
cui (c la qualità di membro del Consiglio ecu
menico delle Chiese e di altre organizzazioni
religiose che rifiutano di censurare l’eresia è
incompatibile con l’appartenenza al Sinodo
ecumenico riformato ». Le Chiese riformate in
Olanda fanno parte del CEC^ dell’Alleanza
riformata mondiale e del Sinodo ecumenico
riformato.
IIIIMIIIIIIIinillllllll\!llllllll|||||||||||imiillllll||||||||||||||
Razzismo in Namibia
Lusaka (bip) — Il pastore luterano
Hans Althaus, recentemente espulso
dal Sud Ovest africano (Namibia) con
sua moglie e i tre figli, ha dichiarato a
Lusaka che non era stata data nessuna motivazione alla sua espulsione,
ma che riteneva essa fosse dovuta alla sua attività missionaria. {N.d.r.: la
Namibia è illegalmente “amministrata" dalla repubblica del Sudafrica, che
vi ha introdotto le stesse leggi razziali
praticate in quello Stato dalla minoranza bianca).
Il pastore Althaus, che ha lasciato
la Zambia per la Tanzania, aveva trascorso un anno e mezzo in Namibia.
Le autorità sudafricane avevano cercato di stabilire una correlazione fra
la sua attività missionaria e lo sciopero degli operai Qvambo, che aveva
sorpreso la polizia per la sua notevole
organizzazione.
« Essi (i sudafricani) sono stati sorpresi dal successo dello sciopero. Si
trattava in effetti — ha soggiunto il pastore — di una delle azioni fra le meglio riuscite che abbia mai visto ».
Teologia politica:
che cos’è e a che cosa tende?
(segue da pag. 1)
Ma rimase nel ricordo della gente il
nocciolo delle sue parole e dei suoi
atti. Gli episodi della sua vita passavano di bocca in bocca. Impossibile
metterlo a tacere, eliminarlo. Se oggi
noi domandiamo: a che scapo esser
cristiani?, la risposta è semplice: perché abbiamo sempre bisogno della liberaai®»e’ dell’uomo.
La teologia politica non è un programma politico, non offre soluzioni
specificamente cristiane ai problemi
sociali; è ermeneutica, interpretazione della società, cioè spiegazione dell’Evangelo nel quadro della politica,
della società. La teologia politica ha
l’intento di capire l’uomo situato nella totalità del suo spazio vitale, alTinterno del quale si realizza cioè deve
diventare prassi la verità della fede
cristiana. Essa vuole rifiettere il rapporto fra fede e politica.
Mira a trasformare la situaz'one
A partire dall’epoca costantiniana il
rapporto fra fede e politica viene considerato con sospetto e con grandi esitazioni. Per larghi tratti di storia la
chiesa e la politica sono andate a
braccetto, s’intende con la politica del
gruppo al potere. In tal modo la chies:i ha assunto funzioni di conservazione e di appoggio nei confronti dello
Stato.
Una teologia che sia responsabilmente orientata sull’Evangelo, invece,
deve avere chiari i difetti sociali, la
mancanza istituzionale di libertà di
cui soffre l’uomo. Deve mirare a mutare lo status quo non libero. Ciò presuppone la conoscenza del fatto che i
rapporti sociali sono fondamentalmente trasparenti e fondamentalmente
trasformabili. Nell’avvicendamento di
« padrone e servo », la chiesa deve
mettersi dalla parte del servo e impegnarsi nella distruzione delle strutture sociali ingiuste.
...ma può anche tendere a conservare
la situazione in atto
Nella discussione al Riigei — continua la corrispondenza del sepd — è
risultato che Dorothee Sofie attribuisce alla sua teologia politica una funzione critica quasi esclusivamente negativa, di tipo correttivo o rivoluzionario; ma va opposto anche un aspetto critico positivo, in vista di un contributo responsabile alla costruzione
defi’economia, dello Stato e della società. Malgrado la necessità di mettere in evidenza e combattere tutto
ciò che, anche a livello istituzionale,
risulta distorto e inaccettabile, un ampio spazio per una collaborazione positiva resta aperto a una teologia politicamente orientata, e non è lecito
trascurarlo né minimizzarlo.
Si deve infine considerare che la
teologia politica illumina una parte
soltanto della verità cristiana. Quale
integrazione di altre correnti teologiche e a causa del suo movimento verso il mondo, non può né deve essere
eliminata. D’altra parte se pretendesse di acquistare valore assoluto, diverrebbe una perversione della fede
cristiana: la libertà del cristiano non
si esaurisce infatti nella liberazione
dell’uomo dalle costrizioni sociali e
politiche.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
La scuola jugoslava e
gli insegnanti credenti
Belgrado (Relazioni Religiose). - Il Ì^residente del Comitato della Lega dei Comunisti della
regione autonoma jugoslava di Vojvodina,
Mirko Canadanovovic, ha pronunciato nella
città di Subotica, un importante discorso, dove
ha toccato anche il problema degli insegnanti
credenti. Il leader comunista ha dichiarato
testualmente : « La nostra Costituzione autorizza l’espressione della fede religiosa, ma, contemporaneamente, ha diviso la Chiesa dallo
Stato. Noi non desideriamo vietare ad alcun insegnante di credere, ma dobbiamo essere precisi nella definizione della condizioni per l’educazione, perché la scuola è da noi un’istituzione sodale-socialista. Perciò, non è sufficiente
che taluni insegnanti non facciano propaganda
religiosa ai loro allievi, ma devono far presente a questi ultimi, quanto sia nocivo quello in
cui loro stessi credono. Non ho detto niente di
nuovo, e di conseguenza dobbiamo riesaminare
le carenze nelle direttive sociali delle nostre
scuole, affinché i giovani possano essere educati nello spirito dell’ideologia marxista ».
llllllliljllIIIItllMllimillllllllllIllllimilillllllllItlllillllllll
Tananarive (bip). - Creata nel 1965, la Società biblica malgascia ha tenuto la sua quarta
assemblea generale, a Tananarive. In questa
riunione si è deciso di aumentare il numero
dei centri dì vendita e di regionalizzare questa azione : a tale scopo saranno istituiti comitati provinciali.
IIIIIIIIIIIIIIMIIIIIMIIIIIIIIillllllllllllllllllllllllllllllllllimil
Attualità teologica
Il 7 marzo il prof. 0. Cullmann ha dato,
presso la Facoltà di teologia dell’Università
di Basilea, la sua lezione di addio parlando su
« Il valore storico del quarto Evangelo ». In
quell’occasione il decano della Facoltà di lettere ha conferito al docente, che recentemente è
stalo pure rettore dì quell’università, il dottorato in filosofia honoris causa. Il diploma menziona fra le motivazioni, oltre ai suoi lavori di
rilievo e noti in tutto il mondo sulla storia
del cristianesimo antico e sulla sua letteratura, e oltre al suo contributo aH’avvicinamento
fra i cristiani, il fatto che ha dato regolarmente corsi in vari centri universitari, fra i quali
quello di Roma.
* * *
In occasione del suo 70" anniversario, è stato
pubblicato dagli editori Theologischer Verlag
di Zurìgo e Mohr di Tubìnga un simposio offerto ad Oscar Cullmann: Neues Testament
und Geschichte - Historisches Geschehen und
Deutung iin Neuen Testament (Nuovo Testamento e storia - L’Evento storico e la .sua interpretazione nel Nuovo Testamento). Il volume (344 p.), curato da H. Baltensweiler e B.
Reicke, raccoglie oltre a una accurata bibliografia cullmannìana, ventolto contributi dì esegeti e storici cattolici e protestanti, fra i quali
si trova un saggio del prof. Bruno Corsani
su L’unità della Chiesa nella I Corinzi.
^ Il noto teologo Roger Mehl, decano della Facoltà di Teologia Protestante deH’Università di Strasburgo, ha ricevuto il dottorato honoris causa dell’Università di Basilea.
5
28 aprile 1972 — N. 17
pag., 5
Una lettura a più voci della “ Riconquista della speranza di Ro^er Garaudy
SPERmiZA MARXISTA E SPERANZA CRISTIANA A CONFRONTO
ì
. - , Alcune sèttiipane fa, in occasione di un giro di conferenze compiuto ift alcune città italiane da Roger Garaudy, il filosofo dissidente o piuttosto scomunicato dal
partito comunista francese per il suo atteggiamento indipendente, riferivo qui sulla sua conferenza e, al tempo
stesso, presentavo il suo ultimo libro. Riconquista della
speranza, edito da poco anche in Italia (SEI, Torino 1971,
p. 107, L. 1.200). Dopo la parola, lo scritto di quest’uomo
discutibile ma singolarmente vivo, come se ne incontrano di rado,-«M'<«*veva fatto sorgere il desiderio di invitare '’
come già altre volte, sulle nostre colonne, a una sorta di
tavola rotonda un gruppo di amici, di fratelli, di posizior
ni e orientamenti diversi, che insieme, in qualche modo,
dibattessero i pensieri e i problemi cui Garaudy dà voce
appassionata. Gli inviti sono stati diramati; purtroppo,
per ragioni diverse, alcuni hanno declinato; tanto più sono
grato, anche a nome dei lettori, a coloro che hanno accettato e ci danno il frutto della loro riflessione: Sergio Ribet e Jean-Jacques Peyronel, i quali lavorando insieme a
Pachino (Siracusa) hanno insieme maturato le risposte
che poi o l'uno o l’altro ha steso, e Pierluigi dalla, al lavoro a Montana (Vallese). Anche nella loro diversità, queste risposte indicano che i nostri collaboratori hanno anch’essi avvertito quanto di vivo e vitale vi è nel pensiero
e nella lotta di Garaudy, lo stimolo e la sfida che esso,
con la sua fiera speranza, rappresenta per la nostra fede
e la nostra speranza di cristiani; così possa essere per
molti altri, qualunque sia il loro orientamento.
G. C.
Ur rappflrto fecondR se rimaRe dialettico, se
cioè i'URO rispetta e ascolta veramoRte l'altro
1) Quali riflessioni ha suscitato in noi
la lettura del libro di Garaudy?
Come cristiani, che si dicono marxisti, è stata per noi la seconda parte del
libro la più interessante: perché propone « Talternativa » al socialismo burocratico, ma soprattutto a qualunque capitalismo, in termini moderni, adatti ad
un paese « sviluppato », con realismo,
con la determinazione di non ignorare
nessun mezzo per colpire la forza del
capitalismo dovunque, ma soprattutto
là dove sta la sua vera forza, cioè nel
potere economico, con la coscienza
che le riforme non sono la rivoluzione,
ma che la rivoluzione non esclude le riforme, a patto di non considerarle come un fine in sé.
La concretezza con cui sono analizzati i risultati più durevoli delle ultime
lotte in Francia, in Germania, in Italia;
la lezione del 1968; la necessità di un
nuovo blocco storico, nel quale s’accentui lo spostamento già iniziato di tecnici e quadri dai padroni alla classe operaia; le pagine sulla autogestione; sono
tutti temi meditati e sofferti di cui un
cristiano che abbia una speranza (e
cioè un cristiano che sia un cristiano)
non può fare a meno come non si può
fare a meno del pane quotidiano.
La prima parte del libro, « Il socialismo non è questo! », per quanto valida
sia la denuncia delle deformazioni del
socialismo, la condanna del dualismo
borghese tra governanti e governati
che si ricrea nel socialismo burocratico, la reazione ad un socialismo che sia
solo « per » il popolo (quando lo è), e
non più « dal » popolo, risente troppo
de! ripudio cui Garaudy è stato fatto
segno dal comunismo ufficiale per non
cadere talvolta negli eccessi ...^^innamorato tradito; e soprattutto non dà
ragione dei diversi antisovietismi possibili; da quello jugoslavo a quello cinese. Rifiutare un modello non è ancora
superarlo se si accomunano in un sol
fascio le reazioni di segno ben diverso
che son scaturite da un’unica deformazione del socialismo, quella russa.
La terza parte del libro « Significato
umano del socialismo » (Marxisino e
cristianesimo) è un contributo positivo
nella misura in cui non sia staccato dal
suo contesto: quello di una autocritica
di un socialista, che chiede analoga autocritica al cristiano che lo sta a sentire. Le pagine di Garaudy sulla fede son
così chiare che viene il dubbio che chi
le scrive non ne sappia sulla fede più
di quanto non voglia ammettere; la
fede solo chi l’ha ricevuta la sa.
Due cose Garaudy chiede_ ai cristiani: un « ateismo metodologico », ossia
il rifiuto di fare di Dio una spiegazione
o una forza che si « intromette » nel
tessuto dei fatti naturali, il rifiuto di
ogni ipotesi metafisica al livello della
scienza e di ogni intervento soprannaturale al livello dell’azione. E, in secondo luogo, che si ammetta che continuamente è l’uomo stesso che « crea »
l’uomo. .
Qui incomincia, a nostro parere, il
vero dibattito.
Possiamo ben accettare questa proposizioni, ma tutto sta a vedere cosa
intendiamo con esse, quale azione sta
dietro ad una opzione di questo genere.
Possiamo ben accettare queste « condizioni » se, come Garaudy dice, sono
propedeutiche alla fede, sono poste
per giungere alla fede.
Sergio Ribet
2) Come sentianto i rapporti fra la
speranza cristiana e la speranza marxista?
« L’infinito è per un marxista un’assenza e una esigenza, per il cristiano
una promessa e una presenza » ' scrive Garaudy a proposito della relazione
fra speranza marxista e speranza cristiana. A noi sembra che questa definizione esprima bene contemporaneamente la particolarità e la convergenza dell’una e dell’altra speranza.
Da un punto di vista autenticamente
marxista, la speranza atea non si esaurisce nella realizzazione del comunismo.Marx stesso diceva che il comunismo non è la fine della storia, rna solo
uno stadio, neqessario. Infatti, il marxismo mira alla piena realizzazione d;
tutte le potenzialità umane, ad una società in cui gli uomini possano avere
fra di loro rapporti veramente creativi. Per ciò, è necessario, prima di
tutto, rovesciare i rapporti di produzione capitalistici che impediscono il
crearsi delle condizioni necesssrie
una reale comunione fra gli uomini.
Però, il marxista autentico sa che il
cambiamento della struttura economi
ca è una condizione necessaria ma non
sufficiente per l’avvento dell’uomo nuovo, anche se sa altrettanto bene che,
se non elimina le cause del lavoro alienato, l’uomo non può avviarsi sulla
strada che lo porta alla scoperta ed
allo sviluppo di sé stesso. Man mano
che si sviluppa il processo economico,
man mano che si trasformano i rapporti sociali di produzione, man mano
che cresce il progresso scientifico e
tecnologico, l’uomo si trova in una fase
storica sempre nuova che lo spinge oltre il dato raggiunto, verso un nuovo
traguardo, una nuova scoperta di sé. In
questo senso, non si può dire che la
speranza marxista sia « finita », perché
finché dura la storia, fatta dagli uomini, dura questa speranza che va di pari
passo coll’evolversi della storia umana.
Per il marxismo, fare la storia significa
agire, creare, cioè superare continuamente il punto a cui si è giunti, lottando per eliminare le nuove contraddizioni che si son venute a creare. L’ideale
marxista è quindi l’antitesi della rassegnazione, è apertura verso un futuro
sempre da scoprire, da costruire.
Ora, in che cosa si differenzia la speranza cristiana? La risposta banale che
hanno sempre in bocca i cristiani è
che, mentre la speranza marxista è solo
« umana », quindi relativa (è « espoir »
e non « espérance »), quindi caduca e
illusoria, quella cristiana invece è assoluta e certa ed eterna. Questa risposta è validissima per qualcuno che ha
una fede fondata in Cristo risorto, figlio
di Dio, ma visto che la fede è un dono,
questa nostra risposta non può soddisfare un marxista ateo. Se è vero, come dice Tillich, che « la dinamica della
fede è»la dinamica del supremo interesse deH’uomo » ® ciò significa che il
cristiano non può mai essere soddisfatto dallo stato presente delle cose, è
sempre spinto verso il futuro di Dio
che irrompe nella storia umana. Se la
nostra speranza cristiana è veramente
fondata su una tensione escatologica,
sulla « resurrezione di Cristo dai morti », allora essa è reale non se si fonda
dogmaticamente su fatti del passato,
bensì se è apertura, disponibilità, verso
il futuro sempre nuovo di Dio. La nostra speranza cristiana è reale — cioè
confessiamo davvero la realtà della resurrezione .— se effettivamente siamo
disposti a scoprire e a riconoscere oggi il Cristo risorto. Questa nostra fede
nella resurrezione deve poter essere vissuta nella nostra esperienza umana —
come è stata vissuta dai discepoli ai
quali è apparso il Risorto — senza di
che la nostra speranza è e rimane ancorata soltanto al Cristo di 2.000 anni fa,
e non è più tensione escatologica verso
il Cristo Vivente.
Quando la speranza cristiana è vissuta, essa trascende continuamente le
nostre persone, i nostri progetti, le nostre realizzazioni. Qra, se la dialettica
marxista è presa sul serio, anch’essa
trascende l’uomo perché le contraddizioni non sono mai superate definitivamente. Rimane sempre un’esigenza da
soddisfare. Questa esigenza, per il cristiano, ha un nome; si chiama Cristo.
Per l’ateo marxista, rimane un punto
interrogativo da risolvere continuamente. Ma sul terreno dell’agire storico,
l’uomo, sia marxista che cristiano, è
caratterizzato da un incessante superamento di sé stesso verso la scoperta di
una terra sempre nuova.
Jean-Jacques Peyronel
3) In quale misura speranza marxista
e speranza cristiana possono essere reciprocamente utili a preservarci a vicenda dall’alienazione?
Da quanto abbiamo detto nella seconda parte del nostro articolo, risulta che c’è un rapporto tra speranza
marxista e speranza cristiana. L’importante è che questo rapporto rimanga
sempre dialettico, cioè che l’una e l’altra speranza non vadano confuse. Il cristiano non può « imporre » la sua fede
al marxista, e viceversa. È inutile in
partenza cercare di risolvere il problema al livello ideologico. È invece utile
e necessario che le due « spinte », quella marxista e quella cristiana, si ritrovino sul terreno dell’agire storico, della
pratica. Infatti, solo dal confronto coi
fatti può scaturire l’originalità dell’una
e dell’altra speranza. Quella marxista,
basata sul materialismo storico (e non
suH’ateismò, come troppo spesso si
pensa), può aiutare il cristiano a stare
coi piedi sulla terra, a riporre continuamente la sua attenzione alla situazione
deiruomo concreto (come lo^hq, fatto
Cristo)'éd a evitarè-^i cadere in fugHe*‘
teologiche disincarnate. Quella cristiana, invece, basata sulla resurrezione di
Cristo e sulla promessa dei « nuovi cieli » e della « nuova terra », può aiutare
il marxista a non mutilare l’uomo nella
sua totalità, perché l’uomo non è soltanto carne, non è un oggetto naturale,
è una persona che « non vive di pane
soltanto ».
Cosicché il marxista, richiamando
continuamente il cristiano alla situazione oggettiva dell’uomo, lo aiuta a incarnare realmente la sua fede in Cristo e
la sua testimonianza ad esso; lo aiuta
cioè ad essere autenticamente cristiano. Viceversa il cristiano, richiamando
continuamente il marxista a non ridurre l’uomo al livello di oggetto, lo aiuta
a mantenere viva la dialettica, a non
cadere in un dogmatismo sterile e antistorico; lo aiuta cioè ad essere autenticamente marxista.
Se si riesce a mantenere ed a sviluppare, in un rispetto reciproco, questo
rapporto dialettico |ra marxismo e cristianesirho, certaméàte è possibile preservarci a vicenda dall’alienazione che
è sempre una tentazione dell’una come
dell’altra speranza.
Jean-Jacques Peyronel
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmm./iiMimiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il presidente della Federazione evangelica della Germania Orientale
riferisce alla sede del C.E.C., a Ginevra
Cristiaiii nello Stato mandsta
2 Tillich. Dinamica della fede.
Garaudy. De Vanatheme aii dialogue.
Ginevra (epd) - In occasione di una visita
alla sede del Consiglio ecumenico delle Chiese,
a Ginevra, il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche nella Repubblica Democratica Tedesca (n.d.r.: si tratta del troncone
tedesco-orientale delVEKD. la Chiesa evangelica in Germania, che per vari anni ha cercato di mantenere unite in un unico organismo
tutte le Landeskirchen tedesche, dai due lati
del muro, ma che recentemente ha dovuto
prendere atto delVimpossibilità di conservare
questa situazione), il vescovo A. Schònherr^
ha concesso un^intervista al servizio stampa
evangelico della Germania occidentale, intervista contraddistìnta dalla franchezza con la
quale il dirigente ecclesiastico ha risposto anche a domande critiche. Alla considerazione
che non dev’essere facile per un cristiano vivere in una società atea conservando la propria fede, il vescovo Schònherr ha risposto fra
l’altro che a partire dal 24° Congresso del PC
deirURSS e daH’8° Congresso della SED della
RDT si è manife.stato un rilancio dell’offensiva ideologica deH’ateismo. La nuova situazione comporta difficoltà .sia per i marxisti
sia per i cristiani. Resta però fermo il fatto
che secondo i leaders nel partito e nello Stato la formazione della coscienza in una linea
marxista-leninista, cioè la formazione di una
coscienza atea, deve procedere per via di convinzione, non di misure amministrative. Noi
cristiani dobbiamo essere pronti a prendere po
sizione dinanzi a questo sforzo di formazione
della coscienza. E anche noi non possiamo che
cercare di convincere. Ci troviamo di fatto in
una fase complicata, ma la fede cristiana non
è mai stata danneggiata dal fatto di essere
discussa. Non possiamo non concordare con
la convinzione che marxismo-leninismo e fede
cristiana costituiscono una contrapposizione
insormontabile. Eppure dobbiamo vivere insieme. Lo Stato socialista non potrà, a lungo
andare, rinunciare alla collaborazione dei suoi
cittadini cristiani. La Federazione delle Chiese evangeliche nella DDR e la Chiese che la
costituiscono sono deUe realtà, che bella RDT
vengono rispettate e tenute in considerazione,
come le altre comunità ecclesiastiche. Ma ciò
che esse rappresentano per la società nel suo
insieme, viene sottoposto a una prova del tutto priva di illusioni. Nella misura in cui i
cristiani nelle aziende, le comunità locali e la
Chiesa nel suo insieme danno un apporto effettivo nell’affrontare e assolvere i compiti che
si propongono loro, non ci si potrà evitare e
trascurare. Saremo pesati e misurati in base
a ciò che rappresentiamo. Se i cristiani nella
RDT, con la loro testimonianza e il loro servizio, sono un fattore reale, allora anche la
SED ne terrà conto. Importante è che al singolo cristiano sia data la possibilità di vivere
la sua fede, traendone le conseguenze, in uno
Stato marxista, senza che la sua coscienza sia
offesa.
Il socialismo dal volto votami
è storlcameote realizzabile?
Malvolentieri mi sono messo a leggere l’ultimo libro di Garaudy, La riconquesta della speranza? Da ciò che ne
avevo letto sui giornali, questo marxista che vuole un marxismo senza dittatura, mi faceva pensare a quei cattolici che vogliono un cattolicesimo senza il Papa o quei protestanti che vogliono un Papa senza il cattolicesimo.
Idee senza senso, semplicemente perché il cattolicesimo senza il Papa non è
più cattolicesimo e un marxismo, che
sia al potere senza impiegare la dittatura, storicamente non esiste.
Poi ho letto il Garaudy con interesse
crescente e finalmente lo ho riletto e
annotato, come i libri che dicono
qualcosa.
Intanto il suo modo di scrivere è pregevole: nessuna di quelle espressioni
pseudo-scientifiche, nessuno di quei ragionamenti contorti che si trovano abitualmente nei testi dei teorici di politica, ma un linguaggio chiaro, essenziale, un ragionamento cartesiano, che
non si perde per la strada, che va diritto e logico a ciò che vuol dire.
Garaudy critica, con i fatti e non solo con affermazioni dogmatiche, i marxismi storici, il capitalismo e la religione.
I fatti a carico dei marxismi storici,
di quello russo in particolare, sono noti a tutti, e non contraddicibili; ma Garaudy è, a mia conoscenza, il primo
marxista che affermi, prove alla mano,
che questi fatti non sono degli « errori » occasionali dovuti a una qualche
persona o a una qualche fase iniziale
del processo: essi fanno parte integrante di uh sistèma cRe-hà portato alla dii:,
tatura sul proletariato, anziché alla dittatura del proletariato, a una burocrazia soffocante che ha sottratto al popolo la proprietà di tutti i beni ed ha
provocato una spaventosa miseria dei
lavoratori, di cui compromette la dignità umana (p. 20). Per cui, dice Garaudy, occorre una riforma « copernicana » del sistema: come Copernico, di
fronte ai risultati negativi della teoria
geo-centrica, ha rovesciato tutta la impostazione del pensiero scientifico, affermando l’eliocentrismo, cosi occorre
cambiare radicalmente il marxismo.
Quanto al capitalismo, esso non è più
quello che aveva descritto Marx e continuare a ripetere gli slogans del passato è peggio che inutile. Lo sviluppo
tecnologico è diventato più redditizio
dello sfruttamento economico del lavoratore e le classi, con l’avvento del
ceto medio al regime della depersonalizzazione, non hanno più la conformazione del secolo scorso; ciò che resta è
la pratica dello sfruttamento, non solo
economico rna anche intellettuale, di
uomini, che sono in misura sernpre più
grande privati della partecipazione alle
responsabilità. Le contraddizioni iriterne rimangono e si acuiscono e il risultato è, ancora una volta, la perdita della dignità umana. Per cui né il marxismo storico, né il capitalismo moderno
possono essere delle scelte valide per
il futuro.
Quanto alla religione, questo ateo che
ha letto Barth, distingue chiaramente
tra essa e la fede. La prima è ancora
l’oppio del popolo, se rinvia ogni decisione a un’ altra autorità ed a un altro
tempo, se pretende di fornire una concezione totale del mondo anziché limitarsi a darne il significato, se afferma,
come faceva un Papa, che le disuguaglianze tra gli uomini sono di diritto divino, se si rifugia nella conservazione
di sé e del suo passato: « non un altro
mondo occorre, ma un mondo altro, diverso». E l’ateo che ha letto, con ancora
maggiore partecipazione, i post-barthiani, dice che la fede in Dio deve passare
per la fede nell’uomo, e che la lotta di
(lillllllllMllllllllllllllimilllllllllllllllMlllllllfilllllMIIIIIII
NeirArmenia sovietica
ia fede è viva
New York (Relazioni Religiose) - Secondo
le notizie inviate dal corrispondente del « New
York Times » da Etchmiadzin, la capitale dell’Armenia sovietica, la Chiesa locale è viva e
vegeta. Il corrispondente dice che la frequenza alla messa è ampia; nelle chiese si tengono
numerosi battesimi e matrimoni, mentre gli
edifici ecclesiastici e gli antichi monasteri continuano ad essere restaurati. Inoltre, conclude
il corrispondente, i preti non subiscono nessuna forma di ves.sazionc.
classe e la relativa violenza sono « nelle cose », cioè anch’esse in qualche modo di diritto divino. Né possiamo
chiedere a Garaudy una critica efficace
di queste posizioni teologiche, quando
la Chiesa è incapace di farla.
E allora che cosa si deve fare? Imprimere ai sistemi politici, economici e di
pensiero la citata « svolta copernicana », creare il socialismo dal volto
umano, una società per l’uomo e non
sull’uomo, una struttura economica nella quale le decisioni vengano prese, per
quanto possibile, dal basso, una democrazia diretta, che può essere anche un
concetto limite, ma che è la sola per la
quale sia lecito impegnarsi. E tutto ciò
è possibile e giustificabile in nome di
un Marx, i cui insegnamenti sono stati
pervertiti dai marxismi storici e in nome di un socialismo che è « l’unico sistema capace di fare di ogni uomo un
uomo, cioè un centro di iniziative e di
responsabilità » (p. 60).
Esistono dunque, per Garaudy, due
marxismi, quello democratico e socialista di Marx,*e quello sfruttatore e
alienante dei marxismi storici. E con
questo Garaudy evita di cadere nei
compromessi di cui parlavamo all’inizio: non si tratta per lui di innestare
l’etica dei marxismi storici e l’azione a
loro favore su dei presupposti ideologici diversi, ispirati a Cristo o a Marx, ma
di attuare in maniera conseguente quello che Marx ha detto.
Ed è su questa base che Garaudy ritiene vi possa e debba essere una collaborazione tra marxisti democratici e
cristiani; i presupposti economico-sociali di Marx sarebbero diversi, ma
non opposti ai presupposti spirituali di
Gesù ed ambedue portano a un socialismo autentico. E Garaudy, non a caso, cita Teilhard de Chardin, come lui
respinge, non a caso, Tidea di un peccato originale e sistematfcai-degli uomini, conosce, ma non applica, l’antropologia negativa del calvinismo. Ma allora la domanda di fondo da porre a
Garaudy è questa; il suo socialisrno
dal volto umano è storicamente realizzabile? La sua diagnosi negativa dei
marxismi storici, il fatto che abbiamo
visto come essi siano pronti a schiacciare sotto i carri armati ogni tentativo di socialismo alla Garaudy, non ci
deve portare a concludere che quel socialismo, con quelle premesse, è impossibile? e che, se il socialismo passa attraverso la fase della dittatura dei
marxismi storici, ne viene irrimediabilmente compromesso?
Garaudy dice bene che non basta
cambiare le strutture per cambiare gli
uomini, ma chi allora cambierà l’uomo? Questo uomo che ha, storicamente, il dono particolare di degradare tutti gli ideali che gli vengono proposti?
Per cui, la « svolta copernicana » di Garaudy è, in definitiva, solo una mezza
svolta.
Infatti la fede in Dio, questa fede che
egli ben riconosce non avere nulla a
che fare con la religione-oppio, non è
soltanto l’aspetto spirituale, e non necessario, dei presupposti economico-sociali di Marx, essa è il presupposto per
un cambiamento veramente radicale
dell’uomo, per l’avvento di un uomo
capace di realizzare, tra 1 altro, quel socialismo dal volto umano, quella democrazia diretta ed autentica, che è 1 aspirazione e l’impegno di molti credenti.
E si veda a tal proposito il documento dei cristiani filippini pubblicato su
« Nuovi Tempi » del 9 gennaio.
Con ciò la fede non è né vuol essere
un particolare sistema economico e sociale, né fa chiudere gli occhi sulle
contraddizioni marxiste, capitaliste e
religiose, presenti a future, né e una
delle forze esistenti in un universo valido anche senza di lei, ma è ciò che costituisce quella validità, che crea degli
uomini effettivamente capaci di superare quelle contraddizioni, che da ora
un significato alla dignità umana, che
offre una speranza, che è ora realta,
malgrado tutto ciò che quotidianamente la nega. , „
Garaudy dice dunque delle (ose estremamente valide, e tuttavia si è ^rinato a mezza strada; ma è stato sufficiente il fatto di avere con tanta chiarezza
rifiutato le insalate russe e conciliari
per farlo espellere dal partito cornumsta, nonostante o a causa della sua indiscriminata fede in Marx, cosi come
molti cristiani, nonostante o a causa
della loro fede, non possono che tarsi
mettere in margine dalle Chiese storiche. Pierluigi .Talea
6
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N. 17 — 28 aprile 1972
Cronaca delle Valli
RiunjQni quartierali
a Torre Peirice
Anche quest’anno, nel periodo dal
novembre a marzo* si sono svolte
quindicinalmente le riunioni quartierali nella zona Chabriols. Lo scorso
anno ci si riuniva ogni settimana, il
mercoledì; ma quest’anno, per dar
modo anche ai quartieri del Centro di
ritrovarsi con il Pastore, abbiamo ri-'
dotto le nostre riunioni alternandole:
Chabriols superiori e Chabriols inferiori. La presenza dei fratelli è sempre notevole e, cosa più importante,
ad esse hanno partecipato fratelli e sorelle che, per età, salute, impegni di
lavoro, non avrebbero potuto frequentare i Culti domenicali al Tempio.
La sede di tali riunioni variava ogni
volta e siamo stati ospitati nelle varie
case, seduti su semplici panche o comodi divani, ma lo spirito di fratellanza era sempre il medesimo.
Il novantenne « barba Jacques » era
felice di riudire gli inni che abbiamo
cantato insieme e seguire le meditazioni sulla Parola che, di volta in volta, il Pastore ci proponeva.
Sono state riunioni fraterne, dove
si interveniva senza chiedere prima
« chi » sarebbe stato il Predicatore
poiché, talvolta, in luogo del Pastore
— bloccato a metà strada dal ghiac
iiiiMimimimiiii)imiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii)miiiMiiiiiiiiiiiiiii
Prali
Durante il periodo delle grandi nevicate (di
cui parleremo più diffusamente in un prossimo numero) U tetto del nuovo tempio non è
riuscito a scaricarsi regolarmente a causa dell’enorme quantità di neve che stava cadendo.
La minaccia di un cedimento si è fatta quindi molto seria ed incombente ed U tetto avrebbe riportato gravi danni se un gruppo di volenterosi non fosse prontamente accorso a
scaricarlo, pur sotto una nevicata non indifferente. Ringraziamo sentitamente quanti hanno
coUaboratOr valdesi e non valdesi, a scongiurare il pericolo. I danni riportati dal tetto non
sembrano gravi e speriamo siano facilmente
riparabili.
Il 22 marzo è nato a Pinerolo Fiorenzo Rostan, figlio di Giovanni Luigi e di Ida Grill di
Pomieri e il 9 aprile è stato amministrato il
battesimo a Livia, di Tron Luciano e di Anita
Peyrot, originaria di Indritti e residenti al
Dubbiane. Chiediamo ancora al Signore di
benedire queste due creature e di guidarle
verso una vita di fede e di servizio.
I catecumeni di quarto anno si sono impegnati nella formulazione di una dichiarazione
di fede comunitaria, non ostante le serie difficoltà causate dalla differenza di orario di studio e di lavoro e dalle interruzioni stradali.
Sebbene sia stato difficile riunire insieme anche poche volte i due gruppi in cui si è articolato il quarto anno, il lavoro è risultato soddisfacente per l’impegno dimostrato. A questo lavoro non ha potuto partecipare Enzo Richard per motivi di salute; egli ha chiesto, per
conseguenza, che la sua confermazione sia rimandata al prossimo anno. Gli auguriamo di
cuore che la sua salute si ristabilisca completamente.
II giorno di Venerdì Santo, nel corso del
culto, sono stati ammessi quali membri comunicanti deüa Chiesa di Prali : Marta Baud
(Pomieri), Franco Frache (Ghigo), Marisa
Long (Ghigo), Miriam Richard (Ghigo), Dino
Rostan (Pomieri). Auguriamo a questi giovani una partecipazione attiva e feconda in questa nostra Comunità.
L’il aprile si sono svolti i funerali della
sorella Maria Ghigo di Ghigo che era deceduta il giorno precedente all’ospedale di Pinerolo, all’età di 81 anni. Questa nostra sorella, nativa di Ghigo, dopo un periodo trascorso in
America, era ritornata a Prali dove aveva vissuto a lungo, anche se non molto conosciuta
perché il suo carattere la portava a vivere
molto appartata. Tuttavia, non ostante questo e non ostante non avesse parenti stretti è
stata amorevolmente assistita durante- la sua
malattia. Alla sorella, tuttora residente in
America, la Comunità di Prali esprime il suo
sentimento di solidarietà fraterna nel dolore.
Il 12 aprile VUnione delle madri di Prali si
è recata a visitare alcune Sorelle ricoverate al
Rifugio Carlo Alberto ed all’Ospedale di Torre
ed a portare un saluto a tutte le ricoverate di
questi Istituti, con il canto ed il pensiero
fraterno. Questa visita era stata progettata diverse volte nel corso dell’inverno e sempre rimandata a eausa della neve; per rimanere nell’atmosfera di queste peripezie, nel momento
in cui il pullman partiva da Prali il 12 aprile
era in atto una pesante, anche se breve, nevicata! , .
Un numeroso pubblico venuto da tutti i
quartieri non ostante nevicasse (tanto per
cambiare) ha applaudito la sera del 9 aprile
la filodrammatica di S. Secondo. Ci rallegriamo dell’incontTO fraterno con questi fratelli
e sorelle di S. Secondo, guidati dal Pastore
Genre e famiglia, che rivediamo sempre con
piacere.
ciò o dal fango — era uno dei fratelli
che leggeva la Bibbia e proponeva il
testo della meditazione.
Era patetico vedere, nel buio della
notte, i vari chiarori dei lumi di coloro che si avvicinavano per viottoli
scoscesi, a piedi, al luogo di ritrovo e
questo in un’epoca in cui i motori ed
il neon sono indispensabili ai più.
Abbiamo letto la Bibbia, pregato,
meditata la Parola, discusso su argomenti vari, cantato inni; sempre in
spirito di umiltà e scevro da ingiustificate critiche per quanto era stato
detto.
« Poiché dovunque due o tre sono
raunati nel nome mio, quivi son io in
mezzo a loro »: così abbiamo sentito
in mezzo a noi il Signore anche durante le due riunioni con S. Cena che
hanno concluso questa attività; ognuno di noi si augura di poter riprendere nel prossimo inverno queste riunioni con lo stesso spirito di fratellanza, semplicità e con maggior impegno
verso la Chiesa. l .V.
Il versetto 26 del capitolo 11 deUa prima
epistola ai Corinzi; Giovanni 8: 46 a 59;
Marco 4: 35 a 41 sono i testi della predicazione del giovedì santo, del venerdì santo ai
Coppieri e della domenica di Pasqua in cui la
nostra comunità, quasi al completo ha commemorato l’abbandono, le sofferenze, la morte, la
risurrezione di Cristo e ha preso parte alla S.
Cena coi 28 catecumeni confermati la domenica delle Palme.
Anche i ricoverati del nostro Ospedale, circondato da un gruppo fedele ed affezionato di
sorelle, hanno avuto il loro culto con S. Cena.
Possano queste celebrazioni essere per ognuno di noi non una consuetudine tradizionale
ma un punto di partenza per un impegno
concreto ed una vera confessione di peccato.
Il canto dell’inno « Gesù solo » che la Corale
ha cantato giovedì sera è stato scritto dal
suo direttore e presenta in tutta la sua drammaticità la solitudine di Gesù neU’ora del suo
sacrificio. Adattissuna al testo la nobile melodia di un cauto profano ma profondo contenuto in una nota raccolta svizzera. Il Cristo vivente traduzione dal coro « Au Dieu vivant »
è una melodia semplice ma gioiosa che non si
discosta mai dalla tonalità fondamentale quasi a commentare l’idea che la nostra fede poggia su un cardine fondamentale : Cristo è
vivente!
Penso sia interessante e simpatico rilevare
che nei culti di Passione e di Pasqua questi
due inni sono stati cantati contemporaneamente daUa nostra Corale e dalla Corale Battista di Via Passalacqua che già in altre occasioni hanno avuto modo di operare in fraterna
e fattiva unione.
L’assemblea di Chiesa del 16 aprile ha rieletto i seguenti membri del Concistoro: Erica Cavazzani, Davide Jourdan, Arturo Coucourde e Enrico Eynard. Adriano Donini è
stato eletto deputato al Sinodo con 81 voti su
95; Augusto Armand-Hugon, Luigi Peyronel
e Elena Pontet sono stati eletti deputati alla
prossima conferenza distrettuale. Giovanni
Mourglia e Rodolfo Tomasini sono stati eletti
revisori dei conti. Supplente Gioacchino Venturi. Il pastore Sonelli esprime al fratello Gio
vanni Ribet dimissionario da membro del Concistoro il rincrescimento deUa Comunità e la
stima per il contributo stimolante, per il lavoro fedele entusiasta e competente svolto per
molti anni e per U suo profondo amore per la
Chiesa. È stata poi stabilita la data deU’ll
giugno per la prossima assemblea di Chiesa
nella quale si discuterà dei vari problemi della
Comunità. Lina Varese
Pramollo
I culti della Settimana Santa sono stati frequentati da buone assemblee, specialmente
queUo di Pasqua. Siamo stati lieti di poter salutare in quella cireostanza diversi amici e
non pochi Pramollini venuti da varie località
fuori parrocchia e dall’estero. Durante il pulto
sono stati ricevuti nella piena comunione della Chiesa con la -pubblica professione della loro
fede nel Salvatore e Signore Gesù Cristo i
catecumeni che avevano terminato il corso
quadriennale d’istruzione religiosa : Bleynat
Delia (Ciaureng - Gianassoni), Jahier Orietta
(Ciotti), Travers NeUa (Ciaureng-Gianassoni),
Ribet Enzo (Bocchiardi). Il Signore accompagni questi giovani, fortifichi la loro fede e li
aiuti a mantenere fedelmente la promessa fatta di servirlo. Ha fatto seguito la celebrazione
della S. Cena alla quale sì sono avvicinati ì
giovani confermati ed un bel numero di altri
fratelli e sorelle.
Nello spazio di pochi giorni abbiamo dovuto prendere la strada del cimitero ben due
volte: il 3 aprile per accompagnarvi la spoglia mortale della sorella Long Amalia (Pellenchi) deceduta all’età di 75 anni ed il 5 aprile per deporvi i resti mortali della sorèlla Travers Maddalena in Long (Ribetti, San Germano Chisone) spentasi all’età di 65 anni. Alle
famiglie visitate dall’afflizione rinnoviamo
l’espressione della nostra fraterna solidarietà
nel dolore della separazione e nella speranza
in Gesù Cristo, risorto e vivente.
Le famiglie di Menusan Renato e Beux Alma (Ruata) e di Bouchard Giorgio e di Beux
Clelia (Sapiat) sono state rispettivamente allietate dalla nascita di Loris e di Giulia. Le benedizioni del Signore ed i nostri auguri accompagnino questi neonati ed i loro genitori.
Domenica 9 aprile abbiamo ricevuta la gradita visita della filodrammatica dell’Unione
Giovanile di Prarostìno insieme al Pastore
M. Ayassot, i quali ci hanno dato un’ottima
rappresentazione, interpretando con la solita
bravura il dramma : « Processo di famiglia »
di D. Fabbri. Il pubblico, in verità non molto
numeroso, ha apprezzato ed applaudito questi amici e lì ringrazia ancora per la loro visita
e per il lavoro rappresentatoci. T. P.
Prarostino
La sera del 19 febbraio Ìa Filodrammatica
Valdese di Prarostino ha presentato, come di
consueto, il suo lavoro teatrale. Esso compren*
deva un dramma e una farsa. Il dramma era
Processo di famiglia di Diego Fabbri. La vicenda è centrata sulla figura di Abele, un
bambino di otto anni, che la madre, non sposata, ha abbandonato alla sua nascita. Abele
viene adottato da una coppia che non può avere figli. Il dramma inizia il giorno in cui
la madre vera torna a pretendere il figlio, insieme con il marito, che ha sposato senza che
luì papesse niente di Abele. È appunto quest uomo che si sente per primo spinto verso
Abele; quest’uomo che ha un carattere brusco, quasi violento e che tuttavia ha dei sentimenti e degli ideali. Proprio in Abele vede la
possibile realizzazione di quésti ideali di giustizia, di parità di classi. Si ¿iresenta dunque
a casa dei genitori adottivi e pretende, come
dice lui, « il figlio »; ma la madre adottiva,
per sua sfortuna, ha fatto delle ricerche e conosce molto bene il padre vero : può quindi
smentirlo. L’uomo racconta perciò di aver
saputo per caso dell’esistenza di Abele, poco
tempo prima. Ad ogni modo i genitori adottivi non intendono assolutamente perdere Abele,
dopo averlo avuto con loro per sei anni; specialmente la madre rivela un temperamento
battagliero, si aggrappa ad ogni appiglio pur
di non cedere Abele; non si commuove certo
neanche per la comparsa della madre vera. E
decide di ottenere l’affidamento del bambino
da parte del padre vero. Si presenta a casa
sua, la sera stessa. Questo padre si ricorda
molto vagamente di una ragazza che gli aveva detto di aspettare un figlio suo; naturalmente si è costruito una sua vita, con un’altra donna. La figura di questo padre è molto
complessa : è un uomo tormentato che per tutta la sua vita ha cercato qualcosa di vero e
buono cui dedicarsi, senza trovarlo; ha tentato una volta il suicidio; e nenuneno ora vive
sereno. La notizia improvvisa di un figlio non
turba affatto la moglie, valido esempio di una
società ricca e raffinata, ma annoiata e vuota;
egli invece ne risulta scosso, anche la madre
vera, però, ha avuto l’idea di andare da lui
per farsi affidare il figlio; proprio qui si rivela al pubblico la sua vera natura: una ragazza debole, così debole da non saper dire mai
la verità, da vedere la salvezza solo nelle bugie, che costruisce una dopo l’altra con estrema facilità; ciò le procura naturalmente l’avversione degli altri personaggi. Il marito la
segue fin qui, e tutti i personaggi sono in scena, dopo la richiesta del padre vero di vedere
Abele, che verà accompagnato, addormentato,
dal padre adottivo. Qui inizia la tragedia, perché dopo inutili discussioni, decisioni improvvise e ripensamenti, c’è Timpulsó improvviso
della madre vera che sveglia il bambino. Abele spaventato fugge dall’imo all’altro dei presenti, e c’è il gesto della madre adottiva che
per dimostrare di essere lei sola la madre; di
avere lei sola dei diritti, dà uno schiaffo ad
Abele, per la prima voltò in sei anni. Ciò sconvolge del tutto il bàB^nnò, che scappa fuori
in corridoio, cade nella tromba dell’ascensore,
rimasto aperto, e muore. Dopo gli sfoghi di
dolore e di pianto di' tutti i personaggi, vengono i rimorsi, le autoaccuse; ognuno si ritiene responsabile della morte dì Abele. Il dramma allora si chiude con l’invocazione del padre adottivo di una pace che scenda dal Padre
a unirci e renderci fratelli.
La farsa che seguiva era intitolata II viaggio di Pipino.
La sera dell’ll marzo siamo stati lieti di
ospitare la Filodrammatica di Villar Porosa
che ha presentato il dramma <c C’è una macchia in paradiso » e la farsa <c Margherita con
fenomeni ». Mentre ci congratuliamo ancora
per la loro ottima interpretazione, li ringraziamo a nome di tutta la comunità.
Quest’anno la comunità di Prarostino è stata rafforzata dall’ingresso di dieci nuovi confermati: Elvina Paget, Ines Paschetto, Rita
Paschetto, Ivana Griglio. Renata Long, Marina Fornerone, Luciano Avondetto, Ezio Monnet, Renzo Costantino, Ivano Maero. L’Unione Giovanile e l’Unione delle Mamme hanno
loro offerto due rinfreschi, la sera del Giovedì
Santo dopo il culto e la domenica delle Palme.
La giornata del 25 aprile è stata ancora dedicata a loro per la gita al mare a Vallecrosia.
La gita deirUnione delle Mamme si è svolta quest’anno la domenica 16 aprile, con destinazione Biella.
Ringraziamo Attilio Fornerone per aver presenziato il culto delle due domeniche 16 e 23
data l’assenza del pastore Ayassot.
Il 7 maggio, alle ore 15, avrà luogo il consueto BAZAR, organizzalo dall’Unione delle
Mamme.
Il gruppo dei corrispondenti
iiiiiiiiiiimiiimimiiiiimiiimiiiiiiiiiiDiiniiiniiiHiimiii
Luserna 5. Giovanni
Per l’Asilo dei Vecchi
Elenco dei doni ricevuti nel mese di aprile.
In memoria di Boniiet Maddalena: Bonnet
Enrichetta Florina L. 5.000; Bonnet Estellina
3.000.
Prefettura di Torino L. 30.000; Unione
Femminile di Zurigo 75.190; Pauline Mazzali,
Stati Uniti 3.035; Martini Efisia, Torino 5
mila; Un amico 1.500; Besson Mario 1.000;
Jourdan Luigi 5.000; Bcrtalot Castagnoli Giuseppina 5.000.
Ringraziamo vivamente, ricordiamo che le
offerte per il nostro Istituto possono essere versate sul c. c. n. 2/16947 istestato a: Asilo per
i Vecchi, 10062 Luserna San Giovanni (To).
iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiffioiiiiiiiiiiiimiimi
PERSONALIA
Nelle ultime settimane alcuni giovani di nostre comunità si sono laureati presso 1 Università di Torino: Claudio Boer in ingegneria
meccanica, Marco De Bettini in architettura e
William Tousijn in economia e commercio.
Con i nostri più cordiali rallegramenti, l’augurio fraterno di una attività professionale in
cui vivere la loro vocazione cristiana.
Furti nella Casa Valdese
e nel Collegio Valdese
Nella notte da sabato 22 a domenica 23 ladri, rimasti finora ignoti, sono penetrati con
scasso sia nella Casa Valdese sia nel Collegio
Valdese di Torre Pellice. Negli uffici della Tavola, situati nel primo edificio, tutto si è limitato a forzatura di serrature e disordine, dato
che in autunno, dopo il periodo estivo e sinodale, l’ufficio e i documenti si ritrasferiscono
totalmente a Roma.
Magro anche il bottino al Collegio, dove
chi pare abbia maggiormente sofferto è il custode, derubato di una somma per lui tutt’altro che indifferente e di un orologio. I ladri
hanno pure strappato dal monumento a Enrico Arnaud la spada, l’hanno spezzata (forse se
ne sono anche serviti per sconficcare porte e
serrature) e l’hanno lasciata piantata in un
prato.
Il solito spirito caustico si è augurato che
la Chiesa Valdese e le sue opere abbiano « tesori in cielo, dove i ladri non sconficcano e
non rubano »...
Villar Pellice
La domenica delle Palme la Chiesa ha avuto la gioia di accogliere dieci nuovi membri
essi sono: Erica Chauvie, Bruna Frache, Fiorella Giairne, Vilma Gönnet, Rosanna Rivoira. Marco Albarea, Enrico Collet, Renato Cordin, Renato Gönnet, Eugenio Michelin Salomon.
La Chiesa, che si è rallegrata della decisione presa da questi giovani di confermare
per conto loro il voto espresso al momento del
loro battesimo, augura loro molte preziose benedizioni e molte grazie da Alto. Essa spera
di avere in loro dei fedeli membri di chiesa e
degli attivi collaboratori.
Diversi gravi lutti hanno ultimamente col
pito alcune famiglie della nostra Comunità
Nell’ultima decade di marzo e nella prima di
aprile sono infatti deceduti, chi improvvisamente ed a vista umana anzitempo, e chi in
vece dopo una lunga giornata terrena: Viglicimino Dalmas, di Chiottigliard, di anni 38, che
lascia, oltre alla giovane vedova, tre figli anco
ra in tenera età; Maria Gönnet ved. Vigna,.
del Centro, di anni 57, colta da improvviso
malore mentre, in compagnia di alcuni famigliari, stava provvedendo ad alcune compero in vista della prossima Pasqua; Paolina
Bonnet, ex-insegnante, del Centro, di anni 84,.
dopo una serena vecchiaia, amorevolmente
circondata ed assistita. Si era ritirata a Villar
dopo tutta una vita dedicata al prossimo in
qualità di insegnante; Guido Michelin Salomon, di Giovanni e Maria, del Ciarmis, a pochi giorni dalla sua nascita. E’ pure stata depositata nel cimitero di Villar la spoglia mortale di Anna Carolina Geymonat nata Pontet,
di anni 83, di Subiasco, da alcuni anni domiciliata a Torre Pellice.
Ai familiari tutti di questi scomparsi rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia e
della nostra comune speranza. « Dio non è
l’Iddìo dei morti, ma dei viventi » (Luca 20: 38).
Sono stati battezzati : Ivan, dì Stefano e
Paolina Grand (Inverso); Alder e Wilber, di
Luigi e Maria Cordin (Uccioire).
Il Signore li accompagni con la sua benedizione e con la sua grazie.
Ringraziamo il Prof. Valdo Vinay, della
nostra Facoltà di Teologia, per il cullo da lui
presieduto; il Missionario Jules Foltz, proveniente dal Madagascar, e gli studenti della IV
ginnasio del Collegio Valdese per i messaggi
portatici in occasione di alcune riunioni
quartierali.
Abbiamo avuto quali ospiti graditi i giovani
della filodrammatica di S. Secondo e della filodrammatica di Angrogna. Gli uni e gli altri
si sono esibiti con molta bravura sul nostropalcoscenico nella presentazione di due interessanti commedie e ci hanno fatto trascorrere
una bella serata.
Siamo loro grati e diciamo loro ancora •—agli uni e agli altri — il nostro vivo grazie.
Un’altra visita gradita quella ricevuta dall’Unione Femminile da parte dell’Unione consorella di Rorà, accompagnata dalla Signora
Coìsson. Le unioniste villaresi ringrazianoqueste sorelle ed inviano loro i loro cordiali
saluti.
Dalle nostre comunità
Cerignoia
Ecco alcune notizie fuori dell’ordinario ritmo abituale delle varie attività ecclesiastiche.
Per due volte la Comunità, nel breve giro
di un mese, ha cantato di cuore l’inno « Padre benigno deh lo sguardo abbassa su questi
figli tuoi che unisce amore », Nell’Oratorio,
ricco di fiori olezzanti e gremito d’estranei,
domenica 26 marzo veniva celebrato il matrimonio tra Peter Scherffig ed Emanuela Campanelli. Naturalmente furono in mezzo a noi il
nostro amico dott. Wolfgang Scherffig, padre
dello sposo e la famìglia al completo e il Collega Giovanni P^eyrot e Signora, zìi della sposa, giunti da Aosta.
Il 16 aprile unimmo in matrimonio Antonio Bellapianta e Scarano Maria. Anche questa volta numerosi i parenti giunti da Torino
e da Milano ove da anni erano emigrati. Entrambe le occasioni ci hanno dato possibilità
di annunziare il messaggio della Parola. Trattandosi di matrimoni fra credenti ci è più facile augurare una vita serena nel servizio della
testimonianza e della fede.
Visita della Corale della Chiesa di lingua
italiana di Zurigo il ò e 1 aprile. È difficile
in poche parole dire quel che ha potuto darci,
in quanto gruppo isolato, questa Comunità in
miniatura giunta fra noi. Cercherò di spiegarlo
cosi :
1) ci ha dato sicuramente la gioia del canto come lode e riconoscenza airEternó, nostra
forza. Spesso il canto resta affossato nello schema liturgico perdendo di slancio e di entusiasmo.
2)Ta visita e le cose che sono state dette
hanno allargato l’orizzonte mettendoci in contatto con una Chiesa dì grande città che opera sulla frontiera del fratello emigrante. Spesso i nostri gruppi minoritari, anche perché
leggono poco, sono malati di provincialismo.
Certe esperienze, attraverso le persone, hanno
una potenza incisiva sconosciuta. Nella Chiesa
apostolica venivano inviati i Timoteo e i Barnaba a incoraggiare e a fortificare la fede.
3) la Comunità ospitando nelle proprie
case gli eccezionali turisti ha realizzato quella comunione fraterna della quale tanto spesso parliamo: una lezione pratica. Quanto a loro, i nostri gruppi impegnati nell’Asilo e nella
Scuola Laboratorio in maglieria, chi scrive e
sua moglie, si sono sentiti grandemente incoraggiati nel rispondere alle domande, nello
esporre i problèmi o nel prospettare le speranze.
Ringraziamo ancora il Pastore Giovanni Bogo, simpatico animatore, e quanti con lui hanno compiuto un vero tour de force per visitare ad uno ad uno i tanti gruppi di questa
bella terra di Puglia che però, come si esprime
su « Sette giorni » Magister, in una simpatica
rubrica « La Chiesa che si cerca », è... « terra dei senza terra » ove il fenomeno dell’emigrazione resta un problema tremendamente
aperto. Alle care sorelle e fratelli zurighesi
giunga il saluto apostolico: «Pace a voi tutti
che. siete in Cristo » I Pietro cap. 5 v. 147
G.E.C.
iniiiiiiiiiiiiiiiiiiimririiiiiiiiiiiiiiittiiiitiiiiiiiiiiimiMiiiit:
Il M.P.L.
(Segue da pag. 8 )
chi difende, anche se in modo diverso, gli interessi dei lavoratori. D’altra
parte, non crediamo in un’unità qualsiasi, e meno che mai nella posizione
di chi ritiene che l’unica strategia unitaria sia il rafforzamento del più forte partito di sinistra, cioè del P.C.I.
Una vera unità della sinistra non sarà possibile finché il P.C.I. avrà un
peso enormemente maggiore delle altre componenti: così come non sarebbe stato possibile avviare il processo
di unità sindacale, se la CGIL fosse
stata troppo più forte delle altre componenti. Siamo convinti di poter dare
un valido e originale contributo alla
unità politica di tutti i lavoratori, per
la nostra presenza nelle fabbriche e
nella società. Il tipo di lista di candidati che abbiamo presentato nella
circoscrizione ne è prova: si tratta di
persone di larga esperienza sindacale
e sociale, tali da costituire un puntodi riferimento nel proprio ambiente
di lavoro. Oltre un terzo di essi sonooperai.
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Montalbano, Pinerolo 500; Ruth Uhlmann,
Svizzera 2.970; Roberto Cavagnaro, Milano500; Luigi Rosati, La Spezia 1.384.
Grazie! (continua)
I familiari del compianto
prof. Luigi Micol
ringraziano sentitamente quanti hanno preso parte al loro dolore. Un grazie di vero cuore ai dottori De Bettini e Gardiol, al personale tutto dell’Ospedale Valdese, ai pastori Conte,
Sonelli e Tron ed alle redazioni de
« Il Pellice », « L’Eco delle Valli », « La
Luce ».
Torre Pellice, 24 aprile 1972.
7
28 aprile 1972 ~ N. 17
pag. 7
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi: il VI Distretto
Morte e risurrezione lieiis chiesa; "siugen,, o aMiencio proietico
. « . . , _ ; : » _i_ _ —: HarM^f^rtiittn rìmsinp nr^prtr»
Morte e risurrezione della chiesa...
un’affermazione che si usa oggi, quando si parla del problema della chiesa;
un’affermazione che ci porta a riassumere la ricerca fatta per il rinnovamento della chiesa, le diverse proposte, le critiche, in breve tutta la lotta
nella quale siamo, come cristiani, impegnati, la necessità di ritrovare il
senso vero della sua testimonianza in
mezzo agli uomini ed ai popoli. Allora stianto (attenti a non fare-di questa affermazione « morte e risurrfezione » un termine di moda. Perché, dobbiamo saperlo, corriamo sempre il rischio di fare di questa affermazione
uno « slogan di moda », senza conservare la sua dinamica, le sue esigenze
concrete. Una volta si parlava sempre di « comunità ». Non c’era predicazione, non c’era studio biblico, non
c’era incontro in cui qualcuno non
parlasse di « comunità ». Questo termine si ritrovava su tutte le bocche,
ma molto spesso il cuore non vi partecipava. Il termine si è usato, a poco a poco si è svuotato del suo contenuto e delle sue esigenze. Lo stesso, per esempio, quando si parla di
« dialogo »: termine di moda, tutti gli
uomini parlano di « dialogo », vogliono dialogare, anche se, nello stesso
tempo, si parla pure di impossibilità
dì comunicazione... I termini si usano, si svuotano a poco a poco del loro contenuto e delle loro esigenze.
Se non vogliamo fare di questi termini: « morte e risurrezione » una
formula vuota, cerchiamo di vedere
insieme che cosa significa oggi per le
nostre, comunità « una morte ed una
risurrezione ».
Ma prima ancora di vedere come
concretizzare questa realtà nella vita
delle nostre comunità, aggiungiamo
un fatto che mi pare importante. Ho
notato che tutti quelli che parlano
della necessità della morte e della risurrezione della chiesa, anche se hanno pareri divergenti in proposito, lo
fanno « affinché la chiesa ritrovi il
senso della povertà ». La chiesa deve
morire e risuscitare in uno stato di
povertà: potrebbe essere per la chiesa l’unica via della sua testimonianza nel mondo di oggi... soltanto, per
arrivare a questo stato di povertà mediante la morte e la risurrezione, bisogna essere pronti a pagarne il
prezzo.
Quando si parla di morte e di risurrezione, lo si fa sempre in stretta
relazione con la morte e la risurrezione di Cristo... con questa morte
sulla croce che è stata preceduta dalla passione, dalla sofferenza di un uomo che portava tutto il peso della
sofferenza umana, che si identificava
con tutti gli uomini, ma in modo particolare con tutti i poveri, gli sfruttati, con tutti quelli di cui non si tiene
conto, che non hanno importanza alcuna agli occhi altrui.
Dunque, quando si parla di morte
della chiesa, si tratta per essa non
tanto forse di rinunciare a certi privilegi, a certi legami con il « potere »
-— questo avverrà comunque — ma
ancora di più di decidersi per l’uomo,
per tutti gli uomini e in particolare
per i poveri che oggi nel mondo sono
la maggioranza. La morte della chiesa diverrà realtà quando noi, come
membri del corpo di Cristo, avremo
fatto questa scelta di deciderci per
gli uomini, per i poveri, di essere non
soltanto con loro, ma di « essere loro », come scrive Raniero La Valle in
uno dei suoi articoli.
Dunque per le nostre comunità, concretamente, scegliere la morte significa accettare in primo luogo come
fatto essenziale: non c’è un amore sincero, vero verso Dio se non c’è un
amore vero per l’uomo. Non c’è possibilità di amore verso l’ucmo se non
c’è il dono di sé, se non esiste questa
decisione per l’altro, di tentare di essere lui, cioè tentare di assumere i
suoi problemi. Questo atteggiamento
è quello del servizio. « Poiché, chi è
maggiore », dice Gesù, « colui che è a
tavola oppure colui che serve? Non
è forse colui che è a tavola? Ma io
sono in mezzo a voi come colui che
serve... ». Ma essere l’altro, non soltanto con l’altro, quando si tratta di
questa scelta per i poveri, significa
che io non dovrei più poter passare
accanto a un fratello che ha fame,
che è sfruttato, che è vittima di una
ingiustizia, che soffre, che è oppresso, senza impegnarmi di persona, senza lottare, senza cercare di identificarmi con la realtà vissuta da lui.
Non posso più contentarmi di dare
delle briciole cadute dalla tavola di
quelli che son sazi. Infatti in ogni comunità, dove siamo impegnati, nelle
nostre città o paesi, ci sono dei poveri, degli sfruttati, delle vittime. Vogliamo fare questo sforzo, non soltanto di essere « con loro », ma di essere « loro », piuttosto che offrire la
nostra opéra caritatevole?
Infatti non c’è per me, non c’è pelle nostre comunità altro modo di essere con gli uomini, e con tutti i poveri del mondo se non quello vissuto
da Gesù. Noi tutti dobbiamo ripensare le conseguenze pratiche di questo
atteggiamento di servizio agli altri.
Anche se abbiamo fatto dei sacrifizi,
siamo ancora troppo « ricchi » di tante cose, condizionati da tanti bisogni
(professione, mestiere, situazione sociale, àsAicurazioni) che per il momento rimaniamo a mezza strada nella
morte a noi stessi e nella morte delle nostre comunità.
Forse potremmo dire — non per
cercare una scusa, non per sfuggire
al problema, ma per spiegare il perché delle nostre difficoltà a morire, a
passare da un vecchio modo di fare,
di pensare, di essere a questo nuovo
modo, quest’impegno verso i poveri —
che non vediamo ancora bene, nella
nostra vita come nella vita della chiesa, la realtà di questo nuovo modo
di essere. Non vediamo bene come potrebbe tradursi per la chiesa e per
gli uomini questa risurrezione della
chiesa.
Ci sono effettivamente dappertutto
dei tentativi di vivere questi nuovi
rapporti umani, in tutte le chiese di
tutte le denominazioni e anche fuori
delle chiese, mediante piccoli gruppi
di uomini che si mettono insieme per
ricercare questa nuova realtà, e anche fra uomini che non si dicono credenti. Ma evidentemente, questi tentativi incontrano e suscitano delle resistenze, all’interno ed all’esterno della
chiesa. Il professore Biéler, nel suo
giro di conferenze, parlava delle tre
correnti che sono sempre presenti:
quella conservatrice, quella riformista, quella rivoluzionaria, e aggiungegeva che questa loro presenza contemporanea comportava per forza un
certo confronto, che poteva essere
fruttuoso nella misura in cui esiste la
volontà di ascoltare l’altro, di accettare il fatto che l’altro può portare
degli elementi di valore nella ricerca
di questo nuovo modo di essere. Certo, il professore Biéler ha ragione, ma
bisogna anche riconoscere che talvolta questa ricerca di un nuovo modo
di essere è frenata da certe prese di
posizione delle tre correnti, così esclusive che non esiste più la possibilità
di una ricerca comune.
Però non soltanto la chiesa può frenare questa ricerca per mancanza di
coesione, per rifiuto d’ascoltare 1 altro; ci sono dei credenti, molto spesso fra i responsabili, che si oppongono a questa ricerca, che non la voglio
IIIIItllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIilllllllllll
Incontro pastorale
a Messina
I pastori della Calabria e della Sicilia si
sono incontrati il 10 aprile 1972, a Messina.
Lo scopo di quest’incontro era studiare la possibilità di testimonianza, cercare come esprimere meglio la nostra presenza, e vedere come possiamo aiutarci a vicenda in questo lavoro
no, che rimangono attaccati a vecchie
forme... forse anche perché non vedono bene quale può essere questo
nuovo modo di essere per la chiesa,
di quale risurrezione si tratta.
Ma la resistenza proviene dal mondo stesso, in particolare da quelli che
hanno un « potere », che hanno vissuto secondo certe regole di coesistenza con la chiesa, cioè secondo una
specie di concordato, e che temono
di vedere la chiesa prendere questa
nuova via, il che significherebbe rimettere in questione il loro potere e
i loro privilegi.
Queste reazioni sono normali... una
chiesa che non conosce questa lotta,
queste sofferenze nella ricerca di questo nuovo modo di essere, questa resistenza da parte degli uomini, non
può essere una chiesa profetica, non
può mai essere all’avanguardia nel
promuovere una vita umana più degna per tutti gli uomini.
Dobbiamo perseverare in questa ricerca, anche se è difficile, perché, ancora una volta, non c’è altra possibilità per la chiesa, oggi, che di morire e di risuscitare in uno stato di povertà; ma dobbiamo prima di tutto
cercare insieme come non fare di
questa morte e di questa risurrezione
una astrazione, o un ornamento dei
nostri discorsi, o un sogno senza realtà, ma di farne una realtà di cui i segni concreti siano vissuti fra gli uormni Siamo ancora in un periodo di
transizione, in un periodo di crisi fra
il vecchio ed il nuovo modo di essere... momento pesante, angoscioso come lo è stato il mornento fra la morte e la risurrezione di Gesù. Tuttavia
ciò che sta accadendo oggi dappertutto incoraggia alla speranza. « Il Signore è fedele ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal Maligno » (2 Tess.
3: 3).
prospettiva
Occorre fare un passo in più e decidere di ricercare insieme come la presenza delle nostre chiese ih Calabria
ed in Sicilia possa divenire più concreta, più viva. E il problema di tutte le nostre chiese, almeno di tutte
quelle che cercano di assumere la loro responsabilità, che non si contentano di vivere in circolo chiuso. Ma
questo caso si fa sempre più raro,
perché tutti i membri delle nostre
chiese si rendono conto oggi che voler
vivere per se stessi, conservare i privilegi, significa andine incontro ad
una morte, ad una« sclerosi di tutta
la vita della fede.
Perciò, dappertutto, rimane aperto
il problema della testimonitinza delle
nostre chiese nella città, nel paese in
cui si trovano inserite. Si sente il bisogno di, ripensare tutto il campo di
lavoro, li nostro modo di testimoniare, di essere presenti fra gli uomini,
nella società di oggi. Ma appare anche chiaramente che questa ricerca è
difficile, che non abbiamo ancora trovato le nuove vie, che siamo tutti in
un periodo di crisi, che rappresenta
sempre il passaggio fra una realtà
sorpassata ed una nuova realtà. Diverse soluzioni al problema sono pr<>
poste, diversi tentativi sono fatti, diversi esperimenti sono in corso. Certo ci sono pareri divergenti fra di noi,
ma almeno si può affermare che esiste una volontà di arrivare ad una s<>
luzione, una volontà comune di riprendere coscienza delle nostre responsabilità e delle nostre possibilità.
Perciò mi pare di grande importanza che, sia fra i pastori, sia nelle chiese, sia nella conferenza distrettuale,
si faccia uno sforzo di riflessione, di
ricerca su questi punti, vorrei dire si
faccia appello all’immagiiiazione di
tutti ed all’azione dello Spirito Santo
per scoprire nuove vie, nuovi mezzi,
per essere pronti ad uscire dalle vie
tradizionali, se è necessario, ed a provare nuovi metodi, senza dimenticare
mai che la moda passa, che i vestiti
cambiano, ma che il fondo rimane
immutabile, che nessuno può porre
altro fondamento che quello che è stato posto, cioè Gesù Cristo.
voro.
i,,,i,,i,,iii,i,iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiinnMiiiiiiiniiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiimiiiiiimiiiiiiiiiMiiiiiiimiiiiiiiiiiMM
In Sicilia:
fra il vecchio e il nuovo
DA PALERMO
Come tante comunità — specialmente quelle delle grandi città — la nostra è spesso una
comunità « cultuale ». Consapevoli di ciò e
per nulla contenti, cerchiamo di non essere soltanto questo e d’incontrarci il più possibile anzitutto per lasciarci interrogare dalla Parola di
Dio e in essa conoscerci.
Nella nostra ultima assemblea di chiesa (19
marzo 1972), esaminando la vita della nostra
comunità si è preso un impegno a partecipare
maggiormente agli studi biblici del martedì
sera e della domenica pomeriggio; ad avere
delle assemblee di chiesa più spesso possibile
e così anche delle agapi fraterne. L’assemblea
ha deciso di portare da sei ad otto il numero
dei membri del Consiglio di chiesa e una nuova assemblea è stata convocata per aprile, principalmente per questa elezione.
Catechismo. I giovani che vi partecipano in
questo secondo periodo dell’anno stanno svolgendo un lavoro diverso dal solito. Stanno facendo delle ricerche su o Le feste nella Bibbia » : Pasqua, Azzimi, Pentecoste ecc. Essi
fanno queste ricerche da soli, chiedendo la sola collaborazione (o consulenza) del pastore.
Spesso le persone che per lunghi periodi sono costrette a restare a letto sentono la mancanza della comunità, della partecipazione ai
culti: il Consiglio di chiesa ha deciso di comprare un magnetofono e registrare il culto domenicale e poi farlo ascoltare agli infermi i
quali hanno gradito moltissimo questa iniziativa.
DA CATANIA
Per i culti della domenica si lamenta la
scarsa puntualità e lo scarso numero dei partecipanti. Da che dipende? Ci si lamentava della liturgia, giudicata troppo macchinosa (« quasi cattolica ») ed è stata semplificata al massimo. Ci si lamentava dell’orario e abbiamo
spostato l’orario dalle 11 alle 10,30 (ora c’è chi
lo vorrebbe di nuovo alle 11). Ci si lamentava
delle discussioni nel culto e sono state praticamente eliminate. Ci si lamentava del pastore
e negli ultimi anni ci sono stati anche troppi
trasferimenti pastorali. Che cosa vuole la comunità di Catania? Anche se la maggior parte dei nostri fratelli preferiscono qualificarsi
come conservatori, si può sapere che cosa vogliono conservare? I nostri culti domenicali
non somigliano certamente né a quelli del
« Risveglio » né a quelli del « Pietismo » né a
quelli del tempo della « Riforma ». A quale
periodo storico si riferiscono i nostri fratelli
conservatori, quando dicono di voler conservare? I presenti al culto sono tra i 22 e i 2S. Il
pastore si trova ogni domenica quasi di fronte
a una comunità nuova. Chi si vede questa do
Per lo più la realtà distrettuale non pare avere grande
rUievo nella vita delle nostre
chiese valdesi: le distanze, un
certo parrocchialismo ostacolano una presa di coscienza d.elle
possibilità offerte dal fatto distrettuale. Ciò nonostante, soprattutto in alcuni Distretti
(come è noto, sono sei), non
solo le Conferenze distrettuali
ordinarie o straordinarie, ma
attività d’insieme, talvolta zonali, e la rete di raparti spesso tessuta fra le chiese dalle
Commissioni distrettuali costituiscono una trama e uno stimolo non trascurabili. È nostro
desiderio, periodicamente, dare
maggiore organicità al notiziario delle nostre chiese tracciarido, con l’aiuto dei responsabili,
un panorama dei vari Distretti, delle chiese che li compongono, delle opere che sostengono e sviluppano; vorremmo situare queste nostre chiese nel
quadro della loro storia, e in
quello della realtà ’pubblica’
odierna nella regione in cui
operano; informare i lettori
sulle attività d’insieme, a livello
di evangelismo italiano, che esse compiono, etc. Iniziamo con
il Distretto più meridionale,
quello calabro-siculo : le informazioni che pubblichiamo sono
tratte dal Bollettino di collegamento diffuso dalla Commissione distrettuale, redatto dal
suo presidente, past. G. Paschoud; non vi sono presentate
tutte le chiese, né vi compaiono la maggior parte delle opere; si tratta di un primo approccio.
red.
Georges Paschoud =
...................un..
Prospettive di testimonianza
in Caiabria
menica si rivedrà forse fra un mese o fra sei
mesi. Se un fratello è assente al culto perché
malato si viene a saperlo solo molto tempo dopo. Infatti, come indovinare se un fratello è
assente per malattia o perché ha avuto altro da
fare? Se fosse più comodo riunirsi alle 11 oppure anche di pomeriggio alle 17 potremmo
ritornare a cambiare l’orario. Ma vi è fortemente da dubitare che si tratti solo di una
questione di orario.
Non lontano dalla nostra chiesa, in via Luvara, ogni domenica alle 17 si celebra un culto
pentecostale con non meno di 300 presenti. I
culti sono presieduti da un commerciante di
tessuti. 1 fratelli si conoscono tutti. Se qualcuno manca,, la sua assenza viene subito notata
e sono in molti ad andarlo a cercare per sapere perché non è venuto al culto. Si prega per
i malati, si danno notizie e saluti degli assenti. Chi esce da una malattia o da una situazione di crisi ritorna in chiesa, per ringraziare
pubblicamente la comunità che ha pregato per
lui e, soprattutto, per ringraziare il Signore.
La maggior parte dei frateUi sono poveri, anche se non mancano i borghesi e gli intellettuali.
Negli ultimi anni, nella nostra chiesa si è
tanto parlato dei poveri. Ma quanti si sono
preoccupati di andare a vedere come vivono e
pregano i poveri che ‘come noi hanno creduto
in Gesù Cristo?
DA RIESI
C’è poco da dire, ma è importante: l’assemblea di chiesa, tenuta il 12 marzo, ha deciso
di proseguire nell’esperimento cominciato due
anni fa, e di impegnarsi sempre di più nella
ricerca dei diversi doni e nella loro applicazione. Senza entrare nei dettagli, si tratta per
i membri di chiesa di assumere sempre di più
la responsabilità della vita della chiesa e della
sua testimonianza, cioè di fare un doppio
sforzo : di preparazione e di impegno. G. P.
Centro dibattiti cittadini
Dopo lungo intervallo sono ripresi le conferenze e i dibattiti nella sala affittata nel
centro della città. Abbiamo avuto due conferenze del giudice Paolo Vercellone di Torino
sulla situazione attuale della giustizia in Italia, che hanno suscitato vivo interesse. Il past.
Tullio Vinay ha presentato due conferenze su
« Si va verso la catastrofe del nostro mondo? »
e « Vi è una via per evitare la catastrofe ».
Infine il prof. André Biéler ha parlato su:
« Verso una nuova economia » La novità dì
questa "ripresa” sta nella partecipazione ai
dibattiti, sia il sabato sera, dopo le conferenze,
sia, in gruppo più ristretto e continuativo, il
lunedì sera. T. V.
Alcuni punti di vista
Dal punto di vista socio-politico è noto che
la Calabria è tra le regioni italiane più sottosviluppate. Prevalentemente montana, si estende in lunghezza con molte difficoltà di contatto (specie nel passato). Attualmente la politica
dei tornacontismi e del dividi ed impera rischia di fratturare la già difficile unità regionale in bieco campanilismo. Il risultato più
evidente e drammatico è l’ascesa reazionaria.
Ad affrontare aU’interno delle chiese questa problematica si può rischiare, allo stato attuale delle cose, la frattura anche sul piano
fraterno. Non si debbono però eludere i problemi. Al momento ci sembra necessario suscitare delle possibilità d’incontro delle comunità
che possano far nascere, con la conoscenza, degli impegni di servizio.
Dal punto di vista ecclesiologico, l’isolamento delle chiese, il coltivare ciascuno R proprio
campicello, porta le nostre comunità verso una
situazione frustrante: introversione, vaga religiosità, confusione, che si manifestano con la
fuga daUe responsabilità, intiepidimento della
fede, assenza di gioia, spopolamento delle
chiese.
In questo contesto la predicazione rischia
essa stessa di mancare di gioia perché particolarmente impegnata ad evidenziare la comune
responsabilità ed infedeltà.
Ma, dal punto di vista della fede è proprio
dalla Parola che ci vengono le indicazioni necessarie a suscitare la speranza.
Infatti, se l’attuale senso di frustrazione può
essere paragonato al momento della confusione dei discepoli per la crocifissione del Maestro; se l’attuale vaga religiosità rassomiglia
alla situazione dei discepoli all’indomani della
risurrezione^ ancora non pienamente convinti
e chiusi, isolati nella sala comunitaria; quello
che ci è necessario è renderci conto che con la
Pentecoste (e lo Spirito oggi agisce sempre per
le chiese che odono ciò che dice) è possibile
uscire fuori e parlare del Cristo risorto e del
suo Regno, anche se le forze sono esigue e gli
uomini pochi e poco importanti secondo la società.
Solo lo Spirito ci può dare la pienezza di
convinzione che ci fa annunciare l’Evangelo
non soltanto con parole, ma anche con potenza (1 Tess. 1: 5).
Questa convinzione o, se sì vuole, questa
gioia della speranza noi crediamo di poterla
domandare al Signore le cui promesse sono valide anche per noi (Atti 2; 39).
Retrospettiva
Alla fine del 1971 Vincenzo Sciclone viene
a predicare nella chiesa di Reggio Calabria.
Egli pone la domanda accorata « che dobbiamo fare ». L’incontro comunitario che segue
è fruttuoso perché si decide in linea generale
una più stretta colltiborazione delle comunità
valdesi di Calabria allo scopo di pianificare
una comune azione di testimonianza.
Il 27 febbraio 1972 Odoardo Lupi incontra
le chiese di Cosenza e di Dipignano per esaminare le suddette possibilità di testimonianza. L’impressione generale è nettamente positiva per la volontà delle chiese di svolgere un
lavoro concreto.
Una libera assemblea
Nel pomerìggio di domenica 2/ febbraio le
comunità di Dipignano e di Cosenza si riuniscono in quest'ullima città per pianificare il
lavoro comune. Presiedono i fratelli Vincenzo
Sciclone di Cosenza, Pietro Santoro di Catanzaro, e Odoardo Lupi di Reggio Calabria.
Le decisioni
I fratelli Sciclone, Santoro e Lupi appronteranno entro la fine del mese di aprile un Corso biblico per corrispondenza sulPEvangelo dì
Marco, che ogni comunità penserà a diifondere nel suo ambiente, distribuendo lopuscolo
della società biblica « Conoscete la Bibbia ».
Le chiese in primo luogo dovranno svolgere
il lavoro di studio biblico perché si troveranno in qualche modo a dover rispondere della
propria fede alla gente di fuori.
La chiesa di Reggio dovrà provvedere alla
stampa del materiale, mentre la distribuzione
dovrebbe avvenire localmente,
DIPIGNANO
AlPinizio della prossima estate, nel paese
di Dipignano, dopo un capìUare colportaggio
di bibbie e distribuzione dì copie deU'evangelo
di Marco e relativo corso biblico a cura della
comunità locale, le comunità calabresi organizzeranno delle pubbliche predicazioni (con
eventuali rappresentazioni, drammatiche di parabole, ovvero cori ed esecuzione di musiche
da parte di un complesso). Dipignano è un
ridente paese montano, turisticamente sfruttato da Cosenza.
Questa campagna evangelistica ci dirà qualcosa sulla validità del metodo, ed in caso positivo si ripeterà Tesperimento nel catanzarese
(Falerna, Guardia Piemontese, ecc.) per giungere poi nella città di Reggio e sua eventuale
diaspora.
COSENZA
Anche questa comunità, come tutte le altre
della Calabria, dovrà lavorare per lo studio e
la diffusione del corso biblico. Proponiamo però una ristrutturazione della testimonianza in
questa città.
Fra un anno Cosenza sarà sede universitaria. L’esiguo locale di culto è situato nella via
più centrale e commercialmente più importante. Questo locale può diventare una libreria,
possibilmente della Claudiana. Infatti, sarebbero necessarie solo delle spese di impianto
delle vetrine. La chiesa di Cosenza sta approntando un preventivo di spesa, che sarà sottoposto alla Claudiana stessa; per quanto concerne il personale e l’affitto, non peserebbero sulla nostra Casa Editrice per ovvi motivi. Accanto al pastore locale, che compirebbe questo
lavoro di testimonianza con la libreria, ci sarebbero persone della stessa comunità pronte
a coadiuvarlo, oltre alla sua stessa famiglia;
una sala di lettura sarebbe annessa al negozio,
che la domenica rimarrebbe luogo di incontro
della comunità.
FALERNA-MARE
Il centro comunitario di Falerna-mare, in
questa ristrutturazione del lavoro di testimonianza in Calabria, viene ad assumere un particolare aspetto: è un essenziale strumento di
lavoro; essendo facilmente raggiungibile sia
da Cosenza sia da Catanzaro e Reggio Cai. (è
ai limiti dell’autostrada), esso dovrebbe essere
il luogo naturale d’incontro delle comunità, dei
Consigli di Chiesa, dei giovani, delle famiglie
e dei gruppi di studio.
Pertanto le chiese della Calabria auspicano
la immediata esecuzione dei lavori di restauro.
Queste stesse chiese desiderano che l’argomento di Falerna-mare sia messo all’O.d.G. della
prossima Conferenza Distrettuale.
Conclusione
Certamente ci sarebbero ancora altre notizie interessanti da parte delle altre chiese
del distretto. Queste notizie darebbero un apporto prezioso alla nostra ricerca di una testimonianza e di una presenza più viva in Calabria e in Sicilia. Ma avremo la possibilità di
riprendere questo tema e di approfittare della
collaborazione di tutte le chiese.
Le notìzie date sono delle informazioni che
ci permettono di riflettere sul problema. L’essenziale rimarrà il lavoro comune, la ricerca
che faremo fra di noi in vista di un aiuto reciproco nel compimento della nostra vocazione, G. Paschoud
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pag. 8
N. 17 — 28 aprile 1972
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Conservare,
o cambiare?
Le elezioni politiche sono ormai imminenti e vorremmo, da questa rubrica, fare qualche considerazione di carattere generale.
Anzitutto, è obbiettivamente innegabile che decenni di governo della democrazia cristiana e anni di centrosinistra
non sono riusciti a realizzare quelle riforme e quei necessari nuovi assetti
dalla società in modo da instaurare una
vera temperie democratica e non solo
apparente (non bisogna infatti confondere la democrazia con ima certa tolleranza, colle debolezze, coll’inettitudine,
coi favoritismi).
Per parlare delle riforme non realizzate o fatte male perché improvvisate
sotto la forte spinta delle forze popolari sarebbe necessario una spazio assai
più lungo di quello che ci è riservato.
Accenneremo perciò solo a quelle più
urgenti (urgenti da anni!) e necessarie:
la riforma della casa (a Torino vi sono
degli immigrati che dormono nelle sale
d’aspetto delle stazioni ferroviarie o
affitttano il « letto caldo », letto che nelle 24 ore passa a tre occupanti diversi);
la riforma sanitaria, sia sotto il profilo
ospedaliero, che mutualistico e farmaceutico; la riforma delle pensioni, resa
ancora più impellente dalla recente
scandalosa proposta del governo de dei
superaumenti ai superburocrati statali, civili e militari; la riforma della
scuola; la riforma dei codici e dell’ordinamento giudiziario (l’attuale ministro
de della giustizia, Gonella, collabora stabilmente coi fascisti sul « Giornale
d’Italia»!); la riforma dell’esercito, dove vigono regolamenti borbonici e dove
non si sa che cosa sia la democrazia; la
riforma dei rapporti fra chiesa e stato
per eliminare privilegi e discriminazioni; una vera e seria politica meridionalista che non faccia più del Sud una
fabbrica di disoccupati e che non crei
più milioni di persone pronte a emigrare ed espatriare ad un minirno cenno
di un « viceré » nostrano o straniero;
una profonda riforma agricola che elimini usi e costumi in parte poco più
che medioevali e ridia alla gente l’amore verso la terra; la riforma della radiotelevisione (il cui ultimo gesto di parte, è stato quello di escludere dalla «tribuna elettorale » i rappresentanti del
Manifesto e dell’M.P.L.); la riforma tributaria che colpisca veramente il grande reddito e le mille evasioni.
Non vorremmo essere tacciati, per
via di questo lungo quanto incompleto
elenco, di demagogia o di «populismo»:
come abbiamo già premesso, si tratta
di una situazione innegabile, che spaventa e preoccupa e dalla quale emerge
in modo veramente indegno la pochezza di chi ci ha governato fin’ora. Di
fronte a questa situazione gravissima,
creatrice a sua volta di sempre maggiori squilibri! e ingiustizie, la stampa che
di norma viene definita « indipendendente » e « di informazione » parteggia
apertamente per una politica cosiddetta « centrista » appoggiando, con una
Il M.S.I.
e "Ordine Nuovo"
« Ordine nuovo », il movimento della destra estrema, uscito nel dicembre
1956 dal m.s.i., perché accusato di essere « inserito nel sistema », vi è rientrato (capeggiato da Pino Rauti) nel
tardo autunno del 1969 (all’epoca in
cui scoppiavano le bombe di Roma e
di Milano), avendo constatato che ormai esso era saldamente in mano al
nuovo leader Almirante.
Ecco alcuni argomenti « culturali »
di « Ordine nuovo ». Nel 1955, « Razza e cultura del nazismo » (discorso di
Hitler), presentato come un « documento di alto valore politico ». Altri
saggi : « Razzismo, speranza d’Europa »,
« Il significato delle S.S. » per « penetrare il vero spirito di quest’organizzazione »; « L’azione eroica e l’ariano »;
« Analisi dell’anima ebraica ». Nel novembre 1966 su « Noi Europa » il razzismo è indicato come « una necessità
di legittima difesa », ma al rimpianto
di Hitler e di Mussolini (« che si sforzò invano di migliorare la razza italiana »), si aggiunge l’esaltazione deU’Algeria francese, della Rhodesia, del Congo 4513000, dove c’è « ordine, disciplina. avvio a forme superiori di vita ».
Almirante, intervistato tempo fa da
un giornalista (de La Stampa), ha definito « Ordine nuovo » il « gruppo più
consistente, più serio, più nobile » del
partito.
abile campagna ( « opposti estremismi »,
« assenteismo », « stato forte nella democrazia », ecc.) un’alleanza postelettorale appunto fra i partiti di centro. Essa in questo modo commette una duplice, grave scorrettezza, sia cercando di
influenzare la gente verso soluzioni gradite agli attuali detentori del potere e
sia anticipando dei risultati (anche queste sono «notizie tendenziose»!) che
saranno noti a votazioni avvenute.
A parere di chi scrive, non è proprio
con questi partiti centristi che si potrà
ovviare a una situazione che è andata
via via deteriorandosi proprio a causa
della «centralità» (ma non è meglio
chiamarlo « destrismo »?) della de, che
ha portato alle elezioni anticipate.
Non solo, ma la chiara disponibilità
di questo partito a rendere partecipi
del potere altri tre partiti che, assieme,
oggi come oggi, non rappresentano che
il dieci per cento delle forze in parlamento, sfalsa completamente la reale
composizione socio-politica del paese.
Questi, ridotti al nòcciolo, la situazione ed il problema: andare verso una soluzione chiaramente, involutiva e conservatrice oppure imporre col voto una
piattaforma efficace ed operante per
una nuova e più giusta società, costituita dalla vera, grande maggioranza dei
Cittadini e dei lavoratori?
Sta alla coscienza di ognuno di noi
dare il proprio voto, che sia anche coerente colla nostra fede, per la crescita
e per la liberazione dell’uomo.
Il congresso
delle AGLI
Si è svolto nei giorni scorsi a Cagliari
il XII congresso nazionale delle AGLI,
congresso che si è tenuto in un momento particolarmente delicato per il
movimento. Si trattava di dare una risposta conseguente alle precedenti scelte. Ricorderemo infatti che in occasione del congresso di Torino del 1969 le
AGLI avevano imboccato una strada
ben precisa, sintetizzabile nei tre seguenti punti: 1) Piena autonomia sia
sul piano politico-sociale che su quello
culturale; 2) fine del « collateralismo »
colla DC e piena libertà di voto per gli
iscritti; 3) rifiuto del sistema capitalistico e dell’interclassismo.
Le scelte anzidetto fecero scalpore e
suscitarono scandalo in determinati
ambienti legati al conservatorismo e
alla tradizione, sia in campo laico che
religioso. Giunsero anche i « fulmini »
deH’episoopato, secondo cui nessuna
iniziativa in nome del cattolicesimo può
essere approvata « se non interviene il
consenso ecclesiastico ». Lo stesso Paolo VI espresse il proprio « rammarico »
per la qualificazione politica del movimento.
Questa presa di posizione aveva già
a suo tempo determinato una scissione
nelle AGLI: la destra estrema si era
staccata e aveva dato a sua volta vita
alle Federacli e alla Modi.
Gol XII congresso si può registrare
il fatto che le AGLI, pur definendosi
sempre un« movimento educativo e so
ciale » SI assegnano definitivamente caratteristiche e scopi politici. Infatti, nel
nuovo statuto, esse, presentandosi come «l’organizzazione dei lavoratori
(cattolici) che intendono contribuire alla costruzione di una nuova società in
cui sia assicurato, secondo giustizia, lo
sviluppo integrale dell’uomo » accentuano quest’ultimo aspetto della loro attività.
I documenti usciti da questo congresso recano però là traccia di lunghi
travagli, superati solo in parte, in quanto, pur dopo le due scissioni di cui si
parlava prinaa, e pur essendoci una certa unitarietà di fondo, sono presenti,
oltre alla maggioranza, diciamo così,
centrista (oltre il 60 per cento), una minoranza di destra (22,8 per cento) che
ha prospettato la ripresa di un certo
rapporto colla DG, e una minoranza di
sinistra (16,3 per cento), addirittura
favorevole alla preparazione di una
« autodissoluzione nella classe ».
I democristiani vengon comunque
considerati come « il principale sostegno del mondo capitalistico », come « i
mercanti nel tempio », mentre i comunisti per contro vengono considerati
còme « fratelli separati » che hanno
sbagliato nei paesi dove sono al potere
e che in Italia hanno attenuato la loro
azione alternativa al sistema.
Nei riguardi dei rapporti colla gerarchia ecclesiastica, non ne viene richiesto il « consenso », mentre viene ammessa una certa comprensibilità che essa abbia il timore di essere coinvolta e
compromessa in certe scelte che « rimangono solo nostre ».
Girca la libertà di voto, si presume
che una notevole parte dei 500 mila
aclisti voteranno per il Movimento politico dei lavoratori, il partito fondato
dall’ex presidente aclista Labor.
Frattanto, come primo atto politico,
alla fine del congresso è stata votata,
in un documento unanime, la piena solidarietà al popolo vietnamita e sono
state denunciate « le responsabilità del
governo italiano per la sua accondiscendenza alla politica americana », mentre
contemporaneamente viene chiesto
« come primo passo per l’autodeterminazione del popolo vietnamita, il riconoscimento della repubblica democratica del Vietnam e del Fronte di liberazione nazionale ».
Roberto Peyrot
Gii esciusi da Tribuna eienoraie': ii MPl
Com’è o dovrebbe essere noto, non tutte le forze politicbe in campo, in questa campagna
elettorale, hanno potuto presentarsi alla pari all’elettorato; e non crediamo davvero di essere
faziosi nel constatare ebe, a differènza dal centro e dalla destra, è la sinistra che ha subito
discriminazioni; a parte i gruppi che non hanno presentato liste, né il Movimento politico dei
lavoratori (MPL) né il Manifesto hanno avuto accesso alla tribuna elettorale televisiva, per
presentare il loro programma: fatto tanto più grave, in quanto non si tratta di raggruppamenti ricchi e potenti, e la loro capacità di raggiungere l’opinione pubblica è limitata; se il
Manifesto può contare sull’omonimo quotidiano, il MPL pubblica un settimanale « Alternativa ». Si tratta di due forze nuove, che presentano per la prima volta il loro programma elettorale: per questa ragione, e per la discriminazione che hanno subito a livello radiotelevisivo,
ci è parso giusto e interessante intervistare qualcuno di loro, per i nostri lettori. Questa settimana pubblichiamo un’intervista con Gian Giacomo Migone, membro del Comitato di coordinamento nazionale del MPL e candidato alla Camera nella circoscrizione Torino-Vercelli-Novara. La prossima settimana speriamo di poter pubblicare un’intervista con un rappresentante
del Manifesto.
Come mai
M.P.L.?
si parla così poco del
Il silenzio della grande stampa d’informazione e della TV sul Movimento
Politico dei Lavoratori non è certo casuale. Infatti, il M.P.L. è forse l’unica forza politica nuova che sia concretamente in grado di indebolire lo
schieramento padronale e conservatore, e che rivolga la sua battaglia non
contro questa o quell’altra forza di
sinistra, (come fa per esempio il « Manifesto ») ma contro la destra. Smascherando la politica conservatrice
della D.G. e il suo uso strumentale
della religione cristiana, il M.P.L. vuole distruggere la credibilità, anche
elettorale, che questo grosso partito
padronale ha ancora presso milioni di
operai, di contadini, di impiegati, di
ceti medi dipendenti. Per questo la
grande stampa padronale (per esempio « La Stampa ») tenta di combattere il M.P.L. con la congiura del silenzio, e la televisione, controllata dalla
D.G., ci ha esclusi da « Tribuna Elettorale », dando invece doppio spazio
ai fascisti, attraverso il defunto Partito Monarchico.
— Il M.P.L. non rappresenta semplicemente un secondo partito cattolico, perpetuando così l’equivoco
confessionale?
Non siamo certo favoriti dalla gerarchia cattolica, che anzi ci ha rivolto, specie ultimamente, non pochi attacchi. Non ci definiamo « cristiani »,
come la D.G., né facciamo appello, per
definire la nostra posizione politica,
ad una supposta « dottrina sociale
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iiiiimiMiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMi!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii,|,„|||||iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Echi della- settimana
a cura di Tullio Viola
IL VULCANO SOTTO LA NEVE
E impossibile capire a fondo
quanto di straordinario e di grandioso sta accadendo, ormai da molti anni, nel Vietnam, se non si cerca di
conoscere e non si accetta un fatto
sul quale ormai non possono più sussistere dubbi; e cioè che l’esercito di
Hanoi è guidato da un genio militare
di altissima levatura.
« Le Nouvel Qbservateur » (del 17-23
aprile 1972) pubblica sull’argomento
un lungo articolo (di Jean Lacouture),
che comincia con una citazione tolta
dal proclama del generale Vò Nguyen
Giap, diffuso TI 1.4 ad Hanoi. Prpclama che « chiude seccamente il dibattito sulla partecipazione dei nordvietnamiti alla guerra.
“Tutti i cittadini vietnamiti, senza
distinzione d’origine, si uniscano per
combattere l’aggressore americano,
ovunque sul territorio del Vietnam...”.
Chi poteva proclamare, in tal modo, l’unificazione della guerra e la fine delle finzioni dalle due parti, meglio dell’uomo il cui pensiero strategico e l’immaginazione tattica orientano ininterrottamente il corso della
guerra ormai da trentanni, e cioè dall’epoca della formazione dei primi
gruppi di guerriglieri sulla frontiera
della Cina {maggio 1941), di quell'uomo la cui vita, la cui parola, i cui
scritti coincidono strettamente, fin da
quell’epoca, col combattimento dell’esercito popolare? ».
Il Lacouture conobbe personalmente il grande generale nel 1945; « Dopo
aver incontrato Hó Chi Minh, un francescano dall’aspetto raffinatamente
pittoresco, era impossibile non esser
colpiti dalla durezza eloquente e dalla violenza diretta di quel giovane implacabile. E che brio, anche, che passione immaginatival Decisamente (si
pensava) quella rivoluzione non era
ancora caduta nelle mani dei burocrati! Due settimane più tardi, il generale Ledere, in virtù degli accordi
firmati da Hó Chi Minh e da Sainteny, sbarcava ad Haiphong. Giap, con
lo sguardo ardente sotto il cappello
floscio e col pugno alzato, gli lanciava il saluto: “Sono felice di salutare
in voi un uomo della resistenza come
me!" (1) (...)».
La guerra che seguì « fece del piccolo uomo, dall’alta fronte convessa,
uno dei più grandi strateghi del sec.
XX, tanto originale nei confronti di
Toukhatchevski quanto nei confronti
di Lin Piao, di Boudienny o di Peng
Teh-huai; il piccolo uomo che chiama
oggi i suoi concittadini a scatenare
un’offensiva “alla Patton” (2), citando
loro l’esempio delle sorelle Trung, le
cosiddette “Giovanne d’Arco” del secolo dei Han (II sec. a. G.) ».
La celebre vittoria di Dien Bien Phu
(marzo - maggio 1954) diede al generale Giap la possibilità di « usare delle proprie forze come di un esercito
di termiti, di proseguire indefinitamente l’investimento, il logoramento,
la sovversione. Forte degli armamenti
continuamente fornitigli dagli alleati
sovietici e cinesi, fece della propria
artiglieria l’arbitra del combattimento. Per la prima volta nella storia, un
popolo colonizzato usava vittoriosamente, contro il proprio colonizzatore, quella stessa tecnica che l’aveva
condotto allo stato di servitù.
Il vincitore di Dien Bien Phu non
s’è trasformato in una statua per museo militare. Al contrario, anzi! Dal
giorno in cui il partito dei lavoratori
nordvietnamiti ha deciso, nel settembre 1959, di dare tutto il proprio appoggio al sollevamento popolare del
Sud, Giap non ha cessato di fornire
ai guerriglieri idee, direttive, aiuti, armi, quadri direttivi, effettivi, approvvigionamenti. È lui che tiene il comando? O è lui l’ispiratore? La leggenda vuole ch’egli abbia dimostrato
poco entusiasmo, agl'inizi del 1968, per
lo scatenamento dell’offensiva del Tet,
nella quale diceva di vedere una “audace gauchiste” (come dire: un’esperienza di sinistra male organizzata).
Invece l’operazione scatenata il 30.3
u. s., dimostra chiaramente il suo stile. Per rendersene conto, basta richiamare l’ultimo dei suoi testi teorici,
cioè il fascicolo pubblicato nel 1970 ad
Hanoi, col titolo: “La guerra di liberazione nazionale nel Vietnam”. Da
quel saggio emergono due principi
strategici fondamentali:
1 ) L'importanza, assolutamente
primaria, attribuita allo spirito offensivo {“Rivoluzione significa offensiva..
(...) Questa è l’ispirazione del pensiero militare del nostro popolo. (...) I
nostri sollevamenti e le nostre guerre
di difesa nazionali richiedevano certo
dei periodi di ripiegamento strategico, ma il pensiero dominante era sempre indirizzato all’offensiva”).
2) La necessità di passare, il più
presto possibile, dalla guerriglia alla
guerra classica [“La guerriglia permette alle masse di scatenare delle insurrezioni e d’impadronirsi del potere
alla base. Ma soltanto la guerra regolare (col sostegno delle forze di guerriglia) permette d’annientare le forze
nemiche e di liberare delle vaste regioni. (...) La guerriglia deve evolvere
in guerra regolare...”).
Nulla sarebbe più vano, o abusivo,
che il personalizzare ciò che evidentemente è una strategia collettiva. (...)
Oggi il responsabile comune delle iniziative rivoluzionarie vietnamite è certo tutto il collegio depositario ed erede delle direttive di Hó Chi Minh. Ma
la personalità di Giap è tanto forte,
la sua immaginazione tanto eloquente, il suo prestigio tanto grande, il suo
temperamento tanto vigoroso, che è
difficile non sentire, al difuori delle
stanze segrete entro le quali delibera
il collegio degli eredi di Hó Chi Minh,
risuonare la voce di colui che i compagni di gioventù chiamavano “il vulcano sotto la neve” ».
L’UOMO DELLA STRADA
CLOROFORMIZZATO...
« Frustrato ed irritato dalle contraddizioni che sperimenta quotidianamente sulla sua pelle; sostanzialmente spoliticizzato per individuare
correttamente la vera radice delle proprie insoddisfazioni; avvezzo a scaricare sul primo capro espiatorio offertogli le sue tensioni negative, l’uomo
della strada, cloroformizzato dalla società del benessere, è pronto così alla
metamorfosi in cassa di risonanza per
gli slogans più convenienti ai detentori del potere: nel caso, “piena sottomissione a chi deve tutelare l’ordine e la sicurezza”. Posto di fronte al
“disordine” ed alle “manifestazioni di
violenza” che il progredire dello scontro sociale inevitabilmente comporta,
egli sarà facilmente manovrabile nel
senso di riversare il proprio scontento su chi (“l’agitatore sociale”) gli è
indicato come diretto responsabile del
malessere pubblico ed individuale, come alleato del delinquente ormai annidato in ogni angolo buio. (...)
La rispondenza che tale forma di
allarmismo ha dimostrato di trovare
nelle masse, contraddice nettamente
le affermazioni di quanti considerano
ormai obsolete per l’Italia speculazioni politiche così grossolane, perché
non più rispondenti alle esigenze di
una società a capitalismo evoluto. Anche in Italia cioè, nella sua azione di
persuasione e repressione, il sistema
sarebbe giunto a gradi di raffinatezza
incompatibile con gli strumenti di oppressione tipici di un meccanismo sociale semifeudale. Si direbbe invece
che sia vero proprio il contrario ».
(Da un articolo di Alessandro Goletti su « La Prova Radicale », n. dell’inverno 1972).
(1) Il Ledere, combattente nella seconda
guerra mondiale, era riuscito a sfuggire alla
cattura dei tedeschi invasori (giugno 1940).
Rifugiatosi a Bordeaux, poi a Londra, s’era
unito a De Gaulle ed aveva preso parte alla
guerra di resistenza. Aveva riconquistato Parigi il 24.8.’44.
(2) Celebre generale americano che comandò lo sbarco in Normandia (6 giugno 1944) e
guidò l’invasione americana dell’Europa fino
all’occupazione di Berlino (2 maggio ’45) cd
oltre.
cristiana ». Gi rivolgiamo anche a
quei lavoratori che in passato si sono
identificati politicamente come « cristiani », perché la nostra posizione rispecchia molte critiche che quei lavoratori hanno rivolto e rivolgono ai
partiti della sinistra tradizionale. La
D.G., partito confessionale, sostiene
che tutti i cristiani devono ritrovarsi
uniti al suo interno. Noi, come tutte
le altre forze politiche italiane, diciamo che questa tesi non ha alcun fondamento, né politico, né religioso. In
più, noi non sosteniamo affatto che
tutti, o soltanto, i cristiani di sinistra
devono riconoscersi nel M.P.L. La legittimità della nostra proposta non si
fonda certo sulla presenza di molti
cristiani nel nostro Movimento, ma
su un’autonoma esperienza politica
maturata nel sindacato, nei quartieri,
nel movimento studentesco e in tutte
le lotte sociali.
— Qual è la vostra posizione sui rapporti tra Stato e Chiesa?
Noi riteniamo che una delle conseguenze più deleterie del predominio
democristiano sia stata la facilità con
CUI la gerarchia cattolica ha potuto
intromettersi nella vita civile e politica del nostro paese. L’articolo 7 della Costituzione e, al di là della normativa, il continuo privilegio accordato alla religione cattolica rispetto alle altre religioni minoritarie sono alcuni aspetti di questa intromissione.
Ma, a parte queste prevaricazioni, costituisce problema a sé il peso enorme, economico, politico ed ideologico,
esercitato in Italia dalla Chiesa cattolica. I valori religiosi, per chi ci
crede come alcuni — molti — di noi,
vanno affermati anche in politica come in ogni momento della vita, senza però pretendere di dedurne una
precisa dottrina politica. Ma quando‘
una Chiesa istituzionale — come in
Italia la Chiesa cattolica — diventa
centro di potere spesso legato agli interessi capitalistici e conservatori, è
compito di chiunque sia impegnato in
una prospettiva socialista combatterne Tinfluenza e ricondurla al suo ambito naturale, in cui essa ha diritto
alla più assoluta autonomia, come del
resto tutte le Chiese.
— Che tipo di socialismo auspicate?
Socialismo significa per noi innanzitutto anticapitalismo: lotta a questo sistema sociale fondato sullo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo, governato da un meccanismo di sviluppo violento e arbitrario, sottratto al
controllo dei lavoratori e gestito da
pochi privilegiati per il loro profitto..
In secondo luogo, socialismo significa
per noi possibilità per tutti i lavoratori di prendere autonomamente le
decisioni che li riguardano, in ogni
momento della loro vita, sul luogo di
lavoro come nella società come nella
vita politica. Le condizioni finali del
socialismo sono dunque per il M.P.L.:
a) la socializzazione (non la nazionalizzazione) dei mezzi di produzione e
di scambio; b) la pianificazione democratica; c) l’autogestione, realizzata a
tutti i livelli. Non ci riferiamo ad un
modello di socialismo già belTe fatto:
né la Gina, né Guba, né la Jugoslavia
né il Gilè e meno che mai i sistemi burocratici e autoritari dell’Est europeo(URSS ecc.) sono per noi punti di riferimento assoluti. Nessuna di queste
esperienze di socialismo può essere
trasferita meccanicamente nella situazione italiana, anche se molte di loro
hanno parecchio da insegnarci.
Il M.P.L. non
la sinistra?
divide ulteriormente
È prevedibile che parecchi dei nostri voti vengano da alcuni settori
della D.G.: che siano cioè voti di lavoratori stanchi di portar acqua al
mulino della destra, che scelgono di
rafforzare la sinistra. Il M.P.L., dunque, non divide, ma anzi rafforza la
sinisfra. Al di là del fatto elettorale,
ci siamo qualificati come la più unitaria delle forze di sinistra: la garanzia di una politica che non divide la
sinistra è nella nostra strategia che
ricerca ogni momento di possibile unità alla base, sui luoghi di lavoro, nelle scuole e nei quartieri, contro ogni
settarismo e pregiudiziale ostilità tra
(continua a pag. 6)
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Ceop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino^