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Anno 116 - N. 47
28 novembre 1980 - L. 300
Spedizione in ebbonamenlo postale
Gruppo bis/70
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ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PROTESTANTESIMO ED ECUMENISMO
9 punti
di vista
« Guai al mondo per gli scandali! Poiché ben è necessario che
avvengano degli scandali; ma
guai all’uomo per cui lo scandalo avviene» (Matteo 18: 7).
Sotto le dittature gli scandali
scoppiano in genere tutti assieme, quando la dittatiura giunge
alla fine; influiscono quindi solo
sulla valutazione che si può dare a posteriori della loro opera,
ma ben poco sulla loro esistenza, scarsamente sensibile ai problemi moralistici.
Sotto le democrazie gli scandali scoppiano più diluiti nel tempo e spesso in misura quantitativa e qualitativa superiore; è lecito supporre che il controllo
pubblico sul Potere abbia qualche utilità, mettendone in evidenza pecche ed errori con risultati
talvolta clamorosi. L’esempio di
Nixon negli Stati Uniti o quello
del ministro Profumo in Inghilterra ne sono una valida prova.
Il Watergate era fuori dalle regole del sistema democratico
americano e ha così fatto piazza
pulita di tutti coloro che vi erano implicati.
Gli scandali della democrazìa
(?) italiana non rientrano in nessuna di queste due categorie. Si
direbbe che da noi gli scandali
non avvengono per risanare il
sistema dalle sue più o meno
inevitabili pecche, ma piuttosto
come elemento proprio del sistema per consolidarlo, eliminando volta a volta gli uomini che,
per scarsa prudenza o per incapacità tecnica, non sono più considerati atti a gestirlo, ma con
10 scopo precìso di mantenere
11 sistema così come esso è, almeno lino al prossimo scandalo.
Fatti documentati fin dalla prima metà degli anni ’70 vengono
denunciati agli inizi degli anni
’80; sembra esista una sorta di
ammasso del materiale scandalistico, immesso sul « mercato »
solo quando può essere utilizzato a certi fini. Con l’evidente rischio che, una volta raggiunti tali fini, tutto venga insabbiato o
lasciato languire per anni, sicché quando lo scandalo giunge,
se mai giunge, a conclusione, lo
impatto sulla pubblica opinione
è, se non nullo, almeno molto
smorzato.
E gli esempi si sprecano: dallo
scandalo Montesi degli anni ’50
che lece accelerare a suo tempo
la crisi democristiana (quella
conclusa con l’allontanamento di
Piccioni, che pur non ci entrava
per niente) e finì poi in bolla di
sapone. O lo scandalo Lockheed
che non consentì ridentiflcazione della Antilope, ma provocò le
dimissioni di Leone (il Gava, uomo del suo giro, è comunque tuttora ministro) e si concluse con
Taflìdamento del « capro espiatorio » Panassi alle cure di un assistente sociale. O quello dei Servizi, segreti in tutto fuorché nelle prevaricazioni di vario genere.
In una parola si può dire che
gli scandali « seri » hanno un
forte peso morale che comporta
effetti politici, quelli « aH’italiana » hanno un peso politico che
comporta aspetti morali.
Può darsi che questa sia la
volta buona perché gli scandali
arrivino a conclusione, con gli effetti relativi; ma sembra certo
che oltre l’aspetto morale vada
considerato l’aspetto politico del
perché tanti scandali possano verificarsi e del perché vengano gestiti nel modo che quotidianamente constatiamo.
Niso De Michelis
I cieli a Dio, la terra agli uomini
II nostro contributo al dialogo ecumenico deve consistere in un riaffermare la netta distinzione tra l’ambito umano e quello divino senza per questo essere chiusi al contributo altrui
Alcune settimane fa — nella
predicazione inaugurale dell’anno accademico della Facoltà valdese di teologia, riportata dal
nostro giornale — il prof. Sergio
Rostagno, riferendosi alla indispensabile distinzione tra il piano della storia e quello di Dio,
diceva agli studenti in teologia:
« Se voi volete restare protestanti dovete mantenere lo stacco tra
i due piani ». Penso che proprio
per precisare il nostro contributo al dialogo ecumenico in quanto protestanti, il discorso sullo
« stacco » tra il piano umano e
quello divino vada ripreso e portato avanti. Vorrei farlo riferendomi alla parola di un salmo in
cui questa distinzione è particm
larmente netta: « I cieli sono i
cieli dell’Eterno, ma la terra l’ha
data ai figliuoli degli uomini »
(Sai. 115: 16).
11 protestantesimo della Riforma è stato la riscoperta della distinzione tra i cieli e la terra, tra
divino e umano, in un tempo in
cui più che distinzione vi era
mescolanza e sintesi. La concezione dell’universo propria del
Medio Evo era quella di un'irnmensa scala gerarchica, metà visibile e metà invisibile, che dai
servi della terra attraverso i vari scalini della società feudale
arrivava fino all’imperatore e al
papa, mentre nella sua parte invisibile saliva dai gironi del purgatorio ai cieli del paradiso fino
al Dio trinitario. In questa unione sostanziale tra terra e cielo
la chiesa costituiva il fattore unificante ed esercitava un potere
di giurisdizione non solo sulla
parte visibile dell’universo ma
anche, almeno in parte, sulla
parte invisibile (pensiamo alle
indulgenze per le anime del purgatorio e alla beatificazione dei
santi del paradiso), potere che si
esprimeva concretamente nella
dispensazione della salvezza attraverso i sacramenti.
I cieli restituiti
Nella riscoperta della distinzione tra cieli e terra, la Riforma ha riaiTermato anzitutto che
i cieli sono i cieli dell’Eterno, ha
restituito i cieli a Dio. Lo ha fatto in modo radicale, estremamente crudo, rifiutando la possibilità che gli uomini possano
avere potere sui cieli, proclamando la fine della mediazione
umana ecclesiastica e sacerdotale, la fine del magismo sacramentale connesso con le cose ecclesiastiche, in una parola la fine della sintesi tra cieli e terra.
Con questo non ha certo inteso svuotare i cieli e fondare l'autonomia deH’uomo su un cielo
vuoto, anche se correnti del pensiero moderno hanno ritenuto di
dover operare questo sviluppo e
di poter trovare questa sola base
per la piena realizzazione dell’uomo. Ha voluto invece restituire la maestà dei cieli riconoscendoli al Signore dell’universo
e riportando al loro posto quegli uomini che, per usare le parole di un altro salmo, « mettono la loro bocca nel cielo e la
loro lingua passeggia sulla terra » (73: 9). In questo la Riforma ha proclamato il « Soli Deo
gloria » che, non a caso, compare nell’apertura del salmo 115
che distingue così nettamente tra
cielo e terra: « Non a noi, o Eterno, non a noi, ma al tuo nome
da’ gloria ». Meno potere dispensatorio della salvezza riconosciuto agli uomini e all’istituzione
ecclesiastica, umiltà di un atteggiamento di ascolto, di mani vuote e bisognose di ciò di cui non
si dispone. Ma appunto per questo, rinnovato potere riconosciuto a Dio di essere il Signore nella sovranità della sua decisione
di salvare gratuitamente e soltanto in base al suo libero amore.
Nel nostro essere protestanti
oggi c’è quindi da chiedersi se
vi sia molto senso esserlo al di
fuori di questa riaffermazione.
Nella misura in cui oggi ancora
il cattolicesimo, pur in un contesto storico e sociale completamente diverso, ripropone il
proprio ruolo mediatorio, dispensatore di salvezza, nella misura
in cui il papa presenta carismaticamente anziché istituzionalmente — se stesso come punto focale, punto di incontro tra
terra e cielo, tra umano e divino,
sintesi religiosa, culturale, etica,
esistenziale in cui hanno da riconoscersi, affascinati, tutti gli uomini in buona fede, che altro
ruolo abbiamo noi protestanti,
in Germania come in Italia, se
non di ilaffermare che il rispetto
del divino per essere tale deve
rifiutare la tentazione di assog
LE BEATITUDINI - 7
Un unico progetto di vita
«Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Iddio» (Mt. 5: 8).
Le beatitudini sono tutte paradossali e ce ne siamo accorti nel
corso di queste riflessioni. Come
si fa a dire che i poveri, i sofferenti, gli affamati siano felici e
beati? E’ pur vero che abbiamo
visto come la felicità non è nella
situazione disperata che ci viene
presentata, ma è nella promessa
della liberazione da essa ed è
nella realtà del Regno; ora, però,
siamo davanti ad una beatitudine che è più assurda delle altre,
e proprio nel contesto biblico e
teologico del Nuovo Testamento.
Ci sono due motivi: 1), i puri
di cuore non esistono. Nessuno è
giusto, neppue uno, dice Gesù.
2), nessuno può vedere Dio e vivere, affermava l’Antico Testamento (Esodo 33), e Gesù aggiunge « nessuno ha mai veduto
Dio» (Giov. 1: 18). Ma ai non
credenti questo non basta! E allora proviamo a chiedere se qualcuno può affermare di sé di essere innocente di tutto (= puro).
Chi ha il cuore puro, alzi la mano!... Il che è come dire: « Chi
di voi è senza peccato, scagli per
primo la pietra »... Avere il cuore
puro dovrebbe significare purezza e... santità fin nel più profondo di se stessi. Chi può ardire
di affermarlo? Essere poveri, afflitti, affqntati, ed anche umili e
misericordiosi..., sono cose possibili e spesso drammaticamente
reali. Ma essere puri, anche in
ciò che di noi non appare este
riormente, è chiaramente impossibile! Un po’ di comportamento serio ed onesto, semplice
e schietto, è possibile riscontrarlo, ma chi può dire di twn aver
mai contravvenuto al X comandamento, quello che porta alla
luce anche le cose più recondite
e inconfessate di ciascuno? Quasi tutti i teologi affermano, circa
questa beatitudine, che Gesù, come ha assunto su di sé tutto il
peccato del mondo, così ha presentato se stesso a Dio come
l’unico giusto e puro, al posto
degli uomini, peccatori ed impuri. Ma, allora, come ha osato proporre questa parola alle folle ed
ai discepoli? Non li ha, forse, elegantemente presi in giro, ponendoli dinanzi ad una condizione
impossibile?
Cerchiamo, quindi, di capire
che cosa ha, probabilmente, voluto dire. Non vogliamo giustificare le parole di Gesù, ma vogliamo ricercarvi un messaggio che,
invece di incatenarci all’impossibilità, ci dia speranza e faccia
chiarezza. Occorre intanto notare che Gesù, nella sua polemica
con i Farisei (Me. 7: « è dal di
dentro, dal cuore degli uontini,
che escono i cattivi pensieri »,
V. 21; e Mt. 23 «sepolcri imbiancati... », V. 27), contrappone la purezza interiore, quella del pensiero (riferendosi, senza citarlo,
al X comandamento) all’apparenza esterna delle opere di pietà
che essi compiono. Gesù dà anche una interpretazione tutta
nuova (ovvero la riconduce al
senso originale) della cosiddetta
« purificazione rituale » di cui si
parla nell’A.T., specie nei Salmi,
dove si associa la purezza delle
mani a quella del cuore quale
condizione primaria per entrare
nel Tempio; ora il Tempio con il
suo luogo « santo », quello dove
venivano custodite le tavole della Legge, era considerato il luogo
più vicino a Dio, l’equivalente
del « vederlo ».
Ma Gesù non ha voluto dire
semplicemente ’’siate puri anche
dentro e potrete accostarvi al
Tempio legittimamente”. Il tempio di Dio non è più quello fatto
da mani d’uomo perché Dio è
spirito e da ora in poi (cioè da
Gesù in poi) Dio va adorato in
spirito e verità (vedi in proposito Giov. 4). Non c’è più alcun
monopolio sacerdotale o religioso che possa mediare il rapporto
con Dio. Ormai ogni credente,
che accetti di farsi purificare da
Dio, è in comunione con lui. Sarà
anche questa polemica contro
l’uso esclusivo, da casta, del
Tempio, che porterà Gesù fino
alla condanna della croce.
Ma torniamo ai « puri nel cuore ». Non è possibile indicare
« chi » sono, perché non è una
condizione che qualcuno possa
avere « di per sé » ( nessuno è
giusto, neppure uno...). Si tratta
allora di una realtà tutta nuova
Paolo Sbafi!
(continua a pag. 10)
gettarlo in qualche modo all’umano? I cieli sono i cieli dell’Eterno e non li ha dati ai figliuoli
degli uomini!
La terra ritrovata
E la terra? La terra, liberata
dall’ipoteca e dalla tutela ecclesiastica è stata ricondotta — dalla Riforma come premessa, ma
dal pensiero laico e scientifico
nel suo sviluppo — al suo ambito proprio: non un ambito semidivino di magismo e di conseguente superstizione, ma un ambito totalmente umano, creaturale. . - . ,
Di questa ritrovata laicità della terra, degli uomini, della società, basta citare un paio di
esempi.
Il luogo in cui vivere la vocazione cristiana espressa nell’Evangelo è la terra del consorzio
umano, dell’attività, della professione, del mestiere e non la
non-terra del monastero. Non a
caso uno stesso termine indica,
nel tedesco di Lutero, mestiere
e vocazione.
E così pure, terra viene a significare laicità dell’organizzazione della società, non più collegata alla parte superiore della
scala dell’universo da un preteso diritto divino a copertura degli interessi di insindacabili monarchi e principi, ma connessa
ai popoli, ad una partecipazione
sempre più larga delle sue componenti, nella laicità delle regole
dell’organizzazione stessa dei
suoi tentativi, della sua legittimazione, compresa la possibilità — non demoniaca! — di operare cambiamenti anche radicali.
Con questo la Riforma non ha
inteso sciogliere ogni legame della terra dal cielo, facendone l’ambito di un incontrollato arbitrio
orientato dall’unica stella polare
dell’autosoddisfazione, anche se
determinate correnti di pensiero
e di azione hanno ritenuto di
poter operare questo sviluppo.
Ha inteso invece fare della terra il luogo della responsabilità e
della maturità dell’uomo che da
una parte non possono più essere sacrificate ad una pretesa tutela divino-umana senza dissolversi in nulla lasciando l’uomo
in stato di perenne minorità; e
dall’altra rimangono effettive solo se costantemente commisurate e collegate alla statura dell’Uomo nuovo apparso sulla scena della storia e testimoniato
nel Nuovo Testamento.
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 10)
SOMMARIO
□ Predicatori locali:
un richiamo alla nostra storia, di C.
Tron, p. 2.
□ Papa Wojtyla non
va né avanti né indietro, di G. Platone, p. 3
□ La donna evangelica nell’impegno ecclesiastico e sociale,
a cura della FFVM,
pp. 4-5.
□ Cronaca delle Valli
pp. 6-9.
□ Volti diversi della
detenzione, di D.
Jouvenal, p. 10
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28 novembre 1980
7 DICEMBRE, GIORNATA DEL PREDICATORE LAICO
Un richiamo alla nostra storia
Per le Chiese Valdesi e Metodiste dedicare una domenica alla riflessione sul ministero del
predicatore laico signiflca richiamarsi ai fatti fondamentali della
loro storia e non solo aggiungere una domenica speciale alle
tante altre che ci sono già nel
nostro calendario ecclesiastico.
Scrive uno storico del metodismo, H. B. WORKMAN:
« Al contrario della Chiesa Anglicana, il metodismo, privato del suo ministerio pastorale, potrebbe ancora sopravvivere. Ma privato dei suoi collaboratori laici, certamente sparirebbe.
Non soltanto il suo benessere: la sua
esistenza stessa dipende dal loro servizio ».
Lo stesso, del resto, può essere detto del valdismo. E questo
nella duplice anima di quest’ultimo: quella medioevale, di movimento ereticale; e quella moderna, di chiesa riformata. I nostri
« padri della chiesa » erano dei
predicatori laici.
Valdo
Valdo di Lione è stato il primo predicatore laico della storia. Anche gli apostoli erano laici, ma non ci si accorgeva di
questo loro stato perché non c’era un « clero » da cui potessero
distinguersi. Con Valdo, invece,
questa distinzione acquista tutto
il suo peso. La protesta di Valdo è volta soprattutto a rivendicare l’opportunità del ministero
del predicatore laico. I suoi compagni dicevano:
« Secondo la grazia che ci è stata
fatta ed in seguito all'ordine del Signore che si mandino degli operai nella
messe (Matteo 9: 38], ci siamo decisi
a pregare e a predicare. Così facendo,
iniziamo il ritorno alla chiesa primitiva ».
Questa predicazione è la causa
principale della scomunica. Essa
rivela malgrado l’opposizione ecclesiastica i suoi due caratteri
fondamentali: è al tempo stesso
un atto di libertà e un atto di obbedienza. Un atto di libertà: « Secondo la grazia che ci è stata
fatta... ». Non sono necessarie
autorizzazioni della gerarchia:
purché sia fatta grazia da parte
di Dio, poi la predicazione è possibile. Ma un atto anche di obbedienza: il predicatore è vincolato all’ordine del Signore, non
solo per il fatto del predicare,
ma anche e soprattutto per il
contenuto della predicazione.
Calvino
Giovanni Calvino è il secondo
grande predicatore laico della
nostra storia. Avvocato, Calvino
non è mai stato consacrato pastore. Eppure tutti sanno che cosa è stato il suo ministero per
la diffusione e l’irrobustimento
della Riforma protestante. A lui
dobbiamo come valdesi e come
riformati una parte cospicua del
nostro pensiero teologico. Per
Calvino la predicazione laica è
una protesta contro il « regnum
papale», a favore di una concezione della chiesa come « ceto
del popolo fedele, raccolto nel
nome del Signore ». Calvino,
dunque, fa della predicazione
laica una contestazione dell’ordine ecclesiastico cattolico. Ma è
diffìcile sostenere che egli non
sia stato consacrato. Una sera
dell’agosto 1536 mentre stava
passando per Ginevra per recarsi a Strasburgo, fu fermato dal
riformatore Guglielmo Farei il
quale gli espose la situazione ginevrina, invitandolo a collaborare con lui per l’opera della riforma. Alle resistenze del giovane
avvocato Farei rispose: « Nel
nome di Dio onnipotente io ti dichiaro: tu prendi a pretesto i
tuoi studi, ma se rifiuti di dedicarti insieme a noi a quest’opera del Signore, Dio ti maledirà,
perché tu cerchi te stesso anziché
Cristo ». Questa strana liturgia
può essere considerata l’atto di
consacrazione di Calvino. La predicazione laica può nascere in
qualsiasi modo.
Tommaso Maxfield
In modo strano nasce anche
la predicazione laica in campo
metodista. Durante un viaggio a
Bristol nel 1739, Giovanni Wesley
aveva affidato a un muratore
convertitosi all’Evangelo il compito di « esortare » i fratelli della « Fonderia » di Londra. « Esortare » non significava predicare
la Parola, ma soltanto dare dei
consigli pii. La predicazione del
testo biblico era prerogativa dei
ministri ordinati. Giunto a Bristol, Wesley venne a sapere che,
invece, il giovane muratore, di
nome Tommaso Maxfield, predicava su testi della Scrittura.
Rientrato immediatamente a
Londra per reprimere T« abuso »
l’iniziatore del metodismo fu accostato da sua madre che gli rivolse queste parole:
« Giovanni, tu sai quali sono stati i
DALLE CHIESE
Ancora terremoto nel Sud
Nella preoccupazione e nella
preghiera di intercessione al Signore pensiamo ai nostri fratelli
delle Chiese valdesi, metodiste,
battiste, libere, luterane, di altre
comunità evangeliche della Campania e della Basilicata, che insieme alla loro gente soffrono
per la nuova angosciosa tragedia
che ha colpito il Sud. A contatto
diretto solo con Roma — le linee telefoniche con Napoli sono
interrotte — al momento di andare in macchina sappiamo solo
questo:
La Giunta della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia
si riunisce martedì 25 per esaminare la situazione e decidere
in merito agli aiuti. È certo che
una colletta sarà indetta in tutte
le chiese (comunicazione ne sarà data nel notiziario evangelico
di domenica mattina, dopo il
culto radio - 1“ rete, ore 7.35). È
anche probabile che la Federazione organizzi un gruppo di intervento che visiterà le zone terremotate.
Una predicazione
per molte chiese
BOLOGNA - « Domenica 12.10,
in occasione dell’Assemblea di
Chiesa, indetta per la elezione del
Consiglio di chiesa e per la programmazione delle linee generali
di attività della comunità, si è verificato un fatto assolutamente
nuovo nella storia di questa comunità, e cioè che i pochi presenti non hanno ritenuto, nonostante le discipline, di essere in
numero sufficiente per rappresentare degnamente la comunità
stessa » — cosi ha detto durante
la predicazione domenicale del
19.10 Umberto Pastpischl, presidente del Consiglio di chiesa di
Bologna e predicatore locale.
Prendendo lo spunto da questo
fatto e basando la sua meditazione sul testo di Rom. 12: 5
(« Noi che siamo molti, siamo
un sol corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l’uno
dell’altro»), egli ha sottolineato
la gravità del fatto non tanto per
la « normale amministrazione »
della chiesa locale, che senza
eccessivi problemi potrà essere
assicurata dal Consiglio di chiesa in carica, quanto per ciò che
egli interpreta come « indice di
un più sottile e profondo disgregamento della coesione di fede
della comunità stessa ».
Dopo aver contrapposto la
stanchezza nei confronti della
verbosità di ogni tipo di riunione e l’esigenza di essere testimoni della Fede (e quindi non di
opinioni) nella società e tanto
più nella comunità, il predicatore ha illustrato l’immensità della Fede di fronte alla quale la
piccolezza di un’Assemblea di
chiesa è come una pozza d’acqua
lasciata sulla riva dalla bassa
marea dell’immenso oceano. Ma
appunto, l’acqua di quella pozza
è la stessa di quella dell’oceano.
Di qui la necessità di vivere la
Realtà che è negli eventi cosmici anche negli eventi minimi della vita. Altrimenti, il non saper
stare insieme nella realtà minima di un’assemblea di chiesa
significherebbe « amputarsi l’uno
dell’altro entro il corpo del Signore ».
Roberto Wigley
RIESI — Venerdì 7 novembre
si è spento all’età di 90 anni Ting.
Roberto Wigley. Aveva lavorato
alla Pirelli Inglese, ma dal 1963,
quando gli mancò la moglie, venne a vivere con la figlia Irene al
« Servizio Cristiano » di Riesi e
da allora il gruppo comunitario
era praticamente la sua famiglia.
Vi si era inserito molto bene
dando anche la sua attività come insegnante di disegno al nostro Centro per la formazione di
meccanici, dal 1963 al 1970.
Anche quando non poteva più
lavorare partecipava alla vita del
gruppo senza che la forte differenza di età creasse alcun problema.
La sua dipartita è stata un dolore non solo per la figlia Irene,
che a lui dava tutte le cure, ma
anche per il gruppo che le era
vicino nell’assisterlo.
miei sentimenti. Non devi sospettare
che io favorisca alla leggera qualunque manifestazione di questo genere.
Ma bada a quello che fai nei riguardi
di questo giovane, perché in verità
egli è stato chiamato a predicare tanto quanto te. Esamina i frutti della sua
predicazione, e ascoltalo tu stesso ».
Wesley ascoltò. E fu convinto.
Dopo Maxfield ne vennero altri:
Giovanni Nelson, anche lui muratore; Maria Bosanquet, fondatrice di opere di assistenza; Filippo Embury, falegname. E poi
tanti altri. La schiera dei predi
catori e delle predicatrici è stata
in certi periodi più nutrita; in
altri più smilza. Ma non è mai
venuta del tutto a mancare, nemmeno nei periodi di maggior clericalismo delle chiese.
A questa schiera di « padri »
si ricollegano i 147 predicatori
dell’Unione Predicatori Locali
valdesi e metodisti di oggi e osano proporre ai giovani delle nostre chiese di accettare questo
tipo di vocazione che ancora oggi il Signore rivolge.
Claudio Tron
RELIGIONE A SCUOLA
Furori anticlericali?
Il problema deU’insegnamento
della religione cattolica nella
scuola pubblica passa dal livello
individuale ad una fase di presa
di coscienza che va diventando
collettiva. Non è più una questione limitata — come interesse e
come lotta — alle « minoranze »,
ma comincia a coinvolgere più
ampi settori di cittadini e di organizzazioni (anche i Sindacatiscuola!) sinora in parte assenti
dal dibattito, in un impegno di
libertà, di Costituzione della Repubblica italiana, di riordino di
programmi scolastici, di costume di vita, e di ordinamenti.
Questo è emerso — anche questo — da una Conferenza-stampa, rii novembre, a Milano, cui
hanno partecipato rappresentanti dei Sindacati-scuola CGIL,
CISL, UIL, dell’ALRI, delle Chiese valdese e metodista, e una
quindicina tra genitori e insegnanti. Erano presenti inviati dei
quotidiani II Corriere della sera,
Il Corriere d’informazione, l’Unità, l’Avvenire, ai quali è stato
consegnato e illustrato un documento illustrativo preparato in
precedenza.
Il dibattito, ampio e circostanziato, è stato aperto da interventi di alcuni genitori: situazioni
concrete a Milano e problema generale della religione nella scuola. Tra l’altro: domande di esenzione respinte, discriminazioni,
boicottaggio, malessere di studenti o scolari in qualche modo
emarginati, atteggiamenti di Presidi e interpretazioni restrittive
da parte del Provveditorato, problema degli insegnanti di religione scelti dalla Curia e pagati
dallo Stato; tutti quei problemi
che noi protestanti in Italia conosciamo molto bene e combattiamo da decenni, ma che ora
vengono scoperti anche dai laici e da alcuni settori di cattolici.
Anche la questione del « bollo »
— indicata da alcuni come « occasione » per una riscoperta della
questione, e da altri come un
modo in cui si « materializza » la
volontà di prevaricazione e la
conseguente discriminazione —
ha occupato una parte del dibattito. La decisione delle nostre
Chiese di resistere contro la
« tassa sulla coscienza » in tutti
i modi — dal rifiuto a pagarla
fino al ricorso a vie legali — è
stata accolta con favore; anche
perché abbiamo potuto riferire
dei « fatti », sia di ingiunzioni di
pagamento di bollo più multa.
RFT: ASSOCIAZIONE DEGLI AMICI DELLA CHIESA VALDESE
Forte amicizia di lunga data
Si è riunito sabato 8 novembre
a Ratingen, vicino a Düsseldorf,
il comitato degli amici tedeschi
della chiesa valdese (Freundeskreis der Waldenser Kirche), in
casa del pastore Günter Arnold.
TI « Freundeskreis » compie ormai più di vent’anni, perché fu
iniziato dal pastore Wolfgang
Scherflig, dopo una sua visita al
Sinodo valdese nel 1956. Il lavoro
compiuto dal « Freundeskreis »
in questi venti anni, è solo parzialmente valutabile dal lettore
frettoloso di questo articolo. La
realtà è che il nastro fratello
Scherflig ha svolto nel corso di
tutti questi anni, un’opera capillare e costante di sensibilizzazione in Germania, allargando di
anno in anno — assieme col lavoro del Comitato — la cerchia
de'tli « amici » c degli interessati.
Tutti gli « amici » ricevono pel iodicamente una circolare, con
le notizie e informazioni più aggiornate sul nostro lavoro e sui
nostri problemi in Italia, prepa
rata dal comitato degli « amici ».
In occasione dell’incontro del
Comitato, gli « amici » invitano,
circa ogni anno, un pastore dall’Italia per un giro di conferenze. Quest’anno (come nel 1977),
l’invito è toccato a me per parlare del viaggio dello scorso anno in America latina (Uruguay e
Argentina) e per una predicazione domenicale (9 novembre) nell’antica chiesa riformata di Ratingen.
Sono state quattro giornate
piene di incontri, riunioni, visite, interviste e conversazioni, di
grande interesse.
Le impressioni più vive che ho
ricevuto sono le seguenti:
1 ) La Chiesa Evangelica Tedesca (EKD) svolge un sei-vizio e
una testimonianza estremamente efficaci, anche perché non si
tratta di una chiesa la cui struttura portante è costituita dai pastori. Si tratta invece di una comunità di sei-vizio, in tutti i campi della realtà socio-politica del
Paese. La EKD è infatti addirittura il secondo datore di lavoro
di tutto il Paese, data la sua complessa stiuttura di servizi, realizzata mediante un’etficace suddivisione dei compiti da parte
di un grandissimo numero di
laici che lavorano a pieno tempo.
2) La recente visita del Papa è
stala inquadrata in un serrato dibattito a livello nazionale ed in
una visione critica spesso molto
pungente, dovuti anche alle
« docce fredde » degli ultimi anni, nel quadro dello relazioni
ecumeniche con la gerarchia, che
spesso tende a scoraggiare la volontà ecumenica della ba.se delle chiese.
3) Un amore ed un interessamento .solidale e fattivo per le
nostre chiese ed opere in Italia,
che nasce anche da un contatto
diretto ed una conoscenza profonda della realtà Italiana, delle
nostre opere e dei problemi con
esse connesse.
Thomas Soggin
sia di ricorsi già inoltrati, tramite avvocato, all’Intendenza di
Finanza.
Hanno chiuso la Conferenzastampa gli interventi dei sindacalisti della scuola (impegno a
proseguire in altre sedi ed allargare a più ampi livelli il discorso di sensibilizzazione e di opposizione; oltre a impegno ad interventi nelle sedi opportune), e
il prof. Rodelli il quale ha colto
l’occasione per illustrare una
proposta dell’ALRI portata in
sede parlamentare da una ventina di parlamentari radicali, socialisti e liberali (insegnamento
della religione a richiesta degli
interessati, aperto a tutte le confessioni religiose, al di fuori dell’orario scolastico, senza oneri
per lo Stato).
I resoconti dei giornalisti presenti, pubblicati sui rispettivi
quotidiani, sono stati — ad eccezione di quello dell’Avvenire nel
quale non si sa se prevalga l’incompetenza o la mala fede — sufficientemente precisi nel riferire
i termini del problema come sono emersi nel dibattito.
G. Colucci - V. Benecchì
Alcune notizie supplementari
possono servire a completare il
quadro della situazione lombarda.
Vale la pena anzitutto riferire
più in dettaglio sul come il quotidiano cattolico « l’Avvenire » ha
riportato notizia della conferenza stampa in un articolo intitolato « Furori anticlericali per
crociate d’epoca, a Milano ’’sceneggiata” sull’ora di religione a
scuola ». Dopo essersela presa
con i sindacati-scuola CGIL,
CISL e UIL per aver partecipato
all’iniziativa (« animati da astratti furori, con l’arroganza tipica
di certa cultura laica e radicale »), Pierangela Rossi Sala si
volge all’ALRI dicendo che più
opportunamente dovrebbe chiamarsi « associazione per la libertà dalla religione ». In particolare, commentando la proposta di
legge illustrata appunto dall’ALRI per un insegnamento facoltativo, ritiene che questa proposta
« è già un’interpretazione del
’’modo russo” di fare scuola, è
cioè tipico del Paese dove l’ateismo è la religione dello stato ».
Dopo aver negato il fatto che il
« caso » della marca da bollo
per l’esonero metta in discussione il principio della libertà religiosa di cui i credenti sono « ovviamente i primi assertori », conclude chiedendosi, « in epoca di
laicizzazione e secolarizzazione,
chi ha paura che gli uomini si
sentano radicati nel trascendente ».
Alla Sig.ra Rossi Sala ha risposto con una lettera il pastore
Guido Colucci inviandole ulteriore documentazione sulla posizione evangelica per aiutarla « a
comprendere una sensibilità di
fede e di responsabilità civile diversa dalla sua ».
« * *
Per il bollo richiesto ad alunni
delle medie inferiori la situazione
sembra chiarirsi a Milano anche
a livello di presidi. Il preside
della Media « S. Francesco d’Assisi » di Milano, dopo aver preteso in un primo tempo la marca
da bollo ha ora dichiarato di ritener valide le dichiarazioni in
carta semplice e di essere disposto a restituire le 700 lire a chi
le avesse pagate. In una lettera
indirizzata ad una alunna evangelica e per conoscenza al past.
Benecchi, ha infatti dichiarato
che la circolare del Provveditorato di Milano era stata « erroneamente » inviata a tutte le scuole
mentre riguardava solo le scuole
medie superiori. Si spera che
questa precisazione faccia testo.
F. G.
3
28 novembre 1980
BILANCIO DEL VIAGGIO IN GERMANIA
Papa Wojtyla
né avanti né
non va
indietro
Sulla scacchiera ecumenica, il
papa in Germania non ha fatto
mosse né in avanti, né indietro.
E' rimasto immobile. E nella sua
immobilità estremamente gioviale. « Nessuno meglio di Questo
papa — commentava giorni fa il
Si''(ì<1eiitsche Zeitung a proposito
dell"' ì'icinan'.'a psicologica del
papa ai protestanti che non è diventata vicinanza teologica — sa
accostare con cordialità ogni interlociUore, senza farglisi realmente più vicino ». Nel rapido incontro di 'onza (75 minuti),
con il consiglio della Chiesa
Evangelica dell.n Germania Federale. Wojt'/'a ha esordito con
frasi ad effetto. Dopo aver ricordato che Martin Lutero nel 1511
« venne a Roma come pellegrino
alle Tombe dei Principi degli
Apostoli », Wojtyla ha aggiunto;
« Oggi io vengo a voi, all’eredità
spirituale di Martin Lutero, vengo da pellegrino per fare di questo incontro in un mondo mutato un segno di unione nel mistero centrale della nostra fede ».
TI richiamo all’unità, non ulteriormente spiegato nell’incontro
con gli evangelici, è rimbalzato,
più esplicito, nei discorsi del
giorno dopo a Fulda, presso la
sede della Conferenza Episcopale
tedesca in cui, di fronte ai suoi
vescovi e cardinali, il papa ha
chiaramente precisato che « l’unità col vescovo e con il successore di Pietro è il saldo fondam.ento della fede... il vescovo è
il capo della chiesa locale, il pastore, il vicario di Cristo ». Accennando poi alla questione ecumenica il papa — riferisce il diario di viaggio di Fulda apparso
sull’Osservatore Romano del 19
novembre ■— è stato oltremodo
fermo: « Fedeltà incrollabile alla
verità, apertura e ascolto per gli
altri... il compromesso non corita: conta solo l’unità nella verità
e nell’amore. Lo sforzo per l’unità non deve limitarsi alle chiese
create dalla Riforma: deve abbracciare anche quelle dell’ortodossia ».
Una frase consunta?
Non è necessario essere grandi
teologi per comprendere che l’atteggiamento classico del cattolicesimo sulla Questione ecumenica non ha registrato passi avanti: l’unilà tra i cristiani la si può
solo realizzare nella Chiesa cattolica, intorno al papa. Del resto il
permanere della Chiesa cattolica
fuori dal Consiglio Ecumenico
delle chiese dimostra questa volontà di unità intorno al « successore di Pietro » e non in altri
modi già ipotizzati: dalla via
conciliare a quella federativa. In
sostanza la visione ecumenica
del papa non è stata quella della
ricerca di un riavvicinamento
autentico e paritario delle confessioni cristiane ma piuttosto di
un rientro dei non cattolici nella
chiesa di Roma. « L’unità dei cristiani sulla bocca delle autorità
cattoliche — ha commentato uno
dei settimanali più letti in Germania Der Spiegai — è una frase
rituale e consunta come quelle
ripetute dai politici riguardo alla
possibile riunificazione delle due
Germanie ».
Ritornando al discorso tenuto
ai protestanti Wojtyla ha sottolineato che « non possiamo lasciare nulla d’intentato, dobbiamo
fare di tutto per unirci » ed ha
precisato che il dissenso fondamentale verte su « ciò che è di
Cristo: la sua Chiesa, la sua mis
sione, il suo messaggio, i suoi sacramenti e i ministeri posti al
servizio della parola e del sacramento ». 11 dissenso è quindi sul
ruolo stesso della chiesa che se
per i cattolici è prosecuzione
dell'incarnazione di Cristo, per i
protestanti è la realtà dell assemblea dei credenti che si forma, e
si riforma, intorno alla riflessione
della Scrittura, Wojtyla da un lato ha sottolineato il centro del
dissenso fondamentale che verte
appunto sull’essenza stessa della
chiesa e dall’altro lato ha preferito eludere le specifiche domande rivoltegli, dal vescovo luterano Lohse, circa l’intercomunione,
i matrimoni misti. Non è un caso
eli- l’Osservatore Romano, che
ha fedelmente riprodotto tutti i
discorsi del papa in Germania,
non abbia riferito degli interrogativi sollevati dal rappresentante evangelico nell’incontro di Magonza.
Alcuni giornali tedeschi, in Questi giorni, facendo un po’ il bilancio di queste cinque giornate papali, sottolineano il fatto concreto emerso dall’incontro: la nascita di una commissione ecumenica formata da rappresentanti
di Chiese evangeliche, della Conferenza episcopale e dal Segretariato romano per l'unità dei
cristiani. « In fondo — notava
sulle colonne del Frankfurter
Allgenieine, Karl Alfred Odin in
un articolo significativamente intitolato « Bisogna fare in fretta,
più in fretta, ma non troppo » —
da quest’incontro tra il papa e
gli evangelici si è ottenuto più di
quello che ci si a.spettava; la
creazione di una nuova commissione ecumenica ». Ma è necessa
rio ricordare che da anni esiste
una commissione di lavoro tra
Consiglio Ecumenico e Chiesa
cattolica che avrebbe meritato
maggiore attenzione piuttosto
che essere messa in ombra con
la creazione di una nuova struttura, come ha notato Paolo Ricca su La Stampa del 21/11.
Un successo
su due fronti
In sostanza Wojtyla ha ottenuto un .successo su due fronti:
Queho politico poiché le sue affermazioni, particolàrmente significative sulle labbra di un polacco, circa l’unità della nazione
tedesca ha ridalo ■— per dirla col
Frankfurter Allgemeine — dignità al popolo tedesco dopo la
rovina della 2“ guerra mondiale
e sul fronte ecumenico ha_ rivelato un’apparente volontà di dialogo e ricerca che ha colpito posi
tivamente molti ambienti evangelici tedeschi. Ma nella sostanza
delle cose Wojtyla ha finito per
non rispondere a nessun preciso
interrogativo. Né a quelli del luterano Lohse che pure sono questioni, come quella dei matrimoni misti, che provocano — a causa dell’intransigenza cattolica —
non poca sofferenza, né a quelli
postigli da una donna (come era
già successo in America) leader
nella Federazione dei giovani cattolici tedeschi riguardo allo « spaventoso » atteggiamento del Vaticano sull’etica sessuale, sul ruolo della donna nella chiesa e sull’obbligatorietà del celibato dei
preti.
Cinque giorni, cinquanta discorsi in cui Wojtyla non ha risposto. Ha parlato solo lui riha;
dendo le posizioni tradizionali
della Chiesa cattolica in una cornice di calda cordialità.
UOsnabruecker Zeitting, in un
recente editoriale sul viaggio^ del
papa, sottolineava una questione
centrale; finita l’euforia si tratta
di dimostrare quali passi concreti sortiranno dall’.mcoraggiamen
to ecumenico del papa. Date le
premesse probabilmente nessuno. Ancora una volta l’impressione generale è che il ministero
d’unità incarnato dal papa finisca per essere un vero e proprio
ministero di divisione sia all’interno della chiesa cattolica (nel
progressivo consolidarsi dei ruoli gerarchici) sia all’esterno con
l’irrigidimento dottrinale. Dopo
Magonza ci sarà forse più cordialità e gentilezza nei rapporti interconfessionali ma evidentemente questo non basta.
Un Lutero
di comodo
Anche l’apparente rivalutazione di Wojtyla del pensiero di Lutero, a ben guardare fa riferimento al Lutero prima della Riforma che a quel momento non
negava ancora l’utilità del magistero. Diverso sarebbe stato >5ferirsi al Lutero della Riforma.
Ma appunto questo non è avvenuto.
Giuseppe Plaio”?
È uscito
/echi dal mondojcristianoj
a cura di ANTONIO ADAMO
ASCOLTIAMO INSIEME IL SIGNORE
PAROLE E TESTI PER OGNI GIORNO
pp. 116, L. 1.900
1981
— Edizione italiana dei famosi «Testi Moravi»: un versetto
delTA.T. e uno del N.T., una breve preghiera per ogni giorno dell’anno 1981.
— Un compagno fedele per un breve momento di meditazione
giornaliera. Ordinatelo e regalatelo!
CLAUDIANA
Via Pr. Tommaso
c.c.p. 20780102
1 - 10125 TORINO
Tra i drogati
di Hong Kong
(BBC - Report on Religion). È
uscito recentemente in_Inghilterra un libro intitolato 1< Dare la
caccia al dragone », l’autrice, la
giovane Jackie Pollinger, vi narra le sue esperienze di lavoro sociale e di testimonianza evangelica tra i drogati della « città murata », il quartiere dei drogati di
Hong Kong. Jackie dichiara di
Dall’Italia evangelica
a cura di Alberto Ribet
Dal mondo
Avventi sta
Le « Edizioni dell’Araldo della
verità » hanno pubblicato un pieghevole, di taglio verticale, in sei
pagine il cui titolo è emblematico « Cristo ritorna ». Il volantino
esce per l’Italia in due edizioni:
una di 200.000 copie destinata ai
colportori per la loro opera di
propaganda (centomila copie sono già distribuite); la seconda di
500.000 copie destinate alle Chiese. Anche qui la distribuzione è
promettente; la Chiesa di La Spezia ne ha chieste 50.000 copie e
quella di Asti 30.000. Ogni pieghevole ha una parte che può essere distaccata e spedita come cartolina per chiedere informazioni,
per iscriversi al corso di studio
biblico per corrispondenza o per
ottenere una Bibbia. L’affrancatura è a carico della Federazione delle Chiese Avventiste.
« * ♦
L’ultimo nurnero de « Il messaggero avventista » dà i risultati di un sondaggio di opinione
che, nelle schede valide, ha raggiunto 1254 risposte (il 26“/o degli iscritti nei registri della Chiesa avventista). Accanto alle domande di carattere prettamente
religioso vi è una serie di domande di carattere sociale; sui partiti e sul servizio militare. Dalle
risposte registrate si ha una chiara visione delle caratteristiche
del Movimento Avventista.
Notevoli innanzitutto le risposte sulla pratica della lettura della Bibbia: il 50% legge ogni giorno la Sacra Scrittura, il 31%
legge la Bibbia almeno una volta alla settimana; due sole risposte sono negative: sono di persone che non leggono mai la Bibbia.
A noi interessano in modo particolare i rapporti fra il credente di oggi e il pensiero di Ellen
White, la fondatrice del Movimento Avventista, e qui troviamo
informazioni quanto mai interessanti; il 59% di quelli che hanno
risposto considerano tutte le pagine della White ispirate, il 66%
però ammette che accanto ai
messaggi divini vi siano espres
sioni di pensieri personali; per
il 44% gli scritti della White hanno valore normativo pari a quello della Bibbia ed il 64% dichiara di seguirne i consigli soprattutto per quanto concerne la riforma sanitaria.
Passando al campo sociale per
quanto concerne il pensiero politico non vi sono dubbi: solo il
7% delle risposte è favorevole
alla partecipazione alla vita politica miiitando in un partito; T85
per cento è nettamente contrario,
l’8% è incerto sulla risposta da
Altrettanto chiara la posizione
avventista di fronte al servizio
militare: il 77% non ammette si
prendano le armi in difesa della
patria, l’85% è contrario al servizio militare, l’80% è per la obiezione di coscienza. È da tenere
presente che la Chiesa Avventista organizza tutto un sistema
per accogliere gli obiettori di coscienza a lavorare nelle proprie
attività religiose e sociali.
Chiese dei Fratelli
È questo il momento tipico
per i battesimi (il «Cristiano»
di ottobre ne registra 63), ma è
anche il momento in cui si esaminano i risultati delle « campagne evangelistiche sotto la tenda ». Uno dei collaboratori riassume così in una intervista per
il periodico « Idea », la sua esperienza di quest’estate: « In genere la capacità media è di 200/3(M)
persone, ma ve ne sono anche di
più grandi... La tenda ha in sé
una attrattiva che la rende particolarmente adatta ad essere un
luogo di incontro aperto e di breve durata come è quello di una
riunione di evangelizzazione... È
un simboio di libertà della vita
nomade. È aperta a tutti, in un
certo senso è di tutti, non impegna, non costringe... La tenda è
qualcosa di più di un locale per
riunioni serali. A parte il fatto
che alcuni la usano per riunioni
dedicate ai bambini o alla gioventù o anche come libreria aperta al pubblico; la tenda è un
punto di riferimento, è un segno
della presenza evangelica nella
città... e nel quartiere; tutt’altro
che limitato a un paio di ore...
colpisce l’attenzione di migliaia
e migliaia di persone che durante la giornata passano nelle vicinanze... ed infine, per la presenza continua di un gruppo di persone accampate attorno alla tenda e disponibili all’incontro personale a tutte le ore del giorno...
Si tratta di un metodo di evangelizzazione che indubbiamente
richiede una notevoie mobiiitazione di persone e di mezzi. È
un lavoro di squadra che richiede accurata preparazione ed ordinata esecuzione, non si può
improvvisare e tanto meno farlo in pochi... È un sistema che
ha anche i suoi limiti: innanzitutto nella preparazione e condizione degli evangelizzatori; in secondo luogo nell’ambiente in cui
si sviluppa l’attività dove non
tutti sono preparati ad accogliere il messaggio delTEyangelo e
ad incontrarsi con Cristo ». Ma
ciò non di meno l’intervistato si
dichiara favorevole al lavoro
evangelistico che si svolge con
l’aiuto di tende.
Assemblee di Dio
« Risveglio pentecostale » nel
suo numero di settembre registra
ben 135 battesimi. Caratteristica
di questo mese è il fatto che i
battezzati sono spesso a gruppi
(8 a San Giovanni in Fiore, 13 a
Verona, 17 a Torino, 28 a Rafadali, 10 a Rimini); a Milano al
termine di una campagna di
evangelizzazione sotto tenda in
una cerimonia speciale sono stati battezzati 19 neofiti. Si ha
quindi l’impressione che non si
tratti di battesimi isolati frutto
della vita normale di comunità
bensì che ci si trovi di fronte a
un segno di vita dinamica delle
Assemblee di Dio.
A Riesi è segnalata una campagna di evangelizzazione in cui
centinaia di persone partecipano
a cuiti all’aperto; caratteristico
il fatto che nove gruppi di credenti, durante la campagna evangelistica, si sono divisi la città visitando poi le famiglie di porta
in porta. È un interessante esperimento di evangelizzazione « a
tappeto ».
essere molto felice per la missione intrapresa e nel corso di
un’intervista ha affermato: «Quelle persone erano in un grpde
pasticcio ed io ho creduto di poter aspettare con pazienza accanto a loro che cominciassero ad
ascoltare ».
Adesso grazie all’attività svolta
dalla Pollinger, molti sono riusciti a liberarsi dalla schiavitù della
droga ed aiutano gli altri ad uscire dal loro allucinante viaggio.
Madrid: giuramento
e nome di Dio
(BIP) - Il Congresso dei deputati della Corte spagnola ha
approvato con 158 voti a favore
e 128 astenuti il nuovo testo di
giuramento dei soldati. In questa
nuova formulazione, la menzione del nome di Dio è sempre
mantenuta, sebbene non figuri
nella Costituzione, la quale afferma il carattere non confessionale dello stato.
La formulazione precedente,
che sarà soppressa, era così formulata; « Giurate a Dio e alla
Spagna...». Un emendamento proposto da un deputato del partito
al potere (centrista) e sostenuto
anche dall’opposizione (socialisti
e comunisti) chiedeva la soppressione del nome di Dio per
rispettare i non credenti e il carattere non confessionale dello
stato. Si è giunti ad un compromesso elaborando la seguente
formula di giuramento: «Giurate voi per Dio o sul vostro onore... ».
El Salvador:
violenza e paura
(BIP) - Tutti i giorni da 40 a
50 morti sono denunciati alla
Commissione dei Diritti dell’Uomo di El Salvador. Questa cifra
non rappresenta probabilmente
che la metà del numero effettivo
delle vittime quotidiane della repressione. Per protestare contro
questa vioienza del governo che
dura ormai da troppo tempo è
stato dichiarato qualche settimana fa uno sciopero della fame
da 45 prigionieri politici (gli altri sono scomparsi e sono certamente deceduti), i quali chiedono il ritorno all’ordine democratico ed il rispetto dei diritti umani.
Nairobi: nuovo centro
per l’alimentazione
(BIP/SNOP) - Presto sarà costruito a Nairobi, capitale del
Kenia, un centro nutrizionale e
di protezione dell’infanzia che,
all’inizio, potrà ospitare più di
700 bambini in età prescolare. I
primi a beneficiarne saranno gli
abitanti delle bidonvilles di Nkomongo e Mathare Valley. Il complesso sarà finanziato e gestito
ecumenicamente da organismi
cattolici e protestanti che operano in Kenya.
4
28 novembre 1980
A cura della
Federazione
Femminile Evangelica
Valdese Metodista
La donna evangelica nell’Impegno
« Male sono le genti indottrinate, quando da donna siano sermonate! »
Questa epigrafe medioevale, le incisioni rappresentanti donne arse nei roghi, che
discutono con frati, ci dimostrano come nei primi secoli del valdismo
le donne fossero impegnate quanto gli uomini nella predicazione,
e al pari degli uomini potessero celebrare la S. Cena. Col passare del tempo,
già nel 400 la donna scompare dalla scena ecclesiastica per occuparsi
più « ad^atamente » della famiglia. Sono gli anni della caccia alle streghe,
molto interesse suscitavano le donne eretiche alle quali venivano attribuiti
poteri di stregoneria, e questa è forse una ragione per cui la donna valdese
è stata messa un po’ nell’ombra. Sta di fatto che vi è rimasta per quasi 6 secoli.
Ciò nonostante ha sempre mantenuto un posto importante,
basti pensare che un iquisitore invitava il duca di Savoia a non
« avere pietà per le donne che sono più radicate degli uomini ».
La ritroviamo nei primi dell’ottocento priva del tutto dì ogni diritto
di voto nelle assemblee. Viene però istruita, almeno fino alle elementari;
le si dà la possibilità anche di frequentare delle scuole superiori,
nelle quali impara ad essere una buona istitutrice oppure una maestra
(a corte le istitutrici spesso erano valdesi).
Per molti aimi il suo ruolo all’interno della chiesa sarà quello di insegnare, sia
negli istituti che nelle scuole domenicali. Nella seconda metà dell’ottocento
si comincia a pensare alla possibilità di un diritto di voto anche per lei
nelle assemblee (ma la commissione istituita per discutere il problema
si dimentica di riunirsi).
I tempi non sono ancora maturi — si deve perciò arrivare al 1903 perché la
donna acquisti il diritto di voto e al 1930 perché possa essere eletta. Da allora
il cammino è stato veloce. Oggi, malgrado alcune difficoltà, la donna lavora
in tutti i campi della chiesa, è impegnatissima. Ma non solo nella chiesa; la
sua fede la porta alla ricerca di un impegno sempre maggiore anche nella società.
Donne valdesi messe al rogo nel 1655 (da un’incisione del Léger).
“Guai a me se non evangelizzo” (1 Cor. 9: 16)
Da monitrice
a predicatore
Mi è stato chiesto di dire perché ho deciso di testimoniare la mia fede in Cristo
anche con la predicazione. Ho esitato a
lungo, poi ho accettato perché penso che
ogni esperienza di fede possa essere di
stimolo e incoraggiamento ad altri.
Se si crede che lo Spirito interviene
nella storia dell’umanità attraverso il
pensiero e l’opera di uomini e donne
che in qualche modo lo recepiscono e ne
seguono l’impulso, si deve ammettere anche che in ogni atto di fede vi è l’incontro di due realtà: Dio e uomo (tutta la
Bibbia mi pare lo affermi, basta pensare
ad Atti 15: 28 « È parso bene allo Spirito
ed a noi... » e a Giovanni 15: 16 « Non siete voi che avete scelto me, ma io che ho
scelto voi... »). Tenendo conto di questa
necessaria premessa, cercherò di analizzare il lento processo conclusosi con la
mia iscrizione nel ruolo dei predicatori
locali. Una cosa è certa: quando ho iniziato a prepararmi non avevo la minima
idea di predicare in chiesa.
Fin da ragazza, a Milano, mi ero impegnata nella scuola domenicale, sperimentando del continuo l’aiuto che viene
al monitore dallo sforzo di comprendere
un passo biblico per poterlo poi presentare ai bambini. Il mercoledì sera ci riunivamo, monitori e pastore, per preparare il lavoro della domenica e ogni altra
occupazione della settimana acquistava
ritmo e senso da questo obiettivo. Passavano gli anni, ma credo che al di sopra
di ogni vicenda personale ciò che stava
pm a cuore a tutti i monitori era l’evolversi della mente dei nostri bambini che
si facevano ragazzi e infine arrivavano
al giorno della confermazione. Pur consci che la fede non coincide con l’adesione alla comunità, sentivamo che il nostro
lavoro era giustificato e necessario per
dare il materiale su cui poi ognuno avrebbe costruito la sua vita di credente. Si
pensava che — utilizzando nuove forme
e adottando metodi pedagogici più moderni — tutto nella sostanza sarebbe continuato così.
Ma la crisi degli anni ’60, che ha scosso
le nostre comunità, si è pesantemente ripercossa sulla scuola domenicale. Quasi
all improvviso ci si è resi conto che i
giovani arrivavano sì alla confermazione
ma poi la maggior parte non rimaneva
nella chiesa. I più mantenevano l’etica
protestante, l’impegno sociale, ma contestavano ogni forma di religiosità e diser^ generazioni sem
passati decenni, ma serivedere e le comunità
erano impreparate. Molti giovani evangetrovarono allora una risposta alla loro esigenza di azione coerente
ne a scuola di Cinisello. L’esperimento
della comune mi sembrò una delle soluzioni piu adatte ai tempi e vi partecipai
con entusiasmo per due anni
Ma nell’estate del ’70. per motivi di famiglia, mi trasferii a Bologna. In questa
comunità trovai subito una grande apermra e la tipica calda atmosfera emiliana.
Tuttavia anche qui la generale crisi si faceva sentire. Nella scuola domenicale erano stati fatti coraggiosi tentativi di innovazione, ma i problemi non mancavano.
Mi occupai per qualche tempo dei precatecumeni, presto però mi resi conto che
la rnia preparazione era del tutto insufficiente e che 25 anni di monitrice non bastavano ad affrontare i tanti problemi. Mi
occorrevano strumenti nuovi. Sarò sem
pre grata al pastore Benecchi che mi consigliò allora di iscrivermi al corso per
predicatori locali. Seguire un programma
preparato da competenti per dare una sia
pur modesta preparazione teologica mi
parve il minimo indispensabile anche per
continuare l’impegno di monitrice.
Man mano però che superavo gli esami mi rendevo conto che non è lecito neppure alle donne limitare l’annuncio della
Parola all’ambito della scuola domenicale. Non voglio con ciò sminuire il compito dei monitori, che anzi ritengo fra i
più importanti, ma solo dire che quasi di
colpo compresi quanti pregiudizi avevano
condizionato (e forse condizionano) le
scelte di una donna anche entro la chiesa
evangelica. La scuola domenicale è stata
per secoli l’unico spazio consentitole e da
lei facilmente accettato. La donna è rimasta sempre un po’ velata, come voleva
l’apostolo Paolo. Ma i tempi sono diversi e l’essere donna non ci dà più il diritto
di limitare la nostra sfera di testimonianza.
Infatti ogni zona limitata può diventare un rifugio; quando me ne sono accorta ho accettato di tenere il primo culto.
Era l’estate del ’73 e la comunità era ridotta al minimo. Ma anche di fronte a
pochi fratelli, fino aH’ultimo credevo di
non farcela. Mi sembrava che mai sarei
arrivata al pulpito e che comunque ia
voce mi sarebbe mancata. Tutto in me
sentivo inadeguato.
Ma proprio in quel momento feci la
esperienza che può capire solo chi la vive. Cade ogni preoccupazione di riuscire
0 meno. Ci si rende conto che le nostre
parole saranno solo un veicolo, quel tanto di elemento umano necessario anche
al Cristo per stabilire un rapporto con
noi. Il contenuto di vita però è suo. Tale
contenuto ci è stato portato un giorno
dalla voce di un uomo o di una donna,
come il vento trasporta un seme e lo deposita sulla terra. Nel nostro cuore ha
messo radice e a poco a poco è cresciuto.
Ora dà i suoi frutti che sono appunto
quei pensieri che salgono alla mente ed
esigono di essere rivestiti di parole nuove
comunicabili ad uomini e donne del nostro tempo, perché possano a loro volta
accogliere la Parola di vita. E capisci che
non sei tu ad amministrarla, ma che essa
viene a te che parli e agli altri che ascoltano nello stesso momento, come dono
prezioso in un vaso di argilla.
Al Sinodo di qualche anno fa il pastore
Tourn diceva che quando i giovani, i forti, i più capaci se ne vanno, devono rimanere i vecchi, i meno dotati per prendere
i posti vuoti e dimostrare la verità dell’esperienza di Paolo: quando sono debole allora sono forte, poiché la potenza di
Dio si manifesta nella debolezza dell’uomo.
È in questo spirito che, ormai nonna,
intendo testimoniare finché avrò voce che
Tunica speranza per l’umanità è di accogliere la vita che il Cristo vivente dona a
chi accetta la sua parola e la mette in
pratica; nella speranza però che altri, oggi o domani, figli o nipoti, possano far
fruttare i loro talenti e dare altra voce,
altre forze per questo insostituibile lavoro di testimonianza.
Enrica Mamoli
Sovrintendonte di circuito
Intervista con Franca Barlera
— Quando sei stata eletta?
— Nel 1979 per la prima volta e sono
stata rieletta quest’anno.
Quali sono i compiti di un sovrintendente di circuito?
— Non ci sono compiti specifici, si
tratta di coordinare il lavoro del Consiglio, un lavoro d’équipe insomma. Non
mi attribuirei deìle mansioni particolari.
Tu lavori come assistente sanitaria
in un Comune del Ferrarese; hai abbastanza « tempo libero » da dedicare a questo compito nella chiesa?
Senz’altro, dato che il lavoro non mi
impegna fuori dell’ufficio e quindi mi restano delle ore da dedicare al circuito
anche spostandomi dalla mia comunità.
— Quali difficoltà incontri?
— Di ordine generale nessuna. Forse le
difficoltà si incontrano nel mettere in pratica certe decisioni del Consiglio, nel prendere contatto con le comunità, nel trovare delle persone disponibili per lavorare.
Queste sono però difficoltà che nella chiesa si trovano a tutti i livelli.
— E come donna?
Non mi sento affatto emarginata
perché sono donna, anche se a volte ho
1 impressione che da una donna ci si
aspetti più impegno e più abilità. Ossia
se un uomo dà un certo risultato, una
donna per arrivare allo stesso livello deve faticare di più. Tuttavia questo discorso è ancora una volta di carattere generale e non si riferisce a me come « sovrintendente - donna »!
— Tuttavia pensi che una donna ab
bia qualcosa di specifico da dare in questa attività?
— Sì,, direi una maggiore concretezza,
proprio perché ia concretezza è tipica
deila donna che da secoli è stata « condannata » al concreto ma che tutto sommato ne ha tratto un’abitudine che si rivela, di fronte ad una esagerata tendenza a teorizzare, positiva.
— Ti sembra che le donne nelle strutture ecclesiastiche siano presenti in modo adeguato?
— Direi proprio di no, sono ancora relegate nelle mansioni « tradizionalmente »
femminili; nel nostro circuito sono presenti nella Scuola domenicale, in qualche
Consiglio di chiesa.
— Secondo te perché?
— Perché prima di tutto le donne sono
troppo cariche di lavoro domestico ed
extra-domestico ma anche per una certa
mentalità, per tradizione, per Tinfluenza
delTambiente.
— Ritieni che le Unioni femminili abbiano un’importanza nella preparazione
delle donne al lavoro nella chiesa ma
anche nella società?
— S’,, possono essere un’occasione di
apertura, di contatti, di maturazione. Per
esernpio, nella Bassa Padana, nel nostro
territorio quindi, ritengo che le donne
che in passato hanno frequentato l’Unione femminile hanno avuto delle possibilità e delle occasioni che le hanno condotte all’acquisizione di una certa capacità
espressiva e di dialogo che le donne cattoliche non hanno avuto.
Per aprire la
via ad altri
Mi è stato chiesto perché ad un dato
momento della mia vita — era Tanno 1962
— abbia deliberato di intraprendere gli
studi per diventare predicatore laico.
Si chiamava così allora tale ruolo che
oggi giustamente è stato cambiato in quello di predicatore locale.
Non sono decisioni queste che si prendono così, di punto in bianco, ma sono il
frutto, almeno lo è stato per me, di un
lungo e costante processo di pensiero,
maturatosi anche, ma non solo, a livello
inconscio.
Come moglie di pastore vivevo e operavo ormai da una quindicina di anni nell'ambiente evangelico e ogni giorno di più
capivo la necessità, sentita d’altronde dal
metodismo di tutti i tempi che cercò sempre di attuarla sul piano pratico, del lavoro dei laici, per meglio dire, dei non pastori. Ma un lavoro responsabile che non
si limitasse alle solite mansioni marginali,
di aiuto di secondo piano, lavoro basato
anche su una conoscenza più approfondita dei testi sacri, dei movimenti spirituali
e storici, delle esigenze ambientali e sociali.
Era necessario quindi che l’esuberanza
del neofita o gli slanci entusiastici di tanti fratelli, giovani e non, non si esaurissero, fine a se stessi, ma venissero indirizzati, convogliati in un impegno cosciente che
avesse continuità nel tempo. Logico quindi consigliare la strada del predicatore.
Ecco allora che, per spiegare meglio agli
altri in che cosa consistevano i corsi di
studi, gli esami da sostenere, decisi di intraprenderli prima io stessa.
Non era quindi il mio un desiderio di
avere la patente per poter predicare dal
pulpito; non me lo suggeriva davvero
l’ambiente delle comunità in cui ero vissuta, un ambiente in cui era tenacemente
radicata ancora la convinzione che « le
donne debbano tacersi nelle comuni raunanze », e predicare si poteva purché non
in forma ufficiale; no, il mio era un desiderio di additare la via ad altri, con conoscenza di causa, di vincerne le eventuali titubanze, di dare una mano. E così mi
misi a studiare, rubando le ore alla notte
perché gli impegni di lavoro in chiesa, in
famiglia e a scuola assorbivano totalmente la mia giornata e, dopo due anni di
intensa applicazione, ottenni il titolo di
predicatore laico, titolo che a molti in
quel momento sembrò forse inutile.
Ma quanto utile esso sia stato lo dimostrò, alcuni anni più tardi, la necessità di
sostituire il pastore in momenti di grave
emergenza e quando ci furono dei vuoti
irreparabili nel campo pastorale.
Se ho incontrato ostacoli e difficoltà? Sì,
e tanti da allora, non solo per il tempo
libero sempre più limitato che la scuola
mi lasciava ma anche e soprattutto per
certe posizioni di intolleranza che si manifestano di frequente quando a parlare
e ad agire sia una donna e che feriscono
profondamente quando se ne è colpiti.
Eppure, se dovessi ritornare indietro,
rifarei, nonostante tutto, la strada percorsa perché intensa e splendida è stata sempre la gioia in me di sentirmi utile. Utile
in seno alla comunità che potè sopravvn
vere anche quando le burrasche forti si
abbatterono su di essa, utile nel campo di
lavoro, nell’ambiente sociale dove il mio
titolo è stato accettato in pieno tanto da
essere invitata a parlare in discussioni e
dibattiti di un certo rilievo, utile ancora
perché non ho mai desistito dal primitivo
impulso di un tempo, di far sì che altri,
uomini e donne, si dedicassero al completo servizio del Signore.
Ecco perché, se oggi dovessi fare un
5
28 novembre 1980
ecclesiastico e sociale
bilancio del mio lavoro come predicatore
non esiterei a dire che si tratta di un bilancio' quanto mai positivo e nella colonna dell’attivo potrei scrivere anche i nomi
di molti che oggi studiano, predicano, si
impegnano in Chiesa e fuori, vivono con
cretamente la meravigliosa vita del discepolo che non può fare a meno di testimoniare l’amore di Dio per tutti gli uomini.
Il risultato più confortante è che ormai
siamo in gruppo a lavorare e qui il discorso potrebbe continuare per molto ancora.
“Servite gli uni agli altri”
Sindaco ad
Angrogna
Quando nel 1975 mi son presentata alle elezioni amministrative per il Comune
di Angrogna avevo davanti a me uno scopo ben preciso: impegnare il tempo libero
dall’insegnamento alla Scuola Media di
Luserna nella ricerca di risoluzioni dei
problemi della mia gente.
Al mio flanco c’erano molti « giovani »
entrati come me per la prima volta in
un’amministrazione — eppure uno di noi
doveva fare il Sindaco, senza avere alle
spalle nessuna esperienza in questo campo. Pino ad allora nel Comune si era cercato di mettere in lista persone « per bene », cioè di famiglie assai considerate
nell’ambiente e per lo più buoni padri di
famiglia collaudati nell’oculata gestione
del proprio ménage. Proprio per questo
non si era mai pensato che « giovani »
inesperti e tanto meno donne potessero
occuparsi dell’amministrazione senza creare danni alla collettività. « Le donne piantano solo grane », diceva l’ex sindaco ; è
quindi meglio lasciarle fuori a occuparsi
di Agli, mariti, vecchi e malati e di pesanti lavori nell’agricoltura o nell’industria
o, nel mio caso già assai privilegiato, della scuola e di qualche opera di beneficenza e magari di vari impegni nella chiesa.
Molto diversamente la pensava invece
il mio gruppo che decideva di affidarmi
l’incarico di sindaco e non solo, ma osava proporre come vicesindaco un’altra
donna, Mirella Malan, casalinga e madre
di famiglia. « Stiamo a vedere cosa sapranno fare queste due donne », si sentiva
commentare velatamente.
Al termine dei cinque anni, però, la gente ci ha ancora dato fiducia, affidandoci
le sorti del Comune per la seconda volta:
è la più bella prova che i nostri obiettivi
sono condivisi dalla maggioranza della
popolazione e che dobbiamo proseguire
nella direzione intrapresa.
Naturalmente le difficoltà non sono state poche e, specie all’inizio, quando tutto
era nuovo, non sono mancati i momenti
di sconforto, superati solo sotto l’assillo
della responsabilità assunta, di fronte alla quale non potevamo arrenderci.
Buona l’atmosfera anche nella Giunta
della Comunità Montana Val Pellice dove
mi sono trovata catapultata come vicepresidente ed assessore all’agricoltura,
(in virtù dell’esperienza maturata nel lavoro di impianto della Cooperativa Agricola Angrogna prima di entrare in amministrazione).
In questa nuova e più vasta esperienza
mi sono trovata qualche volta a disagio,
non in relazione al mio assessorato (anzi.
Ma quello che mi è stato chiesto credo di
averlo detto.
Poteva il Signore donarmi di più? No di
certo, e di tutto questo Gli sono immensamente grata!
Laura Carrari
sono stata totalmente accettata dai contadini), ma nei confronti della minoranza democristiana, che non ha tralasciato
nessuna occasione per attaccarmi più di
ogni altra componente della Giunta, lasciando presupporre di tenermi in minor
conto forse perché donna e per di più indipendente.
Essere sindaco evangelico qui alle Valli
non è una novità (ma era una novità che
fosse anche donna e che tale fosse pure
il vicesindaco) e non comporta problenii
particolari, se non risentimento e vittimismo nelle persone strumentalizzate dal
clero locale, particolarmente influente e
capace di tradurre per esempio la negazione di un privilegio in materia urbanistica in una presunta « guerra di religione » di segno contrario a quella realmente
subita dai Valdesi nel corso dei secoli.
Franca Coisson
Sindaco a
Felónica Po
Fare il punto sulla situazione di un sindaco, donna e protestante, significa verificare alcune cose e quindi rispondere almeno a tre domande: perché lo fai, come
intendi farlo, quali difficoltà incontri.
Essere in un’amministrazione comunale
per me non è una novità; ero in Giunta
dal 1975 particolarmente come assessore
ai Servizi Sociali e alla Pubblica Istruzione, anche se in un comune piccolo si finisce per fare un po’ di tutto. Ho accettato
di assumermi la responsabilità di Sindaco
dopo un dibattito a livello politico e dopo
un sondaggio che è stato fatto nel paese.
Ho accettato quindi, perché mi è stato
chiesto, ma anche perché è un lavoro che
mi interessa in quanto volevo portare
avanti con i miei compagni di partito un
certo tipo di discorso e certe iniziative.
Sul come intendo farlo, il discorso è un
po’ più lungo. E’ vero che ogni sindaco all’inizio del suo mandato fa un bel discorso
programmatico sul come intende servire
la cittadinanza (forse il verbo servire non
è quello più adoperato), ma è altrettanto
vero che il come lo si affronta tutti i giorni mettendo a dura prova non solo la propria resistenza psicofisica ma soprattutto
le proprie idee, i principi, i valori in cui
uno crede. E questo perché le leggi sono
molte, complicate, contraddittorie e i cittadini a volte, non sempre, sono anche
loro complicati e contradditori. E perché
i bei discorsi sull’interesse pubblico, sul
bene di ognuno e così via, al dunque si
sciolgono come neve al sole (anche più in
(Gal. 5: 13)
fretta) e l’amministratore si trova di
fronte al dovere di dire no a un cittadino
che spesso non ne capisce il perché. Ed è
un discorso scomodo, frustrante. Si fa
presto a dire — questa è la linea — e
buonanotte. Ma ci sono i rapporti umani,
le necessità della gente, le cattive abitudini che nel nostro paese sono così tenaci
da sradicare. C’è inoltre, almeno nel mio
caso, l’urto contro una mentalità che non
accetta facilmente che non debbano esserci privilegi di alcun genere, anche quelli
piccoli, piccolissimi, quei privilegi che alla
fin fine possono contare così poco e che
rendono un amministratore tanto simpatico...
Se non è facile dire no ad un cittadino
che non ha i requisiti richiesti per una
concessione edilizia, lo è ancor meno dire
no aH’anziano che chiede un contributo,
ai giovani che vogliono le strutture sportive. Perché nel primo caso (concessione
edilizia) si tratta di urtarsi anche sul piano umano per questione di interessi, ma
negli altri casi c'è anche la partecipazione che uno può provare per l’anziano e
per il giovane.
Difficoltà non lievi, dunque. Sono solo
quelle « naturali » di un amministratore,
o ad esse se ne aggiungono altre in quanto donna protestante? Direi senz’altro che
incontro anche queste difficoltà supplementari. Come donna, perché la mentalità
del paese, anche quella di una certa sinistra, fa fatica ad accettare una donna in
im posto di responsabilità; come protestante perché, se non siamo più fortunatamente alle guerre di religione, siamo però alla estrema difficoltà di accettare quello che normalmente si definisce uno stile
di vita protestante, piuttosto austero, piuttosto, diciamolo francamente, indigesto.
Si potrebbe dire a questo punto, che è
una bella occasione di testimonianza. Sinceramente è senz’altro un’occasione, non
più di un’altra però e tuttavia credo
che sia un’esperienza che coinvolge tutta
la comunità. Anche perché, a differenza
delle Valli, c’è stato, anche in un più lontano passato, qualche amministratore
evangelico, ma mai un sindaco evangelico, tanto meno donna, tanto meno moglie
di pastore.
Dicevo infatti all’inizio che ho accettato di essere sindaco perché tra le altre
cose, volevo portare avanti con i miei
compagni un certo tipo di discorso. La
stessa cosa sono certo disponibile, da sempre, a farla con la comunità; ma non con
tutti è possibile. Del resto questa situazione non è particolarmente specifica dell’amministratore evangelico nella comunità. Qualsiasi forma di impegno trova
consensi e dissensi a seconda dei propri
principi, ma anche a seconda dei propri
interessi anche economici di cui spesso ci
dimentichiamo quando parliamo delle
comunità.
Maddalena Costabel
La consacrazione di due donne pastore
avvenuta al Sinodo valdese del 1911.
Consigliere a
Rio Marina
Sono una donna di 29 anni, casalinga,
madre di due bambini, sposata ad un operaio che lavora nelle miniere di ferro delrisola d’Elba. Sia io che mio manto siamo ex-cattolici, approdati alla Chiesa valdese quasi nello stesso periodo Ç64-’65) e
facciamo parte della comunità di Rio Marina, dove esiste (unico in tutta l’Isola)
un tempio valdese costruito nel 1860.
Il paese, sulla costa orientale dell’isola,
ha avuto un buon periodo verso la fine
del secolo scorso, quando grazie alle miniere ed alla sua marineria conobbe una
forte immigrazione ed arrivò a quasi
6.000 abitanti. Ma dopo la prima guerra
mondiale incominciò un lento declino che
si è aggravato dopo il 1960.
Adesso il Comune conta circa 3.000 abitanti, le miniere sono in crisi e l’Italsider,
che ha la concessione per lo sfruttamento, minaccia di chiuderle e di buttare allo
sbaraglio 300 famiglie.
Da due anni faccio parte, come consigliere, della maggioranza PCI-PSI che da
sette anni amministra il paese. Questo periodo, coincidente con la minaccia di chiusura delle miniere, è stato ricco di
lotte ad ogni livello per il mantenimento
dell’occupazione, una fase quindi che ha
visto tutti impegnati seriamente.
In questo ruolo per me nuovo, non ho
avuto difficoltà né in famiglia né nell’amministrazione comunale. Essendo già
nel Consiglio di interclasse delle scuole
elementari avevo una certa esperienza nel
dialogare con gli altri.
Tirando le somme sono soddisfatta di
queste esperienze che mi hanno dato modo di notare come la donna si possa ormai inserire ad ogni livello nella società
e come siano tramontati i vecchi pregiudizi che la relegavano al solo ruolo di
sposa e madre.
Ritengo anche che tutto ciò sia in linea
con l’essere valdese, dato che la nostra
chiesa si è sempre impegnata per le lotte
sociali e per l’emancipazione delle minoranze, coerentemente con l’Evangelo e
l’insegnamento di Cristo.
Liliana Berti Barbetti
's: A- f 'vi,,.
Per una reale emancipazione
Una prédicatrice medievale. L'epigrafe, antifemminista, dice: Male sono
le genti indottrinate,
quando da donna siano
sermonate. Questa illustrazione, con quella della pagina precedente, è
tratta dall’opuscolo: Augusto Armand Hugon, La
donna nella storia Valdese, Società Studi Vaidesi, 1980.
Il caso vuole che da uno stesso quartiere di Angrogna provengano due donne impegnate come sindaci: Franca Coisson,
che svolge il suo servizio nel suo paese
d’origine e Maddalena Costabel che da
tempo risiedendo lontano da questa valle,
opera a Felonica Po, in provincia di Mantova.
Si tratta certo di un caso fortuito, eppure questa coincidenza permette di sottolineare l’assunzione di precise responsabilità politiche da parte di donne credenti,
e di aggiungere qualche altra riflessione a
quanto è stato già detto.
Con la crescente politicizzazione avvenuta nell’ambiente femminile a partire
dal ’68, l'emancipazione della donna è andata di pari passo con una riflessione sostenuta da scelte concrete. Non c’è infatti
a parer mio reale emancipazione della
donna senza che questa svolga un lavoro,
un’attività che la collochi nel tessuto sociale con tutte le difficoltà e le contraddizioni che ne derivano. Importante è quindi la lotta per i livelli occupazionali femminili affinché un numero sempre maggiore di donne entri nei meccanismi produttivi.
Il fatto che una donna lavori non significa automaticamente che essa sia migliore di altre o che comprenda meglio la
realtà politica rispetto a donne casalinghe. Tuttavia, una donna inserita con un
lavoro nel tessuto sociale ha più probabilità di comprendere la realtà politica:
spesso è proprio la situazione del suo lavoro a portarla all’esigenza di allargare
il suo orizzonte e di cominciare a operare e a lottare per migliorare le condizioni non soltanto del suo, ma del lavoro
di tutti. Anche le due donne che citavo all’inizio lavorano, svolgendo un’attività di
insegnamento e, accanto a questo compito (di per sé già molto impegnativo) svolgono un’attività amministrativa altrettanto complessa e di grande responsabilità.
Senza esaltare la personalità di queste
due donne, mi sembra che entrambe intendano la politica, il compito amministrativo che svolgono quotidianamente,
non come un piedestallo per le loro ambizioni personali, ma come un servizio reso alla popolazione.
Tante altre donne faranno la stessa cosa senza essere credenti, ma il fatto che
queste due lo siano è per noi motivo di
riflessione: amministrare onestamente denaro pubblico e lottare con passione a
favore della popolazione, in Italia, non
costituisce la regola. Speriamo che questi
esempi si moltiplichino e trovino nella
comunità dei credenti un terreno fertile
per svilupparsi sempre più, poiché anche
questa è una forma di testimonianza all’esterno, senz’altro tra le più difficili.
Daniela Platone
6
28 novembre 1980
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
PROSPETTIVE DELL’ANTICA SCUOLA PROTESTANTE
Dialogo C'è un futuro per il
semptice Collegio di Torre Pellice?
S G^pSTtO Nostra intervista al Presidente del Comitato del Collegio Valdese
L’esperienza della giornata trascorsa a Bagnolo dai fratelli di
Torre Pellice insieme ai credenti
della comunità cattolica di quella città è stata indubbiamente
positiva per tutti, giovani e vecchi, ed ha fornito a tutti motivi
di riflessione che saranno utili
in avvenire quando si tenteranno forme analoghe di dialogo o
di evangelizzazione. Due considerazioni vorrei fare in margine a
questo incontro, non con spirito
di critica ma in vista di affinare
il nostro discorso.
La prima è questa: temo che
i nostri interventi, i nostri discorsi siano troppo difficili e la
gente non capisca sempre cosa
vogliamo dire. Per “evangelizzare”, per comunicare cioè Tevangelo di Cristo bisogna trovare il
modo di dire le cose in modo
semplice, chiaro, convincente e
dirle in modo che la gente capisca. Nell'incontro di Bagnolo non
si trattava di un discorso di evangelizzazione ma di uno scambio
di pensieri e di vedute sull’importanza della Bibbia come parola del Signore, ci si muoveva
cioè fra credenti, attenti, partecipi, disposti all’ascolto; molto
più difficile sarebbe stato parlare a gente estranea, distratta,
casualmente raccolta, la difficoltà di esposizione sarebbe stata
tanto maggiore!
Il pastore Platone ha illustrato
la posizione evangelica con molta chiarezza, competenza e ricchezza, esponendo l’importanza
che diamo alla Scrittura e sottolineando la sua attualità; i vaidesi hanno probabilmente riudito molte cose che già sapevano,
si sono sentiti in una atmosfera
a loro nota. I cattolici presenti
hanno percepito il senso del discorso generale, certo, hanno avvertito, dalla convinzione dell’oratore, che la Bibbia è realtà
fondamentale per noi, che la sua
lettura è essenziale per la fede;
ma molte cose sono loro sfuggite a motivo della densità del discorso. Forse è questo un errore
che spesso commettiamo: vogliamo dire molto, tutto o quasi, e
dirlo in modo documentato, ricco, approfondito.
Forse dovremo imparare a dire più semplicemente ma anche
a dire meno, a ridurre la complessità dei nostri ragionamenti.
La seconda considerazione concerne non il nostro discorso ma
il nostro atteggiamento. Il pastore Platone infatti non era solo
ospite, ma era accompagnato
dalla presenza di parecchi fratelli in fede, i ragazzi del Coretto e membri di chiesa.
Quale è stato l’atteggiamento
nostro in questa circostanza?
Tutti hanno partecipato con attenzione ma troppo scarso è stato lo scambio con gli ospiti di
Bagnolo. Si aveva l’impressione
di un accostamento di persone,
simpatico e fraterno indubbiamente, ma un accostamento per
cui ognuno restava sulle sue posizioni, gli uni padroni di casa,
gli altri invitati.
Se vogliamo proseguire la ricerca .sul tema dell’evangelizzazione e cioè della comunicazione
dobbiamo rivedere molti nostri
atteggiamenti e molte nostre abitudini. Non si può parlare e comunicare ad una persona se non
si colloquia con lei, se non ci si
interessa alla sua realtà, se non
.si intavola un discorso che può
essere banale, semplice, senza
nessuna pretesa di profondità e
di messaggio, ma che comunque
stabilisca una comunicazione.
Mantenere la rigidità nostra tradizionale, la riservatez.za forse
eccessiva, il convincimento che
bisogna rispettare le idee altrui
e non interferire nelle questioni
personali, significa non poter comunicare e di conseguenza non
evangelizzare.
Semplicità di concetti e calore
di comunicazione ecco ciò che
abbiamo da imparare per essere
missionari.
Giorgio Toum
Messa tra parentesi la questione, che il ’68 fece rimbalzare
nell’aula sinodale, se sia giusto
oppure no che la nostra Chiesa
mantenga scuole confessionali,
oggi l’attenzione generale è più
orientata verso una riqualificazione dell’antico Collegio Valdese in senso vocazionale « per la
formazione di quadri sia nella
Chiesa, sia nella società» (come
affermava la commissione d’esame nell’ultimo Sinodo). Certo
non tutti, grazie al pluralismo
presente nelle nostre assemblee,
sono d’accordo su quest’ipotesi.
IMa i contrasti sul Collegio, in
questi anni, si sono attenuati.
La crisi sempre più acuta, ormai
istituzionale, in cui versa la scuola di stato ha fatto rinascere in
molti il desiderio di un istituto
scolastico improntato airefììcienza protestante con tutto quello
che quest’efflcienza comporta sia
a livello culturale che di fede. E’
dunque possibile il rilancio di
un istituto come il nostro che
ha comunque grossi problemi di
gestione, direi quasi di sopravvivenza? Ne parliamo brevemente con l’avvocato Marco Gay di
Pinerolo che è stato nominato,
nel corso dell’ultimo Sinodo,
membro del Comitato del Collegio Valdese che oggi presiede.
— L’ultimo Sinodo ha rilanciato funzioni e scopi degli organismi culturali valdesi che
hanno sede in Torre Pellice. Come si colloca — secondo lei —
nel quadro del contributo che
taluni istituti possono dare alla
formazione di una coscienza storica protestante l’attuale funzione del Collegio Valdese?
— La sua domanda è molto
difficile. Il Comitato del Collegio Valdese (che si occupa an
II futuro
del Collegio
Il Comitato del Collegio Valdese organizza
un incontro aperto a
tutti i membri di chiesa
per sabato 29 novembre 1980 alle ore 16 nell'Aula Magna del Collegio.
Tema dell’incontro;
Quale futuro per il Collegio Valdese?
Un membro del Comitato introdurrà la riunione esponendo realtà
e prospettive del Collegio.
Si sottolinea l’importanza di questa riunione
che coinvolge la responsabilità di tutte le nostre chiese.
che della Scuola Latina, non bisogna dimenticarlo) è un Comitato di gestione e non ha poteri
decisionali.
La « politica » delle scuole dipendenti dalla Chiesa ValdeseMetodista è tracciata dal Sinodo ed il Comitato deve eseguirla.
Ora mi pare che se le nostre
comunità hanno ritenuto che le
nostre scuole abbiano una funzione, il Comitato deve semplicemente ricercare esattamente
quale essa sia ed attuare le decisioni sinodali. Osservo però
che nella prima metà del secolo
scorso, quando i valdesi non potevano seguire le scuole superiori in Italia e più precisamente
nel regno Sabaudo, le comunità
delle valli mandavano i loro ragazzi migliori a studiare a Losanna o a Ginevra affinché tornassero per istruire la popolazione ; oggi i tempi sono cambiati, tutti possono andare a
scuola ma rimane la necessità
che i migliori giovani siano for
mati in una scuola che abbia caratteristiche peculiari di scuola
protestante.
— Scusi se la interrompo ; una
delle più recenti critiche al Coliegìo di Torre Pellice è quella
secondo cui oggi sarebbe impossibile formare, attraverso questa scuola, una « coscienza protestante » degli allievi, dal momento che cattedre fondamentali sono ormai affidate ad insegnanti cattolici. Ritiene fondata
questa obiezione?
— No, l’obiezione mi pare i’^fondata anche se deve essere tenuta presente dal Comitato naie campanello d’allarme.
A mio avviso non tossiamo
apnlicare alla rovescia un « razzismo » che combattiamo in altre sedi. Il Comitato nella sua
prima riunione con gli insegnanti, cattolici e protestanti, ha
espresso in modo chiaro i suoi
programmi, quali dettati dal sinodo nell’ordine del giorno n. 20
che afferma che il Collegio è
uno dei pilastri sui quali deve
essere fondato il rilancio spirituale e culturale delle valli.
Abbiamo detto agli insegnanti tutti, cattolici e protestanti,
che tale è il programma e abbiamo chiesto loro di dirci se
la loro presenza nell’istituto non
era in contrasto con la linea
tracciata dal sinodo, per non
creare casi che l’obiezione segnala.
Tutti gli insegnanti hanno condiviso l’orientamento del sinodo,
pur nella più ampia libertà delle personali posizioni.
— La scorsa settimana e questa ancora è stato richiesto alla
nostra redazione di pubblicare
un avviso in vista di un incontro
pubblico sui problemi del Collegio. Ci sembra un’iniziativa
nuova ed interessante. Potremmo conoscere in anteprima e in
sintesi i temi di maggior rilievo
che verranno presentati, nell’incontro di sabato sera, da parte
del Comitato?
— Il Comitato eletto dal sinodo, essendo parzialmente rinnovato con persone che non avevano prima d’ora dedicato i loro interessi in modo particolare
alla scuola e che avevano avuto
talora una posizione di « riserbo » sul problema del Collegio,
hanno ritenuto di dovere innanzitutto fare un « inventario »
della situazione e di preparare,
prima di tutto per se stessi, uno
studio per tentare di conoscere
quale potrebbe essere l’avvenire
dellp nostre scuole nel prossimo
decennio. Ciò ha richiesto un
lavoro non indifferente per l’aggiornamento e la proiezione della situazione finanziaria, l’individuazione delle fonti di finanziamento, l’inventario degli amici
lontani e vicini, ora almeno più
lontani che vicini.
Conosciuta la situazione abbiamo ritenuto nostro dovere informarne prima di tutto gli insegnanti poi le associazioni degli amici del Collegio e gli amici della Scuola Latina con i quali abbiamo già avuto riunioni, e
il personale non insegnante.
Le riunioni convocate a Torre
Pellice per sabato 29 novembre
ed a Pomaretto per sabato 13
dicembre hanno lo scopo di informare tutti coloro che dichiarano di essere amici delle nostre
scuole, della reale situazione. I
problemi da affrontare sono
enormi, superiori alle possibilità di questo Comitato che si occupa e si preoccupa.
Anche gli amici stranieri sono
già stati informati, ma la decisione sulla linea politica da scegliere compete alle nostre comunità tutte ma in modo particolare a quelle delle valli che in
modo più sensibile utilizzano i
servizi forniti dalla scuola.
Tanto per non rimanere nel
vago. Le posso dire che per il
1981 la previsione di spesa supe
ra i 30Ü.OOO.OOO e il costo per
ogni allievo è prossimo ad un
milione. Il problema e la sua importanza si segnala da sé.
— Non ha l’impressione che
ìR questi ultimi anni si sia prodotto uno « scollamento » tra comunità e Collegio?
— No, lo scollamento non deve esistere. Se è nata questa impressione, ciò è stato forse determinato dal fatto che con molta faciloneria si sono troppo
•strettamente collegati Collegio e
Scuola Latina con la parte più
conservatrice delle nostre comunità, identificando tutti coloro
che sono collocati dalla parte
opposta come nemici del Collegio.
Ciò non è vero: favorevoli e
contrari hanno la loro idea sul
problema in quanto taluni ritengono che le scuole debbano rimanere « private » nella loro gestione, pur se pareggiate o parificate ; gli altri ritengono che il
problema dell’educazione dei
giovani, specialmente nelle valli,
intendo dire educazione protestante, sia raggiungibile più facilmente mediante la presenza
di insegnanti protestanti molto
preparati, molto validi nelle
scuole dello Stato. La discussione è ancora aperta ma non può
essere facilmente catalogata come scollamento fra comunità e
Collegio.
— Come vede, oggi, e a fronte
di tutto quello che può prevedere, le prospettive future del Collegio?
— Le prospettive future del
Collegio, Le ho già detto, non
possono essere tracciate dal Comitato ; o almeno non dal Comitato soltanto.
Intendiamo sentire Topinione
di tutti, in primo luogo dei genitori degli allievi di .oggi e di
quelli che saranno gli allievi di
domani. Ma la risposta dovrà
essere data anche dalle comunità.
Abbiamo chiesto agli insegnanti di darci, prima della fine
dell’anno, un breve profilo dei
loro programmi didattici e dello inotivazioni che ne sono il
fondamento. Speriamo di avere
incontri anche con gli studenti e
di organizzare una serie di conferenze per gli studenti, specialmente del liceo, affinché le prospettive future del Collegio scaturiscano dalla espressione della volontà di tutti.
Da parte nostra dopo aver
raccolto il contributo di tutti,
esprimeremo le nostre idee dopo aver riflettuto e alla fine dell’anno faremo una prima relazione alla Tavola affinché possa,
eventualmente, riferirne alle conferenze distrettuali e sicuramente al sinodo. Sarà in quella sede
che verrà assunta la decisione
definitiva.
a cura di
Giuseppe Platone
POMARETTO
Obbligati a risiedere
L’iniziativa del comune di Pomaretto di chiedere a coloro che
"svernano” per oltre sei mesi di
prendere la residenza in quel comune ha suscitato parecchie reazioni tra la gente.
Ospitiamo qui quella di un nostro lettore, augurandoci che la
amministrazione comunale ci faccia pervenire il suo parere ih merito. (red.)
Già da alcuni anni si sente
parlare nei corridoi delle sale
comunali dell’opportunità che
continuino ad esistere o meno
quei piccoli comuni di montagna che raggiungono a malapena
il numero legale di elettori.
E’ strana, anche se probabilmente legale dal punto di vista
amministrativo, la posizione assunta dal Comune di Pomaretto, che invita tutti i migratori
stagionali che svernano a Pomaretto a munirsi del certificato di
residenza in questo comune.
E’ importante sottolineare che
su questo argomento che tocca da vicino molte persone non
sono state convocate da nessuna
parte assemblee pubbliche o dibattiti per appurare la volontà
e il parere degli interessati.
Una posizione di questo tipo
a mio modo di vedere risolve in
maniera non molto democratica
il problema.
Io penso che sia impossibile
giustificare una scelta del genere
col dire che, aumentando il numero dei residenti, aumenterebbero in maniera significativa le
entrate del comune, viste le magre quote che il comune riceve
dallo Stato per ogni anima.
Non è neppure seriamente sostenibile che, se aumentasse il
numero dei residenti, sarebbe
possibile aumentare nel comune
l’estensione dell’area fabbricabile (fabbricare dove? Come? Per
chi?).
Infine, se tale atto fosse stato,
come ha detto un esponente della giunta, una questione di principio, quindi una precisa volontà politica, la questione assumerebbe altri aspetti che meritano
alcune considerazioni:
a) la gente dei comuni di
montagna non ha mai fatto la
scelta di venire a fondovalle, ma
è stata violentata dalla politica
di industrializj’azione iniziata ne
gli anni '60, che allora ci fu prospettata dai politici come il benessere, e che dopo vent’anni ci
pone in testa alla hit parade della disoccupazione;
b) visto che non tutti erano
costretti ad emigrare per lavoro,
con una serie di leggi e leggine
si cominciarono a eliminare o a
rendere insufficienti quei servizi
che permettevano di rimanere in
loco (scuola, trasporti, ambulatori);
c) ultima violenza: « consigliare » la gente di prendere la
residenza a fondovalle, col risultato di far mancare il numero legale per presentare le liste nel
comune di provenienza.
In un periodo in cui tutti predicano la partecipazione della
gente alla vita pubblica, senza di
fatto offrirle gli strumenti necessari per poter incidere sulle
scelte (che il più delle volte altro non sono che la spartizione
del potere a livello di partiti) è
quanto mai ridicolo che senza
una corretta discussione e valutazione si vogliano eliminare proprio quei consigli comunali, che
magari vanno rivalutati, ma che
sono comunque una espressione
democratica ed un mezzo di più
per allargare la discussione alla
base.
E’ vero che questi piccoli comuni non possono far fronte a
tutti i servizi necessari, ma la
soluzione sta nella volontà politica di consorziare i servizi, ed è
la Comunità Montana che deve
farsene carico.
Già adesso i piccoli comuni
della valle hanno delle difficoltà
ad organizzare i servizi sul loro
territorio.
Se si accentrasse tutto a Pomaretto come si potrebbero far
funzionare in modo soddisfacente i servizi per tutta la valle?
Non verrebbe, come al solito,
penalizzata la periferia?
E' facile commuoversi ripensando al passato, rivangando ricordi e suggestive fotografie di
un tempo della nostra valle; poi
però la si condanna con l’applicazione sistematica e superficiale
di leggi non sempre giustificate.
Uno sbaglio può essere pagato
caro da tutta una valle; pensiamo che un danno irreparabile
non valga le questioni di principio.
Enrico Tron
7
28 novembre 1980
CRONACA DELLE VALLI
7
INCONTRO ECUMENICO A BAGNOLO
RORA’
L'attualità della Bibbia
Domenica 9 novembre, in
occasione della settimana
della Riforma e del 450"
anniversario della Confessione augustana, si è tenuto a Bagnolo Piemonte un
incontro ecumenico tra
membri della locale Chiesa cattolica e fratelli della
comunità valdese di Torre
Pellice.
Come di programma, la
manifestazione, a cui hanno preso parte i ragazzi
del Coretto valdese nonché
il Gruppo di fisarmoniche
di Bagnolo, allietando con
canti e musiche la giornata, è iniziata il mattino,
non appena è arrivato sul
posto il primo gruppo di
Valdesi di Torre. Questi,
allestendo una breve mostra che attraverso cartelloni sintetizzava un po’ lo
scopo dell’incontro e richiamava l'attenzione sul
mondo valdese, e presentando alcuni libri della
Claudiana, hanno subito
avuto un contatto diretto
con la realtà locale. La gente ha dimostrato il suo interesse per una simile iniziativa, facendo sentire la
propria presenza.
Nato sotto i migliori auspici rincontro è proseguito nel pomeriggio, dopo un
filmato sulla Palestina proposto dai giovani cattolici
e il tradizionale pranzo al
sacco, con la preannunciata conversazione sul tema:
« L'attualità della Bibbia ».
I.a discussione, a cui hanno dato un buon contributo i numerosi convenuti
(nel frattempo era arrivato
un pullman con parecchi
valdesi della nostra comunità), è stata introdotta dal
pastore G. Platone e dal
sacerdote cattolico B. Giraudo.
Il pastore Platone ha
esposto una sua riflessione
articolata in quattro punti: l’autorità della Bibbia,
che cosa è la Bibbia, come
si legge la Bibbia e, giusta
conclusione, l’attualità della Bibbia; mentre don Girando ha dimostrato, portando come esempio la sua
personale esperienza, quanto possa influire la Sacra
Scrittura sulla vita del cristiano, sia esso cattolico o
protestante.
Da parte valdese, se mai
abbia senso parlare di parte in un ambiente in cui ci
si sentiva innanzitutto
evangelici, è stato sottolineato il fatto che la chiesa
ha un fondamento, una regola, per così dire, esterna: il dialogare di fronte
Il banco libri alla iniziativa ecumenica di Bagnolo.
alla Bibbia, cioè di fronte
a una grandezza pienamente autonoma.
Ogni generazione è chiamata a rivivere e a fare i
conti con questa Lettura;
l’attualità della Bibbia sta
quindi nella risposta che
essa può darci oggi a casa
nostra, a Bagnolo, in Italia. Perciò l’incontro con
la Scrittura è soprattutto
ascolto più che commento.
E’ stato poi sottolineato
come oggi il problema centrale non sia solamente circoscritto alla salvezza individuale: « Oramai — ha
detto Platone — non è sufficiente dare una risposta
personale ai fatti, al messaggio evangelico dal momento che la questione vera e propria è quella della
morte o della sopravvivenza dell’intera umanità ».
Riscoprire il messaggio
dell’Evangelo come messaggio d’amore, contro le
scelte di morte della nostra società, ecco l’obiettivo a cui dobbiamo guardare. Solo quando entra a
tutti i livelli nella vita della società, la Bibbia è veramente attuale.
Lasciando così da parte
le differenze che li dividono, senza per altro dimenticarle, anzi ripromettendosi di discuterle in modo
costruttivo in un secondo
momento. Cattolici di Bagnolo e Valdesi di Torre
Pellice hanno domenica
iniziato un dialogo oggi finalmente possibile. E non
perché gli uni o gli altri
abbiano rinunciato alle
proprie posizioni, quanto
piuttosto perché hanno imparato a rispettarsi, ad accettarsi e non più unicamente a tollerarsi, a confrontarsi su ciò che li unisce. Il tutto tenendo ben
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presente che il dialogo presuppone sincerità e chiarezza.
Impressioni
Il pensiero di un giovane
di Torino, membro della
chiesa cattolica di Bagnolo: « La validità di questo
incontro è limitata se non
è il punto di partenza per
altre iniziative. Penso che
da parte cattolica ci sia
stato un notevole interesse; in special modo i più
sensibili hanno vissuto la
giornata con molto entusiasmo. L’incontro con voi
Valdesi non può che essere un notevole stimolo per
la nostra chiesa ».
« Crediamo sarebbe bene
potersi trovare come giovani. parlare dei nostri problemi, leggere e discutere
insieme la Bibbia » intervengono due altri giovani
della locale parrocchia.
« Vedo nella Bibbia — ci
dice don Girando, parroco
di Bagnolo — Viinità dei
cristiani. Occorre una conoscenza maggiore tra noi
e voi; quello che oggi qui
è stato fatto, se guardiamo la storia, è una benedizione del Signore ».
Intento a sistemare dei
Nuovi Testamenti sul banco libri, un non più giovane valdese osserva: « Oltre
alla importantissima testimonianza evangelica che
oggi abbiamo potuto dare
(sono stati venduti e regalati trenta edizioni interconfessionali del Vangelo)
è stato, credo, un riuscito
incontro ecumenico. Sono
contento che per la prima
volta dei bagnolesi abbiano avuto un contatto diretto con una comunità
valdese ».
Apre, poi, una breve parentesi storica: « In realtà
non è la prima volta che i
Valdesi sono ufficialmente
a Bagnolo: erano presenti
in puesti luoghi tanto Jernpo fa, poi le persecuzioni...
ma lasciamo la storia, pensiamo al presente. Quanto
all'organizzazione, da parte valdese, abbiamo collaborato giovani e meno giovani alla riuscita di questo
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incontro; ciò significa che
coloro che hanno maggiore
esperienza possono trasmetterla a quanti stanno
crescendo ».
« Penso che per il futuro
sarà bene, come evangelici,
imparare a semplificare i
nostri discorsi, quando ci
rivolgiamo agli altri: certe
terminologie ed espressioni sono già difficili per gli
stessi membri della nostra
chiesa, figuriamoci per persone che conoscono appena appena i Valdesi e ignorano, o quasi, la nostra tradizione teologica ed ecclesiastica ». Ecco il giudizio
di una ragazza del gruppo
giovanile di Torre Pellice
sugli interventi, al dibattito pomeridiano, di valdesi.
« Ma queste manifestazioni non si possono fare
alle Valli Valdesi? ». La domanda ci viene rivolta da
don Mario Polastro di Pinerolo che così prosegue:
« Speriamo di poter continuare ad organizzare incontri di questo tipo, e che
nei dibattiti si dia più spazio ai laici, evitando che
pastori e preti monopolizzino i discorsi ».
Ultima impressione quella di un valdese di Torre
che si chiede « cosa rimarrà alle comunità valdesi e
cattoliche e cosa cambierà
per loro dopo questa giornata ».
a cura di Marco Bomo
e Italo Pons
Chiude
l’ultimo negozio
Intervista a Margrit Tourn Boncoeur
Da una settimana l'unico negozio di Bora ha chiuso i battenti. E per il momento non si vedono concrete vie d'uscita per
impedirne la chiusura definitiva.
La Pro loco si è presa l'incarico
di svolgere un’indagine conoscitiva tra la popolazione per saggiare la possibilità di una gestione associativa, ma le voci che
corrono non lasciano grosse speranze.
Alcuni mesi or sono chiuse
anche il bar-ristorante della
Piazza, gestito da una famiglia
di meridionali che non sono riusciti ad inserirsi nelTambiente
(neve, freddo, lingua, usi, eoe.)
rorengo. Ora fa minaccia di una
chiusura definitiva del negozio
di alimentari aumenta ancora la
sensazione di smobilitazione.
Il disagio è duplice: per i turisti che d’estate salgono numerosi a Bora e non tutti con un
mezzo di trasporto e per le persone anziane del posto sprovviste di automezzo, che normalmente fanno uso del pulmino
del comune per scendere il venerdì al mercato, per ritirare la
pensione, ecc.
Su questo problema abbiamo
rivolto alcune domande a Wlargrit, che ha gestito il negozio
in questi anni.
— Per quali motivi hai deciso
di chiudere?
PINEROLO
Nuovo Tribunale
Il consiglio comunale di
Pinerolo ha approvato, nella seduta straordinaria del
14 novembre, la convenzione di acquisto dell’edifìcio
dell’ex-merlettificio Tùrck,
in corso Piave.
In tale edificio dovranno
essere trasferiti gli Uffici
giudiziari, attualmente siti
in viale Giolitti (corso Torino) in locali divenuti uri
po’ stretti per la mole di
lavoro che il Tribunale, la
Pretura e la Procura della
Repubblica di Pinerolo devono sbrigare.
Diversi consiglieri hanno
ricordato che la presenza
del Tribunale a Pinerolo
è un po’ in forse per il futuro, per la revisione sia
delle circoscrizioni giudiziarie su scala nazionale
sia dei Codici di Procedura
civile e penale, ed un possibile criterio discriminante potrebbe essere l’efficienza degli uffici. Alcuni
hanno fatto notare, tra la
perplessità di altri, che, se
Pinerolo avesse una sede
adatta per gli Uffici giudiziari, più facile sarebbe che
il Tribunale e gli altri Uffici
non venissero soppressi.
Il Palazzo di Giustizia è
centro di lavoro per molte
categorie di cittadini, anche per piccole cose: grave danno alle attività della
città comporterebbe la
scomparsa di tali uffici nel
pinerolese, perché si dovrebbe necessariamente far
capo a Torino.
Ad ogni modo, ogni opera di ristrutturazione dell’ex-merlettificio Tùrck è
sottoposta alla condizione
sospensiva della approva
zione di una variante al
piano regolatore urbanistico da parte della Regione,
e dell’acquisizione di fondi
concessi in mutuo dal Ministero di Grazia e Giustizia.
P. G.
— Perché da sola non ce la
faccio. Quando abbiamo iniziato potevo contare sull'aiuto di
mio marito, ma ora lavora nelle
cave e non ha tempo di aiutarmi e da sola proprio è impossibile. Non ho solo il negozio a
cui badare, ho anche due figli
in età scolare che mi prendono
tempo.
— Ma ci vive una famiglia sul
negozio?
__Certamente, come ci siamo
vissuti noi così possono viverci
altri. Tanto per fare un esempio: con il negozio una famiglia
mangia con il 20% di spese in
meno all’anno, il che non è po
_ Secondo te è molto grave
per la popolazione la chiusura
del negozio?
— lo credo di sì, perché rappresenta comunque una perdita
per tutti, lo ad esempio, se il
negozio riaprirà continuerò a fare
qui le mie spese, mi sembra
logico. A meno che si tengano
dei prezzi da strozzini, ma se
così non è non si capisce perché si debba scendere a valle
per le spese quando hai il negozio a portata di mano. Certo,
il maggior disagio sarà per 1 turisti e per alcune persone anziane, per il resto del paese la
cosa non sembra far problemi.
— Ma tu, a partire dalla tua
esperienza, incoraggeresti altri
a gestire il negozio?
— lo sì, ma deve essere una
famiglia in cui si possa contare
sulla disponibilità di due persone, altrimenti la cosa è troppo
pesante: bisogna essere lì continuamente, e poi bisogna scendere a valle per I rifornimenti.
Se c’è la possibilità del cambio
io non vedo difficoltà.
a cura di
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CRONACA DELLE VALLI
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28 novembre 1980
SAN GIOVANNI: UN CATTOLICO SUL CULTO EGEI
I GIOVANI E LA COMUNITÀ’
Di chiosiamo
il prossimo?
Come abbiamo annunciato su questo giornale^ la FGEI Valli
ha proposto a tutte le comunità delle Valli di poter presiedere un
culto con discussione centrato sul senso della nostra testimonianza
e della nostra solidarietà di comunità di credenti nel contesto di
una società in cui il problema del lavoro e diventato, ultimamente,
drammatico, in particolare con le vicende delVIndesit e della FIAT.
Domenica 16 novembre^ la FGEI ha presieduto il culto a Luserna
San Giovanni; pubblichiamo un commento mandatoci da un giovane cattolico presente al culto. Seguiranno altri interventi su
questa iniziativa della FGEI-Valli.
Scrivo in merito al culto di
domenica 16-11 a Luserna San
Giovanni e alla successiva discussione. La predicazione effettuala da Francesca Spano rappresentava la conclusione dì
una serie di riflessioni, avvenute in seno alla FGEI, sul mondo del lavoro, sulla disoccupazione e sulla cassa integrazione.
La lettura del Vangelo era
Luca 10, 25-37 : il buon Sa
maritano.
Nonostante la chiarezza con
cui Francesca durante il sermone, riusciva a mettere in risalto la figura dei Samaritano più
che quella dell’uomo assalito
dai briganti e la situazione contestuale in cui costui si era venuto a trovare, alcune persone,
nel successivo dibattito, hanno
avuto modo di travisare decisamente il senso delle parole del
sermone.
Credo che per essere compresi anche dai non presenti al culto, sia utile sviluppare il mio
pensiero per punti.
1) Francesca ha dato la mas
sima centralità al versetto 36 in
cui Gesù dichiara il Samaritano « prossimo per quell’uomo
che aveva incontrato i briganti »
e non viceversa. Ed un primo
insegnamento per noi è proprio questo : diventare « prossimo » per tutti coloro che sono nel bisogno.
2) Il paragone tra « quell’uomo » ed i lavoratori (specie se
in cassa integrazione) o meglio
tra la situazione di colui che
era stato derubato dai ladroni
e la situazione di chi storicamente è derubato è tutt’altro
che azzardato. La differenza sta
nel fatto che Gesù chiama briganti coloro che derubano, noi
chiamiamo industriali e padroni coloro che vivono ed arricchiscono sullo sfruttamento legalizzato e sul furto. Chi poi
fosse poco avvezzo alle analisi
marxiste e non volesse invischiarsi in parole come plusvalore. capitale, salario, vendita
della forza lavoro e sul loro significato socio economico, può
semplicemente farsi un’idea di
come i nostri « capitani d’azienda » rubano anche nel senso
corrente del termine leggendo
le notizie dei vari scandali ed
operazioni illecite che causano
una totale caduta della fiducia
verso la classe dirigente in genere.
Viene così il secondo insegnamento del sermone di domenica: è un alibi richiamare la
necessità di tutelare i lavoratori
e citare un imprecisato sistema
capitalista come bestia nera e
cattivo brigante. E’ lo stesso alibi di chi al tempo di Gesù
avrebbe potuto richiamarsi alla
tutela del viandante o condaii
nare il « sistema » incapace di
debellare il terrorismo etnico e
politico e di reprimere ladri e
balordi che rendevano pericoloso il viaggiare. Gesù non
condanna né il sistema, né i singoli (così come noi non possiamo condannare i padroni, ma
solo prendere atto di quale è la
loro vera identità!) ma ci insegna la solidarietà, il porci dalla parte di chi è bisognoso, Tesser d’aiuto a chi, in ogni epoca,
è derubato dai briganti.
3) Nel dibattito successivo al
sermone si è distintamente notata una dualità di vedute, rispetto al mondo del lavoro ed in
particolare ai problemi connessi
ai licenziamenti ed alla cassa integrazione (Fiat-Indesit). Dualità che si può riassumere nelle
due posizioni estreme di chi sta
dalla parte degli operai per una
certa scelta di campo e chi da
questa parte non ci sta poiché
nota negli operai delle posizioni
pericolosamente peccaminose, se
così si può definire la razionalizzazione della differenza di
classe. Posizioni di molti mem
bri delle comunità che giungono così a ritrovarsi con quei
40.000 che per la prima volta
in Italia hanno avuto l’onore di
dar vita al crumiraggio organizzato.
Il terzo insegnamento ci viene quindi dalla dimostrazione
di classismo che Gesù ci dà anche con la parabola dei Samaritano. Mi sono sempre domandato come i credenti di ceti sociali medi ed alti possano sopportare senza provare del fastidio questo scomodo classismo di
Gesù; questo continuo indiscutibile. coerente star con i poveri,
gli sfruttati, gli emarginati: coraggiosamente schierato contro
ogni forma di potere, tanto da
subire il più umile dei martiri.
Un classismo che non ammette
crumiraggi.
4) Numerose affermazioni di
alcune persone presenti e che
a loro stesso dire non sono della
stessa classe sociale degli operai, suonano come dure condanne e precostituiti giudizi nei
confronti di questi. Precostituiti. proprio perché degli operai. delle loro situazioni, delTavviliinento dello star fuori della
fabbrica pur pagali, della loro
cultura, delle loro lotte con sconfitte e vittorie, non sanno nulla.
Ciò che è peggio sembra che
non gliene importi nulla, salvo fare delle generiche dichia
razioni dì astratta concordanza
e concrete requisitorie nei confronti di atti che visti da una
diversa angolatura sono gli unici modi di difendere dei diritti
dalla soverchieria padronale.
Al posto deH’insegnamento ci
viene una domanda : come mai
nelle nostre comunità .sono così pochi gli operai? Come mai
domenica non era presente nessun operaio che potesse difeivdere le proprie posizioni senza
dover contare solo sulla difesa
d’ufficio di persone che scelgono
di stare dalla loro parte ma che
operai non sono? Perché la nostre chiese ed i nostri culti si
sono tanto scollati dalla realtà
della fabbrica?
5) Alcune cose ancora di
quella discussione mi sono rimaste molto impresse; per esempio il fatto che i giova.ii della
Fgei non siano stati autorizzati
ad esporre nel piazzale antistante il tempio la mostra sulla
Indesit (da chi poi? forse dalla
Questura?) Questo fatto mi ha
molto colpito in quanto cattolico e quindi avvezzo a conoscere
certe comunità parrocchiali decisamente chiuse su questi problemi e decisamente refrattarie
alla stessa informazione su questi problemi; mi sono perciò meravigliato di tanta ecumenica
unità di intenti tra certe parrocchie cattoliche ed alcune persone certamente di rilievo della
comunità evangelica locale.
Le
Fausto Franchino
SEGNALAZIONI
Due articoli sulla
storia evangelica
Sono stati di recente pubblicati due rapidissimi, ma chiari,
cenni storici, rispettivamente
sul valdismo e sulle varie origini delle chiese evangeliche
operanti in Italia.
Il primo; « Les Vaudois des
Alpes » di Mario Rivoir, occupa quasi per intero l'ultimo numero di « Europe e Laïcité »
per il numero prossimo è annunziata la storia dei Valdesi nella
vallata francese del Lubéron.
Si tratta di un notevole impegno
per riassumere in poche pagine,
fitte di dati, ottocento anni di
una storia abbastanza nota fra
noi, ma praticamente sconosciuta a buona parte dei lettori della rivista.
Il secondo: « Storia della testimonianza evangelica in Italia»
di Giorgio Bouchard, apparso su
« Gioventù evangelica » è la
registrazione, pittoresca anche
perchè . parlata ., di una relazione la cui tesi (la presenza
evangelica in Italia ha un significato, abbiamo dei compiti da
svolgere e senz’altro una spe
' N. 86 (settembre ’80) del
bollettino del Centro d'azione
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Germain - Paris VI.
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L’angolo di Magna Linota
Cara magna Linota,
non ti pare che passiamo tutti un po’ troppo tempo a litigare fra noi?
Anche sul nostro giornale sono proprio stanco di
leggere articoli e lettere al
direttore in cui la gente si
sfoga a criticare questi o
quelli perché; secondo lei,
dicono o fanno delle cose
sbagliate.
Dott.
Giovanni GRILLONE
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Non si potrebbe parlare
un po’ più spesso « in positivo >■ di cose buone, utili, importanti, da fare o
che si stanno già facendo,
chiedere per esempio aiuto
per un lavoro che ci sta a
cuore, dicendo esattamente che tipo di appoggio la
gente potrebbe dare (possibilmente non quattrini,
ma tempo e fatica) invece
di passare il tempo a guardare quello che a nostro
parere va per storto come
i gamberi?
Credo che, specialmente
in questi tempi angosciosi
abbiamo tutti bisogno di
essere incoraggiati a fare
qualcosa di utile con l’aiuto di Dio.
Riccardo Foresi
Mio padre diceva che solo chi lascia crescere i rovi nel suo campo ha tempo di slare a guardare se
il vicino non ha sradicato
tutta la gramigna, e mia
madre mi ha spiegato spesso che abbiamo il diritto
di ammonire i nostri fratelli sui loro sbagli solo
quando siamo sicuri di
amarli e di non sfogare la
nostra antipatia con la scusa di combattere per la verità.
lo li ascoltavo volentieri
perché facevano come dicevano: mio padre sgobbava
Sul .suo terreno, e la mamma rimmziava a darci lo
.scappellotto che meritavamo quando si accorgeva di
essere troppo arrabbiata.
Come vedi, sono d’accordo
con te. Ma, anche tu, non
mi hai scritto solo per criticare quello che fanno gli
altri, invece di cominciare
a fare quello che chiedi?
Cordialmente
Magna Linota
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non bastano
La Filodrammatica di
Torre Pellice ha presentato uno spettacolo teatrale
in cui è sviluppata una critica alle comunità evangeliche oggi, in particolare
alle Valli. Uno dei problemi su cui maggiormente si
è insistito è quello della
confermazione, vista da
questi giovani più come cerimonia tradizionale ormai,
che come momento in cui
si confessa la propria fede
ad una comunità di cui ci
si sente parte. Questo perché? Per rispondere a questa domanda bisogna partire da una analisi delle
comunità: non esiste nella maggior parte dei casi
nessun rapporto tra i giovani, compresi i catecumeni, e la comunità. Non sono né offerti né previsti
spazi di incontro, il giovane viene accettato solo se
mette da parte le sue particolari esigenze e si ade,aua. Per il giovane valdese. quindi, giunge il momento della confermazione
prefissato dalla tradizione,
senza che lui conosca la
propria comunità, senza
che gli sia data la possibilità di contare e spesso
senza che la sua maturazione di fede sia arrivata
ad un punto tale che lo
porti a fare lo stesso qualcosa all’intemo della comunità, affrontando ostacoli
e diversità che spingono
la maggior parte dei giovani ad abbandonare la Chiesa appena dopo la confermazione. Il culto per esempio, pur essendo il momento culminante della comunione fraterna fra i credenti, non è per il giovane che
si avvicina alla Chiesa il
luogo per chiarire i propri
dubbi, per condurre, insieme ad altri, una ricerca di
fede. La confermazione viene considerafa il naturale
sbocco del catechismo, ma
esso pure non contribuisce
per niente a fare in modo
che i giovani entrino a far
parte della comunità. Si
tratta, quasi per tutti, dell'unico momento di contatto con la Chiesa, e per
questo i catecumeni dovrebbero essere spinti a
svolgervi una parte attiva
e non solo passiva.
cando di cambiare dall'interno. In questa fase, una
delle prime cose che sono
state discusse e contestate
è stata proprio la confermazione: l’anno scorso
avevamo sollevato il problema a Torino e ne era
nato un documento in cui
parte dei catecumeni, pur
comunicando la loro volontà di essere presenti
nella comunità, decidevano di non confermarsi, ed
in altre città altri catecumeni prendevano decisioni
analoghe. Credo che sia
giusto riprendere la questione ed aprire una discussione su questo.
Elisabetta Pascal
Val Germanasca
Spesso la confermazione
sancisce la fine, e non l’inizio, di ogni, se pur minimo rapporto con la chiesa
e molti giovani si disinteressano dei problemi di fede o più spesso vanno a
discuterne in luoghi più
adatti ad accogliere le loro esigenze di confrontarsi: centri come Agape o
.eruppi giovanili, esistenti
in alcune città, che lavorano autonomamente e non
hanno praticamente nessun rapporto con le altre
attività della Chiesa.
Trasporto
scolastico
Il trasporto scolastico per gli
alunni delle elementari nel Comune di Prali e nella frazione di
Fontane (Salza) avrà inizio, salvo imprevisti, ai primi di dicembre.
ranza di ravvedimento e di vittoria) è illustrata con una serie
di episodi significativi, e di solito poco conosciuti, o di citazioni insolite, come questa, tolta da un rapporto della Tavola;
« A Torino abbiamo due pastori
valdesi e due pastori italiani ».
Si può discordare da alcune valutazioni, deplorare l’eccessivo
schematismo di altre, ma si
tratta in ogni caso di una lettura stimolante, che dovrebbe
farci riflettere, soprattutto sui
problemi che ci stanno davanti
negli anni '80.
M. G.
Oggi forse per i giovani
l’appartenere ad una chiesa non è più tanto « indispensabile », ed essi non
cercano all’interno di essa
una sicurezza stabile, ma
piuttosto un luogo per discutere la propria fede;
per trovare una risposta
nel messaggio biblico a
problemi di vario tipo e
per vivere quotidianamente questo messaggio; sono
disposti a mettere in discussione tutti gli aspetti
che hanno più importanza
esteriore che valore interiore e non basta loro sentirsi uniti da comuni e secolari tradizioni per sentire di appartenere in tutto e
per tutto ad una comunità
valdese. Questo capovolgimento di valori ha portato
moltissimi giovani a rinunciare a qualsiasi tipo di
rapporto con la Chiesa, ma
negli ultimissimi anni stanno avvenendo dei tentativi
da parte di gruppi di giovani di entrare a far parte
della propria comunità,
portando all’interno di essa le proprie istanze e cer
Consultati gli insegnanti, gli
amministratori dei due Comuni
e i genitori interessati si sono
riuniti per esaminare insieme
gli orari e l’itinerario che dovrà
percorrere il piccolo autobus comunale.
Trattandosi di due scuole (Prali Ghigo e Miniera) separate da
alcuni chilometri di strada provinciale e frequentate da alunni
provenienti da località ancora
più decentrate, i percorsi diventano numerosi e non cumulabili. in più, te strade di montagna
non consentono velocità elevate,
neppure quando sono in otttime
condizioni, figurarsi poi con il
ghiaccio o la neve.
Per evitare che i bambini siano costretti ad aspettare troppo
a lungo o ad alzarsi ad ore impossibili, si è pensato di chiedere alla Direzione didattica la
autorizzazione a modificare l’orario di entrata e di uscita nelle
due scuole, con uno scarto di
mezz’ora che possa coprire i
tempi di percorrenza del mezzo di trasporto.
Come è stato ricordato durante la riunione, il trasporto scolastico è l’unico modo per risolvere i problemi dei genitori
che abitano lontano dalla scuola
ed evitare un ulteriore spopolamento delle piccole borgate.
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28 no\embre 1980
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“Giornata comunitaria
II
Nella linea di quanto già sperimentato positivamente altre
volte, ha avuto luogo domenica
23/11 una « Giornata comunitaria ».
Iniziata alle 9, con il gruppo
di studio biblico (che si ritrova
quest’anno intorno allo studio dei
temi dei cosiddetti « Atti liturgici »: funerale, matrimonio, battesimo, confermazione, santa cena), la giornata è proseguita con
il culto con assemblea di chiesa.
Accogliendo di buon grado l’invito della PGEI-Valli di fare una
predicazione, seguita da discussione, sul tema della nostra testimonianza nell’attuale crisi del
posto di lavoro, il sermone è stato centrato sul testo di Giacomo
5: 1-6. Riportiamo qui uno schema riassuntivo della predicazione: 1) Non vi sono nella Bibbia
testi che riproducano una situazione simile a quella che stiamo
vivendo, per cui, se vogliamo evitare il rischio di predicare le nostre idee, o peggio, le nostre situazioni, non possiamo accettare di fare una semplice trasposizione dicendo che i « ricchi oppressori » del testo sono le classi borghesi e « i poveri » la classe operaia. 2) Non sarebbe più
giusto dire che i poveri sono piuttosto quei milioni di persone nel
terzo mondo, che accusano giustamente i nostri paesi industrializzati di averli frodati del necessario per vivere? 3) Ma, detto
questo, non si può certo nascondere che esistono anche da noi i
derubati e i ladri, gli sfruttati e
gli sfruttatori. La nostra società
ha prodotto al tempo del « boom
economico » una situazione che,
col benessere (mai di tutti), ha
accentuato problemi come l’immigrazione, la corruzione, il sopruso. Oggi che c’è la crisi, si
pensa di risolverla togliendo posti di lavoro. Anche da noi « il
salario di molti, grida! ». 4) Questo pone alla comunità dei credenti il problema della qualità
della vita. Oggi le nostre ricchezze « ci marciscono in mano »; vediamo che le scelte fatte da pochi sulla base degli equilibri di
mercato, hanno di fatto creato
enormi « squilibri », hanno prodotto un’umanità disumanizzata.
Tutto questo lo stanno pagando
come sempre i più deboli, quelli
che non hanno potere. 5) Ma,
sarebbe un grave errore tracciare una linea retta e dire: tutti i
peccatori sono di qua, tutti i giusti .sono di là, coi lavoratori. All’interno delle parti c’è chi fa ri
ferimento alla giustizia e chi vive in modo indegno ed egoista.
Non esiste una salvezza di classe, ma solo una salvezza per grazia. In una Italia di troppi « furbi », ai vari livelli, qualche samaritano in più non guasterebbe!
Qualcuno disposto a spendere la
propria vita piuttosto che quella altrui.
L’assemblea (una novantina di
persone) si riunisce nella sala e
ricerca un modo comune di esprimersi come comunità e di confrontarsi in uno spirito fraterno
nonostante la grande disparità
di vedute. Sono emerse due linee
di pensiero: la prima ha ripreso
il tema del sermone circa la non
esistenza di una salvezza di classe e la seconda ha espresso il
concetto che oggi il lavoro, anziché esprimere la crescita e la
solidarietà, divide gli uomini,
prima di tutto fra chi ha e chi
non ha un lavoro. Come deve
porsi la comunità di fronte a
questo mondo di « divisi ». Il
tempo assai scarso non ha permesso di approfondire, per cui
si è deciso di continuare la riflessione su questi temi in un prossimo pomeriggio di « giornata
comunitaria », incaricando il concistoro di predisporre che l’argomento venga introdotto da una
breve relazione.
L’assemblea ha quindi lasciato
il posto a un « pic-nic » comunitario che sottolinea il desiderio
di approfondire la comunione
fraterna e il dialogo.
Il pomeriggio è continuato con
la proiezione del film sui valdesi, fatto da un regista austriaco
per il canale culturale della televisione tedesca, che continua a
suscitare interesse e a far discutere. Esso è la fotografìa, vista
in chiave moderna della nostra
storia e presenta un aspetto
della nostra attuale vita valdese.
Le valutazioni che hanno seguito
la proiezione sono state numerose, varie, interessanti e molto
contrastanti, il che, tutto sommato, testimonia che il film è stimolante e fa riflettere. Non bisogna
dimenticare che esso è stato realizzato da un uomo di cultura di
tradizione assai diversa dalla
nostra; egli ha tentato di capirci
e di presentarci cogli occhi del
protestantesimo europeo.
Siamo profondamente grati al
pastore Platone, sia per la sua
partecipazione al pranzo comunitario, con la sua famiglia, sia
per averci aiutato a capire meglio il film. Marco Ayassot
PRAMOLLO
Lunedì 17 novembre si sono
svolti nel tempio di Ruata i funerali della sorella Lina Long in
Sappé, residente a S. Germano,
deceduta all’ospedale di Pinerolo
all’età di 70 anni dopo un periodo
di grave malattia. A tutti i familiari in lutto esprimiamo le condoglianze e la solidarietà cristiana di tutta la Comunità, nella certezza che Dio darà pace e consolazione a coloro che soffrono.
Siamo vicini con la preghiera
anche ai familiari di Elena Travers, che abitano alla Gamba di
Inverso Pinasca, originaria di
Pramollo, che il Signore ha richiamato a sé dopo alcuni mesi
di degenza in ospedale e sofferenza.
Nonostante quel che si pensa
in questi momenti, non è la morte che trionfa; ce lo dimostra anche la nascita di Daniele, primogenito di Oriella Jahier e Guido
(7amusso, abitanti a Perosa Argentina, ai quali esprimiamo le
nostre felicitazioni.
ANGROGNA
A Valdese nel North Carolina
(USA), il 4 novembre, è deceduta nel suo 89“ anno, Lisetta Masi
Rivoire che è sempre rimasta
legata alla sua chiesa d’Angrogna da legami di affetto e fraternità.
• Incontro sul problema della
lebbra giovedì 27 alle 20.30 in
Cappella.
• Prossime riunioni di quartiere: lunedì 1: Capoluogo, martedì
2: Jourdan, mercoledì 3: PrassuitVernè, giovedì 4: Odin-Bertot,
venerdì 5: Buonanotte, sabato 6
(19.30): Pradeltorno.
Ringraziamo i giovani della
FGEI per il culto da loro presieduto domenica 9 e per la mostra
che è stata preparata sui problemi del lavoro. La colletta ha fruttato 30.000 lire.
• L’assemblea di chiesa del 16
u.s. ha stabilito i temi delle prossime assemblee e giornate comunitarie; dopo aver passato in rassegna i mandati della Conferenza e del Sinodo; 1) ruolo diaconale; 2) problema giovanile; 3)
scuola e ora di religione nel contesto del discorso sull’evangelizzazione; 4) problema della droga. Il pranzo comunitario ha dato un attivo di circa 100.000 lire
che saranno versate sul fondo di
solidarietà per 4 studenti zairesi,
tramite la CEvAA. Ringraziamo
tutte le sorelle ed i fratelli che si
sono adoperati per l’organizzazione di questa giornata. Duran
te il culto è stata battezzata Sa
ra, di Vanda e Adolfo Rivoira
BOBBIO PELLICE
FRALI
Domenica 30 nov. avremo la
gradita visita del pastore Silvano
Perotti, segretario europeo della
Leprosy Mission, che terrà la
predicazione al culto delle 10.30.
• Domenica 7 die. la PGEI-Valli parteciperà al culto dando una
informazione sulla situazione dell’occupazione nel Pinerolese. La
colletta sarà a favore degli operai della Indesit.
• Domenica 14 die. parteciperà al culto un gruppo di giovani
di Torre Pellice, in occasione di
un convegno sul teatro che si
terrà ad Agape. Uno dei giovani
presiederà il culto.
VILLASECCA
La chiesa di Villasecca esprime la propria gioia agli sposi
Edy Merini e Sergio Griglio ed
augura loro di vivere il proprio
matrimonio nella obbedienza
della fede e nel servizio del Signore.
• In data 5 dicembre il pastore Silvane» Perotti, segretario
della Missione Internazionale
contro la lebbra farà visita alla
nostra chiesa.
Durante rincontro verranno
proiettati fllms e diapositive. La
riunione avverrà nella sala di
Chiotti alle ore 20. Tutti sono
cordialmente invitati a parteciparvi.
Precisiamo pertanto che la riunione quartierale ai Chiotti programmata per il 28 corrente, viene spostata al 5 dicembre; mentre, quella dei Trossieri, programmata per il 5 dicembre viene anticipata al 28 novembre alle ore 19.30.
CULTI
Domenica 30 novembre, il culto sarà animato dai giovani dell’Unicrae Giovanile e dai catecumeni. Predicherà un giovane della FGEI sul testo del Buon Samaritano cercando di vedere il
problema del prossimo. Alla fine del culto ci sarà un momento
di discussione con tutta la comunità per confrontarci sulla
base del testo biblico con questa situazione di grosso scontro
che c’è stata nel nostro paese
prima all’Indesit e poi alla Fiat.
La colletta sarà, assieme al contributo delle altre comunità delle valli, devoluta al Consiglio di
Fabbrica della Fiat di Villar Perosa per comprare un ciclostile.
UNIONE GIOVANILE
I nostri lavori nella vecchia
scuola sono finiti e la biblioteca comunale sarà aperta fra poco. Circa mille libri sono a disposizione del pubblico. Nel quadro della biblioteca, organizzeremo una mostra permanente
d’arte, di fotografie e di artigianato locale.
Giovedì sera, 27 novembre, inizierà un corso d’inglese. Il primo incontro è fissato alle 20,30.
Il corso, che sarà tenuto da Daniela Davit, è aperto a tutti.
« La donna nella società attuale e nella Bibbia » è il tema scelto dal nostro gruppo per l’inverno. Accanto a questa riflessione,
cerchiamo di preparare una serata di canti popolari.
UNIONE FEMMINILE
Un gruppo di donne ha proposto di ritrovarsi ogni 15 giorni
per riflettere insieme sulla Bibbia. Il tema sarà : « incontrare
Gesù Cristo ». Attraverso alcuni
incontri di Gesù, con i suoi concittadini, si cercherà di vedere
come noi possiamo oggi incontrare Dio e l’uomo in Gesù Cristo. Lo scopo che si vuole raggiungere non è soltanto una migliore comprensione della Bibbia
ma anzitutto una trasformazione del nostro modo d’avvicinarci a Dio e agli altri. Siete tutte
invitate nel presbiterio il martedì, 2 dicembre alle ore 15.
AGAPE FRATERNA
Ci siamo ritrovati in quattro
per la prima zuppa e nessuno è
rimasto avvelenato.. Non temete
quindi di partecipare a questo
momento fraterno il giovedì; alle
ore 11,30.
PERRERO-MANJGLIA
Convegno
FGEI-Valli
ad Angrogna
Sabato 6 e domenica 7 dicembre.
Tema; « La vita in una prospettiva biblica ».
Iscrizioni e informazioni presso Marco Pasquet
tei. 909978 (segretario regionale).
TORRE PELLICE
Domenica 7 dicembre il culto
al Centro sarà presieduto dal
past. Silvano Perotti, presidente
della Missione contro la Lebbra.
Nel pomeriggio, alle ore 15 presso la Foresteria, avrà luogo il
Bazar delle Società Missionarie.
Tutti sono cordialmente invitati.
• Sono decedute le sorelle;
Margherita Costabel e Amalia
Rostan ved. Marchese. La prima
era ospite della Casa delle Diaconesse e la seconda era ricoverata all’ospedale di Cimeo. Alle
due famiglie in lutto la comunità
esprime la sua simpatia fraterna.
SAN SECONDO
• Domenica scorsa il culto è
stato presieduto da giovani della FGEI : predicatore Saverio
Merlo. Ne è seguito uno scambio di idee e di informazioni sul
problema dell’occupazione cui
hanno partecipato diversi operai
Fiat e Indesit della nostra comunità. Pur nella diversità dei
punti di vista la conversazione
è stata serena e fraterna. Peccato che alcuni si siano allontanati prima della fine della discussione.
• Sabato 6 dicembre alle ore
20,30 nella sala il pastore Silvano Perotti, segretario per l’Europa della Missione Evangelica
contro la lebbra, parlerà del lavoro della missione illustrandolo con un film a colori. Sia il pastore Perotti che il film parleranno italiano. Non mancate a
questo incontro.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Ricordiamo ancora l’appuntamento di venerdì 28 novembre
per rincontro di studio biblico
con la comunità cattolica. Tema: Matteo, capp. 1 e 2.
A seguito della offerta di un
contributo della TEV per una
campagna di evangelizzazione, il
concistoro ha programmato un
incontro con tutti gli interessati
a questo tema per la sera di venerdì 5 dicembre alle ore 20.30
presso il presbiterio.
In modo particolare sono invitati i rappresentanti delle varie
attività.
• Sabato sera 29 c.m. alle ore
20.30 avrà luogo nella Sala Albarin l’incontro mensile organizzato dalla Commissione Stabili. Interverrà il pastore S. Perotti che
parlerà sul tema « La lebbra si
può guarire ».
Al termine sarà offerto un piccolo rinfresco.
VILLAR PELLICE
Domenica 7 dicembre si svolgerà a Villar Pellice una nuova
giornata Pro-Miramonti. Il denaro raccolto sarà impiegato nel
progetto per la trasformazione
dello stabile di proprietà della
chiesa valdese di Villar in una
casa di riposo per persone anziane. Sarà preparato (al prezzo
di L. 3.500) un pranzo con menu
caratteristico; Soupa alla Villarese, insalata Miramonti, insalata verde con polpette.
Accanto a questo un buffet per
la vendita di dolci, panini e altri
prodotti fabbricati in casa. In
previsione dell’acquisto dei regali natalizi verrà poi allestita una
bancarella con lavori femminili
e prodotti artigianali locali. Al
termine della giornata avverranno le estrazioni della lotteria,
per la quale sono in vendita i biglietti al prezzo di L. 250. Per
tutti i bambini presenti ci sarà
la consueta Pesca.
• Venerdì 5 dicembre avrà luogo nel Tempio Valdese alle ore
20.30, un concerto corale offerto
dal Coro Alpino « La Grangia ».
L’ingresso è libero a tutti. Le offerte saranno devolute al progetto per la ristrutturazione del Miramonti.
A questo proposito la comunità valdese di Villar ringrazia il
Coro « La Grangia » per la generosa collaborazione prestata alla
riuscita di questi lavori.
« La Tua volontà sia fatta »
(Luca 11: 2)
Il 21 novembre è serenamente manrata
Amalia Rostan ved. Marchese
Nel darne rannuncìo a funerali avvenuti, i familiari de^siderano esprimere la loro commossa gratitudine al Pastore Giorgio Toiirn ed a quanti hanno
voluto con la loro presenza ed il loro
ricordo prendere parte al loro dolore.
Torre Pellice, 28 novembre 1980
• Per mancanza di spazio, siamo costretti a rinviare e a
ridurre alcune cronache. Ce
ne scusiamo con i lettori.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Lidia Carrou ved. Ghigo
deceduta all’Ospedale Civile di Pinerolo rii novembre 1980, ringraziano
tutti coloro che, con la presenza, parole e scritti, hanno preso parte al loro
dolore. Esprimono la loro riconcH5cenza al Personale e ai Medici dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, e dell’Ospe^
dale Civile di Pinerolo, per le cure
prestate alla loro cara.
« UEterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
Prali, 12 novembre 1980
(( Io alzo gli occhi ai monti...
donde mi verrà Vaiuto?
VEterno è colui che ti protegge,
Egli proteggerà Vanima tua
...da ora in eterno »
(Salmo 121)
II 17 novembre il Signore ha richiamato a Sé dopo lunga infermità,
Margherita Costabel
di anni 83
Ne danno il doloroso annunzio il
fratello Aldo, con la moglie Giuseppina
e figli Gisella ed Enrico.
Esprimono la loro riconoscenza alla
Direttrice, al personale tutto della Casa
delle Diaconesse ed alle amiche per
Famorevole assistenza e ringraziano
riconoscenti quanti con la loro presenza, con parole e scritti hanno partecipato al loro dolore.
Torre Pellice. 25 novembre 1980
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Lina Sappé ved. Monnet
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringrazia di cuore tutti coloro che
con parole, scritti, fori e partecipazione hanno preso parte al suo grande
dolore; in modo particolare ringrazia
il Dr. Avanzi e il Past. Platone.
Giovo, Angrogna, 13 novembre 1980
COMUNITÀ' MONTANA
VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
notturna - prefestiva - festiva
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8
dalle ore 14 della vigilia del giorno festivo infrasettimanale alle
8 del giorno successivo presso
1 OSPEDALE MAURIZIANO ■ Luserna San Giovanni - Tel. 90884.
Nella notte dei giorni feriali, dalle ore 20 alle ore 8 (escluso sabato, domenica e vigilia dei festivi) presso rOSPEDALE VALDESE - Torre Pellice - Tel. 932433.
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
DOMENICA 30 NOVEMSr.E
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 5
- Tel. 91374
Luserna San Giovanni: FARMACIA CALETTO - Via Roma, 7 Tel. 909031
CHIUSURE INFRASETTIMANALI
A Torre Pellice: martedì chiusa
la farmacia Muston, giovedì chiusa la farmacia Internazionale.
A Luserna San Giovanni; mercoledì chiusa la farmacia Preti,
giovedì chiusa la farmacia Gaietto.
AUTOAMBULANZA
DOMENICA 30 NOVEMBRE
LANTARE’ ARNALDO - tei. 91800
0 tei. 91288 - Vergnano « Noccioleto »
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice; Tel. 91365 - 91300
Luserna S.G.: Tel. 90884 - 90205
COMUNITÀ’ MONTANA
VAL CHISONE-GERMANASCA
GUARDIA MEDICA
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8,
dalle ore 14 della vigilia dei
giorni festivi alle ore 8 dei giorni
successivi ai festivi
le notti dalle ore 20 alle 8.
Il recapito del servizio è presso
la CROCE VERDE di Perosa Argentina - Tel. 81.000.
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
DOMENICA 30 NOVEMBRE
Perosa Argentina
FARMACIA BAGLIANI
AUTOAMBULANZA
Croce Verde Pinerolo - Tel. 22664
Croce Verde Porte - Tel. 74197
Croce Verde Perosa - Tel. 81000
10
10
28 novembre 1980
SETTIMANA DEL DETENUTO PER MOTIVI D’OPINIONE
Volti diversi della detenzione
Occorre conoscerli per poter lottare contro di essi - Un rapporto in
occasione dell’anniversario della Dichiarazione dei Diritti deH’uomo
UN INCONTRO A CANTERBURY
Evangelo e
pratica pedagogica
Il 10 dicembre ricorre l'anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti deH’Uomo, e
Amnesty International dedica la
settimana in cui cade questo anniversario ad una campagna su
scala mondiale, che si ripete
ogni anno.
Quest’anno la « settimana del
detenuto per motivi d’opinione »
avrà come tema « i differenti volti della detenzione », titolo di
un breve rapporto che è stato da
poco pubblicato. Il messaggio
che questo rapporto vuole lanciare è che nonostante la Dichiarazione, gli arbitrii contro oppositori politici continuano e peggiorano, cambiando di qualità. I
governi che vogliono soffocare il
dissenso con la forza non si limitano più alle note e ovvie forme di repressione.
Quindi non è più sufficiente
agire a difesa di persone processate e giudicate per reati politici e condannate a lunghi periodi
di detenzione. Occorre lottare anche contro i nuovi volti della detenzione, ma per questo bisogna
conoscerli.
Ecco alcuni casi di prigionieri
politici, documentati da Amnesty
International, vittime di queste
« nuove » tecniche di repressione:
— in un paese, prigionieri politici che sono stati rilasciati riferiscono della tortura di una
bambina di 14 mesi detenuta con
la madre in un campo militare
clandestino per « scomparsi »;
— un economista chiede il permesso di emigrazione per raggiungere moglie e figlio all’estero: viene incarcerato sotto l’accusa di « atti omosessuali »;
— un sindacalista viene arrestato dalla polizia per la ventiquattresima volta in due anni: in
media, una volta al mese.
Pochi esempi, che però valgono per le migliaia di persone vittime di queste nuove forme di
detenzione, la cui lista comprende i « campi di rieducazione »
(usati per modificare le opinioni
politiche per mezzo dell’indottrinamento), gli abusi psichiatrici (uomini e donne vengono rinchiusi in ospedali per malati di
mente per schiacciarne il dissenso), i campi di concentramento
(costruiti in luoghi remoti per
confinarvi gli oppositori « spariti »).
Nel suo rapporto Amnesty International descrive quattro tipi
di imprigionamento « nuovo »,
provenienti da diverse parti del
mondo e da stati con ogni tipo
di governo.
1) Detenzioni repressive a
breve termine. In Colombia vi
vengono sottoposti attivisti per
i diritti degli indiani e sindacalisti che sono talvolta torturati
prima del rilascio. Fra le molte
Comitato di Redazione: Franco
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Michelis. Giorgio GardioI, Marceila Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto i’eyrot,
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« La Luce »: Autor. Tribunale di
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• L'Eco delle Valli Valdesi ■: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
V_____________________________________
altre nazioni che fanno ricorso
alla carcerazione breve — spesso senza processo — risultano
anche Pakistan e Polonia.
2) « Messa al bando », arresti domiciliari, esilio interno. Si
ritiene che più di 1.400 persone
siano state « messe al bando », in
Sud Africa, a partire dal 1950. In
base ad un semplice ordine ministeriale vivono per anni limitate per ciò che riguarda le ore
in cui possono uscire, quante
persone possono vedere e a quante possono scrivere; sono rigidamente isolate e controllate.
L’Unione Sovietica e il Cile
fanno ricorso al confino in zone
molto remote; nella Corea del
Sud e nella Repubblica Centroafricana (come in molte altre nazioni) si reprime il dissenso ricorrendo agli arresti domiciliari.
3) Sparizioni. Molte migliaia
di oppositori (sospetti o effettivi)
dei propri regimi sono stati rapiti in casa o per strada. Spesso
sono poi trovati uccisi. In Argentina gli scomparsi dal 1975 sono
valutati in 15.000; alcuni evasi
hanno descritto campi segreti di
detenzione, dove si pratica comunemente la tortura e l’assassinio.
Dal 1966 gli scomparsi in Guatemala sarebbero 25.000; alcune
migliaia in Cile.
4) False accuse di diritto comune. Questo tipo di repressione sta aumentando in molti paesi. In Romania e Unione Sovietica detenuti per motivi di opinione scontano condanne per « tep
pismo », « parassitismo » ed altri reati. Con accuse criminali
sono state arrestate persone
coinvolte in vertenze fondiarie
e attività studentesche e sindacali in Messico.
Questi quattro aspetti hanno
in comune la caratteristica di
essere il modo di repressione
scelto dai governi per evitare i
problemi connessi con un processo politico: sfida al potere,
lungaggini, pubblicità eccessiva.
Tutti violano la Dichiarazione
Universale dei diritti dell’Uomo,
che tutela il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza personale; che garantisce protezione
contro l’arresto e la detenzione
arbitraria; che prevede riparazione per l’essere stati lesi nei
propri diritti.
Queste garanzie sono anche
espressamente previste nel « Patto sui diritti civili e politici », firmato e ratificato anche da quei
paesi che tanto frequentemente
li violano.
Amnesty International fa appello all’opinione pubblica perché, grazie ad una diffusione delle notizie su tutti i mezzi di detenzione, i governi abbandonino
questa prassi. Ciò sarà possibile
solo nella misura in cui tali repressioni « nascoste » vengano
conosciute e pubblicamente denunciate da tutto il mondo. In
questa linea si polarizza questo
anno la celebrazione della giornata del 10 dicembre.
Danielle Jouvenal
Beatitudini
(segue da pag. 1)
che ci viene offerta. Si tratta di
uno « status » che ci viene donato, quello dei « nati di nuovo »,
dei rigenerati, di coloro che hanno imparato ad interpretare a
partire da Gesù Cristo se stessi e
la propria vita, il proprio rapporto con Dio e con gli uomini, e la
nuova condizione di coloro che
sanno dire: « non sono più io che
vivo, ma è Cristo che vive in me,
e la vita che vivo ora, la vivo nella fede nel Figliuolo di Dio »
(Gal. 2: 20).
Essere puri nel cuore significa
anche avere un cuore non diviso, non doppio. E non solo nel
senso di non dire che quello che
si pensa, non solo quindi « nonipocrita », né nel senso della doppia personalità o delle frequenti
varianti del tipo dr. Jeckill e mr.
Hyde, e neppure nel senso dell’essere democratici in pubblico
e tiranni in privato... Significa,
invece, avere un cuore « semplice », nel senso di unico: avere
cioè un unico progetto di vita in
tutte le espressioni del pensiero
e del comportamento, progetto
che proviene dall’aver riconosciuto in Gesù l’uomo nuovo per noi
e per il mondo, l’uomo che noi
non siamo ma che è già nel mondo, perché Gesù è il vivente ed in
lui tutti (a condizione che credano in lui) sono uomini nuovi.
Abbiamo qui anche le premesse per comprendere quel « vedranno Dio ». Finché si costruiscono Torri di Babele per raggiungere Dio, o si cerca nella mistica dei più svariati spiritualismi (e dei conventi...) una sublimazione che permetta di sondare l’altezza e la profondità del
divino non si fa altro che ricadere sotto l’ammonimento di
Esodo 33: 20: «non si può vedere Dio e vivere! ». La mistica
scavalca il problema, ma non lo
risolve. Il problema viene invece affrontato di petto e risolto in
Gesù Cristo: « nessuno ha mai
veduto Iddio; l'unigenito Figliuolo è quel che l’ha fatto conoscere » (Giov. 1: 18); «chi vede me,
vede colui che mi ha mandato »
(Giov. 12: 45); « da tanto tempo
sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo? Chi ha
veduto me, ha veduto il Padre »
(Giov. 14: 9); e, con un linguaggio un po’ più... religioso, l'apostolo Paolo: « L’Iddio che disse:
splenda la luce fra le tenebre, è
quel che risplende nei nostri cuori affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della
gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo » (II Cor. 4: 6).
Occorre commentare oltre? E’
come se Gesù avesse detto: Beati
coloro che si lasciano rigenerare
da me, che nascono di nuovo accettando la mia venuta fra gli
uomini e che accettano la mia
umanità, perché essi accettando
di vivere in me e a partire da me,
non hanno più bisogno di cercare Dio nel cielo. Dio è qui, vicino
a voi, con voi, e partecipa totalmente della vostra vita. Gesù è
infatti l’Emmanuele, Dio con noi.
Ci è chiesto di sgombrare il
nostro cuore, il nostro pensiero
e la nostra vita da tutta la disumanità che li invade e farvi entrare la nuova umanità di Gesù
Cristo. Non c’è altro? C’è ancora
tutto da fare, anche se Gesù Cristo ha fatto già tutto per noi,
perché possiamo affermare con
l’apostolo Paolo: « il mondo, la
vita, la morte, le cose presenti e
le cose future... tutto è nostro, e
noi siamo di Cristo, e Cristo è
di Dio » a Cor. 3: 22-23).
Paolo Sbaffì
Su invito della Presidentessa
Elisabeth Miescher ho partecipato all’incontro annuale dell’EAEE
(Comunità di Lavoro Evangelica
Europea per l’Educazione degli
Adulti) che si è svolto a Canterbury dal 19 al 21 settembre.
L’EAEE è un organismo nato
circa 15 anni fa con lo scopo di
favorire il lavoro di formazione
cristiana degli adulti: organizzali tlo incontri tra coloro che
svolgono questa attività, favorendo ricerche comuni, collaborando con altre istituzioni analoghe (come la FEECA, cattolica),
facendosi portavoce nei confronti degli organismi europei ed internazionali. Fanno parte dell’EAEE istituzioni ed organismi
di formazione degli adulti dei
paesi europei che fanno riferimento all’Evangelo nella loro
pratica pedagogica.
Le persone che ho incontrato
a Canterbury erano per lo più
persone impegnate full-time nell’educazione degli adulti, chi a
livello locale nelle parrocchie,
chi come responsabile a livello
centrale. L’educazione degli adulti è, giustamente a parer mio, intesa come permanente ed è considerata una esigenza fondamentale del cui soddisfacimento ci
dobbiamo sentire tutti responsabili; ma non è possibile educare
senza confrontarsi con la realtà
delle persone alle quali ci si rivolge e senza un reciproco condizionamento tra chi educa e chi
è educato.
Il tema dell’incontro era « la
fede in un mondo che cambia »,
e si articolava in quattro sottotemi: il mondo rurale, i rapporti
tra i sessi, il mondo del lavoro,
il problema razziale, L’obiettivo
era quello di discutere su questi temi per poter poi farne oggetto di riflessione e di presa di
coscienza nell’ambito delle comunità di appartenenza; e quindi di operare nel campo della
educazione e della formazione.
Ho partecipato alla discussione sul mondo del lavoro, centrata in particolar modo sul futuro
e prevedibile aumento della disoccupazione: come causa prima
è stata individuata non tanto la
crisi economica che stiamo vivendo, quanto l’introduzione dell’automazione nel mondo del lavoro. Saranno sostituite attività
sia operaie che impiegatizie: si
presume che negli uffici l’automazione si svilupperà più in
fretta, in quanto gli investimenti richiesti sono minori. L’alternativa alla disoccupazione potrebbe essere una riduzione di
lavoro per tutti, ma le tendenze
in atto sembrano indicare purtroppo che non stiamo andando
verso un mondo di persone che
CAMPO INVERNALE DI AGAPE
Polonia: problemi
e prospettive
Il campo invernale (dal 26 dicembre al 1° gennaio) verterà su
quello che è stato chiamato il
« caso polacco ».
Si tratta di un campo che vuole fornire elementi di informazione uniti a momenti di dibattito senza astrarre dalla realtà
concreta in cui viviamo. Partendo dalla ricerca di elementi di
evoluzione storica della situazione polacca si discuteranno tutta
una serie di problemi che questa lotta ha sollevato; per citarne solo alcuni:
—~Il^roblema della ceritralità
operaia nelle sue specificità polacche e italiane, guardando soprattutto ai problemi che nascono nel rapporto tra classe operaia e sindacato, tra sindacato
e partito, tra partito e classe
operaia.
— Il nodo non risolto di un
grosso episodio di lotta di classe, che ha valenze indubbiamente progressiste, il cui supporto
ideologico ha però contenuti profondamente conservatori.
— La prospettiva che questa
lotta può avere; fino a che punto
in un sistema sociale di questo
tipo, la lotta di classe rimane
all’interno delle compatibilità e
può essere considerata un fatto
normale, fisiologico? Come la nascita e il riconoscimento del sindacato, espressione di autonomia operaia, vanno ad inserirsi
in questo delicato equilibrio?
Il programma prevede relazioni, dibattiti su: il contesto internazionale in cui è inserita la Polonia; l’organizzazione del potere e l’economia polacca; le lotte
e l’autorganizzazione operaia dal
’56 ad oggi; questione cattolica e
questione nazionale, la soggettività espressa dagli operai durante la lotta; la centralità operaia
in Polonia e in Italia.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a: Agape Centro Ecumenico . 10060 Prali (Torino) • tei.
(0121) 8514.
lavorano part-time, ma verso un
mondo diviso in occupati e disoccupati: bisogna quindi cambiare direzione.
Durante la discussione sono
rimasto colpito dalla forte attenzione posta sull’individuo nel suo
insieme e non solo sul suo ruolo economico-produttivo; di fronte al problema della disoccupazione non si è discusso tanto del
problema di arrivare alla fine
del mese, ne dei diversi rapporti
in fabbrica di fronte alla non sicurezza del posto di lavoro, e
neppure delle conseguenze sul
mercato del lavoro e dei beni di
consumo; si è invece analizzato
il rapporto tra noi e il nostro lavoro, verificando come esso sia
molto stretto e come il lavoro
sia parte integrante della nostra
identità sociale: così la sua perdita altera fortemente il nostro
rapporto con gli altri, tanto più
quanto più manchiamo di altre
attività alternative. Lo sforzo
deve essere quello di ridare al
« tempo fuori del lavoro » la sua
dignità e la sua importanza nel
contesto della nostra società.
Società che oggi tende a rifiutare questo valore: anche se, a
parer mio, in modo diverso per
le diverse classi sociali: per le
professioni borghesi in quanto
il lavoro è visto sempre più come fine e non più come mezzo
(come nell’ascesi laica protestante); per le classi subalterne in
quanto il lavoro è sempre stato
una dura necessità che non lascia molti altri spazi di attività.
Giovanni Comba
I cieli a Dio
( segue da pag. 1)
Nel nostro essere protestanti
oggi c’è quindi da chiedersi se
ci sia molto senso ad esserlo al
di fuori di questa tensione continua verso la responsabilità e la
maturità. E nella misura in cui
il cattolicesimo, pur in un diverso contesto culturale e politico,
frena questa crescita nei campi
più diversi, da quello familiarsessuale a quello delle opzioni
politiche, da quello della ricerca
teologica a quello della partecipazione alla responsabilità nella
chiesa, che altro ruolo abbiamo
noi protestanti se non di riaffermare l’urgenza vocazionale di
promuovere la responsabilità e
la maturità dei singoli, dei gruppi, della collettività? La terra l’ha
data ai figliuoli degli uomini,
perché essi la lavorino e non la
distruggano, la amino e la organizzino, la amministrino per conto di chi l’ha affidata loro.
Trappole da evitare
Certo in tutto questo è aperta
la trappola dell’orgoglio confessionale che è il contrario dell’ecumenismo, perché è il rifiuto di
ascoltare l’esposizione delle storture e degli errori commessi dalla Riforma e più ancora da noi
che ne siamo gli eredi. Quando
questo avviene — e non di rado
avviene — è totalmente sterile,
spiritualmente sterile, l’ortodossia riformata e il richiamo alla
Parola biblica.
Non faremo perciò mai abbastanza attenzione al pericolo dell’autocompiacimento e dell’autosicurez.za confessionale. Ma come
vpgliamo respingere questo pericolo, così vogliamo rifiutare anche l’ipocrisia di ecumenismi di
maniera, d’ufficio, di diplomazia,
di esigenze utilitaristiche (perché il mondo creda) che prevalgono sull’esigenza di essere santificati nella verità. Per questo
dobbiamo a noi stessi e ai nostri fratelli cattolici di essere
nell’umiltà ciò che siamo in
quanto protestanti come nostro
unico possibile contributo significativo all’ecumenismo e di esserlo appunto nello « stacco »
tra i cieli e la terra, con tutte le
conseguenze e implicazioni che
questo comporta.
Franco Giampiccoli