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ECO
DELLE mm VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Nnm. 14
Una copia Lire 70
43BON AMENT1 / ?"
I L. 3.500 per Pesterò
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 50
TORRK PELLICE - 3 Aprile 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Nel 1970 seiie federazioni confessionali mondiali terranno le loro assemblee generali
Fra i problemi di rilievo
neii'ageiida del Sinodo 1970
IN
el corso del 1970 ben sette
federazioni confessionali
mondiali terranno le loro assemblee generali, fra il giugno
e l’ottobre prossimi; gli Avventisti daini al 20 giugno ad
Atlantic City (USA), la Federazione mondiale battista dal 12
al 18 luglio a Tokio, la Federazione luterana mondiale, dal 14
al 24 luglio a Porto Alegre (Brasile), i Quaccheri dall’ 1 all’ 8
agosto a Sigtuna (Svezia), l’Alleanza riformata mondiale e il
Consiglio congregazionalista internazionale dal 20 al 30 agosto
a Nairobi (Kenia), un’assemblea
in comune che sancirà l’unione
dei due organismi; e infine la
Convenzione mondiale delle
Chiese cristiane (Disciples of
Christ) dal 20 al 25 ottobre ad
Adelaide (Australia).
Già questa imponente concentrazione di assemblee confessionali nel giro di pochi mesi
spingerebbe a riflettere su che
significhino, oggi, e quale .validità abbiano ancora le organizzazioni rappresentative delle famiglie confessionali. Si tratta di
una questione che, riproposta
anche all’Assemblea generale
del CEC a Uppsala, agita qual
più qual meno tutte le Chiese,
a qualunque famiglia confessionale appartengano; e si potrebbe domandarsi se si va davvero
verso un superamento della
confessionalità, o semplicemente verso un nuovo confessionalismo.
Per questa settimana — riproponendoci di riprendere ulteriormente il discorso — vorremmo rifarci all’articolo che
un teologo luterano attualmente operante a Ginevra neH’e^uipe della Federazione luterana
mondiale, Harding Meyer, ha
dedicato sul n. 1/1970 della rivista « Evangelische Kommentare » a Le famiglie confessionali nel movimento ecumenico. Si
tratta di un articolo largamente documentario che dà una
buona panoramica della questione com’è andata evolvendosi recentemente e come si pone
oggi. Tenteremo di renderne qui
le linee essenziali, che ci aiutino a situare nel suo quadro ampio e davvero universale — in
senso geografico come in senso
ecclesiastico — un problema oggi vivo fra noi — e sdoppiato
su due binari: la possibilità e
la validità o meno del superamento confessionale (il termine
"denominazionale” non ha molta sostanza teologica e spirituale) in una nuova confessione
di fede comune, da un Iato fra
"evangelici”, e dall’altro fra
"evangelismo” e cattolicesimo
del dissenso, almeno in alcune
sue linee.
Domenica 19 aprile
Corali ad Aosta
La domenica 19 aprile, in un vasto locale pubblico cortesemente offerto dalla Regione, avrà luogo ad
Aosta una importante manifestazione canora, costituita da un vasto
jirogramma di inni, canti e canzoni
])rescntato da tutte le Corali valdesi
delle Valli e di Torino, le quali intendono adempiere attraverso il canto un servizio di indubb.o valore
nel senso della teslimonianza evangelica.
le famitílie confessionali nel movimento ecumenico "
Harding Meyer, nell’articolo citato
qui a fianco, ricorda che recentemente
il segretario generale della FLM, il francese André Appel ha definito « paradossale » la situazione attuale delle federazioni confessionali mondiali: esse vengono considerate « da un lato assolutamente superate e in parte, anzi antiecumeniche », « mentre d’altro lato esse
giocano una parte sempre più rilevante nel dialogo ecumenico e soprattutto
nel CEC ». Vi è cioè, da un lato, un atteggiamento fortemente critico nei loro
confronti, ma dall’altro si può constatare una considerevole rivalutazione.
Critica
Nel corso degli anni ’60 è andata crescendo una reazione critica all’operato
delle federazioni confessionali, sia per
ciò che concerne le loro strutture, sia
per ciò che concerne la stessa “confessionalità". Il crescendo si può constatare confrontando, ad esempio, la cosidetta Dichiarazione di Bangalore
(1961), frutto di una assemblea della
Conferenaa delle Chiese dell’Asia orientale, con l’ultimo numero del 1966 di
« Risk », la rivista curata dal Dipartimento della gioventù del CEC, dedicato nel modo più critico al tema: « Lealismo confessionale a tutti i costi? »; e
il movimento ha dato piena misura di
sé a Uppsala, ove certe intercomunioni
non sono state che punte estreme di
tutta una possente corrente che relativizza radicalmente i confessionalismi
storici.
A Bangalore, pur riconoscendo l’utile
inter-azione fra il pensiero ecumenico
e quello confessionale, erano state
espressa vive riserve nei confronti delle
organizzazioni confessionali, in quanto
le giovani Chiese temevano che il rafforzarsi di tali organismi mondiali le
bloccasse nella situazione di partners
più deboli e quindi soggetti a durevole
paternalismo, danneggiasse la loro tensione missionaria « che non può non
andare mano nella mano con una tensione appassionata verso l’unita della
Chiesa », e infine indebolisse il loro
mordente sulla situazione locale « dato
che le organizzazioni mondiali tendono
naturalmente a considerare i problemi
umani come fenomeni di massa ».
A dire il vero, questa critica alle
strutture è andata perdendo vigore negli anni successivi; ma non soltanto
perché gli uni hanno riconosciuto meglio la complementarità fra ecumenismo (sopratutto a livello locale e regionale) e confessionalismo, bensì — e più
ancora — perché per molti la critica è
andata radicalizzandosi e, trascurando
le strutture, si è rivolta contro il fatto
stesso della "confessionalità".
Prima di procedere, il Meyer nota
che se non mancano certe tracce c manifestazioni di angusto confessionalismo, orgoglioso, sicuro e autosufficiente, la realtà delle famiglie confessionali rivela a un’osservazione più approfondita che questi casi di "fondamentalismo confessionale”, di attaccamento quasi idolatrico alla lettera di una
"confessione di fede” sono casi patologici, abnormi. Si pensi che pai'ecchie
di queste famiglie confessionali — metodisti, battisti, congregazionalisti,
quaccheri — attribuiscono ben poca
importanza a testi confessionali, e in
alcuni casi rifiutano l’idea stessa di
una "confessione” che si affianchi, sia
pure in sottordine, alla pura Scrittura.
Quanto alla Comunione anglicana, la
sua larghezza dottrinale e il suo pragmatismo non ne fanno certo un bastione della confessionalità, tanto è vero
che non è facile "situare” questa chiesi' nello schieramento confessionale,
c’è sempre qualche settore non indifferente di essa che sfugge a questa o
quella definizione. E l’Alleanza riformata mondiale? Nella bozza di nuova
costituzione attualmente in fase di elaborazione si legge che all’ARM possono
aderire tutte quelle Chiese « la cui posizione, in fatto di fede c di evangelizzazione, è in accordo generale con le
confessioni riformate storiche, ove per
tradizione riformata si deve intendere
un modo di essere, un’impostazione
(ethos) biblica, evangelica e dottrinale,
piuttosto che una definizione angusta
ed esclusiva della fede o dell ordinamento ecclesiastico ». A rigor di termini, soltanto la Federazione luterana
mondiale costituirebbe una federazione
"confessionale”, fondandosi espressamente sulla comune accetta/one della
Confessio Augustana. Tuttavia anche in
questo caso il fronte ha cominciato a
sfaldarsi: nel 1952 la Chiesa Batak dell’Indonesia è stata accolta nella FLM
malgrado la sua esplicita dichiarazione
di non voler accettare TAugustana come espressione altuale della sua fede,
espressa invece ’ una propria confessione originale; e i assemblea generale
della FLM che la accolse (Hannover
1952) dichiarò che una confessione di
fede non dev’essere assolutamente una
« legge di fede », un codice. Il problema si è riproposio, con identica soluzione, nel 1967, con la candidatura di
un’altra Chiesa indonesiana, la Simalungun; e si ripropone oggi in Francia,
il seguito alle traUative di unione fra
luterani e riformati, sebbene esse incontrino serie difficoltà.
Non si può quindi davvero dire che
il confessionalismo sia oggi un flagello
che imperversi con troppa virulenza...
Purtuttavia il fatto stesso della "confessionalità” è sottoposto a critica sempre più forte, a livelli diversi,"con quattro motivazioni vi:, via più radicali.
Anzitutto si avverte l’esigenza di una
nuova lettura delle confessioni di fede
tradizionali, nel mutare delle situazioni
umane: è il rifiuto, .del resto condiviso
dalle federazioni confessionali, di ogni
fondamentalismo (letteralismo) confessionale.
Ma vi sono pure molti che mettono
decisamente in discussione la validità
attuale delle co)ifessioni di fede tradizionali e esigono una nuova formulazione di una confessione di fede comune.
Tutta una parte delle Chiese, poi, non
SI accontenta di chiedere e cercare una
nuova formulazione della confessione
di fede. Si sono moltiplicate le richieste di conferenz ' e assemblee affinché
« ci si pronunci su questioni attuali »;
le espressioni di iTioda sono « atto confessante », « chiesF confessante », « teologia viva». TI piti'!sipio fondamentale
che muove questa corrente è che i problemi attuali esigono un « confessare
nell'attualità », continuo, mai concluso.
Chi si è posto su questa via, ha varcato
il Rubicone: considera le questioni
confessionali liquidate e le chiese e le
federazioni confessionali dei relitti.
Un passo ulteriore si compie accentuando sempre più che il mondo è « il
« contesto della confessione di fede ».
L’accento e l’interesse convergono sul
campo sociale; il servizio sociale, le
scelte politiche e l’impegno per la giustizia sociale divengono i mezzi e le
forme attraverso cui si confessa la fede. Si pensa di trovare una base teologica a questa importazione, nel fatto
che Cristo e lo Spirito Santo sono all’opera nel mondo, nella vita dei popoli,
negli sviluppi e nelle rivoluzioni sociali . La Consultazione di Hong-Kong
(1966) ha affermato che confessare Cristo significa collaborare con « gli sviluppi nella vita dei popoli, attraverso i
quali lo Spirito Santo cerca di creare
una vita di unità e di sovrabbondanza
per il mondo ». A questo punto, "confessare" non significa altro che partecipare attivamente alla storia umana,
nella quale si scorge Cristo all’opera.
I. citato fascicolo di «Risk» s’impernia sulTaffermazione teologica (?) che
« Cristo è incarnato in tutte le situazioni e in tutti i popoli ».
Rivalutazione
Parallela a questa critica sempre più
radicale del fatto confessionale, corre
però, secondo Harding Meyer, un movimento inverso di rivalutazione delle
alleanze confessionali mondiali, proprio nell’ambito del movimento ecumenico. Si è riconosciuto che non soltanto
esse, per il loro carattere mondiale,
contribuivano a rompere Tisolamento
delle singole Chiese, ma che rappresentavano degli ottimi partners per
quei colloqui bilaterali che costituiscono un utile complemento al confronto
ecumenico generale. Attualmente sono
in corso almeno dodici colloqui bilaterali fra questa o quella confessione, in
una rete di rapporti che rappresentano
non un’alternativa, ma una variante o
un complemento di quelli “ecumenici”
in senso ampio. Il vantaggio di tali contatti. confessionali bilaterali sta nella
concentrazione su ciò che divide o unisce due Chiese in modo specifico, aprendosi così a possibilità di decisioni ecumeniche impegnative. D’altra parte,
con il loro carattere mondiale, le alleanze confessionali sottolineano, nel
movimento ecumenico, proprio quella
univesalità, quella “cattolicità" sulla
cui ricerca si è così insistito a Uppsala.
« Questa universalità — nota H. Meyer — nelle alleanze, confessionali mondiali si presenta piuttosto come universalità della verità e della testimonianza cristiana, mentre nel CEC essa
s. presenta piuttosto come comunione,,
vissuta in un dato luogo e m tutti i
luoghi. Semplificando, si potrebbe fors parlare di una visione "qualitativa”
e di una visione "quantitativa” dell’universalità; oppure, figuratamente, di una
universalità determinata più in base
alla longitudine o alla latitudine ». Ma
sono parte integrante Luna dell’altra e
si completano a vicenda, come ricorda
H dichiarazione votata dalla conferenza
che riuniva nel 1967 rappresentanti del
CEC e delle alleanze confessionali: « Il
CEC ricorda alle famiglie confessionali
quali sono i loro limiti e i loro compiti
nel movimento ecumenico. Esso è il
luogo nel quale le Chiese si incontrano
e possono collaborare, e le aiuta quindi a giungere a un grado di universalità maggiore di quello che ciascuna
famiglia confessionale potrebbe raggiungere da sola. Le famiglie confessionali ricordano al CEC che vi è vera
universalità soltanto là dove questa si
radica nella verità. Tale interdipendenza dev’essere riconosciuta da entrambe
le parti ».
* * *
Abbiamo dunque constatato, nel quadro tracciato sopra, due movimenti pa(continua a pag. 3)
di comunicazione di massa
Nella sua ultiina circolare la Tavola Valdese ricorda alle chiese vaidesi che nelTagenda del prossimo
Sinodo —. il quale, com’è noto, si
terrà a Torre Pellice dal 23 al 28
agosto .— dovrà occupare un ¡Josto
<li rilievo il dibattito sulla stampa e
sui mezzi di comunicazione di massa, com’era stato stabilito dalla scorsa sessione sinodale (A.S. 1969, art.
19). In varie comunità il problema
comincia del resto ad essere dibattuto; la Tavola incoraggia caldamente tutte a farlo e, affinché non
si rischi, in Sinodo, di avere un dibattito improvvisato, facilmente polarizzato sui periodici, trascurando
le questioni di fondo collegate con il
problema della testimonianza cristiana attraverso i moderni mezzi di
diffusione, ha ritenuto opportuno
nominare una commissione di studio (pastori Alberto Ribet e Luigi
Santini, prof. Bruno Corsari ), con
l’incarico di preparare in proposito
una relazione che la Tavola poi esaminerà e, se sarà il caso, trasmetterà al Sinodo.
IL 19 APRILE
la domenica
della Facoltà di reologia
Iniziato il 4° Corso
di aggiornamento pastorale
D’accordo con il Consiglio della Facoltà Valdese di Teologia, a Roma, la
Tavola ha fissato per il 19 aprile la
« domenica della Facoltà ». Professori
e studenti sono anche quest’anno volentieri a disposizione delle chiese per
la predicazione domenicale e per altri
incontri nelle comunità o nei gruppi
giovanili. In quel giorno la colletta sarà raccolta a favore dell’opera della
Facoltà, il cui bilancio — segnala la
Tavola — presenta un deficit pesante,
anche superiore a quello dello scorso
anno alla medesima data.
S’inizia in questi giorni il 4" Corso di
aggiornamento pastorale (2-9 aprile),
che annualmente raduna a primavera
un gruppo di pastori evangelici italiani.
iiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiNiiiiiiliMiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiMiiiiiiMiiiiiimMiiiiiiuimiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiHiii
le luove misure sulla emigraziooe in Svizzera
Il governo elvetico ha emanato
nuove misure sulla emigrazione di
stranieri in Svizzera; si tratta dell'equivalente di un decreto-legge
che verrà sottoposto al Parlamento e da questo, quasi certamente,
approvato a larga maggioranza.
Secondo queste nuove misure,
l’emigrazione è contingentata per
tutto il Paese e corrisponde, grosso modo, al 50% del numero degli
operai stranieri che presumibilmente rientreranno in Patria volontariamente. Il contingente nazionale è stato poi suddiviso nei
singoli Cantoni in base al numero
degli operai stranieri che vi lavorano, alle necessità locali e al previsto sviluppo industriale futuro.
D’altra parte queste norme non
concernono gli stagionali e i frontalieri e ne sono altresì esclusi i
dipendenti delle organizzazioni internazionali, il personale degli
ospedali e istituti sanitari, i rifugiati, ecc.
Il decreto governativo ha suscitato molto scalpore in Svizzera e
anche all’estero, ma una attentapoi non avere case, scuole, ospe
lettura di esso permette di ridimensionarlo largamente. Esso ridurrà certamente l’affiusso di nuova mano d’opera in Svizzera, ma
in misura molto limitata; tra quelli che sono ammessi di diritto e le
eccezioni ci si avvicina tranquillamente al 75% deH’afflusso indiscriminato attuale. In secondo luogo
il decreto serve efiìcacemente, anche dal punto di vista psicologico,
a ostacolare la cosidetta iniziativa
Schwarzenbach, che invece prevede la riduzione massiccia del numero degli stranieri residenti nella Confederazione e il rinvio in
Patria di quelli eccedenti la percentuale ammessa.
Il problema di fronte al quale si
sono trovate le autorità svizzere,
e che hanno cercato in modo molto equilibrato di risolvere, è quello dell’ adeguamento delle infrastrutture alla popolazione presente. Si deve cioè far venire centinaia di migliaia di persone perché
ciò fa comodo a determinate industrie ed interessi economici e
dall per queste persone e per quelle già residenti? Oppure non conviene limitare questo afflusso,
mentre si cerca di sviluppare in
tutti i modi le attrezzature di base? Il problema non è solo svizzero, ma anche torinese, per esempio. Certamente vi sarà (e già cominciano gli industriali interessati) chi griderà contro questa violazione della libera circolazione
della manodopera, ma quelli che
gridano lo fanno veramente nell’interesse della manodopera suddetta oppure in nome di ben diversi e più concreti interessi economici e politici? In complesso le
disposizioni governative sono state approvate dalla opinione pubblica ed è assai probabile che esse
contribuiranno a respingere la iniziativa Schwarzenbach che è, questa sì, decisamente colorata di razzismo. Tutt’al più si può dire che
queste disposizioni dovevano venire decise anni fa.
Pierluigi Jalla
2
pag 2
N. 14 — 3 aprile 1970
Qualcuno che stia sulla breccia
la malta che eoa regge
(Ezechiele 22 v. 23-31)
Se si dovesse dare un titolo alla pagina del libro di Ezechiele che intendiamo commentare in una serie di brevi meditazioni, potremmo servirci
di questo: « I delitti di Gerusalemme: nella oscura vicenda sono coinvolti I profeti, i sacerdoti, i capi politici ed il popolo nel suo insieme ».
E una pagina di viva attualità, anche se il suo contenuto risale storicamente al tempo in cui l’esilio babilonese incombeva sul destino del popolo d’Israele, in modo speciale sulla città di Gerusalemme, negli anni
dal 597 al 586 a. C.
Quali sono le colpe che Dio rimprovera a Gerusalemme per bocca (li
Ezechiele? Sono in causa prima di tutto i profeti il cui compito è sempre
quello di annunziare la parola dell’Eterno e di essere sentinelle vigilanti
in mezzo al popolo, nelle circostanze religiose e politiche in cui viene a
trovarsi. Purtroppo anche il ministero profetico può essere profondamente
alterato dalla infedeltà di coloro che lo esercitano. A Gerusalemme, i profeti, invece di guidare il popolo verso l’Eterno, « cospirano contro di
Lui », seducono la gente con falsi insegnamenti, corrono dietro alle anime « carne un leone ruggente alla preda » per sfruttarle, privandole dei
loro denari e dei loro beni. Dovrebbero avvertire il popolo e fargli comjtrendere la portata degli avvenimenti in corso alla luce del giudizio di Dio
sulla storia delle nazioni; invece si preoccupano innanzi tutto della loro
situazione materiale e, come diceva Geremia, « curano alla leggera la piaga
del mio popolo, dicono; pace, pace, mentre pace non v'è »,
Non è facile essere profeti, soprattutto se non c’è vocazione da parte
di Dio. Ma anche nei casi in cui la vocazione è stata avvertita, l’annunzio
della Parola di Dio richiede umiltà, vigilanza, coraggio e coerenza di vita.
E necessario uno spirito di fede nella verità e nella potenza della Parola
di Dio. Guai ai profeti di ieri e di oggi se dicono: « Cosi parla VEterno,
mentre l’Eterno non ha parlato affatto ». Il cosidetto « silenzio di Dio » di
cui spesso si parla oggi è esso veramente « di Dio » o non è invece il silenzio nostro, il silenzio dei credenti i quali soggiacciono alle loro j)aure ed
alla loro incredulità? La chiesa, che stenta a discernere nella predicazione
la ragion ^l’essere della sua testimonianza nel mondo, è essa in grado di
ascoltare prima di predicare, ma di ascoltare innanzi tutto e in modo ultimo e definitivo la voce del suo Signore?
Nella Gerusalemme di Ezechiele, come nelle capitali religiose e politiche del nostro tempo, i profeti hanno delle « visioni vane » e menzognere, ma non sono per questo inattivi. La loro esperienza si ripresenta in
ogni generazione, anche nella nostra. Quando le tensioni aumentano e le
strutture rischiano di crollare, si vuol sempre far qualcosa per evitare i!
peggio: con quali mezzi e con quali argomenti? L’attivismo, i rimedi superficiali, i restauri apparenti non possono nascondere la gravità delle lesioni tanto all’esterno quanto nelle strutture fondamentali. I profeti intonacano per ingannare la gente, ma « intonacano tutto questo con malta che
non regge ». L’ingiustizia e l’empietà dilagano ugualmente nel paese, le
infedeltà della chiesa non sono per questo meno reali.
Troppi nostri discorsi sulla piazza e negli uffici, troppe nostre prediche in chiesa sono « malta che non regge »: parole, parole e ancora belle
parole, che tuttavia non esprimono una robusta fiducia nella Parola di Dio,
capace di riparare in modo serio le brecce e di impedire i crolli. Non mancano accanto a noi i politici ed i finanzieri, le autorità religiose in alto ed
in basso, gli scienziati e gli intellettuali, i responsabili di nuovi schemi e
di nuove strutture. Dove sono i profeti decisi ad abbandonare la « malta
che non regge » per operare con la Parola di Dio, creduta ed ubbidita?
Non andiamo a cercarli soltanto fra gli uomini di chiesa; in un senso
lato e sempre biblico, i credenti sono tutti profeti dell’Eterno nel loro
paese. La « malta umana » non regge a lungo; Dio ricrea e riedifica con la
Sua parola di verità.
È necessario che lo diciamo e, soprattutto, che lo crediamo.
Ermanno Rostan
Hromadka è morto due volte
Questo testo, pubblicato da "La Vie
protestante" nel suo numero del 6
marzo, è stato indirizzato al giornale
protestante svizzero da un gruppo
di studenti cristiani di Praga che !o
hanno firmato.
Questo articolo è pensato e scritto
nel nome di coloro che hanno perduto
due volte Hromadka. Alla sofferenza del
cordoglio si è aggiunta l’amarezza di
una cerimonia incompleta, compromessa, assai significativa di un gennaio praghese che comincia male.
Nella chiesa, nelle prime file, delle
sedie erano riservate ai rappresentanti
dello Stato, fra i quali il Ministro della
Cultura Bruzek. Potevamo aspettarcelo,
il regime attuale è riuscito a seppellire
Hromadka: il suo elogio funebre di
servitore della repubblica e del socialismo è stato pronunciato dal responsabile degli affari religiosi al Ministero
della Cultura, sig. Hrusa, il quale occupava questo posto già sotto Novotny.
Allontanato nel 1968 e poi « riabilitato »,
egli è in qualche modo il capo del controllo esercitato dallo Stato sulla
Chiesa.
Uno Strano omaggio
Strano l’omaggio al ruolo politico
svolto da Hromadka attraverso le parole pronunciate da uno dei più tipici
rappresentanti dell’attuale neostaiinismo praghese. Ciò mentre nell’assemblea si trovavano i veri collaboratori
marxisti di Hromadka, oggi perseguitati. Fra di essi il professor Machovec,
presidente della lega ceca dei diritti
dell’uomo (oggi disciolta), la signora
Kadlecova, sociologa, che occupava il
posto del sig. Hrusa nella primavera
1968 e l’ex Ministro della Cultura Hajek. Essi sapevano quale era stato il
dialogo di Hromadka con il marxismo.
Ma tutti costoro sono oggi ridotti al
silenzio.
Un silenzio che in tutti i discorsi pronunciati quel 4 gennaio, è stato ugualmente imposto a Hromadka, come se
tutta la sua attività dopo l’agosto ’.68
non fosse esistita. Coloro che hanno :resc omaggio alla personalità ecumenica
di Hromadka non hanno potuto cancellare il senso di disagio: Hromadka
era già qualcuno del passato. Compromesso cui non era possibile sottrarsi,
ma doloroso. La Chiesa non ha avuto la
forza di dire tutto su Hromadka sino
in fondo. Il decano della facoltà di teologia, prof. Stoucek, ha sottolineato il
non dogmatismo di Hromadka e la sua
fedeltà alla autenticità ed alla verità
come sue sole norme.
Al di là dei silenzi
Tacere non significava dire nulla: il
suo significato cambia secondo la situazione nella quale si tace. Ed è un peccato che in questa cerimonia si sia tanta taciuto, perché è a causa di un certo
silenzio che ciò che è stato detto assume un significato differente: non si è
detto nulla di ciò che Hromadka poteva
rappresentare con il suo atteggiamento
dall’agosto 1968 alla sua morte. Si è
reso omaggio ad un Hromadka diverso
miiimiiiirmiiiMMiii
imimitiiiiMimii'i
Una conferenza del prof. Bruno Corsani a Torre Pellice e a Pomaretto, a cura del Collegio Valdese
Pietro a Rome 7
Domenica 22 marzo, presso la Foresteria di Torre Pellice, davanti a un
pubblico numeroso e attento, il prof.
Bruno Corsani, decano della Facoltà
teologica valdese, ha tenuto l’attesa
conferenza: Pietro a Roma?
Il discorso del prof. Corsani è stato
diviso in due parti. In primo luogo è
stata presentata una ricostruzione della vita deH’apostolo Pietro, attraverso
le scarse notizie neotestamentarie, che
se non escludono in modo assoluto la
sua presenza a Roma, non danno elementi che avvalorino le affermazioni
in tal senso della Chiesa romana. Questa prima parte della conferenza è stata completata con la dotta discussione di scritti di padri della Chiesa dei
primi tre secoli.
Nella seconda parte sono state date
notizie sulle ricerche archeologiche
condotte sotto la Basilica Vaticana e
sulle deduzioni in appoggio alla venuta di Pietro a Roma fatte in base alla
scoperta del presunto sepolcro dell’apostolo.
L’esposizione critica di queste deduzioni crea forti dubbi sulla serietà
di talune interpretazioni di fatti visti
a sostegno di una tesi particolare.
La conferenza, seguita da una discussione alla quale hanno preso parte i pastori Bertin, Sonelli, Rostagno,
il prof. Armand-Hugon e la signora
Ribct, ha messo in evidenza il fatto
che la Riforma, ponendo in modo particolare l’accento sull’apostolo Paolo,
ha lasciato in disnarte la figura di
Pietro, la quale, indipendentemente dal
problema della sua venula o meno a
Roma, deve essere rivalutata.
Nella serata il prof. Corsani ha poi
tenuto la stessa Conferenza a Pomaretto, nel tempio, e ha presieduto il
Culto del Collegio il lunedì mattina.
Il Collegio desidera ancora ringraziare vivamente il prof. Corsani per la
sua preziosa collaborazione.
Come al solito, al termine delle riunioni, sono state date notizie sull’attività del Comitato del Collegio e sull’andamento del lavoro sia nel campo
organizzativo che in quello economico.
Si annunzia fin d’ora che il prof.
Valdo Vinay trascorrerà a Torre Pellice il week-end 25-26 aprile, dedicandolo al Collegio, con incontri con il
comitato e con i professori e tenendo
la conferenza pubblica il pomeriggio
della domenica sul tema: Dio e la storia dell’umanità nel pensiero di Martin
Lutero.
Infine tutti ricordino i seguenti numeri di conto corrente postale e bancario intestati al Comitato del Collegio Valdese: c/c postale num. 2/32709;
c/c bancario num. 56760 - Istituto Bancario Italiano - Torre Pellice.
il Comitato del C. V.
Unione Femm. della Chiesa Evangelica di lingua italiana - Zurigo 72.569
U.1
i amici :
« in memoriam del Pastore Elio Eynard »
Cignoni Marcello e Paola. Roma 10.000
Cignoni Mario, Roma 3.000
Conte Giovanni, Pastore. Papéété 5.000
Ilelfiker Tecla e famiglia R. Ilelfi
ker, Torino 60.000
Shafli Mario. Pastore, Roma 10.000
Gianassi Revel Emilia, Castellamonle 5.000
Taccia E. E.. Torino 20.000
<( in mem. della signora Adele Suhilia »
D.tni ricevuti dal Comitato
del Collegio Valdese di Torre Pellice
a tutto il Ifi marzo 1970
(8” ELENCO)
L. 30.000
10.000
200.000
6.725
Da Chiese Valdesi:
Collcfcrro (1° versamento)
Ferentino (1" versamento)
Piarostino (1° ver.samenlo)
Prarostino (colletta pro-C-ollegio del
Quartiere Cardonalti)
Praro.slino (colletta pro-Collegio del
Quartiere Coll.-iretto)
Prarostino (colletta pro-Collegio del
Q —rtiere Pralarossa)
Prarostino (colletta ttro (.ollegio del
Qua. fiere Roc)
Rimini (5" versamento)
Torino (9" versamento)
Torre Pelliec (2° versamento)
’Porre Pellice (3' versamento)
I)' Associazioni ed .Enti vari:
Av" Giovanni Agnelli. Presidente Spa
Fiat - Torino L. 1.000.000
Colletta a Foresteria Valdese Torre
Pellice (22-2-70 conferenza del Pastore Giorgio Bouchard) 51.520
E.P.E.R. (tramite Past. F. G.scwhend
- Neuchâtel - .Svizzera) 1.454.965
Unione delle Madri - Chiesa Valdese
di Prarostino (fiori in mem. sig.ra
Irene Charbonnier) 18.600
Cignoni Mario. Roma
« in memoriam dei curi nonni »
Roman Viviana e Marco, ’forre P.
Doni :
Beri Guido, ’forino
Cignoni Mario. Roma
Introna Ida. Roma
Janavel Luigi, Torre Pellice
Mazzulla Wanda. Roma
Szollosy lidc e Stanislao. Roma
8.920
■L960
21.000
10.000
105.000
485.000
15.000
POMARETT
d i quello che noi abbiamo conosciuto.
Qccorre rettificare.
Ci si attendeva l’evocazione esplicita
dell’atteggiamento politico di Hromadka negli ultimi tempi. Cioè una parola
incoraggiante in una situazione di delazione decretata, di autocritiche flagellanti, di revoche , di decisioni, di angoscia per un letargo che ci minaccia
tutti. Il silenzio dei discorsi su questo
periodo lasciava supporre che Hromadka non aveva registrato il 1968, la
sua primavera e la sua fine precoce, o
che egli avesse preso in considerazione
questi avvenimenti senza che essi avessero giocato per lui alcun ruolo importante.
Ciò facendo, la teologia di Hromadka
è stata disincarnata.
Noi non possiamo né vogliamo rimproverare agli oratori la loro mancanza
d' coraggio. Del poco che noi stessi
abbiamo ne facciamo economia... Ma
noi ci rammarichiamo che non sia stat-i colta l’occasione per dire qualcosa
d’altro a coloro che avevano bisogno
d: ascoltare qualcosa d’altro.
Noi non ci arroghiamo il diritto di
chiamare Hromadka nostro padre spirituale. Non non abbiamo condiviso il
suo punto di vista sugli eventi del 1948
(assunzione del potere da parte dei comunisti) né sulle sedicenti deformazioni del socialismo. Vi sono dei punti sui
quali, nel corso delle nostre discussioni
con Hromadka che egli ha sollecitato
fino agli ultimi tempi, noi non eravamo
mai d’accordo. Ma egli ha ancora qualcosa da dire a noi, il cui programma
politico oggi non consiste in altro che
nella ricerca di un modo onesto di sopravvivere e aiutare gli altri a sopravvivere.
la
Tragico dialogo
3.000
2.500
20.000
20.000
5.000
5.000
1.000
3.000
Totale ilei presente eleneo L. 3.666.159
Totale elenchi puhlilieati preeeil. 18.525.801
’fotale (lei doni jiervenuti a tnilo il
16 marzo 1970 L- 22.292.560
Domenica 12 aprile saranno fra noi
dolt. Frida Malati, assessore all’igiene del Comune di ’Torino, e un professore medico torinese, i quali presenteranno il problema delle malattie
tumorali-, prevenzione, terapia, nonché i problemi umani che queste affezioni comportano. La riunione si terrà nel teatro valdese di Pomaretto, alle
ore 14.30, sotto gli auspici dell’Unione
Femminile, ma è naturalmente aperta
a tutta la eomunità e a quanti s’interessano a questo problema umano che
va as.sumendo dimensioni sempre più
gravi.
og.u atteggiamento deve avere il suo
radicamento, una teologia incarnata.
« La verità, ciò a cui debbo ubbidire
per non spogliarmi di ogni onestà, per
non precipitare nella morte spirituale,
non diventare una semplice parte del
divenire naturale ».
Ques*^ verità non è per Hromadka
un impciativo impersonale, un principio freddo. Mantenendo la sua assoluta
esigenza, essa ci muove incontro. Essa
non ci mostra soltanto che, al suo cospetto, dobbiamo uscirne con onore,
ma ci orienta in una direzione, ci aiuta.
Questa verità è indissolubilmente legat i alla persona del Cristo.
Per le sue funzioni nel movimento
ecumenico e nella Conferenza cristiana
per la Pace, Hromadka si trovava in
una situazione specifica e delicata. Egli
era sempre circondato da persone che
sostenevano, senza restrizioni, l’ordine
stabilito. Egli era sempre in contatto
con delegati di provenienza moscovita.
1 funzionari del Segretariato per gli affari religiosi gli parlavano con rispetto,
in una atmosfera di cooperazione ufficialmente proclamata, di amicizia, di
imponenti automobili, essi lo rassicuravano continuamente sulla loro buona
volontà. In occasione di ricevimenti gli
si sussurra che è considerato dei loro,
che è ”nas clovek”, il nostro uomo. Può
darsi che Hromadka vi abbia creduto?
Egli accetta da parte del governo sovietico il molto ufficiale premio Lenin delle pace. Si rappresentava egli veramente TURSS come la giovinezza del mondo? Nel fondo della sua personalità egli
SI era unito ad una realtà storica. Egli
l’ha amata di un amore non certamente cieco, ma pronto a perdonare.
21 agosto 1968: « Non vi è tragedia
più grande nella mia vita che questo
evento », scrive nella sua lettera indirizzata aH’Ambasciata sovietica a Praga.
E' per lui una tragedia personale, il
crollo delle illusioni. In questa situazione egli incontra ancora i rappresentanti della burocrazia moscovita. Lo adulano ancora, anche se sempre meno
cordialmente... (per onorarlo finalmenU del titolo di ex presidente della Conferenza cristiana della Pace, mentre le
sue dimissioni non erano mai state accettate).
Si cerca di fare pressione su di lui:
t i sei uno dei nostri, ma tu ti sbagli
i.i alcune cose. Possiamo capire che ciò
sia stato uno choc per te, ma era necessario. Tu non sai ancora tutto... in
seguito tu stesso troverai che era necessario e utile ciò che i governi dei
nostri paesi hanno deciso a malincuore.
Hromadka non mette alla porta gli
amici di un tempo, conseguente con il
suo principio di dialogo e di ascolto.
Pressioni dirette e indirette
A partire dall’aprile 1969 egli ascolta
1.' stesse cose in tutti gli ambienti ufficiali, anche in Cecoslovacchia. Gli si
offre la possibilità di revocare, di i'itornare sulle sue decisioni. Gli si dice che
facendo ciò la sua opera sarebbe stata
più coerente. Al Ministero dove Hrusa
ha ritrovato il suo posto, la pressione
e diretta. Si cerca di utilizzare Hromadka, la sua risonanza in campo internazionale, per .spiegare e giustificare
1 ' posizioni ufficiali. Il Presidente di
allora del Movimento della Pace del clero cattolico dichiara alla stampa: come
nel 1948 Tarmata sovietica ha salvato
i! nostro paese dall’annientamento dei
nazisti tedeschi, cosi nel 1968 Tarmata
sovietica ci ha salvati da un colpo di
stato, dalla controrivoluzione e da una
sanguinosa guerra civile.
Ma Hromadka, benché sia cosciente
delle conseguenze del suo atteggiamento, non piega. Egli rimane fedele alta
sua tragedia « seppellendo » la Conferenza cristiana per la Pace. A 80 anni
egli avrebbe potuto servirsi delle critiche come punto di riferimento per fare
ciò che a torto gli era stato rimproverato nell’epoca stalinista: collaborare.
Hromadka ha resistito. Egli è rimasto
onesto.
Testimoniare la verità
Si tratta per Hromadka di qualcosa
di diverso dal coraggio personale. Vi
sono stali uomini mirabilmente coraggiosi di fronte alle forze brutali nell’agosto 1968 che oggi, con voce roca, balbettano la loro autocritica. Per Hromadka l’impegno è parte inerente della
teologia, una teologia secondo la quale
«SIGNORNÒ’ !»
Notizie dal fronte
antimilitarista
SERGIO CREMASCII 1 DEL COMITATO
PACIFISTA BERGAMASCO
SI E’ RIFIUTATO DI PRESTARE
IL SERVIZIO MILITARE
Il 25 febbraio. Sergio Cremaschi, del Comitato Pacifista Bergamasco (CPB), si è presentato alla caserma del CAR di Albenga (Savona) ed ha rifiutato la divisa, quale obiettore
d' coscienza. Al momento del suo rifiuto egli
ha presentato questa dichiarazione; « Sono cristiano. La mia fede mi costringe a disohbedire
a un ordine che reputo contrario al comandamento delVamore. Ritengo che il servizio militare sia attualmente strumento di consolidamento di una situazione politica che non approvo. Proclamo, non solo per me. ma per
ognuno, il diritto, che pure le leggi riconoscono in teoria, di servire la società in altro
modo ».
Sergio Cremaschi sarà processato c condannato come tutti gli altri obiettori che si trovano nelle carceri militari, per aver rifiutato
dì prestare il servizio militare per motivi di
carattere religioso o politico.
(f FORMIDABILI GIOCATTOLI »
Dal numero del 3 marzo 1970 di « Oggi »,
settimanale di Rizzoli, è iniziata una serie
di servizi sulle forze armate italiane, che sotto
1-t giustificazione delia mancanza di informazione sulTesercito da parte della stampa italiana, nasconde il tentativo di porre un .irgine
al dilagare deirantimililarismo. 11 primo servizio. firmato dal gen. Liuzzi ex capo di stato
maggiore deH'esercito, è corredato da persuasive foto di carri armali definiti dalla didascalia « formidabili giocattoli per i giovani .niilitari ». secondo la migliore tecnica pubblicitaria.
PCI PACIFISTA?
In un articolo di seconda pagina su « Le
proposte del PCI per le Forze Armate », Porgano del PCI ha preso posizione anche sulPobiettore di coscienza invitando « ...ad affrontare con urgenza il problema delVesonero dagl: obblighi di leva degli obiettori di coscienza. pienamente considerando le loro ragioni
morali e religiose... » (L*« Unità » 25-2-’70).
La superficiale considerazione che il PCI attribuisce al problema dell’obiezione di coscienza è dovuta soltanto a motivi di tattica parlamentare?
ABOLIZIONE DELLA LEVA
OBBLIGATORIA?
Il deputato Duraiid de La Penne che. se
non andiamo errati, ha pure presentato tempi fa in un discorso temilo al Parlamento,
faceva un’analisi suirineificienza delle forze
armate, organizzate ancora su vecchi schemi,
concludendo « ...che il ministro della difesa
studi a fondo il problema dell'abolizione della
leva obbligatoria e la riorganizzazione su basi
volontarie delle forze armate e che. sottoponga
li conclusioni al parlamento, sotto forma di
uit piano operativo ».
i-ABBRICANTI DI PESTE
In un articolo di Maradeì, intitolato « 1
fabbricanti di peste » su « L'Espresso-colore »
del 3-8-'69, si parla del rapporto di U Thaiit
sulle armi chìmico-battcriologiche. regolarmente inviato a Palazzo Chigi c che il governo
italiano era tenuto a diiTondere. II rapporto c
un’allucinante esposizione delle riserva di gas
velenosi e di bombe con agenti batteriologici,
che costituiscono il patrimonio dei vari eserciti. La cosa jiiú intere.ssnntc ci sembra (¡ucsta : (Í ...recentemente uno scienziato che lavora a Fort Detrick ha ricevuto la Distinguished Service Medal per aver scoperto un fungo
capace di distruggere le qualuà asiatiche del
riso. Questa onorificenza è la massima finora
concessa ad un civile dalle forze armale americane ».
OBIETTORI STATUNITENSI ESULI
L'obiezione dì coscienza da parte dei giovani americani (da « Paesi* sera » del 24-11970): « .../ giovani americani che sono fuggiti in Canuila per sottrarsi agli obblighi di
leva e puindì per sfuggire alla guerra in Vietnam. sono orinai 50.000 e le. autoritìi canadesi
sono pronte ad accoglierne almeno altri 150
mila. Negli ultimi due unni il governo di
Washington ha fatto processare più di 7.000
renitenii. condannandone la maggior parte con
sentenze che vanno da tre sino ai ciii(¡ue unni
d' carcere d. Questi Ì dati essenziali di un problcraa che va facenrlosi ili rilevanti proporzioni.
PRIGIONE PER DUE OBIETTORI
Si è appreso che nella caserma del C.A.R.
LÌ Savona due altri obiettori di coscienza .sono
stati rinchiusi in celle di punizione: si tratta
di due « Testimoni di Geova ». di cui conosciamo un solo nome: Sergio .Manca.
(Dalla Redaz. di « Signornò! », Bergamo).
3
pag.
N. 14 — 3 aprile 1970
Procede fecondo il corso biblico nel presbiterio dello bassa Valpellice
Dall'aiilunno 1968 si è svolto, alternativamente a Luserna S. Giovanni e a Torre Pellice, un Corso biblico seguito con tenacia e
serietà da un gruppo di partecipanti e guidato con perseverante competenza dai pastori di
Angrogna, S. Giovanni e Torre Pellice: a
loro va tutta la nostra riconoscenza.
Dopo una lunga giornata in fabbrica o a
scuola, monitrici e monitori, maestre, professori, laici più o meno giovani e anziani formano ormai, dopo molti mesi dlncontri settimanali (il sabato dalle 17 alle 19) un gruppi affiatato, legato dairinteresse crescente per
lo studio sempre più vario e approfondito della Parola.
A turno s*inizia con la lettura biblica e la
preghiera, e la presenza del Signore è fra noi.
. n timidi/za, l’indifferenza degli inizi si è
Iin un’apertura più spontanea fra
gb imi e gli altri, come se una vita nuova, un
interesse più vivo ci conducesse a un dialogo
più fraterno, meravigliandoci insieme per
rinfinita ricchezza della Bibbia.
Quest'anno abbiamo seguito, iniziando, il
programma della Scuola Domenicale (Antico
Testamento), fino a Natale. In questi mesi i
re di Giuda e dTsraele, situati nel loro quadro
storico, geografico e politico, hanno acquistato
un rilievo nuovo e non sono più per noi una
semplice serie di nomi e di individui più o
meno malvagi. Abbiamo riconsciuto la nostra
ignoranza e ammirato la vasta cultura dei nostri pastori, in particolare i signori Bogo, Coisson e Sonelli che ci hanno guidato nella
lettura dell'Antico Testamento.
A partire dal principio del 1970, abbiamo
invece seguito la vita di Gesù nei suoi viaggi
attraverso la Galilea, i suoi incontri con le moltitudini. le guarigioni. Si sono aperte per noi
nuove prospettive, che ci aiutano a percepire
sempre più in profondità il miracolo dell’amore di Dio che si è fatto uomo.
Abbiamo imparato a conoscere il valore della teologia, verso la quale tanti nutrono sospetto e riserve, e dobbiamo riconoscere che
assai spesso anche molti teologi "moderni”
hanno veramente restituito al Cristo la sua
Signoria, la sua Maestà.
11 sermone sul monte, ristudiato con l'aiuto
del Gesù di Nazareth di G. Bornkamm, gli
studi approfonditi sulla Passione (che ci hanno tra l’altro preparali a vivere con intensità
particolare la Settimana santa), il confronto
accurato fra i Sinottici e l’Evangelo di Giovan
ni ci hanno aiutalo a comprendere la teologia
del discepolo a che Gesù amava » e come egli
al)bia voluto accentuare, nel suo Evangelo, la
glorificazione del Signore, già vittorioso anche in mezzo al disprezzo e aU'abbandono degli uomini.
Ci rallegriamo di valutare meglio questa
teologia giovannica, in avvenire, seguendo la
traccia dell'introduzione alla stessa seritta dal
teologo inglese A. M. Hunter e pubblicata recentemente dalla Claudiana : Il dibattito sul
Vangelo di Giovanni; questa nuova serie sarà
particolarmente guidata dai pastori Rostagno
c Taccia.
Camniin facendo il gruppo si è un poco
assottigliato, perché le circostanze della vita
hanno interrotto la frequenza di alcuni giovani che tornano a tarda .sera dalla città.
Ora siamo 18-20: se si aggiungesse una diecina di persone, queste troverebbero ancora posto attorno alla lunga fila di tavoli accostati,
nella sala delle attività, e riceverebbero da parte del gruppo la più calda, fraterna accoglienza. I passi biblici studiati nella prima
come nella seconda ora (in questa i monitori
si valgono della competenza didattica particolare del prof. Roberto Eynard), sono di grande
varietà e spesso staccati l’uno daU’altro; cionondimeno è naturalmente preferibile un impegno seguito nella frequenza. Dopo poche
settimane i nuovi membri laici, i monitori che
si aggiungessero a noi, si troverebbero a loro
agio, con incoraggiamento di tutti: pastori e
"studenti”!
Graziella Jalla
Crociata
della Val Pellice
Dal 6 airi! aprile nel cinema Trento di
Torre Pellice sarà tenuta una Crociata della
Pellice, ogni sera (martedì escluso) alle
ore 20,30: con la partecipazione di solisti e
di corali e dell'équipe « ì quattro evangelisti ».
La religione è davvero « oppio dei popoli »?
E’ indubbio che alla religione si possono associare persone mancanti di sensibilità, di carità ecc. (qualunque sia la loro condizione
sociale); è vero che talvolta le chiese si presentano come istituzioni dannose alTumanità,
e sappiamo come Gesù si sia scontrato con i
religiosi del suo tempo, lui che ricordava la
parola di Dio: <> Voglio misericordia, non sacrificio », e come siano in definitiva stati proprio loro a darlo in inano a Pilato.
Ma la religione, anzi la fede alla quale ci
chiama TEvaiigelo è altro : è prender coscienza di quel che siamo, dinanzi a Dio. alla sua
santità, al suo amore, alla sua vocazione; è
istituire __ o ricevere — un rapporto vivo
con lui, ascoltarne l'insegnamento, riceverne
vita esuberante, pace del cuore e della mente,
t'ioia di vivere, con il pane e il vestito necessari e il cuore aperto alle necessità del prossimo. La « crociata » non ha altro intento che
rendere testimonianza pubblica a questo Evangelo di liberazione, che è per tutti, giovani e
anziani. Venite, dunque, e conducete altri, e
collaborate alla riuscita. Saremo tutti chiamati
in causa, a tutti sarà offerta una « occasione ».
E tutto sia fatto nel Nome di Colui che solo
conta e agisce e costruisce; perciò diciamo:
a Vieni e vedi ».
Réunis à Paris, les Vaudois se soui^iennent
La Résistance aux Vallées
La séance du 17 février a été retardée cette
année, afin que le pasteur Georges Appia, à
qui l'on a demandé d'être notre Président,
puis.se être présent. Il a été nommé à Paris
comme Pasteur délégué aux relations oecuméniques, ce qui le fait voyager sans cesse à
travers l'Europe, et motive ce retard.
Notre réunion a été comme à l'accoutumée
fort intéressante, et spécialement celte fois-ci.
Monsieur Sibille nous a fait une causerie pasionnante sur la Résistance Vaudoise. motivée
par le livre de M.elle Gay Rochat qui parut
l'été dernier. Durant les années 1943-1945 il
participa au mouvement de résistance active
et nous fit un récit des évènements qui se déroulèrent aux Vallées, bref aperçu historique,
e: explications utiles pour éclaircir ces évènements assez abscurs pour qui ne les a pas
vécus.
Le temps a également fait son oeuvre et 25
ans ayant passés, ils permettent de les mieux
comprendre. 11 expliqua, qu à son début le
mouvement de résistance en opposition avec
l-^ Gouvernement, semblait déclancher une
guerre civile, et attirail sur les populations de
sévères représailles. Malgré tout, le caractère
relativement peu assimilé au
audois s'était
SABATO 4 APRILE, ORE 21 - TEMPIO DI SAN GIOVANNI
Concerto di musica sacra
PROGRAMMA
Prima parte: . -ìì
1 - J. S. Bach (1685-1750) - Toccata e fuga in mi maggiore UWV d66
2 - J. B. Dvkes (1823-1878) - Inno 104 ■ coro e organo
L. Bochoeois (1510-1571) - Inno 257 - coro
- Doppia fuga in mi minore ■ organo
Cantata per soprano, coro a 4 voci.
irgano
4 tromhe e organo
4 - J. Pachüi.bel (1653-1706)
5 - F. Rivoir (1922-) Credo ■
(P esecuzione assoluta)
Seconda parte:
6 - J. F. Dandkieu (1684-1740) - Offertoire in mi minore - organo
7 - J. Neaisder (1650-1680) - inno 219 - coro, tromba e organo
8 - P. L. (la Pale.stbina (?) (1526-1594) - Inno 230 - coro e organo
9 - J. B01..SCIIE (?-1684) - PreambuLam in mi maggiore - organo
Esecutori: solista: soprano. Margherita Jalla: trombe: Enrico Charbonnier, Dario Monnet,
Gioele Garnier, Giorgio Benigno; Coro Valdese di S. Giovanni; organista, concertatore
e direttore : Cantor Prof. F. Rivoir.
fascisme, et était resté — comme au temps
des ancêtres — en relations assez étroites
a\ec lëtranger, et divers pays européens, ce
qui permettait de soulever des oeillères et de
voir ce qui se passait avec plus de discernement. Il expliqua l'attitude ferme jusqu'au
bout de certains membres de l'Université de
Turin, ou d'autres membres de 1 Enseignement dans les Vallées. Monsieur Sibille, fut
extrêmement modeste comme tou ceux qui
participèrent activement aux évènements de
la guerre (en étant prisonniers ou dans des
camps de concentration — après avoir été
des soldats dans les coups durs —). U parla
en s'incorpuorant entièrement à la Résistance
parmi ses camarades anonymes. S il y en eut
environ 1500, il y en eut 150 tués et combien de disparus! Il expliqua également la
tactique des Résistants, recommençant celle
des anciens Résistants vaudois, les allées et
venues à travers les cols et le passage dune
Vallée à l'autre par les sommets de 2000 à
2300 métrés, où les Allemands — pas plus
que les antiques troupes catholiques cernant
les hérétiques — n'aimaient à s aventurer.
Avec cette causerie, nous avons pu revivre ces évènements tragiques, et nous avons vu
beaucoup mieux leur raison secrète, leur idéal
véritable. La Résistance Vaudoise, et de tout
le pays, fut nécessaire. Elle devait être. Elle
a relevé un idéal et un sentiment vaudois
envers et contre tout détail local, abus ou
petitesse. 150 jeunes hommes du pays ont
donné leur vie...
Et ces événements, que le temps a anobli,
prennent place dans 1 Histoire Vaudoise.
Nous pouvons ici remercier Monsieur Sibille de son témoignage simple et véridique,
rendu intense parce qu’il y participa.
M. le Pasteur Georges Appia fit ensuite la
lecture d’un Psaume et prononça quelques
paroles.
La collecte et le thé suivirent, moment toujours agréable, et offert par chacun qui y
apporta une gourmandise.
Nous avons à remercier le directeur de
rUnion Chrétienne, l’infatigable Mr. Cassone
qui organise notre réunion et veille à tout,
et aux Vaudois de Paris fidèles, dont les
rangs s’éclaircissent hélas...
La collecte a rapporté 250 fr. environ elle
a été destinée aux Oeuvres pour les veillards.
BEATRICE .VpPIA
I LET¥ORI Cl CE Sl> SCRIVONO
Il partito di Cristo
Gna ìeitr
da Genova :
•' 5e il Signore non edifica ìa casa,
invano si affaticano gli edificatori »
Signor direttore,
stavo per scriverle dopo aver letto
sul n. 9 del « Eco-Luce » quella sua
espressione così poco felice : « non ho
in tasca la tessera di Cristo », quando,
fortunatamente, il signor Maurizio Quagliolo mi ha preceduto, dicendo approssimativamente quello che avrei voluto
esprimere io. Tuttavia, desidererei in
questa mi breve lettera aggiungere
qualche mia impressione.
L'anno scorso (dopo aver infinite volle constatato il carattere chiaramente i
fazioso di quel giornale che, sfortuna- ¡
lamente, molti fratelli hanno accettato
come la voce più genuina e autoritaria
delTEvangelismo Italiano (intendo parlare, naturalmente, di a Nuovi Tempi »). decisi di disdirne l'abbonamento
con una lettera al direttore che terminava pressappoco con queste parole :
«. continuerò ad essere una fedele abbonata della « Luce » finché non constaterò che anche questo giornale avrà seguito la stessa linea politica di quello
da Lei diretto ». Ora, a più di un anno
di distanza, stanca di leggere « il monotono bollettino di lotta perenne contro TAinerica, i colonnelli, eccetera... »,
dovrei tener fede alla mia parola e
disdire anche l’abbonamento al caro
giornale che Lei dirige. Ma, forse col
tempo sono diventata più tollerante e
paziente e, aspettando che il Signore
ci illumini tutti un po' di più anche
per quel che riguarda questa nostra
testimonianza al mondo, continuerò a
ricevere il giornale e a leggerne almeno
gli articoli che ancora possono interessarmi.
Come sorella in fede, però, mi permeilo di dirle che sono rimasta penosamente colpita nel sentire che uno dei
nostri più stimati pastori non se la sente di appartenere al « partito di Cristo »
(che cos'è. infatti una tessera, se non
la dimostrazione di voler aderire ad una
determinata ideologia sforzandosi di
tradurla in vita pratica?).
Penso, infatti, che non solo noi tutti
dovremmo avere in tasca tale tessera.
ma. come dice 1 apostolo Paolo agli
Efesini, dovremmo « rivestire la completa armatura di Dio », e 1 armatura
certamente denunzia l'appartenenza ad
un determinalo esercito, ed è anche
mollo più impegnativa di una semplice
tessera.
Concluderò la presente con l'augurio
j>er tutta la nostra chiesa che i nostri
giovani pastori "progressisti"’ possano
presto comprendere che non è alleandosi alle correnti politiche del mondo
e mimetizzandosi con esse anche se
predicano la giustizia sociale, la libertà il diritto di tutti i cittadini al benessere materiale — che si potranno ri.solvere i problemi in cui si dibatte la
nostra società, ma sempre e continuamente combattendo il buon combatUmento della fede, come fedeli soldati
di Cristo, essendo persuasi che se non
saranno cambiati i cuori degli uommi,
di ogni singolo uomo, invano si instaureranno nuovi sistemi politici e nuove
forme di governo. Il peccato, cacciato
dalla porta, ritornerà dalla finestra, anche se si presenterà con un volto nuovo. Basti pensare a quei paesi dove il
benessere economico è entrato in ogni
casa e dove si registrano il maggior
numero di suicidi e di alcoolizzati. Inoltre tanti tristi episodi denunziano il
grave disagio spirituale in cui si dibattono quei popoli ultra-civili e ultraprogressisti.
Con i più cordiali saluti
Vittoria Stocchetti
P.S. Nel famoso « Volantino » riportalo sul n. 10 di « Nuovi Tempi » ho
letto che la droga e la ¡lornografia sarebbero una delle conseguenze dell’ingiustizia sociale, dello sfruttamento ecc.
Può spiegarmi, allora (poiché ormai
avete adottato la stessa linea politica
del suddetto giornale) perché la Mostra
della pornografia è stata allestita proprio in uno dei paesi dove non esistono più tali problemi sociali?
sione globale del mondo che pretenda di | Lei. il mio saluto fraterno nonostante
plasmarlo in un sistema considerato ■ certi dissensi.
« buono »), non può animare un par- \ Gino Conte
tito, non ha ordini di scuderia da dare. ' questione della droga e della
L'Evangelv è un fermento, un « lievi- ; pornografia implicherebbe un lungo dito y>\ annuncia il Regno, ed esige j:heed è una carenza nostra non
di questo Regno a non fatto da mano' averlo ancora fatto. Penso con Lei che
d'uomo » coloro che lo hanno creduto | ^ assurdo farne una pura questione podiano fin d'ora dei segni allusivi, che e Romani 1 dovrebbe ricordar
senza pretendere sostituirsi alVEvangelo aia bisogna anche ricordare che
— esso solo « dura » — si sforzino di i ¿j problema sociale è lungi dall essere
richiamare ad esso coloro che hanno risolto là dove c’è (c benessere » : seni
(( occhi per vedere e orecchie per udire ». Ma in tutto questo, non siamo
noi che abbiamo in tasca VEvangelo, è
plicemente, vi si pone in forme diverse
e droga e pornografia vengono effettivamente sfruttate da accorti e ripu
Cristo, per suo tramite, che ci possiede, guanti mercanti quali ’ òeni” di largo
certamente, siamo arruolati, come ere- consumo. Il vero problema sociale non
denti, nel suo esercito e rivestiti della ^ quello del "‘benessere", ma ’ *
sua corazza e armati delle sue armi. Ma yhu
bisogna sempre ancora discernere, di ,
Le confesso, cara sorella, che talvolta
si resta davvero turbati dalla possibilità e capacità di fraintendimento esistente fra noi, e a volte si ha quasi la
impressione di parlare nel vuoto. Comunque, confermo nei suoi confronti,
come ho fatto rispondendo al sig. Quaglialo, la constatazione di una pesante
unilateralità nel giudizio portato sul nostro lavoro : troppi lettori sembrano leggere solo quello che scriviamo a proposito di certe situazioni statunitensi, elleniche, ecc. {ma, mi permetta, la « monotonia » sta nel nostro darne invero
molto saltuaria notizia, o nei fatti? le
tensioni interne nordamericane razziali, politiche, sociali sono dei nostri pallini, o sono tragiche e monotone realtà? e anche qui, non siamo contro
l'America, ma semmai per una America, contro Valtra; e gli arresti, le detenzioni, le torture in Grecia, sono nostre invenzioni?), mentre è come se
non avessimo mai scritto alcun rilievo
critico, anche duro, nei confronti delVVRSS, della Cina, delle « normalizzazioni »-purghe, delle pesanti e interessate ambiguità che gravano sui due
schieramenti nel drammatico conflitto
vicino-orientale. Il nostro atteggiamento è anzi condannato da una parte degli evangelici italiani, che lo squalificano — a torto, ci sembra — come la
' politica del colpo al cerchio e alla botte. Una l'olta ancora, le nostre colonne
' sono state e restano aperte a ogni argomento contrario, ma nella quasi totalità dei casi i nostri critici non avanzano degli argomenti, bensì solo una accusa generale e generica, che è anche
assai comoda. E fatica, cercare di vedere almeno qualcosa della intricata situazione umana odierna, alla luce della
Parola del nostro Dio.
La mia espressione, notando che non
avevo « in tasca la tessera del partito
di Cristo », era forse infelice; non ho
' difficoltà ad ammetterlo e mi scuso se
ho aggiunto inciampi inutili alla difficoltà di intenderci. Volevo semplice, mente dire che VEvangelo non ci dà un
j prontuario di indicazioni belVe fatte,
; sempre pronte in qualunque occasione;
'■ non essendo una ideologia {cioè una vi
volta in volta, che cosa significano effettivamente tutte queste immagini, a
confronto con la nostra vita quotidiana
personale e nella collettività umana più
limitata e più ampia. Che vuol dire
essere del partito di Cristo {attenzione
alla pretesa settaria, 1 Corinzi, 1, 12!).
quando si deve dare il proprio voto, ma
Purché il prezzo
non sia troppo alto
Un lettore, da Roma:
La polemica aperta su « I lettori ci
scrivono » tende sempre più ad allaranche giudicare una situazione politica garsi. Troveremmo quindi opportuno
sociale locale, nazionale, internazio- non alimentare il dibattito con un ennale? nesimo intervento se non ci spingesse
Ben vengano tutti gli avvertimenti il desiderio di enuncleare, in termini
fraterni a non cercare, oggi come allo- spiccioli per ragioni di brevità, il nodo,
ra. appoggi in Egitto o in Babilonia: il perno che dir si voglia, del problema
ma occorre anche uscire dalla generi- che ci interessa nella lontana speranza
cità dei discorsi sul « buon combatti- di suscitare qualche ripensamento in
mento della fede », ed esemplificarlo, chi non la pensa come noi.
discernere e indicare quali atteggiameli- La società attuale con i suoi squiliti e quali azioni comporta, quali deci- , bri ci spinge, sia da un lato che dalsioni, quali rifiuti, preoccupandosi sem- l'altro, a modificarne le strutture allo
pre di motivarli alla luce delVEvangelo. scopo di pervenire ad un mondo miUesigenza, con cui conclude, che glìore. Su questo siamo tutti d accormuti il cuore delVuomo non puh non do, non però sui mezzi idonei a ragtrovarci consenzienti. Con due serie ri- giungere il comune obbiettivo. Da un
serve, però. Anzitutto, anche il credente lato infatti si pensa ad un processo
dal cuore rinnovato fa ancora costitu- \ evolutivo, e dall altro ad un processo
zionalmente parte di questo mondo sot- rivoluzionario.
loposto al giudizio, anche la sua vita Indubbiamente la rivoluzione, mee la sua azione resta « vecchia » (la glio se effettuata con mezzi pacifici,
« novità » delVEvangelo vi è presente offre il ^’antaggio di un cammino piu
solo in speranza, e in quei « segni » breve, più rapido, rispetto all avanzamolto umani e discutibili di cui si par- mento di un indirizzo evolutivo. Non
lava) e non può mai pretendere di of- basta però questa considerazione a defrire agli uomini alcuna soluzione, ma terminare una scelta. Vi sono infatti
soltanto sperare, con profonda umiltà e altre prospettive da prendere in consiconfidando nella potenza di Dio. di ac- derazione.
cennare oltre se stessa e di far .sentire Intanto cominciamo col dire che i
il riferimento al venire di Dio. del suo
regno e della sua giustizia: non cè altra « soluzione ».
E in secondo luogo, guai se quella
esigenza si accompagnasse a un disinteresse c a
anche parecchio ipocrita! — da un
mondo nel quale portiamo, proprio come cristiani, le nostre responsabilità.
Permetta che concluda, a mia twUa.
esprimendo il rincrescimento che si
stenti tanto a riconoscere, da un gruppo
di fratelli, lo sforzo di ricerca (non pretendiamo che sia sempre riuscito) che
guida il lavoro del nostro gruppo: ricerca è il contrario di sicurezza, e personalmente Le posso dire che In questi
anni nei quali mi è stata affidata la
direzione del nostro settimanale molte
"sicurezze" sono andate sfaldandosi e
relativizzandosi: forse ne ha guadagnato
la "certezza" della fede e della speranza.
Riceva, con quanti pensano come
mezzi propugnati per addivenire ad un
nuovo o diverso asse sociale, quali
che essi siano, non mirano specìficamente a modificare Tuomo come tale.
Questo è compito precipuo della edu
un distacco — non di rado cagione familiare civica c religiosa.
(Certo, se ruomo fosse da per se stesso giusto il problema che ci interessa
non sorgerebbe: basterebbe dare a Cesare quel che è di Cesare). Gli ordinamenti sociali dunque rimangono volli a limitare, ad arginare l'egoistica
espansione dell uomo nella società in
cui opera.
Ciò premesso, per giustificare il
pragmatismo delle osservazioni che seguono, riportiamoci un momento alle
basi su cui fondamentalmente poggia
rordinamenlo del nostro paese. È presto detto : sul risparmio, sull accumulazione del risparmio, sul profitto, sulla libera concorrenza, in breve : sull'ecoiioniia di mercato (« Politica » per
il 90% è « Economia »).
Gli effetti positivi e negativi di
questo modo d'operare sono espressi in
termini, sia pure molto brevi, dall enorme progresso tecnico-economico raggiunto e dalla cattiva distribuzione delle ricchezze prodotte.
Gli effetti negativi col volgere del
tempo sono stati notevolmente emendati dietro la pressione della classe
operaia guidata da una borghesia socialista. Ma. non è a dire che siano
stati eliminati. Donde la spinta rivoluzionaria che troverebbe proprio nella
eliminazione del profitto, della libera
iniziativa, del capitale privato, dell’economia di mercato, i mezzi idonei per
instaurare una migliore giustizia sociae saltando, per altro, a pié pari, il più
lento processo evolutivo che ha avuto
inizio e propulsione nel secolo ventesimo.
Eliminata dunque Teconomia di
mercato, passerebbe allo Stato tutto il
potere economico. Un potere immenso
che cadrebbe nelle mani di una gerarchia politico-economica, meglio forse
dire di una oligarchia burocratica, senza il lievito del profitto, senza Io stimolo della competizione, senza quella
adattabilità ai capillari bisogni della
collettività nazionale fino ad oggi soddisfatti da una intera classe imprenditoriale destinata a sparire. Il risultato
sarebbe quello di un degradamento del
proces.so produttivo. Tutti sappiamo,
tutti sanno, che lo Stato è sempre stato un cattivo amministratore.
Nondimeno non considereremmo tutto ciò un gran male. In fondo un
prezzo deve ben essere pagato per pervenire ad un mondo migliore, ad un
mondo più giusto. Un prezzo, si, ma
non più del calo di efficienza derivante
da una economia interamente statale.
Diciamo questo perché non possiamo,
non dobbiamo dimenticare, che il totalitarismo economico porta difilato a
quello politico, cioè a dire al partito
unico, al parlamento senza dialogo, con
tutte le conseguenze ben note che non
hanno bisogno di essere illustrate.
Quali le ragioni di questa deleteria
espansione? Non merita di esaminarle
perchè ci è sufficiente la verifica sperimentale. diremmo meglio storica,
quale cade sotto i nostri occhi. Non c’è
infatti nel vasto mondo marxista un
solo esempio dì paese che non sia malato della lebbra totalitaria.
Abbiamo detto « marxista » e non
« socialista » perché paesi socialisti con
pluralità di parliti ce ne sono. Senoncbé. non a caso, proprio questi paesi
non hanno affatto rigettato il profitto,
il capitale privato, l'economia di mercato.
A questo punto non ci resta che riassumere e concludere col dire che se
il marxismo, pur senza modificare le
egoistiche umane tendenze, riesce a
condizionarne gli sviluppi nellambito
sociale, ben venga il marxismo nel nostro paese anche al prezzo del degradamento di quella che con intonazione
dileggiante viene chiamata civiltà dei
consumi. Se però occorre anche pagare
il sopraprezzo rappresentalo dal totalitarismo politico che taglia le ali alla
libertà, ci sembra che dovrebbe pur
sorgere qualche perplessità anche in
coloro che non la pensano come noi.
Beniamino Arnao
Ragli
Un lettore, da Pinasca:
Claro direttore.
pur non più stupendomi per quanto
si scrive sui nostri giornali, non riesco
a capire come si possa definire il
« Giornale di Pinerolo e Valli » così
come Lei lo ha definito : quindicinale
cattolico indipendente che da mesi
combatte una « sua » valida battaglia.
Che il quindicinale da Ella lodato
conduca una sua battaglia, anche il
più sprovveduto dei lettori lo ha capito dal tono polemico ''con cui ha iniziato le sue pubblicazioni, ma che questa abbia una sua validità lasciamolo
dire ai cattolici, specie quelli contro
cui combatte la « battaglia ».
Lei lo sa benissimo : quella pubblicazione vuole essere per i cattolici del
Pinerolese quanto è « Nuovi Tempi »
per noi, cioè un giornale che vuole
solo essere contestatore (anche se questa mania sta passando di moda), e che
per trovare un qualche cosa ancora da
contestare deve giocoforza basarsi principalmente su insulsaggini che non
troverebbero posto su giornali normali,
anche se allineati alle più ortodosse
linee marxiste-leniniste.
Pretendere quindi di prendere seriamente quella lettera di un « gruppo di
sacerdoti e laici ». giungendo al punto ridicolo di riportarla sul nostro settimanale. mi sembra eccessivo.
Considerando poi che il matrimonio
di un prete non interessa affatto le nostre Comunità né tanto meno il nostro
ordinamento ecclesiastico (il problema
del matrimonio dei nostri Ministri di
Culto è stato da secoli ampiamente risolto e superato), potrebbe rappresentare una illogica interferenza nei fatti
interni di una Comunità che faticosamente si sta spogliando dei fronzoli e
degli orpelli che da secoli la accusavano di portare, dando la sensazione
— che sarebbe errata — di influenzare
decisioni che solo a lei interessano.
Non voglio poi scendere a considerazioni sui componenti del « gruppo »,
facilmente individuabili in coloro che
su quel « giornale » fomentano l'odio
di classe, tanto caro ai rivoluzionari di
professione, ed ai loro utili idioti che
si abbassano a scrìvere su certe pubblicazioni (inclusa anche quell altra citala), poiché certi ragli, mi auguro, non
dovrebbero raggiungere il cielo.
Caro direttore, nello scusarmi dello
sfogo, sono a pregarLa voler pubblicare
la presente, che rappresenta anche il
meditalo pensiero della stragrande parte di chi si sta chiedendo veramente
dove sta andando la Chiesa Valdese, se
I si contìnua di questo andazzo.
Mi creda. Suo
Carlo Venturi
Non Le pare un tantino facile liquidare così il dissenso, cattolico o protestante che sia?
4
3 aprile 1970 — N. 14
pag. 3
Ricordo del pastore Alberto Ricca
Il carissimo amico e collega Alberto Ricca aveva espresso il desiderio che non si facessero discorsi al
suo funerale e che si desse notizia
della sua dipartenza a funerali avvenuti.
Cerano dunque pochi Pastori e
pochi amici a circondare i familiari
all’atto della tumulazione nel cimitero di Torre Pellice: quelli che
avevano potuto saperlo fortuitamente. Il desiderio del Pastore Alberto
Ricca è stato dunque rispettato.
Ci siamo separati da lui richiamando semplicemente alla memoria
il suo servizio nelle quattro Chiese
nelle quali egli ha svolto il suo ministero pastorale: Massello (193Ü1935), Bobbio Pellice (1936-48), Firenze Via Serragli (195Ü-64), Siena
(1964-1965).
Già prima della sua consacrazione
(1930), quale Candidato al Ministero, egli si era fatto apprezzare nelle
Chiese di Perrero, Palermo e Torino.
Dopo la sua preparazione al Ginnasio-Liceo di Torre Pellice, alle
Facoltà Teologiche di Roma, Ediliburgo, Aberdeen, conseguì la laurea
in Lettere e Filosofia presso l’Università di Torino.
La sua cultura, la conoscenza del
francese, dell’inglese e dello spagnolo, unite ad una intelligenza viva e pronta, ad un carattere aperto
e gioviale, ricco di comprensione e
di calore umano lo avevano messo
in grado di poter rendere un servizio efficace, di generale utilità per
la Chiesa tutta, ovunque e ogniqualvolta la Tavola ne avesse bisogno.
Fu così che nel 1935-36 egli fu
chiamato ad insegnare al Collegio
Valdese di Torre Pellice; che durante il suo ministero a Bobbio Pellice,
negli anni duri della guerra, le cui
vicende dovevano avere delle conseguenze determinanti per il suo stato
di salute, gli venne affidata la direzione dell’Eco delle Valli, e successivamente la direzione del Convitto
di Torre Pellice e della Casa delle
Diaconesse, e durante il suo ministero a Firenze la direzione dell’Istituto Gould.
Contemporaneamente fu chiamato
dal Sinodo, a più riprese, a respon
Novità Claudiana
Ernst Käsemann
Hans Georg Geyer
Eduard Schweizer
Cristo fra noi
La croce
La risurrezione
La chiesa
(relazioni presentate al 13° Kirchentag)
(P.C.M., 18) - pp. 88, L. 600
« Seguire la croce » significa saper perdere la propria vita ogni
giorno al servizio del prossimo.
Questo è il culto che la chiesa
deve rendere al suo Signore.
Editr. Claudiana, Via Pio V, 18 bis
10125 Torino - c.c.p. 2/21641
sabilità amministrative nella Tavola.
Egli fu infatti Sovrintendente del I,
poi del II e infine del III Distretto.
Nella Tavola fu un consigliere prezioso per la sua obiettività, per la
serenità del suo giudizio, e per la
sua prontezza nel cogliere il punto
fondamentale di ogni questione.
Era naturale che la Tavola si servisse di un uomo così dotato eil equilibrato, come di un suo valido rappresentante presso le Chiese all’estero. Incaricato più volte di lunghe
missioni, viaggiò estensivamente in
Ingliilterra, Scozia, Irlanda, Olanda,
Danimarca, Stati Uniti, Sud America, e poi ancora negli Stati Uniti
jjartecipò all’Assemblea Ecumenica
di Evanston (1954).
Fu predicatore al Sinodo nel 1941,
Presidente ilei Sinodo nel 1938 e
nel 1941.
Chiese l’emeritazione nel 1965 dopo 37 anni di servizio attivo, ma
continuò fino alla sua morte a pre
dicare ancora nella Chiesa Svizzera
di Firenze.
La Chiesa \aldese può ben essere
riconoscente al Signore per averle
dato un operaio così ricco di doni e
di così piena disponibilità.
È questa riconoscenza al Signore
che abbiamo voluto esprimere al funerale del nostro collega.
Così come abbiamo voluto esprimere alla compagna del suo ministero, ai figlioli e alle sorelle, non solo
la nostra solidarietà e sùnpatia nella prova che li ha colpit , ma anche il nostro apprezzamento per la
loro collaborazione, per la loro partecipazione attiva al ministero del
loro caro, che ne è risultato tanto
più vivo e fecondo.
Una famiglia unita nella consacrazione del suo capo è una grande benedizione. Di questa benedizione ha
gioito, come di ima forza, il Pastore
Alberto Ricca.
Achille Deodato
Convegno pastorale alle Valli
Si esaniiii;) il problema del catechismo
e della confermazione
Il convegno pastorale che ha avuto
luogo nel mese di marzo è stato consacrato aH’csame del problema del catechismo e della confermazione. Sulla
base di una relazione appositamente
preparata e della Relazione al Sinodo
si è iniziato un vivace e vasto dibattito. Alcune delle tesi presentate sono
state accolte nel complesso dalla maggioranza dei convenuti: la distinzione
tra catechismo e confermazione dovrebbe essere sottolineata in modo
estremamente chiaro nella vita della
comunità. Chi segue l’insegnamento
catechistico per un periodo di tempo
più o meno lungo non dovrebbe vedere in questo un dovere da compiere
per poter giungere alla data della confermazione come alla fine del suo impegno ecclesiastico. Il catechismo ha
la funzione di preparare in vista dell’impegno della comunità e non dovrebbe essere visto come una scuola,
iiiiiiiiimiiiiHimiiiiimiim
iiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiii
iiiiimiimiiiitiiiiiiiitimiiiiuii
Un compagno di minislero, un amico
Sono passati quasi nove anni
dalla partenza da Firenze, ma il ricordo del Pastore Alberto Ricca è
rimasto inciso nella mia memoria: nel suo ampio studio in via
de’ Serragli 49, nel Palazzo Salviati, con le finestre aperte verso il
giardino del palazzo e verso il Belvedere, Ricca ci accoglieva con affetto e con gioia, sempre disposto
ad interessarsi alle vicende della
nostra chiesa di Firenze e ai suoi
sviluppi. Quante volte, partendo
dai minimi fatti di cronaca, ci
siamo avventurati nell’esame critico della nostra presenza nella
città e nel paese! Uniti per molti
anni nello stesso ministero, intrecciato in un continuo scambio di
azione da Rimini a Montalcino,
non ci accadde mai di intralciarci
nell’ opera, alla quale eravamo
chiamati. Insieme esaminammo le
varie fasi dell’approccio fra le due
comunità fiorentine, nelle quali
erano venute meno le ragioni di
divisione, insieme orientammo i
nostri sforzi per la chiesa anglicana di Via Lamarmora. Con tatto e
intelligenza egli condusse le trattative con la Tavola da un lato e
con gli Anglicani dall’altro, finché
la convergenza fra i vari gruppi
divenne completa e nessuno avvertì differenza di sorta fra gli oriundi di Via Serragli e quelli di Via
Manzoni. Né meschinità, né gelosia intralciarono il nostro éàmmino, che guardava in avanti e mai
all’indietro. Sapevamo che saremmo passati e che altri sarebbe subentrato nella nostra fatica e non
avrebbe certo fatto peggio di noi.
Ricordo questi fatti, perché fu a
Firenze, che lo conobbi profondamente nel modo di agire sciolto e
rapido e nella perspicacia umana,
che gli era stata data. Spiritoso e
Le famiglie confessionali nel inovinienlo ecumenico
(segue da pag. 1 )
rallcli ma di senso inverso, a proposito del problema della confessionalità
e. più a fondo, di come confessare la
fede in Cristo. Non sono in gioco questioni astratte o puramente organizzative, buone per burocrati e teorizzatori
dell’ecumenismo: in questo duplice,
contrastante movimento si riflette la
crescente tensione interna, la crisi che
matura aH’interno delle Chiese, anche
della nostra.
Tuttavia c’è da domandarsi se la descrizione tracciata dal Meyer mette in
luce le vere dimensioni del problema.
Certo, è giusto notare — come egli fa —
che la confessionalità è una realtà seria e che anche coloro che vorrebbero
rivalutarla, rifiutano il "fondamentalismo confessionale" — comodo cuscino
sul quale dormire sonni beati e nel
quale soffocare come struzzi la propria
debolezza e paura di fronte alla realtà
contemporanea spirituale, culturale, sociale. Ma egli contrappone al movimento critico — che al limite porta a una
vera dissoluzione, nel mondo, di ogni
elemento specificamente cristiano —
una posizione che è una sintesi, o un
tentativo di sintesi fra un certo establishment confessionale ed ecumenico:
coordinate di latitudine e di longitudine che restano terribilmente orizzontali, povere di riferimento a Dio, come
così sp>esso si constata nelle nostre ma
nifestazioni cristiane, a livello di chiese, di confessioni e di ecumene.
Ma al di là delle nostre approssimative verità confessionali vecchie e nuove,
al di là delle nostre vie di rottura e
delle nostre vie di sintesi, per quanto
serie e vissute siano, ciò che conta non
sono la via di un altro, la verità di un
altro, la vita di un altro, che ha affermato di essere egli stesso la via, la verità e la vita? Le rotture per cui lottiamo sono quelle nelle quali egli è venuto a portare la spada? Le sintesi
nelle quali ci affatichiamo sono quelle
che derivano dalla riconciliazione che
egli ha operata? Su di noi, sulla nostra
piattezza, si leva la sua dimensione sovrana e risuona inquietante — salutarmente inquietante — il suo avvertimento: « Non chiunque mi dice: "Signore,
Signore”, entrerà nel regno dei cieli,
ma chi fa la volontà del Padre mio che
è nei cieli », ma anche: « Se uno si
sarà vergognato di me e delle mìe parole in questa generazione adultera e
peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si
vergognerà di lui quando sarà venuto
nella gloria del Padre .suo ».
Varrà la pena di tornare su questa
ardua vocazione, rivolta a tutti noi, di
confessare Gesù Cristo Signore e sulle
vie che seguiamo, cercando di dare una
risposta fedele a lui e quindi, e in quella misura, utile agli uomini.
g. c.
gioviale, sapeva cercare la dimen.sione umana delie cose e ricondurle a giusta proporzione. Quante volte, a tarda sera, egli era chiamato a pacificare le battagliere
vecchine di Via Vannini, nell’Asilo
dal fatidico nome: Asilo Italia!
C’era sempre da riconciliare, da
esortare, da sistemare i rapporti
fra ospiti e direzione, senza contare l'attivo comitato, vigile sul bene
delle ricoverate. Ricca si prestò a
questa fatica sempre con comprensione, affetto e umorismo.
Ma, lasciando da parte questi
contatti, mi sia concesso ricordare alcuni tratti dcU’amico, emersi
da molti anni di comune lavoro.
Alberto Ricca era e rimase un
entusiasta della chiesa valdese.
Ne percepiva le molte possibilità
di presenza e di azione. Alieno dalla retorica, quahuó la crìtica della
Piastra chiesa diventava violenta,
egli ricordava un antico detto:
« Non battere tua madre! ». Buon
conoscitore di Calvino, insisteva
su questo lato materno della chiesa, che con l’Evangelo si nutre e ci
ammaestra, come può, nella sua
fragilità e nella sua errabilità
d’interpretazione, senza pretesa
d’infallibità. Egli ne vedeva le possibilità nel quadro di quella vasta
esperienza di contatti con molte
altre chiese, che egli aveva avuti
nel suo ministero.
Figlio delle Valli Valdesi, aveva
vissuto le prime esperienze pastorali fra i contadini di Massello e
di Bobbio Pellice. Non li aveva
mai dimenticati, perché sentiva in
loro radici profonde, che, senza
false esagerazioni, davano al loro
carattere una tempra resistente,
contraria al fumo della retorica,
ma utile per la perseveranza della
fede. Ricordava la lunga strada
della emigrazione di molti figli
della valle verso l’Uruguay e l’Argentina, le dure esperienze di lotta e di sofferenza per attestarsi in
ignoti paesi: conosceva le loro famiglie con le loro ramificazioni aldilà dei mari. Dagli agricoltori aveva imparato il peso delle parole:
la predicazione del pastore deve
rispondere a quello che effettivamente il pastore crede e non a
quello che egli è tenuto ufficialmente a dichiarare. Questa sobrietà nel dare e nel ricevere la Parola
di Dio era per Ricca una legge non
scritta, ma tanto piti radicata nel
suo animo.
Questi affetti profondi non gli
impedirono di avere un animo
aperto alla comprensione della
gioventù, alle nuove tendenze, che
man mano si facevano luce nel nostro ambiente. Troppo sensibile
per essere o sentirsi infallibile,
troppo vigile per non afferrare i
motivi di dublrio inerenti ad una
fede vivente, conquistò man mano
una fede, che non ignorava le pendici dello scetticismo e le ansie
del compromesso, ma che, proprio
a causa della ricerca interiore sempre aperta verso l’Alto, lo portava
ad una maturità valida per rincontro con le situazioni umane, sem
pre di nuovo variabili. Amico di
Giovanni Miegge, ne seguiva con
attenzione e affetto le ricerche e
le evoluzioni.
All’amico affettuoso e leale, al
compagno di ministero onesto e
schietto, vicino ai più giovani colleghi, senza dimenticare i più anziani, nella visione di una unità di
ministero non finta molti pastori
e laici rivolgono un pensiero riconoscente. Alla sua famiglia, che lo
ha sostenuto in tutte le circostanze della sua vita, diciamo la nostra gratitudine e la certezza che
il loro caro non ha faticato invano. Carlo Gay
PERSONAUA
I
Il past. Paolo Ricca ha avuto il dolore di perdere improvvisamente il nadre, il pastore Alberto Ricca, il quale
in anni lontani aveva pure diretto « L’Eco delle Valli Valdesi ». Al nostro corredattore e a tutti i suoi familiari, in particolare alla compagna dello scomparso, confermiamo la nostra affettuosa
simpatia nel dolore e nella fiducia.
Il prof. Roberto Eynard, nostro collaboratore, ha vinto il concorso quale
direttore didattico e gli è stata assegnati la zona della Val Pellice: ci rallegriamo fraternamente con lui, con i nostri auguri migliori.
finita la quale ci si possa sentire in
pace.
Si è visto anche il pericolo che la
cerimonia della confermazione finisca
per polarizzare l’attenzione dei ragazzi
e dei credenti come una cosa essenziale e si dimentichi il fatto essenziale
rappresentato invece dall’impegno nella vita. La cerimonia ha un carattere
decisamente secondario e dovrebbe essere ridotta al minimo, lasciata alla
discrezione dei catecumeni stessi, senza data fissa. Un catecumeno dovrebbe cioè avere la libertà di entrare nella Chiesa con una sua dichiarazione di
fede libera e responsabile, quando
vuole.
Due problemi sembrano però fondamentali al giorno d’oggi: a che cosa si
preparano i nostri catecumeni, quale
è il loro impegno nell’atto di entrare
nella comunità? In che comunità si inseriscono oggi? Allo stato attuale delle
cose essi ricevono una formazione essenzialmente biblico-teorica; che la
preparazione debba essere biblica non
si può porre in dubbio, ma dovrebbe
essere più aderente alla vita della
Chiesa ed ai suoi problemi, meno
astratta; in secondo luogo i ragazzi
dovrebbero poter vedere e dire quale
è l’impegno che assumono entrando
nella comunità; attualmente le loro
promesse sono assolutamente generiche e indefinite: lottare contro il male vuol dire tutto e niente. Che responsabilità assumono nella concreta situazione in cui vivono? Che pensano fare? Queste sono le promesse reali che
dovremmo aiutarli a formulare. D’altra parte è difficile impostare così il
problema perché le comunità attuali
sono formate da persone disimpegnate, estranee le une alle altre, senza vita comune e senza impegni precisi.
Il dibattito è còsi lasciato aperto e
sarà proseguito nel corso del prossimo incontro con particolare attenzione alla catechesi.
Prossima seduta a TQRRE PELLICE, lunedì 13 aprile:
9.30: meditazione biblica sul testo
Efesini 5: 1-21
10.30: esame del problema dell’insegnamento catechetico attualmente in uso alle Valli e sue
eventuali modifiche
14.—: comunicazioni della Tavola e
della Commissione Distrettuale
14.30: ripresa della discussione
16.—: chiusura.
Le mogli dei pastori presenti all'incontro del 9 marzo hanno deciso di
partecipare all’incontro della mattina
con il programma generale e nel pomeriggio con programma proprio.
Giorgio Tourn
■iiiimmmiiiiiiiiiimiimiiiimiiKiiiiiiiiiiimiimiiiimmimiimimMiiiiuimiiiiiiiiiMmiiiimiiiiiiMiiiiiimmimiiiH
Uassemblea popolare del Villnggio “ Soecanza”
Si è fanfl poco, ooo lo si distruyga !
Le famìglie terremotate del Villaggio « Speranza » in Vita (Trapani) riunite in assemblea, preso alto della notizia di un eventuale
esproprio con conseguente smantellamento
parziale o totale delle case, a breve o a lunga
scadenza,
a) denunciano alLopinione pubblica e
portano a conoscenza degli organi preposti alla ricostruzione e delle autorità responsabili
ebe una decisione dì questo genere non può
che creare malcontento e sllducia;
b) deplorano che i piani di ricostruzione
siano siali fatti, senza tenere conto deiresistenza del Villaggio a Speranza » costituito
da 20 case, oltre il Centro Sociale e che nel
loro insieme costituiscono un complesso edilizio urbano che è stalo giudicato esemplare.
La responsabilità di questo « errore » o di
questa « svista » non può in alcun modo esser fatta ricadere sulle famiglie che abitano
i) Villaggio e che ne avrebbero il danno. Il
\illaggio è organizzato in centro comunitario
di sviluppo agricolo e sociale. È stato organizzato anebe un atelier per dare lavoro alle doniiu dei Villaggio con la prospettiva dì uno
smercio allcstero dei manufalti;
c) rilevano che quelle che si vorrebbero
demolire non sono « baracche » ma case prefabbricate costruite con criteri antisismici, con
lutti gli accorgimenti tecnici e del tipo degli
A Chalets )), adottati come aliitazioni ordinarie
c permanenti in molti jiaesi d’Europa e
d'America. La solidità, la durata e stabilità
di queste case può, in base ad una perizia tecnica esser sempre accertala e documentala in
sede opportuna;
d) declinano ogni responsabilità per gli
eventuali ritardi della ricostruzione del paese.
L’opposizione sarà iiroseguita senza tregua, ad
ogni livello e con tutti i mezzi, non per egoismo o solo per difendere il proprio diritto, ma
per impedire che sì compia una demolizione
assurda cd ingiustificata. Esprimono la loro
simpatia e solidarietà alle famiglia di Vita,
fra cui molli loro parenti, che da 2 anni attendono ancora una sistemazione;
e) esprimono la convinzione, udito anche
il parere di esperti in urbanistica, che è possibile fare la ricostruzione del paese senza ar
recare danno a chi dispone già di una casa,
senza distruggere una ricchezza che è il frutto
d sacrifici di tanti donatori e senza suscitare
sfavorevoli reazioni da parte di chi in Italia e
•. soprattutto all’estero ha voluto compiere concretamente un gesto di solidarietà verso la
popolazione terremotata di Vita;
/) fanno rilevare inoltre che il Villaggio
« Speranza » (disponendo i tecnici dell’I.S.E.S.
dì uno spazio illimitato nel territorio di Vita)
può essere opportunamente inserito nel piano
di ricostruzione come un « rione » o un centro incorporato nel paese ricostruito e non
considerato come un corpo estraneo da eliminare, come per un fenomeno dì rigetto, o un
passaggio obbligato da sgombrare. A Messina
e a Reggio Calabria, dopo più di 62 anni dal
terremoto del 28 Dicembre 1908, sopravvivono. nei rispettivi centri cittadini, dei Villaggi
che portano ancora i nomi d’orìgine delle nazioni o delle persone che ne finanziarono la
costruzione. Ci limitiamo a menzionare i « Villini Svizzeri n a Reggio Calabria e il « Villaggio Regina Elena » a Messina;
g) da una considerazione obiettiva e serena delle cose deducono che la costruzione
del Villaggio « Speranza » ha di fatto, preceduto e anticipato, nella forma più razionale e
confortevole, la ricostruzione di Vita, fornendo delle case che il linguaggio popolare vítese
denomina « Villini ». Non sì tratta quindi, in
alcun modo, di case che hanno fatto il loro
tempo (odorano ancora di nuovo!) ma di un
modello esemplare nel loro genere e che, nella
ricostruzione, possono servire come termine di
riferimento e di paragone;
h) chiedono infine che, tenuto conto:
— della motivazione morale da cui la costruzione è stata ispirata,
— della eccezionalità del momento in cui
la costruzione stessa è stata fatta,
— della piena e più rispettosa osservanza
delle norme costruttive,
— della completa e piena eificienza delle
opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
resistenza del Villaggio sia non più ignorata,
ma di fatto, riconosciuta e ratificata come di
pubblica utilità.
5
3 aprile 1970
N. 14
Ai due lati dello Strettg^
VISTA DA UN anziano
domenica della gioventù a Genova
Conclusioni delle chiese di Messina e di Reggio Calabria sui problemi del matrimonio e del diuorzio - Verso una più stretta collaborazione con i battisti reggini, in un impegno comune di presenza evangelica nella Calabria meridionale
Sia a Messina che a Reggio Calabria
1comunità sono state impegnate nello
studio del Rapporto sinodale su matrimonia c divorzio, e le assemblee di
chiesa hanno preso posizione.
A Messina si è concordato sui linéame',ti che detto Rapporto traccia a propi ,ùi) dcU'nm'oMe matrimoniale come
dono di Dio d viversi nella fede, quotidi.u , r ' ic. da parte dei credenti;
Linioiic ini Tangibile per natura vocazionale. Quanto al problema del divorzio,
mentre si ritiene che esso debba ','ssere
introdotto dalla legislazione dello Stato, si è critici nei confronti della posizione presentata dal Rapporto; non è
Dio che può sottrarre il suo dono, ma
è l’uomo che ad esso può sottrarsi.
Quanto al problema delle seconde nozze
di divorziati, non spetta alla comunità
sostituirsi a Dio nel giudizio; essa valuterà caso per caso, nella preghiera,
I possibilità di queste nozze, con le riserve avanzate anche dal Rapporto sull’istituzione di una cerimonia a parte
per le "seconde nozze”. Si è in.sistito
sul fatto che essendo il matrimonio cristiano impegno di fede fra due credenti, il problema di un matrimonio misto
tra un credente e un non credente (ateo, materialista, indifferente o anche
tiepido) presenta serie difficoltà che
devono essere ben valutate dal fidanzato credente, nella coscienza di impegnarsi (.secondo 1 Cor. 7, 14) non al proselitismo, ma alla santificazione del coniuge non credente. Infine, per i matrimoni misti fra cattolici ed evangelici
ritiene di dover distinguere fra cattolici retrogradi e cattolici aperti a un’evoluzione evangelica; se nel primo caso
II posizione è negativa, nel secondo si
considera che la diversità confessionale
non sia impedimento alla coscienza vocazionale deH’unione; è comunque necessario che il cattolicesimo rinunci a
ogni ostacolo clericale e pressione morale.
Con gioia la comunità ha accolto il
prof. Valdo Vinay che ha presieduto il
culto, domenica delle palme.
Per sabato 4 aprile sono attese a Messina le sorelle invitate al Convegno femminile di Calabria e Sicilia, mentre
mercoledì 8 l’assemblea di chiesa dovrà
affrontare il problema della confermazione.
Prosegue intanto, il mercoledì alle 17,
nei nostri locali comunitari, l’incontro
d. studio sul tema: Eucaristia cattolica e Santa Cena.
Pure a REGGIO l’assemblea ha discusso contemporaneamente il .Rapporto sinodale su matrimonio e divorzio,
giungendo a conclusioni simili a quelle
della comunità messinese, riunita contemporaneamente. Si è insistito sulla
necessità che l’unione coniugale sulla
quale si implora la benedizione del Signore sia quella fra due credenti, e per
onesti non c’è altra via che quella di
Cristo: l’amore-perdono. L’assemblea
ha poi chiesto che i ministri di culto
valdesi cessino al più presto di fungere
da ufliciali di stato civile, distinguendo
nettamente fra atto civile e cerimonia
religiosa e insistendo sul fatto che il
matrimonio cristiano non è la cerimonia religiosa, bensì la decisione di vivere uniti nella convinzione di fede di
compiere la volontà del Signore; .auspica quindi la profonda revisione dell’attuale liturgia nuziale. Quanto al divorzio, l’assemblea dissente dal Rapporto
nell’interpretazione che dà del passo
Matt. .S: 32, al quale pensa invece che
si debba continuare ad attribuire il significato di tradimento di uno dei coniugi; in caso di adulterio, se il coniuge
infedele persistesse nel torto, sussisterebbe allora la possibilità del divorzio,
secondo quanto dice l’Evangelo. .Naturalmente l’assemblea è favorevole all'introduzione del divorzio nella legislazione statale. Anche a Reggio non si è
assolutamente d’accordo « che Dio possa. sottrarre il suo dono » (come si csprime il Rapporto), in quanto si ritiene che la frattura di un matrimonio è
sempre dovuta al peccato dell’uomo e
non a un ripensamento di Dio. Circa il
problema delle seconde nozze dei divorziati, es.se appaiono legittime soltanto nel caso di coniugi che abbiano
subito l’adulterio, non nel caso del coniuge infedele. Quanto ai matrimoni
mi.sti, dopo ampia discussione Tassernblea concorda con la commissione .sinodale sulla necessità di allargare il
concetto, nel senso che « si ha propriamente un matrimonio misto ogniqualvolta c’è tra gli sposi diversità di atteggiamento nei confronti deH’Evangelo ».
In questi casi il credente deve valutare
in partenza che la sua unione sarà soggetta a una continua tensione; è tuttavia possibile che un credente riconosca
il-sLU) matrimonio misto come un’autentica vocazione di Dio (1 Cor. 7; 12-16).
Per i matrimoni misti fra cattolici ed
evangelici, va distinto fra cattolicesimo
aperto ai fermenti evangelici (dissenso)
e cattolicesimo fermo su posizioni tradizionali, per il quale sussistono intere
le riserve dell’.assemblea.
La sera di domenica 22 marzo il prof.
Valdo Vinav ha dato una pubblica conferenza organizzata dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Reg
La comunità, unitamente a quella
battista della città, e con invito ai fra
telli messinesi, ha avuto una gita comunitaria, il lunedì di Pasqua.
Giovedì 2 aprile l’assemblea di chiesa affronterà il problema della confermazione.
In località Saraciniello i fratelli battisti hanno iniziato un’opera di servizio,
un doposcuola sostenuto, oltre che dal
past. F. Casanova, da un gruppo della
EGEI. Il Signore guidi quest’opera e
conceda a chi vi si è impegnato la gioia
del servizio cristiano.
Negli anni che verranno la chiesa di
Reggio sarà chiamata a svolgere il suo
ruolo missionario verso la Calabria.
Qui la testimonianza evangelica non ha
avuto delle possibilità di inserimento
in passato, in gran parte per il fatto
che questa comunità ha vissuto a rimorchio di quella di Messina; non fosse altro che per il fatto che i suoi pastori han sempre risieduto in questa
ultima città.
Se da una parte la collaborazione con
Messina è giusta ed auspicabile a motivo della relativa vicinanza, si deve
però dirigere in particolare ogni attività verso il retroterra calabrese. Per
compiere tutto questo è necessario che
gli evangelici reggini, e fra questi almeno i valdesi ed i battisti, possano
convogliare le loro forze in un impegno
imitano di servizio e predicazione. Certe. non mancano gli interrogativi per
un’azione che è tanto necessaria quant ) difficoltosa. Ma è dinanzi a questi
che si potrà vedere la maturità di credenti che sapranno osare solo se sapranno essere certi che il Signore, che
rivolge loro questa particolare vocazione, è anche quello che darà loro le forze necessarie ed il coraggio per la missione.
Questi problemi che da tempo ormai
ci sono dinanzi, sono stati dibattuti dal
Consiglio di Chiesa, in occasione della
visita del past. S. Giambarresi, segretario della Commissione distrettuale, e in
un’altra seduta, in comune col Consiglio
di Chiesa Battista, si sono riveduti, per
studiare un piano di lavoro in comune.
Domenica 15 marzo in un'.Assemblea
di Chiesa congiunta Valdo-Battista è
stata approvata questa linea di collaborazione tre le due comunità ed ora spettai Consigli di Chiesa di esaminare la
pratica attuazione, servendosi della collaborazione di lutti coloro che si offriranno per questo servizio.
Il tempo dirà se saremo stati all’altezza della situazione. Che il Signore ci
aiuti e ci guidi.
Odoardo Lupi
« I siepi and dreamed thè life iras beauty;
! woke and see thè life is duty » *.
La domenica 8 marzo, dalle chiese dedicata
alla gioventù, la nostra Comunità, sensibile
ai molteplici problemi che reclamano una soluzione e ai quali specialmente i giovani sono
interessati, problemi che, come appare dai
nostri giornali semprepiù si fanno urgenti, la
nostra Comunità, dicevamo, ha voluto inserirsi
con un esperimento per noi del tutto nuovo.
Fu cosi che ai nostri giovani, d'ambo i sessi recentemente confermati venne compietamente affidato lo svolgimento del culto del
mattino della domenica in parola.
Ogni parte del culto, nell'ordine pressoché
rituale, ebbe nei giovani degli interpreti disinvolti e preparati: la parte centrale, quella del
sermone, venne interpretata da tre giovani,
studenti delle scuole superiori, che, uno dopo
l'altro, hanno esposto le loro idee, suggerito
proposte e criticato, anche se blandamente,
certi atteggiamenti degli adulti e certe loro
contraddizioni.
11 nostro Pastore che, oltre alle sue molteplici attività, ha preso a cuore lo scottante
problema dei giovani, ha lasciato loro assoluta
libertà di espressione e il culto fu tutta cosa
loro; ci siamo guardati negli occhi liberi da
ogni timore riverenziale e ci siamo accorti che,
se anche l'età ci ha resi guardinghi ai facili
entusiasmi e disseccato il cuore alle emozioni,
le parole di questi giovani (e noi ci siamo
ricordati del nostro travaglio giovanile) hanno
risvegliato nel cuore, e dei parenti e di noi
*) « Dormivo e sognavo: la vita è bellezza;
mi sono destato ed ecco: la vita è dovere ».
iimmimmiiiiiiii
Opera sociale o impegno socialista?
A Bari, un convegno interdenominazionale su «Il servizio della Chiesa nell’Italia meridionale»
Si è svolto a Bari, il 19 marzo scorso, nei locali della Chiesa 'Valdese, indetto dalla Commissione distrettuale
del V distretto, un convegno interdenominazionale di studio sul tema « Il
servizio della Chiesa nell’Italia meridionale ».
I lavori sono stati articolati in due
relazioni. La prima, tenuta dal prof.
Federico Pirro, assistente presso l’università di Bari, verteva sulla situazione politico-sociale del Sud. È parso necessario all’oratore introdurre il tema,
facendo un breve excursus storico a
partire, da.lla Unificazione d’Italia in
poi. Il Regno d’Italia sorse su vecchie
strutture che lasciavano irrisolta la
questione meridionale; anzi, la inasprivano mediante la collusione dei blocchi industriali del Nord con le forze
latifondiste del Sud.
La situazione, sia pur attraverso
mutati contesti politici, si è protratta
fino ad oggi e si è registrato contemporaneamente ad un graduale aumento ed accentramento di capitali al
Nord un esodo di manodopera non
specializzata dalle campagne meridionali all’estero e al Nord. Anche la creazione nel Sud dei complessi industriali di Stato (quali l’Italsider di Taranto) risulta essere in funzione di una
economia colonialistica ai danni del
Meridione.
La seconda relazione, presentata da
Ennio Del Priore (*), poneva la problematica del servizio compiuto dalla
Chiesa nel contesto socio-economico
sopra esposto. Nelle nostre comunità
esistono due posizioni al riguardo: la
maggioranza afferma la validità delle
opere sociali esistenti da più o meno
anni nella nostra realtà evangelica; altri — in minoranza — non ne riconoscono la validità perché non vedono
in esse l’espressione di un impegno veramente comunitari nè la soluzione
globale del problema sociale. Esso, in
ultima analisi, risulta essere costituito dalla aggressività del neocapitalismo che nella sua ferrea logica crea
delle sacche di miseria al Sud come al
Nord. Questa realtà non è comunemente accettata e la tendenza oggi
prevalente nella nostra Chiesa (ed
avallata da un certo ecumenismo di
vertice) è quella del dare il superfluo
ai poveri; quindi affiora e si afferma
un’azione per gli sfruttati, piuttosto
che una lotta con gli sfruttati.
La discussione, protrattasi a lungo
in modo vivace e vario, ha rivelato
certe visioni dissenzienti tra i partecipanti al convegno: esse rispecchia
vano la discrepanza esistente di fatto
nelle nostre comunità, intorno a questo problema di scottante drammaticità, e chiaramente ribadita nella relazione Del Priore. Non si è giunti ad
una effettiva presa di posizione, ma si
è invece riaffermata la validità dell’impegno individuale. Esso si esplichi
a seconda della varietà dei doni; col
rifiuto dell’analisi marxista della situazione socio-economica se ne rifiutano
le conseguenze pratiche, rifugiandosi
nel comodo alveo dell’opera sociale
tradizionalmente intesa.
Miriam Castiglione
Adriana Menna
iimiiuKiiiniiiiiiii
miiiiiiiiiiiitiimiiiiiiiiiimiiiiiitimiiiiii
Ad Ivrea non si inangura, si medita
Il 22 marzo, domenica delle Palme,
ad Ivrea ^iamo entrati nei nostri nuovi locali di culto e vi siamo entrati
semplicemente, direi quasi alla chetichella, con i nostri vecchi banchi e le
nostre vecchie cose. I nuovi locali sono per ora soltanto intonacati, mancano la tinteggiatura e vari altri lavori di rifinitura; tuttavia ce ne possiamo già servire, eliminando in tal modo l’affitto della sala che ci ha ospitati
in questi ultimi anni.
Così siamo entrati... senza fare la
inaugurazione o una mezza inaugurazione e forse questo è stato un bene
per noi. Più tardi, quando tutto sarà
ultimato, D. v. avremo una giornata
di gioia per accogliere gli amici che ci
hanno generosamente aiutati e tutti
coloro i quali con noi vorranno rallegrarsi e lodare il Signore, ringraziandolo dei suoi doni.
Per la comunità di Ivrea, quella di
domenica 22 marzo è stata una giornata di rillessione; non che siano mancate la riconoscenza e la gioia, fra l’altro di avere di nuovo con noi i bambini della Scuola domenicale che ci
hanno cantato un inno, nella comunità
raccolta ed attenta nell’ascolto del
messaggio che il Signore aveva da dirle particolarmente in quel giorno. Il
testo della predicazione era centrato
sulle parole di Gesù ai Farisei del suo
tempo; « Perciò io vi dico che v’è qui
qualcosa di più grande del tempio »
(Matt 12; 1-8). Che gioverà, infatti, alla comunità di avere un tempio nuovo
se non avrà prima di tutto il Signore
del tempio c di tutte le altre cose della
vita? Se la comunità non seguirà prima di tutto il suo Signore, nulla di ciò
che potrà fare, anche se buono e bello, sarà veramente duraturo, pei che
presto o lardi svanirà come nube di
orgoglio umano. Iddio ci chiede di
avere misericordia per i nostri fratelli prima di percorrere la via che sale
al tempio.
Il nuovo tempio è bello, ma non tro
neggia ,non si vede da lontano, spunta
armonico e discreto in mezzo a case
operaie, quasi a chieder loro scusa di
inserirsi fra di esse; è raccolto, collegato mediante ampie scale e porte vetrate con tutti gli altri locali, dà un
senso comunitario, la luce vi penetra
da tanti lati quasi a ricordarci la ricchezza infinita della Parola del Signore che ivi dev’essere predicata. Il tavolo della Santa Cena è saldamente
unito al pulpito, simbolo dell’unione
indissolubile fra la comunione del Signore e l’annunzio della Sua parola.
Personalmente avrei preferito una soluzione che ci desse di più il senso
della transitorietà della chiesa che è
in cammino verso il suo Signore e che,
come Lui, non dovrebbe a\ere dove
posare il capo. In questa nostra epoca
agitata, ma non priva di segni della
presenza del Signore, le idee camminano molto in fretta, certamente più
in fretta di quanto non abbiano camminato le pratiche per il permesso di
costruzione ed in seguito i lavori di
costruzione; e, se si dovesse adesso
prendere una decisione per Ivrea, si
sceglierebbe forse un’altra soluzione
più aderente alle nuove concezioni della chiesa. Ma bisogna pur riconoscere
che in quel lembo di terra che ci era
stato dato, grosso come un fazzoletto
e per di più in notévole pendenza, gli
architetti fiorentini hanno fatto miracoli.
Così abbiamo ora ad Ivrea un bello
strumento di lavoro, ma guai a noi se
dimenticheremo che esso deve restare
solo e sempre strumento e strumento
docile nelle mani del suo Signore prima che nelle nostre. Se così sarà, lo
voglia Iddio, allora potremo in quel
luogo raccoglierci noi e le generazioni
che verranno per ascoltare la voce del
Signore e capire insieme sempre megio ciò che Egli vuole; che la sua comunità sia fuori del tempio tutti i
giorni della sua vita, « finché Egli
venga ». Elsa Rostan
tutti, una commozione che sarebbe stato di
cattivo gusto controllare e frenare.
La nostra comunità, ove i vecchi abbondane (escluse le signore), ha registrato in un
breve periodo di tempo numerose perdite di
persone che furono nella loro vita e in morte
fedeli servi del Signore.
Anche nella nostra Chiesa, seppur in misu
ra minore di altre (ci auguriamo di aver tor
to), vi è quella stasi rappresentata da chi, ol
tre i beni materiali, è soddi.sfatto di quelli
spirituali che gli consentono sonni tranquilli
sopra un guanciale di pigrizia; perciò questa
intrusione di giovinezza (senza riferimenti nostalgici) ci ha dato una gioia tanto forte da
paventarla pericolosa. Dio noi voglia!
Però non bisogna allarmarsi se l’Evangelo
che questi giovani hanno conosciuto, ritengono che non debba essere avulso dall'enorme
coacervo di cognizioni che la scienza, con i
suoi passi da gigante, pone alla società attuale: cognizioni che danno l'immensa gioia di
approfondire e scoprire fino al punto di esserne sommersi, gli eterni tesori liberati dalla
ganga che talora li avvolge, contenuti nella
Bibbia e di liberare dalle incrostazioni delle
varie teologie, spesso contradditorie, il Verbo
d' Cristo, teologie che con i loro contorsionismi soggettivi, lo hanno reso incomprensibile
e inviso a tanti che vorrebbero un Cristo un
pò meno maiestatico e più vicino.
Lasciamoli parlare questi giovani, non ancora condizionati né inquinati dai miasmi letali di questa società dei consumi e della pornografia; può darsi che ci dicano, ad alta voce, quello che per un qualunquismo sedentario
non abbiamo il coraggio di dire a noi stessi,
ma che pensiamo e che magari ci auguriamo
per poter uscire da un compromesso che ci opprime e che ci fa vivere insoddisfatti.
Noi diciamo, o almeno alcuni che han me.sso l’esistenza della Chiesa al primo posto nella scala dei valori, diciamo, con l’umiltà che
si addice a chi teme di non esserne degno :
venite, tornate nella Chiesa, portate i vostri
problemi, li discuteremo insieme in uno spirito di amor fraterno e libero da ogni sussiego.
Venite anche se vi siete accorti che nel nome sacro di Cristo, forse per mimetismo, da taluni cristiani si guarda senza disgusto ai regimi di « colonnelli » dai metodi sbrigativi,
se da altri pure essi cristiani sentirete accusare
di « faziosità » (la parola fa moda ora) chi
difende i poveri diavoli, e sono legione, che
con centomila lire al mese e spesso anche meno, debbon pagare l’affitto e mantenere la famiglia; venite cari giovani. Cristo può essere
ed è tradito, ma Lui non tradisce MAI; ve lo
dice uno che molti anni fa ha conosciuto, in
un clima più tetro di adesso, i vostri problemi, le vostre delusioni, le vostre tentazioni, i
vostri dolori, i vostri angosciosi dubbi, le vostre assenze, ma che alla fine della sua vita
se Lo trova accanto pronto a rispondere ;
« Signore Tu sai che ti amo ».
E ricordatevi : il protestantesimo ha in sé
u.i fermento di vita inesauribile, malgrado che
si sia sentito dire quella immensa idiozia che
Dio è morto ; « Ecclesia reformata stmper :--eformanda ». Federico .Scheivone
* Pubblicheremo almeno in parte, nel numero prossimo, questa ampia relazione, giuntaci troppo tardi per essere inserita questa settimana. N.d.r.
Mantova - Uerona
A Verona e a Mantova abbiamo adottato
due sistemi diversi per la discussione e lo
studio dei documenti propostici dal sinodo o
dalla conferenza distrettuale.
A Mantova lo studio avviene in riunioni settimanali, il mercoledì sera, con la lettura
comune che si sviluppa in più settimane.
Abbiamo terminato lo studio del documento
sinodale sul matrimonio ed abbiamo cominciato quello del documento sinodale sulla confermazione. Una assemblea di chiesa voterà
gh ordini del giorno riferentisi a tutti i documenti.
A Verona la presentazione vien fatta in una
serie di riunioni pomeridiane : 8 marzo, studio sulla confermazione, presentato dal pastore: 22 marzo, studio sul matrimonio, presentato da Sergio e Maria Rosa Uberti; 5 aprile,
studio sui padrinati, presentato da Erica Kesselring: 19 aprile (ed eventualmente le domeniche successive), studio sul documento sinodale (le linee di lavoro della nostra chiesa).
presentalo da Franco Ferretti. L'assemblea esaminerà e voterà eventuali ordini del giorno
volta per volta, dopo la discussione del relativo documento.
IL LAVORO
CHE ABBIAMO FATTO INSIE.ME
Verona. 11 gruppo che si riunisce lunedi
sera in casa Uberti ha e.saminato insieme un
certo numero di problemi legati al rapporto
tra la predicazione e il lavoro politico. In due
interessanti serate abbiamo cercalo di veder
più da vicino il problema deiremigrazione
(legato ai problemi delle relazioni tra il Nord
c il Sud) e il rapporto tra la vita dei credenti
r l'istiluzionc ecclesiastica. L'unione femminile ha continuato la studio del significalo della comunità. Le riunioni di studio biblico ci
permettono uno studio attento delle parabole
di Gesù, .sulla traccia delle indicazioni del
libretto sulle parabole di Aldo Comba. In precedenza avevamo cercato di e.saniinare i proIilemi della lettura biblica oggi.
Mantova. Nel cor.so del mese, in •onseguenza degli incontri che ci è stalo possibile avere
a Suzzara e Mantova, ci è stato chiesto un
incontro di chiarimento sulla posizione dei
valde.si d'oggi nella sala della Libreria Greco.
1'unione giovanile, nel quadro delle letture
ommentate dei nuovi libri della Claudiana,
h I esaminato con attenzione il volume sulla
resistenza nelle valli Valdesi.
AVVISI ECONOMICI
AFFITTASI alloggio due camere, cucina, ripostiglio. cantinetta, zona Via al Masel.
Luserna San Giovanni. Rivolgersi Geometra
Mantelli.
« A Colui che siede sul trono e all’Agnello siano la benedizione e
l’onore e la gloria e l’imperio,
nei secoli dei secoli »
(Apocalisse 5; 13).
Annunziano la dipartenza di
Alberto Ricca
pastore valdese
la moglie Armanda Gambelli; i figli
Marco, Paolo, Mirella, Anna, Lucilla
con le rispettive famiglie, e le sorelle
Hilda e Aline.
La salma è stata tumulata nel cimitero di Torre Pellice il 27 marzo 1970.
I familiari ringraziano di cuore tutti coloro che sono stati loro vicini nella prova, con affetto e solidarietà.
Eventuali offerte in favore del Collegio Valdese di Torre Pellice.
Firenze, 45 viale don Minzoni.
« Quelli che riguardano a lui sono
illuminati» (Salmo 34; 5).
È serenamente spirata
Fanny Saleng
Lo partecipano, a funerali avvenuti,
la nipote Eufrosina e gli affezionati;
Glorio Cavallo, Bianca Maria Assandrio Cavallo, Lina Bertoque, Elsa e
Speranza Tron.
Si ringraziano; la Direzione ed il
Personale della Casa delle Diaconesse, il dott, Gardiol e il Pastore Rcstagno.
Torre Pellice, 27 marzo 1970.
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pag. 6
N. 14 — 3 aprile 1970'
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
STORIA DI UN PUTSH RELIGIOSO
I vescovi di Gompiemeeto
I "mass media"
e lo sviluppo
Driebergen, Olanda (soepi). - Al termine di una riunione di cinque giorni
svoltasi al Centro « Kerk en Wereld »
di Driebergen, 55 esperti cattolici romani e protestanti in materia di informazione hanno proposto una strategia
comune ed una meglio coordinata utilizzazione dei mezzi di comunicazione
d' massa per promuovere lo sviluppo.
La riunione, chiamata « Chiesa-comunicazione-sviluppo » era stata organizzata dalla Commissione per la Società,
lo Sviluppo e la Pace (Sodepax) del
CEC e dalla Commissione pontificale
Giustizia e Pace.
Gli esperti hanno dichiarato che non
potrebbero prendere in considerazione
i problemi dello sviluppo e della pace
senza aver prima presentato dei suggerimenti in vista di un miglior coordinamento dei mass media. Occorre innanzi tutto sforzarsi di collaborare cogli informatori laici. L’informazione deve essere utilizzata per liberare l’umanità dalla povertà, dall’ingiustizia e
dalla guerra. Per questo, la libertà di
espressione e di comunicazione è essenziale. I sei gruppi di lavoro hanno
proposto una strategia ecumenica generale che vada dalla creazione di centri di formazione all’utilizzazione dei
satelliti per edificare una comunità
mondiale.
Le raccomandazioni rivolte a Sodepax sono le seguenti: permettere ai
paesi sottosviluppati di giungere ai
nuovi sistemi di comunicazione e di
utilizzarli; fare un inventario di tutti
i mezzi di comunicazione della Chiesa;
stabilire un organismo centrale di comunicazione; intraprendere una ricerca sull’informazione a livello regionale,
nazionale e internazionale.
I partecipanti hanno pure sentito un
esposto del card. Alfrink, il quale ha
dichiarato che incombe agli informatori di attirare sui bisogni del mondo
l’attenzione di milioni di ascoltatori, di
spettatori e di lettori. Devono tenere al
corrente tutti gli uomini delle ingiustizie, facendo nel contempo appello alla
coscienza di ognuno, sia cristiano o
meno. Ha messo in guardia gli informatori contro lo scoraggiamento che potrebbe prenderli di fronte all’accumularsi della miseria umana e delle ingiustizie e li ha incitati ad elaborare una
teologia della speranza che comprenda
anche l’attuale esistenza.
DIALOGO FRA I CREDENTI
DEL NOSTRO TEMPO
Beirut, Libano (soepi). - Quaranta teologi
cristiani, mussulmani, buddisti e induisti sono riuniti a Beirut per fare il punto delle
attuali discussioni e per esaminare le possibilità di dialogo e di collaborazione fra le loro
quattro religioni. Si tratta di specialisti che
hanno già preso parte a dialoghi inter-religio.^i su piano nazionale.
La conferenza, dal nome « Dialogo fra i
credenti del nostro tempo » riunisce per la
prima volta, a livello internazionale degli uomini di queste quattro religioni.
Bisogna sottolineare che si tratta di una
riunione di studio, ma le si attribuisce una
grande importanza. Essa potrebbe condurre
ad un dialogo su più vasta scala, basato sul reciproco rispetto delle rispettive credenze. Essa
potrebbe anche allargare la collavorazione che
esiste nel campo sociale, particolarmente in
quei paesi dove dei seguaci di religioni diverse vivono fianco a fianco.
La conferenza è organizzata dal CEC a richiesta del suo Comitato centrale che ha dichiarato. in occasione della sua sessione dell’agosto scorso, che i rapporti con gli uomini
di altre religioni e di altre ideologie costituiscono una delle principali questioni che si
pongono al CEC.
La dichiarazione del CEC sottolinea : « La
Conferenza di Beirut e un primo passo, una
riunione di uomini di religioni diverse; ognuno col suo impegno esistenziale ed i suoi presupposti teologici. Studieranno assieme i problemi e proveranno di definire il modo in cui
i credenti possano parlare della loro fede in
un mondo moderno ove predominano la scienz.. la tecnologia e la secolarizzazione ».
LA CONFERENZA DEI CRISTIANI
DI TUTTA L’INDIA
SULLO SVILUPPO
Nuova Delhi (soepi). - Lo sviluppo nel contesto dellTndia e il contributo che le posson* fornire la chiesa cattoliea romana e le chiese protestanti: questo era il tema principale
di una Conferenza dei cristiani di tutta 1 India sullo sviluppo, che si è riunita per cinque
giorni a Nuova Delhi recentemente.
Organizzata da Sadepax (la Commissione per
lo sviluppo e la pace del CEC e della chiesa
cattolica) la conferenza ha avuto la totale collaborazione della Conferenza dei vescovi cattolici e del Consiglio cristiano nazionale.
La conferenza ha posto in evidenza che il
servizio è. per i cristiani, uno dei modi di
mostrare la potenza del Signore risuscitato, e
di aprire cosi la via ad un ecumenismo incentrato sul messaggio di speranza che il Cristo
porta a tutti gli uomini e a tutte le nazioni.
Uno dei suggerimenti più stimolanti latti
dai gruppi di lavoro della conferenza era di
appoggiare energicamente la legislazione sulla riforma agraria. « Oggi è urgente insistere
presso le chiese, proprietarie di vaste terre
non coltivate, affinché, usando tutto il loro
discernimento, prevedano di valorizzarle a vantaggio della nazione, mettendole a disposizione
di contadini privi di terra » ha dichiarato il
gruppo di lavoro sullo sviluppo rurale. I programmi raccomandati alle chiese sono destinati a promuovere l’habitat rurale, a sviluppare le cooperative, a costruire silos per prodotti alimentari ed a organizzare delle squadre di animazione rurale.
Il gruppo di lavoro sull’educazione in vista
dello sviluppo ha particolarmente insistito sul
compito degli insegnanti. E’ stato chiesto al
Ministero dell’educazione superiore cristiana
di realizzare dei programmi di formazione di
professori che diano loro una particolare
competenza per quel genere di insegnamento.
La conferenza ha sottolineato che la Chiesa
deve coraggiosamente raccogliere la sfida, lottando contro r analfabetismo, organizzando
programmi di insegnamento per adulti e corsi di formazione tecnica.
Il gruppo che ha studiato la concezione cristiana dello sviluppo si è sforzato di porre in
evidenza i segni della presenza attiva di Dio
nella lotta per la liberazione dell’umanità. Esso ha pensato che il Cristo risuscitato che
« si é fatto uomo perché la vita umana sia e
rimanga veramente umana » riveste oggi più
che mai il suo significato in India. Nello
sforzarsi di valutare ciò che fa attualmente
la Chiesa per proseguire la missione di Cristo,
la eonferenza ha eoneluso : « Lottando per la
riconciliazione, dovremmo essere pronti ad affrontare gli inevitabili confitti che ne deriveranno ».
Anche la Chiesa greca ha avuto il
colpo di stato. Avvenne esattamente
un mese dopo il «colpo» dei colonnelli, ed ebbe per protagonisti gli stessi personaggi: i colonnelli, appunto, e
gli uomini legati a loro, per miopia o
per calcolo.
Il primo atto del putsh religioso è
del maggio 1967: in quella data, i colonnelli deposero dalla carica Chrysostomos. Arcivescovo di Atene. Poi
inventarono un nuovo « Sinodo », composto di Vescovi scelti (dai Colonnelli)
« tenendo presente il merito ».
Avendo perfettamente presenti i
propri meriti, i Vescovi scelsero a loro volta il nuovo Arcivescovo di Atene
nella persona di leronimos Kotsonis.
E il nuovo Arcivescovo fece esattamente quello che ci si aspettava da
lui: depose due Vescovi, costrinse altri a dimettersi, creò nuove sedi vacanti, e riempì il vuoto così prodotto
con uomini fedeli a se stesso e alla
Giunta.
Nella nuova sistemazione della Chiesa greca, ebbero una parte importante due organizzazioni: lo ZOI, e il SOTIR.
Dei 21 nuovi Vescovi, 5 erano membri dello ZOI, uno del SOPIR. Dei rimanenti 15 Vescovi, 13 erano strettamente legati all’una o all’altra delle
due confraternite.
A due dei membri dello ZOI furono
affidate posizioni particolarmente delicate. Il Vescovo Panteleimon di Salonicco fu allontanato. La giunta Ecclesiastica nominò a ricoprire la Sede
l’Archimandrita Leonidas Paraskevopulos. Deponendo Panteleimon i colonnelli si sbarazzarono di un potente
nemico e lo sostituirono con un uomo
nel quale nutrivano piena fiducia e
che era ben visto nei circoli militari
del Vescovato della Grecia del nord.
Echi de Ila settimana
a cura di Tullio Viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
IL PROCESSO KARAGHIORGAS
^ È un nuovo episodio della tristissima situazione politica greca. « Docenti universitari, magistrati, avvocati,
ingegneri, studenti, giornalisti. Questo
il “materiale umano" che il fascismo
greco si è messo di fronte (55 imputati) per dar vita ad un processone che
ricorda per molti versi quello con cui
nel '31 Mussolini tagliò le gambe ad
uno dei centri più attivi dell’antifascismo democratico, quello di Rossi e
Bauer. Questo di Atene (...) prende il
nome dal noto economista, ex-docente
della “Panteios Graduate School”, cui
esplose fra le mani (nel luglio dello
scorso anno) una bomba destinata ad
attentati contro il regime (...). Sul trattamento subito dagl’imputati, vale per
tutti la testimonianza che il prof. Karaghiorgas è riuscito a render nota all’estero: gravemente ferito alle mani e
al viso dall’esplosione di cui rimase
vittima, cominciò ad essere torturato
dal poliziotto-aguzzino Zavaras, già nel
suo letto dell’ospedale "Areteiu". Da lì,
in ragione della sua accanita resistenza, fu trasferito al centro militare di
Neo Iruklio dove i “torturatori scientifici” lo sottoposero ripetutamente alla somministrazione di sostanze allucinogene. In seguito venne sottratto
ad un’inchiesta della Croce Rossa Internazionale sulle condizioni dei detenuti politici greci. In ogni caso, è difficile che Karaghiorgas e gli altri riescano a denunciare in tribunale, per
esteso, le brutali sevizie subite.
L’attenzione della stampa e dell’opinione internazionale verso il “processone" non è di carattere umanitario.
Se “Difesa Democratica” (l’organizzazione clandestina che è il vero imputato del processo e i cui 35 imputati
presenti in aula rischiano fino alla pena di morte) infatti ha perduto i suoi
quadri migliori nella repressione dell’estate scorsa (seguita al caso Karaghiorgas e ad una successiva serie di
attentati di protesta), il regime di Atene non riuscirà a nascondere il significato politico che riveste Vattività
terroristica" svolta da personaggi come magistrati e liberi professionisti
che, in teoria, “la legge e l’ordine” dovrebbero tenere tranquilli ».
(Da « L’Astrolabio » del 29.3.’70).
LA CONTESTAZIONE
STUDENTESCA
NELLA GERMANIA OCCIDENTALE
Ë evidente e nota a tutti la profonda trasformazione die il movimento studentesco ha subito in tutto il
mondo. Dalla Repubblica Federale Tedesca giunge la seguente notizia.
« La Federazione degli Studenti Socialisti (S.D.S.) ha annunciato, domenica 22.3.’70 a Francoforte s. Ai., il proprio scioglimento, nel corso d’una riunione pubblica alla Casa degli Studenti. La decisione era stata presa, alla
vigilia, dal Consiglio Nazionale del
movimento. Quattrocento membri dell’organizzazione partecipavano domenica all’ultima manifestazione pubblica organizzata dall’S.D.S. (...). Un portavoce dell’organizzazione ha dichiarato che la decisione era diventata
“politicamente necessaria” a causa della suddivisione del movimento in tendenze rivali (anarchici, maoisti, comunisti staliniani, marxisti anti-autoritari
ecc.) e del cattivo funzionamento della Federazione negli ultimi due anni.
L’autodistruzione dell’S.D.S. appare,
infatti, come il risultato logico della
“gruppusculazioné" che ha colpito il
movimento “contestatore” nei paesi dell’Europa Occidentale (Germania Federale, Francia, Italia) e delle lotte acute, fra fazioni rivali, che ne sono derivate.
Fondata nel 1946, la S.D.S. fu, per
lungo tempo, legata strettamente al
partito socialdemocratico, per il quale essa costituiva una “riserva di dirigenti”. Ne è uscito, fra gli altri, l’attuale ministro della difesa Helmut
Schmidt. Tuttavia le due organizzazioni seguirono processi evolutivi completamente diversi. Mentre che, nel suo
congresso del 1959 a Bad-Godesberg, il
partito socialdemocratico adottava un
programma del tutto esente da riferimenti al marxismo, l’S. D. S. assumeva delle posizioni sempre più accentuate verso sinistra, prendendo notoriamente iniziative importanti contro il riarmo nucleare della Germania.
Nel 1961, il partito dichiarava che la
appartenenza simidianea alle due organizzazioni era “incompatibile”, e che
ogni aderente all’S.D.S., in questa militante, sarebbe stato escluso dal partito stesso. Contemporaneamente, quasi a far dispetto all’S.D.S. il partito
creava l’Associazione Universitaria Socialdemocratica.
Dal 1961 al 1965, l’S.D.S., radicalizzando la sua azione, fece uno sforzo
teorico importante sotto la parola d’ordine significativa: “Dalla burocrazia
alla scienza”. L’S.D.S. divenne presto
il nucleo di quella che si è convenuto
di chiamare la “nuova sinistra”. Il movimento fu la punta di lancia della resistenza alla riforma universitaria ed
organizzò delle violente manifestazioni
antimperialiste, dirette essenzialmente
contro l’intervento americano nel Vietnam. Dalla morte dello studente Benno Olmesorg, avvenuta il 2.6.’67 durante una manifestazione ostile alla visita
dello scià dell'Iran a Berlino-Ovest, derivò aU'S.D.S. la possibilità di rinforzare la propria influenza. Dopo il mancato attentato contro uno dei suoi
principali dirigenti. Rudi Dutschke, poco prima della Pasqua 1968, l’S.D.S.
organizzò una campagna contro la
stampa Springer, accusata, per le sue
violenze anti-contestatarie, d’essere all’origine dell’esasperazione della popolazione di Berlino-Ovest contro gli studenti.
Mal riavutasi dalla perdita del suo
principale organizzatore (si ricordi la
lunga convalescenza e la successiva
inattività del Dutschke), l’S.D.S. subì
poi i contraccolpi dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia, perché alcuni dell’S.D.S., di tendenza staliniana,
approvarono l’invasione, mentre altri
invece la condannarono o non la compresero. Già da parecchi mesi, simili
divisioni avevano persuaso i dirigenti
dell’S.D.S. della necessità di far sparire il loro movimento ».
(Articolo pubblicato su « Le Monde »
del 24.3.1970).
(Il nuovo Vescovo trasmetteva regolarmente dei programmi dalla locale
stazione radio militare).
L’altro rnembro dello ZOI che ricopri la carica (creata « ex novo ») di
Vescovo delle Forze Armate, con il titolo ufficiale di Vescovo di Pelagonia,
fu l’Archimandrita Nicolaos Xenos. Gli
stretti legami esistenti tra Xenos e
1 Esercito, sono di vecchia data. Per
più di 10 anni ha insegnato nella scuola di Addestramento per Ufficiali di
Iraklion, a Creta, essendo sua speciahta la propaganda anti-comunista. Con
l alto grado di Ufficiale dell’Esercito
(il Vescovo delle Forze Armate ha il
grado di Maggiore Generale) i colonnelli stabilirono un anello di congiunzione ufficiale tra l’Esercito e la Chiesa.
Affidate a uomini fedeli, o comunque costretti all’obbedienza, tutte le
70 sedi vescovili, l’Arcivescovo di Atene, agendo in stretto contatto con i
suoi padroni, passò alla redazione di
una nuova Costituzione per la Chiesa
di Grecia. Temendo l’opposizione da
parte dei Vescovi che non erano membri della sua cricca, l’Arcivescovo leronymos procrastinò un convegno della Convenzione plenaria della Gerarchia (che stava per riunirsi per discutere sul Documento in gennaio) e il 17
febbraio 1969, il documento fu promulgato per decreto. La gerarchia fu
convocata il 1“ marzo per ricevere il
Documento da Papadopulos.
Durante la cerimonia d’apertura,
l’Arcivescovo leronymos dichiarò:
« Con la nuova Costituzione la Chiesa
di Grecia diviene padrona in casa
sua ». La censurata stampa greca scrisse la stessa cosa.
Una vasta parte dei 5 articoli della
nuova Costituzione si occupa dei comitati, sottocomitati, consigli centrali
e locali recentemente creati, che ora
includono membri laici. La partecipazione di laici in questi comitati e consigli fu salutata come l’introduzione
di elementi di democrazia in seno alla
Chiesa.
Quanto valgono questi argomenti intorno all’indipendenza dallo Stato e
alla partecipazione democratica laica,
nell'attuale costituzione ecclesiastica?
L’articolo II della Costituzione ecclesiastica stabilisce che il Ministro
della Educazione sarà invitato a tutti
gli incontri del nuovo Sinodo Permanente formato da 10 uomini e « Il fallimento del primo incontro col Ministro, come stabilito in questo articolo,
annulla tutte le decisioni prese ». Ora
l’articolo 51 stabilisce che per i primi
3 anni dalla data di promulgazione
della nuova Costituzione, il Sinodo
Permanente eserciterà, di fatto, tutte
le funzioni della Gerarchia. Dato questo ruolo del Sinodo Permanente, il
suddetto provvedimento significa che
nulla può essere deciso senza l’approvazione del Ministro dell’Educazione.
Cioè dei colonnelli.
Il sistema con il quale furono riempite le 22 Sedi vacanti, è diventato ora
il sistema « legale » per eleggere i Vescovi. Con riferimento a questo articolo, la Gerarchia intera (ma per i primi 3 anni il Sinodo Permanente) propone 3 candidati; tra questi 3 candidati il Re — e per ora il Reggente
Zoitakis — sceglie l’uomo adatto a
riempire la Sede vacante.
L’articolo 29 stabilisce che un Vescovo deve ritirarsi all’età di 72 anni.
In normali circostanze su questo provvedimento non ci sarebbe nulla da eccepire. Nelle circostanze attuali, essendo molti Vescovi vicini a questa età,
questo articolo darà all’Arcivescovo
leronymos l’opportunità di porre amici sicuri nelle Sedi che diverranno vacanti, creando in tal modo una maggioranza non solo nel Sinodo Permanente (dove l’ha anche adesso) ma anche nella Convenzione Plenaria dei Vescovi, che è formata da 70 uomini.
Questa maggioranza, a causa del sistema col quale è stata formata, obbedirà ottusamente agli ordini dei colonnelli.
« Completamento » — La nuova Costituzione provvede alla creazione di
10 nuovi comitati. I Vescovi — Presidenti di questi comitati — costituiscono i membri del Sinodo Permanente.
Durante le « Elezioni » ai primi di
marzo, l’Arcivescovo leronymos, mentre ammise a questo Sinodo alcuni
Vescovi che non avevano rapporti con
la confraternita dello ZQI — solo per
dare l’impressione che la sua intenzione era « buona » — fece sì che la
maggioranza dei membri gli fosse fedele, e, per suo tramite, fosse fedele
al colonnelli. Né il Vescovo di Pireo
né il Vescovo di Corinto, che denunciarono la nuova Costituzione come
« totalmente contraria al Diritto Canonico » sono inclusi nel Sinodo Permanente. Per essere sicuri che i giovani arruolati nell’Esercito all’età di
20 e 21 anni fossero in possesso dei
requisiti richiesti, i colonnelli stabilirono che il Vescovo delle Forze Armate è un membro del Comitato per la
Educazione della gioventù. La conclusione è inevitabile. Con la nuova Costituzione e i primi scalini per renderla effettiva, i colonnelli hanno « costituzionalizzato » i loro colpi in seno
alla Chiesa.
Opposizione — Il primo Vescovo
che sfidò apertamente i colonnelli fu
11 Vescovo Panteleimon di Salonicco.
Quando il Brigadiere Patilis, ora Primo-Deputato, gli chiese di dimettersi,
egli rifiutò. Più tardi fu deposto. I Ve
scovi di Pireo e Corinto attaccarono
apertamente la Giunta per avere imposto alla Chiesa la peggiore Costituzione che essa abbia mai avuta. Tre
altri Vescovi osarono mostrare pubblicamente la loro sfida al regime durante la Convenzione Plenaria di marzo. I Vescovi di Sparta ed Eleutheropolis uscirono fuori, durante una seduta, quando era in corso di dibattito
una proposta dell’Arcivescovo leronymos. Un terzo Vescovo parlò contro la
Costituzione: il Vescovo Augustine di
Fiorina.
Non tutti quelli che hanno rapporti
con la confraternita ZQI sono pronti
a cooperare con il regime. A tre vecchi membri dello ZOI furono offerti
troni episcopali che essi rfiutarono. Sono: l’Archimandrita Mastroyannopoulos (fino al 1966 . capo della confraternita) e due dei più promettenti giovani teologhi della Chiesa di Grecia: Padre Yiannoulatos, un missionario ortodosso in Africa, e Padre Trakatellis
che ora studia negli U.S.A.
La spina dorsale della Chiesa è, naturalmente, il clero. Con la legge 469
del 1968, il clero è stipendiato come
dipendente statale. La legge è incorporata nell’articolo 38 della Costituzione, cosicché i preti vengono a dipendere totalmente dallo stato.
« Dernocrazia » — La presenza di
membri laici non solo in Comitati locali, ma anche nella Convenzione Ecclesiastica Generale, dà l’impressione
che la Chiesa divenga più democratica. Ma come sono eletti questi membri laicL dei comitati, dei- consigli e
della Convenzione?
La procedura generale stabilita dalla Costituzione è: « Non per elezione
ma per selezione ». L’articolo 25 della
Costituzione dice che i membri laici
« sono selezionati dal parroco in carica insieme a un maestro di scuola eie
mentare nominato dal locale ispetto
tc-capo all Educazione ». Ora, come è
già stato notato, non solo il maestroma anche il parroco sono impiegati
statali. ^ ^
Più in alto i membri laici della Convenzione Generale Ecclesiastica, stando a quanto dice l’articolo 12 della
Costituzione, sono « estratti da una lista di 15 persone selezionate dal Vescovo di ogni area insieme al Nomarch.
Qra, se guardiamo verso il vertice della piramide, notiamo che il sistema di
selezione è sempre più controllato dallo stato, poiché il Nomarch è il rappresentante del Governo in ogni regione. Ambedue i diritti, quindi, sono
smentiti dalla Costituzione stessa.
Questo non significa che la Costituzione non contiene certi articoli progressisti. Si possono citare gli articoli
che stabiliscono l’amalgamazione dei
Vescovati, la razionalizzazione dell’amministrazione degli affari della Chiesa
e la conservazione di molte cose che
nella Chiesa sono buone. Ma la verità
resta quella detta dal Vescovo di Pireo, Crysostomos: « Questa Costituzione è la peggiore di tutte quelle fino
ad oggi promulgate. I vantaggi assicurati alla Chiesa da questa Costiiuzione sono irrilevanti di fronte al danno che essa ha causato ».
Il regime perseguita gli elem.’iti
progressisti della Chiesa e quelli che
osano opporsi alle sue decisioni. Due
influenti parroci dell’area del Pireo furono privati delle loro parrocchie e 25
preti di Salonicco, che avevano manifestato il loro appoggio al deposto Vescovo Panteleimon, furono trasferiti in
parrocchie fuori città.
Questi sono soltanto pochi fra gli
esempi dell’opposizione che sia i colonnelli che l’Arcivescovo leronymos
hanno di fronte. Un’opposizione che è
la sola speranza per il futuro della
Chiesa di Grecia.
L’articolo che precede, segnalatoci da un
lettore, è apparso sulla rivista « Grecia »■
(dicembre 1969).
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