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Anno 124 - n. 13
1° aprile 1988
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL CONVEGNO DELLA FCEI A ROMA
« Come figure dissepolte a
Pompei, le vittime di Halabja
sono state uccise così rapidamente che i loro cadaveri sono
rimasti congelati nel tempo. Il
bimbo paffutello, il cui urlo sembrava ancora sgorgare dal volto,
giace sotto la vana protezione di
un braccio (...). Accanto, una famiglia di cinque persone. Stavano mangiando in giardino. Il gas
assassino non ha risparmiato
neppure il loro gatto né gli uccellini sull’albero, adesso disseminati sul prato ».
La descrizione del giornalista
americano Nicholas Beeston contìnua, agghiacciante. Come i lettori avranno compreso, si tratta
di una testimonianza sullo spaventoso bombardamento chimico (come si sa, non è il primo)
da parte degli aerei irakeni, che
ha lasciato migliaia di morti,
congelati dai vapori di cianuro o
soffocati daU’iprite dopo atroci
sofferenze, senza calcolare i feriti o quelli che hanno riportato
lesioni permanenti.
A questo fatto di barbarie disumana se ne aggiunge un altro che mi pare altrettanto odiosQ. L’area bombardata è una
zona che appartiene all’Irak stesso e che è stata recentemente
occupata dall’Iran (il quale a
sua volta ha minacciato di « rispondere con le stesse armi»). Si
tratta di una regione abitata da
una popolazione in netta maggioranza curda, che rivendica la
propria etnia ed è ostile nei confronti dell’esercito irakeno. Sorge ^rtanto il dubbio che l’Irak
abbia magari ’’approfittato” dell’occasione per dare una tragica
lezione a questi sudditi ribelli.
Dopo sette anni e mezzo, questa ’’guerra dimenticata” si riaffaccia in tutta la sua efferatezza: i morti si contano ormai in
ragione di parecchie centinaia di
migliaia, senza contare le immense distruzioni e sofferenze
umane. E tuttavia, malgrado i
proclamati embarghi, questi lutti
e queste rovine vengono continuamente alimentati dalle forniture d’armi che, come una metastasi maligna, continuano ad
infiltrarsi anche illegalmente in
mille modi per giungere a destinazione.
Ma, restando al settore chimico, non si può tacere il fatto
che l’Italia — oltre che armi
’’tradizionali” — ha fornito alrirak bombe di quel tipo, violando così, oltre ad un codice
morale, anche la Convenzione
di Ginevra del 1925. Questa notizia è apparsa sul quotidiano
”La Stampa” del 19 agosto 1987,
e si basa su rapporti annuali del
Sipri, il più obiettivo istituto
di ricerca sui problemi del disarmo e della pace.
Penso che, ancora una volta,
dobbiamo denunciare con forza e sdegno questa situazione, sia
come credenti che come cittadini del mondo. Sapranno o vorraimo le due superpotenze, in
occasione del prossimo^ nuovo
vertice, trovare il modo di affrontare questo problema assieme agli altri, problema di cui esse
portano peraltro pesanti responsabilità assieme a tutti gli altri
paesi fornitori d’armi?
Roberto Peyrot
Maria nostra sorella
Un’occasione ài incontro con alcune diverse realtà del cattolicesimo - Il dissenso protestante con il concetto di mediazione - Lo « schermo » e la comunità di eguali intorno a Gesù
Che i protestanti italiani (Federazione delle chiese evangeliche italiane e Facoltà Valdese
di Teologia) abbiano organizzato un convegno su Maria, può
suonare ad alcuni inutile, per
altri addirittura può rivelare, da
parte delle chiese evangeliche,
Taccettazione di un ruolo subalterno alla chiesa cattolica quanto alle tematiche che si vanno
a discutere. C’è, in fondo, chi
potrebbe dire: « Per noi Maria
non costituisce un problema » e
chi potrebbe dire: « Non c’è alcun bisogno di discutere di Maria in concomitanza con Tanno
mariano ». La riuscita del convegno smentisce queste riserve,
anche se esse sono forse state
presenti dietro la scarsa partecipazione evangelica, al di là dell’ambito romano. Peraltro il convegno ha fornito un terreno di
confronto ecumenico (anche se
questo non era il suo scopo);
diversi cattolicesimi sono scesi
in dialogo con gli stimoli fomiti da relazioni e comunicazioni,
confermando anche che il protestantesimo è luogo adatto alla convocazione ecumenica: non
molo subalterno, ma capacità di
chiamare ad un confronto i vari
cattolicesimi presenti oggi in
Italia.
Il pregio maggiore del convegno è stato quello di lasciarsi
alle spalle il puro e semplice
confronto di princìpi per dare
spazio al dialogo serio e serrato
con le diverse interpretazioni della figura di Maria. Non temano
i protestanti irriducibili! Non si
è trattato di un scendere a patti, quanto piuttosto dello scendere nel merito della discussione, volta ad evidenziare il « conflitto delle interpretazioni » senza attestarsi a priori in un contesto polemico o apologetico.
Come ha evidenziato Sergio Rostagno, nella sua relazione introduttiva, si è trattato di esprimere i punti netti del dissenso,
ma imparando a restare nel relativo. Cadrebbe in errore ad esempio chi, criticando un certo
tipo di pietà mariana che si serve di rappresentazioni simboliche, continuasse a sostenere la
capacità di un soggetto ad avere
un rapporto con la realtà libero da rappresentazioni simboli
A sinistra il past. Erika Tomassone, a destra Maria Sbaffi Girardet.
che, o chi credesse che i simboli
delTintelletto come unici mediatori tra sacro e profano siano
al riparo da errori. Le stesse relazioni hanno mostrato questa
apertura a cogliere varie istanze
della figura di Maria nello sviluppo del dogma (niente affatto
univoco), come ha mostrato
Emidio Campi; nelTambito delTaffabulazione e della tradizione
PASQUA
Gesù
vive
« I discepoli, com’ebbero veduto il Signore, si rallegrarono »
(Giovanni 20: 20).
La sera di Pasqua i discepoli
rivedono Gesù e si rallegrano.
La cosa non va da sé: lo avevano tradito e abbandonato. Rivedendolo, il ricordo delle loro
colpe avrebbe dovuto renderli
tristi. Invece la gioia è più forte
del rimorso. Perché? Perché tra
il tradimento dt ieri e l’incontro
di oggi c’è di mezzo la croce.
Senza la croce, difficilmente l’incontro di Gesù con i discepoli
avrebbe potuto avvenire nella
gioia. Ma il saluto col quale Gesù lo introduce: « Pace a voi! »,
è l’annuncio che il tradimento
dei discepoli è stato cancellato:
perciò Gesù rivolge loro una parola di pace, non di giudizio. E'
un rapporto nuovo, che solo il
perdono dei peccati rende possibile. Pace a voi, e non guai
a voi, perché la croce di Gesù
ha cancellato i vostri peccati.
Se non ci fosse il perdono, nessun incontro tra l’uomo e Dio
potrebbe avvenire netl’allegrezza:
sarebbe offuscato dal ricordo e
dal peso dei nostri tradimenti.
Ma siccome nel nome di Gesù
è annunciata la remissione dei
peccati, i discepoli, rivedendo il
Signore, non vedono la loro colpa ma il suo perdono. Così Gesù ci viene incontro non per
creare rimorsi ma libertà, non
per fare l’elenco delle nostre inadempienze ma per renderci partecipi di quanto egli ha adempiuto.
Si rallegrarono. I discepoli si
rallegrano perché, rivedendo il
Signore, hanno la certezza che
egli vive. Fino a quel momento
erano nel dubbio: non sapevano
se credere nella risurrezione di
Gesù oppure no. La notizia s’era
sparsa, ma mancava la verifica:
perciò regnava l’incertezza. Ma
essere nel dubbio su questo punto significa esserlo su tutti gli
altri. Cambia tutto, secondo che
si considera Gesù vivo o morto.
Se Gesù non è risorto, non possiamo più credere in lui, possiamo solo commemorarlo; rievocarlo ma non invocarlo; parlare di lui ma non parlare a lui;
ricordarlo ma non ascoltarlo. Se
non è risorto dovremo vivere solo col ricordo di Gesù, non con
Gesù. Avremo a che fare con un
assente, non con uno presente.
In qualche modo saremo noi a
far vivere lui, e non lui a far
vivere noi. Il dubbio circa la risurrezione di Gesù, che i discepoli nutrono ancora prima che
egli si presenti in mezzo a loro,
è veramente un dubbio mortale
per la fede. Perciò essi si rallegrano quando vedono Gesù, le
sue mani, il suo costato; perché
il dubbio cede il posto alla certezza che Gesù vive. Non solo
dentro di loro ma accanto e indipendentemente da loro. Gesù
quindi non sarà un ricordo ma
una scoperta. Non la proiezione di speranze deluse e attese
frustrate, ma la fede che riconosce e confessa una presenza.
Così la fede dei discepoli non
sarà un tuffo nel passato ma una
decisione nell’oggi. Non solo il
cielo non è vuoto ma neppure la
terra è vuota: Gesù vive. E la
sua presenza non è più limitata e circoscritta come prima:
non vi sono più porte chiuse che
possono escluderlo e tenerlo lontano, non vi sono ostacoli che
possono fermare il suo cammino verso gli uomini.
La vita cambia se è vissuta
con Gesù e non solo col ricordo
di lui. Cambia anche la morte,
se moriamo con lui anziché senza di lui. Cambiano i pensieri,
cambia il comportamento, cambia la speranza. Perciò i discepoli si rallegrano: perché rivivono, rivive la loro fede, rifiorisce
la loro speranza. La loro vita
sarà diversa ora che hanno veduto il Signore e sanno che egli
vive.
Noi non abbiamo veduto il Signore e non lo vedremo su questa terra. Eppure non siamo
syantaggiati rispetto ai discepoli che lo videro, perché davanti
a Gesù non basta vedere per credere. La fede non è una semplice constatazione e ancora meno
una pura immaginazione. Chi crede non ha prove e neppure visioni: ha la certezza di una presenza che lo incontra con una
parola di grazia: « Pace! » e così ricrea una comunione perduta
o dimenticata.
Paolo Ricca
(Da « La sfida della Parola », Claudiana 1972).
popolare, come è stato sottolineato da Cesare Milaneschi ed
Erika Tomassone; allo spiegarsi
di simboli ambigui, a due tagli,
come è emerso dalla relazione
di Letizia Tomassone. Domenico
Tomasetto ha poi percorso il concetto' di mediazione ribadendo
un forte dissenso con la mariologia, seguendo in questo posizioni ben attestate nel protestantesimo. La lucida analisi della
figura di Maria nel Nuovo Testamento di Giuseppe Barbaglio,
unico relatore cattolico, ha indicato che sulla figura biblica
di Maria è possibile un confronto non riduttivo, ma chiaro.
Il documento finale ha sottolineato alcimi punti forti del discorso protestante su Maria.
Un pronunciamento protestante si impone dal momento che
si è giunti al paradosso di parlare di Maria come « madre dell’unità » e di porre quindi l’intero movimento ecmnenico « sotto il segno di Maria ».
Su questo il documento ribadisce cose già note:
— Maria è una testimone menzionata nel Credo apostolico come lo è Pilato; testimoni entrambi delTumanità di Gesù. Anche
lei, come gli altri testimoni, bisognosa di ricevere da Gesù stesso la parola della vita;
— Maria non è considerata
dal Nuovo Testamento « madre
dei credenti », ma si può riconoscere in lei una sorella in Cristo;
— non si riconosce nelTimmagine di chiesa, che si è costruita dietro Io schenno di Maria,
quella che è invece la comunità
di eguali raccolta attorno a Gesù Cristo.
Alcuni punti del documento
tentano anche di andare oltre
il note quando, per esempio, si
vuol tener conto del tipo di antropologia veicolata dalla figura
di Maria:
— al l’esaltazione di Maria Vergine nel cattolicesimo ha fatto
riscontro una progressiva emarginazione delle donne dalla direzione delle chiese e dall’esercizio dei ministeri; nelTambito
protestante Maria è stata rappresentata sotto l’aspetto della
passività, dell’umiltà e della ricettività. Questo svela un modello di donna che sta dentro
Erika Tomassone
(continua a pag. 12)
2
commenti e dibattiti
1“ aprile 1988
IL CROCIFISSO
NELLE SCUOLE
Gentile Direttore,
a me pare che la professoressa
M.V. Migliano Montagnana di Cuneo
abbia pienamente ragione quando sostiene che — tolta di mezzo con il nuovo Concordato l'incostituzionale confessionalità dello Stato — i crocifissi
debbano venir rimossi dalle aule scolastiche.
Per molte confessioni religiose (protestanti, ebrei, musulmani) il crocifisso è simbolo idolatrico, in aperta violazione del secondo comandamento mosaico (in comune alle tre religioni
monoteistiche più diffuse nel mondo
occidentale e arbitrariamente soppresso dal cattolicesimo) e quindi offesa
al sentimento religioso.
Vorrei sapere come reagirebbero i
fondamentalisti cattolici se nelle scuole, al posto del crocifisso, fosse obbligatoria la stella di Davide, la mezzaluna
islanica, la Bibbia protestante senza
imprimatur o addirittura la falce e il
martello comunista: strillerebbero come oche al Campidoglio!
Ma codesti sedicenti cristiani sembrano dimenticare ohe la libertà che
si invoca per noi deve sempre corrispondere a identica libertà per gli
altri e che cristianamente occorre in
ogni caso garantire agli altri la stes'
sa libertà che esigiamo per noi e per
le nostre idee.
Quanto airindegna campagna contro
la professoressa Montagnana, è inutile
ogni commento. Soltanto biechi residuati dell'Irrazionalismo clerico-fascista
possono pensare che chiedere una for
ma di rispetto per la coscienza di
tutti significhi essere posseduti dal demonio: è vero piuttosto il contrario,
se per demonio, come è giusto, si deve
intendere la parte peggiore di noi, lo
spirito di prevaricazione e di prepotenza e l'arbitrario uso del potere.
Paolo Angeleri, Padova
Per arrivare ad una soluzione generale e definitiva circa la presenza del
crocifisso nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici — scrive Mario Gozzini su "L’Unità” del 3.3.'88 — si deve
« puntare sulia crescita di coscienza
dei cattolici: se convenga alla Chiesa
conservare ad ogni costo una immagine di influenza istituzionale o se
invece non sia più opportuno puntare
sulla diffusione di una fede meno
emotiva, affidata più alla coerenza personale e comunitaria che alle insegne
sulle pubbliche mura. Se vogliamo evitare "guerre dei crocifissi”, che non
giovano proprio a nessuno, teniamo
aperta la questione serenamente, senza drammi, ma anche senza rimuoverla: perché i cattolici stessi prima o
poi chiedano che i crocifissi siano
tolti dagii uffici pubblici, nella convinzione che la fede cristiana non ha bisogno di orpelli statali per esser testimoniata come fermento che rende
più umano il tessuto sociale.
Perché nessuno pensasse che la sua
era una scuola confessionale, don Milani mise via il crocifisso. E scrisse:
"Chi mi ha conosciuto cattolico in anni di così profonda convivenza intellettuale e morale qual è la scuola, se
mi vede eliminare un crocifisso non
mi darà mai di eretico ma si porrà
piuttosto la domanda affettuosa del
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eco
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Glacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
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Bragaglia, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Paolo Fiorio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio RIbet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelll, Liliana VIglielmo
Segreteria: Angelo Actis
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Spedizione: Loris Bertot
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Amministrazione del fondo: Maria Luisa Barberis, Renato Coisson, Roberto Peyrot
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Registrazione; Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
Il n. 12/'88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 23 marzo, e a quelli decentrati delle valli vaidesi il 24 marzo '88.
Hanno collaborato a questo numero: Maria Luisa Barberis. Silvana Carcò,
Bruno Costabel, Vera Long, Daniele Macris, Luigi Marchetti, Paoia
Martineili, Cesare Miianeschi, italo Pons, Sergio Ribet, Jean-Louis
Sappè, Alfredo Sonelli, Margarete Ziegler.
come questo atto debba essere cattolicissimamente interpretato cattolico,
dato che da un cattolico è posto”.
Forse non sono pochi i cattolici ormai capaci di pensare e di agire come il priore di Barbiana, ferocemente
fedele, come si sa, nonostante tutto,
alla Chiesa ».
Luigi Giudici, Padova
Caro Direttore,
ho visto con piacere che II nostro
settimanale (n. 10 dell’11.3.’88) non ha
mancato di esporre con sufficiente obiettività la faccenda della permanenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Naturalmente solidarizzo in pieno con la prof. Montagnana la quale,
pur partendo da premesse <■ atee », difende giustamente l'osservanza dei
principi fondamentali della nostra Costituzione in materia sia di <■ pari dignità sociale » e di uguaglianza « davanti alla legge » di tutti i cittadini
(art. 3), sia di tutela della libertà di
religione (art. 19) e di pensiero (art.
21) eco.
Ma la battaglia della prof. Montagnana mira ben oltre le pareti delle aule
scolastiche: investe di fatto la questione globale degli arredi sacri negli
uffici pubblici, ivi compresi gli ospedali
e le USL.
Detto ciò, non mi sento di condividere le riserve avanzate sia dalla
CGIL-Souola sia dal Comitato per la
laicità della scuola circa il « metodo »
seguito dalla docente, ritenuto intempestivo (perché isolato) e più simbolicoemozionaie che politico-sociale... Qualcuno doveva pur iniziare, gettando sassi nello stagno. Onore al merito!
Giovanni Gönnet, Roma
PREGARE PER I
CREDENTI IN URSS
Ho ascoltato, registrate su cassette,
alcune conferenze di Richard Wumbrand. Wumbrand è il presidente della
missione interconfessionaie delia Chiesa perseguitata. Egli afferma che nella
Unione sovietica c'è un milione di
persone incarcerate per aver testimoniato la loro fede. A Mosca vi è una
sola chiesa evangelica ed una sola
chiesa cattolica, in cui il prete è obbligato a parlare in francese.
Non credo che le cose stiano come
dice Fernanda Comba nell'articolo « La
Russia cristiana ». Nelle lettere dalla
Chiesa perseguitata si raccontano avvenimenti che sono in netto contrasto
con le affermazioni dell'articolo e con
gli accordi di Helsinki firmati dall'URSS.
Credo sia necessario pregare per i
credenti in URSS e per la conversione a Cristo dei comunisti. Tutti dobbiamo professare liberamente e con
più fervore la nostra fede in Cristo,
G. F., Viliar Pellice
L’APARTHEID E
LA BIBBIA
Egregio Direttore,
sono atterrito e disgustato dalle scene e notizie che giungono quotidianamente ai nostri schermi dal Sud Africa. E dire che sono dei sedicenti cristiani, e protestanti per di più, che
hanno concepito la dottrina deli'apartheid, fondandosi su passi bibiici.
Credo che sarebbe quanto mai interessante un bell'articolo sul giornale
che spieghi da quali passi — versetti e libri — e con quali ragionamenti o
interpretazioni sia potuta nascere una
dottrina così ripugnante.
Massimo Pulejo, Bruxelles
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 3 APRILE
RAI 2 - ore 23 circa
CONTRO L’ANGOSCIA
DEL DOMANI
In questo numero la rubrica Protestantesimo presenta
uno studio biblico tratto dal
testo di Luca, cap. 12, vv.
22-34.
PROTESTANTESIMO IN TV
E’ deprimente constatare
ancora e sempre come, nonostante le recenti assicurazioni « ufficiali » (vedi Eco-Luce
del 19 febbraio), la rubrica
continui ad essere relegata a
ridosso della mezzanotte (dopo « Moda » o dopo « Mixer »
non fa differenza). Penso che
sia legittima la nostra curiosità di sapere come è stata
giustificata la mancata promessa e che sia diritto-dovere della FCEI approfondire
la questione.
Fatta questa quasi rituale
premessa, veniamo alla trasmissione composita di domenica 20. Si è data anzitutto
notizia delle varie iniziative
attraverso cui le nostre chiese continuano a seguire la
tragica situazione del Sud Africa. Si è poi passati ad intervistare M. Sbaffi Girardet,
della Commissione ecumenica, e il giornalista G. Gennari
sivamente state presentate
due esperienze che possono
veramente definirsi di frontiera. A Era e Mondavi, nel
Cuneese, piccole comunità protestanti di varia provenienza,
anche confessionale, sono ospitate rispettivamente in un
locale della Chiesa cattolica
e nella sede del PSI. Nell’uno
e nell’altro caso non ci sono
ostacoli alla testimonianza né
riserve mentali in quanto, come ha affermato il conduttore della « Chiesa evangelica »
di Era, è la comunità che santifica la sede e non viceversa.
Passando alla rubrica della
posta, il pastore P. Spanu, anziché rispondere ad una lettera specifica, ha affrontato la
vecchia questione del « perché
i protestanti non credono alla
Madonna » e ha tratteggiato
la figura di Maria, giovane
ebrea pia ed umile (a volte
incredula a volte credente, co
Contenitore^*
di Paese Sera sulla recente
« querelle » circa la figura del
defunto rettore della Università cattolica di Milano, G.
Cazzati, accusato dalla rivista
Il Sabato di « neo-protestantesimo » (giudizio recepito come un insulto). E’ emerso dagli interventi che la sostanza del contendere risiede
in una diversa concezione del
ruolo della Democrazia cristiana. Per il noto movimento integrista « Comunione e Liberazione », il far politica del
cattolico deve essere in funzione della Chiesa, mentre per
l’ala rappresentata dal Cazzati (tra cui si colloca anche
la segreteria De Mita) il punto di riferimento sarebbe la
coscienza, fin realtà, la contraddizione nasce dalla esistenza stessa di un partito
che si definisce cristiano). Per
Ai. Sbaffi il non aver chiara
la distinzione tra il regno di
Dio e il nostro operare nel
mondo costituisce un ostacolo anche sulla via dell’ecumenismo.
E, a proposito di ecumenismo di base, ci sono succes
me tutti noi) che in quanto
nostra sorella non può e non
deve offuscare il solo Signore. Per ultimo si è riferito di
un convegno internazionale
sulla « teodicea », ossia sull’eterno quesito inerente al rapporto tra l’amore di Dio e
l’esistenza del dolore.
I teologi D. Sòlle e H. Cox
hanno ribadito che Dio sta
dalla parte delle vittime, le
aiuta e le rende forti ed e
nostro compito fare altrettanto, ascoltando chi ci parla di
Lui dall’interno delle situazioni di sofferenza, come avviene nella teologia della liberazione. I paesi ricchi devono
cambiare stile di vita ed essere attenti anche alle iniquità presenti nel loro ambito:
non va scordato che l’annuncio della salvezza non può essere scisso dall’impegno per
la giustizia.
Si deve dare atto ai curatori della trasmissione di aver affrontato temi tanto diversi senza cadere nella superficiale trattazione degli
stessi.
Mirella Argentieri Bein
SCOMPARSO IL TRADUTTORE DEL CORANO
Alessandro Bausani
E’ recentemente scomparso
Alessandro Bausani, uno tra i
più preparati orientalisti italiani, nato a Roma nel 1921, per
anni ordinario di Lingua e Letteratura persiana all’Istituto Universitario Orientale di Napoli,
poi ordinario di Islamistica alla
B'acoltà di Lettere dell’Università di Roma e direttore della
Scuola Orientale della stessa
Università.
Ha tradotto il Corano in italiano (la prima edizione è del
1955, e varie ristampe sono seguite, fino all’ultima, del 1978).
Profondo conoscitore delle due
principali lingue e tradizioni cul
turali islamiche (l’arabo e il persiano), i suoi studi sono un importante strumento per la comprensione dell’Islam, cui egli ha
guardato con simpatia, collaborando a correggere la visione
spesso schematica e parziale che
l’Occidente cristiano ha nei confronti dei musulmani.
Tra le sue opere, oltre alla citata traduzione del Corano, edita da Sansoni, « Islamologia », a
cura di A. Bausani e P. M. Pareja, Orbis Catholicus, 1951 (non
più in commercio), e « L’Islam »,
Milano, Garzanti, 1980.
S. R.
Fondo di solidarietà
Offerte pervenute nel febbraio 1988
L. 1.500.000: Assemblea Fratelli Genova Pegll.
L. 300.000: Scuola Domenicale Villar Perosa.
L. 150.000; Irene Valdiserrl.
L. 100.000: MB ■ GD.
L, 50.000; Michele Ruggiero.
L. 35.000: Stefano Costa.
L. 30.000; Giuseppe Liberto.
L. 25.000: Erma Giolitto Barberis.
L. 12.000: Antonio Tetta.
Totale L. 2.202.000: Totale precedente L. 3.979.539; In cassa L. 6.181.539.
3
1° aprile 1988
commenti e dibattiti
IL DIBATTITO SUL GLORIOSO RIMPATRIO
TRIBUNA LIBERA
La fede non è la storia,
ma la si gioca nella storia
La ricerca di un’identità quotidianamente in via di costruzione Lo « status confessionis » e Io scambio vitale tra passato e presente
Nel breve e suggestivo articolo di Sergio Rostagno sul numero deiril marzo si tocca, mi
pare, un punto alto di riflessione
sul rapporto fede-storia, da cui
l’autore stesso si dice vagamente
inquietato: non sarebbe la storia un imprescindibile luogo ermeneutico della fede, un passaggio obbligato, la precomprensione illuminante e orientativa del
presente?
Dire « vagamente inquietato »
esprime poco. C’è effettivamente
di che essere inquieti se è vero
che roccasione delle celebrazioni per il rimpatrio deH’89 ha
aperto tra noi la discussione su
un problema che è molto più
che salvare o distruggere un pezzo della nostra storia.
■A me pare che in questa discussione si sia costituito p>er
cosi dire uno « schieramento »
fondato in parte su un equivoco; a chi ha proposto il recupero intero di una pagina di storia niù o meno gloriosa, si è
ri:s‘josto che forse non era affano «gloriosa»; che certamente non era storia di tutti; che
ni 1 era facile unificare, da Pachino a Torino, l’Italia evangelica sotto quest’unico capi>eIlo.
Sono meridionale e mi pare
di capire bene che cosa si vo
glia dire con questo rifiuto. L.e
nostre radici sono altrove, in
un’altra storia, in un’identità
che ci sforziamo di costruire.
Siamo « convertiti » o figli di convertiti della diaspora, con percorsi esistenziali e di fede assai
simili a quelli degli evangehci
italiani o meridionali dell’SOO, di
estrazione intellettuale o popolare, i cui cognomi non terminano in consonante.
E’ evidente che il problema
non è questo: salvare o demolire un'immagine, celebrare ognuno la propria storia. La storia faccia il suo mestiere, ci riconse^ al possibile i fatti, le
tradizioni, fortunatamente, si ridiscutono, quelle laiche e quelle
ecclesiastiche. Il passato non è
materia inerte, consegnata per
sempre alTeternità; possiede un
interno stimolo dinamico, proiettato sul presente.
Ma, ripeto, il problema non è
questo. Mi ha colpito, nella discussione, un’obiezione che mi
pare pertinente: la chiesa ha bisogno di celebrare la storia p)erché è incapcioe di confessare la
fede; dice del passato quel che
non è capace di dire al presente; rischia di perdere la dimensione dello « status confessionis ».
A PROPOSITO DI DUE INCISI
La Chiesa, madre e...
Il concetto di « dominio spirituale » e quello di « dominio ecclesiastico » - Perché rifiutammo l’espressione « appartenere alla chiesa »
DaU’articolo di Sergio Rostagno, pubblicato sul numero delTll marzo — meritevole di particolare attenzione per il tema
trattato — colgo per il momento
due incisi.
11 primo è la domanda che
Rostagno ci pone: «Abbiamo mai
provato a chiederci che cosa è
il cattolicesimo senza la forza? ».
Quale forza però? Il quesito, in
sé valido, non mi sembra bene
impostato. Non si tratta di considerare la forza nel senso proprio di « vigore », di « impeto »,
concetti questi estranei al quesito posto. Né si tratta propriamente neppure di « potere » nel
significato di esercizio dell’autorità, di disporre degli strumenti
per fare. Nel caso posto non si
tratta del « fare », dell’« agire »,
ma piuttosto di « mantenere »,
di « conservare ». Pertanto il termine adatto per formulare il
quesito è « dominio », nel senso proprio di dominazione su
altri. Questo infatti è il termine
indicativo della pienezza della
Chiesa romana nel mondo, tant’è che persino nei vocabolari
della lingua italiana, 'per far valutare il significato del termine,
si esemplifica tra l’altro indicando l’espressione « il dominio
spirituale della Chiesa ».
Orbene, cosi reimpostato, il
quesito ha una sola risposta
possibile: il cattolicesimo romano, senza il dominio, cessa di esistere come tale. Basta infatti riflettere sul perché la Chiesa romana insiste tanto sulla necessità che anche nelle scuole pubbliche, e fin dalle materne, venga svolto un insegnamento della religione cattolica, o in alternativa un insegnamento cattolico della religione (il che è
anche peggio!), per comprendere come il « dominio ecclesia
stico » (e lo si chiami pure spirituale se fa piacere) sia fondato
sul controllo delle coscienze,
sull’imposizione fin da fanciulli
delTobbedienza alla Chiesa, cioè
alla gerarchia che in preminenza
la caratterizza. Preti, vescovi,
congregazioni vaticane, papa costituiscono la scala gerarchica
del dominio sul « vulgus pecum », per cui la Chiesa romana
è « mater et magistra » dei suoi
sudditi obbedienti.
L’altro inciso concerne parimenti la Chiesa. Rostagno ritiene che si possa affermare: «Certo non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come
Madre, e per Chiesa si intende
appunto la comunità storica che
ci ha generati e che continua a
generarci ». Ohibò! Ciò coinvolgerebbe anche la Chiesa valdese.
Per quel che mi riguarda però
— e penso di non essere solo
nelle file valdesi — non posso
pensarla così. Secondo i canoni
della ecclesiologia nostrana, cioè
in quanto realtà viva e vivente
in Cristo Gesù, come Lui stesso
ci ha detto e promesso (Matt.
18: 20), la Chiesa, storicamente
intesa, non mi è madre, non mi
ha generato, né continua a generarmi. Se mai, circostanza presentandosi, nella Chiesa ci rigeneriamo gli uni gli altri nelTascolto della Parola; il che è cosa del tutto diversa. Noi valdesi non siamo figli della Chiesa, non le apparteniamo. Noi
« facciamo » Chiesa, o tentiamo
di fare e vivere la Chiesa cui diamo presenza cercando di renderla manifesta. Noi non facciamo parte della Chiesa, ma
abbiamo parte in essa, nella Chiesa del Signore che ci chiama a
Lui insieme a quanti altri chiama con noi. Ognuno vi ha la sua
parte secondo la chiamata rice
vuta, ma le singole parti di ciascuno hanno lo stesso valore innanzi al Padre comune. Non vi
sono maggiori o migliori; non
v’è gerarchia, ma un solo Capo:
il Signore.
So che questo dire è duro da
intendere nel paese che ci ospita come credenti. Ricordo tra
l’altro come Gonella e Temolo
avessero — come era ovvio —
non lieve difficoltà a comprendere ed accettare il perché, nella trattativa per l’intesa, noi
della Delegazione della Tavola
rifiutavamo il verbo « appartenere » alla Chiesa ed insistevamo nel precisare « coloro che
hanno parte nella Chiesa », riprendendo la formula scandita
dalla nostra Disciplina generale
(DV, 1974, capo II). Per i cattolici è difficile capire che la Chiesa del Signore non è né mater
né magistra, e non si pone al
di sopra, dì fronte e quindi al
di fuori di quanti vi hanno parte perché chiamati dal Signore
ad essere suoi. Ma -per noi non
è così; al di fuori, al di sopra, o
di fronte ai credenti radunati
nel nome di Cristo non v’è altra chiesa da ossequiare, riverire, obbedire. Ovviamente noi
non diciamo: « extra ecclesia
sola salus », perché sappiamo
che la salvezza viene unicamente dal Signore Gesù che ci ha
chiamati e continua a chiamarci,
chiedendoci di adoperarci per
dar vita alla sua Chiesa, che
troppo spesso chiamiamo la
« nostra » Chiesa. E quando esr
sa è solo questo, purtroppo, lo
si sente e lo si vede. Pertanto
mi auguro che anche Sergio Rostagno convenga che non si può
« ammettere che questo pensiero — contenuto nel suddetto
inciso — sia giusto ».
Giorgio Peyrot
Protestanti
è moderno
L’azione provvidenziale di Dio e il valore del
Rimpatrio; come ricordare i fatti dell’epoca
Non sottovaluto questa obiezione, perché la considero un rischio reale. Tuttavia ho Tdmpressione che non ci sia, fuori della
storia, un altro luogo di visibilità della fede. La fede non è
la storia, ma dove si vede se
non nella storia? Gesù stesso si
è visto nella storia.
In questo senso, per quanto
inquietante, accoglierei la sugge,
stione di S. Rostagno, sulla storia « come imprescindibile luogo
ermeneutico della fede », ma proverei a rovesciare il ragionamento: se è vero che la storia è
luogo ermeneutico, precomprensione necessaria della fede, va
detto insieme, e con maggiore
forza, che la fede è luogo ermeneutico, preoomprensione necessaria delia storia; è cioè la fede
il « punto di guardatura », la sede del discernimento e del « riconoscimento » della storia. Se
è vero che la storia non è piatta
serie di eventi, ma continuità
di scambio vitale tra passato e
presente, la confessione della fede si dice, appunto, in questa
continuità, e il passato è fecondo stimolo alla fede di oggi. In
questo senso è altro che celebrazione.
Rosanna Ciappa Nitti
Dopo gli interventi di G. Girardet e
di G. Bouchard, desidererei intervenire
sul significato che ha avuto il « glorioso rimpatrio » per i valdesi di allora e per noi, oggi. I valdesi del glorioso rimpatrio certo avevano fatta loro la pazzia delia croce, che è la pazzia dei credenti, avevano puntato ogni
loro scommessa, se così si può dire,
sulla vocazione vissuta e sulla loro fede nel Signore, e il loro, il nostro Dio,
li ha portati a salvazione, a vita nuova.
Il glorioso rimpatrio è tale perché è l’azione provvidenziale di Dio,
contro ogni evidenza e logica umana.
'I valdesi vogliono vivere e confessare la loro fede nella terra dei padri,
che è la terra di Dio, la terra che Dio
ha dato loro.
Il rimpatrio matura sulla scia di
mutamenti politici in Europa, con l'infaticabile opera di Enrico Arnaud ohe
viaggiava per l’intero continente, procurandosi aiuti economici, che per primi misero in condizione i valdesi di
poter affrontare l'impresa. Vedere però
il rimpatrio solo come una operazione, ben riuscita, di politica intemazionale, sarebbe riduttivo e soprattutto
non da credenti. Il credente vede l'opera e l'azione di Dio in ciò che avviene, nella misericordia e nell'amore, e pure nel dolore. Ciò credeva
Gianavello, nelle sue « Istruzioni •>: « Se
vi confidate nel Signore, siate certi
che Egli mai 'non vi abbarrdonerà e
che la sua spada sarà intorno a voi
come muraglia di fuoco contro i vostri nemici ». Queste fiere espressioni sono alla fine di un documento che,
come dice Ernesto Comba, è testimonianza insigne di scienza militare e di
fede.
'I valdesi furono combattenti della
fede, e concordo con Giorgio Bouchard
quando dice che II problema del ritorno « manu militari » non gli fa problema. I valdesi hanno combattuto
per riconquistare la loro terra, combatteranno con triste tributo di sangue
nella I e nella II guerra mondiale, testimoni di un'etica protestante che, come insegna Romani 13, pone per le
autorità dello Stato, un grosso ed importante rispetto. Quando il 26 agosto
1689 II drappello valdese si affacciava sulla valle S. Martino, dalla Balziglia, sull'Italia scendeva la benedizione di Dio. Questo, secondo me, è il
significato più profondo del glorioso
rimpatrio per tutta l'Italia; bisogna
prendere coscienza che la civiltà occidentale, cioè protestante, è entrata,
per non uscire più, quel lontano 26
agosto. La civiltà protestante, di cui
siamo testimoni, è la madre della democrazia parlamentare, in confronto
alla società medievale ed autoritaria
cattolica e cesaro-papista, è |a cellula originale del mondo economico che,
salvo alcune deprecabili deviazioni, domina e condiziona, con le leggi del
libero scambio, tutta la civiltà industrializzata, è la base di un'etica di
libertà dove l'uomo è solo con il suo
fardello di peccato e di responsabilità
dinanzi a Dio, al Padre buono e misericordioso.
Ovunque il messaggio dell'Evangelo
sia stato seminato con obiettività
protestante, dal Nord Europa al Nord
America, alle nostre valli e alle nostre
comunità della diaspora, il frutto è
stato un avanzamento deciso e netto
delle conquiste sociali ed individuali:
un migliore e diretto rapporto con Dio
non può che portare gli uomini a com
portarsi meglio con il prossimo, in una
radicale differenza rispetto all'oscurantismo cattolico, il cui frutto palese
è l'America Latina. Anche noi protestanti abbiamo le nostre pecche, la
"crux” sudafricana, ma l'atteggiamento
e la situazione sono totalmente diversi.
Il ricordo del glorioso rimpatrio dovrebbe dunque significare per noi tutti reindirizzarci verso una sana coscienza protestante, troppo spesso inquinata, ultimamente, da rigurgiti ambientalisti e marxisti, che col sano
protestantesimo liberale, vero protagonista « storico » del glorioso rimpatrio, non hanno nulla a che fare. Due,
dunque, gli obiettivi da perseguire:
1) un canto di riconoscenza a Dio,
nostro Salvatore dal peccato e dalla
morte, vero ed unico protagonista del
glorioso rimpatrio, che avvenne tutto
sotto la sua benedizione e per grazia
della quale ancora oggi siamo qui a
testimoniare l’Evangelo della grazia e
della libertà dinanzi alla predicazione
carnale della mediazione e del potere;
2) un approfondito studio e un'informazione diffusa per mezzo idi conferenze e studi, nelle comunità e all’esterno, sul liberal-protestantesimo, protagonista nelle coscienze europee, già In
nuce nella « prima » rivoluzione industriale inglese, e motore di quell’atteggiamento di simpatia e di interesse
delle grandi potenze protestanti, nido
delle più avanzate democrazie e delle
più affermate libertà (Gran Bretagna,
Olanda, Svezia, Germania), verso il destino di un pugno di < disperati di
Dio », come proporrei di chiamare i protagonisti del glorioso rimpatrio. Erano
« disperati di Dio », ben consapevoli
che Iddio è l'Iddio della speranza, ed
Egli stesso li ha chiamati a libertà.
Dunque il glorioso rimpatrio deve
essere considerato come un momento
fondamentale, e deve essere proposto all'attenzione dell'opinione pubblica
del paese con una azione martellante,
con la stampa e tutti i mezzi a nostra
disposizione. Si dovrebbe prendere
contatto con i respronsabili di quei
paesi e di quelle chiese che furono
artefici del ritorno dei « disperati di
Dio » nelle valli, e soprattutto identificare il nostro essere valdesi nell'essere partecipi del mondo occidentale avanzato al servizio del l'umanità
e dei poveri. Se oggi, oltre al contrasto Est-Ovest ci si presenta, più stridente ed allarmante per la sensibilità
cristiana, quello tra Nord e Sud, si
deve essere :pur certi che un Nord
saldamente cristiano e protestante sarà di valido aiuto e sostegno per gli
oppressi. Di tutto questo dobbiamo
essere coscienti e dobbiamo renderne
partecipe la realtà civile di cui facciamo parte, non facendo andare sciupata quest’occasione nella quale, come ormai in poche altre, risuona più
imperioso alle nostre orecchie il monito di Charles Beckwith: « Q sarete
missionari o non sarete nulla ». Non è
un caso che anch’egli fosse un tipico
rappresentante del mondo protestante
liberale.
La celebrazione del glorioso rimpatrio è una delle occasioni migliori
che si offrano alla nostra chiesa per
poter dare di sé un’immagine e per
poter confermare una sostanza evangelica di stampo chiaramente riformato, nordico, liberale, moderno, in una
parola protestante, che forse alcuni
esagerati terzomondismi di dubbia validità le hanno fatto perdere di vista.
Daniele Macris
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4
4 fede e cultura
l” aprile 1988
NELL’ANNO DEL CENTENARIO
IN LIBRERIA
Di don Bosco
e altro ancora
Tra il diavolo e l’acqua
santa, a Torino si sono scelte
le celebrazioni del centenario
della morte di don Bosco. E
la scelta è stata lanciata alla
grande, con la mobilitazione
della stampa, della RAI-TV,
la pubblicazione di biografie,
studi critici, ecc. La famiglia
salesiana, come ai tempi del
clerico-fascismo, sa discernere i segni dei suoi tempi.
Non ci preoccupa granché
il diavolo, che le sue libertà
se le prende a Torino e dappertutto quando e come vuole, ma ci fanno riflettere questi benedetti (dalla Curia Romana) segni dei tempi.
Acqua passata?
Don Bosco crebbe con un
grande amore per la sua
Chiesa e, insieme, con un
rancore inesausto verso quelli che considerava i nemici:
i protestanti e la nuova Italia che stava formandosi.
Tempra di lottatore, buon
piemontese pratico e di capacità organizzative, era pertanto in teologia un epigono
della Controriforma, in politica un nostalgico della Restaurazione.
L’Ottocento ci ha lasciato
un diluvio di opuscoli e libretti di controversia religiosa; quelli di don Bosco e delle prime generazioni salesiane non emergono né per acume dottrinale né per il linguaggio usato. (Su questo
terreno il clericalismo cattolico e l’anticlericalismo protestante facevano pari). Ma è
l’impostazione di fondo —
che va dagli scritti al lavoro
pedagogico — che è tipica.
Don Bosco diceva, per
esempio, nella prefazione a
un opuscolo sulla confessione che ebbe molte ristampe:
« Per quanto fu possibile mi
sono astenuto dal nominare
gli autori e le empietà contenute negli scritti dei nemici
della Confessione. Ciò feci
per due motivi: per non cagionare troppo gravi afflizioni ai buoni Cattolici... e anche per non eccitare per avventura la curiosità di leggere i libri perversi, che contengono tali errori e tali
sconcezze » (in « Conversazioni tra un avvocato e un curato di campagna sul sacramento della Confessione »,
IV ediz., Torino 1892, pp.
4-5).
L’appello al popolo perché
non traligni dalla tradizione
ha una pregiudiziale — « non
eccitare per avventura la curiosità di leggere i libri perversi » — che sostanzia la
concezione che egli ha della
cultura popolare, del suo
progresso non solo religioso.
La sua pedagogia sociale dell’avviamento al lavoro dei
ragazzi riprendeva l’esperienza aperta a Torino con gli
« Artigianelli valdesi »; ambedue non avevano granché
di originale: mutuavano iniziative teorizzate e consolidate dai movimenti evangelico-sociali all’estero.
Attivista instancabile, suscitatore di energie e vocazioni, don Bosco inquadrava
il protestantesimo in quel
« perverso » moto risorgimentale che lasciava via libera a confronti ideali, metteva in crisi la visione geopolitica di una Italia segmentata in tanti Stati sotto il
controllo della fedele Austria.
Lo Stato della Chiesa garantiva per lui la libertà pontificia, minacciata dal caos
dell’emergenza della nuova
Italia. Dopo il ’70, quando si
rese conto che l’unità nazionale era irreversibile e che
non restava alla Curia Romana che la via della trattativa, cercò di adeguarsi alla
situazione. Ma la sua « Storia d’Italia » resta im testo
significativo dell’antirisorgimento, di una percezione clericale e reazionaria.
Oggi, preoccupa per gli esiti che può avere a livello
di massa quel tipo di acculturazione che, avvalendosi
delle possibilità offerte da
un regime democratico, ha
per risultato una Restaurazione adattata ai tempi. E’
una situazione sconcertante,
direi una via obbligata del
cattolicesimo (anche dopo il
Vaticano II).
Nel cattolicesimo romano,
come sa bene esprimere il
pontefice, si fondono due esigenze: l’evangelizzazione,
ovviamente secondo la sua
dottrina e la prassi che da
quella trae; e una inesausta
sete di potere, di trionfalismo, di consenso adesso non
più imposto, ma indotto con
la strumentalizzazione di ogni mezzo o possibilità offerti dalla società civile.
La Curia Romana, nonostante le sue proclamazioni,
non comprende che dove la
testimonianza della fede cerca « il potere », la libertà di
coscienza è minacciata o addirittura manomessa.
E’ lecito chiederci che significato assumano queste
celebrazioni di don Bosco.
Un ritorno di fiamma dell’antirisorgimento, quando
la Chiesa romana ha accettato la realtà di uno Stato italiano laico e pluralista? Una
nostalgia della Controriforma, quando la Chiesa romana si fa paladina della libertà di coscienza e si propone
come protagonista dell’ecumenismo?
Mentre non possiamo dimenticare la parte che hanno avuto i salesiani nel clerico-fascismo (e non sorprende la disinvoltura con
cui riemergono), questo zigzagare tra le situazioni e monologare a più voci della Curia ci lascia assai perplessi,
come cittadini italiani e come credenti. L’acqua rigenerata del mulino di don Bosco, pensavamo, è corroborante per « Comunione e Liberazione », e ci illudevamo
che — dopo il Vaticano II
— la Chiesa romana fosse
decisa ad attingere solo alla
sorgente sgorgante nel deserto, dalla roccia di Horeb.
Ma adesso ci vien da credere nella « profezia » di don
Bosco che, a quanto si legge, pronosticava l’apparizione in cielo di sei o sette lune; che abbiamo forse preso per riflessi di sole le lune
di don Bosco?
Luigi Santini
Erasmo in Italia
1520 -1580
La laurea a Torino e l’influenza culturale italiana - Vasta documentazione inquisitoriale
La parentesi del soggiorno in
Italia dal 1505 al 1509 di Erasmo
ebbe certamente maggior rilievo
nella formazione accademica del
grande umanista, che conseguì
la laurea in teologia proprio all’Università di Torino, piuttosto
che nell’avvio di un dibattito produttivo e immediato in seno all’ambiente culturale italiano di
quei tormentati anni. Eppure,
lentamente, potremmo dire faticosamente, i testi più significativi di Erasmo, in particolare il
discusso « Enchiridion militis
christiani », cominciarono a comparire sugli scrittoi degli eruditi, sui banchi dei canonici, persino in alcune botteghe, tra il
sospetto e la diffidenza deH’alto
clero, lo scetticismo di molti, ma
guadagnandosi l’attenzione e il
consenso dei più. Quando, con
l’avvento della Riforma, il vento
impetuoso della protesta e del
rinnovamento cominciò a soffiare anche a sud delle Alpi, la
Chiesa s’irrigidì, ricomparve l’Inquisizione, Erasmo, frettolosamente e superficialmente definito « luterano », fu messo al bando, i suoi libri sequestrati e bruciati, centinaia di voci che esprimevano dissenso e protesta furono messe a tacere, in un rinato clima di « caccia alle streghe ».
Il non facile compito di dare
una precisa risonanza a questa
fievole e suggestiva eco e chia
rire i rapporti che la legano alle
opere di Erasmo è stato affrontato, e potremmo ben dire brillantemente assolto, da Silvana
Seidel Menchi in « Erasmo in Italia 1520-1580 »'.
L’autrice si avvale, con rigorosa e puntuale sistematicità, di
una vastissima documentazione
inquisitoriale, tratta dagli archivi del Santo Uffizio, dalla quale
emergono personalità sorprendentemente impegnate e culturalmente fondate di medici e speziali, orefici e carpentieri, assieme a notai e maestri di scuola,
preti e frati, chiamati a rendere
conto delle loro idee di fronte al
famigerato tribunale dell’Inquisizione.
Si delineano allora i connotati
di « un movimento filoprotestante rimasto bloccato nella spontaneità della sua effervescenza e
nella microfenomenologia della
sua realtà quotidiana», ricco di
spunti originali, aperto e sostanzialmente maturo per accogliere
e far propria la sconvolgente novità del messaggio luterano anche alla luce dell’impareggiabile
e decisivo contributo' delle opere erasmiane.
Michele Vellano
' Silvana Seidel Menchi: Erasmo in
Italia 1520-1580, edito da Bollati Boringhieri, Torino 1987, pp. 530, L. 50.000.
UNA NUOVA RIVISTA
“Emergenze
39
IDOC, il Centro internazionale di documentazione e comunicazione, ha recentemente annunciato la prossima uscita di una
nuova rivista, dalla testata significativa: Eri'iergenze.
La rivista si collocherà a giusto titolo nell’ambito dell’attività del centro, che da 25 anni
lavora a Roma, senza fini di lucro e affiliato a diverse sezioni
intemazionali, per dare notizia
dei problemi dello sviluppo del
Terzo Mondo, con particolare riferimento al Sud.
Uomo e ambiente nel Sud e
nel Nord del mondo saranno ap
punto oggetto di indagine da
parte della nuova pubblicazione,
la quale, è detto in un comunicato, « crede indispensabile mi
nuovo modello di sviluppo », c
« privilegia una nuova immagine
delle donne ».
Primi argomenti trattati sulle
pagine di Emergenze saranno
dunque l’ambiente e i pericoli
della sua distrazione ad opera
dell’uomo; i 500 anni delTinvasione dell’America Latina; i rapporti tra movimenti ecologici e
movimenti di liberazione del
Terzo Mondo; i rapporti tra donna e ambiente.
DAVANTI AGLI AMBASCIATORI PRESSO IL VATICANO
Realtà e prospettive
del protestantesimo italiano
Venerdì 26 febbraio, presso il
Circolo di Roma a S. Maria in
Cosmedin, il Prof. Domenico Maselli delTUniversità di Firenze ha
parlato sul tema Realtà e prospettive del protestantesimo italiano, oggi. La collocazione di
questa conferenza (seguita da dibattito) in un Circolo, che è
quello degli ambasciatori presso
la S. Sede, potrà sembrare inconsueta, ma il suo Segretario
— il collega Agostino Borromeo
— ci ha spiegato che tra quegli
ambasciatori alcuni sono di paesi protestanti, e desideravano essere rettamente informati sulla
situazione degli acattolici nel nostro paese. Con la sua ben nota
facondia, l’oratore ha delineato
prima le origini di quel « feno
meno », poi il suo collocarsi odierno sia nella società italiana,
sia nel mondo più vasto dell’ecumene cristiana. Secondo lui il
protestantesimo italiano si richiamerebbe ad almeno quattro
momenti (o filoni) di una « religiosità » diversa dalla cattolica
apostolica romana, cioè Vereticale del Basso Medi'oevo, il riformatore del Cinquecento, Tevawgelico del Risorgimento, ed il
protestante di ritorno del primo
dopoguerra. Naturalmente, la caratterizzazione di questi quattro
momenti ha oltrepassato di molto, nella calda ed appassionata
esposizione dell’oratore, Taridità
formale della loro etichettatura,
in quanto i vari filoni di quella
secolare « protesta » evangelica.
vuoi tipicamente italiana vuoi
importata dall’estero, sono risultati assai ricchi e complessi,
comprendendovi, per esempio,
per il Medioevo tutto il complesso dei movimenti pauperistici,
dal valdismo fino all’escatologismo dei francescani spirituali e
dei dolciniani, per il Cinquecento gli esponenti della « riforma
radicale » accanto ai luterani e
ai calvinisti, per l’età moderna
e contemporanea le varie frange dell’evangelismo, dai metodisti ai pentecostali ecc. Ora, pur
nell’esiguità dei suoi adepti di
fronte alla maggioranza massiccia dei cattolici e dei laici, il
protestantesimo italiano — che
dispone tra l’altro di numerose
opere sociali e di una preziosa
Facoltà Valdese di Teologia, aperta a studenti di ogni confessione, anche cattolici — ha davanti a sé un duplice compito:
primo, ritrovare una piattaforma comune di evangelizzazione,
in cui si armonizzino i vari e
spesso contrastanti impulsi derivati da teologie e ermeneutiche diverse; secondo, inserirsi
meglio nel contesto politico, sociale e religioso del nostro paese,
in modo da presentare più largamente e con chiarezza ai nostri connazionali un’alternativa
cristiana più fedele al perenne
messaggio del Vangelo, inteso
nella sua genuinità apostolica.
Giovanni Gönnet
5
1" aprile 1988
fede e cultura
UN’IMPO!ìTAMTE ANTOLOGIA DI SCRITTI
MILANO
Martin Lutero, pastore
Negli scritti pastorali del riformatore la formazione dei singoli e
delle comunità - La cura nell’esporre la fede alle persone più umili
La Riforma di Martin Lutero
ebbe un'ispirazione essenzialmente pastorale.
Lutero pubblicò nel 1517 le 95
Tesi contro le indulgenze perché
aveva notato che quella dottrina
penitenziale cattolica nuoceva alla vita spirituale del popolo. In
seguito egli dovette sostenere forti e gravi dispute teologiche con
i suoi oppositori, ma non dimenticò mai la cura pastorale del popolo, anche del popolo più umile
e indotto. Continuò a tenere prediche sui 10 Comandamenti, sul
Padre Nostro, prediche catechistiche e innumerevoli prediche
bibliche.
Quando negli anni '20 del nostro secolo studiosi cattolici cercarono di rivalutare il riformatore tedesco, presero in considerazione soprattutto i suoi scritti
di carattere pastorale e la sua
vita di preghiera. In seguito storici cattolici tedeschi esaminarono la sua opera di riforma e i
suoi scritti di carattere specificamente teologico per vedere in
che misura egli potesse essere ricuperato dalla chiesa cattolica.
In questa indagine J. Lortz fu un
pioniere con la sua opera su
« Martin Lutero e la Riforma in
Germania ». Oggi l’indagine storica e teologica di cattolici e protestanti procede con gli stessi
metodi scientifici, per cui si è sviluppata in questo campo una feconda collaborazione.
Gli scritti pastorali del riformatore suscitano però sempre un
particolare interesse e anche da
noi in Italia abbiamo avuto negli
ultimi anni la pubblicazione di
due volumi dii questo carattere.
Nel 1984 Giuliana Gandolfo ha
curato, per la Claudiana, la traduzione e l’edizione di un volume
di prediche del riformatore tedesco; « Prediche sulla chiesa e lo
Spirito Santo ».
L’anno scorso Stefano Cavallotto, docente di storia della chiesa
presso l’Istituto Superiore di
scienze religiose della Pontificia
Facoltà Teologica dell’Italia meridionale in Napoli, ha pubblicato il volume: « Martin Lutero.
Scritti pastorali minori », per le
Edizioni Dehoniane.
1! Cavallotto, discepolo di Boris Ulianich, si è occupato a più
riprese della Riforma protestante con varie pubblicazioni, speciahnente su Lutero e Melantone.
Il volume che presentiamo inizia
con una prefazione di Ulianich
(pp. VII-XXI), il quale nota il
recente interesse per Lutero in
Italia e la svolta dalla controversia contro Lutero al tentativo di
comprensione della spiritualità
cristiana del riformatore.
Gli scritti tradotti e commentati da! Cavallotto vanno dal
1519 al 1540. Essi sono: Sermone
sulla preparazione alla morte; A
conforto di una persona in gravi
tentaziioni; Il rituale del battesimo nuovamente apprestato; Professione degli articoli della fede
contro i nemici del Vangelo e
ogni specie d’eresia; Opuscolo
per gli sponsali ad uso di parroci
indotti; Prefazioni (1529-1530) al
catechismo tedesco (Grande catechismo); Formulari ed istruzioni
per la confessione davanti al prete ad uso di persone poco istruite; Ad un buon amico su un modo semplice di pregare; Breve nota a conforto dei cristiani perché
nella preghiera non si lascino
Scoraggiare.
Nella sua introduzione il Cavallotto precisa co.si il carattere pastorale della Riforma di Lutero:
« Lo zelo del teologo-pastore si
rivela particolarmente vibrante
nell’opera di formazione cristiana dei singoli e delle comunità.
Il «L-li ero» di Lucas Cranach.
Attraverso il culto e la catechesi
— due momenti mai disgiunti nel
programma pastorale del riformatore — Lutero si prefigge di
raggiungere lo scopo ultimo della
riforma» (p. XXXIII).
La precauzione del riformatore
di non scandalizzare il popolo
semplice e indotto gli attirò talvolta la critica di altri riformatori, come Zwingli, Ecolampadio e
Bucero, che lo volevano più radicale.
Perciò Lutero scrisse due volte
il rituale del battesimo. A differenza degli altri riformatori, conservò la confessione privata, ma
eliminò da essa alcuni elementi
cattolici in contrasto con la sua
comprensione del Vangelo; la
confessione poteva essere fatta
ad un nualsiasi fratello in fede e
non soltanto al sacerdote, e la
soddisfazione per i peccati commessi, essendo già stata compiuta da Gesù Cristo, era sostituita
da una esortazione ad una vita
nuova.
Il Cavallotto fa precedere ogni
testo tradotto da un’ampia introduzione storica che risulta
molto utile alla comprensione del
medesimo.
Quest’opera del Cavallotto è
pregevo’e e molto utile per una
retta comprensione del pensiero
del riformatore, sia da parte dei
cattolici che degli evangelici italiani. Facciamo soltanto alcune
osservazioni riguardanti la traduzione. Sarebbe desiderabile l’uso
italiano di alcuni nomi dei riformatori come Ecolampadio, Capitone e Bucero. Inoltre andrebbero sempre tradotti in italiano, almeno tra parentesi, i titoli degli
scritti di Lutero.
Anche certe parole tedesche comuni, come « prefazione », andrebbero espresse in italiano. Il
termine « riformato » viene talvolta usato per « luterano » (p.
221), in realtà esso significa protestante di tipo zwingliano-oalvinista e non luterano. Quanto al
vocabolo « Anfechtung », il Cavallotto lo traduce con « tentazione », come in generale fanno tutti i traduttori, seguendo la versione latina « tentatio ». In realtà
il termine tedesco viene da « fechten » che vuol dire « combattere »; perciò sarebbe meglio dire « conflitto interiore ».
Valdo Vinay
Israele: i rischi
delle semplificazioni
Sionismo, antisemitismo, terzomondismo, antifascismo, ricostruzione: questi ed altri concetti isi sono richiamati vicendevolmente, domenica 20 marzo, presso la Casa della cultura, in occasione della giornata di riflessione su « I percorsi dell’emozione e della ragione: la sinistra
e gli ebrei di fronte a Israele ».
E, nell’impossibilità di dar conto della ricchezza di tutti gli interventi, seguiti con partecipazione da quasi trecento persone,
proviamo, con inevitabile incompletezza, a ricostruire parte degli approcci storici ed interpretativi di ima situazione vissuta
in maniera sofferta.
Per Federico Coen, militante
della sinistra storica fin dalla
Liberazione, esisteva in quel momento un’adesione ideale quasi
naturale delle forze progressiste
al progetto sionista; la ferita
dello sterminio nazista, e la consapevolezza che il nazismo fu
ima grave sconfitta della classe
operaia, permisero un rapporto
di collaborazione. Ma eventi successivi ruppero questo rapporto;
dalla repressione staliniana degli ebrei, alla guerra dei sei giorni, ad uno schieramento filoarabo della sinistra, che vedeva in
Israele soprattutto un avamposto deirimperialismo americano.
A distanza di molti anni, con
una situazione mediorientale
sempre più tragicamente ingarbugliata, poco resta delle speranze che univano sionismo e
socialismo; vanno ricuperate, però, come indicazioni e prospettive, la lotta ad ogni forma di
razzismo e quella agli egoismi
nazionali, sempre più caratterizzanti la politica mondiale,
David Meghnagi, psicoanalista,
ha poi passato in rassegna alcuni degli stereotipi più diffusi
nella sinistra, dopo che vari interventi avevano denunciato le
semplificazioni, sempre pericolose, in cui è incorsa dall’inizio
di dicembre la stampa italiana:
si è vista, anzi, un’inquietante
convergenza tra l’espressione di
un antisionismo « ideologico »
della sinistra e deH’antisemitismo storico di origine teologica. Le prese di posizione del cardinale Ratzinger, del settimanale
di Comunione e Liberazione e
FIRENZE
I ministeri nella chiesa
Questa volta il salone di via
Manzoni non era gremito; c’era
un buon numero di persone, ma
ci si aspettava qualcuno di più!
A una cinquantina di persone il
past. Mario Affuso ha presentato Fargomento e il criterio di
scelta degli oratori: aspetti storico-teologico-pastorale e il parere dei laici.
Il prof. Salvatore Caponetto
ha fatto una chiara e vivace presentazione del libro di Lutero
« Come si devono istituire i ministeri della chiesa » (Claudiana
1987), mettendo in luce la situazione storica nella quale Lutero
ha operato e il motivo preciso
per il quale il Riformatore si
era deciso a scrivere il libro, indirizzandolo « Al nobilissimo Senato e al Popolo di Praga ».
Sempre ispirandosi al libro di
Lutero, il past. Alfredo Sonelli
esponeva i fondamenti teologici
sui quali si basa il riconoscimento e l’investitura dei ministri
(in particolare dei pastori) nella Chiesa Valdese: sacerdozio universale dei credenti, varietà
dei doni e dei ministeri suscitati
dalla libera azione dello Spirito,
sempre aH’intemo del sacerdozio universale dei credenti, secondo le stesse affermazioni di
Lutero: « Noi stiamo fermi su
questo punto: non c'è altra Parola di Dio che quella che è stata data a tutti i cristiani, perché la predichino. Non c'è aUro
battesimo che quello che qualunque cristiano può amministrare. Non c'è altra commemorazione della cena del Signore
che quella in cui qualunque cristiano può fare ciò che Cristo
ha istituito. Non c'è altro peccato che quello che qualunque cristiano deve legare e sciogliere.
Non c'è altro sacrificio che il
corpo di qualunque cristiano.
Nessuno deve giudicare in materia di dottrina, se non il cristiano. E queste sono funzioni
sacerdotali e regali ».
Per quanto riguarda Faspetto
pastorale, il past. Giovanni Leonardi indicava la necessità che
il pastore svolga con fedeltà e
franchezza il compito al quale
è chiamato e la comunità stessa gli riconosce e affida.
Il prof. Massimo Ruhboli ha
fatto la parte del « laico » di una
Chiesa dove tutti sono laici e sacerdoti insieme e dove non ci sono « ministeri ordinati ». L’Assemblea dei Fratelli non riconosce
ministero pastorale, ma ne svolge comunitariamente le funzioni. E’ un rischio e una sfida, data la fragilità degli uomini, ma
vuole anche essere una testimonianza contro la tentazione della clericalizzazione.
Nella discussione si è rilevato
che il discorso si era polarizzato sul ministero pastorale. D’altra parte Fargomento generale
dei ministeri è molto vasto e
c’è sempre la possibilità di avere altri incontri per trattarne
gli altri aspetti. Forse la messa
a fuoco del ministero pastorale
è stata provocata sia dal libro
di Lutero che si voleva presentare, sia dal peso che il problema dei « ministeri ordinati » ha
nel dialogo ecumenico: è infatti uno degli argomenti sui quali
il protestantesinio si differenzia
sia dal cattolicesimo romano che
dall’ortodossia. A. S.
dell’Azione Cattolica sono state
purtroppo anch'esse significative.
Meghnagi ha ricordato i debiti che gli ebrei e gli occidentali
hanno nei confronti del mondo
arabo, sia a livello culturale, sia
per l’asilo che i paesi arabi furono all’epoca delle crociate antigiudaiche.
Ma l’atteggiamento dell’occidente e del nord del mondo sembra essere quello di strumentalizzare le vicende mediorientali
per sgravarsi delle proprie pesanti colpe: così si trasferiscono
su Israele alcune responsabilità
che furono del colonialismo, e
così si è datOi al sionismo il carattere di compenSiazione alla
tragedia dello sterminio, dimenticando quanto il movimento avviato in precedenza da Theodor
Herzl avesse di progettuale.
E ancora — ha ricordato Meghnagi — anche gli atteggiamenti
di positiva rivalutazione del patrimonio culturale ebraico (tra
cui, anche in Italia, una grande
attività editoriale) rischiano di
portarci a richiedere all’ebreo di
adeguarsi ad un’immagine che si
ha di lui.
Fra le tante indicazioni emerse nella giornata, due mi sembrano più impellenti: gli ebrei
— è stato detto — devono ripensare un’identità propria, che
superi la cesura dello sterminio;
gli altri non possono forzare (come invece si è visto fare sulla
nostra stampa) gli ebrei della
diaspora a prendere le distanze
da Israele; chiunque lo- può fare a livello individuale (e ben
difficilmente si potrebbe difendere l’operato del governo Shamir), ma imporre una presa di
posizione equivale a confondere
l’ebreo con il governo di uno
Stato: richiedere di mostrarsi più
comprensivo, più critico, più carico di aspettative sarebbe una
ulteriore forma di discriminazione.
Alberto Corsani
S. FEDELE D.INTELVI (Co) — Si svolge il 9-10 aprile presso II Centro «P. Andreetti » il convegno « Fede e testimonianza » sai tema Fede e confronto tra
le generazioni (relatore e coordinatore il past. C. Pasquet). Le iscrizioni
devono pervenire entro il 6 aprile al
past. Ennio Del Priore (v. T. Grossi,
17 - 22100 Como).
GUARDIA PIEMONTESE — Il comune di Guardia Piemontese e il Centro
di Cultura Giovan Luigi Pascale organizzano una tavola rotonda sul tema: « Pace, chiese, religioni ».
Il dibattito si terrà presso la Sala
Comunale di Guardia Piemontese, la
domenica 10 aprile, alle ore 17,
Parteciperanno:
Don Franco Gentile, della Diocesi di
Cosenza-Bisiqnano:
Prof. Giorgio Girardet, docente alla
Facoltà Valdese di Teologia:
Dr. Bassam Saleh, esperto di problemi mediorientali;
Dr. Isacco Nuna, del movimento « Pace
adesso ».
MEZZANO INFERIORE (Pr) — L ottavo circuito delle chiese valdesi e
metodiste e la FGEI Emilia Romagna
organizzano per il 16 e 17 aprile un
convegno su « Azione sociale delle
chiese evangeliche nel mezzogiorno
d'Italia », con una relazione del past.
S. Aquilante.
IVREA — Venerdì 8 aprile incontro
presso la chiesa valdese su « Il difficile cammino dell'ecumenismo: protestanti e cattolici si interrogano di
fronte alla figura di Maria ». Intervengono don G. Bruni, della Comunità di
Bose, e il prof. S, Rostagno.
6
6 storia religiosa
1“ aprile 1988
6 APRILE: CENTO ANNI FA MORIVA L’AUTORE DE « L’ISRAEL DES ALPES »
Quando la storia diventa passione
Alexis Muston rilegge la storia valdese non come successione di fatti, ma come storia ideale della fede evangelica - il
suo "Israël des Alpes” non risponde a criteri storiografici scientifici, ma mette in luce il cuore della vicenda valdese
Alexis Muston occupa un posto
di assoluto rilievo nella storiografìa valdese del XIX secolo. Egli è
stato per quell’epoca il corrispondente di ciò che era stato per il
’600 e seguenti Giovanni Léger.
Come « L’Histoire Générale des
Eglises Vaudoises » aveva fornito
l’immagine della realtà valdese
sia all’esterno che all’interno delle chiese valdesi, così « L’Israël
des Alpes » rappresentò il riferimento ideale del mondo valdese
per oltre un secolo.
Qual è il primo elemento di novità rispetto al grande classico di
Léger? Mentre questi è un dossier, una raccolta di fonti e di dati,
una difesa della verità e della legittimità valdese nel mondo della fede cristiana, « L’Israël des Alpes » è una narrazione, un racconto, una storia. La storia valdese come seguito organico di episodi e personaggi, catena di testimonianze di fede, che si prolunga nel tempo, la storia valdese
come noi la concepiamo e la leggiamo oggi è una creazione di
Muston. Non perché sia un genio
(anche se non gli sì può negare
una forte genialità) ma perché è
un uomo di cultura che vive nel
secolo della storia, nel secolo in
cui si pensa in forma e categorie
storiche.
Con lui la vicenda valdese si
dispiega nel tempo, si intreccia
con la storia coeva, i personaggi
si muovono come attori sul palcoscenico, danno luogo a scontri,
conflitti, mutamenti. I fatti stessi assumono una loro fisionomia:
la guerra, la persecuzione, il martirio, la predicazione escono dall’anonimato, dalla pura catalogazione (del tipo di quella che aveva ispirato il Crespin nella sua
«Histoire des martyrs») per diventare eventi. Si segue un filo, una
logica, un cammino.
La storia valdese è un cammino che va da Valdo ai giorni
nostri, noi siamo i successori di
quelli che hanno vissuto prima di
noi e come gli anelli di una catena si saldano l’uno all’altro, siamo saldati alla realtà di ieri. Ma
si tratta di una storia ideale, ed è
questo il secondo elemento tipico
in Muston, è la storia di un ideale: quello della fede evangelica.
Per questo egli mantiene, in polemica con Charvaz, l’origine
apostolica dei Valdesi; essi non
sono soltanto un gruppo di « eretici » medievali ma i testimoni
dell’evangelo, dell’autentico cristianesimo. Culturalmente Charvaz
ha ragione ma sostiene la Restaurazione, Muston ha torto ma vive il Liberalismo. Superato storiograficamente, egli resta uomo
moderno; il vescovo, culturalmente moderno, guarda al Medioevo
(cercare i corrispondenti nell’Italia di oggi!).
Questa visione della storia di
Muston è quella che ha fondato
e motivato l’evangelizzazione in
Italia: se la realtà valdese è una
storia, noi ci inseriamo in essa e
oggi viviamo ciò che ieri fu vissuto nello stesso luogo e nella stessa prospettiva. Noi siamo i vaidesi di ieri che vivono oggi, nell’oggi: la predicazione evangelica
continua, immutata, come Israele
prosegue la sua vocazione nel tempo. E l’accostamento ad Israele
non è certo casuale! Denso di riferimenti e di immagini come pochi.
Ma la storia non va solo letta
ed assunta, va rivissuta. Questa
è la terza caratteristica della lettura di Muston. Come il grande
Michelet (non á caso suo conoscente ed estimatore) rivive la storia di Francia come una grande
saga di eroi, così la piccola (storicamente) ma grande (idealmente)
vicenda valdese è rivissuta nelle
pagine del nostro. Non solo gli
uomini rivivono la vicenda sulla
scena ma lo storico, e di conseguenza il lettore, rivive personalmente la vicenda, è con Valdo
nelle vie di Lione, con Varaglia
sul rogo, con Gianavello sui monti e con Arnaud alla Balziglia. Rivivere è anche inventare. Il Muston storico è sempre documentato ed attendibile, il Muston
scrittore crea immagini, dialoghi,
sogni. Donde ha tratto, per citare un solo esempio, la bella e
1834-1836
Muston - Charvaz :
una polemica sulle origini
Quando e da chi ebbero origine i Valdesi fu sempre oggetto di accanito dibattito, sia
da parte valdese che da parte
cattolica, dalla metà del sec.
XIII fino a metà Ottocento,
con la polemica fra Alexis
Muston, pastore e storico valdese e André Charvaz, già
precettore dei due figli di Carlo Alberto che lo designò vescovo di Pinerolo, carica che
rivestì per quasi 15 anni (18341848). La data « ufficiale » in
cui si aprirono le ostilità fra
questi due personaggi, dotati
di forte personalità, fu il 1834,
all’atto della pubblicazione de
« L’Histoire des Vaudois des
Vallées du Piémont... », che
conteneva le tesi di laurea del
Muston, discusse all’Università di Strasburgo alla fine del
suo dottorato in teologia. Esse riguardavano la provenienza, i costumi, l’istruzione, la
disciplina e le dottrine dei
Valdesi. Come ricorda il prof.
Gönnet (al cui esauriente articolo in merito rimandiamo,
cfr. Bollettino della Società di
Studi Valdesi n. 161 - luglio
1987), l’opera storiografica
del Muston fu notevole, ma
non priva di a priori storiografici. In altre parole, pur for
nendo al lettore una mole di
fonti e prove documentarie,
tuttavia la loro lettura è spesso guidata da intenti più pastorali che storici, i Valdesi,
egli afferma, sono anteriori a
Valdo perché la parola « valdese » significa anche « abitatori delle valli », presenti prima dell’arrivo dei lionesi nella zona delle Alpi Cozie, territorio spiritualmente privilegiato che difese, nei secoli, la
propria vitalità religiosa di generazione in generazione, risalendo fino agli apostoli e
portando sempre con sé questo « parfum primitif des
vieux siècies ».
La risposta di Charvaz venne puntualmente due anni
dopo con le « Recherches »
(1836). Con una sottile vena
ironica, il vescovo definisce
l’avversario « étranger à toute
notion de critique historique », demolendo le tesi sull’origine apostolica dei Vaidesi, versione successivamente accolta da tutta la critica storica. Un singolare passo di Charvaz mette in luce
lo scambio avvenuto nel 1532
fra Valdesi e Riformati: se i
primi hanno trovato dei compagni che avrebbero condivi
commovente preghiera di Arnaud
all’incontro di Roccapìatta prima
della decisione di resistere fino
alla morte? Dalle fonti? No, dice
Pascal; dal suo cuore, diciamo
noi, e sappiamo che ciò che è vero
per il cuore è più vero del reale.
Così il Muston.
Giorgio Tourn
Alexis Muston
so il loro odio verso la chiesa
cattolica e disposti ad aiutarli, i secondi avrebbero guadagnato l’ingresso in Italia e
quattro secoli di anzianità.
Al di là delle argomentazioni scientifiche o meno dei
due storici, ciò che in particolare colpisce è che attraverso la disputa sulle origini
si metteva in questione un
aspetto dell’identità dei Vaidesi di capitale importanza,
perché il riferimento all’antichità era sinonimo di fedeltà
e purezza evangelica, la garanzia di essere la « vera »
chiesa di Cristo. Mandare in
crisi tale convinzione significava dunque colpire al cuore
i Valdesi; di qui, si spiega anche l’asprezza di una battaglia a colpi di storia, non certo riservata ai dotti, ma calata nelle convinzioni più profonde della gente. Noi oggi
esprimiamo in modo diverso i
nostri « arroccamenti », non li
leghiamo più alia origine, ma,
con poco sforzo, possiamo
farci venire in mente tutta
una serie di questioni che
scatenano ugualmente la nostra reazione vivace: ad ogni
epoca, il suo simbolo.
Bruna Peyrot
Cento anni fa, il 6 aprile 1888,
decedeva, nella parrocchia di
Bourdeaux (Drôme), di cui era
stato titolare per 52 anni, il pastore dott. Alessio Muston, qui
da noi ricordato in particolare
come uno dei maggiori storici
valdesi del XIX secolo.
Nato a Torre Pellice TU febbraio 1810, ha studiato a Losanna e si è laureato in teologia
a Strasburgo. Nello stesso tempo segue dei corsi di medicina,
senza giungere alla laurea, ma
col diritto di operare come « officier de santé». Consacrato a
Strasburgo nel 1833, viene nominato pastore a Rcdoretto. Le
sue tesi di laurea, tutte sulla
storia valdese, verranno pubblicate nel 1834 e gli costeranno
l’esilio perché, pubblicate senza
l’autorizzazione del governo piemontese, di cui è cittadino, è
passibile di prigione. Avvertito
in tempo da un messaggero inviatogli dal pastore Amedeo
Bert, cappellano’ alle legazioni
strariere di Torino, il ?5 gennaio, mentre era in visita dal
padre, pastore a Bobbio, con la
guida di un cacciatore del posto, certo Artus, attraversa, non
senza pericolo data la stagione, il Colle della Croce e si rifugia in Francia dove, nel 1836,
è chiamato come aiuto alla parrocchia di Bourdeaux, di cui
quattro anni dopo diverrà pastore titolare.
(Appassionato anche di scienze naturali di cui ha seguito alcuni corsi alTuniversità, specie
per la botanica e la geologia, si
interessa anche di letteratura.
Ingegno multiforme, pur preso
dal suo lavoro pastorale (i suoi
parrocchiani risiedono in cinque
comuni: Bourdeaux, Bezandun,
Mornans, le Poét-Célard e Truinas) visitando e al caso, date
le sue conoscenze mediche, anche curando i malati, trova il
tempo di occuparsi della storia
valdese e di rimanere in contatto con tutto il mondo letterario francese: Béranger, Lamennais. Madame Récamier, Lamartine, Alfred de Vigny, Georges
Sand, Thierry, Taine, Quinet
sono in corrispondenza con lui;
Victor Hugo lo riceve come ospite ed amico, Alexandre Dumas
gli chiede di leggere il suo primo dramma, « Pauline », Michelet parla di lui nella sua « Histoire de France ».
Caduta, con l’emancipazione,
la condanna che lo aveva obbligato all’esilio, ritorna ogni tanto in visita alle sue Valli natie,
collabora con importanti articoli di storia valdese alTEcho des
Vallées-Le Témoin, e, quando
viene fondata la « Société d’Histoire Vaudoise » ne viene nominato presidente onorario.
Abile disegnatore, ha corredato i suoi quaderni dì appunti
di circa 1.000 disegni, appunti
che speriamo potranno essere
prossimamente pubblicati a cura del suo biografo, il prof. Pierre Bolle, delTUniversità di Grenoble.
Osvaldo Coìsson
7
1” aprile 1988
obiettivo aperto
FARE LA PACE OGGI: CENTRO AMERICA
Nel prato dietro casa fioriscono solo armi
L’azione dell’« Inter religious task force » in coincidenza con una possibile nuova crisi; i marines in Honduras
e le recenti elezioni in Salvador hanno accresciuto la tensione - Informazione e solidarietà: impegni per le chiese
« Uniamoci profondamente nella fede e nella speranza in questo momento di preghiera... ».
Queste parole, le ultime pronunciate dall’arcivescovo salvadoregno Oscar Romero prima di essere assassinato, il 24 marzo del
1980, sono state al centro della
« settimana per il Centro America », conclusasi sabato 26 marzo
con manifestazioni di protesta in
alcune città nordamericane con
tro il recente invio di truppe
militari in Honduras. La « settimana per il Centro America »,
organizzata dalla « Inter religious task force », che raccoglie
un centinaio di organizzazioni
cattoliche, protestanti ed ebraiche, ha avuto lo scopo di rilanciare l’informazione e la sensibilizzazione sui problemi del Centro -àmerica. « La risposta delle
chiese — osservano Jim e Peg
Goff, una coppia di missionari
che dirige per conto della chiesa presbiteriana un centro di
informazione sull’America Latina,
dopo aver speso 37 anni della
propria vita tra Colombia, Perù e
Nicaragua — è stata ampiamente positiva, ma accanto all’informazione occorre potenziare il
programma di scambi culturali
tra Centro e Nord America, allargare la solidarietà con i profughi politici e continuare a tallonare criticamente l’attuale amministrazione, che non potendo
più inviare, dopo il no del Congresso, fondi governativi ai contras, aggira oggi l’ostacolo inviando militari in Honduras ».
Gli avvenimenti di questi giorni in Centro America — dalla
vittoria della destra estrema in
E1 Salvador, che ha conquistato
la maggior nza relativa nell’assemblea legislativa e la maggioranza a.;:;oluta nell’amministrazione delia capitale, all’invio di
3.500 soldati nordamericani nella
base honduregna di Palmarola fino ai segnali in parte positivi delle trattative in Nicaragua tra ®andinisti e contras (che hanno già
prod'otto un cessate il fuoco di
60 giorni e il rilascio di alcuni
prigionieri politici) e via via fino alla crisi di Panama — ripropongono, pur da prospettive diverse, uno stesso tema: la crescente militarizzazione dell’America Centrale.
In ima recente lettera pastorale, l’Assemblea battista del Nicaragua ha dichiarato che « mai
come ora occorre raddoppiare
gli sforzi per il raggiungimento
della pace in tutta l’America
Centrale, sforzi che devono essere accompagnati da veglie di
preghiera, digiuni e concreti gesti di riconciliazione ».
Secondo il vescovo luterano
salvadoregno Medardo Gomez
« tutti quelli che si illudono di
arrestare con le bombe e con le
armi il lavoro delle chiese per
l’affermazione della pace e della
giustizia si illudono. Se fosse
semplicemente il mio o il tuo
lavoro, forse interromperlo sarebbe possibile. Ma qui si tratta
dell’opera stessa di Dio che non
può essere arrestata ».
Sotto accusa è la politica del
presidente Reagan, sul quale aleggia loi spettro di un altro Vietnam. Ma in realtà l’amministrazione Reagan ha soltanto incrementato un rapporto di dominio che dura ormai da più di
80 anni. Considerati il « back
yard » (il prato dietro casa) degli USA, gli stati dell’America Latina, e in particolare quelli dell’America Centrale, conoscono
dal 1903 incursioni, invasioni e
militarizzazioni più o meno intense da parte degli Stati Uniti.
Le cifre ufficiali di queste operazioni dicono che « l’assistenza militare degli USA è cresciu
ta enormemente durante il periodo reaganiano ».
Facciamo un breve raffronto:
nel Salvador l’assistenza militare è costata nel 1980 6 milioni
di dollari e 122 milioni nel 1986;
neU’Honduras 4 milioni nel 1980
e 81,2 milioni nel 1986; nel Guatemala non è costata nulla nel
1980 ed è costata 5,3 milioni nel
1986; il Costarica, che pure ha
abolito l’esercito nel 1949, nel
1986 ha ricevuto 2,6 milioni di
dollari dagli Stati Uniti per assistenza militare.
Questo fiume di dollari e di
armi ha prodotto crescente violenza, corruzione e vittime da
una parte e dall’tiltra. Non sono
pochi infatti anche i militari americani che sono stati uccisi
in questi tmná in E1 Sidvador e
in Honduras. Vittime immolate
sull’altare dell’anticomunismo e
che rappresentano sia un pretesto per l’escalation del conflitto,
sia un costo sempre più alto in
termini umani ed economici che
l’opinione pubblica è sempre meno disposta ad accettare.
L’argomento rimbalza, ovviamente, anche nella campagna
presidenziale. Tutti i candidati
democratici — a coirrainciare da
lesse Jackson — si sono dichiarati contrari ad aiutare i
contras e a favore di una negoziazione politica sui problemi
della sicurezza intemazionale degli stati del Centro America, escludendo per il futuro interferenze negli affari interni delle
singole nazioni. Per i repubblicani, ovviamente, il discorso è
diverso; in iparticolare Bush, completamente appiattito sulle posizioni di Reagan, teme che senza
l’influenza e l’ingerenza degli USA
gli stati delTAmeitioa Centrale si
trasformerebbero in poco tempo
in una grande base militare dell’Unione Sovietica.
El Salvador: l’azione degli « squadroni della morte ».
La molla dell’anticomunismo
funziona sempre, anche se finora
l’obiettivo primario della Casa
Bianca di arrestare la rivoluzione sandinista, malgrado i milioni e milioni di dollari spesi, non
è stato raggiunto.
« In questa complessa situazione — nota ancora il pastore presbiteriano Goff, uno degli organizzatori della grande manifestazione di pirotesta tenutasi sabato
26 marzo a Columbus Circle e
New York per ottenere rimmediato rientro del contingente
nordamericano militare dall’Honduras — il ruolo delle organizzazioni cristiane dentro e
fuori del Centro America è essenziale nello sviluppare una corrente d’informazione e una disinteressata solidarietà ».
Ho appena finito di partecipare ad un culto di chiusura della
« settimana per il Centro America », in cui abbiamo ascoltato
Timpressàfonante testimonianza
di Miguel Abarca (prigioniero politico per 5 anni nel Salvador
e oggi rifugiato negli Stati Uniti) che ha raccontato come durante i funerali di Oscar Romero i gorilla dell’FMLN spararono
sulla folla in cui lui stesso si
trovava. Tornando a casa riflettevo sul fatto che oggi, almeno
qui, i segnali teologicamente più
nuovi e coinvolgenti vengono o
dall’America Latina o dal Sud
Africa. Là dove la passione di
Cristo è descritta sul volto della
gente e là dove si mette a repentaglio tutto per conquistare
libertà e giustizia, la teologia ritorna ad essere questione di vita o di morte.
Giuseppe Platone
L
Auff! E’ nata. Dopo quasi due
anni d’incontri a vari livelli, di
sondaggi, di produzione di documenti, di articoli e di lettere su
« Il Manifesto », su « Linus », su
« Paese Sera » e su altre (poche)
testate disponibili; di iniziative,
come la manifestazione del 25
ottobre 1986, o come la catena
umana da Caorso a S. Damiano
Piacentino del 25 aprile ’87, entrambe in collaborazione con il
Movimento Verde; e a quasi un
anno dal lancio della campagna
di tesseramento (15 aprile ’87),
l’Associazione per la pace vede finalmente la luce.
II lieto evento è maturato a
■conclusione del Congresso di costituzione, tenutosi a Bari dal 26
al 28 febbraio scorsi, per iniziativa del comitato promotore dell’associazione. Poco meno di 350
delegali, provenienti da tutte le
regioni d’Italia, in rappresentanza di oltre 4.000 tesserati, hanno
approvato statuto, « preambolo »
€ programma, apportando solo
poche e marginali modifiche ai
documenti proposti dalla segreterìa del comitato promotore. Grazie ad una riunione notturna dei
rappresentanti regionali (due per
regione, un uom'o e una donna,
eletti dalle rispettive delegazioni
regionali nelle prime battute del
congresso), anche i 60 nomi — 30
di donne, 30 di uomini — proposti per il consiglio nazionale (nel
quale si uniranno gli stessi rappresentanti regionali) sono « passati » quasi all’un'animità. Lo
stesso dicasi per l’elezione del
« comitato scientifico ».
Se a questi risultati aagiungiamo il dato di maturità che emerge dalle analisi operate nel
« preambolo » e dalle prospettive
FARE LA PACE OGGI; ITALIA
Nata l’Associazione per la pace
I problemi organizzativi non hanno impedito un esito positivo dei
lavori: equilibrio nelle rappresentanze e maturità nei testi votati
contenute nella carta programmatica, chi a Bari non c’era potrebbe trarre la conclusione che
il congresso sia stato una festa
dell’unità del movimento e che
l’associazione sia decisamente
partita col piede giusto. Purtroppo, non è del tutto vero. E’ stata
un’assemblea brutta, mal gestita,
che più di una volta ha rischiato
di sfuggire definitivamente di
mano alla segreteria del comitato promotore che la presiedeva.
Il programma dei lavori è stato
rimaneggiato alla bell’e meglio
via via che si scopriva di aver voluto mettere troppa carne al fuoco c, in particolare, di aver previsto troppi spazi per gruppi di
discussione su tematiche secondarie (almeno nell’economia di
un congresso dii fondazione), a
costo di strozzare i tempi riservati al processo decisionale. Di
conseguenza, molti delegati hanno avuto l’impressione che a decidere fosse il classico « corridoio » o, nella migliore delle ipotesi, il ristretto gruppo dei rappresentanti regionali, e che a loro
non rimanesse che pronunciarsi
nell’assemblea plenaria conclusiva con un « sì » o con un « no »,
senza poter intervenire nel merito dei documenti o delle candida
ture. « Corridoio » indubbiamente ce n’è stato e ha esercitato la
sua influenza negativa, sfruttando la confusione generale. Ma il
vero risultato positivo del congresso è stato proprio la sconfitta di quanti erano giunti a Bari
con l’intenzione di garantire alla
propria organizzazione il controllo clell’associazione o, al contrario, di squalificarla fin dal suo nascere come fantoccio altrui.
Accanto a un buon numero di
pacifisti più o meno di vecchia
data, iscritti al PCI o alla FOCI,
a qualche sindacato o a qualche
associazione cattolica e a un paio
di demoproletari, quasi tutti lealisti nei confronti di una associazione costituita sulla base di adesioni esclusivamente personali e
in qualche caso addirittura sgraditi alla propria organizzazione
proprio per questo, siederà infatti nel consiglio nazionale delTassociazione una maggioranza di
pacifisti « senza tessera », espressione del pacifismo cresciuto intorno alla questione di Comiso
nei primi anni ’80 e ad altre lotte per la pace, per la giustizia,
per l’ambiente (La Maddalena,
San Damiano Piacentino, Gioia
del Colle, Genova, le campagne
per la denuclearizzazione, per l’o
biezione fiscale, contro il mercato delle armi, per l’autodeterminazione dei popoli, per i referendum sul nucleare), nonché attraverso organizzazioni « trasversali » riconosciute dallo statuto dell’associazione (insegnanti, giuristi, giornalisti, medici per la pace). Non a caso, quasi ovunque il
numero dei tesserati (e di conseguenza, dei delegati al congresso
e dei membri eletti nel consiglio)
ha seguito la mappa delle zone
« forti » del pacifismo italiano.
Fra le regioni più rappresentate
nell’associazione per il momento
troviamo infatti il Piemonte, il
Triveneto, la Puglia.
Accennavamo prima alla maturità che contraddistingue i documenti approvati dal congresso,
ad eccezione di uno statuto assai
pasticciato e perciò bisognoso di
un futuro rifacimento. E’ infatti
con maturità che il « pacifismo
politico », raccolto nell’associazione, prova ad affrontare la nuova
situazione creata dalla politica di
Gorbaciov, dai primi successi delle trattative per il disarmo fra
USA e URSS, e, d’altra parte, dall’acuirsi del conflitto fra Nord
e Sud del mondo, riconosciuto
ormai come la sfida centrale cui
si trova a dover far fronte chiun
que intenda lottare per la pace,
per la giustizia, per un equilibrio
fra attività umane e risorse naturali.
A chi invita i pacifisti a tornare
a casa e a lasciar fare ai « grandi
della terra », a Bari si è risposto
che non è certo questo il momento. D’altra parte, nessuno ha dimostrato di illudersi sulla rapida
ripresa di un movimento dalle dimensioni di quello dei primi anni ’80: i movimenti non li creano
le associazioni, alle quali spetta
invece il compito di far tesoro
dei mutamenti culturali da essi
provocati e di preparare il terreno in vista di una loro ripresa.
Al congresso di Bari hanno preso parte, come delegati di gruppi locali o come osservatori, anche alcuni evangelici, provenienti dalle valli valdesi, da Torino,
da Milano, da Pistoia, da Roma,
da diverse comunità pugliesi.
Uno di essi (chi scrive) è stato
eletto nel consiglio nazionale.
Particolarmente nutrita è stata
la partecipazione evangelica —
soprattutto delle chiese battiste
più vicine — alla manifestazione
tenutasi per iniziativa dell’Associazione per la pace della Puglia
al termine del congresso a Gioia
del Colle, possibile destinazione
dei cacciabombardieri nucleari
statunitensi F-16, recentemente
« cacciati » dalla base spagnola di
Torrejon.
Bruno Gabrielli
Associazione per la pace - c/o ARCI Via Francesco Carrara 24 - 00196 Roma - tei. 06/35.79.227.
Bruno Gabrielli - Via Pietro Cossa 42
- 00193 Roma - tei. 06/27.77.411.
' if
8
8 vita delle chiese
1” aprile 1988
I
FEDERAZIONE REGIONALE DEL TRIVENETO
TAVOLA - KONCISTORIUM
Predicazione radiofonica intensificati i
Un’occasione di testimonianza rivolta al pubblico - Evitare di disperdere le forze - Il ruolo di formazione del collettivo teologico
rapporti tra le chiese
Esigenze di rinnovamento e ridefìnizione dei propri compiti :
questi i temi principali che hanno caratterizzato la discussione
deU’assemblea della Federazione
delle chiese evangeliche del Triveneto, svoltasi presso la chiesa
valdese di Verona il 20 marzo
scorso.
Una quarantina di partecipanti, tra delegati e osservatori in
rappresentanza di chiese battiste, metodiste, valdesi e luterane delle tre Venezie, hanno valutato il lavoro svolto nel corso
degli ultimi due anni e hanno
tracciato alcune liiiee programmatiche per il lavoro futuro.
Molto pHjsitivarhente è stata
giudicata l’attività, che prosegue
ormai da circa due anni, di presenza nella programmazione radiofonica della sede regionale
RAI del Friuli-Venezia Giulia attraverso una trasmissione quindicinale dal titolo « Dieci minuti
con la Bibbia ».
Si è anche considerato, per ovvie ragioni, che un simile impegno deve essere maggiormente
ripartito tra più persone e non
lasciato all’iniziativa di pochi singoli, che rischiano di sentirsi isolati e poco sostenuti dalle chiese.
In realtà la presenza radiofonica alla RAI, sia pure su scala regionale, richiede un maggiore
coinvolgimento e una maggiore
responsabilizzazione delle chiese
federate, in primo luogo del mondo evangelico del Triveneto.
Tale considerazione è stata ribadita per mezzo di un o.d.g., anche in previsione di ottenere uno
spazio analogo nella programmazione radiofonica della sede
regionale RAI del Triveneto.
Per quel che riguarda il mantenimento dei collegamenti e i
contatti tra le varie realtà federate, il consiglio uscente ha rilevato non poche difficoltà. E’
PESCARA
Teologia a
Radio Cicala
E’ iniziata da alcune settimane la rubrica « Presenza evangelica », a cura della chiesa metodista di Pescara, facente parte
dell’Unione delle chiese valdesi
e metodiste d’Italia. La trasmissione avviene in diretta ogni lunedì dalle ore 17 alle ore 17.30
Sui 100.8 mhz di Radio Cicala.
Oggetto delle trasmissioni è la
presentazione della vita e del
pensiero del grande riformatore
protestante Martin Lutero, in
forma di radiodramma per la
regia di Paolo Emilio Landi. A
ciò si aggiungono, di volta in
volta, altri argomenti che investono i contenuti teologici che,
attualmente, qualificano la presenza protestante in Italia.
emersa la necessità che la Federazione regionale eviti la dispersione delle iniziative e delle attività concentrandosi in pochi settori specifici e ha stabilito che il
collettivo teologico, prima gestito in comune con il circuito,
debba essere un organismo specifico della Federazione regionale.
Sono infatti evidenti la sua importanza e il suo interesse per
tutte le comunità federate, in
particolare nella preparazione dei
predicatori locali. Tale collettivo
inoltre avrebbe la funzione di
coinvolgere tutti i pastori delle
chiese federate del Triveneto
per un coordinamento di massima delle attività di formazione
teologica regionale. La ridefinizione meno parziale di compiti
ed esigenze delle varie realtà federate e non nei confronti della
Federazione regionale rimanè un
punto fondamentale di dibattito
che continuerà oltre l’assemblea.
E’ comunque importante che non
venga intaccata la funzione fondamentale di raccordo che la Federazione deve esercitare tra le
chiese battiate, metodiste, valdesi
e luterane che vi aderiscono.
Sono state anche fatte le votazioni e il nuovo consiglio risulta
così composto : Claudio Perzinotti, Daniela Usetto, Anita Braschi Pigoni, Fridjof Roch, Adamo Donini, Giancarlo Sanchini.
Segretario riconfermato Liberante Matta, della comunità battista di Pordenone.
Alberto Bragaglia
Nei locali della Chiesa metodista di Milano ha avuto luogo, lunedì 21/3, il 4” incontro annuale tra la Tavola valdese e il Koncistorium della Chiesa Evangelica Luterana d’Italia. L’incontro,
che ha lo scopo di una consultazione e informazione reciproca,
ha preso in considerazione per
prima cosa lo stato dei rapporti
locali tra le realtà valdese e metodista da una parte e luterana
dall’altra. Per i contatti tra le
chiese locali si è riscontrata la
difficoltà di lingua e il pericolo
di una proliferazione di attività
che non rispondono a specifiche
esigenze, ma si è auspicato
che le chiese locali sappiano cogliere occasioni di contatto e di
attività comuni, là dove se ne
presenti l’utilità. In questo ambito è stata sottolineata l’impor
CORRISPONDENZE
La porta aperta
SANREMO — Venerdì 4 marzo, alle ore 17, l’accogliente chiesa di Sanremo ha visto ben 45
persone (valdesi, luterani, cattolici) riimite per celebrare insieme la giornata mondiale di preghiera.
La liturgia è stata condotta da
alcune sorelle delle tre Unioni
femminili della zona (Imperia,
Sanremo e Bordighera-Vallecrosia), prendendo spunti da quella
preparata e proposta dalle sorelle del Brasile.
La meditazione ha avuto come
tema «Gesù è la porta», illustrato dal racconto della donna adultera (Giov. cap. 8).
La colletta raccolta è stata devoluta alle donne del Salvador.
All’uscita del tempio diverse
persone hanno espresso il desiderio di ritrovarsi per un culto
di questo genere che ha attirato
anche dei passanti, confermando il motto della « porta aperta ».
• In occasione della celebrazione del 17 febbraio, una piccola rappresentanza delle nostre
comunità, formata dal pastore
Carcò e signora, da Sergio e Dorotea Nisbet e da Umberto Rovara, ha visitato i fratelli valdesi e riformati francesi.
Il 14 febbraio la celebrazione
si è ripetuta a Vallecrosia; i partecipanti erano circa un centinaio, tra i quali un gruppo di
fratelli riformati francesi di Mentone-Montecarlo guidati dal pastore J. C. Fermaud, e il pastore luterano R. Thùmmler con la
sua signora. Dopo il pranzo comunitario ha avuto luogo il bazar con buffet e lotteria di beneficenza, organizzato dall’Unione
femminile e dagli ospiti della Casa Valdese. Il pastore Schwendener ha parlato delle sue esperienze nelle nostre comunità, seguito dal pastore Carcò che ha
parlato dei nomi dati ai compagni di Valdo dagli avversari, che
li denominavano i Poveri di Lione, mentre i valdesi si denominavano i Poveri di Cristo. Infine
il fratello Umberto Rovara ha
tenuto una breve conversazione su Ireneo di Lione.
L’ultima celebrazione del 17
febbraio si è tenuta domenica
21 a Sanremo. Il pranzo comunitario ha visto raccolti 45 partecipanti, che nel pomeriggio, insieme ad altri membri e amici,
attorno ad una tazza di tè, hanno ascoltato l’intervento del pastore Carcò sull’interesse originario dei valdesi per la traduzione della Bibbia: la Bibbia di
Olivetano del 1635, la Bibbia riveduta del 1923, la Bibbia concordata del 1967 e la Bibbia interconfessionale in lingua corrente del 1976-85. Il pastore Schwendener ha infine parlato della sua
esperienza di vita nel Ponente ligure.
La giornata si è conclusa con
la lettura della poesia di Victor
Hugo « La goutte d’or » da parte del fratello Giacinto Renda,
con il canto del Giuro di Sibaud
e con i messaggi di Sergio Nisbet e del pastore Ugo Tomassone, che esprimevano la gioia
di trovarsi tutti insieme così fraternamente.
no illuminato l’avvenimento da
vari punti di vista.
• Dal mese di marzo la comunità organizza incontri e conferenze su temi religiO'Si e di attualità. Il primo incontro si è
svolto il 2 marzo con una tavola rotonda sul tema « Maria nel
Nuovo Testamento e nel dogma
cattolico », ed è stato a due voci, il pastore Giovanni Lento e
il prof. Melo Labate. Il pastore
ha illustrato con dovizia di particolari la figura di Maria nel
Nuovo Testamento, sottolineando come il suo ruolo fosse quello di testimone dell’opera di Cristo, che rimane il centro dell’Evangelo.
Il prof. Labate invece ha affrontato l’argomento del dogma
cattolico, offrendo un’accurata
analisi e una chiave di lettura
che forse non tutti possono condividere. Il concorso di pubblico è stato buono, con affluenza
anche di docenti universitari e
dei licei cittadini.
Walter Menghi
Sara Genovesio
Angeieri
CARRARA — La chiesa ha accompagnato alla sua ultima dimora il fratello Walter Menghi
e si è stretta intorno alla moglie, alle due figlie ed ai nipoti
per essere loro vicina in questo
momento di dolore e di tristezza.
Casa Balneare Valdese
Borgio Verezzi
Si comunica che sono aperte le prenotazioni per soggiorni presso la CASA BALNEARE VALDESE di BORGIO VEREZZI (Savona).
Rivolgersi alla Direzione: Albina e Nicolino Canu, Casa
Balneare Valdese — Corso Italia, HO — 17027 PIETRA LIGURE (Savona) — telefono 019/611.907.
PADOVA — Ci sono delle persone preziose che con l’avanzare
degli anni acquistano luminosità: ogni loro fare e muoversi è
esempio di fede lungamente vìssuta, che traspare senza più bisogno di parole.
Cosi è stato per Sara Genovesio Angeieri nel seno della sua
famiglia e della comunità metodista.
Il Signore l’ha chiamata « a salire più in su » domenica 13 marzo 1988.
La comunità si è stretta intorno ai figli, ai nipoti, ai parenti
tutti, con profondo affetto nella
tristezza del distacco e nella consolante consapevolezza che Sara
ci ha preceduti presso il nostro
Padre che in Cristo Gesù ci salva e ci dona di poterci sempre
di nuovo rallegrare, tutti insieme, nella grande comunione dei
santi.
Walter Menghi, di cui tutti ricordano la generosità e la spontaneità, il sorriso e la comprensione, è stato per lunghi anni
nel consiglio di chiesa e varie
volte anche presidente del consiglio stesso, nonché membro fedele. Il suo impegno era sempre
sincero e sentito, sia nei problemi pratici e organizzativi, sia
in quelli più spirituali, come sanno coloro che lo hanno conosciuto nelle varie riunioni di circuito, distretto o al Sinodo, e
che hanno apprezzato i suoi interventi concisi, positivi e costruttivi.
La mariologia
MESSINA — Il XVII Febbraio
è stato celebrato il mercoledì 17
con un’agape fraterna nei locali
della chiesa, dopo un breve culto.
Domenica 21 febbraio, il XVII
è stato ricordato in chiesa con
un culto a diverse voci, che han
tanza della collaborazione connessa con opere pluridenominazionali, come gli ospedali di Genova e Napoli, e la ricerca di una
soluzione interdenominazionale
per il problema della cura degli
anziani evangelici a Roma.
Tavola e Concistorium hanno
concordato sulla necessità di una
linea di chiarezza nella fraternità, anche là dove vi sia diversità
di opinioni o di impostazioni.
Particolare interesse ha suscitato nella Tavola il progetto luterano di cura di una vasta disseminazione di donne tedesche
nella Sicilia orientale, con l’istituzione di un corpo pastorale a
metà tempo (l’altra metà essendo dedicata al lavoro tra i turisti tedeschi), per il quale la
CELI ricorda la ricerca di un
pastore tedesco che abbia già
avuto un’esperienza di collaborazione con l’evangelismo italiano.
Animata, come al solito, la discussione sul tema dell’ecumenismo e dei rapporti tra stato e
chiese con posizioni talvolta mtilto simili, talaltra diverse ma non
divergenti.
I luterani hanno informato di
aver inviato al presidente Goria,
prima della fine del suo governo,
una richiesta di apertura di trattative in vista di un’intesa in base all’art. 8 della Costituzione.
Nell’incontro — che è stato improntato ad un carattere di
schiettezza e apertura che ha rallegrato le due parti — sono anche stati presi gli accordi per
l’organizzazione comune della visita che dall’ll al 18 dicembre
compirà in Italia il Dr. Hans-Joachim Held, copresidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese e
responsabile dei rapporti con
l’estero della EKD (la Federazione delle Chiese evangeliche in
Germania), con cui la CELI è
collegata.
Era anche instancabile organizzatore di feste comunitarie ed
agapi fraterne nel suo bel giardino ospitale, a Fessone. E soprattutto aveva una fede profonda, nata e cresciuta in una
famiglia di lunga tradizione evangelica metodista. I suoi funerali
sono stati una testimonianza della speranza evangelica, come sicuramente avrebbe voluto lui.
La chiesa prende inoltre vivamente parte al dolore della comunità di La Spezia e della famiglia per la morte di Giordano Senesi. Per vari anni il fratello Senesi ha curato la comunità di Carrara e la sua diaspora di Gragnana e Pietrasanta,
venendo instancabile da La Spezia per i culti domenicali, il catechismo e lo studio biblico.
Facoltà Valdese
di Teologia
Comunicato
Sul n. 6 del 12 febbraio ’88
dell’« Eco delle Valli - La Luce » (p, 8), la Tavola Valdese ha notificato alle chiese
la vacanza della Cattedra di
Teologia Pratica a partire
dall’anno accademico 1989-90.
L’elezione del nuovo professore deve aver luogo nella
sessione sinodale dell’agosto 1988.
Il Consiglio di Facoltà ha
il compito di « sottoporre al
corpo pastorale un elenco di
candidati, fornendo per ciascuno di essi curriculum e bibliografia » (Reg. Fac. art. 28,
comma b).
Il Consiglio invita pertanto quanti intendono presentare la propria candidatura
oppure proporre altri come
candidati a comunicarlo per
scritto al Decano della Facoltà ■ Via Pietro Cossa, 42 00193 Roma, entro 11 30 aprile 1988.
Per il Consiglio
Paolo Ricca, Decano
Roma, 15 marzo 1988.
9
1“ aprile 1988
vita delle chiese 9
CHIESE EVANGELICHE IN SICILIA
Tra politica e cultura
Le attese della società e le risposte delle chiese negli ultimi venti
anni - I bisogni di religiosità e le prospettive per la predicazione
Le cifre nude possono anche
spaventare; in Sicilia la Chiesa
valdese era presente negli anni
settanta in ben venticinque località. Nel 1988 la nostra presenza si è ridotta a sole dodici località dell’isola: una perdita netta superiore al cinquanta per
cento! Un altro numero su cui
riflettere: in vent’anni le chiese
evangeliche siciliane hanno visto
arrivare e ripartire ben trentadue pastori. Un prirnato forse,
ma sicuramente nessuno proverà invidia per la rapidità con
cui si procede al rinnovamento
del corpo pastorale siciliano!
E’ ovvio però che le cifre non
fanno giustizia aH’impegno profuso dalle nostre chiese in campo sociale (pensiamo sia alle
grandi opere diaconali di Palermo e di Riesi, ma anche a quelle più umili e contenute di Pachino, Scicli, Vittoria e Catania)
e più propriamente alla fatica
nel cercare di definire una chiara linea di predicazione e di testimonianza all’evangelo di Cristo in una terra di forti contrasti, dove il vecchio convive e si
nasconde nel nuovo; dove siamo
passati dal medioevo al postmoderno nel giro di qualche decennio; dove i valori dell’« onorata società », come quelli portati dallo stato democratico, dalla chiesa cattolica, dalla tradizione socialista e riformista, si
sono frantumati, svuotandosi di
senso e significato, proprio nel
momento in cui il forte inurbamento, nell’isola, è venuto a modificare in profondità la vita di
migliaia di persone, rendendo evidenti i loro bisogni di partecipazione ad un progetto di emancipazii.r e sociale, politica e
cultura
A Caiani' dal 19 al 20 marzo
scorso, '■ ,a cinquantina di persone li ; co no partecipato ad un
convcj'no, organizzato dal XVI«
Circnilo, sulla predicazione e la
diaconia nella vita delle chiese
e\'angeliche battiste, metodiste e
valdesi in Sicilia nel ventennio
1968-1988. A tutti i partecipanti
erano ben presenti questi problemi: la crisi umana e progettuale che investe le nostre chiese; la crisi di una società in
rapida trasformazione ed in ricerca di nuovi equilibri. L’analisi sul ventennio ha fornito alcune risposte al processo di crisi delle nostre chiese, iniziatosi
fin dai primi anni ’60 con l’emigrazione ed accentuatosi per al
tre ragioni a partire dal ’68 in
poi.
Ad Arrigo Bonnes, pastore a
Pachino, in Sicilia da molti anni,
è toccato il compito di valutare
i vent’anni di predicazione e di
diaconia delle chiese metodiste
e valdesi in Sicilia. Man mano
che Bonnes parlava, l’impressione forte era quella di ascoltare
un racconto dove l’elemento costante, ripetitivo è costituito dall’incapacità delle chiese a rispondere alle attese della società siciliana. Tesi estrema? Forse, ma
anche in questo caso alcuni esempi risulteranno più chiari: le
chiese evangeliche siciliane, di
fronte alla questione mafia, non
hanno mai saputo prendere posizione o assumere iniziative specifiche e concrete, con l’eccezione della pubblica denuncia del
pastore Pietro Valdo Panasela
in occasione della strage di Ciaculli. Negli anni immediatamente successivi al terremoto del
Belice, la zona e le città di Trapani, Marsala e Mazara assistono ad un forte aumento dell’immigrazione dall’Africa del Nord:
sono gli anni in cui la sede pastorale di Trapani e Marsala viene chiusa.
Tutto negativo dunque? No!
Bonnes ricorda ed individua nel
ventennio da lui analizzato tre
momenti « felici »: la ricerca di
spazi autentici di presenza per
i laici; la definizione di una serie di interventi di educazione
nelle“ nostre struttùrfe scolastiche (asili, scuole elementari e
medie) quale nostro specifico
contributo alla proposizione di
valori sociali e culturali contrapposti a quelli proposti dalla ciàtura « mafiosa »; la partecipazione delle chiese siciliane al movimento per la pace.
La parola è passata quindi a
due protagonisti di quegli anni:
Pietro Valdo Panascia, pastore emerito, siciliano di origine e animatore di quel progetto di diaconia che oggi conosciamo realizzato nel Centro Diaconale « La
Noce ». Del suo contributo mi
ha colpito il suo esplicito riferimento biblico, che a più riprese ci è stato riproposto per spiegarci la sua personale risposta
aU’imperativo categorico del
« guai a me se non diaconizzo! ».
Abbiamo potuto renderci tutti
quanti conto della piena e viva
partecipazione di quest’uomo
ad un progetto di servizio che
scopriva nella concretezza delle
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CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
“Protestantesimo”
a notte fonda
situazioni dei bambini e delle
famiglie dei quartieri popolari di
Palermo quel prossimo di cui
tanto aveva letto nell’evangelo.
Molta emozione da parte dell’uditorio nel sentire dalla viva
voce del pastore Eugenio Rivoir,
in Sicilia a cavallo degli anni
’60-’70 a Catania e ad Agrigento,
la ricostruzione degli avvenimenti verificatisi in seguito al terremoto nel Belice. Due elementi
hanno colpito l’uditorio: da una
parte la molteplicità di interventi promossi dai gruppi di Palermo, Riesi e da quello che faceva capo alle strutture del Centro
giovanile di Adelfia, ma la sostanziale incomunicabilità da un
gruppo 'all’altro, per cui non
solo i progetti rispondevano o
erano il frutta di anàlisi diverse sulla situazione venutasi a
creare in seguito al terremoto,
ma ognuno ignorava l’altro, tranne quando la polemica si scatenò, e a farne le spese furono
i promotori deH’iniziativa di accoglienza dei terremotati ad Adelfìa.
Il secondo elemento è emerso
quando il pastore Rivoir ha letto una serie di documenti scritti all’epoca, dove per esempio si
teorizzava la possibilità/eventualità di dover scegliere 1’« illegalità » per operare in favore degli umili e degli oppressi. E’ stato uno shock udire un linguaggio che molti di noi avevano rimosso in seguito alle esperienze degli anni di piombo, anche
se questo linguaggio è stato usato per più anni da molti di
noi; evidente, oggi, il senso di
estraneità, « ostrogotismo », diffidenza che poteva suscitare nelle nostre chiese dove, quando si
abbandona la trita ripetizione
delle nostre formule liturgiche,
sembra già che si sia dato inizio
ad una rivoluzione di valori.
Finito il tempo del « come eravamo », la mattina di domenica il convegno ha continuato i
suoi lavori, prima con il culto
celebrato dai pastori Laura Leone e Giuseppe La Torre, quindi
con una relazione del professor
Bruno Corsani, della Facoltà di
teologia, il quale ci ha presentato il rapporto predicazione e
diaconia nella prospettiva neotestamentaria.
A Sergio Aquìlante, pastore a
Palermo e direttore del Centro
Diaconale « La Noce », e a Salvatore Rapisarda, pastore delle
Chiese battiste di Catania e Reggio Calabria, è toccato il compito di tracciare le prospettive
della predicazione e della diaconia delle chiese protestanti nella Sicilia degli anni ’90. Aquilante ha tracciato una rapida analisi dei molti problemi presenti
nella realtà meridionale, mettendo in particolare rilievo il bisogno di religiosità emergente nei
ceti medi, i quali per primi avvertono l’esigenza di una presenza del sacro nel nostro tempo,
riempiendo conseguentemente i
locali di culto dei pentecostali
0 inseguendo i valori, i miti, di
una religiosità popolare che ha
1 suoi epigoni in vari guaritori.
AH’intemo di questo quadro complessivo, le nostre chiese sono
chiamate, secondo Aquilante, a
costruire un impegno diaconale
che accentui il carattere di una
presenza attivamente partecipe
ai processi evolutivi in corso.
Valutazioni conclusive? Difficile pronunciarsi, vorrei semplicemente lasciare un’altra impressione, imprecisa come le precedenti; il lavoro da fare è tanto,
le forze poche, per fortuna le
idee per andare avanti non mancano. Il convegno è servito a
metterle in comune, a comunicarle. Mauro Pons
VILLASECCA — Indirizzato alla Commissione Vigilanza Servizi Radiotelevisivi, l’Assemblea
di Chiesa del 20 marzo ha votato
all’unanimità il seguente telegramma: « A nome di tutta la
comunità valdese di Riclaretto
Provincia di Torino eleviamo viva protesta causa eccessiva ora
tarda collocazione et ripetuto
ritardo messa in onda rubrica
Protestantesimo stop ».
• Sabato 2 aprile avverranno
i colloqui finali dei catecumeni
del I biennio dalle ore 14.30 alle 15, e quelli del III anno dalle
15 alle 15.30.
Ricordiamo che i colloqui avvengono alla presenza del Concistoro e che sono pubblici.
• Durante il culto di domenica 10 aprile avrà luogo l’insediamento di Rina Menusan, neoeletta membro del Concistoro.
Concerto
TORRE PEULICE — Domenica 27 scorso si è svolta presso il
tempio dei Coppieri una bella
serata con la partecipazione dei
trombettieri provenienti dal
grande istituto diaconale di
Berlino - Spandau Johannes-stift
i quali, oltre a proporre dei brani musicali, hanno presentato
con delle diapositive il lavoro
diaconale svolto dall’istituto, in
cui vengono curate persone di
ogni età con problemi di tipo sociale, di salute o di handicap.
• La comunità si è raccolta in
occasione: dei » funerali della sorella Maddalena Janavel, sorella
del pastore Alfredo Janavel, deceduta all’asilo valdese di Luserna all’età di 78 anni.
Confermazioni
RORA’ — Domenica 27 marzo
sono state confermate Franca Morel, Bianca Morel, Donatel- .
la Gelso e Sabina Veronesi. A AUgUri!
tutte un sincero augurio di un
buon proseguimento sulla via del
Signore.
• Dopo una lunga malattia è
deceduto presso il rifugio Carlo
Alberto Alfredo Pavarin (Fredu) di anni 76. Condoglianze ai
familiari e a tutti i parenti.
Grazie!
SAN SECONDO — Il culto
di domenica 20 marzo è stato
presieduto da im gruppo di giovani della nostra comunità. U
ringraziamo per il loro messaggio.
'• Il Signore ha chiamato a
sé, il 3 marzo, Teresa Fabiole
ved. Peyrot e il 12 marzo (in
Canada, dove era andata per trovare i figli) Melania Long ved.
Boume.
Ai familiari in lutto esprimiamo la nostra simpatia cristiana.
Ammissioni
POMARETTO — La domenica
delle Palme sono entrati a far
parte della comunità, ricevendo
il battesimo o confermando quello ricevuto da piccoli, i seguenti catecumeni : Roberto AUemandi. Luca Baret, Peter Bernard,
Luca Bertalotto, Dario Bertetto,
Danila Bertocchio, Cosetta Celegato, Roberto Cbiavazza, Emmanuele Coïsson, Ramon Collet,
Federico Di Gregorio, Daisy
Genre, ’Tiziana Genre, Andrea
Giraud, Milena Grill, Paola
Grill, Federica Long, Milena
Martinat, Loretta Massel, Giuliano Pascal, Barbara Pons, Sergio
Refoum, Chantal Ribet, Sandra
Ribet, Massimo Rostan, Danilo
Tron, Franco Tron, Giuliano
Vinçon. Del gruppo aveva fatto
parte anche Monica Orsello, deceduta l’anno scorso per grave
malattia ; l’abbiamo ricordata
con rimpianto, riconoscenti al
Signore per quanto Monica ci ha
dato nella sua breve vita.
• Il Concistoro ha accolto con
gioia la domanda di Giovanni
Ballestra di essere ammesso come membro della nostra comunità e ciò avverrà durante il culto
di Pasqua.
Periodo pasquale
ANGROGNA — I culti del periodo pasquale avranno luogo
giovedì 31 marzo, ore 21, a Pradeltoriio (scuola), venerdì 1”
aprile, ore 21, al Serre e domenica 3 aprile, alle ore 10, a S. Lorenzo.
• Durante il culto della domenica di Pasqua otto catecumeni
confesseranno la loro fede ricevendo il battesimo o confermandolo: Isabella Bertalot, Barbara
Canonico, Monica Gay, Bruno
Odin, Fiavia Odin, Silvia Ricca,
Mara Rivoira e Monica Rivoira.
• Il culto domenicale ha luogo a S. Lorenzo ogni domenica
alle ore 10,30; al Serre si terrà il
10 aprile, alle 14,30; a Pradeltorno il 16 aprile, alle 20,30.
• Il ciclo di riunioni quartierali sta volgendo al termine ; l’ultimo appuntamento è con le diapositive di Albert de Lange, al
Capoluogo, lunedì 11 aprile alle
ore 20,45.
Lutto
FERRERÒ - MANIGLIA —
E’ mancato il fratello Luigi
Barus di Maniglia. Dopo avere
passato molti anni della sua vita a Torino, aveva espresso il
desiderio di trascorrere gli ultimi anni della sua esistenza nel
suo paese natale. lAi figli e parenti tutti va la nostra solidarietà.
FRALI — Venerdì 1° aprile, alle ore 10.30, culto con il battesimo di Giovanna Ribet (Agape) e
le confermazioni di Edy Pascal e
Monique Peyronel. A queste catecumene va l’augurio di tutta
la comunità affinché possano
proseguire la loro ricerca di fede.
Durante il culto canterà la corale.
• Domenica 3 aprile, alle ere
10,30, culto di Pasqua con S.
Cena.
Visite
PINEROLO — In questo periodo pasquale abbiamo visitato i
ricoverati nelle case di riposo
della città e con essi abbiamo
celebrato la Santa Cena.
• Ricordiamo ancora i culti
serali del giovedì e venerdì santi condotti dagli anziani e quello
di Pasqua con la partecipazione
della corale.
Questa darà un concerto la
sera del 9 aprile, alle ore 20.45,
nel tempio: tutti sono invitati.
Calendario
Domenica 10 aprile
n ASSEMBLEA
DEL 1° CIRCUITO
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30,
presso la Foresteria valdese si tiene
una assemblea dedicata al dibattito
sulla testimonianza ai visitatori. L'assemblea si svolge in concomitanza
con la « giornata dell’accoglienza » dedicata ai 30 anni di attività della Foresteria di Torre Pellice.
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valli valdesi
1° aprile 1988
VAL PELLICE
Chiare, fresche, dolci acque
Solo metà della popolazione è servita dalle fognature - I problemi di inquinamento in Val
Luserna - L’individuazione di nuove sorgenti e la necessità degli impianti di depurazione
Del problema della tutela delle acque superficiali si occupa
da alcuni anni lUSSl, 43 - Comunità Montana Val Pellice: acquedotti spesso insufiicienti, fognature che servono la metà appena della popolazione, per fortima è praticamente assente un
inquinamento idrico di tipo chimico-industriale. Nel corso della scorsa estate una parte dell’attività dei cantieri di lavoro
è stata dedicata ad una indagine nel settore delle acque.
Ora rUSSL sta organizzando
un convegno che dovrebbe svolgersi verso la fine di maggio,
in collaborazione con l’Università, ed in vista di tale occasione
si è svolto a Torre Pellice un
primo incontro con le persone interessate al problema dell’ambiente, compresi gli amministratori locali.
Va subito rilevato che non si
è manifestata una entusiastica adesione, se è vero che alcuni Comuni non erano assolutamente
rappresentati, tuttavia il presidente del Comitato di gestione
Longo ed il dott. Vecchiè hanno presentato brevemente la situazione, con le linee sulle quali
l’Ente pubblico intende muoversi.
« Sul grosso problema della
tutela dell’ambiente e più in specifico delle acque — ha esordito
Tarch. Longo — vogliamo proseguire un discorso di informazione e riflessione con la popolazione. Si sta correndo il rischio di
un inquinamento generale e la
non balneabilità dei nostri tor
renti è stata soltanto un’occasione per riflettere sul problema:
ciò deriva dalla carenza di reti
fognarie dei Comuni, col grosso
interrogativo delle borgate non
collegabili alla fognatura.
Si tratterà di attivare, oltre
al livello scientifico, soprattutto
le amministrazioni comunali, e
tutti coloro i quali operano in
valle sulla tutela dell’ambiente ».
Proprio in quest’ottica, qualche tempo fa un grappo di guardie ecologiche aveva segralato
Tinquinamento della VeiI Lusema
da parte di insediamenti presenti nella confinante provincia di
Cuneo; di certo non si tratta
della Val Bormida inquinata dalTAcna di Cengio, ma è interessante sapere come si è risolto
il caso...
« Si tratta di un tasto storicamente delicato: si parte da problemi con la vicina provincia
di Cuneo che risalgono agli anni ’50 con le cave; trattandosi
di organismi che non dipendono da noi, risulta mólto difficile
andare ad incidere, anche se la
logica vorrebbe che si rìsolve.’;sero insieme problemi comuni;
attualmente bussiamo invano a
questa porta ».
Abbiamo dei dati da cui partire, compreso quanto emerso dai
cantieri di lavoro?
« Per quanto riguarda il nostro servizio — aggiunge il dott.
Vecchiè — per avere un quadro
esaustivo dello stato dei nostri
torrenti abbiamo fatto 192 campionamenti sui tre corsi principali nelle diverse stagioni ed in
diverse erre della giornata. Con
il cantiere di lavoro abbiamo avuto un quadro preciso della rete fogrmria e dell’approvvigionamento idrico potabile; si sono
individuate anche delle sorgenti
inutilizzate, prospettando alle amministrazioni un loro utilizzo.
Sempre con i Comuni si sta approntando un piano di risanamento ma è chiaro fin da ora
che, anche solo a causa dell’impegno economico gravoso, ciò ci
impegnerà per parecchi anni ».
Quando si parla di rete fognaria, si ha sempre presente che
in una realtà montana come la
nostra, con modesti agglomerati urbani sparsi, è estremamente difficile servire tutta la popolazione o comunque una fetta
consistente...
« Effettivamente — risponde
Vecchiè — quello delle frazioni
è un grosso problema; bisognerebbe arrivare a degli impiantì
con dei bassi costi di investimento ed anche di manutenzione. Si
può perciò arrivare a sfruttare
la depurazione biologica, con le
piante sempreverdi, il ’’giacinto
d’acqua" o altri sistemi, dando
alcune prime risposte ».
Se il fronte di maggiore impegno è quello delle fognature,
non bisogna dimenticare l’approvvigionamento di acqua potabile;
quanta parte di popolazione non
ha ancora questo servizio?
« In generale la situazione degli acquedotti comunali è abbastanza buona, tranne qualche lieve inquinamento batteriologico.
Molto più difficile è la situazione degli acquedotti consortili dove, a parte la buona volontà di
chi se ne occupa, è spesso difficile garantire la manutenzione;
c’è poi una parte (circa 2 mila
persone) non servita da acquedotto: anche qui i tempi di intervento si protrarranno per alcuni anni ».
Un’ultima domanda: si riscontra talvolta neH'acqua che sgorga dai rubinetti delle nostre case una dose apparentemente
massiccia di cloro; c’è un qualche pericolo in questo?
« Bisogna anzitutto dire che
soltanto gli acquedotti di Torre
Pellice, vaiar Pellice e Lusernetta subiscono il processo di clorazione: esso è automatico e perciò può in alcuni casi denunciare delle alterazioni. Non direi
che questo rappresenti un pericolo per la nostra salute in quanto l’acqua, tutto sommato poco
inquinata, non presenta al suo
interno elementi che, combinandosi col cloro, possano dare origine a composti pericolosi ».
Piervaldo Rostan
REPERTI ARCHEOLOGICI
Val Chisone anno 2000
INVERSO RINASCA
Un nuovo municipio
Inverso Rinasca è un comune
che come molti altri ha assistito negli ultimi anni ad un
progressivo abbandono delTagricoltura a favore dell’impiego nell’industria e che, secondo dato
comune ad altri paesi, denuncia
una età media dei suoi abitanti
assai elevata; presenta invece una controtendenza nel numero
di residenti, in leggero aumento
negli ultimi anni, stabilizzatosi
intorno alle 660 unità; presenta
quest’anno un bilancio che pareggia su una cifra che supera
il miliardo di cui « una gran parte — ci ha detto il sindaco Ribet — circa 320 milioni, decrebbero andare alla costruzione di
un nuovo edificio per il municipio in quanto l’attuale risalente al secolo scorso e successivamente riadattato è insudiciente;
manca anche un semplice garage. Nella nuova sede troveranno collocazione oltre agli uffici
postali, anche due sale che verranno utilizzate per l’ambulatorio ».
Altre spese previste riguardano l’acquedotto; « abbiamo tanta acqua ma poche zone di raccolta — dice Ribet — ed in certi periodi dell’anno siamo in seria preoccupazione a garantire
una normale erogazione. Questo
problema ha una sua origine negli anni ’60 quando si pensava
che Inverso avrebbe avuto un
forte sviluppo verso Villar Perosa, visto il polo di attrazione della Riv, ed uno scarso ampliamento intorno al capoluogo di Fleccia: è accaduto, per la nota vicenda ddl’industria, esattamente
l’opposto ed ora l’acquedotto risulta sbilanciato ».
Altri settori di intervento saranno la rete fognaria per le zone più popolate e le piste boschive, importanti sia per uno
sfruttamento economico dei boschi, sia p>er im celere raggiungimento di aree purtroppo spesso soggette a incendi.
Infine i lavori di metanizzazione, non direttamente dipendenti dal Comune: il completamento, a cura dell’ACEA, dovrebbe avvenire entro maggiogiugno
con l’erogazione del gas in quelle case dove è stata richiesta;
ciò consentirà anche il ripristino della rete viaria che ha risentito notevolmente dei lavori
in corso.
Si tratta del duemila avanti
Cristo. Tale è la data stabilita
con le prove di radioattività del
carbonio attuate sui resti ritrovati a Balm’ Chanto, sopra Villar etto. Degli scavi in questa località e di quelli fatti a Roc del
Col, sopra Usseaux, ha parlato
Franco Bronzât, nell’ultimo dei
tre incontri promossi dall’assessorato alla Cultura della Comunità Montana Valli Chisone e
Germanasca a Perosa, giovedì 24
marzo. Lo stanziamento stagionale di Roc del Col è di cinquecento anni più giovane; ha appena, quindi, tremilacinquecento
anni.
Se si pensa che i più antichi
materiali biblici hanno tremila
anni, è certamente interessante.
per noi, sapere che le nostre vallate erano in quel periodo già
frequentate da almeno mille anni
e che gli oggetti ritrovati — pur
nell’estrema povertà della loro
consistenza : si tratta di pochi
cocci, di frammenti ossei, dì semi
carbonizzati e di pochi oggetti
tecnici; scalpelli d’osso, punte di
freccia in pietra, affilatoi, una
fusaiola — sono una preziosa testimonianza sul popolamento e
sugli scambi che avvenivano nella zona alpina.
Anche quest’ ultimo incontro
ha visto un’ottima affluenza di
pubblico, addirittura superiore
ai precedenti — segno che la
voce sul loro interesse si è diffusa —, che dimostra l’opportunità deU’iniziativa.
Consiglio di istituto
PEROSA — Anche alla Scuola
media di Perosa si è insediato il
nuovo Consiglio di Istituto. A
presiederlo è stato eletto il sig,
Carlo Cian; vice-presidente: Ferdinando Busin; membri di giunta: prof. Patrizia Santoro, sigg.
Vanda Santiano, Gianni Pascal,
Bruna Maritano, oltre alla segrc
taria e al preside, membri d’u'fìcio.
Agricoltura
biologica
PINEROLO — « Campagn \
per la campagna» è una iniziativa del WWF di Pinerolo atta a
far conoscere agli agricoltori e
a tutti i consumatori i problemi
dell’inquinamento da pesticidi e
le possibilità alternative rappresentate da una agricoltura biolo gica. Prossimo appuntamento il
9 aprile, aH’Auditorium comunale di corso Piave.
Impianti sportivi
TORRE PELLICE — Sabato ’
aprile, gli impianti sportivi ci
viale Dante adiacenti al campo
di calcio verranno riaperti ri
pubblico; si tratta sostanzii mente del tennis e del mini gol'.
Da notare che sono previsti i
queste strutture, nel prossimo
futuro, importanti lavori di i strutturazione.
Le emissioni
delia Beloit
PINEROLO — I fumi del. x
fonderia Beloit molestano gli
abitanti del quartiere San Lazzaro, che hanno indirizzato una petizione al sindaco. SuH’argomxnto anche Democrazia Proleta a
ha presentato una interpellany
No ail’autostrada
PINEROLO — Gli autonomisti di « Piemónt » sono contrari
al progetto di autostrada o supei strada Torino-Pinerolo ; distrugge troppo terreno agricolo fertile.
Si è formato in città un comitato per la viabilità e contrario
alla costruzione dell’autostrada.
Vi aderiscono CGIL, CISL, PCI,
DP, Sinistra indipendente, la Lega ambiente. Il Comitato chiederà, attraverso una petizione popolare, un consiglio comunale
aperto sulla questione.
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1° aprile 1988
valli valdesi 11
PINEROLO
A Elvio Passone e alla Belolt
i premi Pinarolium 1987
Il giudice impegnato anche per la riforma del codice di procedura
penale - Premiate la serenità e capacità imprenditoriale della ditta
Il Consiglio di Amministrazione della Pro Pinerolo ha assegnato il Premio « Pinarolium »
per Panno 1987 al Magistrato
Passone ed alla Beloit Italia
S.p.A. con le seguenti motivazioni:
Doti. Elvio Passone
Pinerolese di adozione, il dott.
Elvio Passone è giudice di grande cultura giuridica e di profonde qualità umane. Ha pubblicato varie qpere con gli editori
Giufïrè, dovine, il Mulino, Cedam,
ecc. e scritto saggi, particolarmente in materia penate e car
ceraria; collabora a riviste giuridiche, fa parte della Commissione Ministeriale per la riforma dei codice di procedura penale.
Attualmente è impegnato qua
le Presidente della Corte d’Assise di Torino in un difficile processo ad una pericolosa organizzazione criminale, processo che
dirige con equilibrata fermezza,
pur sotto l’azione intimidatoria
nei confronti della propria persona e dei familiari.
Uomo coraggioso, professionalmente molto preparato, si è
imposto alPattenzione degli studiosi a livello nazionale ed intemazionale, onorando così e
rendendo prestigio alla nostra
città.
Beloit Italia S.p.A.
Ha fatto conoscere Pinerolo
nel mondo per la peculiarità del
prodotto oltre che per la funzio^
ne altamente qualificata della
progettazione e deirassistenza ai
clienti, attività di supporto alla
produzione che coinvolgono tecnici e produttori dei Paesi più
disparati.
La serietà e la capacità imprenditoriale dimostrate dall’azienda, il grado di professionalità dei suoi dipendenti sono testimonianze valide che arrecano
onore e prestigio alla nostra città.
La Beloit Italia S.p.A. opera
nella nostra città dal 1958 con
crescente successo, tanto da essere considerata azienda leader
nella fabbricazione di impianti
per la produzione della carta.
La cerimonia della premiazione si terrà nella Sala di rappresentanza del Palazzo comunale
in data 9 aprile p. v. alle ore 17,
presenti le Autorità cittadine.
Il Presidente
Ennio Battaglino
STORIA RELIGIOSA
£ SORIA CIVILE
Caro Direttore,
oggi ci insegnano che valdese viene
da Vaido o Valdesio. Non credo che
ci siano eiementi sufficienti per esciudere che sia il contrario, o che I due
termini si presentino paralleli, contemporanei, confluenti. Evidente pare
la parentela con Wald e con vauda,
quindi il « selvaggio >■ o qualcosa di simile. Non mi dilungo. Fatto -sta che
a un certo momento c’è un Paese il
cui nome geografico è le Valli (come
si trovava in certe carte) o Valli Vaidesi. Come si chiameranno i suoi abitanti, i suoi cittadini, il suo popolo?
Un popolo, si noti, marcatissimo dalla
sua storia religiosa. Ma che non può
aderire tutto alla Chiesa Valdese o
alla fede valdese che questa presenta.
Per evitare equivoci e nell'incertezza
etimologica, io sono disposto a chiamarmi Valvaldesiano, e Occitano delle Valli Valdesi. « Un valdese che oggi
non crede in Cristo perde... » scrive Alberto Taccia sull'Eco-Luce dell'll marzo.
lo che non credo ecc., in sostanza
che non vedo la Croce, almeno non
credo come mi è stato insegnato, non
perdo nulla, anzi penso di aver fatto
un passo avanti (non faccio adesso la
mia professione di fede) e non mi
lascio espropriare della mia storia,
che comprende la storia valdese. Libero ognuno, indipendentemente dalle sue origini, di ritrovarsi o di ritrovare qualcosa di sé nella storia
valdese e delle Valli Valdesi, e anche
di credere che gli altri sbaglino.
Che sia senza chiusura ecclesiastica, presunzione sacerdotale o invadenza. Per lo più i valdesi sanno e
cercano di astenersene. Ma si creano a volte condizionamenti che fin
dalla mia adolescenza, quando son venuto ad abitare a Torre, e anche dopo,
ho trovato soffocanti e indebiti. Difficili da evitare?
La festa del XVII Febbraio dovrebme essere Innanzitutto civile, per I vaidesi e per i cattolici e per gli altri,
come fu nel 1848. Credo che sia opportuno che la organizzata, visibile
Chiesa Valdese se ne interessi. Non
mi pare incompatibile con il buon annuncio della Vita Eterna.
Gustavo Malan, Torre Pellice
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Il giornale mi porta la notizia della
partenza di Lucilla Rochat Jervis. E mi
ritornano alla mente gli anni di guerra,
quando Willy e lei hanno sofferto e
lottato dandoci esempio di fede ma
anche di azione e non di passività.
Willy venne allora da me, inviato dal Comitato di liberazione dell'alta Italia
per contatti con i rappresentanti degli
alleati nemici di Hitler. Chiedeva fra
altro invio di armi paracadutate, azioni
quindi di guerra... eppure proprio allora, mentre conversavamo in casa, sbuca un mio figlio bambino con un manico di scopa correndo nel corridoio
ed imitando gli spari. Willy mi dice
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Concerti
FRALI — Venerdì 1 aprile, alle ore
21, nel tempio valdese il gruppo corale « Turba concinens » presenterà una
serata di canti sacri e profani rinascimentali.
SALUZZO — Nell’ambito della rassegna di giovani concertisti, venerdì
8 aprile, alle ore 21, presso il salone
in Salita al Castello, avrà luogo un
concerto della pianista Michela Marassi.
Programmi di Radio Beckwith
91.200 FM
TORRE PELLICE — Si segnala che il
programma Grenen, a partire da venerdì 1>“ aprile, verrà trasmesso alle ore
19 anziché alle 18; resta invece invariato l’orario della replica alle ore 15
del lunedì. Si ricorda anche che ogni
primo lunedì del mese, alle ore 18.45,
va in onda un programma curato da
Amnesty International; il secondo lunedì del mese, in medesimo orario,
viene trasmesso il programma autogestito dalle F.G.EjI.
Consiglio comunale
TORRE PELLICE — Giovedì 31 marzo,
alle ore 18.30, è convocato in seduta
PARIS
allora: Rivoir, bisogna educare i nostri figli alla pace e distoglierli dai
giochi di guerra. Non lo avevo denunciato come dovere legale, data la
sua clandestinità ed uscendo dalla
Svizzera venne fermato dall’esercito
che vigilava. Venni interrogato (benevolmente) dalla Polizia chiedendomi se
veramente Willy avesse pernottato da
me e chi era. Purtroppo venne liberato... Ma quei lontani ricordi fan si
che io sorrida udendo dei teorici oggi, nella pace, ohe discutono di come
bisogna agire quando vi è guerra. Di
come agirono JanaveI, Jahier, Arnaud...
Confesso di aver allora trasgredito a
varie /iprese la legge, fra l'altro ad
esempio dando dei certificati di battesimo a persone ohe per motivi razziali tentavano di sopravvivere, e rifiutandomi di battezzarli quando in
realtà avevano soltanto bisogno di un
certificato di battesimo: ho mentito.
Ma non è sempre così la nostra vita? Abbiam bisogno di una linea chiara ma teorica di condotta, ma poi nella realtà di ogni giorno dobbiamo chiedere a Dio di non sbagliar troppo e
di scegliere il meglio. Willy era teoricamente per la pace e lo sono anche io,
ma Willy combatteva allora perché lo
considerava necessario come JanaveI,
come Jahier, come quelli della gloriosa marcia attraverso la Savoia per
ritornare alle proprie terre dove credevano di avere da Dio un compito:
conservare l’autenticità del Vangelo,
come dovremo fare nuovamente tutti
se sarà necessario. Che Dio ci aiuti.
Guido Rivoir, Lugano
XVII Février
yon.
CHI CERCA TROVA...
Chi cerca trova (specialmente se sono in molti a cercare...). La bicicletta
della maestra Maria Bouchard Rivoira è
stata trovata.
La maestra ringrazia sentitamente i
cari amici per avergliela portata a casa.
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pubblica il Consiglio comunale presso
la sala consigliare del municipio: In
esame tra l'altro le prime modifiche
al bilancio 1988.
Cinema
TORRE PELLICE — Nel primo fine settimana di aprile verranno proiettati al
Cinema Trento ven. 1°, alle ore 21
« The dead -f Gente di Dublino »; sab.
2 « Attrazione fatale »; dom. 3, ore
16, « Le avventure di Peter Pan » (dis.
animato) e alle ore 18, 20, 22 « Attrazione fatale »; lun. 4 (dalle ore 16) «'Il
segreto del mio successo ».
Domande
su Gesù
Venerdì r aprile sulla rete 1 RAI,
dalle ore 16 alle ore 17.55, e dalle ore
18.09 alle ore 19.40 andrà in onda una
trasmissione condotta da Nuccio Fava
dal titolo « Domande su Gesù: La giustìzia secondo Gesù ». Intervengono in
studio per rispondere alle domande dei
telespettatori padre Vanohye, rettore
dell’Istituto biblico dell’Università gregoriana di Roma, monsignor Pancomio, vescovo ausiliario di Roma, e un
pastore valdese.
Si possono fare domande telefonando al n. 081/635.455.
PARIS — Nous avons fêté le
17 février tardivement mais nous
l’avons fait malgré la faiblesse
numérique des 'Vaudois à Paris.
Madame Gilmer-Appia assumait la réception dans son appartement de la rue Souffot, proche du Panthéon et de la Sorbonne.
Nous avons abandonné à cette
occasion le rituel conférencier et
choisi de nous entretenir de sujets actuels: la Grande Rentrée
et la Révolution Française dont
les commémorations coïncideront, établissant ainsi le rapport
Réforme - Révolution dans les
Vallées.
Le sujet très riche fait l’objet
en France de publications qui
nous l’esperons, vous parviendront.
Notre collecte a été partagée
pour les asiles de vieillards de
Luserna San Giovanni et de San
Germano Chisone.
« Ritorrui, anima mia, al tuo riposo, perché l’Eterno ti ha colmata di grazie »
(Salmo 116: 7)
Domenica 13 marzo è andata col
Signore
Sara Cenovesio Angeleri
Lo annunciano, ricordando la sua
profonda fede e il suo coraggio, i figli
Olga, Lydia, Paolo e Franco, le nuore,
i generi e i nipoti.
Padova, 20 marzo 1988.
RINGRAZIAMENTO
« L’anima mia s’acqueta in Dio
solo; da Lui viene la mia sai
(Salmo 62: 1)
Il 27 marzo è mancata aU’affetto dei
suoi cari
Maddalena JanaveI
ved. Eynard
I familiari ringraziano tutte le gentili persone che hanno condiviso il loro
dolore, in particolare le Sigg.re Ivonne,
Rosetta e Pauline Cesan per la loro
amorevole assistenza.
Torre Pellice, 1” aprile 1988.
• Messieurs Fridel et Appia
envisagent pour les beaux jours
une visite au musée Calvin à No
• Nous avons reçu communications du Colloque International
d’Aix-En-Provence des 8, 9 et 10
avril sur les Vaudois. Espérons
que de nombreux jeunes et
moins jeunes pourront y assister.
• Tous nos voeux au professeur Mademoiselle Liliane Ribet
qui s’emploie à créer aux Vallées
un cercle francophone.
Trop de gens viennent à Paris
et en France sans buts définis,
cela leur permettrai d’être mieux
préparés à affronter leurs problèmes.
H. Vigne-Rlbet
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 3 APRILE 1988
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
LUNEDI’ 4 APRILE 1988
Villar Perosa: FARMACIA DE PAOLI
- Via Nazionale, 22 - Tel. 840707.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva a feetiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 3 APRILE 1988
Luserna San Giovanni; FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Telef. 90223.
LUNEDI' 4 APRILE 1988
Torre Pellice: FARMACIA MUSTON,
Via Repubblica 22 - Telef. 91328.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice; Telefono 91.996.
L
12
12 fatti e problemi
1® aprile 1988
LA DENUNCIA DI UN DIPENDENTE DELL’AERMACCHI
Dall’Italia le armi per il Sud Africa
Da più di ventanni contratti con il Sud Africa per la fornitura di
aerei militari - L’embargo al governo razzista e i modi di aggirarlo
Elio Pagani, dipendente delrAermacchi (azienda privata ma
con partecifKizione pubblica delriri-Finmeccanica al 25%) desidera vuotare il sacco. « Il mio
impegno di cattolico — come
egli dice a Famiglia Cristiana,
il settimanale che ha dedicato
nel suo numero del 16 marzo
scors'o un ampio servizio ai rapporti commerciali Italia/Sud Africa — mi impedisce di tacere
ancora su questo scandalo ». Secondo quanto egli stesso afferma, sta per presentare un esposto alla Magistratura, nella speranza che esso provochi un intervento efficace per accertare eventuali responsabilità allo scopo di « impedire che le prove
siano occultate o inquinate ». Ma
egli vuole soprattutto affermare
il diritto al rispetto della propria coscienza: « Come credente
ritengo questi traffici un peccato collettivo, per cui credo sia
necessario sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità politiche sulVobbligo morale di por
fine a questi commerci di morte ».
Anzitutto sarà bene precisare
che l'Aermacchi, con circa 2.500
dipendenti, ha una produzione
essenzialmente aeronautica: velivoli da addestramento e da attacco leggero (gli Impala I e II),
velivoli da appoggio tattico, supporti per le bombe. Globalmente la sua produzione militare copre il 95% del fatturato.
Per quanto riguarda il Sud
Afrira — come precisa Pagani
neU’intervista — il primo contatto risale al 1964. In un secondo tempo venne creata VAtlas
Aircraft Corporation of South
Africa, che produce su licenza
italiana.
Come certo molti lettori sapranno, l’Italia ha aderito nel
1977 all'embargo votato dall’ONU
nei confronti del Sud Africa, con
Maria
(segue da pag. 1)
il pensiero protestante, ma che
deve ormai perdere il suo valore normativo;
— Maria può anche essere vista alla luce della presenza di
prostitute e pubblicani negli evangeli. Dimostrerebbe la figura
di un Dio che sceglie di agire
dal fondo della società e del mondo. Questo al massimo potrebbe
indicare, per chi vede in Maria
la figura della chiesa, una chiesa che si costituisce dal basso,
proprio il contrario della chiesa trionfante: una teologia degli ultimi.
Ogni tema che permetta di fare teologia è degno di studio
nelle nostre chiese e nessun
argomento, per quanto considerato terreno ormai superato, ci
può esonerare da una lotta con
la nostra teologia.
Erika Tomsssone
particolare riferimento alle forniture di carattere bellico, ivi
compresi pezzi di ricambio, parti staccate di materiale militare,
nonché licenze di fabbricazione.
Già in precedenza erano state
denunciate violazioni a quest'embargo, ma per lo più senza il
riscontro di prove precise. Ora
invece la denuncia di Famiglia
Cristiana si basa su prove (pubblicazioni « riservate » e bolle di
consegna) che si sono protratte
almeno fino all'aprile 1985 (tre
buoni d'ordine per pezzi di ricambio). Nel 1980 vi fu la consegna di 70 aerei, a fronte di un ordinativo di 140 velivoli.
A domanda dell'intervistatore,
il Pagani, pur non avendone la
certezza, si dice convinto che
i contatti col Sud Africa continuino a tutt'oggi. A questo proposito egli fa notare che basta
prendere un elenco telefonico di
Varese per scorgere l'indicazione Atlas Aircraft..., i cui uffici
distano qualche centinaio di
metri dalla Casa madre. (Per curiosità e per controllo, ho voluto consultare detto elenco telefonico per gli anni 1987/'88 e
l'indicazione risulta precisa, malgrado l'embargo anche sulle licenze di fabbricazione. Particolare interessante: il nome dello
Stato dell'apartheid risulta pudicamente mimetizzato in...S.A.!).
'La cosa non risulta’
Il settimanale cattolico ha voluto anche doverosamente interpellare l'Aermacchi. Franca Grandi, responsabile per le relazioni
esterne, ha negato tutto affermando che l'azienda si è atto
nuta rigorosamente aH'embargo
sin dal 1977. Circa i documenti
esistenti e oomprovanti il contrario, ella ha risposto che a loro « la cosa non risulta » e che
con l'Atlas non c’è più alcun
contatto. Infine, la funzionaria
ha voluto anche sottolineare che
a suo tempo sono stati forniti
aerei « da addestramento ».
A sua volta. Pagani ha replicato al settimanale, documentando la cosa, che anche la versione da addestramento fu consegnata modificata « per consentire i carichi richiesti »: bombe,
razzierò, mitragliatrici, cannoncini, ecc.
Come abbiamo già ricordato,
l’Italia ha sottoscritto nel 1977
la risoluzione dell’ONU di embargo assoluto di forniture di
armamenti al Sud Africa. Nell’anno successivo — come sottolinea il settimanale citato —
essa ha inoltre dichiarato di voler applicare Tembargo totale,
facendo proprio un invito delrONU a bloccare sia le esportazioni che le importazioni di qualunque genere. Il periodico sottolinea che basta andare ad una
qualsiasi Camera di Commercio,
dove sono depositati tutti i rap
porti delle ditte italiane con Paesi stranieri, per rendersi conto
che l’embargo non viene osservato. Ecco quanto viene precisato: « Nella sola provincia di
Vicenza risultano 155 nomi di
industrie che attualmente commerciano col Sud Africa. Importano ed esportano di tutto: dalle pelli ai pezzi di ricambio per
autocarri ».
E’ l'oreficeria a predominare:
mentre l'Italia importa il 20%
dell’oro sudafricano attraverso
banche svizzere o « triangolazioni » (singolare coincidenza con
la questione degli armamenti!)
nel solo Vicentino sono nove le
ditte che esportano gioielli, catenine d’oro, macchinari per la
lavorazione dei metalli preziosi.
Uno dei titolari di queste aziende ha precisato che le relative
autorizzazioni « ci vengono regolarmente concesse ». Il settimanale conclude: « Il paradosso sta
proprio nel fatto che l’Italia si
è impegnata a non commerciare col regime di Pretoria, ma le
ditte italiane possono farlo perché nessuno nega i permessi e
le autorizzazioni. Anche numerose banche continuano ad investire in Sud Africa ».
D'altronde, una conferma in
tal senso si era già avuta sul
settimanale 11 Mondo, noto per
la serietà delle sue informazioni. Nel suo numero del 7 settembre 1987 affermava che l’Italia, alla fine del 1986, si trovava
al sesto posto fra i Paesi esportatori in Sud Africa, con un fatturato (sia pure in calo in confronto agli anni precedenti) pari
a circa 15 mila miliardi di lire.
Roberto Peyrot
La realtà del Sud Africa: 237 condanne a morte, 11.000 bambini in
carcere, incendi, distruzioni.
AMNESTY INTERNATIONAL
Prigianieri del mese
Liu Shanquing - REPUBBLICA
POPOLARE CINESE
Jack Mapanje - MALAWI
35 anni, ingegnere elettronico,
di Hong Kong, ma di origine
etnica cinese. Era un sostenitore del « movimento per la democrazia » degli anni ”70. Dopo
la sua partenza da Hong Kong,
il 25 dicembre del 1981, fu arrestato a Guangzhou (Canton),
dove si era recato per far visita a dei parenti di un noto attivista detenuto in quella località.
Non avendo più fatte ritorno a
casa, suo padre si recò a Guangzhou per cercarlo. Qui seppe
dalla polizia che suo figlio era
stato arrestato, ma non potè vederlo. In seguito fu informato
che Liu era stato processato e
condannato (febbraio ’83) a 10
anni di reclusione per « reati di
controrivoluzione ».
Rivolgete appelli per la sua
liberazione a:
43 anni, sposato, tre bambini,
capo del Dipartimento di lingua
e letteratura dell’Università. E’
il poeta più famoso del Malawi.
Non si conosce con precisione il
motivo dell’arresto, avvenute il
25 settembre '87, ma esso coincide con la messa al bando del
suo libro di poesie: Of Chameleons and Gods (pubblicato a
Londra neH’8l). In Malawi è
considerata reato la pubblicazione di materiale che possa
« minacciare l’autorità di governo o la fiducia del pubblico riposta in esso ». E’ detenuto
« incommunicado », cioè in un
posto segreto, senza alcuna accusa. La detenzione senza limiti di tempo né processo è legale nel Malawi.
del codice penale turco è stato
accusato di avere svolto propaganda comunista e in base all’art.
159 di aver insultato le autorità
dello stato. Alla base delle accuse c’erano i 23 articoli da lui
scritti sul giornale.
Scrivete per chiedere la sua
immediata scarcerazione a:
Prime Minister Turgut Ozal
Basbakanlik
Ankara - Turkey - Asia
Chiedete il suo immediato e
incondizionato rilascio a:
His Excellency Li Peng
Acting Prime Minister
Guowuyuan
Beijingshi
People’s Republic of China
In un mare di verde, in un'oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l'anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE RELUCE
His Excellency the Life
President
Ngwazi Dr. H. Kamuzu Banda
Office of the President and
Cabinet
Private Bag 388
Capital City - Lilongwe 3
Malawi - Africa
Hasan Fikret Ulusoydam TURCHIA
32 anni, direttore di giornale,
membro del Partito dei lavoratori e contadini turchi (TIKP).
Dopo il colpo di stato militare
deH’80, questo e altri partiti furono messi fuori legge e i suoi
membri arrestati e condannati
anche a lunghe pene detentive.
Nell’anno '80 Hasan Pikret Ulusoydam fu arrestato e rilasciato
varie volte. In base all’art. 142
Fu condannato nell’82 a 8 anni e mezzo di prigione dal tribunale militare di Istanbul, ma
sommando le sue varie altre
condanne dovrà scontare in tutto 36 anni.
Scrivete le vostre lettere con
cortesia, in italiano o meglio in
inglese.
Questi tre casi di prigionieri
per motivi d’opinione sono illustrati nel Notiziario di Amnesty
International, n. di febbraio '88.
Il Notiziario ogni mese ammonisce: « Come lasciar morire un
nomo: 1) non leggere mai cosa
succede nel mondo; 2) non sapere quante persone sono in carcere per reati d’opinione; 3) pensare che .comunque la cosa non
ti riguarda; 4) girare pagina se
Amnesty ti chiede aiuto; 5) lasciare che l’ingiustizia continui.
Pensaci, basta un tuo contributo, anche piccolo, per liberare
un prigioniero d’opinione, salvargli la vita, fermare la tortura. La libertà degli altri sei tu».
Amnesty International - Premio
Nobel per la pace 1977 - Viale
Mazzini 146 - 00195 Roma.
A cura del
Gruppo Italia 90 Val Pellice