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Anno 117 ■ N. 26
26 giugno 1981 - L. 300
BIBMOTECA VAI L
Sp«ò)zìona In abbonamento postale
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
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Cosa sarebbe successo se un
giornale non avesse fatto da altoparlante ai pensionati che a
Torino la settimana scorsa protestavano in un ufficio postale
per un migliaio di mandati di
pagamento misteriosamente spariti? Quante settimane ci sarebbero volute perché gli uffici competenti producessero i duplicati?
Basta porre queste domande
perché a ciascuno vengano in
mente esperienze proprie o altrui
di disservizio burocratico: la pensione arrivata un paio d’anni dopo la cessazione dell’attività lavorativa; il passaporto perso nei
meandri di una questura per un
errore ortografico; il pagamento
di un ente locale dilazionato fino ad essere dimezzato a causa deU’inflazione... Là dove non
ci sono altoparlanti, conoscenze
o raccomandazioni — e in genere
è questa la normalità dei casi —
la burocrazia è come una paralisi progressiva che soffoca lentamente l’iniziativa, la fiducia,
la vita stessa.
Alla radice della gigantesca disfunzione in cui stiamo sprofondando c’è un capovolgimento
progressivo che si è verificato
in questi ultimi decenni, da quando i servizi hanno cessato di essere pensati e gestiti in funzione
degli utenti per cominciare ad
essere pensati e gestiti in funzione di chi li eroga. È chiaro che
una buona fetta della responsabilità di questo latto spetta ad
un regime politico-amministrativo e ad una cultura che non
hanno saputo educare i propri
funzionari nella dirittura e nella
dignità che vengono dall’equilibrio tra un’esigente sollecitazione
di doveri e uno scrupoloso rispetto di diritti.
In altri paesi l’espressione « civil servant », servitore della comunità civile, ha il suono dell’onore, del rispetto, e della responsahilità; da noi avrebbe il
suono dell’irrisione o del compatimento, per cui tanto l’espressione, quanto il suo contenuto,
sono accuratamente evitati.
D’altra parte in molti settori
una fetta delta responsabilità va
ad un sindacalismo miope e corporativo che ha pensato che la
giusta rivendicazione dei diritti
passasse necessariamente attraverso la diminuzione dei doveri,
attraverso la riduzione dei mansionari, la mortificazione della
responsabilità, il soffocamento
dell’iniziativa.
Così, il compito che sta davanti a chi lavora nel settore dei servizi è oggi di una assurdità in
verosimile: si tratta di rivendica
re da uno stato e da un’ammini
strazione quasi totalmente inesistente o paralizzata non solo i
propri diritti ma anche i propri
doveri!
Certo moltissimi non prendono
neppure in considerazione questa eventualità assurda. Ma vi
sono persone che all’interno delle diverse branche della burocrazia lottano contro il muro di
gomma dell’inerzia, contro la legge dell’« invecchiamento della
pratica », contro la deprofessionalizzazione, contro il rifiuto delle responsabilità, contro la resa
incondizionata al conformismo!
Chi glielo fa fare? Forse le risposte sono diverse e molteplici, ma una mi sembra comune
a posizioni ideolog;iche, politiche,
filosofiche o religiose anche molto diverse: il rispetto di se stessi come base del rispetto dell’umanità dell’altro.
Franco Giampiccoli
NELL’ANNO INTERNAZIONALE DELL’HANDICAPPATO
La diversità non è una malattia
Un netto rifiuto di una concezione della « normalità » in funzione della costruzione di una
civiltà e di una società in cui la diversità sia degradata a malattia
La tradizione culturale e scientifica del nostro paese ha sempre considerato il cittadino non
integro sul piano psicofisico come un disabile.
Si sa comunque che il concetto di disabilità è opposto a quello di abilità e quest’ultimo è funzionale al raggiungimento di un
determinato obiettivo: esso cioè
non si costruisce su un piano
teorico-astratto ma su un piano
sperimentale, tecnico-pratico.
Non c’è quindi da essere sorpresi Se l’individuo disabile è
considerato tale non in relazione
alle proprie condizioni bio-psicofisiche ma in rapporto ad alcune
attività che la propria disabilità
gli impedisce di svolgere: il lavoro per esempio, oppure l’andare a scuola, oppure ancora lo
stare con gli altri in un quartiere o, infine, il vivere con la propria famiglia. La disabilità non
viene considerata un prodotto,
storico e concreto, di una determinata situazione sociale e sanitaria ma viene invece vista come un impedimento a fare quello che fanno gli altri: lavorare,
studiare, giocare etc.
Su questi impedimenti la società, gli esperti, la scienza e le
sue istituzioni hanno costruito
la separazione. E così se un individuo era disabile al lavoro veniva avviato ad un laboratorio
protetto, se invece era disabile
all’apprendimento era educato in
una scuola speciale oppure in
una classe differenziale, se invece era disabile alla vita associata veniva internato nelle istituzioni manicomiali.
Il concetto di disabilità, nei
fatti, è stata una costruzione
ideologica che ha contribuito ad
impedire che venisse realizzato
l’art. 3 della carta costituzionale
il quale afferma che al di là delle
diversità di lingua, razza, religione, di personalità quindi, ogni
cittadino ha diritto di accedere
liberamente ai luoghi dove si fa
cultura, si socializza, si apprende. E le scienze che sulla disabilità hanno fondato il loro impero, come la medicina e la psicologia, hanno fornito il supporto
tecnico perché questa costruzione ideologica venisse accreditata
come la forma più efficace di risposta ai bisogni dei cittadini
portatori di una diversità (e quindi anche di quella diversità legata all’handicap).
Nei fatti quello che si è andato ricercando è stato sempre lo
stereotipo del cittadino medio e
normale, dell’alunno-normale, del
lavoratore-normale in funzione
della costruzione di una civiltà
e di una società in cui la diversità è degradata a malattia.
Non a caso la stessa diversità
legata alla disabilità è stata catalogata e collocata vicino alla
norma oppure da essa lontano a
seconda dei valori, delle idee, dei
parametri che usava chi era preposto alla formulazione di una
diagnosi oppure alla valutazione
tecnico - pratica di un deficit. E’
stata sempre una valutazione
soggettiva, mai una valutazione
oggettiva, storica, pratica.
Non si spiegherebbe altrimenti
resistenza in Italia di oltre 100
leggi che tutelano gli interessi
La guerra è in molti paesi
Nella foto un
il principale fattore disabilitante,
bambino vietnamita.
di oltre 100 categorie di cittadini
disabili.
Ma un’altra conseguenza di
questo modo tradizionale di intendere questo problema che ha
portato gli esperti ad identificare una minorazione psico-fisica
con una disabilità è stata quella
DAL CULTO DELLA CONFERENZA DEL IV DISTRETTO
E’ tempo di cercare VEterno
« Seminate seeondo la giustizia, mietete secondo la misericordia, dissodatevi un campo nuovo!
Poiché è tempo di cercare l’Eterno, finché Egli non venga, e
non spanda su voi la pioggia della giustizia ».
(Osea 10; 12)
L’analisi della situazione, la
esperienza maturata in questo
ultimo anno così ricco di eventi
profondamente negativi che vanno dalla strage di Bologna allo
scandalo della Loggia massonica
passando dal terremoto che ha
sconvolto le regioni meridionali,
indurrebbe a vedere questo tempo o come un tempo di giudizio
o come un tempo in cui Dio è
assente. E così la tentazione al
fatalismo, alla rassegnazione, al
disimpegno trova il suo humus
fertile.
Sì ci sono qua e là delle lodevoli eccezioni:
—■ masse che si mobilitano per
condannare la strage di Bologna;
— volontariato e generosità per
soccorrere i terremotati;
— 2/3 del popolo italiano che rifiuta il giogo cattolico sulla
Legge 194;
ma tolto il pathos del momento
e accanto a questi esempi positivi non possiamo non registrare
— il milione e passa di firme per
il ripristino della pena di morte;
— il successo sempre crescente
di quei movimenti religiosi
che propongono, con le tecni
che più disparate, il distacco
dal mondo;
— l’uso sempre più diffuso della
droga con la morte prima civile e poi fìsica di una moltitudine di giovani.
In questo quadro — certamente ancora imparziale, incompleto — ma già sufficientemente contradditorio noi possiamo e dobbiamo vivere la nostra fede, la
nostra vocazione.
Siamo appunto qui per interrogarci tra noi e per chiedere al
Signore come vivere questa vocazione che Egli ci ha rivolta.
Ma il come poggia sul perché.
Non elaboriamo strategie, non
impegniamo risorse ed energie in
nome di un lodevole umanesimo,
in nome di un'astratta ideologia
laica che lodevolmente può, e
forse deve, perseguire il fine di
una migliore giustizia e la costruzione di una società diversa.
Il nostro perché è dato dal Signore. Perché questo tempo è il
Suo tempo; perché questo è il
tempo della salvezza.
Il profeta Osea impiega dieci
capitoli del suo libro per analizzare e denunciare la situazione;
la concreta realtà dell’infedeltà
del popolo di Israele contiene già
in sé il giudizio di Dio: non v'è
né verità, né misericordia, né conoscenza di Dio nel paese. Si
spergiura, si mentisce, si uccide,
si ruba, si commette adulterio;
si rompe ogni limite, sangue tocca sangue (4: 1-2). Galaad è una
città d’operatori di iniquità, è
coperta d’orme di sangue (6: 8).
Praticano la falsità; il ladro entra, e i briganti .scorazzano fuori... divorano i loro reggitori... si
¡•adunano ansiosi per il grano e
il vino e si ribellano a me! (7: 1,
7, 14).
In questo quadro — non certo
lontano dalla nostra esperienza
quotidiana — l’Eterno, per bocca del profeta Osea, rivolge la
sua esortazione; il giudizio è certo presente; il peccato è condannato; il .suo salario è evidente, è
sotto gli occhi di tutti: una società in disfacimento, in decomposizione!
Ma Osea dice che tutto questo
non è ineluttabile, non è il destino ultimo: c’è ancora un tempo
per ravvedersi, per cambiare
rotta...
E’ quindi ancora tempo di salvezza.
« E’ tempo — dice Osea — di
cercare l’Eterno ». Non perché
Dio sia lontano, assente, na.scosto: « il mio popolo, dice l’Eterno, perisce per mancanza di conoscenza » (4: 6).
Lo sappiamo che non si tratta
Arrigo Bonnes
(continua a pag. 10)
di immaginare il cittadino disabile come un malato permanente, e la disabilità come malattia
da osservare, tenere sotto controllo costante, dominare. Se la
disabilità è una malattia allora
ne consegue che la maniera più
produttiva e socialmente utile di
intervenire è quella di allestire
dei modelli di sanitarizzazione e
di medicalizzazione dei bisogni
del cittadino disabile.
E’ stata questa filosofia che ha
portato alla proliferazione di una
miriade di centri sanitari specifici per il trattamento di specifiche disabilità. Il risultato di questo modo di procedere non ha
bisogno di commenti: è stato
parziale e riduttivo, ha dato luogo ad un vincolo di dipendenza
del « disabile » dal riabilitatore,
ha promosso ed incentivato i
viaggi della speranza, vere e pronrie speculazioni sulla pelle della povera gente.
Ecco perché pensiamo che è
giusto mettere in soffitta il termine disabile e parlare invece
di handicap. Non è solo una questione di linguaggio oppure filosofica; è una metodologia di lavoro completamente differente, è
una visione del problema più moderna all'altezza dello sviluppo
delle conoscenze scientifiche nel
settore delle scienze dell’uomo.
Ebbene, la base di partenza di
questa nuova concezione culturale, scientifica e politica del problema si fonda su alcuni elementi che possono essere comunicati
in maniera schematica così:
a) l’handicap non è una malattia, ma il prodotto di una malattia che può essere intervenuta
durante la gravidanza, al momento e subito dopo la nascita, in
epoche successive;
h) l’individuo handicappato
non è quindi un malato ma una
persona come tutte le altre persone e quindi diverso, come diverse sono tutte le persone. La
sua diversità non può essere utilizzata per costruire dei ghetti,
delle strutture segreganti, ma va
usata per avviare dei processi di
Giuseppe De Luca
(continua a pag. 4)
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26 giugno 1981
CONFERENZA DEL IV DISTRETTO
Terremoto: un’occasione
per lavorare insieme
— Qual è stato il momento centrale della Conferenza?
— La discussione sul terremoto, che ha occupato tutta la mattinata di sabato 6. Nella nostra
relazione alla Conferenza avevamo dato il massimo spazio alla
questione del terremoto e per
questo avevamo invitato il presidente della Federazione Bensi e
insistito sulla sede di Ecumene
per facilitare questa partecipazione. Nella Conferenza abbiamo
sviluppato alcuni punti orientativi che costituiscono un punto
di riferimento valido anche per il
futuro.
E cioè?
— Per esempio abbiamo insistito particolarmente sul fatto
che per la prima volta, causa il
terremoto, gli evangelici di chiese
diverse in Italia hanno l’opportunità di fare insieme quello che
120-130 anni fa, all’inizio della
evangelizzazione, è stato fatto separatamente, ciascuno con la sua
scuoletta, la sua cappella, la sua
opera sociale. Oggi la prospettiva e l’augurio è che si sviluppi
un piano di intervento comune
per la durata di 5-10 anni in accordo con la Federazione.
Intanto, per prima cosa, la
Conferenza ha chiesto alla Commissione esecutiva di organizzare un convegno sulla questione
meridionale invitando tutte le
chiese evangeliche presenti nel
Sud.
— Quali altri punti di rilievo
nella Conferenza?
— Con un paragrafo della relazione delia Commissione esecutiva e una « nota aggiuntiva »
distribuita alla Conferenza abbiamo posto in discussione la «questione morale », che sappiamo
costituirà un punto anche della
relazione della Tavola al Sinodo,
e abbiamo cercato di condensare in un ordine del giorno l’ampio dibattito.
Un altro momento rilevante è
stata la discussione e — per la
prima volta — la approvazione
con un voto delle relazioni morali e finanziarie degli Istituti del
distretto (eccetto quelli che riferiscono al Sinodo).
Mi sembra importante anche
l’ordine del giorno sulla diaconia e il ruolo diaconale che credo possa costituire un buon
orientamento anche per la discussione sinodale.
— Come si è espressa la Conferenza sulla sistemazione del
campo di lavoro che era stata
criticata in alcuni circuiti?
— —La nostra relazione è stata piuttosto dura su questo argomento. Se da un lato abbiamo ringraziato la Tavola per il
potenziamento del IV distretto,
dall’altro abbiamo puntualizzato
la mancanza di contatto che già
le assemblee di circuito avevano
rilevato. La Conferenza ha espresso in due ordini del giorno
questi due aspetti della questione. Vorrei comunque precisare
che ciò che a noi interessa non
è tanto una critica alla Tavola
quanto un rilevare che tra la regolamentazione valdese (suddivisa tra chiese autonome che eleggono il pastore e non autonome
a cui la Tavola assegna il pastore) e la regolamentazione metodista (che prevede l’assegnazione
dei pastori ai circuiti previa consultazione, anche se non vincolante, delle assemblee di circuito) esiste una difformità rilevante che costituisce problema.
Quanto è accaduto quest’inverno
ha messo in evidenza il fatto che
tra queste tre modalità vi è più
un accostamento che una coesione. Puntiamo perciò non ad
una critica dell’operato della Tavola fine a se stessa, bensì ad
una migliore regolamentazione
di questa materia. Comunque si
è insistito anche sul fatto che se
il Sinodo giustamente intende
corresponsabilizzare gli organismi intermedi, non si può sottrarre loro un momento così importante come la partecipazione
alla sistemazione della propria
cura pastorale.
— Come mai avete deciso di
tornare a Ecumene per la prossima Conferenza distrettuale?
— Perché ci siamo trovati molto bene! E sono stati proprio
quelli che non erano d’accordo
su questa sede i primi ad accettare questo bis. Il fatto è che se
anche il viaggio è molto lungo e
faticoso, una volta arrivati e avendo il tempo a disposizione
ad Ecumene ci si trova benissi
mo e c’è la possibilità di fare im
buon lavoro. Al successo di questa Conferenza ha contribuito notevolmente il seggio guidato da
Arrigo Bonnes e Mirella Scorsonelli che ha funzionato molto bene, tanto che non ci sono state
perdite di tempo e si è potuto
svolgere interamente il programma di lavoro.
Intervista a cura di
Franco GiampiccoU
quanti si sono fin qui impegnati rispondendo certamente ad una vocazione al
servizio che il Signore ha rivolto.
La C.D., esaminato il progetto di ruolo diaconale, presentato dalla Tavola e
rinviato alle chiese e ai distretti dal
Sinodo del 1980 (29 SI/80), rilevato che
tale progetto appare prevalentemente
teso alla regolamentazione di situazioni esistenti, piuttosto che alla creazione
dei presupposti per un qualificato impegno di nuove forze nel servizio della
chiesa e delle opere sociali,
considerato che appare indilazionabile, per lo stesso futuro di una parte
consistente della nostra presenza in
Italia, l'individuazione, la formazione
teologica e professionale e l’assunzione di credenti vocati per un lavoro diaconale, chiede al Sinodo di elaborare
e approvare rapidamente un progetto
di istituzione del ruolo diaconale che
si fondi, tra l'altro, sui seguenti principi:
una adeguata preparazione teologica
e professionale, teorica e pratica, da
acquisirsi, ove possibile, attraverso
strutture delia chiesa;
l'assunzione da parte della chiesa dell'impegno di provvedere ai bisogni della vita dei diaconi in misura pari a
quanto previsto per i pastori;
una adeguata partecipazione dei diaconi nelle assemblee degli organismi
intermedi ed al Sinodo, conformemente al principio per cui le suddette assemblee si compongono di rappresentanti delle chiese, di operai e di membri ex-officio, per questi ultimi in funzione delle responsabilità che agli stessi sono affidate nella vita della Chiesa.
Dagli atti
CENTRO D’INCONTRO DI VERCELLI
Un discorso sgradito
La C.D., posta di fronte ai recenti
scandali che hanno sconvolto la vita
politica italiana e messo in evidenza,
ancora una volta, la corruzione perretrata anche ai più alti livelli degli organi
dello Stato,
esprime il proprio sdegno nei confronti dei responsabili della vita pubblica che hanno abusato del potere loro conferito, ed il proprio timore di
ripercussioni negative all'Interno di una
società spinta verso il qualunquismo o
la ricerca di soluzioni autoritarie;
rileva peraltro che, anche dai risultati della recente consultazione referendaria sulla 194, emerge un’Italia capace
di assumere e mantenere responsabilità
per un progresso civile e democratico;
invita le comunità ad essere vigilanti
nei confronti di eventuali processi involutivi dell'organizzazione dello Stato,
ma anche aperte e pronte alla collaborazione nei confronti di quelle forze sociali e politiche che concretamente
esprimono una volontà di rinnovamento;
chiede loro di dibattere senza falsi
timori, anche pubblicamente, i problemi che si pongono in ordine alla costruzione di un modo diverso di governare, inteso come esercizio di un ministero, cioè un servizio, nel senso di
Romani 13; 4;
rende infine attente le chiese ai fatto
che la predicazione pubblica dell'Evangelo significa oggi anche responsabilità
dei singoli e delle comunità nell'edificazione di una società e di rapporti
sociali fondati sulla giustizia, la pace e
l'amore per il prossimo.
La C.D., sulla base della relazione
della CED sul problema dell'intervento
nelle zone colpite dal sisma del 23.11
1980, udita la relazione del Presidente
della FCEI e dibattuto ampiamente il
problema, concordando sulla necessità
di un impegno a lungo termine, condividendo il programma operativo della
Federazione,
si rallegra per l'impegno assunto
dalla Federazione e si compiace per la
possibilità di un lavoro unitario dell'evangelismo italiano in collaborazione
col protestantesimo internazionale;
invita le chiese a collaborare con la
FCEI per il reperimento del personale
necessario alla gestione dei Centri sociali, delle Cooperative e degli altri interventi, sottolineando la necessità della formazione specifica di giovani disponibili e vocazionalmente qualificati;
ritiene che la possibilità d'intervento nel sociale non possa e non debba
essere disgiunta dall'annuncio liberatorio deH'Evangelo, ringrazia pertanto
Nello stesso Salone in cui si
sono tenuti i « Concerti di Primavera », venerdì, 12 giugno, le
note del «Giuramento di Sibaud»
hanno chiuso il Concerto che la
Corale Valdese di Torino, su invito del Centro d’incontro Evangelico, ha tenuto nel Salone Dugentesco dinnanzi a numeroso
pubblico ed hanno dato l’arrivederci al prossimo autunno agli
amici del Centro.
Dopo il Seminario biblico su
la Passione in Marco, il Centro
ha organizzato ancora due incontri, uno su « Etica e aborto,
analisi biblico-storica », in maggio, con la partecipazione del
pastore Alfredo Berlendis, e l’altro, primi di giugno, su « Irlanda: una guerra di religione? »
conversazione introdotta dal
dott. Carlo Papini e dal pastore
Sergio Ribet.
Inoltre, non va dimenticata, in
questa breve cronaca, l’ospitalità offerta dal Centro d’incontro
al Gruppo « Cristiani per il No »,
che, in occasione dei Referendum, si è costituito con l’adesione di cattolici ed evangelici,
e per la sede del gruppo stesso
e per lo svolgimento di un di
battito dal titolo « Le ragioni
di un voto » con la partecipazione di un’esponente radicale,
del Movimento per la vita, delle comunità di base e di una
evangelica.
Di sfuggita notiamo che tutto ciò non è stato gradito al
cattolicesimo locale che ha espresso il suo dissenso per mezzo della sua stampa facendone
un discorso globale di ecumenismo poco serio e poco chiaro.
Ma torniamo alla Corale Valdese. Essa ci ha offerto un bel
concerto con un programma estremamente ricco, sia per qualità che per quantità, magistralmente diretto da Eugenio Tron.
Successo vivissimo in entrambe le parti in cui era articolato
il programma e applausi giustamente suddivisi tra direttore e
coro.
Il pastore Alberto Taccia ha
guidato i presenti all’ascolto
presentando di volta in volta i
brani. Ne è scaturita una serata particolare di canto e di evangelizzazione.
A questi fratelli vada il nostro
grazie mentre formuliamo l’augurio di averli ancora tra noi.
DALLE CHIESE
Bordighera: manifestazione delle corali
Su iniziativa delle comunità
di Bordighera e Sanremo e con
la partecipazione di quattro corali delle Valli (Pinerolo, S.
Germano Chisone, S. Giovanni e
S. Secondo) ha avuto luogo a
Bordighera domenica 14 giugno
una manifestazione di testimonianza evangelica mediante il
canto.
Il complesso corale era composto da circa 120 elementi, tra
cui molti giovani ed un certo
numero di sorelle in costume
valdese; ad esso si era aggiunto
un folto gruppo di accompagnatori.
Al mattino i coralisti hanno
partecipato al culto a Sanremo
e a Bordighera. Nel pomeriggio, nel grande salone del Palazzo del Parco di Bordighera (gentilmente messo a disposizione
dal Comune), dopo un saluto
da parte del past. G. Peyrot, le
corali, sotto la direzione alternata della Sig.na Elda TUrck,
della Sig.ra Maria Luisa Davite
e del Sig. Enrico Charbonnier,
hanno eseguito, per circa due
ore, un programma vario ed interessantissimo diviso in tre parti: a) inni alla fede, sette inni
dell’anno liturgico dell’Innario,
eseguiti dalle corali riunite. Sono seguiti quattro cori sacri,
(J.S. Bach, Bortniansky e F. Rivoir) eseguiti dalle singole corali. b) Canti storico-religiosi:
il n. 162 dell’Innario « I dieci
comandamenti » da una antica
complainte valdese; « La mère
de Roussel » (altra complainte);
« Le prisonnier de Saluce » (id.);
<( La Cévenole » ( canto popolare
ugonotto); «La sentinella»
(Guido Comba); anche questi eseguiti singolarmente dalle corali. c) Canti popolari « La
stella del mattino ». « Come la
vita è dolce cosa» (Ch. Mayor),
« Le petit village » (J. Dalcroze),
« La rosa alpina », sempre eseguiti singolarmente dalle corali. Per concludere, tutte le corali insieme hanno cantato il
« Giuro di Sibaud » e « Resta
con noi, o Signor », dalla cantata n. 147 di J. S. Bach, molto
suggestiva, con accompagnamento di fiauti.
Le varie parti del programma sono state introdotte da note esplicative del past. M. Ayassot, che sono risultate molto
appropriate per la comprensione del messaggio dei vari inni
e cori eseguiti.
Al pubblico erano stati distribuiti i testi ciclostilati di tutti
gli inni ed i cori onde permettere di seguire le parole e quindi il messaggio. Quasi tutti i fogli distribuiti sono stati poi portati via dal pubblico, la cui affluenza è stata discreta, tenuto
conto dell’ora pomeridiana (15
e trenta) ritenuta poco favorevole a questa stagione, già piuttosto calda, dalla popolazione
locale e dai turisti. Non avevamo altra scelta!
Le corali, terminata la manifestazione, si sono ritrovate ancora alla Casa Valdese di Vallecrosia per il thè ed un omaggio
floreale offerti dalle Unioni Femminili Valdesi di Bordighera e
Sanremo.
Nel complesso, una bella giornata trascorsa sotto il segno
della fraternità e che è stata
una occasione di testimonianza
evangelica nella città delle Palme. Ringraziamo ancora sentitamente le corali, coi rispettivi
direttori e direttrici, per la loro venuta ed il loro contributo
alla manifestazione di Bordighe
Non violenza e
disarmo
TOSCANA — I giovani delle
chiese battiste metodiste e vaidesi di Firenze, Pisa e Pistoia
si sono incontrati a Fresanti per
un campo sulla non-violenza
nei giorni 12-14 giugno.
Ecco le conclusioni del loro
incontro sul tema del disarmo.
« Come credenti sentiamo la
necessità di rendere partecipi
le nostre comunità della gravità
del problema, perché ci sembra
che manchi una posizione chiara e netta a favore della pace.
In un mondo alle prese con
enormi contraddizioni, dal sottosviluppo economico allo spreco di risorse energetiche, è assolutamente perverso, per non
dire tragicamente stupido che
l’Italia s’impegni anche essa, come sta facendo, in questo sconsiderato aumento delle spese
militari. Vogliamo denunciare
anche il ruolo infame che abbiamo di esportatori di morte
(4° posto fra i produttori mondiali di armamenti). Pensiamo
inoltre di non nasconderci dietro il solito « come faremo poi
a difenderci »; la nostra risposta alle reali minacce che esistono consiste nell’operare concretamente per la riapertura e
l’avanzamento dei negoziati bilaterali, e nel lottare per rimediare alle situazioni di ingiustizia e di oppressione che rendono i Paesi nemici tra loro.
Ma quali sono le nostre reali
possibilità per cercare di cambiare la mentalità violenta e
militarista, che vediamo annidata un po’ dappertutto?
Ci sembra ch il primo strumento da utilizzare sia quello
dell’obiezione di ccoscienza al
servizio militare, come possibilità concreta di cambiare lo stato delle cose in senso antiautoritario.
Certo, il servizio civile non va
preso come una scappatoia alla
« naia », ma come un passo primario per coloro, credenti e
non credenti, che si professano
non-violenti. Va però garantita
una maggiore informazione, un
controllo e una responsabilizzazione precisa, per coloro che
lavorano nelle strutture, anche
le nostre, in cui si può operare.
In tal senso vogliamo impe
gnarci per attivare le nostre
scelte come giovani evangelici
in questi ambiti perché la cosa
si allarghi sempre di più e possa assumere un reale contenuto
alternativo. Sarà allora possibile « vivere senza armi » e dedicare tutte le nostre energie ad
una vita di qualità migliore per
i singoli e per la collettività ».
Vintebbio: conferenza
suiruister
« Abbattere i pregiudizi e promuovere la giustizia » è il suggerimento dato, per risolvere la
grave e annosa situazione delruister, da uno dei presenti alla conferenza su: « Irlanda: una
guerra di religione? ».
La relazione del pastore valdese Sergio Ribet, svolta la sera del 9 giugno nella Sala dell’Accademia di Arte e Cultura
di Serravalle Sesia, è stata seguita con attenzione e gli interventi e le domande dei presenti
hanno sottolineato la validità
della scelta del tema.
In apertura il moderatore —
sig. Mario Barbieri, presidente
dell’Accademia — ha rilevato
il « coraggio » dei protestanti
nell’accettare di parlare della
situazione spinosa del Nord Irlanda e, rispondendo probabilmente a critiche avute, dichiarava la disponibilità dell’Accademia ad ospitare ed a collaborare con qualsiasi persona o gruppo desideroso di portare un discorso culturalmente valido.
Notiamo che questa conferenza è stata organizzata dalla
Chiesa Evangelica di Vintebbio
e dall’Accademia di Serravalle,
mentre gli altri due precedenti
incontri — anch’essi tenuti nella
Sala dell’Accademia — sono stati organizzati solo dalla Chiesa
Evangelica, e cioè: « Aborto e
Bibbia » il 22 aprile, relatore
Renato Di Lorenzo; e « Le ragioni
di un voto », il 5 maggio, relatrice Carla D’Inverno.
3
26 giugno 1981
VITA TRA GLI TZIGANI
DaH’arida terra italiana
Si è tenuto per la prima volta nella storia del risveglio tzigano
vegno di quattro giorni in Lombardia
un con
Per la prima volta nella storia
del rnoyimento di risveglio tzigano si è tenuto un convegno in
Italia con la partecipazione e la
collaborazione prevalente dei
Rora residenti in Italia; alcune
decine di « roulottes » si sono
date appuntamento in un grande
prato di Pioltello, concesso in
uso da una banca milanese; al
centro due tende; sotto la piccola la sorella Bertilla ha tenuto
la Scuola domenicale, con l'uso
del flanellografo, a una folta
schiera di bambini mentre sotto
l’altra sono stati tenuti i culti,
gli studi biblici per i predicatori,
le testimonianze, in un clima di
gioia, manifestata nel canto con
raccompagnamento delle chitarre. Non c’era quel senso di monotonia di certi nostri culti gestiti dall’omino vestito di nero
bensì un alternarsi di brevi messaggi, di esperienze vissute, di
intensa preghiera espressa dalla
comunità dei presenti.
Sono lieto di ricordare il fratello Jacob venuto dalla Francia
per mettere a frutto del convegno la sua lunga esperienza, Vincenzo Buso responsabile della
missione in Italia, i predicatori
Ghigo, Tosha, Mile, Nado, Vladimiro, le corali di Venaria, Prato
Ernpoli, appartenenti alle comunità pentecostali indipendenti;
oltre ai Rom residenti nella zona c'erano delegazioni della Germania, e altre nazioni. Il convegno è durato quattro giorni in
uno spirito di ricerca della Parola di Dio per preparare meglio la
schiera degli evangelisti e istruire ad un tempo la base del popolo nomade. Da Roma è venuto
Renato Malocchi per preparare
una trasmissione televisiva in occasione del prossimo convegno
che si terrà nel Veneto nel mese
di luglio.
La tenda
della speranza
_ In un incontro del comitato per
l’evangelizzazione tra i Rom frére Jacob ha prospettato l’acquisto d’una grande tenda per l’opera di testimonianza in Italia;
questo strumento servirà per accogliere Tzigani e non Tzigani
sotto la stessa tenda per i convegni, l’azione evangelistica nelle
varie regioni d’Italia. Qualche
anno fa c’era un senso di scoraggiamento tra i responsabili francesi circa l’opera tra gli Tzigani
italiani; ebbene l’arido terreno
italico sta producendo dei frutti
per l’opera dello Spirito Santo e
la perseveranza nella preghiera.
Ne fa fede il convegno di Pioltello e il numero incoraggiante
dei battesimi di questi ultimi
mesi. A mezzo di questo articolo
rivolgiamo un caldo invito ai lettori che si interessano del popolo nomade di inviare la loro offerta per la tenda all'indirizzo
seguente: « Vita e Luce », via A.
Gìatti 8 - 10078 Venaria (Torino)
- Tel. (Oli) 4240243 - conto corrente postale 28433100.
Ancora
discriminazione
Il bollettino del comitato per i
nomadi riferisce notizie come
queste: una mamma tzigana racconta: « nei paesi del bergamasco dove ci siamo fermati quest’anno abbiamo mandato i nostri bambini a scuola...; ce li
hanno rifiutati per gli esami e
quindi li hanno bocciati tutti
senza neppure accoglierli in classe...; sono sempre di meno quelli
che ci danno una mano. Noi non
abbiamo bisogno di soldi perché
lavoriamo; e non ne avremo bisogno anche nel futuro se ci aiuteranno a trovare del lavoro; non
vogliamo più essere emarginati! ».
Alla Fiat di Termoli, ci fa ancora sapere il bollettino, uno
zingaro, Antonio Girelli è stato licenziato con la motivazione
« non ha superato il periodo di
prova »; invece a testimonianza
dei colleghi di lavoro il Girelli
lavoi'ava sodo ma purtroppo era
"zingaro" e questo basta. Le varie organizzazioni si sono mosse
e si spera di costringere il datore di lavoro a riassumerlo.
Questo senso di esclusione dalla società ce lo fa sentire il fratello evangelico Ghigo in un suo
intervento in occasione d’un dibattito a Torino promosso dalla
città e dalla regione: « non vogliamo più essere chiamati zingari perché il nome significa disprezzo, odio e quindi sa di razzismo; noi siamo Rom e cosi vogliamo essere chiamati pur riconoscendo le varie distinzioni di
origine. Facciamo il servizio militare, paghiamo le tasse e andiamo a votare come tutti gli
italiani... ma non abbiamo gli
stessi diritti; ci è impedita la sosta che va oltre i tre giorni, subiamo i soprusi della polizia perché siamo nomadi. Molti di noi
sono onesti e lavorano mentre
altri non sono onesti e non sono
la maggioranza; accade anche
presso i sedentari. Anche noi vogliamo essere accettati come uomini! ».
Lo stesso fratello Ghigo sempre nel suo intervento ricorda la
sua esperienza di fede e il radicale cambiamento avvenuto nella
vita sua e degli altri credenti; ne
è conseguita un’etica nuova, un
rapporto nuovo che li spinge ad
amare persino i non Tzigani anche se da loro maltrattati; un
esempio molto significativo: in
occasione del convegno di Pioltello la popolazione è rimasta bene impressionata e nel prato non
si trovava un pezzo di carta per
terra proprio per una ragione di
rispetto delle cose e delle persone!
Ho percepito la scarsa simpatia che si nutre per il popolo
Rom mentre mi recavo a Pioltello: l’autista che mi pilotava mi
ha chiesto dove doveva fermarsi; « in via Roma », ho detto.
«Ma a quale numero?», ha aggiunto con voce un tantino alterata. « Al numero zingari », ho
replicato. Gon questa parola c’è
stato un momento di silenzio...
e poi d’improvviso l’autista ha
vuotato il sacco da perfetto razzista senza ascoltare il mio ragionamento sulla nuova vita dei
convertiti e le mie battute sui sedentari cristiani che continuano
a frodare e ingannare il popolo
anziché convertirsi come stanno
facendo gli Tzigani...
Quando poi è entrato nel prato del convegno ed ha visto gli
« Zingari » venirmi incontro ed
abbracciarmi ho pensato che il
mio autista potesse avere uno
svenimento per la sorpresa o che
comunque credesse ch’io fossi
uno zingaro travestito...
Accanto a queste note poco incoraggianti il bollettino sui Rom
segnala peraltro l'interessamento
del comune di Torino, Grugliasco, Bolzano sensibili alla situazione dei nomadi soprattutto in
riferimento alla concessione di
terreni per una sosta prolungata
e all’incontro tra nomadi e sedentari; questo comportamento
tende a rapporti più umani e utili a eliminare i pregiudizi che da
secoli sono rimasti radicati nella
mente della gente.
Gustavo Bouchard
echi dal mondo cristianol
a cura di ANTONIO ADAMO
Berlino Ovest:
contro il sommergibile
« Corpo di Cristo »
(epd) — Da quando è stato
reso noto che un sommergibile
nucleare USA è stato chiamato
« Corpo di Cristo », la direzione
della Chiesa evangelica di Berlino Ovest ha registrato numerose indignate proteste da parte
della popolazione.
Il portavoce della Chiesa di
Berlino ha sottolineato l’importanza di queste proteste con le
seguenti parole: « Anche se non
valutassimo questo nome dato al
sommergibile come una bestemmia consapevole — negli USA
c’è una città chiamata Corpo di
Cristo — tuttavia questo nome
rimane un’indimenticabile provocazione per ogni cristiano. Il fatto che questo corpo di Cristo legato all’immagine del Redentore
sia stipato di armi atomiche che
potrebbero annientare l’umanità,
suona tremendamente grottesco.
Sudafrica: negato il
visto ad un gruppo
ecumenico americano
(SOEPI) — Per la seconda volta in un anno un gruppo ecumenico americano si è visto rifiutare il permesso di recarsi in visita nel Sudafrica. L’équipe era
stata costituita in seguito ad una
iniziativa dei « Genesee ecumenical ministries » di Rochester
(USA) in risposta ad un invito
della Chiesa riformata olandese
nera del Sudafrica. Questa visita avrebbe dovuto permettere un
largo scambio di informazioni
sulla situazione della Chiesa in
quella tormentata nazione africana. Il gruppo aveva intenzione di
incontrare responsabili di ditte
americane operanti in Sudafrica
e rappresentanti del governo e
della stampa sudafricana.
L’ambasciata sudafricana già
nel luglio dello scorso anno aveva negato il visto d’ingresso al
gruppo ecumenico.
In seguito a questo incidente, il
gruppo di Rochester ha chiesto
al presidente americano Reagan
di congelare i visti d’ingresso richiesti dai cittadini sudafricani
fino a quando dei cittadini americani non potranno recarsi in
Sudafrica senza problemi e cavilli burocratici. Nella loro lettera
essi così affermano; « Occorre
non soltanto che le Chiese degli
USA sostengano questa domanda, ma esse debbono rafforzare
i loro legami con coloro che, come il vescovo Desmond Tutu,
continuano la lotta nel loro paese, rischiando dì essere imprigionati e uccisi. È tempo che le Chiese americane lancino una campagna nazionale bene organizzata contro le banche e le imprese che continuano ad investire in Sudafrica nelle attuali condizioni ».
Olanda: solidarietà
coi cristiani
siro - ortodossi
(epd) — Il Consiglio della Chiesa olandese ha accolto con indignazione la decisione del governo di rifiutare il diritto di asilo a
circa seicento cristiani siro-ortodossi di origine turca, limitando
il loro soggiorno in Olanda a soli
tre mesi. Già prima il massimo
organo competente aveva rifiutato il permesso a queste famiglie. In seguito, la maggior parte
di loro, con il permesso delle
relative autorità ecclesiastiche,
ha trovato rifugio presso locali
di culto della Chiesa olandese.
I cristiani siro-ortodossi sono
membri di una antica Chiesa del
Sud-est della Turchia. Il Consiglio della Chiesa olandese ha
pregato i suoi membri di sostenere le famiglie rifiutate e di
aiutarle finanziariamente e moralmente a trovare una sistemazione adeguata all’estero.
Il culto tenuto dai Rom: vivace alternarsi di messaggi, esperienze,
preghiere e canti.
Torino - Lucento: 50® della Chiesa Battista
Setta o popolo
del Signore?
« Credi tu in Gesù Cristo e lo
accetti come il tuo personale
Salvatore e Signore? ». Hanno risposto sì di fronte a 300 persone,
confessando di avere fatto propria la salvezza che Dio dà in
Cristo. « Risposta indispensabile
a una domanda inevitabile, di
chi prima ha udito e poi, nella
fede, ha compreso e accettato »
(Barth). «È con il cuore che si
crede per ottenere la giustizia,
ma è con la bocca che si fa confessione per essere salvati » (Romani 10: 9-10). « Per questa tua
dichiarazione di fede io ti battezzo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo », e
sono stati battezzati per immersione nella vasca della chiesa
battista di Torino-Lucento domenica 31 maggio. Sette cappe bianche (otto con quella del pastore
che battezzava). Giovani e giovanissimi; un uomo di 40 anni,
una donna di 30 passata per la
esperienza dei Testimoni di Geova, 4 ragazzi e una ragazza sotto i 20.
La chiesa battista di Torino
via Viterbo (Torino-Lucento, com’è stata sempre chiamata dal
nome del quartiere) ha ricordato con cinque riunioni speciali
in tre mesi il 50“ anno della sua
fondazione. Si sa che il rischio
di ogni ricorrenza è il trionfalismo, lo specchiarsi addosso. Tuttavia nella mattina delle cappe
bianche la suggestione non è
scivolata in quel pericolo. È la
chiesa battista italiana più numerosa, tuttavia questo significa
poco, è altro che conta, ha detto
il presidente dell’Unione. Ha portato un saluto anche il rappresentante in Italia della Missione
americana, ma in questi casi la
predicazione più autentica la fanno i catecumeni. Non dicono praticamente nulla al di fuori di
quel sì, in qualche caso affievolito daH’emozione, eppure il clou
delle due ore sta proprio lì, in
quel monosillabo che non parla
di loro ma rinvia alla grazia di
Cristo. Ogni uscita dall’acqua era
accompagnata dalla strofetta
cantata da tutta l’assemblea: «Sii
fedele fino alla morte e Io ti darò la corona della vita » (Apocalisse 2: 10).
Noi, piccole tribù
Quanti battesimi sono avvenuti a Lucento in 50 anni? Nel 1928
la chiesa di via Passalacqua, più
centrale, avvia un’attività di
evangelizzazione in due aree torinesi. Una è Lucento, allora
estrema periferia, prati e campagna, s’andava a far merenda
a Pasquetta, i ragazzini a tirare
quattro calci e i grandi a giocare a bocce (come eravamo...). Il
primo progetto era una scarna
costruzione di legno e lamiera,
ma poiché le offerte dei membri
di chiesa superavano di gran lunga la cifra preventivata, si passò a un tempietto in muratura,
200 posti, due salette a piano terra e un mini-alloggio (esiste tuttora, le camere sono minuscole
come quelle che fanno oggi). È
là che mi sono battezzato a vent’anni, nell’ostilità della famiglia.
Nel ’34 ci sono 60 membri comunicanti, nel ’37 Lucento si uni
sce a via Passalacqua, nel ’40 diventa autonoma con 140 membri. La guerra allontana tre quarti della comunità, ma nel ’45 son
tornati tutti e riprende l’evangelizzazione. Fuori Torino si formano altri due gruppi, quello in
città cresce e nel ’49 è ultimato
l’attuale edificio, più ampio, bello
perché sobrio.
In quattro giornate rievocative
si è riandati alle varie fasi, dagli
albori a oggi. Fotografie pescate
negli archivi e nei cassetti delle
famiglie hanno scatenato ricordi
e nostalgie, emozioni, ilarità e
rimpianti (le braghe degli uomini, gli abiti delle donne — e poi
chi c’era e non c’è più). La corale valdese-battista ha cantato da
sola o con l’assemblea, ma nelle
manifestazioni sarebbe stata desiderabile una presenza di altri
evangelici più massiccia di quella che s’è vista. Come mai? Siamo piccole tribù disperse. Può
scaldarci il cuore guardare indietro con altri, per guardare
tutti insieme avanti. (Lunedì sera
6 luglio — salvo variazioni Rai —
si potrà vedere in televisione un
filmato sulla riunione battesimale girato daH’équipe della nostra
rubrica « Protestantesimo »).
Amare la Riforma
La serie di riunioni speciali si
è chiusa il 6 giugno con una scorrevole conferenza del pastore
Paolo Spanu, direttore del Dipartimento teologico deU’Unione
battista italiana. Tema: « Chiese
batriste: setta o popolo del Signore? ». L’agile esposizione è
durata un’ora, tempo già impegnativo per gli ascoltatori ma
molto breve per la quantità degli aspetti trattati: significato e
natura della fede battista, in che
senso setta, la dottrina della chiesa, i ministeri, la disciplina. Si
può fare una storia dei sogni
perduti, ha esordito l’oratore.
Ma naturalmente non voleva farla e non Tha fatta. È stato critico
e autocritico, affabile e arguto.
Ha concluso con tre proposte/
affermazioni: 1) amare la Riforma ubbidendo alla sua istanza
di rinnovamento: essa va rivissuta, non venerata (« come una
vacca sacra », ha detto); 2) i battisti sono una delle espressioni
della chiesa universale; 3) non
siamo né setta né chiesa istituzionale («possiamo però diventarlo»): diamo il nostro contributo al pluralismo, come parte
del popolo del Signore.
Una decina di domande ha allargato la panoramica. Fra i presenti, qualche sacerdote cattolico della zona, con i quali la chiesa battista di Torino-Lucento è
già in contatto.
Renzo Turinctto
Hanno collaborato per questo numero: Thierry Benotmane. Maria Luisa Davite,
Renato Di Lorenzo, Dino Gardiol. Luigi Marchetti, Giuseppe Molinari, Giovanni Peyrot,
Aldo Riitigliano, Franco Taglierò, Sandra Deivecchio,
Claudio Troll, Antonio Kovacs.
4
26 giugno
BARRIERE ARCHITETTONICHE, ECONOMICHE, SOCiALI E PSICOLOGICHE COSTRINGONO MILIONI DI PERSONE IN TUTTq
NELL’ANNO INTERNAZIONALE
« La chiesa non può raggiungere l’unità nella diversità se continua a tollerare risolamentc
sociale dei disabili e a negare loro una piena partecipazione alla sua vita » - Per sostenere
nelle nostre chiese la riflessione e l’azione contro questa forma di emarginazione, abbiarne
chiesto contributi a tecnici impegnati nei programmi di riabilitazione a livello regionale
Responsabilità delia chiesa
« L’unità della chiesa include tanto i normodotati che i disabili. Una chiesa che cerca veramente di essere unita in sé e di
muoversi verso l’unità insieme ad altri deve essere aperta a tutti; eppure membri di
chiesa normodotati marginalizzano e spesso escludono con il loro atteggiamento e
con la loro insistenza sull’attivismo coloro
che sono portatori di handicaps mentali o
fìsici. I disabili sono trattati come deboli
a cui render servizio anziché come membri
a pieno diritto e impegnati del corpo di
Cristo e della famiglia umana; il contributo specifico che essi hanno da dare è ignorato. Questo è tanto più grave in quanto
la disabilità — che è un problema mondiale — è un fenomeno crescente. Incidenti e
malattie rendono adulti e bambini disabiti
e molti altri sono emozionalmente handicappati a causa della pressione esercitata
dal cambiamento sociale e dal modo di vita urbano; disordine genetico e carestie
rendono milioni di bambini handicappati
dal punto di vista fisico e mentale. La chiesa non può rispecchiare « la piena umanità
rivelata in Cristo », testimoniare dell’interdipendenza deU’umanità o raggiungere l’unità neUa diversità se continua a tollerare l’isolamento sociale dei disabili e a negare
loro una piena partecipazione alla sua vita. L’unità della famiglia di Dio è handicappata quando questi fratelli e sorelle sono
trattati come oggetti di una carità condiscendente. È rotta quando essi sono lasciati fuori. Cerchiamo come l’amore di
Cristo possa creare in noi la volontà di discernere e di lottare con forza contro le
cause che distorcono e rattrappiscono la
vita di un così gran numero di esseri umani nostri fratelli. Cerchiamo come possa
la chiesa essere aperta alla testimonianza
che Cristo estende a noi per mezzo di loro » (Dalla V Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Nairobi 1975).
Iniziative di una chiesa
nel pinerolese
Invece di fare i grandi discorsi di principio preferisco raccontare attraverso quali
tappe la parrocchia di San Lazzaro in Pinerolo ha preso coscienza dei problemi di
coloro che sono portatori di handicap e ha
incominciato un certo impegno in questo
delicato settore.
Nell’autunno del 1976 la mamma di un
bimbo handicappato grave si è presentata
in comunità ed ha esposto i suoi molti problemi; ha parlato in diverse occasioni durante l’assemblea domenicale (messa) e in
tanti abbiamo preso coscienza di questa situazione.
Giunti al momento di lanciare delle iniziative e di organizzare qualcosa, non si è
voluto fare un gruppo parrocchiale confessionale, ma si è pensato subito ad un gruppo laico senza etichette confessionali, al
quale potessero aderire handicappati e non,
credenti e non credenti, uniti in un unico
impegno di liberazione e di valorizzazione
piena dell’uomo. Ci sembrava importante,
per sconfìggere gli handicaps, non iniziare
con dei vecchi steccati confessionali.
L’attuale gruppo di base handicappati di
Pinerolo è una realtà completamente laica,
di cui possono fare parte tutti; tale gruppo ormai si è affermato sia sul versante
delle Amministrazioni locali sia su quello
(anche se di meno) dell’opinione pubblica.
Certo la comunità non è rimasta passiva
al suo interno, ma ha cercato di sviluppare
tutta la tematica deH’inserimento dei bambini e dei ragazzi handicappati nei gruppi
di catechismo (che corrisponde alla scuola
domenicale), nella liturgia e nei vari momenti di vita comunitaria. Spesso questi
gruppi sono diventati dei luoghi di socializzazione e di autentico « recupero » per
ragazzi diffìcili, caratteriali, psicotici e magari violenti. È chiaro che questi inserimenti ci hanno costretti e ci costringono a perfezionare continuamente le nostre tecniche
pedagogiche e ì nostri modi di fare il catechismo. Dalla « scuola di catechismo » siamo passati al « laboratorio », in cui il ragazzo viene aiutato ad appropriarsi del testo biblico attraverso la lettura, il disegno,
la manipolazione di materiali vari, il canto,
la drammatizzazione... e viene aiutato quin
La diversità
non è una malattia
(segue da pag. 1)
integrazione sociale, culturale e psicofisica;
c) se così stanno le cose qualunque sia
la gravità dell'handicap vi sono delle risorse
residue nella persona; di conseguenza bisogna lavorare su queste sue risorse per renderlo protagonista dei programmi di riabilitazione. Si passa come si vede dalla filosofia della dipendenza a quella dell’autonomia e dell’indipendenza;
d) il programma riabilitativo psicosociale non sarà separato ma integrato; esso
è l’espressione di una metodologia di lavoro
che mette la persona al primo posto e quindi punta alla valutazione complessiva dei
suoi bisogni. Cade così anche l’ideologia diagnostica che ha preteso di chiudere in parole magiche ed onnipotenti storie drammatiche della vita quotidiana e si aflferma il prin
cipio dell’intervento unitario, integrato, gl»
baie; <
e) infine se la diversità è radicata nellii
storia e nelle condizioni sociali di un indiir
duo e una collettività essa non può essenl
strumentalmente usata per erigere barrim
tra i cittadini per costruire manicomi, istk
tuti socio-assistenziali. Se questo accade in
esso non c’è nulla di scientifico ma è solo ubi
scelta politica. Una scelta cioè che intendj
costruire una società dove i diversi (i poveiit
le donne, i negri etc.) devono essere domi
nati, controllati, socialmente ordinati, e se
protestano, le loro proteste devono esseia
declassate a comportamenti deviami. Mai
contro questa scelta politica che, anche ac
traverso questa nuova concezione dell’haii
dicap, si può lottare. r
Giuseppe De Lui
Panoramica degli intervent
in una regione italiana
di ad essere creativo di fronte al testo. In
questo « movimento » del laboratorio anche
il bambino portatore di handicap rivive e
impara.
Sono stati necessari alcuni anni per prendere coscienza della inaccessibilità del locale di culto (chiesa), che ha al suo ingresso centrale una solenne scalinata con sei
gradini. Per primi si sono mossi gli anziani, che hanno chiesto l’installazione di un
mancorrente per potersi sostenere; poi sono stati gli handicappati stessi a sollecitare
10 studio e la progettazione di una rampa
d’accesso. Assemblee, gruppi, discussioni,
progetti, preventivi, obiezioni, difficoltà varie... finalmente lo scorso anno la realizzazione. Con una pendenza che non supera
r8% (secondo le leggi) la pista in cemento
con ringhiera in ferro battuto parte sulla
sinistra della facciata deH’edifìcio, percorre
11 fianco del battistero e con un terrazzino
si immette nella chiesa. L’opera è costata
complessivamente circa sei milioni, frutto
di offerte libere e anonime dei membri della comunità. Ma la cosa più bella è stata
la coscienza nuova che questa iniziativa ha
creato: altre chiese e altri luoghi di comunità si stanno muovendo in tale direzione.
Tutto questo però sarebbe un intervento
troppo settoriale, se fosse sganciato dal resto della vita della comunità locale: un criterio evangelico di fondo è la scelta degli ultimi, dei più deboli, degli svantaggiati.
Nel quartiere ci sono dei bambini handicappati inseriti nella scuola dell’obbligo
(materna, elementare, media): la comunità
cristiana ha il compito di sensibilizzare a
questo problema delicato i ragazzi, i genitori, gl’insegnanti credenti; altrimenti che
senso avrebbe il comandamento dell’amore, se il genitore si interessasse solo del
proprio figlio sano senza farsi carico del
ragazzo svantaggiato anzi ostacolandone la
integrazione?
Come si vede sono molte le barriere da
abbattere: non ci sono solo barriere architettoniche, ma anche e soprattutto quelle
confessionali, quelle dell’indifferenza, della
disinformazione e dell’insensibilità.
Lo spazio d’intervento di una comunità
locale è veramente immenso.
Mario Polastro
La riabilitazione del neuromotuleso inizia
in Puglia nel 1956 con un centro a internato
ed a seminternato gestito dalle Cliniche Neurologica ed Ortopedica dell’Università di Bari, centro che si chiude qualche anno dopo
per difficoltà legate soprattutto al suo carattere ospedaliero.
Nel 1957 l’associazione « La Nostra Famiglia » apre a Ostuni (Brindisi) un centro a
internato per spastici, che diverrà nel tempo anche a seminternato ed ambulatoriale e
che si amplierà qualche anno dopo con un
padiglione per insufficienti mentali.
Nel 1958 inizia a funzionare il centro residenziale dell’Ospedale di Putignano, che accetta successivamente anche trattamenti a
seminternato e ambulatoriali.
Nel 1960 inizia la sua attività operativa la
sezione barese dell’Associazione Italiana Assistenza Spastici (AIAS) con un piccolo centro diurno, estendendo rapidamente la sua
attività in tutta la provincia con la costituzione di una rete organizzata ed integrata
di centri diurni. Essa istituisce anche centri
di riabilitazione extraprovinciali, sollecitata
dai genitori dei bambini minorati, ed offre
concretamente la collaborazione e l’esperienza dei suoi tecnici per l’istituzione di centri
simili nelle altre province pugliesi (nonché
in Calabria, in Lucania ed in Sicilia), ad opera di sezioni AIAS o di altri enti.
Per preparare i fisiokinesiterapisti, i terapisti occupazionali ed i terapisti di linguaggio, asse portante della riabilitazione, dopo
un primo corso semestrale nel 1957-58 viene
istituita a Putignano la Scuola per Terapisti della Riabilitazione, prima biennale e poi
triennale, alla quale si affiancano nel tempo
altre scuole nella regione.
Nel 1974 si costituisce a Bari il Consorzio
Provinciale Riabilitazione Soggetti Neurolesi e Motulesi, di cui fanno parte la sezione
barese dell’AIAS, la Provincia ed i Comuni;
successivamente, si costituiscono analoghi
Consorzi a Taranto ed a Lecce.
Si è ora in attesa che entri in funzione il
piano sanitario regionale, che inquadrerà
anche i servizi riabilitativi.
Attualmente, nella provincia di Bari nella
quale noi operiamo, la situazione è la seguente: in ogni comune della provincia vi è
un servizio riabilitativo, che rientra in uno
o più dei seguenti tipi: servizio domiciliare;
servizio ambulatoriale; servizio a seminternato con annesse classi di scuola speciale;
servizio a internato (solo a Putignano); servizi riabilitativi e/o medico-psico-sociali nelle
scuole (materne, elementari, medie), negli
asili-nido, presso enti che organizzano e svolgono corsi di addestramento professionale;
servizio di as.sistenza generica e infermieristica a domicilio e nelle scuole medie superiori per casi particolarmente gravi.
Dal 1956 ad oggi si è avuta una chiara e
continua evoluzione della riabilitazione in
Puglia. Da una impostazione essenzialmente
medica del lavoro, attuato di solito in centri
a internato e di tipo ospedaliero, si è passati
rapidamente ad una impostazione di tipo pluriprofessionale della riabilitazione, rivolta
non al deficit ma all’individuo ed attuata ai
cora in ambienti speciali ma con una nett
prevalenza dei servizi diurni rispetto a quel
li a internato, grazie ad una maggiore capi
larità della loro diffusione topografica. Negl
anni Settanta si è aperta una terza fase evi
lutiva, che ha visto il lavoro riabilitativo po
tato nell’ambiente naturale di vita del so!
getto, la casa e la scuola (trattamento do®
ciliare, servizi nelle scuole ed altre istitu»
ni), rivolto all’individuo nei suoi rapporj
con se stesso e con l’ambiente, e impostai
in modo da agire contemporaneamente si
soggetto, sulle persone che lo circondano!
sull’ambiente nel quale vive.
Inserimento nelle scuole
Dalla convinzione che il soggetto con ®
norazione debba vivere nell’ambiente a M
più congeniale, è iniziata ed è stata portaj
avanti con cautela ma anche con corag|
e determinazione l’opera di inserimento ®
bambini minorati nelle scuole comuni, u®
mandandoli allo sbaraglio forzando le re-j
stenze della scuola ma favorendo la loro*
tegrazione e facilitando l’opera dei doceff
attraverso la presenza costante e collabo*
tiva dei tecnici della riabilitazione
scuola, dal terapista allo psicologo, dal
dico all’assistente sociale; e garantendo in?
tre l’assistenza generica e, quando neces»
rio, il trasporto. Si sono ridimensionate!
scuole speciali, si sta cercando di introdur
il concetto di « educazione speciale » Á
scuola comune attraverso l’individualit*
scuuici (.uiiiunc aiuaveiso i muiviuu.*- .
zione deH’insegnamento per tutti gli
In modo analogo viene favorita la frequ®
za della scuola media (ove solitamente èsf
ficiente una collaborazione continua o pe>l
dica in campo medico-psico-sociale),
scuola superiore e dell’università (in
casi l’aiuto richiesto è di solito per il j
sporto o per l’assistenza personale), e
corsi di addestramento professionale- ')
----________________.___.•___t_______eA
questi ultimi, mentre i primi tentativi epj
circoscritti a corsi speciali, si è passati
molti anni aH’inserimento dei giovani
corsi normali organizzati da enti a ciò Pj
posti, con l’assistenza del personale tedi'"
riabilitativo.
Carente è ancora l’inserimento nel me*
del lavoro; poco è stato fatto per sensib'|
zare i datori di lavoro, e le assunzioni di j
validi sono ancora rare ed episodiche,
escludono quelle fatte dagli stessi enti ctii'i
occupano di riabilitazione. J
Accanto all’attività operativa, ci si e aflj
dedicali ad un’attività di ricerca,
mente in campo scolastico e psicosociaKg
infine da segnalare la vasta raccolta di.j
ste, provenienti da tutto il mondo, che s'J
cupano di riabilitazione e di invalidi, m*,t
ta realizzata a partire dal 1972 dal
Lettura Riviste in Tema di Riabilita*'^
che diffonde in tutta Italia gli articoli P'*"
teressanti ivi pubblicati. I
Ciro Di Gem
Evelina
5
¡augno
1981
mondo a vivere una vita mutilata
DELL’ HANDICAPPATO
(Lombardia e Puglie), a chi vive questa realtà in una chiesa locale e ad
gitri che lavorano aM’inserinnento nella scuola (due articoli saranno pubbliggti nei prossimi numeri). Lottiamo contro « le cause che distorcono e rattrappiscono la vita di un così gran numero di esseri umani nostri fratelli »
Per una maggior espansione
della personalità di tutti
L’inserimento degli handicappati nella
scuola di tutti si propone di permettere a
questi bambini, che fino a ieri spesso venifano reclusi o allontanati dal loro naturale
luogo di vita e mandati in istituti o scuole
¡peciali, di vivere e compiere le loro prime
■sperienze in un ambiente fisico ed umano
3CC0 di stimoli, di occasioni di incontro e
i conoscenza quanto quello in cui si svilup)ano tutti gli altri bambini. L’osservazione
ielle sviluppo del bambino e dei suoi prolessi di apprendimento infatti ha mostrato
;he l’individuo costruisce se stesso grazie
lU’attività di cui è dotato, attraverso l’ininerrotta serie di scambi, incontri e scontri
lol mondo circostante, e che pertanto il ruo
0 dell’« insegnamento » in senso stretto è
elativo, limitato a una funzione di mediaione degli stimoli dell’ambiente, la cui richezza e varietà restano i fattori di sviluppo
iredominanti. Certo, bisogna che questi stiDOli dell’ambiente possano essere percepiti
assimilati dal bambino perché contribuicano alla costruzione della sua persona.
In questo l’educatore e l’insegnante hanno
ma funzione di orientamento insostituibile;
na alimento psicologico altrettanto necessaio per la crescita di una persona normale,
1 il più normale possibile, è una rete di reazioni umane norm.ali, o il più normali posibile. Si è visto per esempio che se un pic»lo con deficit intellettuale vive in un grupn di bambini coi suoi stessi problemi, ad
sso manca l’esempio e lo stimolo del coeta^0 più evoluto, e ciò contribuirà a fissare
d aggravare il suo stato. Dunque l’inserinento degli handicappati vuol dire per la
omunità offrire loro un ambiente normale
Me alimento per la loro crescita psicolojea ed umana
Cos’è l’handicap
A ben guardare, la problematica dell’inseiDento che si pone a proposito di bambini
Bndicappati nella scuola e nelle altre isti«zioni educative non è molto diversa da
Mia dell’integrazione dell’handicappato an
* adulto nella comunità o, come oggi si
p più spesso, nel territorio. Chi sono que
* persone handicappate? L’handicap è in
tutto un concetto intuitivo, nel senso
™ allude a quelle persone che si portano
wo uno svantaggio iniziale o sopravvenuffl una qualsiasi fase della corsa della vi■ La metafora etimologica rinvia a quelle
Msità, nei punti di partenza che, nelle cor® linea, possono essere superate forse sosui traguardo. E’ importante riflettere sul'Mp rf*.®’ Perché in questo caso rinviano alL|, ® ^ gara, all’idea di traguardo, a quella
Ij “ “'versità Cioè man mano che la società
BDptr più esigente rispetto a certi
IjTOi del comportamento, fissa dei traguare fp quelli a cui spontaneamen
0^ irebbero i suoi membri, e applica
We più frequentemente sanzioni che vaninari ^ Percezione della diversità all’emar^<>ne. E’ importante ricordare che vi soq L ad esempio, dei ritardati mentali
y oj , vivendo in società regolate da sistetjj J^oniportamento più semplici della noni
iiv?''^Lli’ domande e dichiarazioni, non ve«van° '^fPPV'rc riconosciuti come tali e poItj. ® vivere a pieno diritto una vita inte
con quella degli altri.
botn necessario leggere ogni
„ finto le paline degli autobus e compila
^'''Ocessi di esclusione
parte, cerchiamo di capire meglio
Pio jP ®P?atica dell’emarginazione. Ad esemiiL®®P*'ica non è la storia di tutti i tipi
"dicaps: ve ne sono certi, come la cesono stati colpiti fin dall’antichità
""irdtà stigmatizzazione. Cioè la co
Pna c 1 ®®®oniava la minorazione all’idea di
ita Co certi casi poteva esser vi
it qu . ® punizione divina per un peccato,
Portj^ nome la conseguenza di atti e comdella persona colpita o della sua
® quindi espelleva il minorato, oplaij manteneva al suo interno ma con
toiiijg '"nezione della diversità talmente sot* da determinare il sorgere di un
Sa ha barriere psicologiche. La psicoloEertqj^.aiutato a capire questo fenomeno in
di proiezione del senso di colpa. Lo
pur sapendo razionalmente di non
essere la causa della minorazione altrui, può
inconsapevolmente sentirsene responsabile ;
e per liberarsi di questo sgradevole sentimento cerca la causa, la responsabilità, la
colpa fuori di sé: nell’interessato, nella sua
famiglia, in qualche altra persona. Oppure,
se prova questo sentimento assieme con altri contrastanti con esso, cioè in maniera
conflittuale, può desiderare di allontanare la
causa del conflitto, che è appunto la presenza dell’handicappato.
Vi è ancora un problema: soprattutto
quando la persona colpita da handicap è un
bambino, che quindi offre la speranza di
essere educato e rieducato, il processo di
esclusione dell’handicappato può essere facilitato — e mistificato — dall’esistenza di
istituti specializzati, o di strutture particolari, o di tecniche, ad esempio didattiche
specializzate, il cui postulato risulta non
sempre interamente fondato. Anche in questo caso, bisogna mettere in discussione se
il fine dell’educazione degli handicappati (come dell’educazione in generale) è la normalizzazione, cioè il divenire il più possibile
« come gli altri », o se debba essere l’espansione della persona nella libertà, e quindi
forse anche verso traguardi e con modalità
impensate.
Specialisti o comunità?
Possiamo ora definire meglio il fenomeno dell’handicap come il prodotto dell’incontro di una disabìlità (mancata acquisizione o perdita di una funzione motoria, o sensoriale o comunicativa, o psichica) da una
parte, con delle barriere architettoniehe, economiche, sociali e psicologiche dall’altra, le
quali si frappongono al pieno utilizzo delle
potenzialità e costringono la persona a vivere una vita mutilata. In effetti, la condizione di handicappato non deriva solo dalla
disabilità: deriva anche dalla nostra situazione sociale che categorizza le persone e lascia loro uno spazio di vita limitato, e proporzionale al potere economico e sociale di
ogni categoria.
Se queste sono le cause che concorrono a
determinare l’handicap, la lotta contro di
esse, la riabilitazione cioè, dovrebbe agire
contemporaneamente sia sulla disabilità,
cercando di ridurla e/o di prevenirne Laggravamento, sia sulle barriere che la trasformano in handicap. Sorge allora uno dei problemi più diffìcili e più dibattuti in questi
anni: la riabilitazione è un fatto specialistico (il disabile motorio vada dalla fisioterapista e dal fisiatra, il disabile del linguaggio
dalla logopedista e dal foniatra, il ritardato
mentale dall’insegnante ortofrenica e il cosiddetto psicotico — il disabile nell’esaminare ed accettare la realtà qual è — dallo psicologo o dallo psichiatra...) o è un fatto che
riguarda la comunità che vive in un determinato territorio? Le esperienze passate dimostrano che sia Luna, sia l’altra cosa, da sole,
non pervengono allo scopo. Sono entrambe
necessarie, ma secondo una articolazione,
una collaborazione ancora in parte da scoprire, in parte comunque da inventare situazione per situazione, visto che ogni persona
è diversa, ed è una totalità che presenta problemi diversi a chi incontra.
Un momento fondamentale
Allora l’inserimento dell’handicappato nella scuola di tutti diviene un momento fondamentale del processo di riabilitazione. Vorrei sottolineare che in questi anni la presenza della persona handicappata nella comunità è un’occasione di apprendimento (e forse di crescita) per le persone che fanno parte della comunità stessa: dovendo vedere
per esempio lo spastico, parlargli, vivere
con lui, e non potendo più nasconderlo dalla
vista di tutti in gabbie dorate, il maestro, il
compagno, il vicino di casa può rendersi conto delle reazioni che questa presenza suscita
in lui. Una delle reazioni più comuni, soprattutto tra gli insegnanti in quanto ritenuti responsabili dell’apprendimento, ma non loro
esclusiva, è il senso della propria insufficienza e incapacità, che può anche essere conseguenza di propositi troppo ambiziosi e normalizzatori; e spesso allora il discorso verte
sulla insufficienza delle strutture o sulla impreparazione professionale. Un’altra reazio
Un’eloquente
immagine di cosa
significa
il termine
« barriere
architettoniche »
ne comune, soprattutto nei momenti difficili o di insucesso — che pure sappiamo che
esistono nella vita e nel lavoro di ciascuno —
è quella della proiezione della colpa: sul
bambino stesso, che allora sembra non solo
handicappato ma anche pigro, cattivo, ecc.;
oppure sulla sua famiglia, o su altri operatori.
Talvolta allora si può desiderare di allontanare la causa del conflitto, definendo il
bambino « troppo grave » per la scuola di
tutti; oppure accentuando la percezione della diversità (cui si ricollegano anche gli atteggiamenti di tipo pietistico o paternalistico), attuando un inserimento fittizio, in cui
il bambino è tagliato fuori dalla rete di tutte le relazioni personali significative, e viene
lasciato vivere in classe o nella comunità come un vegetale.
Non nego che ciascuno di questi problemi esista, anzi! Le strutture sono carenti
(basti pensare a quante barriere architetto
niche ed economiche oggi incontra un handicappato); la preparazione professionale
tanto degli insegnanti che dei tecnici della
riabilitazione è oggetto di continua discussione; i «gravi» esistono (ma forse non sono poi così tanti) e talvolta gli inserimenti
falliscono o non sono possibili, senza responsabilità specifiche di nessuno.
Ho voluto semplicemente indicare alcune
piste di riflessione, perché la presenza degli
handicappati tra noi possa essere occasione
di approfondimento, o di autoconoscenza,
per tutti. Non penso infatti che esista una
psicologia dell’handicappato, diversa da quella di qualsiasi altra persona, eventualmente
in difficoltà. Penso invece che una maggiore
consapevolezza delle reazioni che essi suscitano in chi li incontra o vive con loro, possa
portare a una maggiore espansione della
personalità - di tutti.
Pier Valdo Comba
Un tetraplegico a scuola
La mia esperienza di integrazione handicappati nella scuola elementare inizia nel ’75
in una classe seconda, allora unica classe a
tempo pieno di tutta la scuola.
Era la mia prima esperienza di tempo pieno, non conoscevo la collega di classe, né
avevo mai avuto esperienza diretta di lavoro
con bambini handicappati.
Tra i venti bambini della classe c’era M., di
sette anni, affetto da tetraplegia spastica.
Non poteva camminare, né usare le mani,
stava seduto sulla sedia ortopedica o si rotolava sul tappeto. M. proveniva da un istituto, poi chiuso, ed era stato accolto dalla
nonna settantenne e dai fratelli ventenni. Orfano di madre, il padre morirà durante l’anno scolastico.
M. è stato iscritto nella scuola di quartiere, dove si trovava anche Rosi, un’ex assistente dell’istituto, assunta (come cuoca, credo) dal comune. In realtà Rosi doveva occuparsi di M. Gli faceva fare esercizi motori consigliati dalla fisioterapista, lo imboccava, lo cambiava ecc. Oltre che di M. Rosi
doveva occuparsi di altri quattro bambini
della scuola.
Uno stanzino per M.
Attigua alla nostra aula c’era uno stanzino
per M.: con il suo letto, il tappeto e la sua
macchina da scrivei-e. M. infatti tutte le mattine batteva a macchina con un puntemolo
fissato su una specie di casco che Rosi gli infilava in testa. Riusciva così a comporre parole semplici e qualche frase.
Per me l’impatto con questa nuova realtà
è stato molto duro. Non riuscivo a comportarmi normalmente con M., non avevo idea
di come inserirlo nella classe, di come coinvolgerlo nelle varie attività. Devo dire che il
più grosso aiuto l’ho avuto dai bambini. A
parte i contatti avuti, prima dell’inizio dell’anno scolastico, con Rosi e la maestra che
mi aveva preceduto, non ho avuto nessuna
informazione specifica su M. La fisioterapista che l’aveva in cura aveva cessato temporaneamente di vederlo, l’équipe psico-medicopedagogica seguiva altri casi.
La mia collega ed io abbiamo deciso di
coinvolgerlo in tutte le attività della classe.
Se lavoravamo a gruppi M. veniva inserito
in uno di essi. Se facevamo delle attività collettive ci rivolgevamo anche a lui e M. ci ri.spondeva con lo sguardo e con i suoni che
riusciva ad articolare. Abbiamo disegnato le
nostre sagome su dei grossi fogli, anche M. è
stato sdraiato per terra e disegnato. Abbiamo così scoperto che era il più alto della
classe! Durante le uscite nel quartiere M. veniva con noi al mercato, ai giardini pubblici.
nei grandi magazzini. E’ stato con noi sulle
giostre, sostenuto dai compagni. Quando dovevamo allontanarci da scuola coi mezzi pubblici, una di noi accompagnava gli altri bambini in autobus. Rosi ed io generalmente portavamo M. in macchina. Cosa che ci è stata
spesso rimproverata perché illegale (non ero
così coperta da nessuna assicurazione in caso di incidente a M.).
Credo che M. fosse felice di venire a scuola.
Come valutare l’inserimento di M.?
Intanto M. è stato inserito in una situazione privilegiata rispetto ad altri casi analoghi per quegli anni e ancora oggi abbastanza rara. Poteva disporre di locali idonei e di
una assistente preparata (Rosi). La nostra
classe era poco numerosa. Tutto il personale
non docente era stato coinvolto da questo
caso e collaborava con noi. Da parte dei compagni c’è stata una accettazione spontanea
e naturale di .M. come ben di rado mi è capitato di vedere negli adulti.
Quattro considerazioni
Per quanto concerne noi insegnanti bisogna fare alcune considerazioni che credo valgano non solo per questo caso:
1) Allora come oggi, rinserimento di un
bambino handicappato fisico o mentale a
scuola noggiava in gran parte sul « volontariato » dei singoli. Infatti nonostante le nuove disposizioni del Ministero e le iniziative
del comune, il rapporto tra personale d’appoggio e handicappati è ancora molto alto
(un adulto per quattro handicappati riconosciuti). Di conseguenza il carico di lavoro
deirinsegnante di classe aurnenta notevolmente. Basti pensare alle riunioni con l’équipe, la famiglia e tutti quelli che si occupano
del caso. Questo crea alla lunga stanchezza
e sfiducia negli in.segnanti.
2) Gli insegnanti non sono assolutamente preparati per questo tipo di lavoro. Nessuno ci ha mai insegnato a far scuola ad un
bambino cieco o sordo o con gravi problemi psichici. L’insegnante allora colma queste lacune di sua iniziativa o « sperimenta »
sulla pelle del bambino handicappato. D’altra parte nella stessa situazione si trova gran
parte del personale d’appoggio.
3) Manca lo scambio di esperienze tra le
varie scuole.
4) Spesso le scuole non hanno nernmeno
le strutture idonee per accogliere questi bambini, anche se in questo senso il comune di
Torino sta facendo degli sforzi notevoli.
Capita perciò troppo spesso di sentirsi in
balìa delTimprovvisazione e della « buona
volontà » cose che da sole non sono certo garanzia di una buona riuscita delTinserimento.
Martine Rochat
6
26 giugno 1981
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Nelle
fabbriche
Che cosa succede nelle fabbriche? A questa domanda ha tentato di rispondere un convegno
organizzato da alcuni lavoratori
cattolici e valdesi a Pinerolo, venerdì scorso, 19 giugno.
La situazione descritta dagli
stessi operai è preoccupante:
centinaia di denunce per fatti riguardanti la difesa del posto di
lavoro minacciato dalla crisi industriale, ritmi di lavoro sempre
più pesanti, difficoltà da parte
del sindacato ad organizzare una
risposta a questo atteggiamento
padronale, paura tra i lavoratori,
cassa integrazione, licenziamenti.
E' una situazione che coinvolge anche le nostre vallate: sono
stati denunciati alla magistratura gli operai che picchettavano
alla Riv e alla Fiat.
La cosa più grave di queste denunce è il fatto che la magistratura, tralasciando altre incombenze (ad esempio i processi penali contro gli evasori di valuta,
i contrabbandieri), sembra essere decisa a celebrare celermente
questi processi, perché secondo
quanto ha detto un magistrato
questi processi servono per definire una volta per tutte ciò che
è lecito e ciò che non è lecito
nello sciopero. Analoga celerità
la magistratura sembra averla
solo nei processi per fatti di terrorismo. Al terrorismo infatti
spesso si associano i fatti delle
lotte operaie che sarebbero nella interpretazione di qualche
giornale « il brodo di coltura »
del terrorismo « rosso ».
Oggi ricevere una « comunicazione giudiziaria » per questioni
di lotta operaia è pesante; « il
vicino di casa non saluta più, il
compagno di lavoro non si vuol
far vedere con te » diceva uno
dei denunciati.
I lavoratori credenti che hanno organizzato l’incontro hanno
certamente il merito di aver denunciato pubblicamente la situazione, ma la loro non è stata solo
un’azione politica, è stata anche
una testimonianza.
Oggi per resistere, per continuare a difendere i posti di lavoro è necessario avere dei punti di riferimento certi e uno di
questi è certamente la Bibbia.
Leggere oggi ad esempio le pagine di Ezechiele è importante per
questi lavoratori.
In questa situazione le chiese
non possono essere assenti ma
devono essere capaci di esercitare la solidarietà e di condurre
insieme coi lavoratori una ricerca di fede impegnata.
Giorgio GardioI
COMUNITÀ’ MONTANA VALLI CHISONE E GERMANASCA PEROSA ARGENTINA
oggi e domani
In questa rubrica pubblichiamo gli avvisi inerenti ad iniziative di carattere
ecumenico, culturale e civile che ci pervengono in tipografia entro le ore 9
di ogni lunedì (tei. 0121/91.334).
Piano di riordino dei servizi
Il Piano di riordino dei Servizi sanitari e socio-assistenziali
per rU.S.L. n. 42 (valli Chisone
e Germanasca), presentato in un
primo abbozzo dal Comitato di
Gestione dellTJ.S.L., è stato discusso in un’assemblea pubblica
a Pomaretto. Erano presenti i
rappresentanti dei gruppi-donne,
della Consulta femminile, del Comitato di partecipazione, amministratori, sindacalisti e gli operatori socio-sanitari che prestano
la loro opera in tutti i servizi
già esistenti.
Dopo un’introduzione del presidente Daviero, l’assessore alla
sanità Nevache ha illustrato minuziosamente il piano che è stato preceduto da un’indagine su
tutte le attività che si svolgono
nella zona. Infatti i compiti dell’Unità Sanitaria sono vastissimi
e si estendono dalla tutela dell’ambiente alla gestione degli
ambulatori e dei consultori, dall’assistenza agli anziani alla tutela matemo-infantile. Per le necessità della popolazione, abbastanza scarsa in definitiva rispetto ad altre zone, ma in compenso distribuita su un ampio
territorio, è previsto un aumento
considerevole del personale medico ed infermieristico e un potenziamento dei servizi ambulatoriali sia a Pomaretto, sia a Villar Perosa. Una buona parte del
personale addetto ai vari servizi
lo si è trovato, utilizzando le
persone che già svolgevano analoghe mansioni a Pra Catinat.
In fase di discussione, questo
progetto è parso a molti interessante ma troppo ottimistico, soprattutto riguardo all’aumento
dei medici specialisti e al potenziamento dell’ospedale di Pomaretto. È stata fatta notare la
scarsa propensione dei sanitari
ad assumere incarichi in zone
di montagna e la difficoltà di trovare infermieri per Pomaretto.
Il Presidente Daviero e gli assessori hanno ammesso di non
essere ancora in grado di realiz
zare tutto il piano dall’oggi al
domani, ma di voler comunque
mantenere e sviluppare i servizi
già esistenti, in modo particolare l’assistenza ai minori e agli
anziani. Assistenza domiciliare,
quindi, « foyers » e case protette
per anziani e affidamento familiare per i minori. Ma quando
gli anziani non possono più provvedere a se stessi ed i minori
per cause varie non possono essere accolti in famiglie idonee, sono necessari altri servizi. Per
questo viene dedicata una particolare attenzione al Convitto di
Pomaretto e alle case di riposo
Cottolengo di Pinasca e Asilo
valdese di S. Germano. La possibilità di rapporti nuovi o rinnovati con i nostri istituti richiede però un esame accurato della
situazione da parte nostra, per
stabilire in anticipo quello che
ci pare necessario mantenere e
che cosa siamo disposti a cambiare; non certo per ricavarne
dei vantaggi, ma per poter essere di aiuto ad una parte emarginata e sofferente della popolazione.
Sempre a proposito dei servizi
socio-sanitari, ma con particolare riguardo per l’assistenza agli
alunni delle scuole materne, elementari e medie, si è tenuto un
altro incontro con gli amministratori deiru.S.L. n. 42, sollecitato dal Consiglio di Circolo di
Perosa Argentina.
Fin dall’anno scorso il Consiglio di Circolo aveva indirizzato
al servizio di medicina ed educazione socio-sanitaria della Comunità montana una serie di richieste per una più efficace azione nella scuola, richieste che sono state ripresentate durante l’incontro a cui partecipavano tutti
gli insegnanti del Circolo e alcuni altri di Villar Perosa e
della Media di Perosa Argentina.
Si è quindi discusso su queste
proposte:
— un controllo accurato delle
scolaresche quando si verificano
le periodiche infestazioni di pidocchi ormai abituali in tutte le
scuole e l’individuazione di un responsabile che possa rapidamente prendere le misure necessarie
per eliminare i suddetti parassiti;
— la ripresa del servizio di igiene dentale, trascurato da vari anni, senza però riprendere la norma di far lavare i denti a scuola, utile solo dove c’è la refezione, ma piuttosto convincendo gli
alunni a praticare la pulizia dei
denti a casa, dopo i pasti;
— corsi di ginnastica preventiva e correttiva per favorire uno
sviluppo regolare dei bambini, i
quali sono sempre più soggetti a
scoliosi o altre malformazioni dovute alle cattive posizioni assunte a scuola;
— visite scolastiche più frequenti e più approfondite, dato
che il consultorio pediatrico exONMI di Perosa limita il suo intervento ai bambini da 0 a 6 anni, lasciando fuori tutta la fascia
della scuola dell’obbligo;
— l’organizzazione di corsi di
nuoto e di sci che richiedano
alle famiglie un contributo finanziario minimo, in attesa che entri in funzione la piscina di Perosa.
Nel corso della discussione è
stata richiesta una particolare
attenzione per i bambini handicappati, punto sul quale gli amministratori dell’U.S.L. hanno
promesso il massimo impegno.
Per gli altri servizi, ne è stato
garantito il mantenimento, malgrado le restrizioni finanziarie
imposte dai tagli alla spesa pubblica.
Se ne sono andati invece insoddisfatti gli insegnanti che avevano chiesto contributi per l’organizzazione come scuola dei corsi di sci: i contributi ancora una
volta verranno concessi alle società sportive ed esclusivamente
per l’acquisto dell’attrezzatura.
Liliana Viglielmo
________________TORRE PELLICE: ELEZIONI COMUNALI
Lista N. 1: vittoria incontrastata
Pranzo di classe 46.
Vittoria netta e senza contrasti, a Torre Pellice, per la lista n. 1 (Spiga fra i monti), la
lista dell’Amministrazione uscente composta da socialisti,
comunisti e indipendenti di sinistra. I 16 candidati della lista
sono passati agevolmente e torneranno a guidare il governo
della nostra cittadina per i prossimi quattro anni. Certamente
questo successo premia coloro
che hanno amministrato la cosa
pubblica con dedizione, onestà e
correttezza. Occorre dire però
che, in mancanza di una reale
opposizione, il successo è stato facile. La lista n. 2, infatti,
che comprendeva solo 14 candidati, non è neppure riuscita a
far eleggere il proprio capolista, il democristiano Simondi.
Questa elezione locale conferma il nettissimo calo della D.C.
verificatosi in tutta l’Italia continentale e il grosso credito di
cui godono le amministrazioni
di sinistra. Dispiace però che
per l’assenza di una o più liste
di opposizione seria, sia venuta
a mancare del tutto la battaglia
elettorale, cioè quel dibattito di
idee, proposte, controproposte,
critiche, che è parte integrante e
essenziale del sistema democratico. Se così fosse stato, la vittoria incontrastata della lista
n. 1 sarebbe stata ancor più meritata.
Da notare che anche a Torre
Pellice, l’astensione è stata alta:
23,02%, come pure le schede
bianche (81) nulle (57).
LISTA N. 1
voti 1698
Steffanetto
Guglielmone
Armand Hugon
Gisletti
Rivoira
Bellion
Bert
Toja
Ayassot
Rivoir
Sibille
Arnoulet
Giordano
Simond
Roland
Cappellozza
LISTA N. 2
voti 430
Pasquet
Succhino
Ricca
Battaglia
2211
2018
1917
1905
1891
1885
1875
1874
1873
1859
1858
1845
1789
1778
1767
1766
647
643
602
567
“Murale”
alla
Media
L’anno scolastico si è concluso
alla Scuola Media di Perosa con
r« inaugurazione » di un dipinto
su muro fatto in buona parte dagli alunni di una classe di tempo
pieno sotto la guida del Prof. Arnaldo Bracchi. Il lavoro ha voluto avvicinare la classe all’esperienza di Siqueiros, il pittore
messicano del nostro secolo che
ha animato la pittura della storia travagliata del suo paese su
chilometri e chilometri di parete.
Ma anche altre esperienze sono
state tenute come punto costante di riferimento, come quella
francese di Le Corbusier e dell’architettura moderna, poiché il
dipinto vuole inserirsi in modo
omogeneo nell’architettura della
scuola, utilizzandone gli spazi
specifici e persino le barriere architettoniche; o quella di Arn,
col colore che crea la forma, senza tracciato dei contorni e con
l’utilizzazione delle sfumature
possibili con intensità diverse di
uno stesso colore.
Il dipinto raccoglie una serie
di simboli, riprodotti ora con linee di tipo michelangiolesco, ora
di tipo cubistico, ora di tipo addirittura azteco, i quali vogliono
nel loro insieme rappresentare le
lotte che si intrecciano intorno
alla realtà del potere. Si tratta di
un potere travagliato, rappresentato da una piramide, che opprime la donna, lo schiavo, che
si esprime anche utilizzando le
fila di un burattinaio su una marionetta, ma che è soprattutto intessuto di violenza rappresentata
da simboli di violenza e da sigle
terroristiche. Il potere, però, è a
sua volta colpito da un fascio di
luce che lo contesta. Al suo vertice c’è il sommo potere, quello
di Dio, che, però, è staccato.
Ognuno può interpretare questo
distacco come vuole: o perché
Dio sconfessa il potere umano, o
perché il potere umano non ha
ancora raggiunto la perfezione.
Il distacco, comunque, c’è ed è
ineliminabile.
Nel corso dell’inaugurazione, in
cui l’animatore dell'esperienza ne
ha presentato il significato, sono
intervenuti anche il Direttore didattico del III Circolo di Pinerolo, Francesco Agli, per sottolineare il collegamento tra questa
esperienza ed altre esperienze
analoghe che si fanno nella scuola elementare, e l’assessore Paure, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale di Perosa.
Il Prof. Mauro Maurino ha presentato un’altra esperienza meno vistosa, ma ugualmente interessante, quella della costruzione, da parte di un’altra classe di
tempo pieno, di un plastico delle
Valli che gravitano su Perosa.
Questo lavoro si inserisce su una
linea di ricerca piuttosto complessa che va dal recupero dei toponimi originali delle Valli, all’analisi geografica, geologica ed
ecologica del loro territorio, alle
esperienze di nuove impostazioni
nel campo dell’educazione tecnica e deH’educazionc artistica.
c. t.
pranzo di
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37), li giorno 5 loglio alle ore 12.30 CASSA DI RISPARMIO
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7
26 giugno 1981
CRONACA DELLE VALLI
8 agosto - Giornata dell’Eco delle Valli
Si sta preparando una manifestazione a Torre Pellice,^ giardini di P.za Muston, per il sabato successivo
al Sinodo, l’8 agosto, a cura del Gruppo evangelizzazione della Chiesa valdese di Torre Pellice, della redazione de l’Eco delle Valli Valdesi e del I Circuito
Va'l Pellice.
Nel quadro di questa giornata, del cui programma
contiamo dare via via informazione sul nostro giornale, avrà luogo una
Mostra fotografica
non competitiva, ispirata a due temi, di cui uno biblico.
1° tema: « Considerate la roccia onde foste tagliati » (Isaia 51: 1).
2° tema: « Il bambino in Val Pellice ieri e oggi ».
Le foto formato minimo 18x24 a colori e 24x30 in
bianco e nero, dovranno essere consegnate con l’indicazione di nome, cognome e indirizzo dell’autore e
titolo dell’opera.
I partecipanti dovranno consegnare le foto presso
il negozio Pellegrin di Torre Pellice - Piazza Libertà entro e non oltre il 4 agosto 1981.
ITINERARI ALLE VALLI - 2
C^hiot ’dl’aiga - Pra del Torno
Rocciaglia - Serre
a cura di Raimondo Genre e di Valdo Benech
Partenza: Chiot 'dl’Aiga m 738
Dislivello m 498
Tempo del percorso h 3,30
Corsi per lavoratori
Anche quest’anno, come tutti gli
anni, si apriranno le iscrizioni ai Corsi Sperimentali per Lavoratori, corsi
che possono essere frequentati da tutti
coloro che, per motivi diversi, non hanno ancora il diploma della 3® media.
Questi corsi si tengono nella Scuola
Media Statale « F. Brignone » di Pinerolo e nella Scuola Media Statale
« Leonardo da Vinci » di Torre Pellice;
sono completamente gratuiti; alla fine
dell’anno, dopo un esame con gli stessi insegnanti dei corsi, si rilascia un
regolare diploma. Gli orari delle lezioni vengono concordati all’inizio dell’anno tra insegnanti e iscritti; in ogni
caso è prevista la frequenza di tre ore
giornaliere, esclusi i sabati e le domeniche, da fine settembre a giugno.
Per iscriversi occorre aver compiuto
i 16 anni; chi ha meno di 23 anni deve presentare la licenza elementare.
Le iscrizioni si raccolgono presso la
Scuola Media Statale « F. Brignone »
in via Montegrappa, 28 - Pinerolo;
presso la Scuola Media Statale « Leonardo da Vinci » di Torre Pellice;
Presso le Organizzazioni Sindacali
CGIL, CISL, UIL.
Si ricorda che per gli adulti che oltre a non avere la licenza elementare,
hanno grosse difficoltà a leggere, scrivere, contare, funzioneranno a Pinerolo i Corsi di Alfabetizzazione, per il
recupero della Scuola Elementare. Questi corsi si svolgono nella Scuola Elementare di Strada Serena in orario
pomeridiano o serale. Le iscrizioni si
raccolgono fino al 15 luglio dalle 9 alle 12 in tutte le scuole di Pinerolo.
Proponiamo ancora un itinerario in Val d’Angrogna. Si parte
da fondo valle per penetrare in
uno dei centri più importanti
delle Valli Valdesi dal punto di
vista storico: PRA DEL TORNO.
Chi intende servirsi del proprio
mezzo, imboccherà a Torre Pellice, prima del ponte, la così detta ’strada del fondo valle’ in direzione Pra del Torno per fermarsi 5 Km più a monte al crocevia del Chiot ’dl’Aiga nei pressi del vecchio mulino che per
opera del Comune di Angrogna
e della ’Comunità Montana Val
Pellice’ sta per risorgere e riprendere le sue antiche funzioni.
Per recarsi a Pra del Tomo c’è
la possibilità di servirsi del mezzo pubblico, ma solamente nei
giorni feriali. Da Chiot ’dl’Aiga
le soluzioni sono quindi due, o
si prosegue col mezzo (pubblico
o proprio) fino a Pra del Tomo
abbreviando così il percorso di
circa 45 minuti, con la avvertenza però che chi usa il mezzo proprio dovrà prevederne il recupero, oppure a piedi per i circa 3,5
Km di strada asfaltata; ma di
questo non se ne cmcci il viandante perché la bellezza dei luoghi lo ricompenserà largamente
di quei 45 minuti di strada.
Partiamo quindi di buona lena
dal Chiot 'dl’Aiga per raggiungere in circa 5 minuti i casolari di
Gournìe (da gorgo o toumpi ne
La Grande Traversata delle Alpi
Un’iniziativa che pronone un turismo alternativo, alla portata di tutti
Prima di valutare la Guida, occorre dire una parola di sincero
apprezzamento per l’idea di far
vivere anche in Italia una iniziativa che in altri Paesi alpini ha
ottenuto un grande e meritato
successo. Si tratta della sistemazione, segnalazione ed attrezzatura di sentieri e mulattiere che
permettono di percorrere il versante italiano delle Alpi fra i
1.000 ed i 2.700 mt. di altitudine
dalle Alpi Liguri al Lago Maggiore.
Si tratta veramente della proposta di un turismo alternativo,
alla portata di tutti e non solo
degli specialisti della montagna,
lontano dagli affollamenti, dallo
sfruttamento turistico, in contatto con una natura spesso ancora (e speriamo per sempre) incontaminata, con antiche borgate, cultura alpina e montanari al
lavoro.
Alla fine di ogni giornata, dopo un numero ragionevole di ore
di marcia (da 2 a 7 ore) si incontra una borgata con un « posto
di tappa » che offre alcuni locali
con letto a castello per dormire
con poca spesa, una cucina in
cui preparare la cena, un telefono, un negozio per acquistare
i generi di necessità e, talvolta,
anche una trattoria a prezzi convenzionati per evitare anche la
fatica di preparare la cena. Ogni
tre o quattro tappe vi è la possibilità di ritornare a valle con i
mezzi pubblici (autobus o treno)
rompendo così la schiavitù dell’auto che obbliga alla sera di
ritornare al punto di partenza.
Il fatto che le prime tappe rese agibili in questo grande progetto siano state realizzate da
gente delle nostre Valli ci fa doppiamente piacere.
Delle 36 tanne attrezzate per
questa estate, una trentina sono
descritte in questa guida valida
per Testate 1981. (Ogni anno si
prevede una nuova edizione aggiornata con un impegno non indifferente che speriamo veder
premiato dai lettori). Una serie
di capitoli introduttivi occupa un
buon terzo del libro e tratta degli aspetti naturalistici delle zone percorse (aspetto fìsico, vegetazione, fauna etc.). Quelli umani sono però preponderanti e si
occupano della situazione economica, dell’industrializzazione, delle miniere etc. Alcuni capitoli sono dedicati alle lingue alpine (occitano, galloromanzo, francoprovenzale) ed alla storia della gente (i valdesi, le guide della Val
di Lanzo, la rivolta dei contadini canavesani). Questa lunga introduzione permette quindi di
venire a conoscenza delle realtà
niù importanti delle zone attraversate e mette in condizione di
prendere contatto e capire la
gente con cui si parla. Infatti è
stata cura degli organizzatori
della GTA di riservare tempo ed
offrire occasioni per un contatto
fra il turista e gli alpigiani, e
onesto ci sembra estremamente
positivo (1).
Venendo alla parte descrittiva
del libro abbiamo esaminato i
percorsi nelle valli del Pellice e
della Germanasca conosciuti per
esperienza ed in parte anche descritti in altra pubblicazione
(Guida della Val Germanasca) e
li abbiamo confrontati con le
descrizioni di zone a noi sconosciute. Il risultato ci è parso assai positivo. Vi abbiamo trovato
i dati essenziali, esposti chiaramente senza tecnicismi e senza
fronzoli; ma con note storiche e
sociali inserite nel testo in carattere corsivo, facilmente utilizzabili e ben evidenziate. Siamo quindi convinti che il volume
assolve egregiamente al suo
scopo.
Un problema non risolto è invece quello della toponomastica
a proposito del quale ci sembra
sia stato fatto un passo indietro
ri snetto a pubblicazioni precedenti (la già nominata guida della Claudiana, per es.). Ci sembra
che la difficoltà provenga in buona parte dalTaver raccomandato
eccessivamente, purtroppo, l’uso
delle tavolette al 25.000 dell’Istituto Geografico Militare. Queste
cartine hanno il doppio svantaggio di essere difficilmente consultabili da non esperti e di riportare una toponomastica per
nulla precisa e spesso di fantasia. (Per es. in Val Pellice il Col
dar Moine — il colle del monaco — è diventato il Col d’Armoine che non ha più alcun senso).
Così mentre i nomi non citati
su dette cartine sono indicati in
modo esatto e con la grafia corrente delle lingue occitane, quelli invece usati dalTIGM sono riportati tali e quali, anche se errati. Un esempio classico: Bó dà
Col a Prali (il bosco del Colle) è
citato come Bout du Col (il pezzetto di colle) il che è chiaramente sbagliato e non serve a inserire l’escursionista nella lingua
e nella cultura locale. Potrebbe
valer la pena di lasciare le tavolette al 25.000 ai soli esperti in
cartografia, completare le buone
cartine pubblicate nel volume
con i nomi e le quote delle zone
circostanti il percorso GTA e segnare i nomi nel modo esatto
(tranne indicare fra parentesi
nuelli riportati dalTIGM per non
creare confusioni nel lettore di
queste carte).
Comunque ci sembra che una
soluzione possa e debba essere
trovata, anche approfittando del
fatto che si prevede di asgiornare ogni anno la guida.
Ad ogni modo non possiamo
che augurarci che molti leggano
queste pagine e percorrano questi sentieri dando così la loro
approvazione ad una iniziativa
veramente encomiabile.
Franco Davite
Grande Traversata delle Alpi
(GTA) 1981. Percorsi e posti
tappa, dalla Valle del Po alla
Dora Baltea. Testi di P. Ghiaretta, M. Di Maio, R. Genre,
P. Massa Micon. Carte geografiche: E. Orsolano. Ed. ODA
Torino, pagg. 160, L. 6.000.
ro - sottostante). Qui il paesaggio si fa più severo e minaccioso, enormi massi e pendii impervi sembra ci sbarrino il passo;
è il contrafforte della « Rouciaglia » che poi attraverseremo 400
m più in quota; ci possiamo quindi rendere conto del perché le
numerose e consecutive scorribande di persecutori furono ripetutamente ricacciate dai Vaidesi. In una di queste, il capitano Saguet di Polonghera perse
la vita ed il suo corpo fu ritrovato in un ’toumpi’ poco lontano che poi prese il suo nome
« Toumpi Saquet » (circa duecento metri a monte del « toumpi
Gournìe ») proseguendo poco oltre, dove il torrente si discosta
dalla strada è il terzo ’toumpi’,
il « toumpi ’dl’oursa », seminascosto, sotto un ampio roccione
piatto dove il torrente si inabissa ruggendo tra le rocce. La leggenda racconta di un’orsa golosa che si arrampicò su di un pero non lontano, a cui il proprietario, stanco delle continue incursioni, aveva in parte segato il
tronco che non resse al peso del
plantigrado, il quale precipitando morì nelle turbinose acque
delTAngrogna.
Pochi minuti ci separano dal
ponte di Barfé dove due ampie
curve letteralmente scavate nella
roccia ci portano in alto dove,
sulla sinistra, ci appare il selvaggio vallone della ’Segura’ dove
nel 1561 un esiguo gruppo di Vaidesi (6) tenne a bada le truppe
del Conte della Trinità.
In circa 10 minuti arriviamo in
prossimità degli Eissart 1042 m,
poco sopra, tra due curve la « casa alpina della gioventù » aperta
Testate. Arriviamo così in vista
di Pra del Torno, 1024 m. In basso la chiesa Cattolica, a destra
la moderna Foresteria Valdese
« La Rocciaglia ». Abbandoniamo
l’ampia strada carrozzabile e saliamo diritto per la vecchia mulattiera. Sopra di noi su di un
roccione a picco spicca in posizione dominante, il Tempio Valdese. A questo punto rimandiamo il lettore ai vari saggi sulle
vicende storiche, religiose e militari di Pra del Torno che le formidabili barriere naturali protessero nei secoli da ogni parte.
E’ qui il famoso « Coulege di
Barba » donde ’barbet’.
Dopo la sosta d’obbligo, ripartiamo salendo dietro il tempio
in direzione est seguendo la carrettabile che termina alla borgata Fan (faggio) 1089 m, addossata ad una parete rocciosa, di
qui proseguiamo (ad est) su un
sentiero in salita, in direzione
della Touscia raggiungendo poi
in pochi minuti, uscendo dal sentiero, la cresta del primo contrafforte che forma la barriera
di Pra del Tomo. Siamo sulla
cresta del Turle 1236 m, godremo di una vista davvero formidabile: tutta la bassa Valle d'Angrogna s’estende ai nostri piedi
in un vasto anfiteatro, siamo sul
l’orlo di un profondo e vertiginoso precipizio in fondo al quale rumoreggiano le turbinose e
spumeggianti acque delTAngrogna che costeggiavamo all’inizio
del nostro itinerario. Ammirato
il paesaggio, riprendiamo il sentiero che abbiamo lasciato ed
invece di salire l’erta china, seguiamo il sentiero meglio battuto in direzione di « Barma Mounastira » (barma=roccia che forma un riparo) facilmente riconoscibile per un vasto roccione
biancastro che fa da riparo ad
un gruppo di case sapientemente
disposte ed ora completamente
disabitate e nel più completo abbandono. Di qui proseguiamo
scendendo per un sentiero tra
le rocce che ci condurrà ad una
piccola borgata in rovina La Rouciaglia. Di qui, sempre direzione
est, ma più in piano il sentiero
ci condurrà a TEigardòu, alti'O
maestoso belvedere che come indica il suo nome serviva da
avamposto ai valdesi arroccati
al Turle ed a Pra del Torno. Ci
immettiamo quindi in una ben
segnata mulattiera che, proveniente da monte, sulla sinistra,
scende in cornice costeggiando
la profonda comba ’dia Rouciaglia.
Arrivati al torrentello, il paesaggio cambia aspetto. Dai rudi
contrafforti rocciosi, accediamo
a dolci e ridenti pendii erbosi,
Chiot Serpie, la Peyroutira e poi
la più grande borgata delTArvura 1076 m, ridente e tipica località della Val d’Angrogna, Tattraversiamo e scendiamo decisamente, prima direzione nord e
poi nord-est attraversando l’ampio anfiteatro della Coumba
Pountet arriviamo quindi al Fè e
poco sotto all’amena borgata di
Buonanotte 910 m tutta circondata da bellissimi prati a tratti
deliziosamente ombreggiati. Poco
oltre ci immettiamo sulla grande strada carrozzabile di nuova
costruzione, che attraverso le località dei Cousm e Crui ci conduce al SERRE di cui già narrammo nel precedente itinerario.
A questo punto, invece di voltare
a sinistra sulla strada asfaltata
che va al capoluogo, voltiamo a
destra su una bella carrozzabile
che in circa 20 minuti ci riporta
al Chiot ’dl’Aiga sfiorando le belle borgate di Martinail e Coi.sson 824 m.
Durante il percorso, non avremo mancato di notare la differenza tra le borgate più in quota e meno abitate e quelle più in
basso ed accessibili, dove il recupero e la riattazione di abitazioni a scopo vacanziero, hanno
alterato in parte le caratteristiche tipologiche dei luoghi. Chiudiamo così il nostro anello, bellissimo in tutte le stagioni, anche d’inverno, neve permettendo
naturalmente. I trasporti pubblici .sono gestiti direttamente dal
Comune di Angrogna.
8
8
CRONACA DELLE VALLI
26 giugno 1981
PRECONGRESSO FGEi-VALLi
Per un impegno nella
società e nella chiesa
Si è tenuto ad Agape, il 13 e
14 giugno, il Precongresso della
FGEI-Valli in preparazione del
Congresso Nazionale della FGEI
che si terrà ad Adelfia dal 26 al
31 agosto. I lavori sono stati
aperti dalla relazione della Segreteria Regionale che, da una parte
ha ripercorso la storia della Federazione alle Valli in questi ultimi 3 anni e dall’altra ha formulato un’analisi del rapporto che
la FGEI-Valli ha mantenuto con
la Chiesa valdese e con la realtà
del dissenso Cattolico Pinerolese.
Si sono avute successivamente
le comunicazioni delle Commissioni che hanno lavorato in quest’ultimo anno sul problema della droga e del mondo del lavoro
(con particolare riferimento alla
situazione delle fabbriche del Pinerolese) e la comunicazione del
gruppo donne PGEI-Valli.
È stata approvata la proposta,
fatta dalla segreteria, della costituzione di un collettivo teologico in collaborazione con Agape
e la comunità di base di Corso
Torino.
Mozione conclusiva
« Il precongresso della FGEIValli, riunito in Agape il 13-14
giugno 1981, ha approvato per acclamazione la seguente mozione
conclusiva del dibattito, per sottoporre alla discussione del Con
gresso Nazionale della FGEI alcuni problemi che ci paiono di
interesse generale per la nostra
Federazione.
Abbiamo preso atto, infatti, che
la realtà delle valli, l’intervento
che la chiesa valdese vi ha o vi
sta per operare, i problemi che
qui emergono e di conseguenza
le reazioni che, rispetto a questi,
la FGEI riesce o meno ad esprimere — tutto questo assume un
significato importante per tutta
la vita del protestantesimo italiano.
Rispetto a questo dato, abbiamo
tentato di delineare un quadro
descrittivo della situazione attuale del lavoro FGEI e abbozzato alcune linee di lavoro per i
prossimi due anni che ci preme
siano discusse in questo VI Congresso e verificate, sotto forma di
vero e proprio bilancio critico,
nel prossimo VII Congresso.
La situazione
1) Verifichiamo una esiguità
notevole delle forze attive nella
FGEI-Valli; non si tratta certo
di una riduzione di attività e impegni, ma di un ridimensionamento netto del numero degli
aderenti attivi e del numero stesso di gruppi organizzati in quanto FGEI; accanto a questa esiguità verifichiamo la presenza
di un coordinamento molto attivo e compatto al proprio inter
COMUNITA’ MONTANA VAL RELUCE
Estate Ragazzi ’81
Estate Ragazzi '81 in Val Pellice. I
giovani dai 13 ai 18 anni trovano a loro disposizione strutture e iniziative per
trascorrere il periodo delle vacanze in
modo sportivo e riposante al tempo
stesso. Organizzati dalla Comunità Montana per soddisfare le esigenze specifiche degli adolescenti e dei preadolescenti: campeggi montani; campi di lavoro, campeggi marini e campeggio
itinerante. Vediamo, una per una, le
diverse possibilità offerte dal programma.
Campeggi montani. Due turni per ragazzi e ragazze con un massimo di 15.
Periodi: 1a prima e la seconda quindicina di luglio, località alta Val Pellice,
pernottamenti in tenda. Sono ammessi i
ragazzi nati negli anni '68, '67, '66.
Campi di lavoro. Due turni di 15 ragazzi, nel periodo dalla seconda quindicina di luglio alla prima settimana
d'agosto. Riservato ai nati nel '65, '64,
'63. La località è l'alta Val Pellice,
pernottamento in tenda.
Campeggio marino. Un turno solo
per 24 ragazzi e ragazze. Dal 15 al 30
agosto. La località è BIbbona, vicino a
Livorno. 1 ragazzi devono essere nati
nel '67, '66, '65.
Campeggio itinerante. Il percorso è
quello Grande Traversata delle Alpi. Il
turno è di soli 10 ragazzi e ragazze,
il periodo la prima settimana di settembre. Le età sono dal '63 al 66, compresi. Le località toccate sono Val Pellice, Val Po, Val Germanasca. Pernot
tamento e vitto in rifugi convenzionati.
Durante i campeggi e i campi di lavoro i ragazzi e le ragazze avranno modo di gestirsi completamente la loro
vacanza, di potersi avvicinare agli sport
montani, di effettuare studi sull'ambiente (flora, fauna, clima) con l'ausilio di
apparecchiature tipo macchine fotografiche e centralina meteorologica 'messa
a disposizione da questa Comunità, di
conoscere la vita delle persone che abltano in alta montagna e di poter dare
un contributo al riassetto della zona in
cui si opererà.
Tutto questo con la gioia di vivere
un'esperienza insieme ad altri coetanei
e con l'aiuto di persone preparate.
Queste iniziative si affiancano ad altre, che si sono attuate già da diversi
anni, quali corsi di ginnastica pre-sportiva, corsi di fondo, corsi di pattinaggio, soggiorni invernali e soggiorni marini.
Per quanto riguarda questi ultimi le
indicazioni per l'anno in corso sono le
seguenti:
— 2 turni di 45 bambini e bambine nati
negli anni tra il '69 e il '75:
— località Marina di Carrara:
— periodo 1° turno daH'8 al 23 agosto; 2” turno dal 23 agosto al 7 settembre.
Per maggiori informazioni e per le
iscrizioni rivolgersi II più presto possibile alla Comunità Montana Val Pellice,
P.za Muston, 3, Torre Pellice (telefono
91514 0 91836.
no, che trova però difficoltà ad
aggregare e coinvolgere persone
estranee al gruppo stesso. Quasi
esistesse un forte e attivissimo
gruppo FGEI-Valli che lavora e
si impegna, parallelamente alla
rarefazione e alle difficoltà dei
diversi gruppi FGEI, creando così problemi alla nostra struttura
di gruppi diversi organizzati in
regione.
2) Verifichiamo resistenza di
gruppi attivi non federati alla
FGEI, presenti nelle valli, o di
gruppi solo nominalmente aderenti.
3) Assistiamo alla disgregazione dei catecumeni: prima della
confermazione, quanto a qualità
e coinvolgimento della loro ricerca e dopo l’ammissione in
chiesa per quanto riguarda la
presenza stessa nella vita della
comunità. Verifichiamo cioè la
coincidenza, per la FGEI e per
le chiese, del problema della aggregazione dei giovani.
4) La FGEI-Valli ha vissuto
un radicale e problematico trapasso generazionale. Ma contrariamente a quanto è forse accaduto altrove, numerosi « vecchi
fgeini » non hanno percorso il
solito processo: secolarizzazione
o inserimento a pieno titolo nella
chiesa. Ma continuano, seppure
in forma non organizzata e problematica, ad avere un rapporto
intenso con la FGEI (esempio
tipico è il gruppo donne).
5) Antichi pregiudizi che qui
alle Valli sono particolarmente
duri a morire, rendono in alcuni
casi particolarmente difficili i
rapporti tra i giovani della
FGEI e le comunità. Esistono
cioè situazioni in cui i giovani
FGEI sono parte, seppure critica, della comunità e ne condividono attività e problematiche; ed
esistono situazioni in cui gli
fgeini vivono una vita del tutto
separata dalle comunità; in questi ultimi casi il gruppo FGEI o
la FGEI nel suo insieme sembrano restare l’unico ambito in cui
vivere collettivamente la propria
ricerca di fede.
6) Verifichiamo che in alcuni
casi la FGEI ha, di fatto, svolto
un vero e proprio ruolo di «supplenza » nei confronti della chiesa; in alcune occasioni o campi
di attività particolarmente significativi sul territorio, la FGEI è
sembrata, cioè, sostituire la chiesa, di fatto assente. A volte questo ruolo è stato svolto su una
richiesta proveniente dalle chiese stesse. È tipico il caso della
recente campagna referendaria
a Pinerolo, in cui la città ha vissuto come testimonianza ed impegno dei « valdesi » quel che di
fatto era il lavoro portato avanti da fratelli e sorelle della FGEI.
7) Proprio in riferimento al problema della presenza della nostra
chiesa in una realtà complessa
come quella del pinerolese, abbiamo, infine, verificato resistenza di una serie di terreni di battaglia, se così si può dire, interni alla chiesa, abbandonati negli
ultimi anni ma che permangono
come problemi, di fatto, aperti.
Una situazione ricca di fermenti
estremamente stimolanti nel
Doni Asilo San Giovanni
L. 100.000: R.R.O., in mem. di Henry
Rivoire: E. P., in ricordo di Nora e
Gustavo Ribet; Godino-Bertolè Giulia e
Giovanni, in mem, di Umberto Godino
(Prarostino); In mem. di Vinone Anna
ved. Pellegrin, i nipoti.
L. 121.212: H, VIgne-Ribet (Parigi).
L. 150.000: In mem. di Goss Adele, la
figlia e il genero.
L. 300.000: Griffa Marino Angela
(Torino).
L. 500.000: Salvatore e Adriana Gatto, In mem. dei prroprl cari.
Doni pervenuti nel mese di maggio
L. 5.000: Reynaud Lea (osp. Asilo):
Tourn Ernestina; Goff June, ricordando
affettuosamente Edoardo Michelin.
L. 10.000: Gamier Susanna ved. Gay;
Visentini Maria, in mem. del marito
(osp. Asilo): Unione Femminile di Luserna S. G., in mem. di Enrichetta Tourn
ved. Buffa; Passarelli-Poèt, in mem. di
Letizia Jalla Neale.
L. 15.000: M. L. e C. (Torino).
L. 20.000: In mem. del Prof. Attilio
Peyrot, la figlia Dora; Boero Rol Elsa e
Gianni: Liline Beux, in mem. della sorella Balmas Margherita e di Letizia
Jalla (osp. Asilo): En souvenir de Sophie Franceschi, Jeannette Villa (Roma).
L. 25.000: Sandro e Elda ZhighinMalan, in mem. di Tinette Bertin
(Las Vegas - USA); In ricordo di Mollar Paolina ved. Pellegrin, I condomini
di viale 25 aprile (Torre Pellice).
L. 30.000: Emilia Long-Monti, in mem.
di Letizia Jalla (osp. Asilo).
L. 50.000: Mariuccia Grill, in mem.
di Elvira e Ada Grill (Torino) ; Pons Evelina, con fraterna solidarietà (Torino);
Sapei-Malan Elena, in mem. di Tinette
mondo cattolico (non si citerà
mai abbastanza l’esperienza della
parrocchia di San Lazzaro ed
esperienze similari); una comunità di base che, al di là di momenti di crisi contingenti come
quello attuale, ha rappresentato
e rappresenta un punto di riferimento significativo per noi e
per la nostra volontà di riformare di continuo la nostra chiesa;
la stessa istituzione diocesana
cattolica ne rappresenta un dato
problematico e in movimento,
proprio perché tanto ambigua
sul piano teologico quanto avanzata su quello, ad esempio della
pastorale del lavoro — ecco una
situazione come questa noi crediamo richieda alla chiesa valdese di cominciare ad esprimere
con continuità una presenza infinitamente più attiva e significativa di quanto registrato fin qui,
superando la tendenza a riproporre, nel pinerolese, il modo di
essere di una piccola comunità
dell’alta valle.
8) Va ricordata per concludere la particolare situazione attraversata dal centro di Agape in
questi ultimi tempi, a cui la
FGEI-Valli ha, sì, offerto un sostegno importante e continuativo
(cfr. gruppo di servizio, presenza nei comitati, messa a disposizione di obiettori e residenti),
ma che certo richiederebbe una
attenzione specifica anche per il
futuro, stante la delicata fase di
cambio della direzione e di progettata riqualificazione del gruppo comunitario che vi risiede ».
La seconda parte della mozione
presenta un abbozzo di progetto
di lavoro per la FGEI-Valli, centrato in modo articolato su quattro direttrici diverse:
1) Intervento nei gruppi non
federati alla FGEI; 2) Intervento nel settore catechetico (con
proposta di un’inchiesta fra tutti i catechisti e catecumeni del I
Distretto); 3) Testimonianza evangelica incarnata nella specifica realtà politica e sociale in
cui i credenti sono inseriti; 4)
Concentrare l’attività di ciascun
gruppo FGEI sulla lettura e la
riflessione biblica.
Infine, il precongresso raccomanda al Congresso Nazionale
una riflessione accurata e una
presa di posizione orientativa
sul problema, proposto dalla Tavola valdese, del ruolo diaconale.
Crediamo che un orientamento
al riguardo sia importante, soprattutto per chi lavora in una
regione come la nostra in cu' si
è realizzata l’assunzione di un
laico a pieno tempo, specificatamente per il lavoro tra i giovani.
Ci rendiamo conto della complessità e problematicità dì questa mozione; andrà appoggiata al
Congresso Nazionale dai nostri
delegati in quanto la linea di tendenza che si avverte in alcune regioni FGEI non è esattamente
quella che emerge dalla nostra
mozione.
Pensiamo sostanzialmente che
questo nostro documento assuma il peso di una scommessa
che si dovrà giocare nei prossimi anni all’interno di tutta la
Federazione.
Segreteria Regionale FGEI
Lettere all’Eco delle Valli
Bertin (osp. Asilo); Pavarin Rita, ricordando il marito Giacomo Pavarin (Rivoli); Martinat Emanuele e Eglantina, in
mem. dei loro cari (ospiti Asilo); Corale della Chiesa Valdese di Como.
L. 100.000: in ricordo di Pietro Vigne,
I figli; Ambrosio Attilia; Marco e Alma Avondet, ringraziando per le cure
e l’assistenza alla zia Clementina
Avondet: La famiglia Conte-Jalla, in
memoria di Letizia Jalla ved, Neale
con profonda riconoscenza.
L. 265.000: Comunità Evangelica Dinhard Zurigo (coiletta alla conferenza
sulla Chiesa Valdese del pastore G.
Bogo).
L. 267.380: Chiesa Evangelica di lingua Italiana (Unione Femminile) di Zurigo.
L. 500.000: Filatura di Chiavazza s.p.a.
in ricordo della mamma Sig.ra Ines
Archetti e della nonna Sig.ra Elena
Bianchi di Roberto Borsetti.
L. 1.491.579: Freunddeskreis Essen
(pastore H. Wolfgang Scharffig), Essen.
Condannare
l’omosessualità
L’Assemblea dì Testimonianza Evangelica Valdese, riunita a Torre Pellice
il 14 giugno, ha così deciso di rispondere alla Commissione Esecutiva del
2° Distretto :
Cari fratelli e care sorelle,
prendiamo atto che avete voluto dare risposta all’ordine del giorno della
nostra Assemblea sulla questione dell’omosessualità e desideriamo presentare alcune osservazioni :
1) Vi rendiamo attenti alla nostra
esplicita dichiarazione che non ci sia^mo mai presi l’arbitrio di anticipare,
contro le persone, un giudìzio o una
condanna, che appartengono a Dio soltanto.
Riteniamo, tuttavia, che la Chiesa
non possa sottrarsi alla sua responsabilità di fronte ai tentativi di introdurre nel suo seno dei nuovi princìpi
etici del tutto contrari all’insegnamento della Sacra Scrittura. « Coloro che
si confessano cristiani e desiderano
orientare in senso evangelico la loro
vita, non possono ignorare, e, infatti
non ignorano, che tutte le Chiese hanno sempre condannato l’omosessualità,
non solo come peccato, ma come una
manifestazione particolarmente aberrante. La testimonianza bìblica al riguardo sembrava inoppugnabile. Solo
in tempi recenti ha cominciato a farsi
luce in certe chiese un atteggiamento
nuovo » (Paolo Ricca : prefazione a
« Omosessualità e coscienza cristiana »,
Claudiana 1976, pag. 18). Si tratta, infatti, di una deviazione che ripugna
talmente al comune senso morale da
essere condannata perfino dai Governi
di paesi atei e da religioni pagane.
2) Le argomentazioni addotte per evitare la condanna dell’omosessualità,
fatta dalla Scrittura e in particolare in
Romani 1: 26 e seguenti dovrebbero
essere estese a ogni altra forma di peccato sessuale, come la fornicazione,
l’adulterio e l’incesto.
E’ evidente che l’auspicata tolleranza dell’omosessualità sì risolve in una
ulteriore spinta verso lo sfacelo della
famiglia cristiana, come ci è costantemente presentata dalla Scrittura.
Mentre la salvezza per sola grazia,
rimane il sicuro fondamento del cristiano, non per questo siamo autorizzati a chiamare male il l>ene e bene il
male (Isaia 5: 20). Gesù ha perdonato l’adultera, ma non ha giustificato
l’adulterio, anzi ha indicato alla donna
un nuovo e diverso modo di vivere
(Giovanni 8: 11).
3) Quanto alla vostra domanda di
una condanna generica « nei confronti di ogni manifestazione di violenza
e di sopraffazione, di terrorismo e di
guerra, che oggi dilagano nel mondo »
non ci risulta che nella nostra Chiesa
si sia mai vsostenuto la legittimità di
queste manifestazioni di peccato, che
sono anche una conseguenza, per avere
noi abbandonato le vie del Signore.
Se noi domandiamo che la Chiesa
dichiari che lomosessualità è contra
ria allo spirito e alla lettera dell’Evangelo, è perché stiamo assistendo
a una massiccia propaganda in favore
di una nuova morale, che sta suscitando scandalo e disorientamento in larga parte della nostra Chiesa, mentre
altri Evangelici e gli stessi cattolici ci
osservano con stupore e tristezza.
Contraccambiamo i fraterni saluti.
^assemblea di
Testimonianza Evang. Valdese
...per chi
non vuol sentire
La polemica sorta tra il movimento
di « Testimonianza Evangelica Valdese » ed i responsabili della Chiesa Valdesse in merito all’omosessualità mi ha
profondamente addolorata.
Il vecchio adagio « Non vi è peggior
sordo di chi non vuole udire » ancora
una vo-lta, purtroppo, si rivela giusto.
Che cosa chiedeva la T.E.V.?
Chiedeva semplicemente che il problema della {( omosessualità » venisse
esaminato alla luce delle Sacre Scritture e che sotto tale profilo venisse
presa una chiara posizione.
Questo è stato tacciato di et grettezza » dagli stessi interessati i quali ignorano che tra i valori del protestantesimo ha un suo significativo rilievo
quello della tt sovranità delTEvangelo ».
Il credente tende a confrontare la
sua vita col Vangelo, alla sua luce
cerca di correggersi e di camminare
per le vie che il Signore gli addita.
La T.E.V. non si è mai opposta a
che la ChiCvSa si occupasse degli omosessuali.
Come questa si occupa della fame
nel mondo, dei drogati, degli handicappati, dei carcerati perché non dovrebbe occuparsi degli omosessuali?
E’ qui che è venuta a crearsi una
certa confusione. Può non esservi condanna per il peccatore, ma non cerio
per il peccato! Occorre essere ben
chiari!
Quale aiuto può dare la Chiesa agli
omoscvssuali?
Parecchi sono gl’insegnanti che
il Vangelo ci dà a proposito del corpo
materiale, ci basti leggere l'Epislola
ai Romani cap. VI oppure il cap. VI
della T Epistola ai (Corinti ecc.
Nella I ai Tessalonicesi cap. IV al
V. 4 leggiamo: « ...che ciascun di voi
sappia possedere il proprio corpo in
santità ed onore ».
Gli omosessuali vogliono essere aiutati nel senso evangelico o vogliono
piuttosto essere aiutati neH’oltenere la
legalità di situazioni che le Sacre Scritture non ammettono e dare cosi spazio al peccato in nome dì una libertà
mal intesa?
Questo è il nocciolo della questione
e non sì può rispondere contemporaneamente con un « si » ed un « no »
come è avvenuto per altri problemi.
Occorre essere ben chiari ed oggi,
come non mai, siamo chiamati ad una
coerenza cristiana ben lontana certo
da un qualsiasi compromesso.
Graziella Perrin, Torre Pellice
9
26 giugno 1981
CRONACA DELLE VALLI
LUSERNA
SAN GIOVANNI
La Commissione Stabili ha concluso, sabato sera, il ciclo di incontri mensili con una simpatica
cena comunitaria alla quale ha
partecipato un centinaio di membri della comunità.
Dopo le squisite portate preparate dalla ormai nota équipe
che hanno soddisfatto tutti i palati, il piccolo Marco Gay, di 9
anni, ha rallegrato i presenti con
l’esecuzione di alcuni brani musicali molto applauditi.
La seconda parte della serata
è stata dedicata, da parte dei
membri della Commissione Stabili e dei numerosi giovani presenti, al saluto di commiato al
pastore Adamo ed alla sua famiglia che a settembre si trasferiranno a Cremona.
Un saluto commosso e riconoscente che sta a dimostrare l’affetto e la stima di cui il « caro
pastore Adamo », come è stato
definito da un giovane che si è
fatto portavoce dei suoi compagni, ha saputo, in questi due anni di permanenza fra noi, circondarsi con la sua sensibilità,
la sua carica di comunicativa e
l’impegno costante nel proprio
ministero.
■ La Società di Cucito « Le
Printemps » organizza per domenica 5 luglio alle ore 14.30, nella
Sala Albarin, il tradizionale Bazar con la esposizione e vendita
di lavori femminili che ogni anno sono molto apprezzati dal
pubblico.
Sarà allestito un servizio di
buffet con té, caffè e vendita di
dolci.
■ In questi ultimi giorni abbiamo accompagnato all’estrema
dimora terrena le spoglie mortali del fratello Giulio Mourglia
dei Malanot, deceduto all’età di
anni 66 dopo un lungo e doloroso periodo di infermità e della
sorella Maria Tron, di anni 75,
ospite dell’Asilo Valdese. Era una
parente del pastore emerito Arnaldo Genre che in questi ultimi
tempi, l’ha amorevolmente seguita con visite quasi giornaliere
alleviando la sua solitudine ed
il suo male con affetto e dedizione.
Ai familiari in lutto la comunità esprime tutta la sua simpatia cristiana con le più sincere
condoglianze.
Personale di Scroppo
Per più di un mese, dalla fine
dello scorso aprile, è stata aperta all’Art Club di Washington
(USA) una personale del noto
pittore Filiono Scroppo da tempo residente a Torre Pellice.
Nel catalogo alcune riproduzioni a colori ed altre in bianco
e nero danno un’idea della produzione dell’artista. Nell’ampia
bibliografia abbiamo notato tre
titoli dell’Eco-Luce negli ultimi
5 anni, due interviste a Scroppo
e un articolo su di lui di Lietta
Pascal.
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Becchino, Dino Clesch, NIso De
Mlchelis, Giorgio GardioI, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-JacQues Peyronel, Roberto ^eyrot,
Giuseppe Platone, Luciano Rivoira,
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Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
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Intestato a • L'Eco delle Valli
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intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
< La Luce >: Autor. Tribunale di
PInerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Rag.
Tribunale di PInerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
____________________________________
TORRE PELLICE
Un gruppo di rappresentanti
dei movimenti giovanili evangelici mondiali ha partecipato al
culto, domenica 21, e si è poi
intrattenuto con alcuni membri
della nostra comunità per uno
scambio di informazioni sulla situazione dei diversi paesi di provenienza. Questi fratelli, che hanno visitato nel pomeriggio il
Museo e luoghi storici, partecipano a Rivoli ad un incontro
ecumenico organizzato dal CEC
sul tema «Evangelo e Giustizia».
• Al Foyer di Villa Elisa si è
svolto il Bazar di solidarietà
per le opere sociali dell’U.C.D.G.
Un buon numero di persone è
intervenuto; particolarmente
apprezzata è stata la partecipazione di un gruppo di giovani
che hanno allietato il pomeriggio con canti e musica.
• Domenica 5 luglio alle 15
avrà luogo una riunione ai Simound. Tempo permettendo essa si terrà all’aperto, altrimenti
nella scuola di quartiere. Tutti
i membri della comunità sono
invitati a partecipare a questo
simpatico incontro.
• Si sono svolti i funerali di
Mûris Maria, di anni 83, ospite
della Casa delle Diaconesse, e
di Bonjour Renato, di anni 75,
dei Chabriol. Alle famiglie la
comunità esprime la sua simpatia cristiana.
ANGROGNA
POMARETTO
Incontri
ecumenici
In maggio si sono concluse le
riunioni del Collettivo biblico
ecumenico di Torre Pellice, iniziate in autunno con cadenza
quindicinale.
Vi hanno preso parte, con assiduità, una trentina di membri
delle due confessioni religiose
che, alternativamente, hanno presentato uno studio sull’Epistola
ai Romani prescelta per la lettura.
Alcuni hanno preso parte anche alle adunanze ecumeniche
organizzate da altri collettivi
ecumenici a Pinerolo e a Torino.
Ogni capitolo della lettera di
Paolo ai Romani ha richiesto al
gruppo di solito due riunioni
per approfondire la rifiessione
sul contenuto, che veniva anche
analizzato con la realtà storica
delle Chiese e delle posizioni da
esse assunte nel cammino della
umanità in relazione al messaggio del Vangelo.
L’aperto confronto, anche se
alle volte vivacizzato da alcuni, è
stato chiarificatore delle scelte
dei credenti che cercano solo in
Cristo il punto di raffronto e incontro per trasmettere al mondo
secolarizzato e scristianizzato
(per la mancanza di credibilità
delle Chiese e dei credenti?) il
messaggio evangelico così come
seppe fare nel Salvador il vescovo cattolico Oscar Romero per
la cui fedeltà a Cristo solo, e non
all’« Istituzione » è stato ucciso.
Alcuni temi emersi dal testo
biblico come: « peccato », «fede»,
« giustizia » e « salvezza » avrebbero richiesto secondo qualcuno
uno sviluppo più ampio, con uno
studio collaterale per interrogarci sul fondamento di questi concetti per noi oggi.
Il Collettivo riprenderà gli incontri in autunno. Speriamo che
la componente valdese giovanile
di Torre Pellice sarà più numerosa. È questa l’occasione attesa
per seguire uno studio biblico.
I saltuari interventi del past.
G. Tourn, apprezzati da tutti,
hanno contribuito teologicamente a chiarirci i pensieri per renderci fedeli testimoni. A. K.
BOBBIO PELLICE
A causa dell’assenza del pastore in viaggio coi giovani in
Svizzera, per necessità urgenti
siete pregati di rivolgervi al pastore Ernesto Ayassot di Villar
Pellice (tei. 930713).
• Domenica 28 giugno il culto sarà presieduto dal predicatore laico Dino GardioI, che ringraziamo.
SAN SECONDO
I culti del 14 e 28 giugno sono
stati presieduti dai fratelli Attilio Fornerone e Arnaldo Genre in assenza del pastore impegnato ad Ecumene per i lavori
della CEvAA. La comunità li ringrazia per la loro collaborazione.
Incontro di Concistori
Sabato 13 giugno si è tenuta
ad Angrogna un incontro fra il
locale concistoro e quello di Pomaretto, il terzo in questi ultimi
anni. Momento unificante, la cena comunitaria in cui si è fraternizzato rinsaldando i legami
già da tempo creati. Dopo la cena
sono seguite delle riflessioni e
scambi di impressioni. Quest’anno ambedue le comunità hanno
rilevato il pericolo dell’isolamento che gruppi pure attivi nelle
stesse comunità rischiano di avere nei confronti di altri gruppi.
Ciascuno finisce con l’avere delle
proprie aspettative, un proprio
linguaggio e rischia di non capire 0 di non essere capito dagli
altri gruppi operanti. Quali proposte fare affinché periodicamente tutte le varie espressioni si
confrontino sul tema centrale che
è quello di testimoniare la propria fede nel Gesù vivente nella
concretezza delle situazioni?
Speranze e delusioni, scoraggiamento e presa di coscienza e di
impegno; in questa alternanza di
situazioni umane è proseguito il
dibattito sulla realtà delle nostre
comunità.
Ricordiamo agli angrognini
che le iscrizioni alla gita alle
Cevenne (4-7 settembre) sono
aperte: sinora abbiamo ricevuto solo poche iscrizioni... non
aspettate l’ultimo momento. Rivolgersi al pastore.
• Domenica 21, un gruppo di
una cinquantina di inglesi, amici della nostra chiesa, guidati
dal vescovo anglicano Ward, si
recano al culto nel tempio di
Pradeltorno. Al rientro, sul piazzale, triste sorpresa: la porta del
bus è stata forzata e i soliti
ignoti — in pieno giorno — hanno fatto razzia di documenti, soldi... È la seconda volta che succede un fatto del genere nei
confronti di stranieri, a Pradeltorno, nello spazio di due anni. Speriamo che le indagini
portino a risultati concreti.
Seminario
per animatrici
La Federazione Evangelica
Femminile Valdese Metodista organizza un Seminario Biblico per
Animatrici di Unioni e Gruppi
Femminili a Torre Pellice nei locali della Casa Unionista della
Chiesa valdese, nel periodo dall’8 all’ll agosto 1981, con tema:
« L’attesa del Regno di Dio e le
sue implicazioni per la vita del
credente oggi ».
Il corso sarà condotto dal pastore Antonio Adamo e interverrà il pastore Sergio Carile, e si
svolgerà nel pomeriggio di sabato 8 e domenica 9 agosto, nel mattino e nel pomeriggio di lunedì
10 e si concluderà nel mattino
di martedì 11.
Si suggerisce la lettura di:
• Voce « Regno di Dio » e « Escatologia » su Dizionario biblico,
ed. Feltrinelli ;
• Voce « Escatologia » su Dizionario del pensiero protestante,
edizione Herger-Morcelliana ;
• Venga il Tuo Regno di Bonhoeffer. Nuovi Saggi Querinia
na 25 ;
• La religione cristiana di Simmel-Stahlin, edizione Feltrinelli Fischer.
Informazione e iscrizioni presso Niny Boèr, strada dei Boér 25,
Luserna San Giovanni, tei. 8121/
90367 e dal 20 luglio presso Èva
Rostain, strada dei Boèr 16, 10062
Luserna San Giovanni, tei 0121/
90.341. La partecipazione è aperta a tutte le persone interessate.
CIRCUITO
VAL PELLICE
Per il 30" di Agape
Vi sono ancora 10 posti
disponibili sul pullman che
parte da Torre Pellice, domenica 28 corr., per Prali
in vista delle manifestazioni per il trentennale di
Agape. Partenza ore 8.30
piazza di S. Margherita,
Appiotti ore 8.45. Rientro
da Prali: ore 19. Per le ultime prenotazioni telefonare al più presto al 932264
(Kovacs) di Torre Pellice.
Carla e Adriano Longo lasciano Pomaretto. Erano impegnati da diversi anni in qualità di
direttori del Convitto Valdese
di Pomaretto, lavoro a cui avevano dedicato numerosi anni,
dando all’opera un buon funzionamento, riuscendo ad inserirla appieno nell’attività della
Chiesa locale; e ad inserirla pure
nelle attività della valle tutta.
Un sincero ringraziamento da
parte della comunità per tutto
questo lavoro compiuto a Pomaretto; ed un sincero augurio
per il loro nuovo lavoro in seno
alla comunità di Torre Pellice,
come conduttori della locale foresteria.
• Il 21 giugno, ha avuto luogo la preannunciata visita alla
diaspora di Mentoulles, alla famiglia Clapier. Un pic-nic all’aperto insieme alla famiglia Clapier, ed una riunione sempre
all’aperto ha chiuso così la giornata. Un nuovo passo per
una visita comunitaria nella
diaspora, alle famiglie isolate,
ed un nuovo passo per l’annuncio delTevangelo a fratelli e sorelle lontani dal centro della
Comunità di cui fanno parte. Un
primo passo, questo, che speriamo sia poi continuato in seguito.
• Programma ampliato della
riunione del 19 luglio p.v. ai
Paure. Avendo eseguito lavori
vari di riparazione alle scuole
quartierali dei Cerisieri e del
Podio (rifacimento del tetto, e
lavori di imbiancamento vario
alla scuola dei Cerisieri da parte
dei giovani) con una spesa superiore ai 4 milioni, ci è pervenuta la seguente proposta: indire
una giornata a favore di queste
opere, onde ricuperare un poco
di queste spese: una giornata
con il seguente programma:
pranzo all’aperto con polenta,
salsiccia e spezzatino. Abbiamo
recepito la proposta, ed indichiamo come giornata per questo incontro all’aperto, quella
della riunione dei Paure del 19
luglio p.v. Al fine di poter predisporre tutto per questa festa
comunitaria, invitiamo tutti coloro che sono interessati ed accettano questa proposta, a fare
pervenire la loro adesione (in
assenza del Pastore) presso:
Marchetti Luigi tei. 81084 e Micol
Flavio tei. 81501, Masselli di
Pomaretto entro domenica 12
luglio p.v.
RINGRAZIAMENTO
« Io sono la resurrezione e la vita,
chi crede in me anche se muoia
vivrà » (Giovanni 11: 25)
Le sorelle, Melanie, Adelina, il fratello Luigi e i nipoti esprimono il loro
ringraziamento a quanti hanno preso
parte al loro dolore per la scomparsa di
Onorina Maria Pons
ved. Rivoir
Ringraziano in particolare il Pastore Bruno Bcllion e Aurora Bastia Albarin per l’affettuosa assistenza e tutto
il personale dell’Asilo Valdese di San
Giovanni.
Luserna S. Giovanni, 26 giugno 1981
RINGRAZIAMENTO
1 familiari di
Maria Mûris
e i signori Herlitzka e Cappa Bava
ringraziano le diaconesse, le ospiti, il
personale della Casa, il pastore Zotta
e tutte le persone che furono di aiuto
e di conforto durante la lunga infermità della cara estinta.
Torre Pellice, 22 giugno 1981
« Venite a me voi tutti che siete
travagliati, ed io vi darò riposo ».
(Matteo 11: 28)
I familiari di
Emilio Gustavo ReveI
Cav. di V.V. e invalido di guerra
ringraziano tutti coloro che con la loro
presenza, hanno voluto prendere parte al loro dolore. Un ringraziamento
particolare alla direttrice ed al personale tutto della Casa di Riposo per
Anziani di San Germano Chisone, ed
al Pastore Co'isson Renato.
Pomaretto. 12 giugno 1981
AVVISI ECONOMICI
AFFITTASI piccolo alloggio con servizi per mesi estivi borgata Clot, Inverso Pinasca. Telef. 0121/840787
dalle 18 alle 19.
CERCO in affitto a Torre Pellice alloggio due camere e servizi, oppure
minialloggio. Cerco in alternativa la
possibilità di essere ospitato in famiglia 0 convivenza con donna di
60-70 anni. Scrivere a Quinto Selva
- via Belletti Bona, 10 - 13051 Biella.
VILLASECCA
Domenica 7 corr. ha avuto
luogo il nostro annuale bazar.
Il buon incasso è stato devoluto alla cassa stabili. Ma non
dobbiamo mai dimenticare che
il bazar è una delle tante occasioni di incontro della comunità,
altrimenti rischiamo di farne
una occasione di commercio...
ecclesiastico!
Tutta la comunità ha ben collaborato anche quest’anno. Tutte le famiglie ed alcuni amici
commercianti hanno offerto doni in natura, danaro e oggetti
in abbondanza arricchendo sensibilmente i vari reparti, come
lotteria, pesca, buffet, banchi
vendita. Molti sono stati i collaboratori fra i giovani. Concistoro, membri di chiesa. Unione
Femminile. Quest’ultima ovviamente ha sopportato il peso
maggiore di tutta l’operazione
bazar.
Grazie a tutti nel Signore al
quale offriamo il nostro servizio disinteressato anche in questo settore della vita della nostra comunità.
• È stato molto simpatico
aver ospitato, venerdì 19 corr.,
nei nostri locali, un gruppo di
42 Inglesi, guidati dal Bishop
Arthur Ward e signora, in visita
alle Valli. Intorno ad una tazza
di thè, preparata dall’Unione
Femminile, abbiamo potuto trascorrere un’oretta di comunione
fraterna, anche se non è stato
possibile per tutti conversare
direttamente con gli ospiti a causa della diversità di lingua.
Un ringraziamento particolare
alle sorelle dell’Unione Femminile che hanno voluto offrire a
proprie spese personali i rinfreschi preparati o acquistati.
COMUNITÀ’ MONTANA
VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
notturna - prefestiva • festiva
dai sabato ore 14 al lunedì ore 8
dalle ore 14 della vigilia del giorno festivo Infrasettimanale allo
8 del giorno successivo presso
['OSPEDALE MAURIZI ANO - Uiserna San Giovanni - Tel- 90884.
Nella notte del giorni feriali, dalle ore 20 alle ore 8 (escluso sabato, domenica e vigilia dei festivi) presso l’OSPEDALE VAL
DESE - Torre Pellice - Tel. 932433.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 28 GIUGNO 1981
Luserna San Giovanni: PARMACIA SAVELLONI - Via F. Blando - Luserna Alta - Tel. 90223.
CHIUSURE INFRASETTIMANALI
A Torre Peiiìce: martedì chiusa
la farmacia Muston, giovedì cttlusa la farmacia Internazionale.
A Luserne Sen Giovenni: mercoledì chiusa la farmacia Prati,
giovedì chiusa la farmacia Gaietto.
AUTOAMBULANZA
DOMENICA 28 GIUGNO 1981
PEYRONEL - Tel. 90355.
o tei. 91.288 - Vergnano - Noccioleto.
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice: Tel. 91365 - 91300
Luserna S.G.: Tel. 90884 - 90205
COMUNITÀ’ MONTANA
VAL CHISONE-GERMANASCA
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8,
dalle ore 14 della viglila del
giorni festivi alle ore 8 dei giorni
successivi ai festivi
le notti dalle ore 20 alle 8.
li recapito del servizio ò presso
la CROCE VERDE di Porosa Argentina ■ Tel. 81.000.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 28 GIUGNO 1981
Pinasca
FARMACIA BERTORELLO
AUTOAMBULANZA
Croce Verde Pinerolo - Tel. 22664
Croce Verde Porto - Tei. 74197
Croce Verde Porosa - Tel. 81000
10
10.
26 giugno 1981
LA FEDE IN CRISTO CI OBBLIGA A CONFRONTARCI ANCHE COL POTERE DELLE IMPRESE TRANSNAZIONALI
Chiese
e multinazionali
Da alcuni anni nelle riunioni
del Consiglio Ecumenico delle
Chiese (CEO ricorre spesso una
sigla: JPSS, cioè — in inglese —
« just, participatory and sustainable society» (in italiano: una
società più giusta, partecipata e
convalidata).
Una sigla questa che sta ad indicare gli obiettivi di una etica
politica e sociale che viene proposta ai credenti delle chiese protestanti ed ortodosse che fanno
parte del CEC. È in questo contesto che è nato il programma
ecumenico di studio sulle imprese multinazionali. In sintesi questo progetto di studio si propone
di:
— alzare ì livelli di conoscenza
delle chiese, delle organizzazioni
ecclesiastiche ed anche dei singoli credenti sul ruolo delle multinazionali nel mondo,
— ascoltare le vittime dell’azione delle multinazionali e quindi aiutare i loro programmi di
emancipazione,
— facilitare la diffusione delle
informazioni su questioni quali
l’economia mondiale e le multinazionali, il potere delle multinazionali, le regole di comportamento cui le multinazionali dovrebbero conformarsi, i rapporti con gli stati nazionali, e le conseguenze dell’azione delle multinazionali su problemi dell’uso
della tecnologia, dell’occupazione, e dell’organizzazione del lavoro,
— contribuire alla riflessione
delle chiese sulla loro missione
profetica nella società.
Per raccogliere la riflessione
delle chiese su questi problemi
il CEC ha organizzato una serie
di incontri internazionali a livello dei vari continenti. Quello dell’Europa Occidentale si è tenuto alla fine di aprile in Belgio
con la partecipazione di una cinquantina di rappresentanti delle
chiese europee (comprese le
commissioni Justitia et pax della chiesa cattolica).
Due posizioni
Nella discussione di questi problemi sono emerse due posizioni
principali: la prima sostenuta
con forza dalla Chiesa Evangelica
Tedesca che il compito missionario della chiesa debba esercitarsi anche personalmente nei
confronti dei responsabili delle
multinazionali nell’ottica della
tradizionale etica ecumenica della « società responsabile »; l’altra
sostenuta principalmente dalle
Chiese Olandesi reputa che i cristiani debbano saper contrapporre all’attuale modello di sviluppo basato sull’accumulazione
capitalista un altro modello economico basato su una sorta di
« austerità » consensuale nella
società. Secondo quest’ultima
proposta i credenti debbono porre il problema di « che cosa, per
chi, produrre e con quale tecnologia », e non limitarsi ad analizzare gli effetti dell’azione delle multinazionali.
« Il tempo può essere usato per
distruggere o per costruire » —
diceva Martin Luther King. Le
chiese vogliono costruire la fratellanza e la pace in questo mondo e rispetto a questo compito
dove si collocano le multinazionali? Possono essere considerate
degli alleati o sono dei nemici?
Alcuni esempi
Per rispondere a questa domanda la conferenza ha affrontato l’esame concreto di due situazioni in cui operano le imprese multinazionali, quella dell’industria dell’auto e quella dell’industria agro-alimentare.
Per quanto riguarda l’industria
dell’auto, l’azione delle multinazionali spinge a investimenti tecnologici e ad un rigido controllo
della manodopera per mantenere alti i tassi di profitto delle
imprese. Quando i tassi di profitto si riducono le multinazionali
non esitano a licenziare anche decine di migliaia di lavoratori e
a trasferire le loro produzioni in
un’altra parte del mondo.
^ 'IL...
Per quanto riguarda l’industria
agro-alimentare, Susan George
ha affermato senza mezzi termini che l’azione delle multinazionali in questo campo è una
« strategia per la fame » e non
per l’alimentazione degli individui: infatti gli investimenti agricoli favoriti o effettuati direttamente dalle multinazionali cambiano profondamente l’agricoltura di sussistenza dei paesi del
terzo mondo e li rendono molto
più soggetti ai problemi della carestia e della fame.
Questi due esempi, contestati
dai manager delle multinazionali
presenti (Fiat, Uniliver, Nestlé),
spingono quindi le chiese ad una
scelta di campo a favore delle
« vittime » della politica delle
multinazionali.
Favorire gli incontri tra i lavoratori delle multinazionali,
condurre azioni simboliche di
educazione delle comunità su come operano le multinazionali, favorire l’applicazione dei codici di
comportamento, in un dialogoscontro coi manager delle multinazionali può essere una strada
su cui impegnare le chiese anche a livello locale.
Queste alcune delle conclusioni dell’incontro, conclusioni provvisorie e ancora da verificare
paese per paese, ma che indicano
un cammino sul quale le chiese
vogliono marciare.
Giorgio GardioI
J-1 professore André Biéler, teologo e dottore in scienze economiche, e il past. Alain Perrot
sono tra i fondatori di una « convenzione » che raggruppa 32 azionisti della Società Nestlé. Questa
convenzione è nata il 14 maggio
scorso durante l’assemblea generale ordinaria degli azionisti della Società, e in quell’occasione
ha deposto un memorandum che
spiega il senso della sua azione.
La convenzione si è data per missione di promuovere in seno alla
Nestlé un vero diritto all’informazione sugli orientamenti piu
importanti dell’impresa nei paesi
in via di sviluppo, di suscitare
Un dibattito reale sugli orientamenti che devono guidare l’impresa in diversi settori essenziali, di usare il diritto degli azionisti, di decidere sull’impiego degli utili per effettuare doni a favore di istituti di ricerca a carattere etico e ad organismi di
.sviluppo scelti dall’assemblea generale, di incitare il Consiglio di
amministrazione a prestare un
orecchio attento alle critiche fondate rispetto alla politica commerciale perseguita dalla Nestlé
nel terzo mondo.
Nelle loro considerazioni, i promotori dell’iniziativa osservano
che « il Consiglio di amministrazione non è rimasto indifferente
ai rimproveri provenienti da certi ambienti cristiani, ma di solito le critiche vengono accolte con
scetticismo, e anche con disprezzo ».
« Pensiamo sia urgente cambiare atteggiamento ed esaminare in
modo positivo e cosciente tali
critiche (...) ».
L’etica cristiana di
fronte aU’economia
L’iniziativa di due teologi svizzeri e la Nestlé
Cercare l’Eterno
(segue da pag. J)
di una conoscenza intellettuale,
astratta: Dio non si presenta mai
come un pensiero astratto; Egli
è colui che agisce, che fa, che
opera e quindi la conoscenza di
Dio è l’esperienza concreta, vissuta di un Dio che opera nella
storia per la salvezza dell’uomo.
E’ tempo quindi di cercare l’Eterno, di conoscerlo, di vivere la
esperienza del suo essere nella
storia, nel mondo, di verificare
sul piano delle cose questo tempo di salvezza che Egli ci offre.
Noi siamo qui per cercare: la
parola stessa indica un movimento; non abbiamo soluzioni preconfezionate; verità immutabili
su cui adagiarci; il nostro non
può essere altro che un cammino: un andare verso... non abbiamo nessuna certezza che quello
che diremo, che le decisioni che
prenderemo sono e saranno l’esatta interpretazione della volontà di Dio... cercare non significa
automaticamente trovare... ma
noi non possiamo non cercare;
non possiamo rimanere immobili
per paura di sbagliare: dobbiamo avere il coraggio di prendere
delle decisioni, di impiegare uomini, mezzi, idee, energie, risorse per questo campo che ci sta
davanti.
Questa ricerca, però, è sorretta da una certezza: alla fine di
essa non c’è il caos, né il baratro
del nulla; noi non siamo posti
davanti all’utopia. Alla fine di
questo cammino c’è il Signore
che viene per spandere la sua
pioggia di giustizia.
Come dunque possiamo vivere
questo tempo di Salvezza? Il profeta Osea ci indica i presupposti,
i fondamenti dai quali non possiamo discostarci, il cammino
del credente nell’ambito di questa ricerca:
Seminate secondo la giustizia:
si tratta di nuovo di camminare,
di muoversi per spandere un seme che non ci appartiene, che
non abbiamo prodotto noi, ma
che ci viene affidato per la distribuzione; non si tratta di spandere le nostre idee, le nostre felici intuizioni, il nostro senso
di equità e di giustizia, ma si
tratta invece della giustizia di
Dio con la quale Egli si schiera
dalla parte dell’orfano e della
vedova, con la quale Egli proclama la beatitudine dei poveri,
di coloro che fanno cordoglio,
dei mansueti, degli affamati di
giustizia, dei misericordiosi, dei
puri di cuore, dei facitori di pace, dei perseguitati; si tratta della giustizia di Dio con la quale
Egli ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del cuor
loro, ha tratto giù dai troni i potenti ed ha innalzato gli umili, ha
ricolmato di beni i famelici e ha
rimatidato a vuoto i ricchi.
Questa è la giustizia che ci viene affidata per la seminagione!
Mietete secondo la misericordia: di nuovo e sempre movimento, un andare verso... un fare, un
raccogliere con amore. Con quello stesso amore con cui Dio ci
accoglie nella Sua famiglia: con
la stessa dedizione con cui Gesù
nella parabola della pecora smarrita è venuto a cercarci; con lo
stesso amore con cui Cristo non
ha esitato a dare la sua vita per
noi. Non è qui in gioco un pio
sentimento, una più o meno accentuata predisposizione umana:
è il farsi carico dei pesi, dei problemi gli uni degli altri, è un
processo di condivisione, di solidarietà, di impegno totale, così
come totale è l’amore di Dio per
noi quale l’abbiamo conosciuto
in Gesù Cristo.
Dissodatevi un campo nuovo:
ancora e sempre lavoro, fatica,
movimento. Ma non si tratta qui
di andare alla ricerca di nuovi
terreni; la traduzione non rende
l’esatto pensiero del profeta. Il
campo di cui .si parla è quello solito, quello che noi conosciamo,
quello in cui operiamo, ma che è
diventato sterile, improduttivo.
Si tratta di rimettere a nuovo,
di rendere nuovamente fecondo
e produttivo questo nostro campo. Si tratta di scendere nella
profondità dei problemi che noi
viviamo, di rivoltare le grosse
zolle di malcostume, di egoismo,
di violenza che incrostano la vita della nostra .società, si tratta
di immettere materia fertilizzante che degradi e decomponga la
impermeabilità di un modo di vivere sterile, senza speranza, senza prospettive. Questo è il tempo della salvezza; questo è il
tempo di cercare l’Eterno. Che il
Signore ci aiuti a ricercare la
sua volontà per il tempo presente, ci dia di attualizzare la Sua
parola tenendo fermo nel nostro
decidere e programmare che siamo chiamati a seminare secondo
giustizia, a mietere secondo misericordia, a dissodare a nuovo il
campo che ci sta davanti.
Arrigo Bonnes
« Anche se ben gestita dal punto di vista economico, un’impresa è responsabile, di fronte alla
società in generale ed ai suoi
mandanti, della salvaguardia di
altri valori che non siano il solo
profitto materiale » — così afferma il pastore André Biéler, dottore in scienze economiche, nel
memorandum della Convenzione
di azionisti Nestlé. « Col lavoro
che essa suscita, coi prodoti che
essa distribuisce, come pure con
gli effetti trasformatori dei costumi e delle culture che essa
provoca, l’attività industriale
mette in gioco, nelle diverse parti del mondo, valori umani che
devono essere oggetto di analisi
serie e complete ». Diamo qui di
seguito uno scorcio del memorandum che il professore Biéler
ha dedicato alla « morale dell’impresa e alla responsabilità degli
azionisti alla luce dell’etica cristiana ».
Ambiguità deil’uomo
e della società
Le forze presenti in una società umana sono contraddittorie.
Alcune tendono a preservare l’uomo perché egli si realizzi secondo il proprio destino, e a promuovere le strutture sociali e
politiche necessarie a questa
realizzazione. Altre invece tendono al disprezzo e allo sfruttamento dell’uomo, all’accaparramento dei poteri sociali ed allo
spreco distruttivo della natura.
In ultima analisi, tutte le società abbandonate — senza opposizione libera — alle forze dominanti, finiscono con lo strutturarsi nella disuguaglianza, a fortificarsi nell’ingiustizia ed a autodistruggersi insieme al proprio
ambiente naturale.
In questa prospettiva, i miti
del progresso storico e qualitativo continuo che stanno alla base
delle due ideologie dominanti
del nostro tempo, quelle dell’Ovest e quelle dell’Est, sono irrealistici. Infatti le forze operanti in ogni individuo ed in ogni
società sono capaci di promuovere sia progressi reali che regressi mortali.
Contro la tendenza delle società a strutturarsi nella disuguaglianza si vedono regolarmente
movimenti che lottano, spesso al
prezzo di pesanti sacrifici, per
una continua ridistribuzione dei
poteri, affinché il maggior numero di persone possa esercitare
il massimo di responsabilità.
Niente ricchi cattivi
e poveri buoni
Questa lotta è conforme all’Evangelo il quale annuncia che
Dio interviene a favore dei poveri e dei deboli. Tuttavia, nel Sermone sul Monte Gesù Cristo non
si rivolge ai ricchi cattivi ed ai
poveri buoni. Egli interpella collettivamente gli uni e gli altri
solo a causa delle particolarità
della loro condizione sociale.
Perciò il cristiano vive costantemente in tensione col proprio
ambiente sociale onde farvi trionfare l’amore, la giustizia, la pace, la libertà, la solidarietà di
ognuno, contro le innumerevoli
forze contrarie. Il cristiano non
ha la pretesa di costruire una
società ideale o celeste, ma egli
lavora affinché a livello locale,
nazionale e mondiale, regnino un
po’ più di amore, di giustizia, di
pace, di libertà, di solidarietà e
di responsabilità per ognuno. Per
lottare contro l’influsso del potere economico sull’uomo, il cristianesimo produce due correnti
apparentemente contraddittorie
ma fondamentalmente complementarie.
La prima corrente mira alla
rottura con le compromissioni
della vita economica e sceglie la
povertà. Nella Bibbia, questa corrente è generalmente rappresentata dai profeti e dai poveri il
cui distacco è illustrato con la
loro itineranza.
Una seconda corrente proveniente dalla tradizione giudeocristiana vuole assumere la responsabilità della vita economica per padroneggiarla e trasformarla. È la scelta di coloro che,
nella Bibbia, si sistemano nella
vita — i sedentari — per dominare la produzione dei beni e delle ricchezze. Sorge necessariamente una tensione tra i profeti
della povertà e i gestori responsabili e critici dell’economia. I
primi ricordano ai secondi che
le compromissioni alle quali questi consentono per restare efficaci devono sempre essere riesaminate alla luce delle esigenze
di Dio.
La depoliticizzazione
delle chiese
Rinunciando ad esercitare la
loro funzione critica, le Chiese
corrono il rischio di assumere
pesanti responsabilità nella crisi
delle società e nel disorientamento degli individui. Se si guardano
da vicino i grandi avvenimenti
che hanno segnato gli ultimi decenni della storia cristiana, ci si
accorge che un cambiamento
profondo sta avvenendo nelle
Chiese di tutto il mondo. Sono
sempre più numerosi i cristiani
che solidarizzano non più con i
poteri dominanti ma con i poveri e gli oppressi.
Non si tratta affatto di uno
scivolamento verso il marxismo,
ma di una reale depoliticizzazione del cristianesimo storico il
quale cessa di confondere i propri valori con quelli delle ideologie dominanti.
Ma l’impazienza di molti cristiani dell’Ovest e soprattutto
dell’Asia e dell’Africa di fronte
all’incapacità del capitalismo occidentale a lasciarsi trasformare
malgrado i disastri e la miseria,
tende ad attenuare la loro resistenza all’influenza marxista.
Da dove viene
il mio denaro?
La tradizione cristiana ha discusso a lungo sulla legittimità
del prestito con interesse. Ma si
è preoccupata di meno della natura delle attività che producono
questi interessi. Da quando i circuiti economici si sono considerevolmente allargati e diversificati, con ramificazioni in ogni parte
del mondo, laddove regnano la
fame, la miseria e l’oppressione,
il problema dell’origine degli interessi sugli investimenti si è imposto con più gravità alla coscienza dei cristiani.
Per questo, nelle Chiese degli
Stati Uniti, della Germania, della Olanda, della Francia, e ora
della Svizzera, ci si interroga
sull’opportunità e sulle conseguenze degli investimenti nei
paesi poveri. Dopo il ritiro di alcuni investimenti, si procede ora
all’intervento degli azionisti presso i dirigenti delle imprese e
durante le assemblee generali.
Lo stesso problema si pone a
livello nazionale: gli interessi sono compatibili con quelli di altre nazioni e più particolarmente
con quelli dei paesi più sfavoriti? Basti pensare al riguardo al
conflitto che sorge periodicamente tra le associazioni di aiuto al
terzo mondo e le grandi società
economiche che forgiano la loro
politica solo in base agli interessi nazionali. La stessa scienza
economica cerca nuovi metodi
scientifici che possano incorporare alle spese di un’impresa i
« costi sociali » o « diseconomie »
che quest’ultima provoca nei confronti della società, dell’ambiente e del patrimonio culturale
delle popolazioni coinvolte.
Il professore Biéler conclude
con l’augurio che non sia lontano « il giorno in cui un’impresa
farà il bilancio concreto dei risultati della propria attività, con
l’inventario dei suoi utili, ma anche delle sue ’’diseconomie” sul
piano economico, sociale, morale
e culturale ».