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NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
ScRunido la verità nell» carità
Kfrs. IV. 14.
Si distribuisce ogni Venerdì. — Per cadun Numero centesimi ÌO. — Per caduna linea d’inserzione centesimi 20.
Coudixioiiì cl*AsMoriazioiie :
Per Torino — Un Anoo L. S. — A domicilio L. « • — Provincie L. A *0.
. 3 &• — • 3 9».
3.
Sci mesi
Tre mesi • t.
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« A«.
Per Francia e Srizzera franco a destinazione, e per ringliilten a {ranco al confine lire » Ai
per un anno, e lire 5 per sei mesi.
Le Associazioni iti ricerono : in Torino ulPCIIlsIo «lei 4^loriiialc, viale del He, nura. SJ.
— A Geiuna, uila i’oppcll» mura di S. Chiara.
Nelle provincie, prcHHo tutti gli Ufficii palali ]}cr niezzodi Vagliaf chc dovranno Ci«Kcre inviati
frauco al Direttore della Hl4»na Novella c non altrinienli.
AU’eRtero, ai aeguenli indirizzi: Londiia, dai aigu. NiHfbctt e C. lihrai. 3i Hornora-atrcet:
Pahhvi^ dallalibreriaC. Mevrucis, rue Tronchel, ì; Njmf.s, dal «ig. Pcyrol-Tinel libraio; Liomk;
dai aigg. Denta et Petil Pierre lihrai, rue Neuve, tS; Ginevra, dal »ig. K. Iknmd libraio
Losa.'vna, dal sig. Delafontaine' libraio.
fSoiiiiiiarlo.
Appendice : Cenni storici sulla Riforma in Italia nel
secolo XVI — Lettera al Direttore del giornale
rOnione — Industrie e maneggi dei Sanfedisti
— Lo Stato romano svelato, V. — Notiaie : Valli
Valdesi, Stati del Papa, Spagna,
LETTERA AL DIRETTORE DEL GIORNALE
VUNIONE
Pregiatimmo signore,
Non stimai opportuno rispondere al vostro
secondo arlicolo intorno alla difesa degli Evangeli del teologo Negri, perch’io riputava il già
detto nel mio primo foglio suflìciente a togliere
ogni dubbio ne’ miei amici, che su tal materia
la lettura delle vostre elucubrazioni avesse per
avventura eccitato. Ma vedendo ncll't/hione di
ieri (17 agosto) che ritornate, signor Direttore,
con nuova forza sullo stesso argomento, reputo
mio dovere di replicar poche cose sopra ambidue i vostri articoli a conforto di coloro che
non dissentono da me nella mia credenza.
Nel vostro secondo articolo pertanto, signor
Direttore, parlate della quasi eguaglianza di
materie narrate dagli Evangelisti Matteo, Marco
e Luca, e con quasi le stesse frasi e sentenze.
Dite che Papia asseri aver Matteo scritto in
■ebraico, che le traduzioni in greco differivano
tra loro, e non s’accordavan col testo ; che non
sì conosce autografo alcuno nè di esso, nè di
altri Evangeli; che gli erelici lo avevano alte
APPENDIGE
CENNI STORICI
DELLA RIFORMA IN ITALIA
NEL SECOLO XVI.
XXXV.
Primo fra gli Italiani a riparare nel suolo dei
Grigioni fu Bartolomeo Maturo, già priore nel
convento dei domenicani a Cremona. « Stanco,
diceva egli, d’ingannare le masse con superstizioni e menzogne, ed abborrente dalle scene orribili del Santo Uffizio, depongo la cocolla ed
abbandono volontariamente l’Italia, per dedicarmi allu diffusione della verilà, dopo d’avere
per lungo tempo propagato l’errore». Dopo varie
peripezie, si ridusse in quella terra ospitale e fu
nominato pastore prima di Vico-Soprano, poi di
rato. Poi passate a mostrare coH’aulorilà di
Ilug, cho gli Evangeli di Marco e di Malleo
sono talmente somiglianti, che sembrano tradotti l’uno dall'altro, ma che pur dilleriscono
in punti di gravo importanza : finalmente che
alcune circostanze, come il sudor del sangue,
e della donna adultera di (ìiovanni, in alcuni
manoscritti si trovano insirite, in allri mancanti ; e ne traete jier con.seguenza cho gl’Evangeli hanno bolTerlo molte variazioni prima
di giungere a noi ; che non sia possibile armonizzarli ; e che non ci danno però che una storia leggendaria, l’oi passate a mostrare che la
storia de'Magi, la fuga in Egitto, In strage degli innocenti, non mentovata dagli storici profani, non concordano colla narrazione di l>uca
sull'infanzia di GesU Crislo, e cho perciò i due
primi capitoli, almeno di Malleo, sono interpolati, 0 che tutto è falso.
Per confutare queste obiezioni, che formano
in complesso tutto ciò cho di squisito poterono
immaginare i Closofi, che sublimando l’umana
ragione ad un grado eccessivo, vollero abbattere lo aberrazioni dell’ autorilà propugnata
dalla Chie.sa papale, vi sarebbe d'uopo d’un
trattato ex-professo, e non d’un articolo di giornale ; pure dirò qualche cosa che vaglia a dissipar la nebbia chegli animi degli incauti potesse
offuscare.
Ed in primo luogo riporterò le stesse parole
di Papia che voi citale in ap(ioggio di alcun
vosiro asserto, allorché fa menzione degl’Evangeli di Marco e di Malleo.— « Giovanni presbitero riferisce le tradftioni ne' suoi libri. —
Quesli diceva che .Marco, interprete di Pietro,
aveva scritte con diligenza quelle cose che avea
Slampa e finalmente diTamliasco, e curò il suo
ministero con zelo ammirabile sino al 1547, epoca
della sua morte.
A lui, nel pastorale uflìiio di Vico-Soprano,
succedeva Pier Paolo Vergerio, il quale abbandonata furtivamente la diocesi di Capo d’Istria,
aveva cercato rifugio a Mantova presso il cardinale Gonzaga; ed espulso da quesla città per
opera di m.r La Casa, erasi recato a Trento colla
speranza di trovar amici e difensori fra ¡vescovi
ch’erano riuniti colà in Concilio. Ma per allontanare daTrento un personaggio tanto abile nelle
controversie e nel maneggio degli alTari, i legati
del papa commisero al nunzio ed al patriarca di
Venezia d’esaminare le accuse che pesavano
sopra di lui. Xon udito e respinto dai padri del
Concilio, Pier Paolo Vergerio dovette limitarsi
a patrocinare la propria causa davanti i magistrati che gli furono assegnati; e ciò fece con
imparalo a memoria ; nò però egli aveva tessuto in ordine quello cho era stato detlo o fallo
dal Signore. Ma era stato qua e là con Pietro,
il quale predicava il Vangelo per utilità degli
uditori, non per formare la storia doi discorsi
del Signore, l’er la qual cosa in nulla pecco
Marco, cho scrisse alcuno cose cosi, como egli
nella sua memoria riteneva. .Matteo pure scrisse
i divini oracoli in lingua ebraica; ciascuno poi
grinterpretò (o tradusse) come potò (inUriìretatu» est autem ut putuil). n - Così l’apia. Ora
6 necessario d’osservare che Giovanni Presbitero era uno degli anziani della Clliesa di Giovanni l’Apobtolo, od ebbo Papia por discepolo
e conoscitore ed interpreto delle sue sentenze.
Laonde diremo rilevarsi con ragiono da quosto
discorso iti qual modo Marco scrisso il suo
Vangelo, o come lo scrissero ancora gli allri
Evangelisti, poichò non ci lasciarono di Crislo
cho brevissime memorie. E quell’osservazione
che ciascuno tradusse l’Evangelio di Matteo
como poti-, si riferi.sco più alla diiTicoltù di tradurrò la lingua ebraica del tempo nel greco
idioma, distantissimo da quella, che alla varietà
dello sentenze e dei fatti. Tutti gli Evangelisti
riferirono ciò che avevano udito e veduto, e
ciò di cui si ricordavano. 11 solo loro scopo era
quello d’istruire e d'edificare. Ogni altra riflessione in contrario è vanità. Anzi è maraviglioso
come scrivendo in tal guisa le loro memorie
siano pure gli Evangelisti armonizzabili tra
loro. N6 per ciò fare alcuni dotti del greco linguaggio trovarono serie difllcoltà, come si va
predicando ; la differenza consistendo più nell’interpretazione di parole, che in fatti. Il chiederne poi gli autografi dopo tanto per.secuzioni
tale accorgimento, che gli riuscì di protrarre il
suo processo per due anni, vivendo in questo
tempo libero e sicuro nella capitale della Veneta
Repubblica. Allora reputando sedato ii furor popolare nella sua diocesi, apparecchiavnsi a tornarvi; ma vi si oppose il nunzio La Casa, il
quale gli ingiunse di recarsi a Koniii, onde purgarsi prima d’ogni accusa, o sentirsi pronunziare
la condanna. Vergerio vide subito la dura alternativa che rimanevagli, di fare cioè ciò chetai
papa aggradiva, con iscapito della sua coscienza,©
di mantenersi fedele alle suo convinzioni e metter
in pericolo la dignità vescovile, e for.ìc la libertà
e la vila. Esitava nella scelta; ma un caso inaspettato conlribui a farlo uscirò da sifl'atla esitanza e spingerlo ad un parlilo decisivo; e fu la
deploranda fine di Francesco Spira.Questochiaro
giureconsulto di Padova, nolo per le sue inclinazioni evangeliche, moriva in una orribile agita-
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sofferte e secoli trascorsi è superfluo ed irragionevole. E quali sono gli autografi dei classici latini o greci che ancor ci rimangono?
Nessuno. Anzi la maggior parte delle opere
classiche si persero del tutto , o ci furono imperfette tramandate. Diocleziano, che alcuno
fra gli attuali pigmei tiranni tenterebbe d’imitare, poneva a morte chiunque una copia del
NuovoTestamento ritenesse. Eppure a di lui
marcio dispetto leggiamo ancora intatti gli oracoli del Signore.
Ancor io convengo, signor Direltore, ehe gli
«'retici in ogni tempo tentarono corrompere gli
Evangeli, e rigettarono quelli che non convenivano afTatto alle loro speciali vedute ; che gli
Emanueiisi pure talvolta lasciassero qualche
passo, od altro apocrifo a loro capriccio ne inscrivessero. Perciò il sudor del sangue, il fatto
della donna adultera di Giovanni, trovansi in
alcuni manoscritti mancanti. Ma le Chiese ortodosse d’occidente, e altre pure orientali consertarono gli Evangeli intatti, rigettando quei
manoscritti difettosi o corrotti, quando nelle
adunanze religioso leggevansi. Ed ammesso
puro che alcuui Evangeli sieno interpolati, cioò
che i due primi capitoli di Matteo non siano
genuini, dovremmo dunque trarre Ila conseguenza che tutti gli Evangeli sono leggende?
Strana logica sarebbe questa, checi porterebbe
a dubilare perfino àcW'Eneide di Virgilio, perché il principio — llle ego qui quondam, etc.
credesi a ragione interpolato. E se un Evangelista raccontava un fatto tralasciato dagli altri,
per queslo si può tacciare di falso? 0 si chiameranno tutli contradditorii fra loro ? Polibio non
racconta il fallo eroico di Attilio Regolo; diremo adunque col critico tedesco che desso
è falso? Non avremmo contro Tito Livio, Cicerone ed Orazio e tutta la romana antichità ? Il
silenzio d’ un autore non distrugge la verità
delle narrazioni degli altri.
In altro caso però io non vedoconiela storia
di Luca .suU’infanzia di G. non possa accordarsi con quella di Matteo, perchè l’tmo racconta [la presentazione al Tempio, il ritiro in
Nazaret, mentre l’altro riferisce la visita dei
Magi, la fuga in Egitto e la strage degli innocenti. Erode fra i suoi sospetli di regno, avendo
veduto che i Magi non eran ritornati da lui,
zione d’animo perchè, atterrito dalle persecuzicnidel Santo Uffizio, aveva abiurato la riforma.
Vergerio fu presente al misero spettacolo della
di lui morte, che gli lasciò tale impressione nell’animo da farlo decidere a smettere ogni idea
di conciliazione col pontefice, abbandonare la
patria e cercare un asilo in terra straniera per
potervi professare pubblicamente e senza pericolo le dottrine die aveva abbracciato. E, non
contento d’aver prodigato pietosi conforti al morente Spira, volle scriverne la storia, dipingerne
<oi più vivi colori la desolazione, riferirne le
ultime ¡parole, gli alti, i sospiri, perchè potessero servire di utile esempio ai deboli, coni’
erano serviti a lui medesimo. F.a notizia dell’esiglio che il Vergerio si impose di sua propria volontà, recò grande stupore e nel paese
dal quale usciva e in quello che sceglieva per suo
lifugio.l Grigioni conoscendo il grande acquisto
concepì l’idea d’uccidere ad ogni costo il bambino sospetto, credendolo dimorante in Betlem,
e perciò spedi i suoi sgherri a far la strage dei
fanciulli da due anni in giìi. Ciò eseguivasi
mentre Giuseppe e Maria coH’infanto viaggiavano per l’Egitto. Alcuno storico profano non
ci racconta questo fatto se non nei secoli posteriori, come Macrobio e Suida, forse perchè
le storie contemporanee sono mancanti; poiché
cinque anni prima, e cinque anni dopo la nascita di Cristo delle storio di Dione Cassio perirono, e quplle degli ahbreviatori sono troppo
ristrette per raccontare minuti avvenimenti.
Gioseffo pure, lo storico giudeo, lo tace, perché
forse non giunse a sua cognizione questa crudeltà di Erode, fra lo tante ed enormissime da
quel tiranno commesse; trattandosi di esecuzione segreta di sanguinosi sicari e di un piccol villaggio come quello di Betlem. Avvi un
inglese scrittore che ricercò tal materia con
somma industria, il quale non fa giungere il
numero degli uccisi che a nove o dieci. Ma
pure il Talmud, libro notissimo fra gli Ebrei,
riferisce la nascita di G. C., la sua fuga in
Egitto, e molti de’ suoi miracoli, sebbene gli
attribuisca al dirilto acquisito nel pronunziare
l’ineffabile nome di Dio, che dicevano avesse
Crislo rubalo dal tempio, o per allri incantesimi
imparati dai maghi egiziani. E Celso, che sulla
fine del secondo secolo pretese di confutare il
cristianesimo, riferisco la concezione della Vergine, l’apparizione dell’angelo per ordinare la
fuga in Egitto, la stella alla venuta dei Magi,
la strage degli innocenti, ecc. con intenzione
bene inteso di confatar lutto questo; 'ma ciò
chiaramente dimostra aver egli letto l'Evange
lio di Matteo come ora noi lo leggiamo. Celso
non tacciò mai la storia di falso, sebbene abbia
accusalo i Marcioniti, i V'alentiniani eretici come alteranti il Vangelo, convincendoli di falsità. Ma la storia evangelica è del tutto consentanea colla profana nelle piìi minute particolarità; poichò essa ci dice che Giuseppe ritornando
daH’Egitto temè di Archelao, che in latti per
ordino d’Augusto era succeduto al padre nel
comando della Giudea.
Nel vostro 3°arlicolo,s\g. Direltore,malmenate
le tradizioni, e non a torto, ma come se io avessi allo medesime appoggiato argomento di
alcunasorta. Su tal proposito vi farò osservare,
che per tradizione da me s’intende un racconto
0 diceria qualunque, tramandatasi oralmente di
secolo in secolo, e poscia raccolta e scritta da
qualche autore di nome. E questa tradizione
acquista uua certa autorità da che fu periscritto
tramandata. Ma io nella mia prima risposta non
feci appello nò all’una né all’altra, cioò nè alla
orale, nè alla scritta ; perchè questi son sempre fonti impuri, cui gli Evangelici non sogliono
attingere. Dissi però provarsi l’autenticità e la
genuinità degli ^>angeli per argomenti intrinseci ed estrinseci, e che parte di quest’uitimi
si ricavavano dalla storia. E per dir qualche
cosa pure su questo terzo vostro articolo, vi
farò osservare, sig. Direltore, che non è vero,
come asserite, trovarsi alla venuta del Messia
la società ebraica in uno stato incolto e semibarbaro. La filosofia greca aveva posto in Palestina profonde radici, essendo gli Ebrei tutti
divisi in sètto filosofiche discordanti fra loro ;
nè alcun popolo mai pose tanta cura nell’istruzione della gioventù quanto l’Ebraico. La classe
dei Leviti numerosissima raggiravnsi nel tempio e nelle sinagoghe per l’istruzion popolare;
nè il culto di un solo Dio avrebbe potuto mantenersi intatto fra s\ grande idolatria, se la ragione non avesse mantenuto l’impero sulle umane passioni. Gli Ebrei studiavano la Bibbia
per conoscere la legge e i fasti loro ; e leggevano i libri apocrifi per edificazione. Nè vi è
molto da maravigliarsi, se in Paolo si trova una
citazione dal libro di Enoc, o se nell’Epistola
di Giuda trovasene un’altra d’ignoto apocrifo.
£ siccome uou avvi libro seuza qualche buona
sentenza, così citandola por corroborare un’opinione qualunque non sembra nè stranezza nè
difetto anche in un sacro scrittore. Tutti quei
capi-sella, o fondatori di scuole filosoficocristiane i quali sorsero fino dai tempi della
Chiesa aposlolica, ci rivelano il grado eminente
cui lo studio della filosofia orientale pur anco
■ era giunto di mezzo agli Ebrei. E Filoneil principe dei filosofi d'Alessandria non fu ad alcuno
dei suoi tempi inferiore nè per sapienza nè per
virili. Testimone siane queirambasciata intrapresa presso Caligola per ¡scusare i suo¡ corre
¡¡^¡onari, se non gU avevano innalzato altari,
come il resto dogliuomin¡ inviliti e conculcati.
che in esso faceva la loro Chiesa, non tardarono
a dargli belle pruove d’onoranza e di fiducia. E
veramente la maestà del suo portamento, il bello
aspetto, la faina dì grande oratore e diplomatico,
e la memoria dell’alte cariche da lui prima occupate nella gerarchia cattolica, e di cui s’era
spogliato per seguire la causa evangelica ,
tutto ciò reiidevalo oggetto d’ammirazione ed
ossequio agli occb¡ delle moltitudini, le quali
accorrevano sin da’ borghi e villaggi per vederlo
e udirlo. La sua eloquenza operava prodigi. A
Poiresina bastò una sua predica perchè la popolazione dichiarasse abolita la messa ed al posto
del ministro cattolico chiamasse un pastore evangelico. A Casaccia, predicando nella chiesa di
San Gaudenzio contro il culto delle immagini,
ne fece un quadro così vivo e tanto simile alla
pagana idolatria, e le sue parole erano inspirate
da tale Indegnazione contro ¡1 pervcrtiraenlo delle
evangeliche dottrine, che gli uditor¡, trasportali
dal torrente della sua eloquenza, infiammati dal
siJo ¡nfocato l¡nguagg¡o, slanc¡arons¡ d’un colpo
coniro le statue ch’erano in chiesa, e rovesciandole a terra, proclamarono l’adorazione di Dio
in ispirito e verità, e da quell’ora si aggregarono
alla Chiesa riformata. Lo stesso fallo, poco dopo,
accadeva a Samada. I qunfi successi, nell’atto
che arricchivano d¡ nuovi proseliti la causa della
Riforma, acquistavano aU’inslancabilc apostolo
celebrità e pubblico affetto.
Giulio 111, per riguadagnare alla sua chiesa un
si fiero e temuto nemico, incaricò (jirolamo
Franco, suo nunzio in Isvizzera, di tentarlo con
ogni sorta di lusinghe e proraesse. Ma queste
mene pontificie non servirono che a raddoppiare
lo zelo e l’operosità del Vergerio nell’apostolato
evangelico, e somminislrargli nuove armi per
combattere il papato. Etl è singolare che un ve-
3
E vero che gli Apostoli furono presi dalla bassa
classe dei pescatori. Ma dopO awr ricevulo la
istruzione per tre anni almeno del divino Maestro pariante con autorità, cioè con eloquenza
persuasiva irresistibile, e dopo essere stati illuminati dal suo Spirito, furono capaci di scrivere quelle lettere ecumeniche, vivo esempio
della loro ispirata sapienza. I libri apocrifi invece di formare argomento contro i libri ispirati ci somministrano anzi una prova della loro
autenticità. Per quanto artifizio sia stato usato
nel comporli, pure vi si mostrano massime e
fatti narrati contradittori ; non date o narrazioni
consonanti colla profana istoria sia nel generale
che nel dettaglio, non armonia nelle parti, non
morale esatta, non costumi ed abiti del tempo,
che pretendono rappresentare. Non così coi
libri santi, la sapienza dei quali è così trascendentale, che eccetto le veriti't necessarie alla
salvazione, difficilmente comprendesi dagl’intelletti volgari, o curiosi, o dai sapienti del secolo. Quanto non sono profondi i pensamenti
e teologici emoralicontenuti nell’epistola ai Romani, e l’altra agli Ebrei, scritte da quel Paolo
che voi, signor Direttore, vorreste far comparire ignorante della profana letteratura ! Egli
cita nei suoi scritti almeno quattro volte i poeti
greci come per incidenza. E scrivendo dei Cretesi (Tit. I, 12) trascrisse un verso d’un poeta
greco , onde categoricamente stigmatizzarli.
.Nemmeno gli altri .scrittori de’libri santi erano
rosi ignari delle lettere come voi credete. Luca
era medico, però studioso c seguace d’Ippocrate, « Giovanni nella sua Apocalisse si mo•strò sublimc'poeta quanto altri mai. Prescindendo dal suo carattere profetico, l’Apocalisse
è un saggio della piìi alta epopeia. Forse diremo che la primitiva Chiesa Apostolica era
solo composta delle basse classi del popolo, e
per lo piìi d’idioti ? No certamente. Tali non erano nò il Centurione Cornelio , Sergio Paolo
governatore di Cipro, Nicodemo, Gamaliele,
e tanti altri seguaci di Cristo, che vivevano
persino in Roma alla corte imperiale. E se aveste fatto attenzione, signor Direttore, all’alta
Provvidenza che vegliò sulla Chie.sa di Cristo
ne’suoi primordi, avreste veduto cho l’apostolo
Giovanni scrisse il suo Vangelo all’età di 97
anni, e la sua rivelazione verso la fine del re
scovo e nunzio della sede aposlolica, dopo
avere preso parte alla convocazione del Conci
lio di Trento impedito che icattolicie protestanti
della Svizzera v’inviassero deputati; ed è fama
che sia paranco riuscito a far richiamare quello
che la citlà di Coira vi avea di già invialo. Non
v’ha dubbio che Vergerio secondava in queslo gli
sforzi deirambascialore francese ; ma è strano
che il cristianissimo Enrico 11 accettasse l’opera
di un pastore protestanle, cui avrebbe fatto
senza meno abbruciare se lo avesse avuto fra
le mani.
Nè a ciò solo restringevasi la guerra che il
Vergerio movea dalla terra deU’esiiio contro il
romanesimo; non re.slringevasi nemmeno alia
predicazione cbe, giusta quanto abbiam detto,
esercitava con tanlo danno della Chiesa romana
a profitto della causa evangelica; ma, pieno
com’era di erudizione e di dottrina, versato nelle
gno di Domiziano. Egli co’ suoi scritti, colla
sua autorità tenne salda la fede nelle Chiese di
Oriento e d’Occidente: e tosto dopo lui Giovanni presbitero, Tgnazio e Policarpo in Asia, e
Ireneo vescovo di Lione in Occidente, furono
le colonne che niantenner salda la Chiesa di
Cristo nella sua ortodossia. E quando im libro
storico qualunque non <• in contradizione cogli
scrittori contemporanei, nè dai medesimi avversato; quando impone i suoi principii, lesue
dottrino ad una gran parte della società cui
vengono annunziale ; quando queslo dottrine
sono di lale importanza o di tal perfezione, cui
non mai l’ij>gegno nmano nè prima, nè poi
seppe pervenire; e quando gli scrittori di questo libro, lungi dallo sperare celebrità e vantaggi, non avevano in prospettiva cho sagrifizi,
persecuzioni o morte ; uopo è confessare che il
libro fu scritto ¡)er solo amore di verilà, e per
ardente desiderio d’essere utile altrui; o che
però ha pieno diritto alla credenza degli uomini. Tale, signor Direttore, è il libro degli
Evangeli.
E se lali verità potessero penetrare nel sapiente animo ili lei, compiti sarebbero i desideri dei buoni credenti.
U:t Evangelico.
\mm\l E M.^NEGGI DEI SA^FEDISTI
fContinìi azione)
NeU'ultimo articolo sui maneggi dei Sanfedigti
ci limitammo a considerar^ dal lato generale
soltanto le dottrine che le Società sanfediste
vanno disseminando per tutto: ora cominceremo
ad esaminarle a parte a parte per disinganno di
quelli a cui potrebbero cader nelle mani le Leiture Cattoliche. La prima cosa che per l’ordinario
mettono avanti è la Chiesa, e cantano sempre che
i Protestanti son fuori della vera Chiesa, che le
Chiese dei Protestanti son tutte false, e a quella
del Papa soltanto conviene Tesser una, santa,
cattolica ed apostolica. Cominciamo dunque a
parlar della Chiesa.
Per Chiesa noi intendiamo la congregazione
dei fedeli credenti alla parola di Dio registrata
nelle divine Scritture, jparsi su tulta la superficie della terra, aventi G. C. per unico loro
capo, e uniti fra loro coi vincoli della fede, a
controversie, a parte di vari segreti della curia
di Roma, facile nel dettare, e quel ch’è più, dotalo di molta grazia e brio nello scrivere da farsi
leggere con piacere, adoperò la potente arma
della stampa ed inondò il mondo callolico e protestante di libercoli storici e drammatici e lelterarii, esposti per lo più in forma satirica, onde
coniballere col ragionamento, coi falli e col ridicolo le superstizioni, le false dottrine, le usurpazioni ed i vizi del clero. E perchè codesti libercoli potessero circolare più facilmente ed
essere introdolli dovunque, non ostante la lincea
vigilanza dei satelliti jionlifìcii, pubblicavali in
piccolo formato, ma continui e numerosi a segno
che, raccolti poscia, formavano tre grossi volumi
in-quarto.
Quello poi che più stupisce in Vergerio è la
moltitudine e varietà di cure alle quali sapeva
attendere nel medesimo tempo, predicando, scri
della carilà, e in questo senso pastori e gregge,
direttori e iliretti nou formano cho una sola
Chiesa, senza veruna distinzione di privilegi, di
prerogative, o di casta. Questa è la Chiesa cristiana nel senso dei Protestanti. Vediamo ora
cosa sia la Chiesa nel senso dei Konianisti. Il
gesuita Perrone, famoso per la sua bile contro
i Protestanti, ecco iu qual maniera delinisce la
Chiesa ; « Per Chiesa di Cristo noi intendiamo
« quella Società che G. C. istituì nirinch«- conser« vasse il deposito della dottrina celestc da lui
« portata in terra , e fosse nel tempo istesso or« gano e mezzo, per cui essa dottrina si conser« vasse intiera, e si propagasse». (Traci, de locit
Theolog., pars 1. sect. prior.) A dirla candidamente in queste parole, che abbiamo fedelmente
tradotte dal latino, ci pare di vedprvi piuttosto
definita la Società istituita da Ignazio di Lojola
0 tutt'al più la nasta clericale, che la Chieda di
Cristo. Qual’è difutto nel senso romano quella
Società incaricata di conservare il deposito della
fetlc, che secondo il Perrone costituisce la Chiesa? Non !• per fermo il cor])o dei semplici fedeli.
1 quali non hanno avuta mai alcuna parto nelle
delinizioni dogmatiche ; non è per certo quella
ch’essi chiamano Chiesa credente , ossia Chiesa
insognata, alla quale soltanto appartiene ricevere
non venerazione e rispetto le definizioni dolla
Chiesa insegnante; dunque secondo la gesuitica
delinizione, il popolo ed i |laici, benché d'ordinario abbiano più fede, e più spirito cristiano
che i loro pastori, non sono considerati como
membri della Chiesa di Cristo, In fatti costoro a
qualunque ceto appartengano vengono chiamati
non già membri, ma figli della Chieta-, ed anche
tra questi figli non vi è eguaglianza, purché taluni si dicono i figli primogeniti, e sono quei
sovrani che colle lor baionette concorrono a «o
stenere il cariato trono del vaticano. Figli secondogeniti sono quei baroni, marchesi e principi secondarii, quei nobili parrucconi, che colle
loro ricchezze, e colla loro influenza concorrono
al medesimo scopo, a nessuno però si dà il titolo
di membro della Chiesa se non appartiene alla
casta clericale. Dunque secondo la teologia romana, quella ch’essi chiamano la Santa Madre
Chieta è la società dei tonsurati. Io li dico questo
lettor mio caro perchè così scrivono nei loro libri, ma anche questo si prova esser falso e bisogna restringere ad una sola persona, cioè al
Papa, quella gran parolona la Santa Madre Chieta.
Vuoi tu vederlo? Metti da una parte tutti i cardinali, arcivescovi, vescovi, preti, frati, e tutta
la mandra dei chercuti, metti dall’altra parte il
vendo, visitando chiese e villaggi, componendo
le scissure fra i protestanti, attraversando le mene
cattoliche, le quali, suscitando la fanatica e mal
consigliala plebaglia, faceanla trascorrere a torbidi e sediziosi allentati contro le autorità civili,
cui si faceva un delitto di manienere la libertà
di coscienza e d’accordare asilo agli esuli italiani.
Fallile le seduzioni, e sperimenlate inutili le
cabale, le calunnie e le minaccio usate contro
Vergerio, la curia romana commetteva a tre sicarii d’assassinarlo. Nelle opere di questo luminare della Hiforma trovasi un’epistola a F. Retti,
dove si narra per fdo e per segno la storia del
criminoso altenlalo — macchia eterna e indelebile di quella curia — e il modo veramente prodigioso com’egli no usci salvo. Pier Paolo Vergerlo mori a Tubinga nel 4 ottobre 1505, e la
sua spoglia ebbe splendidi esequie e tomba onorevole. (Contìnua).
4
solo papa, quindi domanda al reverendo Perrone
se le decisioni di tutto il clero coutro il voler
del Papa abbiano alcun valore, tu lo vedrai contorcersi, ma al fine risponderà di no. Domandagli ancora se la decision del papa contraria alla
opinion di tutto il clero, sia autorevole e obbligatoria per tutti, ed egli suo malgrado ti risponderà di sì; dunque concludi che la Santa Madre
Chiesa è il papa, e non altri che il papa. Esso è
l’ispirato, e lo Spirito Santo non conosce altri
nel mondo fuori di lui, esso fabbricai dogmi, ed
a capriccio U definisce, e gli altri tutti non possono fare altro che dire amen. Così hanno operato sempre i papi fino a Pio IX ; ma costui accomodandosi più al gusto del secolo , e npn
ricevendo più nè risposte, nè oracoli dal tripode,
è stato il primo a mettere i dogmi di fede al ballottaggio. Era pur felice questa Santa Madre
Chiesa quando tutto il mondo genuflesso e riverente accoglieva come oracoli le sue decisioni,
quando esercitava sulla società un potere illimitato, quando disponeva a suo talento dei regni e dei re, e vedeva i più potenti (imperatori
tenergli le stafi'e, e le briglie del cavallo. Quelli
erano veramente secoli d’oro per la Santa Madre
Chiesa , secoli che non torneran forse mai più.
Ecco, lettor mio caro, che cosa è quella Chiesa
che si vanta depositaria della dottrina non meno
che delle promesse di Cristo, e che anatematizza
ogni altra Chiesa come eretica e scismatica. Vedremo in seguito se ad essa convengano esclusivamente le doti e le proprietà della vera Chiesa
cristiana.
[Continua).
LO STATO ROMANO SVELATO
V.
L'ateismo è a Roma
il frutto del sistema pontificale.
c Può ella mai uaa religione insegnata così
(colla violenza) parlare ai cuori ed aprire le coscienze? L’incredulità è inevitabile ne’ paesi cattolici romani, ma l’ateismo è la parte che spetta
agli Stati papali, in ordine alla classe elevata.
Kiconoscere un Dio è per essa una grande concessione; la religione imposta è riguardata, con
ragione, come un mezzo d’abbrutimento, come
uno stratagemma per carpire danaro, come un
mestiere, una bottega; e i preti, come abili ciarlatani, gesticolatori, istrioni; e in vero, ciò che
v’ha di più sacro e di più rispettabile è trascinato nel fango. Con tali sentimenti molti romani
(più o meno dipendenti dalle Autorità) si trovano
obbligati di fingersi devoti esteriormente; di entrare nelle chiese, di baciare le casse dei santi,
dii girare in processione, di dare ai monaci danaro, infine, coll’ira nel petto , di genuflettersi
nei confessionali ai piedi dei preti ohe abborrono ».
IV o 'X' X ae X je:
Valli Valdesi. — FesU religiosa. — La festa
«uU’Alpe Valdese annunziata per il di 15 di questo mese, è riuscita come le precedenti commoventissima per ogni verso : concorso immenso
di popolo, tempo magnifico , veduta fra le più
belle che possansi offrire allo sguardo, soavi
melodie, fervide preghiere, discorsi e rapporti
interessantissimi,santaesultanza che leggevasi in
tutti i visi, nulla mancò a rendere Jquanto pre
ziosa altrettanto durevole la memoria di sì bella
giornata. Fra gli oratori che maggiormente sì '
cattivarono l’attenzione della numerosa adunanza
dobbiam dare il posto d’onore ai reverendi Bert
e Appia, referendo il primo sullo stato delle
Chiese evangeliche italiane dei Grigioni da lui
testé visitate unitamente al suo collega, signor
Meille, ed il secondo sullo stato temporale e spirituale dei numerosi Valdesi sparsi nelle varie
città del mezzodì della Francia, e che era stato
incombenzato daH’ultimo sinodo di visitare. Dal
reverendo Strauss di Berlino furono partecipati
dettagli interessantissimi sulla condizione religiosa dell* sua patria, e sui progressi dell’Evangelio nell'Oriente da lui testé visitato.
Altri oratori vennero dopo, i quali insistettero
in modo singolare sugli obblighi che impongono
alla famiglia valdese la gloriosa sua discendenza,
esortando gli astanti ad assumerli coraggiosamente ed a non trarsi indietro dall’opera da Dio
cosi evidentemente affidatale. ,Un fatto che per
la prima volta producevasi, e dal quale noi ci
auguriamo molto bene m avvenire, si fu la distribuzione, in occasionedellafesta, divarii premi
che una caritatevole signora inglese, miss Robers, ebbe l’ottima idea di fondare a prò di varie categorie di persone povere in ogni parrocchia; uno dei quali a prò della donna che terrebbe in miglior ordine la di lei casa, un altro
per il giardinetto meglio coltivato, un terzo per
quella ragazza che avrebbe confezionato la più
bella camicia, o il più bel paio di guanti, ecc. —
Fra i forestieri che anche in quest’anno onorarono tal festa colla loro presenza fu notato il
signor di Bunsen segretario della legazione di
Prussia a Torino, figlio del celebre scrittore e
diplomatico di questo nome , ed amico affezionatissimo alla popolazione ¡valdese. La seduta
durò con brevissima interruzioue dalle nove del
mattino alle 3 lj2 pomeridiane, e venne sciolta
col canto dell’ultimo versetto del TeDeum. In im
batter d’occhio la vetta del monte, cosi popolata
un momento prima, era ridiventata deserta; e
rigurgitavano i viottoli tutti della montagna di
gente, con faccia allegra, riconducendosi ai propri focolari, e benedicendo nell’intimo del cuore
a Dio che aveva loro concesso di passare uua
giornata oltre ogni dire gradita su quelle stesse
vette in altri tempi testimoni di tante e cosi orrende stragi. Possano tai sentimenti non essere
perituri, e le impressioni ricevute concorrere
vieppiù allo sviluppo della vita religiosa in sen^
alla Chiesa Valdese, e per essa in seno alle nostre popolazioni , immerse ancora in tante tenebre o in balia alla più spaventevole incredulità.
Stati del papa. — Ratto d’Israelite eseguito
da nn vescovo. — I giornali politici del nostro
Stato hanno riferito qualche di fa la seguente
corrispondenza da Ascoli;
€ In questa città‘vi sono degli Ebrei. Uno di
questi, Giuseppe Salomoni, é negoziante ed ha
due figlie. Uu bel giorno queste due giovani
fuggirono dalla casa paterna. Il vescovo della
diocesi, monsignor Belgrado, lo stesso che era
già nunzio a La Haye, le aspettava colla sua
carrozza, in un luogo designato. Appena giunte
costi, le giovani salirono in carrozza e furono
condotte al convento della Concezione.
« Dieci giorni dopo , un’aJtra giovane ebrea
seguiva l’esempio di queste due, e nella realizzazione del suo progetto era aiutata da un gesuita, il padre ilardinghi. Invano i desolati genitori di queste giovani le hanno essi reclamate.
Non poterono nemmeno ottenere licenza di vederle, di avere un abboccamento con esse in un
convento. Il delegato ed il vescovo furono inesorabili. Notate che queste giovani sono minori.
Ecco come si rispettano da noi le leggi più elementari d’ogni società civile.
c Pare che queste ragazze fossero amate da
,tre giovani d’Ascoli , e che i genitori facessero
'ostacolo al loro matrimonio. Il vescovo si prestò
icon compiacenza ad aiutarle a lasciar la casa paiterna. E un rapimento di minori commesso dalla
prima autorità ecclesiastica della diocesi. Le giovani sono sempre in un convento. Si dice che
esse saranno battezzate il 15 agosto, giorno delTAssunzione ».
Spagna. — Diffasione di libri evangelici. — Per la
prima volta, dopo secoli, la penisola spagnuola
vede circolare scritti evangelici , stampati nel
paese ed in lingua spagnuola: la LuciVa di Adolfo
Monod, la Tradixione del De Sanctis, e molti
altri trattati vennero in luce. Quegli uomini poi
che fino al presente riuscirono a tener soffocata
la libertà del pensiero, mandano grida lamentevoli e d’allarme, come ognuno è in caso di
giudicare dai seguenti estratti di una lettera
scritta dalla diocesi d’Avila al giornale la Speranza.
« Non possiamo essere che ripieni d’orrore,
contemplando gli immensi tesori e considerevoli mezzi coll’aiuto de’ quali l’insaziabile Protestantismo ha propagato l’errore e cagionatala
dannazione delle anime per migliaia di Bibbie
che ha diffuse nel mondo ; ma il nostro sdegno
deve raddoppiare alloraquando vediamo ch'egli
ora può alzare la di lui spaventevole testa di
Gorgona nella terra classica del cattolicismo.
Ancora un istante d’incuria per parte di coloro
nelle mani dei quali riposano i destini della nazione, e noi siamo perduti : Modicum tempus et
non videbitit me. L'immoralità e l'eresia non possono esser tenute in freno che dalla mano vigorosa dei re e dei governi, che non dovranno portare inutilmente il glorioso titolo di cattolici, e
senza 1« protezione dei quali la Chiesa é impotente ad estirpare la zizzania che semina il nemico ».
Ecco in qual modo è apprezzata la Lucila :
c- Il titolo del libro di Adolfo Monod è Lucila
o la Lettura della Bibbia ; consiste in due dialoghi fra un prete cattolico, un incredulo ed una
dama indifferente in materia di religione, e conchiude con una serie di quindici lettere. Sino
alla trentesima pagina tutto va bene, perchè l’a,bate Favien difende l’ispirazione e la divinità
della Bibbia, e la di lei interpretazione esclusiva
a mezzo della Chiesa, come la sola guida sicura
pel fedele, con argomenti tratti dalla ragione,
dalla tradizione e dalle Sante Scritture. Ma dalla
lettera V in poi, tutto è orribile e spaventevole
'come i mostri di Virgilio. Il protestantismo si
dimena a guisa di furia ed oltraggia per ogni
sorta di sofismi e di bestemmie la sposa di Cristo. L’autore va fino ad affermare che una vecchierella ha il diritto d’opporsi, colla Bibbia aila
mano, ad un intero Concilio ».
Quei cattolici romani che non conoscono la
Lucila, legganla e giudichino, se non hanno rinunziato al ben dell’intelletto che Iddio loro concesse.
«iroü.io Domenica gerente.