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art. 2 legge 549/95 nr. 47/9
In caso di mancato rccapit
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I impegna a
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Bibbia e attualità
CON CALMA
«Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa»
(II Pietro 3, 9)
La calma è il vento debolissimo o
assenza di vento. È lo stato di tranquilliti) del mare, la bonaccia. Calma è
una parola che viene dal greco e significa: ardore del sole. Calore bruciante.
Arsura della febbre, quindi è anche
metafora delVamore. Chi ama non è
assalito dal demone dell’agitazione,
ma ha uno spirito tranquillo: si muove
lentamente come se fosse febbricitante
0 in un giorno d’agosto sotto il solleone. Un giorno per lui sono come mille
anni: non ha fretta, perché sa che
ramare ha bisogno di tempo, di ogni
stilla di tempo. Dio ama con calma le
sue creature. L’amore di Dio non è frettoloso, Dio è lento, e la lentezza di Dio
è (Jiwnta proprio alla sua misericordia.
Una delle accuse che vengono rivolte a
Dio è il suo ritardo. Dio non interviene. tarda a tornare, permette troppe
Cine nel mondo. Dio è accusato di indifferenza. Dio è accusato della peggiore cosa: di non amare. Quante volte
si grida a Dio: dove sei? O lo si mette
nlla prova chiedendogli di mostrarsi se
c’è. In tal modo si confonde la calma di
Dio con la sua non esistenza o la sua
insensibilità. Ma la calma, e la lentezza
di Dio sono il frutto del suo amore paziente. Dio è paziente verso di noi, non
vuole che si perda alcuno per la strada,
vuole che tutti si convertano.
1 giorno per Dio è come mille anLJ ni, perché fa mille tentativi per
avvicinarsi a noi. Subisce in silenzio
mille dinieghi ma riparte all’attacco
col suo amore altre mille volte. Un
giorno per Dio sono mille anni, la sua
lentezza è il frutto della sua longanimità. Dio prolunga ogni attimo della
nostra vita per renderlo l’attimo giusto, l’occasione perfetta. Dio sa che un
amore frettoloso non saprebbe schivare il rancore che provocano i tradimenli. la violenza possessiva della gelosia.
Un amore frettoloso non saprebbe imparare a conoscere il mondo segreto del
proprio amato. Un amore frettoloso è
superficiale, impaziente, fatto di pretese. L'amore di Dio invece è tranquillo,
misericordioso come il vento che non
strappa il frutto giovane dall’albero,
ma lo accarezza e lo rinfresca affinché
cresca e impari ad amare. Noi, invece,
amiamo frettolosamente. Non amiamo
per il gusto di amare, per salvarci e salvare. Amiamo per la paura di «non vivere». Temiamo a tal punto una vita
insignificante che ci costruiamo amori
artificiosi. Assaliti dall’ansia di sprecare il nostro tempo diventiamo spreconi. La paura di «non vivere», come
ogni paura, genera la fretta. La fretta
di bruciare le tappe, di provare quel
che si può provare subito. La paura di
non vivere ci rende frettolosi, vogliamo
giungere subito alla fine delle cose.
Mille anni per noi sono come un giorno, passano in fretta e non ci accorgiamo di chi vive accanto a noi.
'T'PPURE di fretta non si può far
Lli nulla. Chi ha fretta non riesce ad
amare, perchè l’amore ha bisogno della. calma del tempo. Conoscere bene
una persona richiede mille anni, spesso trascorsi a disinnescare i pregiudizi.
Quando si ama con calma, si ha il
tempo di ascoltare chi è di fronte a
noi. Di allontanare pian piano le paure. Quando si ama con calma si è davanti al mistero dell’altro senza la pretesa di svelarlo. Davanti al mistero di
Dio, in compagnia di Cristo, non nella
posizione rigida della fretta, ma nello
stato di abbandono di chi è calrnato,
risollevato. Davanti al mistero di Dio
per ricevere dalle mani di Cristo i semi
della calma che coltivati nel terreno
fertile della fede insegnano ad amare.
Raffaele Volpe
SI/niMANALI-; DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Va «fuori tema» il dibattito di questi giorni sulla legalizzazione delle droghe leggere
Non scherziamo con il «fumo»
Legalizzare ¡^hashish e la marijuana e distribuire sotto controllo medico le droghe pesanti è
una proposta sensata di «riduzione dei danno», che va discussa seriamente e senza secondi fini
EUGENIO BERNARDINI
IL problema della droga è grave,
riguarda la vita di tante persone,
soprattutto i giovani e le loro famiglie, offre tanti profitti e potere alla
criminalità organizzata, impegna
tante risorse pubbliche. Eppure, è
bastato che due leader politici importanti come Massimo D’Alema e
Walter Veltroni dichiarassero il loro
sostegno alle proposte, serie e argomentate, di legalizzazione delrhashish e della marijuana e di una
attenta distribuzione, sotto controllo medico, delle droghe pesanti
perché nel nostro paese si riscatenasse la solita polemica poco seria.
Poco seria perché invece che entrare nel merito del problema ci si
preoccupa di ben altre faccende:
della tenuta del governo, della
spaccatura del paese su una «questione astratta», oppure si fa intendere che una seria e limitata proposta, come è quella sostenuta dai
due leader del Pds, di «riduzione
del danno» è in realtà un sostegno
e un’approvazione morale della
droga, di tutte le droghe, senza distinzione alcuna; oppure si confonde legalizzazione (quindi depenalizzazione, ma vendita controllata)
con liberalizzazione (per esempio
vendita al supermercato).
In questa polemica «fuori tema»
sono scesi in campo anche voci
autorevoli del mondo cattolico: il
cardinale Fiorenzo Angelini ha affermato che «sarebbe come concedere a tutti l’uso della pistola», 1’
Osservatore romano ha domandato: «Se drogarsi è uno sbaglio, perché le istituzioni dovrebbero facilitare chi lo commette?». Notate:
«facilitare». E sì, perché queste non
sono proposte serie, che emergono
da un dibattito serio, scientifico e
internazionale, per intervenire efficacemente contro le droghe e la
criminalità organizzata, no, queste
sono proposte arrendevoli di politici irresponsabili.
Sono scesi in campo anche alcuni farmacologi affermando che
l’hashish e la marijuana non sono
affatto innocue per l’organismo (in
fatti dopo averle assunte non bisogna guidare l’automobile) che alterano la capacità di coordinare i
movimenti, che l’abuso di queste
sostanze può causare la «sindrome
amotivazionale», cioè un misto di
apatia e mancanza di interesse per
il futuro e per i rapporti sociali.
Peccato che non abbiano aggiunto
che si tratta almeno degli stessi sintomi e danni provocati dagli alcolici, che sono in libera vendita.
Non ci siamo proprio. Naturalmente è legittimo avere opinioni diverse ed essere contrari alle (ri)proposte di «riduzione del danno», ma
contrastandole con argomenti seri,
più seri di quelli che abbiamo ascoltato e letto in questi giorni. Tutti ne trarremmo beneficio e forse si
potrebbe fare qualche passo in
avanti per rendere più efficace la
lotta contro la necessità diffusa di
stordirsi (e uccidersi) con sostanze
stupefacenti di vario genere.
Sarebbe serio, per esempio, co
minciare a distinguere l’hashish e
la marijuana dalle altre droghe. Per
r«erba» credo sinceramente che si
possa fare un discorso simile a
quello dell’alcol; meglio evitarle,
comunque mai abusarne, in ogni
caso non criminalizzarle più, evitando così di mettere chi le consuma a contatto con la criminalità organizzata, regalando a questa una
fetta consistente di profitti, facendo scontrare molti giovani con «il
rigore della legge». Poi cominciamo a distinguere chi consuma solo
queste sostanze «leggere» da chi le
usa in attesa di qualcosa di più pesante. Infatti il passaggio dall’hashish all’eroina è simile a quello
dal bicchiere di vino a pasto all’alcolismo: avviene solo se lo si vuole,
se lo si cerca come fuga dall’angoscia e dall’infelicità. Non c’è nessun automatismo, anzi, l’alcol provoca maggior dipendenza e danni
dell’hashish e della marijuana.
E poi, cerchiamo di capire il sen
so delle politiche della «riduzione
del danno»: se non si riesce a eliminare un «danno» (e le droghe,
alcol e tabacco compresi, lo sono)
bisogna almeno cercare di «ridurlo». Su questo piano si può e si deve discutere, ma nel merito di proposte concrete, non di frasi ad effetto che suscitano solo l’emozione
dell’opinione pubblica e criminalizzano gli avversari. Qui il permissivismo non c’entra niente, né
c’entra discutere di valori (certo
che non è un valore ubriacarsi, intossicarsi, alterare la propria lucidità e intelligenza) c’entra invece il
fatto che il proibizionismo puro e
semplice non basta, e nel caso
dell’hashish e della marijuana è oltretutto insensato. Non confrontarsi sul terreno della «riduzione
del danno» può forse salvare qualche coscienza, ma certamente sostiene di più i magici profitti dei
narcotrafficanti e le vite spezzate di
tanti giovani e delle loro famiglie.
Roma: «Noi siamo chiesa)
Una riforma dal basso
della Chiesa cattolica
Si è svolta a Roma, il 23
e il 24 novembre, la prima riunione internazionale di coordinamento
del movimento «Noi siamo chiesa». Nel giro degli ultimi mesi vari comitati nazionali hanno raccolto un consistente numero di firme di cattolici
a sostegno di richieste
come il celibato opzionale dei sacerdoti, la piena uguaglianza di uomini e donne nei ministeri,
una maggiore democrazia nelle strutture decisionali della Chiesa cattolica. In Germania le richieste di «Wir sind Kirche» (Noi siamo chiesa)
hanno già raccolto un
milione e ottocentomila
firme; in Austria, dove il
movimento è sorto nel
1995, oltre cinquecentomila. La raccolta di firme
prosegue in Italia, Olanda, Francia, Gran Bretagna Spagna, Portogallo,
Stati Uniti, Canada e
Brasile. Il prossimo appuntamento internazionale di «Noi siamo chiesa» è fissato, nuovamente a Roma, per l’il ottobre ’97, in occasione della ricorrenza dei 35 anni
dall’apertura del Concilio Vaticano II. In quella
data è prevista la consegna in Vaticano delle firme raccolte in tutto il
mondo. (nevi
c I ^
Cresce la protesta
contro Milosevic
Non accenna a diminuire la protesta di massa contro il leader serbo
Milosevic, che ha decretato l’annullamento dei
risultati delle elezioni
municipali che hanno
dato la vittoria alle opposizioni in 34 grandi
città della Serbia. Il movimento di protesta, nato spontaneamente, sta
mobilitando diecine di
migliaia di cittadini di
tutti i ceti sociali, ma fa
fatica a trovare una strategia chiara e unitaria.
Milosevic, sopravvissuto agli eventi del 1989
e alla guerra civile nell’ex Jugoslavia, gode ora
dell’appoggio di tutti i
governi occidentali in
quanto garante degli accordi di pace di Dayton.
Oltre che sull’esercito e
la polizia, il suo potere si
basa sul controllo assoluto dei mass media.
Non per nulla la rabbia
dei manifestanti si esprime col lancio di migliaia
di uova contro la sede
della televisione statale.
Quale epilogo avrà la
protesta di Belgrado? La
«rivoluzione di velluto»,
come a Praga nell’89 o la
vittoria elettorale, come
di recente a Bucarest? Il
potere di Milosevic è
forse ancora sufficientemente saldo per evitare
sia l’uno che l’altro.
FAMIGLIE DEGLI EMIGRATI A RISCHIO. In un convegno internazionale svoltosi a Napoli è emersa la
grande necessità delle famiglie degli immigrati in Occidente di avere
un supporto anche psicoterapeutico. Queste famiglie, infatti, si trovano strette fra le aspettative della società di origine e quelle delle società di accoglienza, vivendo così
come «fra due mondi», come «persone di soglia». Un particolare supporto è necessario per i bambini e
gli adolescenti. (pag. 6}
«VENTI DI PACE». Venti miliardi in
più per l'obiezione di coscienza, circa 140 in meno per gli armamenti;
questi risultati «contabili» e altri
provvedimenti concernenti il «collegato» alla legge finanziaria sono
stati ottenuti alla Camera grazie
agli emendamenti e all'interessamento di una pattuglia di deputati
che aderiscono alla campagna
«Venti di pace», sorta alcuni anni fa
per iniziativa dell'associazionismo
laico, cattolico e di altri soggetti tra
cui la Federazione delle chiese evangeliche in Italia. (pag. 10)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’As
VENERDÌ 6 DICEMBRE 199r
«Quanto poi
ai tempi e ai
momenti, fratelli,
non avete bisogno
che ve ne scriva;
perché voi stessi
sapete molto bene
che il giorno del
Signore verrà
come viene un ladro nella notte.
Quando diranno:
“Pace e sicurezza”,
allora una rovina
improvvisa verrà
loro addosso,
come le doglie
alla donna
incinta; e non
scamperanno.
Ma voi, fratelli,
non siete nelle
tenebre, così che
quel giorno abbia
a sorprendervi
come un ladro;
perché voi tutti
siete figli di luce
e figli del giorno;
noi non siamo
della notte né
delle tenebre.
Non dormiamo
dunque
come gli altri,
ma vegliamo
e siamo sobri»
(I Tessalonicesi 5,1-6)
«Perciò, carissimi,
aspettando queste
cose, fate in modo
di essere trovati
da lui immacolati
e irreprensibili
nella pace;
e considerate che
la pazienza del
nostro Signore
è per la nostra
salvezza, come
anche il nostro
caro fratello
Paolo vi ha
scritto, secondo
la sapienza che
gli è stata data;
e questo egli fa
in tutte le sue
lettere, in cui
tratta di questi
argomenti. (...)
Voi dunque,
carissimi,
sapendo già
queste cose, state
in guardia per
non essere
trascinati dall’
errore degli
scellerati e
scadere così dalla
vostra fermezza»
(2 Pietro 3,14-15; 17)
IL GIORNO DEL SIGNORE
Il «giorno de! Signore» è un evento che appartiene a Dio. Ad esso corrisponde
il senso dell'urgenza della parola di Dio e della nostra conversione
PAOLO SPANO
COME riempire il tempo? È la
<■ -
domanda che ci facciamo
quando non sappiamo che fare.
Infatti noi siamo tutti un po’
malati di attivismo e in un modo
o nell’altro siamo afflitti dalla
sindrome del «tempo è danaro»;
guai a sprecare un po’ di tempo;
bisogna pur fare qualche cosa
per non sentirci frustrati.
La Bibbia ci dice che il tempo
non è riempito dalle nostre opere, ma dagli eventi di Dio. Per
cui si può dire, in prima istanza,
che i credenti in lui e la chiesa
vivono tra ciò che Dio ha già fatto e quello che farà. Il nostro
tempo è nel fare di Dio, non nel
nostro fare.
Tra il nostro fare
e il fare di Dio
Tuttavia è anche vero che
I
esiste un’altra dimensione
del tempo, ed è quella che si misura tra il nostro fare e il fare di
Dio, come spazio tra le nostre
opere e le opere del Signore. Le
une sono l’ombra della nostra
realtà umana, le altre sono gli atti di liberazione di Dio.
Questa dimensione del tempo
è descritta dalla metafora dell’alba, dal «crepuscolo delle tenebre», quando la notte è appena
rischiarata dal tenue chiarore
del nuovo giorno, che splenderà
nella gloria del sole di mezzodì.
Da una parte il fare di questo
mondo e le sue logiche obsole
scenti, dall’altra il fare di Dio che
accende la luce della speranza.
In questa situazione si colloca
l’impazienza dell’attesa, il lamento di chi soffre e attende la
consolazione daH’alto: Fino a
quando. Signore? Fino a quando
dureranno i nostri sospiri, il nostro pianto, la nostra disperazione? Fino a quando la furia omicida farà strage di folle sterminate
di esseri umani? Fino a quando
la logica della guerra e della
morte come soluzione dei contrasti ucciderà, devasterà, infurierà sui dannati di questa terra?
A questi interrogativi si può
dare la risposta che considera il
tempo come una successione
continua di eventi umani. «Pazienza, vedrai che il tempo cancella anche il ricordo del male
che duriamo». Ma il nostro testo
non consente questa sorte di
pietismo. L’attesa non deve essere impazienza, è vero, ma non
deve nemmeno dimenticare le
parole di Gesù secondo le quali
nessuno sa la data dei tempi di
Dio. L’apostolo Paolo, infatti, di
fronte allo sconcerto dei Tessalonicesi, che vedono morire i loro fratelli e le loro sorelle credenti, senza che il giorno del Signore venga a chiudere la spaventosa storia dell’umanità peccatrice e ribelle, dà una risposta
forte che si concentra proprio
nella nozione del «giorno del Signore».
che appartiene a Dio. Il giorno
del Signore è una dimensione nel
tempo della nostra vita; al giorno
del Signore corrisponde il senso
dell’urgenza della Parola di Dio e
della nostra conversione.
Le città impenitenti di Corazim e di Betsaida sono coeve di
Tiro e di Sidone, ma a differenza
di queste ultime esse non hanno
conosciuto la dimensione del
giorno del Signore, non si sono
ravvedute, non hanno preso il cilicio, né si sono sedute nella cenere dei penitenti (Luca 10,13).
Vegliate!
VEGLIATE! Non è questa una
patologia, non è l’insonnia.
La luce
del nuovo giorno
CHI si converte conosce la luI
Preghiamo
Signore, come Simeone attendiamo la consolazione
di Israele, poiché questa è la promessa che hai messo
nel cuore dei tuoi figlioli e delle tue figliole fin dall’antichità.
E perché questa promessa si compisse tu hai fatto
nascere tra noi Gesù di Nazareth, il tuo figlio unico. La
speranza, perciò, non è solo un atteggiamento del
cuore, ma l’attesa che il compimento della promessa
coinvolga anche noi, anzi, tutti i credenti che tu hai
eletto in questa generazione. Fa’ che il nostro tempo
sia quello del tuo giorno, giudizio e salvezza, riposo
dagli affanni di un mondo crudele.
Manda avanti a noi i più lontani, perché molti ultimi siano primi e gli ultimi veri non perdano nemmeno essi la forza della speranza. Amen.
Il tempo del giudizio
CHE cos’è il «giorno del Signore»? Di esso avevano
parlato gli antichi fin dai primordi della memoria di Israele.
Giorno di gaudio connesso con
le feste naturali: i raccolti, il nuovo anno, oppure la festa delTlncoronazione e intronizzazione
del re Davide, o Salomone, chissà! Ma adesso quei ricordi sono
collegati anche agli oracoli profetici, che negano la possibilità
di un giorno allegro e spensierato; il giorno del Signore è giorno
di giudizio. La primitiva comunità cristiana sapeva che il giorno del Signore è il tempo del giudizio di Dio nella storia come
anche alla fine dei tempi.
Dunque il giorno del Signore
non è una data, ma è un evento
ce del nuovo giorno, chi permane nella durezza del suo cuore vive nelle tenebre di un passato pesante e oscuro. Ecco perché
il giorno del Signore non è scandito dai tocchi degli orologi ma è
l’incrocio del nostro tempo coi
tempi del Signore. II nostro testo
caratterizza il giorno del Signore
con due metafore, quella del ladro e quella della donna che partorisce. La venuta del ladro, come aveva detto Gesù, è imprevedibile. Così il giorno del Signore
è imprevedibile quanto alla data.
La donna partorisce con travaglio: non esiste nascita senza travaglio, almeno ai tempi di questa lettera, per cui il giorno del
Signore sarà un passaggio necessario, come sono tutte le decisioni di Dio. La crisi del giudizio
quindi è al tempo stesso
imprevedibile e necessaria.
Come a dire: la fine della sofferenza e del dolore di questo
ordine del mondo non è la conclusione di una graduale ascesa
verso il mondo dell’apatia, ma è
una crisi profonda, che è nelle
mani di Dio, crisi che inaugura
la nuova creazione. Il giorno del
Signore non va sfuggito, né differito, né paventato, ma va atteso e preparato. La questione,
perciò, non è tanto il «quando?»
quanto il «come?». Come preparare e come prepararsi al giorno
del Signore? Il nostro testo ci dà
due tipi di istruzioni: vegliare e
essere sobri.
L’immagine è piuttosto quella
della sentinella, richiamata anche dal profeta Ezechiele e dal
profeta Isaia (Isaia 62, 6; Ezechiele 33). Vegliare significa stare a occhi aperti, perché occorre
vedere la realtà così com’è, non
secondo i fantasmi che popolano la notte.
E se si guarda al mondo con
realismo, allora si può essere
presenti nel mondo, senza sfuggire alle nostre responsabilità.
Stare a occhi aperti vuol dire
camminare con il Maestro, pregare con lui, portare la sua croce, bere il suo calice. Così vegliate in vista del giorno del Signore!
Siate sobri!
Seconda di una serie di quattro
meditazioni (2=> di Avvento)
è ubriaco, chi non è drogato.
Dunque, chi guarda al mondo
con mente lucida, nel pieno
possesso delle sue facoltà. Così
si coltiva la chiarezza del pensiero e la limpidezza dei comportamenti. Né depressioni, né esaltazioni, né entusiasmo gratuito
e indotto, né pessimismo distruttivo. È sobrio chi vive con
equilibrio, con una coscienza
salda, pienamente consapevole
dell’opera che Iddio compie, chi
ha una conoscenza serena e non
preconcetta o viziata della Parola di Dio. Così siate sobri rispetto al giorno del Signore! Se così
stiamo attenti e attente a quello
che Iddio fa, per mezzo del suo
Spirito nella nostra vita, se siamo aperti alla sua chiamata e ai
suoi inviti, che tagliano il piano
dei nostri tempi, i tempi della
nostra vita, allora brillerà anche
per noi lo splendore del giorno
del Signore.
Allora il giorno del Signore diventa una festa, perché il giudizio che porta è orientato alla salvezza, è il Sabato di Dio e per
noi l’ingresso nel suo riposo. Solo in questo senso possiamo realizzare che siamo figlioli di luce
e figlioli del giorno, perché viviamo insieme con lui. Questa è
la luce della nostra festa, non le
luminarie artificiali ed effimere
quanto il chiarore delle luci di
un albero di Natale.
Note
omiletiche
Questa lettera è cons¡.
derata da molti studiosi
come una delle più ariti,
che, se non la più antica
dell'apostolo Paolo. Il
to che parte di questa tTli^
siva tratti della fine di qua.
sto ordine di cose alla venuta del Signore militerebbe in favore di una datazione antica. Questa attesa
era una delle caratteristiche della primitiva comunità cristiana, che considerava il precipitare degli
eventi dalla croce alla risurrezione come la conclusione cruciale della storia
umana (Marco 9, 1; I Tessalonicesi 4, 15). Più ci si allontana da questo periodo, più l’attesa del Cristo
veniente perde il carattere
dell'urgenza cronologica
per acquistare la dimensione della consapevolezza
che questo ordine di cose
è comunque giudicatoe
comunque destinato alla
fine. Ma senza lasciare il
vuoto. La fine non è tanto
una data, un termine cronologico, ma il fine e quindi un termine teologico.
In 2 Pietro, cap. 3, si
tratta dell'impazienza dovuta anche alle critiche di
chi mette a nudo l'ingiustificata attesa di un'imminente venuta del Signore,
Per i Tessalonicesi l'impazienza era sollecitata piuttosto dal fatto che, contrariamente a quanto leggiamo in Me. 9, 1, ia prima
generazione di cristiani cominciava a morire senza
che la crisi finale e la venuta del FiglioI dell'uomo
fosse avvenuta.
Per la metafora del ladro, vedasi Matteo 24, 43
e Luca 12, 39; poi 2 Pietro
3, 10; Apocalisse 3, 3 e 16,
15. Per quel che riguarda
le doglie del parto come
fase necessaria alla nascita,
si veda Genesi 3, 16; Salmo
48, 6, dove necessità e sorpresa sono coniugate assieme. L'associazione della
metafora del parto con il
giorno del Signore si trova
già in Isaia 13, 6-8. In Calati 4, 19 le doglie del parto
sono la metafora della fatica che occorre durare per
far crescere i credenti e ia
chiesa alla perfetta statura
di Cristo.
Riguardo alla nozione di
«giorno del Signore», sembra che la locuzione sia
antichissima (Yòm Adonài). Certamente è una
frase che ha significato immagini e concezioni diverse in tutte ie fasi della storia del popolo di Dio. In
Amos 5, 18-20 troviamo
un'espressione che lascia
intendere due cose: in primo luogo che questa frase
alludeva a una qualche festa che per il popolo por;
tava aspettative di luce, di
sfolgorio. Se le cose stanno cosi, è pensabile cheli
giorno del Signore fosse
una festa di tipo agricolo
combinata con ricorrenze
della monarchia. In secondo luogo, è chiaro che pf
Amos la festa diventa una
metafora capovolta: la luce diventa tenebra e
gioia cordoglio. La nozione di giudizio e di condanna entrano cosi a far part®
dell'immaginario legato al
giorno del Signore. Questa
accezione è quella chesi
incontra poi sempre nd
resto della letteratura biblica (si veda il passo classico di Sofonia 1, 14-16). la
letteratura apocalittica aggiunge a questa locuzion®
tutto il peso delle catastrofiche previsioni della futa
dei tempi.
Per
approfondire
- Dizionario biblico a
Chiave biblica.
- J. A. Soggin, Introdo
zione all'Antico Testarnen'
1979
to, Paideia, Brescia,
- R. Rendtorff, Introdo
zione all’Antico Testarnen
to, Claudiana, 1990.
- B. S. Chiids, Teologi
dell'Antico Testamento,
Paoline, 1989.
VEN
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Kircl
SCO.
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iudicato e
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cap. 3, si
2ienza docritiche di
s l'ingiustii un'immiel Signore,
esi l'impaTitata piuthe, contralto leggia, ia prima
iristiani corire senza
i e la venuJell’uomo
ora del lateo 24, 43
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! 3, 3 e 16,
e riguarda
arto come
Ila nascita,
, 16; Salmo
ssità e soriugate asrione della
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edenti e la
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yENERDÌ 6 DICEMBRE 1996
Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
indire
biblico e
, introdorestâmes
ia, 1979
, introdoTestamento
Teologia
tamentOf
I 27° raduno degli evangelici tedeschi si svolgerà dal 18 al 22 giugno 1997
Si terrà a Lipsia il Kirchentag del «dopo Muro»
Nella città della Sassonia sono attese 130.000 persone. Il filo conduttore sarà
quello della giustizia: «Sul sentiero della giustizia sta la vita» (Proverbi 12, 28)
GIUSEPPE PLATONE
Otto anni dopo la caduta
del muro la città di Lipsia, in Sassonia, ospiterà tra
il 18 e il 22 giugno 1997 il 27°
Kirchentag evangelico tedesco. 11 termine Kirchentag
(Kt) che significa «giornata
delle chiese» in realtà indica
un movimento laico che coinvolge migliaia e migliaia di
credenti. In Italia non c’è
nulla di paragonabile al Kirchentag: forse la realtà di festa e riflessione che più gli si
avvicina è il festival nazionale
deirUnità. Ma appunto è ancora diverso: il successo del
Kt, in questi ultimi vent’anni,
è andato progressivamente
crescendo. Per il Kirchentag
di Lipsia sono attese 130.000
persone; collabora all’organizzazione del grande evento
anche un comitato internazionale die si è recentemente
riunito proprio a Lipsia e che
ha il compito di costituire dei
ponti di comunicazione e
partecipazione tra il Kt e diversi paesi. Dairitalia è prevista la partecipazione, per la
prima volta insieme, di quattro diversi soggetti (Agape, il
Collegio valdese, il Servizio
cristiano di Riesi, il Centro
diaconale Noce di Palermo)
al grande «Mercato delle possibilità» con uno stand unitario che verrà progettato il J 6
dicembre a Firenze in una
apposita riunione preparatoria che si terrà presso l’Istituto Gould. Come evento verrà
anche presentato, in tre riprese, lo spettacolo teatrale
«Fuochi» delTAssemblea Teatro di Torino che dovrebbe
dar Vita a un dibattito sulle
minoranze oggi discriminate.
Sul sentiero
della giustizia
L'ultimo Kirchentag che si
era svolto a Lipsia (l'appuntamento è biennale) fu nel
Chi vuole
andare
a Lipsia?
Le iscrizioni al Kirchentag di Lipsia (18-22 giugno
1997), per gruppi e singoli,
si chiudono tassativamente il 20 marzo. Il costo della
partecipazione a tutta la
manifestazione è di 140
inarchi tedeschi a persona.
Studenti, pensionati, portatori di handicap 80 marchi. Le famiglie (genitori e
due figli) pagano globalmente 220 marchi. Nel costo è compreso un alloggiamento gratuito (da privati 0 in istituzioni: scuole,
edifici pubblici, ecc.; in
quest’ultimo caso con materassino proprio), una
carta d’ingresso a tutte le
manifestazioni, un abbonamento ai trasporti pubblici, il programma completo ora per ora e una raccolta inedita di nuovi canti. Per l’Italia il modulo di
iscrizione e altre eventuali
informazioni possono essere richieste al rappresentante italiano nel comitato
internazionale: past. Giuseppe Platone, via S. Pio V
15, 10125 Torino, tei. 011657971, fax 011-657542.
Chi desidera un contatto
diretto può rivolgersi direG
tamente agli uffici dell'organizzazione: 27° Deutsche Evangelischer Kirch*
entag - Postfach - D O4062
Leipzig. Tel. 341-4495-150:
Fax 341-4495-252.
entao,.6.'97
Il manifesto per il 27® Kirchentag che si terrà a Lipsia
1954 sotto il motto: «Siate lieti nella speranza». Questa
volta, quarant’anni dopo l’esperienza totalitaria che è
riuscita a ridurre i cristiani al
14% della popolazione cittadina (circa mezzo milione di
persone) di cui un 3% cattolici e Tll% evangelici, la parola biblica del Kt è tratta dal libro dei Proverbi 12, 28: «Nel
sentiero della giustizia sta la
vita». Il tema della giustizia
che significativamente precede quello della riconciliazione della seconda assemblea
ecumenica di Graz (che significativamente inizierà il 23
giugno, il giorno dopo la conclusione del Kt) verrà affrontato alla luce di quattro diverse tematiche caratterizzate
da altrettanti testi biblici. Le
menzioniamo: Fede e chiese:
«La giustizia che si ha per
mezzo della fede» (Ebrei 11,
7); Vivere insieme: «La giustizia innalza una nazione»
(Proverbi 14, 34); Il mondo:
«L’opera della giustizia sarà
la pace» (Isaia 32,17); L’avvenire: «Seminate la giustizia e
farete una raccolta di misericordia» (Osea 10,12).
La città di Bach
Accanto agli studi biblici
(alcuni, in francese, saranno
tenuti dal prof. Paolo Ricca)
ai dibattiti, agli spettacoli ci
sarà musica, tanta musica.
Specialmente quella di Bach.
Lipsia è pur sempre la città
del grande organista la cui
memoria rivive nei concerti
della Thomas Kirche che si
tengono con pubblico strabocchevole ogni venerdì e sabato pomeriggio. Il Kirchentag inizierà mercoledì 18 giugno con una serie di culti di
apertura in 45 luoghi diversi
della città e si concluderà la
domenica 22 allo stadio centrale, capace di contenere sino a 120.000 persone.
In Germania l’interesse per
questo avvenimento sta crescendo, molti tedeschi verranno anche per vedere la famosa città delle fiere nella
sua nuova veste capitalista.
In effetti, al pari di Berlino e
Dresda, Lipsia sta rinascendo: lo scorso aprile è stato
inaugurato il nuovo centro
fieristico che è il più moderno d’Europa, tutto in acciaio
e vetro; immenso e funzionale, ospiterà alcune delle principali manifestazioni del Kirchentag, e alcune di esse saranno anche tradotte in inglese o in francese.
Lipsia si presenta oggi come un libro aperto tra vecchio e nuovo. A ogni angolo
incontri simultaneamente la
melanconia dell’architettura
di un regime totalitario e
l’opulenza effimera della
nuova civiltà dei consumi. In
questa ambivalenza l’evento
Kirchentag, che è una delle
migliori espressioni della
Germania, un mix di efficienza, dinamicità, cordialità,
nuove idee, internazionalità
è un segno di grande apertura in una società sempre più
chiusa e individualista. L’Est
a Lipsia è alle porte. La partecipazione di polacchi, ungheresi, romeni, cechi, slovacchi, russi sarà particolarmente nutrita.
E il divario economico tra
le due Europe emergerà ancora più chiaramente.
Alla cerniera
delle due Europe
Il muro non c’è più, ma per
molti è rimasto nella testa. E
non crollerà tanto presto.
«Noi vogliamo porre la questione della giustizia - ha
commentato Margot Kaessmann, segretaria generale
del Kirchentag, al termine
della riunione preparatoria
del comitato internazionale nella prospettiva di un mondo unito. In questo senso vogliamo avere qui tanti amici
dal mondo intero (si prevede
che saranno presenti partecipanti da almeno cinquanta
diverse nazioni, ndr) che ci
aiutino a riflettere su delle
sfide che non si limitano solo
alle questioni interne della
Germania».
Il processo di europeizzazione del Kt sembra crescere
ogni volta di più: non pochi
partecipanti al Kt si riverseranno immediatamente dopo
a Graz, in Austria, per la
grande assemblea ecumenica
europea. Un’estate densa di
stimoli e nuove prospettive
per il cristianesimo e la società. Ma tutto questo avrà
una ricaduta sulla vita quotidiana delle chiese? Difficile
dirlo, certamente senza le
chiese tutto questo non sarebbe possibile.
Cronache del Millennio
Un patto
per il Millennio
Giorgio Girardet
L’occasione è ghiotta: una cifra più tonda di questa non
si poteva davvero trovare. Ecco allora che il 2000 stimola
la fantasia e invita a far festa, a celebrare, a inventare
azioni simboliche. Molte cose, con un anticipo di tre anni,
sono già in cantiere.
Al Millennio si pensa già da tre diversi orizzonti, o quattro. C’è l’orizzonte commerciale, laico e festaiolo (una festa di Capodanno che dura 366 giorni?), del quale, quando
sarà venuto il momento, stampa e televisione ci sazieranno; c’è l’orizzonte umanistico-umanitario e c’è quello delle celebrazioni cristiane, di cui parleremo altre volte: fra
queste ultime anche il Giubileo cattolico che, visto da lontano, da fuori dell’Italia e di Roma, appare come un’iniziativa fra le altre. Un quarto orizzonte, più «fllosoflco», si
sta anche delineando, da parte di chi si sofferma a riflettere sul significato del tempo, del presente, del futuro, della
fine. Non mancano gli spunti per una riflessione e, chissà,
per una conversione.
L’orizzonte laico si va concretizzando in grossi appuntamenti fra il simbolico, il commerciale e il promozionale.
In Inghilterra è stato avviato il progetto «Greenwich 2000»
(il meridiano di Greenwich sta simbolicamente al centro
del tempo): una grande fiera, tante manifestazioni e un
grosso investimento da parte del governo inglese il quale
non si è chiesto: «Duemila anni, va bene, ma da cosa?» e
ha lasciato fuori dal progetto le chiese cristiane, che se ne
sono irritate. Una fiera mondiale è prevista in Germania,
a Hannover, le Olimpiadi saranno a Sidney. Ancora: un
«365-day Millennium Festival» a Londra, «Islanda 2000»,
«Il viaggio dei magi» e tante tante iniziative pubblicitarie.
Più interessante appare l’orizzonte umanistico e umanitario: ambientalisti e pacifisti prevedono numerose iniziative, delle quali si finirà per parlare anche da noi. Eccone alcune: le «Celebrazioni della soglia del Millennio»
(Millennium Threshold Observances), il progetto «Terra»,
(Earth), il progetto «Eventi 2000», un «"Viaggio della pace
per il Millennio» (The Great Millennium Peace Ride), « Jubilee 2000», «Pace 2000», «Azione mondiale per il Millennio». A fare tutti insieme il «Viaggio per la pace» sarà una
carovana internazionale di 500 ciclisti: il giro del mondo
in bicicletta, dall’agosto 1988, da Vancouver in Canada a
Sydney, in Australia, il 1° gennaio 2000. Un viaggio di contatti, di incontri, di pace.
Torneremo su alcune di queste iniziative, segnate da
una forte carica umana e un gran senso di responsabilità
universale; iniziative che vogliono evitare che il futuro
rinnovi gli orrori del secolo dal quale stiamo uscendo, il
più violento e selvaggio dell’intera storia umana, con i
suoi 260 milioni di morti, le guerre e le distruzioni, la
«carne da cannone» sulle trincee del 1914-18, i lager nazisti e sovietici, Auschwitz, Hiroshima, la morte per fame, la
devastazione ambientale. Di qui un forte invito a un pentimento e un nuovo orientamento politico, sociale e personale. Sono iniziative alle quali sarebbe giusto associarsi.
Potremo farlo, anche su «Riforma»?
Una parola soltanto su una di esse, forse la principale, il
«Patto per il MiUennio» (la Millennium Alliance), che invita individui, gruppi e interi paesi a impegnarsi a fare del
2000 un’occasione per accelerare la svolta dell’umanità
verso un futuro sostenibile. Il «Patto per il Millennio» ha
lanciato un appello che comincia con queste parole: «Sulla soglia di un nuovo secolo e di un nuovo millennio, si avvicina con Tanno 2000 un momento di speranza e di rinnovamento per l’umanità intera. Sarà un tempo di celebrazioni che invita a riflettere sul futuro dell’umanità e
della vita sulla terra. È un momento unico che a tutti noi,
gente di ogni fede, nazione, razza, età offre la straordinaria opportunità di rivedere i nostri sentieri per costruire
un patto che abbracci l’intero pianeta».
Intervista al pastore battista Samuel Escobar, nuovo presidente dell'Alleanza biblica universale
Là dove c'è bisogno di guarigione e di speranza, c'è una risposta nella Bibbia
L’Assemblea mondiale delle ne è stata tradotta la Bibbia, ché bisogna fare delle scelte e gi
Q l\Tiirv\7r» ^0c+0mtrt r\r\T\ comrvRO lo altprnativp Qfì- 111
L’Assemblea mondiale delle
Società bibliche, che si è svolta in Canada dal 26 settembre
al 3 ottobre, ha eletto il nuovo
presidente dell’Alleanza biblica universale (Abu) nella persona del pastore battista peruviano Samuel Escobar.
Pubblichiamo l'intervista
fattagli dal dott. Valdo Bertalot, segretario generale della
Società biblica in Italia, all’indomani della sua elezione.
- Che significa, nella sua
esperienza, che «la parola di
Dio» è vita per tutti?
«Penso che la chiave per
intendere questa affermazione sia nel fatto che essa è
“per tutti". C’è una richiesta
universale della parola di Dio
ed è incredibile vedere come
la gente che soffre sia desiderosa di riceverla. Per esempio
in Perù c’è tensione e violenza nella zona di Ayacucho a
causa della guerriglia e della
repressione militare, eppure
nel mezzo di questa situazio
ne è stata tradotta la Bibbia,
Antico e Nuovo Testamento,
in Quechua, e la gente Tha
comprata in grande quantità.
È stato meraviglioso: in poche settimane l’intera edizione è stata esaurita. E penso a
eventi simili in altre parti del
mondo che dimostrano come
persone di ogni tipo, specialmente nelle aree di tensione,
siano aperte alla Bibbia. La
Bibbia ha un messaggio veramente “per tutti”. Risponde
alle necessità della gente nelle varie situazioni. Là dove
c’è bisogno di guarigione, di
guida, di speranza, si trova
una risposta nella Bibbia».
- In che modo la gente può
pregare per voi?
«Vorrei che tutti preghino
che io possa avere una visione globale del lavoro biblico
delTAbu e che non limiti il
mio intervento privilegiando
soltanto alcune aree. C’è bisogno di una saggezza particolare in questo compito per
ché bisogna fare delle scelte e
non sempre le alternative sono chiare. Qualunque decisione si prenda si va incontro
a problemi, ed è per questo
che io e i miei colleghi abbiamo bisogno del discernimento necessario. Abbiamo bisogno della presenza e della
potenza dello Spirito Santo.
Egli guida la Chiesa e se guiderà anche noi nel fare la nostra parte nella missione di
Dio, credo che la faremo bene. Spero che la gente preghi
per me in questo senso».
- Che sensazione ha ora che
è stato eletto presidente dell’Abu?
«Prima di tutto è un grande
onore seguire i passi di coloro che partecipano a questa
assemblea; essi rappresentano chi ha lavorato fedelmente nel ministerio delTAbu per
cinquant’annl. La storia documenta che dalla seconda
guerra mondiale, in un tempo in cui vi era bisogno di
guarigione e di speranza per
una nuova realtà, queste persone hanno lavorato organizzando una famiglia di Società
bibliche che è progressivamente cresciuta in ogni parte
del mondo. Credo che essere
parte di questa famiglia e poterla servire in qualunque
modo, come presidente nel
mio caso, sia un onore e un
onere, e credo di avere avuto,
in questa assemblea, una visione nuova di cosa sia necessario per il ministerio
delTAbu».
- Ci descriva questa visione
per il futuro...
«Se ricapitolo i vari interventi ascoltati nell’assemblea, noto come si siano intrecciate idee diverse. L. Sanneh ci ha reso attenti al fatto
che in Africa la missione della
chiesa oggi non è più un movimento dal Nord al Sud. Perché la chiesa del Sud è cresciuta, si è sviluppata, è vivente e piena di energie in se
stessa. La cultura sta cambiando, l’oralità è divenuta
più importante; ciò era vero
in passato e nel Sud del mondo, ma ora lo è anche per il
nostro mondo contemporaneo. Così le Società bibliche
non devono pensare solo ai
libri. Nuovi canali e nuove
forme di comunicazione
stanno diventando necessari.
È da notare che numerosi interventi hanno evidenziato
che le Società bibliche possono essere utili alle chiese anche attraverso Tinsegnamento per una migliore conoscenza della parola di Dio. Insegnare è un compito della
chiesa, ma le Società bibliche
possono provvedere alcuni
strumenti per rendere l’insegnamento più approfondito e
più preciso. Credo che lo vedremo, e vedremo più di questo, negli anni futuri: vedremo nuove relazioni, nuove
possibilità e nuovi tipi di servizio alla chiesa».
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 6 DICEMBRE 1996
Nel 1996 ricorre il cinquantennio della morte del sacerdote «modernista)
Ernesto Buonaìutì due volte esiliato
La scomunica e la privazione della cattedra universitaria da parte del regime
fascista lo spinsero al confronto con gli evangelici in Italia e in Svizzera
Il cattolicesimo europeo fu scosso, nel primo quarto del ’900, dalla
rabbiosa repressione condotta dalla Santa Sede contro il movimento dei
cosiddetti «modernisti». In Francia, in Germania e in Italia gli studiosi
cattolici che cercarono di innestare, sul tronco della fede cattolica, i risuitati delie moderne ricerche critiche bibiiche e storiche (per questo motivo furono definiti modernisti), subirono dure persecuzioni. Urui delle
massime personaiità tra i modernisti italiani fu quella del teologo e sacerdote Ernesto Buonaiuti, scomparso nel 1946. Egli intrattenne anche
contatti con ambienti evangelici del Grigione italiano, tenne corsi presso
la Facoltà teologica evangelica del Cantone di Vaud, a Losanna e, negli
anni ’30 e ’40, numerose conferenze a Ascona, nelCanton Ticino.
PAOLO TOGNINA
../CARISSIMO Zanetti»,
\\ scrive Buonaiuti al pa
store riformato di Poschiavo,
Oscar Zanetti, nell’aprile del
1939, «l’amico Grassi ti ha
detto dunque quale profonda
impressione ha avuto nell’
animo mio la tremenda nuova dell’improvvisa dipartita
del tuo buono e carissimo fratello. Conservo di lui un ricordo simpaticissimo. L’avevo
ascoltato suonare all’organo (...); avevo conversato con
lui di arte, e l’avevo trovato
così esperto e così largamente informato...». L’amico a cui
Buonaiuti accenna è il pastore riformato della vicina comunità di Brusio, il metodista
italiano Pier Paolo Grassi, pure lui in stretto contatto con
Buonaiuti. 1 due pastori riformati delle comunità evangeliche della valle di Poschiavo
avevano invitato più volte
Buonaiuti a tenere conversazioni e conferenze tra le montale dei Grigioni. Grato per
gli inviti e per l’accoglienza
riservatagli, egli scrive, nella
medesima lettera: «Poschiavo
è così rimasta presente nel
cuor mio!». E rispondendo a
un nuovo invito, aggiunge:
«Non ti so dire la gioia che
provo in anticipo all’idea di
ritrovarmi tra voi (...). lo parlerò dunque costì nei giorni
17, 18, 19, 20, 21. Va bene?
Scenderò da St.-Moritz il 16 a
sera o il 17 a mattina».
Con la Svizzera Ernesto
Buonaiuti aveva allacciato
numerosi legami dopo che
l’azione congiunta del Sant’
Uffizio romano e del governo
fascista italiano, tra la fine
degli anni ’20 e l’inizio degli
anni ’30, lo aveva emarginato, sia nella Chiesa cattolica
romana sia nell’Università di
Roma, dove insegnava. Scomunicato «espressamente vitando» il 25 gennaio 1926,
Ernesto Buonaiuti fu privato
poco dopo della cattedra di
Storia del cristianesimo per
desiderio di Mussolini e assegnato a compiti extra accademici. «A datare dal 1° gennaio 1932» fu quindi dispensato dal servizio accademico
per avere rifiutato il giuramento di fedeltà in cui era
incluso l’impegno a formare
dei cittadini «devoti al regime fascista».
Buonaiuti si venne a trovare nella situazione di un esiliato in patria: trovò tuttavia,
dapprima neH’ambiente romano poi in altre città d’Italia
e all’estero, un certo numero
di amici che gli offrirono la
possibilità di continuare a
svolgere il suo lavoro scientifico e la sua opera di divulgazione, seppure in misura ridotta. A Roma lo accolse il
pastore Emanuele Sbaffi, della Chiesa metodista wesleyana, direttore della Scuola teologica metodista che aveva
sede nella capitale. Sbaffi
diede a Buonaiuti l’incarìco
di tenere dei corsi di esegesi e
di teologia del Nuovo Testamento, dal 1932 al 1934. Buonaiuti ebbe pure occasione di
predicare dal pulpito della
Chiesa metodista di Ponte
Sant’Angelo e di tenere un ciclo di conferenze sul concetto di libertà nel Nuovo Testamento nei locali della Chiesa
metodista di via Firenze 38.
L’intervento della polizia fascista mise però fine all’attività di conferenziere di Buonaiuti in Italia.
È probabile che proprio
dallo stretto contatto con T
ambiente metodista italiano
sia scaturita l’amicizia tra il
teologo scomunicato e il pastore Grassi, attivo poi nei
Grigioni, a Brusio. Malgrado
la buona accoglienza riservatagli dai metodisti italiani,
per i quali Buonaiuti ebbe
parole di elogio e ammirazione: «Fra tutte le denominazioni evangeliche, la wesleyana mi apparve (...) nel corso
dei miei contatti con la chiesa di Banco di S. Spirito, una
delle meglio indicate a esprimere sul solco dei movimenti
nati dalla grande insurrezione religiosa del secolo XVI,
l’istanza profetica...» il suo
giudizio complessivo sull’
evangelismo italiano fu piuttosto duro. Nella sua autobiografia scrive, generalizzando, che gli evangelici italiani si erano dimostrati del
tutto indifferenti alla crisi
modernista «solo perché
questa non intendeva affatto
risolversi e non si risolvette di
fatto in un apporto di uomini
e di iniziative alla propaganda protestante...».
Eppure fu proprio grazie
all’appoggio di un evangelico
italiano, il pastore Franco
Panza, della comunità evangelica di lingua italiana di Losanna, che Ernesto Buonaiuti
fu invitato dalla Facoltà di
Teologia evangelica del Cantone di Vaud, a Losanna, a tenere per vari anni dei corsi liberi. E dopo diversi anni di
insegnamento, nel 1936
l’Università gli offerse di divenire professore ordinario
chiedendogli, discretamente,
di aderire alla Chiesa evangelica cantonale della quale egli
avrebbe dovuto preparare ed
esaminare i futuri pastori.
Pur riconoscendo la legittimità della condizione posta,
Buonaiuti declinò l’offerta
«...in nome di un proposito
reciso di mantenere intatto
sino all’ultimo respiro della
mia vita il collegamento ideale con la chiesa della mia tradizione di cui sognavo sempre la reviviscenza quanto
più disperante e disperato mi
appariva il suo storico ormai
declinante destino».
Sempre attento a non lasciarsi sfuggire la possibilità
di divulgare il risultato delle
proprie ricerche e studi, Ernesto Buonaiuti ebbe contatti anche con ambienti lontani
sia dalla fede delle chiese
evangeliche sia dal cristianesimo in generale come i convegni «Eranos», a Ascona.
Fondati dalla tedesca Olga
Frobe (vicina alla teosofia e al
pensiero dell’indiano Krishnamurti, discepola di Jung e
amica dello studioso di miti
dell’antichità Karl Kéreny) gli
incontri, annuali, iniziarono
nel 1933. Tema del primo
convegno fu «Yoga e meditazione in oriente e occidente».
Buonaiuti presentò in quell’
occasione una relazione su
«Meditazione e contemplazione nella Chiesa cattolica
romana». Anche negli anni
seguenti, e a conflitto mondiale già iniziato, Buonaiuti
continuò a essere tra i relatori dei convegni Eranos.
Sul finire della guerra, Ernesto Buonaiuti riprese con
grandissimo vigore la sua attività di conferenziere in Italia, pubblicò vari libri (tra cui
l’autobiografia «Il pellegrino
di Roma»), fondò una rivista,
scrisse numerosissimi articoli, intervenne a più riprese in
trasmissioni radiofoniche,
spinto dalla speranza suscitata in lui dalla svolta culturale
e politica a cui l’Italia e l’Europa intera si accingevano.
Buonaiuti sperava inoltre di
essere reintegrato nella sua
funzione di professore universitario, come gli altri pochi colleghi che si erano rifiutati di prestare il giuramento
fascista. Ma la reintegrazione
non fu facile perché la Santa
Sede fece valere un articolo
del Concordato con lo stato
fascista in base al quale egli,
sacerdote scomunicato, non
poteva occupare una catte
dra in una università statale.
La difficoltà fu superata con
un compromesso: Buonaiuti
riebbe il suo posto di professore universitario, ma gli fu
vietato di tenere delle lezioni!
Il 16 marzo 1946 apparvero
i primi sintomi della malattia che lo avrebbe portato rapidamente alla morte. Il 18
marzo un attacco miocardico
lo fiaccò gravemente. Il Vaticano cercò in quei giorni, a
più riprese, di indurre il ribelle a sottomettersi e a riconciliarsi. In un momento di tregua Buonaiuti scrisse a un
amico: «Ho trascorso ore angosciose, rese tanto più gravose dai tentativi inumani
compiuti intorno a me da altissimi dignitari ecclesiastici
per indurmi a sconfessioni e
a ritrattazioni (...). Ho resistito impavido. Ne sono fiero».
Morì poche settimane più
tardi, il 20 aprile 1946.
Il testamento spirituale
Un solo ideale ha sorretto costantemente la mia vita: rivendicare i genuini valori cristiani, contribuire alla loro
trasfusione in quella nuova civiltà ecumenica di cui la mia
sofferente generazione ha visto profilarsi alTorizzonte i
primi chiarori crepuscolari. Posso aver sbagliato. Ma non
trovo, nella sostanza del mio insegnamento, materia a
sconfessione od a ritrattazione
E in questa consapevolezza tranquilla, affronto il mistero
incombente.
A tutti coloro - e sono purtroppo legione - che hanno
ostacolato, non rifuggendo da complicità innaturali, lo
spiegamento della mia attività pubblica, perdono. Dio ha
voluto che quello che fu, insipientemente, chiamato «Modernismo» e che volle essere soltanto risurrezione di pure
idealità evangeliche, incontrasse una delle più dure e sleali
resistenze che i movimenti spirituali abbiano mai incontrato. Forse è qui il segno infallibile del suo immancabile
successo.
Nelle mie molteplici esperienze ho tratto un ammaestramento cui debbo dare, qui, precisa testimonianza: mi sento partecipe in speranze e in comunione con quella nuova
Chiesa Cristiana ecumenica a cui ho veduto lavorare quelle denominazioni evangeliche che mi sono sempre apparse salutarmente travagliate da un autentico spirito di fraternità, di pace e di vita carismatica nel mondo.
Una parola di fraterna gratitudine io debbo a quei rappresentanti di questi movimenti ecumenici, della cui cordiale solidarietà la Provvidenza del Padre mi ha concesso il
privilegio.
In armonia con lo Spirito del mio grande fratello Giorgio
Tyrrell, desidero siano incisi sulla mia tomba i simboli
dell’eterno sacerdozio cristiano: il Calice e l’Ostia.
Roma, notte dal 18 al 19 marzo 1946
Ernesto Buonaiuti
(da «1945. Sestante per la realtà in costruzione», 20/6/1946)
VENERI
Uno dei padri della pittura moderna
Cézanne, la natura
sotto le proprie apparenze
ELIO RINALDI
N
EL 90° anniversario dalla scomparsa di Paul
Cézanne (Aix-en-Provence
1839-1906) rendiamo omaggio a questo straordinario artista che voleva darci la verità
nella sublimazione della sua
pittura: in una suprema sfida, anche se utopistica, con
la potenza creativa di Dio,
programmava di misurarsi
con le meraviglie della creazione nell’approfondimento
dell’interpretazione artistica.
Appare singolare che un pittore sveli, oltre la sua specifica attività, una tale presunzione al fine di non rappresentare la realtà fenomenica
della natura quale è, ma
quella permeata dalle trascendenti leggi dello spirito;
sì che per possedere un frammento, per quanto fedele, di
ciò che ci circonda, occorre
ritornare alla purezza dell’innocenza infantile. Ci conforta comunque sapere che Cézanne era un credente nel’Evangelo di Cristo, che vedeva nei fanciulli coloro ai
quali è promesso il Regno dei
cieli (Matteo 19,14).
Alcuni studiosi di Cézanne
(Ponente, Raynal, De Micheli, Cavicchioli e in particolare
Venturi) hanno approfondito
i valori armonici di questa
autonomia «ri-creativa»; appare significativa la testimonianza del mercante d’arte
Ambroise Vollard che parlava
del solerte diuturno lavoro di
Cézanne come di chi ha intravisto la «terra promessa»;
«
La rivista della Facoltà valdese di teologia
Protestantesimo» e la questione del perdono
Nel n. 4 del 1996 della rivista della Facoltà valdese di
teologia, il filosofo francese
Paul Ricoeur si interroga sul
«perdono difficile» in presenza delle contrapposte e talvolta complementari esigenze di amore e di giustizia:
l’estinzione delle colpe passate sarebbe un atto di amore, mentre la giustizia richiederebbe di non cancellare
mai il ricordo?
Pensiamo ai processi in
corso per crimini della seconda guerra mondiale o per
più recenti misfatti; oppure
alle valutazioni circa il ricordo delle persecuzioni religiose in Europa. L’oblio, la riconciliazione, il perdono si
affacciano contemporaneamente all’esigenza di «non
dimenticare» e mantenere viva la percezione dell’efferatezza compiuta. La voce di
Ricoeur in merito aggiungerà
sicuramente vari argomenti
di riflessione a quelli che già
ciascuno conosce. Dio soltanto cancella le colpe e non
ricorda i misfatti?
Stimolato da un’opera re
cente di Domenico Jervolino
dedicata al filosofo francese,
l’intervento di Giulio Girardi,
che figura tra gli studi critici,
investe un tema diverso, dove sono a raffronto l’accesso
a Dio così come ne parla la
religione cristiana su base biblica e l’accesso a Dio che
parte dalla comune esperienza religiosa, in particolare
quella delle persone non colte. Un tema, questo, sempre
dibattuto, e sempre aperto.
In precedenza Salvatore
Rapisarda aveva presentato
la prima confessione di fede
battista del 1644. Che cosa
credono i battisti?
Uno studio critico è dedicato al recente libro «Credere
di credere» del filosofo torinese Gianni Vattimo. Plaidoyer per una forma di cristianesimo libera da dogmatismi ecclesiastici, ma legata
profondamente alle verità
cristiane, il testo, ben scritto,
ha suscitato reazioni talvolta
sospettose, talvolta soltanto
insoddisfatte, di ambienti diversi, per ragioni diverse.
Maria Cristina Laurenzi esa
mina l’impostazione teologica dell’opera. Il pastore Paolo
Sbaffi in una nota, tratta da
una recente predicazione,
suggerisce: quando credi di
aver trovato una verità, cercarne un’altra per bilanciarla.
Semplice saggezza pragmatica 0 elemento decisivo?
Il numero riporta anche
due testi diffusi a titolo diverso dal Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste dell’agosto 1996: un’originale «lettera
ai nostri concittadini» sulla
situazione spirituale e culturale della repubblica; un documento di studio sulla questione dell’interruzione volontaria della gravidanza. II
preannunciato insieme sull’
enciclica «Ut unum sint» è
rinviato a un prossimo fascicolo. Varie ragioni ci hanno
indotto a non superare il numero di pagine previsto per
l’anno 1996.
L’abbonamento per il 1997
costa £ 40.000. Ccp (mezzo
preferibile di pagamento) numero 27822006 intestato a
Protestantesimo rivista trimestrale, Roma.
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concetto che trova conferma
in una lettera scritta un mese
prima di morire, in cui l’artista si chiedeva «arriverò mai
alla verità tanto cercata e così
a lungo perseguita?». Con
ostinato travaglio combattè
con l’«angelo della pittura»
nella maniera in cui Giacobbe, a Peniel, aveva avuto come antagonista l’angelo divino fino alTapparire delTalba
per strappargli una benedi
zione; «Ho visto Dio faccia a
faccia (Genesi 32, 31) e la mia
vita è stata risparmiata», disse Giacobbe, e Cézanne si
scontrò con la presenza divina celata nella natura che, da
artista, vedeva più in profondità che in superficie.
Nel famoso dipingo della
montagna Sainte-Victoire,
per esempio troviamo non la
rappresentazione di un aspetto della natura, mala
creazione di una pe> sonale
dimensione emozionale, non
certo descrittiva. È da tenere
presente che il pittore mai si
sentì inorgoglito della propria creatività, dando in ciò
una grande lezione cii umiltà
ma prefissandosi di pervenire
alla verità suprema pur mostrando motivi di umana presunzione; una verità che vedeva soffusa da una luce non
naturalistica che illuminava
la vita degli uomini dal profondo della coscienza.
Una volta il suo amico e
compagno di scuola Emile
Zola ebbe a dire all’allora diciannovenne Cézanne: «Tu
non appartieni al nostro secolo, tu inventeresti l’amore
se l’amore non fosse una invenzione antica quanto il
mondo». Con questa eccezionale carica di penetrante
sensibilità, coerentemente,
sosteneva di non copiare servilmente l’apparenza della
natura ma di impossessarsene nei segreti senza razionalismi 0 idealismi di sorta. Si
può affermare a ragione,
quindi, che Cézanne sia da
considerarsi vero «padre della pittura moderna».
Nella lettera a Vollard si
chiedeva, pensando al proprio futuro: «Mi capiterà co;
me al grande profeta degli
ebrei, che morì alla soglia
della terra promessa oppur®
mi sarà dato di entrarci?»Oggi noi sappiamo che morì
sulle pendici estreme della
montagna Sainte-Victoire,
dove da ragazzo, con Zola»
varie volte era andato vagando. Una recente mostra al
Grand-Palais di Parigi ha riproposto al pubblico gli mh'
mi anni di attività del grande
pittore provenzale, evidenziando come proprio nella
natura tanto amata e sondât
si spensero le elaborate
rienze degli anni giovani
dalle tante luminose promes
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PAG. 5 RIFORMA
Presentato a Bari l'ultimo libro di Giovanni Franzoni sull'argomento
Cattolici pugliesi per un Giubileo diverso
/ cristiani devono fare i conti con la «cultura del linnite» e ascoltare gli oppressi
della terra piuttosto che assecondare passivamente gli interessi dei governi
^ NICOLA PANTALEO___________
Tra le tre opzioni aperte
per il luogo della celebrazione dell'anno giubilare proposte da Giovanni Paolo 11, a
Roma, a Gerusalemme o nella
propria parrocchia, i cattolici
di Bari sembrano decisamente orientati a viverlo a casa loro, tra i problemi della gente,
in espiazione delle inadempienze e omissioni da servi
«disutili» e infedeli. Questo è
il messaggio, in netta controtendenza, emerso nel dibattito che si è intrecciato in occasione deH’affollata presentazione in una parrocchia di
Bari deH’uItirno libro di Giovanni Franzoni «Farete riposare la terra, l ettera aperta
per un Giubileo possibile»,
recensito di fresco su questo
settimanale da Hugenio Stretti (cfr. Riforma n. 41 del 25 ottobre 1996).
Presente l'autore, ne hanno
illustrato gli aspetti salienti il
pastore Martin Ibarra e il teologo cattolico padre Salvatore
Manna. I! primo ne ha messo
in luce il carattere di dialogo
e di apertura di un immenso
orizzonte dì interlocuzione
che interroga il Vaticano promotore del Giubileo, l’amministrazione responsabile delle risorse della terra, un ecumenismo non succube, la
storia dei primordi del cattolicesimo giubilare tra Celestino e Bonifacio. Inoltre la natura di oracolo profetico «non
urlato», di un nuovo paradosso profetico, die esplora la
«cultura del limite», e di catechismo alternativo che sovverte le categorie tradizionali
per porre al centro dell’attenzione delle chiese gli espropriati, le donne oppresse, le
culture indigene fa vibrare
profonde consonanze negli
evangelici italiani che ne apprezzano i toni non trionfalistici, anzi di educazione alla
sobrietà e di genuina confessione di peccato.
Tuttavia occorre, come il
Sinodo e l’Assemblea battista
hanno sottolineato, separare
la ricorrenza del secondo
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Bambini palestinesi a al-Bireh
millennio della nascita di Cristo dalla promulgazione dell’anno giubilare con le sue logiche celebrative e indulgenziali. 11 relatore cattolico, nel
riprendere anch’egli 1 temi di
fondo della Lettera di Franzoni, ha fornito una conferma
storica del «tradimento» di
Bonifacio Vili e dei forti conflitti, inclusa una spietata repressione degli ordini mendicanti, che accompagnarono
la proclamazione del Giubileo del 1300, citando un documento del tempo che testimonia la contrarietà di vari
teologi, soprattutto transalpini, alla dottrina e alla pratica
delle indulgenze. La storia
dei profeti emarginati dal potere di Roma deve annoverare, dunque, oltre a Savonarola e Giordano Bruno («qualcuno dovrebbe baciare la terra dove si consumò quel rogo», ha detto polemicamente) quel Celestino V che, nel
concepire il Giubileo, pensava a un evento di autentica
penitenza.
Condividendo pienamente
le tesi della Lettera sulla legittimità delle culture originarie, che devono trovare un riconoscimento anche nella
diversità degli elementi eucaristici, e dell’abolizione del
lavoro servile delle donne
nella festa domenicale, padre
(foto E. Correnti)
Manna ha sciolto il quesito
su dove «fare» l’Anno santo
dichiarando risolutamente
che deve essere celebrato
nella propria terra e col proprio prossimo.
Nel suo intervento Giovanni Franzoni ha precisato che
la sua è una Lettera possibile
per un Giubileo possibile, il
cui vero appuntamento è con
il povero in una dimensione
orizzontale, che è all’opposto
della dottrina delle indulgenze: dove Maria non trovò albergo e i palestinesi non hanno né casa né terra, vi è oggi
un grande progetto di speculazione edilizia per il Giubileo che investe sia Gerusalemme che Roma, il centro di
potere «neotolemaico». Nel
tragico bilancio di debiti e
crediti tra popoli sazi e affamati devono prevalere le esigenze delle popolazioni, non
gli interessi dei governi: i diritti al cibo, al lavoro, alla salute e alla preservazione
dell’ambiente sono crediti da
attribuire, non debiti da annullare semplicemente con
una cancellazione bancaria.
Il dibattito che è seguito e a
cui hanno partecipato vari
esponenti religiosi e laici del
cattolicesimo barese ha registrato una sostanziale convergenza, con alcune accentuazioni singolari e sorpren
denti: «La Lettera è una seria
autocritica sul verticismo e
l’autoritarismo della chiesa
ufficiale che ha spesso emarginato i laici e si è schierata
con i potenti di turno». «Il
Giubileo deve essere una
esperienza di liberazione e
giustizia sociale a favore dei
poveri della Terra». «Cristo è
il vero giubileo di liberazione,
di pace e di uguaglianza». «Il
Giubileo non deve essere
concepito tanto come riposo
quanto come recupero della
propria interiorità, come riprogettazione di un rapporto
con Cristo». «Non sono le autorità ecclesiastiche che indicano il Giubileo ma è il Signore che ci convoca a vivere
la dimensione giubilare simbolicamente ogni 49 anni ma
concretamente ogni giorno».
E l’autorità ecclesiastica
ufficiale? Per monsignor Paolo Sangirardi, responsabile
della «stazione giubilare» di
San Nicola «occorre baresizzare il Giubileo attraverso il
contributo e il suggerimento
di tutti partendo da una solidarietà attiva con coloro che
lottano contro l’usura, che
aiutano gli immigrati (ogni
comunità dovrebbe accogliere almeno una famiglia), che
si adoperano per riconciliare
laici e sacerdoti in un lavoro
comune fondato sulla scelta
per i poveri, gli isolati, gli
emarginati».
A una «provocazione» del
responsabile del Centro di
cultura evangelica, tra i sostenitori della manifestazione, sull’attualità delle indulgenze nella visione cattolica,
Franzoni ha risposto che vi è
qualche spiraglio verso il superamento di quella dottrina
nella teologia contemporanea e a chi gli ha chiesto se si
sente dentro o fuori della
chiesa riferisce la sua sofferenza nell’avere dovuto lasciare l’Abbazia e i poveri che
gli erano stati affidati, rivela
di vivere sulla «linea d’ombra
tra entrata e uscita», e conclude citando Lévinas: «Le
istituzioni le abbiamo, l’importante è non amarle».
E- Un libro che pone importanti interrogativi alla chiesa-istituzione
La fallibilità della Chiesa e la nostalgia per un «papa buono»
_ EMMANUELE PASCHETTO
La casa editrice II Segno ha
pubblicato recentemente
'Q un volume intitolato Catfolici al bivio* due saggi molto interessanti su un probletoa che viene riassunto in
toaniera un po’ mascherata
■lei sottotitolo: «Il primato
papale tra libertà di coscienza e assolutismo religioso».
Nel primo saggio il prof.
Carlo Facchin, sacerdote, crijica fortemente e con lucidità
'•dea di chiesa così come è
*^oncepita generalmente in
ätobito cattolico e propone
ridimensionamento della
agura del papa. Partendo da
ana constatazione ovvia per
aoi protestanti: «La vera chie*a di Gesù Cristo non va idenaicata con nessuna delle istiuzioni ecclesiali cristiane
f®tof6rtti», l’autore afferma la
toiibilità e della Chiesa cattotoa e del pontefice, propugna
conciliarismo e vagheggia
'fftroduzione del principio
autocratico della divisione
a> poteri all’interno del sicattolico per scardinach' ^^c^Potere della gerar. a giungere a un’effettiva
ndivisione delle responsaV, , ria parte dell’intero «poc di Dio». Molto forti sono
gli attacchi contro il cardinale
Ratzinger e lo stesso Giovanni
Paolo II, «i due amici» che
Facchin accusa di ispirarsi al
pensiero di Hegel e alla sua
concezione dello stato anziché alla Scrittura.
Il saggio ha forse il limite di
rivolgere delle critiche troppo
personalizzate. Nelle pecche
della Chiesa romana e nelle
sue manifestazioni negative
sembrano aver più peso la
«libido di potere» della coppia Ratzinger-Wojtyla, che
non la tragedia di una storia
millenaria di deformazioni e
soprusi, di esercizio indiscriminato dell’autoritarismo.
L’autore riconosce l’esistenza
di questo percorso storico,
ma la sua nostalgia per un
«papa buono» è l’indice delle
contraddizioni in cui ancora
si dibattono i pur fieri critici
che vivono all’interno della
Chiesa di Roma.
Più disinibito il magistrato
Francesco La Valle che concentra il suo interesse sulle
questioni del primato di giurisdizione del pontefice romano e dell’infallibilità «autoattribuitasi», contestandone la
fondatezza biblica e la legittimità storica. L’autore esamina con acume le norme del
Codice di diritto canonico, e
le affermazioni di diverse encicliche e costituzioni papali
(da Bonifacio Vili a Giovanni
Paolo II, passando per Leone
X, Pio IX, Leone XIII, Pio XI,
Paolo VI). Confrontando questo materiale con le parole di
Gesù e le lettere degli apostoli
in una vasta panoramica storica La Valle giunge ad accusare il papa di peccare contro
lo Spirito Santo perché «incatenando dall’alto del suo trono supremo la coscienza dei
credenti, e detronizzando così lo Spirito Santo, che della
coscienza è invece il supremo
Direttore, offende mortalmente proprio lo Spirito Santo in persona e si sottomette
al diavolo (...) perché giudica
e punisce come peccato, cioè
come opera del demonio,
l’obbedienza allo Spirito di
verità (...) fa della verità rivelata da Dio, errore, e del proprio errore verità assolutamente insindacabile, con ciò
usurpando quella che è una
prerogativa esclusivamente di
Dio».
La bolla di papa Leone X,
Exsurge Domine, scrive ancora La Valle, stabilisce che «è
volontà dello Spirito Santo
che gli eretici siano bruciati».
La bestemmia contro lo Spirito Santo è qui eclatante.
perché il papa attribuisce allo
Spirito di Dio proprio quello
spirito violento di dominio,
sopraffazione e distruzione
ispirata dal diavolo «omicida
sin dall’inizio, che Gesù rimprovera ai suoi persecutori».
E aggiunge più oltre: «Le mutate condizioni della società
civile più non tollerano simili
perversioni del potere religioso (...). Quando gliene si
desse di nuovo la possibilità,
chi ci assicura che la sede
apostolica romana non ricomincerebbe a perseguitare, a
torturare, a uccidere i cristiani, come ha già fatto in passato per secoli e secoli? (...)».
Sono parole di una lucidità e
ferocia degna del più tradizionale armamentario antipapale protestante.
«La rinuncia del vescovo di
Roma a spadroneggiare sulla
cristianità e sul mondo intero
- conclude Francesco La Valle - appare la condizione sine
qua non, perché le chiese
particolari e locali tornino a
fiorire (...)». Per un cattolico
non c’è che dire...
(*) Carlo Facchin-Francesco
La Valle: I cattolici al bivio. Il
primato papale tra libertà di
coscienza e assolutismo religioso. S. Pietro in Cariano (Vr),
Il segno, 1996.
1 «Cinquantapagine» Claudiana
I nostri «libri di base»
ANTONIO ADAMO
Non ho mai un briciolo
di tempo e non ho denaro: insomma non ho la
possibilità di informarmi
come dovrei. Questa è la risposta che spesso riceviamo
quando noi proponiamo a
qualcuno di curare meglio
la propria formazione evangelica. I libri di teologia sono giudicati spesso di difficile lettura per via del linguaggio che può risultare
troppo specialistico, ma anche il prezzo... ah, il prezzo
è troppo alto. Allora perché
comprare un libro se non si
ha il tempo di leggerlo e si
fatica a comprenderne il
linguaggio? Meglio lasciar
perdere, sedersi davanti alla
tv e distendersi un po’.
Però capita spesso che
non ci si distenda affatto;
anzi, quando i problemi in
certe trasmissioni «culturali» sono affrontati esclusivamente da un’ottica cattolica, come se alla televisione
i cristiani che hanno da dire
qualcosa fossero tutti cattolici romani, il protestante
che sonnecchia in noi alla
fine si ribella. Però talvolta
la nostra indignazione non
riusciamo a esprimerla come vorremmo, perché il catechismo l’abbiamo frequentato molti anni fa, al
culto andiamo raramente,
l’orario dello studio biblico
non coincide con la nostra
serata libera, a «Riforma»
non ci siamo ancora abbonati, ecc. Vorremmo, nei
momenti di indignazione,
conoscere un po’ di Bibbia,
di storia valdese, di mondo
protestante e di teologia
evangelica. Niente da fare:
c’è quel piccolo grande
vuoto che si è accumulato
col tempo. Quindi di telefonare o scrivere una lettera
di precisazione non se ne
parla nemmeno.
Siamo diventati anche
noi, un giorno dopo l’altro,
un po’ analfabeti di ritorno,
quindi ci meritiamo di stare
nel grande mucchio dei turlupinati dai mass media.
Eppure ci sembra di ricordare che un tempo eravamo meglio informati sulla
nostra identità evangelica,
anzi c’è stata una stagione
della nostra vita in cui eravamo orgogliosi di essere
abbastanza preparati a affrontare una conversazione
religiosa con il compagno e
la compagna di lavoro. Ma
adesso, che desolazione.
Poi una domenica mattina
decidiamo di andare al culto, per risollevare un po’ il
nostro morale. Arriviamo in
chiesa con cinque minuti di
anticipo (fatto del tutto eccezionale), allora ci avviciniamo al banco della Claudiana, che qualcuno della
comunità tiene sempre aggiornato con tutte le novità
esposte in modo da attirare
10 sguardo. Fra i tanti libri
ci sono tre libretti con copertina colorata. Giorgio
Bouchard: Da Lutero a
Martin Luther King. L'avventura spirituale del mondo protestante; Giorgio
Tourn: / valdesi nella storia;
Giorgio Girardet: Cristiani
secondo il Vangelo.
Siamo incuriositi, gli autori li conosciamo bene, sono noti e apprezzati anche
fuori dal mondo evangelico,
ma non sapevamo che avessero scritto dei libri così piccini, tascabili. Solo 5.000 lire, possibile? È proprio così.
Tre libretti, tre gradevoli caramelle di vitamine teologiche per lo spirito e la mente. Li prendiamo in mano
uno dopo l’altro e li sfogliamo un po’ increduli. Sono
rilegati bene, sono dei veri
libri, solidi e maneggevoli,
non sono i soliti opuscoletti
striminziti: i caratteri sono
grandi e la stampa è nitida,
11 testo diviso in paragrafi
con titoli chiari che segnano
i vari momenti dell’argomento trattato.
Possiamo leggerli in treno, in metro, durante la
pausa di mezzogiorno; conviene comprare una copia
in più da regalare a qualche
collega. L’incaricato del
banco libri ci spiega che
servono sia per riprendere
dimestichezza con la nostra
cultura sia per diffonderli
come strumenti per l’evangelizzazione: sfogliandoli ci
convinciamo che possono
interessare anche i nostri figli che leggono così poco.
Gli argomenti sono trattati
con semplicità ma senza
approssimazione, e chi desidera approfondirli trova
in fondo al libretto una bibliografia minima. «Cinquantapagine» si chiamano, sono i nostri libri di base, libri scientifici e popolari. Grazie di cuore agli autori e all’editrice. E alle sorelle
e ai fratelli che nelle comunità curano con diligenza il
banco libri.
fll Milano: incontro con Jack Miles
Il personaggio Dio
SERGIO RONCHI
In occasione della pubblicazione del libro Dio. Una
biografia di Jack Miles edito
da Garzanti, l’autore ha incontrato presso la libreria
Claudiana di Milano il teologo protestante Daniele Garrone, il semitista Paolo De
Benedetti e il pittore, scrittore e critico Emilio Ladini.
Due ore dedicate non a un
tema ma a un personaggio
molto noto, di cui si parla fin
troppo e spesso a sproposito,
che nessuno ha mai visto e di
cui si vocifera più o meno
ovunque: Dio.
Miles, ha precisato Garrone, «non nega lo spessore e la
problematicità del testo biblico: semplicemente propone
una lettura che si misura con
il testo biblico quale prodotto
letterario». Viene così a emergere da quelle dense pagine
«la complessità del carattere
di Dio colta in chiave biografica». Del resto, ha puntualizzato lo stesso Miles, «Dio è un
personaggio complesso a cui
hanno attinto scrittori del peso di uno Shakespeare. Come
opera di letteratura la Bibbia
è insolita e come personaggio
Dio è davvero molto insolito».
E ha aggiunto: «In un dizionario di recente pubblicazione non ho trovato la voce
Dio. È un errore: se ne deve
invece parlare».
«La novità di questa impresa di Miles - ha messo in evidenza De Benedetti - è che
Dio debba essere studiato
anche come il personaggio
che ha permeato di sé l’intera
storia dell’Occidente». Si tratta di un lavoro fecondo, di
grande utilità per esegeti e
teologi, in cui il discorso non
si impernia su Dio bensì sul
personaggio Dio come viene
raccontato dagli autori biblici. Siamo cioè posti davanti a
una «nuova opera narrativa
cresciuta sulla Bibbia». Per
dirla con Ladini «il libro, la
Bibbia, si fa narrazione. Del
resto la narratività rientra
nella conoscenza».
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 6 DICEMBRE Igg,;
Si è svolto a Napoli un convegno internazionale curato dall'Accademia di psicoterapia della famiglia
Nella società occidentale le famiglie degli immigrati sono a rischio
La famiglia migrante si trova fra le aspettative della società di origine e quelle della società di accoglienza: da qui la nascita
di nuove tensioni. Chi vuole aiutarla deve tener conto di entrambe rivolgendo particolare attenzione a bimbi e adolescenti
Vivere «fra due mondi», esistere come «persone di soglia»
ANNA MAFFEI
Nel Teatro di corte del Palazzo reale con la bella
facciata su piazza del Plebiscito, divenuta salotto buono
della nuova Napoli dell’amministrazione Bassolino, si è
svolto dall’8 al 10 novembre,
a cura dell’Accademia di psicoterapia della famiglia, il
Convegno internazionale «Famiglie a rischio in una società
multietnica». Una ventina di
professori, alcuni dei quali
oriundi italiani, provenienti
da varie parti del mondo, particolarmente da zone di antica immigrazione, hanno offerto agli oltre 400 convenuti,
per lo più psicoterapeuti, relazioni basate in gran parte
sulla propria esperienza clinica con immigrati. «La storia
dei movimenti migratori - ha
affermato il prof. Vincenzo Di
Nicola, direttore della divisione di psichiatria infantile e
dell’adolescenza presso la
Queen’s University (Canada)
- non è solo la storia delle
persone che emigrano ma ha
a che vedere con l’impatto
che questo movimento migratorio ha sul territorio del
paese di accoglienza».
Di Nicola, come hanno fatto anche altri relatori dopo di
lui, ha sottolineato come
l’approccio del psicoterapeuta non deve essere di tipo
culturale solo per quanto riguarda gli stranieri. Ci possono essere differenze rilevanti
anche fra due paesini di una
stessa provincia. Ogni approccio ai problemi delle famiglie deve sempre tener
conto del dato culturale. Naturalmente per le famiglie
migranti la loro esperienza di
persone che vivono «fra due
mondi», il loro esistere come
«persone di soglia», essere
cioè sulla soglia di molte
esperienze e di molte possibilità, è un dato assolutamente fondamentale perché
un vero dialogo, e un eventuale aiuto, abbia luogo. È
come «stare seduti su due sedie», secondo l’espressione
usata da Amilcar Cióla, docente all’Università di Losanna e psicoterapeuta presso
un centro che si occupa di famiglie di rifugiati.
La famiglia migrante si trova fra le aspettative della società di origine e quelle della
società di accoglienza e questa nuova situazione di ne
cessana riorganizzazione
può produrre gravi tensioni.
Chi vuole aiutarla deve tener
conto di entrambe. Spesso le
famiglie migranti hanno difficoltà a vivere il presente nel
presente. Il passato e il futuro
le condizionano pesantemente. Per persone che hanno vissuto l’incubo della
guerra, per esempio, con tutti
i suoi lutti, è arduo riuscire a
concepire un futuro che sia
veramente diverso. E dunque
il presente è spesso schiacciato tra queste dimensioni
negative e di questo va tenuto conto. Altre volte le due sedie sono rappresentate da
stima e vergogna. Stima per
l’aiuto che si dà, quando ci si
riesce, a chi è rimasto nel paese di origine, ma vergogna
per la condizione di sfrutta
Nel Palazzo reale di Napoli ha sede il Teatro di corte dove si è svolto
il convegno
mento e umiliazione che 1’
immigrato vive spesso nel
paese di accoglienza.
La cosa si complica ulteriormente quando si ha a che
fare con bambini e adolescenti, immigrati di prima o
di seconda generazione. Le
varianti a questo proposito
sono tante e ciascuna con i
propri, a volte gravissimi,
problemi. Drammatica è stata la testimonianza di Melita
Cavallo, giudice del tribunale
per i minorenni di Napoli,
che, fra le altre cose, ha affermato quanto frequenti siano
i casi di bambini immigrati in
Italia per adozioni internazionali e poi rifiutati per i
problemi che le famiglie adottive spesso non sanno o
non hanno voglia di affrontare. L’impreparazione di molte famiglie a gestire l’impatto
culturale che i bambini adot
tati devono elaborare è dimostrata, per esempio, dal
fatto che molte di loro cambiano il nome ai piccoli adottati al loro arrivo in Italia.
Questo solo fatto crea gravi
problemi di identità e di integrazione ai bambini che perdono in questo modo anche
quel tenue filo di continuità
con la loro condizione precedente rappresentata simbolicamente proprio dal nome.
Il convegno ha rappresentato una finestra aperta che
da una particolare angolatura
si affaccia su un mondo che
cambia continuamente. Gli
psicoterapeuti si interrogano
umilmente sul come aiutare
meglio i tanti sradicati che a
loro si rivolgono. Mi domando se come credenti ci poniamo questi problemi con la
stessa serietà e desiderio di
approfondimento.
Adolescenti sradicati
Il prof. Gaetano De Leo, docente di psicologia giuridica
presso l’Università «La Sapienza», è stato per 15 anni
consulente di un carcere minorile a Roma dove la popolazione di giovanissimi stranieri
ha avuto negli ultimi anni un
incremento straordinario. Segue inoltre in qualità di supervisore due comunità alloggio a Roma, la Felix e la Sesamo, dove sono accolti ragazzi
e ragazze con problemi di
comportamento. In un intervento al convegno di Napoli
dopo aver sottolineato quanto
sia importante trattare il minore cercando di comprenderlo nel suo contesto culturale e
familiare, ha raccontato alcuni casi di adolescenti immigrati in Italia da cui emergono alcuni fra i problemi posti
dalla loro condizione di sradicamento. I nomi riportati sono naturalmente di fantasia.
Maria è una ragazza cilena
di 16 anni. Sembra che abbia
lasciato altrove la sua possibOità di vivere e di essere «intera». In Cile la sua famiglia
risulta essere «scomparsa».
Fino all’età di otto anni era
infatti stata prima con i nonni, poi con alcuni zii. In seguito per Maria è cominciato
l’itinerario in istituto, dove
ha incontrato i coniugi italiani ai quali, dice, è stata «venduta» in adozione. «Sono arrivata in Italia - racconta Maria - e sono andata in una casa bella ma vecchia e triste».
Lontana dalla libertà, se così
poteva considerarsi la sua
condizione precedente. Ma
Dì fronte al nuovo della multiculturalità
MARTA D’AURIA
A margine dell’VlII Convegno internazionale di
studio dell’Accademia di Psicoterapia della famiglia abbiamo rivolto alcune domande al prof. Maurizio Andolfi,
docente di Psicodinamica
dello sviluppo e delle relazioni familiari presso la Facoltà
di Psicologia dell’Università
«La Sapienza», direttore dell’
Accademia di psicoterapia
della famiglia a Roma e direttore responsabile della rivista
«Terapia familiare».
- In primo luogo come nasce questo convegno?
«L’occasione è stata la celebrazione del ventennale di
"Terapia familiare”, la più
antica e prestigiosa rivista di
studi e ricerche sulla famiglia. Abbiamo voluto ricordare questi vent’anni addentrandoci in un territorio che
per molti è ancora nuovo: la
multietnia».
- In che senso il tema della
multiculturalità costituisce
una novità?
«Sebbene se ne parli molto,
questo tema rimane per molti aspetti ancora sconosciuto
o misconosciuto negli ambienti accademici e in quelli
sociali in senso lato. In effetti,
non esiste ancora una cultura
deH’immigrato come nuova
Notizie
evangeliche
agenzia stampa
abbonamento annuo L. 50.000
da versare sul ccp 82441007
intestato a Nev - Roma
realtà sociale, e in qualità di
psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali abbiamo voluto accostarci a queste problematiche non come "esperti”
ma con il sentimento dei
bambini che vanno a curiosare per rendersi conto delle
cose che ancora non conoscono. Non abbiamo voluto
costruire un’idea teorica di
multiculturalità, ma affrontare queste tematiche con l’aiuto di operatori sociali che,
lavorando in paesi in cui il fenomeno è ormai da tempo
parte della realtà, possono
offrirci la loro esperienza e
testimonianza in merito».
- Il titolo del convegno tradisce l’idea che la multiculturalità porti in sé la componente del rischio...
«Va detto che il rischio non
è nella multiculturalità, ma
nella mancata accettazione
del dialogo con culture diverse. Anche in Italia, dove la
multiculturalità è un fenomeno recente del quale non
abbiamo ancora una storia,
vi è il rischio di emarginare le
culture altre in tutte le istituzioni e strutture sociali».
- Dunque rincontro con i
migranti come incontro con le
culture?
«Sì, con tutte le sfide e le
difficoltà che ne possono derivare. Ad esempio molte delle leggi in Italia riflettono
unicamente la specifica cultura italiana e non tengono in
alcun conto i mille problemi
che possono scaturire dalla
relazione con altre culture».
- A questo proposito, quanto è importante sin dai primi
incontri di terapia familiare,
il contributo dei «mediatori
culturali»?
«È fondamentale a mio avviso la collaborazione di que
ste persone le quali, non solo
sono in grado di parlare lingue lontane dalle nostre ma,
conoscendo il grande bagaglio di tradizioni, usanze, riti
di altri popoli, ci aiutano a
considerare la condizione
umana degli immigrati nella
sua totalità. Spesso gli immigrati, allontanatisi dal proprio paese, hanno difficoltà
in un nuovo contesto ad avere fiducia negli altri e nelle
strutture sociali del paese di
accoglienza. Si comprende
così il perché si verifichino da
parte loro delle resistenze a
partecipare ad un lavoro di
psicoterapia che, prevedendo
un certo numero di incontri
per un prolungato periodo di
tempo, richiede una completa fiducia negli operatori».
- Dunque come conquistarsi questa fiducia?
«È necessario avvicinarsi a
queste persone non con la
presunzione di chi ha tutto
da insegnare e nulla da imparare, ma con il desiderio di
ascoltare, dialogare vivendo
così l’incontro con altri modelli di vita come occasione
di arricchimento».
La famiglia orientale
«Dimensione spirituale
nella famiglia orientale» era il
titolo della relazione che nel
corso del convegno internazionale è stata presentata da
Annie Lau, direttore clinico
dei servizi di salute mentale
del bambino e dell’adolescente a Redbridge, distretto
vicino a Londra. Annie Lau
ha cominciato il suo intervento chiedendo se e come
sia possibile muoversi nello
spazio tra due diverse culture. Una maniera originale ed
efficace di illustrare la problematica delle differenti impostazioni culturali è stata
quella di utilizzare il concetto
della disposizione floreale.
L’arte della composizione
floreale infatti riflette le esigenze di una specifica cultura. Una persona che voglia
apprendere l’arte della composizione floreale occidentale attraversa processi di apprendimento diversi da coloro che si accostano all’ikebana, perché nei due casi la filosofia che è alla base
dell’estetica è completamente diversa.
Mentre nella composizione floreale occidentale ciò
che conta è la simmetria delle forme, il convergere degli
steli verso un punto focale e
l’accostamento dei colori,
per l’ikebana invece, vera e
propria disciplina spirituale
orientale, nel momento della
realizzazione è importante la
respirazione, la posizione del
corpo e il modo in cui si utilizzano le energie interiori.
Annie Lau ha ancora affermato che anche la famiglia
va considerata come oggetto
artistico e che, sebbene vi
siano delle differenze tra i diversi modelli culturali, biso
gna comunque trovare un
punto di incontro per poter
cominciare ad intessere un
dialogo. A questo punto la
Lau ha fornito un esempio di
come possa essere utile per
un terapeuta vivere la propria professione utilizzando
anche le proprie diverse appartenenze culturali.
Il paziente, un giovane profugo cinese-vietnamita di 23
anni, era ricoverato in ospedale da ormai 6 mesi a causa
di terribili dolori alla schiena
che lo rendevano praticamente immobile. Non solo.
Era depresso profondamente
perché, dopo aver portato
tutta la sua famiglia in Inghilterra, non era riuscito a trovare un lavoro e dunque fino
a quel momento non era stato capace di occuparsi di loro. I terapeuti occidentali
nulla avevano potuto per
sbloccare la situazione. La
Lau osservò che l’energia ricompariva nei suoi occhi e
nella sua voce soltanto quando lui, da fratello maggiore,
parlava del suoi doveri nei
confronti dei genitori anziani
e dei fratelli minori.
Attraverso un colloquio
con la famiglia si scoprì che il
ragazzo aveva smarrito il suo
ruolo, tipico della sua cultura, di sostegno principale
della famiglia. Così la terapeuta, utilizzando la sua familiarità con i rituali cinesi,
pensò di organizzare per tutta la famiglia, nella corsia
dell’ospedale, una cerimonia
del tè, cosa che viene normalmente celebrata per rinsaldare una promessa. Il paziente si inginocchiò davanti
ai genitori e ripetè, nelToffrire loro una tazza di tè, tutti i
doveri che avrebbe adempiuto per l’intera famiglia una
volta dimesso dall’ospedale.
Sei mesi dopo il paziente fu
dimesso.
ria si è sentita prigioniera so.
prattutto delle attenzioni
«particolari» del padre adotti,
vo. Le molestie paterne han^
no reso la sua vita ancora
terribile e Maria è ritornata ij
istituto. Sono intervenuti
molti operatori fra cui una
psicoioga che ha proposto
una diagnosi di personaliti
«border-line» sulla base della
quale l’adozione di questa ragazza sarebbe stata, a detta
della ragazza e degli operatori che la seguono, rifiutata.
Da ciò è partita anche una
denuncia nei confronti dei
genitori adottivi con una richiesta di risarcimento. Purtroppo tutta la vicenda è andata sulla prima pagina di un
grande quotidiano nazionale
e non si sa quale impatto
possa avere questa circostanza sul vissuto delia ragazza,
Gli operatori confessano di
non riuscire a capire di lei
molte cose per la qual cosa
adottano verso di lei delle linee di condotta quasi pervia
intuitiva.
Fernando, un ragazzo angolano di 18 anni, è anch’egi'
l’unica fonte della sua storia,'
Qualcuno lo ha portato in
Italia facendogli credere di’
essere arrivato in Portogallo.
Si è trovato in un periodo di
grandissima confusione perché non riusciva a capire come mai il portoghese di Lisbona era così diverso
portoghese parlato nel suo
paese. Capito l’inganno, ha
cominciato il suo cammino
di integrazione nel paese
d’accoglienza.
Considera terribilmente infantili i ragazzi italiani nella
comunità alloggio in cui vive
attualmente perché le situazioni di guerra che ha vissuto
gli danno una capacità di affrontare le difficolià che peri
ragazzi italiani è quasi incomprensibile. Dopo aver
imparato l’italiano, ha chiesto agli operatori sociali di
cercare personalmente la famiglia adottiva; sarà lui a decidere con chi andare a vivere. Fernando dice di voler frequentare l’università in Italia
e che, una volta conclusi gh
studi, ritornerà in Angola pet
vendicare i suoi genitori ucct
si in uno scontro a fuoco di
tipo rivoluzionario.
Radi ha 18 anni e viene dalla Romania. Attraverso un’of'
ganizzazione, quasi sicura'
mente criminale, è arrivatola
Italia per guadagnare soldi da
mandare alla sua famiglia i»
Romania. Il ragazzo ha cominciato a vivere solO'
contando talvolta suH'aiut
dei suoi connazionali. Qu^'
do si è trovato in estrerna da
ficoltà si è rivolto ai servizi sociali. In realtà il ragazzo a
appreso molto bene le moda
lità di funzionamento dei set
vizi sociali italiani per poto
iterli
utilizzare nella sua strateg
di adattamento alla nuo
cultura. Ciò che ha colpito
operatori sociali è stato n
tanto la sua familiarità con
strutture sociali quanto la s
impenetrabilità in ohro dfr®^
zioni che non siano qi
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scelte dalla sua strategia
utente perfetto, lavora, segH
le regole perfettamente m
sulta essere «irraggiungm* ,
Il ragazzo sfida gli ^
perché non mette in 8*?^
stesso nel rapporti che m
tiene, non facendo .¡a,
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alcuna emozione, né tm .
né sfiducia, né alcun alR
teggiamento che non sia
diato per i suoi fini.
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Fondato nel 1848
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paese
Io occasione dei 70 anni del Cai di Pinerolo è stata allestita a Palazzo Vittone una mostra fotografica che ripercorre l.i storia di molti pinerolesi in montagna (la sezione ha
raggiunto in alcuni anni oltre 1.000 soci). Il 7 dicembre alle ore 2L nell’Auditorium di corso Piave, viene presentata
una nuova guida Cda, curata da Chiolero, Quero e Rambelli. dedicata a «Montagne e vallate del Pinerolese. Camminare, arrampicare, sciare, pedalare in vai Chisone, vai
Ripa, vai Germanasca e vai Pellice».
VENERDÌ 6 DICEMBRE 1996 ANNO 132 - N. 47 LIRE 2000
In occasione dei campionati
mondiali di sci, in calendario a Sestriere nella prima
quindicina di febbraio, si prevede l’afflusso di migliaia di
persone tra atleti e spettatori e
molti di questi, verosimilmente un 50%, saranno di
matrice protestante: pensiamo
per esempio ai luterani della
Scandinavia, ma anche agli
americani del Nord e, perché
no, anche ai giapponesi, ai tedeschi e così via dicendo.
A Sestriere e villaggi limitrofi vivono una quarantina di
nuclei famigliari evangelici,
in massima parte valdesi e poi
anche battisti, che fanno capo
rispettivainente alla Chiesa
valdese di Pomaretto e alle
comunità battiste della valle
di Susa. Sono persone che la
CULTI Al MONDIALI DI SCI
FUORI PISTA
LUCIANO DEODATO
vorano nelle strutture alberghiere e negli impianti sciistici; formano una comunità anomala, in continuo movimento, legate come sono a un
lavoro stagionale che le porta
in varie parti del mondo, per
seguire una attività che non
conosce frontiere. Anche loro
fanno parte della chiesa; una
chiesa strutturata in modo diverso dal solito. La Federazione delle chiese evangeliche
ha voluto raccogliere la sfida
e ha dato il suo patrocinio a
un’operazione che coinvolge
in prima persona le chiese
valdesi del I distretto e quelle
battiste della vai Susa. Sarà
organizzato un servizio di
cappellania per quanti ne vorranno usufruire; la domenica
si svolgeranno dei culti ai
quali daranno il loro contributo anche elementi delle corali.
Non avendo un nostro tempio
Viilar Pellice
Museo di
archeologia
industriale
Nel 1904 nacque in Val
Pellice uno dei primi insediametiti industriali ad opera di
Eugenio Crumière, con sede
in Torino e stabilimento a
Viilar Pellice, destinato con
la produzione di feltri per cartiera e tessuti tecnici ad essele una delle aziende più importanti del settore. Nel 1985
viene costituita la cooperativa
Nuova Crumière, che ha consentito la salvaguardia di circa trenta posti di lavori ricavandosi un piccolo spazio nel
settore specialistico e che ha
trasferito progressivamente la
produzione nella parte nuova
dello stabilimento.
Dieci anni dopo, grazie alla
collaborazione tra il Comune
di Viilar Pellice, la Comunità
montana e la Cooperativa
Nuova Crumière, il vecchio
fabbricato abbandonato viene
ristrutturato e trasformato in
museo di archeologia industriale della vai Pellice. Questo intervento, approvato e
finanziato ai sensi del Regolamento Ue 2081, attualmente in fase di avvio di lavori,
prevede il recupero integrale
della parte storica delTedificio, costruzione in pietra di
fine Ottocento su tre piani,
precedentemente adibita a
mulino e dal 1904 a feltrificio
e comprendente i macchinari
d’epoca e l’archivio.
Tra gli obiettivi quello di
salvare il fabbricato dal degrado, il recupero dei macchinari tessili d’epoca e la creazione di un archivio storico di
fabbrica per ricostruire la vita
socio economica dell’azienda. Per far conoscere il progetto sabato 7 dicembre presso la Nuova Crumière a Villar Pellice si svolgerà a partire dalle 9,30 un incontro con
alcuni responsabili della Comunità montana vai Pellice,
dei rappresentanti della cooperativa Nuova Crumière e
quanti, tra enti e associazioni,
sono interessati al progetto.
Scarsa affluenza alle urne per il ballottaggio che vedeva Ardizzoia come antagonista
Barbero sindaco di Pinerolo con il 65%
PIERVALDO ROSTAN
Alberto Barbero, Pds, 55
anni molti dei quali passati nelle aule come insegnante, è il nuovo sindaco di Pinerolo. Il risultato del ballottaggio di domenica 1° dicembre
gli è stato largamente favorevole: quasi il 65% dei cittadini che sono andati a votare
( 11.606) hanno scelto Barbero
come il sindaco che porterà
Pinerolo al 2000; per Mario
Ardizzoia il 35% dei voti.
Hanno votato 18.744 pinerolesi, solo il 62% degli aventi diritto, segno probabilmente che l’elettorato moderato
che al primo turno aveva dato
il proprio appoggio a Trombotto 0 Drago non ha avuto
fiducia nel candidato del Polo
e ha preferito non partecipare
al voto. Si può invece dire
che l’Ulivo si è ricompattato:
circa 4.000 cittadini in più rispetto al primo turno hanno
scelto il candidato del centrosinistra e sono all’incirca i
consensi di Rostagno il 17
novembre. Nemmeno 1.000
voti in più per Ardizzoia rispetto a quindici giorni fa.
Soddisfatto del risultato è
ovviamente Alberto Barbero,
per anni consigliere di minoranza, poi assessore nella
giunta Trombetto: «Devo
davvero ringraziare gli elettori che hanno avuto fiducia
nella mia persona - dice il
neosindaco -; adesso devo rispondere alle legittime attese
dei cittadini».
I voti di Barbero al ballottaggio, con l’appoggio esplicito dei Popolari, rappresentano un segnale che TUlivo a
Pinerolo è ritrovato? «A livello di elettorato l’Ulivo si è
chiaramente riconosciuto commenta Alberto Barbero
—; a livello politico mon si
può ignorare il passato anche
se il lavoro che penso di poter fare con i nostri parlamentari aiuterà a ricostruire
un rapporto. I cittadini hanno
votato un uomo di sinistra ma
chiedendogli di essere uomo
di centro-sinistra».
Anticipazioni sulle nomine
di giunta Barbero non ne fa;
la squadra è stata resa nota in
settimana ma quali saranno i
sei assessori non viene anticipato: «Da un lato mi piacerebbe mantenere la delega
alla Cultura che mi ha consentito di dialogare con la
città in questi anni. C’è comunque un ’esigenza di rinnovamento e di rappresentanza
politica dei movimenti».
Abbastanza fatalista appare
lo sconfitto: «Per poter battere Barbero - dice Mario Ardizzoia - ci sarebbe stato bisogno di un concorso di circostanze: una maggiore af
faenza alle urne, una minore
“obbedienza” dei Popolari
alle direttive di partito, la disponibilità della Lega Nord e
di Trombotto».
Ritiene di aver commesso
errori in campagna elettorale?
«Errori certo ne sono stati
commessi parecchi - commenta Ardizzoia - e soprattutto per inesperienza; è stato
sbagliato ad esempio presentare tante liste piuttosto che
una sola del Polo».
Il centro-destra farà dunque
opposizione, insieme ai rappresentanti delle liste uscite
battute dalla competizione
elettorale. In conseguenza del
risultato del ballottaggio il
nuovo Consiglio comunale risulta composto in questo modo: Bermond, Blanc, Maltese,
Magnarini, Forgia, Saretto,
Dosano, Modena (Pds), Distaso, Berti, Ughetto, Misino e
Masciotta (Lista Dini), Bassani, Baù, Spinnato, Spano,
Clement (Rifondazione comunista), Trombotto, Rivò,
Chirico (Insieme per Pinerolo), Ardizzoia, Riva e Passerò
(Forza Italia), Rostagno e
Alifredi (Ppi), Drago e Depetris (Lega Nord), Piccato
(Progetto Pinerolo) e Santiano (Ccd-Cdu). Qualche consigliere di maggioranza, probabile nuovo assessore, potrebbe dimettersi facendo posto ai primi esclusi delle liste
di maggioranza.
Per le giovani generazioni non è sempre facile immaginare quali fossero i
rapporti tra le persone di una stessa famiglia che nei secoli scorsi, per ragioni di
lavoro 0 di altra natura, fossero costrette
a vivere lontano le une dalle altre.
Così, un figlio residente ad Halifax,
importante centro laniero dello Yorkshire, informa il padre, datando la sua lettera 15 gennaio 1797, che il 17 novembre
precedente gli è nata una bimba che nel
frattempo è anche stata battezzata e i cui
padrini sono i genitori stessi del padre, i
quali peraltro erano stati precedentemente richiesti del loro consenso. Dalla stessa lettera veniamo a sapere che il capo
famiglia passava alla moglie, per provvedere alle spese di vitto di tutta la famiglia
e per i vestiti di lei, una somma settimanale di una ghinea, pari a lire 21 di Piemonte. Per i primi tempi dopo il parto, la
brava moglie aveva assunto una governante che l’aiutasse per la conduzione
della casa, ma questa era stata poi licen
IL FILO DEI GIORNI
OLTRE CONFINE
BRUNO BELLION
ziata, perché il suo mantenimento sarebbe costato 30 lire di Piemonte la settimana, il che andava al di là delle possibilità
del bilancio familiare. Non sappiamo se
questo fosse dovuto al fatto che il nuovo
papà non aveva la possibilità di aumentare la somma passata alTamministrazione
del «menage» familiare o se fosse effettivamente il massimo possibile.
Ma un’altra notizia interessante emerge
dalla corrispondenza di questa famiglia di
mercanti valdesi: da Torre Pellice, il padre incarica il figlio di acquistare per suo
conto mezzo biglietto della lotteria inglese e questi gli fornisce nel dettaglio le sue
operazioni. Ha acquistato un quarto e due
ottavi di biglietto, i cui numeri vengono
indicati con precisione. Vengono anche
indicati gli importi dei premi in palio.
Nello stesso tempo chiede al padre di sapere quali sono i numeri della lotteria di
Torino che egli ha comprato a favore del
figlio emigrato. In un’altra lettera del 24
agosto 1796 aveva detto che la giovane
famiglia aveva di nuovo tentato la sorte
nella lotteria d’Irlanda. In entrambi i casi
è interessante notare che si afferma: «Se
la fortuna ci favorisce, avremo il piacere
di fare un viaggetto fino alle Valli».
Indipendentemente dall’uso che si dichiara di voler fare dell’eventuale vincita, rimane interessante osservare come,
in una famiglia della nascente borghesia
valdese, in mezzo a un’Europa che sta
per conoscere gli sconvolgimenti napoleonici, si manifesti questo particolare
interesse per il gioco delle lotterie. Curioso poter sapere se anche le famiglie
più modeste avessero simili aspirazioni.
a Sestriere sarà utilizzata la
chiesa cattolica, gentilmente messa a disposizione dal
vescovo di Susa e, sempre in
quella chiesa, ogni sera vi
sarà un momento di riflessione biblica e preghiera. La lingua sarà l’inglese; la pastora
Anne Zeli e il pastore Eric
Noffke si sono resi disponibili. Che cosa sarà questa esperienza? È molto difficile dare
una risposta. Sarà utile al popolo dei «nomadi» dello sci?
Ce lo auguriamo. Ma auguriamo anche a noi di maturare,
attraverso questa esperienza,
un modo diverso di essere
chiesa: senza tempio ma nella
dimensione del provvisorio,
costretta a individuare in Cristo e in lui soltanto il centro
della nostra vita.
Pomaretto
Licenziamenti
in vista
alla Cascami?
Scendono in sciopero i lavoratori della Cascami Seta
di Pomaretto dopo Tannuncio, arrivato venerdì scorso,
da parte dell’azienda di voler
attivare le procedure per il
licenziamento di metà dei 35
lavoratori attualmente impegnati nello stabilimento. Lo
stabilimento di Pomaretto si
colloca all’interno di un gruppo che ha altri punti di lavorazione legati al tessile a Vigevano, Tarcento, Iesi; le lavorazioni della vai Germanasca (macerazione del bozzolo) si inseriscono in una catena che unisce le varie fabbriche. Dopo circa un anno in
cui i lavoratori stessi erano
stati soggetti a un provvedimento di cassa integrazione,
durante rincontro fra il consiglio di fabbrica e l’amministratore delegato dott. Tarcisio Mizzau, è emersa una
realtà di grave difficoltà a cui
l’azienda intende far fronte
con il sistema più semplice: il
licenziamento.
«Abbiamo subito proposto
il ricorso ai contratti di solidarietà - dice Piero Sanmartino, membro del consiglio di fabbrica - ma l’azienda ci ha risposto negativamente; comunque non intendiamo trattare sulla mobilità». Alla Cascami la maggioranza dei dipendenti (20
su 35), fra cui l’intero consiglio di fabbrica, aderisce al
sindacato autonomo pinerolese Alp, un paio alla Cisl; ci
sarà accordo e unanimità di
vedute fra le due anime del
sindacato? Intanto possiamo
segnalare che le amministrazioni locali hanno dal canto
loro chiesto l’immediata sospensione del provvedimento
e un «sollecito incontro con
la direzione per esaminare la
possibilità di trovare soluzioni alternative che non penalizzino ulteriormente l’attuale
situazione occupazionale delle nostre valli».
8
PAG. Il
Delle Yaui ^ldesi
VENERDÌ 6 DICEMBRE 1996
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La stazione ferroviaria di Luserna, ora in parte ristrutturata
LUSERNA: SI AL PROGETTO CREMAGLIERA — Un
sì unanime è giunto dal Consiglio comunale di Luserna San
Giovanni, riunito giovedì scorso, all’ipotesi di collegamento transfrontaliero mediante cremagliera elettrica, con l’auspicio, è stato detto, che la linea sia prosecuzione diretta
dell’attuale ferrovia. In risposta a un’interrogazione del
consigliere Charbonnier su voci di accorpamento delle
scuole elementari di San Giovanni e Luserna alta al capoluogo l’assessore Merlo ha smentito tale ipotesi mentre non
è ancora definito il piano di utilizzo dell’attuale scuola media dopo il trasferimento della nuova sede che si inaugurerà
il 20 dicembre. Il Consiglio ha infine preso atto della creazione di un marchio (preludio alla nascita di un’agenzia?)
per la valorizzazione della pietra di Luserna.
LA REGIONE PER I DANNI CAUSATI DALLA NEVE
— La giunta regionale ha stanziato un miliardo e mezzo a
favore delle Comunità montane per far fronte ai problemi
causati dalla neve nello scorso inverno. In vai Pellice arriveranno quasi 39 milioni, in vai Chisone e Germanasca circa 58 milioni e 16.700.000 alla Pedemontana.
LA PROVINCIA PRESENTA IL BILANCIO — Per il secondo anno la Provincia di Torino intende sollecitare il
contributo di Comuni e Comunità montane alla stesura del
bilancio; uno specifico incontro con il circondario di Pinerolo è previsto per lunedì 9 dicembre, ore 17,30, presso la
sala consiliare del municipio di Pinerolo.
CONCERTO UNITRÈ — Un bel pomeriggio musicale è stato offerto all’Unitrè di Torre Pellice dalla giovane ma sensibile e raffinata cantante Francesca Lanza, accompagnata
con molta maestria dal pianista Leonardo Nicassio con musiche di Mozart, Rossini, Bellini e Donizetti.
CONSIGLIO COMUNALE A ANGROGNA — E stata approvata l’ultima possibile variante di bilancio per complessivi 150 milioni circa, dove la voce più rilevante nelle previsioni di entrata è costituita da 25 milioni in più che dovrebbero provenire da controlli in atto sul pagamento della
tassa sullo smaltimento dei rifiuti. Con i contributi degli
utenti e del Comune si realizzerà il prolungamento della rete fognaria nella zona del Prassuit-Verné; è stata rinnovata
la convenzione con l’Acea (circa 30 milioni per il 1997)
per la raccolta dei 60 cassonetti (il martedì e due volte la
settimana d’estate), e si è svolta una prima discussione circa la possibilità di produrre energia elettrica con piccole
centraline, a condizione che i benefici economici ricadano
in buona parte sul territorio comunale.
INCIDENTE MORTALE A TORRE PELLICE — La sera
del 23 novembre, a Torre Pellice, ha perso la vita Anna Maria Bertinat di 87 anni, da tutti conosciuta come Paulette,
sulla strada provinciale per Bobbio Pellice, poco dopo il distributore dell’Api. La Bertinat è stata investita dal furgone
guidato da Valerio Catalin di Bobbio Pellice mentre attraversava la strada per far ritorno a casa, nel quartiere Santa
Margherita. Non è la prima persona che muore in questo
modo nello stesso tratto di strada; la zona è pericolosa a
causa della scarsa illuminazione e il tragitto che porta da
una parte all’altra dello stradone è troppo lungo perché una
persona anziana lo possa attraversare con sicurezza.
PIÙ VELOCI LE VARIANTI AI PIANI REGOLATORI
DEI COMUNI — È stato approvata dal Consiglio regionale una legge che rende più snelle le procedure per l’entrata in vigore delle modifiche che i Comuni intendono apportare ai piani regolatori. Si prevede l’articolazione della
pianificazione comunale attraverso varianti strutturali e
parziali: le prime dovranno essere approvate dalla Regione,
mentre per le seconde basterà il nulla osta del Comune, con
semplice rinvio alla Regione. Per la formulazione delle varianti «obbligatorie», sarà indetta dalla Regione un’apposita conferenza di servizi, mentre non costituiranno varianti
le modificazioni e gli adeguamenti di limitata entità, che
saranno assunte dal Comune con deliberazione consiliare
soggetta al solo controllo di legittimità, e nemmeno le destinazioni a opere pubbliche non conformi alle specifiche
destinazioni di piano ma localizzate in un’area destinata a
servizi pubblici anche di tipo diverso da quelli a cui si riferisce l’opera, come da normativa statale.
ASILO DEI VECCHI
via C. A. Tron, 13 - 10065 San Gemano Chisone
tei. e fax 0121/58855
All’Asilo dei vecchi di S. Germano, dal 13 al 24
dicembre 1996, dalle ore 14 alle 17,30, è aperta la
mostra di Natale: proposte di artigianato artistico
con un settore dedicato a specialità gastronomiche e a tante altre idee per i regali.
Consiglio connunale di Bobbio Pellice
Una centrale
per tutta la valle?
PIERVALDO ROSTAN
Durante la seduta del 27
novembre il sindaco, Aldo Charbonnier, ha informato
i presenti che la società Sinerga ha concluso uno studio
sulle potenzialità idroelettriche dei canali di Bobbio Pellice da cui deriverebbe la possibilità di installare una centrale di elevato rendimento,
tale addirittura da coprire
buona parte del fabbisogno
elettrico dell’intera valle.
Per ora si è alla fase preliminare (si parla di collocare
rimpianto all’altezza del
ponte della Giornà e dunque
vicino al centro del paese) e
dovranno essere valutate diverse possibilità per quanto
riguarda i soggetti attuatori:
un privato, un ente pubblico
come potrebbe essere l’Acea,
oppure una vera e propria società che veda insieme enti
locali, privati e costruttori.
Dovrà naturalmente essere
garantita la vita e la bellezza
dei corsi d’acqua attraverso
meccanismi precisi.
Intanto il Consiglio comunale ha deciso di apportare alcune modifiche al bilancio,
soprattutto legate alla maggior spesa derivante dall’assunzione di un secondo operaio autista e dal maggiore
costo del mezzo raccolta ri
Tofre Pellice
Servizi sociali
alla Comunità
montana
Anche il Comune di Torre
Pellice ha deciso di delegare
alla Comunità montana le
funzioni socio-assistenziali;
lo ha deciso il Consiglio comunale venerdì 29 novembre
per un periodo sperimentale
di due anni. Durante la medesima seduta è stato approvato il regolamento per l’utilizzo dell’area di conferimento
rifiuti ingombranti e differenziati in via Pellice ed è stata
costituita la direzione artistica della «Civica Galleria d’
arte contemporanea Filippo
Scroppo». All’unanimità sono stati scelti come esperti il
critico d’arte Piergiorgio Dragone, il prof. Giuseppe Mantovani, dell’Accademia di
Torino, e il prof. Marco Rosei; a loro si affiancheranno
amministratori locali e il pittore Piercarlo Longo.
Sono stati infine approvati i
progetti preliminari di alcune
importanti opere: l’arginatura
del torrente Angrogna a monte del ponte degli Appiotti e il
rifacimento parziale della pista che porta all’alpeggio
Vandalino. Con grande tristezza è stato discusso quest’ultimo punto in quanto
proprio nella notte precedente
era deceduto in modo tragico
Ernesto Michelis, l’allevatore
che da anni saliva d’estate a
quell’alpeggio.
fiuti che Bobbio acquisterà e
che verrà utilizzato anche da
'Villar Pellice. E stato poi approvato il progetto preliminare di un alloggio per il segretario comunale all’interno
delle ex palazzine militari.
Infine è stato presentato il
progetto di recupero di una
baita al Pra creando un punto
di memoria rispetto alla Resistenza che proprio in alta valle visse momenti particolarmente importanti. La baita dovrà essere attrezzata con ricordi e testimonianze dei vari fatti d’armi e nello stesso tempo
potrebbe diventare punto di
appoggio per le guardie caccia
e pesca e per le guardie ecologiche volontarie. Per questa
realizzazione verrà chiesto un
contributo alla Regione.
Val Pellice
Modifica
della pianta
organica
Tranquillo Consiglio per la
Comunità montana vai Pellice giovedì 28 novembre: in
apertura è stata approvata la
ridefinizione delle rette ’96
per l’istituto per portatori di
handicap gravi Uliveto che
passa a 272.000 lire al giorno.
Attualmente sono quattro i
ragazzi della vai Pellice ospiti
dell’Uliveto per una spesa sul
settore socio-assistenziale di
circa 26 milioni. L’ormai
quasi definita delega da parte
di almeno 7 Comuni su 9 per
i servizi sociali, ha prodotto
inoltre una modifica della
pianta organica della Comunità montana che avrà in organico il personale attualmente dei Comuni; in più
verrà assunto un ragioniere.
Il Consiglio ha poi approvato una serie di variazioni di
bilancio, sostanzialmente determinate da nuove entrate
sui fondi per la montagna e
sui progetti integrati: ogni assessore avrà una maggiore
dotazione da investire sul territorio. Di un certo interesse
anche l’approvazione della
convenzione con l’associazione musicale «Divertimento» per la realizzazione della
scuola di musica; la Comunità montana verserà alla
scuola un massimo di 50 milioni attingendo dai contributi
dei Comuni e di altri enti.
1 progetti esaminati dalla Regione
Che fare dei fondi Cee
È noto che una delle
principali fonti di finanziamento europee sono i Fondi
strutturali disciplinati dal regolamento 2081/93 Cee. Le
Regioni possono decidere nel
dettaglio quali sono le attività
finanziabili con i fondi comunitari e fissano le modalità
per la presentazione delle domande. La Regione Piemonte ha previsto finanziamenti
per investimenti di tipo innovativo e ambientale, operativi dallo scorso settembre. Si
tratta, ad esempio, di acquisti
di nuovi macchinari e attrezzature, apparecchiature elettroniche e scientifiche, sistemi robotizzati. Per gli investimenti ambientali sono validi
gli interventi finalizzati al miglioramento delle prestazioni
ambientali dell’impresa, al fine di raggiungere livelli di
protezione dell’ambiente più
alti di quelli previsti dalla legislazione vigente. Non sono
finanziabili gli interventi che
mirano semplicemente a raggiungere le disposizioni di sicurezza ambientale e di lavoro già contemplate dalle leggi. Sono previsti vari obietti
vi, fra i quali quello n. 2, «Riconversione delle Regioni o
parti di Regione gravemente
colpite dal declino industriale» riguarda tra l’altro tutta la
provincia di Torino, quindi
anche le nostre valli.
Per quanto riguarda le dimensioni delle aziende considerate, si intendono per piccole e medie aziende quelle
che hanno meno di 250 addetti, un fatturato annuo non
superiore ai 40 miliardi, uno
stato patrimoniale non superiore ai 20 miliardi e un capitale sociale che non deve essere posseduto per più di un
quarto da imprese diverse da
quelle definite «piccole e medie». Possono essere richiesti
finanziamenti anche per investimenti realizzati dopo il 1°
gennaio 1994. Insieme al progetto (realizzato), l’azienda
dovrà presentare la sintesi di
un rapporto di un audit ambientale che illustri benefici
ottenuti. Informazioni e moduli si possono chiedere a Euro Info Centre It 376, Federpiemonte, corso Stati Uniti
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Il Comune di Villar Perosa
ha approvato il mutuo dell’
Istituto per il credito sportivo
che finanzierà la costruzione
della nuova palestra polivalente. Il progetto, di 860 milioni di lire, è stato ammesso
al finanziamento previsto dal
programma pluriennale per
l’impiantistica sportiva 199496 deliberato dal Consiglio
regionale del Piemonte. Sarà
quindi un mutuo acceso a
condizioni vantaggiose con
una doppia agevolazione dell’ammortamento del prestito,
ad opera dello stesso istituto
finanziatore e della Regione.
Ha riconosciuto il vantaggio della copertura finanziaria
della .spesa anche il gruppo di
minoranza che pure ha ribadito le perplessità a suo tempo
espresse suH’ubicazione
deirimpianto. La nuova palestra (25,30 metri per 14,30,
capienza 80 persone) sorgerà
nell’area del complesso delle
scuole elementari e medie e si
affiancherà all’attuale palestra scolastica.
Funzionerà come impianto
base per diverse attività sportive; ginnastica, muscolazione, minivolley, pallavolo,
presciistica, per gli allenamenti dell’hockey d'inverno
e per le attività motorie organizzate dalla Società
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Il Comune di Ferrerò ha rimesso in vendita le scuole
elementari di San Martino e
Bovile, che non avevano trovato acquirenti nel precedente
bando d’asta. Non è stato praticato nessun ribasso, per cui
il prezzo base rimane di 65
milioni per Bovile e 85 per
San Martino, ma si aumenterà
il tempo utile per presentare
le offerte, considerando che la
stagione invernale non è il periodo più adatto per l'acquisto
di una casa in montagna.
Sarà anche posta in vendita
la scuola di Chiotti, stimata in
150 milioni, che si trova in
una zona molto più praticabile e per la quale vi sono già
parecchie richieste. Rimane
in sospeso la sorte della scuola di Maniglia che potrebbe
essere utilizzata a scopo turistico, data la vicinanza al
complesso minerario del Vallone, a sua volta inserito nel
progetto per la valorizzazione
delle miniere di talco della
vai Germanasca.
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Consiglio della Comunità montana valli Chisone e Germanasca
Scuolabus: la decisione
rinviata alla prossima seduta
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La Comunità montana valli Chisone e Germanasca
ha inserito nelle voci di bilancio un contributo di 100 milioni per il trasporto degli
alunni della scuola dell’obbligo. Sui bilanci dei Comuni
questa spesa incide in misura
considerevole, soprattutto per
quelli che hanno bambini dislocati in parecchie frazioni
distanti fra loro. La ripartizione del contributo tra i quindici
Comuni che hanno istituito il
servizio (non è compreso Pomaretto, dove il trasporto è a
cura delle famiglie), ha occupato una buona parte della seduta di venerdì 29 novembre.
Gli amministratori della
Comunità avevano predisposto una tabella nella quale
erano riportati i dati relativi al
numero di alunni trasportati,
ai chilometri percorsi e alla
spesa relativa. In base a questi
dati, si stabiliva una ripartizione in percentuale che copriva la somma prevista. Le
situazioni sono poco omogenee, si va dall'unico alunno di
Massello, che costa 5 milioni
e mezzo, agli 88 di Pinasca
per i quali il comune sborsa
84 milioni, il prim.ato del chilometraggio spetta a Ferrerò,
con 194 chilometri, e questo
spiega perché si .spendano 63
milioni annui pei portare a
scuola solo 18 bambini.
Cinque Comuni chiedono
Una veduta del Forte di Fenestrelle
un contributo alle famiglie e
questo crea già un’altra disparità, per cui i consiglieri si
sono accaniti nel cercare un
modo quanto piiX possibile
equo per dividere la torta. E
stato proposto di accantonare
un quarto del contributo per
aumentare la quota a favore
dei Comuni più disagiati, di
non limitarsi ai parametri
contemplati nella tabella ma
di tenere conto anche deU’incidenza della spesa sul bilancio globale del Comune. 11
dato sul numero degli alunni
è stato giudicato ininfluente,
perché uno scuolabus può trasportare molti bambini senza
accrescere il percorso. Da alcuni rappresentanti dei Comuni della vai Germanasca è
stata proposta una formula altamente elaborata: contributo
direttamente proporzionale ai
chilometri e alla spesa, inver
samente proporzionale ai primi 3 capitoli delle entrate o al
primo capitolo di spesa, in
aggiunta a un’altra proposta
che riteneva più equa una base costituita da una somma
fissa uguale per tutti, oltre alla ripartizione in percentuale.
Com’era prevedibile non si
è giunti a una decisione, che
verrà presa nella prossima seduta; su un punto, invece, tutti erano d’accordo: se non si
assicura un servizio per mandare i bambini a scuola, là
dove sono troppo pochi per
consentire di averne una sede
sul posto, non c’è da sperare
che le famiglie giovani rimangano in montagna. Lavoro, assistenza sanitaria e istruzione sono le condizioni indispensabili per mantenere un
po’ di vita nelle nostre borgate già fin troppo colpite dallo
spopolamento.
na conseguenza della riforma pensionistica del 1995
linatorì^ pensioni a rischio
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Cattive notizie per i 70 mi
naturi di sottosuolo che lavorano alla Luzenac in vai Germanasca. Con il 1997 termina, per loro e per i loro colleghi delle altre miniere italiane, la possibilità di andare in
pensione di anzianità beneficiando di una maggiorazione
di 5 anni, dopo 15 anni (anche discontinui) di lavoro in
sottosuolo.
La Camera infatti ha ratificato in via definitiva il decreto legge n. 510 del 1° ottobre
1996 dal titolo «Disposizioni
largenti in materia di lavori
socialmente utili, di interventi
i sostegno del reddito e nel
settore previdenziale», che
^11’art. 2 comma 16 limita il
bonus dei 5 anni a coloro che
l'anno raggiunto il diritto
jll’anzianità nel 1995 e che
hanno presentato o presente'Mno domanda di pensione di
Wzianità nel 1996. È una dell6 conseguenze della Riforma
delle pensioni del 1995.
Fino all’approvazione della
nuova normativa pensionistica i minatori con 15 anni di
lavoro in sottosuolo andavano
in pensione come tutti gli altri
lavoratori dopo 35 anni di lavoro, ma beneficiavano di
una maggiorazione di 5 anni.
In pratica un minatore dopo
35 anni di lavoro, di cui 15 in
sottosuolo, riceveva una pensione pari a 40 anni di lavoro.
Proprio la possibilità di un
pensionamento «agevolato»
era stata all’origine della
scelta del lavoro in miniera
per alcuni lavoratori. Lavoro
che certamente è ben più duro
e usurante che altri.
«Solo i Verdi hanno sollevato la questione della possibilità di ripristinare per i miniatori di sottosuolo la facoltà del bonus di 5 anni, ma
nel contesto del Decreto legge 510 non c’è stato niente
da fare. Al Senato il governo
ha posto addirittura la fiducia, e alla Camera il decreto è
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stato “blindato” a ogni emendamento - dice l’on. Giorgio
Gardiol, della commissione
Lavoro della Camera Certo
la fiducia e la “blindatura”
non riguardavano le norme
relative alle pensioni di anzianità dei minatori, ma il
complesso del decreto. Così
ho presentato una “risoluzione” parlamentare che impegna il governo a rivedere la
questione entro sei mesi.
Spero che la commissione lavoro la esamini e l’approvi in
tempi brevi.
È un problema di equità sostanziale tra i lavoratori. Basta pensare al fatto che, al termine del periodo di prima applicazione della riforma e sulla base dell’attuale normativa, per le pensioni di anzianità dei minatori di sottosuolo
si arriverà all’assurdo che
l’età richiesta per andare in
pensione di anzianità sarà superiore a quella richiesta per
la pensione di vecchiaia».
Pretura di Pinerolo
Corpi di reato
Si svolgerà sabato 14 dicembre una vendita dei corpi
di reato ordinari secondo
quanto disposto dal pretore
Piercarlo Pazé. L’appuntamento è per le 9 presso la
cancelleria della Pretura di
Pinerolo in via Convento di
S. Francesco. Fra gli oggetti
in vendita a prezzi «stracciatissimi» numerose autoradio,
scale in alluminio, 15 paia di
pantaloni nuovi, cacciavlti,
molte auto, altoparlanti, radio, specchi ed anche un crocefisso in legno.
Posta
Il «manipolo»
Il 14 novembre si è svolto
un interessante e vivace dibattito tra i cinque candidati a sindaco per il Comune di Pinerolo, organizzato da «La Stampa» all’auditorium di via Piave. Io non avevo intenzione di
intervenire, ma solo di ascoltare. È proprio «ascoltando» che
sono stata costretta ad improvvisare un intervento che è forse risultato incompleto.
Riguardo al discorso sulla
ferrovia, il candidato Ardizzoia interveniva affermando
che da Torre Pellice è voluta
solo da un «manipolo» di vaidesi guidati da alcuni «leader»
valdesi. Il mio intervento tendeva quindi a precisare che i
valdesi non hanno né manipoli
né capi: sono cittadini elettori
ed eleggibili, come ogni altro;
che la cultura del «manipolo e
del capo» fa parte di quella del
candidato Ardizzoia, ma non
del popolo valdese; che la ferrovia da Torre Pellice è voluta
da studenti, da lavoratori, da
persone che possono «anche»
essere valdesi, così come cattolici, atei, musulmani...; da
cittadini pendolari e da turisti.
Se Ardizzoia è contrario alla
ferrovia, libero di esserlo, ma
non si permetta di citare inadeguatamente e con tono di spregio dei cittadini italiani.
Per ciò che riguarda il mio
personale pensiero sulla ferrovia, ribadivo il discorso legato
ai rischi per l’ambiente, l’importanza del territorio, il problema delle reti viarie e quello
relativo all’organizzazione,
nonché al rischio dello spopolamento delle zone montane,
alla necessità di impianti adeguati: rischi e problemi già
presentati da altri candidati durante il dibattito.
Simonetta Colucci Ribet
candidata consigliere
lista Pds sinistra europea
Identità valdese
«Non è un peccato che i ragazzi della nostra comunità, finita la scuola domenicale, stiano due anni in attesa dell’inizio del catechismo?». Questa è
la domanda che si pose il pastore di Luserna San Giovanni
più di 20 anni fa, e alla quale
rispose istituendo il corso di
precatechismo. Nell’intento di
chi l’ha curato in tutti questi
anni, esso ha avuto l’obiettivo
di garantire ai ragazzi una continuità nella loro formazione
religiosa, affrontando un argomento che spesso non si ha il
tempo di trattare nella scuola
domenicale o nel catechismo:
la storia valdese e la nostra
identità storica.
Con lo stesso spirito, nel
1991 abbiamo affiancato al
vecchio programma una parte
riguardante la nostra comunità
e la Chiesa valdese in generale.
Parlando infatti con la gente e
soprattutto con i ragazzi, abbiamo notato una mancanza di
informazione su quella che è la
vita quotidiana della nostra comunità, ricollegabile immediatamente a delle lacune di carattere più ampio sulla Chiesa
valdese. Dopo quattro anni di
lavoro e di confronto con i ragazzi, siamo riusciti a raccogliere le lezioni in una piccola
guida di facile e scorrevole
consultazione (allegandovi delle proposte didattiche), con la
speranza che sia di stimolo a
quanti, ragazzi e adulti, vorranno leggerla e utilizzarla. L’abbiamo quindi spedita ad altre
comunità, chiedendo pareri e
opinioni ma anche critiche e
correzioni, perché siamo convinti che lo scambio di informazioni e il continuo confronto siano la base per una corretta formazione evangelica.
Cogliamo l’occasione per
esprimere la nostra riconoscenza a tutti quelli che hanno
collaborato con noi nella pre
parazione del materiale o con
osservazioni e suggerimenti.
Un grazie anche a chi ci ha rivolto il suo positivo apprezzamento, e in particolare a Marco Rostan che con il recente
articolo sul L’eco delle valli
valdesi ci ha dato lo spunto per
scrivere questa lettera.
Claudio Benech, Marco
Fratini, Susanna Gardiol,
Tullio Parise
Luserna San Giovanni
Bimbi bielorussi
A molti sarà capitato di incontrare alcune settimane fa,
per le vie di Luserna San Giovanni e di Torre Pellice, dei
bambini mai visti prima e che
si esprimevano in una lingua
per noi incomprensibile. Si
trattava di 20 bambini e bambine, dagli 8 ai 12 anni, provenienti dalla Bielorussia, da
paesi distanti appena 80-90 km
da Cernobil, che sono stati
ospitati da altrettante famiglie,
dal 6 ottobre al 4 novembre
scorsi.
A partire da marzo molte sono state le iniziative portate
avanti, sia di carattere più culturale per conoscere e comprendere meglio le problematiche collegate al nucleare civile
e militare, e sia di carattere più
umanitario che permettessero
di raccogliere fondi per pagare
il soggiorno a questi bambini,
nati proprio negli anni attorno
al 1986, quando scoppiò un
reattore della centrale nucleare
di Cernobil. Bambini che rischiano di ammalarsi ogni
giorno di malattie mortali a
causa di questo tragico incidente e che soltanto la lontananza (di almeno un mese
all’anno), può dar loro la speranza di condurre una vita
pressoché normale.
Moltissimi gruppi, associazioni, chiese, scuole, enti locali si sono mobilitati per organizzare concerti, spettacoli,
teatri o anche semplici collette
per contribuire alla raccolta di
fondi. A tutti costoro va il ringraziamento del comitato organizzatore. La notevole somma raccolta ci permetterà di finanziare, almeno in parte, un
eventuale prossimo soggiorno nel 1997, reinvitando i 20
bambini già ospitati e, di accoglierne ancora altri. Un ringraziamento particolare va alla
Foresteria valdese che gratuitamente ha ospitato le due accompagnatrici e alla scuola
elementare «G. Rodari» di
Torre Pellice (direzione, insegnanti e personale non docente) che per un mese hanno organizzato momenti di incontro
e attività comuni tra i nostri
bambini e i piccoli ospiti.
Tutti insieme si è contribuito
a creare un clima di solidarietà, come già era successo
per l’accoglienza della famiglia di Sarajevo. Solidarietà ,
non semplice carità che spesso
i paesi del Nord del mondo si
degnano di dare ai paesi più
deboli, con un popolo, colpito
chissà per quanti decenni da
una tragedia che avrebbe potuto raggiungere molte altre parti
della Terra (noi ad esempio distiamo solo 150 km dal Superphénix francese, a quanto
pare non poi così sicuro).
Solidarietà in modo particolare hanno dimostrato le famiglie ospitanti, bravissime nel
gestire per un mese questi
bambini, condividendo con loro, insieme ai propri figli, ogni
cosa e ogni momento: il nostro
grazie più sentito va certamente a loro. Manifestiamo gratitudine al signor Sergio Borroni, dell’associazione «La rondine» che ha reso possibile
questa iniziativa, occupandosi
di tutta la parte burocratica
collegata all’ accoglienza di
tali bambini.
per il Comitato
bambini di Cernobil
Lucilla Borgarello
Nelle
Chiese
Valdesi
PREDICATORI LOCALI — Domenica 8 dicembre la colletta dei culti
sarà devoluta all’Unione
predicatori locali.
UNIONI EEMMINILI
VAL GERMANASCA —
Mercoledì 11 a Pomaretto,
alle 14,30, incontro delle
Unioni femminili della vai
Germanasca. Interverrà la
sorella Bruna Malan Sigot,
che parlerà dei lavori d^l
congresso Ffevm.
I DISTRETTO — Lunedì 10 dicembre colloquio pastorale distrettuale,
dedicato tra l’altro alla
programmazione di incontri tra le singole chiese e
almeno un’opera e alla discussione sul «documento
di Bratislava».
SCOUT I DISTRETTO — Sabato 14 dicembre, dalle 15 al presbiterio
di Luserna San Giovanni,
incontro scout per i bambini e i ragazzi delle chiese
del I distretto.
ANGROGNA — La
prossima riunione quartierale sarà alle 20,30 di martedì 10 dicembre al Prassuit-Vernè.
BOBBIO PELLICE —
L’assemblea di chiesa si
svolgerà domenica 15 alle
10,30, con all’ordine del
giorno l’elezione di membri del Concistoro.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 8
dicembre, alla sala Albarin, tradizionale bazar della Società di cucito, dalle
11,15 alle 17. Riunioni
quartierali: martedì 10 di
cembre alla Cartera, lu
nedì 16 a Bricherasio,
martedì 17 alle Vigne, giovedì 19 al Fondo San Giovanni e ai Peyrot.
MASSELLO — Riunione quartierale alle 15 al
Roberso.
PERRERO-MANIGLIA — Giovedì 5 dicembre alle 15 alla borgata
Grangette, martedì 10 località Bessè alle 15, mercoledì 11 alle 20,30 a Ferrerò e alle 15 a Forengo.
PRAMOLLO — Riunioni quartierali: martedì
10 alle 20 borgate Ruata e
Bosi, mercoledì 11 alle
19.30 borgate Bocchiardi e
Sappiatti, giovedì 12 alle
20 borgata Pellenchi.
SAN GERMANO —
Dal 13 al 24 dicembre
presso l’Asilo dei vecchi
mostra di Natale dalle 14
alle 17,30, con proposte di
artigianato artistico e prodotti alimentari.
TORRE PELLICE —
Riunioni quartierali: venerdì 6 alle 20,30 alla Ravadera, martedì 10 alle
20.30 all’Inverso, mercoledì 11 ai Chabriols, venerdì 13 agli Appiotti.
VILLAR PELLICE —
Domenica 8 dicembre l’Unione femminile organizza, dalle 11,30 alle 17,30,
nella sala una vendita di
prodotti artigianali natalizi.
Riunione quartierale lunedì 9 alla scuola dei Teynaud per le borgate Teynaud e Ciarmis alle 20,30.
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VENERDÌ 6 DICEMBRE 1996
HOCKEY GHIACCIO
LA VALPE PERDE AD AOSTA — Arrivati in Valle d’Aosta con un pulmann di tifosi
al seguito, con le strade appena sgomberate
dopo un’abbondantissima nevicata, i biancorossi del Valpellice hanno iniziato la partita
con l’Aosta 2000 in attacco. Dopo alcuni minuti il quarantottenne Giovanni Cotta Morandini ha pure trovato la rete del vantaggio e a
tutti è sembrato di rivedere la bella Valpe che
all’andata seppe imporre ai valdostani un netto 5-0. La serata non è però altrettanto positiva: mancano alcuni uomini importanti, specialmente in difesa, e dopo aver mancato alcune reti, la Valpe subisce il pareggio in chiusura di tempo. Nella seconda frazione il gioco si
fa più confuso e con due rapidi contropiedi i
valdostani riescono a portarsi due volte in
vantaggio. Si chiude il tempo sul 3-1 e nel terzo periodo si fa strada un nervosismo dilagante: molte penalità, poco gioco; a nulla serve la
rete di Orsina: l’Aosta segna ancora e chiude
sul 5-2 raggiungendo la Valpe in classifica a 2
punti. Domenica a Torre Pellice, ore 20,30,
arriva il forte Chiavenna ma intanto, grazie alla vittoria di misura a Zanica, 1-0, il Varese è
solo al comando del girone.
PALLAVOLO
In B1 femminile il Magic Traco espugna il
campo di Pisa per 3-2 portandosi al secondo
posto; ancora una sconfitta invece per il Body
Pinerolo in B2 maschile: il Databit Pino vince
3-1 e relega i pinerolesi all’ultimo posto ancora a 0 punti. Bene infine le ragazze del Gold
Gallery vittoriose in B2 per 3-0 sul Racconigi.
Buon esordio degli Allievi 3S grazie alle vittorie su Con Voi Carmagnola (2-1) e sul Lasaliano Torino per 3-0. Le allieve hanno perso
dal Porte per 0-3 mentre i Ragazzi in Eccellenza hanno vinto a S. Mauro per 3-0; le Ragazze
hanno perso 0-3 dal Perosa.
PALLAMANO
PALLACANESTRO
A Pinerolo, nel quadro delle manifestazioni
per Telethon ’96, la società cestistica Ggf-Arg
organizza una 24 ore di basket il 6 e 7 dicembre al palasport di via dei Rochis. Il torneo ha
lo scopo di raccogliere fondi per la lotta alle
malattie genetiche; tutti possono iscriversi.
Per informazioni e iscrizioni è sufficiente telefonare ai numeri 011-974452 e 0121909233 oppure presentarsi direttamente al palasport dalle 20 del 6 dicembre alle 20 del
giorno successivo.
3S OK AD AOSTA — Va meglio al 3S di
pallamano femminile che al Valpellice di
hockey la gita ad Aosta. La trasferta ha visto le
ragazze del 3S disputare una buonissima gara
ottenendo la prima vittoria; malgrado un arbitraggio sconcertante e un avversaria nervosa,
le pinerolesi si sono ben comportate: il portiere Fremicucci ha parato ben 8 rigori sui 13 assegnateli contro. Chiuso il primo tempo sul 76, il 3S ha chiuso sul 14-11; ottime in difesa,
le ragazze del 3S dovranno ancora lavorare parecchio. Buono anche il risultato della giovanile del Rivalta, in cui giocano anche gli atleti di
Pinerolo, capace di vincere 17-12 a Vercelli.
CALCIO
TENNIS TAVOLO
In attesa della ripersa dei campionati prevista per il prossimo fíne settimana, alcuni atleti
del Valpellice hanno partecipato a vari tornei
provinciali e regionali. Alfredo Peracchione
ha vinto il torneo Amatori di Torino; nel Gran
Prix giovanile 5° e 6“ posto per Gabriele
Maurino e Alberto Picchi. Questi stessi giocatori, insieme a Mauro Cesano, hanno partecipato a Verzuolo alle qualificazioni giovanili
di campionato italiano. Venerdì 6 dicembre la
D2 andrà a Moncalieri, mentre sabato 7, dalle
15,30, a Torre Pellice, saranno impegnate la
CI con il Poste Torino, la DI con Livrea e la
D2 con il Carmagnola.
Dopo una lunga serie positiva che l’aveva
portato nei quartieri alti della classifica il Pinerolo, privo di mezza difesa a causa delle squalifiche di Benecchio, Salvai e Mollica, deve
subire gli attacchi della Sanremese seconda in
classifica; solo dopo aver subito due reti i
biancoblù trovano la rete con Pia.
In Eccellenza si forma un terzetto al comando con Novese e Cuneo che agguantano la Valenzana a quota 25; il Sai uzzo vince col Rivoli
e sale a 20 punti.
In prima categoria, girone F, il Lusema perde 1-2 a Cumiana, il Perosa perde in casa 3-5
dal Rivalta e il San Secondo pareggia 1-1 a
Trofarello. Nel girone G il Barge perde in casa
1 -2 dalla Stella Azzurra mentre il Cavour vince 4-1 sul campo del Roero.
Nel campionato Aics ancora una vittoria per
il Collegio valdese che supera 10-4 E1 Paso
con 5 reti di Davide Martina; in virtù di questo
risultato il Collegio è solo al comando con 19
punti davanti a Porte e Cemit a 16. Sabato 7
dicembre, ore 15,30 a Torre Pellice, arrivano
gli Amici di Villar terzi in classifica.
La rassegna pinerolese ha avuto un bel successo l'anno scorso
Ritorna il Festival del Gospel
Dopo il successo dell’anno
scorso ritorna il festival Gospel nel Pinerolese; è dunque
il momento di vedere all’opera artisti provenienti da una
delle culture che maggiormente hanno saputo interpretare, in modo semplice e
spontaneo ma coinvolgente la
spiritualità della musica cristiana nera. Il messaggio è
chiaro: l’Evangelo, la forza
redentrice del figlio di Dio
vengono cantati da gruppi
provenienti dagli Stati Uniti.
La forza interpretativa, la
carica espressiva e le emozioni che donne e uomini della
comunità nera americana sanno portare sono noti universalmente. Per venerdì 6 dicembre è previsto il primo appuntamento (il secondo sarà a
Pomaretto fra due settimane)
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col Gospel: al tempio valdese
di Pinerolo arrivano le Luca’s
Sister. Sono Mary, Rossilind
e Trudy, le sorelle che riprendendo una tradizione famigliare hanno dato vita a questa formazione. Sono cresciute nella città di North Charleston, nella Carolina del Sud,
dove sono membri della Charity Baptist Church. La formazione è completata dalla
vocalist Vernice Cromwell e
dal marito Fred, che accompagna il quartetto vocale alle
tastiere. Le Luca’s Sister sono
state ufficialmente riconosciute dalla città di Charleston
quando nel 1994 il sindaco dichiarò il 30 luglio il «Luca’s
Sisters’ day». La loro musica,
intensa e di grande impatto
emozionale, sviluppa i grandi
temi classici del gospel.
In vista del concerto del 6
dicembre, organizzato da Radio Beckwith in collaborazione con Le Baladin, sono stati
posti in prevendita i biglietti
presso Foto Ottica Ganglio a
Perosa Argentina, Bonetto dischi a Pinerolo e Sibille Hifi
a Torre Pellice; il costo è di
15.000 lire, l’inizio spettacolo
alle 21,30.
5 dicembre, giovedì — TORRE PELLICE: Per l’Unitrè alle
15,30, presso la biblioteca della
Casa valdese, conferenza del dottor Giuseppe Ellena su «Astronomia oggi».
6 dicembre, venerdì — PINEROLO: Alle 21, al Teatro-incontro la compagnia CoronaGherzi-Mattioli, per la rassegna
«Aspettando l’inverno», presenta
lo spettacolo «Periferisco Otto»
con l’attore milanese Roberto
Corona. Ingresso lire 15.000, ridotti 10.000.
6 dicembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 20,45,
presso la sala consiliare della
Comunità montana, corso Lombardini 2, per il Gruppo di studi
Val Lucerna, la dottoressa Valentina Comba parlerà sul tema
«L’aggiornamento in biomedicina: dalla lettera a Internet».
6 dicembre, venerdì — SALUZZO: Si concludono i tre incontri di confronto tra cristiani
appartenenti a esperienze e tradizioni religiose diverse organizzati dalla comunità di base «ricerca» e dalla comunità Mambre
di Busca, con la relazione di
mons. Diego Bona su «Voglia di
riconciliazione, dono di Dio e
sorgente di vita nuova»; ore 21,
salone del chiostro della chiesa
di San Giovanni.
6 dicembre, venerdì — PINEROLO: AlTAuditorium del
Liceo scientifico, via Rochis 21,
alle 21, concerto dell’orchestra
da camera e coro degli allievi del
civico istituto musicale «A. Gorelli»; in programma musiche di
Haendel, Frescobaldi, Tartini.
6 dicembre, venerdì — PINEROLO: In occasione di «Festival Gospel ’96», alle ore 21,30
nel tempio valdese è proposto un
concerto dei «The Luca’s Sisters», gruppo del South Carolina negli Stati Uniti. L’ingresso
costa 15.000 lire.
6 dicembre, venerdì — LUSERNA S. GIOVANNI: Gran
de tombola natalizia a partire
dalle ore 20,30 presso la sede
dell’Arcobaleno, via Roma 41.
6-7 dicembre — PINEROLO: Presso il circolo «Stranamore», via Pignone 89, per la serie
incontri sull’Europa, venerdì 6
alle 21,15 appuntamento con Renato Strumia che parlerà su
«L’Europa delle monete». Sabato 7 alle 21,30 concerto rock-melodico-jazz del gruppo Falli.
6 dicembre, venerdì — SALUZZO: Alle 21, alla biblioteca
civica, proiezione di diapositive
sulla Baio.
6-8 dicembre — TORRE
PELLICE: La sezione femminile del sottocomitato della Cri, in
occasione delle festività natalizie
organizza, venerdì 6 alle 21 nel
tempio valdese concerto del coretto valdese; nell'atrio del palazzo comunale esposizione delle
«Proposte di Natale».
6-9 dicembre — PRAGELA
TO: III edizione della mostra artigianale tipica natalizia.
7 dicembre, sabato — SAN
SECONDO: Alle ore 21, nella
sala valdese il gruppo Teatro
Angrogna presenta la replica
dello spettacolo «Se canto: musiche di oggi per canzoni di ieri», regia di Claudio Raimondo.
Ingresso libero.
7 dicembre, sabato — TORRE PELLICE: Dalle 14,30 alle
18, a Villa Elisa, via Angrogna
10, pomeriggio di solidarietà.
7 dicembre, sabato — LUSERNA SAN GIOVANNI: A
Villa Olanda, via Fuhrmann 23,
dalle 19 in poi aperitivo, cena
buffet, concerto jazz con la partecipazione musicale di Bonafede, Zenia, Cisi, Porta, Regis,
Ayassot, Chiara, Licalzi, Cuccuini, Zirilli, Minetto,Di Castri,
Bertot, Tavella, Mella; mostra
fotografica di Christian Kaiser.
Ingresso lire 10.000.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI PINEROLO
SENTENZA DI DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
Con sentenza n® 177 del 30 maggio 1995 II Tribunale di Pinerolo dichiarava la morte presunta di Guiot Bourg Alma Alessandrina (nata a Pragelato
il 6.3.1922) alle ore 24 del 31.12.65 e di Guiot Bourg Enrico (nato Torino il
29.3.1946) alle ore 24 del 31.12.1960, disponendone la pubblicazione per
estratto sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sui settimanali L’Eco
del Chisone e L’Eco delle Valli Valdesi.
Il Collaboratore di cancelleria
Antonio Mauro
7 dicembre, sabato — POMARETTO: Alle 21, al teatro
valdese, i giovani della Chiesa
valdese presentano lo spettacolo
«Il piccolo principe».
7 dicembre, sabato — PINEROLO: Fino al 15, presso la Saletta del Borg, mostra di pittura
«Oli e acquarelli» di Vittorio
Giovannelli con orario festivi 1012 e 15,30-18,30, feriali 15,3018,30, lunedì chiuso.
7 dicembre, sabato — PINEROLO: Per la IX rassegna di
teatro dialettale, alle 21,15 al
Teatro-incontro, commedia brillante in tre atti «Na portiera ficapocio» di Luigi Oddoero. Ingresso lire 12.000.
7 dicembre, sabato — SALUZZO: Fino al 20 dicembre
presso il convento di San Giovanni mostra di Cinzia Ghigliano, nota illustratrice e cartoonist
monregalese, dal titolo «Donne,
macchine, gatti e altri sguardi»,
aperta dal mercoledì alla domenica ore 9-12 e 15-17,30.
7 dicembre, sabato — PINEROLO: Alle 17, presso la libreria Volare, corso Torino 44, incontro con lo scrittore per bambini Guido Quarzo.
7 dicembre, sabato — TORRE PELLICE: Alle 17, alla sala Paschetto del Centro culturale
valdese, si inaugura la mostra di
Luciano Caggianello «Orate prò
pictor». La mostra resterà aperta
fino al 22 dicembre dalle 14 alle
17 del lunedì, martedì; mercoledì e venerdì; rivolgendosi
all’ufficio, giovedì, sabato e domenica dalle 15 alle 18.
8 dicembre, domenica — SALUZZO: Per le vie dell'isola pedonale lungo corso Italia maghi,
clown e prestigiatori intratterranno grandi e bambini per la prima
della serie di domeniche prenatalizie all’insegna del divertimento
e con vari spazi musicali.
8 dicembre, domenica —
ROURE: Festa dell’anziano in
frazione Castel del Bosco.
8 dicembre, domenica —
TORRE PELLICE: Fiera au
tunnale e mercatino biologico
dalle 8 alle 17 nell’area pedonale.
8 dicembre, domenica —
PEROSA ARGENTINA: Tutto
il giorno, a partire dalle ore 9,30,
l’Associazione artigiani e commercianti e la Pro Loco propongono «Perosa alta in festa», con
musica, mercatino, burattini e
cantastorie; saranno offerti gofri,
caldarroste e vin brulé.
9 dicembre, lunedì — PEROSA ARGENTINA: «Mandi
cap e integrazione» è il titolo di
una mostra fotografica con laboratori di attività e esposizione di
lavori artigianali, organizzata dal
Centro socio-terapico e allestita
presso la sede della Comunità
montana e la sala valdese «Lombardini». Rimarrà aperta fino a
sabato 14 dicembre, tutti i giorni
dalle ore 15 alle 18.
9 dicembre, lunedì — SALUZZO: Si inaugura la stagione
teatrale al Politeama con «Una
coppia esplosiva», commedia
brillante di J. Fenwick, portata
in scena dalla compagnia Torino
spettacoli.
11 dicembre, mercoledì —
PINEROLO: Per la serie Cineforum al cinema Ritz, alle
20,45, è in programma «Festival» di Pupi Avari.
12 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Per l'Uni
tré alle 15,30 alla Casa valdese,
via Beckwith 2, concerto per chitarra con Norma Cannizzo, musiche di Weiss, Sor, Torroba,
York, Domeniconi.
12 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Presso la
sede di corso Gramsci 1 (ex
scuola mauriziana) dalle 8,30 alle
11,30 prelievo collettivo Fidas.
12 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle 20,30,
nella sala consiliare della Comunità montana il Servizio agricoltura propone una riunione per
verificare lo stato di attuazione
del piano di recupero e valorizzazione dei castagni della vai
Pellice, in corso già da tre anni.
15 dicembre, domenica —
TORRE PELLICE; Nella salet
ta valdese dei Coppieri, alle 15,
l'Unione giovanile valdese presenta lo spettacolo teatrale: «Il
terzo occhio»; seguirà una gara
di torte con merenda.
)ERVIZI
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 8 DICEMBRE
Perosa Argentina: Farm. Termini - via Umberto, tei. 81205.
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 8 DICEMBRE
Torre Pellice: Farm. Muston
- via Repubbl. 22, tei. 91328.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei, 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERIGTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma,
giovedì 5 e venerdì 6, or; 21,15,
I racconti del cuscino; sabato 7,
ore 20 e 22,15. domenk ;! 8 ore
16, 18, 20 e 22,15, lunedì 9, martedì 10 e mercoledì 11, ore 21,15
L’ottavo giorno.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 6,
Bona arriva con la pioggia; sabato 7. Phénomenon; da domenica (15, 17, 19, 21 ) a giovedì II
professore matto; feriali ore 21.
PINEROLO — La multisala
Italia ha in programma, nella sala «2cento» Mi sdoppio in quattro; feriali 20,15 e 22,20, sabato
20,15 e 22,30, domenica 14,30,
spettacoli continuati; alla sala
«5cento» Reazione a catena: feriali 20,10 e 22,20, sabato 20,10
e 22,30, domenica 15,15, 17,40,
20,10, 22,20.
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L'Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pellice
tei, 0121-933290; fax 932409
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
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Intervista a Hugo Gönnet, moderador della Mesa vaidense
L'influenza valdese nella cultura rioplatense
In Argentina e Uruguay la Chiesa valdese non è mai stata ghettizzata perché si è
In Argentina e Uruguay la Chiesa valdese non e mai stata ghettizzata perche si e
subito integrata nella società e si è impegnata in modo esemplare nella diaconia
CLAUDIO PASQUET P "" . „„ semnlicemente dovuti
CLAUDIO PASQUET_____
CON un gruppo di persone
della vai Pellice abbiamo
fatto un viaggio, su cui ritorneremo in prossimi articoli,
per incontrare e visitare le comunità valdesi deirUruguay.
Abbiamo passato alcuni giorni a Colonia Vaidense e ho
chiesto al moderador Hugo
Gönnet di rispondere ad alcune domande, a cominciare
da un’autopresentazione.
«Mi chiamo Hugo Gönnet
Griot, ho .36 anni, sono sposato con Lily Artus Breeze,
abbiamo (iue figli e due figlie,
tre di loro sono già sposati a
loro volta per cui siamo nonni di 5 nipotini. Sono stato
consacrato pastore nel 1973 e
ho iniziato il mio pasto rato a
Rosario, dove ho anche diretto il centro l'.l Pastoreo. Poi
abbiamo abitato a Dolores 8
anni, curando la chiesa di
San Salvador, 14 anni a Paysandù e Arroyo Negro, poi
dalTinizio del ’95 sono pastore di Colonia Vaidense e moderatore: sono quindi stato
sempre in Uruguay. Ho studiato alla Facoltà teologica di
Buenos Aires (poi divenuta
Isedet) e 'no passato con mia
moglie 6 mesi in Italia nel
1983, abitando a Cinisello: visitando la reailà delle chiese
italiane Ito poluto anche seguire alcuni seminari in Facoltà a Roma. Prima di iniziare gli studi teologici avevo
vissuto con Lii’) un’esperienza di lavoro missionario fra
gli indigeni in Ecuador, che
ha segnato profondamente la
nostra vita e le nostre vocazioni. Attualmente mia moglie lavora nella scuola occupandosi di musica e di espressione corporale».
- Quali le sembrano essere
le cose più positive nella vita
della chiesa del Rio de la Piata?
«Direi che la cosa più positiva è la sua integrazione con
la vita e la cultura della nostra
società. Noi qui non siamo
mai stati un ghetto. L’influenza dei valdesi nella cultura di
queste zone in cui ci siamo
installati è sempre stata preponderante. Poi menzionerei
il carattere pionieristico di
molte opere diaconali. La casa per anziani (Hogar para
Ahcianos) è servita da modello alle molte opere similari
che sono state fatte da altri
enti. L’Hogar Vaidense “El Sarandi” per persone handicappaté è stata la prima opera di
quel tipo. E lo furono anche
1| scuole primarie e il liceo di
Colonia Vaidense, dove fin
dall’inizio vi furono classi miste, cosa piuttosto rara nell’
Argentina e nell’Uruguay del
secolo scorso».
- Quali sono invece le cose
che la preoccupano maggiormente nella vita della chiesa?
«Come conseguenza di
Questa presenza e di questo
apporto positivo alla società,
direi che vediamo con preoccupazione il fatto che la chiesa ha perso il suo interesse
per l’evangelizzazione. Non
solo le chiese locali non crescono nel numero dei memofi, ma diminuiscono. Perdiamo molte delle nostre fa'l'iglie “storicamente” valdesi
perché hanno abbandonato
d vincolo con la comunità,
perché si sono tanto integrale nella società da assumerne
anche i vizi e le contraddizioQuesto significa che riaehiamo di non essere più luce e sale della terra (Matteo 5,
ss). Significa che perdiamo
a condizione di “popolo di
che vive nel tempo,
influenza dei mass media,
a proposta consumistica,
individualismo che perde la
Il tempio e la sala unionista di Tarariras
dimensione comunitaria e
solidale della vita, hanno segnato fortemente anche le
nostre famiglie. Vi sono certamente esempi di famiglie e
di nuclei che resistono a questa sfida e mantengono viva
la loro fedeltà all’Evangelo di
Gesù Cristo. Ecco perché esistono ancora le nostre chiese,
le opere diaconali, le scuole
domenicali, i campi giovanili,
i gruppi femminili ecc.».
- Oltre ai legami storici e
affettivi, come vedono i valdesi rioplatensi il rapporto con i
valdesi italiani? Quale contributo vi aspettate da noi e che
cosa pensate di poterci dare?
«La relazione con i valdesi
italiani ha una forte connotazione etnica. È possibile che
alla base di un rapporto con
la tradizione più ricca della
testimonianza e della fede
delle comunità valdesi in Europa, vi siano in realtà dei legami affettivi, familiari di una
uguale tradizione e cultura
valdesi. Credo in ogni modo
che negli ultimi anni, con
l’incremento dei rapporti Tavola-Mesa, coi vari viaggi di
“turismo valdese”, con l’interscambio di pastori e laici,
questo rapporto sta assumendo un nuovo significato.
Possiamo così imparare gli
uni dagli altri, arricchendo le
nostre specifiche testimonianze con le sfide che rice
viamo dall’altra parte della
chiesa. Oltre alla nostra fraternità e alla nostra amicizia,
credo che possiamo darvi un
esempio di relazione tra pastori e famiglie più fresca e
diretta; un modo più spontaneo di funzionamento delle
nostre assemblee e dei nostri
Sinodi, anche se questo si accompagna a volte con una
certa ingenuità di fronte alle
sfide del mondo».
- Com’è la situazione dei
giovani nella vita della chiesa
rioplatense?
«I giovani hanno vissuto
una fortissima crisi al tempo
dei grandi scontri ideologici.
Alcuni hanno sofferto nella
propria carne il peso dell’autoritarismo durante la dittatura militare (1973-1985).
Questo ha letteralmente decimato i gruppi giovanili e ha
riguardato tutta la riflessione
sulla vita della società, della
chiesa e della partecipazione
di questa alla vita della società. Oggi la grande prepotenza è finita e le grandi discussioni ideologiche non
esistono... però i gruppi giovanili mancano di preparazione e della capacità organizzativa per costituire un
gruppo “diverso” in mezzo
alla società. Non riescono a
organizzarsi e non sappiamo
se questa sia un’eredità inconscia dell’autoritarismo o
Battisti e valdesi a Campobasso
Oltre le chiese istituzione
DARIO SACCOMANI
Durante io studio biblico deiril novembre
1996 su «Condivisione e eucarestia» nella chiesa battista
e valdese di Campobasso, è
emersa la domanda sul perché una larga fascia di persone, spesso ai margini della
società, non trovano l’accoglienza e il luogo della condivisione proprio nella chiesa.
Che cosa impedisce a costoro di avvicinarsi alle chiese
istituzionali, e che cosa impedisce alle chiese istituzionali di comunicare con queste persone? L’argomento
sorto spontaneamente sembra trovare un diretto appiglio all’intervista fatta da Anna Maffei a Bob ter Haar, pastore riformato olandese
«senza chiesa» a Rotterdam
(cfr. Riforma n. 43 del 8 novembre 1996). L’esperienza
tratteggiata nell’intervista ci
ha immediatamente coinvolti e ci ha posto alcuni punti
di riflessione:
1) la presa di coscienza
che le nostre chiese non riescono più a comunicare con
i «minimi» (Matteo 25, 3146), proprio perché si si sono
adagiate nel loro essere espressione del «ceto medio»,
e non utilizzano più un liiiguaggio capace di comuni
care la fede anche a coloro
che sembrano esserne molto
lontani:
2) le nostre chiese sembra
che, attualmente, non riescano neppure a comunicare al
ceto medio, il quale non è interessato a ciò che le chiese
dicono e fanno;
3) la necessità di riprendere il colloquio proprio attraverso il contatto fisico fra
persone che socialmente sono molto distanti;
4) la possibilità di essere
chiesa insieme, senza essere
necessariamente struttura.
Questi sono stati i quattro
punti che hanno animato la
discussione e che ci hanno
costretto a riflettere sul nostro modo di essere chiesa,
sul nostro linguaggio e, soprattutto, sulla nostra paura
di esprimere su un piano di
parità la nostra fede a chiunque ci sia posto di fronte. La
chiesa che è accolta da Cristo,
nei fatti ha trasformato quel
momento nel quale è accolta
in un momento di separazione che la identifica come
chiusa in sé e paurosa di tutto
ciò che è diverso. Inoltre è
nata anche la seguente domanda: perché devono essere
necessariamente queste persone a venire incontro alla
chiesa e non la chiesa ad andare incontro a loro?
se sia semplicemente dovuto
al fatto che per organizzarsi
bisogna pensare, lavorare,
rompere con l’individualismo, impegnarsi contro l’indifferenza. D’altra parte la
società offre pochi ideali ai
giovani. Anzi, c’è un sempre
maggiore bombardamento di
“cultura importata”; la nostra
musica non significa quasi
più nulla per i nostri giovani
che si rivolgono invece a canzoni costruite con un linguaggio “new age” o simili.
Detto questo, bisogna però
segnalare che alcune cose si
stanno muovendo: alcuni
giovani hanno cominciato a
organizzarsi, a farsi domande, a protestare contro una
educazione ispirata dalle
economie globali dominanti,
che si pretende di imporre
loro. Questo ci autorizza a
pensare che la gioventù tornerà a sfidarci con le sue proposte di rinnovamento».
- Tra pochi mesi, in febbraio, terrete la sessione rioplatense del Sinodo: quali
pensa che saranno i temi più
importanti che affronterete?
«Il Sinodo del Rio de la Piata è sempre il luogo di incontro della famiglia valdese, indipendentemente dai temi,
dalla quantità delle discussioni, dal tipo di risoluzioni
che si prendono. Sicuramente discuteremo il tema della
fedeltà della chiesa alla sua
chiamata. Dovremo anche
affrontare il problema delle
vocazioni al pastorato. Né
potrà essere assente la preoccupazione per la situazione
finanziaria, perché qui si gioca la nostra fedeltà al Signore
che ci dona tutto. Desidero
terminare con una parola di
saluto fraterno a tutti coloro
che ci sono vicini col pensiero, la preghiera e gli aiuti
concreti per le nostre opere.
Il Signore ci benedica nel nostro lavoro, ricordiamoci della parola evangelica “tutte le
cose che domanderete in
preghiera, se avete fede, le
otterrete” (Matteo 21, 22)».
Chiesa valdese di Siena
Riconoscenza e auguri
alla pastora Giovanna Pons
ELISA CAPANNOLI
GABRIELLA RUSTICI
IL 19 ottobre, con un concerto di musica classica tenuto nel tempio e una affollata festa comunitaria, abbiamo salutato la pastora Giovanna Pons che ha concluso,
con l’emeritazione, i sette anni di servizio pastorale a Siena. AI termine della serata la
comunità ha cercato di esprimere a Giovanna ciò che la
sua presenza ha significato
per la nostra chiesa in questi
anni: prima che lei arrivasse
a Siena non esisteva una presenza pastorale fissa che offrisse il semplice «io sono
sempre qua e ti ascolto».
Con Giovanna Pons è stato
istituto il primo Consiglio di
chiesa e la scuola domenicale: studi biblici per giovani e
adulti sono diventati un costante punto di incontro. Si
aggiunge a tutto ciò quel lavoro capillare che la pastora
ha svolto attraverso le visite
nella nostra diaspora (estesa
per buona parte della provincia), attraverso contatti nazionali e internazionali e il dialogo con ciascuno dei membri.
Tante volte l’abbiamo vista rispondere al telefono con pazienza e disponibilità.
Condividendo con lei momenti di gioia ma anche di
piccole e grandi contraddizioni, come è naturale per
ogni comunità, siamo maturati e cresciuti fino a diventare, nel 1993, chiesa costituita.
Fondamentale, anche per il
prossimo futuro, è stato il
profondo rapporto che Giovanna ha saputo instaurare
con i giovani della comunità
e in particolare con quelli camerunesi, che si sono sentiti
accolti e ascoltati nei momenti di bisogno come tutti
noi. L’apertura mentale, frutto di esperienza, cultura e
personalità, che abbiamo respirato durante gli studi biblici, ha permesso di aprire
nuovi canali di comunicazione tra giovani e adulti di diversa provenienza; italiani,
camerunesi, tedeschi. Queste
caratteristiche e una grande
sensibilità hanno improntato
i culti domenicali attenti
sempre ai bisogni, anche inespressi, di ciascun membro
della comunità, aperti al rumore del mondo che però
non sovrastava mai il suono
della Parola.
Importante e basilare è stato anche l’incontro della pastora, e per suo tramite della
comunità, con la città di Siena e il suo panorama culturale. Infatti, prendendo parte a
convegni e tavole rotonde sia
come pastore che come donna, ha portato una chiara testimonianza di presenza evangelica riuscendo anche a
far conoscere meglio la storia
della Chiesa valdese di Siena
sconosciuta ai più.
Dopo la gioia della festa abbiamo sentito la mancanza di
Giovanna e senza di lei, inizialmente, non trovavamo le
parole giuste per ringraziarla.
Ma sappiamo anche che l’opera del Signore, attraverso i
suoi servitori, inizia e continua a fruttificare costantemente, nonostante le distanze aumentino e i tempi incedano. «E come la pioggia e la
neve scendono dal cielo, e
non vi ritornano senz’aver
annaffiata la terra, senz’averla
fecondata e fatta germogliare
sì da dar seme al seminatore e
pane da mangiare, così è della
mia parola, uscita dalla mia
bocca; essa non torna a me a
vuoto, senz’aver compiuto
quello ch’io voglio, e menato
a buon fine ciò per cui l’ho
mandata» (Isaia 55,10-11).
Giovanna Pons
Trieste: una conferenza in vista del l'Assemblea di Graz
Uno sguardo femminile alla riconciliazione
MARIE-FRAHCE MAURIN COÌ'SSON
IL Centro culturale elvetico
valdese «Albert Schweitzer» di Trieste ha ripreso la
sua attività come ogni anno
con una serie di concerti per
l’organizzazione del maestro
Giuseppe Zudini e, come
ogni anno, con una serata
dedicata a problematiche di
donne. L’8 novembre Antonella Visintin, coordinatrice
della «Commissione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia per l’Assemblea di Graz», ha parlato sul
tema «Da Pechino a Graz.
Uno sguardo femminile alla
riconciliazione». Se i concerti
sono ben frequentati, ci si
chiede perché la partecipazione sia scarsa alle conferenze: troppe associazioni,
forse, in una città di dimensioni modeste? Evangelici
non convinti della nostra testimonianza in città? Eppure,
questo tema è urgente, in un
periodo in cui spaventosi integrismi rimandano le donne
a casa, fuori dalle scuole e
fuori dal loro lavoro, obbligandole a rimettere il velo
come in Afghanistan oppure
uccidendole con i loro bambini, come in Algeria.
Partendo dalla ricerca di
vari gruppi di donne evangeliche italiane che si stanno
organizzando in una rete per
«riconoscervi i doni migliori
che si hanno» (con un congresso straordinario Fdei nel
1998), riallacciandosi ai grandi incontri di organizzazioni
non governative paralleli alle
conferenze Gnu di questi ultimi anni, Antonella Visintin
ha messo in evidenza che
tutto questo ha senso se si
riesce a fare qualche cosa sul
territorio locale. I protestanti
non possono partecipare alle
conferenze governative come
lo fanno cattolici e cattoliche
italiani. Si tratta per tutti di
«vedere il mondo con occhi
di donne», non in modo patriarcale. Il ruolo di pacificazione delle donne non è considerato, quando, per decidere della politica di pace, non
c’è mai una donna intorno al
tavolo delle trattative. Invece
la loro vicinanza alla persona
umana nel tessuto sociale deve essere valorizzata.
«Pensando a Pechino, tutto
viene in mente fuorché la riconciliazione». Ci si chiede su
che cosa sia fondata la giustizia in contesti economici duri
come adesso: sulla tolleranza? Sulla riconciliazione? Non
è possibile eludere i conflitti,
e allora, prima, bisogna trovare le parole per «dirsi» i
conflitti, a partire da quelli
della comunità locale, anche
là dove apparentemente non
esistono. È un’occasione per
un confronto su linee teologiche, o scelte politiche o etiche, sulle quali non si fa molto, perché spesso c’è di mezzo un micropotere. Se non c’è
volontà di confronto, se non
c’è il coraggio di dire la verità
perché procura ferite, o se si
ha paura delle diversità, verso
quale riconciliazione si va?
Il tema della riconciliazione fra uomo e donna non
sarà ufficialmente nei documenti di Graz, perché i protestanti erano i soli favorevoli,
per cui la decisione non poteva essere presa all’unanimità. Ancora di più le donne
cristiane si sentono coinvolte
a mettere in evidenza «lo
scandalo di questa assenza».
Ci si può riconciliare se si ha
incontrato Dio; siamo chiamati alla convivenza della diversità.
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PAG. 8 RIFORMA
Vita
VENERDÌ 6 DICEMBRE 1996
veneri
Un dibattito a Coazze tra questione ambientale e globalizzazione
Le chiese e i modelli di vita
Il ruolo dei cristiani e del Consiglio ecumenico di fronte alle emergenze
planetarie e per un'educazione che tenga conto del problema ecologico
CESARE MILANESCHI
La Chiesa valdese di Coazze il 16 e 17 novembre ha
promosso una raccolta pubblica di firme per la petizione
sul clima. Con questo scopo
ha tenuto aperto il tempio
due interi pomeriggi, offrendo anche un servizio di banco libri su temi ecologici.
Inoltre domenica 17 si è tenuta una conversazione sul
tema; «Rispetto della natura,
sviluppo industriale e modelli di vita», a cui hanno partecipato Walter Giuliano, assessore alla Cultura della Provincia di Torino: Elias Crisanco libri su temi ecologici e
con, inoltre, donne del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec) su «Giustizia, pace e
salvaguardia del creato», e
Giorgio Guelmanl, direttore
di «Gioventù evangelica».
La conversazione è stata di
notevole livello sia per la
competenza dei relatori che
per l’interesse dei presenti.
L’amministrazione comunale, che aveva patrocinato
l’iniziativa, era presente con
il sindaco. Maria Grazia Gerbi, intervenuta insieme alla
famiglia: con l’assessore alla
Cultura Maria Pia Rondano e
con l’assessore all’Ambiente
Andrea Zussino, che è anche
coordinatore provinciale delle guardie ecologiche.
Da sinistra Walter Giuliano, Elias C. Abramides, Giorgio Guelmani
Abramides ha esposto l’impegno del Cec per l’ambiente, in particolare nell’ultimo
decennio, che intende proporre la problematica ambientale alle chiese, e attraverso queste ai governi e agli
stati. Un’occasione importante sarà la riunione del
Programma dell’Onu per
l’ambiente (Unep) prevista
per il marzo 1997, quando
verranno presentate le firme
che ora si raccolgono per l’argomento clima.
Giuliano ha evidenziato come il problema ambientale e
in particolare il livello climatico siano strettamente collegati con la qualità della vita
delle future generazioni e ha
poi esemplificato questa as
serzione con numerosi riferimenti: l’estinzione di molte
specie animali presenti nella
foresta amazzonica, il rapporto fra stile di vita e consumo di energia, il rapporto fra
nutrimento e gestione del
mercato internazionale degli
alimenti, ecc. Non si tratta di
ritornare a modelli di vita dei
secoli passati ma di gestire responsabilmente gli interventi
possibili. Il problema ecologico si pone come problema
etico sia per i singoli cittadini
che per gli stati. Non si può
imporre, infatti, il rispetto
della natura contro la volontà
degli individui, che restano
sempre il soggetto primario
dei ogni mutamento nello stile di vita.
Giorgio Guelmani ha approfondito la dimensione etica del problema ecologico sia
su base biblica che per la
specificità del problema ecologico in sé. La natura è anzitutto «creazione»: tutto in origine era «buono», e le creature, nella Bibbia, vengono
invitate al dialogo con il Creatore e a cantare le sue lodi
(Salmi 136 e 148). Altri fattori
che fanno dell’ecologia un tema di carattere etico sono il
rispetto della natura inteso
come rispetto del diritto anche degli altri a usufruire degli stessi beni, quali sono i
frutti della terra e le fonti
di energia. Fra l’altro, come
hanno sottolineato anche alcuni interventi, sembra giunto il tempo di smascherare il
vecchio equivoco secondo
cui la felicità dell’uomo sarebbe proporzionale alla
quantità dei suoi consumi.
Il problema ecologico è stato visto in stretto collegamento con quello della qualità
della vita e con il ruolo che
possono avere le coscienze
vigili, fra cui anche le nostre
chiese dovrebbero e potrebbero essere annoverate, nella
società civile. In essa siamo
chiamati non a parlare di noi
stessi, ma a impegnarci per
essere utili, a servizio, come
prima forma di testimonianza
e motivo di credibilità.
Battisti, metodisti e valdesi impegnati in due giorni di formazione a Catania
La centralità del ruolo dei predicatori locali
EUGENIA MARZOTTI CANALE
1 predicatori e le predicatrici locali e quanti aspirano
a questo ruolo tra le chiese
battiste di Calabria e Sicilia,
si sono riuniti a Catania l’8
novembre. È stata una riunione sorprendente per numero di partecipanti (circa
25), per le chiese di provenienza (Reggio Calabria, Catania, Lentini, Siracusa, Fioridia), per la spiritualità sperimentata, per l’impegno
profuso. Quello di Catania
rappresenta il primo di una
serie di incontri programmati dal Consiglio dell’associazione delle chiese battiste di
Calabria, con l’adesione del
Consiglio del 16“ circuito
valdese-metodista.
Il pastore Salvatore Rapisarda (Siracusa) ha tenuto
due lezioni. La prima, sulla
predicazione, partendo dalla
riscoperta della centralità del
«Sola Scriptura» e dalla definizione di chiesa data dalla
Riforma (la chiesa è là dove
la Parola è rettamente predicata) ha permesso di individuare i riferimenti essenziali
per la predicazione «esegesi
e teologia biblica, confessioni di fede del cristianesimo
indiviso e del protestantesimo, guida dello Spirito». Anche le finalità della predicazione sono state messe in
evidenza sotto forma di testimonianza dell’opera salvifica
di Dio nella storia di Israele e
in Cristo, di appello alla conversione e all’edificazione di
Nella collana “Sola scriptura - Nuovi studi teologici” è uscito il n. 17
Elisabeth Schüssler Fiorenza
Gesù figlio di Miriam
profeta della Sofìa
Questioni critiche di cristologia femminista
Traduzione di Fernanda Jourdan Comba
pp. 280, L. 45.000
L’autrice di «In memoria di lei» documenta l’ascesa e la successiva caduta
nell’«amnesia storica» del movimento
di emancipazione che si è raccolto attorno a Gesù come profeta e messaggero della Sofia divina, o Donna Sapienza, la figura femminile onnipotente
della teologia e delle Scritture del proto-giudaismo. L'autrice intende dimostrare come le potenzialità, storicamente non realizzatesi, della Donna
Sapienza possano offrire oggi alla
nuova teologia la visione di un mondo
e di una chiesa diversi.
m mmetfítrice
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.arpnet.it/-valdese/claudian.htm
una comunità di salvati, cioè
di liberati dal potere della
carne, che sentono forte
l’impegno di servizio verso il
mondo. Questi riferimenti
lasciano ampio margine all’
intuizione e ala libertà personale, e allo stesso tempo rappresentano elementi di supporto e di continuità tanto
della predicazione evangelica quanto della predicazione, là dove essa è affidata a
una cerchia di predicatori e
predicatrici locali.
Sono proprio le chiese che
si avvalgono della predicazione di questi ultimi, è stato
detto, che hanno bisogno di
sviluppare un discorso di
continuità, per il bene della
comunità, e di mettere da
parte le intuizioni estemporanee che spesso non si inquadrano nel discorso complessivo. Per questo appare
opportuno che i predicatori e
le predicatrici locali che si
avvicendano nella predicazione mettano in atto momenti di coordinamento e di
preparazione comune.
La seconda lezione ha trattato un tema della sistematica classica, la rivelazione.
Dio, è stato rimarcato, definito come invisibile, illimitato, libero, altro, si lascia conoscere attraverso la storia,
la testimonianza biblica, la
parola e l’opera di Gesù, la
predicazione della chiesa.
Questa sarebbe quella che
viene definita la rivelazione
speciale di Dio. A fronte di
questa rivelazione, nel corso
della storia, ne è stata proposta un’altra, la rivelazione
generale data dalla natura e
dall’osservazione delle sue
leggi. È stato però fatto notare che la rivelazione generale
non ci dice nulla dell’amore,
del perdono di Dio e del progetto di Dio.
In altri termini: questa non
può essere detta «autorivelazione» di Dio. La rivelazione
di Dio attraverso la natura e
le sue leggi acquista valore se
illuminata da una rivelazione speciale, in ultima analisi
da una rivelazione che passa
per l’esperienza personale di
Dio che il credente matura
attraverso il proprio percorso di vita. Il discorso sulla rivelazione, in altri termini, ci
spinge a ricercare Dio dentro
di noi e attorno a noi, a cominciare dalla dimensione
comunitaria e umana in cui
siamo inseriti.
I partecipanti all’incontro
si sono dati appuntamento
per sabato 14 dicembre, alle
16, sempre a Catania, presso
la chiesa battista, per approfondire con il pastore Rapisarda i temi aperti nel primo incontro. C’è la speranza
di condividere l’esperienza
con nuovi aspiranti al ruolo
di predicatori e predicatrici
locali provenienti da altre
chiese della Sicilia orientale.
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Chiesa battista di Mottola
Giornata mondiale
di preghiera delle donne
Il 3 novembre si è tenuto
presso la chiesa battista un
culto a cura del gruppo femminile in occasione della
Giornata mondiale di preghiera delle donne battiste.
Momento sempre gioioso, la
liturgia, curata dalla sorella
Santina Speranza, ha avuto
per tema proprio l’allegrezza
nel celebrare la speranza di
Cristo, anche nelle semplici
parole di predicazione sull’
epistola ai Filippesi a cura
della sorella Pinuccia De Crescenzo. Sempre riconoscenti
al Signore per i nostri incontri
e per le nostre attività, preghiamo perché davvero tutte
le donne del mondo possano
crescere in fede, capacità,
competenza e responsabilità,
perché ogni creatura sia la
gloria di Dio e viva il suo
amore.
Il 9-10 novembre si è svolto
il convegno che ha aperto
l’attività della Federazione
giovanile evangelica di Puglia
e Lucania, curato nella parte
dei giochi di animazione teologica da Simonpietro Mar
chese. Il culto conclusivo, celebrato la domenica sera a
motivo dell’assemblea di
chiesa tenutasi al mattino, è
stato un momento di vera
amicizia e fraternità, partecipatissimo e sentito dalla comunità tutta, piacevolmente
invasa da un’ondata di fresca
gioia e giovinezza.
La Riforma protestante, come sappiamo, non si esaurisce nella celebrazione o nei
ricordo di una domenica. Per
questo il fratello Domenico
D’Elia sta dedicando gli studi
biblici del giovedì sera al racconto dell’Italia del ’500, attraverso un percorso storicoculturale che abbraccia tutta
l’Europa, con l’ausilio di alcuni testi editi dalla Claudiana.
Inoltre il gruppo giovanissime, curato dalla sorella Virginia Mariani, avendo deciso di
approfondire il trema della
Riforma e dei suoi fondamenti di fede, utilizzerà per il proprio studio anche la registrazione di un servizio di «Protestantesimo» su «Lutero, un
giovane di cinquecento anni».
Protestanti dei paesi latini
Incontro dei deputati
alKAssemblea di Graz
La Conferenza delle chiese
protestanti dei paesi latini
d’Europa (Cepple) ha deciso
di organizzare, in vista di
Graz, un incontro dei deputati nominati dagli esecutivi
delle chiese membro della
conferenza per riflettere sull’aumento degli integralismi
religiosi, con particolare riferimento a quanto si verifica
nei paesi latini del Sud
dell’Europa. Questo incontro
si prefigge di contribuire ai la
vori della Conferenza ecumenica di Graz sulla riconciliazione partendo dal suo contrario, cioè la minaccia che
può rappresentare per le nostre società e per le stesse
chiese il crescente fenomeno
degli estremismi religiosi. Il
tema sarà trattato da personalità esperte in materia dal
punto di vista sociologico,
teologico e politico. L'incontro avrà luogo a Lione dal 31
gennaio al 2 febbraio 1997.
l
Cronache
PINEROLO — Nelle ultime settimane si sono sposati Gloria
Giai e Renato Cessario; Alessandra Bianciotto e Massimo
Gallìana; Maria Luisa Giordano e Flavio Pontet; hanno festeggiato le nozze di diamante Attilia e Beniamino Grill. Il
Signore voglia benedire chi è agli inizi della vita coniugale e
continui a rimanere vicino a chi da tanto tempo vive sotto
il suo sguardo.
• Il 27 ottobre, domenica della Riforma, sono state presentate delle diapositive sui luoghi luterani a cura di Costante
Costantino, col commento di Bruno Corsani. Il prof. Corsani, davanti a un numeroso pubblico convocato dall’Unione
femminile, ha parlato giovedì 21 novembre su «Giubileo biblico e giubileo cattolico».
• Alla «Casa dell’anziano», dove era ospite da alcuni anni, è
deceduta Carolina Charbonnier.
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PRAROSTINO — La comunità esprime cristiana simpatia ai
familiari di Luigi Gardiol, mancato dopo un lungo periodo
di malattia, e di Nelda Codino ved. Gardiol, della borgata
Ser, mancata all’età di 72 anni.
ANGROGNA — L’Assemblea di chiesa ha eletto un nuovo
membro del Concistoro nella persona della sorella Clara
Ricca, che avrà la cura del quartiere del Serre-Buonaiiotte.
A Hélène Peyronel, che per 15 anni ha svolto lo stesso incarico, la comunità ha espresso la propria profonda riconoscenza per la fedeltà e la discrezione del suo impegno.
• La corale, diretta dal pastore Franco Taglierò, ha tenuto a
fine ottobre un bel concerto a Torino nel tempio di corso
Vittorio Emanuele, all’interno di una rassegna musicale o
culturale organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune, intitolata «Diversità e identità». La serata di testimO'
nianza storica e di fede è stata vissuta da un numeroso
pubblico che ha dimostrato apprezzamento ai membri de '
la corale, che si sono poi incontrati in un fraterno rinfresc
con i colleghi della corale di Torino.
BARLETTA — Domenica 24 novembre nella chiesa battista oh
tre cento persone gremivano il locale di culto: ùe
(Rosalia Caputo, Beatrice Cassatella e Rachele Cassate
hanno dato la loro testimonianza di fede con il battesiW
mediante immersione. 11 culto, presieduto dai
glieri e McFarlane, dopo l’invocazione della presenza
gnore e le sue lodi nel canto e nella preghiera, ha visto la ^
stimonianza dei catecumeni; sui nuovi membri di
stato poi invocato lo Spirito Santo, dopodiché essi sono s ^
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accolti nella comunità. È stata una giornata di festa e m
graziamento particolare al Signore, che già ci fa intrawe
re, per l’anno prossimo, la stessa gioiosa esperienza.
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6 DICEMBRE 1996
PAG. 9 RIFORMA
I Una delegazione valdese alla Chiesa evangelica dell'Hessen-Nassau
Una comune missione nel nome di Cristo
La vita e i problemi delle chiese locali, l'apparato diaconale e il confronto
ecumenico hanno caratterizzato un soggiorno arricchente per tutti
ANDREA RIBET
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SONO state giornate intense quelle che una delegazione della Chiesa valdese guidata dal moderatore ha
trascorso in Germania, nella
zona di Francoforte, alla fine
di ottobre, ospite della Chiesa evangelica dell’HessenNassau. E stata un’occasione
importante per confermare,
in gioiosa armonia, i sentimenti di amicizia, solidarietà, stima, sostegno reciproco tra le due chiese e soprattutto per rinnovare la
consapevolezza del significato della comune missione nel
nome di Gesii Cristo.
Non era la prima volta che
la Chiesa valdese veniva invitata per una visita ufficiale;
già lo scorso anno, un’altra
delegazione è stata ospite
della Chiesa evangelica della
Westfalia; Hiforma ne aveva
dato notizia pubblicando la
dichiarazione congiunta del
presidente della Chiesa della
Westfalia e uel moderatore.
Quest’anno non ci'sono state
dichiarazioni ufficiali, ma altrettanto fraterno e positivo è
stato lo spirito che ha animato tutta la visi! a.
Dopo il saiuto al Kirchenrat, nella sede di Paulusplatz
a Darmstadt, la delegazione
valdese ha avuro modo di
confrontarsi con vari aspetti
della chiesa dell’Hessen-Nassau: la vita e i prtsblemi delle
chiese locali, la cura per la
formazione professionale dei
giovani, le relazioni tra chiesa
e stato, soprattufKi per i loro
risvolti sulla diaconia. Impressionante è stato confrontarsi con la dimensione della
chiesa dell’Hessen-Nassau:
in una regione relativamente
circoscritta, la chiesa conta
circa un milione e 900.000
membri, ripartiti in 1.190
chiese, con 1.940 pastori; le
chiese sono riunite in 61 decanati (corrispondenti a nostri distretti), a loro volta raggruppati in sette aree (Propstein); è ovvio che l’organizzazione deve essere adeguata
alla dimensione.
Durante l’incontro con i re
Worms: il monumento ai Riformatori
sponsabili di un decanato
nella città di Darmstadt, la
delegazione ha avuto modo
di constatare i pregi e i difetti
della struttura organizzativa,
la necessità di una continua
revisione dei regolamenti per
non esserne schiavi; talvolta
si è avuta la sensazione che
anche in Germania diventa
più importante l’aspetto giuridico-organizzativo di quello
della predicazione della parola di Dio. Un tema importante, emerso in varie occasioni, riguarda la dimensione
ecumenica: con le altre chiese evangeliche, riformate e
non, con il cattolicesimo e
l’islamismo. Di particolare
interesse per la nostra delegazione è stata la questione
cattolica; un cattolicesimo
spettacolo, caratteristico di
questo papato, che attraverso
la televisione entra nelle case
dei tedeschi presentandosi
come «la» chiesa, incurante
delle altre espressioni religiose, con conseguenze spesso incontrollabili e deleterie;
pare che siano frequenti le
dimissioni di membri dalle
chiese per protesta contro
queste forme esteriori della
cristianità; non solo da parte
di cattolici ma anche di protestanti. Mentre a livello personale è possibile creare rapporti sinceri e propositivi, il
colloquio con la gerarchia ecclesiastica cattolica incontra
ostacoli che in passato sembravano superati.
Parlando di diaconia, sono
stati affrontati vari problemi
circa i rapporti con lo stato, il
reperimento e Futilizzo delle
risorse finanziarie, l’organizzazione e così via; molte delle
questioni discusse sono simili
a quelle che la chiesa valdese
deve affrontare, a parte la dimensione incommensurabile: solo gli uffici centrali del
Diakonisches Werk (Dkw) a
Francoforte (esclusi quindi i
bilanci delle singole opere)
hanno un bilancio annuale di
circa 100 miliardi di lire, equivalente a tutto lo sforzo nella
diaconia della chiesa valdese
e metodista in Italia! Ma i bisogni fondamentali dell’umanità si riducono a ben poco;
ce ne siamo resi conto durante una passeggiata nel centro
di Francoforte. Un numero
impressionante e sempre crescente di persone, immigrati e tedeschi, di tutte le età,
chiede l’elemosina; ci diceva
uno dei responsabili del Dkw,
che la nuova priorità della
diaconia a Francoforte è
quello di creare nella città,
una delle più ricche del mondo, luoghi riscaldati per permettere alle persone senza
tetto e senza nome di avere
un ricovero notturno durante
le fredde notti invernali; le
contraddizioni dell’umanità
continuano.
Una riflessione particolare
è stata riservata alle tematiche del lavoro e della disoccupazione, che stanno acquisendo una drammaticità
nuova anche nella ricca Germania per la sua dimensione
sociale. A Magonza ha sede la
fondazione Grossner Mission, organizzazione autonoma ma collegata con la Chiesa dell’Hessen-Nassau; fin
dal secolo scorso è stato un
centro di formazione e di documentazione sul problema
del lavoro nelle fabbriche, in
agricoltura e nei servizi.
Alcuni accenni alle difficoltà odierne sono stati sufficienti per comprendere le
condizioni in cui si trovano i
lavoratori dipendenti e i sindacati, i quali operano nel limite giurisdizionale degli
stati nazionali (non esiste
ancora un diritto sistematico
del lavoro a livello europeo)
mentre il capitale finanziario
non ha confini; in estrema
sintesi ciò significa che le decisioni circa la produzione, a
quale prezzo con quali mezzi, è completamente scollegata con la realtà locale: con
questi presupposti, la battaglia per la salvaguardia del
posto di lavoro, per la qualità
della vita, per la redistribuzione della ricchezza, ecc. diventa una battaglia estrema,
spesso con scarse possibilità
di riuscita. Qualcuno potrebbe domandarsi che relazione
ci sia tra la vita delle chiese e
le problematiche del lavoro:
in realtà il messaggio di liberazione e di giustizia dell’
Evangelo sta alla base delle
riflessioni appena accennate
che si manifestano concretamente anche nelle contraddizioni del mondo del lavoro.
Da ultimo, a Worms la delegazione ha reso omaggio alla memoria di Lutero che in
quella cittadina nel 1521 ha
partecipato alla dieta per rispondere alla domande dell’imperatore Carlo V. Sempre
a Worms è stato possibile visitare il ghetto e il cimitero
ebraico della città che in passato ha visto una significativa
presenza ebraica.
Si è svolto a Casa Cares il tradizionale corso per operatori della diaconia
Il futuro dei rapporti tra lo stato e le chiese
ADRIANO LONCO
D
ECISAMENTE interessante il corso per operatori nei servizi e nella diacotoa svoltosi dall’8 al 16 novembre a Casa Cares, per i
Particolari argomenti di attoalità che la Commissione
per la diaconia aveva proposto all’attenzione dei partecipanti.
Dopo l’introduzione di
l^laudio Tron, che ha analizólo quali siano i requisiti a
Ito deve rispondere un propio affinché sia traducibile
to una decisione che possa
Poi essere applicata, i conveuti si sono cimentati nell’
l'alisi degli atti dei Sinodi
“to 1994 al 1996. Hanno così
scoperto che la media degli
li teologicamente, giuridi
camente o strutturalmente
rilevanti per le nostre chiese,
non arriva al 14% sul totale.
Sulla restante parte, oltre il
32% sono funzionali all’andamento del Sinodo, e quasi
il 49% sono atti nulli in quanto saluti, commemorazioni,
proposte, auspici.
Il secondo argomento, trattato da Marco Borno, è stata
la rilettura delle Intese tra le
chiese valdesi metodiste e la
Repubblica italiana a 12 anni
dalla loro sottoscrizione. Il
relatore ha fatto una disamina di come nei secoli sia
cambiata la concezione dei
rapporti tra lo stato e la chiesa, passando per fasi alterne,
dalla totale unione alla completa separazione. Ora sta
emergendo la tendenza a andare verso un sistema misto,
in cui lo stato presentandosi
come «aconfessionale» tenderebbe a mettere tutte le
confessioni sullo stesso piano
estendendo i privilegi concessi ai cattolici anche a coloro che non lo sono. In questa
linea lo stato sarebbe portato
a cercare di guadagnare delle
posizioni rispetto alla totale
separazione sancita dalle Intese del 1984. «Che cosa succederà in futuro? - si chiede
va l’oratore - ora che sono
state valutate in oltre 270 le
possibili intese di cui potrebbe essere chiesta la sottoscrizione nei prossimi anni?». Lo
strumento pattizio rischia di
diventare improponibile per
cui è sensato pensare che vi
saranno in futuro spinte a regolamentare la materia con il
diritto comune.
Da questo tema si è poi
passati ad analizzare, con il
coordinamento del sociologo
Nedo Baracani, gli scenari
possibili in vista dell’appuntamento con l’Europa unita.
Sarà l’Europa della solidarietà? 0, come si sta delineando in alcune prese di posizione che danno maggior peso
alla matrice economica dell’accordo, l’Europa dell’esaltazione degli stati nazionali?
Si sono quindi esaminate le
caratteristiche che concorrono a far si che i rappresentanti di diverse etnie sentono di
appartenere a un popolo. Chi
legittima lo stato sovranazionale? E quali probabili conseguenze tutto questo avrà sulle
strutture dell’attuale stato sociale? Tutti temi di grande attualità, dunque, il cui evolversi non dovrebbe trovarci nella
fase di spettatori scoprendo
le dinamiche in atto, anzi, dovremmo individuare delle linee di comportamento che si
possano applicare alla nostra
diaconia.
Infine l’ultimo intervento
di Daniele Garrone, che ha
condotto il gruppo nell’analisi di quei capitoli dell’Esodo
e del Deuteronomio in cui
viene raccontata l’alleanza
proposta da Dio al popolo di
Israele dopo la liberazione
dall’Egitto e le norme che ne
sono derivate affinché la progenie potesse moltiplicarsi.
L’analisi è poi giunta sino a
toccare il giubileo nell’Antico
Testamento. Di questo argomento, data l’attualità e la risonanza che il Giubileo del
2000 ha nel nostro paese, si
riparlerà nei prossimi di incontri di Casa Cares.
Come di consueto, in occasione della giornata di apertura dell’anno accademico
del Centro di formazione diaconale, i corsisti si sono recati a Firenze. Hanno partecipato al culto nella chiesa valdese dove ha predicato il pastore Valdo Benecchi e nell’aula magna del Gould hanno ascoltato la prolusione di
Giampirro Venturini della
Comunità dei Fratelli.
Agenda
TORINO — «La nostalgia dell’altro. L’orizzonte profetico di Ernesto Balducci» è il titolo dell’incontro organizzato dalle Adi
nell’aula magna dell’Itis Avogadro di via
Rossini 18 alle ore 20,30. Intervengono Luigi Ciotti, Luigi Guerzoni, sottosegretario
all’Università, Enzo Bianchi (Comunità di Bose), Fierluigi
Onorato (Fondazione «Balducci»).
ALESSANDRIA — Fer il ciclo «La preghiera cristiana», organizzato dal Centro culturale protestante e dal Sinodo
diocesano, alle ore 21 presso la sala Torriani in via del Vescovado 3, Carlo Carozzo parlerà sul tema «Al mattino
ascolterai la mia voce (Salmo 5,3). La preghiera nella vita
quotidiana». Fer informazioni tei. 0131-231431.
TORINO — «Cristologia in discussione» è il
titolo del dibattito proposto dal Centro
evangelico di cultura «Arturo Fascal», comunità cristiane di base, corso per animatori biblici, gruppo donne credenti, redazione
de «Il foglio», Sae e Ywca. Introducono rincontro, che si tiene alle ore 15,15 nel salone di corso Vittorio Emanuele 23, Franco Barbero delle comunità di base e
la pastora Letizia Tomassone. Informazioni al 011-6692838.
RAPALLO — «Fede e riconciliazione, verso l’Assemblea
ecumenica di Graz» è il tema della conferenza, organizzata
dalla Chiesa cristiana evangelica, che la pastora Elizabeth
Green terrà alle ore 16 presso il salone della Casa della gioventù, in via Lamarmora. Per informazioni tei. 0185-54969.
FIRENZE — L’Acebt (Associazione chiese
evangeliche battiste della Toscana) e il Mefb
(Movimento evangelico femminile battista)
di Firenze propongono un incontro sul tema
«Decennio ecumenico delle chiese solidali
con le donne (1988-1998)» nella chiesa battista di Borgo Ognissanti 4. Il programma ha inizio alle ore 18
di sabato 7 con un intervento della pastora Adriana Gavina
sul tema «Vita, famiglia, comunicazione, crisi, gestione del
conflitto» e termina alle 17 del giorno successivo dopo una
discussione su «Donne, profezia, giubileo». Per informazioni e prenotazioni per il pranzo tei. 051-368801 o 455798.
ROMA— Per il ciclo su «Gesù fondamento e
meta del cammino ecumenico» proposto
dal gruppo Sae di Roma, alle ore 16 presso
le Suore francescane missionarie di Maria in
via Giusti 12 si tiene un incontro sul tema
«Gesù e il suo popolo». Interviene Elia Boccara, introduce Maria Vingiani. Tel. 06-58331825.
TRIESTE — In occasione delle lezioni che il
gruppo ecumenico di Trieste tiene sul tema
della riconciliazione in vista delTAssemblea
ecumenica di Graz, alle ore 18,30 in via Tigor, Giorgio Milossevich parla su «La riconciliazione vista da un’area di confine». Per
ulteriori informazioni telefonare allo 040-303715.
GENOVA — Alle 17,30, presso il Palazzo ducale, nelTambito del ciclo di incontri organizzati dal Sae sulTEsodo, il pastore Arrigo
Bonnes parla sul tema «Lettura cristiana
delTEsodo dopo la Riforma».
SUSA — Alle ore 18, nell’Aula magna del liceo «N. Rosa» (piazza Savoia), per l’organizzazione del Centro culturale «Piero Jahier»,
delTassociazione Amici del liceo «N. Rosa»
e del Centro di ricerche di cultura alpina, il
prof. Domenico Maselli parla sul tema:
«Una pagina ignorata di storia: la Riforma in Italia».
BERGAMO — Il Centro culturale protestante organizza alle
ore 21 nella sede di via Tasso 55 un incontro, condotto da
Gianni Long, su «Il Messia di Händel: riflessioni su un oratorio “biblico”» con l’ascolto di brani significativi. Per
informazioni tei. 035-238410.
SONDRIO — «Graz, giugno 1997. Seconda Assemblea ecumenica europea. Riconciliazione tra le chiese, nella società,
con il creato. Contributo cattolico» è il tema della conversazione che don Battista Rinaldi, parroco di Ponte in Valtellina, terrà alle ore 21 al Centro evangelico di cultura.
PERUGIA — La Chiesa valdese e il circolo
Rosselli organizzano alle ore 18, presso il
Palazzo del Consiglio regionale in piazza
Italia, la presentazione del volume di Giorgio Spini «Galileo, Campanella e il “Divinus
Poeta”». Relatori i prof. Comparato e Bellini
delTUniversità di Perugia; sarà presente l’autore. Per ulteriori informazioni telefonare allo 0744-425914.
CAMPO INVERNALE A SANTA SEVERA — «Predicatori e
diaconi: ministri o servi? I giovani si interrogano sulla natura e sulle prospettive delle proprie vocazioni» è il tema
del campo invernale che si tiene al Villaggio della gioventù
a partire dalla cena del 28 dicembre fino alla colazione del
2 gennaio. Prezzo complessivo 120.000 lire. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi ai Villaggio entro il 15 dicembre:
tei. 0766-570055, fax 0766-571527.12.06
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore
8,15 circa. Lunedì 9 dicembre replica della
trasmissione: Fame di giustizia. Riflessioni protestanti sul
summit contro la fame nel mondo; terza di copertina.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Venti di pace
Alberto Corsani
Venti miliardi in più per l’obiezione di coscienza, circa
140 in meno per gli armamenti; questi risultati «contabili»
(votati in Commissione bilancio) e altri provvedimenti
concernenti il «collegato» alla legge finanziaria e votati in
aula sono stati ottenuti alla Camera grazie agli emendamenti e all’interessamento di una pattuglia di deputati che
aderiscono alla campagna «Venti di pace», sorta alcuni anni fa per iniziativa dell’associazionismo laico, di quello di
matrice cattolica (Adi e non solo) e di altri soggetti come
la Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Fra gli altri provvedimenti è interessante quello che vincola l’addestramento del personale militare straniero in Italia al rispetto dei diritti umani nei paesi di provenienza. Si tratta
di un risultato incoraggiante, che dimostra che qualcosa,
nelle sedi istituzionali, si può ottenere, e che il movimentismo non deve necessariamente limitarsi alla sola testimonianza. Due riflessioni però si impongono.
La prima riguarda il contesto. Anche a voler prescindere dalle situazioni di conflitto che dilagano in varie parti
del mondo, in Italia ci sono cattivi segnali: continua a non
essere approvata la legge di riforma dell’obiezione di coscienza, licenziata dalle Camere e rinviata aUe medesime
(in procinto di essere sciolte) dal presidente Cossiga nel
1992; la nostra industria bellica (mine in questo caso) è
coinvolta nell’inchiesta dell’Onu sulle forniture ai miliziani hutu in Zaire nonostante l’embargo successivo alle
stragi di tutsi avvenute in Ruanda l’anno scorso; un non
meglio precisato «Nuovo modello di difesa» (che il Parlamento non ha mai discusso in maniera organica, benché
di esso si parli da almeno sei governi) si profila all’orizzonte, nella necessità di salvaguardare gli «interessi nazionali»: è vero che questi esistono, e che non si configurano più come quelli classici della difesa della patria, tipici del dopoguerra e della guerra fredda; ma è anche vero
che di difesa della patria, e non di interessi non ancora
precisati, parla la nostra Costituzione, e finora non l’abbiamo cambiata; c’è una proposta, che coinvolge forze di
maggioranza e di opposizione, per superare la legge 185
sull’esportazione di armi, ritenuta troppo severa e penalizzante per la nostra industria bellica; infine, cronaca di
questi giorni, i suicidi nelle caserme sono segnali allarmanti. Un brutto scenario.
La seconda riflessione riguarda il modo in cui gestire
questo risultato parlamentare. Esso è frutto dell’attenzione perseverante ed eticamente fondata (per le nostre
chiese e per tutti i credenti ci sono innanzitutto le motivazioni che vengono dalla fede) per alcune materie ritenute
fondamentali per un futuro di vera democrazia. Sarebbe
sbagliato limitare e circoscrivere questa azione di «lobby
(nel senso più nobile del termine, ovviamente) della pace»
a una visuale settoriale delle rivendicazioni. Chiedere la
stretta applicazione della Costituzione in materia di difesa non è solo «roba da pacifisti», è impegno a realizzare
compiutamente il dettato del patto che per noi sottoscrissero i costituenti dopo la Liberazione; è un modo per affermare il diritto, per tutelare l’interesse collettivo dalla
prevaricazione e dagli interessi di pochi; e il rispetto dei
diritti umani nel mondo è una battaglia che dà senso al
nostro vivere sociale qui da noi.
Ora bisogna non accontentarsi del risultato, e continuare a proporre queste tematiche, anche alle forze politiche (che non sono da demonizzare, ma da rivalutare
per la loro prerogativa di mediazione sociale, per anni
«bestemmiata» dalla tendenza a far qualcosa in cambio
di qualcosa), in modo che esse le traducano in atti istituzionali, seguitando nel frattempo, a proporle all’opinione
pubblica, magari partendo dalla scuola. Una buona legge
(o anche un buon emendamento), senza consapevolezza
e maturazione nella cittadinanza, rimarrebbe lettera
morta, contentino per pochi fanatici.
Riforma
E-Mail: Riforma @ Alpcom.it
Uri: http://www.aipcom.it/riforma
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011 /655278 - fax 011 /657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Coreani, Marta D'Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino
Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martlnat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitri, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l.-via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
PuMicazione settimanale unttaife con L'Eco delle va«l vmut:
non può essere venduta eeparatanmm
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1« gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 46 del 29 novembre 1996 è stato consegnato per l’inoltro postale all’Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 27 novembre 1996.
Commenti
Dopo le nuove indagini su Di Pietro e Prodi
«Mani pulite» non si chiude
È positivo che la magistratura indaghi senza timidezze
su coloro che un tempo parevano intoccabili
MAURIZIO GIROLAMI
PERCHÉ Prodi o Di Pietro
dovrebbero essere al di
sopra di ogni sospetto? Sappiamo che non v’è neanche
un giusto, neppure uno. D’altro canto che la magistratura
indaghi senza timidezze sull’operato di ministri e finanzieri è la grande novità dell’Italia negli Anni 90. La polemica sulle vicende giudiziarie
di Prodi e di Di Pietro divampa, ma dato che le basi di discussione sono più che altro
indiscrezioni e dichiarazioni
degli interessati e dei loro avversari politici dilatate dai
media è opportuno, in attesa
delle indagini, astenersi da
prese di posizione innocentiste o colpevoliste o da affermazioni scontate sulla presunzione di innocenza degli
indagati e riflettere sul contesto generale in cui la vicenda
si svolge.
1) Se la molla principale
dell’economia e della vita associata è l’interesse particolare, del singolo o del gruppo,
quei singoli o gruppi che dispongono di potenti mezzi finanziari tenderanno sempre
a prevalere sugli interessi collettivi, anche illegalmente. La
cronaca della grande evasione, fiscale o previdenziale, e
delle frodi contro lo stato, che
spesso coinvolgono uomini
della pubblica amministrazione, sta a testimoniarlo. È
ciò che è stato chiamato il
peccato strutturale, l’ingiustizia congenita della società
umana, oggi organizzata capitalisticamente.
2) La vendita a privati di
settori statali dell’economia e
dei pubblici servizi, in corso
in Italia da alcuni anni, (vedi
dunque la vicenda Cirio-Bertolli-De Rica) viene operata
nel duplice intento di migliorare i conti dello stato e l’efficienza delle aziende o servizi
privatizzati. 11 prezzo a cui so
no stati venduti i «gioielli di
famiglia» è nettamente inferiore al valore di mercato e ha
sempre assicurato agli acquirenti, che generalmente non
sono benefattori, ottimi profitti (si ricordi il caso del Credito Italiano).
Quanto afl’efficienza, è ormai chiaro che le ristrutturazioni, sia nei servizi che nelle
industrie, hanno puntualmente significato, nell’immediato, riduzione dell’occupazione; quanto ai conti dello
stato essi sono migliorati assai di più per i sacrifici imposti con la pressione fiscale su
chi le tasse le paga e con i tagli alla spesa sociale, che per
le entrate delle privatizzazioni. Pertanto Da Prodi e dagli
uomini dell’Ulivo bisogna
sperare non solo che si confermino governanti puliti, ma
soprattutto che realizzino gli
obbiettivi di rilancio dell’occupazione e di recupero della
scandalosa massa di evasione
fiscale che rappresenta la vergogna dell’Italia nel mondo
industrializzato.
Dare lavoro ai giovani, difendere gli strati sociali deboli, gli anziani, i malati, far pagare le tasse a quella cospicua
parte di imprenditori, professionisti, lavoratori autonomi
che non le pagano: non sono
obbiettivi facili o indolori, ma
oltre ad essere punti qualificanti del programma dell’Ulivo, sono indicatori del grado
di civiltà e di efficienza democratica di una società.
3) Se il peccato è strutturale
e la mentalità del furbo è diffusa capillarmente nella società italiana, c’è da augurarsi che Tangentopoli non si
chiuda, bensì che l’operazione «Mani pulite» si estenda. Il
vero pericolo non è che i giudici di Milano, La Spezia, Palermo, Roma ecc. facciano rispettare la legge anche a uomini politici che ci sono più
simpatici di altri, ma che il
gioco politico, prodotto della
dialettica di interessi diversi e
contrapposti, sfoci in manovre, compromessi, leggi che
mettano una pietra sopra i
processi più scottanti di Tangentopoli. Questo obbiettivo
è certamente nell’animo di illustri imputati e passa attraverso la sconfitta della magistratura; screditare i giudici
più impegnati nella lotta contro la mafia e la corruzione,
radicando nella pubblica opinione l’idea che essi agiscano
non in nome della legge ma
di opinioni politiche o di ambizioni personali e per questa
via delegittimare la magistratura. L’esito ottimale di questo disegno è una riforma istituzionale che ponga il pubblico ministero alle dipendenze del governo. Le reazioni scomposte alle iniziative
della magistratura sono tipiche di quegli indagati che nutrono questo disegno.
4) Ma se il peccato sociale è
reale e ha come salario la
morte (sia essa il processo, o
il fallimento o, peggio, la fine
dei processi ai prepotenti e ai
grandi criminali) che significa
la Grazia? essa è la prospettiva che ciò che è impossibile
agli uomini, a noi, è possibile
a Dio: mutare l’animo degli
«uomini dal collo duro e dalle
orecchie incirconcise», suscitare figlioli d’Àbramo dalle
pietre, moltiplicare gli uomini e le donne di buona volontà capaci di mantenere viva nelle aziende, nella pubblica amministrazione, nelie
istituzioni, in trincea presso
gli emarginati, la speranza
che l’attività economica, il lavoro, la stessa politica possano essere intese e praticate
come un servizio e non come
un potere, da rendere ad un
prossimo da valorizzare e
non da sfruttare. Non smettere di agire e testimoniare in
questa prospettiva. Semplici
come colombe...
W9mm
Le celebrazioni dell'anno 2000 e il Giubileo cattolico
Il vero «Giubileo di Gesù» è proprio «altro»
da quello che si sta preparando a Roma
ERMANNO SPURI
DI fronte alle sbalorditive
accelerate della «fabbrica del Giubileo 2000», entro
la quale sono entrati tutti i
protagonisti che porteranno
a compimento l’evento di fine secolo, mi sembra, salvo
qualche eccezione, che la
stampa evangelica si sia espressa con servizi impropri,
ripetitivi e insufficienti, rispetto all’importanza della
questione. Molti articoli sono
impropri, perché si sono lasciati trascinare sul terreno di
temi desueti, anche se ancora
accattivanti, ma che non hanno niente a che fare con un
giusto approccio critico e di
studio sul tema giubilare.
Argomenti quali ecumenismo e unità dei credenti, discussione per una nostra
eventuale partecipazione per
la messa a punto della celebrazione dell’anno 2000, ricerca di cavillosi distinguo di
competenze per la scelta dei
canali diplomatici per una
corretta informazione e partecipazione, non solo sono
impropri, ma sono pericolosamente fuorvienti.
Sono ripetitivi perché vorrebbero trattare temi relativi
all’edilizia, alla politica e
all’economia (argomenti inevitabilmente emergenti e ca
richi di prospettive apocalittiche per i rapporti tra chiesa e
stato), materiale che i quotidiani e settimanali laici stanno proponendo con serietà e
competenza. Sono anche ripetitivi rispetto al mio articolo dell’8 settembre 1995, ove
del Giubileo mosaico avevo
messo in evidenza gli aspetti
fondamentali e dove avevo
sottolineato le intenzioni della Chiesa cattolica che conducevano afl’«affare di fine secolo». Questi interventi sono insufficienti, perché trattando il
tema del Giubileo come è venuto fuori dalle risposte che il
prof. Ricca ha dato all’intervista su «Confronti» («...il Giubileo per i protestanti non
esiste» e ancora «...al Giubileo
bisogna dare un significato
simbolico», o infine, come dicono altri, «...bisognerà fare
un giubileo protestante promosso dal Consiglio ecumenico delle chiese»), non ci
aiutano a riscoprire il significato del giubileo biblico.
Sono insufficienti ancora,
perché nel prosieguo dei vari
interventi, salvo qualche rara
eccezione, non si è ascoltato
con attenzione il «la» profetico del trafiletto scritto da Alfredo Berlendis sul numero
del 15 dicembre 1995. Benedetta «Finanziaria di Gesù»!
Benedetto «Programma di
Nazaret che non è un’utopia
ma che è critica socio-economica pertinente»... Quindi il
giubileo che viene fuori dall’approfondimento del messaggio di Gesù è un giubileo
annunziato ma non vissuto,
tutto da scoprire e la cui «carta costituzionale» non è stata
ancora neanche pensata.
Ma è possibile che Gesù
fondasse la strategia del suo
ministerio sui concetti del
giubileo riportati dalla redazione del terzo libro del Pentateuco, concetti che io ho
chiamato progetti politici, sociali, economici inauditi e
utopistici, tanto da mettere in
crisi anche le linee fondamentali del marxismo? È proprio un «altro giubileo», come
dice Giovanni Franzoni
(«Confronti» di aprile), quello
che verrebbe fuori andando
in compagnia di Gesù...
In questo tempo propizio
che ci rimane, fino al momento in cui potremmo essere assordati dal calpestio dei
«cento milioni di piedi» dei
romei, forse ci conviene approfondire diligentemente il
tema del vero giubileo di Gesù, lasciando sulle spalle della
Chiesa cattolica la responsabilità di mettere sulla scena
del mondo e sulle pagine della storia questa ennesima
squallida sceneggiata.
la Croix
Lutero e Kohl
In occasione del 450“ anni
versano della morte di Lu^
ro, la stampa cattolica fraj
cese ha pubblicato una sej
di interessanti commeni
Bruno Chenu, prete assm
zionista, professore di teolj
già e redattore capo aggiujj
al quotidiano fondato dal
congregazione degli assui
zionisti, tenta di riassume^
la ricchezza dell’opera dilj ^
tero: «La Parola che sisiJ di quest
dalle Sacre Scritture è lari«
lezione di un Dio di grad
che salva me, in una chieJ •
vulnerabile. Gli uomini ns
sono i padroni della Parol
‘’*1 svolgere
sono solo i suoi confessori!
suoi servitori. E questa Pan
la, noi la troviamo nella Scrii
tura santa che è la sola noi
ma della Chiesa perché Ci| '
sto ne è l’unico contenuto»,
Su La Croix-L'Huénemd
del 7 febbraio scorso Dani
Olivier aggiunge: «DopoL» §„estra
tero, più nulla fu comepri jq
ma. Alla sua morte il Conci
di Trento aveva tre mesij ripètuta
cattolicesimo dovrebbe^
sergli grato per avergli p.„ ,
messo di ritrovare la sua ali „„„a
ma dottrinale. Ma per arnts g j
re a ciò, era stalo necessai
il duro intervenio di Luti
che aveva inizialo il popo (.{jg pgj
alla lettura della Bibbia!., ¿gttaè
invitato a seguire il culto ni ^ ¿gsisti
la lingua di tutti e a ricevi pai-jand
la comunione con il pane e ¿el
vino. Inoltre, sulle ormed [gp
“profeta”, l’Europa scopri jgj-è ^
la democrazia, il pluralismi „pg g ^
diritti della coscienza, lai ^^rij-g
bertà religiosa. A lui solo (. gjje è in
si deve il principio generai daiegou
re di tutti i protestantesimili
Elisabeth Auviilain, cori! dere, il j
spendente da Bonn, infortì sta anch
su ciò che HelmuthKol dalluog
pensa del riformatore:« dotaceli
cancelliere non nasconde no le sp
sua ammirazione perni donna s
personalità che ha saputo! gjje i
fluenzare come pochi sia: guerra, i
vita spirituale che quella®luogo di
litica e sociale non solo ^ vivere i
a i
Quelli
nedì 25
invia Fi
cronaca
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«che ha
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Goric
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che le 1
ma che
suo tempo ma per i secoli
turi». La vita e l’azionei
riformatore, secondo KM ranzie s
costituiscono una parte dea
siva della storia della Genii
ma
. Il cattolico Kohl ricorà aitjg
cuzione
/Ucun
che al tempo della suainf®'
zia esisteva una certa tens#
ne fra cattolici e protestai^
ma le sofferenze inflitte»
nazismo a tutti i cristianie»
loro azioni comuni nellaBe
sistenza hanno avuto co#
conseguenza un netto
glioramento delle relazie®
tra le confessioni; si did
convinto che Lutero non
se attratto dal potere
m
co: «Lutero - proseguer
colo - era convinto che»
persona umana, in fatte
problemi fondamentali ®
stenziali e morali, non ave^
conti da rendere se noiK
Dio e non ne fosse respon»
bile se non davanti alla
coscienza. Questa incrou
a un.*'' - I
le fiducia in Dio, conclu^^"
cancelliere, traspare da t
gli scritti di Lutero. Edetl..
sta la più bella eredita
egli ci abbia lasciato».
A margine segnaliamo
che un dibattito sul settif
naie «France Catholiqu®*
risposta a chi sostiene «
Lutero ebbe ragione e i
avversari torto, ^
blanc dice che certe ^
zioni offendono
la verità e l'esattezza ® ^
«450 anni dopo la
Lutero, la scelta di titia j
ca di ciò che meno
fa parte di un lodevole sm ^
ecumenico, a condizion
tavia che la verità tutta i
ammaz;
per poi
cere trie
se le ma
sperato«
cela, di
tirsi la V
Che cos
indiffict
gendos
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i La guerra
continua
a uccidere
Quello che è accaduto lunedì 25 novembre a Trieste,
in via Foscolo 29, non è solo
cronaca di una tragedia, della
(jisperazione di una madre
«che ha perso la testa», ma è
il segnale di tutte quelle vite
sospese che abbiamo forse
vicino a noi senza riuscire a
identificarle. Nessuno dei vicini di Corica Ilic aveva capito la solitudine, la difficoltà
di questa giovane madre serbo-bosniaca, profuga, vedova
della guerra nell’ex Jugoslavia, che non sapeva a chi iasciare suo figlio per andare a
svolgere rumile mestiere di
domestica e che non trovava
più la forza di vivere.
Corica aveva deciso di
chiudere la sua vita di portare
con sé il figlio Milán, di sei
anni, cosi come esige il «suicidio allargato» delle madri
che considerano il figlio come
parte di sé. Così ha aperto la
finestra e ha lanciato nel vuoto, dal quarto piano dell’edificio, suo figlio e poi ha tentato
ripetutamente di ammazzarsi. Quando sono arrivati i soccorsi il corpo del bimbo giaceva schiacciato sulla carreggiata e la madre volteggiava
ancora sulla finestra, con le
vene tagliate, per gettarsi anche lei nel vuoto. Una poliziotta è riuscita a convincerla
a desistere dal gesto estremo
parlandole, mostrandole la
foto del figlio e i suoi giocattoli. Corica coni inuava a ripetere di voler morire con il figlio e di essere una cattiva
madre. Ora Corica e Milán,
che è in coma, sono in ospedale con le vite sospese.
La guerra continua a uccidere, il genocidio non si arresta anche quando si è lontani
dal luogo elei conflitto, quando tacciono le armi. Quali sono le speranze di vita di una
donna strappata alla sua terra, che ha perso il marito in
guerra, che ha lasciato il suo
luogo di origine per arrivare a
vivere in una città, Trieste,
che le ha dato accoglienza
ma che non le ha offerto garanzie sufficienti alla prosecuzione della vita?
Alcuni anni fa (1992), un’
altra madre serba tentò di
ammazzare le sue due figlie
per poi finire suicida nel carcere triestino. Che cosa spinge le madri a questo gesto disperato? La paura di non farcela, di non riuscire a garantirsi la vita, per sé e per i figli?
Che cosa può fare una madre
in difficoltà che magari, rivolgendosi alla pubblica assi
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stenza, rischia di farsi togliere
il figlio perché non lo può
mantenere? Forse preferisce
morire con lui che vivere senza di lui.
Troppo sole le madri, troppo soli i figli quando il senso
comune non permette la precarietà, non accetta le difficoltà e non contempla la
comprensione ma piuttosto
invita alla distruzione. Possono forse bastare le parole di
una poliziotta a salvare una
vita, ma spesso si preferisce
non parlare e non vedere per
poi dire «poverina quella madre che in un gesto di follia...».
Dietro ogni suicidio ci sono
parole non ascoltate, parole
non pronunciate, non esiste
discolpa quando si può percepire la disperazione anche
se non manifesta. Esiste un
razzismo inconsapevole che
non contempla le differenze
etniche, ma la non volontà e
l’incapacità di comprendere
l’altro. Una madre sola con
un figlio, profughi di guerra,
che abitano accanto a noi,
hanno bisogno forse di qualcosa di più anche se forse
non ce lo chiedono: devono
ammazzarsi per farci capire
che avevano bisogno di noi.
Nessuna vita si abolisce se
qualcuno ci è accanto, se
qualcuno ci parla e ci fa capire che esiste una via d’uscita.
11 suicidio, anche quello allargato, è sempre un atto di parola, è un bombardamento di
messaggi che riceviamo.
Antonella Caroli - Trieste
Il nostro
giornale
si adegua
Penso proprio, con mio
grande rincrescimento, e con
me altre persone, che non
rinnoverò l’abbonamento al
nostro giornale per il 1997.
Esso si appropria di un titolo
«Riforma», impegnativo, un
titolo che dovrebbe portarlo
a una riforma radicale di
contenuto e di idee; questo
non succede. Il nostro giornale si è appiattito né più né
meno come tutti gli altri; e sì
che, con tutto ciò che succede nel nostro paese, di materiale per denunciare, criticare, alzare la voce, ce ne sarebbe a volontà.
Tempo fa ho scritto una
lettera alla «stanza» di Montanelli sul «Corriere della sera» per replicare a Vittorio
Messori e all’arroganza espressa nel suo articolo in cui
rispondeva a Kùng dicendo
che la sua riforma era già fallita con Lutero. Naturalmente questa mia lettera non è
stata pubblicata. Una copia
l’avevo inviata a «Riforma»,
ma sull’ultimo numero ho
notato con sorpresa che non
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DICEMBRE 1996
Dov’è mio fratello?
Profughi
Un grido daH’Africa
Usa
La Destra religiosa nel regno di Bill II
Ebraismo
Channucah, la festa delle luci
Politica
Rocard: ridurre Torario di lavoro
Confronti- una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire ®6.000;
smtore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul c^ 6128S0U l
jik una copia ornalo telefonando allo Ub~4ö^uoüo, lax ^»0*1
^ (indirizzo Internet; Http://hella,stm.it/market/8cVh6me.htm)
solo non è stata pubblicata,
ma è stata solo menzionata.
Censure anche su «Riforma»?
Mancanza di spazio?
È più di un mese che il popolo italiano e quindi anche
noi protestanti veniamo giornalmente «bombardati» dalla
figura del papa, dalla sua malattia fino al 50° anniversario
del suo sacerdozio, e noi subiamo passivamente. Il 10
novembre Raidue trasmette
da Zurigo il culto della Riforma, neanche un’ora di trasmissione. Il culto viene orribilmente mutilato, e noi? Silenzio totale. Il nostro giornale non prende posizione, non
una parola di condanna o
semplicemente di critica. Si
continua a subire, si preferisce dar spazio sulle nostre
pagine parlando di quell’ecumenismo che in realtà non
c’è e che se è appena percettibile, lo si identifica solo per
ecumenismo di vertice. Basta
seguire la nostra stampa, radio, televisione su alcune rubriche cattoliche per rendersi
conto che l’ecumenismo in
Italia non esiste che le nostre
posizioni, il nostro modo di
pensare sono distanti anni
luce da quelle cattoliche. Ancora nell’ultimo numero di
«Riforma» tutta la prima pagina è dedicata a Bill Clinton.
Ma scusate, quanto pensate
che possa interessare un articolo del genere agli evangelici italiani?
Non vedo nel nostro giornale un qualcosa in grado di
prendere seriamente in considerazione i nostri problemi,
i problemi di una minoranza
protestante in Italia, dove
quotidianamente è messa a
tacere la nostra voce. Abbiamo un nostro organo di
stampa su cui potremmo farci sentire, per replicare a tutto ciò che erroneamente viene fatto credere agli italiani,
un giornale che in fin dei
conti può e deve essere ospitato nelle nostre bacheche
proprio per far sentire una
voce diversa, un giornale che
dovrebbe essere veramente
di nome e di fatto protestante
e che invece non lo è (queste
sono osservazioni di abbonati che protestanti non sono);
tutto questo non lo è: perché?
Sergio Margara - Vercelli
Punto
dì non ritorno
Caro direttore,
scrivo a proposito dell’articolo di Francesca Spano sul
numero dell’8 novembre. Negoziare con l’altro. Premetto
che non sono sicuro di aver
capito quello che l’autrice
voleva dire, quando parlava
di negoziazione con i/le rappresentanti di culture che sono diverse dalla nostra (nel
caso citato, l’infibulazione di
cinque bambine, di una diversità francamente brutale
truculenta).
Credo però che Francesca,
che spero non si offenda, si
esprima in maniera un po’
paternalista, quando sostiene
un incontro che superi l’«imposizione legislativa»: la nostra cultura dovrebbe discutere alcuni principi con altre
culture, per trovare una convivenza possibile. In questo
modo, però, dimostreremmo
una vera superiorità perché
noi potremmo discutere, e
mettere in discussione, i nostri principi (cosa che facciamo spesso e volentieri, un
po’ troppo), mentre chiaramente le altre culture non sono capaci di mettere in discussione i loro principi allo
stesso scopo, ed effettivamente non lo fanno.
Penso infatti che la maniera migliore per non considerare le persone che arrivano
nei nostri paesi da terre (e
culture) diverse come semplici ospiti passeggeri, ma
piuttosto come potenziali
concittadini (per un credente
fratelli e sorelle) sia quella di
avere il coraggio di dire dei
forti «sì, sì» e «no, no». Vale a
A proposito del rientro dell'Italia nello Sme
L'etica e gli affari
SERGIO N. TURTULICI
DOPO quattro anni di esilio valutario
l’Italia rientra nello Sme, il Sistema monetario europeo, dopo un braccio di ferro e
con una parità centrale, 990 lire contro il
marco tedesco, più arduo da tenere di quella
che si era richiesto. È il primo passo verso
l’unione monetaria, altri dovranno seguire
per avere titolo all’ingresso e per restarci.
C’è una lezione etica in questo purgatorio di
quattro anni e in questo difficile affacciarsi
ora tra i paesi meglio in grado di tenere i
conti, la casa in ordine? Può esserci etica del
mercato, uno stare in esso con condotte
economiche corrette, attente al profitto privato e al bene comune?
Sono convinto di sì. La tangentopoli italiana non è stata frutto del male in sé dell’economia di mercato. Al contrario, è stata frutto
di una cultura che al mercato ha guardato
con sospetto, imbracandolo nei lacci dello
stato pedagogo, dello stato etico. Quanto i
pedagoghi possano essere maestri di peccato Fabbiamo appreso dall’apostolo Paolo in
Galati, quanto possa essere violento sull’uomo lo stato etico dovremmo averlo appreso
dai nazionalfascismi e dai comuniSmi di
questo secolo. Rientriamo dunque nello
Sme. Rientriamo perché (con pena, ritardi,
resistenze, irrigidimenti, sbandate) stiamo
imparando a bere le medicine amare. Perché a fatica apprendiamo, ha detto Fazio,
governatore della ¡Banca d’Italia, parafrasan
do l’Ecclesiaste, che «c’è un tempo per far
crescere la spesa pubblica e un tempo per
tagliarla» perché nelle famiglie riscopriamo
comportamenti di spesa virtuosi, ci affranchiamo dalle orge consumistiche, dagli stili
di vita dello spreco, del «capo firmato», torniamo a comprare dove si compra bene e a
poco. Perché stiamo imparando che è lecito
fare alfari ma si deve farli alla luce del sole,
senza scambi innominabili, cercando il profitto privato e servendo, perché no, il paese.
Questo paese cattolico ha vissuto, nella
psicologia del profondo, il fare affari come
peccato, se ne è contagiato anche qualche
protestante. Per entrare in Europa bisogna
cambiare le vecchie abitudini, ha osservato
il ministro del Tesoro nel governo Amato,
«mettere sangue tedesco in un organismo
che potrebbe voler mantenere testa e cuore
italiani». 450 anni fa a Ginevra Calvino legittimava il prestito a interesse e, piaccia o no,
metteva ali all’economia finanziaria. Oggi
cattolici come Novak riscoprono «gli affari
come vocazione», come responsabilità etica,
la Chiesa cattolica si interroga sulla contemperanza di etica cristiana e economia.
La libertà del mercato è positiva se si coniuga all’attenzione agli altri, al servizio. Se
non cambiamo in fretta abitudini c’è il rischio che un cancelliere come Helmuth
Kohl, cattolico del paese di Lutero, che ci ha
posto condizioni dure per il primo approccio alTEuropa della moneta unica, ci cacci
fuori appéna entrati.
dire che noi dobbiamo sapere dire che vi sono dei punti
di non ritorno che la nostra
cultura ha raggiunto e a cui
non intende per niente rinunciare come, nel nostro
caso, il diritto alla salute dei
singoli cittadini, magari a costo di semplificare un po’ le
valenze «simboliche» delle altre culture. Questo va detto a
tutti, ai pedofili belgi ma anche agli immigrati senegalesi.
L’alternativa a questa affermazione mi pare portare direttamente al razzismo peggiore, cioè a considerare intimamente gli altri, quelli che
non condividono la nostra
cultura, inferiori (perché io
continuerò a considerare
l’infibulazione un atto barbaro, e la sola idea che venga
praticata su mia figlia mi
mette i brividi).
Detto in altre parole, a me
non importa niente del significato profano dell’infibulazione: a me importa che tutti
quelli che abitano l’Italia abbiano gli stessi diritti e gli
stessi doveri, al di là della loro
cultura. E non sono assolutamente disposto a «negoziare »
questo principio.
È vero che lo stato è manchevole se non riesce a spiegare a tutti che esistono degli
strumenti legittimi per mettere in discussione le leggi,
cioè la democrazia rappresentativa, ma questo non
cambia il problema. Se esisterà mai una lobby che riesce a imporre l’infibulazione
per legge (o a depenalizzarla), questa sarà legale: in caso
contrario, questa sarà sempre (e sono sicuro, giustamente) reato, e per tanto punibile e da punire, al di là delle «attenuanti culturali».
Gregorio Plescan - Biella
A Errata
corrige
Per un errore di composizione, nell’editoriale a firma
Piera Egidi (n. 46, pag. 10),
una frase risulta alterata nel
suo senso. Laddove è stampato: «Niente di più pericoloso che moralizzare la politica», è da leggersi invece:
«Niente di più pericoloso che
sacralizzare la politica», che è
cosa ben diversa.
Nel numero 45, pag. 1,
nell’articolo «Elogio dell’insonnia» di Lello 'Volpe ci sono
stati due errori: Faust, nella
risposta a Mefistofele, dice:
«No, io non cerco...», e la citazione in latino di Lutero è:
«Homo incurvatus in se». Ce
ne scusiamo con gli autori e
con i lettori.
A Una chiesa
più conforme
Ultimamente sono comparsi su «Riforma» due articoli
che rivelano lo stesso modo di
impostare il dialogo ecumenico: nel primo il teologo valdese Ermanno Genre, nel giustificare la proposta di destinare
una quota dell’otto per mille
«per finalità culturali», dichiara che il fare cultura protestante in Italia mediante l’editrice Claudiana o la Facoltà di
teologia soddisfa anche coloro che, pur non essendo evangelici, sono interessati a che
«questa forma del cristianesimo occidentale che noi rappresentiamo, altra, diversa dal
cattolicesimo romano, continui ad esistere e, se possibile,
si rafforzi» (Tre sorelle in cerca di fortuna, 8/11/96). Nel
secondo si commenta il 1 teologo cattolico Hans Kùng, che
constatando che la «nave»
della Chiesa romana rischia di
affondare perché il suo capitano vuol riportarla «a tutti i
costi nel porto della medievale pseudosicurezza» scolastica, anziché regolarsi sulla
«bussola» del Vangelo, osserva che il temuto naufragio inquieta non solo i passeggeri
cattolici dell’imbarcazione,
ma anche «le persone appartenenti alle altre confessioni
cristiane» (La Chiesa cattoli
ca? Una nave che rischia di
affondare, ivi).
Se giustamente è stato fatto
notare che il modo di pensare di Kùng è condiviso da milioni di cattolici che, come
quelli del movimento «Noi
siamo chiesa», si rendono
conto di come «l’altro modo
di vivere il cristianesimo, cioè
il protestantesimo, è un po’
lo specchio di quello che il
cattolico non è (o non ha) ancora», è forse lecito concludere che ormai non si deve
più parlare di contrapposizione polemica, ma di confronto tra due forme di cristianesimo? Quando Genre si
chiede se «non è questo uno
dei frutti del nostro impegno
ecumenico e della nostra disponibilità al dialogo», mi
viene voglia di aggiungere
che forse siamo ancora a
metà del guado perché, a mio
modo di vedere, quel confronto tra resistente che non
soddisfa più e l’aggiornamento desiderato anche da
Kùng dovrebbe immancabilmente sfociare non nel rafforzare quell’«altra» forma o
queir«altro» modo di essere o
di vivere il cristianesimo, ma
nell’instaurare una nuova
chiesa più conforme alla volontà del suo Signore: il che
non potrà darsi che con una
ripresa vigorosa dell’evangelizzazione a tutti i livelli.
Giovanni Gönnet- Roma
RTECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
La moglie, il figlio e i famiiiari
tutti dei caro
Giovanni Davide Bertin
riconoscenti per la grande dimostrazione di affetto tributata al loro
caro, ringraziano quanti con presenza, scritti e parole di conforto
hanno partecipato al loro dolore.
Un particolare ringraziamento
aila dott.ssa Paoia Grand, ai personale tutto dell’Ospedale valdese di Torre Peliice, aila Cri di Torre Peliice, al Pronto soccorso
dell’Ospedale civile di Pinerolo,
alla sig.ra Liliana Bertin e ai pastore Gianni Genre.
vaiar Pollice, 30 novembre 1996
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore ha dato, il Signore
ha tolto, sia benedetto
il nome del Signore»
Giobbe 1, 21
Ha terminato la sua lunga giornata terrena ii dott.
Mario Alfano
A funerali avvenuti lo rammentano a quanti lo conobbero le figlie Fioreila ved. Vola con Marco,
Silvio e famiglie, Clara, il figlioccio
Mario Mandrino, i cognati Aido e
Tiziana Durand, i nipoti, i cugini e
le affezionate Paimira Micoi, M.
Vittoria Bruno, Anna Bechis, Tina
Gaietto, Nunzia Loddo.
Pinerolo, 6 dicembre 1996
RINGRAZIAMENTO
«Consolatevi voi tutti
che mi eravate tanto cari,
lo vi lascio un mondo di dolore
per un regno di pace.
Gesù dice: io vivo e voi vivrete»
Giovanni 14, 19
«L'anima mia s'acquieta in Dio
solo, da lui viene la mia salvezza»
Salmo 62, 1
La figlia e i familiari tutti della cara
Nelda Codino ved. GardioI
esprimono profonda riconoscenza a coloro che con scritti, presenza e fiori hanno partecipato ai
ioro cordoglio.
Un ringraziamento particolare
al pastore Vinti, a Attilio, a Miriam
e ai vicini di casa che tanto si sono prodigati nella dolorosa circostanza.
Prarostino, 6 dicembre 1996
16
'V
PAG. 1 2 RIFORMA
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Globale
VENERDÌ 6 DICEMBRE 1996
li—
Dichiarazione presentata dalle organizzazioni religiose al Vertice della Fao
La gente ha fame dì pace così come ha fame di cibo
«
»
La dichiarazione che segue è stata letta al recente Vertice mondiale della Fao a Roma da Anne Wacira, anglicana del Kenia,
membro della delegazione del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec) al Forum delle Organizzazioni non governative (Ong) che
si è tenuto parallelamente. All’ultimo momento le Ong sono state
informate che avrebbero avuto diritto a un intervento di 4 minuti al Plenum della Conferenza, a nome di tutte le organizzazioni
religiose. La dichiarazione riprende alcuni punti dell’ampio documento preparato dall’Unità III del Cec (Giustizia, pace e integrità del creato) e che non ha potuto essere letto pubblicamente.
Da notare che il papa ha avuto diritto ad un intervento di oltre
mezz’ora all’apertura del Vertice e il cardinale Sodano a uno di 7
minuti, come tutti i capi di stato e di governo presenti a Roma.
(Traduzione dall’inglese di Jean-Jacques Peyronel)
«Ringrazio per l’opportunità che mi è
stata data di parlare a nome delle organizzazioni religiose ma non posso pretendere di parlare a nome di tutte le religioni del mondo. Le Organizzazioni
non governative del Forum sono state
informate soltanto alle ore 12 di ieri che
potevano designare un portavoce per
tutte le fedi religiose. Il gruppo che è
stato in grado di incontrarsi per preparare questa dichiarazione era prevalentemente cristiano ma ha cercato di tener conto delle posizioni di tutte le fedi.
Oggi, i problemi della povertà e della
fame non sono meramente politici ed
economici ma anche etici. Gli abitanti
del mondo industrializzato consumano
cibo in modo insostenibile e usano le risorse naturali del mondo in modo insostenibile. La terra, l’acqua, le risorse genetiche e tutte le risorse della natura sono nostre come doni. Molte di queste risorse, come la terra coltivabile e i semi,
così essenziali per gli approvvigionamenti alimentari del futuro, si stanno
erodendo. In quanto esseri umani, siamo chiamati a vivere rapporti di sorellanza e di fratellanza con tutta la natura.
Nel 21° secolo diventerà una questione di sopravvivenza umana sviluppare
un’etica della sufficienza, imparando
ad usare moderatamente le nostre risorse e distribuendole in modo più
equo tra e all’interno dei vari paesi.
Questa etica dovrà inspirare politiche
di generosità, onde assicurare che tutti
gli affamati siano nutriti. L’obiettivo deve essere quello di raggiungere la sicurezza alimentare a livello familiare e individuale, garantendo che i contadini
siano in grado di produrre per il consumo locale prima che per il mercato. I
popoli con i loro bisogni alimentari devono occupare il primo posto della no
stra attenzione e delle nostre politiche;
il commercio e la tecnologia sono soltanto strumenti secondari per raggiungere queste priorità.
In occasione dei Vertici precedenti, i
leader religiosi hanno parlato dei pericoli della globalizzazione e della liberalizzazione totale del commercio. Nei loro negoziati nell’ambito della World
Trade Organization [Organizzazione
mondiale del commercio, ndr], i governi hanno dato la priorità al commercio
anche là dove era stato dimostrato che
questo minacciava il sostentamento e
la sicurezza alimentare dei piccoli produttori. Ci rallegriamo di vedere che nel
“Impegno n. 4”, i governi si sono messi
d’accordo per adottare un approccio
più equilibrato, chiedendo un sistema
commerciale mondiale giusto e orientato sul mercato. Un sistema commerciale giusto è quello che garantisce l’accesso ai mercati, soprattutto locali e regionali, ai produttori più poveri. Dobbiamo anche porre rimedio all’impatto
delle politiche di aggiustamento strutturale che hanno costretto i poveri a
ipotecare i loro stessi bambini per garantire il servizio del debito estero.
La richiesta di una regolamentazione
internazionale sulla protezione dell’
ambiente nei confronti delle società
trtmsnazionali è stata tolta dal Piano di
azione. Ignorare la ricchezza e il potere
delle società transnazionali vuol dire
ignorare la realtà della produzione alimentare e della distribuzione. Ci rallegriamo per i segni di disponibilità al
dialogo tra il settore delle multinazionali e la società civile. Ma qualsiasi Piano
globale di azione deve almeno riconoscere il ruolo delle società transnazionali e il loro impatto negativo nei confronti dei piccoli produttori alimentari.
La gente ha fame di pace così come
ha fame di cibo. Il commercio delle armi è uno dei maggiori fattori nell’attuale globalizzazione dell’economia. È una
delle principali cause di conflitto e di
allontanamento dei popoli dalle loro
fonti di sostentamento; molti di loro sono affamati. Dobbiamo smetterla di
usare il cibo come un’arma.
Il Piano di azione cerca di chiarire il
contenuto del diritto a un’alimentazione adeguata. I governi hanno demandato questo compito ad altri organi
dell’Onu, lasciando da parte il suggerimento di un codice internazionale di
condotta o di una convenzione per la
sicurezza alimentare che potesse garantire uno dei diritti umani più fondamentali. Ci chiediamo se la proposta
contenuta nel "Impegno n. 7” circa le
“possibili istruzioni volontarie per la sicurezza alimentare per tutti" sia davvero all’altezza dell’urgenza del problema: la necessità cioè di impedire tante
morti evitabili e tante menomazioni fra
i bambini del mondo.
Siamo stati creati come esseri dotati
di libera volontà. Siamo chiamati a scegliere la vita. Ma siamo liberi di accettare o di ignorare questa chiamata. I
governi possono adottare la Dichiarazione di Roma e il Piano di azione ma,
dato che il Piano non è un trattato vincolante, essi sono liberi di attuarlo o di
ignorarlo. Come rappresentanti di organizzazioni religiose, ci auguriamo
che tutti coloro che occupano posti di
responsabilità sceglieranno la vita. I
governi da soli non possono farlo. La
società civile da sola non può farlo.
Non dobbiamo agire come partner per
un mondo che garantisca la sicurezza
alimentare per tutti. Se non ora, quando? Se non noi, insieme, chi?».
Le Ong e la sicurezza alimentare
Una questione di giustizia
VOLOLONA ANDRIAMITANDRINA
RANDRIAMANANTENA
PER la prima volta nella
storia, è stata lanciata la
sfida a passare dalle parole ai
fatti in materia di fame nel
mondo. Parallelamente al
vertice della Fao che ha riunito a Roma tutti i capi di
stato e di governo, le Organizzazioni non governative
(Ong), insieme ai loro partner di vari paesi, si sono ritrovate insieme a Air Terminal. Questo forum per la sicurezza alimentare voleva
tentare di fare sentire la voce
di un miliardo di persone affamate e malnutrite nel
mondo, per la maggior parte
donne e bambini. Effettivamente, circa un migliaio di
persone venute dall’estero si
sono incontrate, ognuna
portando le esperienze e le
realtà del proprio paese.
È stata una riunione piena
di colori: quello della pelle,
quello dei vestiti, quello delle
idee... Il colore rosa del sorriso e del saluto mentre si
chiede il paese di provenienza; il colore rosso del dialogo
serrato dopo gli interventi; il
colore bianco della sincerità
nel parlare della purezza. La
gioia dell’incontro presentava due facce: la speranza di
future corrispondenze (colore verde), ma anche il rimpianto di di tornare al paese
con una delusione (colore
grigio).
Certo, il forum non poteva
portare una soluzione a tutti
i problemi sul tappeto. Non
poteva che essere una grande occasione di incontro per
sollevare problemi abbastanza comuni, per ascoltare i vari tentativi sperimentati qui o
laggiù e per valutare l’effica
cia di queste soluzioni ma
anche il loro fallimento o i
loro limiti.
Sono state fatte molte dichiarazioni, in particolare da
parte delle donne africane e
asiatiche... e da parte dei religiosi. Il ruolo delle Ong è essenzialmente di dare man
forte ai gruppi produttivi.
Tuttavia, va rilevato che da
questo forum sono emerse
grida per ricordare il diritto
umano fondamentale all’alimentazione, cioè il fatto che
ognuno ha diritto di avere accesso, in ogni momento, all’acqua e a un cibo sano e nutriente, capace di assicurare
una vita degna e attiva. Sono
state proposte varie misure
per raggiungere questo obiettivo. Ad esempio la capacità
dei piccoli produttori agricoli
familiari, fra cui le donne giocano un ruolo centrale per la
sicurezza alimentare. Un’intera giornata è stata dedicata
alla «Women’s day food»
(Giornata dell’alimentazione
delle donne), durante la quale è stato posto l’accento sulla critica femminista della
mondializzazione della produzione alimentare e del
commercio.
Dato che l’80% dell’attività
agricola nel mondo viene
svolta dalle donne, durante
questo forum sulla sicurezza
alimentare, esse hanno cercato di farsi vedere e di farsi
sentire. È stata redatta una
dichiarazione delle donne rarali che poi è stata presentata
ai capi di stato presenti al
vertice della Fao. La dichiarazione afferma semplii emente che bisogna risolvere il
problema della malnutrizione che colpisce un gran numero di donne. E che questo
è un problema di giustizia!
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sa
m.
pi
Pi
sa
ar
co
sa
m
fri
su
ta
se
ve
cì
eh
ri
si
SI
Vi
Si
ir
n
n
L