1
ECO
DELLE miXI VALDESI
Spett.
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PELLICE
(Torino)
S e 11 i m a n a 1 e
della Chiesa Valdese
Anno xriv - N. 49 1 Eco: L. 2.000 per l’interno 1 Spedizione in abbonamento postale . I Gruppo 1 TORRE PELLK E. 11 dicembre 1964
Una copia Lire 4 « ABBONAMENTI 1 L. 2.800 per l’estero 1 Cambio di indirizzo Lir” SO | Ammin. Claudiana Torre FelUce ■ L.CJ'. 2-17557 —
Ifilli avvento ■ 3
Nel Signore che è vicino
Filippesi 4, 4-9
A dispetto dei fautori dello scrivere laido e affastellato, qui l’apostolo con minuta cura sceglie, dispone vocaboli, ed elabora l’architettura del suo discorso. Peccato che, letto e riletto il brano, si resti
in quello stato d’animo malcerto che spesso s’ha per il primo della
classe. (E che Paolo da Tarso si proponga, senza inibizioni e falsa
modestia, come il primo della classe, sembra fuori dubbio: « le cose
che avete imparate, ricevute, udite da me e vedute in me, fatele »!).
Egli aveva la ventura d’appartenere, mi sembra, alla schiatta di
que’ primi della classe un po’ bozzoni, disposti a ’evidenziare’ qualità
e meriti propri, ma anche a pagare generosamente di persona; e doveva spesso lasciarsi governare da uno di quei caratterini che finiscono col fomentare malumori e impennate e inquietudini nel prossimo
meglio intenzionato. A questo punto, è bene tornare alla sua prosa
elaborata.
Ecco i versetti 4-7 che indicano ai credenti quali sono i sentimenli. lo stato d’animo di fondo che devono primeggiare: la letizia
e la mansuetudine, alimentate da una fidente preghiera assidua. Ecco
i versetti 8-9 che ricordano quali « cose » si propongono ogni giorno,
per loro intrinseco valore e per utile spirituale, all’esercizio della
fede. V’è dunque nel testo un sovrapporsi, più che un seguito, di due
momenti vitali; quello per il quale la creatura (a nel Signore », « in
Cristo Gesù ») stabilizza la propria vita intima secondo delle costanti;
e l’altro, vólto ad una percezione pratica e coerente, delle « cose »
da farsi.
Avrete notato come ognuno dei due motivi si chiude con un annunzio di pace, con una curiosa inversione di termini: « la pace di
Dio » e « l’Iddio della pace ». Ma se la prima volta l’apostolo scrive
che questa pace « guarderà » i cuori (rallegrati dall’Evangelo) ed i
pensieri (mansueti per l’Evangelo ricevuto), la seconda promette che
nelToperare«: tutte le cose » suggerite da pensieri evangelici i credenti non saranno abbandonati: « l’Iddio della pace sarà con voi ».
Veramente, quando l’esatta parola è messa al giusto posto, la frase
acquista una pienezza, una risuonanza che non sospettavamo! Ma resta però quella insoddisfazione, la sospensione di giudizio ch’è naturale davanti a un elaborato che sembra incapace di commuoverci e di
convincerci.
Ein quando ci accorgiamo d’avere tralasciato un particolare,
l’unico elemento che non lega, non ha nessi palesi con questa o quella parte del brano in lettura: « il Signore è vicino », dice.
V’è un nostro modo di essere, di affidarci, per cui « nel Signore »,
6 in Cristo Gesù », abbiamo cuore e mente: v’è un Suo modo di essere, per cui Egli « è vicino ». Sembra quasi che, mentre a noi non è
data che l’occasione d’esistere trasferendo in Lui i sentimenti ed i
pensieri. Egli resti pure tanto staccato dalle sue creature da stabilire
un’attesa. Questa attesa, in rapporto a quella veterotestamentaria, è
per noi il secondo tempo di avvento; è una prospettiva che, osservavo, non combina granché con l’elaborata prosa paolinica, ma ha la
forza di distruggere l’armonia arte-fatta, indigesta, di un testo cosi
bello per scaraventarci nella fornace apocalittica del nostro tempo.
« Il Signore è vicino »: solo per questo possiamo riecheggiare il passo
delle sollecitudini ansiose e guardare ai gigli della campagna, agli
uccelli del cielo. «Il Signore è vicino»: per questo solo possiamo
sorridere, nonostante tutto, quasi pregustando la pienezza della sua
manifestazione, la piena redenzione. «Il Signore è vicino»: possiamo solo per questo credere che i mansueti crederanno la terra, e i apire la straordinaria forza che emana da un uomo mite.
Occorre continuare? Tutte le cose hanno significato e valore solo
se riferite aH’avvento, a questa presenza totale di Cristo; e ormai
sembra proprio disutile che noi andiamo spaziando sulla venuta avvenuta’ quando ogni giorno siamo più vicini al secondo avvento. j\on
dà forse il Signore, a noi che per fede siamo in Lui, un tempo come
questo perchè ci ricordiamo che Egli « è vicino »? non dobbiamo
forse scompaginare i nostri bei temi natalizi, nella percezione d un
avvento dalla imminente conclusione? Certo, noi siamo nella gioia
mite dell’orante che tutto ripone in Gesù, noi siamo in pensieri per
tante cose vere, onorevoli, giuste, etc. ; ma tutto questo pere le i i omani è Suo. Luca
IN MARGINE AD UN VIAGGIO
RECLAMIZZATO
La tentazione della miscela religiosa
Il carattere plateale che avevamo deplorato in altri ’’pellegri
naggi'’ pontifici^ e in particolare in quello in Palestina quasi un
anno fa. si è puntualmente ripresentato per il viaggio a Bombay di
Paolo VI. alla partenza e all'arrivo, nelle tappe e nel soggiorno indiano. Non ci fermeremo su questo lato, che pure è lo scopo primo
e pili ampio di tale viaggio di prestigio. Fra propaganda e testimo
nianza c'è un abisso che solo la fede nel Cristo biblico, venuto "non
in modo da attirare gli sguardi", distingue chiaramente. La coscienza che nessuna chiesa è al riparo da questa tentazione di "trionfalismo" non ci impedisce di pronunciare il nostro "no" e il nostro
giudizio più reciso su manifestazioni del genere.
Il carattere politico di questo viaggio è anch'esso trasparente,
e colora di una luce un po' equivoca la scelta stessa dell'India per
la celebrazione del Congresso eucaristico, scelta che avrebbe anche
potato essere lungimirante e coraggiosa quale luogo di confronto
con una civiltà e una religiosità antichissime e, per certi aspetti,
profondamente evolute. Ma oggi l'India è, essenzialmente, il bastione anticinese. E nella profluvie di saluti e di lodi reciproche, si è
dimenticalo che, se la costituzione federale indiana riconosce piena
libertà di coscienza, in parecchi Stati vi sono state non poche occasioni di attrito per motivi religiosi. Per blandire, poi, il broncio del
corrucciato Portogallo, che non ha ancora inghiottito il boccone amaro della perdita di Goa e dipendenze, ecco ü Legato pontificio, card.
Agagianian, spedilo a Goa a venerare le sacre reliquie di s. Francesco Xavier, LapostoLo portoghese. Sintomatica pure la tappa medio
orientale a Beiroiith, nel Libano, "occidentale" cuscinetto — e quinta colonna - fra le tensioni arabo-israeliane ¡c/ie hanno avuto così
forti riflessi anche nell'aula conciliare vaticana. Ci si obietterà forse
che interpretiamo ogni cosa in chiave malevola. In effetti, deploriamo la diplomazia ecclesiastica (conosciamo pochi fenomeni così secolarizzati"!), e siamo convinti che ¡essa soffoca e frascina le iniziative meglio intenzionate, piegandole alle proprie leggi.
Ma il gesto plateale e lo stesso più riposto movente politico non
costituiscono per noi il cuore del dissenso, che è invece, una volta
ancora, di ordine teologico. La ricerca di prestigio e di favore, il
perseguimento accortissimo di una lungimirante politica (partigiano), possono anche spiegarsi e accettarsi, se i presupposti che li
muovono sono giusti o comunque accettabili^ ma proprio questi
presupposti ci trovano dissenzienti.
La tentazione del sincretismo (miscuglio) religioso ¡è presente in
ogni chiesa e in ogni predicazione cristiana; ma vi resta allo stato
di "peccato", teologicamente riprovevole e riprovato. Nella Chiesa
romana, invece, tale tì^tazione ha in qualche modo ottenuto pieno
diritto di cittadinanza, e anzi giustificazione teologica che, 'se risale
indietro nei secoli, neppure nel clima attuale di rinnovamento biblico è mai stata smentita nè nelle formulazioni dogmatiche ne nei
fatti della vita ecclesiastica: il Cattolicesimo, nella sua storia e oggi
più che mai, indulge a fondere in una sintesi "cristiana" elemetui
religiosi e culturali ambientali, non di rado totalmente estranei alVEvangelo. e lo fa sulla base della convinzione di una certa conti
nuità fra la natura e la grazia, fra la coscienza umana e la rivelazione di Dio; sicché, sebbene la rivelazione cristiana, cattolicamente
interpretata, sia necessaria alla piena conoscenza della verità — e La
vita cristiana, cattolicamente vissuta, al pieno possesso della salvezza
— questa verità (e questa grazia) è però presente in forma embrionale nella coscienza dell'uomo retto, nell iianima riaturaliter Christiana ». [Tra parentesi, c'è da chiedersi se tutto l ecumenismo roma^
no "istituzionale" non abbia questo movente teologico fondamentale; e infatti esso accomuna volentieri i non-cristiani e i non-cattoiici, pur non ponendoli esattamente sullo stesso piano, o sullo stesso
cerchio di lontananza dal cuore della chiesa. D altro lato si deve
pure notare che la "crociata contro gli irreligiosi" dev'essere vista in
questo quadro: essa non va dunque interpretata in chiave essenzialmente socio politica (conservatorismo) come fanno gli anticlericali
e i marxisti, ma proprio in questo quadro dogmatico, per cui chi volutamente rifiuta la "verità cristiana", cattolicamente intesa, non
segue la propria retta coscienza ma è un reprobo che vuole vivere
contro natura, e come tale va combattuto. Lo spirito dell Inquisizione riaffiora qui in forme nuove, aggiornate, educate, ma le sue radici dottrinali restano le stesse .
Su questa base si innesta l’azione cattolica nel mondo odierno, la
chiamata a raccolta di tutti gli "uomini di buona volontà”. Ma è una
uase errata, che può rendere il cristianesimo rispettabile e magari accettabile all'uomo "religioso", ma non mette in evidenza nelle sue
caratteristiche specifiche VEvangelo di Gesù Cristo. In proposito, riproduciamo qui sotto alcune delle pagine conclusive del saggio che
U post. W. A. Visser 't Hooft, segretario generale del Consiglia ecumenico delle Chiese, ha dedicato recentemente a 'La Chiesa di fronte al sincretismo: la tentazione del miscuglio religioso"; il titolo originale di quest'opera, apparsa in inglese, suona "No other Name"
("Non c'è altro Nome... che sia stato dato agli uomini affinchè siamo salvati"), e nient'altro che questa predicazione della prima generazione apostolica dobbiamo ripetere al mondo delle religioni
e degli irreligiosi di oggi. Nessun altro Nome, cioè nessun'altra Persona, nessun’altra Vita, se non Gesù, senza vicari turisticamente o dò
plomaticamente pellegrini: il Gesù dell'Evangelo, non il Gesù "sa
cramentato".
L’ecumenismo non può essere veramente
cristiano se non ha a cuore Tumanità intera,
c* d’altra parte un ecumenismo umano che
non è fondato in Cristo non è un vero umanesimo, ma un vago umanitarismo privo di
ogni coerenza.
L’atteggiamento della Chiesa cristiana di
fronte alle religioni non può, quindi, essere
altro che quello di un testimone che fa sa^
pere a tuta gli uomini che il Signor Gesù
Cristo è il loro Signore. Appena la Chiesa
cessa di rendere questa testimonianza, perde
la sua « ragion d’essere », poiché l’essenza
dalla Chiesa è di proclamare questa buona
novella e non di promuovere una certa forma di esperienza spirituale che si aggiunga
SEGUE IN
SECONDA PAGINA
Dialogo sì,
ma senza
confusione
iiMiiiimiiiimiiii
Una larga corresponsabilità
Considerazioni
sugli avvenimenti
del Congo
p. caiis'^ della distanza, o più
probabilmente perchè ormai nessun
avvenimento del Congo può sorpren
derci, ho l’impressione che il grosso
pubblico abbia seguito con indifferenza quanto è accaduto in quesii
giorni nel Congo.
Me fors’anche siamo ormai abituati alle stragi, come nei periodi piti
tristi della storia. E che si tratti di
perdite umane in conseguenza di un
disastro aereo o di un massacro da
parte di fanatici, la differenza è irriievante.il fatto è che vi sono dei
morti, e noi siamo ormai assuefatti
ùj'e morti collettive.
I più forse pensano che il Congo è
un paese incivile, di barbari e non
deve dunque far meraviglia se gli indigeni, una volta lasciali a se stessi,
Cr^onBCB tÊGÊ Concilio
Sabato 21 novembre si è conclusa,
con una sfarzosa cerimonia pubblica
e con un deludente discorso di Paolo VI, la terza e penultima sessione
del Concilio- Vaticano II”- II papa,
giunto in sedia gestatoria, ha concelebrato la messa con 24 « padri »,
scelti fra quei vescovi che hanno nelle loro- diocesi un grande santuario
mariano. Già questa scelta era assai
significativa e corrispondeva a una
precisa volontà del papa che la terza
sessione si concludesse « come im inno incomparabile di lode in oiiore di
Maria ». Nel corso della cerimonia
Paolo VI ha promulgato tre documenti concUiari che avevano ricevu
Inielice conclusione
della terza sessione
lo l'approvazione quasi unanime dei elusiva di sabato 21 novembre, i non
((padri»: la costituzione dogmatica placet sono stati solo 5 (su 2.156 voI»e Ecclesia e i due decreti De Oecu- tanti). Prima del voto del 19 novemnicnismo e De Ecclesiis Orientalibus bre, il segretario generale Mons. FeCatholicis. Nella seduta del 19 no- ici aveva fatto notare all’assemblea
vembre il De Ecclesia era già stato che sia quella votazione sia quella
approvato per intero daila quasi to- conclusiva del 21 novembre dovevano
ri«; //■norlTT\N (9 154, n’a.r’Pt, ikll SEGUE IN
talità dei «padri» (2.134 placet su
2.145 votanti). Nella votazione con
si siano comportati iconseguenzialmente. E non si riflette che il Congo
si trova in quel continente che doveva costituire il banco di prova della
civiltà bianca ed è stato invece il teatro delle rivalità, non sempre blandamente commerciali ma assai spesso
cruente, tra le più grandi nazioni europee. Già secoli prima la Spagna era
andata nel Nuovo Mondo per recare
ifl fede di Cristo tra quelle primitive
popolazioni, e vi ha lasciato superstizioni, miseria e coionnelli che fanne
; rivoluzioni per conquistare il potere.
Anni fa, recatomi a visitare il Museo Coloniale di Bruxelles, mi venne
mostrata una grande carta murale
del (Dongo sulla quale erano indicai,
i posti ove si annidavano ancora tri
ou antropofaghe. Pochi anni dopo,
con una fretta ed una generosità che
stupirono molti, il Governo belga concedeva l’indipendenza al Congo. Cercando tuttavia di salvare, bene inteso, gli interessi minerari.
Non ci si limiti tuttavia a dire: i
negri non sono maturi a governais:
a se stessi. Il Congo avrebbe potuto
forse superare da solo la sua crisi ini
Zi ale se la rivolta tra i bianchi, questa volta più politica che economica,
non avesse complicato la situazione
e, soprattutto, non avesse fornito il
combustibile perchè il fuo-co divampasse. V’è infatti una responsabilità
snelle da parte di coloro che hanno
fornito le armi ai vari Soumialot, Ghc
nye e Mauza e li hanno incitati contro gli «imperialisti». Noi sappiamo
cerne non siano stati soltanto paesi
arabi ed africani a far ciò. Tuttavia,
dinanzi a tanta gravità, che si presenta complessa nelle sue cause e nelle responsabilità, non dobbiamo trarne pretesto per una speculazione politica.
Per noi cristiani deve essere irrilevante che il male provenga da una
parte o dall’altra, da destra o da sinistra, e non dobbiamo denunciare il
male sol perchè attuato da un regime politico al quale siamo contrari e
corcare di giustificarlo nel caso inveì
SECONDA PAGINA so. Il male va condannato per se stes
so, senza soggettive attenuanti o aggravanti. Ma soprattutto ciò ohe è
importante ricordare è che occorre
considerare non tanto i regimi polici quanto l’uomo ; cosa valgono, infatii, i regimi politici, quali che siano i
principi cui si ispirano, se l’uomo non
riesce a trasformare radicalmente se
stesso? Poiché è proprio m questa trasformazione dell’uomo l’essenza del
cristianesimo. Quando l’uomo avrà
saputo rinascere, per divenire un uomo nuovo, e solo allora, questo uomo
che pretenda sempre di essere giudica
e guida degli altri saprà giudicare e
guidare.
Ma intanto, nell’attesa che gli uomini divengano diversi da quel che
sono, dai tempi delle caverne e deile
palafitte, i ribelli congolesi trucidane
I bianchi, i paracadutisti belgi accorrono tardivamente in loro soccorso e
; russi accusano il geverno belga di
voler voler sopprimere la libertà nel
Congo. Tragica piandola di orrori, di
errori e di ipocrisie!
Alcuni mesi ifa una signora, che
aveva il marito nel Congo e doveva
ritornare da lui, venne da me perchè
mi interessassi dei figliuoli che dovevano partire prima di lei. Le chiesi
come si stesse nel Congo, e lei mi rispose che v’era im po’ di esagerazione nelle notizie che pervenivano, che
la situazione non era disperata. Mi
apparve serena, tranquilla, fiduciosa.
Non rammento più il suo nome e da
nel giorno non ho saputo nulla di
3i e dei suoi.
Suo marito non era nè un missionario nè un militare, e neppure un
«colonialista», di quelli che andavano in territori d’oltremare ad acquistare con facile pagamento terre da
f ar coltivare da indigeni più o meno
liberi o schiavi. Quell’uomo era semplicemente un tecnico. Ma è forse
questa la moderna forma della missione e del colonialismo. Vi riflettano
quei cristiani che danno ormai più
importanza alle formule della chimica anziché alle parabole di Gesù.
Eros Vicari
2
pas
N'. 49
U dicemljre J901
Cronaca del Concilio
La collegialità non va intesa nè secondo schemi di pensiero
protestanti nè secondo schemi di pensiero democratici
Dialogo sì,
ma senza
confusione
(Segue dalla pagina 1)
(Segue dalla pagina 1)
avvenire alla luce della « nota spiegativa preliminare» (nota explicativa praevia) sul modo corretto^ di intendere la collegialità, da lui letta in
aula il 16 novembre « per ordine delrAutoriià .iupeiicre»; questa noteche i « padri » non hanno avuto la
possibilità di discutere e che hanno
dovuto subire come un’ imposizione
dall’alto (non accettarla avrebbe significato rimettere in questione l'intero capitelo terzo dello schema sulla Chiesa, che tratta della cofisgiaUtà), è stata redatta dalla Commissione teologica come risposta ai modi (= proposte di coirezione del testo) di vari « padri » sul capitolo terzo dello schema e fornisce praticamente i cancni interpretativi ufficiali della dottrina della collegialità. La
nota (ohe non è stata incorporata
nello schema, ma stampata su un faglio a parte), pur esprimendo solo
l’cpinione della Commissione e forse
solo l’opinione della « autorità superiore», e pur non essendo nata dalla
volontà dei « padri », vale ora come
un atto del Concille : come tale infatti è stata pubblicata da L’Osservatore Romano del 25 nevembre. Votando la collegialità, i « padri » sono
stati obbligati a votare e a far valere
come normativa una pelle possibili
interpretazioni della collegialità. La
libertà e la sovranità del Concilio è
.stata dunque gravemente menomata
« per ordine deH’Autorità superiore ».
Quanto al contenuto della nota, i parer; sono divisi: alcuni la considerano sostanzialmente fedele all’intenzione e aH’orientamento generale del
capitolo 3» del De Ecclesia, rnentre
altri ritengono che essa dia una interpretazione restrittiva della dctti-ina della collegialità. Se infatti la nota riproducesse fedelmente la sostanza del capitolo, non si comprende perchè la Commissione o 1’« autorità superiore » abbiano sentito il bisogno
di redigerla e di imporla aH’assembjt.a conciliare con un sopruso procedurale. Comunque sia, i poteri collegiali dei vescovi più che dalla nota
seno stati gravemente messi in questione dal papa stesso-, che negli ultimi giorni della sessione ha preso ur.a serie di decisioni nettamente in
contrasto con la volontà maggVGritaria del Concilio T'Jna di esse concerne
lo schema De Oecumenismo : nella
seduta del 19 novembre, Mons. Pelici
ha letto ai (f padri » una lista di 19
emendamenti (farisaicamente presentati colile sng-gestioncs be:nevol;;2)
che non erano stati proposti dall’assemblea ma imposti dalla solita « au
tcrità superiore » ( auctoritative exTjressae) e che il Segretariato per ia
Unione dei cristiani ha dovuto accettare, forse controvoglia (almeno :'n
un caso) e probabilmente senza neopure poterli discutere. L’assemblea
conciliare, comunque, non ha avuto
la possibilità di discuterli: ha dovuto subirli. Anche in questo caso i
diritti del Concilio sono stati conculcati e la libertà dei «padri» violata.
Ed è impossibile che questo sia avvenuto senza il consenso del papa. Bisogna dunque concludere che proprio
alla fine della sessione in cui era
stato solennemente sancito il principio -della collegialità. Paolo VI -per
primo non lo ha rispettato. Proprio
lui che con tanto fervore aveva auspicato 1’« esaltazione dell’Episcopato >/ ha, nei fatti, esaltato la sua propria autorità, misconoscendo del tutto quella dei vescovi riuniti in Concilio. Il potere collegiale dei vescovi
è stato approvato anche da Paolo VI.
Ma la .supremazia assoluta ed incondizionata del pontefice romano, la
sua auctoritas superior, resta tale e
quale l’ha stabilita il Concilio Vaticano I". Questo significa, come notava un Osservatore riformato, che « ’a
collegialità non va intesa nè secondo
schemi di pensiero protestanti nè
secondo schemi di pensiero democratico ».
L’antocità papaie
è più assoluta che mai
Il discorso con cui Paolo VI ha
chiuse la terza sessione è stato pronta.mente annoverato da L’Osservatore Romano « fra i niù importan'ci e,
in certo senso, normativi » del Concilio. Sugli Osservatori nretestanti e
su molti « padri » conciliari esso ha
fatte un’impressione nettamente ed
unicamente negativa, concludendo
infelicemente una sessione che, per il
resto, presenta un bilancio sostanzialmente positivo e che comunque va
considerata come la migliore delle
tre sinora avvenute. E’ stato un discorso svolto, almeno in parte, in silenziosa polemica con l’orientamento
prevalente del Concilio. Si direbbe:
un discorso reazionario. L’« enigmatico» Paolo VI, in questa occasione,
si è rivelato come un papa da Controriforma più che come un papa da
« aggiornamento ».
Pra le caratteristiche negative del
discorso pontificio, le più considerevoli sono: in primo luogo ima interpretazione alquanto restrittiva della dottrina della collegialità e una perento
ria riaflermazione del orimato papale. Paolo VI, pur dichiarandosi « felice » di vedere, nel De Ecclesia, « proclemata la loro [dei vescovi] digr.i'à,
celebrata la loro funzione, riconosciute le loro potestà », ha ricordato «ríndele monarchica » della Chiesa e si
è compiaciute del fatto che « l ufficio
primario, singolare e universale affidato da Cristo a Pietro... sia ampiamente e ripetutamente riconosciuto
e venerato», precisando poi che «era
di somma importanza che tale riccncscimento delle prerogative del
Scmimo Pontefice fosse esplicitamente espresso nel momento in cui doveva definirsi la questione deH’autorità
episcopale nella Chiesa». In sostanza.
Paolo VI ha ribadito le sue tesi minimaliste sulla collegialità, già svolte nel discorso inaugurale della sessione, il 14 settembre scorso: attuare la collegialità, secondo Paolo VI,
significa che il papa potrà « convocare e consultare in momenti determinati alcuni vescovi opportunamente
designati» [non si precisa da chi],
mentre nei confronti della Curia romana l’attuazione della collegialità
comporterà una « integrazione dei
suoi quadri, già coisà: efficienti, con
Presuli provenienti da vari paesi e recanti l’aiuto della loro saggezza e della loro carità », in modo da ottenere,
dopo aver superato « qualche difficoltà pratica», un più commesso ordinamento del regime ecclesiastico Se la
collegialità si ridurrà a questo, sarà
veramente poca cosa. Alierà Paolo
VI avrà avuto ragione di dire — come ha detto; «Il miglior commento
isi noti: il migliore!) che Ci sembra
si possa fare su questa prcmulgazione
[della collegialità] è che essa nulla
cambia della dottrina tradizionale..,
Ciò che era, resta».
La libertà religiosa
alle calende greche?
Un secondo elemento negativo del
discorso pontificio è costituito dalla
allusione — molto fugace — fatta da
Paolo VI allo schema sulla libertà religiosa- Il papa ha detto che « la trattazione di questo schema non ha ootuto essere condotta a termine entro
questa sessione solamente per mancanza di tempo». Queste non è vero;
se la dichiaraceli e sulla libertà religiosa non ha potuto essere promulgata entro questa sessione, ciò è dovuto
alla eccessiva condiscendenza che il
papa, ha dimostrato nei confronti di
un’agguerrita c- risoluta minoranza
di vescovi « conservatori » che con o
gni mezzo si oppongono a una definizione conciliare della libertà religiosa. Il temipo, dunque, c’era; è manca
ta, invece, la volontà. Ma anche ammettendo che in questo scorcio dì sessione sarebbe mancato il tempo per
la votazione del testo emendato o per
un eventuale nuovo dibattito suU’argemente (reso necessario, secondo alcuni, dal fatto che il testo emendato
è sensibilmente diverso da quello già
discusso dai « padri »), in nessun caso però mancava il tempo per un voto preliminare sullo schema, che anzi
era già stato preventivato e annunciato in aula e ohe invece non è avvenuto, per quanto sia stato insistentemente richiesto da circa 1.500 «nadr; », sia per mezzo di una petizione
scritta indirizzata al pontefice e sottoscrìtta da 850 vescovi, sia oralmente. per bocca del cardinale tedesco
Prings (secondo altri, Doepfner), il
quale, in una riunione del Sacro Collegio avvenuta nel pomeriggio di gio
vedi 19 novembre, esorbitando dall ordine del giorno (che non prevedeva
l’esame di questa questione), si lavo
in piedi e rivolgendosi al papa disse:
« A nome di milecinquecento Padri,
chiedo che prima della chiusura della sessione si dia un voto sulla libertà
religiosa». Ma il papa, anche in questa occasione, non ha rispettato la
volontà della grande maggiora :;za dei
vescovi ed ha avallato, con la sua autorità, la tesi della minoranza conservatrice. Questo non significa, naturalmente, che la dichiarazione su la libertà religiosa sccmparirà dalla
agenda del Concilio: il papa stesso
ha detto che essa sarà trattata e votata. nel corso- della quarta sessione
Ma l’episodio ora riferito, sommato agli altri, è indicativo dello stile di governo proprio di Paolo VI; uno stile
di governo che molti « padri » ritene
vj.no — a torto — ormai definitiva
mente superato e abbandonato dai
pontefici romani.
Dn inno dì lode a Maria
Un terzo elemento negativo dell’allocuzione papale è costituito dalla lunga sezione mariologica, che si concluda con il conferimento della «Rosa
d’Oro » al santuario della Madonna
di Fatima (caro specialmente a Pio
XII) e con una interminabile preghiera alla Vergine. Che Paolo VI guardi
con particolare favore alla mariologia, non solo nei suoi aspetti devozionali al livello ideila pietà popolare
ma anche nei suoi significati dottrinali al livello della speculazione teo
logica, non è una novità: si pensi, ad
esempio, al discorso pronunciato da
papa Montini l’il ottobre 1963 nella
basilica di S. Maria Maggiore, oppure,
nù recentemente, al discorso tenuto
pellegrini nel corso dell’udienza generale del 7 ottobre scc-rso, in cui Paolo VI ha spiegato « perchè i Papi sono
tanto devoti di Maria». Non cè dunque nessun motivo di stupirsi o di aliaj-marsi dell’« incomparabile inno di
lode a Maria» elevato da Paolo VI
j1 suo discorso, come se fosse una
cesa inaudita. Ma è innegabile che il
aggio di teologia mariana offerto da
Paolo Vi ai «padri» (e agli osservatori!) si conñgura come una presa di
posizione quasi polemica del papa nei
confronti deH’assemblea conciliare,
che proprio in questa sessione aveva
approvato un testo piuttosto « minimalista» sulla Vergine Maria. Ancora più grave, poi, è il fatto che Paolo
VI, incurante dell’opinione prevalente dei vescovi, che avevano ritenuto
opportuno di non conferire a Maria
l’appellativo di « Madre della Chiesa »
(Mater Ecclesiae), ha attribuito alla
Vergine proprio questo titolo, e lo ha
fatto alla presenza dei «padri» e contro la loro volontà, annullando in tal
modo l’autorità del Concilio e assumendo un atteggiamento quasi provocatorio nei confronti di quest’ultimo. Va ricordato, in proposito, che
vari « padri » erano contrari a dare
a Maria l’appellativo di « Madre della Chiesa » : ad esempio, il vesco vo
messicano S. Mendez Arceo, parlando
il 17 settembre a nome di 46 vescovi
latino'-americani, presentò una serie
di 12 argomenti contro l’inclusione
del titolo « Madre della Chiesa » nello schema su Maria, osservando, tra
l’altro, che « se la Chiesa è nostra madre, come siamo soliti considerarla,
allora Maria come madre della Chlesa sarebbe in realtà la nostra no-nna.
Essa sarebbe anche la madre degli
angeli, dato che S. Tommaso afferma
che gli angeli fan parte della Chiesa».
La Commissione dottrinale, incaricata di emendare il testo in base ai suggerimenti dei «padri», ritenendo valide le osservazioni di Mons. Mendez
Arceo e di altri, non reintrodusse nello schema il titolo di Mater Ecclesiae.
Si è trattato di una scelta precisa,
tanto più significativa in quanto il
pensiero della maternità universale d;
Maria ricorre a più ripress nel tes.o,
che parla di Maria come « Madre di
Cristo e degli uomini, soprattutto dei
fedeli », come « Madre dei viventi »,
come « Madre di Dio e degli uomini »,
ma non parla di Maria cerne « Madre
della Chiesa». Il Concilio aveva deciso di non conferire a Maria questo
eppellativo. Il pa.pa ha deciso il contrario e alla presenza dei « padri » ha
dichiarato : « Noi proclamiamo Maria
Santissima Madre della Chiesa... e
vogliamo che con tale titolo soaviss mo d’ora innanzi la Vergine venga
ancor più onorata e invocata da tut
tc il popolo cristiano ». In seguito il
oapa ha chiesto a ogni vescovo di «impegnarsi a tener alto fra il popolo cri
stiano il nome e l’onore di Maria » e
di « illustrare la vera natura e gli sco'i del culto mariano nella Chiesa, .à
specialmente dove sono molti fratelli
Ja noi separati, in modo che quanti
mn fanno parte della comunione cattolica comprendano che la devozione
Maria, lungi dall’esser fine a se
stessa, è invece un mezzo essenzialmente ordinato a orientare le anime
Cristo ».
Un «fermento d’amore»
che respingiamo
Un quarto elemento negativo del
discorso del papa è costituito dal breve accenno agli effetti che il decreto
sull’ecumenismo e la dottrina cattolica sulla Chiesa esposta nel De Ecclesia dovrebbero produrre sui « fratelli
in Cristo ancora da noi separati ».
Paolo VI ha auspicato che l’ecclesiologia approvata dal Concilio, integrata dalle dichiarazioni contenute nel
De Oecumenismo, agisca sugli animi
di protestanti e ortodossi « quasi come un fermento d’amore », che provochi « una revisione dei loro pensieri
e dei loro atteggiamenti tale che essi
sempre più si muovano verso la nostra comunione e finalmente, a Dio
piacendo, siano uguali con noi in
questa comunione ». Per quanto sfugga l’esatto significato di quest’uUima
frase, è chiaro che il mevimento ecumenico viene qui inteso come il movimento di protestanti e ortodossi ver
so la comunione cattolico-rcmana. E’
logico che un papa sostenga questo
punto di vista, ma è evidente che esso contraddice i presupposti fondamentali del mevimento ecumenico.
Concludendo, ci si può chiedere
quali ripercussioni avrà nell’ep scopato e nel mondo cattolico lo sconcertante comportamento di Paolo VI nel
burrascoso finale della terza sessione
dei Concilo. C’è da augu'arsi che la
reazione sia molto energica e coraggiosa, in modo che il pana comprenda che non è lecito chiamarsi Servus
servortim Dei .e .servire così male i
« servi di Dio ». D’altra narte bisogna
rendersi conto che, se sul piano morale il comportamento del papa è altamente riprovevole, sul piano giur'dico-dogmatico Paolo VI non ha aflstto
abusato dei suoi poteri nè ha esorbitato dalle sue funzioni. Egli ha agito
■< di sua propria iniziativa, senza il
consenso della Chiesa », come ha il
diritto di fare sulla base delle definizioni del Concilio Vaticano I»: ri suo
comportamento è quindi ' eolc-gicamente irrepresibile. Il problema sol
levato dai gravi episodi che hanno caratterizzato negativamente la conclusione della terza sessione, non riguarda dunque tanto la persona di Paolo
VI ma investe tutta la concezione cattolica deU’autorità nella Chiesa e in
particolare il dogma della suprema
potestà, indipendente da ogni autorià umana ed ecclesiastica, assegnata
dai Vaticano 1“ al pontefice romano.
Paclo Ricca
tutte quelle che il mondo già conosce. La
Chiesa cristiana non può impegnarsi in una
qualsiasi impresa tendente a realizzare una
sintesi delle religioni storiche. Una combinazione del genere non costituirebbe un arricchimento per rumanità, poiché, in definitiva, non sarebbe nulfaltro che un agglomerato di ideologie centrate suH’uomo. L'adesione a un simile programma significherebbe la perdita del suo carattere specifico
e della sua integrità.
La Chiesa non ha da scusarsi presso gli
uomini di dover predicare loro che hanno
bisogno del Cristo, no di invitarli a seguirlo.
La vera vocazione della Chiesa è predicare
1 Evangelo fino alle estremità della terra.
Nessuna restrizione può essere portata a questa missione. Poco importa che i popoli ai
quali la Chiesa si rivolge, posseggano una religione assai elaborata o assai primitiva, poco importa che essi obbediscano a un ideale
sublime o che la loro moralità sia deficiente.
Tutti i popoli devono ascoltare l’Evangelo:
i Greci che sono dotati di una così ricca tradizione filosofica, e anche gli Ebrei così vicini ai cristiani e ai quali i cristiani devono
tanto.
C è davvero da domandarsi perchè tanti
filosofi della religione e tanti storici pensano
di dover assimilare la vocazione missionaGa
della Chiesa a un volgare complesso di superiorità. Non si put certo negare ohe la
cristianità occidentale abbia spesso dato Timpressìone di considerare dalFalto le altre religioni, assaporando Torgoglio di essere Tunica detentrice della verità. Si comprende
allora che gente male informata sia giunta a
considerare i cristiani come una razza particolarmente orgogliosa e meschina. Si sarel)he invece in diritto di richiedere a uomini
che sono specialisti di storia delle religioni
c di storia universale, che scoprano essi stessi che le pretese della Chiesa relative al suo
Signore sono fondate non in un egocentrismo religioso o cultural?, ma nel messaggio stesso del Nuovo Testamento. Esso, infatti, a qualunque pagina lo si apra, non
parla mai di un Salvatore che gli uomini
avrebbero scelto, bensì dì un Salvatore che
sceglie gli uomini. Si può respingere questo
Salvatore, ma non lo si può seriamente assimilare a un qualsiasi profeta o fondatore di
religione. Un cristianesimo che accettasse de
ìiberatamente di non essere che uno dei numerosi fenomeni religiosi che Tumanità conta nel suo corso secolare, mostrerebbe siìiiì
plicemente che ha perso ogni contatto con il
Nuovo Testamento.
Bisogna concludere che la Chiesa cristiana
è necessariamente votata al monologo e elie
non vi può essere alcuna specie di dialogo
fra cristiani e non-cristiani? Non esitiamo a
rispondere affermativamente, se il dialogo
deve significare rinuncia alla testimonianza.
Ma le cose non vanno forzatamente così.
Martin Buber, al quale siamo debitori di una
analisi della natura del dialogo che è senz’altro la migliore di quelle prodotte fino ad
oggi (« Il principio dialogico », Comunità),
ha mostrato con tutta la chiarezza desiderabile che i presupposti dì un dialogo autentico non stanno in un previo accordo degli
interlocutori, che decidessero di relativizzare
le proprie convinzioni, bensì in una reciproca accettazione delTaltro considerato come
una persona. La condizione di base di una
(Segue [scusate!] m terza pagina)
LETTERA APERTA AL DIRETTORE DELLA RAI-TV
Una democrazia un po' particolare..
Signor Direttore. li 15-11-1964
la sera del 27 ottobre la televisione ha trasmesso un interessante documentario sulla
Bibbia. Da Evangelico, quale sono, ho seguito con vivo interesse detta trasmissione
che metteva in luce le secolari cure, gli studi, la diffusione di questo sacro Libro a noi
tanto caro. E ben sapendo, come afferma lo
stesso gesuita Gaetani, che « i Protestanti
hanno ben meritato della Bibbia, sia con la
diffusione delle Sacre Scritture, sia con dotte versioni, sia soprattutto con studi archeologici, storici e filologici che hanno illustrato
il contenuto della Bibbia » (1), mi aspettavo
magari qualche parola di riconoscimento di
questo serio, impegnato e grande lavoro che
vien fatto ormai da secoli dal Protestantesimo nel campo biblico: e invece, niente,
neppure una parola!
La Bibbia è stata presentata come... monopolio del Cattolicesimo Romano : è stato
mostrato solo quello che gli studiosi cattolici hanno fatto per con.servare. trasmettere,
studiare, diffondere le Sacre Scritture: tacendo completamente quanto è stato fatto
con non minor merito e serietà dai non cattolici. Coloro che fino a pochi decenni or
sono vietavano la lettura della Bibbia ai laici
e perseguitavano chi si arrischiava a trasgredire tale divieto ora si presentano come i
soli veri paladini della diffusione della Bibbia! ...
Devo dirLe che questo recente interesse
cattolico per le Sacre Scritture non dispiace
affatto a nessun Protestante, anzi esso è per
noi motivo di sincera gioia e di ecumenica
speranza, perchè finalmente vediamo tirar
fuori e mettere in luce quel divino Libro
che ha rinnovato e riformato evangelicamente le nostre Chiese e che può fare altrettanto
verso quella Cattolica Romana. E tutto ciò
contribuirà ad avvicinarci reciprocamente
sulla base unica ed insostituibile della Parola di Dio.
(1) F. M. Gaetani: «Il Protestantesimo
in Italia », pag. 40.
Ma la mia meravìglia ed il mio disappunto stanno nel fatto che la RAI, che non
perde nessuna occasione per vantare lo spirito democratico e Ubero che regnerebbe nella 11C4’tra nazione, contro i regimi non democratici di altre nazioni, ha dato un'ennesima
dimostrazione dì essere essa stessa tutt'altro
che libera c democratica, ma di stare servilmente alle strette dipendenze del clericalismo oggi dominante in Italia e non al
servizio delTintera nazione, che ha il diritto
di essere obiettivamente e completamente informata su tutti gli argomenti d'interesse
generale.
Forse mi sì dirà che il popolo italiano
nella sua stragrande maggioranza è cattolico e che quindi gli si presentano tutte le
notizie dal punto di vista cattolico. Ma di
fronte ad una tale eventuale affermazione
dovrei obiettare che il fatto che un popolo
sia nella sua stragrande maggioranza cattolico (in questo caso per lo più anagraficamente), non è condizione perchè non sia informato anche su quanto avviene in campi
non cattolici. Non perchè siamo Italiani ci
disinteressiamo di quelli che Italiani non
sono. Ed evidentemente, non perchè si è
Cattolici bisogna chiudersi nel proprio mondo ed ignorare quello che avviene altrove.
E poi in questo clima anche religiosamente distensivo ed « ecumenico », in cui si parla tanto di avvicinamento, di riconciliazione,
di unificazione, perchè continuare a tenere
ancora ermeticamente chiuse le finestre cattoliche, evitando con tanta cura che i Cattolici stessi possano serenamente guardare in
faccia i cosiddetti « fratelli separati », per
imparare a conoscerli più da vicino e meglio, e non più da dietro i vetri grigi della
vecchia ed infamante presentazione clericale
post-tridentina? Non Le sembra, Signor Direttore, che la RAI potrebbe rendere un ottimo servizio agli stessi Cattolici italiani in
vista delle ormai tanto decantate mete « ecumeniche », se li tenesse adeguatamente informati sui « fratelli separati » e non tenendoli più trincerati al di qua della « cortina »
del silenzio? Non pensa Ella che sarebbe bene che i radioascoltatori e i telespettatori,
oltre ad essere abbondamente informati sui
viaggi del Pontefice Romano, sui suoi incontri con varia gente, sulle processioni, i
paramenti e i lavori del Concilio Vaticano,
siano anche informati, magari un poco, sui
Movimento Ecumenico, sui suoi lavori, sulle
sue grandi essisi o assemblee mondiali?
E oltre a questo devo ricordarLe che in
Italia ci siamo pure noi Evangelici! Il fatto
che siamo una minoranza non toglie che siamo in tutto e per tutto Italiani come gli altri: e se abbiamo gli stessi doveri del cittadini cattolici, ci si dovrebbero riconoscere gli
stessi loro diritti, a meno che la « democrazia » di cui Tltalia di oggi vorrebbe far bella
mostra non sia altro che una vana parola
con la quale molti amano riempirsi ipocritamente la bocca. Se Tltalia è veramente democratica, rispetti realmente ogni minoranza
e le riconosca tutti i diritti che riconosce alle
maggioranze! E si riconosca che per quello
che concerne noi Protestanti italiani (molti
dei quali, fra ^’altro, siamo abbonati alla
RAI-TV e paghiamo regolarmente il canone
come gli altri) abbiamo anche il diritto di
non sentir passare sempre e volutamente
sotto silenzio tutto ciò che ci interessa e che
riguarda la nostra fede!
Con distìnti saluti.
Agostino Garufi
P. S. — A proposito della « cortina » del
silenzio, vorrei ancora dirle: la RAI-TV —■
che non ha mai tralasciato alcuna occasione
per dirci e ripeterci a sazietà che il defunto
Presidente degli U.S.A., Kennedy, era cattolico e ancora oggi continua a ricordarcelo —
perchè non ci ha detto niente sulla fede dell’attuale Presidente Johnson? Forse egli non
professa alcuna religione? E anche se cosi
fosse, cosa vieta alla RAI-TV di farci ugualmente sapere quaTè la posizione spirituale di
un uomo che occupa un così alto posto di
responsabilità?
3
]1 di-'embie 1964 N. 19
pag. 3
QUESTO NOME VALDESE
Nelle prossime settimane le nostre
comunità saranno chiamate a pronuiiKÌarsi in merito a un progetto di unione delle Chiese Valdese e Metodista.
AH’ultimo Sinodo è stato formalmente escluso che le trattative in esame preludano in qualche modo all’abbandono del nome Valdese. Ci para
tuttavia che valga la pena di domandarci Quale sia il significato e il valere di questo nome. E’ infatti evidente
bhe se la sua conservazione non fosse
determinata che da resistenze sentimentali, sarebbe diflìcile evitare il sospetto che la nostra Chiesa, prigioniera del propria passato e dei propri
ricordi, sia incapace di accettare nuove responsabilità per il presente e per
l’avvenire. Vorremmo perciò sottoporre ai lettori alcune considerazioni.
In una sua prolusione, letta alla
Scuola Valdese di Teologia a Firenze,
nel 1884, lo storico Prof Emilio Com’v. metteva in evidenza come il nome
Valdese fosse stato imposto ai discenoli di Valdo contro la loro volontà.
I ra parentesi, è da ricordare che lo
.stesso nome di cristiani non è stato
scelto dai discepoli di Gesù (Atti 11 ;
26). Prima che i pagani li designassero con questo appellativo, essi si riconoscevano semplicemente come
« discepoli » (Atti 6: 1, 2, 7) o « san
I (Aia ) 32).
) Il -j discepoli di Valdo, è con
ode essi reagirono quando si
I n chiamare « valdesi ». In una
i L dislao, re di Boemia, essi
s' detinirono « il piccol gregge cristia«•;, taisamente chiamato Valdese » e
tr- do osserva lo storico Gilles
« non per disprezzo di Valdo, ma per
P I' recar pregiudizio al nome di crie pe non apparire come settari
n i c ».
topo la Riforma, il Gilles ricevetS )do l’incarico di scrivere
; ; stona dei Valdesi, ma questo no
semplicemente messo da
i nell stesso titolo: « Storia eci L delle Chiese Riformate racci Ili alcune valli del Piemonte e
-■ dintorni, altravolta denominate
Lciese Valdesi».
il nome Valdese venne poi rimesso
in discussione quando, nel secolo scorro, si trattò dell’unione con la Chiesa
Libera, Chiesa fondata e allora direti:; dall’ex barnabita Alessandro Ga' ,;.zzi. La decisione del Sinodo del
* ¿86 risultò di compromesso : la Chiesa unita avrebbe conservato l’appellatiso di Valdese, senza escludere che,
quando l’incremento numerico lo avc'.se giustificato, si avrebbe avuto sola una « Chiesa Evangelica d’Italia ».
Nel frattempo, quelle comunità a cui
II ”01110 Valdese non garbava, erano
aie a chiamarsi semplicemen.. Chiesa Evangelica di... ».
.mesta soluzione non incontrò il
uniciimento della Chiesa Libera, che
ninne le trattative, per riaprirle poi
con la Chiesa Metodista Wesleyana,
dalla quale venne assorbita.
Malgrado dunque che la designazione « Valdese » fosse stata respinta
dai primi discepoli di Valdo; malgrado che per il Moderatore Gilles si
dovesse parlare solo di « riformati »,
questo nome è rimasto attraverso i secoli. e si presenta oggi nel mondo ecumenico non solo come il segno di una
remota elezione da parte di Dio, o,
peggio, come un relitto del passato,
ma come una bandiera, come l’indicazione di una sicura strada da seguire.
Intendiamoci; noi siamo consapevoli che Gesù Cristo è la nostra sola
bandiera. Come scriveva uno degli esponenti del mondo Valdese nel lontano 1866, il Pastore B. Tron: «la
nostra Chiesa sarà misera quanto si
vorrà, ma non si gloria delle sue insegne. Non vuol gloriarsi se non della
croce di Gesù Cristo, morto per le
nostre offese e risuscitato per la nostra
giustificazione ».
Infatti « Valdo non ha delle statue
nelle nostre Valli — così leggiamo
nel « Bollettino della missione della
Chiesa Evangelica Valdese » del 1887
— non possediamo nessuno scritto suo
che offuschi in qualche modo l’autorità delle Scritture. Gli scritti dovuti a
Valdo sono la traduzione delle Scritture, da lui fatta fare in lingua volgare,
il suo apostolato è stato a favore
della lettura e del dovere di spargere
a Parola di Dio ».
Ma è precisamente conservando
questo nome Valdese che manifestiamo la nostra volontà di ubbidire alla
stessa vocazione, e rendere la medesiaa testimonianza, oggi più necessaria che mai: la Bibbia e null’altro
«Questione di nomi!» esclamano alcuni con leggerezza, quasi essa sia di
poco conto. Ma vi sono nomi e nomi
- citiamo una volta ancora Emilio
Comba — qualora un nome non esprimesse nulla di nuovo, di originale,
di opportuno, la questione sarebbe facile, si scioglierebbe da sè come fan
Je bolle di sapone. Ma qualora significasse un fatto, un principio, un carattere destinati a rimanere, allora la
questione si farebbe grave. Scindere
; nomi dalle cose è, in questo caso,
improba fatica, malagevole poco meno che il dividere materia e forma, parola e pensiero ». E il nostro massimo
storico aggiungeva ; « quando un popolo si fa un nome, disfarlo non c
possibile, e il solo pensarvi sarebbe da
vandali. Quando un popolo arriva a
rendere luminoso della luce della croun nome oscuro e tenuto per vile,
altro non rimane che amarlo o invidiarlo ».
Non temiamo dunque di riconoscerlo; in questo nostro attaccamento al
nome Valdese c’è un fattore tradizionale, il medesimo che ispirava Asaf,
Fautore del Salmo 78, quando scriveva ; « Quel che noi abbiamo udito e
conosciuto, e che i nostri padri ci hanno raccontato, non lo celeremo ai loro
figliuoli; diremo alla generazione avvenire le lodi dell’Eterno, la sua potenza, le meraviglie che ha operato ».
Ma oltre questa consapevole ragione tradizionale, ci sembra che l’abbandono del nome Valdese significherebbe un impoverimento della testimonianza protestante nel mondo. Non è
senza significato che l’ecumenismo,
con tutto il parlare che se ne è fatto,
se ha portato a un felice avvicinamento fra le varie confessioni cristiane,
tuttavia non ha visto scomparire una
sola delle grandi denominazioni protestanti. Oggi, come cinquant’anni or
sono, permane la grande testimoniandei Luterani, degli Anglicani, dei
Riformati, dei Battisti, dei Metodisti e
via dicendo. Per quale ragione dovrebi sparire proprio quel nome, unico
nella storia della Chiesa, che rimane a
testimoniare della protesta di tanti sejii anteriore alla Riforma?
Si è detto che, sacrificando il nome
Valdese, si contribuirebbe almeno a
creare un fronte unico delle forze evangeliche in Italia. Ma la realtà è
”he, ner chi ci osserva dal di fuori, il
fronte unico già esiste. Per i nostri
connazionali, siamo tutti semplicemente dei « protestanti » — eretici, o fratelli separati, a seconda dei gusti. Che
si tratti di Testimoni di Geova o di
Valdesi, di Chiesa di Cristo o di Metodisti, di Avventisti del Settimo giorno o di Battisti — tutti siamo già
ridotti nell’opinione pubblica al medesimo comune denominatore, e la
nostra opera di evangelizzazione non
avrebbe il minimo beneficio dall’abbandono del nome Valdese.
Questo nome significa dunque che
ci vogliamo impegnare per il futuro
:i una visione ecumenica, ma senza
rompere con il nostro passato. Fedeli
al nome che i padri ci hanno trasmesso, accoglieremo con gioia e riconoscenza quanti vorranno far parte della nostra famiglia spirituale.
Quanto agli altri credenti che non
desiderano condividere con noi l’onore
di questo nome, cammineremo con loro fianco a fianco, con sentimenti fraterni, consapevoli che essi seguono
con noi l’unico Signore, glorificandoci
tutti dell’unico Nome che sia stato dato agli uomini, per il quale abbiamo
da essere salvati (Atti 4: 12).
Roberto Nisbet
Domenica 6 dicembre, dopo un incontro preliminare a fine ottobre, un
gruppo per ora ristretto ha deciso la
costituzione di una
ASSOCIAZIONE DEGLI AMICI
DELLE VALLI VALDESI
in attesa della convocazione di una
assemblea aperta a tutti gli interessati.
La prossima settimana riferiremo
niù ampiamente sui moventi e sui prò.
grammi di questa neonata Associazione, di cui ci raleg riamo assai, plaadendi a coloro che se ne sono fatti
promotori, non per un semplice attaccamento etnico e sentimentale ma per
precise motivazioni spirituali.
FRA I LIBR
Il catlalicesìmo rosso
Cinquamtaise; anni fa, Giuseppe Prezzolini
iiniziava una nuova taipipa dei la sua evoluzione politica e religiosa; evoluzione incoonpiuta sempre ed ancora, ma non priva
di una certa soli’’e coereriza, cui sarebbe ingiu-ilo di accusarlo dj irasformiisinio.
fiopo aver collaboralo al ballesimo del na
Z'ioiial-catlo!iice.simo di Gorradini (Il Regno), Prezzolini si uniiva a Papini (Il Leonardo 190.S-1907), e nel 1908 lanciava La
Poce, la rivista die per pareicch; anni doveva agitare 1« acque delia letteratura, de'la politica, della religione, del pensiero italiano, ed alila quale collaborarono uomdni
d- diversi orient.amenti e di fedi diver e
Prezzolimi subiva l’influenza di Benedetto
Croce e di Loisy, cercando di liberarsi da
Itopipe visioni m.sitiohe e miiticbe deilla stia
piecedenle involuzione nazional-religiosa.
Questo libro: Il Cattolicesimo rosso (11
accolito lOii vivo interesse nel 1908, doveva
segnarequesto rimnovamento di una coscienza che voleva trovare unità, consapevoJezza, armonia nella disarmonia del decadentismo religioso, ilelterario e politico
di una generazione non impegnata.
Questo libro cosliituiva una coraggiosa
presa di posizione dì un laico di fronte alla .sua Chiesa. L’influenza del Modernismo
era presente nell’imipostazic.ne dell’analisi
(Come il Cattolicesimo si trovi ad aver bi
sogno di una RiSomut: è il filo conduttore deillla lunga introduzione).
Un libro interessanle, per meglio conoscere una te.ìlim.iniianza originale di quel
movimento che la Chiesa di Roma condannò .spietatamente, perseguitando in ogni
modo i suoi esponenti (ricordare Murri e
Buonaiutii.l,
Un libro ohe l’editore Longanesi ha ripubbliicato ora, — cinquamtasei anni dopo
—, senza portarvi modificazione alcuna.
Una breve prefazione di Prezzolini stesso
ci avverte che molte cose, in questo libro,
andrebbero oggi dette in modo diverso; però, dice egli stesso ’’debbo aggiungere che
durante questo mezzo secolo le ragioni che
avevo di ammirarlo [il CattoUcesirno} sempre dal mio punto di vista indipendente sono molto cresciute”.
Peccato ohe queste ragioni non ci vengano esposte!
Rimane quindi un libro, nudo e crudo,
che, jn molte pagine, sente il peso dei suoi
oinquantasei anni ; un libro che Longanitsi
ha igiuidicato opportuno di ripresentare ai
lettori di oggi', con una premessa ecumenica: Un libro che Paolo VI deve aver letto
quando era giovane; un Ijbro del quale Fuilimo Prezzolini dà la diiave, ecumenica anche Lui, quando scrive die ”l’ultimo capitolo contiene in sè un problema che si po
i!
Dialogo sì,
ma senza confusione
(Segue dalla seconda pagina)
ne alla uLlenzione del Concilio ecumenico.
Se alVuomo è necessario il Cristianesimo
(se l'uomo è fatto per il Cristianesimo), è
ahrettunio necessario il Cattolicesimo, che
ne è la struttura esterhre e la corazza; al'
torà, quale miracolosa formula di dose delle due forze in contrasto sarà capace di far
continuare la feconda simbiosi di esse?’*.
Un liibro vecchio, come sono vecolii i temi deiiila poiemiica Modernista, che investe
n dogma, rinl’allihilità e il primato papa •
le, file riscopre rescatologia, che anticipa
ì’esigenza dei preti operai, che rivendica la
Hherlà e la necessità di una critica bihlica...: i leimi sepolti sotto gli anatemi del
Sililaho; i temi del Concilio Vaticano II.
E:! in questo, Prezzolini è stalo cattivo profeta. Infatti il mcinarcalo assoluto del Vescovo dì Roma non ha impedito che un
Concilio vaticano II venisse convocato. Ma
queste parole, a pagina 248, non potrebhen* avere, oggi ancora, ccn Lutto il ri'speito
che si devt alla riaifennata collegialità episcopale, un signi;vìcato attuale?
’ La Chiesa si è ridotta nelle mani di uno
solo: egli non ha soltanto il potere amministrativo gerarchico, ma anche giudiziario
e legislativo' egli fa le leggi, le applica
e cura la loro osservanza. Il trionfo di questa autocrazia spirituale si è ottenuto con
la dichiarazione del dogma dell*infallibilità papale. Per ristretta che possa essere, e
parco, anzi nullo, l’uso che finora [1908]
ne è stato fatto, è certo che ha conferito al
Pontefice un potere illimitato, ed ha segnato Vultima definitiva abdicazione della volontà comune nella volontà delVuno”.
Le recenti prccisaziicni dì Paolo Vi e le
riaffermazioni della collegialità episcopaile
tiulla tolgono al valore di questa, e d’altre
pagine; anzi
’'Il dilemma fra Cristianesimo e Cattolicesimo si imporra ancora una volta alla coscienza religiosa ocicdentale...”.
Pagine interessanti da rileggersi oggi, per
certi giudizi che hanne sapore di antieipazi Olle sociale: un cattolicesimo integrale (o
rosso che dir si voglia) che supererà le posizioni di un socialismo e di un liberalismo legati ai miti delle classi sociali; un
cattolicesimo ecumenico (o- sineretista che
dir si voglia) di marca anglo-sassone.
Sola in America poteva accadere [nel
1908] ”il latto di vedere in un Congresso
delle Religioni un alto prelato cattolico re
citare il PATER insieme ai rappresentanti
di *uttv gli scismi e di tutte le eresie’*.
L. A. Vai mal
GIUSEPPE PREZZOLINI: Il CattoUcesimo ros&o. (Ed. Longanesi, Milano 1964, pp. 322, L. 1.500).
autentica relazione personale non è che l’altro sia d'accordo con me, nè io con lui, e
neppure che siamo entrambi pronti a entrare
nella via del. compromesso, bensì che io mi
volga aU'altro deciso ad ascoltarlo e a comprenderlo affinchè il nostro dialogo porti a
un reciproco arricchimento. Non impongo la
mia personalità al mio partner, mi metto a
sua disposizione cosi come sono. In quanto
cristiano, non potrò impedire che il mio
partner partecipi di ciò che io stesso ho ricevuto da Gesù Cristo. Non nasconderò che
non considero la mia fede una conquista personale, ma un dono della grazia, un dono
che esclude ogni orgoglio e mi costringe a
parlare con riconoscenza di questo Signore in
presenza di tutti quelli che vogliono ascoltarmi. E d’altra parte accetterò volentieri
che il mio partner mi informi sul proprio
itinerario spirituale. Il dialogo porterà maggiore arricchimento quanto più ognuno degli interlocutori si darà per quel che è. Per
un cristiano questo dono di sè stesso include
la testimonianza. E’ perfettamente possibile
che cristiani convinti dialoghino con indù,
musulmani o ebrei, altrettanto convinti, e
anche con dei sincretistì, senza che per questo siano obbligati a rinunciare alla loro
convinzione di fondo. Si tratta, infatti, di
ciò che lo Hocking chiama assai giustamente il « mutuo rispetto » (« reverence for reverence »). Il fatto che i cristiani siano certi
di conoscere la verità divina non significa
che essi non abbiano nulla da imparare da
uomini che professano altre convinzioni. {E’
infine)... più utile discutere con uomini di
convinzioni ben definite che con uomini che
non professano se non opinioni vaghe e indeterminate.
Si pmò dire che il riconoscimento della
specificità dell’Evangelo di Gesù Cristo conduce necessariamente all'intolleranza? Tutto
dipende dal senso che si dà alle parole. Se
credere che non v’è stato se non un solo Salvatore e che egli è venuto per la salvezza di
tutti gli uomini, è segno d'intolleranza, allora i cristiani devono accettare di essere
tacciati d’intolleranza II problema si porrebbe in modo del tutto differente nel caso in
cui la Chiesa cristiana rifiutasse di accordare
alle altre religioni la libertà di cui essa stessa gode. (Segue un ampia citazione dal rapporto della III Assemblea del C.E.C. a Nuova Delhi, 1961).
COLLABORARE
A INIZIATIVE COMUNI?
La 2-truttura della società moderna è tale,
sìa sul piano nazionale che su quello internazionale, che molti problemi di ordine culturale, sociale, politico o internazionale non
possono essere risolti se non nei quadro di
una vasta collaborazione di tutti gli organismi esistenti, comprese le Chiese. (...) Tale
collaborazione è possibile e auspicabile a
due condizioni.
La prima : sia ben fermo il fatto che questa collaborazione ha un compito preciso e
che non si tratta di rendere insieme la testimonianza di convinzioni religiose condivise. Non si incoraggeranno mai abbastanza
le organìzzacLoni religiose a mettersi d’accordo su questioni d’interesse generale e a
lavorare insieme nel campo sociale o sul piano delle relazioni internazionali; si è ben
lungi dall’aver realizzato in questo campo
tutto ciò che si potrebbe fare. D’altra parte
non si metterà mai abbastanza in guardia dal
rìschio di dare la falsa impressione che, nel
quadro di tale collaborazione, le opposizioni
confessionali sono fattori d’importanza secondaria. La collaborazione interreligiosa non
implica necessariamente una adesione ai pre
supposti fondamentali del sincretismo. Tali
iniziative favoriranno lo sviluppo di un clima sineretista nella misura in cui gli organismi in questione lasceranno capire, con le
loro dichiarazioni o con il loro silenzio, che
j compiti pratici che hanno deciso di intraprendere insieme costituiscono di fatto la
sola cosa veramente importante e. che i problemi di ordine religioso che li separano
ancora non sono nuU’altro che k sottigliezze d'ortodossia » (...).
Nella maggior parte dei casi ciò significherà che la collaborazione interreligiosa si limiterà a campi chiaramente definiti. Il problema si complica quando si tratta di vaste
iniziative nel campo culturale, ad esempio
relative aU'educazioiie, ovvero a questioni di
etica nazionale o a qualche ideologia internazionale. Queste iniziative implicano infatti
opzioni (decisioni mentali) previe nel campo
dell'antropologia (concezione deli'uomcì e la
domanda: «Che pensate deli'uomo? » dipende strettamente daH'altra: «Che pensale
di Dìo? ». Accade sovente che cristiani, chiamati a collaborare con uomini che non condividono le loro convinzioni, siano trascinati,
a dispetto dei loro sforzi di rimanere pienamente fedeli, in un'impresa il cui scopo sarà
dì fatto quello dì promuovere una fede che
trascende in tutte le fedi, spogliando le religioni storiche dei loro caratteri specifici.
Ma, sottolineamolo ancora^ il sincretismo
non è lo sfocio fatale di ogni sforzo di collaborazione. Lo attesta l'importante « Dichia
razione universale dei diritti dell'uomo » adotiaia daU'Assembiea generale delle Nazioni
Unite nel 1913. Questo testo fu preparato da
una commissione composta da uomini provenienti da orizzonti religiosi diversissimi. Il
documento riflette il carattere composito della commissione incaricata della redazione, e
il suo vocabolario ha una certa ambiguità;
un testo redatto da persone che avessero le
medesime convinzioni religiose avrebbe senz’altro presentato maggiore unità e precisione. Ma cosi com'è, la dichiarazione presenta
il grande vantaggio di non dire più di ciò
che uomini di convinzioni religiose assai di\erse posauiio affermare insieme senza tradire la loro fede e senza lasciar pensare che
tutti condividono il medesimo punto di vista
suU'uomo e sul suo destino. Tale documento
non ha, dunque, una pretesa sincretistica,
non vuol essere altro che un modesto tentativo di precisare un certo numero di punti
relativi ai diritti dell'uomo, accettabili dalla
maggioranza dei popoli. Così concepito, tale
documento potrà contribuire utilmente a
promuovere un’etica internazionale e, malgrado le sue debolezze evidenti, dovrebbe
esser preso in più seria considerazione di
quanto sia fin qui avvenuto.
La seconda condizione di una tale collaborazione: non si tracci una linea di demarcazione artificiale fra coloro che professano
convinzioni religiose e coloro che affermano
di non averne. Tale distinzione è artificiale
appunto nella misura in cui non si giunge
a dare della religione una definizione accettata da tutti. La tentazione è dunque di includere tutti coloro che si dicono religiosi e
di escludere tutti gli altri. Si giunge così
a raggruppamenti del tutto arbitrari. I cristiani e le Chiese cristiane non possono accettare dì collaborare con una qualsiasi associazione che si dà per religiosa, in vista di
costituire un fronte comune contro l’irreligìone. Non avrebbe alcun senso per Chiese
cristiane entrare in una coalizione delle religioni, dalle più elevate alle più superstiziose e idolatre, diretta contro idealisti, agnostici e umanisti che non si dichiarino religiosi. Alcune manifestazioni della secolarizzazione contemporanea segnano, dal punto di
vista biblico, un progresso spirituale assai
più che un regresso. Un fronte comune delle
religioni contro l’irreligione non avrebbe altro risultato che quello di accrescere l’attuale
confusione; rafforzerebbe l’impressione che
v’è una religione soggiacente alle religioni
storiche già esistenti, e d’altro canto si allargherebbe il fossato fra la Chiesa e il mondo.
Se i cristiani collaborano con gli adepti di
altre religioni, lo fanno per difendere non la
religione, bensì Tuomo minacciato dai nemici secolari: la fame, la malattia, l’oppressione, l’ingiustizia.
LA LIBERTA’
DELL'IMPEGNO CRISTIANO
Abbiamo appunto voluto dimostrare, in
questo lavoro, che il sincretismo non è fatalmente legato allo sviluppo della fede cristiana. Gli esempi di san Paolo e di san Giovanni ci hanno permesso di illustrare la nostra tesi. Entrambi si trovarono di fronte alla
necessità di tradurre l’Evangelo originale
nelle categorie di pensiero e nel vocabolario
propri del loro ambiente. Hanno svolto la
loro missione senza per questo divenire dei
sincretistì e senza alterare in nulla la sostanza della testimonianza originale. Hanno dato
prova di una libertà e di un coraggio stupendi, e non hanno temuto di assumere rischi assai grandi. Ma sono rimasti perfettamente fedeli.
Dobbiamo domandare oggi, per noi, la medesima libertà e il medesimo coraggio. Dobbiamo essere pienamente conquistati aU'idea
che non solo è possibile, ma è assolutamente
necessario interpretare l’Evangelo in termini
che siano più vicini alle civiltà e alle culture
in seno alle quali oggi è annunciato; dobbiamo osare riconoscere che l’Evangelo era
stato rivestito di abiti occidentali estranei
alla sua stessa origine come a quella delle
popolazioni in seno alle quali era proclamalo. E chiaro che non è cosa da farsi in un
giorno; e che tale impresa non può non presentare reali pericoli. Ma la nostra volontà
di comunicare FEvangelo in mollo veramente adeguato dev'essere più forte del nostro
timore del sincretismo. Nella misura in cui
saremo fermamente attaccali alla rivelazione, questa trionferà delle diflicollh; ci proteggerà pure dalla tentazione degli adattamenti facili e menzogneri. E’ venuto il tempo per la sapienza « multicolore » di Dio di
esprimersi nelle forme nuove che l’Asia o
l'Africa danno al pensiero e alla vita cristiana. W. A. Visser 't Hooft
W. A. VISSER T HOOFT: L’Eglise
face au syncrétisme, la tentation du
mélange religieux. Labor et Fitjes.
« Collection oecuménique » n. 2, Genève 1964, pagg. 172, L, 1.750.
REGALATE PER NATALE
un libro unico nel suo genere:
0 Paese, Paese, Paese
•••
di ADA MEILLE
90 poesie accompagnano dal 1200 ai giorni nostri
fatti e personaggi della Storia Valdese
documentati da particolari note storiche
Una nuova edizione Claudiana di 350 pagine
L. 2.500
4
pag
N. 49
11 dicembre 1964
libri
Per i nostri
re
gali
12-14 anni
ADELE JEMOLO MORGHEN: La
trottola. Morano Edit., L. 1.000.
Questo libro vuol mostrare ai ragazzi di
oggi un tempo che per loro è già molto lontano, gli anni della seconda guerra mondiale. Non è un libro di odio. Si nota in tutta
la vasta letteratura che ripensa e riesamina
la guerra, dopo vent’anni dalla sua fine, come i nostri più validi autori sappiano esprimere con vigore la cosciente volontà di pace
che è in tutti. Chi poi ha a cuore il problema educativo, saluta questi libri, e fra essi
La Trottola, come una delle più importanti
attività pacifiche di un dopoguerra. Vi troviamo la storia di una famigliola che vive
la guerra in un qualunque paesino deU’Itaiia : incontriamo gli amici partigiani, l’occupazione dei tedeschi, la persecuzione degli
ebrei, la terribile legge degli « ostaggi », tutto trattato con grande delicatezza, ma con
fermezza. Michele, il figlioletto, vive da solo
una avventura che fa leggere il libro tutto
d’un fiato e lo rende avvincente. Intanto capisce quale maledizione sia Tedio e intuisce
quale assurdità sia una dittatura. L’autrice
aveva premesso che il suo non è un libro
« divertente », ma facciamo credito ai nostri
giovanissimi che essi non vogliono solo ridere, anzi sanno apprezzare e cercare nelle
loro letture una parola che vada nel profondo.
8-10 anni
ALBERTO MANZI: Grogh, storia di
un castoro, Bompiani, L. 1.400.
Siamo alla IV edizione di Grogh, pubbli*
cata pochi mesi fa, e questo dice già il valore del libro. Oltre l’interesse che desta nei
ragazzi l’attività di questo intelligente roditore e il fascino di una natura che Manzi
umanizza chiamando il gelo Kataì, la foresta Ner, l’acqua Elka, il fuoco Tarlai, Janki
la nube, e facendoli agire da amici o da nemici, oltre il piacere che procurano le vicende del racconto, la bellezza del libro sta nel
suo significato morale. Il lavoro dei castori
— costruzione del villaggio o della diga —
è fatto da tutti, per tutti. Il loro coraggio di
fronte a chi vuole sopraffarli — sia Tarlai
o Hug il lupo o l’uomo (chiamato solo « lui »,
il più atroce, il vero nemico) — è grandioso, li spinge a ricominciare sempre da capo,
a osare sempre. Per che cosa poi? Solo lotta
per la vita? Non solo. Ce lo dice Grogh alla
fine : è lotta per qualche cosa che loro, i castori, hanno da dirci, per cui vale vivere e
anche morire : a Noi siamo un popolo libero! ». Berta Subilia
Due neo - licenziati
alla Facoltà Valdese di Teologia
E’ sempre un motivo di soddisfazione e di gioia, per la Facoltà, vedere i suol studenti giungere alla meta
della Licenza teologica; questo vuol
dire ohe l’insegnamento impartito
non è stato vano, e che la vocazione
che aveva portato in Facoltà è stata
mantenuta e confermata.
Nelle ultime settimane, due candidati hanno compiuto le loro prove fili e conseguito la Licenza in Teologia; prima il sig. Otto Ranch, attualmente alla direzione della comui^à riformata di Brusio nei Grigioni.
Il sig. Ranch appartiene a una famiglia svizzera stabilita da tempo in
Siena. Ha frequentato, oltre alla Facoltà di Roma, quella deirxmiversità
di Basilea durante un anno. Dopo averc predicato il sermone di licenza
nella comunità di Piazza Cavour, Domenica 22 novembre (Salmo 20: 5
« Noi canteremo d’allegrezza per la
tua vittoria - e alzeremo le noste bandiere nel nome dell’Iddio nostro») il
carid. Ranch ha esposto pubblicamen
te, mercoledì, 25, l’argomento della
sua tesi a un pubblico composto* noti
solo di studenti e professori, ma anche di diversi pastori interessati al
problema approfondito dalla dissertazione. Il tema era « Psicanalisi e cua d’anime in Paul Tcoirnier ». Il candidato ha preso in. esame le varie opere di questo medico cristiano, alcune delle quali sono anche tradotte in
italiano, e ne ha chiarito i presupposti teologici, occupandosi successiva.ente della funzione della medicina,
della solitudine dell’uomo moderno,
del rapporto fra malattia e peccato,
della nevrosi (la malattia del nostro
secolo), dei veri e falsi sentimenti di
colpevolezza.
Il secondo candidato è stato il .sig.
Renato Coisson, attualmente alla te
siva della comunità valdese di Redoretto. Il sig. Coisson ha predicato nela chiesa di Via IV Novembre la do
nj.(iRica successiva sul Salmo 40, v. 5,
d ha esposto la sua tesi il lunedì 30
novembre. L’argomento era « la vica
e Fattività di Giovanni D'odati»; i
ire secoli che ci separano dalFepoea
di questo insigne personaggio. Lucchese di origine e Ginevrino nella
".uà prO'fessicne (più che pastore, il
Diodati fu infatti professore di teoio
logia all’Accademia di Calvino) non
hanno impedito al candidalo di far
nc rivivere la figura davanti agli ascoltatcri, ambientandola con chiaaiezza e vivacità nella Ginevra del
suo tempo. Di particolare interesse
per noi i rapporti che il Diodati manenne con l’Italia, e in modo speciale
il suo tentativo di favorire uno svilupL> evangelico della riforma abbozzn,ta a Venezia al tempo di Paolo Sarpi.
Il sig, Coisson ha potuto, con minuziose ricerche d’archivio, ristabilire
con maggiore precisione i dati del
viaggio di Dicdati a Venezia. Anche
la partecipazione del Dicdati al Sinodo di Dordrecht, la sua attività pastorale in Francia, e la sua opera di
traduuore hanno avuto una sicura
trattazione.
A questi due neo-licenziati l’augurio di una benedetta attività pastorale e di altri successi ne campo di ricerca in cui hanno scelto di specializzarsi.
b. c.
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
L’editore fiorentino Bemporad-Marzocco ha raccolto in una bella collana
« I premiati del mondo », tutta una
serie di capolavori per rinlanzia, di
autori moderni di vari paesi; fra questi, vi raccomandiamo:
KARL BRUCKNER; Il gran sole di
Hiroshima.
SCOTT O’ DELL: L’isola dei delfini
blu.
NAN CHAUNCY: Il segreto della
valle.
RENE GUILLOT: Griska e l’orso.
Ogni volume di questa serie costa
L IfiOÓ.
Lo stesso editore ha ristampato la
nota opera; Il giornalino di Gian Burrasca.
AN6R06NA (Serre)
— Le attività ecclesiastiche invernali continuano con il loro ritmo caratteristico da
parrocchia montana. Le riunioni quartierali
rimangono ancora sempre il luogo più adatto
per incontrare quasi la totalità dei membri
di Chiesa e per lo‘ studio degli argomenti
più vitali per la Chiesa. Nell’ultimo ciclo
abbiamo esaminato alla luce dello studio del
Prof. V. Viuay « Vocazione e senso della
diaspora protestante in Italia », la situazione
della nostra- comunità. Abbiamo sentito vivo
un senso di vergogna dinanzi a Dio e dinanzi
agli uomini, pensando alle pecche ed all’indifferenza della nostra chiesa, leggendo che
le valli (e quindi anche la nostra valle di
Angrogna) rimangono per gli altri Valdesi
della evangelizzazione la casa e la patria « alla quale da ogni parte si torna, nell’età matura e nella vecchiezza, come al luogo che
è stato il vero e costante punto di riferimento
spirituale della propria vita » perchè in esse
si ricerca sempre « la stessa viva tradizione
di tutti i valori morali e spirituali per cui
le si è considerata patria ». Con esempi pratici abbiamo visto come questa alta responsabilità che abbiamo rischi di non essere
sentita da molti e come invece si debba lavorare per non venire meno all’attesa di chi
forse meglio di noi sa vedere la nostra vocazione!
L’Unione giovanile ha ripreso il suo
lavoro con il mese di Novembre. Gli unionisti sono rimasti piuttosto male quando, alla
prima seduta, la Sig.na Franca Coisson ha
rassegnato le dimissioni dopo avere per due
anni egregiamente ed in modo assai impegnativo curato la loro attività nella sua qualità di Presidente. Ogni insistenza perchè la
Sig.ua recedesse dalla decisione presa è stata
inutile! Tanta è stata la delusione che li per
li li ha colpiti, che hanno persino dimenticato di ringraziarla per il lavoro svolto. Rimediano al loro errore da queste colonne
esprimendo alla loro ex presidente la loro viva riconoscenza. Ma poiché non si vive di
rimpianti e di ricordi, nella seduta successiva si è proceduto alla elezione del seggio per
l’anno 1964-1965. E’ risultato COSÌ composto :
Pres. Sergio Buffa, Vice pres. Silvio Fraschia,
Segretario Renato Monnet, Cassiere Henri
Ricca. Per ora ogni cosa sembra procedere
bene.
La sala unionista migliora il suo aspetto
dimesso : una parete (queUa maggiormente
trasudante umidità) è stata ricoperta di perline in legno che verranno opportunamente
verniciate. Questa miglioria è stata resa possibile dalla generosità deU’Unioue giovanile
che ha finanziato i lavori con parte dei proventi da lei fatti con le ultime sue recite.
— Il 14 Novembre, di sera a Pradeltorno,
ed il 15, nel pomeriggio al Serre, ha avuto
luogo l’assemblea di Chiesa per la elezione
dei deputati alla Conferenza distrettuale che
avrebbe dovuto avere luogo a S. Secondo T8
Dicembre, ma che ora ci risulta spostata al
mese di Febbraio. Sono stati eletti quali deputati la Sig.na Franca Coisson ed il Sig.
Pierino Rivoira. In tale Assemblea è anche
stata presentata, a cura della Sig.na Coisson
una bella relazione sui lavori sinodali alla
quale c seguita una conversazione abbastanza
vivace, specialmente a Pradeltorno, sui problemi più vitali concernenti la nostra comunità e la necessità del suo impegno in determinate direzioni.
— Atti liturgici: L’il Ottobre, nella Chiesa del Serre, è stata battezzata dal Pastore
Alberto Taccia del Capoluogo di Angrogna,
Concessionario GIRARD-PERREGAUX
OROLOGERIA - OREFIOERIA
BORNO EMANUELE
Via Trieste, 6 - PINEROLO - Telef. 3117
^ BERNA
ENICAR
★
★
Attrezzato laboratorio oreficeria per riparazioni
e lavori su ordinazioni
Si accetta anche l’oro dai clienti
Massima garanzia
SI FABBRICANO CROCI UGONOTTE E STEMMA VALDESI
che ringraziamo per avere anche presieduto
il culto, la piccola Gabriella Costabel, di Bruno e di Maddalena Giovenale.
Il 15 Ottobre è stata seppellita nel cimitero di Luserna S. Giovanni la piccola Luciana
Miegge di Nello e di Lidia Miegge, morta
dopo pochi giorni di vita.
Nel tempio del Serre, il 28 Novembre si
sono uniti in matrimonio, in mattinata, Giordan Alberto e Ricca Odetta e, nel pomeriggio, Agli Beniamino Enrico e Fraschia Susanna Maria.
Che il Signore della vita consoli chi è nel
lutto, protegga chi muove i primi passi nella
vita e benedica le famiglie che si formano
con l’intenzione di lasciarsi da Lui guidare
in ogni cosa.
Culto radio
ore 7.40
DOMENICA 13 DICEMBRE
Pastore Ernesto Ayassot
DOMENICA 20 DICEMBRE
Pastore Paolo Riesca
L’Evangelo alla Eadio-!V
della Svizzera Italiana
DOMENICA 13 DICEMBRE
Ore 22 circa - Televisione
La Parola del Signore
(past. Guido Rivoir)
DOMENICA 20* DICEMBRE
Conversazione evangelica
Ore 9,15 - Radio
(past. Guido Rivoir)
bora
Come preannunciato le settimane scorse,
domenica 6 corrente, alla presenza dell’Ispettorato scolastico, del Direttore didattico, delle Autorità comunali, del Pastore e di un
discreto pubblico, ha avuto luogo la cerimo
nia di apertura ufficiale del Centro di Lettura di Informazione.
I vari autorevoli Oratori che si sono suc(jeduti al tavolo della presidenza, tenuta dalla insegnante signora JKutigliano, la responsabile del Centro, hanno felicemente ed efficacemente illustrato le finalità del Centro
stesso. Gli oltre 4000 Centri sparsi in tutta
Italia — hanno detto gli Oratori — costituiscono lo sforzo compiuto dal Ministero
della P.I. di portare la cultura generale e
qualificata laddove non è possibile avere
contatti diretti ed immediati col mondo della cultura in tutte le sue premesse e manifestazioni. Ed il Centro stesso non è costituito soltanto dagli oltre 800 volumi che
trattano di tutto, ma offre a tutti la possibilità di essere informati direttamente da
persone specializzate su determinati argomenti o problemi che interessano la nostra
vita pubblica e privata : agricoltura in generale, veterinaria ed altro. Non solo, ma soprattutto perchè attraverso la cultura l’uomo
possa elevare sempre più se stesso verso il
mondo dello spìrito. E’ stalo inoltre fatto
rilevare che il Centro non può funzionare se
non vi sono delle persone che se ne interessano sia prendendo libri in prestito, sia leggendoli neiraccoglìente e calda saia, ove
hanno a loro completa disposizione la Dirigente sempre pronta a suggerire loro una
buona lettura ed a discutere con loro, se ciò
è di gradimento.
Vogliamo esprimere il nostro più vivo e
sincero sentimento di riconoscenza a quanti
hanno proposto ed appoggiato Taperlura di
questo Centro, ed in modo particolare al
Comune che ha dato ancora una volta prova
della propria sensibilità verso certi problemi che riguardano anche le cose dello spirito umano e ne ha preso tutto Toncre.
BOBBIO PELLICE
La visita di chiesa a Bobbio Pellice è stata effettuata dal Pastore F. Davite, Presidente della Commisione Distrettuale dal 26
al 29 novembre. Egli ha potuto in tal modo
rendersi conto della situazione e dei problemi della nostra comunità presiedendo una
riunione ai Campi la sera del 26, una riunione al centro la sera del 27 seguita da un
incontro col Concistoro; il sabato 28 egli
ha presenziato airesercizio di canto della nostra Corale ed ha presieduto la riunione dell’Unione Giovanile; la domenica egli ha rivolto il messaggio della Parola di Dìo alla
scuola domenicale, al culto, alTUnione delle mamme, ai catecumeni. Sono pure stati
esaminati archivio, registri e contabilità!
Ringraziamo di cuore il Pastore Davite
per la sua visita e ci auguriamo che i messaggi ch’egli ci ha rivolto nei nome del Signore ci spronino tutti ad una maggiore fedeltà od ad un maggiore impegno nella nostra comunità.
Venerdì 4 dicembre si sono svolti alla frazione Garnier di Villar Pellice i funerali del
bambino Favat Renato deceduto improvvisamente alia età di 11 anni. Alcuni giorni
prima egli era stato vittima di una caduta
dalla bicicletta e si era ferito al capo e ad
una gamba. L fatto sembrava non avere alcuna conseguenza per la sua salute; ma improvvisamente, mercoledì mattina 2 dicembre, mentre egli era a letto, la situazione
precipitava : una inaspettata emorragia cerebrale lo faceva passare, in pochi secondi,
senza che nessuno dei suoi se ne accorgesse, dal sonno alla morte. Ai genitori, ai familiari e parenti desolati ridiciamo ancora
la nostra viva e fraterna simpatia in questa
ora di dura prova, affidandoli alla misericordia ed alla consolazione di Colui che un
giorno ci farà conoscere appieno ciò che per
ora possiamo solo conoscere in modo oscuro.
Ringraziamo il Pastore sig. E. Micol per la
sua partecipazione al servizio funebre di questo caro bambino la cui salma è stata tumulata nel cimitero di Bobbio Pellice, e sendo
tutta la famiglia iscritta alla nostra comunità
Sabato 5 dicembre nel nostro tempio abbiamo invocato la benedizione del Signore
sul matrimonio di Cougn Gino Enrico (Torre Pellice) e Pontet Emma (Podio Inferiore).
La comunità tutta rivolge i suoi auguri
affettuosi a questi sposi che si stabiliscono
alla Ciaperassa di Luserna San Giovanni; il
Signore li circondi sempre con la sua grazia
e sia 1 ospite costante del loro focolare.
PERSOMALIA
Si sono spesati a Roma Mario Peyronel e Carla Long.
Agli sposi, che si stabiliscono a Milano, rivolgiamo i nostri auguri più
cordiali.
La piccola Frida è giunta ad allietare la casa di Giovanna e Fernando
Giovannini, a Pisa. A .utta la loro
famiglia, il nostro augurio fraterno.
LeUa Ribet ha ccnseguito brillantemente la laurea in scienze biologiche
presso l’Univers’tà di Torino; congratulandoci vivamente con lei, le facciamo i migliori auguri per la sua attività professionale.
La nostra stampa
vi interessa ?
SOSTENETELA
DIFFONDETELA
Per la Pro Valli
Per la Gianavella : Lino de Nicola (S. Remo) L. 5.000 — Silvio Long (per « Pellegrinaggio uruguayano alle Valli) 20.000 —Emilio Ganz 3.000 — Geraldo Mathieu (Viilar Pellice) 5.000 — Concistoro Valdese di
Rorà 50.000 — Amato Poel (Torre Pellice)
5.000 — Capi. Stephens (Sussex) 5.000 —
Gay Esterina (S. Remo) 500 — Famiglia
Monnet (Bricherasio) 2.000 — Livietta Stringai (S. Germano Chis.) 1.000 - - Carlo Armand Hugon (Torre Pellice) 1.000.
Direttore resp.: Gino Conte
Keg. al Tribunale di Pinerolo
Ü. 17.5, 8-7-1960
fio. ’^uhaluina s.p.a. - Torre Pellice ( To
avvisi economici
i
AFFITTASI ai Coppieri Superiori, alloggi«,*
vuoto 5 camere e servizi, giardino, liljcr*,'
subito. Rivolgersi; Corsani, Villa Davvi.
(telef. 94.79).
FAMIGLIA evangelica, residente Lusscìììburgo, con due bambini, cerca giovani,
attiva tuttofare, possibilmente con nozio
ni di francese. Elettrodomestici, ottimi
trattamento, lunghe vacanze in Italia. Seri
vere : Annalisa Ducei Greppi - Via Buon
vicini 13, Firenze.
Il fratello e la screlia del com.pian
to
Paolo Forneron
esprimono* la loro sentita riconoscenza a tutti coloro che hanno pre
so parte al loro* dolore.
In modo particolare ringraziano U
Pastore sig. Ayassot, il Dott. Ro*s e
tutti i parenti, amici e vicini di casa
che furono larghi di aiuto durante la
malattia e in occasione della dipartenza del loro Caro.
Prarostino, 16 novembre 196.
LUSERNA S. GIOVANNI
Dipartenze. — Nella nrecedi»ntp cronaca
è stato involontariamente omesso il nome
della nostra sorella Leontina Vandelli Ved.
Ernesto Boulard, improvvisamente richiamata dal Signore il 16 settembre, in età di
64 anni; il 2 novembre, al Rifugio, dopo
anni di paziente sofferenza, si è dipartita da
noi la nostra sorella Emma Goss in Comba,
da Torre Pellice, in età di 62 anni; e il
giorno seguente il Signore richiamava a Sè
la nostra sorella Romilda Grill in Odin, in
età di 65 anni; il 18 novembre, all’Ospedale
di Torre rispondeva serenamente alla suprema chiamata la nostra Delila Benech ved.
Pons in età di 73 anni, l’inumazione della
salma ha avuto luogo in Angrogna, luogo
di origine della defunta; il 27 novembre nella sua nuova abitazione dì Via Trieste concludeva la sua giornata terrena, dopo lunghi mesi di infermità, il nostro fratello Umberto fraschia che fu per molti anni un valido sostegno delle nostre varie attività di
chiesa e in ultimo oculato tesoriere dell’Asilo
per Vecchi. E il 30 novembre, un giovanissimo della famiglia di chiesa Orazio Pons di
Sergio, di Materia, rincasando verso sera dopo la giornata di lavoro, in motocicletta, in
un tragico incontro con un grosso carro agricolo, veniva gravemente colpito al fianco e
decedeva poco dopo in Ospedale, in età di
18 anni.
Alle famiglie dolorosamente provate nei
loro affetti migliori, la Comunità tutta rinnova l’espressione della sua solidale simpatia.
Annunzio. — Sabato 12 corr. alle ore 21
le nostre Unioni Giovanili, riunite nei loro
locali del Centro, riceveranno l’attesa visita
del pastore Giorgio Bouchard di Ivrea, tutti
sono cordialmente invitati! j.
Acquistando i VINI MARSALA
dal fratello Gorzia Sanatore, via
Cap-pii'ceini, 6, Marsala, contrilyuirete alla ereazione di un fondo per
la cO’Sitruzione di un’Opera Evangelica in Marsala, in quanto tutto
ili guadagno, escluso il minimo indispensabile al suo fabbisogno familiare, va devoluto per l’Opera
Cartone propaganda :
6 bottiglie da 750 gr. L. 2.100
12 bottiglie da 750 gr. L. 3.900
C.C.P. 7/528 Chiedere listino prezzi.
Per l’opera di Marsala è già stata
rersata alla Tavola la somma d»
(ire 113.690.
Malattie
orecchio, naso e gola
Il dott.
Oskar Schindler
riceve per malattie di
orecchio, naso e gola
a POMARETTO (presso l’Ospedale Valdese) tutti 1 lunedì
dalle 14 alle 15,30.
a LUSERNA SAN GIOVANNI
(presso lo studio del dott. Pelizzato ) tutti 1 venerdì dalle
13,30 aUe 15.
a TORINO (via Bistagno 20 S. Rita) martedì, giovedì e sabato dalle 14 alle 16.