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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 22 OTTOBRE 1993
ANNO I - NUMERO 40
IL CASO DEL LEONCAVALLO
LA CAVALLERIA
RUSTICANA
GIORGIO GUELMANI
Il Centro sociale più famoso d’Italia è a Milano, in
via Leoncavallo al numero
22, in una palazzina abbandonata da vent’anni e occupata
dal 1975.
L’esperienza dei Centri sociali (in Italia e all’estero) nasce nell’ambito della nuova
sinistra, dalla ricerca di una
politica legata al territorio, di
rapporti interpersonali diversi
o di una nuova cultura senza
aspettare il giorno dopo la rivoluzione. Nonostante la tendenza all’autoghettizzazione
e la vita grama e precaria che
conducono tra uno sgombero
e l’altro, i Centri sociali hanno rappresentato un luogo di
aggregazione giovanile alternativo all’oratorio, al bar e al
muretto (o alla violenza gratuita degli stadi e dei naziskin) nella desolazione delle
piccole e grandi città del nostro paese, di fronte aU’inerzia degli enti locali. La loro
presenza ha contribuito, molto più dei proclami jervoliniani e dei lager muccioliani, a
tener lontano migliaia di giovani dall’eroina (due ragazzi
del Leoncavallo, Fausto Tinelli e Lorenzo «laio» lannucci, pagarono con la vita
nel 1978 la denuncia dello
spaccio).
Il Leoncavallo è ormai
un’istituzione nel quartiere,
amata, tollerata o violentemente avversata (questo spiega perché i suoi frequentatori
si oppongono al trasferimento
in un’altra zona). Dopo le
promesse della campagna
elettorale, negli ultimi giorni
la Lega Lombarda, anche per
coprire l’immobilismo dei
primi quattro mesi di governo
cittadino, ha rilanciato clamorosamente la «questione
Leoncavallo». Così abbiamo
visto succedersi convulsamente ultimatum, proteste,
trattative; mobilitarsi il ministro dell’Interno, il prefetto
e il capo della polizia, fino ad
arrivare a un apparente stallo.
Una soluzione negoziata,
nonostante la buona volontà
del Centro e i tentativi di mediazione del consigliere comunale del Prc, Umberto
Gay, è resa difficile dal fatto
che, avendo creato «il mostro» grazie a un accorto uso
dei media e della chiacchiera
quotidiana, ogni ventilato trasferimento del Leoncavallo in
altra area provoca immediate
proteste di comitati di quartiere più o meno spontanei. Eppure molte forze politiche e
associazioni (perfino la Curia)
riconoscono che nei suoi 18
anni di vita il Leoncavallo si è
guadagnato una legittimità di
fatto. Sembrerebbe ragionevole sostenere, come fa Gad
Lemer sulla Stampa del 13 ottobre, «la necessità - ineludibile in una moderna metropoli europea - di non togliere
ogni spazio al frastagliato arcipelago delle opposizioni arrabbiate, ribelli, scomode ma
fisiologicamente destinate a
riprodursi». E invece abbiamo fondati timori che la Lega
lavori in realtà per ottenere
uno sgombero violento e sanguinoso, per affermare il primato del proprio potere locale, in una inquietante anticipazione del federalismo di domani. Qui a Milano la «politica dal basso», in cui molti
avevano riposto speranze, delusi dalle ideologie e dai riti
della «politica politicante», si
è trasformata in livida e rabbiosa diffidenza verso l’altro.
Ogni comitato di quartiere individua «il nemico» nel soggetto debole, confonde i sintomi del degrado con le cause
(ma come distinguere sintomi
e cause, se si è rinunciato a
qualunque visione del mondo
articolata?) e sa solo invocare
«cacciateli più in là» (i drogati, gli zingari, i viados, i giovani che fanno rumore coi loro concerti). La ricerca di una
nuova legalità dopo Tangentopoli si traduce in un giustizialismo forcaiolo e vendicativo.
A queste città che rischiano
di morire di intolleranza dopo
essere state soffocate dalle ruberie della vecchia classe politico-imprenditoriale, a queste nostre città siamo debitori
dell’Evangelo, di un messaggio che annunci la riconciliazione e non la vendetta, la
ricostruzione di uno spazio di
vita per tutti e non la chiusura
nel proprio privato, l’accoglienza del diverso e non la
sua cacciata.
La Parola di Dio trasforma le nostre esistenze per renderci già ora persone nuove
Rispondere alPEvangelo senza aspettare
LUCA MARIA NEGRO
«E le turbe lo interrogavano dicendo:
“E allora, che dobbiamo fare?” Ed egli
rispondeva loro: "Chi ha due tuniche,
ne faccia parte a chi non ne ha; e chi ha
da mangiare faccia altrettanto". Or vennero anche dei pubblicani per esser battezzati e gli dissero: “Maestro, che dobbiamo, fare?” Ed egli rispose loro:
“Non riscotete nulla di più di quello che
vi è ordinato”. Lo interrogarono pure
dei soldati dicendo: “E noi, che dobbiamo fare?” Ed egli a loro: “Non fate
estorsioni, né opprimete alcuno con false denunzie e contentatevi della vostra
paga”».
(Luca 3, 10-14)
La prima risposta di Giovanni Battista alle folle che gli chiedevano che
cosa dovessero fare, è quella della condivisione. Avete due tuniche? Datene
una a chi non ne ha. È una risposta estremamente concreta, immediatamente realizzabile. Siamo nel deserto, lontani dai
centri abitati. Chi ha potuto si è portato
da mangiare e un paio di tuniche, perché
nel deserto al caldo del giorno segue un
freddo intenso di notte. Ma c’è anche chi
non possiede né mantello, né cibo. Quin
di è come se Giovanni dicesse: Ecco un
frutto degno del ravvedimento: la disponibilità immediata a condividere. Subito
dopo troviamo la domanda di due categorie particolari: pubblicani e soldati. La
risposta di Giovanni è per certi versi
estremamente blanda perché non chiede
loro di abbandonare la propria professione, ma di viverla onestamente, senza opprimere gli altri.
Nel suo commentario a Luca, Ortensio
da Spinetoli rileva la scarsa politicità di
questo testo, incapace di individuare un
peccato sociale o strutturale. Con i pubblicani Giovanni non affronta il sistema
iniquo della tassazione, e non invita i
soldati «a deporre le armi, che usano a
sostegno dell’ingiustizia» (O. da Spinetoli, Luca, pag.149). È invece positivo
che proprio Giovanni il Battista, l’eremita che viveva nel deserto, non proponga
una fuga dal mondo ma un’«aicei/ intramondana.». Non si tratta di abbandonare la propria professione ma di esercitarla onestamente. Lutero vi farà eco
quindici secoli più tardi.
La concretezza e l’immediatezza della
proposta di Giovanni costituisce il pregio della sua risposta. È come se egli ci
dicesse: Non aspettate la rivoluzione, cominciate a fare oggi quel poco che siete
in grado di fare, nonostante le contraddizioni strutturali in cui vivete. Siete cioè
parte di un ingranaggio di ingiustizia, di
un sistema iniquo? Cominciate col non
trarre un profitto personale dalla vostra
posizione all’interno del sistema. Rifiutate nel vostro piccolo la logica delle
tangenti e delle mazzette, dei favori personali, dei soprusi; rispettate chi vi sta
vicino, e particolarmente coloro sui quali
avete un certo potere o che hanno una
posizione sociale inferiore alla vostra.
È poi così limitato e conservatore questo discorso? Nel messaggio inviato alle
chiese il Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste afferma: «In questo sistema
tutti hanno creduto che fosse concesso
adeguarsi alla illegalità diffusa nelle
grandi e nelle piccole cose, come se fosse vero che se tutti sono peccatori, non
lo è nessuno (...). È contro la cultura
della sopraffazione che dobbiamo reagire, in noi stessi e attorno a noi, nella società, nell’economia, nella politica».
In noi stessi e attorno a noi: l’invito
di Giovanni il Battista è a cominciare
subito da noi stessi, praticando la condivisione, rifiutando il sopruso, l’estorsione, i profitti illeciti, le raccomandazioni,
rispettando la dignità e la libertà di ciascuno.
Consiglio ecumenico
Il Premio
Nobel 1993
è un fatto
memorabile
Come è stato riportato anche
dai nostri quotidiani, il 15 ottobre è stato assegnato il premio Nobel per la pace per il
1993 a Nelson Mandela e a
Frederik W. de Klerk. Il Consiglio ecumenico delle chiese
ha rilasciato in proposito la seguente dichiarazione;
«L’assegnazione del Premio
Nobel per la pace a Nelson
Mandela e a F. W. de Klerk è
un fatto memorabile. E il giusto riconoscimento dell’eccezionale contributo dato dai due
leader al processo che sta segnando la fine del regime
dell’apartheid in Sud Africa. Il
riconoscimento rende merito
all’opera paziente e irta di difficoltà che questi due uomini
hanno intrapreso per gettare le
basi e favorire lo sviluppo delle regole democratiche nel loro paese.
Il Consiglio ecumenico delle
chiese, nella sua lunga pratica
di solidarietà con tutti coloro
che in Sud Africa hanno lottato per la libertà cercando la
pace e la giustizia per tutta la
popolazione, saluta con gioia
l’annuncio di questo riconoscimento e vede in esso un segno
di speranza non solo per il Sud
Africa ma per il mondo intero.
La pace è una necessità urgente in Sud Africa, tanto più
ora che la sua popolazione si
va preparando alla democrazia. In un momento in cui
la violenza e la sofferenza sono esperienza quotidiana in
molti altri paesi, il riconoscimento del Premio Nobel
per la pace ai due leader sudafricani simboleggia l’impazienza che il mondo ha per relazioni nuove e creative: ciò
che i cristiani definiscono “il
regno del Principe della pace”.
Ovunque i cristiani pregheranno perché i due leader possano
continuare a ricevere la forza e
il coraggio per costruire la pace nella giustizia».
Le chiese in Eritrea
pagina 3
All’Ascolto
Della Parola
Gesù nostro
contemporaneo
pagina 6
LWooèlegge.
Intervista
con il moderatore
Gianni Rostan
pagina 7
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 22 OTTOBRE I993
Una proposta di legge discriminatoria nei confronti delle nuove chiese evangeliche
Argentina: 10.000 evangelici manifestano
davanti al Parlamento contro la nuova legge
Diecimila evangelici argentini si sono radunati
davanti al Congresso nazionale argentino per protestare
contro il progetto di legge sulla libertà religiosa. Il progetto
è già stato approvato dal Senato ed è attualmente all’esame della Commissione dei
rapporti internazionali e degli
affari religiosi della Camera
dei deputati.
Tutte le organizzazioni rappresentanti le chiese evangeliche si sono unite per protestare contro il progetto di
legge che, a parer loro, stabilisce una discriminazione nei
confronti delle religioni non
cattoliche, in particolare nei
confronti delle piccole chiese
indipendenti.
Nel 1992 il Segretariato per
gli affari religiosi aveva convocato i rappresentanti di tutte
le confessioni religiose non
cattoliche per informarli del
progetto di legge prima che
esso venisse sottoposto al Parlamento, nel 1993. Il progetto
è stato trasmesso e ogni chiesa
ha avuto la possibilità di esaminarlo e di presentare le proprie osservazioni o un altro
progetto entro la fine del ’92.
Varie obiezioni e osservazioni
sono state trasmesse al Segretariato da parte di diverse
chiese, ma le più serie non sono state prese in considerazione e il progetto è stato presentato al Parlamento senza l’appoggio della maggioranza delle chiese protestanti, che comprendono gli evangelici e i
pentecostali indipendenti.
L’articolo ritenuto come il
più discriminatorio è l’articolo
8, che pone una serie di condizioni perché una chiesa non
cattolica possa essere legalmente registrata come tale.
Essa deve soddisfare almeno
Un gruppo di bambini dei viiiaggio dei poveri «Ei tigre», alla periferia di Buenos Aires
una delle seguenti condizioni:
deve avere un numero di
membri equivalente al 5%
della popolazione totale del
paese; deve avere comunità in
almeno quattro province; deve
dimostrare più di 100 anni di
attività in Argentina; deve essere collegata con uno stato
estero con il quale l’Argentina
abbia rapporti diplomatici. Le
Chiese pentecostali indipendenti considerano queste condizioni come molto discriminatorie in quanto le costringono ad associarsi tra di loro o
ad associarsi a una chiesa più
grande o più vecchia del paese
per potere agire legalmente.
Numerose chiese corrono
quindi il rischio di rimanere
ftiorilegge.
L’85% degli argentini è battezzato nella Chiesa cattolica
romana, anche se quest’ultima
considera che solo il 5% di
questi battezzati sono attivi
all’intemo della chiesa. Negli
ultimi dieci anni, dopo l’avvento del nuovo regime democratico, circa 2.000 nuove
chiese sono state registrate, in
maggioranza pentecostali
indipendenti ma anche nuove
religioni, afroamericane ad
esempio. Ciò ha provocato
quello che la Chiesa cattolica
considera come una «esplosione di sette» ma in realtà si
tratta, nella maggior parte dei
casi, di chiese di quartiere
molto attive, che conquistano
membri fra i cattolici passivi.
Il progetto di legge prevede
la creazione di un Consiglio di
pastori che dovrà tra l’altro
controllare la registrazione
delle religioni. La maggioranza delle chiese si oppone a
questo, ritenendo che nessuna
chiesa abbia un diritto di controllo sulle altre e che nessuno
possa decidere dell’esistenza
legale o meno di altre religioni. Esse considerano che su
alcuni punti il progetto di legge, anziché rafforzare la libertà religiosa, la ostacoli con
regolamenti e impedisca alle
varie religioni di praticare liberamente.
Mentre i 10.000 manifestanti cantavano e pregavano sulla
piazza del congresso, una delegazione di responsabili protestanti consegnava ai membri
della Commissione per i rapporti esteri e per gli affari religiosi della Camera dei deputati una protesta e l’elenco delle
loro obiezioni. In mezzo a loro si trovava Jose Miguez Bonino, che fu copresidente del
Consiglio ecumenico delle
chiese e che in varie occasioni
aveva manifestato pubblicamente la propria opposizione
al progetto di legge. (Soepi)
Attività dell'Alleanza mondiale battista
Tre incontri in Africa
Nello scorso agosto l’Alleanza mondiale battista
(Amb) ha tenuto tre importanti incontri in Africa. Dal 31
luglio al 3 agosto a Johannesburg, in Sud Africa, si è svolta la quarta Conferenza internazionale battista degli educatori teologici, mentre a Harare, nello Zimbabwe si sono
avuti, dal 4 al 9 agosto, il
Consiglio generale delTAmb,
e daini al 15 la 12“ Conferenza della gioventù mondiale
battista: a quest’ultima hanno
partecipato oltre 4.000 giovani provenienti da 44 paesi.
Tra gli argomenti più dibattuti nei vari incontri il razzismo, i diritti umani, l’aiuto
ai paesi poveri.
Knud WUmpelmann, presidente dell’Amb ha invitato i
battisti a focalizzare la loro attenzione sull’Africa, il continente dove i battisti crescono
più rapidamente. «Abbiamo
molte cose da imparare dai
fratelli e dalle sorelle di questo continente» ha detto
WUmpelmann. L’aver tenuto
questi incontri in Africa è stato, per l’Amb, la dimostrazione pratica di quanto essa ritenga importante il continente
africano. I leader dell’Amb
hanno potuto incontrare molti
più esponenti del battismo
africano di quanti riescano a
incontrare in altre occasioni e
sono stati colpiti dalla gioia.
la comunione e lo slancio
evangelistico dei battisti africani. Essi hanno anche potuto
ascoltare direttamente e vedere con i propri occhi quale sia
il peso di dolore, di povertà, di
fame, di dissesto economico e
di malattie (prima fra tutte
l’Aids) che travaglia questo
continente. Nuovi membri sono stati accettati nelTAmb:
una delle Convenzioni battiste
dello Zimbabwe, i battisti della Namibia, due Convenzioni
della Tailandia, tre raggruppamenti dell’India, la Comunione battista dell’ Irian-Jaya
e l’Unione battista russoucraina degli Stati Uniti.
L’Amb conta ora 170 fra
Unioni e Convenzioni battiste
con 38 milioni di membri battezzati e una popolazione di
circa 80 milioni di persone.
Questi incontri in Africa sono stati occasione di riavvicinamento fra organizzazioni battiste divise. Le due
Unioni battiste del Sud Africa, la bianca e la nera, separatesi nel 1987 si sono ritrovate insieme a organizzare rincontro degli educatori teologici, mentre le quattro organizzazioni battiste dello Zimbabwe sembrano avviate verso una fusione.
Nel 1995, dal 1° al 6 agosto,
si terrà a Buenos Aires il 17°
congresso mondiale battista.
{Bwa News)
Il lancio ha avuto un enorme successo
La Bibbia in ikingonde
Il Malawi, conta circa 9
milioni di abitanti: una delle
etnie del paese è quella degli
Ngonde, che hanno una lingua propria, T ikingonde, di
cui sono molto orgogliosi.
Karonga è una piccola città
del nord-est, sul lago Malawi, a 900 chilometri dalla
capitale commerciale del
paese, Blantyre, dove ha sede la Società biblica. Sedici
anni or sono la Società biblica iniziò la traduzione della
Bibbia in lingua ikingonde:
la traduzione è stata finalmente completata e recentemente è iniziata la distribuzione della Bibbia fra la popolazione.
L’operazione è costata circa 400 milioni di lire, ed è
stata finanziata in gran parte
dalla Chiesa presbiteriana
dell’Africa centrale. Se si
dovessero vendere le Bibbie
al loro prezzo reale ben pochi sarebbero in grado di
acquistarle, per cui vengono
distribuite aì prezzo «politico» di 3.000 lire.
Il lancio di questa Bibbia,
a Karonga, ha avuto un enorme successo. Pastori e rappresentanti di diverse denominazioni evangeliche hanno
preso parte all’evento guidando un corteo di centinaia
di persone attraverso le vie
della città fino al tempio presbiteriano.
Qui, durante un culto affollato da un migliaio di persone, mentre altre centinaia si
accalcavano all’esterno, tra
l’alternarsi dei cori delle diverse chiese, vi è stato un
momento di silenzio irreale
(un esperienza unica nei culti
africani), quando il pastore
Andrew Kayira ha letto la
parola di Dio in ikingonde.
Dopo il culto, in un’ora,
sono state vendute 3.500
Bibbie. Un vecchio aveva
fatto 20 chilometri a piedi
per averne una copia. Alcune
persone, specialmente donne,
inviate dalle comunità evangeliche vicine, si sono incamminate bilanciando sulla
testa scatoloni pieni di Bibbie.
Gli evangelici della regione attendevano con ansia la
traduzione della Scrittura
perché sinora, nel culto, come nelle altre occasioni il testo biblico veniva letto in inglese e poi tradotto a voce.
Essi ritengono inoltre che la
Bibbia in ikingonde possa
avere anche un significato
sociale, come contributo al
sostegno della identità linguistica e culturale della etnia Ngonde.
Per questo sperano in una
sua larga distribuzione anche
al di fuori dell’ambiente
evangelico.
{Ubs World Report)
m A.
400° anniversario della Chiesa
luterana di Svezia
UPPSALA — Secondo l’arcivescovo Gunnar Weman, la
preoccupazione essenziale della Chiesa di Svezia, nel momento
in cui celebra il suo 400° anniversario in quanto Chiesa luterana, è espressa in una «Dichiarazione ecumenica» pubblicata in
■quell’occasione. Per Weman la «cattolicità evangelica» fa
«parte della nostra eredità» e la Chiesa di Svezia potrebbe utilizzarla per rafforzare i rapporti ecumenici tra le Chiese che
privilegiano l’aspetto «evangelico» e quelle che sono più legate
alla cattolicità. La «Dichiarazione ecumenica» è stata sottoscritta tra l’altro dal patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo
di Costantinopoli (Istanbul), dal cardinale Edward Cassidy, del
Consiglio del Vaticano per l’unità dei cristiani, dall’arcivescovo John Vikstròm della Chiesa (luterana) di Finlandia e dal vescovo John Hind di Horsham, rappresentante dell’arcivescovo
di Canterbury. La Chiesa di Svezia si distingue dalle chiese luterane perché ha mantenuto una successione ininterrotta di vescovi nonché altri aspetti dell’antica tradizione durante la
Riforma. Ciò ha permesso alla Chiesa di Svezia di stabilire rapporti speciali con le chiese anglicane e ortodosse, e le dà la speranza di essere il legame tra cristiani separati, come ha dichiarato l’arcivescovo di Svezia.
Le chiese protestanti scrivono
al Vertice europeo di Vienna
BRUXELLES — Poco prima del Vertice dei capi di stato e
di governo del Consiglio d’Europa, che si è tenuto a Vienna l’8
e 9 ottobre scorso, il Comitato esecutivo della Commissione
ecumenica europea per chiesa e società (Eeccs) ha inviato un
documento ai responsabili dei paesi rappresentati. Rallegrandosi per questo primo incontro storico di lavoro, il Comitato esecutivo ha voluto sottoporre questo documento al Vertice insistendo sull’urgenza dei seguenti punti:
a) la definizione chiara del ruolo di ognuna delle istituzioni
europee;
b) la riforma indispensabile dei meccanismi di controllo della
protezione dei diritti umani;
c) una legislazione efficace per combattere ogni discriminazione;
d) l’adozione urgente di un protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti umani, relativo ai diritti delle minoranze;
e) il sostegno a una campagna di presa di coscienza dell’opinione pubblica in Europa a favore di una società tollerante e
contro ogni forma di razzismo, di xenofobia e di antisemitismo;
f) l’affermazione della libertà di religione e di convinzioni
per tutti;
g) l’esame approfondito dell’esempio della Comunità europea come modello per mantenere la pace;
h) l’impegno ad assumere responsabilità globali, al di là
dell’Europa.
Ungheria: legislazione speciale
per le minoranze religiose
BUDAPEST — Il Parlamento ungherese ha avviato,
nell’aprile scorso, lo studio di una proposta di legge tendente a
creare una legislazione speciale per le minoranze religiose e i
nuovi movimenti religiosi. L’obiettivo principale del progetto è
di tutelare la popolazione ungherese da abusi vari compiuti da
alcuni gruppi religiosi che violerebbero i diritti della libertà di
coscienza, pur proclamandoli. Per avere diritto al riconoscimento dello statuto di «chiesa», gli organismi religiosi dovranno dimostrare di avere non meno di 10.000 membri e non meno
di 100 anni di esistenza. Inoltre, la proposta di legge rifiuta loro
il diritto di organizzare seminari o congressi. Infine non usufruiranno più di sgravi fiscali, concessi soltanto alle chiese legalmente riconosciute.
Francia; allagata la biblioteca
della Facoltà di teologia
MONTPELLIER — La biblioteca della Facoltà di teologia
protestante non è stata risparmiata dalle alluvioni che hanno
colpito il Sud della Francia nelle ultime settimane. Alcune migliaia di opere e di riviste sono state danneggiate. Grazie alla
competenza del personale e all’aiuto di volontari, la biblioteca
è stata nuovamente aperta al pubblico lunedì 11 ottobre.
Inghilterra: i romanzi «rosa»
sono responsabili dei divorzi
YORK — Secondo mons. John Habgood, arcivescovo anglicano di York, i romanzi «rosa» sono in parte responsabili
dell’alto numero di divorzi. Le donne soprattutto, ha spiegato
l’arcivescovo durante un incontro delle associazioni femMOiH
della propria diocesi, sono grandi lettrici di quelle storie romantiche che si concludono sempre con un «happy end» e si
sentono quindi frustrate rispetto alla situazione del proprio
matrimonio. La famosa scrittrice Barbara Cartland, che ha oggi 90 anni ed è autrice di non meno di 500 romanzi d’amore,
ha affermato che i giudizi dell’arcivescovo sono totalmente ndicoli. «In realtà la Chiesa non riesce più a mantenere l’ordine
nel suo insegnamento morale, e cerca un capro espiatorio», ha
aggiunto.
3
VENERDÌ 22 OTTOBRE 1993
PAG. 3 RIFORMA
Di ritorno dal paese del Corno d'Africa all'indomani dell'indipendenza: i movimenti impegnati nella ricostruzione
Viaggio nell'Eritrea di oggi: la Chiesa cattolica e la Chiesa evangelica
CESARE MILANESCHI
La Chiesa cattolica e la
Chiesa evangelica dell’
Eritrea devono la loro presenza all’azione missionaria
e riflettono tuttora alcuni
aspetti della cultura e della
teologia dei loro fondatori.
Attualmente i cattolici in
Eritrea non superano le centomila unità. E quasi scomparsa la comunità italiana; e
anche il vicariato apostolico
di rito latino, al quale facevano riferimento anche pochi cattolici di altra provenienza, è ridotto all’assistenza pastorale di non più di seicento persone in tutta l’Eritrea.
Tuttavia sono ancora presenti una cultura e una mentalità che traggono origine
dalle missioni italiane del secolo passato, dalle quali ebbe origine il vicariato apostolico latino. Oggi però, anche all’interno della Chiesa
cattolica, si è avuto un profondo inserimento nella vita
del popolo eritreo e specialmente nella cultura e nella
fede della popolazione appartenente alla Chiesa copta
ortodossa.
Fra gli ultimi esponenti
dell’azione missionaria, opera ancora ad Asmara Ezio
Tonini, un religioso della
congregazione dei Pavoniani
che, fondata nel 1847 con lo
scopo dell’istruzione e della
preparazione professionale
della gioventù povera conta
oggi 250 membri, suddivisi
in ventisette case.
Tonini dirige l’unica biblioteca cattolica di Asmara
aperta al pubblico: questa biblioteca sorse nel 1969,
all’interno dell’Università
cattolica, fondata poco prima
da alcune suore comboniane.
I titoli accademici di quella
Università erano riconosciuti, oltre che dalla Chiesa cattolica, dal governo italiano e
dal governo etiopico, e Haile
Selassié ne era il Gran Cancelliere.
In seguito, l’Università fu
Ndococo (Eritrea): lavoratori impegnati nella costruzione di una diga
nazionalizzata dal colonnello
Menghistu, e la biblioteca
traslocò prima negli ampi locali del vicariato latino, e poi
sulla via dell’aeroporto, in un
ampio complesso di locali
recentemente ristrutturati.
L'Università
Tonini si propone di recuperare la qualifica di «cattolica» alTUniversità ora gestita dal governo, e asserisce:
«Anche oggi è necessario
riaffermare questa denominazione di Università cattolica».
Anche le suore comboniane, rimaste all’interno dell’
Università pur senza ricoprire compiti direttivi, vorrebbero far sì che essa «riprenda la sua iniziale attività» e
che si chieda al governo attuale la restituzione delTUniversità e delle altre scuole
già nazionalizzate «ai legittimi proprietari».
Tonini si propone inoltre
di microfilmare tutti i manoscritti e i documenti reperibili nei monasteri dell’Eritrea e
del Tigrai, allo scopo di fare
della sua biblioteca il luogo
di raccolta di quel prezioso
materiale.
Ma Tonini addita anche un
altro progetto per la Chiesa
cattolica che è sicuramente
caldeggiato in Vaticano, sebbene in Eritrea trovi pochi
sostenitori: «Dare cioè non
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dico delle direttive, ma un
aiuto di orientamento, di
scelta, perché non avvengano delle scissioni all’interno
della stessa Chiesa ortodossa».
L’aiuto consisterebbe nel
premere affinché la Chiesa
copta dell’Eritrea, pur avendo una sua autonomia amministrativa, mantenga un qualche legame di dipendenza
dal Patriarcato di Addis Abeba e in ogni caso, sostiene
Tonini, «è bene che non si
distacchi dal centro, dal cuore, che è in Addis Abeba, ma
diventi autocefala».
Un'altra presenza
Molto più immersi nella
realtà dell’Eritrea attuale si
sono rivelati il vicario apostolico mons. Luca Milesi e
Teparca della Chiesa cattolica di rito copto, mons. Zaccarias Johannes.
Milesi, titolare di un vicariato in via di estinzione, sottolinea l’azione svolta dai
missionari europei nella formazione del clero indigeno.
Oggi infatti i compiti di governo dei cattolici eritrei sono assunti sempre più direttamente dall’eparcato di rito
copto e nelle chiese del vicariato; a cominciare dalla cattedrale, posta al centro di
Asmara, è sempre più frequente la liturgia in lingua tigrina.
Mons. Zaccarias fa un passo avanti. Osservando che il
vicariato latino «non ha più
motivo di esistere» e perciò
«non ha più un significato»,
auspica che la Chiesa cattolica di rito copto abbia in un
prossimo futuro «una suddivisione in più eparcati o
diocesi».
I due vescovi sottolineano
poi i rapporti positivi della
Chiesa cattolica sia con il
governo che con gli ortodossi e i musulmani, e si augurano che la loro chiesa sia
sempre meglio inserita nella
realtà sociale e culturale dell’Eritrea.
La Chiesa
evangelica eritrea
La Chiesa evangelica dell’
Eritrea, sorta per opera della
missione luterana svedese
circa centotrent’anni fa, oggi
conta oltre cinquemila membri, ventuno comunità, cinquanta gruppi in diaspora, diciannove pastori in attività,
ventisei laici che fanno da
supporto al lavoro pastorale,
sette evangelisti, e ha un insieme di attività intorno alle
quali ruotano oltre diecimila
persone.
Fra le sue attività si distinguono le scuole, l’assistenza
sanitaria e le opere finalizzate alla ricostruzione del paese, realizzate in stretto collegamento con la Federazione
luterana mondiale; la Chiesa
evangelica si è sempre distinta, fin dalle origini, per il
suo apporto alla cultura del
paese e alla scolarizzazione.
Fra i protagonisti di questo
impegno si può ricordare il
pastore Tewolde-Medhin
Gebre-Medhin (1860-1930),
apprezzato anche per i suoi
studi in ambito linguistico.
La gestione delle scuole
La Chiesa evangelica gestisce oggi quindici scuole,
con novantuno insegnanti,
per un totale di tremilacinquecento studenti. Queste
scuole si sono distinte non
solo per la serietà ma anche
per il fatto che dalle loro file
sono venuti i maggiori leader
politici dell’Eritrea attuale,
fra i quali Weldeab Weldemariam, che è divenuto quasi
un simbolo della lotta di liberazione, e l’attuale presidente
Isaias Afeworki.
In questo momento in cui
preme l’urgenza della ricostruzione del paese, la Chiesa
evangelica è impegnata nel
favorire gli studi degli orfani
di guerra e dei figli di famiglie povere. Circa duecento
studenti ricevono attualmente dalla chiesa un sostegno
mensile in denaro, raccolto
all’interno delle comunità.
Inoltre, settantadue studenti,
maschi e femmine, sono
ospitati gratuitamente nell’
ostello della chiesa. Questi
e dell’indipendenza del popolo eritreo ha incrementato
sensibilmente la comunione
fra le chiese cristiane, in particolare la Chiesa copta, cattolica ed evangelica. Queste
chiese, osserva ancora Fessaye, «hanno dato un grande
contributo per la liberazione
dell’Eritrea sia con il sacrificio dei loro figli, sia accompagnando i loro figli con
la preghiera. A questo scopo
organizzavano incontri ecumenici di preghiera, nei quali chiedevano a Dio che accompagnasse i loro figli nel
cammino faticoso e difficile
verso la libertà, mantenendoli nell’unità».
Fra gli incontri di preghiera, Fessaye ne ricorda uno
organizzato in un momento
difficile per la Chiesa evangelica. Negli ultimi tempi
dell’occupazione etiopica, i
pastori vennero convocati
dalle autorità militari per dichiarare la loro posizione, se
fossero cioè col Fronte di Liberazione o col governo etiopico. I pastori risposero che
era loro compito e dovere desiderare e lavorare per il bene del popolo eritreo e del
popolo etiopico: se la convocazione si concluse senza
drammi, fu perché le chiese
Asmara: la chiesa cattolica di San Francesco
studenti hanno a disposizione
settantacinque birr al mese
per il vitto e cento birr
all’anno per il vestiario (cento birr corrispondono al livello dei salari mensili più
bassi).
Questo trattamento è riservato a studenti meritevoli,
che abbiano riportato una
buona votazione e che si trovino in difficoltà economiche, a qualunque confessione
religiosa appartengano.
Per il processo di ricostruzione del paese, la Chiesa
evangelica ha già portato a
termine venticinque opere
idriche, fra pozzi artesiani e
dighe su corsi d’acqua. Queste opere, costruite su indicazione del governo che ha individuato le località più opportune, sono state subito seguite dall’avvio di nuove
colture (patate, verdure,
ecc.) che vengono poi proseguite dalla popolazione locale, la quale entra anche nel
mercato con i suoi nuovi
prodotti.
Una chiesa impegnata
Chi traccia questo quadro è
Fessaye Estefanos, segretario
della Chiesa evangelica: Fessaye attesta che la chiesa non
solo collabora con il governo, ma è corresponsabile
dell’azione globale del governo, perché «crede profondamente nell ’unità del nostro
popolo. Noi ci sentiamo
membri di questo popolo e
compartecipi dell’opera di
questo governo».
La causa della liberazione
copta e cattolica da una parte
e i musulmani dall’altra, in
quel preciso momento avevano convocato una riunione di
preghiera: era l’unica forma
possibile di aperta solidarietà.
Una cultura bipolare
Le tre chiese attuano ormai
da diversi anni una riunione
mensile di preghiera ecumenica. «Questa non è solo
un’occasione di incontro afferma Fessaye - ma un
preciso impegno delle chiese
per camminare uniti in
un’unica via, quella dell’
unità».
La Chiesa evangelica rappresenta per l’Eritrea anche
una via di comunicazione
culturale con l’Europa e con
l’Occidente; uno dei suoi
culti più seguiti dai giovani è
un culto serale in lingua inglese, ed è tuttora un vettore
importante di questa cultura,
che si esprime sia nel culto
che nell’insieme delle sue attività culturali. Ogni settimana i giovani trascorrono lunghe ore nello studio dei negro spirituals e dell’innario
luterano, sia in inglese che in
traduzione tigrina.
Questa consuetudine trae
origine dalla cultura svedese
dei missionari che fondarono
la chiesa. Essi, quando riuscirono a capire la cultura e
la storia religiosa del popolo
eritreo, «cercarono un accostamento della loro cultura
alla nostra - come afferma
ancora Fessaye -; così noi
abbiamo una cultura bipolare e di conseguenza è possibile ascoltare nei nostri culti
alcuni inni di stampo occidentale insieme ad altri che
derivano dalla tradizione religiosa del nostro popolo.
Ma questo accostamento ormai non crea difficoltà, e la
nostra gente vede come un
arricchimento l’apporto delle due culture».
La diffusione
della Bibbia
Un compito centrale della
Chiesa evangelica è l’incremento della cultura teologica
attraverso la diffusione della
Bibbia. Fra l’altro, si propone di portare la Bibbia in tutte le scuole del paese, a disposizione degli studenti e,
dopo la traduzione ecumenica della Bibbia in lingua tigrina, curata dalla locale Società biblica, si preoccupa di
«far conoscere la Parola di
Dio a tutti i livelli, in modo
che il popolo di Dio non rischi di seguire messaggi religiosi diversi, per ignoranza
del messaggio biblico».
Fessaye si preoccupa del
fatto che alcune confessioni
religiose, come i Testimoni
di Geova, hanno invitato i
loro adepti a non partecipare
al recente referendum che ha
sancito l’indipendenza dell’
Eritrea. Quell’atteggiamento,
in un tempo in cui è necessario unire le forze nella ricostruzione, è apparso come un
fattore di frazionamento e di
divisione.
La Chiesa evangelica è
molto attenta verso questo
rischio perché è stata sempre
in prima fila nel processo di
liberazione. Gli intellettuali
che si sono formati al suo interno, conclude Fessaye,
«hanno dato un grande contributo alla causa dell’Eritrea. E oggi la Chiesa evangelica, consapevole di avere
conseguito la libertà e la pace anche attraverso il sacrificio dei suoi figli, esulta di
gioia e vuole impegnarsi attivamente per il progresso
dell’Eritrea liberata».
Asmara: scorcio dei nuovi locali della chiesa evangelica
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 22 OTTOBRE 1993
CHIESA VALDESE DI DIPIGNANO
PREGHIAMO
TEODORA TOSATTI
Pregare... vuol dire parlare a Dio per chiedergli
qualcosa, ma con un amico
non siamo sempre noi a parlare, né parliamo soltanto per
chiedere.
Perché non cominciare a
riscoprire insieme momenti
di silenzio, di riconoscenza,
di lode pura e semplice, ci
siamo detti qui a Dipignano.
Naturalmente c’è il culto, ma
gli si possono affiancare dei
ricchissimi momenti di preghiera comunitaria, ascoltando la Bibbia, lasciandola risuonare dentro di noi, lasciando che ci suggerisca le
risposte, le richieste, i motivi
di gratitudine e lode.
Insieme si possono imparare anche tanti «trucchi» per
ascoltarla meglio, per far nostre, nel dialogo con Dio, le
parole sue e di tanti fratelli e
sorelle; a queste riunioni
informali è più facile partecipare attivamente, e una volta
rotto il ghiaccio sarà più facile anche portare la propria
partecipazione al culto!
A Dipignano, con qualcuno, ci siamo riuniti per una
«preghiera della sera», e
mandiamo anche a voi l’invito che abbiamo rivolto alla
nostra comunità.Volete provare?
Preghiera della sera è...
... preghiera al tramonto,
quando l’orizzonte si chiude,
e il mondo ci sfugge dagli occhi;
ma si riapre, dietro il velo del cielo,
un universo più grande.
Come sarà - in Dio - alla nostra morte...
Fra due mondi, in silenzio
... preghiera in piazza,
dove si ascolta e si dice la propria,
dove il problema mio diventa nostro,
e si chiede notizia degli assenti;
dove - insieme - si ride dei timori...
pregando Dio per tutte le creature,
con tutta la sua chiesa
noi vegliamo...
noi vegliamo..
... preghiera del ritorno a casa,
noi che abbiamo una casa;
stranieri anche noi, in questa terra che amiamo;
col forestiero, l’immigrato e lo zingaro,
col profugo, fra le tende e il cielo
noi vegliamo..
... preghiera dopo il lavoro,
noi che abbiamo un lavoro e la sua dignità
- beni ammassati nei granai di pochi
mentre per pochi è il riposo, per tanti lo stordimento,
e tanto ci si affatica per cose superflue o cattive.
Con chi non ha lavoro, riposo o dignità,
per chi si ubriaca, si droga, si vende, si spreca
noi vegliamo..
... preghiera all’ora di cena,
noi che - povera - abbiamo una cena;
forse con una portata di meno o le porzioni ridotte
perché il Cristo affamato ha bussato alla porta.
C’è chi cena al freddo, solo col televisore...
c’è chi ha soltanto il suo lusso
e nessuno gli chiede più nulla...
Ringraziando chi bussa alla porta,
chi ci nutre di pane e Parola
noi vegliamo..
... preghiera dell’amore,
quando ci attende il riposo con chi amiamo,
o la solitudine se qualcuno ci è stato strappato...
Con chi sa tenere desto l’amore
e non ne accetta i surrogati;
per le famiglie divise,
per l’amore venduto e sprezzato,
in attesa dell’Amore più forte della morte,
per un attimo ancora
noi vegliamo..
Comitato evangelico di ricerche giuridiche
2° INCONTRO
DI GIURISTI EVANGELICI
Ecumene (Velletri) 19-20-21 novembre 1993
Il Comitato ha ritenuto di organizzare un convegno sul
Testo comune di studio e proposta per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali, esaminato dal Sino> do. D documento, che formalmente riguarda le chiese vaidesi e metodiste, presenta altresì un indubbio interesse per
le chiese battiste e in generale per l’evangelismo italiano.
Venerdì 19 novembre: arrivi e cena.
Sabato 20 novembre: relazioni di Daniele Garrone («Il
matrimonio nella Bibbia»), Paolo Moneta («II matrimonio nel diritto canonico»), Franco Giampiccoii («0 matrimonio nell’ordinamento valdese») e relative discussioA'ni.
Domenica 21 novembre: Relazione di Gianni Long («Il
testo comune») e discussione. A seguite culto, pranzo e
'"■partenze. ^ T
Quota di partecipazione: £ 60.CXX).
Iscrbdoni (bi effettuarsi entro il 7 novembre presso Monica Becchino (via Bevilacqua 1/2 - 17100 Savona - tei.
019-806467) o Paolo Gay (loc. Curi superiori 2 - 10062
Lusana Giovanni (To) - tei. 0121-909826), a cui si
possono tEÉche richiecbce copie del testo.
I nuovi pastori della Chiesa battista di Napoli-via Foria
Una cura pastorale in équipe
UMBBETO lAVARONE
Domenica 10 ottobre, nella chiesa battista di Napoli-via Foria, ha avuto luogo
il culto di insediamento dei
nuovi pastori della comunità,
Anna Maffei e Massimo
Aprile. Per l’occasione il culto è stato presieduto dal presidente deirUcebi, pastore
Franco Scaramuccia, che nella predicazione sul testo di I
Tessalonicesi 5, 12-13 ha sottolineato la novità rappresentata dalla conduzione di due
pastori, entrambi a metà tempo di una stessa comunità. I
pastori sono per l’altra metà
del loro tempo impegnati rispettivamente nel lavoro di
redazione del settimanale
Riforma e nell’attività pastorale di cappellania nell’ospedale evangelico di Napoli.
Questa novità potrebbe essere
il primo, se pur parziale esperimento, di cura pastorale di
équipe in vista del graduale
superamento della consuetudine, ormai insostenibile, di
avere un pastore esclusivamente dedicato/a alla cura di
una chiesa, cominciando a instaurare il principio nuovo di
cooperazione fra pastori e
quello di servizio svolto per
più realtà ecclesiali in coordinamento fra loro. I pastori
Aprile e Maffei, ha sostenuto
Il pastore Massimo Aprile
La pastora Anna Maffei
il presidente Scaramuccia, sono al servizio di una sola
chiesa ma in altri casi si può
pensare a un lavoro coordinato fra chiese della stessa città,
se non di una stessa regione,
per cui uno o più pastori coadiuvati da altri ministri locali
potrebbero insieme coordinare la testimonianza presso varie comunità e realtà ecclesiali. È evidente dunque l’aspettativa che circonda il ministero dei coniugi Aprile-Maffei
e non solo nella nostra comunità. Ma conoscendo l’impegno e i doni degli stessi pastori tutti gli intervenuti, provenienti dalle altre chiese battiste, da quelle valdesi, metodiste e luterane della città, si
sono detti sicuri della loro
riuscita ma hanno voluto
ugualmente augurare loro
buon lavoro, assicurare loro
la massima collaborazione e
più di tutto invocare su di loro le benedizioni del Signore,
cosa che ha fatto a nome di
tutta la comunità l’anziano di
chiesa con una toccante preghiera.
Fra gli intervenuti segnalo
la presenza del pastore Glenn
Garfielfd Williams, già segretario generale della Conferenza delle chiese europee, del
pastore metodista. Aquilante,
del pastore Poggioli, del pastore Leila, del delegato dio
La casa Gangale a Guardia Piemontese
I valdesi di Calabria
CARLO GAY
Il prof. Valdo Vinay, nel suo
testamento, ha lasciato scritto
che Guardia Piemontese resterà,
per la repressione dei valdesi di
Calabria del 1561, il segno anticipatore di una cristianità sofferta e vittoriosa, più significativo
del monumento di Arnaud a
Torre Pellice, simbolo della vittoria politica e religiosa culminante nel Glorioso rimpatrio del
1689.
Per felice intuizione dei fondatori esiste oggi una Casa valdese fra la Porta del sangue e
Piazza delle stragi (nomi indicativi della storia leggendaria di un
popolo distrutto dall'Inquisizione spagnola). Prospiciente allo
splendido mare di Paola, a pochi
chilometri dalle Terme, Guardia
rammenta con il costume e le
cuffie delle sue donne, con il suo
antico dialetto occitano con accento calabrese, con lo stile delle sue case che vi fu, fra Cosenza, San Lucido, Fuscaldo e Paola, un popolo valdese.
Oggi ci ospita per 15 giorni la
piccola foresteria. Italiani e stranieri vi si alternano per due settimane. Napoletani, milanesi, toscani vi formano una comunità
evangelica «provvisoria»: ci riuniamo per il culto domenicale
senza pastori o con pastori in
transito. Si legge e si commenta
la Bibbia, si prega e si canta;
battisti, valdesi, pentecostali,
metodisti. Fratelli.
Non siamo un gmppo confessionale, viviamo un’esperienza
ecumenica, un fatto ecumenico.
Così ci ritroviamo in questa casa, diventata un centro per le
molte chiese evangeliche del
Mezzogiorno. Nella presente situazione di libertà di coscienza e
di culto ricordiamo i valdesi calabresi, che si rifugiarono nei loro casali per accogliere, come
clandestini, i barbi valdesi.
Non è un caso che la foresteria sia intitolata a Giuseppe Gangale, calabrese, diventato evangelico durante il fascismo, andato in Danimarca dopo la chiusura della casa editrice Doxa. Gli
siamo debitori della pubblicazione di testi di Lutero e Calvino,
della «teologia della crisi» di
Karl Barth e di Paul Tillich. Il
suo Revival resta il più vivo resoconto dell’evangelismo italiano dal Risorgimento a oggi. Non
sarà inutile rileggerne le pagine.
Dalla vecchia Calabria, terra di
rifugio dei greco-albanesi e dei
valdesi, ritorna noi la voce del
calabrese Gangale, «di spirito
profetico dotato», che ci parla
della sete di libertà.
cesano per l’ecumenismo e il
dialogo e del prof. Antonino
Drago dell’associazione
scienziati per la pace.
Era la prima volta, a memoria di chi scrive, che nella
chiesa di via Foria si celebrava un culto di insediamento
del nuovo pastore e bisogna
riconoscere che è stata una
grande occasione per riflettere sul ruolo e sui compiti del
pastore ma anche sul ruolo e
sui compiti di tutta la comunità e questo soprattutto in
una città disgregata come Napoli.
Ovviamente la gioia
dell’evento è stata accresciuta
dal fatto di aver rivisto, o conosciuto, tanti fratelli e tante
sorelle delle comunità di Napoli e non (la chiesa era gremita da 250 persone), e di
aver consumato insieme un
rinfresco buono e abbondante
offerto dalla comunità.
Inoltre, in occasione della
sua venuta, il presidente Scaramuccia ha tenuto, sabato 9,
una proficua esposizione
dell’Intesa con lo stato sottoscritta dairUcebi, avvenuta
nei locali della nostra chiesa
e seguita da membri di altre
chiese battiste della città, utilissima perché molti hanno
ottenuto notevoli chiarimenti
sui punti più qualificanti la
nostra Intesa, come il concetto di ministro per la nostra
ecclesiologia e anche su quelli più controversi, come l’8
per mille e la defiscalizzazione delle liberalità. Infine domenica mattina il pastore
Scaramuccia ha predicato
nella chiesa di via Coroglio,
l’ultima nata della famiglia
Ucebi a Napoli.
Tramonti di Sopra
Non parte la
collaborazione
Non ha purtroppo avuto alcun esito positivo la proposta
relativa ad una diversa collaborazione territoriale tra le
chiese di Pordenone, Tramonti di Sopra, Gorizia e Udine.
La situazione attuale è questa:
un pastore (battista) per Pordenone e un pastore (valdese)
per Gorizia, Udine, Tramonti
(che però è, a norma dei regolamenti, censita come «Centro
di evangelizzazione»). La proposta era quella di realizzare
una più intensa collaborazione
tra le diverse denominazioni.
Infatti sono presenti in questa
area le tre denominazioni:
Pordenone è battista, Gorizia
e Udine metodiste e Tramonti,
infine, valdese.
Tramonti sembra essere la
realtà più in difficoltà perché
conta un limitato numero di
membri e si sa che quando si
scende al di sotto di un certo
livello non solo la vita comunitaria si impoverisce, ma tutto riesce più difficile. Non è
più possibile impostare nuove
attività e ogni sforzo si concentra nel mantenere in piedi
l’esistente. Così, per esempio,
quando non ci sono attività legate al Centro giovanile, il
culto si tiene una volta al mese. Sembrava possibile che
Tramonti venisse curata da
Pordenone. Ma la proposta si
è scontrata con alcune perplessità da parte di Pordenone.
E perciò sembrato opportuno all’assemblea del VII circuito non modificare l’attuale
assetto, senza comunque mettere in discussione il principio
della «collaborazione territoriale» approvato dall’Assemblea-Sinodo del ’90.
Evangelici del Nord-Est
Quali tecniche per
l'animazione biblica?
PIER DAVIDE COÌ'SSON
Gli scorsi 11 e 12 settembre si sono riuniti a
Tramonti di sopra alcuni monitori e genitori delle scuole
domenicali del Nordest, su
invito della Federazione delle chiese (erano battisti, metodisti, valdesi). Il pastore
Carmine Bianchi ci ha guidato nella riflessione parlandoci di quello che è il ruolo
dell’animatore di un gruppo
e facendoci applicare alcune
tecniche.
Durante questi due giorni
abbiamo avuto finalmente la
possibilità di conoscerci fra
monitori e abbiamo potuto
confrontarci e discutere dei
nostri problemi. E emerso innanzitutto un generale senso
di isolamento, soprattutto per
quei monitori che si trovano
a operare in comunità distanti le une dalle altre.
In alcuni casi si lamenta il
senso di disinteresse che le
comunità, e a volte addirittura i pastori, sembrano dimostrare nei confronti del lavoro dei monitori il cui operato
viene riconosciuto solo in rare occasioni in cui i bambini
vengono posti al centro
dell’attenzione delle comunità. Inoltre, nel caso in cui
la scuola domenicale coincide con l’ora del culto, succede che il monitore non può
mai seguire la predicazione
in mancanza di qualcuno che
lo sostituisca.
Un caso a parte è costituito dalla città di Trieste, in
cui i monitori delle comunità
luterana, metodista e elvetico-valdese hanno cominciato una collaborazione sia per
la preparazione sia per l’organizzazione di incontri comuni.
Si è perciò concluso che è
necessario creare un legame
maggiore fra le nostre scuole
domepicali e con le famiglie
che, vivendo nella diaspora,
non possono mandare i figli
in nessuna scuola domenicale. Abbiamo pensato di avere
altri incontri, per poter continuare a scambiarci le rispettive esperienze, per avere
una certa preparazione comune e per sentirci meno soli. Abbiamo così fissato la
prossima riunione per il 6
gennaio a Mestre.
Abbiamo anche un altro
progetto: una giornata in cui
tutte le scuole domenicali
delle nostre regioni si riuniscano per conoscersi e vivere
esperienze comuni. Questa
sarebbe anche un’occasione
per i ragazzi isolati di conoscere finalmente dei compagni. Si è pensato per quest’
anno di organizzare la nostra
festa della scuola domenicale
a Mestre o Marghera una domenica di maggio. I moniton
di quella zona si sono già
mobilitati per mantenere i
contatti fra i vari gruppi delle
scuole e per organizzarci la
giornata.
5
\/FNERDÌ 22 OTTOBRE 1993
¡■iSî
lili*
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Battisti e valdesi in Molise
Iniziative comuni
di testimonianza
CARLETTOCARLONE
EROS MANNELLI
Tenendo presente una storia di cooperazione e di
fraternità già avviata da tempo, soprattutto a Campobasso,
e sulla scia di quanto emerso
nell’Assemblea-Sinodo del
1990 a Roma, le chiese battiste e valdesi molisane hanno
intensificato questo lavoro
che si articola nella collaborazione territoriale e nella testimonianza esterna comune con
la verifica sul campo, volta
per volta, della fattibilità delle
varie iniziative.
L’idea di fare un calendario
trimestrale delle predicazioni
e dei vari appuntamenti è
sembrata positiva perché in
grado di razionalizzare le poche forze disponibili. Dobbiamo infatti considerare la vacanza pastorale delle chiese
battiste e la difficoltà logistica
di raggiungere le varie chiese:
due comunità a Campobasso,
all’interno le due battiste di
Ripabottoni e Macchia Vaifortore e la valdese di Pescolanciano e infine quella di S.
Giacomo degli Schiavoni sulla costa adriatica. La buona
volontà, comunque, di diversi
predicatori/trici rende possibile la gestione di questa notevole mole di lavoro. Non possiamo però nasconderci il fatto che alcune realtà, soprattutto quelle dell’interno, restano
sacrificate a causa di una saltuaria presenza pastorale (visite, scuola domenicale, studi
biblici). È stata comunque
una bella occasione di comunione fraterna il culto del 2
Non perdere le
buone abitudini
Abbonati a
RIFORMA
ottobre a Ripabottoni con riflessione biblica sul matrimonio richiesto da due giovani,
sposatisi da poco nella chiesa
evangelica di lingua italiana
di Montreal.
Da segnalare l’imminente
avvio dei corsi di scuola domenicale, classe biblica e studio biblico settimanale a sedi
alterne, battista e valdese, a
Campobasso; le manifestazioni in occasione del «XXV anniversario dell’assassinio di
M. L. King» che sono state al
centro del nostro lavoro di testimonianza all’Evangelo; le
mostre fotografiche e le proiezioni video organizzate, oltre
che nel capoluogo, a Ripabottoni, Termoli, San Giacomo
degli Schiavoni e, recentemente, Guglionesi ci hanno
dato la possibilità di avere
contatti e di farci conoscere
da persone di estrazione sociale diversa. L’ultimo incontro, in ordine di tempo, in collaborazione con la locale parrocchia cattolica di S. Maria
Maggiore ha visto una discreta affluenza di pubblico, costituito in maggioranza da
giovani e giovanissimi.
Nell’ambito della stessa iniziativa abbiamo in programma la proiezione del video
sulla vita del pastore battista
nero in alcune scuole superiori, grazie all’interessamento di
docenti, nostre sorelle e fratelli. Non è che tutto fili liscio
come un organismo perfetto,
difficoltà ce ne sono state, ma
grazie all’aiuto di Dio abbiamo cercato di affrontarle. I
due Consigli, riuniti in seduta
congiunta, si sono confrontati
francamente sulle difficoltà,
sull’impiego delle risorse e
sui frutti che tale collaborazione comporta. Lo scambio è
schietto e sincero e ne è scaturita la volontà di continuare
vivere fianco a fianco dando
ognuno di noi ciò che può,
con spontaneità, non di malavoglia o per forza, perché Dio
ama un donatore allegro e una
donatrice gioiosa.
Incontro ecumenico a Ivrea
La lettura femminile
della Bibbia
CINZIA CARU6ATI VITALI
Nel quadro di una serie di
iniziative volte alla ricerca della visione femminile del
mondo, alcune donne di Ivrea
hanno invitato il gruppo ecumenico di donne cattoliche e
evangeliche che da due anni si
riunisce nella nostra chiesa, a
portare la testimonianza della
propria esperienza in un incontro pubblico il 4 ottobre.
La pastora Erika Tomassone
ha aperto la serata con un intervento molto chiaro che è
partito proprio dalla Bibbia,
documento che appartiene al
patrimonio culturale dell’umanità ma anche punto di riferimento per il credente e testo
attraverso il quale il messaggio di Dio raggiunge tutti.
La Bibbia però come Parola
scritta, ha detto la Tomassone,
mostra la tradizione di cultura
patriarcale e androcentrica ed
è stata usata nei secoli come
legittimazione per raffermarsi
della soggezione femminile
nei confronti dell’uomo sia
nella società che nelle chiese.
Per una lettura femminile della Bibbia occorre prima di tutto escludere il letteralismo e il
fondamentalismo che non permettono di scoprire il significato completo della parola del
Signore. Occorre anche sganciare i testi biblici dall’apologia e dalla polemica a favore o
contro le donne, per intraprendere un lungo lavoro ermeneutico, tenendo presente che
la rivelazione divina si articola sempre in linguaggio umano storicamente e culturalmente articolato. Tutto il testo
biblico va dunque riletto e interpretato nella consapevolezza che il soggetto della lettura
non è mai neutro ma è sempre
sessuato.
Dopo aver portato alcuni
esempi di riscoperta della
«storia di lei» («herstory» invece di «history», secondo
l’esperienza di diverse donne
americane), Erika Tomassone
ha sottolineato come sia possi
bile per le donne ri-raccontare
le storie della Bibbia con occhi femminili, valorizzandone
alcuni aspetti, e come sia necessario porre attenzione al
modo in cui nella Bibbia si
parla di Dio, non solo giudice
o padre, ma anche misericordia (parola che in ebraico ha
la stessa radice della parola
utero, attributo unicamente
femminile e luogo della gratuità per eccellenza).
Rosanna Tos, una sorella
cattolica che frequenta le riunioni ecumeniche, ha poi
esposto l’esperienza del nostro gruppo, formato dalla
confluenza di due realtà, una
cattolica e una evangelica, che
per diversi motivi erano già
prima sensibili al problema
del ruolo e della presenza delle donne nei vari campi della
società.
Inizialmente ci ha riunite
l’interesse per il libro In memoria di lei di Elisabeth
Schiissler Fiorenza, dal quale
abbiamo ricavato una precisazione di metodo di lettura: la
presa di coscienza che la Bibbia è stata scritta in un contesto patriarcale che ne ha segnato la stesura; quindi è necessario uno sforzo di riempire i vuoti lasciati da questa
mentalità a proposito delle
donne. È stato anche bello
scoprire che nella Bibbia c’è
una presenza femminile nei
momenti cruciali e importanti
che, nonostante tutto, non ha
potuto essere taciuta.
Ci siamo proposte poi di affrontare direttamente i testi biblici, consapevoli delle interpretazioni e delle ricerche fatte in precedenza, ma con l’intento di non lasciarci condizionare dalla tradizione, e di
cercare piuttosto di rivivere il
testo in base alla nostra esperienza e sensibilità. Alla domanda se si possa leggere la
Bibbia al femminile noi saremmo portate a rispondere
affermativamente e ci sembra
che questa lettura «di parte»
possa essere utile a tutti.
È morto all'età di 87 anni, a Catanzaro, il pastore evangelico Frank Scorza
Un testimone fedele dell'opera del Signore
________ANTONIO PARISI________
Il 15 settembre si è spento
all’età di 87 anni il pastore
Frank Scorza. Era tornato in
Italia dagli Stati Uniti per la
decima volta, con l’intenzione di trasferirvisi definitivamente. La sua è stata una
morte dolce, senza traumi, serenamente si è addormentato
nella pace di Gesù, come ciascuno di noi, e non è un paradosso, augurerebbe a se stesso. La sua vita è stata lunga e
ricca di doni, piena di senso,
anche se questo non deve indurci a credere che sia stata
facile.
Franco Scorza nasce nel
1906 a S. Pietro Magisano da
una coppia di semplice agricoltori, ultimo dei dieci figli.
Nel ventennio fascista studierà e lavorerà a Roma, dove verrà arrestato perché non
autorizzato a predicare in una
chiesa non riconosciuta dal
regime. Insofferente delle limitazioni imposte dalle leggi
fasciste, all’età di 30 anni
varcherà l’oceano per seguire
la sua vocazione di libero
predicatore, raggiungendo
negli Stati Uniti tre suoi fratelli consacrati pastori battisti. Qui frequenterà un «college», conseguirà la laurea in
teologia presso la chiesa battista statunitense, e si dedicherà alla cura d’anime dei
prigionieri di guerra italiani
deportati negli Stati Uniti.
Schedato come fuoruscito per
motivi politici solo dieci anni
più tardi, dopo il crollo del
fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, farà
ritorno in Calabria dove si
dedicherà per cinque anni alla riorganizzazione dell’opera del Signore a Catanzaro,
San Pietro Magisano e a Vincolise.
Quello del dopoguerra è un
periodo di grande risveglio
intellettuale per l’Italia; la
gente si interroga sul mistero
della vita, della morte, della
fede. E Frank Scorza dà aiuto
a tutti coloro che ne hanno bisogno mediante gli aiuti che
riceve dagli Stati Uniti, suscitando tra la gente interesse
per la comunità evangelica.
In questi anni si sforzerà di
dotare le chiese dei primi locali di culto e di facilitare
rincontro fraterno tra giovani, calabresi e non; impegno
sfociato nell’acquisto di un
terreno dove più tardi sarà costruito il tempio di Catanzaro
e del terreno sul quale sorgerà
il centro di Bethel, per il quale avrà progetti fin negli ultimi giorni della sua esistenza
terrena.
Ritornato in America lo attenderà un lungo ministero
nella Chiesa battista della
Northern Convention e inoltre cercherà, tramite l’Italian
Gospel Association (associazione evangelica italiana) di
suscitare interesse per l’Italia
e di mantenere i rapporti con
le chiese italiane. Periodo
questo ricco di gioie e di gratificazioni, ma funestato dalle
precarie condizioni di salute
della sua compagna, Rosalia
Tedeschi, anch’essa calabrese, trapiantata oltre oceano e,
infine, dalla sua morte, resa
più amara per l’assenza dei
figli insieme ai quali poterla
piangere.
Di Frank Scorza colpiva
subito la serenità con la quale
affrontava anche i momenti
più tristi; serenità dello
» »■ r I. •.
sguardo, serenità del discorrere pacato, ma convinto e
convincente, delle cose di
Dio e dei semplici doni della
sua terra alla quale la fedeltà
all’Evangelo l’aveva strappato più di mezzo secolo fa.
Non è certo facile incontrare
una persona anziana, spiritualmente e intellettualmente
ancora tanto attiva da rilassarsi, fino a poco tempo prima di morire, sfogliando le
più recenti pubblicazioni teologiche sia evangeliche che
cattoliche.
Una serenità che regalava a
piene mani a chi gli stava accanto; una serenità la cui fonte derivava probabilmente dal
versetto della Bibbia che lui
prediligeva, Giovanni 3, 16:
«Dio ha tanto amato il mondo
che ha dato il suo unigenito
figliolo, affinché chiunque
crede in lui non perisca, ma
abbia vita eterna».
Il funerale si è tenuto nella
Chiesa Valdese di Catanzaro
il 17 ottobre, con la partecipazione di un gran numero di
evangelici ed è stato sepolto a
San Pietro Magisano, suo
paese natale.
RIMINI — L’ autunno avanza velocemente sulla costa adriatica e cambia anche l’aspetto della Rimini estiva che appare
ora meno rumorosa, molto meno popolata, più pensosa, meno frenetica e stressante. Molte persone tirano ora un po’ il
fiato e si godono ferie meritate. C’è anche chi approfitta di
questa calma per sposarsi. Così domenica 3 ottobre abbiamo avuto la gioia di circondare di affetto nella nostra chiesa
due giovani, Elisabetta Opipari e Daniele Vanzlni, entrambi nati a Reggio Calabria e ora residenti sulla costa. E
stato un bel momento per la chiesa che ha conosciuto Elisabetta sin da bambina e l’ha vista frequentare, pur proveniente dalla diaspora (Cervia) scuola domenicale e catechismo. Molti parenti e amici degli sposi hanno per la prima
volta varcato la soglia della nostra chiesa riportandone una
buona impressione. A Elisabetta e Daniele la comunità
esprime ancora una volta l’augurio che la benedizione del
Signore accompagni per sempre la loro unione, {b.c.)
MILANO — Si è tenuta sabato 9 ottobre nella chiesa valdese
l’Assemblea del VI circuito. La maggior parte della discussione si è concentrata sui principali atti sinodali di interesse
per le chiese. In particolare si è deciso di incaricare il Centro «Lombardini» di Cinisello di coordinare le già esistenti
iniziative di aiuto all’ex Jugoslavia e di fungere da punto di
riferimento nel circuito per chiunque volesse impegnarsi in
questo senso, in collegamento con la Fcei e l’Italian Consortium of Solidarity (Ics). Era tra l’altro presente Srdjan
Ozretic, pastore battista di Spalato. Il Consiglio di circuito
sta inoltre avviando una collaborazione con l’Asseinblea regionale battista per la cura comune delle diaspore di Varese
e Saronno: sempre in ambito Bmv va segnalato un programma di 4 incontri di aggiornamento per predicatori locali che si terranno, a partire dal 6 novembre, presso la chiesa
metodista di Milano, (m.s.)
POMARETTO — Sono stati presentati al battesimo Matteo
Breuza, di Moreno e di Marina Moschetto, Alex Giai
Checco, di Italo e di Luciana Barrai, Roberta Malatesta,
di Luca e di Lucia Bounous. Che lo Spirito del Signore sia
la loro costante guida e protezione.
RORÀ — Domenica 3 ottobre è stata battezzata Alice, priitiogenita di Omelia e Silvio Pozzi. Il Signore aiuti i genitori a
mantenere le promesse fatte e mandi il suo Spirito come
guida e protezione su tutta la famiglia, riunita anche per festeggiare l’anniversario di matrimonio di Luciana e Giovanni Pozzi.
BOBBIO PELLICE — Ci rallegriamo vivamente nel Signore
per la nascita della secondogenita Erica Charbonnier venuta a allietare i genitori Giovanni e Maura Dalmas e la sorellina Elena.
• La sorella in fede Susanna Artus Lausarot non è più tra
noi. Rinnoviamo alle famiglie Artus e Lausarot l’espressione della solidarietà umana e della comunione di fede nella
resurrezione dei morti in Cristo. Un particolare pensiero di
partecipazione viene espresso dal Concistoro e dall’Unione
femminile della nostra chiesa.
AOSTA — A partire da mercoledì 27 ottobre il Collettivo biblico ecumenico inizia il suo quarto anno di attività affrontando il tema delle parabole di Gesù. Gli studi saranno presentati alternativamente da don Paolo Papone e dal pastore
Roberto Romussi e si terranno presso il Salone parrocchiale
della chiesa di St.-Etienne il 2° e il 4° mercoledì di ogni
mese alle ore 20,45.
PISA — Un progetto ambizioso è stato approvato dall’assemblea di chiesa. Si pensa di poter preparare per una data intorno al 17 febbraio una «presenza in città»: una mostra di
storia valdese con pannelli illustrativi, audiovisivi e una o
due conferenze sulla presenza protestante in Toscana e a Pisa nella storia e nel momento attuale. Oltre a chiedere collaborazione ai centri che possono fornirci il materiale sarà
utile ricevere un grosso impegno di persone.
• La domenica pomeriggio alle ore 16 si tiene regolarmente
il culto in lingua cinese.
BIELLA — Nel 1995 cadrà il primo centenario dalla costruzione del tempio di Piedicavallo. La storia dei valdesi in
quella località è ancora da scrivere, siamo in possesso di
pochi documenti e di alcuni episodi aneddotici. Per colmare
la lacuna rivolgiamo un appello a tutti coloro che sono in
possesso di documenti, lettere, fotografie che riguardano i
valdesi di Piedicavallo. Li preghiamo di farli pervenire (anche in fotocopia) alla nostra chiesa perché si possa costituire un dossier utile a mantenere viva la memoria della storia.
Sempre in vista del centenario va sostenuta l’iniziativa di
restaurare il tempio. La fase di progettazione (preventivi
ecc.) si sta concludendo e al più presto verranno iniziati i
lavori. Utilizzeremo i fondi della chiesa e i doni ad hoc che
amici, conoscenti e simpatizzanti ci vorranno far pervenire.
COMMISSIONE PERMANENTE STUDI
DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE
Sessione di esami h
per i candidati
predicatori locali
La sessione avrà luogo a Roma sabato
20 novembre alle ore 9 presso la Facoltà
valdese di teologia, via Pietro Cossa 42.
Per eventuali informazioni rivolgersi al
past. Bruno Costabel, viale Trento 61 47037 Rimini - tei. 0541-51065
6
PAG. 6 RIFORMA
Della
VENERDÌ 22 OTTOBRE I993
GESÙ NOSTRO
CONTEMPORANEO
Oe iM sei il Cristo, dic'' O celo apertamente». Il
problema di questa gente non
è quello dell’incredulità o
della mancanza di fede. Tutto lascia pensare che siano
dei credenti sinceri, giusti e
felici di seguire l’Indicazione
di vita (Torah), fonte di benedizione e di pace. Anche
loro, come tutti i buoni credenti del loro tempo, aspettano il Messia; solo che proprio ora, trovandoselo davanti, non ne riconoscono la presenza. Questo, in seguito, è
successo tante altre volte.
Da molti Gesù è stato chiamato e riconosciuto come il
Cristo, ma tante volte i suoi
si sono dimenticati della cosa
più importante: che egli è il
Cristo presente, che opera
con potenza. «Le opere che
faccio nel nome del Padre
mio, sono quelle che testimoniano di me».
Altri, molti, l’hanno chiamato maestro, dimenticando
tante volte la cosa più importante: che egli è un maestro
presente. Forse è proprio
questo il motivo per cui Gesù non ha voluto lasciarci
SAVERIO MERLO
niente che fosse scritto di
suo pugno: abbiamo molti,
moltissimi scritti su Gesù,
ma nessuno di Gesù. Ancora
una volta, egli vuole essere e
restare un maestro presente
in mezzo ai suoi, un maestro
che non ha mai smesso di
parlare e di insegnare.
Il paradosso, anzi il dramma di cui si occupa in modo
particolare il quarto Evangelo è proprio questo: il buon
pastore che tutti aspettavano
non viene riconosciuto proprio quando egli è finalmente
presente.
La verità nella nostra vita
Proviamo ad immaginare
quel che c’è nella mente
di chi lo incontra: «Ti aspetto e ho fede in te, o Messia,
purché tu non venga qui proprio adesso, purché tu ti faccia ancora aspettare: il tuo
posto è nel futuro, non nel
presente, non adesso, qui,
davanti a me!».
«Se tu sei il Cristo, diccelo
apertamente»: domanda ingenua o anche troppo astuta!
In ogni caso essa denota un
cattivo rapporto con la ve
«I Giudei dunque gli si fecero attorno e
gli dissero: Fino a quando terrai sospeso
l’animo nostro? Se tu sei il Cristo, diccelo
apertamente, Gesù rispose loro: Ve l’ho detto, e non lo credete; le opere che faccio nel
nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me; ma voi non mi credete, perché non siete delle mie pecore.
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io
le conosco ed esse mi seguono; e io do loro
la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano».
(Giovanni 10, 24-28)
Calendario
VALLI NOSTRE 1994
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rità. In questo buon pastore
finalmente presente è giunto
fino a noi uomini il dono
della verità su noi stessi e sul
niondo. Ma questa verità non
viene facilmente accettata.
La verità non è mai opera
delle nostre mani, anche se
noi facciamo come se lo fosse, come se il senso della nostra vita fosse opera nostra.
E questo è un mistero, il
mistero della verità che tanti
inseguono per tutta la vita, e
su cui non si rifletterà mai
abbastanza.
Noi tendiamo a credere
che il senso della nostra vita
stia nelle cose che facciamo,
lavoro, figli, politica, chiesa,
realizzazioni personali o collettive; ci identifichiamo nelle nostre opere come Pigmalione, lo scultore che si innamorò della sua statua fino al
punto da volerle dare la vita.
Però, inevitabilmente, giunge
il momento in cui il senso
viene meno, l’opera si ferma,
il filo si spezza, la verità ci
sfugge.
Noi non siamo trasparenti
a noi stessi (questo ci ha insegnato la psicanalisi) e
nemmeno il mondo lo è. Le
verità più importanti non si
danno mai a buon mercato
ma esigono un caro prezzo,
un dramma, una lotta: non
sono mai di per sé evidenti
ma sono sempre cose che
inizialmente erano nascoste e
sono poi state portate a fatica
in piena luce, incontrando resistenze, incomprensioni e rifiuti.
Questo lo sa ogni persona
che ricerca la verità, chiunque cerca di portare in luce
ciò che è nascosto: chi segue
le tracce, in sé o nell’altro,
sperando di sbagliarsi, di un
male incurabile, chi cerca di
capire se un amore è vivo
oppure mortalmente malato,
chi cerca semplicemente se
stesso senza riuscire a trovarsi, chi cerca una ragione per
vivere, chi cerca una persona
dispersa in qualche orribile
«pulizia etnica» o cerca una
ragione comprensibile che
spieghi perché tutto questo
accade.
Il problema è sempre: dato
che io arrivi alla verità, sarò
capace di reggerla?
Il «timore» verso Dio
Verso la verità, come verso Dio, non possiamo
avere che un atteggiamento
di «timore». Perché Dio solo
è la Verità in tutta la sua pienezza. Ma ecco, con Gesù è
finalmente la Verità stessa
che, senza aspettare i nostri
sforzi, si fa presente nella
nostra vita. «¡0 sono la via,
la verità e la vita» (Giov. 14,
6).
Si rivela, insomma, che la
verità più profonda della nostra vita sta in qualcosa che
non ci appartiene, che non è
opera delle nostre mani (e
che per questo possiamo sperare che non si spezzerà) ma
che ci viene dall’esterno.
Con Gesù è finalmente la verità della no.stra vita che si fa
presente, ed è quella che qui
viene chiamata «la vita eterna». Il problema è: siamo capaci di reggere questa verità?
Nell’immaginario cristiano
si è spesso pensato alla vita
eterna in termini di durata
temporale, come a una sorta
di «tempo vuoto» (perché
sconosciuto e inimmaginabile) di «durata infinita»; qui,
invece, la vita eterna viene
presentata solo mediante il
suo contenuto-, come una vita
piena perché riempita dalla
presenza di Gesù, come viene detto al V. 28: «...e io dò
loro la vita eterna e non
periranno mai e nessuno le
rapirà dalla mia mano».
In fondo, nonostante la diversità del discorso, è lo stesso messaggio contenuto in
Romani 8, 38: la persuasione
che nulla, né morte né vita
né alcun’altra potenza potranno separarci «dall’amore
di Dio che è in Cristo Gesù».
Che cosa è presenza?
Il dono di questa verità sulla nostra vita ci è dato già
ora, non è una ricompensa
che ci attende nell’aldilà;
nella risposta di Gesù non
solo l’eternità è a portata di
mano, ma la storia stessa
sembra appiattirsi, perdendo
il suo carattere di successione irreversibile (e dunque
irrecuperabile) di eventi. La
Parola si è fatta carne nel
presente umano, Gesù è nostro contemporaneo. Del resto, niente è realmente passato, nemmeno ciò da cui ci
siamo separati con un lutto.
Gesù vive oggi con noi: può
essere questo un senso di parole come «risurrezione» o
«presenza reale»?
Presenza reale di Gesù: se
ne parla di solito a proposito
della Cena del Signore; in effetti come potremmo noi, se
siamo pecore del suo gregge,
non credere nella presenza
reale del nostro buon pastore? e, naturalmente, non solo
nel momento della Cena ma
in tutta la nostra vita, nella
quotidianità come nei momenti eccezionali. Non è una
cosa che si dimostra, è una
cosa che si sente, come le
pecore sentono la presenza
del pastore che le guida.
La presenza reale di Gesù
non viene qui intesa in senso
pietista («sentire» Gesù come
invito al rinnovamento
dell’anima), né in senso mistico (fondersi 0 confondersi
con Gesù in una dolce comunanza di affetto), né tanto
meno in senso sacramentale
(adorazione eucaristica, Gesù
presente nel pane e nel vino).
La familiarità con Gesù
Non si tratta solo di presenza, di contemporaneità, ma anche di familiarità
che ci è dato avere con Gesù,
che non esclude necessariamente la componente affettiva o addirittura mistica del
rapporto con Gesù, ma che
soprattutto ci trasforma mediante la sua Parola (vedi
Giov. 15, 3) e ci impegna a
una testimonianza attiva nel
tempo e nella storia.
«Le mie pecore ascoltano
la mia voce e io le conosco
ed esse mi seguono»: la nostra familiarità con Gesù si
esprime nei tre verbi di questo versetto 27: ascoltare,
conoscere, seguire.
Foto Guido Odin
Il senso più profondo della
nostra vita ci viene rivelato e
donato in questo: che noi
ascoltiamo Gesù (e che lui ci
ascolta), che noi conosciamo
Gesù e attraverso di lui noi
stessi e il mondo (e che egli
ci conosce), che seguiamo
Gesù e che egli ci precede e
ci conduce al Padre suo e di
noi tutti per vivere ancora,
quando saremo giunti nell’acquietamento della pienezza, nella familiarità della
sua presenza.
E che questa è la nostra
forza o, come si esprimono i
riformatori, la nostra «unica
consolazione in vita e in
morte».
Infatti tutto ciò, per noi
con la nostra esistenza nel
tempo, non è affatto un punto d’arrivo. È un punto di
inizio.
/era
Eleazàr, dopo aver finito la preghiera, diceva così:
«Sia la volontà tua, Signore Iddio nostro, che Tu
faccia dimorare nella nostra sorte amore e fratellanza
e pace e amicizia, e accresci il numero degli scolari,
sia felice e ricca di speranza la nostra fine ultima, e
poni la nostra sorte nel giardino di Eden. Rendici migliori attraverso un buon compagno e una buona indole nel Tuo mondo; fa’ che alzandoci possiamo ritrovare il desiderio del nostro cuore di temere il Tuo nome, e giunga in bene dinanzi a Te l’acquietamento del
nostro desiderio (...)».
Rahab, dopo la preghiera, diceva così:
«Sia la Tua volontà, oh Signore Dio nostro, che Tu
ci dia vita lunga, vita di pace, vita di bene, vita di benedizione, vita di sufficiente guadagno, vita di liberi
movimenti, vita che abbia in sé il timore del peccato,
vita che non conosce vergogna e rossore, vita di ricchezza e stima, vita che ci dia il possesso dell’amore
della Legge e del timore del Cielo, vita che ci offra
l’adempimento di tutti’i nostri desideri a fin di bene».
(Da II trattato delle benedizioni (Berakhot) del Talmud
- . babilonese, Torino 1968, p. 173 ss)
7
pag. I
L'OSPEDALE EVANGELICO VILLA BETANIA
DI NAPOLI COMPIE VENTICINQUE ANNI
A da passà 'a nuttata
QIORGIO BOUCHARD
Le grandi tappe della vita del
nostro ospedale coincidono con
i momenti più significativi (e più
difficili) della storia di Napoli e
dell’Italia stessa. Queste tappe sono
essenzialmente tre: il 1943-45, il
1968, il 1993.
1943: in queste settimane abbiamo tutti visto in televisione e letto
sui giornali le appassionate rievocazioni di quella grande crisi nazionale: l’8 settembre, lo sbarco angloamericano a Salerno, le Quattro giornate di Napoli (28 settembre-l“
ottobre 1943), quando il popolo
napoletano dimostrò tutta la sua
generosità e il suo coraggio costringendo alla ritirata le prestigiose
formazioni della Wehrmacht; poi
sarebbero venute la fame, la prostituzione, il mercato nero: «A da
passà ’a nuttata»' diceva Eduardo
De Filippo in un «pezzo» indimenticabile dedicato a quegli anni difficili.
Nella Napoli della rassegnazione
e dell’attesa c’erano anche delle
persone che non si limitavano ad
aspettare che la «nottata» passasse,
ma volevano intervenire positivamente nella trasformazione della
città, sulla linea di quelle tre grandi
«cose» di cui parla Paolo’: la fede,
l’amore, e soprattutto, la speranza;
ed è come segno di speranza che i
fratelli Santi, affiancati da molti
pastori e circondati da uno stuolo di
giovani credenti, diedero forma a un
grande sogno del protestantesimo
partenopeo: la creazione di un ospedale evangelico, aperto a tutta la
città. Ma questi fratelli non si limitarono a sognare: posero subito «la
29 novembre 1953: Fabio Santi firma ii
documento deiia posa deiia prima pietra deii’edificio di via Manzoni
mano all’aratro», e crearono quella
splendida iniziativa che fu «Casa
mia», gli ambulatori gratuiti e tante
altre cose. L’evangelismo napoletano (tutto unito, dai metodisti ai pentecostali) era così in possesso di
un’ipotesi di lavoro verificata da
una continua sperimentazione.
Ma la verifica fu assai dura: mentre i cappellani americani tornati in
patria raccoglievano migliaia di dollari per la costruzione dell’ospedale,
in Italia si installava un grigio regime centrista che soffocava ogni spiraglio di alternativa; soprattutto di
alternativa religiosa, in un Mezzogiorno percorso dal più grande
movimento evangelico dopo il valdismo medioevale. Intanto, l’entusiasmo degli evangelici si attenuava,
anche se un manipolo di volontari
continuava testardamente il suo
lavoro.
La grandezza di Teofilo Santi è
consistita proprio in questo: nel
saper attraversare quei terribili ven
ticinque anni di attesa (1943-1968)
in modo creativo e costruttivo.
Anzitutto, in modo creativo: quando
fu chiaro che l’edificio costruito a
Posillipo non sarebbe mai diventato
un ospedale. Teofilo accettò questo
fatto come un segno, e spostò la
sede della futura Villa Betania a
Ponticelli, un quartiere povero,
minacciato, disperato. E poi cominciò la costruzione: anni di lavoro, un
grosso aiuto evangelico tedesco (le
diaconesse!), e finalmente, l’inaugurazione. Era il 1968: il «regime»
andava in crisi, nelle università italiane splendevano bagliori d’apocalissi politiche e culturali, le nostre
chiese erano scosse dalla contestazione ma Teofilo, seraficamente,
inaugurava l’ospedale alla presenza
di Glen Williams" e del Metropolita
Alessio“. «Non amiamo a parole e
con la lingua, ma a fatti e in verità»
era il testo" scelto per la predicazione dal pastore Neri Giampiccoli,
moderatore della Tavola valdese. E
nei venticinque anni seguenti non
sono mancate le occasioni per
l’amore, per i fatti e per la verità;
l’ospedale è cresciuto, si è inserito
bene in quel difficile tessuto urbano,
è riuscito a diventare ogni anno più
moderno e più efficiente.
Se c’è da fare un’autocritica è
semmai questa: negli ultimi 25 anni
noi delle «chiese storiche» abbiamo
dedicato più attenzione ai fatti che
alla verità, più al servizio che alla
testimonianza. I fatti, a dire il vero,
non sono stati pochi: chiese relativamente esigue hanno saputo esprimere dirigenti, amministratori e
soprattutto un «clima» di serietà e
di impegno che non poteva restare
senza influenza sulla vita dell’ospedale. Il presidente laico che apre
ogni lettura con una lettura biblica
(senza delegarla al pastore) incarna
in modo visibile la teoria e la prassi
del sacerdozio universale: così fece
ancora Teofilo Santi il 23 ottobre
1985, qualche istante prima di
morire.
Ma la «testimonianza esplicita»
noi la lasciamo piuttosto ad altri.
Teniamo il culto, visitiamo i malati,
preghiamo per loro (e anche per i
sani), ma in una società atomizzata
che esige una testimonianza «aggressiva» e penetrante, noi siamo un
po’ troppo riservati, quasi aristocratici: cerchiamo, per così dire,
dei «protestanti prefabbricati»; e
certo, ne troviamo qualcuno: ma
tutti laureati, o almeno diplomati...
Malgrado i limiti, diciamo così,
evangelistici, questi sono stati venticinque anni di grande respiro.
L’ospedale è ormai la «plaque tournante»" di tutta la nostra opera evangelica nel Napoletano: a due passi ci
sono Casa mia e Casa materna (affiancate dal nuovo «Centro E.
Nitti»): ma l’ospedale, che ne è figlio, è ormai talmente cresciuto da
poter aiutare e incoraggiare i suoi
genitori. E incoraggia anche noi
evangelici, dispersi in una metropoli
affascinante e terribile, in cui siamo
esposti ogni giorno alla più grande
tentazione napoletana: la rassegnazione. Quando rischiamo di abbatterci e di dire: «Qui non si può fare
nulla», ci tornano in mente i lindi
corridoi di Villa Betania, i medici e
le infermiere che lavorano bene, il
presidente che non è mai in ritardo, i
credenti che regalano il loro tempo e
il loro cuore, e allora concludiamo:
«Non è vero, a Napoli qualcosa si
può fare, con l’aiuto di Dio qualcosa
abbiamo fatto e continuiamo a
farla».
A dire il vero, al terzo appuntamento (1993) eravamo arrivati piuttosto maluccio: a Capodanno non
avevamo ancora il denaro per pagare le tredicesime del ’92; e come se
SEGUE A PAGINA II
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE
Care sorelle e cari fratelli,
negli ultimi, difficili mesi
abbiamo sentito la vostra solidarietà, la vostra vicinanza
nella fede e nella preghiera.
Come sapete, le vostre preghiere sono state esaudite:
l’avvenire del nostro ospedale si presenta oggi più sereno
e più ampio, anche se certo
non meno impegnativo.
Osiamo perciò chiedervi di
esserci ancora vicini nelTamore e nella preghiera,
quando celebreremo una
«festa di riconoscenza» per i
primi venticinque anni di
vita di «Villa Betania»: il 23
e 24 ottobre prossimi ringrazie-remo Iddio per tante
cose, e anche per averci dato
dei fratelli e delle sorelle
come voi. Ma cercheremo
anche di discemere qual è la
volontà del Signore per i
prossimi venticinque anni.
La nostra volontà, a dire il
vero, co-mincia a delinearsi
abbastanza chiaramente: vorremmo raddoppiare l’ospedale, mi-gliorarne e accrescerne i servizi, qualificarne
meglio la testimonianza
evangelica. Questi sono i
nostri disegni; ma quale
parte di essi corrisponde alla
volontà del Signore? Quali
vie sceglierà egli per
mostrarci, come dice la
Parola, «che l’uomo non
vive soltanto di pane, ma
vive di tutto quello che la
bocca dell’Eterno avrà ordinato» (Deut. 8, 3)7 Per questo contìnuo dialogo con Dio
abbiamo bisogno di voi, care
sorelle e fratelli: per imparare l’umiltà e il coraggio,
r immaginazione e la pazienza, nel nome di Cristo.
Ma abbiamo bisogno di voi
anche come cittadini: noi
siamo persuasi che il nostro
ospedale, come tante altre
iniziative di credenti, può
essere un’occasione di impegno e un segno di speranza in
una società travagliata dai
peccato, ma anche percorsa
da quella «fame e sete di
giustizia» di cui parla il
Signore (Matteo 5,6).
Noi non pensiamo certo
che le iniziative sociali dei
credenti possano o debbano
risolvere tutti i grandi problemi della nazione: questo
compito spetta a quei «magistrati» di cui parla Paolo
nella lettera ai Romani (13,
-'T’Tmi'
L’ingrasso deirospedais Villa Betania di Napoli
li presidente della Fondazione Villa
Belania, Sergio Nitti
1-7): spetta cioè, oggi, alle
autorità elette dal popolo e
rispettose della legge.
Riformare la società è dunque compito di uno stato
ispirato a criteri di giustizia,
di libertà e di pace: in questo,
tutti devono sostenerlo. Ma
noi credenti dobbiamo anche
dare qualche «segno», perché
l’amore di Cristo ha una
potenza infinita.
In un momento in cui
l’Italia rischia di dividersi,
noi rivolgiamo appello a voi
tutti affinché vi ricordiate di
Napoli, e dì quei numerosi
napoletani che vogliono costruire un avvenire libero e
giusto per la loro città. E se
vorrete, vi chiediamo di pensare a noi come meridionali
protestanti: cioè come, a
evangelici impegnati insieme
nella costruzione della società moderna, e nell’attesa
di quella «città che ha i veti
fondamenti e il cui architetto
e costruttore è Dìo» (Ebrei
11,10).
Vi salutiamo nel nome del
Signore ^ "
per il comitato direttivo,
, 'i il presidente
i ' ■ Sergio Nitti
8
pag. II
Ricordo del dottor Teofilo Santi, della sua umanità e della sua opera
Il mìo aiuto viene dalPEterno
Marzo 1946: apertura dell’ambulatorio in via dei Cimbri 8. Da sinistra: Achille
Deodato, Teofilo Santi, il dr. Kellerman, il dr Yergin, Riccardo Santi, Asprino Ricci;
sedute, due infermiere
ANNA NITTI
Quando lo incontrai per l’ultima
volta, in una riunione molto
affollata, Teofilo, nell’abbracciarmi
mi disse commosso: «Quanti ricordi,
Anna, quanti ricordi!».
Non so a quali episodi della nostra
lunga, fraterna amicizia egli si riferisse in quel momento. Forse agli
stessi che le sue parole suscitarono
in me e che me lo fecero apparire
immutato, nonostante il passare degli
anni: animato da una profonda fede,
da un alto sentimento di umanità e
soprattutto da un travolgente entusiasmo. Lo conobbi nel 1926, quando
giunsi a Napoli con la mia famiglia.
Era allora un giovane studente, che
dedicava tutto il suo tempo libero ai
bambini di Casa materna, numerosi,
irrequieti, ma tanto bisognosi di
affetto. E quell’affetto, col passar del
tempo. Teofilo lo prodigò non soltanto nell’ambito dell’opera meravigliosa creata da suo padre, ma verso
chiunque egli vedesse soffrire.
Benché abitasse a Portici, collaborò
sempre a tutte le attività della Chiesa
metodista di via dei Cimbri. Trovò
anche il tempo (e la pazienza) per
organizzare e dirigere la nostra corale, che ebbe un notevole successo e
veniva invitata dalle altre comunità,
nelle occasioni importanti.
E quando la mia famiglia attraversò un lungo e doloroso periodo, per
persecuzioni politiche e soprattutto
per la grave malattia di mia madre,
egli ci fece sempre sentire la sua
solidarietà fraterna, venendo spesso
a visitarci con suo padre o da solo.
Quando ripenso a quegli anni, che
incisero tanto nella mia vita, rivedo i
volti di coloro che mi furono pili
vicini, quello di «papà» Santi e di
Teofilo, che piansero e pregarono
con noi la triste notte in cui la mia
mamma ci lasciò per sempre. E nei
giorni seguenti, quando mio padre,
affranto e stremato, fu convinto a
recarsi presso il maggiore dei suoi
figli, per rimettersi in salute. Teofilo
si preoccupò di me e di mio fratello
Lelio, rimasti soli in quella triste
casa, e ci invitò a Casa materna.
Vi rimanemmo per due mesi, circondati dalle più affettuose cure di
tutta la famiglia Santi. Ma Teofilo,
da buon medico e psicologo, inventò
per me tanti piccoli incarichi, tra i
bambini e le maestre, col solo scopo
di rinnovare in me, suscitandomi
vari interessi, l’energia di un tempo e
l’amore per la vita. Perché sento
oggi il bisogno di raccontare queste
cose? Perché molti apprezzano
Teofilo Santi per le opere concrete
da lui ideate e realizzate, nonostante
le mille difficoltà incontrate, e ne
ammirano la grande fede che sempre
l’animò; ma non tutti conoscono la
delicatezza e la profonda bontà
dell’animo suo.
Durante la guerra dovette preoccuparsi per Casa materna, sempre più
affollata di orfanelli ma sostenuta
con scarsi mezzi economici. Eppure,
quando lo pregai di accogliere ancora altri bambini di cui conoscevo la
triste storia, egli non esitò ad accontentarmi. Si possono dimenticare
questi fatti? Ho accennato al travolgente entusiasmo che lo animava:
con esso riuscì ad attrarre tanti giovani volontari, che collaborarono
con lui, quando fondò «Casa mia»,
per aiutare i baraccati dei Granili, di
Mergellina, di piazza Nazionale
(dove aprì anche una scuola in un
edificio semidiroccato) e i senzatetto, rifugiatisi nelle grotte di Capodimonte. Era meraviglioso vedere
l’abnegazione con cui tutti quei giovani lavoravano, seguendo il suo
esempio, tra tanti derelitti! E quando
Casa mia si trasferì a Ponticelli,
Teofilo vi aprì un asilo, un doposcuola, a cui si affiancò una scuola
serale, diretta da Emilio Nitti, in cui
si prepararono alla licenza media,
con successo, tanti giovani e meno
giovani a cui occorreva un titolo di
studio.
«Quanti ricordi, Teofilo, quanti
ricordi!» dico tra me, ora che egli
non è più tra noi. Ma le due sue creature, Casa Mia e l’ospedale Villa
Betania, continuano fedelmente la
loro missione benefica e testimoniano della profonda fede di questo mio
grande fraterno amico, che di fronte
a tante difficoltà che a volte a me
sembravano insormontabili, soleva
esclamare sereno: «Il mio aiuto verrà
dal Signore!».
Un quartiere della periferia di Napoli negli anni ’70
Il .j.;.. ,
jÉ :. T i ^ ^ > J:
^ ^ ■ , Sì
Il dottor Teofilo Santi con due bambini: un’immagine emblematica dalla quale traspare la sua umanità
Napoli: una veduta dei Quartieri spagnoli
SCHEDA
Il decreto di classificazione delTOspedale Evangelico Villa Betania
quale Ospedale Generale di Zona, deliberato dalla Giunta della Regione
Campania in data 18 febbraio 1993, prevede che l’ospedale sia dotato di
140 posti letto così ripartiti:
1 modulo di chirurgia generale
1 sottomodulo di chirurgia generale
1 modulo di medicina generale
1 modulo di oculistica
1 modulo di terapia intensiva neonatale
1 modulo di ostetricia e ginecologia
1 sottomodulo di ostetricia e ginecologia
Sono inoltre previsti i seguenti servizi:
1 servizio di assistenza cardiologica
1 servizio di gastroenterologia
1 servizio di ecografia internistica
1 servizio di oftalmochirurgia laser
1 servizio di urodinamica
1 servizio di patologia della fertilità
1 servizio di anestesia con guai dia
1 servizio di endoscopia ginecologica
1 servizio di anatomia ed istologia
1 servizio di radiologia
1 servizio di laboratorio di analisi
1 servizio di pronto .soccorso
posti letto
posti letto
posti letto
posti letto
posti Ietto
posti letto
posti letto
32
8
32
20
8
32
8
DALLA PRIMA PAGINA
A da passà'a Ruttata
non bastasse, tutte le nostre pratiche
erano ferme: da sette anni aspettavamo di essere riconosciuti quale
«Ospedale generale di zona»L da tre
anni avevamo deciso di costituire
una Fondazione* che fosse titolare
del nostro patrimonio: ma ogni sollecito si arenava sulle sabbie delle
lentezze «burocratiche»: sembrava
che non ci fosse nulla da fare.
Qualcuno di noi ripeteva, con
Eduardo: «A da passà ’a nottata». 11
presidente, lui, ci leggeva da capo a
fondo i Salmi più dolorosi e
combattivi...
E poi, di colpo, tutto è cambiato:
la popolazione di Ponticelli (parroci
in testa) si è mobilitata, le chiese
evangeliche di tutta Italia si sono
impegnate, e certo la ventata di rinnovamento che percorreva il paese
ci ha favoriti; in poche settimane
l’ospedale è stato classificato, la
Fondazione è stata riconosciuta, perfino la situazione finanziaria è
migliorata. E noi possiamo celebrare
questo venticinquennale in serenità,
e con molta speranza.
La «nottata» è passata? Forse: ma
a questo punto non ci basta più la
saggezza di Eduardo De Filippo; e
non vogliamo più affidarci solo alla
infinita, dolente pazienza di questo
popolo intelligente e rassegnato.
Preferiamo tornare al testo del sermone d’inaugurazione: «Amiamo
non a parole e con la lingua, ma a
fatti e in verità».
(1) «Dovrà pur passare la nottata» (e
venire il giorno): è la frase centrale di
«Napoli milionaria».
(2) 1 Corinzi 13, 13.
(3) Segretario generale della
Conferenza delle chiese europee (Kek)
di cui fanno parte protestanti, anglicani
e ortodossi di tutta l’Europa: in realtà,
all'inaugurazione era pre.sente l'intero
Praesidium della Kek.
(4) Alessio è l’attuale Patriarca della
Chiesa ortodossa russa: l’abbiamo visto
in televisione ancora pochi giorni fa.
(5) I Giovanni 3, 18.
(6) cerniera
(7) come tutti gli altri ospedali evangelici.
(8) Il nome ufficiale è: «Fondazione
evangelicà Betania». Il suo statuto è
stato approvato dall'Assemblea dei rappresentanti delle dieci chiese fondatrici
e dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste.
9
Spedizione in abb, post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire-a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELLICE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui "\àldesi
VENERDÌ 22 OTTOBRE 1993
ANNO 129 - N. 40
URE 1300
Un'analisi delle cifre che risultano dall'Ufficio del collocamento di Pinerolo
Le Valli e la difficoltà di trovare occupazione
sembrano poche le prospettive di lavoro
________DARIO MASSEL________
La situazione italiana, per
quanto concerne l’occupazione, è decisamente critica
e le previsioni, almeno a breve
termine, non sono favorevoli.
Le speranze di ripresa sono rimandate al 1994. Nel Pinerolese la situazione è assai difficile e non si intravvedono sintomi di ripresa, anche se qualche azienda pare interessata
ad utilizzare, in prospettiva, la
nuova area industriale che si
vorrebbe individuare a Pinerolo col nuovo piano regolatore.
Ma quali sono le cifre, i riscontri numerici del problema
alle Valli? Abbiamo consultato i dati degli iscritti al collocamento presso la sezione circoscrizionale per l’impiego di
Pinerolo.
Gli ultimi dati consultivi del
dicembre 1992, relativi ai Comuni della vai Pellice (fino a
Luserna San Giovanni e Lusemetta), della vai Germanasca e della vai Chisone (da Perosa fino a San Secondo e Prarostino), mostrano che i tassi
di disoccupazione, ricavati
sulla sola base degli iscritti al
collocamento, variano da un
minimo del 4,37% di Rorà a
un massimo di 15,41% di Inverso Pinasca. Occorre precisare che la percentuale di disoccupazione esprime il rapporto fra gli iscritti al collocamento e la popolazione attiva
dei territori considerati. Sei
dei 21 Comuni esaminati,
quelli di Inverso Pinasca
(15,41%), Perosa Argentina
(11,70%), Perrero (11,01%),
Pinasca (8,99%), Pomaretto
(11,26%) e Villar Perosa
01,87%) hanno dei tassi superiori alla media complessiva
della circoscrizione che è pari
all’8,57%. Il valore medio
dell’insieme dei Comuni invece, 8,76%, non si discosta da
tale riferimento. Sempre dai
medesimi dati si rileva inoltre
che il numero delle donne è
mediamente superiore a quello degli uomini, 60,7% contro
39,3%, mentre gli iscritti in
cerca di prima occupazione
rappresentano il 29,9% del totale, quindi quasi un terzo.
Air interno degli iscritti nelle liste di disoccupazione, esiste poi una sottoripartizione
che distingue coloro che si sono dichiarati disponibili ad essere avviati al lavoro, la grande maggioranza, da coloro che
hanno presentato domanda di
iscrizione per altri motivi. I
dati del primo gruppo vengono ulteriormente suddivisi per
settore di attività: agricoltura,
industria, altre attività (terziario), non classificabili (generici); e per classi di età. Dal
punto di vista settoriale, si ha
una netta prevalenza della
categoria «non classificabili»,
cioè generici (61,3%); segue il
settore industria (26,8%),
mentre l’agricoltura è presente
in percentuale molto bassa
(0,9%). Per quanto riguarda
invece le fasce di età, le maggiori concentrazioni, ambedue
intorno al 40%, si registrano
nelle classi che raggruppano i
minori di 25 anni e quelli con
età superiore a 30.
Il peso della crisi occupazionale fa sentire I suoi drammatici effetti anche nelle Valli
UN'ESIGENZA DI CHIAREZZA
QUALE
ECUMENISMO?
RUQQBRO MARCHITTI
Per questi ultimi valori è
possibile anche fare un confronto con le più recenti rilevazioni del giugno 1993 e dallo stesso non appaiono sensibili variazioni nella distribuzione fra i vari settori e fasce d’età, tranne un lieve incremento per quelli oltre i 30
anni. Si riscontra però un incremento del totale dei disponibili in misura di 500 unità.
pari al 7% rispetto al dicembre 1992.
Un’ultima informazione interessante, ricostruita dall’ufficio al 15 giugno ’93, riguarda il titolo di studio e le
qualifiche professionali degli
iscritti che si sono dichiarati
disponibili. La maggioranza è
in possesso del titolo di licenza media (51%), seguono i diplomati (21,3%) e quelli con
licenza elementare (15,1%).
Nel complesso quelli che hanno ottenuto un titolo di studio
superiore (diploma o laurea)
sono il 22,5% del totale. Fra i
laureati sono maggiormente
presenti quelli provenienti da
Lettere e da Lingue (32,9%) e,
un po’ a sorpresa, vi è anche
una discreta rappresentanza di
dottori in Economia e Commercio (9,2%).
Si notano ultimamente nelle nostre Valli dei comportamenti che fanno pensare
a una profonda crisi nei rapporti tra protestanti e cattolici; l’educazione dei figli di
coppie interconfessionali che
viene rimessa in discussione
perché la parte che aveva acconsentito ad affidarne la responsabilità al coniuge ora
sembra voler rientrare in gioco... inviti molto forti al partner perché non accetti la visita del ministro della sua chiesa... pressioni su alcuni genitori in merito all’iscrizione
dei figli all’ora di religione
cattolica.
A mio parere, gioca in questo un ruolo importante l’atteggiamento della chiesa di
Roma, che teme di perdere il
ruolo dominante da lei tradizionalmente esercitato in Italia e reagisce con grande vigore alla condizione di «assedio» di cui si sente vittima,
anche producendo documenti
come l’enciclica «Veritatis
splendor» e il Direttorio sui
divorziati.
Tutto questo porta molti
cattolici ad attestarsi anch’essi sulle posizioni «forti» di
chi crede di essere la sola
chiesa depositaria della verità, e porta noi valdesi a
guardare alla Chiesa cattolica
come a un’istituzione da non
prendere nemmeno troppo
sul serio, perché su posizioni
Motivi di preoccupazione alla scuola media statale di Luserna
Il problema principale è logistico
_______FEDERICA TOURN________
Anche alla scuola media di
Luserna San Giovanni le
lezioni sono ricominciate ormai da un pezzo, i ragazzi e i
professori si devono abituare
all’orario definitivo e, naturalmente, già si sono presentati
problemi vecchi e nuovi. Alcuni sono molto concreti e riguardano i locali della scuola
stessa, che in questo inizio di
anno scolastico sono la prima
preoccupazione del preside,
Mario Tarditi: «Lm scuola media di Luserna è articolata su
tre sedi fisiche - spiega il preside -: l’edificio centrale in
via Tegas che ospita due classi di tempo prolungato, il prefabbricato accanto alla sede
centrale, che ne ospita altre
quattro e infine la succursale
in via Deportati e Internati,
che ospita le restanti classi di
tempo normale. Con un’aggravante: la succursale ospita
due laboratori linguistici, uno
di lingue particolarmente ben
attrezzato e uno di informatica, che ha in dotazione cinque
computer. Considerando l’articolazione della scuola in tre
sedi, è facile capire che i ragazzi dell’edificio centrale e
del prefabbricato non possono
sfruttare pienamente i laboratori perché perdono almeno
dieci-quindici minuti nello
spostamento dalla loro classe
alla succursale».
Lo stesso problema di perdita di tempo si presenta nel
caso di una classe scoperta,
quando un supplente reperito
magari all’ultimo momento
deve spostarsi da una sede
all’altra. «Inoltre - continua il
professor Tarditi - le tre sedi
pongono il problema degli ausiliari: in questo momento ci
manca il personale necessario
per i compiti di sorveglianza e
pulizia dei locali, perché il
Provveditorato ha per ora sospeso le convocazioni per la
nomina; i bidelli fanno il doppio turno per coprire l’attività
didattica prevista dalla legge
del tempo normale e del tempo prolungato».
Un’altra difficoltà si presenta al momento della ricreazione, che dura venti minuti
ogni mattina, perché gli allievi della sede centrale e del
prefabbricato hanno a disposizione un giardino recintato dove si possono muovere
liberamente, mentre quelli
della succursale non hanno
nessuno spazio del genere a
disposizione. «E questo non è
giusto perché tutti i ragazzi
devono avere le stesse possibilità - commenta il preside per ovviare al problema li
facciamo accompagnare dagli
insegnanti nei giardinetti a
fianco del mercato coperto;
questa non si può comunque
ritenere una soluzione definitiva, soprattutto se si pensa alle responsabilità degli
accompagnatori. Senza parlare delle uscite di sicurezza che
sono ancora insufficienti, almeno per quel che riguarda il
primo piano della sede centrale; per la succursale, invece,
da quest’anno il problema è
stato parzialmente risolto,
aprendo una valvola di sfogo
che passa attraverso il municipio».
Una soluzione a questi disagi sicuramente c’è, ed è una
risposta abbastanza prevedibile: una sede unica, che ovvierebbe ai problemi di organizzazione interna e vie di fuga tortuose, di spostamenti incomodi e di ingiustizie da intervallo; la costruzione della
nuova scuola media, insomma, di cui si parla da anni
ma che sembra sempre più ardua da ottenere. «Fosse stata
fatta subito, i costi sarebbero
stati probabilmente ragionevoli - conclude il professor
Tarditi -; ora, con le difficoltà
economiche che tutti conosciamo, le cifre sono sicuramente diverse e non molto
confortanti».
Luserna
Ghibò
nuovo sindaco
A meno di dieci giorni dalle dimissioni di Claudio Badariotti «avvisato» dalla magistratura, Luserna ha un nuovo sindaco. La De ha fatto
ancora una volta quadrato intorno ad un suo candidato; è
stato eletto Piergiorgio
Ghibò, geometra e fin qui silenziosissimo consigliere.
Tutto il resto della giunta è
stato confermato così come il
programma. L’architetto
Marco Grand subentra a Badariotti nel ruolo di consigliere.
Molto duri gli interventi
delle opposizioni. Gardiol ha
parlato di «mancanza di ere-.
dibilità e di volontà di mantenere il potere a tutti i costi».
Collino ha ribadito di ritenere
«questo Consiglio delegittimato», Pron ha accusato la
giunta di poca trasparenza.
In un clima di forte tensione si è andati al voto. La
giunta continua a contare su
11 voti; ai contrari tradizionali (Collino, Gardiol, Lo Bue,
Pron) si è aggiunto l’ex assessore Forneron, mentre l’altro
leghista, Sandrone, non ha
partecipato al voto; due gli
astenuti.
Per amministrare un Comune da tempo in crisi di idee e
di denaro occorrerebbe però
ben altro.
del tutto inaccettabili per il
pensiero moderno. Forse
però pecchiamo di superficialità e di conformismo nel voler squalificare «tutto e subito» i documenti prodotti in
questi ultimi giorni dalle gerarchie ecclesiastiche.
Il Direttorio sui divorzia-ti
ad esempio non è affatto,
contrariamente a quello che
hanno affermato i «media»,
un passo indietro della Chiesa cattolica rispetto al passato. Si tratta, al contrario, del
tentativo di fare un passo
avanti e di offrire, a chi era
sinora irrimediabilmente
escluso dai sacramenti, una
possibilità di riconciliazione
con la sua chiesa. È giusto allora prendere atto di questo,
senza tuttavia rinunciare a
condannare un documento
che impone a dei credenti
l’umiliazione di andare a
comunicarsi in un’altra parrocchia «per non dare scandalo» e, soprattutto, li chiama
a vivere in una innaturale
condizione di castità assoluta
rispetto alla quale la stessa
Chiesa cattolica, che parla di
vocazione a questo tipo di castità solo per i chiamati allo
stato clericale, non riconosce
loro alcun dono da parte di
Dio.
Circa poi la «Veritatis
splendor», se dobbiamo opporci con forza alla pretesa al
«monopolio gerarchico della
verità» che la caratterizza,
non possiamo neanche appiattirci sulle posizioni di un laicismo che non ci appartiene.
Tra chi rivendica per sé una
piena autorità sulle coscienze
e chi proclama la libertà assoluta delle scelte morali di ogni
singola persona, dovremmo
saper dire che è vero che ogni
coscienza è un «santuario»
nel quale nessuno può mai arrogarsi il diritto di penetrare,
ma è anche vero che nessuna
coscienza può mai aspirare al
diritto di stabilire il bene e il
male, cosa questa che spetta
sempre solo a Dio.
L’etica nasce e vive solo da
un confronto autentico e sincero della coscienza con la
verità di Dio che troviamo
nella sua Parola.
Riflettere su questo e ribadire questo è per me il giusto
modo di reagire dinanzi a
questo ultimo documento di
Wojtyla. Ed è anche il giusto
modo di fare oggi ecumenismo alle Valli e fuori dalle
Valli. Nella massima chiarezza, ma anche senza superficialità e appiattimenti su posizioni che non sono e non
possono essere nostre.
INFORMAGIOVANI
VAI PELLICE
\% Roma 45 - Luserna S.
Giovaimi - 0121/900245
, infonnEÙioni su
scuola« lavoro, musi'
ca, yiaigi, tem|K) libero
Ltìnd^ è venerdì ore 14-17
10
PAG. Il
—E Eco Delle Aàlli ¥vldesi
venerdì 22 OTTOBRE 1993
Il tempio e la borgata del Serre a Agrogna
(foto Girardon)
ANGROGNA SI SCOPRE PIÙ RICCA — Durante l’ultimo
Consiglio comunale, mercoledì 13 ottobre, quasi tutti gli argomenti in esame riguardavano materia finanziaria. Il Comune si è trovato con maggiori entrate dovute in buona parte ai proventi dell’Ici (una quarantina di milioni) oltre a un
contributo di 15 milioni dalla Provincia per far fronte alle
elevate spese di sgombero neve. Grazie a questa disponibilità di denaro il Comune potrà procedere ad alcuni lavori ritenuti urgenti per la viabilità e l’acquedotto. Il Consiglio ha
inoltre dato parere positivo al progetto del gruppo Ana di
realizzare una fontana nella piazza del capoluogo.
LO STATUTO RITORNA IN CONSIGLIO — Approvato
in primavera ma bloccato dal Coreco, lo Statuto della Comunità montana vai Pellice è ritornato in Consiglio per
l’approvazione. Alcune modifiche sono state apportate dalla
maggioranza, altre su suggerimento delle opposizioni in
particolare del sindaco di Bobbio, Charbonnier. Al termine
di un lungo dibattito lo Statuto è stato approvato con 16 voti
a favore (la maggioranza più la Lega Nord), un astensione e
tre contrari. Essendo stato approvato a maggioranza relativa
lo Statuto dovrà tornare in Consiglio ancora altre due volte
prima di entrare in vigore, organismi di controllo permettendo.
INIZIATO IL CORSO DI STORIA VALDESE A TORRE
PELLICE — Con la partecipazione di una quarantina di
persone ha avuto inizio, giovedì 14 ottobre, il corso di storia valdese organizzato dal Centro culturale valdese. Il pastore Giorgio Toum ha tenuto una lezione introduttiva sul
rapporto tra natura e cultura e sull’incidenza dei risvolti della fede sulla cultura delle nostre Valli. Il corso continuerà
fino a Natale ogni giovedì alle 20,30 presso la biblioteca
valdese. Giovedì 21 ottobre il pastore Toum parlerà degli
inizi del movimento valdese nel Medioevo.
CASTAGNE IN VAL PELLICE — Domenica 24 ottobre arriverà anche il treno turistico in occasione delle manifestazioni organizzate all’insegna della castagna. Gli ospiti della
valle potranno scegliere tra visite guidate in vai d’Angrogna, a Torre Pellice con i suoi musei, e il percorso naturalistico «La Ghiandaia». Per l’occasione, sabato 23 alle 21 al
salone Opera gioventù la compagnia dialettale Renato Clot
di Dubbione presenterà «Don Giusep»; domenica alle 15 in
piazza Muston spettacolo con Curro Savoy e il Club accordéon di Gap; seguirà una distribuzione di caldarroste.
Gli ospiti francesi saranno presenti anche a una serata, sabato 23 ,presso la sala di piazza Jervis a Villar Pellice.
PRESENTATE LE PROPOSTE PER LA STAGIONE
SCIISTICA DI PRALI E PRAGELATO — In occasione
del Salone della Montagna di Torino, che si è concluso il
17 ottobre, l’azienda di promozione turistica del Pinerolese ha presentato le sue proposte per l’imminente stagione
sulla neve di Prali e Pragelato. La stazione di Prali propone un carnet di 10 giorni feriali non consecutivi a 180.0(X)
lire, il carnet del sabato a 220.000 lire e il carnet della domenica a 260, oltre alle solite settimane bianche. La stazione di Pragelato, invece, offre l’abbonamento stagionale
a 400.0ÌX) lire regalando anche 2 giornalieri per la Via Lattea. Al salone sono state anche presentate le iniziative sul
turismo naturalistico per il ’94, proposte dagli accompagnatori naturalistici, protagonisti di un nuovo segmento turistico che va dall’escursionismo alla didattica ambientale,
dalle visite ai parchi naturali alla scoperta delle aree protette.
INCONTRO PARTIGIANO A TICIUN DI PRAMOLLO
— Ancora in occasione del cinquantesimo anniversario della lotta di liberazione, sabato 6 novembre è organizzato un
ritrovo al Ticiun per ricordare il sacrificio dei partigiani caduti su tutti i fronti durante la seconda guerra mondiale. Secondo il programma, alle 9,30 è previsto il ritrovo al monumento nel cimitero di San Germano e alle 10 in viale della
Rimembranza a Rue di Pramollo; alle 10,15, sosta presso la
targa posta all’inizio del sentiero del Ticiun; alle 11,15 nella Sala valdese della Ruata introduzione e saluto del sindaco di Pramollo e interventi dei partigiani Paolo Favout e
Giulietto Giordano, a cui farà seguito il corteo al monumento dei Caduti alla Ruata. Alle 12,30, pranzo organizzato
nella sala valdese (indispensabile la prenotazione entro il 1°
novembre telefonando a Travers 515305; Vivi 73398; Rostan 58703 e Long Micu 58501).
Nella sala valdese sarà allestita una mostra di documenti e
fotografie sull’8 settembre 1943, a cura di Tiziano Giustetto.
Pinerolo: incontro tra amministratori e Commissione lavori pubblici del Senato
Tanta attesa^ ma per ora nessuna risposta
________GIORGIO GARDIOL______
C? erano tutti. Sindaci,
presidenti delle Comunità montane, consiglieri provinciali di vecchia e nuova
nomina, il vicepresidente della Provincia di Torino Bonansea, l’assessore regionale
Cantore, tecnici e funzionari,
portaborse e giornalisti. La
riunione era di quelle che solitamente i politici definiscono «decisive». Perciò anche
la sala doveva essere adeguata: il salone di rappresenza
del Comune di Pinerolo. Per
una volta il matrimonio programmato poteva tenersi nella sala Giunta. Si trattava
dell’incontro tra la Commissione «lavori pubblici» del
Senato e i politici locali.
Obiettivo fare il punto sulle
necessità di lavori pubblici
urgenti per il Pinerolese e le
valli.
Al sindaco di Pinerolo, Livio Trombotto, è toccato introdurre l’argomento. Il sindaco ha indicato come i nodi
della viabilità pinerolese: il
completamento dell’autostrada Torino-Pinerolo (11 km
ancora da fare da Volverá alla circonvallazione di Pinerolo, il progetto dell’Ativa c’è
già ma mancano i permessi, il
costo è di 115 miliardi); la
variante della statale 23 in vai
Chisone (dallo stabilimento
della Boghe per l’Inverso fino a oltre Perosa, c’è il progetto della Provincia, costo
150 miliardi). Poi il sindaco
di Pinerolo sottolinea il problema della sua amministrazione. L’Anas ha promesso
da alcuni anni che sistemerà
gli svincoli della grande circonvallazione di Pinerolo, ne
farà uno nuovo all’altezza
della frazione di San Luigi,
ma per ora mancano i finanziamenti.
Ma subito arriva la doccia
fredda. Il sen. Pranza, presidente della Commissione, dopo aver recato il saluto del
ministro Merloni, afferma
che il compito della Commissione è quello di svolgere una
«indagine conoscitiva» sulle
necessità in opere pubbliche
del Piemonte. Il funzionario
prenderà nota e la commissione discuterà la cosa dopo
aver licenziato la nuova legge
sui lavori pubblici. Le informazioni sono utili anche perché nel «dossier Piemonte
manca il completamento della Torino-Pinerolo.» La Commissione non sapeva. Perciò
adesso ne discuterà.
Il presidente della Commis
sione del Senato si lascia andare anche a considerazioni
politiche. «Voi parlate di circonvallazioni, di piccoli problemi che vi travagliano da
venti e più anni. Eppure il
Piemonte in questi venti anni
ha avuto ministri, sottosegretari, presidenti di commissione, in gran quantità. Da noi in
Irpinia non è successo così. I
politici che abbiamo eletto si
sono fatti carico di risolvere
questi piccoli problemi». Come dire: se siete ridotti così la
colpa è solo vostra.
Come colpiti da questa osservazione tutti gli intervenuti successivamente hanno cominciato subito ad individuare i nuovi mediatori col potere centrale: i senatori Paire e
Giunta, membri della Commissione. Vi faremo arrivare
i documenti tramite i «nostri»
senatori ha detto Bonansea,
che lamenta anche gli scarsi
finanziamenti statali per le
opere di ripristino dei danni
dell’alluvione (52 miliardi a
fronte di un danno stimato
per 600 miliardi) e chiede la
realizzazione di un «piccolo
tunnel turistico» sotto il Colle
della Croce. «C’è un finanziamento Cee per uno studio», annuncia trionfante.
Il consigliere provinciale
leghista, Bocco, se la prende
col governo di Roma che «se
ne frega», ma anche lui si affida ai senatori piemontesi,
che sicuramente si daranno
da fare per il Piemonte e per
il Pinerolese. Bisogna fare
anche le cose ordinarie e non
solo quelle dell’emergenza.
Per Cantore, assessore regionale, i lavori pubblici sono
necessari anche perché la
provincia di Torino è un’area
definita alla Cee di «declino
industriale» e quindi i lavori
sono necessari anche per il rilancio dell’economia. 1 Mondiali di sci del ’97 a Sestriere
rappresentano la possibilità di
avere finanziamenti importanti. La ricaduta non deve
essere solo in vai di Susa, ma
anche in vai Chisone. Bisogna sviluppare il terziario e il
turismo.
I funzionari e i tecnici
prendono diligentemente nota. Non c’è però più tempo
per altri interventi. Si va al
Galup per un aperitivo e poi i
senatori, i funzionari e le
scorte vanno a Sestriere dove
c’è la «ciccia» del problema
dei lavori pubblici nel Pinerolese: i lavori dei Mondiali.
Si attende adesso la relazione dell’indagine. Non resta che sperare.
Intervista a Giancarlo Bounous, dell'Istituto di coltivazioni arboree deH'Università
Curiamo i castagni^ una risorsa economica
________ANDREA MELLI__________
La castagna è un frutto
molto diffuso nelle nostre valli e, più in generale, in
tutto il Piemonte e nella
Francia del Sud. Queste due
regioni sono state caratterizzate per secoli, nelle zone di
media montagna, da un’economia agricola basata sulla
castanicoltura, diffusa fino ai
primi decenni del secolo e
poi gradualmente in declino,
sia per l’abbandono e lo spopolamento delle montagne
che per malattie delle piante,
come il mal d’inchiostro e il
cancro corticale.
Da alcuni anni sono in atto
in varie zone del Piemonte
interventi migliorativi sul castagneto da frutto tradizionale: abbiamo rivolto alcune
domande al dottor Giancarlo
Bounous, dell’Istituto di coltivazioni arboree dell’Università di Torino.
- Da quanto tempo si opera
nel campo degli interventi
migliorativi sul castagneto da
frutto?
«Sono ormai alcuni decenni che numerose istituzioni
italiane e francesi ricercano
e attuano strategie di rinnovamento dei castagneti con
l’obiettivo di mantenere gli
equilibri ecologici del territorio e ottenere produzioni
che, per le loro caratteristiche qualitative, trovino un
facile e remunerativo collocamento sul mercato».
- Quali sono gli interventi
attuati in Piemonte?
«Le ricerche e le sperimentazioni su nuovi impianti e
sul castagneto da frutto tradizionale sono portati avanti,
da oltre 25 anni, dall’Istituto
di coltivazioni arboree di Torino che ha effettuato gli interventi in collaborazione
con le amministrazioni provinciali di Cuneo e Torino, le
Comunità montane e altri
istituti che hanno di volta in
volta messo a disposizione finanziamenti, attrezzature, vi
vai e personale. Fino a pochi
anni fa, il castagno veniva
moltiplicato con metodi tradizionali, usando quasi
esclusivamente l’innesto di
tipo “zufolo”, in bosco; la ripresa della castanicoltura ha
fatto sorgere l’esigenza di disporre di piante di qualità e
per tale ragione l’Istituto ha
sperimentato diverse tecniche e ha messo a punto un
razionale ciclo di produzione
vivaistico.
La potatura di risanamento
è stata sperimentata e adattata e situazioni diverse che
vanno da interventi conservativi e migliorativi, nei casi
di vecchi castagni ancora in
condizioni soddisfacenti, a
quelli di capitozzatura per i
soggetti gravemente compromessi o deperiti. Oggi queste
operazioni sono portate
avanti in collaborazione con
le Comunità montane».
- Si sta intervenendo analogamente anche nella Francia del Sud?
«La castanicoltura nel sud
della Francia è orientata su
quattro filoni principali: interventi di sfrondatura severa, innesti di polloni di ceppaia, impianto di nuovi castagneti e meccanizzazione
della raccolta. La sfrondatura severa è stata utilizzata
per rilanciare la produzione
di alberi trascurati per decenni, mentre l’innesto di
polloni di ceppaia è stato utilizzato sui castagni in condizioni particolarmente degradate e ha permesso di ottenere buone produzioni a partire
dal sesto anno dall’innesto.
L’incremento degli impianti
è stato fino ad oggi piuttosto
modesto a causa della limitata offerta di piante di pregio:
tuttavia, a partire dai prossimi anni saranno disponibili
migliaia di astoni che consentiranno di effettuare
rinfoltimenti o nuovi impianti
su vasta scala.
La meccanizzazione della
raccolta, che consentirebbe
Una fase della separazione delle castagne dai ricci (Cevenne, Frane
un notevole abbattimento dei
costi di produzione delle castagne, ha per ora avuto approcci interessanti ma non
generalizzabili a zone con topografia accidentata: una
società francese che ha ideato un sistema di raccolta costituito da un cantiere di
intercettazione con reti di politene e uno di separazione
delle castagne da rami, ricci
e foglie».
Tornando nelle Valli, lo
stato di salute dei castagni
non è certo ottimale, in quanto la maggior parte delle
piante è piuttosto anziana e
un certo numero è afflitto da
forme di cancro cortecciale;
molte castagne rimangono
incolte e, tranne rare eccezioni, sui frutteti non vengono
effettuati i lavori di manutenzione ordinaria che consistono nella pulizia del sottobosco e nello sfrondamento dei
rami più bassi.
Tra gli interventi effettuati
dalla Comunità montana vai
Pellice, va ricordato il finanziamento a coloro che provvedevano alla potatura delle
parti secche delle piante: il
contributo è di 35 mila lire
per ogni pianta inferiore ai
10 metri e di 60 mila lire per
le piante di altezza superiore.
L’iniziativa non ha avuto
molto successo poiché pochi
hanno richiesto di accedere a
questi contributi. In vai Chisone la situazione è ancora
peggiore, con un abbandono
drastico delle colture.
Un altro problema è legato
agli sbocchi di mercato che
non consentono di realizzare
prezzi remunerativi e adeguati alla qualità del prodotto. Infatti, escludendo i marroni che hanno un mercato a
parte, i produttori locali vendono le castagne a un limitato numero di grossisti che,
godendo di una situazione di
monopolio, impongono dei
prezzi piuttosto bassi, in media 1.200 lire il chilo e solo
per i frutti più grossi si raggiungono le duemila lire.
Un metodo per ovviare a
questa situazione potrebbe
essere quello di costituire, seguendo l’esempio della valle
di "Susa, un consorzio per la
tutela del marchio delle castagne, che consentirebbe ai
produttori locali di disporre
di una maggiore forza contrattuale sul mercato, oppure
pensare addirittura a forme di
trasformazione a livello locale: in altre regioni italiane
questo è possibile grazie a significativi interventi Cee.
11
\/F.NERDÌ 22 OTTOBRE 1993
E Eco Delle ¥vlli ¥vldesi
PAG. Ili
L'iniziativa si svolge dal 20 ai 31 ottobre
Autunno tórrese
di gastronomia
PIEBVALDO ROSTAN
Dal 20 al 31 ottobre i ristoranti di Torre Pellice proporranno una serie di menu a
base di prodotti tipici autunnali. Un modo per valorizzare risorse locali partendo da
ciò che la stagione può offrire;
si tratta spesso di prodotti poveri valorizzati grazie alTesperienza e alla fantasia dei cuochi. Ci illustra l’iniziativa Roberto Pontet dell’albergo Centro.
«L’obiettivo dell’iniziativa è
quello di far riscoprire la possibilità di creare patti di un
certo valore partendo da
quanto la valle può offrire.
Nei menu proposti dai vari ristoranti troviamo quei prodotti
tipici della zona e della stagione: farina di castagne, formaggi, verdure. In questo modo crediamo di contribuire a
valorizzare anche l’immagine
della vai Pellice coinvolgendo
altri ristoratori ed enti».
- Lei, originario della valle,
ha compiuto una lunga esperienza all’estero e solo da
qualche anno si trova ad esercitare questa attività nuovamente in vai Pellice; quali sono le sue impressioni?
«Questa valle è molto ricca
di risorse, di eventi; ha moltissime cose da offrire ed è un
peccato che a volte anche gli
abitanti locali non sappiano
cogliere queste cose».
- Molti dei prodotti elaborati in cucina hanno provenienza
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma per venerdì 22 ottobre alle 21,15 E1 Mariachi;
sabato 23 alle 20,15 Tartarughe Ninya 3 e alle 22,10
Boxing Helena; domenica 24
alle 16 e alle 18 Tartarughe
Ninya 3 e alle 20 e 22,10
Boxing Helena; lunedì 25 e
martedì 26 alle 21,15 di nuovo Boxing Helena.
BARGE — 11 cinema Comunale ha in programma per
venerdì 22 ottobre Charlot;
sabato 23 Tina; da domenica
24 a giovedì 28 L’ultimo
grande eroe. Giorni feriali
alle 21, domenica ore 15, 17,
19,21.
PINEROLO — Il cinema
Italia ha in programma per
giovedì 21 ottobre alle 20,15
e alle 22,20 Cimitero
vivente; da venerdì 22 a mercoledì 27 n socio. Giorni feriali ore 19,30 e 22,20; sabato
19,30 e 22,30; domenica
16,15, 19,15,22,20.
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locale; è facile ottenerli o talvolta esiste una certa carenza?
«I formaggi in particolare
sono per lo più locali e comprati direttamente dai contadini; sulle verdure e sulle farine
ci sono maggiori difficoltà.
Credo si dovrebbe aumentare
la collaborazione fra ristoratori e produttori in modo che
dal mondo agricolo arrivino,
direttamente, più prodotti
adatta ad essere da noi utilizzata».
- Gli agricoltori sovente lamentano che i loro prodotti
vengono poco remunerati in
termini strettamente economici; poi, guardando i menu
proposti si vedono prezzi non
proprio alla portata di tutti. Allora ha ragione chi dice che i
prezzi dei ristoranti della zona
sono troppo elevati?
«Ogni locale ha la sua impostazione e le sue caratteristiche; alcuni nostri locali
puntano molto sulla qualità e
sulla tipicità dei piatti ed è
chiaro che i costi crescono: i
prodotti anche se poveri vanno elaborati e i costi della manodopera sono assai elevati.
Più di un ristorante comunque
propone anche dei menu a
prezzo fisso e contenuto».
La parola, anzi, la forchetta
passa ora alla clientela che potrà provare nei prossimi giorni
molti piatti particolari, dalle
fettuccine di castagne al burro,
al pollo farcito con sairas e noci e ai malfatti di zucca e ricotta 0 al gelato al miele.
Teatro a Luserna
Una scelta
innovativa
Le recite del 17 febbraio
sono, o sono state, una costante nella nostra tradizione:
«drammoni» storico-religiosi, commedie ridanciane o,
più recentemente, pezzi «impegnati», magari scritti dalle
Unioni stesse, trattanti comunque temi attuali e di forte impatto. Diversa la scelta
del gruppo giovani di San
Giovanni, che ha messo in
scena, con successo, il
«Caffè nero» di Agatha Christie. Una scelta coraggiosa,
difficile e, a mio avviso, intelligente che si scosta finalmente dai filoni sopraccitati
e inaugura, speriamo, una
nuova era più finalizzata alla
rappresentazione che al messaggio.
Per i dilettanti il teatro è un
difficile banco di prova, tuttavia il gruppo giovani ha
svolto il compito con perizia
e con notevole impegno: l’atmosfera del «giallo» è ricreata con successo, la tensione
si mantiene costante fino al
liberatorio finale; e soprattutto il pubblico è costretto a
prestare attenzione alla scena
seriamente, anziché ridere
all’apparire dei personaggi
conosciuti (come invece accade spesso nelle nostre rappresentazioni).
Perciò, un «bravo» a tutti
loro e un invito a chi non li
ha ancora visti (ma anche a
chi li ha già visti) a venire a
San Giovanni il 22 ottobre o
a Bobbio Pellice il 30 ottobre
per passare un’ottima serata.
E, come dice Poirot ad Hastings: «Sono sicuro che vi
divertirà molto».
CALCIO — Finalmente un successo per il Pinerolo nel campionato nazionale dilettanti, e si è trattato di una vittoria spettacolare e convincente. Nel derby con il Nizza Millefonti di Torino i biancoblù hanno ottenuto un successo largo (4-0) grazie alle
marcature di Labrozzo, Serra (2) e Ceddia. In vantaggio alla
mezz’ora, i pinerolesi hanno raddoppiato nel finale di tempo;
nella seconda frazione, rete nella fase centrale e ultimo gol a pochi minuti dal termine. Gli ospiti hanno disputato tutto il secondo tempo in inferiorità numerica a causa di una espulsione.
Comprensibilmente soddisfatto alla fine il presidente Gallo che,
a commento, ha sottolineato come «la vittoria premi gli sforzi
condotti durante gli allenamenti da tutti i giocatori e dall’allenatore. In altre occasioni il pallone non entrava magari anche solo
per sfortuna, questa volta ci è andato tutto bene».
TRIATHLON — Si disputerà domenica 24 ottobre la dodicesima edizione del triathlon della vai d’Angrogna organizzato
dal locale Sport club. La partenza della prima frazione (ski roll)
avverrà da Torre Pellice. Da Pradeltomo partirà la seconda frazione con mountain bike fino alla Vaccera da dove partirà il terzo frazionista di corsa a piedi alla volta del capoluogo. Sono previste le categorie maschile, femminile, iscritti Ana e militari.
Domenica impegnativa, ma non proibitiva, trasferta a Grosseto.
VOLLEY — È iniziato con un derby il campionato federale,
categoria ragazze. Il 3S di Luserna ha affrontato e battuto per 30 il Volley Perosa con la coppia Ricca-Gardiol sugli scudi. Iniziano intanto questa settimana i tornei Storello e Baudrino, amatoriali maschili e femminili, che coinvolgono numerose squadre
del comprensorio pinerolese.
TENNIS TAVOLO — Sconfitta in casa per il Valpellice nel
campionato di serie C; contro il Crdc di Torino nulla hanno potuto Rosso, Garofalo e Malano malgrado il notevole impegno: 5
a 0 il risultato per i torinesi. Nel campionato di DI invece i valligiani hanno vinto a Torino per 5 a 1 con il Fiat grazie a Gay e ai
due Ghiri. La formazione di D femminile, con Quarantelli e Bruscagnin, pur se sconfitta a Verzuolo, è riuscita a contenere il passivo in un onorevole 2 a 3. Quarantelli si è aggiudicata il giorno
dopo il trofeo «Città di Alba» cui partecipavano atleti di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Sabato 23 la squadra di C giocherà a Torino, mentre la DI giocherà a Torre con il Villar Perosa e la D femminile affronterà il Cuneo.
SKI ROLL — Grande giornata per gli atleti dello S.C. Angrogna domenica 17 ottobre a Roccavione nei pressi di Cuneo.
Nel complesso la società è risultata vincitrice della gara di Coppa Alpi occidentali, ma anche a livello singolo non sono mancate le soddisfazioni. Nella categoria giovani maschili il successo è
andato a Fabrizio Chiavia; fra gli allievi vittoria di Davide Coucourde, nei seniores successo per Fabrizio Malan mentre numerosi altri valligiani si sono classificati fra i primi. Nella finale di
coppa Alpi occidentali si sono così laureati campioni ben quattro
atleti dello S.C Angrogna: Fabrizio Chiavia fra i giovani ,Elisa
Codino fra le esordienti, Fabrizio Malan fra i seniores e Sergio
Cerini fra i superpionieri.
Incontro a Perosa
Essere donne
e valdesi
Essere donne e essere vaidesi: lo si può considerare
quasi un doppio handicap in
una società che in passato più
ancora di oggi non privilegiava certo le minoranze e tanto
meno la parte meno favorita
di esse.
Ma Bruna Peyrot e Graziella Bonansea, le autrici del libro Vite discrete, corpi e immagini di donne valdesi, hanno aperto interessanti prospettive su queste vicende al femminile viste attraverso una minuziosa documentazione tratta
da fonti scritte e orali.
Il dibattito sulla storia delle
donne ha aperto T8 ottobre la
serie degli incontri culturali
organizzati dal Centro culturale valdese e dalla Comunità
montana valli Chisone e Germanasca. 11 pubblico, composto in larga parte di donne e di
donne valdesi, come è facile
supporre, ha seguito con grande interesse la presentazione,
preceduta da un’introduzione
di Mariangela Colombo,
dell’Irrsae Piemonte, che ha
ricordato come la storia in cui
le donne hanno parte sia una
storia che ha come obiettivo la
ricerca della pace.
Vite discrete dunque, ma
non per rassegnazione e limitatezza culturale, ma per la
convinzione che è necessario
compiere il proprio dovere
nella vita quotidiana in azioni
concrete più che in parole o in
gesti clamorosi.
Il prossimo incontro parlerà
di Processi lavorativi tradizionali al Grandubbione di
Pinasca, ricerca di Elena Bertocchio.
Nelle
Chiese Valdesi
TORRE PELLICE — Venerdì 22 ottobre dalle 8,30 alle 12 e
sabato 23 dalle 15 si terrà presso l’Esercito della Salvezza in
via Cavour 9 la Festa delle Messi, con vendita di prodotti
della natura. Domenica 24 alle 10 avrà luogo il culto di riconoscenza.
* Il Coretto valdese organizza dal 4 al 9 novembre un viaggio in Germania in visita alle comunità di Kehl e di Wesel
dove prestano il loro servizio le pastore Susanne Labsch e
Margot Hennig; la comitiva sarà ospitata nelle famiglie. Sono ancora disponibili alcuni posti; chi fosse interessato telefoni a Cristina Pretto (932946).
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 23 ottobre alle 21, la
corale di Luserna e un gruppo di trombe provenienti da Marburgo, in Germania, terranno un concerto vocale e stmmentale.
* Domenica 24 il culto sarà presieduto dal pastore Claudio
Pasquet, invitato dal Concistoro nel quadro della ricerca del
nuovo pastore che dovrà essere eletto alla prossima assemblea di chiesa.
VILLAR PELLICE — Sabato e domenica 23 e 24 ottobre al
Castagneto di Villar Pellice riprendono gli incontri di perfezionamento corale diretti da Sebastian Korn. L inizio è previsto per sabato alle 14.
PRAROSTINO — Domenica 24 ottobre alle 14,30, nel tempio,
si svolge un pomeriggio musicale e storico in occasione dei
cento anni della corale di Prarostino, nata nel 1893 con il
programmatico nome, poi abbandonato, de «Il Risveglio».
Per l’occasione si potranno ascoltare i canti della corale e un
intervento di Bruna Peyrot di contenuto storico, a cui farà seguito un ricevimento nella sala del teatro, dove è allestita
una piccola mostra sulla storia della corale con fotografie e
materiale vario e che sarà aperta fino a Natale. Durante la festa sarà fatta una colletta per la ristrutturazione dell’organo.
POMARETTO — Domenica 24 ottobre, alle ore 14,30, nella
sala del teatro, si terrà il bazar. Farà seguito, alle 17,30 nella
sala dell’Eicolo grando, un torneo di calcetto.
BOBBIO PELLICE — Domenica 24 ottobre alle 10,30 si terrà
il culto in francese, nella Sala unionista.
* Lunedì 25 ottobre alle 21, presso il presbiterio, sono convocati tutti coloro che vogliono continuare l’attività della Filodrammatica; durante la serata saranno definiti programma
e calendario.
RORÀ — Domenica 31 ottobre, giornata della Riforma, culto
alle 10 con assemblea di chiesa e presentazione della relazio
ne al Sinodo da parte della deputata fida Morel.
* Sabato 6 novembre, nel tempio, alle 21 si terrà il concerto
di Radio Beckwith.
Appuntamenti
Venerdì 22 ottobre — BIBIANA: Alle 21, nelTambito della «Sagra del kiwi», il gruppo «Amis d’ia gabbia» presenta lo
spettacolo teatrale N’a duminica al mar.
Sabato 23 ottobre — BIBIANA: Alle 21, prende il via la
terza edizione della rassegna di musica popolare Tacabanda
con un concerto del gruppo Baraban. Costituito da cinque musicisti del Milanese, il gruppo si dedica alla riproposta di canti,
danze e musiche tradizionali dell’area padana.
Sabato 23 ottobre — PINEROLO: Presso la chiesa del
Colletto, alle 20,30, si svolge un concerto per pianoforte e violino con Alessandra e Massimiliano Genot.
Sabato 23 ottobre — SAN GERMANO: Alle 21, nella
chiesa cattolica, si svolgerà un concerto del coro Subalpino diretto dal m.o Saverio Seminara; l’organizzazione è del Comune
in collaborazione con l’Unione sportiva.
Sabato 23 - Domenica 24 ottobre — ANGROGNA:
Nell’ambito dell’Autunno in vai d’Angrogna avranno luogo le
tradizionali esposizioni-vendita di prodotti dell’artigianato e
dell’agricoltura. Sabato alle 15,30, nella sala unionista, racconti e testimonianze sulla guerra nell’ex Jugoslavia. Partecipano Margherita Granerò, Gigi Viglino, Ada Cinato, e verrà presentato il libro «Balkan Express» della giornalista Slavenka
Drakulic; alle 21, nella chiesa cattolica, concerto dei cori La
Draia ed Eiminal.
Domenica 24 ottobre — POMARETTO: Alle ore 14,30,
presso gli impianti sportivi, la Pro Loco organizza una castagnata.
Domenica 24 ottobre — PINEROLO: Alle 15,30, presso la
parrocchia Nostra signora di Fatima, il coro polifonico San Secondo di Ventimiglia presenterà un concerto dal suo ricco repertorio composto da brani lirici, polifonici e di folclore.
Martedì 26 ottobre — PINEROLO: A cura del circolo
astrofili «Polaris» è organizzata una visita guidata all’Osservatorio astronomico; partenza ore 18,30 da palazzo Vittone.
Mercoledì 27 ottobre — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Inizia un torneo di scacchi libero a tutti presso il bocciodromo
comunale in corso Matteotti; sono previsti otto turni col sistema italo-svizzero. Le iscrizioni si raccolgono nella serata inaugurale; la fine del torneo è prevista per mercoledì 15 dicembre.
Per ulteriori informazioni tei. 0121-900396.
)ERVIZI
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENiCA 24 OTTOBRE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58766
Ambuianze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde, Porte : tei. 201454
USSL 43 • VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 24 OTTOBRE
Bobbio Pellice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44-PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVILO I
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
telefono 118
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Giampiccoll
stampa: La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.; Gr 2A/70
12
PAG. IV
OTTOBRE 1993
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13
pag. Ili
Testimonianza di una persona arrivata per la prima volta in ospedale
Un^oasi nel deserto della malasanità
ANNA MARIA QUARAONA
In questi ultimi anni avevo
spesso sentito parlare di
«Villa Betania», l’ospedale
evangelico di Ponticelli, e non
nascondo la curiosità che avevo,
come medico, di conoscere questa struttura. Per un motivo personale, avendo bisogno di una
visita chirurgica, la scorsa settimana mi ci sono recata quindi
da paziente.
L’addetto all’accettazione mi
ha dato l’informazione precisa
su dove trovare il collega con
cui avevo appuntamento. Giunta
al primo piano mi sono fermata
di colpo sulla porta pensando
che il pavimento fosse bagnato.
Invece, non riuscivo a crederci,
erano proprio le mattonelle
asciuttissime che brillavano
come nuove.
Passando poi per il corridoio
ho sbirciato nelle stanze di
degenza e ho notato la cura con
cui sono tenute, così come negli
ambulatori ho visto l’organizzazione, r efficienza e il modo di
porsi all’utenza. Immediato e
inevitabile è stato il confronto
con gli ambulatori e gli ospedali
che ben conosco. Spontanee le
considerazioni e riflessioni che
ne sono scaturite.
Da anni lavoro presso una
struttura pubblica per scelta e
non nascondo i momenti di
sconforto, le difficoltà, lo scontro quotidiano con una realtà in
cui viene mortificata la figura
del medico e quella del malato.
Mi sono quindi rallegrata e
compiaciuta nel constatare che
possa esistere in tanto degrado,
in una città come Napoli, qualcosa che funzioni nonostante le
tante difficoltà.
Ricordi di 21 anni di servìzio a Ponticelli
A Villa Betania ho trovato
una nuova famiglia
INGRID SCHAM
Momenti di incontro del personale medico e infermieristico sul terrazzo dell’ospedale
Ecco alcune impressioni e ricordi sui miei 21 anni passati a
Villa Betania. Mi impressionò,
quando arrivai per la prima volta,
trovarla piena di vita, e piena di
persone, di famiglie con bambini
che sembravano sentirsi come a
casa propria.
Mi colpì allora una parola strana,
di cui non esiste il corrispettivo in
tedesco: «Casa di cura». Non dunque semplicemente ospedale ma
«casa in cui si va per guarire». Ben
presto mi accorsi che non si trattava solo di curare i corpi ma che si
pensava anche alle anime.
Un giorno sì e uno no il dottor
Santi faceva un lungo giro in tutte
le camere. Conosceva ogni ricoverato, ed era disponibile
per qualsiasi necessità,
impartiva le disposizioni terapeutiche necessarie e dava anche consigli e conforto. Spesso
diceva, al capezzale
dell’ ammalato, una
breve preghiera. I
malati ne ricevevano
una sensazione di sicurezza.
Ogni domenica sera
le comunità evangeliche, che avevano dato
vita all’ospedale, tenevano a turno il culto. Il
dottor Santi accompagnava il canto suonando con foga il pianoforte nella sala affollata.
Dopo la predicazione
era per lui il momento
di parlare degli avvenimenti che avevano
interessato la «famiglia
di Villa Betania» nel
corso dell’ultima settimana. Ma non era un
semplice «notiziario»,
bensì un invito e un’
occasione di lode e ringraziamento al Signore per il suo
amore e il suo aiuto.
Una volta al mese si teneva poi
un pranzo che raccoglieva tutto il
personale e faceva sì che la famiglia di Villa Betania crescesse. È
vero che era sempre un momento
un po’ caldo quando bisognava
provvedere a sparecchiare i tavoli e
lavare le stoviglie, perché si trattava di un lavoro extra; eppure ripenso con nostalgia a quei preziosi
momenti di lieta comunione fraterna.
Al termine del pranzo c’era sempre un qualche programma; un
paziente che dava un concerto di
pianoforte, oppure un medico che
informava sugli ultimi risultati di
una certa ricerca, altre volte il dottor Santi raccontava dei tempi della
fondazione dell’ospedale. È anche
capitato di avere incontri con esponenti politici, instaurando con loro
una qualche forma di dialogo.
Un settore particolarmente seguito era quello della formazione professionale del personale. Molti elementi locali avevano alle spalle una
scarsa formazione scolastica. Perciò ogni pomeriggio i primari, a
turno, tenevano dei corsi al termine
dei quali (duravano in media due
anni) le allieve sostenevano un
esame.
Una ventina di semplici portantine hanno così potuto conseguire
poco a poco, studiando e lavorando
da noi, il diploma statale di infermiera e sono state (e in parte sono
ancora) tra le nostre più valenti collaboratrici.
Il dottor Santi aveva ampie vedute: dopo appena un mese dal mio
arrivo in ospedale mi spedì in Svizzera insieme ad altre due infermiere
e alla sua segretaria, Hulda Stettler,
per partecipare a un incontro a
quella che allora si chiamava la
Ubo (Unione biblica ospedaliera) e
che oggi è diventata la Acs (Azione
cristiana per la sanità).
«Gli ospedali sono frequentati da
un numero di persone di gran lunga
maggiore di quelle che vanno in
chiesa; dobbiamo perciò preparwe
il personale ospedaliero al compito
dell’evangelizzazione». Ecco il
programma della organizzazione
col quale il dottor Santi si trovava
in piena sintonia. Circa otto volte
abbiamo partecipato con una dolina di persone a questi incontri di
formazione che duravano anche
fino a dieci giorni, tenuti di volta in
volta in vari paesi europei.
Abbiamo così potuto allacciare
rapporti con persone diverse, abbiamo conosciuto altri costumi e abitudini e condiviso l’impegno per
diffondere la Buona Novella. E
tutto questo è servito per rafforzare
la famiglia di Villa Betania e ispi
La direttrice Ingrid Schade
rarla nella propria azione. Sono
venuti da noi visitatori da ogni
parte del mondo, vivamente interessati non solo a Casa materna ma
anche, fin dall’inizio, allo sviluppo
dell’ospedale.
Rivedo ancora il dottor Santi,
sulla nostra magnifica terrazza ai
piedi del Vesuvio, raccontare ai
visitatori come Dio avesse operato
per iniziare e far crescere l’opera.
Grazie alla mobilitazione degli
amici del Gustav Adolf Werk, in
Germania, ricevemmo la prima
incubatrice e più tardi una sterilizzatrice per la sala operatoria. Poi,
nel 1976, un primo apparecchio a
ultrasuoni. Il gruppo di amici del
Gustav Adolf, tenuti al corrente
dalle mie lettere circolari, continuarono a pensare a noi con generosità
negli anni successivi, e non solo
per le tragiche circostanze del terremoto del 1980.
In occasione del 150° anniversario della fondazione del Gustav
Adolf Werk, tenutosi a Kassel, fui
invitata a parlare del nostro lavoro;
ebbi anche modo allora di accompagnare r allora Moderador della
Mesa Vafdense (il moderatore delle
chiese valdesi del Rio de la Piata),
il pastore Bertinat, in un giro di
visite alle chiese evangeliche tedesche e mi resi utile nel servizio di
traduzione.
In tutti questi anni mi sono inserita sempre più nella Chiesa valdese, tanto da sentirmene ormai parte
integrante. Mi è perciò difficile
abbandonare questa comunità che è
ormai diventata la mia patria. Perciò, fintanto che potrò, vorrei tornare a visitare tutti gli amici che un
tempo hanno preso parte e che
ancora oggi portano avanti l’opera
iniziata venticinque anni fa dal dottor Teofilo Santi.
Il personale dell’ospedale e i
numerosi malati ricordano con
affetto Ingrid Schade, la «direttrice» e le dicono: grazie!
14
pag. IV
L’attuale Giunta dell’ospedale Villa Betanla. Da sinistra; Scorsonelli, Barlllà, Cocca, Caliendo, Accardo (direttore sanitario)
Marullo, NIttI (presidente), Bouchard, Leila, Olivieri
■mu®
Il direttore sanitario di fronte alle prospettive aperte dal nuovo assetto
La classificazione delPospedale è
un punto di partenza per il futuro
_________SALVATORE ACCARDO_________
Probabilmente nel 1968, quando
l’ospedale evangelico di Napoli
iniziava la sua attività, gli abitanti di
Ponticelli non colsero immediatamente l’importanza che la struttura
avrebbe assunto successivamente per
il quartiere e per il suo tessuto sociale; certo rappresentava una buona
occasione per qualche posto di lavoro, sempre gradito in un territorio in
cui la disoccupazione viene fatalmente considerata un male ineluttabile. Naturalmente, la possibilità di
partorire vicino casa, oppure di subire un qualche piccolo intervento
chirurgico senza doversi allontanare
di moalto, risultavano gradite, ma
non più di tanto.
L’idea che questa stmttura potesse
un domani non molto lontano rappresentare un riferimento certo e sicuro
ai molti bisogni sanitari, addirittura
l’unico presidio in un ambito territoriale molto vasto non li sfiorava affatto, né vi erano argomenti per ipotizzarlo: l’ospedale nasceva quale
coronamento di una lontana esigenza
degli evangelici napoletani a mezza
strada tra il bisogno di un luogo
«fidato» in cui curarsi e la necessità
di testimoniare la fede in Cristo. La
collocazione in Ponticelli non fu
certo casuale; dopo le disavventure di
via Manzoni, l’idea di portare l’ospedale nel cuore della povertà, dell’
emarginazione e del degrado sociale
di Napoli fu, a dir poco, un imperativo per i «padri fondatori».
Il dott. Teofilo Santi, che aveva
impegnato tutte le sue forze per la
realizzazione dell’opera (nella quale
pur continuerà a profondere ogni sua
energia fino alla morte, che lo
coglierà al suo posto di presidente in
una seduta del comitato direttivo) si
fa carico dell’organizzazione sanitaria. L’avvio è sostenuto dal lavoro
volontario e dallo spirito di abnegazione di un piccolo gruppo di medici
che, al seguito di Santi, fanno dell’
ospedale evangelico il riferimento
unico per la propria attività professionale.
Certamente notevoli gli sforzi,
lusinghieri i risultati specifici, ma
ancora l’organizzazione manca di
quella struttura sufficientemente solida per porre l’ospedale al centro dei
bisogni sanitari e quindi dell’attenzione del quartiere. Solo verso la
metà degli anni ’80 appare ormai
chiaro che, se si vuole garantire
all’ospedale un futuro certo, bisogna
prodigarsi in una profonda e radicale
trasformazione che lo allontani da
quella connotazione di casa di cura
privata, a gestione anche un po’ paternalistica, per avviarlo verso la
configurazione di una vera «azienda»
ospedaliera.
L’impegno di tutti è ammirevole: il
comitato direttivo, pur privato della
presenza del dott. Santi, ne continua
l’opera delineandone gli obiettivi; le
direzioni, con lucida determinazione,
ne tracciano la strategia; il personale
tutto, con una ritrovata efficienza e
un inusitato entusiasmo, dimostra di
aspirare ai più alti traguardi. Si introducono nuovi servizi: endoscopia,
urodinamica, senologia, ecografia,
diabetologia, laserterapia, cura della
sterilità, flebologia, epatologia, e altri
ancora.
Tutti i reparti vengono potenziati:
si introduce il pronto soccorso e si
conferisce alla terapia intensiva neonatale dignità di reparto, dotandola
di ben otto posti letto. La collocazione strategica nella periferia orientale
di Napoli di un reparto a così alta
specializzazione, con un bacino di
utenza che travalica i limiti della
stessa provincia, contribuirà certamente alla soluzione di un problema
tanto grave che vede spesso la vita
dei piccoli pazienti legata a un traffico cittadino sempre più caotico.
Prestigioso riconoscimento di tanto
lavoro, è la classificazione a Ospedale generale di zona, conferita
nell’aprile 1993, che finalmente sancisce il raggiungimento dell’ obiettivo posto. Ma il riconoscimento,
tanto atteso e sofferto, lungi dall’essere un traguardo è solo un punto
di partenza; oggi l’ospedale, all’
apice del suo sviluppo, sente il peso
della grande responsabilità che si è
assunto nei confronti del quartiere,
dal quale nel momento del bisogno
ha ricevuto testimonianza di un
attaccamento commovente: la costituzione spontanea dei Comitati
popolari ne è stata la massima
espressione.
La saturazione completa degli
spazi utili fa sì che l’ulteriore crescita e sviluppo necessari non possano
essere più pensati alla vecchia
maniera; già si lavora a nuovi programmi ambiziosi: una nuova stmttura da affiancare alla precedente. E
così, una volta raggiunta l’ambita
meta dell’ampliamento, essa stessa
sarà solo il punto di partenza per la
successiva: ma qui siamo ormai alle
soglie del 2000.
L’appuntamento con il futuro è già
arrivato.
Il senso della vicenda dell'ospedale
Una storia di amore
e di liberazione
LUCIANO DEODATO
Il dottor Santi amava raccontare a
chi veniva a lavorare nell’ ospedale, o ai fratelli e alle sorelle stranieri, la storia di Villa Betania.
Come in ogni bella storia anche in
questa c’erano i buoni e i cattivi,
momenti di suspense in cui tutto
sembrava perduto, interventi
«miracolosi» che sbloccavano situazioni apparentemente senza via
d’uscita e, soprattutto, una conclusione a lieto fine.
La storia, per chi volesse leggerla
per intero, si trova in un bel libro*,
scritto da uno storico di professione, il prof Domenico Maselli, che
con amore e intelligenza ha letto
per noi le carte, i documenti, ascoltato i testimoni. Il clima della storia
è descritto nell’articolo di Giorgio
Bouchard che si trova nella prima
pagina di questo inserto.
Ci sono tre motivi per cui questa
storia è bella. In primo luogo perché essa è vera, fa parte cioè della
realtà che viviamo, con personaggi
non inventati, ma reali. In secondo
luogo perché si tratta di una storia
di liberazione. Essa infatti parte da
una situazione di emarginazione
degli evangelici napoletani che si
incontra a un certo punto con una
Il laboratorio di analisi
situazione di sofferenza e povertà.
E quella della popolazione di
Napoli, oppressa dalla miseria derivante dalla guerra: famiglie di
baraccati, bisognosi di tutto; bambini e donne che si trovano a essere
vittime tra le vittime, esseri indifesi
travolti da una tragedia generale.
Gli ostacoli da superare sono
immensi: bisogna ricostruire una
speranza e combattere la rassegnazione. Ma quella storia riguarda
anche gli evangelici che devono
imparare a lavorare insieme, superando la dispersione in cui vivono.
Inoltre essi devono anche vincere
un certo orgoglio confessionale e
giungere ad avere una volontà
comune, riconoscendo di aver ricevuto una comune vocazione.
Un altro grosso ostacolo è di
natura, diciamo, politica. E poiché
esso è legato al potere, è difficile da
smascherare e soprattutto da smantellare. La storia di Villa Betania è
affascinante perché, uno dopo
l’altro, con pazienza e costanza infinita vengono superati questi ostacoli e altri ancora che sarebbe lungo
menzionare. Il terzo elemento che
vorrei qui evidenziare è quello
dell’amore. Questa storia è bella
perché si inserisce in un altro racconto, infinitamente più grande e
che riguarda non solo la popolazione di Pon-ticelli ma tutti, ed è iniziato molti secoli fa.
È quello che Dio ha voluto scrivere con Gesù Cristo: una storia
d’amore; una love story infinita e
nella quale tutti noi siamo attori,
interpreti e spettatori nello stesso
tempo: c’è chi sa di esserlo e chi
invece non ne ha coscienza; ma lo è
ugualmente. Non sa cioè di essere
amato e di potere a sua volta
amare; di aver ricevuto e di poter
dare amore.
Ecco perché Villa Betania, pur
essendo un ospedale, non è un semplice ospedale. Villa Betania è il
segno concreto, un monumentotestimonianza di una liberazione
avvenuta,che si inserisce nel più
ampio contesto della nostra liberazione in Cristo. È il segno di un
amore vissuto realmente «in fatti e
verità»; un luogo che esiste perché
esiste l’amore di Dio e Dio si lascia
incontrare nel servizio reso al prossimo
L'augurio è che chi ci lavora e
chi, suo malgrado, deve esservi
ricoverato, possagiungere a conoscere e a vivere l'amore di Dio.
(*) Domenico Maselli: Villa
Betania. Un’avventura della fede.
Collana della Società di Studi evangelici, Torino, Claudiana, 1989.
OSPEDALE EVANGELICO VILLA BETANIA
Via Argine - 80147 Napoii-Ponticelli
telefono 0039 81-5912111
fax 0039 81-5772350
Eventuali offerte possono essere inviate a:
- conto corrente postale n. 15251804 intestato a Casa di cura
O.E. Villa Betania
- conto corrente postale n. 14193809 intestato a Ospedale evangelico
- Fondazione evangelica Betania - Banco di Napoli, Agenzia
Spirito Santo, cc. n. 27006881
15
UENERDÌ 22 OTTOBRE 1993
PAG. 7 RIFORMA
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'11 ottobre la legge 409/1993
L'8%0 alle chiese valdesi e metodiste è legge
Cosa fare per defiscalizzare le offerte?
GIORGIO GARDIOL
L9 Intesa che regola i rapporti finanziari tra le
Chiese valdesi e metodiste e
la Repubblica italiana è legge. È stata pubblicata sulla
Gazzetta ufficiale il 11 ottobre scorso, porta il n.409 e è
del 5 ottobre 1993. È intitolata «Integrazione dell’Intesa
tra il Governo della Repubblica italiana e la Tavola valdese in attuazione dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione».
A partire dalla prossima dichiarazione dei redditi (1994)
sul modello 730, 740, 101 e
102 comparirà una nuova casella su cui apporre la firma
per la destinazione di una
quota proporzionale dell’8%c
del gettito Irpef alla «Chiesa
evangelica valdese (Unione
delle chiese valdesi e metodiste)». Una possibilità data a
tutti i contribuenti. Le alternative per la destinazione
deH’8%c saranno quattro nel
1994: Stato, Chiesa cattolica,
Assemblee di Dio, Chiesa avventista e Chiese valdesi e
metodiste.
Accanto alla possibilità di
destinare T8%c, il contribuente ha un’altra possibilità:
quella di dedurre i «contributi
volontari» fino a 2 milioni di
lire annui versati alle chiese,
agli istituti e opere valdesi e
metodiste dall’imponibile
dell’Irpef. È una possibilità
che viene definita «defiscalizzazione». Le somme versate
alle chiese non entrano cioè
nel computo dei redditi per i
quali si pagano le tasse.
Per conoscere gli aspetti
più pratici del «che fare» del
contribuente italiano abbiamo
posto alcune domande al mo
deratore della Tavola valdese,
Gianni Rostan.
«La Tavola valdese - afferma il moderatore - dopo l’entrata in vigore della legge,
inoltrerà richiesta al ministero delle Finanze perché nei
prossimi moduli della dichiarazione dei redditi vi sia anche il riquadro della Chiesa
evangelica valdese, unione
delle chiese valdesi e metodiste, in modo da rendere operativa la legge. Sarà una richiesta formale perché la
creazione della nuova casella
sui moduli fiscali è prevista
dalla legge».
Qualche problema pratico
in più presenta invece la defiscalizzazione. Chiediamo come deve comportarsi un cittadino che vuole defiscalizzare
i propri contributi alle chiese
valdesi e metodiste, agli istituti, enti e opere riconosciuti
dall’ordinamento valdese?
«Anche in questa materia risponde il moderatore - non
c’è niente di definito. La Tavola chiederà un incontro col
ministero delle Finanze per
concordare le modalità di
certificazione di questi contributi. Aspettiamo dunque
l’accordo con il ministero
prima spiegare esattamente
come si farà per defiscalizzare i contributi.
In vista di questo la Tavola,
attraverso una sua commissione, ha già cominciato a
studiare il problema e, perché venga rispettata il più
possibile la “prassi” delle
contribuzioni nelle nostre
chiese, ha già un’ipotesi di
“manuale per la defiscalizzazione” da distribuire alle
chiese».
In linea di ipotesi e sulla
base di quanto è già stato fat
TAVOLA VALDESE
Vacanza di chiese
La Tavola, in base alTart. 17 RO 4 proclama la vacanza
della Chiesa valdese di Luserna S. Giovanni a partire dal
1° ottobre 1993. La designazione del nuovo pastore titolare
dovrà avvenire entro il 31 dicembre 1993, secondo gli artt.
12, 13 e 14 RO 4.
La Tavola, in vista delTemeritazione del past. Teofilo
Pons per raggiunti limiti di età, proclama la vacanza della
Chiesa vddese di Villar Pellice dal 1° ottobre 1993. La designazione del nuovo pastore titolare dovrà avvenire entro il
31 dicembre 1993 sulla base degli artt. 12, 13 e 14 RO 4.
La Tavola, avendo il past. Archimede Bertolino manifestato la sua indisponibilità a proseguire nel ministero oltre il
primo settennio, proclama la vacanza della Chiesa valdese
di San Secondo dal 1" ottobre 1993. Là designazione del
nuovo pastore dovrà avvenire entro il 31 dicembrè 1993
sulla base degli artt. 12,13 e 14 RO 4.
La Tavola, avendo il pastore Vito Gardiol manifestato la
sua indisponibilità a proseguire nel suo ministero oltre il
primo settennio nella Chiesa valdese di Rorà, proclama la
vacanza di questa Chiesa dal 1“ ottobre 1993. La designazione del nuovo pastore dovrà avvenire entro il 31 dicembre
1993, sulla base degli artt. 12,13 e 14 RO 4.
La Tavola, avendo il past. Giorgio Bouchard manifestato
la sua indisponibilità a proseguire il suo ministero oltre il
primo settennio nella Chiesa valdese di via dei Cimbri a
Napoli, proclama la vacanza di questa Chiesa a partire dal
r ottobre 1993. La designazione del nuovo pastore dovrà
avvenire entro il 31 dicembre 1993# sulla base degli artt. 12,
13 e 14 RO 4.
La Tavola, raccolto il consenso del Concistoro ai sensi
dell’art. 17 RO 4, proclama la vacanza della Chiesa valdese di Perrero-Maniglia e della Chiesa vanldese di Massello, affidate allo stesso pastore.
La designazione del nuovo pastore titolare dovrà avvenire
entro il 31 gennaio 3994, secondo gli mtt. 12, lTeT4 R04.
Il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan
to con l’Unione delle chiese
cristiane avventiste che hanno un sistema contributivo simile al nostro è pensabile che
chi vorrà dedurre le proprie
offerte alla chiesa dovrà utilizzare una di queste possibilità: 1) richiedere al cassiere
della propria chiesa un attestato che certifichi l’ammontare da lui versato alla chiesa
locale per le diverse finalità
(cassa culto, opere, enti); 2)
utilizzare per i versamenti alla chiesa locale o all’ente,
opera, istituto riconosciuto
nell’ordinamento valdese, un
bollettino di conto corrente
postale, con adeguata causale giustificativa del versamento; 3) farsi rilasciare
dall’ente, istituto, opera riconosciuto dal nostro ordinamento una ricevuta del versamentofatto. Tutto qui».
La legge è entrata in vigore
in ottobre, potranno essere
defiscalizzate le offerte fatte
anche nei primi nove mesi del
93? «L’intesa qui parla chiaro, si può defiscalizzare “...a
decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di
entrata in vigore della legge
di approvazione” cioè dal
1993. Nella dichiarazione dei
redditi che faremo nel maggio ’94 potremo già dedurre
le offerte. Questo significa
che le chiese locali, gli istituti, potranno e dovranno fornire gli attestati dei versamenti
a coloro che ne faranno richiesta».
Chi farà un offerta alla
chiesa, chi darà la contribuzione riceverà sempre la ricevuta valida ai fini fiscali, oppure dovrà fame esplicita richiesta? «Non tutti chiederanno la certificazione dei
versamenti. E noto che alcuni
sono contrari e la loro libertà
va rispettata senza forzature.
Chi vorrà dedurre le somme
date alla chiesa dovrà richiederlo. Facendo così,tra l’altro, il lavoro di certificazione
dovrebbe diminuire un po’».
Sarà possibile dedurre anche le offerte fatte ai nostri
istituti, agli ospedali? «Sì, se
l’istituto, l’opera è riconosciuto nell’ordinamento valdese. Per quanto riguarda gli
ospedali evangelici dobbiamo
ancora verificare se le eventuali offerte andranno o meno
a diminuire i corrispettivi che
le Regioni versano alle amministrazioni ospedaliere. Infatti le entrate da doni diminuiscono gli eventuali deficit
di bilancio».
Vi sono alcune associazioni
di «amici» di questa o
quell’opera valdese o metodista (gli amici di Agape, del
Servizio cristiano di Riesi,
della Facoltà, degli ospedali)
che hanno svolto finora un
importante ruolo nel sostegno
Il vescovo di Nola e la scuola
La scuola è di tutti
GIANCARLO RINALDI
finanziario di queste opere.
Sarà anche possibile defiscalizzare i contributi a queste
associazioni? «Questo è un
punto ancora da chiarire. Mi
sembra che i doni fatti pervenire all’istituto tramite le associazioni amici dovranno,
per essere defiscalizzati, essere certificati dall’incaricato dell’istituto stesso oppure
le associazioni dovranno essere inserite nell’ordinamento valdese».
Ci saranno dei numeri di
conto corrente banctuio o postale sui quali coloro che vogliono avvalersi della possibilità di defiscalizzare i propri
contributi alle chiese valdesi
e metodiste, potranno versare
le loro offerte? «Si, ci saranno questi numeri di conto
corrente. Vi sono persone che
già oggi utilizzano questo sistema. Altri potranno iniziare
a versare i contributi volontari proprio attraverso questo
si.stema, che del resto è già
utilizzato da alcune chiese locali e dagli istituti».
Ci saranno iniziative specifiche della Tavola e dell’Opcemi per far conoscere agli
italiani la possibilità e l’opportunità di destinare l’8%c
all’unione delle chiese valdesi e metodiste? «La Tavola e
l’Opcemi devono ancora discutere a fondo la questione.
Su questo punto, delicato e
significativo, si possono prevedere posizioni diverse tra i
membri delle nostre chiese:
da quella di una assoluta sobrietà a quella di una pubblicità “all’americana”. Penso
che anche Riforma potrebbe
accogliere interventi su questo particolare aspetto del
problema. Terremo conto anche dell’esperienza fatta da
altre chiese evangeliche in
Italia e all’estero, adattandole alla nostra situazione».
La legge c’è. Ora bisogna
applicarla. «I contribuenti
che vorranno utilizzare le
possibilità previste dalla legge potranno perciò dedurre
dal loro reddito 1993 le loro
offerte alle chiese e agli istituti valdesi e metodisti fino
all’ammontare di due milioni
annui. Se in una famiglia ci
.sono due dichiaranti (moglie
e marito che abbiano entrambi redditi) la deduzione massima sarà di due milioni ciascuno. Si è sempre detto che
la contribuzione deve essere
personale, oltre che proporzionale e periodica. Ecco qui
uno dei risvolti.
Ai Consigli di chiesa, ai
Concistori, ai presidenti dei
comitati, ai cassieri delle nostre chiese sarà inviato quanto prima un “manuale” che li
aiuterà ad affrontare questa
nuova materia», conclude il
moderatore.
Come sembrano essere
lontani i tempi in cui
una voce profetica, quella di
Geremia (capitolo 19), esortava il popolo di Dio in esilio a Babilonia a «cercare il
bene della città» fabbricando
case, abitandole, piantando
giardini, insomma per dirla
in termini più semplici e attuali, dando una mano, anzi
dando tutto se stesso, all’
opera mai completata definitivamente, di costruzione di
una società in cui il benessere di ognuno si sarebbe riverberato in positivo su
quello altrui.
Pensieri di tal genere sono
quelli che sono venuti in
mente a quei lettori dei quotidiani, familiari un po’ con
le pagine dell’Antico Testamento e, magari, ancor più
con i gravi problemi connessi alla situazione scolastica
dell’area napoletana, lettori
che hanno preso atto delle
dichiarazioni settembrine
contenute nella «pastorale»
del vescovo cattolico di Nola, Umberto Tramma.
L’alto prelato del grosso
centro campano, il cui sindaco ha conosciuto i rigori del
carcere e il cui Consiglio comunale fu sciolto da provvedimenti governativi intesi ad
arginare l’azione della delinquenza organizzata, è certamente un buon conoscitore
sia del gregge che del pascolo affidatogli; in particolare
è ben consapevole dello stato in cui versano le scuole
(pubbliche e private) della
diocesi a cui è preposto. Le
sue esplicite dichiarazioni
sul degrado della scuola di
stato, nel Nolano in particolare, hanno sorpreso quanti
conoscevano la sua sobrietà
nel pronunciarsi in materia
di gestione della cosa pubblica anche in tempi di
«Tangentopoli» inoltrata.
Per venire al nocciolo della questione l’arcivescovo,
dopo aver evidenziato le carenze e le disfunzioni del
servizio scolastico pubblico
(quello, per intenderci, sostenuto da chi paga le tasse) ha
esortato i genitori attenti alla
formazione dei propri figlioli
a comperare loro meno giocattoli e vestiti al fine di
mettere da parte tanti soldi
quanti sono necessari per
iscrivere detti figli alle scuole gestite dalla chiesa.
Questi istituti infatti, leggiamo sempre nella pastorale, sono il luogo preposto alla somministrazione di
un’educazione ottimale. Essi, inoltre, costituiscono il
porto al quale anche i docenti sono esortati ad approdare
lavorandovi «anche a costo
di rinunciare ai maggiori stipendi delle scuole statali».
Quali sono state le reazioni dei presidi responsabili
delle scuole di stato di Nola?
Varie.
Si va dal dissenso (espresso chiaramente ma in ogni
caso moderatamente «soft»)
al quasi complice «riconoscimento della validità di posizioni diverse». Personalmente sarei più interessato a
conoscere le reazioni di quei
tanti genitori i quali pur risparmiando anche sull’aria
che respirano non potrebbero
mai permettersi il pagamento
di rette di una scuola cattolica.Credo infatti che questa
categoria di genitori sia decisamente numerosa in un’area
come quella del Nolano dove non abbondano i pozzi di
petrolio mentre abbonda la
disoccupazione e dove, se
ricchezza v’è, questa percorre sovente strade «obbligate».
Al di là delle reazioni interessa ora porre il problema
del rapporto che, anche in
una visione di impegno confessionale nelle realtà sociali, deve sussistere tra questo
intervento, appunto, e il servizio pubblico. Stimolati da
episodi del genere noi evangelici siamo sollecitati a riaffermare il nostro approccio
peculiare a tale problema e il
nostro impegno a rendere un
intervento nel sociale non
concorrenziale con il servizio di stato ma, per così dire,
a questo complementare. Ciò
vuol dire che i nostri ospedali non potranno riconoscersi
nella logica delle cliniche
private ma pretenderanno di
operare nell’ambito del servizio nazionale. Lo stesso
possiamo dire delle nostre
iniziative in campo pedagogico che, dove possibile, si
inseriscono nel quadro
dell’istruzione pubblica.
Insomma, noi evangelici
crediamo che se è nostro dovere promuovere la testimonianza cristiana, ciò non deve e non può avvenire con
T atrofizzare o col sabotare i
servizi sociali dello stato.
Nella «Piccola CoHana Moderna» è Uscito il n. 71:
Howard Clark Ree
CHE COSA POSSIAMO
SAPERE DI GESÙ?
pp 155, L. 17.000
Partendo dalle fonti extrabibliche l'Autore
analizza le più antiche fonti cristiane come
documenti storici sulla vita e l'opera di Gesù, facendo notare il progressivo adattamento della tradizione su Gesù alla rrìutàta
situazione delle varie comunità cristiane nei
rapporti con l'ambiente pagano ed ebraico
specie dopo la distruzione del Tempio di
Gerusalemme • '■
“-fiasdRrioo
claudtana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1-10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - C.C.P. 20780102
16
PAG. 8 RIFORMA
CULTURA
VENERDÌ 22 OTTOBRE I993
Mosca: dopo la fine del comunismo
LINGUAGGIO E AGIRE COLLETTIVO
COSE E PAROLE
BRUNA PEYROT
Chi ha seguito gli avvenimenti politici di questi
ultimi anni non può non essere stato colpito dallo stile e
dalla determinatezza di alcune
battaglie pubbliche apparentemente marginali. Per non fare
che alcuni esempi ricordo il
cambiamento di nome a città
come Leningrado (ora San
Pietroburgo) dopo il crollo del
regime sovietico.
E, più vicino a noi, ricordo
altri due episodi alle estremità
della penisola: Corleone in Sicilia, dove il commissario prefettizio vieta l’intitolazione
della piazza centrale ai giudici
Falcone e Borsellino, e Racconigi, in Pienionte, dove viene inaugurato un monumento
a Umberto II.
Lasciando da parte la ricostruzione delle vicende politiche che stanno dietro a queste
posizioni, vorrei fare alcune
considerazioni proprio sul
senso si tali segnali sociali.
Essi sono infatti battaglie simboliche per ridefinire lealtà e
appartenenze. Quando si arriva a cambiare il nome alle cose è perché le cose sono già
cambiate profondamente, un
po’ come un atto finale che
sancisce un nuovo confine.
Sempre nella storia i grandi
sommovimenti sono stati accompagnati da nuove parole,
nuovi linguaggi. La Rivoluzione francese ha addirittura
cercato di cambiare non solo
il corso ma anche il nome del
tempo rititolando mesi, santi,
patronimi... E noi viviamo un
presente in cui il linguaggio è
svuotato, le parole non servono a spiegare ma a mascherare
fini altri dal ragionare, fini di
potere, di incantamento, di
fantasia slegata dalla realtà.
Il linguaggio usato è anche
specchio del suo produttore.
Tutti possiamo aver sotto gli
occhi dialoghi alla posta, in
banca, in qualsiasi ufficio do
mw
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^Veritatis
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ve l’utente a volte non è in
grado di farsi capire perché
non riesce più a costruire una
frase con un soggetto, un verbo e un oggetto: semplice
unità linguistica ormai saltata
fuori dalla logica; e un impiegato rispondere in linguaggio
cifrato, magari citando leggi,
obblighi di servizio e così via.
La Babele del linguaggio è la
Babele di una ragione offuscata. Ecco che allora, in questo quadro, ritornano alla luce
schemi comunicativi elementari come lo schierarsi di facili
e comprensibili simboli che
implichino un essere a favore
o contro, che facciano dire un
sì e un no senza tante storie.
Il nome di una piazza, di un
nuovo movimento, di un avvenimento del passato che
ispiri il presente e lo legittimi,
diventano allora moventi
«concreti» per battaglie collettive in nome del vecchio 0 del
nuovo. Il linguaggio viene ridotto ai minimi termini,
all’essenzialità di un gesto
(pensiamo ai «gesti» di Bossi!) così come l’interpretazione della realtà viene fatta solo
più in bianco e nero.
Questa semplificazione accade quando la dialettica democratica del libero dibattito
attraverso la parola che esprime le proprie ragioni viene
azzerato, quando il potere reale non sta in un «cuore» collettivo liberamente eletto e vero rappresentante dei cittadini.
Succede allora che il discorso
politico, le parole della politica non servano più a dire e a
spiegare i vari punti di vista, a
mediare una conflittualità che
invece scatta soltanto più sui
simboli, sull’ultimo cemento
necessario a stare insieme.
Dopo non c’è che l’esplosione
del bisogno individuale.
L’assenza e il rifiuto, però,
del linguaggio politico, certo
esito di un lungo processo di
falsificazione della vita politica, produce un altro effetto disastroso: l’incapacità a pensare in termini progettuali collettivi, il che significherebbe
vedere un problema, uno spazio sociale, un fatto, denso
delle esigenze di categorie,
persone, pensieri, ipotesi di
gestione. Invece non vediamo
che il solito trito trionfo del
«particulare», sempre più basato sull’unico tratto corporalmente e popolarmente visibile: l’etnia. Ma la scommessa
di una vita civile passa oltre
questo stadio, verso una piena
e realizzata articolazione giuridica del corpo sociale.
Un saggio del teologo cattolico Pier Angelo Sequeri su un punto di vista originale
L'ironia come percorso interpretativo
della predicazione e del messaggio di Gesù
SERGIO N. TURTULICI
T l modo con il quale Gesu discrimina la pula
dal grano nel cerchio degli
uditori è l’uso fulminante
dell’ironia». Nell’originalissimo saggio II timore di Dio*
Pier Angelo Sequeri, cattolico, docente di Teologia fondamentale, propone l’ironia
come profilo essenziale della
predicazione di Gesù.
Si discute oggi di «dove fare la teologia». E l’autore risponde: «Se nell’Accademia
o in piazza, nei sotterranei
della storia o alla ribalta della cronaca io ho scelto il camino (...) divagazioni le mie
che leggerete liberate come
le sostanze volatili della legna accesa». Anche la scelta
del titolo è arguta: «Timorati
di Dio» una volta si dicevano
gli individui rispettosi della
religione, della morale, in
ogni caso socialmente innocui.
Timore di Dio per Sequeri
è la maturità che la fede raggiunge quando si appropria
del principio della sapienza,
eredità di una grande tradizione biblica. «Gesù di Nazareth inizia da qui. La vera sapienza, il cui principio è la
conversione del cuore alla
prossimità del regno di Dio
nella vita quotidiana, consiste nella percezione profonda
della tenera cura con la quale Dio - l’“abbà” di Gesù sta in rapporto con l’uomo».
L’approccio del discorso di
Sequeri è esistenzialistico.
Non c’è credente che non abbia avvertito qualche volta,
spiega l’autore, il sentimento
della possibile ambiguità di
Dio nella sua vita. L’Ecclesiaste (9, 1 -2) aveva afferrato
l’ambiguità: «Mi sono consacrato alla riflessione e su tut
to questo ho concluso: i giusti e i sapienti, con le loro
opere, sono nelle mani di
Dio. Ma l’uomo non sa se
Dio prova per lui amore o
odio. Tutto ciò che l’uomo ha
davanti a sé è vuoto» (trad.
Ravasi).
Nella lettura ermeneutica di
Sòren Kierkegaard, Abramo e
Giobbe vivono l’esperienza
esistenziale della problematicità della fede. Che cos’è lo
sguardo di Dio per Abramo,
per Giobbe, chiamati alle
prove estreme, che cos’è per
il credente il comandamento
divino quando si pone con radicalità: «Una buona notizia
o una scelta inquietante?». 11
volto di Dio è buono e promettente o è preoccupante e
minaccioso, è Dio che guarda
e fa appello all’uomo in quel
momento o potrebbe essere il
demoniaco?
L’occhio di Dio che scruta
la nostra inadeguatezza: questo sospetto alimenta la paura. Ed ecco la teologia del sospetto, la religione della paura, degli schiavi, l’espressione religiosa universale che
immagina un Dio onnipotente, prodigo di favori, dispensatore di disgrazie.
La definitiva sconfitta della
religione della paura, dell’assoggettamento, che ambiguamente convisse con la tradizione dell’alleanza, è il tema
stesso della predicazione di
Gesù. La verità che Gesù propone, trascinando definitivamente sulla croce l’ambiguità
del sacro, la sapienza è che
Dio/abbà di Gesù è passione
inestinguibile, tenera cura per
l’uomo.
Questa sapienza è alla portata di tutti, comprese le donne e i bambini, le samaritane
e i lebbrosi, le prostitute e i
pubblicani. L’ironico umori
smo dell’uomo di Nazareth,
l’outsider che manda in pezzi
tutte le regole dei gruppi di
riferimento, la morale e l’autorità costituite si esprimono,
spiega Sequeri, nelle sue parole: i discorsi, le parabole, le
dispute, nella rivelazione
deU’«abbà» mediante i gesti
della liberazione dal male.
L’autore del saggio ci offre
limpide letture esegetiche dei
brani dei Vangeli in cui si rivela l’ironia dialettica di Gesù, l’ironia che salva. Sono
quasi sempre le donne a farsi
protagoniste e interpreti di
questa ironia di Gesù, Sequeri fa notare questa novità
inaudita nel mondo antico:
«Non tutti coloro che si fanno
chiamare maestro sanno fare
tesoro dell’esperienza che
Gesù pone davanti ai loro occhi (...). I maestri della religione e della morale sono sistematicamente battuti dalle
donne».
Sorprendentemente lo studio dell’ironia è poco frequentato, inesistente nella comunicazione cristiana: «Eppure l’ironia evangelica che
accompagna l’annuncio del
regno di Dio è infallibile nel
far venire alla luce la vera
natura del dissenso. E anche
del consenso. Gli smidollati
infatti reggono tutto, anche
la minaccia del castigo eterno. Ma non sopportano l’ironia».
(*) Pier Angelo Sequeri: Il
timore di Dio. Milano, Vita
e pensiero, 1993, pp 170,
£ 25.000.
L. Ghiberti: Sacrificio di Isacco. Abramo è centrale nella riflessione
di S. Kierkegaard
È da accogliere con favore la più grande iniziativa editoriale di «Famiglia cristiana»
Uno strumento per la conoscenza della Bibbia
_______LUCIANO DEODATO______
Tanto di cappello all’iniziativa di Famiglia cristiana di pubblicare tutta la
Bibbia a fascicoli. Il primo è
appena uscito col n. 40 del 13
ottobre. Se i successivi saranno della stessa qualità, alla fine l’opera costituirà un ottimo strumento per chiunque
voglia accostarsi alla Bibbia e
attingere i tesori che essa racchiude.
Si tratta di un’opera di divulgazione, ma nel senso alto
del termine. Quella della divulgazione è un’arte tra le più
difficili; possibile solo a chi
abbia raggiunto un grande livello di conoscenze, accompagnato da vasta e profonda
esperienza umana. Solo chi
ha questi doni e una lunga disciplina di studio può distillare l’essenziale e mediarlo in
un linguaggio semplice, comprensibile a tutti. In un certo
senso è più facile scrivere un
lungo trattato per i dotti, che
non spezzare il pane della
scienza per gli ignoranti.
Questo primo fascicolo,
che riguarda i capp. 1-5 della
Genesi, si presenta molto bene, sia nel suo aspetto grafico
che di contenuto. Consta di
36 pagine co.sì composte: nella parte centrale il testo bibli
co (secondo la «Nuovissima
versione» delle paoline); a sinistra una lettura corsiva dovuta alla penna di Gianfranco
Ravasi; sulla destra una serie
di «voci», corredate da illustrazioni, spiegano i termini 0
i concetti più importanti. Nelle pagine finali troviamo dei
brevi studi (chiamati «oasi»)
su alcune tematiche teologiche legate al testo. Chiude il
fascicolo una parafrasi del
racconto biblico ad uso dei
bambini e un intervento libero di Beniamino Placido (nella cui storia di famiglia, apprendiamo, c’è stata forse una
«Diodati»!).
Nulla da ridire sul commento, fatto con mano da
maestro per la sobrietà, la
correttezza esegetica, la chiarezza. Apprezzabile anche la
corretteza esegentica, come
traspare per esempio dalla
spiegazione di Genesi 3, 15,
dove la «progenie» che
schiaccerà il capo al serpente
non è la Vergine Masria, anche se è l’interpretazione tradizionale della Ciesa cattolica, e nulla da criticare per le
colonne di destra che non
contengono semplici «voci»
(per esempio «antropomorfismo», «immagine e somiglianza», «Eva» ecc.), ma finiscono per essere una dilata
zione del testo biblico in dialogo con la cultura, la storia, i
miti, la scienza del tempo. Il
testo biblico, calato in un
contesto storico e culturale
ampio, si illumina e, cessando
di essere un pezzo archeologico, palpita di vita e libera
meglio il suo messaggio. Le
illustrazioni, poi, tratte da
bassorilievi antichi, papiri o
altro, consentono di fare utili
confronti tra la nostra lettura
odierna e quella delle generazioni passate, e di imparare
cose nuove. Molto suggestiva
per esempio in questo fascicolo la lettura della creazione
con l’aiuto dei mosaici che si
trovano nell’atrio della basilica di San Marco a Venezia.
Dunque nessuna critica?
Beh, da parte protestante una
remora c’è, ed è costituita dal
principio ermeneutico esposto
nella parte introduttiva, dove
viene detto che la storia della
salvezza sfocia nell'unione
tra la natura umana e quella
divina (ribadito dal Vaticano
II). Per noi il messaggio centrale della Bibbia è il perdono
e la misericordia di Dio e
quindi la ricostruzione del
rapporto Creatore-creatura,
distrutto dal «peccato originale». Rimane perciò da vedere
che ruolo svolgerà il principio
cattolico nella lettura com
plessiva della Bibbia. C’è anche un piccolo neo: ovviamente saranno commentati
anche i libri deuterocanonici,
accolti nel canone dal Concilio di Trento. Ho sempre pensato che non fossero molto
importanti; ma ora comincio
a ricredermi dopo aver visto
l’uso un po’ eccessivo fatto
da Giovanni Paolo II nella
sua ultima enciclica.
Ciò detto credo giusto segnalare l’importanza di questa che viene presentata, a ragione, come «la più grande
iniziativa editoriale di Famiglia cristiana» per due motivi.
In primo luogo perché dimostra un alto livello raggiunto
dalla scuola biblica cattolica
italiana, tanto da non aver
nulla da invidiare a quelle di
altri paesi europei. In secondo
luogo il fatto che la conoscenza della Bibbia, letta in
modo critico e scientifico, sia
diffusa in Italia, paese quasi
del tutto analfabeta in questo
campo, è per noi motivo di
gioia e di speranza.
Auguriamo perciò a Gianfranco Ravasi e a tutta la sua
squadra un pieno successo
per questa iniziativa coraggiosa e impegnativa che non
sarebbe partita se dietro non
ci fosse una autentica passio,ne per la Bibbia.
17
'/fNERDÌ 22 OTTOBRE 1993
RA
PAG. 9 RIFORMA
Un'attività avviata dalle donne della Chiesa nnetodista di Roma
Un gruppo di studio per leggere
le trasmissioni di Protestantesimo
ALBA ROCCO
Alla ripresa delle attività
la comunità metodista di
Roma via XX Settembre ha
fissato un calendario denso di
riunioni e tra queste intende
ripetere un’iniziativa che ha
avuto successo negli anni
passati.
Si tratta di rivedere insieme, in un gruppo organizzato
dalle donne della comunità,
alcune delle trasmissioni più
significative o problematiche
andate in onda nella rubrica
televisiva Protestantesimo.
Dopo la visione il gruppo dibatte non solo l’argomento
ma anche il modo in cui questo è stato tradotto nel linguaggio televisivo e la «resa»
agli occhi di un pubblico non
evangelico.
I pareri non sono sempre
concordi, è ovvio, e questo
può stimolare un’attenzione
maggiore alla cura della nostra immagine e alla diffusione più appropriata del nostro
punto di vista, del nostro
messaggio. Gli esperti di
mass media ci hanno insegnato che il messaggio in Tv è il
suo linguaggio, e oggi questo
linguaggio si è arricchito di
possibilità diverse di espressione, di infinite risorse tecnologiche, di usi finalizzati a
molteplici scopi. Ma il nostro
messaggio è immutabile, vi
vere l’amore di Cristo, e questo deve passare attraverso la
televisione (nei collegamenti
in diretta, nelle riprese di luoghi e eventi, nelle interviste,
ecc.) nella continua ricerca di
un linguaggio attuale per testimoniare efficacemente
l’Evangelo.
Si deve dare atto all’efficiente Servizio Tv della Federazione delle chiese evangeliche in Italia di cogliere
con tempestività gli avvenimenti e i personaggi che fanno la storia della nostra società e del nostro mondo
evangelico e di trasporli con
capacità professionale sul
piccolo schermo inseriti nelle
nostre problematiche di credenti di oggi.
Di questo il gruppo dibatte,
e ci sembra che compia un’
operazione culturale oltre che
uno studio sulla nostra identità. Una delle prossime riunioni avrà come tema la trasmissione sui cristiani in Palestina e in questo momento,
in cui la pace tra Israele e Olp
è finalmente avviata, ci aspettiamo un dibattito di grande
interesse.
Per l’occasione l’introduzione sarà a cura di Paolo Naso, che ha realizzato il servizio in Palestina (lo ringraziamo fin d’ora, tanto più che
già prima dell’estate ci aveva
preparato il terreno con
Protestantesimo in televisione
Di fronte al mondo
ALBERTO CORSAMI
Qual è il posto dei protestanti , ma soprattutto
qual è la percezione che noi
protestanti italiani abbiamo
del nostro essere in Italia?
minoranza? componente significativa? Come distinguiamo il nostro agire «interno» dalla partecipazione alla
vita pubblica «esterna»,
nell’Italia di tutti gli altri?
L’interrogativo è vecchio
quanto la presenza protestante in questo nostro paese, e
viene vissuto quotidianamente da generazioni e generazioni di lavoratori, studenti,
cittadini che si incontrano
con gli altri.
Lungi dal risolvere un problema che porteremo sempre
con noi e a cui daremo risposte diverse in diverse congiunture, la trasmissione del
10 ottobre {Due popoli, una
speranza, di Paolo Naso e
Marco Davite) ha fornito
un’immagine simbolica di
questa tensione: soggetto obbligato era l’avvio del processo di pace tra Israele e
Olp (ma perché dire solo che
l’Olp ha riconosciuto Israele
quando lo stato ebraico ha
fatto altrettanto, oltre a concedere l’autonomia amministrativa di Gerico e Gaza?),
peculiarità della trasmissione
era di portare alla luce il ruolo avuto dai cristiani nel favorire (ma soprattutto nel
prefigurare in alcune esperienze pilota di convivenza
profetica) questo processo.
A questo scopo la scaletta,
sostenuta da un ottimo ritmo,
ha previsto interviste flash a
personaggi di rilievo: teologi, religiosi, studiosi come
Yeshayahu Leibowitz (purtroppo doppiato con voce da
«anziano», pleonastica abitudine della Rai che da sempre,
per controbilanciare l’effetto,
ringiovanisce a bambini gli
adolescenti dei film stranieri), la portavoce della delegazione palestinese alle trattative avviate a suo tempo a Madrid, Hanan Hashrawi (il nostro redattore Sandro Sarti, in
piena guerra del Golfo, la intervistò per chiederle come
vivevano la guerra nei territori occupati: di lì a poco la
professoressa sarebbe stata
interlocutrice del segretario
di stato Baker).
E non sono mancate, come
è giusto, le immagini di repertorio, un repertorio che
abbiamo ancora tutti ben vivo nel cuore: quei discorsi
sul prato, alla presenza di
Clinton, quei «basta!» concordi e pieni di speranza hanno fatto commuovere credo
tutti noi nel corso della «diretta». Qui c’era un rischio di
saturazione: immagini e scene viste e riviste, che possono perdere di senso proprio
per l’eccesso della loro proposizione.
Ma è il collegamento con
quanto fanno i cristiani (e in
altre trasmissioni è stata
l’azione delle chiese evangeliche, magari in Italia, o semplicemente la nostra presenza), un «dir qualcosa», un
sentirsi coinvolti dal problema - penso alla puntata
sull’antisemitismo - a farci
sentire parte di una società e
di un mondo più vasto.
Ciò significa che non intendiamo vivere la fede
all’interno dei nostri templi,
ma al cospetto e in dialettica
con il mondo. L’eredità della
Riforma è anche questa e
questo è opportuno dire, ogni
15 giorni, al paese.
un’approfondita eonversazione sulla complessa questione
palestinese).
Altre trasmissioni visionate
e dibattute sono state quella
sulla «settimana della libertà», con una vivace discussione sulla mafia, la coinvolgente rievocazione-intervista di Giovanni Miegge,
Donne sotto la croce, con originali innovazioni nel mezzo
di comunieazione, il ricordo
di Martin L. King, il tema
dell’antisemitismo illustrato
da Daniele Garrone.
Il servizio Tv della Fcei ritiene molto utili commenti,
valutazioni, eonsigli e a questo scopo già da tempo sono
istituiti alcuni gruppi di
ascolto in varie città.
Certo, dobbiamo dire che a
Roma il nostro gruppo è avvantaggiato in questa sua attività dal fatto di avere il Servizio stampa, radio e Tv a portata di... scale, ma pensiamo
che altre comunità possano
registrare le trasmissioni di
Protestantesimo e fame argomento di studio, anche perché, come ben sappiamo, gli
orari in cui vanno in onda
non sono da tutti praticabili.
È un vero peccato che il lavoro dell’équipe televisiva non
possa essere apprezzato, e comunque discusso, da tutti i
membri delle nostre comunità.
Firenze
Incontro dei
centri culturali
evangelici
Si terrà a Firenze, dal 12 al
14 novembre prossimi, rincontro dei centri culturali
promosso dal Centro eulturale valdese, che ha sede in
Torre Pellice. Sarà un’occasione di dibattito e di confronto fra le realtà che sul territorio nazionale organizzano
manifestazioni culturali pubbliche aperte all’esterno, che
normalmente si ineontrano
anche, proprio a Torre Pellice, nell’approssimarsi della
seadenza sinodale.
Il mattino del sabato due
introduzioni storiche (prof.
Giorgio Spini e past. Giorgio
Bouchard, con il coordinamento di Elena Bein Ricco)
apriranno i lavori, che proseguiranno nel pomeriggio con
le riflessioni e soprattutto con
il riferimento all’epoca attuale a cura del past. Gino Conte
e dei proff. Sergio Rostagno,
Franca Long, Bruna Peyrot,
con la presidenza di Franco
Calvetti. Nella mattina della
domenica si svolgerà il dibattito conclusivo, presieduto
dal past. Giorgio Toum direttore del Centro.
Il convegno dei centri culturali avrà anche un prologo:
nella serata del venerdì verrà
infatti presentato il libro di
Bruna Peyrot e Graziella Bonansea «Vite discrete», dedicato all’immagine e alla storia delle donne nel mondo e
nella tradizione valdese.
Cassa integrazione e disagio psichico
Inattivi per forza
________PAVIDE ROSSO_______
Alcuni avvenimenti recenti (l’occupazione dei
minatori del Sulcis, Crotone)
e recentissimi (il riavvio dimostrativo dello stabilimento
di Bagnoli, il suicidio di un
operaio) rilanciano un discorso relativo al mondo
dell’occupazione che non è
soltanto economico, ma investe anche gli ambiti della
vita privata e della psicologia
del lavoratore.
Un volume di alcuni anni
fa*, frutto peraltro di indagini
e inchieste svolte intorno alla
metà degli anni ’80, affronta
a questo proposito i risvolti
soggettivi della cassa integrazione: il lavoratore di fronte
al non-lavoro; la cassa integrazione come evento improvviso e traumatico; il passare, per il lavoratore, da
un’area produttiva a un’area
improduttiva della società; la
cassa integrazione come fattore scatenante di disagio psichico. Nel libro di Emanuele
Bruzzone tutto ciò emerge
dalla ricerca che concentra
l’attenzione sui in contatto
con i servizi di salute menta
le, sia prima che in seguito alla sospensione dal lavoro, che
presentano disagi psichici lievi o gravi, e che cerca di mettere in evidenza quanto la
eondizione di «non-lavoro»
obbligato possa incidere su
quella parte della popolazione
attiva già più a rischio.
Emerge anche un altro
aspetto non molto conosciuto
del fenomeno cassa integrazione, il disagio alTinterno
della famiglia del lavoratore.
Essa è infatti il primo terminale del disagio; è in famiglia
ehe si manifesta il disagio
soggettivo nei confronti della
moglie e dei figli, avviene
una perdita di autostima, il lavoratore si percepisce spesso
come persona non in grado di
far fronte ai bisogni della famiglia stessa.
La ricerca, come anche
quelle che vennero realizzate
al tempo della Grande depressione se debitamente rivisitate, mantiene più che
mai la propria attualità e può
essere un buon punto di partenza per una riflessione sul
momento di crisi sociale che
stiamo vivendo. Per troppo
tempo il fenomeno è stato
ignorato. Come scrive Agostino Pirella, nell’intervento
conclusivo del libro, ciò è dimostrato anche dalla scarsa
attenzione che ebbero non
pochi psichiatri rispetto al
problema. Ma forse è la società stessa che tende a dimenticare questa fetta di problemi, forse per una sorta di
rimozione di un problema
che potrebbe estendersi a
tanti...
(*) Emanuele Bruzzone (a
c. di); Cassintegrati e disagio psichico, Genova, Sagep
editrice, 1990, pp 103, £
20.000.
Lo scrittore colombiano Alvaro Mutis
Lii
Peregrinazioni in forma di poesia
Maqroll il «gabbiere» (cioè il marinaio che sta di vedetta in
cima all’albero della nave) è l’enigmatico protagonista,
nell’opera del colombiano Alvaro Mutis*, non solo della trilogia romanzesca {La Neve dell’Ammiraglio, Ilona arriva con la
pioggia. Un bel morir), ma anche (e prima, cronologicamente
parlando) della «summa» di poemi, racconto in versi e liriche
vere e proprie ora parzialmente pubblicate da Einaudi.
In queste opere poetiche, che vanno dalle Prime poesie
(1948-52) al Un omaggio e sette notturni (1986) e alle ultime
poesie «disperse», c’è tutto il personaggio che caratterizzerà le
«Imprese e tribolazioni» della trilogia: il viaggiare, evidentemente, il mistero, il senso della natura misteriosa, amica e infida, romantica e malata, l’imputridire della fisicità e lo scorrere
del tempo, il mistero dell’angiporto, delle bettole e degli alberghi lussuosi costmiti chissà per chi.
C’è un’adesione incondizionata del poeta a una materia che
sembrerebbe invece di sogno, se non di allucinazione (e il pensiero può andare ai «reportages» di viaggio di Henri Michaux,
allucinati nel descrivere luoghi peraltro reali). C’è addirittura
suspense in queste composizioni in versi, a volte veri e propri
racconti di ascensioni, conflitti, iniziazioni, avventure intraprese chissà perché: «Sulla seconda [terrazza] dimenticò il motivo
che lo aveva spinto a venire e sentì nel suo corpo la mina secreta degli anni». Perché non sempre con la razionalità troviamo senso a quel che ci succede. Forse, come dice il titolo di
una poesia. Se ascolti scorrere l'acqua...
(*) Alvaro Mutis: Summa di Maqroll il gabbiere. Antologia poetica 1948-1988. Torino, Einaudi, 1993, pp 344, £
28.000.
IVISTE
La Procellaria
È un saggio di Carmelo Aliberti sulla poesia di Salvatore
Quasimodo il «pezzo forte» del n. 3/1993 della rivista La Procellaria, che da 41 anni propone riflessioni, saggi critici e soprattutto poesia. Il saggio in questione, dedicato al poeta siciliano, ne ripercorre ritinerario spirituale e artistico e l’intima
connessione che stabiliva tra i fatti della storia, il ragionamento
sulla vita e la creazione artistica. Un altro articolo interessante
è quello di Maria Grazia Martelli sulle interpretazioni dell’opera di Proust attraverso la critica italiana. La parte centrale del
fascicolo è invece dedicata ai testi poetici di vari autori, e il numero è completato da recensioni e segnalazioni di libri e mostre.
La Procellaria. Rassegna di varia cultura. Abbonamento annuo
(4 numeri) £ 30.000. Via De Nava 21/C - Cas. postale 108 - Reggio
Calabria. Ccp n. 11638897.
Sabato 23 ottobre — IMPERIA: Alle ore 17, nella sala di via S. Lucia 14, il past. Franco Becchino, presidente del Tribunale di Savona, parla sul tema «Giustizia degli uomini, giustizia di Dio».
Martedì 26 ottobre — CIVITAVECCHIA: Alle ore 18, nella sala
consiliare del Comune, il past. Renzo Bertalot parla sul tema «La
Bibbia attraverso i secoli».
Venerdì 29 ottobre — CIVITAVECCHIA: Alle ore 18, nella chiesa
battista, i rappresentanti di varie denominazioni evangeliche affronteranno dalle diverse angolature il tema «Gli evangelici e la
Bibbia».
Venerdì 29 ottobre — BERGAMO: Alle ore 21, presso il Centro
culturale protestante (via Tasso 55), G. Orazio Bravi parla sul tema «Lineamenti di Storia della Riforma in Italia.
Venerdì 29 ottobre — UDINE: Alle ore 18, presso la chiesa metodista (piazzale D’Annunzio, 9), il past. Arrigo Bonnes presenta il libro «La Riforma protestante nell’Italia del ’500» di S. Caponetto.
Sabato 30 ottobre — PORDENONE: Le comunità evangeliche organizzano alle 20,30, presso il ridotto del teatro Verdi, una conferenza del prof. Pietro Bolognesi sul tema «La Riforma protestante
come scoperta della Bibbia».
18
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 22 OTTOBREjqq^
Le Intese e II diritto pubblico Italiano
Un istituto pattizio
FBANCO SCARAMUCCIA
Leggo su Laicità del settembre ’93 l’interessante
nota di Aldo Ribet Una nuova stagione delle Intese, che
merita di essere segnalata ai
lettori di Riforma per le intelligenti osservazioni. Dopo alcune puntualizzazioni la nota
chiude rilevando il degrado
della procedura, che porterebbe l’Intesa da accordo di diritto esterno a convenzione di
diritto pubblico interno, come
osservò Gianni Long in Le
confessioni religiose diverse
dalla cattolica (Il Mulino,
1991), che viene appunto citato.
Poiché mi pare che di questo argomento si sia parlato
anche nel recente Sinodo delle chiese valdesi e metodiste,
ritengo utile una precisazione. Intanto è bene dire che
Gianni Long nel suo libro si
riferiva alle Intese, diverse da
quella valdese, fino ad allora
sottoscritte. Nel caso dell’Intesa con rUcebi, però, mi pare opportuno segnalare che le
cose si sono svolte in maniera
alquanto diversa, come ben
precisato dall’Ucebi stessa alla presidenza del Consiglio
prima di accettare l’iter proposto.
E chiaro che la procedura è
stata diversa da quella seguita
per la prima Intesa con la Tavola valdese a suo tempo, che
non lasciava dubbi di sorta.
Ma anche nella trattativa per
l’Intesa con TUcebi può a
buona ragione ritenersi mantenuto il carattere bilaterale
tipico degli accordi di carattere esterno. Da un punto di vista formale, non si è trattato
di un gruppo di esperti di parte battista inseriti in una commissione governativa (come
nel caso delle Intese di cui
parla Long) ma di due gruppi
distinti e contrapposti di
esperti. Inoltre era convenuto
e concordato fra le parti che il
lavoro preparatorio avesse
unicamente una funzione tecnica, utile a sgomberare il
campo a una possibile successiva trattativa, se ce ne
fosse stato bisogno.
Da un punto di vista sostanziale poi, si è lavorato
non su un testo imposto dalla
parte governativa ma si è proceduto all’esame di una proposta avanzata dall’Ucebi ri
spondente alle sue necessità.
In secondo luogo l’accordo
ben preciso era che, in caso
di dissenso, si arrivasse a una
doppia formulazione, ciascuna redatta secondo i desideri
di ognuna delle due parti, e
che il presidente del Consiglio e il presidente dell’Ucebi, o i loro rappresentanti in
ultima battuta, decidessero
quale delle due scegliere per
il testo definitivo delle Intese.
Per fortuna non ce n’è stato
bisogno e, al momento della
sottoscrizione, i rappresentanti dei due presidenti, on.
Fabbri e dott. Maiocchi, hanno prima di tutto potuto constatare l’avvenuta redazione
di un testo unico, su cui c’era
generale accordo.
Ritengo perciò che, anche
se non si è tornati all’ottima
procedura seguita nella trattativa per la prima Intesa con la
Tavola valdese, ci sia stata
comunque una sensibile rettifica rispetto alle precedenti
Intese. Non mi sembra fuori
luogo ricordare in proposito
che non ci fu Intesa con
TUcebi nello stesso periodo
di quelle con l’Unione avventista e con le Adi proprio perché TUcebi rifiutò quel modo
di procedere e chiese con una
lettera (rimasta senza risposta) al presidente del Consiglio dell’epoca un diverso e
più corretto rispetto del carattere pattizio sancito dalla Costituzione.
Mi pare pertanto che non
solo la firma finale rispecchi
la bilateralità, come sostiene
Ribet, ma che tutto l’iter rispetti in fin dei conti l’autonomia della confessione e
dell’ordinamento di cui è portatrice. Più che di degrado,
parlerei piuttosto di uno sneliimento della procedura, anche perché nel frattempo le
Intese già intervenute fra la
Repubblica e le confessioni
(e in particolare la prima Intesa con la Tavola) lo hanno
consentito, avendo notevolmente chiarito e definito gli
aspetti, gli ambiti e le competenze, e sulla base di quelle è
possibile procedere in maniera più spedita. Da qui a parlare di uno snaturamento della
trattativa, che verrebbe a perdere il suo carattere di bilateralità con l’eccezione della
firma finale, io sarei un po’
più cauto.
L'Associazione
TRESANTI VEREIK
Associazione evangelica svizzera con sede in Basilea, che opera in Italia in collegamento con la Tavola
valdese,
RICERCA
per la conduzione della CASA COMUNITARIA TRESANTI, via Chinigiano 10, località Tresanti in Montespertoli (prov. di Firenze) un/una
CONDUTTORE/CONDUTTRICE
(anche coppia)
Per il posto da ricoprire si richiedono capacità
professionali atte alla gestione di una casa per ferie di
piccola-media dimensione, caratterizzata da possibilità di vita comunitaria e di incontro con persone
provenienti da varie parti del mondo.
Titolo preferenziale, oltre la conoscenza di lingue
straniere tra cui in particolare il tedesco anche a livello scolastico, sarà l'appartenenza a comunità
evangeliche e la disponibilità ad un approccio di tipo
diaconale.
Curricula e richieste di informazioni possono essere inviate entro il 30 novembre 1993 a:
Centro servizi amministrativi
della Chiesa evangelica valdese
via Beri, 12 - 10066 Torre Peli ice,
scrivendo sulla busta: PER TRESANTI VEREIN
Le responsabilità dei credenti nelle crisi della società
Siamo nel tempo della semina
_______SERGIO TUBTULICI_____
C9 è chi si lamenta che
nelle chiese evangeliche si fa troppa cultura, si discute troppo. Nel paese sale
la protesta demolitrice ma anche la domanda di ricostruzione dalle macerie economiche e morali di questa repubblica, di uno stato-ordinamento con fondamenta e cemento morale più solidi, ma
su queste cose mi sembra invece che discutiamo troppo
poco e timidamente.
La dimensione nostra, è vero, è di piccole chiese minoritarie. Ma siamo sicuri - oggi
che il tempo storico corre rapido, cambiano gli scenari,
gli atteggiamenti elettorali,
oggi che si pone come realistico un «Tevere più largo»,
aggregazioni di forze politiche meno condizionate da
vecchie discriminanti religiose - che la forza del numero
conti più di quella delle idee?
Possiamo restare alla finestra,
guardare passivi al nuovo che
confusamente emerge?
Non si tratta per i protestanti di fare unitarie scelte di
campo, non tocca a noi il comandamento dell’unità politica che angustia i credenti della Chiesa romana. Ma mi
chiedo, dal momento che il
problema itahano è quello di
un contratto sociale e politico
fondato su regole economiche e atteggiamenti di etica
pubblica condivisi, se possia
mo non farci alcune domande
di fondo. Perché nel contesto
di stato prossimo venturo dovremo pur collocare coerentemente la nostra presenza
evangelica, l’impegno pubblico, la testimonianza dell’
agape cristiana, la nostra diaconia, le opere.
Com’è che ha potuto attecchire da noi «una forma di
capitalismo, unica nel mondo
occidentale, basata sulla proprietà dello Stato e su quella
del sistema familiare», un capitalismo «bulgaro», del tutto
irriguardoso delle regole di
un’economia di mercato? È
vero o no che la politica si è
logorata, imbastardita perché
il sistema Italia, nelle sue
componenti culturali egemoni, non ha mai veramente creduto al libero mercato e il pasticciacelo brutto che Tha sostituito ha pian piano corroso
il sistema come un tumore
maligno?
Possiamo piangere molte
lacrime sul ridimensionamento di questo nostro stato sociale, fondato sul finanziamento dell’inefficienza e dello spreco, sul proliferare delle
burocrazie, sulle logiche di
scambio e di delega, disattento a un sia pur minimo raffronto costi-benefici, colluso
alla fine con Tangentopoli?
Si può negare che esso ha fallito gli obiettivi che doveva
perseguire di solidarietà civile verso i più bisognosi? Se
ora si deve inventarne uno
nuovo, che coniughi sinergicamente efficienza economica, intrapresa libera, volontariato solidale e presenza pensante di una testa politica,
dello stato-organizzazione, le
nostra chiese «che fanno cultura» hanno nulla da proporre?
«C’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo» recita T Ecclesiaste e forse questo per i
credenti nelTEvangelo è di
nuovo un tempo buono per
piantare». Forse possiamo recuperare nel granaio della nostra identità riformata qualche seme di creatività democratica, di imprenditorialità
attenta al bene comune, di responsabilità civile da mettere
a dimora in questo paese che,
come dice Giorgio Peyrot, ci
ospita come credenti.
Forse possiamo dare un
contributo nostro, peculiare
alla ricostruzione del sistema
Italia, dello stato sociale, ma
qui tornano a proposito gli
stimoli della Commissione
d’esame dell’ultimo Sinodo.
C’è da ritrovare una smarrita
vocazione profetica, c’è da
fare anche la nostra autocritica e confessione di peccato.
C’è da rimettersi a coltivare
di nuovo buona teologia, il
gusto e la diffusione della conoscenza della Bibbia, senza
di che chiese come le nostre,
use a orientarsi sulla sola Parola che salva, non sanno dove andare e non sanno orientare nessuno.
L'azione evangelistica a Pomigliano d'Arco in Campania
L'incontro con gli emarginati
_______VITTORIO FORESE________
Siamo arrivati a Pomigliano d’Arco, un grosso centro dell’entroterra napoletano,
circa due mesi fa, con i nostri
camion autoarticolati, i camper, la biblioteca mobile, le
tende refettorio e il grande
tendone per le conferenze serali. Abbiamo installato il
campo mobile nell’ex mercato ortofrutticolo.
Pomigliano è uno dei tanti
Comuni alle pendici del Vesuvio che sta vivendo questo
difficile momento di crisi. Gli
operai delTAlenia e dell’Alfa
Sud passano col volto tirato.
Devono affrontare un inverno
carico di incognite con Tincubo della cassa integrazione
e del licenziamento. Le strade
polverose sono sempre ingombre del traffico caotico; i
bambini sfrecciano veloci
con le biciclette; i venditori
ambulanti decantano le loro
merci con perseveranza. Ma
si avverte nell’aria che manca
qualcosa: quello spensierato
spirito napoletano, del vivere
oggi perché domani è un altro
giorno, sembra incrinato. Si
avverte piuttosto una tristezza
indefinibile, quasi un’oppressione. Molti equilibri si sono
rotti in questa fase di transizione. Anche il Consiglio comunale qui è stato sciolto per
infiltrazione camorristica.
Adesso c’è il commissario
che «viene da fuori». Dicono
che resterà due anni. Ma
cambierà qualcosa? Da secoli
i napoletani sono abituati a
convivere con i vari liberatori
che vengono «per aggiustare
le cose». Basterà qualche
nuova formula politica, qualche regolamento più rigido,
qualche operazione di facciata per restituire fiducia al popolo stanco o ci vuole qual
cosa di più? Pare di dire le
parole di Gesù: «Invano pulite l’esterno del calice...».
Il problema è ben più vasto
ed è proprio per incidere in
profondità che stiamo qui divulgando la parola del Signore nella semplicità del contatto diretto e spontaneo con la
gente. Ecco alcune cose che
stanno succedendo in questi
giorni: Angela, da sette anni
separata dal marito, due figli,
una storia dolorosa di umiliazioni e sopmsi. Qualche sera
fa per la prima volta il marito
viene sotto la tenda e dà la
sua vita al Signore. Dopo la
predicazione prego per loro,
mano nella mano, per un nuovo inizio insieme. Antonella
è una ragazza leggermente
handicappata, ogni sera viene
ad ascoltare la parola del Signore. Il padre è un violento,
minaccia di bmeiare la tenda,
finché finalmente l’amore di
Dio non spezza il suo cuore
indurito. Adesso è meraviglioso vedere questa famiglia
con il volto raggiante illuminato dalla speranza del vangelo.
Mohamed è un algerino
con alle spalle una storia di
violenza, carcere, emarginazione. È venuto nel campo
ospite per alcuni giorni. Una
notte, in sogno, una grande
luce invade la sua stanza, la
voce di Gesù risuona nel suo
cuore: «Questo è il cammino
della verità, seguilo». Adesso
legge la Bibbia in arabo e desidera andare in Algeria a
predicare TEvangelo.
Tanti tossicodipendenti,
tutti con la stessa storia di desolazione, solitudine, disperazione vengono sotto la tenda;
la predicazione della parola è
semplice e diretta e porta le
persone alla decisione.
Questo è sottoproletariato
urbano, gente che lotta ogni
giorno, gente oppressa, emarginata, sfruttata, gente che
Dio ama e sta chiamando a sé
dispiegando la sua grazia in
maniera irreversibile. Noi del
gruppo di volontariato «Cristo è la risposta» abbiamo
scelto la vita itinerante, semplice, di città in città vivendo
insieme, uomini, donne e famiglie provenienti da diverse
aree geografiche, culturali e
razziali. Dividiamo fraternamente quello che il Signore
provvede con lo scopo forte e
motivante di predicare il
Vangelo dovunque il Signore
ci dà l’opportunità di muovere il campo. Lavoriamo insieme alle comunità evangeliche
locali in programmi comuni,
campagne evangelistiche anche di solidarietà verso gli
emarginati e tossicodipendenti, senza l’aiuto di farmaci.
Le difficoltà non mancano
e i problemi sono notevoli
ma ia gioia di vedere un’anima convertirsi ci ripaga di
ogni sacrificio. Fino ad ottobre continueremo a Pomigliano poi andremo a Casoria, Portici e in primavera a
Benevento.
Per visitarci potete scrivere
o telefonare al nostro indirizzo: «Cristo è la risposta»
presso Luigi Scavone, via
lannamici, 84024 Contursi
Terme (Sa); tei. 0037883824.
Per la pubblicità su
RIFORMA
'RS
via G. B. Fauché, 31
20154 Miiano
tei. 02/314444 - 316374
fax 02/316374
Entro il 30 ottobre
Firma contro
la guerra
MARIE-FRANCE MAURIN COÌS^
Scade il 29 ottobre la rac
colta di firme (50.000)
per la presentazione del prò.
getto di legge di iniziativa
popolare per «l’attuazione del
principio del ripudio della
guerra, sancito dall’articolo
11 della Costituzione e dallo
Statuto delTOnu». La raccolta si effettua presso le segreterie comunali e gli uffici
giudiziari che hanno ricevuto
le schede da un comitato locale. Il comitato promotore
riflette un arco di opinioni e
di impegni per la solidarietà e
la pace (tei. 06-67604024).
I grandi eventi del 1989
avevano diffuso l’idea che
caduto l’antagonismo dei
blocchi, si aprissero per
l’umanità nuove prospettive
di pace, di disarmo e di cooperazione internazionali per
ia soluzione dei problemi di
fondo che coinvolgono le
aspettative di liberazione, di
sviluppo, di democrazia dei
popoli della terra. La società
politica, non solo italiana ma
europea e mondiale, si trova
dunque ora dinanzi a due
strade. Una è la scelta di
nonviolenza, di ripudio della
guerra e di ripresa della
cooperazione per una redistribuzione più equa delle risorse. L’altra è quella di ricorrere al controllo militare, come
strumento unico e prevalente
per affrontare le tensioni del
pianeta generate dagli squilibri strutturali intrinsecamente
connessi ai fattori economici,
sociali e politici.
L’articolo 11 della Costituzione non ha trovato attuazione nell’ordinamento giuridico (ad esempio la guerra
del Golfo). Il concetto di difesa della patria dà pari dignità alla difesa non armata
(difesa popolare nonviolenta). I fini delle Nazioni
Unite sono di liberare «le future generazioni dal flagello
della guerra».
Si insiste sul divieto del
commercio delle armi da
guerra. Viene ribadito un
nuovo ordine economico internazionale, ed è richiesta
trasparenza per l’azione internazionale. Gli enti locali
sono riconosciuti promotori
di una cultura della pace, della nonviolenza e della solidarietà intemazionale.
CENTRO
DI FORMAZIONE
.DIACONALE
«GIUSEPPE COMANDI»
Inaugurazione delTannb
accademico 1993-94
domenica
7 novembre 1993 tì»
PROGRAMMA
ore 10,30: culto presso la
Chiesa battista , borgo
Ognissanti 6.
ore 13,00: Agape presso
il Centro giovanile protestante «Gould», via
dei Serragli 49 (per prenotazioni tei. 055212576).
ore 15,30: prolusione,
prof. Giorgio Spini: Le
responsabilità degli
evangelici nell’Italia di
oggi
Messaggi e saluti di
ospiti, studenti, rappresentanti delle chiese,
ore 17,30: rinfresco.
19
\ÆNERDÎ 22 OTTOBRE 1993
Pagina Dei Lettori ■ '
PAG. 1 1 RIFORMA
Discutiamo la
politica senza
pregiudizi
Spett. le redazione, mi riferisco all’articolo Bossoli e
Bossi di Maurizio Girolami
(Riforma n. 38). Non entro nel
merito dell’articolo, una carrellata del cattivo gusto leghista piuttosto scontata. Ma sono le conclusioni che mi lasciano perplesso. Con uno
schematismo superficiale e affrettato si distingue fra i veri
eredi dello spirito protestante
che danno il voto all’area della sinistra vecchia e nuova
(non si fanno nomi ma il PciPds è chiaramente riconoscibile) e evangelici per così dire
deviati che votano Lega.
Ora può anche darsi che le
cose stiano così, ma che Girolami non senta minimamente
l’esigenza di capire le ragioni
degli altri e le motivazioni che
nell’attuale contesto spingono
molti evangelici a votare Lega
mi sembra un atteggiamento
che nulla ha di protestante o
anche solo di elementarmente
democratico. Il problema, tra
l’altro, è stato già posto con
molta lucidità e ben altra volontà di dialogo da Ruggero
Marchetti di Angrogna (La luce n. 37/1992) e più recentemente da Adamo Donini di
Treviso (Riforma n. 35), tuttavia non ne è scaturito quel
confronto di opinioni che personalmente ritengo necessario
e salutare.
Ciò che vorrei capire è se
questo nuovo settimanale
Riforma insisterà anche in futuro nel proiettare verso T
esterno l’immagine nota e parziale della chiesa e del mondo
evangelico come li intende la
sinistra protestante oppure
vorrà porsi al servizio di
un’ampia discussione sui temi
della fede e della politica senza pregiudiziali nei confronti
di coloro che di sinistra non
sono ma che si riconoscono
nel protestantesimo.
Grazie e cordiali saluti.
Pierguido Viterbi - Milano
APPELLO PER UNA OPERAZIONE URGENTE
Ciao, ho bisogno del vostro aiuto
Ciao, sono Emanuela Di
Marzio e abito a Roma; sono
nata 9 anni e mezzo fa al
San Camillo e non ho avuto
la fortuna e la gioia di conoscere la mia mamma che è
deceduta dopo avermi partorito. Pesavo 1 kg e sono stata in incubatrice per tre mesi: con molte difficoltà sono
riuscita a sopravvivere.
Dopo un anno hanno dato
a mio padre la tragica sentenza, la mia diagnosi: «Tetraparesi spastica distonica
neonatale». Ciò significa
handicappata grave, senza
la possibilità di ricupero,
condannata alla sedia a rotelle, impos.sibilitata a usare
entrambe le mani e a stare
seduta o in piedi da sola. Un
anno dopo uno sprazzo di luce: ho avuto la fortuna di
avere un ’altra mamma e due
fantastiche sorelle che mi
hanno stimolato in mille modi e ora sono una bambina
serena che ha imparato mille
cose.
Da circa un anno siamo
venuti a conoscenza di un
professore greco che opera
in America, siamo stati da
lui a Atene e lui mi ha dato
buone speranze di recupero.
Abbiamo anche conosciuto
un bambino che è stato operato questa primavera e che
prima stava molto peggio di
me e ora sta seduto e in piedi da solo e la cosa più importante è che usa tutte e
due le mani, e questo è im
portante per l’autonomia!
Quindi non possiamo non
prendere in considerazione
questa grande opportunità.
Dovremo stare in America
per tre mesi e in tutto ci
verrà a costare sui 140 milioni. Noi siamo una famiglia di 5 persone dove lavora soltanto mio padre, quindi da soli non potremo mai
farcela e abbiamo bisogno
della solidarietà della gente!
Se volete aiutarci l’indirizzo è: Giovanni Di Marzio via dell’Impruneta 26 E/18
OU146 Roma. Telefono per
ulteriori informazioni 065500534.
Aderendo all’appello il
Comitato esecutivo dell’
Unione delle chiese battiste
prega i lettori che volessero
sottoscrivere di farlo versando la loro somma sul conto
corrente postale n. 23498009
intestato a Ente patrimoniale
U.C.E.B.I., piazza S. Lorenzo in Lucina 35, 00186 Roma, specificando nella causale «per Emanuela».
Le chiese
burocratizzate
«Mancanza di coerenza tra
fede e fede». Sono d’accordo
con Giovanni Gönnet e in
particolare con quanto scrive
sul numero del 1° ottobre a
proposito del calo numerico
delle nostre comunità. Gönnet, con semplicità ma con
chiari riferimenti, indica una
causa di natura squisitamente
spirituale.
Questo argomento mi tocca
particolarmente in quanto ho
deciso di non frequentare più
la Chiesa valdese di Forano.
Nella mia confermazione, nel
1987, dichiaravo di voler «vivere la mia fede in questa
chiesa nella fraternità e nella
responsabilità degli uni verso
gli altri», e il passo citato da
Gönnet (Matteo 18, 15-16)
rende chiaramente il senso di
questa dichiarazione.
Riforma
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6 -10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
DIRETTORE; Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Busetto, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Toum, Florence Vinti, Raffaele
Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
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FOTOCOMPOSIZIONE: Aec s.r.l. - tei. 0174/551919
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Economici: a parola £ 1.000
Rifomna è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1® gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Scappare dalle bombe, a Sarajevo
Oggi purtroppo mi rendo
conto che questa chiesa si tiene insieme con tante piccole
ipocrisie. La comunità è piena di storie e chiacchiere, notizie note a tutti ma mai dichiarate ad alta voce; c’è
molta diplomazia e discrezione nei rapporti personali, certi
modi di comportarsi sconfinano nell’ipocrisia. Quando
la vita privata dei fedeli o dei
pastori non deve riguardare la
comunità, quando il pastore
diventa l’impiegato di una
chiesa piena di commissioni e
di verbali, quando in definitiva la forma è più importante
della sostanza, allora non capisco a che cosa è servito
aver letto Matteo 18, 15-16,
ma anche tutto il resto della
Scrittura.
Sarebbe utile quella «confessione» privata tra fratelli
praticata dai primi valdesi e
riferita da Gönnet.
Mario Tommasi - Forano
Sono un
ex ragazzo di
Casa materna
Caro direttore.
Devo confessare di non
aver mai letto II Giornale di
Montanelli, e adesso posso
ben dire che non mi sono perso niente. Leggo su Riforma
del r ottobre che II Giornale
presenta Casa materna di Portici come un istituto dove
«sui bambini sono attuati ricatti religiosi a fini di proselitismo o pressioni per rimanere nella casa al di là del
tempo necessario», ecc.
Dalla Sicilia, fui accolto a
Casa materna nel gennaio
1951 e vi rimasi fino al giugno 1960. Non eravamo 80
ma tanti e tanti, forse circa
300 interni (di entrambi i sessi) e poi centinaia di esterni.
Nonostante questo numero
elevato c’erano sempre dei
posti a tavola da aggiungere,
come spesso capitava in quel
periodo storico in cui a Napoli comandava Achille Lauro e
la fame regnava. Ma non per i
ragazzi di Casa materna, grazie agli aiuti che arrivavano
dalle chiese evangeliche degli
Usa.
Attualmente una docente
dell’Università George Washington e una giornalista
americana stanno scrivendo
un libro sui bambini di Casa
materna, raccontando la storia di circa 30 persone che vi
hanno passato anni importanti
delle loro vite. Queste persone hanno risposto a questionari e sono state invitate nel
maggio scorso proprio a Casa.
materna. Il libro sarà pubblicato negli Usa e i guadagni
della vendita serviranno a
continuare a aiutare la casa.
A Casa materna mi è stato
impartito un solido insegnamento biblico in maniera
aconfessionale e nella direzione dell’indicazione apostolica; «Or questi furono più
generosi (...) in quanto che ricevettero la Parola con ogni
premura, esaminando tutti i
giorni le Scritture per vedere
se le cose stavano così» (Atti
17, 11).
La famiglia Santi, a noi ragazzi di Casa materna, ha trasmesso amore, spirito di servizio, solidarietà, cultura, ecc.
Ricordo che il pastore-violinista ci portava a teatro o ad
ascoltare musica nelle chiese
cattoliche. Caro direttore, ci
sono giornalisti specializzati
a fare blabla. I sogni di ciascun membro della famiglia
Santi, grazie a Dio, diventavano realtà per il bene di tutti.
Franco Giuseppe
Maccarrone - Roma
La Repubblica
di Salò
Su Riforma n. 34 del 10
settembre nell’articolo del
ministro dell’Ambiente on.
Valdo Spini leggo testualmente: «Se non ci fosse stata
la Resistenza in tutte le sue
forme (...) se non ci fosse stato chi in armi combattè per
riconquistare la libertà (...)
come avrebbe fatto l’Italia a
ricuperare un minimo di dignità per ritrovarsi nel concerto delle nazioni alleate
all’indomani del 25 aprile
1945?».
A tale giudizio io aggiungerei: come avrebbe fatto
l’Italia se non ci fosse stata la
Repubblica sociale voluta da
Mussolini dopo l’infausto 8
settembre 1945? Il tradito alleato tedesco per rappresaglia
avrebbe ridotto l’Italia del
Nord a terra bruciata. A distanza di 50 anni si vuole ancora nascondere la verità sugli avvenimenti di quel tempo
infelice.
Giovanni Petti - Larino
(Campobasso)
Ricordando
i coniugi
Saccomani
Ringrazio Riforma per aver
voluto ricordare nel n. del 1°
ottobre i coniugi Saccomani
che per tanti anni hanno fedelmente testimoniato l’Evangelo. Credo però che vada
soprattutto sottolineato un
aspetto peculiare della loro
testimonianza e, per molti
versi, anticipatore di successive iniziative del protestantesimo italiano.
Negli anni ’50 e ’60 rappresentarono infatti, all’interno
delle comunità battiste, una
forma originale di evangelizzazione. Si dedicarono, come
laici quindi avendo un proprio lavoro e una propria famiglia, completamente, cioè
ogni giorno, all’attività di
guida e di servizio fra i giovani (battisti e non) prima
nella comunità romana di
Teatro Valle, poi nel Villaggio della gioventù di Santa
Severa, quest’ultimo nato soprattutto per la loro tenacia,
la loro costanza e la loro capacità organizzativa.
Coinvolsero in quegli anni
centinaia di giovani di comunità protestanti e non, in
un’avventura cristiana che
condusse a numerose conversioni. Soprattutto permise, in
anni ancora difficili per il
protestantesimo in Italia, di
ritrovarsi come giovani, quindi spesso oggettivamente portatori di nuove istanze teologiche e etiche, per discutere
dei propri problemi in un ambiente più libero e rilassante
che non la chiesa locale in cui
riti e modalità di convivenza
erano ancora molto tradizionali.
Santa Severa è stato un fondamentale luogo di incontro e
di conoscenza per giovani
che provenivano da diverse
aree geografiche con tradizioni, cultura, costumi e «abitudini», non solo ecclesiastiche,
spesso molto diverse. In quel
luogo si è costruita un’unità e
una solidarietà che andava al
di là del mondo battista o
protestante. Soprattutto voglio ricordare che la preghiera, la riflessione teologica, lo
studio biblico sono state le
costanti quotidiane «ossessioni» dei coniugi Saccomani:
spesso in quell’ambiente le
«vacanze» i giovani tendevano a dimenticarsele!
La nostra crescita umana e
teologica deve molto a Berta
e Guido e di ciò non saremo
loro mai abbastanza grati.
Doriana Giudici - Roma.
Il battesimo
di acqua
Tullio Vinay con il suo articolo (Riforma n. 38, p. 11) ci
mette di fronte alla triste
realtà di vedere nelle chiese
piccoli bambini essere battezzati e poi con l’età della ragione e la maturità non aderire alla fede, abbandonando le
chiese.
Penso che la risposta a tale
situazione sia da ricercarsi
nella pratica stessa del battesimo e nel suo modo di attualizzarlo. L’evangelo di Marco
(16, 16) ci dice: «Chi avrà
creduto e sarà stato battezzato sarà salvato» e l’apostolo
Pietro in Atti 2, 38 aggiunge
«Ravvedetevi e ciascun di voi
sia battezzato». È chiaro che
l’adesione al battesimo coinvolge tutto l’essere umano, la
sua mente, la sua volontà, la
sua fede, ecc. essendo esso
una immersione raffigurante
la morte e la sepoltura del
vecchio uomo.
Ora credere è una condizio
ne che richiede una volontà e
una maturità, così come il
ravvedersi, elementi che però
sono assenti in un bambino, e
quindi in esso non può verificarsi la metànoia. La doppia
domanda che pone Vinay
senz’altro logora, ma non bisogna battezzare affinché il
segno esteriore riceva il vero
significato, ovvero il battesimo dello Spirito Santo, poiché potrebbe verificarsi il caso inverso, come è successo a
Cornelio (Atti 10), che prima
Dio battezza con lo Spirito
Santo perché poi l’uomo sia
battezzato in acqua.
Giacomo Tumbarello
Garbagnate Milanese
Il canto
nel culto
Ho letto con piacere l’intervento del past. Fanlo y Cortés
sul n. 38, «Proposte e suggerimenti per un culto più dinamico e partecipato». Ho apprezzato particolarmente la
sua analisi sul punto 3, «Il
canto», soprattutto quando afferma: «Ai poeti, musicisti e
appassionati chiediamo di
portare avanti il progetto “Innario aperto” con canti moderni e con il ripristino di un
buon numero di salmi».
Ero già intervenuto per
sensibilizzare le nostre comunità sulla centralità del canto
e sull’urgenza di dotare le
stesse al più presto di un nuovo Innario (ben venga l’idea
dell’«Innario aperto») in grado da una parte di raccogliere
e valorizzare la «tradizione»
(melodie preriformate, canti
della Riforma, inni del Risveglio) e dall’altra di proporre
le novità (i cosiddetti «canti
moderni»).
Su quest’ultimo aspetto sono già impegnato da alcuni
anni nella ricerca di nuovi
canti, nuovi stili musicali,
nuovi ritmi e, soprattutto, ai
fini pratici, nella traduzione
dei testi in italiano e infine
nella loro esecuzione. Le fonti da cui attingere sono molteplici: penso alle tante raccolte
di inni e canti apparse negli
ultimi anni sia a livello denominazione che interdenominazionale, soprattutto all’estero; ai tanti autori cristiani
(cito tra gli altri Graham Kendrick, Dave Bilbrough, Chris
Bowater) con le loro splendide raccolte originali che hanno dato nuova linfa al culto
comunitario in tanta parte del
nostro continente e non solo.
Il materiale c’è; il lavoro di
scelta e di traduzione va
avanti (e non solo da parte
del sottoscritto). Non resta
che decidere nelle sedi opportune il varo del tanto sospirato nuovo Innario. Ma, soprattutto, occorre ridestare nelle
nostre comunità quel senso di
gioia, partecipazione, vivacità, spiritualità e testimonianza nel momento del canto
che spesso, troppo spesso,
viene a mancare.
Domenico D’Elia - Mottola
La comunità evangelica valdese di Lucca ricorda con affetto e
gratitudine la cara
Olga Cornelio
ed è vicina alla sorella Silvia,
nella certezza della resurrezione.
La sua vita ci rammenta le parole dell’apostolo Paolo quando
dice: «Ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede».
Lucca, 22 ottobre 1993
( itecrc^ si accettano entro le oie
9 luned). Telefonare al numero
011455278-fax 011-657542.
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PAG. 1 2 RIFORMA
VENERDÌ 22 OTTOBRE 1993
Resi noti a Ginevra i dati allarmanti di un'inchiesta realizzata dalle Nazioni Unite
Il deserto avanza in oltre cento paesi
e minaccia la vita di 900 milioni di persone
Sud Africa: assemblea dei vescovi metodisti
Costruire la pace è il
compito più urgente
Più di 900 milioni di esseri umani in oltre 100
paesi sono minacciati, secondo un’inchiesta delle Nazioni
Unite, dalla siccità che avanza. Bo Kjellen, presidente
del Comitato nominato
dairOnu per l’elaborazione
di un accordo per combattere
la desertificazione, ha dichiarato lo scorso 17 settembre a
Ginevra che diverse sono le
ragioni per cui il deserto
avanza.
Fra queste in special modo
vi sono lo sfruttamento unilaterale ed eccessivo del suolo,
un consumismo scorretto e le
mutazioni climatiche. Superfici coltivabili sempre più vaste diventano aride: e ciò non
riguarda solo stati africani
come il Mali e il Botswana,
ma tocca anche altri paesi come la Spagna, la Grecia, Cipro, alcune repubbliche
dell’ex Unione Sovietica come l’Uzbekistan, il Kazakhstan e il Turkmenistan, e
grossi paesi come l’India, la
Cina, la Mongolia, nonché
zone deU’America del Nord e
dell’America Latina.
Il segretario esecutivo del
comitato, Hama Arba Diallo
ha detto che è arrivato il momento di prendere serie misure contro la desertificazione. La siccità può causare un
aumento della fame e provocare estese migrazioni di popoli; i programmi di sviluppo
dei singoli paesi devono as
Paesaggio del Mali, uno dei paesi africani più coipiti daiia desertificazione
solutamente tener conto di
questo problema, così come
se ne devono fare carico le
organizzazioni intemazionali
e soprattutto la Banca mondiale.
Diallo ha aggiunto che
l’accordo che deve essere
attuato entro l’anno prossimo
ha lo scopo di indurre i governi a prendere delle misure
concrete coinvolgendo anche
le popolazioni locali. Dovranno essere fatte leggi che
regolino la proprietà terriera.
le strutture agricole e l’uso
del terreno nelle zone desertifícate e pongano un freno allo sfmttamento indiscriminato del suolo.
Secondo Kjellen bisogna
incrementare l’uso di fonti
energetiche alternative sostituendo per esempio l’energia
solare al legno per non ridurre ulterionnente il patrimonio
boschivo. È essenziale anche
l’impegno dei paesi industriali a fornire ai paesi in via
di sviluppo la tecnologia e il
know-how necessari. Kjellen
si è detto «meno ottimista»
per quanto riguarda le prospettive finanziarie: nuovi
mezzi non ce ne sono. È necessario quindi spendere in
maniera più oculata il denaro
di cui si dispone per programmi di sviluppo.
L’accordo contro la desertificazione fa parte del programma per l’ambiente
«Agenda 21» varato al summit sull’ambiente tenuto l’anno scorso a Rio de Janeiro.
Un caso esemplare
Metà del Mali
è già deserto
Il deserto continua ad
avanzare nello stato del Mali,
in Africa occidentale. Il ministro per l’Ambiente del
Mali, Mohamed Ag Erlaf, ha
dichiarato recentemente al
Comitato per l’accordo internazionale per la lotta contro
la desertificazione che oltre
metà del suo paese è diventata deserto e che un ulteriore
38% è minacciato dalla siccità.
Il Mali è stato indicato dal
Comitato come un caso
esemplare e su di esso sono
stati fatti degli studi per verificare i danni ambientali subiti. Le conseguenze della
siccità progressiva sono allarmanti sia sul piano economico sia su quello sociale, ha
detto il ministro, e si profila
una massiccia emigrazione
della popolazione.
Il vice primo ministro per
l’Ambiente del Kazachstan,
Alexandre Shustov, ha affermato che fra i paesi dell’ex
Unione Sovietica il suo è
quello più colpito dai dissesti
ecologici. Le aree più danneggiate dalla desertificazione sono le zone intorno ai laghi di Arai e di Balchas e vicine al Mar Caspio. La catastrofe ecologica causata dalle
industrie produttrici di esplosivi e dai test atomici ha colpito il 10% del territorio dello stato. Anche nel Kazachstan la crisi ecologica rischia
di provocare un fenomeno
migratorio.
Il prosciugamento del Lago
Arai è un fenomeno così grave dal punto di vista ecologico, che dovrebbe essere riconosciuto come un problema
intemazionale.
Nel Sahel colpito vent'anni fa da una drammatica siccità
La lotta contro la desertificazione
Vent’anni fa una tremenda
siccità colpiva drammaticamente il Sahel africano.
Chi non ricorda le immagini
di bambini affamati e i cadaveri di animali abbandonati
sul suolo desolato? Da allora
la siccità è diventata endemica in questa striscia di territorio di 5,5 milioni di kmq,
al confine Sud del Sahara, in
cui i 40 milioni di abitanti
devono far fronte a una desertificazione continua.
Nel Sahel la produzione di
cereali (miglio, sorgo, riso, in
particolare) che costituiscono
ì’alimentazione di base, aumenta di appena l’l% l’anno
mentre la popolazione cresce
del 3%. Il che significa che
molti bambini che nascono
oggi soffriranno la fame.
Gli stati del Sahel si erano
fissato come obiettivo di raggiungere l’autosufficienza
alimentare entro il 2000, di
ripristinare gli equilibri ecologici e di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni. Ne siamo molto lontani. Nove paesi (Burkina Paso, Capo Verde, Gambia,
Guinea Bissau, Mali, Mauritania, Niger, Senegai, Ciad)
partecipano al Comitato inter-stati di lotta contro la siccità nel Sahel (Cilss), fondato
nel 1973, e hanno elaborato
in questi ultimi anni programmi nazionali di lotta
contro la desertificazione.
Ma sono sorti innumerevoli
ostacoli, fra cui la mancanza
di personale qualificato e di
infrastrutture scientifiche e
tecniche. Nel gennaio 1990
l’Unesco, con l’appoggio
della Germania che ha impegnato 1,6 milioni di dollari.
ha lanciato un progetto mirante al «potenziamento delle
capacità scientifiche dei paesi
del Sahel nel campo agro-silvo-pastorale». L’obiettivo è
di aiutare i saheliani stessi a
meglio gestire e sfruttare le
risorse naturali pur proteggendo l’ambiente.
Materiale vario è stato fornito a cinque istituti di ricerca nazionali (Burkina Paso, Mali, Mauritania, Niger,
Senegai). Progetti pilota di ricerca-sviluppo sono stati lanciati in collaborazione con
loro, sui mezzi per migliorare
la riproduzione degli zebù, lo
sfruttamento dei pascoli o la
fissazione delle dune.
L’albero si trova al centro
di questo progetto. Fino a
vent’anni fa, l’albero veniva
ignorato o guardato solo sotto l’aspetto di legna combustibile. Ora è diventato l’eroe
della lotta contro i flagelli
della regione: siccità, erosione, degrado dei suoli,
mancanza di alimenti per il
bestiame. «In un contesto caratterizzato da una crisi gravissima dell’ambiente e delle
risorse nel Sahel, l’attività
agro-forestale viene considerata sempre di più come una
soluzione, se non la soluzione
alla crisi» rileva un rapportobilancio del progetto del dicembre ’92.
Secondo Pape Nd. Sali, responsabile dei progetto e direttore nazionale delle ricerche sulle produzioni forestali,
se il progetto ha dato buoni
risultati è appunto perché si è
concentrato su alcuni «modelli» anziché disperdersi in
tutti gli stati coinvolti.
«L’idea è di dare il massimo
di mezzi a colui che ha riuscito un esperimento perché
lo possa portare avanti fino
in fondo, e che esso possa essere ripreso altrove anziché
disperdere i fondi».
Negli altri quattro paesi del
Cilss (Capo Verde, Gambia,
Guinea Bissau, Ciad) l’accento è stato posto sulla formazione e le missioni di studio, spesso in collaborazione
con altri paesi africani o europei. 184 zootecnici, veterinari, agronomi, forestali, biologi ed altri esperti hanno seguito seminari regionali sui
metodi di studio della vegetazione o la salvaguardia dell’
ambiente. Sono state create
équipe interdisciplinari motivate e sono state stimolati gli
scambi di esperienze tra paesi saheliani. Alcune specie
sperimentate nel Senegai per
formare siepi o frangi-vento
sono già state utilizzate in altri paesi. Nel Mali, gli animatori del progetto hanno utilizzato tra l’altro i risultati di
studi compiuti sul maggese
dei suoli nel Senegai.
Una missione di valutazione tedesca ha ritenuto che
«gli obiettivi generali di questa prima fase sono stati raggiunti» e che le «attività realizzate in materia di formazione e di diffusione dell’
informazione scientifica sono
di grande interesse per la
protezione ecologica e per la
gestione razionale delle risorse naturali nel Sahel». Tenendo conto di tali risultati,
la Germania ha ancora stanziato 475.000 dollari per approfondire alcune attività nel
1994 e 1995.
(Sources Unesco)
L’assemblea dei vescovi
della Chiesa metodista del
Sud Africa riunitasi il mese
scorso ha riconosciuto che il
compito più importante in
questo momento per le chiese
del Sud Africa è la costruzione della pace. Pertanto ha invitato i circuiti a fare in modo
che ogni pastore sia reso disponibile per lavorare un giorno la settimana in progetti per
10 sviluppo della pace.
Così scrive il rev. Brian E.
Beck, presidente della Conferenza per il 1993-94, dopo
una visita in Sud Africa: «È
difficile per gli stranieri comprendere il livello e l’estensione della violenza in Sud
Africa e nei territori abitati
dai neri. In meno di tre anni e
mezzo 52.800 persone sono
morte vittime della violenza:
di queste 8.969 sono state vittime della violenza politica.
Questa cifra è maggiore del
numero dei soldati americani
uccisi in dieci anni di guerra
nel Vietnam. È difficile immaginare l’atmosfera di sfiducia e di paura che regna nel
paese».
Il rapporto di Beck dice, per
esempio, che nella zona intorno a Johannesburg, dove il
partito Inkatha della Libertà e
i sostenitori dell’Anc (African
National Congress) si scontrano regolarmente, i cadaveri
degli uccisi restano insepolti
perché gli abitanti della zona
hanno paura di seppellirli, timore condiviso dagli impresari di pompe funebri.
La violenza, come è ben
noto, è praticata da tutti: dai
sostenitori dei diversi gruppi
politici, nei conflitti tra neri e
bianchi; dalla polizia, e anche
dalle organizzazioni militari
governative. È provato che
buona parte della violenza è
la conseguenza della deliberata istigazione di gruppi nascosti che vogliono destabilizzare
11 paese, e c’è il fondato timore che le prime elezioni democratiche, previste per il 27
aprile 1994, possano essere
ostacolate con la violenza da
quelli che comunque rifiutano
di accettarne i risultati.
Non tutta la violenza è politica. Vi sono per esempio
conflitti violenti tra ditte di
taxi rivali, talvolta sui treni
vengono commessi degli omicidi. Qualunque litigio può
concludersi con la violenza e
con uccisioni in questo paese
dove tutti possono procurarsi
facilmente armi da fuoco e di
altro tipo.
Sullo sfondo di questa situazione ci sono la grande povertà e disumanizzazione prodotte da decenni di apartheid
imposto con la violenza, e
inoltre vi sono gli importanti
interessi in gioco nelle prossime elezioni.
In questo contesto le chiese
sono chiamate a svolgere un
compito vitale. Per esempio.
nei comitati locali e regionali
dell’Accordo nazionale per la
pace, che sono stati creati con
la mediazione della chiesa, in
cui anche membri di partiti
politici sono rivali, le forze di
sicurezza e altri volontari sono coinvolti.
«Immaginate - scrive Beck
- di tenere divise con la sola
persuasione due colonne di
sostenitori di due squadre di
calcio rivali composta ciascuna di 5.000 tifosi che percorrono la stessa strada pronti
a creare disordini, i quali invece di essere armati di bottiglie e coltelli sono armati di
lance e di fucili. Miracolosamente i membri del Npa riescono ripetutamente a evitare
tali scontri. È una battaglia
per la pace svolta giorno dopo
giorno e settimana dopo settimana in cui i volontari inviati
dalla chiesa svolgono pienamente un importante ruolo,
mettendo ogni volta a repentaglio la loro vita. In una particolare occasione a un pastore metodista, il rev. Mvume
Dandala, fu chiesto di assistere due gruppi rivali abitanti in
una stessa residenza al fine di
rappacificarli. Riuscì a convincerli a scaricare la loro aggressività battendosi in una
partita di calcio!
Le chiese del Sud Africa
prendono anche parte a un
programma di educazione alla
democrazia in cui viene spiegato in modo semplice ai 30
milioni di abitanti del paese,
che non hanno mai preso parte a votazioni libere, in che
modo funziona il sistema democratico che permette a tutti
di partecipare. Molti di noi
che viviamo in paesi in cui il
sistema democratico si è affermato ormai da molto tempo lo consideriamo scontato e
dimentichiamo che esso deve
essere continuamente riaffermato e protetto. La Conferenza della Chiesa metodista del
Sud Africa, che si riunirà tra
breve tempo, sarà chiamata a
guardare al di là del 27 aprile
prossimo, discutendo il tema
“Viaggio verso un nuovo paese”. Si dovrà decidere quello
che deve essere fatto per preparare le chiese per i loro
compiti futuri in una nuova
nazione.
Anche alle chiese dei paesi
vicini che partecipano alla
Conferenza verrà chiesto di
discutere questi temi. Inoltre,
in futuro continueranno a
svolgere importanti compiti:
oltre a promupvere la pace, le
chiese si occuperanno dell’
istruzione, del lavoro giovanile, dell’assistenza nei quartieri
più poveri, dell’Aids, della disoccupazione. Le chiese del
Sud Africa sentono anch’esse
di trovarsi di fronte ad una situazione nuova, determinata
dai grandi cambiamenti del
paese».
{Methodist Recorder )
Scene di violenza in Sud Africa: una realtà quotidiana