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Anno 126 - n. 48
7 dicembre 1990
L. 1.000
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a : casella postale - 10066 Torre Pellioe
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL MEZZOGIORNO E LA CRIMINALITÀ’ ORGANIZZATA
Storie di "ordinaria emergenza"
La situazione odierna, costellata di episodi di violenza e di morte, rischia di assumere i connotati della norrnalità: occorre formare una nuova cultura, non lasciare il Sud a se stesso, rispettare sempre i principi democratici
Riesi, 30 novembre. Sono le
8,45; mentre aspetto l'autobus
per Catania, sopraggiunge un lungo corteo degli studenti del vicino Liceo scientifico. Un grande
cartello apre la manifestazione:
« Vogliamo il diritto di vivere,
non quello di essere uccisi! ». Dieci minuti dopo, mentre salgo sull’autobus, l’autista mi dice: « Gli
studenti fanno la manifestazione,
ma intanto non serve a nulla. Qui
ci vuole il pugno di ferro! ». La
stessa cosa è successa ieri a Gela:
mentre gli studenti, imbavagliati,
attraversavano silenziosamente la
città, dall’ospedale ai luoghi delle
stragi, due consiglieri comunali
invocavano l’esercito.
Anche Giorgio Bocca, su « La
Repubblica », ha sostenuto la necessità di un intervento militare.
Cosa ci vuole per fermare questa
carneficina? Un nuovo prefetto
Mori, come ai tempi del fascismo? Ma il fascismo stesso era
mafia, come sostiene Michele
Pantaleone. Infatti, caduto il fascismo, la mafia è riapparsa.
La notizia delle stragi di Gela
ci ha colti quando ancora eravamo sotto lo shock del triplice
omicidio avvenuto a Riesi meno
di una settimana prima. Anche a
Riesi, stesso scenario, stessa dinamica dei fatti: tra le 7 e le 8
di sera, all’ora del passeggio, in
pieno centro, davanti ad un bar
e all’interno di una sala giochi,
tre killer incappucciati scaricano in mezzo alla folla diecine di
pallottole, uccidendo due pregiudicati e un innocente. Una scena
da Far West a cui la gente assiste sbigottita, presa dal panico,
dalla rabbia, dalla voglia di scappare in luoghi più sicuri, dove si
possa andare a passeggiare per
le strade, a far le spese, a prendersi un caffè al bar senza temere di venire improvvisamente
coinvolti nell’ennesima guerra di
mafia.
Uno dei due pregiudicati ammazzati a Riesi era il padre di
una alunna di 3” elementare della
nostra scuola del Monte degli ulivi. Una bambina vivace, sensibile,
intelligente. Il padre sembrava
una persona mite, senonché era
coinvolto in traffici illeciti, come
l’altro, nipote di una nostra vecchia conoscenza, e come tanti altri qui a Riesi, boss emergenti che
ostentano la loro nuova ricchezza pavoneggiandosi per le strade del paese nei loro fuori strada e macchine di lusso. Era il caso di quei tre giovani di Riesi,
morti ammazzati e bruciati nella
loro « 164 » il 1° agosto scorso,
nelle campagne vicine. Anche loro vittime della guerra dei subappalti scatenati 3 anni fa fra le
cosche di Riesi, Mazzarino e Gela,
per dividersi la « torta » dei 230
miliardi stanziati per il rifacimento della diga Disueri, a circa
15 km da Riesi. Gente di cui si
sa che prima o poi finiranno ammazzati.
La gente comune ha paura perché » « non è più come una volta,
quando si ammazzavano tra di loro ». Ora sparano nel mucchio, all’impazzata, in modo plateale,
proprio nell’ora serale del pas
seggio, quando mezzo paese è
fuori per le strade.
Il messaggio è chiaro. Significa: « Siamo noi i veri padroni del
territorio. Chi cerca di fare il furbo finirà nello stesso modo ».
Quando si arriva a questo punto,
allora non è esagerato parlare di
situazione « libanese » o « colombiana » della Sicilia e di tutto il
.Meridione.
'Parlare di recrudescenza della
violenza maliosa o di emergenza
mafia, come si fa sempre dopo
ogni delitto o strage, è fuorviante. Che la mafia domini tutto, ormai, lo sanno anche le pietre, e
quando tutto sembra calmo (come a Palermo negli ultimi mesi),
significa, come dice il giudice
Falcone, che la mafia è ancora
più forte. Nel Nisseno invece
(provincia di Caltanissetta), le
cose non stanno così, da tre anni
a questa parte. Dopo l’assassinio
a Palermo, il 30 maggio 1978, di
Giuseppe Di Cristina, il boss di
Riesi, temuto e rispettato, che
controllava tutto il territorio da
Caltanissetta a Gela, vi è stato un
lungo periodo di calma apparente
durante il quale i ’’corleonesi”
(nuovi padroni di Cosa Nostra)
hanno cercato di sterminare la
famiglia Di Cristina.
Quello stesso anno, il 23 dicem
bre, inizia a Gela la guerra spietata tra il clan di Giuseppe Madonia, uomo dei ’’corleonesi” nel
Nisseno, e il clan di Salvatore
Incoiano, boss della « mafia dei
pastori »; guerra che, in tre anni,
ha già fatto 102 vittime!
I tragici fatti di sangue di queste ultime settimane, da Riesi a
Mazzarino, da Gela a Vittoria
(Scoglitti), dimostrano che la lotta per la supremazia e per nuovi equilibri di potere è aperta.
Questo lo si sapeva da tempo:
più di un anno fa, la relazione del
gruppo di lavoro della Commissione antimafia, guidata dal senatore Vitalone, si esprimeva in
questi termini: « Specialmente
nei comuni di Riesi, Mazzarino,^
Gela e Niscemi, si è avuta negli
ultimi due anni una notevole recrudescenza del fenomeno mafioso ». Il documento, dopo aver
precisato che « la mafia dà manifestazione di sé soprattutto nella
città di Gela », così proseguiva:
« L’accentuazione della risposta
militare della mafia e il compattamento della organizzazione criminale potrebbero condurre a breve scadenza a una nuova esplosione di violenza ». E inoltre:
« Difficile è anche la situazione
di due zone distinte della provincia di Caltanissetta: quella di
Una manifestazione popolare contro la mafia.
Mussomeli e Villalba e quella di
Gela e Riesi dove, in particolare,
si sono alleati i vecchi gruppi mafiosi con la nuova criminalità emergente ». Ma questa, come tante altre denunce, è rimasta ina
ALLA RICERCA DI DIO
La lotta
« Il
Israele..
tuo nome non sarà più
Giacobbe, ma
(Genesi 32: 28)
Questo racconto ci dice cosa succede quando
l’uomo incontra Dio; ci aiuta a riflettere su come si
costruisce l’esistenza di un credente.
Giacobbe, quella notte, si è addormentato con
difficoltà, pensando con grande timore all’incontro con il fratello Esaù, pieno di furore per gli
inganni subiti. Non è Dio a preoccuparlo, ma il
fratello. Dio è una 'realtà conosciuta per Giacobbe, che non sa di doverlo affrontare in modo ben
più impegnativo del fratello.
Ecco la prima indicazione del testo: Dio non è
una realtà scontata nelle nostre vite, ma è il Dio
che ci aspetta per provocarci e lottare con noi.
Dio è al di là del Dio del nostro catechismo e dei
nostri culti; lo si può incontrare soltanto se accetteremo la sua provocazione.
Per Giacobbe, Dio — prima di Peniel — è poco
più di una formula. Diventa una realtà solo nell’incontro-scontro personale.
E questo incontro, questa lotta serrata, sofferta, faticosa con Dio non può essere evitata da
nessuno di noi.
Dio può incontrarci e provocarci in modi diversi. Molti possono essere, ovviamente, i luoghi
e le occasioni di Peniel per noi, oggi.
L'esperienza personale della sofferenza apparentemente immotivata, l’incontro con la sconfitta e la
morte di chi ci circonda sono solo alcune delle
notti di Peniel che siamo chiamati a vivere. Né
possiamo sapere quanto durerà la nostra notte a
Peniel. Sappiamo solo che non possiamo defilarci.
Perché? Anzitutto, perché se Dio ci provoca, vuol
dire che ci crede capaci di cambiare, ci crede capaci di lottare tutta la notte, imparando a resistere alla rassegnazione di chi si dichiara perdente,
di chi non vuole saperne di più, su se stesso e su
Dio.
Ma ai nostri figli dovremo anche dire che la
lotta non può essere evitata se vogliamo giungere
a comprendere ed a sperimentare la promessa e
la benedizione di Dio. Giacobbe era già il depositario della promessa ma lotta fino all’alba perché
ancora non conosce la nuova identità che Dio gli
vuole dare e non conosce neppure l'identità del
Dio di cui ha soltanto ancora sentito parlare.
Solo nella notte di Peniel la parola della promessa diventerà realtà. Solo a Peniel Giacobbe
diventa Israele. Solo se accettiamo la lotta che
può durare tutta la notte conosceremo chi siamo
e sapremo chi è Dio.
« Qual è il tuo nome, Giacobbe? » chiede Dio
nella lotta. Cioè, « Chi sei tu Giacobbe, Marco, Sara, Anna e così via? D’ora innanzi, visto che hai
accettato di lottare con me e mi hai resistito, ti
darò un nome nuovo, una nuova identità, una
nuova vocazione. Perché hai avuto l'ardire di lottare con me, perché hai osato resistere a Dio, io ti
benedico ».
C'è già, nel racconto di Peniel, tutto il discorso
della grazia a caro prezzo. Dio è gratuito, ma non
è scontato. La grazia e la benedizione di Dio sono
gratuite, ma non a buon prezzo. Hanno il prezzo
di una lotta che dura tutta la notte, tutta una vita.
Sappiamo, però, che quando all'alba spunterà il
.sole, saremo benedetti, ricreati, donne ed uomini
nuovi.
E sappiamo che Dio cederà. Questa è l'ultima,
la più grande indicazione del nostro testo. Questa è la straordinarietà del racconto. Giacobbe diventa Israele e viene benedetto perché riesce a
vincere Dio. Così, non solo a Giacobbe viene data
una nuova identità, ma viene rivelata anche la
nuova identità di Dio. Del Dio che provoca il combattimento serrato con l'uomo e che accetta di
perdere per benedirlo. Il Dio sempre straordinariamente diverso da come ce lo eravamo immaginato, il cui dono, la cui grazia consistono nel
cedere a chi ha lottato con lui. Il cui amore si
manifesta nel dare la vittoria a Giacobbe, a noi
tutti.
Gianni Genre
scollata, così come è rimasta insoddisfatta finora la richiesta di
un commissariato di polizia a
Riesi e di un tribunale a Gela. Così come gli studenti di Gela aspettano ancora la visita del presidente Cossiga nella loro città.
Eppure Gela è davvero, come
l’ha definita la Commissione antimafia, « uno spaccato di tutte le
più stridenti contraddizioni del
sud », 'ima città triplicata nel giro di 30 anni, dopo l’insediamento del petrolchimico Enichem
che, secondo le intenzioni di Enrico Mattei, doveva assicurare 20
mila posti di lavoro e che oggi a
malapena dà lavoro a 3.500 persone. Un esempio perfetto dì
« cattedrale nel deserto » che, anziché produrre sviluppo e incivilimento, ha partorito una città
mostruosa, quasi del tutto abusiva, dove il tasso di inquinamento
ha superato da tempo ogni livello
di guardia. Infatti, oltre all’inquinamento atmosferico che vi
prende alla gola quando vi avvicinate alla raffineria, vi è ormai
un inquinamento istituzionale
(crisi permanente del Comune),
sociale, morale. Prova ne sia che
tra gli 8 morti c'era un ragazzo
di 16 anni, oltre al fatto della
scomparsa improvvisa di altri 18
adolescenti.
Quando si vive in una situazione di emergenza cronica, permanente, la parola « emergenza »
perde il proprio significato. Tutto
diventa normale, anche il progressivo imbarbarimento sociale
e ambientale. E questa è la vera
tragedia del sud. Abbandonare il
sud a se stesso, come chiedono
troppi settentrionali, significherebbe consegnarlo legalmente nelle mani della mafia, e accreditare
Quel pregiudizio folle che i meridionali sono tutti mafiosi, almeno potenzialmente. Sarebbe davvero la soluzione più comoda, più
ingiusta e meno evangelica. Ci
ostiniamo a credere che vi è
un’altra soluzione, e sta nelTanplicazione rigorosa delle regole
della democrazia.
Jean-Jacques Peyronel
2
commenti
7 dicembre 1990
SUD AFRICA
No airapartheid
Pubblichiamo alcuni estratti della Dichiarazione approvata al
termine della Conferenza nazionale delle chiese del Sud Africa,
che ha avuto luogo a Rustenburg (Transvaal) dal 5 al 9 novembre
1990 e alla quale hanno partecipato 330 responsabili di 80 chiese
sudafricane.
Alcuni fra noi non sono
d’accordo con tutto ciò che
è stato detto nel corso di
questa conferenza, ma vi è
un punto sul quale siamo
tutti d’accordo: è il rifiuto
senza equivoci dell’apartheid, considerata come un
peccato. Eccoci alle soglie
di un nuovo avvenire. Si intravede la possibilità di costruire un nuovo sistema e
la promessa di una riconcilieizione tra i sudafricani.
In questo contesto, i cristiani sono chiamati da Dio
a dare un segno di speranza.
Confessione
In quanto rappresentanti
della Chiesa cristiana del
Sud Africa, noi riconosciamo che la situazione di questo paese è in gran parte
il risultato del colonialismo
occidentale, del soffocamento delle coscienze dovuto
ad atteggiamenti sociali ereditati, che accecano le comunità civili nei riguardi
del male che esse riflettono,
e di una debolezza comime
alla chiesa del nostro mondo nel trattare dei mali della società. Oggi riconosciamo tuttavia il nostro peccato e riconosciamo il nostro ruolo eretico nella politica dell’apartheid che ha
causato una sofferenza così
grande a tanti abitanti del
nostro paese. Noi demmciamo l’apartheid, per le sue
intenzioni, la sua messa in
pratica e le sue conseguenze, come politica del male.
La pratica e la difesa di
un’apartheid che sarebbe
stata biblicamente e teologicamente legittimata è un
atto di disubbidienza a Dio,
un rinnegamento dell’Evangelo di Gesù Cristo e un
peccato contro la nostra
unità nello Spirito Santo.
Per questo confessiamo di
avere, in molti modi, praticato, sostenuto e permesso
l’apartheid, o di aver rifiutato di resisterle. Alcuni fra
noi hanno male interpretato la Bibbia, di cui si sono
serviti per prinstificari» l’apartheid, il che ha condotto
un buon numero di noi a
credere che l’apartheid avesse l’avallo di Dio. Inoltre, taluni hanno dichiarato che le intenzioni dell’apartheid erano buone, anche se i suoi effetti erano
nefasti. La nostra lenteza
nel denunciare l’apartheid
come un peccato ha incoraggiato il governo a mantenerla. Altri ancora hanno
ignorato i mali dell’apartheid e hanno dato un valore spirituale all’Evangelo,
dichiarando che la salvezza
individuale è sufficiente,
senza mutamento sociale.
Abbiamo adottato un atteggiamento di pretesa neutralità, ma di fatto esso si è rivelato una complicità con
l’apartheid.
Quelli di noi che hanno
perpetuato l’apartheid e ne
hanno beneficiato sono colpevoli di arroganza colonialista verso la cultura nera.
Abbiamo permesso alle istituzioni dello stato di commettere il neccato al posto
nostro. Volendo preservare
la chiesa, abbiamo talvolta
cessato di essere chiesa.
Siamo stati spesso più influenzati dalle nostre ideologie che daH’Evangelo di
Dio. Quelli di noi che soffrono deH’apartheid ricono
scono il ruolo che essi stessi hanno svolto nel fallimento della chiesa..., alcuni di noi sono divenuti gli
strumenti consenzienti del
meccanismo della repressione esercitata dallo stato; altri hanno reagito all’oppressione con una volontà di rivincita.
In quanto uomini, noi
confessiamo che abbiamo
spesso disprezzato la dignità umana della donna e
ignorato il sessismo di numerose strutture ecclesiastiche, sociali, politiche, economiche e familiari. Limitando il ruolo e il ministero
delle donne abbiamo impoverito la chiesa. Siamo stati insensibili alla doppia
oppressione subita dalle
donne nere.
Con umiltà e contrizione,
noi chiediamo il perdono
di Dio e dei nostri fratelli
sudafricani. Chiediamo ai
membri delle nostre chiese
di fare anch’essi questa
confessione. Esortiamo il
governo sudafricano a fare
una dichiarazione di pentimento per il male perpetrato nel corso degli anni.
Affermazione
La Bibbia rivela Dio come un Dio d’amore e di
compassione, che si preoccupa particolarmente del
peccatore, dell’ oppresso,
del povero e delle vittime
dell’ingiustizia. L’ubbidienza a Cristo esige perciò che
sviluppiamo im sistema economico fondato sulla giustizia, la compassione e la
corresponsabilità.
Noi ci impegniamo a lottare per la costruzione di
un Sud Africa giusto, democratico, non razziale e
non sessista. Chiediamo per
questo che siano garantite
a tutti la separazione tra
chiesa e stato, la libertà di
credere, praticare e insegnare la religione, e la libertà di associazione. Sulla base dei valori biblici ed
etici, chiediamo a coloro
che sono incaricati di elaborare una nuova costituzione di rispettare i principi seguenti: l’alto prezzo e
il valore della vita umana,
l’esclusione di ogni discriminazione, r accettazione
del primato del diritto, la
messa in opera e la difesa
di una dichiarazione dei diritti, l’istituzione di un processo elettorale basato sul
principio « una persona, un
voto », in una democrazia
fondata sul multipartitismo
in seno a uno stato unitario.
Impegno
alTazione
Nel quadro delle riparazioni, la chiesa dovrà anzitutto esaminare lo stato dei
suoi beni e rendere ai suoi
proprietari tutta la terra
espropriata ai gruppi trasferiti forzatamente. Le
scuole « bianche » dovranno essere aperte agli allievi
di tutte le razze e si dovranno elaborare dei programmi a tutti i livelli dell’insegnamento rivolti ai
neri. Chiediamo che sia istituita una Giornata nazionale di preghiera, in segno
d’intercessione, di confessione, di perdono e di riconciliazione.
(tiev)
QUACCHERI
Il lavoro: anche le chiese devono riflettere su un
problema che ognuno vive sulla propria pelle.
I CREDENTI E IL LAVORO
La domenica
1 problemi dell’occupazione nella
"Settimana ecumenica per la pace”
Dal 26 novembre al 2 dicembre si è svolta in tutta
Italia la "settimana ecumenica per la pace". L'iniziativa, giunta al suo sesto anno di vita, è promossa da
movimenti e organizzazioni religiose cattoliche, ebraiche e protestanti.
L’iniziativa di quest’anno aveva un particolare significato dopo l’Assemblea mondiale su ’’Pace, giustizia
e integrità' del creato" (Seoul, 5-12 marzo 1990) e dopo
l’Assemblea europea "Pace nella giustizia” (Basilea,
15-21 maggio 1989).
Tra le manifestazioni che si sono svolte, quella di
Perosa (Torino) di venerdì 30 novembre ha avuto come tema "Le comunità cattoliche e valdesi di fronte
ai problemi del lavoro e dell'occupazione in zona”.
I partecipanti alla riunione hanno approvato il seguente documento sul problema del "lavoro di domenica” redatto dal gruppo preparatorio.
« Se l’uomo di domenica si astiene da ogni suo
lavoro e rispetta questo giorno come un tempo santificato per Dio, si rivolge a Dio suo Creatore e Redentore, ascolta la sua parola e sfrutta e orienta le
sue forze ai compiti che gli stanno davanti, allora
egli sperimenta un poco la libertà, la dignità e umanità che Dio dona » (dal doc. La nostra responsabilità nei confronti della domenica, a cura della Conf.
episcopale tedesca e della Chiesa evangelica tedesca,
Bonn-Hannover, 25.1 .’88).
Questo documento, ricordandoci fra l’altro che
« Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola
che procede dalla bocca di Dio » (Matteo 4: 4), ci
invita a riflettere sul lavoro a partire dalla nostra
consapevolezza di credenti, affinché cerchiamo nella
Paròla biblica il riferimento che orienta le nostre
esistenze.
Il significato di questo testo va oltre il problema dei turni lavorativi del sabato e della domenica:
ci chiarisce che ogni nostra attività va posta di fronte alle indicazioni che ci vengono da Dio e dalla
fede, compresa quella per cui « Il sabato è stato
fatto per l’uomo» (Marco 2: 27) e non viceversa.
Se l’uomo, rivolgendosi a Dio nella pratica della
fede e nella ditnensione comunitaria la domenica,
mantiene vivo questo confronto, non può non interrogarsi sul fatto che l’attuale situazione dell’occupazione e del mondo del lavoro (anche qui nel
pinerolese) sembra ignorare del tutto i costi umani, e sembra considerare come unico parametro le
logiche del mercato e della concorrenza. Sono invece in pericolo i rapporti comunitari, la vita familiare e sociale, la partecipazione stessa ai momenti
di culto e di lode al Signore.
Su tutto questo, sulla disoccupazione femminile
in aumento, sull’inquinamento (che, con i turni al
fine settimana, moltiplica per 7 anziché per 5 i suoi
valori), sul fatto che si debba tenere il passo con
costi di produzione troppo bassi nel terzo tmondo,
lavorando la domenica, proponiamo a tutte le chiese del pinerolese di riflettere e lavorare insieme, tramite assemblee, discussioni interne e partecipazione
a momenti di dibattito e di confronto.
A cura del Collegamento permanente su
« Giustizia, pace, salvaguardia del creato »
Perosa, 30 novembre 1990
Un corpo di pace
L’impegno nella società, che deriva da
una lunga tradizione di nonviolenza
Perché non dovrebbe un
quacchero essere coinvolto
in gruppi di pressione politica, o meglio, in impegni
sociali? Egli non vive su di
un altro pianeta e non è
stato esentato dall’essere
amministratore di Dio su
questa terra, in qualsiasi
forma, ivi compreso il servizio agli uomini, alla giustizia e alla pace (I Pietro
4: 10; I Cor. 4: 1-2; 9: 17;
Tito 1: 7; Matt. 5: 9-10).
Quanto più si rispetta e si
ama l’uomo, tanto più ci si
sente impegnati nel sociale,
dissetando gli assetati e lottando contro la fame con lo
stesso fervore con cui si
cerca Iddio e la luce — anzi, come risultato normale
di tale ricerca.
Lo stesso principio si applica nell’opporsi al militarismo ed a ciò che produce
la guerra, anche se ciò implica pagare con il carcere
e molte sofferenze rifiutare di pagare per le spese
militari, soccorrere i rifugiati, inventare ostacoli all’opera dei guerrafondai, essere incompresi.
Se ti imbatti nel messaggio quacchero che riconosce ed esalta « quel tanto
di Dio che c’è in ogni persona », e lo accetti e lo vivi,
facendo sì che il divino nell’altro meriti amicizia, tolleranza, comprensione, collaborazione invece di odio,
concorrenza, sfruttamento
e lotta armata, giungi al
punto in cui ti dici: sì, mi
diletto nel culto silenzioso,
e nella luce interiore di Cristo dentro di me, e nei buoni sentimenti verso gli amici e gli altri, ma che faccio
contro l’ingiustizia e la rapina dei popoli nonché del
creato? Che cosa fa il mio
gruppo di concreto?
Non conta molto se prima di diventare quacchero hai fatto del tuo meglio
cercando di organizzare
gruppi nonviolenti e azioni pacifiste, come marce
della pace e dimostrazioni
contro installazioni militari, la corsa al riarmo, le
spese militari, gli impianti
nucleari...; non è poi di
grande valore il tuo rifiuto
di pagare il 5,5% della tassa sul reddito che va alla
difesa, e se la tua testimonianza è diventata di pubblico dominio quando ti
hanno sequestrato il televisore...
Hai fatto poco, proprio
poco alla luce della tua luce interiore.
Non ti sei portato fra i
contendenti per impedire
che si uccidessero l’un l’altro, non sei entrato nelle
fabbriche di armi per convincere gli operai a smettere di fabbricare ordigni di
distruzione, non fai parte
di alcuna brigata di pace
e non sei stato capace, malgrado tutte le tue belle parole, di mettere in piedi,
nel tuo paese o altrove, un
reale, disarmato, nonviolento corpo di pace, pronto ad
accorrere dovunque per arrestare la violenza.
Sì, lo sappiamo che non
puoi partecipare personalmente perché stai invecchiando, perché sei una madre, perché tuo marito è
malato, perché hai male ai
piedi... ma puoi di certo, se
10 vuoi, andare al di là dell’obiezione fiscale: puoi
contribuire a redigere e fare passare una mozione nella campagna contro le spese militari in cui ci si impegna per creare un corpo
di pace di uomini e donne,
giovani e vecchi, forti e deboli nel corpo ma solidi e
maturi nello spirito, che sono sempre all’erta per andare ovunque a portare
l’amore che manca.
O ti piace immergerti solo nel silenzio e nelle meravigliose meditazioni che
ispira, e nella comunione
con Dio e l’uomo, durante
11 culto, e taci di fronte all’ingiustizia e alla violenza,
perché la « politica è sporca »? Ma ricorda che, se
sei netto e puro, puoi rendere netto e puro tutto ciò
che fai, sotto la guida di
Dio.
Davide Melodia
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. 46.000
Semestrale L. 25.000
Costo reale L. 70.000
Sostenitore annuale L. 85.000
ESTERO
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Sostenitore L. 150.000
Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio
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fino alla fine del 1990. -
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665278 0 inviartdo un fax al n. 011/657542.
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7 dicembre 1990
vita delle chiese
COMMISSIONE ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
I BATTISTI E LO STATO
Tra il sermone e l'opera
Le conseguenze della decisione sinodale sulla riorganizzazione delcomplementare alla testimonianzala diaconia - L’etica del servizio
La relazione della Tavola al Sinodo 1988, in un paragrafo dedicato agli aspetti della testimonianza e titolato « Fra il sermone e l’opera », diceva, in maniera
assai suggestiva, che fra l’attività
cultuale della predicazione che
stenta ad essere riconosciuta come luogo di crescita nella fede e
l’attività diaconale che va sempre
più specializzandosi, esiste uno
spazio di formazione e di identità
protestante. Queste considerazioni trovarono in tutti un ampio
consenso.
Questo spazio, considerati noti
il significato ed anche i termini
del concetto di formazione protestante, sembra essere adesso un
vestito fatto su misura per quella
che si va delineando con il nome
di nuova CIOV.
Con tale indicazione non si vuole naturalmente prenotare una situazione di "monopolio”, perché
quanto appena detto può benissimo essere esteso a tutti coloro
che, dotati di buona volontà, in
questo spazio si riconoscono e vogliono contribuire essi pure a
riempirlo.
Riordino di diaconia
ed esecutivi
Il Sinodo 1990 ha approvato ed
emesso l’atto 34, con il quale
esprime consenso sulle linee portate avanti da Tavola e CIOV relativamente ad un progetto così
detto di riordino della diaconia e
degli organismi esecutivi; in questo progetto larga parte è occupata da considerazioni sul futuro
della CIOV. Tale problema ha anche occupato un considerevole
spazio del lavoro svolto da tale
Commissione neH’anno ecclesiastico appena trascorso.
In generale, le discussioni del
Sinodo su temi di una qualche rilevanza sfociano sempre in documenti che sono la sintesi
di varie opinioni e di vari orientamenti; su questi documenti si può coagulare il generale consenso, oppure anche no
— questo non è strettamente necessario — ma poi sulla linea approvata si procede, in maniera
democratica e con disciplina, tutti quanti insieme.
Ciò detto, si può ritenere allora
che questo atto 34, sintesi della
elaborazione congiunta di Tavola
e CIQV passato al vaglio di ambedue le Commissioni d’esame
sinodali e approvato — fra l’altro — quasi all’unanimità, rappresenti una decisione, oltre che importante, anche vincolante per il
futuro organizzativo della Chiesa.
Quasi come riflesso di una caratteristica costante di tutte le
decisioni dell’ultimo Sinodo, un
certo residuo di doveroso riserbo
ha però imposto ancora un anno
di tempo per definire con precisione il progetto, con consultazione ampia, che è già stata programmata, di tutti gli organismi,
le persone e le opere interessate.
La definizione
dei compiti
Per quanto riguarda in particolare la CIOV, l’atto 34 traduce in
pratica l’esigenza di mettere finalmente in funzione ciò che è
espresso nello statuto della stessa, approvato già fin dal Sinodo
1985: in base ad esso la CIOV deve psere l’organo di gestione della intera diaconia socio-sanitaria
istituzionalizzata, disciplinarmente e geograficamente, in seno alla
Chiesa valdese, con possibilità di
estensione — tramite apposite
procedure — anche ad opere
sorte fuori deirordinamento valdese; per esempio, nel contesto di
un patto di integrazione, felicemente in atto, in ambito metodista.
Il compito primario dell’azione
della nuova CIOV rimane quello
di « sviluppare lo spirito evangelico di servizio espresso nelle attività svolte dagli istituti ed opere ad essa affidati » (art. 2 dello
statuto della CIOV stessa).
La puntuale elencazione delle
azioni con cui la CIOV cerca di
raggiungere questo scopo potrebbe magari formare oggetto di
successivi articoli; con questi, fra
l’altro, la CIOV risponderebbe ai
reiterati inviti del Sinodo a dare
informazioni alle chiese su tali
azioni; anche se è bene ricordare
che esse sono comunque controllate, ogni anno, tramite l’apposita
Commissione d’esame sinodale.
Uno spazio
per la formazione
Adesso preme qui mettere in
evidenza i motivi in base ai quali
si è detto all’inizio che lo spazio
di formazione protestante fra il
sermone e l’opera sembra essere
l’ideale luogo di azione della nuova CIOV, pur nella consapevolezza che la CIOV si è già mossa da
tempo in tale direzione.
Infatti, la ormai pluriennale
pratica di conduzione di istituti
(nel caso specifico gli Ospedali
delle Valli e il Rifugio) tramite
appositi Comitati di gestione ha,
per prima cosa, ampiamente dimostrato la validità del concetto
che si deve salvaguardare e rispettare in tutto l’identità e la libertà di tipo amministrativo e gestionale delle opere affidate alla
CIOV in pieno spirito, molto
spesso dialettico, di collaborazione. Ha inoltre permesso alla
CIOV, liberata così daH’incombenza diretta di questi compiti,
di cercare di assolvere, per Quel
che ne è capace, alle sue funzioni istituzionali di coordinamento, in un quadro di coerenza
evangelica tale che gli istituti
stessi siano allora veramente gli
strumenti attraverso cui la Chiesa compie un aspetto della sua
diaconia.
Tutti quelli che amano usare
un puro e semplice linguaggio ecclesiastico sanno bene come la
parola diaconia non esprime una
semplice azione di assistenza e
beneficenza; se fosse solo così essa sarebbe un’altra cosa. Invece
la diaconia ha, per sua stessa definizione, la sua radice profonda
nell’Evangelo e trova il suo sostegno nella fede e nell’azione creatrice della grazia di Dio. In nessun caso però la diaconia, quando è diventata istituzione, può
imporre o dispensare questi principi.
Uno spazio
da definirsi
Ecco allora che si tratta di far
girare — se si vuole, con semplice operazione di « ingegneria
mentale » — l’ottica del sistema
diaconale istituzionalizzato da un
versante puramente ecclesiastico,
almeno a livello di linguaggio, alla visione di uno spazio da definire come di formazione protestante, là dove la CIOV possa collocarsi.
In questo spazio noi riteniamo
che, senza imposizioni e dispensazione alcuna di valori ritenuti
superiori, in un modo e con una
forma che, sempre a livello di linguaggio, si potrebbero definire come laici, tutti gli uomini e le donne dotati di buona volontà possano ritrovarsi insieme e volentieri, senza problemi perché sono
comuni gli obiettivi di servizio al
prossimo che è in condizioni di
sofferenza e di necessità, nel pieno rispetto della sua personalità,
con estrema correttezza e senza
ricerca di privilegi personali di
ritorno.
Etica di servizio?
Testimonianza?
Se poi questa è un'etica di servizio che alcuni amano considerare protestante, dicendo magari a mezza voce che è anche testimonianza, ed altri invece definire semplicemente molto civile,
questo poco importa a fronte degli obiettivi raggiunti e poco importa anche, a fronte di questa
sostanza, se quanto appena detto
può essere, in definitiva, considerato come un semplice giro di parole. Nella cornice e nella sostanza di un quadro così caratterizzato, si ritiene che possa starci
dentro senz’altro e comodamente
anche un sentimento di tranquilina per tutti i fratelli in fede, addetti ai lavori e non, che temono
la così detta « escalation » del potere diaconale; noi riteniamo fermamente che una nuova « grande » CIOV resisterà con unghie e
denti alla tentazione di diventare
un centro di potere; anzi, crediamo che il problema addirittura
non si ponga, almeno in questi
termini.
Infine, se si dà per scontato, almeno all’interno di coloro che
hanno la stessa fede, che predicazione e diaconia (sermone e opere) sono ambedue aspetti della
testimonianza evangelica e nella
piena consapevolezza che il rafforzamento dell’una non possa
andare a detrimento dell’altra (e
viceversa), allora, sempre nella
sostanza di un quadro così come
finora delineato, si può ritenere
che, a livello di applicazione pratica, possa realizzarsi appieno anche l’anello di congiunzione fra
due diverse parti del discorso di
Gesù, contenuto in Matteo 25:
34-36, da alcuni ritenuto, a pieno
titolo, il manifesto costitutivo
della diaconia.
Annunzio di grazia
e azioni concrete
All’annuncio della grazia, che
è l’oggetto della predicazione
( « Venite, voi benedetti del
Padre mio, ereditate il Regno
che vi è stato preparato fin
dalla fondazione del mondo »)
segue rillustrazione, a scopo di
esempio chiaramente non vincolante e limitativo, di alcune
azioni che sono state da qualcuno
definite, con un’espressione molto bella, come gesti di semplice
umanità e non come nuovi valori
da imporre alla società civile.
Questo è anche, a nostro modesto parere, un modo di pensare
tipico di una formazione protestante.
« Ebbi fame e mi deste da mangiare. Ebbi sete e mi deste da
bere. Fui forestiero e mi accoglieste. Fui ignudo e mi rivestiste.
Fui infermo e mi visitaste. Fui in
prigione e mi veniste a trovare ».
Queste sono parole di Gesù, dette
dopo un annunzio di grazia: « Venite, voi, benedetti del Padre
mio ».
A questo allettante ordine non
si può che rispondere, prima con
l’azione e poi con l’amen e
così sia veramente per tutti coloro che hanno voglia di ereditare
il regno e che sono comunque
consapevoli, pur nello spazio fra
il sermone e l’opera in cui amano collocarsi, che la grazia di Dio
verrà sempre in aiuto alla debolezza della loro povera fede.
Giovanni Ghelli
Una trattativa
da riprendere
L'Assemblea generale dell’Unione battista, tenutasi a Santa Severa e successivamente a Roma (in sessione congiunta con il Sinodo
valdese) tra il 29 ottobre e il 4 novembre scorsi, ha espresso la sua
preoccupazione per il disegno di legge sulla libertà religiosa e ha dato mandato al Comitato esecutivo dell'UCEBI di appellarsi al Presidente della Repubblica, quale supremo garante della Costituzione.
Il presidente del CE/UCEBI, pastore Saverio Guama, ha quindi
scritto questa lettera al Capo dello Stato.
Al Presidente della Repubblica
On. Francesco Cossiga
Roma, 20 novembre 1990
Onorevole Signor Presidente,
l’Assemblea Generale dell’Unione Cristiana Evangelica Battista
d’Italia recentemente riunita in
Santa Severa ha espresso grave
preoccupazione per un disegno di
legge sulla libertà religiosa che
la stampa quotidiana del 14 settembre afferma il Consiglio dei
Ministri avere approvato il giorno prima. La preoccupazione nasce dal fatto che in una legge disegnata per la libertà di coscienza del cittadino, esisterebbe, secondo le indiscrezioni raccolte,
un paragrafo dedicato ai rapporti con le confessioni religiose. La
nostra Assemblea Generale ritiene questo particolare rapporto
essere regolato esaurientemente
da una norma costituzionale, come dimostra il fatto che, sulla
base di quella sola norma, già
alcune intese sono state firmate e
trasformate in legge dal Parlamento. L’Assemblea Generale intende rivolgersi a Lei, Onorevole
Presidente, quale supremo garante della Costituzione perché, avvalendosi del 3° comma dell’art.
87 della Costituzione della Repubblica Italiana, non autorizzi l’iter
di questo disegno di legge che, se
le indiscrezioni corrispondono al
vero, contrasta palesemente con
lo spirito e la lettera della Costituzione italiana.
In secondo luogo la nostra Assemblea Generale desidera farLe
presente che l’Onorevole Presidente del Consiglio ci aveva assicurato con sua del 7 novembre
1989 che, non appena sarebbe stato presentato al Parlamento il disegno di legge sulla libertà religiosa, si sarebbe ripresa la trattativa con le confessioni religiose in
attesa di intesa. Nonostante la
stampa quotidiana dia per certo
essere avvenuta l’approvazione
del disegno da parte del Consiglio
dei Ministri il 14.9.90 e nonostante nostra sollecitazione diretta
all’Onorevole Presidente del Consiglio in data 25 settembre 1990,
tale trattativa non è stata a tutt’oggi ripresa. Desideriamo chiederLe, dunque, di voler interporre i Suoi buoni uffici affinché
venga, anche in questo caso, rispettata integralmente T« uguale
libertà di fronte alla legge », di
cui parla il dettato costituzionale.
Certi di un Suo sollecito e fattivo intervento, sicuri che, nella situazione in cui ci troviamo, solo
la Sua alta Autorità sia in grado
sbloccare ogni remora ed ogni
tentativo non conforme alla Costituzione nei nostri confronti, ri
volgiamo questo appello alla Sua
sollecita attenzione ringraziandoLa in anticipo di quanto Ella
farà per le attese di giustizia delle minoranze di questo Paese, fra
le quali ci annoveriamo.
Si allega per conoscenza l’atto
n. 17 dell’Assemblea Generale
dell’UCEBI.
Distinti saluti e sensi di stima.
Saverio ,Guama
Presidente deH’UCEBI
La mozione
deH’Assemblea
L’Assemblea, informata del
contenuto del disegno di legge
sulla libertà religiosa che la
stampa quotidiana indica come
approvato dal Consiglio dei Ministri il 14.9.’90, esprime forte timore per le sorti dell’indipendenza e dell’autonomia della vita delle confessioni religiose in
Italia, perché dal disegno in questione traspare una concezione
inaccettabile di rapporto fra
Chiesa e Stato (che i battisti
hanno da sempre inteso come di
non ingerenza reciproca) e un
progetto di nuovo giurisdizionalismo che contrasta con il dettato della Costituzione repubblicana;
chiede aile denominazioni
evangeliche in Italia di unirsi nel
resistere al tentativo governativo, che tende a disciplinare il
« fatto » religioso introducendo,
al posto del pieno esercizio delle libertà garantito daila Costituzione, la nozione di « confessione riconosciuta »;
manifesta viva preoccupazione
per la disparità che verrà a
crearsi di fatto fra le confessioni religiose operanti in Italia, visto che una è protetta in maniera particolare dall’art. 7 della Costituzione, altre sono garantite da Intese stipulate prima
dell’entrata in vigore della nuova legge, altre non potranno o
non vorranno riconoscersi nelle
fattispecie previste dal progetto
in questione;
dà mandato al Comitato di
operare con tutti i mezzi a sua
disposizione perché sia rispettato il terzo comma dell’art. 8 della Costituzione, che prescrive che
i rapporti con le confessioni religiose siano regolati su base bilaterale pattizia, e di appellarsi
al Presidente della Repubblica coirne supremo garante della Costituzione contro ogni prevaricazione.
(approvato dalla XXXI
Assemblea Generale dell’UCEBI)
Santa Severa, 29.10 - I.I1.1990
Roma, 1 - 4.11.1990
Appuntamenti
Venerdì 14 dicembre — TORINO —
Il Centro evangelico di cultura « A.
Pascal » organizza, alle ore 20.45 precise, nel Salone valdese di c.so Vittorio Emanuele, 23 (a fianco del tempio) una conferenza del prof. Paolo
Ricca sul tema: Cristianesimo e grandi religioni: un confronto e una sfida.
Sabato 15 dicembre — MILANO —
Il Centro culturale protestante organizza, alle ore 17, presso la sala attigua alla Libreria Claudiana (via F.
Sforza, 12/a) una conferenza del prof.
Bruno Corsani sul tema: 1 vangeli dell'infanzia.
26 dicembre - 1° gennaio 1991 —
AGAPE (Prali) — Il tradizionale campo invernale ha per titolo Colonizzazione o conquista? ed è dedicato alla
scoperta dell'America.
Sono previste relazioni di José Ramos Regidor, Alfredo Somoza e altri,
studi biblici, uno spettacolo musicale,
e la riflessione « parallela » da parte
di adulti e « cadetti ».
Per informazioni, tei. 0121/807514.
4
4
vita delle chiese
7 dicembre 1990
XV CIRCUITO
Le chiese e la mafia
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Riunioni quartierali
Dare nuovo impulso aH’evangelizzazione e i
minalità organizzata: un dibattito ricco, un
mpegnarsi contro la criclima di partecipazione
Evangelizzazione e mafia sono
i due grandi temi che, per una
intera giornata, hanno appassionato a Catanzaro I’Assemblea del
XV Circuito, il 18 novembre 1990.
Vi mancava il pastore Giovanni Lento, costretto al riposo da
un infarto dal quale, grazie a
Dio, si sta rimettendo senza troppi danni. L’Assemblea ha pregato per la sua completa guarigione e gli ha inviato un saluto.
Il tema dell’evangelizzazione
si è imposto a partire da 16/SI/
'88 e 19/SI/’90 ed è stato sostanziato dal sermone del pastore
Pietro Santoro, che ha predicato
su Atti 1: 6-8. Si è subito rilevato che non dobbiamo piangere troppo sul latte versato. In
realtà abbiamo oggi molte più
possibilità che nel passato di rivolgerci al grande pubblico fuori delle nostre chiese. Possiamo
parlare attraverso la radio, la televisione, i giornali, le conferenze pubbliche, la vendita di libri
e l’attività che si svolge nei nostri centri di Bethel e Guardia
Piemontese.
Il problema non è più quello
di avere un pubblico e di sapersi organizzare per raggiungerlo.
Il problema è l’Evangelo. Si è
osservato, per esempio, che le
nostre conferenze pubbliche sono certo a un buon livello culturale, ma servono spesso a far
parlare di noi stessi invece che
di Cristo. Riprendendo una famosa frase di Vittorio Subilia,
si potrebbe dire che la gente « si
informa, ma non s’impegna ». In
realtà si tratta di ritrovare il gusto dell’incontro, del dialogo, di
affrontare insieme ad altri i problemi che affliggono la nostra
società: disoccupazione, mafia,
droga, immigrati extracomunitari. Si tratta insomma di riscoprire la gioia di vivere l’Evangelo
nella comunità e nella città, ricordandosi che nella chiesa primitiva era soprattutto I’amore
fraterno dei cristiani quello che
impressionava e attirava l’attenzione su Cristo: « Vedete come
si amano! ». Si tratta poi di riuscire a trasmettere l’Evangelo alle nuove generazioni in modo che
diminuisca il numero dei cristiani di tradizione e aumenti quello dei cristiani di convinzione.
Non bisogna dimenticare che l’evangelizzazione che dà i migliori risultati resta sempre quella
della testimonianza da persona
a persona.
Il tema della mafia si è posto
a partire da una lettera del pastore Salvatore Rapisarda che rilevava la fiacchezza della reazione delle nostre chiese al clima
di violenza che si respira in Sicilia e in Calabria. La sua proposta era di organizzare una settimana di riunioni di preghiera
per chiedere pubblicamente a
Dio quello che i nostri comunicati e le nostre prese di posizione non riescono ad ottenere.
Alla lettera di Rapisarda si è
aggiunto un intervento scritto
del pastore Giovanni Lento, intervento che è piaciuto fin dall’inizio, con la riserva che non
è giusto attribuire soltanto alla
cultura cattolica la causa principale della nascita e dello sviluppo della mafia.
Lento ha ragione, tuttavia,
quando dice che la mafia è attecchita e si è sviluppata « in
virtù della sua simbiosi con le
varie espressioni del potere » in
Italia e che « nessima protesta e
nessuna dimostrazione l’ha mai
intaccata » e che contro di essa
non valgono « le marce penitenziali alle quali i mafiosi sarebbero i primi a partecipare ».
In un paese in cui ci sono « uomini di potere intoccabili, che
sono sempre gli stessi da 50 anni », con « scandali e ladrocini a
catena (dai traghetti d’oro alle
carceri d’oro), stragi e delitti misteriosi ed insondabili, disoccupazione crescente, giovani senza
prospettiva per il domani » e situazione che « riflette un’anima
mafiosa », dove « la mafia si nutre di mafia », non serve « organizzare veglie, marce, coprire tutti i muri d’Italia di manifesti
antimafia, ecc. L'azione audace e
incisiva sarebbe nel fare nomi
precisi. Ma anche questo non serve finché ci sarà « l’impossibiiità di accedere a un diritto senza raccomandazione e la mediazione dei partiti che sono il riflesso, sul piano sociale, di una
educazione religiosa secolare
fondata sulla mediazione e sulla gerarchia ».
Salvo la riserva critica — ricordata più sopra — tutti gli interventi sono stati di apprezzamento di quanto scritto da Lento. Si è persino chiesto di stamparlo per farlo conoscere a un
pubblico più vasto e diffonderlo nelle scuole. Insomma l’Assemblea si è riconosciuta nel documento Lento.
La situazione è cambiata quando Giambarresi ha presentato all’Àssemblea il testo di una confessione di peccato. La mafia nasce infatti in un terreno in cui
la legge di Dio non vale più e
non vale più neppure la voce della coscienza. Vale solo la legge
del più forte e la legge del proprio tornaconto e del proprio in
CORPO PASTORALE
Comunicato
Nella seduta del 24 agosto 1990 il Corpo pastorale (CP)
ha discusso la bozza di una nuova « liturgia di consacrazione
al ministero pastorale » presentata dalla Commissione per il
culto e la liturgia (CCL). Ricordo ai membri del CP che al
termine della discussione si è deciso:
— che eventuali proposte di modifica al testo base della CCL
dovranno essere fatte pervenire al coordinatore della Commissione, past. Gino Conte, via Manzoni 21 - Firenze, entro il 31.12.’90;
— che nessun intervento sarà preso in considerazione oltre
tale data;
— che la CCL rielaborerà il testo sulla base del verbale della discussione e degli emendamenti che giungeranno entro
il termine detto;
— che ai pastori sarà inviata la bozza definitiva in vista del
voto (su eventuali emendamenti non accettati dalla CCL
e quindi sul testo definitivo), che avverrà nel CP dell’agosto 1991.
Franco Giampiccoli
Presidente del Corpo pastorale
Roma, 28 novembre 1990
teresse. L’Evangelo diventa l’annuncio della grazia a buon mercato di cui parlava Bonhoeffer
e ognuno si autogiustifica, qualunque cosa faccia. Ai nostri
giorni persino noi evangelici abbiamo imparato a distinguere
tra comandamento e comandamento. Basta vedere cosa valgono per molti di noi certi comandamenti, come la santificazione del giorno del riposo o il
rispetto dovuto ai genitori, e altri. Perché poi meravigliarsi se
anche i mafiosi distinguono tra
comandamento e comandamento e considerano superati certi
comandamenti come il « Non uccidere »?
Possiamo negare di aver contribuito — sia pure nel nostro
piccolo — alla formazione di
quell'anima mafiosa di cui parla
Lento nel suo intervento? Ma anche se proprio non fossimo responsabili di nulla non potremmo negare di essere comunque
solidali con ciò che accade nell'ambiente in cui viviamo.
Non possiamo dimenticare la
parabola del fariseo e del pubblicano. Con un minimo di coscienza evangelica dovrebbe essere assai difficile per noi continuare a fare dichiarazioni e marce e preghiere che ci mettono
dalla parte dei giusti contro i
peccatori.
Ma la proposta di confessione
di peccato ha suscitato in Assemblea delle reazioni tra meraviglia
e sconcerto: « E perché proprio
noi evangelici della Calabria e
di Messina dovremmo fare una
tale confessione di peccato? ».
« Noi, come evangelici, abbiamo
sempre lottato contro la mafia ».
La proposta di confessione di
peccato è stata pertanto respinta con tre soli voti favorevoli,
8 contrari e 14 astenuti.
L’Assemblea si è conclusa dopo aver votato un o.d.g. sulle finanze e dopo aver ascoltato la
relazione di Milaneschi sull’Assemblea-Sinodo di Roma.
S. G.
ANGROGNA — Con dicembre
inizia il secondo ciclo di riunioni
quartierali. Questo il calendario
delle riunioni: martedì 4 Jourdan (ore 20); mercoledì 5 Pradeltorno (ore 20); giovedì 6
Baussan (ore 20.30); lunedì 10
Capoluogo (ore 20); martedì 11
Martel (ore 20); giovedì 13 OdinBertot (ore 20); lunedì 17 Serre
(ore 20); martedì 18 Buonanotte (ore 20); giovedì 20 PrassuitVernè (ore 20.30).
Il tema di 'questo ciclo sarà:
Il battesimo nella prospettiva
battesimo dei bambini/battesimo dei credenti.
Studiamo la mappa
FRALI — Le riunioni quartierali del mese di dicembre avranno il seguente calendario: martedì 11 (Malzat); mercoledì 12
(Orgere); giovedì 13 (PomieriGiordano); martedì 18 (Ghigo).
Il tema delle riunioni sarà uno
studio della « mappa del I Distretto », elaborata dalla CED e
presentata alla scorsa Conferenza distrettuale.
Mostra di Amnesty
PINEROLO — In occasione del
bazar nel pomeriggio di sabato
8 dicembre nei locali di via
dei Mille, sarà allestita, a cura
di Amnesty International, una
mostra fotografica sulla situazione dello Sri Lanka.
Bazar
VILLAR PEROSA — Sabato 8
dicembre, dalle ore 14.30, presso il Convitto, si terrà il bazar
organizzato dall’Unione femminile.
Unione femminile
VILLASECCA — Come sempre
l’Unione femminile si incontra il
secondo giovedì del |mese alle
14.30 nella saletta ai Chiotti. Per
UN LAVORATORE DELLA CHIESA
Il pastore Emilio Ganz
Me lo vedo, quasi coetaneo,
studente-agricoltore frequentando i corsi della Scuola normale
di Torre Pellice. Oltre allo stùdio doveva falciare i prati vicino al Pellice, poi portare il fieno a casa su un carretto trascinato dall’unica mucca od ancora, dopo aver vendemmiato tre
lunghi filari, torchiare perché il
nonno, il fotografo Bert, avesse
il suo vino. Valdese da parte della madre (i Bert erano originari dell’alta vai Chisone) era svizzero da parte del padre, che non
ha conosciuto dato il divorzio
dei genitori. La sua infanzia è
stata quindi dura.
Ottenuta la licenza magistrale
ha offerto la sua attività alla
Missione svedese che allora aveva maestri ed evangelisti in Eritrea, colonia italiana. Sempre
parlava della gioia avuta quale
direttore di scuole fra gli eritrei,
ma le difficoltà politiche e dell’Eritrea e della Missione lo ricondussero nelle Valli, rimanendo al servizio della Chiesa valdese.
Avendo accettato la designazione della Tavola valdese per il
distretto rioplatense, lo ritrovai
in Uruguay dopo molti anni: da
amico di infanzia era ormai collega in attività ecclesiastiche, avendo quale primo incarico l’organizzazione in comunità dei numerosi valdesi del nord argenti
no che vivevano disseminati in
una vastissima diaspora. Attorno alla chiesetta del « Sombrerito » si riunì un consistente numero di membri di chiesa. Chiamato in Uruguay dove la consorte stava dirigendo ed organizzando la casa per anziani neocostituita, fu a lungo pastore di
Colonia Cosmopolita accanto ai
pastori emeriti Bounous e Beux.
Nel distretto lavorò intensamente per la cultura: libreria Morel. Società di studi valdesi. Dopo la seconda guerra mondiale
parecchi valdesi volevano emigrare dall’Italia in Uruguay e fu
Ganz che ottenne dal governo i
visti di entrata, ottenne i primi
sussidi, si occupò del collocamento dei nuovi arrivati.
Ganz ufficialmente era « evangelista » ed il corpo pastorale
sudamericano chiese che fosse
consacrato « pastore », dato che
di fatto lavorava come gli altri
pastori del distretto. Tornato in
Italia per passare la vecchiaia nel
paese dell’infanzia, rijmase molti anni a Torre Pellice, poi alcuni anni a Lugano, per tornare in Italia (Casa delle diaconesse, poi Casa per anziani di San
■Giovanni) alla vigilia della sua
partenza. Emilio Ganz: un umile lavoratore; la chiesa gli dice:
grazie.
Guido Rivoir
il 13 dicembre è stata invitata
l’Unione femminile di Bobbio Pellice.
Ci si rallegra di questo scambio tra la vai Pellice e la vai
Germanasca. La signora Nella
Tron Menusan di Chiotti presenterà una breve meditazione biblica. Dopo il lavoro comune il
dialogo continua durante il tradizionale tè. Tutte le sorelle delle due comunità sono cordialmente invitate.
RICORDO
Jolanda
Monnet
Jolanda Monnet ci ha lasciati.
Il suo cammino, così faticoso
durante gli ultimi tempi, si è
concluso. Ma di lei resta un profondo ricordo in quanti rha,nno
conosciuta, poiché la sua vita è
stata ricca di attività, di lavoro,
di fede.
Duramente provata, durante le
due guerre mondiali, nei suoi
affetti familiari, ha vissuto la vita dell’ex Orfanotrofio valdese di
Torre Pellice, prima come ospite, poi come assistente. E noi
la ricordiamo soprattutto in .questo lavoro, da lei svolto per decenni con grande umiltà e dedizione e con un profondo affetto per quelle « orfanelle » (come si diceva un tempo), che accompagnava a scuola, al culto,
per le quali si prodigava a fianco della signorina Fini e di Edith
Coisson, volendo dar loro ii. calore di una famiglia, da lei stessa perduto.
Terminato il lavoro alTOrfanotrofio, Jolanda fu impiegata presso rufficio tecnico della Tavola
valdese, sempre attiva con grande modestia, fino a che le forze glielo hanno consentito, presente ancora al Sinodo scorso
malgrado le sue difficoltà di salute. I suoi amici vogliono ricordarla nei suoi ¡momenti più
sereni quando, assidua coralista
dalla fine della guerra, partecipava gioiosamente al canto, entusiasta nelle gite, presente ad
ogni manifestazione. Schiva, talora brusca per non rivelare la
propria sensibilità, Jolanda amava vivere la sua fede profonda
senza tante parole, nel suo intimo, come per una sorta di pudore, ma facendone la propria
forza e il proprio scudo.
L’abbiamo salutata in un luminoso pomeriggio, tra i fiori
che lei amava tanto, sotto le sue
montagne già innevate, che parlano di serenità e di pace, al di
là di ogni sofferenza terrena.
Elena Ravazzini
Giovedì 6 dicembre
□ COLLÉTTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Il gruppo Si ritrova alle ore 20.45 presso il Centro
d’incontro per proseguire lo studio del
Deuterononnio.
Lunedì 10 dicembre
n COORDINAMENTO
GIOVANI 1° DISTRETTO
PINEROLO — Alle ore 20.30, presso
i locali della chiesa valdese in via dei
Mille 1, la giunta FGEI valli convoca
il coordinamento giovanile distrettuale
sul tema: crisi del Golfo, Palestina,
crisi mediorientale.
5
7 dicembre 1990
vita delle chiese
IL PASTORE DEGLI STUDENTI
Valdo Vinay
Un predicatore appassionato che seppe trasmettere ai più giovani il
suo entusiasmo per la teologia, la ricerca, il ministero pastorale
L’ultima volta che l’ho visto
fu proprio un anno fa, nel suo
spartano appartamentino nella
Facoltà valdese, in occasione di
un’intervista che gli feci su vari problemi di natura ecumenica. Quella volta fu per me ima
occasione preziosa di parlare a
lungo con Valdo Vinay. Benché
fisicamente provato dalla malattia era sempre lui, il lottatore
che avevo conosciuto più di vent’anni prima sui banchi della Facoltà valdese.
Vinay non è stato solo un nostro grande professore di statura internazionale (ho potuto
particolarmente apprezzarlo nel
modo puntuale e vivace con il
quale ha seguito il mio lavoro
di tesi) ma è stato, o comunque
ha cercato di essere il pastore
degli studenti in teologia. Ricordo adesso, dopo aver appreso
da poche ore della sua scomparsa, una mia crisi personale nei
primi mesi dello studio teologico. Ero deciso a [mollare tutto;
tutte quelle lezioni mi sembravano troppo astratte, il mondo
di via Pietro Cossa mi pareva
un mondo assurdo, per le strade e all’università si stava rivoluzionando il mondo (era il 1968)
e noi stavamo lì chiusi in quell’austera aula ad imparare a memoria la composizione del Con
cilio di Trento... Parlammo nel
suo salottino, credo, per un intero pomeriggio; seppe, con calma e numerosi argomenti biblici, ridarmi fiducia. Mi fece insonfina capire come le difficoltà, anche grosse, siano parte costitutiva dell’itinerario pastorale, e la prima di queste è il passaggio da una fede ingenua e
forse un po’ biblicista ad una
fede che sa strutturarsi teologicamente in modo nuovo proprio
perché legge la Bibbia in chiave scientifica.
Una volta ogni tanto Vinay invitava gli studenti a casa per
un po’ di pizza ed un bicchiere
di vino ed in quelle occasioni
ci si scioglieva un tantino. Altre
volte il nostro professore ci trascinava nelle predicazioni alle
comunità del basso Lazio, particolarmente a Colleferro.
E’ stato un predicatore appassionato e convincente dell’Evangelo, proprio come ognuno di noi
desidererebbe diventarlo. Nel
suo annuncio, privo di fronzoli
e noiose ripetizioni, sapeva andare subito al cuore del messaggio che ha orientato tutta la
sua lunga vita di credente e di
studioso. Spesso mi è capitato
di non condividere alcune sue
valutazioni. Ma Vinay amava gli
studenti indipendenti che gli fa
cevano perdere un po’ di tempo perché per lui si trattava di
scendere, con molta determinazione, sul terreno appassionante
del confronto con le giovani generazioni.
Seguì la preparazione di tante generazioni di pastori sia sotto il profilo omiletico e storico,
sia dell’impostazione generale
della vita. Certo non con tutti e
allo stesso modo il dialogo è stato intenso e proficuo. Ma quello
che lui ci ha trasmesso diventa
per noi — riflettendo sulla ricchezza culturale e spirituale che
ci lascia in consegna — un motivo in più per vivere con rinnovata dedizione e serietà il ministero pastorale. Sì, Vinay era
austero, serio, perennemente piegato sulle « sudate carte », ma
c’era un Vinay che sapeva ridere e che aveva un raro senso
dello humour.
Nella vasta schiera di testimoni che ci lasciano lo ricorderò
soprattutto come pastore di
queireterogeneo drappello che
sempre è la comunità degli studenti in teologia. Avere cura ed
amore di loro oggi significa cogliere aspetti importanti dell’indimenticabile lezione di Valdo
Vinay, testimone dell’Evangelo
di Cristo nel nostro tempo.
Giuseppe Platone
UNA COLLABORAZIONE INTENSA
Vinay e la Facoltà di teologia
Un binomio inscindibile, che per cinquantanni ha significato attività scientifica e potenziamento - Un servizio come impegno globale
Il nome di Valdo Vinay è collegato a quello della Facoltà in
im binomio inscindibile. Fu nominato professore incaricato di
Storia del cristianesimo nell’estate del 1940, incarico poi reso
definitivo nel 1941: succedeva a
Giovanni Miegge, che aveva dovuto ritirarsi momentaneamente
dal serrdzio attivo.
Nel 1950, con l’emeritazione di
Ernesto Comba, prese la carica
di decano, che tenne fino al 1959
e poi di nuovo a rotazione con i
colleglli.
1-a causa della Facoltà diventava la ragione di vita di Valdo
Vinay. Se nei primi armi di insegnamento si dedicò soprattutto al lavoro storico, presto si
rese conto che era necessario potenziare il lavoro della Facoltà
per il bene delle chiese evangeliche in Italia e per la causa dell’Evangelo nel nostro paese. Questo potenziamento sarebbe dovuto avvenire in primo luogo cercando di inserire la Facoltà nel
giro delle Facoltà teologiche europee e facendola conoscere nell’ambiente universitario statale
(e cattolico) del nostro paese. A
questo fine contribuirono diverse misure, peraltro pensate e
messe in cantiere anzitutto per
il bene degli studenti e della
chiesa:
— l’invito rivolto a illustri docenti protestanti di università
straniere (ricordiamo per tutti
il prof. Cullmann, che per circa
due decenni prestò la sua opera ogni primavera per alcune settimane, e il iprof. Molnàr, che
vi soggiornava ogni due anni);
— l’apertura della Facoltà alla collaborazione di studiosi evangelici italiani a titolo di professori incaricati (ricordiamo
Giovanni Gönnet e Giorgio Peyrot, poi in tempi più recenti Sergio Bianconi e altri) o come docenti ospiti (Augusto Armand
Hugon, Giorgio Spini, Luigi San
tini e. altri);
— lo sviluppo della biblioteca interessando una falange di
amici all’estero, tanto da triplicare il numero dei volumi posseduti e da fare della biblioteca
un servizio aperto anche agli studiosi dell'università italiana e degli atenei cattolici;
— l’incoraggiamento ai professori ordinari a curare, accanto all'insegnamento, la ricerca,
in modo da potersi rendere presenti sul piano nazionale e intemazionale con le loro pubblicazioni e con gli interventi a
convegni e manifestcìzioni culturali;
— la fondazione, neH’immediato dopoguerra, del Centro evangelico di cultura, di cui Vinay era il segretario, per avvicinare alla Facoltà persone di
ogni settore della cultura e anche della vita sociale e politica.
Attraverso tutte queste vie Vinay sviluppò la sua strategia di
potenziamento della Facoltà, senza mai sacrificare a quest’attività promozionale la sua opera
di studioso, che ne fu anzi una
parte importantissima, specialmente per le sue ricerche e pubblicazioni sulla Riforma (dal volume di Scritti religiosi di Martin Lutero, Bari 1958 a La Riforma protestante, Brescia 1970,
Ecclesiologia ed etica politica in
Giovanni Calvino, Brescia 1973 e
Le Confessioni di fede dei Vaidesi riformati. Con i documenti
del dialogo fra la «prima» e la
«seconda» Riforma,Torino Ì975)
e sull’opera di evangelizzazione
in Italia e il suo quadro storico
(Ernesto Buonaiuti e l'Italia religiosa del suo tempo, 1956; Evangelici italiani esuli a Londra durante il Risorgimento, 1961; Luigi Desanctis e il movimento
evangelico fra gli italiani durante il Risorgimento, 1965, tutti
nella « Collana della Facoltà valdese di teologia », da lui fonda
ta presso l’editrice Claudiana;
infine, sempre presso la Claudiana, la Storia dei valdesi, voi. HI 1848-1978).
L’appartenenza di Valdo Vinay
a diversi organismi ecumenici a
livello mondiale (come la Commissione « Fede e Costituzione »)
e a livello nazionale costituì un
altro apporto indiretto per l’inserimento della Facoltà nella
problematica più significativa
del nostro secolo.
A questo servizio vocazionalmente inteso come impegno globale di tutta la sua vita Vinay
sacrificò non solo il suo tempo,
ma anche la sua salute. Rigorosissimo con il dovere, esigente
con tutti ma soprattutto con se
stesso, non si risparmiò mai per
non sacrificare neppure ima frazione del progetto ideale che attraverso la Facoltà e la formazione pastorale mirava alla migliore conoscenza e comprensione dell’Evangelo del nostro paese. Ma sapeva sempre trovare un
po’ di tempo per seguire gli studi dei suoi figli, fosse anche a
costo di un più lungo lavoro notturno di ricerca e di macchina
da scrivere.
Rimasto solo, Vinay ha voluto
essere nei suoi ultimi anni ospite della Facoltà, e fino alla scorsa primavera ha partecipato ai
suoi momenti di preghiera quotidiana. La sua morte, avvenuta
in via Pietro Cossa. è simbolo
di quell’amore intenso per il nostro istituto e per la sua funzione, amore che non è venuto meno con l’emeritazione (raggiunta nel 1976). La Facoltà valdese
saluta con rispetto e riconoscenza questo servitore della Parola,
che ha speso tutto se stesso nel
ministero al quale era stato chiamato. « Beati i morti che muoiono nel Signore... Si riposano delle loro fatiche e le loro opere li
seguono » (Apocalisse 14: 13).
Bruno Corsani
LA MIA FEDE
Sono valdese
Una ricerca incessante della fedeltà al
compito di predicare ovunque il Vangelo
Sono valdese con Valdo di
Lione e i Pauperes Chisti, suoi
discepoli. Essi volevano richiamare la chiesa del loro tempo
alla necessità di uña viva predicazione del Vangelo al popolo e ad una vita conforme a
questo Vangelo. Essi stessi presero a predicare il Vangelo del
Regno ai poveri, accentuando
in particolare le parole del Signore nel Sermone sul monte.
Vollero vivere le parole che
predicavano e nudi seguirono
un Cristo nudo. Furono nemici dì ogni violenza e di ogni
spargimento di sangue. Vollero
un rinnovamento evangelico
della Chiesa di Cristo.
Sono valdese con i Valdesi
che nel sec. XVI accettarono
la Riforma e la sua predicazione della salvezza per grazia mediante la fede.
Questo Vangelo paolino avrebbe dovuto integrare la
predicazione fondata essenzialmente sul Sermone del monte
e i radicalismi del Vangelo.
Con la Riforma essi tolsero
Maria e i santi dagli altari,
ponendoli nel luogo che ad essi
conveniva, cioè in seno alla comunità dei credenti, che l’apostolo Paolo chiama Chiesa dei
Santi.
Sono valdese con Barthélemi
Héctor, umile diffusore delle
Sacre Scritture e perciò condannato alla forca e al rogo nel
1555 a Torino.
Sono valdese con Giaffredo
Varaglia e con Giovan Luigi
Pascale, i quali per la predicazione del Vangelo furono condannati al rogo, il primo nel
1558 in piazza Castello a Torino, l’altro a Roma nella piazzetta di Castel S. Angelo nel
1560.
Non sono valdese con Enrico Arnaud e i suoi uomini, i
quali col pretesto di « ristabilire il Regno di Dio » nelle Valli
uccidevano i prigionieri di
guerra e massacravano la popolazione cattolica.
Approvo i Valdesi che hanno
chiamato le loro parrocchie
chiese, cioè comunità riformate
o valdesi nell’ambito della chiesa cristiana universale. Ritengo che abbia errato il Sinodo
del 1859 costituendo la denominazione « Chiesa Valdese ».
Sono valdese con quelli che
nel Sinodo del 1855 hanno dichiarato: « Il Sinodo, desiderando prevenire ogni malinteso
sul carattere dell’opera di evangelizzazione fatta dalla Chiesa
Valdese, dichiara all’unanimità: Il solo scopo della Chiesa
Valdese nell’annuncio del Vangelo fuori dal suo ambito è di
obbedire all’ordine del Signore:
’’Predicate il Vangelo ad ogni
creatura” e di condurre le anime alla conoscenza e all’obbedienza di Gesù Cristo. Di conseguenza essa non ha alcuna
pretesa d’imporre loro la sua
forma ecclesiastica » (art. 25).
Seguendo questa dichiarazione
sinodale la missione dei Vaidesi in Italia non può essere
che quella di predicare il Vangelo al popolo cattolico per
esortarlo ad una maggiore fedeltà alla Parola di Dio. Soltanto con questa predicazione
disinteressata essi possono tor
II pastore Vinay fotografato
insieme ai nipotini.
nare ad essere un movimento
per il rinnovamento della chiesa come il valdismo primitivo.
La possibilità di questa predicazione è immensamente accresciuta dopo il secondo Concilio Vaticano. Oggi tutte le
porte sono aperte, il popolo è
ben disposto all’ascolto di
un’autentica predicazione cristiana. Questa predicazione dev’essere svolta in molte forme,
in tutte le sfere della vita e
dell’attività del popolo.
Sono valdese con mio fratello Tullio, che ha ben compreso
l’ampiezza di questa missione
secondo la confessione di fede
di Barmen 1954. Non vi è nessuna sfera della vita umana
nella quale il Vangelo non
proietti la sua luce: nella politica, nell’economia, nella sociologia, anche nella scuola. Egli
è stato l’unico nella storia valdese che abbia saputo predicare Cristo nel Parlamento italiano, mostrando come il Vangelo
possa illuminare di una luce
nuova anche i problemi politici
più difficili, se gli uomini hanno occhi per vedere.
Se crediamo di dover predicare la Parola di Dio in seno
al popolo cattolico, dobbiamo
anche umilmente riconoscere
che la Chiesa Cattolica ha da
insegnarci e ricordarci alcune
cose. Anzitutto penso alla celebrazione della Cena del Signore. Gesù non l’ha istituita come memoria del Suo sacrificio
affinché la celebrassimo alcune
volte l’anno, essa deve fare parte integrante del culto cristiano. Inoltre la Chiesa Cattolica
ci ricorda il significato della
Tradizione. Questa ci dice
(spesso l’abbiamo dimenticato)
che la Chiesa antica con Giovanni Crisostomo e Aurelio
Agostino è la nostra chiesa, che
la chiesa medievale, con Benedetto da Norcia, Francesco
d’Assisi, Anseimo di Canterbury e Tommaso d’Aquino è la
nostra chiesa. Tutte le divisioni
che sono venute in seguito sono divisioni molto sofferte, ma
non riconosciute da Dio. Quando Egli manda i Suoi profeti e
lo Spirito Santo non tiene conto delle molte denominazioni
ecclesiastiche.
28 agosto 1987
Valdo Vinay
6
Spirito Santo,
trasformaci e santificaci
ASSEMBLY
RRA 1991
Ezechiele 37: 1-14
I Giovanni 4: 1-16
Marco 1: 4-13
«Abbattimento e riedificazione»: questo è l’argomento della profezia di Ezechiele. I suoi temi sono il giudizio e la clemenza, la distruzione e la ricostruzione. Il
Dio che disperde è anche il Dio che raduna; il Dio che toglie la vita è anche il Dio
che la restituisce.
Le ossa secche simboleggiano Israele. Un
popolo in esilio, che ha perduto il proprio
paese, il proprio tempio e la propria storia.
Parlando in termini umani, Israele non ha
futuro: è ridotto ad un mucchio di ossa, e
le ossa sono « molto secche ».
Nella visione di Ezechiele, la rivificazione si svolge in due fasi. Egli parla alle ossa e porta ad esse « la Parola del Signore ».
Ma il risultato è soltanto un parziale ritorno alla vita. Ci sono, sì, dei corpi interi,
ora, ma in essi non c’è la vera vita. Dio
chiede ad Ezechiele di rivolgersi allo Spirito, l’alito che dona la vita: quando egli lo
fa, i corpi non soltanto ritornano in vita,
ma sono in grado di alzarsi in piedi (versetti 9-10). Non si tratta solamente della
risurrezione di alcune persone ma di una
intera comunità: « un esercito grandissimo». Il messaggio è chiaro: «Metterò il
mio Spirito in voi e voi vivrete » (v. 14).
Vivi, non solo come individui isolati, ma
come comunità trasformata.
Il punto di vista del profeta è quello della trasformazione. Trasformarsi significa
tanto cambiare la forma quanto la sostanza
ed il carattere. In termini neotestamentari
significa abbandonare la vecchia vita e diventare « uomini nuovi » (Col. 3: 9-10). Significa diventare una « nuova creazione »
(Gal. 6: 15).
Santificare significa rendere santo. « Siate santi — chiese il Signore di dire al popolo di Israele — perché io sono santo, io,
il Signore vostro Dio ». Ma noi, da soli,
non possiamo perdere la nostra vecchia natura o assumerne una nuova. Noi non possiamo da soli diventare santi. Solo lo Spirito Santo può trasformarci e santificarci.
Il Nuovo Testamento reca testimonianza
al nuovo patto che Dio ha stabilito con noi
in Cristo Gesù. Noi siamo resi nuovi, trasformati e santificati tramite la nostra accettazione del nuovo patto, ed è lo Spirito
che rende possibile questa trasformazione.
11 battesimo di Gesù segna una tappa
cruciale nel nuovo patto che Dio ha stabilito con noi. Gesù inaugura la nuova creazione ed è significativo che Marco inizi il
suo resoconto del ministero terreno di nostro Signore con la storia del suo battesimo.
L’immersione era un rito tradizionale di purificazione nelle antiche religioni. Il battesimo amministrato da Giovanni era nel contempo un’espressione di pentimento ed un
segno di purificazione morale. Gesù probabilmente lo accetta come un atto di solidarietà con il suo popolo, una confessione vicaria di peccato, allo scopo di compiere
tutto ciò che la giustizia salvifica di Dio richiede (vedi Matteo 3: 15). 11 battesimo
di Gesù annuncia così la nuova elargizione,
l’era messianica.
Concludiamo con questo numero la pubblicazione degli studi biblici
in vista dell’Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese, che si terrà
a Canberra (Australia) nel febbraio prossimo. Come rispondiamo all’opera dello Spirito? Questa la domanda che si coglie nelle righe di questo
studio.
Lo Spirito che volteggiava sulle acque al
momento della creazione « nel principio »,
ora, all’inizio della nuova creazione, discende su Gesù in forma di colomba. E si ode
una voce dal cielo, la voce stessa di Dio,
che stabilisce la divinità della persona e della missione di Gesù. I versetti che stiamo
studiando sono stati rettamente definiti come uno dei principali passaggi trinitari della Bibbia.
Gesù è visto, per usare un’espressione familiare, come il « nuovo Adamo »; introduce il nuovo ordine e ne è egli stesso la primizia (1 Cor. 15: 20-23). Facendosi battezzare — nel medesimo tempo — inaugura e
partecipa direttamente della nuova elargizione. Nessuna meraviglia dunque che il
battesimo, nella storia della chiesa, sia strettamente collegato alla nuova creazione, alla
trasformazione e alla santificazione, sottolineando la nostra entrata nella comunità di
fede, il corpo di Cristo investito di potenza dallo Spirito.
Lo Spirito Santo ha investito Gesù del
suo ministero. Egli è ora l’Unto del Signore,
il Cristo.
Noi abbiamo iniziato questa serie di riflessioni bibliche confessando, con le parole del Simbolo niceno, la nostra fede nello
Spirito Santo. Ci siamo quindi rivolti allo
Spirito per il bene dell’intera creazione, pregando perché essa possa essere rinnovata.
Affermando che lo Spirito è la sorgente di
ogni vita, abbiamo pregato che tutta quanta
la creazione possa essere sorretta. Essendo
lo Spirito, unica fonte di verità, il solo a
poterci rendere liberi, abbiamo pregato di
poter essere resi liberi per servire ed amare.
L’unione comunitaria è il dono dello Spirito Santo, e noi abbiamo pregato di essere
riconciliati con Dio e con l’uomo. Ed ora
chiediamo allo Spirito di trasformarci e di
santificarci. Ma come possiamo riconoscere
lo Spirito? Come facciamo a distinguere tra
lo Spirito Santo, che è il dispensatore della
vita, e gli spiriti che abbassano e corrompono la vita umana? Noi leggiamo in Marco
1 che, dopo il battesimo di Gesù, lo Spirito « lo spinse nel deserto » (v. 12). Pochi
versetti più in là leggiamo che Gesù rimprovera « uno spirito maligno » (v. 23-26).
Come facciamo, di nuovo, a distinguere tra
lo Spirito Santo e gli spiriti maligni e malvagi?
Giovanni pone questa importante questione del riconoscimento degli spiriti nel
passaggio che noi stiamo studiando. In generale le lettere di Giovanni sono di natura pastorale. La sua preoccupazione è quella di confermare i cristiani nella fede in
Cristo. Ma qui egli li mette in guardia dai
« molti falsi profeti », dallo « spirito dell’anticristo » e dallo « spirito della menzogna ».
Il criterio di discernimento di Giovanni
è il seguente: se uno « riconosce pubblicamente che Gesù è il Cristo che si è fatto
uomo, ha lo Spirito di Dio ». Solo lo Splri
to ci fa capaci di rendere questa confessione. Come ogni altra confessione di
fede questa è anche un impegno di vita, con un profondo significato sociale.
Essa ci permette di amarci gli uni gli altri.
Noi dobbiamo amarci gli uni gli altri, dice
Giovanni, non solamente perché l’amore fa
parte della natura di Dio, (Dio è amore,
V. 8), ma anche perché l’amore di Dio è
stato manifestato nella storia attraverso
l’amore — capaee del dono di sé — del figlio di Dio (v. 10). Per questo, nel momento in cui ci amiamo gli uni gli altri, noi
manifestiamo chiaramente l’amore di Dio
(V. 12).
E’ lo Spirito Santo che, trasformandoci
e santificandoci, ci rende capaci di amarci
gli uni gli altri. La nostra vita comunitaria,
di servizio e di amore per gli altri, testimonia la presenza dello Spirito rispettivamente
nelle nostre chiese, nelle nostre eomunità
e nelle nostre vite.
Gesù Cristo è il dono che Dio ha fatto a
noi. Egli è il rinnovamento; in lui noi vediamo l’ambito e la meta dell’opera rinnovatrice di Dio. Lo Spirito Santo, che apre i
nostri occhi perché vedano questa nuova
realtà, ci permette di essere coinvolti, con
Cristo e come Cristo, in quest’opera rinnovatrice. La nostra preghiera è anche un atto di impegno.
La chiamata a parlare
1 problemi che oggi si trovano di fronte
le chiese del Pacifico meridionale sono costituiti dall’oppressione delle multinazionali,
dagli esperimenti nucleari con i loro effetti
sull’ambiente, dalla militarizzazione della
regione e dalla lotta per l’indipendenza politica e l’autodeterminazione.
La loro maggiore preoccupazione dovrebbe essere il modo di vivere ¡’Evangelo oggi.
E’ difficile capire perché le chiese continuano a tacere di fronte a queste ingiustizie. Possono essere date due spiegazioni: la
mancanza di informazione e una teologia
conservatrice e fondamentalista.
L’invito al ravvedimento di Giovanni il
Battista rivolge una parola forte alle chiese
del Sud Pacifico oggi. Abbiamo bisogno di
cambiare il nostro atteggiamento e di mutare la nostra impostazione teologica: così
potremo smettere di ridurre il Vangelo ad
una questione di salvezza personale, affinché sia libero di operare per il bene di tutti quanti sono sofferenti, malati, eiechi, soli,
confusi, poveri, oppressi, ignoranti. Noi abbiamo bisogno del potere di trasformazione
e santificazione dello Spirito Santo che Gesù dona alla chiesa.
Non è forse vero che se la chiesa, come
Gesù, si fosse impegnata con tutto il suo
cuore per gli scopi di Dio — amare e avere
cura del bene di tutti e dell’intera creazione
— il suo pensiero sarebbe diventato più attento, le alternative e le possibilità sareb
bero state messe più facilmente a fuoco e
le tentazioni si sarebbero palesate con maggior forza ed evidenza?
Puafìtu Faa’afo, TUvalu
Una preghiera alla
Santa Trinità
Nel deserto delle nostre anime pietrificate, senza né ombra né acqua,
appare Giovanni il Battista, che ci
invita al ravvedimento e a volgere lo
sguardo verso l'Agnello di Dio che si
fa carico dei nostri peccati. Quindi il
Signore appare, santificato dallo Spirito del Padre e benedetto dalla sua
voce. Adoriamo la Santa Trinità per
la salvezza che il Cristo ci ha portato.
Padre Santo, ci hai tratto dal deserto dei nostri peccati per condividere il tuo regno eterno. Aiutaci, tramite il potere del tuo Spirito, a vivere alla tua presenza.
Figlio Santo, con la tua umiltà hai
benedetto le acque del Giordano; benedici le nostre vite e manda il tuo
Santo Spirito affinché dimori con
noi e ci rinnovi dalTinterno.
Spirito Santo, purifica i nostri corpi, santificaci, e fai di noi un tempio
dove tu possa dimorare per sempre.
Trinità Santa, benedici il nostro
stare insieme nel tuo nome. Liberaci
dal maligno, conducici alla tua verità e rinnovaci a tua immagine e somiglianza, perché tu sei la fonte e la
meta della nostra vita. Amen.
Qais Sadiq, Libano
Domande per
la discussione
1. Al momento del battesimo riceviamo
lo Spirito Santo, siamo ammessi alla comunità di fede e diventiamo eredi di una speranza per l’oggi e per il domani. Ma il battesimo ha anche implicazioni etiche, sociali
e politiche. E’ questa la nostra concezione
del battesimo? Quanto ciò è evidente nella
nostra vita comunitaria?
2. La profezia è un dono dello Spirito
Santo. Il profeta è il portavoce dello Spirito, ma c’è Spirito e spiriti, profeti e profeti. Come facciamo a distinguere tra i veri
e i falsi profeti?
3. Come possiamo diventare
a) più ricettivi al dono divino dello
Spirito?
b) più aperti all’opera dello Spirito al
di fuori della nostra comunità di fede?
c) più responsabili verso la creazione di
Dio, per la giustizia e la pace in tutte le
relazioni umane e per la conduzione del
mondo?
a cura di
Angelo Arca, Flavia e Gigi Farricella, Gianni Fomari, Gianni Genre, Anne Pllloud, Guido Rossetti
della Chiesa valdese di Ivrea
(fine).
7
7 dicembre 1990
obiettivo aperto
VIOLENZA SUI MINORI
Erode, prima e dopo Cristo
La civiltà classica e l’ambiente dell’Antico e del Nuovo Testamento rivelano un volto sconvolgente per il bro atteggiamento nei confronti dei bambini - Una carrellata attraverso la storia fra crimini, abbandoni, sopraffazione
La strage degli innocenti registrata dal Vangelo di Matteo non
è un fatto né unico né sporadico,
ma un avvenimento significativo
ed emblematico, un fatto-spia di
una storia, troppo spesso ed a
lungo ignorata.
Sin dai primordi della civiltà
l’uccisione dei piccoli è stata largamente praticata; infatti la Bibbia ci narra altre due stragi di
bambini: una all’epoca della nascita di Mosè e l’altra contemporanea all’esodo.
La stessa Bibbia indica la
geenna come simbolo dell’inferno; ma essa era la valle, presso
Gerusalemme, dove si bruciavano vivi i bambini per l’antico culto di Moloc.
Molto spesso le tradizioni ci
parlano di sacrifici rituali di
bambini per i motivi più vari;
— l’offerta del figlio del ca- >
po, specialmente in occasione di
disastri o di gravi pericoli, per
assicurarsi la protezione degli
dei;
— in occasione della costruzione di una nuova casa o della
fondazione di un villaggio il sacrificio del figlio del capo o del
capomastro o del primo bambino che si trovava a passare, perché i vivi fossero protetti dagli
attacchi degli spiriti del luogo;
— il sacrificio agricolo: si cercava di ottenere l’abbondanza, la
fertilità dei campi, la crescita
delle messi in cambio della vita del figlio.
La tradizione mitologica è ricca di numerosi ed efferati ’’figlicidi”; basti ricordare la storia di
Urano e Gea che imprigionarono nelle profondità della terra
i loro figli; ma Cronos, il figlio
più astuto, riuscì ad evirare il
padre e poi a divorare i figli che
gli nascevano da Rea, perché
percepiva il figlio come avver
sario e rivalé.
Il mondo classico
e quello biblico
Nelle società storiche, successive e più civilizzate, scompare
il sacrificio rituale del barnbino, ma la situazione sostanzialmente non muta.
Gli egiziani ritenevano che i
genitori erano esenti da pena
per omicidio, quando toglievano
la vita ai figli, per il fatto d’avergliela data; in Grecia Licurgo
concesse il diritto di vita e di
morte sui neonati agli anziani
della tribù: venivano così condannati a perire i bambini malformati e deboli i quali non sarebbero stati utili né a sé, né
alla patria.
A Roma il padre, in quanto
detentore della « patria potestas », aveva un potere assoluto
sulla vita del figlio. Solo nel 374
dopo Cristo, l’uccisione di un
bimbo fu legalmente considerata come omicidio.
Anche le menti più illuminate del mondo greco-latino giustificavano la violenza sul bambino, come anche la sua uccisione:
Aristotele approva in alcune circostanze l’esposizione e l’uccisione dei fanciulli; Cicerone loda la legge che ordinava di uccidere, alla nascita, i figli deformi; Plutarco ritiene l’infanticidio un fatto meritorio; Seneca
giustifica l’uccisione dei piccoli
gracili e anormali, perché così
si fa anche con le bestie malate per non contaminare il gregge.
E’ sorprendente scoprire che
persino un filosofo come Kant
giustificasse l'infanticidio del figlio adulterino, perché « il bimbo venuto al mondo fuori del
matrimonio è all'infuori della
legge...; si è, per così dire, insinuato nella società civile in modo che questa può ignorarne la
esistenza e, in conseguenza,
anche la sua distruzione ». Ma
ciò testimonia che questa assoluta negazione della personalità
del ragazzo, come la completa
svalutazione della sua umanità
e delle sue esigenze, restano a
lungo patrimonio della comune
cultura.
La strage degli innocenti, di
cui parla il Vangelo, è una pagina di una storia ignorata, che
ci testimonia come la violenza
all’infanzia è stata una costante, che ritroviamo sotto tutte le
latitudini, in tutti i tempi, ma
questo non autorizza a concludere che tutti i bambini erano
abbandonati, uccisi, ignorati, violentati e che nei confronti di
un tale fenomeno mancavano
reazioni morali.
Nella mitologia greca troviamo il racconto dei due gemelli
Neleo e Pelia, abbandonati sul
fiume e poi salvati dalle amorose cure di un pastore; il mito di
Demetra che, disperata per il
rapimento della figlia Persefone,
vaga angosciata per nove giorni e nove notti, senza bere, senza mangiare, senza riposarsi mai;
l’emblematica figura di Mentore
che amorosamente si prende cura di Telemaco durante la lunga assenza di Ulisse.
In tutto l'Antico Testamento
si rileva il costante invito ad occuparsi dei « poveri di Jahvé »
ed il bambino è il povero per
eccellenza; nell’alleanza del Sinai un fondamentale precetto è
quello di non maltrattare l’orfano; la prova di Abramo sancisce il definitivo ripudio del sacrificio dei bambini.
Il messaggio biblico delTamore di Dio, che era per la mente
umana così inconcepibile, ed il
suo manifestarsi in Cristo taiito imprevedibile, diventa addirittura rivoluzionario, perché il
Nuovo Testamento è profonda
Ogni epoca della nostra civiltà ha mostrato di aver legittimato la
violenza nei confronti dei bambini: chi fa autocritica.
ì bambini devono essere tutelati e soprattutto si deve cominciare a
considerarli come veri cittadini.
mente permeato dell’amore per
i bambini, spesso indicati come
coloro che per la loro innocenza sono i più vicini al Regno dei
cieli e come coloro che più devono essere rispettati ed accolti: in Matteo 18: 5 Gesù afferma: « Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome
mio, accoglie me » ed ammonisce: « Guardatevi dal disprezzare
uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nei
cielo vedono sempre la faccia
del Padre mio, che è nei cieli »
(v. 10).
Nel mondo cristiano si sviluppano importanti iniziative per la
tutela dei ragazzi: si cerca di
rimediare In qualche modo ai
guasti prodotti dall’insensibilità
dei genitori, si cerca anche di
eliminarne — il più possibile —
le cause.
Provvedere
all’educazione
Nel Medioevo si cerca innanzitutto di reprimere il triste fenomeno dell’abbandono dei ragazzi, considerando questo come un omicidio e proibendolo
sotto pena di scomunica. Ci si
preoccupa anche di farli sopravvivere e di educarli: è dovere
delle parrocchie occuparsi dei
bambini abbandonati; sorgono
forme di affidamento familiare
dei piccoli a contadini che si
impegnano a provvedere all’educazione di questi; sono istituiti
o«pizi che tendono ad una continua ed efficace integrazione dei
ricoverati col tessuto umano della città. A Firenze 1'« Ospedale
degli Innocenti » ne è un esempio: posto nel cuore della città,
su una piazza dove operavano
le botteghe artigiane, pronte ad
Occuparsi attivamente dei ragazzi e ad essere scuole non solo
di artigianato, ma anche di vita.
Non va dimenticato che a quei
tempi, in Francia, ì bambini erano venduti dai genitori per otto soldi a persone che rompevano loro le braccia e le gambe per suscitare la compassione dei passanti; che in Italia
molti professionisti girovaghi
compravano o affittavano dai genitori poveri dell’Appennino
bambini e bambine da utilizzare
neH’accattonaggio.
Man mano che si prende coscienza dell’insufficiente risposta
che un istituto riesce a dare ad
un bambino abbandonato, si va
sviluppando la tendenza ad affidare i trovatelli a baliatico.
Anche in passato ci sono stati genitori amorevoli che sapevano stabilire un rapporto sereno e costruttivo coi loro figli;
genitori che non trascuravano i
bambini né le loro esigenze, ma
avevano una grande considerazione deH’età infantile. L’abate
Grussault, consigliere al Parlamento, afferma: « Stabilire rapporti di confidenza con i propri
bambini, farli parlare di tutto,
trattarli come persone e conquistarli con la dolcezza è un segreto infallibile per farne ciò che
si vuole ».
Se — specialmente per infiusso del cristianesimo — nasce in
tutti gli ordinamenti del mondo
occidentale una ferma condanna
per le uccisioni degli infanti, non
diminuiscono le varie forme di
violenza che si abbattono sull’infanzia rendendo spesso drammatica la condizione di vita di
quest’età. De Mause, uno specialista in materia, scri-\«e che i nostri antenati avevano latto dell’infanzia Un incubo.
E’ stato riconosciuto che, nei
secoli scorsi, molti decessi di lattanti erano imputabili a certe
balie, ricercate proprio perché
abili a lasciar morire i piccoli
loro affidati, oppure a responsabilità più o meno consapevoli
dei genitori che miravano ad eliminare bocche che non riuscivano a nutrire.
Contrariamente a quanto si afferma di solito (che la drastica
riduzione della mortalità infantile realizzatasi nel nostro sec(>
lo è da attribuirsi solo alle migliori condizioni igieniche, ad
una migliore alimentazione, ad
interventi sanitari più efficaci e
più rapidi), Chesnais ha rilevato
che nel 1850 il tasso di mortalità dei neonati al di sotto di
un anno variava molto da paese a paese e che tali differenze
possono essere imputate soltanto al diA^erso valore dato alla
conservazione della vita umana.
Sempre Chesnais sottolinea
che alla metà del XIX secolo, in
alcuni dipartimenti della regione
parigina, la mortalità dei bambini messi a balia raggiungeva
l’85-95%. Ci risulta che massiccio era il ricorso alle balie (Chesnais documenta che nel 1780 il
95% dei bambini nati a Parigi
era dato a balia)*.
Altrettanto diffuso è il fenc>
meno dell’abbandono dei figli.
L’Ospedale degli Innocenti a Firenze riceve, nella prima metà
dell’800, tra i 1.000 ed i 2.000
bambini l’anno, con una proporzione variante tra il 35% ed il
50% dei battezzati a Firenze; a
Milano la media annuale, nel
decennio 1851-1860, era di 4.384;
dati raccolti in Francia ci parlano di 7.000 bambini « trovati »
a Parigi nel 1789.
La mortalità dei bambini ricoverati negli ospizi è spaventosa. A Parigi nel 1690 la proporzione dei bambini che decedevano nel primo anno di vita era
del 50%; nel nido creato da S.
Vincenzo de’ Paoli, sempre a Parigi, solo un bimbo su 200 riusciva a sopravvivere nei prirnì
mesi di vita. Lo stesso si registra in Italia, tanto che Banditer afferma di trovarsi di fronte
ad un infanticidio larvato di massa, praticato da tutti i ceti sociali.
Egualmente notevoli erano le
sofferenze riservate quotidianamente ai fanciulli, solo perché
si riteneva che privazioni e percosse temprassero il carattere e
contribuissero alla migliore educazione del ragazzo.
Del resto Calvino era convinto che « solo spezzando total
mente la volontà del bambino,
questo può essere salvato dallo
spirito innato del male, insito in
lui ».
Non possiamo dimenticare che
in Europa i bambini erano avviati al lavoro fin dall’età di seisette anni e che gran parte dello sviluppo capitalistico è stato
realizzato col massiccio sfruttamento del lavoro minorile; che
lo storpiamento dei bambini per
poi utilizzarli nell’accattonaggio
è stata una pratica diffusa, protrattasi per secoli assieme alla
castrazione dei ragazzi, che era
attuata per ottenere voci biariche da impiegare nei concerti.
La legislazione non tutelava il
minore dagli abusi degli adulti,
ma era pesantemente punitiva
nei confronti dei fanciulli, anche
per piccole mancanze. Ai primi
deU’Òttocento vengono irrogate
condanne a morte a ragapi di
nove anni, colpevoli solo di aver
sfondato una vetrina con un bastone.
Solo alla fine del secolo scorso ed all’inizio del secolo attuale le scienze umane si pongono
con inusitata acutezza il tema
dell’infanzia e scoprono che i
reali bisogni di quest’età erano
ignorati ed ingiustamente inappagati. Ma nonostante tali importanti ammissioni, bisogna attendere fino al 1925 per avere
una dichiarazione dei diritti del
fanciullo, un documento che ha
avuto il merito di riaffermare,
in modo solenne ed impegnativo,
per tutti gli stati membri della
Società delle Nazioni, che il bambino ha dei diritti, che essi sono strettamente connessi con i
bisogni di compiuta crescita umana, che devono essere utilizzati nuovi e più adeguati strumenti di tutela giuridica per questi soggetti deboli della comunità. . .
Intanto le immagini pubblicitarie ci propongono con continuità e frequenza una figura di
bambino sempre felice e sorridente. E’ un’immagine che ci rassicura e ci conferma in una mitica visione dell’infanzia come
momento magico della vita. Ma
tale visione è irreale e falsa, di
comodo per noi, pericolosa per
l’infanzia.
Fernando lachini
■ J. C. CHESNAIS, Storia della violenza in Occidente dal 1800 ad oggi,
Milano, 1981.
8
8 fede e cultura
7 dicembre 199o
UNA GUIDA
SONDRIO
La grande musica L'IsIam 6 la modernità
Un bel libro da regalare per
Natale ai giovani ed a quanti
vorrebbero accostarsi alla musica « classica », ma se ne ritraggono intimiditi per il timore di
non comprenderla: Piccola guida alla grande musica, Torino,
Onda, 1990, pp. 217, L. 22.000.
Autore: Rodolfo Venditti, magistrato, docente universitario,
impegnato a favore dell’obiezione di coscienza (a suo tempo ne
abbiamo recensito su questo settimanale L’obiezione di coscienza al servizio militare e Le ragioni dell’obiezione di coscienza) e che, con questo lavoro,
si rivela non solo appassionato
cultore (dichiara di non essere
un musicologo né un esperto di
musica) della musica « classica »,
ma anche un eccezionale « propagandista », animato dall’esigenza (ché tale è per lui) di far
partecipi gli altri del tesoro scoperto e del messaggio di gioia
e di serenità che la grande musica può trasmettere all’uomo.
Scorrono così dinanzi al lettore i profili di Vivaldi (« Ritmi e
colori della Venezia del Settecento »), Bach (« Un oceano di musica. L’infaticabile operosità di
un cantore della nonviolenza »),
Händel (« Un fuoco di artificio
di melodie e di artmonie »), F. J.
Haydn (« Un allegro e spiritoso
architetto di forme sonore »),
Mozart (« Gioco e profondità:
due dimensioni di un musicista
complesso e straordinario »),
Beethoven (« Alle radici dell’uomo. Un fermo assertore della
libertà e della fratellanza).
Inserite nei profili dei musicisti, e con caratteri tipografici diversi, si collocano le annotazioni di carattere più tecnico sulle
caratteristiche delle relative opere, i suggerimenti per l’ascolto
dei brani più qualificanti: il che
si rivela per un utile accorgimento didattico. Per ognuno degli autori, inoltre, una guida all’ascolto di un capolavoro: nell’ordine, i Concerti per le quattro stagioni, la Passione secondo
Matteo, il Messia, la Creazione,
la Messa da Requiem, la Nona
Sinfonia op. 125.
Una bibliografia essenziale ed
opportune indicazioni discografiche chiudono ogni capitolo. Nella bibliografia concernente Bach,
in vista e con l’augurio di una
seconda edizione, ci sembra che
potrebbe degnamente figurare anche il saggio di G. Long, J. S.
Bach, il musicista teologo (Claudiana ed., 1985).
Aldo Ribet
La laicizzazione dell’Occidente è sempre stata un problema per il
mondo musulmano: con la modernità il divario si allarga sempre più
L’attività del Centro evangelico di cultura, a Sondrio, è iniziata quest’anno con una conferenza intitolata « Per capire
l’Islam », tenuta dal professor
Fouad Kaleb Allam, algerino, professore di islamistica all’Università di Trieste.
L’IsIam è un tema di estrema
attualità, da alcuni anni a questa parte, e ciò è dovuto a vari
fattori. Da un lato l’interesse e
l’attenzione sono attirati dalle vicende di alcuni paesi islamici,
dafi'altro la stampa e in generale i mass media non perdono mai
l’occasione di parlarne e inoltre
va ricordato l’impatto delTimmigrazione islamica.
Non è la prima volta che l’occidente e l’Islam si incontrano,
nella storia, e non è nemmeno
la prima volta che cristianesimo
e Islam entrano in dialogo. Nella storia si ricordano periodi e
situazioni di interscambio estremamente proficui. Nel medioevo,
per esempio, si conobbero scambi tra ebrei, musulmani e cristiani aventi quale centro la filosofia aristotelica. L’India mu
FIRENZE
Mercoledì musicali
I primi concerti di una serie ricca di interesse: un’occasione di
apertura del tempio a tutta la città, col patrocinio del comune
Pochi giorni or sono si è concluso il primo ciclo de « I mercoledì musicali alla Chiesa valdese », una iniziativa della comimità evangelica valdese della
città di Firenze che ogni settimana fino a dicembre ospiterà
nella propria chiesa un concerto
di musica classica.
Con l’organizzazione del Centro dell’arte « Vito Frazzi » e
col patrocinio del Comune di Firenze, la comunità ha deciso di
proporre una lunga serie di incontri musicali, ideale proseguimento della rassegna della scorsa primavera.
Nel mese di aprile, infatti, la
Chiesa valdese aveva già ospitato una serie di quattro concerti
di musica da camera.
La rassegna in corso prevede
im nùmero di incontri triplicato. Dodici gli appuntamenti con
« I mercoledì musicali » che dal
3 ottobre scorso accompagneranno fino al 19 dicembre tutti
gli appassionati della musica da
camera; una scelta precisa, quella della musica per piccoli gruppi o per solisti, e di esecutori
giovani, a volte giovanissimi, provenienti da svariate località italiane.
Come nella scorsa primavera
una parte importante è dedicata al pianoforte e al suo repertorio. In aprile ricordiamo il
concerto di Enrico Degli Esposti Elisi, come in ottobre quelli
di Stefano Guarino e di Luca
Romagnoli, che hanno eseguito
accanto ai nomi sacri del pianismo sette-ottocentesco anche opere che più raramente capita
di ascoltare, come brani di Alban Berg o di Ferruccio Busoni.
Il notevole organo della chiesa è già stato protagonista in
un concerto nel quale Marco
Chi sono i protestanti
Programma video di 30 minuti
La Chiesa cattolica non è l’unica chiesa cristiana. Molte altre chiese evangeliche formano il variopinto panorama della
cristianità. Questo filmato presenta sinteticamente la loro storia e le principali tappe attraverso le quali si è sviluppato il pensiero evangelico, dalla Riforma del 1500 ai
nostri giorni.
Produzione S.P.A.V. - Via Monte Bianco, 91
00141 Roma - Tel. 06/898096 - L. 45.000
Cartillone ha proposto ima scelta profondafiiente ragionata di
autori sei-settecenteschi, non tralasciando ad esempio Johann
Gottfried Walther, oggi ricordato per lo più come autore del
Musikalische Lexicon, uno dei
primi dizionari musicali, ed il
primo che oltre alla definizione
dei termini strettamente tecnici
presenti anche voci relative a
musicisti e compositori.
Ad un altro filone importante
della musica da camera, le opere per strumento solista e pianoforte, sono stati dedicati quattro concerti. Nel primo Sonia
Galozzi e Nicoletta Tiberio hanno presentato opere per oboe e
pianoforte. Due incontri hanno
visto come protagonista il duo
violino-pianoforte; ad opera di
Daniele Giorgi e Damiano Giorgi un concerto interamente incentrato sulla produzione di
Johannes Brahms; nell’altro Cristina Terreni e Andrea Nanni
hanno invece eseguito musiche di
Giuseppe Tartini, Johann Sebastian Bach e Franz Schubert.
Due imusicisti fiorentini. Luca
Provenzani e Daniela De Sanctis,
hanno presentato alcune opere
per violoncello e pianoforte, inserendo nel loro programma un
brano di un compositore italiano oggi raramente eseguito, Vito Frazzi, che nella prima metà
del nostro secolo è stato punto
di riferimento nella realtà musicale fiorentina e italiana in genere.
Trii per violino, violoncello e
pianoforte di Ludwig van Beethoven e di Robert Schumann sono stati eseguiti dal Trio Castello formato da Franco Scozzafava. Silvia Lenzi e Alberto Spinelli.
Un repertorio più vicino ai nostri giorni è stato proposto dal
Nouveau Ensemble di Firenze,
un gruppo di cinque interpreti
(Barbara Vannucci, Carmelo Mobilia, Gabriella Colombo, Alberto Albertini e Monica Pacchioni)
che si struttura facilmente in
formazioni più piccole.
P. Ferrari
sulmana dell’imperatore Al
Ahbar avviò un dialogo tra le
religioni indù, musulmana, cristiana, buddista e a Baghdad la
« Casa della Saggezza » accoglieva una scuola che coltivava il dialogo tra le religioni.
Per tornare alla situazione attuale ciò che fa problema, nel
mondo islamico, è la laicizzazione delTOccidente seguita alla Rivoluzione francese. L’Islam guarda con sospetto all’Occidente e
sente che con l’avvento della mo
demità il divario che separa le
due culture si è ulteriormente
approfondito. Alla cultura religiosa islamica, che non conosce
distinzione tra ambito sacro e
profano, si contrappone la cultura secolarizzata occidentale.
Le fonti scritte dell’Islam sono il Corano e la tradizione profetica. Ma l’IsIam non è legato
al Corano come a un libro quanto piuttosto come alla parola orale portata dall’arcangelo Gabriele e raccolta e trasmessa dal profeta Maometto. Il Corano è quindi, e rimane, parola, evento, forza che si appropria della lingua
araba per fame l’oggetto della
trasmissione di un messaggio divino. Il Corano non può essere
perciò analizzato alla luce delle
strutture del racconto a noi conosciute. Non è il mondo, non
sono gli esseri umani a leggere
li Corano, ma è invece il Corano che, in un certo senso, legge
il mondo, l’intero creato. Esso è
la chiave di lettura del mondo,
espressa in una strattura linguistica particolare che svela una
gparchia nella quale sono inseriti Dio, la comunità credente e
il mondo intero.
Certamente, distinguendo e analizzando (e così facendo accettando almeno in parte modelli
occidentali) nella rivelazione coranica ci sono due momenti, due
fasi. Le sure raccolte alla Mecca sono brevi e di carattere escatologico — segno dei difficili frangenti in cui viene a trovarsi il
movimento — ma il materiale
del periodo trascorso a Medina
(durante il quale la predicazione di Maometto incontra molti
favori) abbandona i tratti escatologici per assumere quelli etici e politici. E pure la storia della stesura della versione scritta
del Corano, trascritto da due
scuole di Bassura e Baghdad, rivelerebbe molte cose riguardo al
rapporto esistente tra la predicazione del profeta — che non
ha lasciato nessun testo scritto
— e la fase scritta, iniziata alTapparire del primo testo del Corano, una ventina d’anni dopo la
morte di Maometto.
L’effetto profondo dell’attività
del profeta si rispecchia nella
rottura, presente nel mondo arabo, con il passato preislamico.
Il Corano rompe la struttura tribale di sangue del mondo arabo e instaura un regime di comunità islamica, di società islamica. Le comunità islamiche nascono sul modello del paradigma profetico di Medina. Gli attuali « fondamentalisti » (che dovrebbero forse essere designati
più correttamente con il termine di « radicali ») ritengono che
Medina sia una specie di « età
d’oro » dell’Islam, al quale bisogna rifarsi. Si giunge addirittura a sostenere che il periodo
medinese sia l’unico vero periodo storico dell’Islam. Ciò che
non accade in conformità all’esperienza medinese accadrebbe
in qualche modo fuori dalla storia, senza storia. Gli stessi radicali insistono perciò neH’affiancare alla convinzione che il mondo sia il riflesso della fede e, vicei^ersa, che la fede sia il riflesso del mondo, anche il concetto
di stato islamico. Con ciò essi
introducono però un elemento di
rottura inaccettabile e gravido
di pericoli nell’idea di unità islamica.
Non è però, questo, l’unico fattore di contrasto neH’Islam. La
successione di Maometto ha già
introdotto dissensi nell’unità musulmana. Il profeta è infatti anche una figura storica di leader.
Alla sua morte nascono problemi sulla successione. A proposito di questo aspetto mancano infatti indicazioni e sorgono perciò due correnti opposte. L’ima
decide per l’elezione di un successore basata sul consenso della maggioranza (sunniti), l’altra
basandosi sul criterio di consanguineità, quindi sulla discendenza del profeta (sciiti). Questa seconda corrente si fraziona ulteriormente in seguito al sorgere
di un movimento messianico dell’atteso delTImam salvatore.
Proprio questa constatazione
del carattere non monolitico del
mondo islamico — che lo rende
tra l’altro di difficile interpretazione agli osservatori esterni —
e la frammentazione in stati nazionali, lasciano presupporre che
l’Islam passerà attraverso una
graduale evoluzione.
Sulla via di questa evoluzione
non si può comunque evitare di
misurarsi con fenomeni di integralismo, che nascono dal risentimento contro la modernità.
Non si tratta di un fenomeno
specificatamente islamico, quanto piuttosto insito nell’incontro
di culture così diverse.
Paolo Tognina
Colonizzazione o conquista?
Colonizzazione o conquista è il titolo del campo invernale che AgttP^
dedica al prossimo V centenario della scoperta dell’America (1992)Per informazioni rivolgersi a Agape - Proli (To), tei. 0121/807514.
9
WW----------
7 dicembre 1990
valli valdesi
COMUNITÀ’ MONTANA VAL RELUCE
Fumata nera
per il presidente
Il Consiglio ha deciso per il rinvio dell’elezione di giunta e presidente - Un decreto ridefinisce i comitati di gestione delle USSL
Fumata nera per l’elezione del
presidente e della giunta della
Comunità montana vai Pellice; i
27 consiglieri rappresentanti dei
9 comuni della valle erano stati
convocati per sabato scorso alle
ore 17. Praticamente sette mesi
dopo le elezioni amministrative
di maggio.
La decisione è stata quella del
rinvio; se ne erano colti durante
tutta la settimana dei segnali premonitori.
La novità del giorno precedente,
il decreto del governò che cambia sostanzialmente il comitato
di gestione delle USSL, con l’arrivo in tempi brevi del ’’commissario”, è diventata perciò un’ottima ragione perché tutti i gruppi,
seppur con sfumature diverse,
chiedessero il rinvio della seduta.
« La novità legislativa è grossa
e ancora poco chiara — ha detto
il capogruppo Mario Garnero del
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Sì all’oasi
canora
Si è rimesso in cammino il
progetto di oasi canora da crearsi nel territorio di Luserna, al
confine con Torre Pellice, nella
zona dell’Inverso.
Una proposta in tal senso era
stata formulata dalle associazioni ambientaliste parecchi mesi
or sono, quando la Comunità
montana aveva offerto di destinare una parte dei proventi derivanti dal rilascio dei tesserini
dei funghi ad un progetto di tutela e recupero ambientale.
Il progetto prevede che vengano anche costruite delle strutture per l’osservazione degli uccelli, a disposizione in particolare delle scolaresche.
Ottenuto il parere favorevole
del comune di Luserna, occorre
ora procedere in altri adempimenti; dovrà, ad esempio, essere vietata la caccia nell’area, nel
frattempo sono stati assegnati i
fondi della Comunità montana
che, seppur solo in parte, potranno contribuire alla realizzazione dell’oasi.
Galleria d'arte
Via Vescovado 8 -10064 PINEROLO
Tel. 0121/795522
In mostra
STEEL LIFE
Grafica - Edizioni d'arte
ORARIO
martedì-venerdì 16-19,30
sabato 9,30-12,30/16-19,30
aperto
domenica pomeriggio
la rappresentanza PCI-Sinistra indipendente —; anche se il nostro
programma unitario di sinistra
ha già visto il confronto con gli
altri gruppi, si rende necessario
un ulteriore approfondimento ».
Più o meno sulla stessa linea si
sono espressi i socialisti che per
bocca di Aldo Charbonnier, candidato alla presidenza in caso di
accordo PSI-DC, hanno per altro
fatto rilevare che « in ogni caso
l’accordo ancora manca e comunque dovrà risultare chiaro e non
equivocabile ».
Anche Claudio Bonansea, registrando le difficoltà ad arrivare
ad un accordo, si è interrogato
sul futuro deirUSSL che « coincideva con la Comunità montana ».
Di fronte a queste 3 prese di posizione, Giorgio Cotta Morandini,
che presiedeva la seduta in quanto consigliere anziano, poneva in
votazione la proposta di rinvio
Rocce
sulla mulattiera
I lavori per l’apertura della pista
del Pra sono iniziati; il TAR (Tribunale amministrativo) del Piemonte ha respinto
il ricorso presentato dalla Pro Natura: nulla osta ai
lavori, dunque, a
meno di ulteriore
ricorso al Consiglio di Stato e di
un pronunciamento negativo. Le poche decine di
metri di escavazioni effettuate
hanno però già evidenziato notevoli difficoltà; il primo tratto insiste
infatti su un terreno in forte nendenza e in prevalenza
roccioso; enormi
massi sono così
franati a valle, ostruendo per buona parte la mulattiera che sale al
Pra (vedi foto).
Da verificare dunque il rispetto di
una delle prescrizioni contenute
nel decreto del presidente della
giunta regionale che autorizzava
l’inizio dei lavori, laddove è scritto: « I movimenti di terra necessari per la realizzazione di quanto in oggetto (la pista, n.d.r.) dovranno essere limitati allo stret
POMARETTO
raccogliendo l’unanimità dei consensi. Alla prima seduta mancavano per altro due consiglieri: il
rappresentante della Lega Nord,
Goss, ed il DC di Bibiana, Enrico Pollo.
L’augurio di tutti, anche per
evitare le inutili spese per i gettoni di presenza e gli straordinari
dei funzionari, è di arrivare prima di Natale alla formazioni
della nuova giunta. Nella scorsa
tornata amministrativa ciò accadde il 21 dicembre: si ripeterà la
situazione?
Se almeno tre sono le alleanze
possibili, quattro sembrano essere
i possibili candidati alla presidenza: Charbonnier (PSI), in caso
di giunta DC^PSI, Cotta Morandini (PSI) o Borgarello (Sin. indipendente) per la giunta unitaria, Marco Bellion (PCI) sia in
caso di giunta unitaria che di sinistra.
P.V.R.
PISTA PER IL PRA
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PRIMA m PINEROLO
Via Montebello, 12 10064 PINEROLO
Tel. 0121/21682
I canti della valle
Un patrimonio musicale ricco, che deve essere
riscoperto: la raccolta consta di 462 brani
Immaginiamo, con un salto all’indietro di sessant’anni, un appassionato ricercatore di canzoni e danze popolari, che gira per
le valli valdesi con una grossa
borsa piena di fogli e matite, facendo uscire dalle stalle le donne che si asciugano le mani al
grembiale, conversando con gli
uomini un po’ imbarazzati all’osteria, chiedendo a tutti nel suo
perfetto francese di cantare quelle loro complaintes e canzonette
gaie, per poi trascriverle pazientemente, parole e musica, su un
grosso quaderno.
Questa è stata per circa trent’anni la vita di Emilio Tron, nato a Luserna S. Giovanni, domiciliato a Vercelli, professore di
francese a Torino, che si dedicava al suo straordinario « hobby »
durante il periodo delle vacanze estive.
La sua opera è stata rievocata nel corso di un incontro culturale organizzato a Pomaretto
dall’assessorato alla cultura della Comunità montana Chisone e
Germanasca il 27 novembre, da
una persona ben qualificata, cioè
da Daniele Tron, nipote di Emilio, che curerà l’edizione in tre
volumi della raccolta, rimasta fino ad oggi tra le carte di famiglia.
Emilio Tron non era solo a dedicarsi a questo aspetto della tradizione popolare e anche oggi
knolte persone ed associazioni sono all’opera, tra cui ben conosciuta è « La Cantarana », che
non solo raccoglie canti, ma anche li porta a conoscenza del
pubblico.
Era infatti presente nella stessa occasione Mauro Durando, il
quale ha dichiarato di aver già
inciso 280 canti su cassette con
il suo gruppo musicale, come documentazione importante della
cultura locale.
Daniele Tron ha affermato che
queste valli sono incredibilmente ricche sotto questo profilo e
che il patrimonio di canti si è
conservato assai meglio che in
altre parti del Piemonte: la raccolta Tron è comprensiva di 462
pezzi, che con le varianti sono
ancora moltiplicati.
Questo fatto si spiega in vari
modi: sia con l’andirivieni della
popolazione dentro e fuori dalle
valli in tutta l’area dove si parlava e si capiva il francese, sia
perché le persecuzioni rendevano la gente propensa a rinforzare le proprie tradizioni come segno di identità. Non si deve poi
dimenticare che la componente
valdese della popolazione era stata educata ai canti della Riforma, che possono essere eseguiti anche fuori del luogo di culto (vedi i salmi cantati mentre
si lavorava).
Nella raccolta di Emilio Trori
sono presenti più o meno tutti
i generi popolari, esemplificati
anche da Enrico Lantelme nel
suo libro, mancano se mai i canti più sboccati, che evidentemente la gente non osava ripetere
davanti a lui. Ma nemmeno quest’ultimo genere si è perso, perché i cantori della « Cantarana »
li hanno registrati, ora che nessuno si fa più tanti scrupoli. E’
stata perfino ritrovata una canzone relativa al comportamento
scostumato di un prete, che aveva nel 1747 condotto davanti al
giudice, a Perrero, due giovani
di Frali rei di vilipendio alla religione cattolica, per averla cantata durante una veglia nella stalla.
Tanto per dare un assaggio agli
ascoltatori. Mauro Durando ha
fatto udire quella e altre canzoni, oltre ad alcune raccolte da
Emilio Tron, che negli anni sessanta aveva finalmente potuto
dotarsi di un apparecchio di registrazione.
Si è conclusa così una serata
non solo piacevole, ma anche
molto interessante per tutti gli
appassionati di musica popolare.
Liliana Viglielmo
TORRE PELLICE
Un consiglio tecnico
to necessario, eseguendo i lavori
a regola d’arte ed adottando tutte le precauzioni necessarie al
fine di evitare il rotolamento, lo
scivolamento o comunque la caduta dei materiali di scavo a valle ».
Consiglio comunale « tecnico »
quello che si è svolto giovedì
scorso a Torre Pellice; conto
consuntivo, eliminazione dei residui attivi, modifiche al bilancio sono atti di normale amministrazione in questo periodo.
Per quanto riguarda la previsione per il 1990, va segnalato
che sono venute meno diverse
ipotesi mutuatarie; in particolare saranno penalizzati i progetti per la ristrutturazione e l’ampliamento del palazzo municipale, le strutture edilizie scolastiche, la rete fognaria, l’elitminazione delle barriere architettoniche.
Su quest’ultimo fronte è stato
assunto un mutuo integrativo di
77 milioni per i lavori al palazzo comunale: oltre all’ascensore
dovranno anche essere realizzati
servizi accessibili a portatori di
handicap e sarà ristrutturato l’ufficio dei vigili urbani.
E’ stata infine discussa una
interrogazione del gruppo della
Lega Nord, ancora sulla presenza di venditori ambulanti extracomunitari. Rispetto all’allarme
che procurerebbe, secondo la minoranza, tale presenza, il sindaco ha ricordato i contatti avviati con le famiglie di immigrati,
sia per garantire ai bambini accesso alla scuola, sia per individuare alcuni posti all’interno
del mercato del venerdì; più in
generale sarà possibile organizzare momenti di confronto quale presupposto per una reale convivenza fra persone di cultura,
mentalità ed origine diverse.
O. N.
MOBILIFICIO
esposizione e laboratorio :
via S. Secondo, 38 - tei. (0121) 201712
(di fronte alla caserma alpini)
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
10
10 valli valdesi
7 dicembre 1990
UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE DEGLI AGRICOLTORI
I tranori bloccano Pinerolo
L’agricoltura è oppressa da una
forte crisi: nelle zone cosiddette
svantaggiate la chiusura delle
aziende procede a ritmi elevati.
Ogni anno, per esempio, nella
provincia di Torino, vi sono 500
cancellazioni allo SCAU (Servizio contributi agricoli unificati);
nelle vallate alpine della vicina
provincia di Cuneo il numero degli addetti e delle aziende si è dimezzato in dieci anni. Secondo le
prime stime del censimento dell’agricoltura in atto, sul territorio nazionale il numero delle
aziende agricole è diminuito del
10% in otto anni: oltre la metà
di esse non ha unità attive di età
inferiore ai 50 anni.
Di fronte a questo quadro allarmante le organizzazioni sindacali hanno dato vita, per la prima volta in modo unitario, ad
una giornata di mobilitazione
mercoledì scorso 28 novembre.
La circolazione sulle principali
strade della regione è stata per
tutto il giorno molto difficile a
causa delle migliaia di trattori
che hanno letteralmente invaso
le vie di comunicazione; delegazioni di agricoltori sono state ricevute da sindaci ed amministratori comunali: anche a Pinerolo
si è assistito al concentramento
di oltre 1.000 trattori.
Ma cosa denunciano in particolare gli agricoltori?
Un settore
da rivitalizzare
L’agricoltura è un settore che
da oltre vent’anni ha visto attuare una politica comune a livello
europeo ; il trattato di Roma, nel
1967, sanciva come obiettivo l’aumento della produttività agricola, la garanzia di un equo tenore
di vita alla popolazione rurale, la
stabilizzazione dei mercati, la garanzia di sicurezza degli approvvigionamenti e prezzi ragionevoli
nelle consegne ai consumatori.
E’ tempo dunque — dicono le
organizzazioni di categoria — di
ridare forza, vitalità e centralità
all’attività agricola.
Fin qui abbiamo assistito a
colpevole disattenzione nel governo e nel mondo politico in generale, è mancata una efficace programmazione per tutelare le nostre produzioni dalle incontrollate importazioni extracomunitarie
e dal disordine che gli sconvolgimenti nell’Europa orientale hanno portato sui mercati agroalimentari, ma soprattutto il duro
confronto in materia agricola
fra CEE e Stati Uniti, con le proposte di riduzione dei sostegni.
E' Natale
Volete fare un dono simpatico ed originale?
Venite alla Mostra che il
Centro socio-terapeutico terrà dal 17 al 23 dicembre presso i suoi laboratori artigianali in via Dante 7 a Pinerolo
(ex Omni):
— giorni feriali ore 10-19;
— sabato ore 15-19;
— domenica ore 9-12; 15-19.
Troverete alberelli di Natale
in legno, oggetti di terracotta,
lavori di tessitura, piccole
composizioni floreali e piantine. I prezzi sono invitanti e
alla portata di tutti.
Vi aspettiamo. E’ una occasione per conoscersi e scambiarsi gli auguri di Natale.
potrebbe portare al crollo dei
redditi dei produttori.
Gli agricoltori protestano poi
per la situazione interna. Gli investimenti sono spesso bloccati
nel tentativo di comprimere la
spesa pubblica; addirittura, per
il 1991, si prevedono tagli del 23%
nel sostegno alle imprese.
Intanto, anche rispetto ai prezzi, siamo di fronte ad un fenomeno per lo meno strano: i costi di produzione lievitano, ma i
prezzi all’origine diminuiscono
senza per altro alcun beneficio
ai consumatori.
«Sii
I»
L’arrivo dei
prodotti dell’Est
Particolarmente legata al territorio pinerolese è poi la situazione difiHcile in cui si trova la zootecnia, che comunque costituisce
da sola quasi la metà della
produzione agricola regionale.
Nel comparto carni, bovine soprattutto, le difficoltà derivano
dalla caduta dei prezzi, anche a
seguito della massiccia invasione
di prodotto dai paesi dell’Est attraverso — aggiungono gli agricoltori — le maglie allentate delle frontiere dell’ex Germania
orientale; c’è pertanto il bisogno
di riaffermare il principio della
« preferenza comunitaria » e di
assicurare un maggior vigore nei
controlli sanitari delle importazioni.
Aumentano i costi di produzione, ma diminuiscono gli utili per gli
agricoltori.
Anche .,1 settore lattiero caseario necessita di un miglioramento, a cominciare da un’applicazione oculata delle quote di produzione, senza provocare abbattimenti pesantissimi e legati ai premi stabiliti per chi cessa l’attività. In base ai primi dati a disposizione le domande per l’abbattimento dei bovini da latte sono in Piemonte circa 1.000, per
un ammontare di 30 miliardi di
lire di contributi, cioè più o me
no quanto è disponibile per tutta l’Italia.
Del resto nel settore latte sarebbe quanto mai auspicabile
una tempestiva emanazione delle
norme attuative della legge sul
latte fresco, nonché una valorizzazione della produzione di formaggi tipici; ancora una volta i
sindacati chiedono infine un rigido controllo igienico-sanitario
sulle importazioni di latte.
ANGROGNA
Valorizzare
la qualità
Verso lo Statuto
comunale
Angrogna si è messa per tempo e di buona lena a lavorare
al suo Statuto comunale. Ad Angrogna sono consapevoli di essere realtà comunitaria piccola
e scarsa di risorse materiali. Sanno però anche, noblesse oblige,
di essere da sempre di questo
mondo valligiano cuore e santuario, fonte della memoria storica e del ricambio di energie
ideali e civili.
Si discute molto della nuova
legge sulle autonomie locali, di
riforme comunali, in questi mesi. Ad Angrogna c’è un certo sano scetticismo sulle riforme che
nascono a Roma. Pure all’autonomia statutaria si stanno attrezzando. Alcuni istituti della vita del loro comune, in qualche
modo esemplari, come il loro
« Autunno in Val d’Angrogna »,
possono rientrare pari pari nella carta statutaria che gli angrognini si daranno, come occasione e strumento di discussione, di elaborazione democratica
dell’amministrazione civica.
La legge 142/’90 sulle autonomie comunali rilancia una partecipazione politica, popolare di
tipo nuovo centrata sulla responsabilità dei cittadini, sull’autogoverno. Ed anche in questa prospettiva nel Consiglio comunale
del 30 novembre, dopo le canoniche variazioni novembrine del
bilancio corrente, si sono rinnovate le Commissioni consultive.
Esse affiancheranno l’amministrazione, gli organi comunali in
ogni campo della convivenza, attivando informazione, suggerimenti, proposte, critiche.
Si è cominciato con la Commissione intesa a studiare ed
elaborare lo Statuto che il Consiglio comunale dovrà adottare
nel corso del ’91. Poi via via si
sono costituite le Commissioni
consultive per l’agricoltura e le
foreste, per l’urbanistica ed i lavori pubblici, per il controllo
dell’acquedotto, per la tutela ambientale, la viabilità, i servizi alla popolazione, la cultura, lo
sport ed il tempo libero, la gestione del bilancio comunale.
In tutti questi campi l’amministrazione di Angrogna avrà nel
territorio, che è vasto e di difficile governo, i suoi referenti,
le sue antenne di comunicazione e di proposta. Li troverà non
solo nei consiglieri comunali tutti, di maggioranza e di minoranza, che potranno spendere
collaborazione e spinte costruttive (poiché la demagogia populista non è pagante per la comunità). Ma anche nel ricco tessuto associativo, di gruppi di interesse e di riferimento che fa,
pur nelle pesanti difficoltà di
una realtà economica e sociale
montana non certo favorita, così viva la comunità della vai
d’Angrogna.
Questo patrimonio di energie
attive nella vita sociale precede
la possibile riforma comunale
indotta dalla legge 142, la gente
di queste montagne non ha perso la vocazione a stare sulle
frontiere. A fine di seduta, il Consiglio comunale ha deciso di proporre al consigliere sig. Odino di
ritirare le dimissioni da membro della Commissione igienicoedilizia. Questa faccenda della
Commissione edilizia sta diventando un nodo di lenta soluzione. L’amministrazione comunale
non vorrebbe portarselo fino al
lontano 1995 come un laccio al
suo procedere.
Le richieste pressanti che vengono dagli agricoltori al governo
tengono pertanto conto di questa situazione e sottolineano alcuni ulteriori punti di fondo.
La qualità dei prodotti deve essere non solo tutelata, ma anche
valorizzata e pure da parte comunitaria si devono adottare misure in questo senso.
Fra le richieste specifiche al
nostro governo c’è anche una riforma dell’AIMA (l’organismo
che ritira le eccedenze), in modo
da renderla più rispondente alle
esigenze dei soggetti agricoli ed
infine, riconoscendo nei coltivatori il cardine di ogni azione per
la valorizzazione dell’ambiente e
del territorio, le organizzazioni di
categoria chiedono di evitare dì
porre vincoli nazionali non adottati da tutta la CEE, pena una
grave difficoltà a realizzare quella competitività necessaria allo
sviluppo del settore.
In caso contrario, non solo non
verrà invertita la linea di tendenza all’inizio indicata, ma si
bloccheranno anche quelle aziende che negli ultimi anni hanno
investito, puntando sui giovani e
rinnovando le proprie strutture.
Se i prodotti agricoli continueranno ad essere tassati o comunque a non avere un mercato, sarà
infatti impossibile estendere le
produzioni in modo da ricavare
il reddito per vivere e nel contempo ammortizzare gli investimenti.
Piervaldo Rostan
Il numero delle aziende sta progressivamente diminuendo, si lamenta una scarsa attenzione
da parte del mondo politico - La concorrenza straniera e il quadro di riferimento europeo
Solidarietà
fra allevatori
TORRE PELLICE — La Comunità montana Val Pollice rinnova per l’anno 1991 il fondo
di solidarietà per il risanamento e sostegno del patrimonio bo
Tale fondo ha lo scopo di risarcire parzialmente, agli agricoltori, le perdite economiche
subite in seguito ad abbattimenti del bestiame affetto da TBC BRC o leucosi, o ad abbattimenti o morti dovuti a cause accidentali.
I titolari di allevamenti residenti sul territorio della Comunità montana che intendono aderire all’iniziativa devono presentare domanda alla Comunità
montana stessa entro il 31 gennaio 1991.
Per informazioni rivolgersi al
Servizio agricoltura della Coìmunità montana (via Caduti per la
Libertà n. 6 - Torre Pellice) nel
seguente orario: dal lunedì al
venerdì ore 9-12 e 14-16.30.
Terra del Gladio?
TORRE PELLICE — Ignoti,
nella notte di giovedì 29 novembre, hanno affisso sui muri della
città un manifesto tricolore recante la scritta « Benvenuti a
Torre Pellice, paese del Gladio ».
Nella stessa serata il consigliere « verde » Pier Valdo Ro.stan
ha offerto al sindaco un mazzo
di gladioM accompagnato da un
biglietto che ricordava come i
banchi del consiglio avessero ospitato tempo addietro, anche i
’’gladiatori”.
A Luserna, nella stessa serata,
si è tenuto un dibattito pubblico, organizzato dal PCI, sui Gladio. Il dibattito ha riguardato
essenzialmente gli aspetti « nazionali e internazionali della questione », pochi gli intervenuti.
Queste le uniche iniziative sul
problema finora organizzate in
valle.
Paralisi
amministrativa
PINEROLO — La situazione
amministrativa è paralizzata nell’attesa del pronunciamento del
Consiglio di Stato in merito a
due ricorsi presentati dal consigliere Villarboito (ex Piemont,
indipendente PSD e dalla lista
DC (Camusso, Manduca) contro
l’annullamento delle elezioni operato dal TAR.
I partiti si stanno preparando
per la campagna elettorale. Il
PSI ha tenuto un convegno sullo sviluppo del pinerolese, la « lista per l’alternativa » un incontro sul piano regolatore, il PLI
ha organizzato una marcia da Pinerolo a Torino per chiedere
l’autostrada.
I principali partiti hanno richiesto incontri col commissario
per i problemi dello statuto comunale e della Provincia metropolitana.
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artigianale
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11
7 dicembre 1990
aiutare I DEBOLI
Quando la mamma che ha scritto da
Torre Pellice sarà vecchia, scoprirà il
significato dell’ostinazione « a costruire centri per anziani ». Allora anche
lei si dirà: dopo tutto, per quale motivo i giovani, che hanno l'energia di
distruggere, non avrebbero quella di
costruire?
Quando quella mamma, come me,
avrà perso le forze, ringrazierà tutti
coloro che, attraverso il rispetto per
gli anziani, diranno grazie anche a lei
per tutta la sua vita attiva.
Troverà quindi, se necessario, più
facilmente un posto in uno di questi
centri provvidenziali che i forti costruiscono per i deboli.
Una vecchia. Torre Pellice
che chiamarsi la gente che non fa
chiasso, è quella che esulta più forte
quando si condanna qualcuno » (Heinrich Boll).
E’ certo impossibile pensare il
Cristo con le cartelle sotto braccio delle quotazioni dei titoli delle borse di
Milano, Parigi, Londra, ecc.
il tema della provocazione, così come quello della libertà, e quello del
Cristo inevitabile pietra di inciampo
nella .cultura occidentale, non può esaurirsi nelle esemplificazioni di Renato
Paschetto.
Guido Zauli, Castellato Lagusello (Mn)
SDEGNO 0
IPOCRISIA?
CHIESA E
COMUNISMO
« Penso che le provocazioni contenute nei discorsi e nelle azioni di Gesù Cristo siano abbastanza note. Si
trovano protocollate in quattro versioni e in alcune aggiunte, e il mondo
ha innalzato intorno alla contraddittorietà di queste azioni e di questi discorsi non montagne, ma intere catene montuose di libri contraddittori. Esso ha condotto guerre, ha conquistato
continenti nel suo nome. Nella fase attuale del conflitto storico intorno a questi protocolli contraddittori, la lotta s’è
ridotta ad un miserrimo resto, del quale nei quattro protocolli e nelle relative aggiunte si parla solo con disprezzo, anzi in qualche caso con orrore e
con moniti minacciosi: la proprietà privata. Intorno a questo miserrimo resto
si combattono delle guerre, dichiarate
e non dichiarate, intestine e internazionali, eppure in uno dei protocolli
si legge ben chiaro: Ai poveri viene
annunciata la buona noveila. Che la miracolosa moltiplicazione dei pani avvenga frattanto sotto forma di profitto
azionario è ormai un presupposto ovvio, come un altro presupposto è che
la maggioranza silenziosa, ohe ama an
Caro direttore,
nel n. 44 ho letto l’articolo di Carlo
Papini sulla questione degli unisti ed
è con un certo imbarazzo che vi scrivo per porre a ohi è più informato
di me, ma anche a me stessa, alcune
domande.
Devo confessare una cosa: non provo una sviscerata simpatia per gli
unisti, con molto pregiudizio, certo;
considero innanzitutto il loro antisemitismo —■ ma in quelle regioni sembra una caratteristica diffusa anche fra
altre confessioni — e il loro essersi
schierati con le truppe naziste viste
come liberatrici dall’oppressore russo.
La mia domanda è questa: che cosa abbiamo fatto noi delle chiese dell’ovest, in questi anni di dopoguerra,
perché non si arrivasse ora a un tale
scoppio irrazionale di revanscismo da
parte dei fedeli e dei capi della chiesa uniate? E’ mai stata esercitata una
qualche fraterna pressione nei confronti della chiesa ortodossa russa, a
fianco della quale sedevamo al Consiglio ecumenico delle chiese, e che
esercitava un potere piuttosto monopolistico in Ucraina, perché la situazione non si esasperasse? Non voglio
dire che si dovessero usare le stesse sanzioni impiegate nei confronti
delle chiese boere del Sud Africa, ma
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Piervaldo Rostan
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
Revisione editoriaie: Stelio Armand-Hugon, Mariella ' Taglierò
Spedizione; Loris Bertot
via Arnaud, 23 10066 Torre
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione n. 175 Tribunale di Pinerolo. Resp. F. Giampiccoli,
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INSERZIONI
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EDITORE: A.I.P. • via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (presidente), Paolo
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 47/’90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle
valli valdesi il 29 novembre 1990.
qualche fraterno consiglio è stato mai
dato?
Questo vorrei sapere, per capire se
il mio attuale scandalizzarmi nel leggere quanto avviene in Ucraina è un
giusto sdegno o non nasconda tanta
ipocrisia. Grazie per l’attenzione.
Myriam Venturi, Milano
PASTORA O
PASTORE?
Bene parlatene ma, per favore, non
metteteci dieci anni come il Sinodo
per accettare le donne pastore.
Il linguaggio se non è vivo, se non
si esprime secondo le realtà la comunicazione si distanzia, media le situazioni, fossilizza anche a lungo andare.
Se la consuetudine del linguaggio
fosse femminile e inclusiva, come oggi si usa dire, come sarebbe ricevuto
« le pastore Teofilo..., Franco..., Lucilla..., Bruno... », oppure se aveste scritto il nome con la sola iniziale, cosa
ne deriverebbe?
Sarebbe meglio scrivere: il pastore
e i pastori, la pastora e le pastore.
Spero proprio che arriverete a questo... non nel 2010. E’ anche problema di testimonianza e di coerenza.
Maria Tamietti, Torre Pellice
Hanno collaborato a questo numero: Maria Luisa Barberis, Furio Chiaretto, Vera Long, Luigi Marchetti, Ruggero Marchetti, Thomas Noffke, Gregorio Plescan, Ludwig Schneider.
Nello scorso comitato di redazione
abbiamo cominciato a discutere il problema, senza per ora arrivare ad una
conclusione. Prenderemo sicuramente
una decisione nel prossimo comitato,
che e previsto per fine gennaio.
Per ora la nostra discussione si è
arrestata alla ’’grammatica” e si è osservato come il ’’genere grammaticale”
sia lontano dall’avere un rapporto di
necessità col ’’genere naturale” (es. recluta, sentinella che sono femminili in
italiano ma designano persone di genere maschile).
L’esperienza di altre lingue romanze, quali il francese, ci consiglierebbe
un uso grammaticale corretto quale:
l’avvocato signora..., il pastore signora..., il presidente signora... C’è poi
il problema del linguaggio inclusivo, su
cui registriamo la presa di posizione
delle donne. E’ un discorso ancora tutto da fare per noi, maschi, della redazione. Chiediamo aiuto in questo alle
esperte e agli esperti. Scriveteci le vostre opinioni. Ne terremo conto nella
nostra discussione di gennaio.
G. G.
LA LUCE SULLA
VIA DI EMMAUS
Compiuto il misfatto
non fu visto
il cielo posarsi sulla terra
né la terra elevarsi fino al cielo.
Nel cuore dei tiranni
di Roma e di Sion
rimase il fenomeno
del Figlio deH’Uomo
come pietra d’intoppo.
Nuvole e cori d’angeli
negli eccelsi spazi siderei.
Ma sulla via di Emmaus
due viandanti
con l’animo greve di pena
e di dubbio
videro il « Fenomeno »...
lo videro nelle parole
lo videro poi brillare di luce
nelle mani
del forestiero che s’era
loro affiancato lungo la strada.
Allora gli s’apersero gli occhi
e lo pregarono con forza:
« Rimani con noi, perché si fa sera
e il giorno è già declinato ».
Ma la Luce disparve
dai loro occhi di notte.
ERNESTO PUZZANGHERA
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Oggi
e domani
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 6 dicembre, alle ore 16.45, nella sede di via Repubblica 3, 2° piano, avrà luogo una
riunione con il seguente o.d.g.: a) appello per John E Mai Huu Nghl
(Chuong), monaco cattolico, al ministro degli Esteri del Vietnam; b) liberazione del cittadino del Bahrein
(Asia), Hadi al-Musawi; c) rendiconto dei risultati del • Trattenimento pomeridiano per Amnesty » del 2 dicembre alla Foresteria; d) campagna per
nuove iscrizioni; e) tavolino in occasione del • mercatino biologico » dell’8 dicembre a Torre Pellice; raccolta
di firme per il monaco vietnamita.
___________Teatro________
ANGROGNA — Alle ore 21 di venerdì 7 e sabato 8 dicembre alla Sala unionista replica di « A la brua! »,
del Gruppo Teatro.
POMARETTO — Sabato 8 dicembre,
alle ore 21, al cinema Edelweiss, il
gruppo Assemblea teatro presenterà lo
spettacolo « Hony soit qui mal y pansé ».
Concerti
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 8 dicembre, alle ore 21, presso il
tempio valdese, si svolgerà un concerto del coro alpino « Alpi Cozie »
diretto dal M.o Walter Mori.
LUSERNA SAN GIOVANNI — 11 IV
concerto delia serie « Pro organo » si
terrà nel tempio sabato 15 dicembre.
Partecipa il coro di voci bianche di Milanollo di Savigliano, diretto da Sergio
Chiarlo. Inizio ore 20.45.
lettere 11
Fondo
di solidarietà
Offerte pervenute a settembre-ottobre
'90:
L. 200.000: Clara e Alessandro Vetta.
L. 100.000: Aldo Cianci; Delia Fontana; Mirella ed Ernesto Bein.
L. 70.000: Anonimo Veneziano.
L. 50.000: Viola Coi’sson.
L. 30.000: N. N. in memoria della
signora Eynard Mathìeu.
L. 25.000: Luigi Guiso; ida Palmieri.
Totale L. 700.000.
Totale precedente L. 12.332.039.
In cassa L. 13.032.039.
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Sabato 8 dicembre, nell’isola pedonale di via Arnaud,
si svolgerà il mercatino biologico mensile.
Cinema
POMARETTO — Venerdì 7 dicembre,
alle ore 21, presso il cinema Edelweiss, per la rassegna « Attori, autori », verrà posto in visione il film
« Rosalie va a far la spesa ».
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma per venerdì 7 dicembre, alle ore 21.15 e sabato 8 alle
ore 20 e 22.10 Ouei bravi ragazzi, con
Robert De Niro. Sabato pomeriggio, alle ore 16 e 18, Biancaneve (e vissero
felici e contenti). Domenica 9 dicembre è in programma, alle ore 16-1820-22.10, Occhio alla perestrojka, di
Castellano e Pigolo, con Ezio Greggio
e Jerry Calà.
Mostre
TORINO — Sabato 22 dicembre, alle ore 21, avrà luogo nel tempio valdese un concerto di musica cameristica presentato dal « complesso Strauss »
a favore dei restauri dell'organo e del
tempio stesso. Il programma (violini,
viola, violoncello, contrabbasso e voce) presenta musiche di Strauss padre e figlio, Brabms, Lehàr, G. M. Perni. il concerto è il primo di una serie
che avrà luogo nel nostro tempio nei
mesi successivi. Ringraziamo fin d’ora
l’Associazione musicale Studio Valentino e gli esecutori per la collaborazione. Il concerto inaugurerà la conclusione dei lavori di restauro del tempio. I biglietti, a L. 20.000, sono in prevendita presso la segreteria della Chiesa di Torino, in via Pio V, 15, prenotazione telefonica 6692838.
NUOVI INDIRIZZI
• Il coordinatore dell’Associazione
italiana degli Amici del Quaccheri comunica il suo nuovo indirizzo; Davide
Melodia, via Franzosini 3, 28044 Verbania Intra (No), tei. 0323/45417.
NUOVI TELEFONI
• Il prof. Ermanno Genre comunica
la variazione del suo numero telefonico: 06/3748331.
RINGRAZIAMENTO
« Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
E’ mancata aU’aiIetto dei suoi caia
Jolanda Monnet
A funerali avvenuti lo annunciano
le nipoti e le amiche.
Un ringraziamento particolare ad
personale medico e paramedico dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, al
pastore Bruno Rostagno, aUa Corale
valdese ed alle persone che, in vari modi, sono state vicine a Jolanda.
Torre Pellice, 30 novembre 1990.
TORRE PELLICE — E’ stata inaugurata domenica scorsa, nell’atrio del municipio, e sarà esposta al pubblico fino a domenica 9 dicembre, una mostra del pittore Guy Rivoir.
Consiglio comunale
LUSERNA SAN GIOVANNI — 11 Consiglio comunale è convocato per giovedì 6 dicembre, alle ore 21. All ordine del giorno, fra l’altro, alcune interpellanze e le variazioni al bilancio
del corrente anno.
Spazio giovani
TORRE PELLICE — Si conclude martedì 11 dicembre la rassegna « martedì film », con la proiezione, in via Angrogna 18, di Una pallottola spuntata.
L’inizio è previsto per le 17.30, l’ingresso è gratuito.
Incontri
POMARETTO — Per l’organizzazione
della Comunità montana valli Chisone
e Germanasca e dell’Associazione « Alidada », si tiene martedì 11 dicembre,
alle ore 20.30, presso il cinema Edelweiss, un incontro con Bruna Peyrot,
con presentazione del suo libro « La
roccia dove Dio chiama ».
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(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
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Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
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Maestra 44 - Tel. 92744.
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CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
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SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
12
12
ecumenismo
7 dicembre 1990
_____DECENNIO ECUMENICO: CHIESE SOLIDALI CON LE DONNE
A che punto siamo?
L amministrazione della chiesa e l’accesso alle cariche - Momenti
di studio, di formazione e informazione - I « ministeri invisibili »
NEL MONDO E IN ITALIA
Nelle nostre chiese da un anno
ci sono due donne nella Tavola
valdese, una è diventata vice moderatore; anche nella chiesa metodista la "vice’’ è donna. La nuova direttrice di Agape arriverà
fra pochi mesi. Il corpo pastorale del I distretto è coordinato
da una donna. Probabilmente
l’elenco potrebbe allungarsi con
altri nomi in posti decisionali.
Ma che cosa ci si aspetta da loro?
Che facciano come i colleghi che
le hanno precedute (nella vita civile, per la carriera, bisogna dimostrare di essere 2 o 3 volte più
brave degli uomini).
Sono state inserite in strutture
che non sono state ideate da donne, dove i ritmi ed i metodi sono
difficilmente adatti a una vita di
donna. Certe responsabilità, nelle
chiese, vengono programmate senza tenere conto di tempi e luoghi
degli impegni familiari, ma tenendo conto solo di quelli della professione, cioè il solo lavoro riconosciuto dalia società. Rischiano
di esse strumentalizzate dalle
stnitture così come funzionano?
Faranno fatica ad essere se stesse? Aspettare che si comportino
in modo diverso, perché sono diverse, e che di conseguenza il modo di lavorare cambi, sarà l’ottica nella quale siamo chiamati a
guardare, incoraggiandole alla
creatività e novità.
Il « Decennio » e la
vita delie chiese
Aumenta il numero delle pastore, ma i loro problemi quotidiani,
ad esempio come madri, non sono ancora esposti chiaramente
perché sono delle pioniere; hanno
ad esempio un lavoro supplementare rispetto ai colleghi, che raramente erano responsabili dei numerosi e impegnativi gruppi femminili delle comunità.
Ma sarebbe un errore limitare
il « Decennio » all’accesso delle
donne alle più alte cariche. C’è
chi interpreta il «Decennio» in
modo riduttivo, credendo che si
tratti solo di rivendicare una percentuale adeguata di donne nei
posti decisionali, in base alla loro presenza nella vita della chiesa. Invece si tratta di trasformate la chiesa e la società, altrimenti si rischia di passare accanto ai
veri problemi. Prima di tutto questi sono i problemi concreti dell’impossibilità di vivere in certi
tipi di strutture, dove, comunque
tu scelga, sbagli.
Coordinamento
e iniziative
Dando im’occhiata rapida alle
ultime esperienze e ricerche delle
donne, quest’anno le donne FGEI
si sono organizzate in un coordinamento; localmente qualche
gruppo s’incontra con cattoliche
delle comunità di base. Le pastore hanno avuto un primo incontro di aggiornamento specifico, di
cui una caratteristica è stata
quella di averlo allargato ad altre
donne impegnate nella chiesa.
L’ultimo congresso FFEVM ha
deciso di pubblicare o tradurre
un libro ogni biennio. La FDEI
sta iniziando un lavoro, non facile in Italia, con il « Forum ecumenico delle donne cristiane europee », ed ha promosso il 1° Convegno nazionale su « Economia e
teologia ». A proposito degli studi della FDEI ’91 (« H volto femminile della povertà »), è strano
notare come nello stesso mome,rito (autunno ’90) possono essere
fatte nei nostri ambienti due letture opposte della situazione delle donne: la FDEI presenta la
realtà delle donne nella loro
quotidianità, la più semplice, con
il loro carico di sofferenze, solitudine, emarginazione, ristrettezza
economica o povertà; la donna
sola con figli o anziana sola, la
donna sottoccupata, disoccupata
o nel lavoro nero, o vittima di
violenze in famiglia; in difficoltà,
comunque, perché la società è modellata sullo status del lavoratore
uomo. L’insieme non è una visuale pessimista, è la sorte di innumerevoli donne.
E all’opposto la scheda del notiziario evangelico NEV, quasi
ottimista: la storia dell’impegno
delle donne evangeliche per i più
deboli, per l’evangelizzazione, l’educazione, la pace e la loro presenza attuale in tutti i ministeri.
Perché questo divario?
E ancora, passando dal vertice
alla base, ecco che si viene a sapere che una donna non si abbona più all’Eco-Luce perché non
capisce più gli articoli. Anche in
questo caso, perché questo divario nelle nostre chiese?
Il simbolo del "Decennio" di solidarietà con le donne.
donne. Queste iniziative potrebbero moltiplicarsi se si capisse
che l’evangelizzazione passa oggi
attraverso il posto e il ruolo delle donne nelle chiese cristiane e
non cristiane.
Materiali fatti
per le comunità
I nostri organismi hanno fornito materiale alle comunità. La
commissione « Comunità donne
uomini » della Tavola valdese ha
prodotto un opuscolo. Resistere; \a FCEI un questionario individuale; la Commissione del I
distretto per il « Decennio » ha
fornito una traccia di ricerca da
fare in gruppi, per donne e uomini, partendo da se stessi, ed ha
predisposto una scheda per il IV
anno di catechismo. Tutto questo
è complementare. Ma sembra che
pochissime comunità ne abbiano
approfittato. Vengono approvati
ordini del giorno, ma poi si fa
fatica ad applicarli e ad iniziare
L’assistenza è ancora delegata in
larga misura alle donne.
Un impegno
per le chiese
Ma il ’’Decennio” non è delle donne, ma delle chiese. Quest’anno il
12° e il 15° circuito hanno preso
posizione sull’ argomento. La
Claudiana pubblica libri sulle
donne e la teologia femminista.
« Gioventù evangelica » segue
questo filone con regolarità e pure gli uomini ci si impegnano,
analizzando anche i disagi maschili. Alcuni concistori hanno nominato una persona o un piccolo
gruppo per seguire il « Decennio ».
La chiesa valdese di Torre Pellice ha organizzato una serie di
incontri estivi, aperti anche ai villeggianti, sul libro In memoria
di lei; a Pinerolo un incontro
ecumenico su « Giustizia, pace,
salvaguardia del creato » ha visto
anche un gruppo di lavoro sulle
dello maschile, tanto è vero che
le loro proposte di trasformazione per una società più giusta, dove ognuno sia considerato soggetto capace di produrre cambiamenti, sono spesso ritenute utopistiche. Molti ancora devorio
prendere coscienza del fatto che
i problemi a volte drammatici,
sempre sofferti, delle donne sono
attualmente uno dei punti di partenza principali per capire come
trasformare la nostra realtà quotidiana e la nostra società occidentale.
Qggi, nelle nostre chiese, non si
è al chiaro sui rapporti tra ministeri regolari e volontari; il ministero invisibile di diverse donne
continua ad essere tale. Chi ha
voluto dare un senso alla propria
vita, anche a costo di rinunce, si
ritrova a mani vuote; quello che
appariva positivo 20 o 30 anni fa
è diventato negativo.
La condizione
di « doppio lavoro »
Nella società la situazione della
maggioranza delle donne non migliora; bastano pochi esempi: a
una giovane sposa senza figli, che
chiede un posto di operaia, viene
risposto che non ha bisogno di
guadagnarsi la vita.
Per una donna il lavoro è sempre problematico, o è doppio, o
non conta, perché o è un lavoro
casalingo, con conseguente non
autonomia e dipendenza economica, o provoca perdita di « identità sociale » (quando viene lasciato a causa di troppe incombenze
familiari).
Un ex operaia diventata casalinga per occuparsi di familiari, bambini e anziani, ha affrontato grosse difficoltà per continuare a pagare la pensione.
In una società ancora organizzata su un modello maschile, cioè
parziale, dove manca l’apporto
specifico delle donne, può essere
importante attualmente cercare
di formulare una cultura delle
donne, diversa da quella che si è
assimilata — fondata sulla forza
e la competitività —, per trasformare la società. Si tratta di ascoltare i bisogni le une delle altre,
e si tratta di essere prese sul serio da tutti.
Alcuni mesi fa un uomo diceva
in una riunione evangelica di
quartiere: « Sono le donne che
propongono cose nuove, ed è lo
stesso in politica ».
Quali urgenze ci sono? Qgni
realtà locale potrebbe elencare
che cosa manca di essenziale perché un sempre più gran numero
di persone possa raggiungere
la dignità di persona umana.
Marie-France Maurin Coi'sson
Iniziative
La lotta per l’affermazione dei diritti di base e per l’emancipazione - Contro ogni guerra
questa ricerca. Dove sono nati dei
progetti locali da portare avanti
insieme, donne e uomini?
Altro problema: là dove le
donne sono presenti, sono veramente ascoltate? Trovano spazio
e ascolto se riproducono il mo
Attraverso
i continenti
— Quest’anno ha avuto luogo a
Creta la II Consultazione internazionale delle donne ortodosse
su « Chiesa e cultura », e per
formulare scopi per il « Decennio »; un gruppo ha discusso del
rinnovo del diaconato per donne
e uomini, e della necessità di riflettere sulla questione dell’accesso delle donne al « sacerdozio »;
un altro sulla riscoperta della
storia della chiesa ortodossa.
— Il Movimento delle donne
protestanti del Senegai sta discutendo sulla poligamia.
— Nello Zaire, accanto a vari
centri costruiti su iniziativa di
donne (artigianato, alfabetizzazione...), in ogni comunità c’è un
campo coltivato dalle donne per
aiutare vedove, partorienti, ammalati.
— In Namibia sono stati ribaditi i diritti delle donne (salario uguale per lavoro uguale,
sposare un marito scelto dalla
donna, poter essere votate, abolizione delle pene corporali da
parte dei mariti e della dote per
le ragazze).
— Da un anno esiste nelle Filippine 1’« Associazione delle donne in teologia », che lavorano
anche per la trasformazione della società.
— In Corea un’associazione simile lavora per la pace e la
riuniflcazione, la teologia femminista, il ministero delle donne,
la promozione di donne-leader
in organismi cristiani. Nell’89 è
stata fondata una chiesa delle
donne a Seoul, per « cercare
quello che è perso ». Il gruppo
prepara studi biblici per predicatrici e giovani, scambi di storie, dialoghi con la società, incontri di coppie, temi nell’ambito « Giustizia, pace, salvaguardia
del creato »...
— In Argentina le donne latinoamericane si sono ritrovate
per un approfondimento teologico nato dall’incontro con la povertà e la marginalità di cui soffrono a milioni.
Donne e uomini
insieme
— Visto che il « Decennio ecumenico delle chiese solidali con
le donne » non è il decennio delle donne con le donne, il pastore Hanson, della chiesa presbiteriana del Texas, ha detto:
« Se le comunità non sono coscienti sul ’’Decennio”, non succederà niente»; perciò si cerca
di intensificare questa ricerca
con persone e materiali a livello
locale e sinodale.
— Il gruppo contro lo sfruttamento intemazionale sessuale
e razzista (AGISRA), che ha sede in Germania, lavora contro il
« turismo sessuale » per il quale agenzie attirano clienti usando cliché sulle donne del terzo mondo che sarebbero dedite
agli uomini, non emancipate...
(da «Decade Link», 6/1990)
Dall’Italia: donne in
nero contro la guerra
...« Noi donne dell’Associazione
per la pace rifiutiamo di attendere il momento del pianto: perché già troppo forte ci arriva
quello di tante altre donne, nella Palestina occupata come in
Iraq e in Kuwait. Vogliamo agire... in prima persona, come il
soldato che rifiuta di partire per
il fronte: con l’obiezione di coscienza. Per questo abbiamo
scelto, insieme ad altre forze pacifiste, di chiedere ai giovani di
leva di dichiararsi obiettori, e
praticheremo, come cittadine, la
via dell’obiezione fiscale alle spese militari. Vogliamo rendere visibile a tutti il nostro dissenso...
verso l’incapacità della comunità internazionale a costruire la
pace, a difendere i deboli, a far
valere per tutti gli stessi diritti.
Lo esprimeremo con un gesto
simbolico: un gesto che abbiamo imparato in questi anni dalle paelfiste israeliane, e che altre volte abbiamo praticato insieme a loro, a fianco delle donne palestinesi... Con questa convinzione manifesteremo ogni
mercoledì dalle ore 18 alle 19
vestite di nero, davanti al Parlamento e nelle principali città
italiane. Rimarremo in silenzio,
per un’ora, portando in mano e
addosso la scritta: ”No alla guerra, fermare i massacri...” (tei.
06/3610624).
(Da una mozione presentata al
II Congresso dell’Associazione
per la pace, Perugia, 5-6 ottobre)
Pubblicazioni
Dall’Italia:
Resistere - Donne e chiese, pace, immigrate - Commiss. « Comunità donne uomini » della
Chiesa valdese, 1989.
A. Gutducci: Perdute nella storia
- Firenze, Sansoni, 1989.
Dall’estero e dall’Italia:
K. Walter - M. C. Bartolomei:
Donne alla riscoperta della
Bibbia ■ Brescia, Queriniana,
1989.
Dall’estero:
M. Buhrig: Donne invisibili e Dio
patriarcale - Torino, Claudiana, 1989.
B. Brock-Utne: La pace è donna
- Torino, Ed. Gruppo Abele,
1989.
E. Moltmann-Wendel: Le donne
che Gesù incontrò - Brescia,
Queriniana, 1989.
E. Schuessler^Fiorenza: In memoria di lei - Torino, Claudiana, 1990.
D. SoELLE: Per lavorare e amare Torino, Claudiana, 1990.
G. Duby-M. Perrot: Storia delle
donne - Bari, Laterza, 1990.
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