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LA MONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la veriu'i iicliu cui iUi
Kkes. IV. i:..
Si distribuisce ogni Venerdì. — Per cadmi Numero centesimi 40. — Per cadmia linea d’inserzione centesimi 20.
Condizioni d’AsHociaxione:
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I.iiiANSA, dal sig. Uelafontahic libraio.
SOTTOSCRIZIONI
■ ' ÌA PRO
DELLA FAMIGLIA CECHETTI DI FIRENZE.
(Vedi Buona Novella n° Ì'tyif*
TERZO ELENCO DI OBL^'ATORrS ,
____ . . iS\
Totale dei due primi elenohii L. I'óq ’—
Dal Rev. C. Malan di Ginevra, iu cai4i<
biale pagabile al 1“ giugno ...» Ì20 —
Prodotto di una colletta fatta tra alcuni
cristiani evangelici di Torino . , 42 4.5
Totale a questo giorno L. 317 45
ORIGINE
UELLA CHIESA CRISTIANA IN RUMA
V.
Se ai tempi apostolici fosse cattolica
Cattolico dicesi ciò che fu ed è creduto in
ogni tempo, in ogni luogo, e da tutti i cristiani.
Secondo questanorina ammessa dai primi padri,
e che non può essere ignorata dalla cosi della
Santa Sede, si deduce che il cattolicismo deve
ripetersi dalla dottrina del Vangelo, e non già
dalla estensione materiale, o dal numero degli
uomini. Chi può negare che fosse catlolico il
APPENDICE
I CINQUE MRTIRI DI CILORÉRY.
I.
Nel num. 5 di questo giornale, discorrendo
della solenne apertura di una cappella evangelica, avvenuta in Ciamberì il 21 gennaio di
quest’anno, ci venne in taglio di ricordare ai
nostri lettori il caso doloroso di quei cinque
ministri evangelici, i quali, verso il <555, e
nolfatto di attraversare il Tamier, furono arrestati e condotti a Ciamberì, dove, in seguilo a
lunga e tribolata prigionia ebbero a lasciare la
vita sul patibolo.
In quel numero stesso noi promettemmo di
narrare un giorno la storia del loro martirio
— che per altro non fu sterile di buoni frutti
per la causa della fede; imperocché dalle loro
ceneri sorso una chie.sa evangelica, otto anni
appena dopo il luttuoso avvenimento. Ed è appunto di tale promessa che intendiamo sdebitarci in oggi, dando mano ad un’altra serie di
appendici sui cinque martiri di Ciamberì.
Codesti martiri furono : Giovanni Vernou,
oriundo di Poitiers; Antonio Laborie, nativo di
Cajarc; Giovanni Trigalet, di Nimes; G. Tau
gregge che Gesù chiama piccolo gregge? Chi
non dirà cattolici gli eletti sebbene sieno pochi?
E allorché gli apostoli, formularono il sìmbolo
della fede, e dissero : « Credo nella Chiesa cattolica», chi oserà dire che intendessero una
Chiesa vasta ed estesa per tutta la terra quando
era appena ristretta in Gerosolima? Il caltolicismo, dobbiamo confessarlo, dalla dottrina e non dalla moltitudine ; anzi la moltitudine diviene cattolica per riguardo alla dottrina
evangelica che professa.
Senza dubbio cho sotto questa denominazione
ai tempi apostolici la (Chie.sa romana era cattolica, come quella che ammaestrata nel Vangelo,
professava le dottrino creduto sempre, in ogni
iuiJgft, e da tutte lo Chiese cristiano, le quali
per ciò «i-ano anche dette Chiese cattoliche. Ma
questo senso, che pure è il vero, non piace a
Roma tì||k)rna, percioochi; andrebbe in fumo
la diUÉ^Bmcilà, quando col Vangelo di Cristo
si^^^^Misero i canoni della sua credenza;
od^^^^ciando dall’ultimo dogma definito
mesi or sono sulla immacolata concezione della
Vergine, cd ascendendo fino al primato di PicIro, si potrebbe con tutta facilità dimostrare che
gli articoli della romana fede non furono in
ogni tempo, in ogni luogo, nè da tutti i fedeli di Cristo conosciuti nè professati.
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ran, di Chaors; e Bertrando Battaille della
Guascogna.
1 primi tre, Vernou, Laborie e Trigalet, membri della Chiesa di Ginevra , dopo di essersi
consagrati al servizio del Vangelo, partivano
per la Francia, onde annunziarvi la parola del
Signore. E comechè scienti fo.ssero de’ pericoli
di siffatta missione ; quantunque persona amica
li avesse avvertiti del rischio che correvano di
essere arrestati per via ; nondimeno essi, mettendo da parte ogni timore , e anteponendo il
dovere e la gloria di Dio alla propria vita,
intrapresero il fatale viaggio.
Gli altri due, Tauran e Battaille, non avevano lasciata Ginevra che per accompagnare i
tre pastori sino al ponte d’Arvo, non molto lontano da quella città; ma il Signore avea disposto ch’ei dovessero invece accompagnarli sino
alla morte. Infatti , pervenuti al ponte d’Arve,
e pregati dal pastore Laborío di fare seco lui
qualche altro pa.sso, Tauran e Battaille cedettero di buon grado al cortese invito, e l’innocente comitiva continuo lieta il suo viaggio cantando inni al Signore.
Erano giunti al colle Tamier, e stavano già
per darsi il commiato, allorquado una sola
guardia di pubblica sicurezza, la quale consa
I papisti previdero il colpo mortale, i quali,
per diferirlo sino all’ultima ora, ricominciarono,
secondo la profezia di Daniele, a cangiare i
tempi e le leggi di Cristo, e nei tanti cangiamenti si alTretlarono mutare anche il sen.so della
parola cattolico tanto rovinoso ailorp intore.ssi.
I volumi dei teologi romani, edili ad uso
delle istruzioni catechistiche, spiegando l’articolo del simbolo « Credo nella santa Chiesa cattolica », dicono, cho por Chiesa cattolica di cui
parlarono gli apostoli, deve intendersi solamente la chiesa romana. I dodori poi ed i Concilii di questa credenza aggiungono, che la
Chiesa romana 6 l’unica Chiesa cattolica perchè ha per capo il papa superiore a tutti i vescovi, come Pietro era superiore a tutti gli apostoli; e perchè essa è madre o maestra di tutto
le Chiese particolari dell’universo cristiano.
I catechisti, i dottori ed i Concilii romani dovevano almeno mettersi in afmonia collo loro
tanto esaltale tradizioni, giacché essi convengono che il Crp(U){ossa formulato prima che gli
apostoli di Gerusalemme si separassero gli uni
dagli altri per andare pel mando e predicarvi
penitenza e remissione de’ peccati. Se il Simbolo è stato composto prima che si predicasse
il Vangelo in Roma, se prima che in quella
città si costituisse un cajio della cristianità,
pevole del loro viaggio, aspettavali a quel varco,'
li sorprese all’improvviso, e colle armi alle mani
minacciandoli, s’impadronì dello loro lettere e
dei loro libri, e li menò, legati l’uno all’altro, a Ciamberì. La ferocia cho codesto agente
savoiardo dimostrò in sul principio a fine d’intimorirli, lungo il cammino fu disarmata dalla
mansuetudine di quei buoni cristiani, i quali,
comechè non avessero a lottare che coniro un
solo, pure, a guisa d’innocenti agnelli, si lasciavano condurre al macello, senza opporre re.
sistenza di sorta.
Pervenuti a Ciamberì, furono tutti e ciuque
rinchiusi in un earcere, odi là pocly giorni dopo
tradotti incatenati all’uditorio, davanti il luogotenente del vice-podestà, il prevosto, l’avvocalo
fiscale, gli ufTiciali della città e della Tarantasia, l’inquisitore della fede, il vescovo Furbiti,
parecchi frati ed altri personaggi. L’inqiiisitore
innanzi tutto li regalò d’un lungo sermone intorno allo loro eresie, e finì col domandar loro •
se mai volessero ostinatamente perdurarvi.
Risposero gl’inquisiti con mirabile calma o
fermezza, dichiarando : essere sfati me.ssi ir. arresto contro il diritto delle genti, nell’atto che
s’incamminavano pacificamente per la loro via ;
la loro fede essere quella stessa delle chiese di
2
vicario di Gesù Cristo , se prima che vi fosso
una Chiesa, come mai gli apostoli per Chiesa
cattolica potevano intendere la Chiosa di Roma?
Furono dunque s\ stravaganti da proporre a
credere l’esistenza di una Chiesa che non esisteva; di una Chiesa madre e maestra, che
ancora non era generata, ni; potea essere discepola? Lasciando tali stranezze alle menti
dalle quali furono inventate, proseguiamo il
nostro esame.
La Chiesa romana ai tempi apostolici non fu
mai cattolica, intesa nel senso che in essa risiedesse un capo universale della cristianità
costituita da Cristo, e che madre fosse e maestra di tutte le Chiese particolari. Il Vangelo
contiene l'una e l’altra questione che viene decisa in favore della Chiesa di Cristo e a condanna della Chiesa del papa.
Ed in vero leggiamo in Matteo « In quell’ora
« i discepoli vennero a Gesù dicendo ; ^ Deh
« chi è il maggioro nel regno de’ cieli ?» (xviii,
» I). — La stessa idea si ripeto al cap. xx,
quando i due figliuoli di Zebedeo voleano essere i primi nel regno di Cristo. Una terza volta
« avevano per lo cammino disputato chi di loro
« dovesse essere il maggioro »(Marco IX, 3 In In
una parola, essendo i discepoli all’ultima cena
con Gesù, ed avendo inteso cho « il Figliuolo
dell’uomo certo so ne va secondo ch’ò determinato.... Or nacque ancora una contesa fra loro,
chi di loro paresse cho fosse il maggiore».
(Lue. XXII, 22-24).
La quistioilo è.dunque chiaramente posta in
campo dagli apostoli medesimi, vediamo ora so
Cristo l'ha sciolta come la sciolsero i papi.
Nella prima volta Cristo avendo chiamato a
sè un piccolo fanciullo, lo poso in mezzo di loro
e disse: « lo -vi dico in verità, che se non siete
mutati e non divenite come piccoli fanciulli,
voi non entrerete punto nel regno de’ cieli.
O^ni uomo adunque che si sarà abbassato como
questo piccolo fanciullo, è il maggiore nel regno
Ginevra, Berna ed altre già riformate secondo
il Vangelo; nessuno poterli costringere a rinnegarla per abbracciare quella della Chiesa romana ; attesoché coloro che non turbano l’ordino pubblico, non possono essere ]ierseguitati
per causa della loro fede ; del resto, quantunque
corti si tenessero della loro credenza , esser
pronti a sottomettersi, semprechè colla Scrittura
alla mano fossero convinti di errore.
Di queste dichiarazioni fu steso processo, e il
prevosto, dopo d’averne data lettura agl’inquisiti, domandò loro se vi persistevano tuttavia.
La loro risposta fu unanime .ed aiTermativa ;
aggiungendo che avrebbero sostenuto quella
professione di fede fino all’eslremo respiro della
vita, ed a costo di spargere il loro sangue fino
aU’ultima goccia.
Frattanto da Berna s’indirizzavano forti reclami al parlaménto di Ciamberì per ottenere
^ la liberazione dei cinque prigionieri, i quali in
pari tempo respingevano siccome giudici incompetenti i vicarii e inquisitori della fede, perchè
avversarii com’erano della fede evangelica o
delle chiese riformato, non avrebbero potuto
emanare a loro riguardo rotto e imparziale giudizio. n luogotenente allora si accese d’ira e
fece di tutto ¡ter atterrirli, ma noa riuscendo a
de’cieli» (Mat.xviii, 3). (rosù rispondendo alla
proposizione non dice che il primo o il maggiore fosso Pietro o Giacomo, Giovanni o alcun
altro dei discepoli, ma asserisce che chiunque,
ogni uomo poteva esserlo ; nè dogmatizza che
nel regno della sua Chiesa il maggioro sarebbe
colui che avrebbe comandato agli altri, ma sibbene quegli cho a tutti sarebbesi abbassa,to come
un piccolo fanciullo.
Nella seconda volta e nella terza che si rinnovò tale questiono disse loro: «Se alcuno vuole
essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore
di tutti » (M.vrco IX 3-o). Voi sapete che i principi delle genti le signoreggiano, e che i grandi
usano potestà sopra esse « ma non sarà così
fra \oi, anzi chiunque fra voi vorrà divenir
grande sia vostro ministro, e chiunque fra voi
vorrà essere primo , sia vostro servitore »
iMat. XX, 2o). tjuestestesse parole ripete Gesù
nella sanla cena, dichiarando cho nella sua
Chiesa tutti sono eguali, e che non devesi comandare come avviene nei principi o re della
terra (Lue. xxii, 25). Perciò diceva loro « Voi
tutti siete fratelli. Non chiamate alcuno sopra
la terra vostro clottore, maestro o padre, perciocché un solo è il vostro maestro e dottore, cioè
Cristo, un solo é il vostro padre, cioè quel che
è ne’ cieli. E il maggior di voi sia il vostro
ministro. Or chiunque si sarà innalzato sarà
abbassato, e chiunque si sarà abbassato sarà
innalzato » tM.vx. xxiii, 8-12).
Se Gesù non ha lasciato alcun degli uomini
capo, superiore o maggiore nel regno de’ cieli
simile ora ad uh campo ove la zizania cresce
col buon frumento, ora ad una rete che raccoglie
buoni e cattivi pesci, como mai ai tempi apostolici poteva essere in Roma un capo della
Chiesa universale di Cristo?
Le divine parole « Voi tutti siete fratelli ; non
dovete signoreggiare al pari dei principi e re
della terra; chi vuol esser il primo sia l’ultimo
e servo dogli altri; or chiunque s’innalzerà sarà
nulla, fece ricondurli in carcere, tranne il pastore Vernou , il quale rimase colà cinque ore
circa, disputando sulle dotlrine della fede 6oi
frati che erano presenti.
Ma il Signore non dimenticava i suoi fedeli
servitori in mezzo a’ pericoli ed alle tribolazioni
che affrontavano per la causa del Vangelo. Infatti, per confortarli fra gli orrori del carcere^
e per infondere ne' loro animi novella forza
onde resistere a* sofismi, alle sedazioni, alle
minaccie colle quali gl'iniqui magistrati doveaii
tentare fra poco la loro costanza, Ei fe’che nelle
loro mani giungessero parecchie lettere colle
quali i ministri e fedeli di tiinevra indirizzavan
loro pietose consolazioni e salutari consigli.
« Possiamo protestare, diceva a questo propo« sito il pastore Laborie, d’aver acquistato, per
« mezzo di queste lettere, tanta doltrina, tanta
« forza e tanta costanza che non avevamo giam« mai sentito entro di noi, dacché il Signore ci
« aveva comunicata la verità » ; e nel nome dei
suoi compagni , como nel proprio nome, ringraziavano que’ buoni pastori ed amici.
E fu giorno di vero tripudio quello in cui
giunse tino ad essi la parola del conforto ; la
quale fece loro dimenticare gli accenti d’iva e
le oltraggiose ammonizioni che indirizzavano
abbassato » queste e simili lezioni di cristiana
umiltà erano sì profondamente sentite nel cuore
dei discepoli, che nè Pietro nè Paolo, nè Giacomo, nè Giovanni, nè altri ardirono mai nelle
loro epistole attribuirsi il titolo di principe degli apostoli, 0 capo della Chiesa cristiana ; anzi
tutti piuttosto concorsero a dar questo nome a
Gesù costituito da Dio per capo sopra ogni cosa
nella Cbiesa (lir. i, 22). imperciocché incominciando da Pietro, che fu il primo ad essero
nominato apostolo, venendo fino a Paolo che
fu l’ultimo, rileviamo questa testimonianza alla
verità. E quegli che ci scrive, Cristo essere il
principe de’pastori (I» Piet. v, 4), e questi, per
togliere ogni scrupolo alla santa Sode, parlando
dei Dlinisteri evangelici e delle adunanze dei
fedeli, cioè della Chiesa visibile, insegna che
Cristo n’è il capo (Ef. iv, H-13).
Se adunque il Salvatore non costituì alcuno
dogli uomini che dopo la sua partenza dal
mondo fosse principe o capo della sua Chiesa; se
tutti i discepoli si dichiarano ad una voce semplici apostoli e servitori del crocifisso; se protestano dopo l’ascensione di Gesù al cielo, cho
egli è costituito dal padre per capo sopra ogni
cosa', cioè nel visibile e nell’invisibile dolla
Chiesa; ch’egli è il principe dei pastori e capo
delle adunanze de’ fedeli, é chiaro, secondo il
Vangelo, che in quell’epoca non potea esistere
in Roma alcun capo universale della Chiesa di
Cristo, e che per conseguenza non potea quella
Chiesa essere cattolica, come-s’intemle dai moderni romanisti.
Tanfo meno a’ tempi ^apostolici poteva essere cattolica, perchè madre? fosse e maestra
di tutte lo Chiese cristiane. Né userò quivi della
storia per provare cho la Chiesa di Roma non
insegnava alle Chiese dell’Asia ai tempi di Policarpo, nè quelle dell’Africa ai secoli di Cipriano
e di Agostino, anzi che neppur insegnava a tutte
le Chiese della nostra Italia, poiché la Chiesa
di Milano si tenne indipendente dagli ammae
loro, da mane a sera, nella prigione ed al palazzo di giustizia, i cosi detti inquisitori della
fede.
L’indomani (era giorno di domenica) furono
tradotti l’un dopo l’altro, successivamente, davanti a’ loro giudici, ch’eransi riuniti nella sala
del palazzo destinata a’ giudizii criminali. —
Presiedeva il vice-podestà, e v’era, come dice
lo stesso Laborie, < una folla di consiglieri
t e d’avvocati, l’inquisitore, gli ufTiziali della
« cittàedella Tarantasia, parecchi monacifran« cescani e giacobini » o molti spettatori. Il
vice-podestà lesse loro un decreto della corte,
che ordinava a lui e suoi assistenti d’istruire il
processo de’ prigionieri entro tre giorni, a pena
di essere sospesi per un anno da’ loro uilìcii.
Indi infimo loro di rispondere a tutte le domando
del padre inquisitore. I prevenuti dichiararono
che, sebbene accettar non potessero la competenza di quel tribunale, nondimeno, poiché vi
erano costretti, obbedivano; ma senza recar pregiudizio a’ sovrani diritli del loro governo, ed
ai reclami che questo avrebbe potuto farne e
presso la corto e presso il medesimo tribunale.
Dopo ciò fu cominciato il processo.
{Conlinua).
3
slramonti del papa fino al secolo xi. Quesfargomento che gioverebbe assai, mi allontanerebbe dallo scopo prefisso d’investigare cioò
rorigine della Chiesa cristiana in Roma secondo
la parola di Dio , e colla spada dello spirito
combattere la cattolicità di Roma moderna.
Lo divino Scritturo sono quelle, le quali come
ci fanno conoscere che Cristo ha sempre combattuto l’idea di primato ne’ suoi discepoli, cosi
ci ammaestrano che la Chiesa romana non fu
mai stata madre e maestra delle Chiese particolari di Cristo.
Secondo i papisti, Pietro come preteso vicario del Salvatore, era in Roma fino dall'anno 42
dell’èra volgare, e fin da quel tempo quella
Chiesa doveva insegnare all'universo. Or bene,
nell'anno -iiO sorgo ne’ fedeli di .\ntiochia turbamento e questione non piccola intorno all’osservanza dei riti mosaici per essere salvati
(Atti XV, 1-2). Non fu ordinato per questa questione che Paolo e Barnaba andassero a Roma
per essere ammaestrati, ma siblìone che salissero a Gerusalemme ove si raccolse la Chiesa
in Concilio presieduto da san Giacomo, il quale
« dà il giudizio che non si dia molestia a coloro
che d’infra i gentili si convertono a Dio »
(Atti XV, 19'.
San Paolo neH’anno 57, cioè quindici anni
dopo che (secondo la falsa tradizione romana)
Pietro doveva essere nella città dei Cesari,
scrisse un’epistola alla Chiesa di Roma, e ve
la dirige non come ad una Chiesa madre e
maestra, ma come ad una Chiesa privata e bisognevole d’istruzione. Nel modo che avea dirotto le sue lettere alle Chiese di Corinto, di
Galazia, di Efeso, ecc., per ammaestrarle nel
Vangelo , scrisse : « A voi tutti che siete in
Roma amati da Dio, santi chiamali, grazia e
pace a voi..... Così quanto ò a me, io son presto ad evangelizzare eziandio a voi che siete in
Roma» (Rom. i, 7-15).
Avendo l’apostolo premesso ch’egli avea ricevuto < grazia ed apostolato all’ubbidienza di
fede fra tutte le genti pel nome di Gesìi », aggiunse; € Fra le quali genti siete ancora voi
chiamati da Cristo » (Rom. i, 6). Paolo adunque riguarda la Chiesa di Roma non come la
madre e la maestra della cristianità, ma come
una delle tante Chiese convertite dal paganesimo ; e quando esterna il desiderio di evangelizzarla dice che egli è t acciochè io abbia alcun frutto tra voi, come ancora tra le altre genti»
(Rom. I, 13). Desiderava adunque l’apostolo
di visitar quella Chiesa, non come la norma di
tutto l’orbe cattolico, ma perchè imitasse le
altre Chiese una volta gentili, e come loro
producesse i suoi frutti. Tutta l’epistola ai
Romani è una confutazione per coloro che insegnano che la Chiesa di Roma ai tempi apostolici fosse la Chiesa universale, madre e maestra di lutti i fedeli, poiché so tale fosse stata
da quindici anni, come si pretende. Paolo non
avrebbe osato usurpare i diritti altrui, nè avrebbe
dovuto dettarle dottrine di fede, ed insegnarle
la cristiana morale.
Finalmente quella dicesi madre e maestra di
tutte le Chiese, la quale, essendo stata la prima,
per comando di Cristo generò le altre, apportando loro il santo Vangelo. Tale non 6 mai
stata la Chiesa di Roma; anzi sta scritto che
dopo l’ascensione del Salvatore i discei)oli ritornarono in Gerusalemme dal monte chiamato
deiroiivotto, e como furono entrati nella casa
salirono neU’alto solaio dove dimoravano gli
undici, perseverando tutti di pari consentimento
in orazione e nella preghiera con le donne, con
Maria madre di Gesìi e co’ fratelli di esso. Or
la moltitudine tutta insieme era d’intorno conventi persone (Atti i, 12-14).
E questa la prima Chiesa cristiana composta
di discepoli, ai quali Gesìi ordinò cho non si dipartissero di Gerusalemme, ma che aspettassero la promessa del Padre. Voi, diceva perciò,
riceverete la virtìi dello Spirito Santo, il quale,
verrà sopra di voi, e mi sarete testimonii in Gerusalemme, in tutta la Giudea, in Samaria ed
infino aU’eslremità della terra (.\tti i, i-8).
Quando adunque Cristo avesse lasciato una
Chiesa che madre fosse e maestra di tutte le
altre, ossa invece di Roma dovrebbe essero
quella di Gerusalemme, ammaestrala da Cristo
medesimo, fatta depositaria della celeste sua
dottrina, e da dovo furono spediti nel mondo i
banditori delia buona Novella. Egli è quindi
che il 2“ Concilio ecumenico di Costantinopoli,
celebrato l’anno 381 dichiarò; «la Chiesa di
Gerosolima essere la madre di tulle le allro ».
So adunque, secondo la Scrittura Cristo, non
ha lasciato alcuno degli uomini capo della sua
Chiesa, anzi ha combattuto sempre il primato;
se ai tempi apostolici nelle questioni religioso
si ricorreva alla Chiesa di Gerusalemme; so
molte Chiese esislevan prima della romana, ed
essa invece d’insegnare allo altre è stala ammaestrala con iscritti e coiropera di Paolo fino
alla di lui morte, è falso che in quell’epoca fosso
cattolica, perchè avesse un preteso capo della
cristianità, o perchò madre fosse e maestra delle
altre, come insegna l’articolo di Pio IV aggiunto
al Simbolo apostolico.
PREGHIERA PER L ITALIA
L
V'olgi uno sguardo a Italia,
A Italia nostra, o Dio!
Di lunghi impuri secoli
Sconta la mesta il fio,
E di lei ride il demone
Clie astuto la ghermì.
Oh ! se sapria la misera
Qv'è suo male, o Santo,
Ti chiederla, con ansia,
Cou ripetuto pianto.
Che della fè primissima
Le ritornassi i di.
2.
Oh Padre! a Lei che giovano
Le ricche terre e il cielo V *
Fu al guardo tuo spregevole
D allor che del Vangelo
Neglesse la santissima
Prolifica virtù.
Non ti chiediam si cangino
Le sorti sue, Signore:.
Sappiam che il bene prospera
Ov’è il tuo santo amore.
Che alle celesti uniseonsi
Le gioie di quaggiù (1).
1) .Matteo, vi, 33.
3.
Sol ti chiediam che semini
Colà la tua parola,
Che regni in mezzo al popolo
Onnipotente e sola
E porti frutti, e generi
Virtuti accette a to.
Noi ti preghiam tra lagrime.
Pieni di speme il petto !
Amiiim la nostra patria.
Ma di cristiano alfetto :
Non abbia umane glorie.
Abbia, o Signor, tua fè.
4.
Deh fallo, o Dio! l'origine
Comune abbiam con molti,
Che alle bugiarde immagini
D'antichi error son vólti.
Oh! che comune avessimo
Il culto e il Redentori
Fra quello dense tenebre
Sorga al tuo cenno il giorno:
Faccia dall'Alpe al Jonio
La verità ritorno :
Sorga uua gente fervida.
Lieta di nuovo ardor.
5.
Sorga, ma solo all'aura
Del tuo potente Spiro ;
Te sol. Te sol ricerchisi
Con nobile desiro.
Senza profane voglie,
Con mansueto cor.
E se novelle vittime
L’ira infernal desia,
Nei fidi tuoi lo Spirto
Ch'è tuo, dimori, e sia
Per i dolenti gioia.
Pei timidi valor.
6.
E nell’esiglio o in carcere
Nutran cristiano affetto;
La morte lor sia placida,
Perdon l’estremo detto;
Pe’ traviati preghino,
Sian lume a chi non l'ha.
Odi, o Signor, quest’umile
De’figli tuoi preghiera;
Lungo è l’error d’Italia,
Deh Vegga alfin la seral
Della dolente patria
Pietà, Signor, pietà!
B. M.
NOTIZIE RELIGIOSE.
Torino. — Riguardo alla legge di soppressione
di alcuni conventi, dopo il fallito tentativo di
rovesciare l’attual ministero, come un primo
passo a ricondurre il Piemonte (secondo le menti
loro) alla servitù gesuitica, i clericali durante la
settimana fanno mostra in Senato di smisurata
impudenza. Il vescovo Calabiana ardi perfino asserire che la proposta dei giorni scorsi veniva
fatta nel desiderio di cessare l’agitazione del paese
e di tranquillare le coscienze; invece è tutto al
contrario. Quella proposizione fu dal potere esecutivo appunto respinta, considerato che non era
voluta dalla grande maggioranza del regno, e
che anzi accettandola avrebbe dato occasione a
gravi disordini.
Or dunque, rimessa la legge in discussione, i
4
vescovi e i loro amici, secondo il giudicio di
qualche giornale e secondo pur sembra a noi,
tentano di riuscire nel loro proposito per la via
dell’indugio, ossia col tirare in lungo la disputa
o così dar tempo a Roma di pensare a nuove
astuzie. La qual tattica, a dir vero, pei troppi
riguardi usati ai clericali, riuscì loro fin qui assai
giovevole, ad onta che abbiano riportato a quando
a quando sconfitte solenni per l’assennatezza del
popolo piemontese. Infatti di tutte le riforme
progressive, nazionali, richieste dai tempi, toccanti da vicino Roma, e presentate, la sola leggo
per l’abolizione del fòro ecclesiastico ebbe esito
felice: ma questa, isolata, non ha l’importanza
politica che avrebbe unita ad altre leggi consimili, e non fu se non come l’apertura di successive innovazioni, ed un impegno governativo.
Sarebbe stato utile poi ricordarsi allora di quest’aurea sentenza di Macchiavelli ! si dee discorrere tutte quelle offese ch’è necessario fare, e tutte
fare a un tratto per non le avere a rinnovare ogni dì.
I clericali non ignorano certo che la civiltà
deve recar loro la morte, quindi la combatteranno
sempre e disperatamente; per questo odiano lo
studio, l’esame, la discussione, la religione in
ispirito e verità, ed amano le tenebre e la superstizione: in modo speciale odiano poi la monarchia rappresentativa, giacché in tal forma
di governo v’ha più. campo al crescere ed al perfezionamento degli intelletti che non sia nelle
monarchie assolute e nelle picciolissime repubbliche ; ad esempio, che non fecero i clericali
nel Belgio all’occasione della legge sul pubblico
insegnamento ! che non fecero in Inghilterra !
eglino trassero Londra e le provincie a sanguinosi tumulti, e via dicendo. In somma la fermezza sola può vincere la tracotanza di Roma,
non gli ossequii, le carezze, le condiscendenze;
queste cose al contrario la rendono sempre più
esigente ed orgogliosa.
— I vescovi vedendo falliti i loro intrighi per
togliere di mezzo la legge sulla soppressione dei
conventi, mettono di bel nuovo in campo lo spauracchio della scomunica.
— Il sig, Domenico Buffa , ex-deputato e exintendente generale della divisione di Genova,
cattolico sincero come tutti sanno, e così avverso alla legge sui conventi, che per essa diede
la sua demissione dall’alta carica che copriva, a
cagione delia crisi che abbiamo testé traversata,
ha dato alle stampe un breve ma sostanzioso
opuscolo, in cui l’egregio scrittore conchiude col
consigliare 1’ intiera separazione della Chiesa
dallo Stato. Ecco le sue parole ;
« La crisi gravissima in cui. versiamo deve
« aver fatio accorti anche gli uomini men corrivi
« ed arrisicati, ch'egli è ornai tempo di porre un
« termine a questa lotta che da più anni tiene
« gli animi iu agitazione continua, gl'invelenisce
« coi timori, coi sospetti, cogli odii, colle ca<t lunnie, e inceppa l’andamerito libero e rego« lare dei poteri dello Stato. E l'esperienza e la
Il storia hanno in tutti i tempi e per mille modi
« insegnato che unico rimedio a ciò è la separali zione assoluta del potere civile dall'ecclesiastiII co. Sia dunque con R. decreto creata una com« missione d’uomini valenti in queste materie , la
Il quale entro un termine ragionevole di tempo
« prefisso nel decreto medesimo,prepari una legge
« a tal fine ordinata. La separazione dei due po«. teri, non saputa mai fare fin qui. malgrado i
» mali infiniti che costò ai popoli il non farla, ^
« cosa di tanto momento che sarebbe somma
«stoltezza volerla improvvisare; essa involge
« tante e cosi delicate quistioni che vi bisognano
« tempo, studio e uomini di vaglia. Ma intanto
« per mezzo di decreto reale sia solennemente
« statuito che il governo entra in questa via, e
Il sappiano i cittadini che entro un tempo deterII minato il Parlamento sarà chiamato a dare
« sopra di ciò il suo voto.
« Con questi due mezzi , s'io non m’inganno,
Il sarebbe provveduto alla quistione più urgente
< delle finanze, all'ouor nazionale, alla quiete di
« tutti; niuno potrebbe dirsi veramente vinto,
« niuno vincitore, tranne lo Stato, e tutti si troll verebbero sopra una via giusta e sicura per
« giungere ad una pace che nulla potrà più tur« bare ».
Savoia.'— Il consiglio municipale di Thonon
invitato a deliberare se i monumenti pubblici
della città dovessero illuminarsi il 6 maggio ad
onore della Immacolata concezione, respinse la
proposta alla quasi unanimità.
Vknbzia. — La notte del 4, tolta via una grossa
inferiata, alcunl ladri penetrarono nella chiesa
di S. Marco e rubarono tre pissidi ed alcuni pezzi
d’un ostensorio, disperdendo sull’altare le particole.
Roma. — Sulla piazza del Popolo si erigeva
testé un palco onde martoriare col cavalletto un
disgraziato, che mori 24 ore dopo. Gran Dio !
e sono quelli che si vantano di essere tuoi ministri esclusivi, sono i preti che non paventano
di dissotterrare la tortura in pieno secolo xix.
Ginevra. — Dal venerando pastore Malan abbiamo ricevuto, unitamente ad una cambiale del
valore di 120 fr., pagabili al 1“ giugno, a pro
della famiglia Cechetti di Firenze, un’eccellente
lettera, piena di ottimi consigli, di cui ci piace
di riferirne il brano seguente :
« Carissimo fratello !
« Nel vostro numero del 7 aprile p. p. ci avete
posto sott’occhio la situazione commovente del
degno nostro fratello Cechetti ; e noi abbiamo
bramato di corrispondere al vostro caritatevole
appello. Compiacetevi adunque di aggradire per
questo povero amico i fr. 120 che v'includo
quivi, per parte di un piccolissimo numero di
cari fratelli, quasi tutti anch’essi poveri al pari
di lui, ma che hanno ricevuto dal Signore la
tenue offerta che gli mandano. Si compiaccia il
nostro buon Dio e Padre di benedire questo sagrifizio amoroso, e sovratutto moltiplicare a
questo nostro fratello, a questo confessore eà alla
giovane sua famiglia le consolazioni invisibili e
trionfanti del suo spirito. Qual bontà di Dio verso
di noi, che ci chiami a visitarlo nel suo carcere,
e quanto vi dobbiamo essere grati che ci abbiate
invitati a concorrere a questa buona opera. Riceverete dunque, non è vero? con amore questi
pochi soldi, ai quali aggiungerete presso il nostro
fratello la più cordiale testimonianza della nostra
simpatia ».
Spagna. — Viene assicurato che la regina abbÌa
dato la sanzione reale alla legge concernente la
vendita de’ beni dei preti.
— Notizie posteriori confermano il suddetto,
ed anzi la regina ha pure sancito la legge per lo
stabilimento de'cimiteri acattolici.
BOLLETTLXO POLITICO.
Il ministro Rattazzi dopo un eloquente discorso , per cui riscosse vivi applausi, dichiarò
che se il ministero era disposto ad accettare
alcune modificazioni alla legge sui conventi ,
avrebbe respinto sempre ogni altro emendamento
che intaccasse radicalmente la legge stessa.
— Più di due terzi del corpo di spedizione è
già imbarcato, e da quanto si sa i bastimenti che
finora partirono da Genova progrediscono il loro
viaggio felicemente.
— 11 Parlamento e i giornali inglesi ■gon"'poco
soddisfatti delle spiegazioni di lord Russel sulle
conferenze di Vienna; ed il mal umore cresce in
tutti i partiti contro il gabinetto, che pare ^i fidi
troppo sulle parole dell'Austria. Lord Derby
nella Camera dei Lords disse che la nuova esitanza dell’Austria è un male equivalente alla sua
ostilità: è dunque credibile che per tale espressione dell’opinione pubblica il governo inglese
solleciterà l’Austria a decidersi.
— Un rapporto del generale Canrobert, in data
del 28 aprile, annunzia a S. M. che l’esercito
inglese è ora cosi bello, così solido,come al suo
primo arrivo in Crimea. Giungevano importanti
rinforzi.
— Per dispaccio, in data di Vienna 9 maggio,
proveniente da Pietroburgo 7, ricaviamo che nella
notte dal 1“ al 2 diecimila nemici espugnarono
gli alloggiamenti del bastione N® 5 e s’impadronirono di 9 mortai. I danni recati dal bombardamento del 2 furono riparati e le mine riuscirono
a guastare le controfosse.
— Il generale La Marmora con 4000 Piemontesi sono arrivati l’S maggio davanti Balaklava.
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