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^ e t i i m a n alé
della Chiesa Teldedé
Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete: peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo ...
- Anno LXXX - i'i - - Num. 8 — Abbonamento: Lire 600 per Tinterno, Lire lÒtìO per l’estero — ,^odì*ione in abbonamento postale, I Grruppo [ 'l'ORRE Amministrazione: Claudiana - Torre Pellice - C.C.P. 2-17557 Prezzo E.« 15 [ PELLÌfeE, 22 Febbraio 1950 |
k. - ' y V /S-.t;- ■•'S - T'IlMiAn Cmiibiliiollo
Bene supremo o suprema disgrazia
"Saprete che cosa sia esser privi delia Mia presenza l„ (Num. 14: 34 - Vers. Segond)
Qualche vermone traduce letteralmente, ma in modo osc uro : « Conoscerete la mia alienazione » (Diodati); qualche altra, più chiaramente, ma con espressione eh'è già. un comm.ento : « Saprete che cesa sia
incorrere nella mia disgrazia » (Riveduta), h ’ quanto
dire che questo passo è estremamente ricco di significato : pensate invero al tesoro eh’è per noi « la presenza dell'Eterno »; ed alla tremenda disgrazia in cui
incorre chi se ne priva..
• •
La divina presenza si manifestava talora, presso
Vantico Israele, in maniera soprannaturale, motivata
dal grado primitivo di sviluppo della scienza umana;
ora, non più.
Già i Salmisti l’intuivano spiritualmente come il
Sommo Bene : « Molti van dicendo : Chi ci farà vedere la prosperità? 0 Eterno, fa’ levare su noi la luce del tuo volto ! ». E, prima ancora, essa era da Mosè invocata qual somma di tutte le benedizioni ;
« L’Eterno ti benedica..., volga Egli il suo volto
verso te e ti sia propizio ». Ed oggi, culminante nella promessa del Figliuol di Dio : « Ecco, Io sono con
voi tutti i giorni.. '», la divina presenza equivale al
suo Spirito: « Esso sarà in voi »; « non vi lascerò
orfani »; al suo Amore che, nelle mille sue manife
«énisttyui, rbatt- vicn ttmic uptot. Gvuxi/l cJì..e Sem
pre « ci basta »; ài convincimento, eh’è un fatto di
esperienza, che « tutte le cose cooperano al bene di
quelli che amano Dio » : certezza che trasfigura gli
eventi, qualunque essi siano, della terrena esistenza
in mezzi efficaci per « afferrare la vera Vita ».
Non vacuo misticismo. Ma « fede, potenza che
vince II mondo »; per avvalorarla, per renderla trionfante sino al giorno in cui sarà mutata in gloriosa
possesso : la tua presenza, ancora e sempre, o Dio
misericordiimo ! E da essa, ognora, « l’aiuto cì ver
rà » - qual « celeste balsamo » - qual « pace profonda, infinita » - qual « serena gioia e vita; vita che
him tramonta più ».
Qual maggior bene, in verità?
• *
E, logicam.ente, qual maggior disgrazia il privar
sene :
Chi mai potrebbe, essere così stolto? - Stolta sei
tu, anim.ii'mia, se - pur cantando « la tua presenza
brama » - 'non la ricerchi praticamente, nella vita
quotidiaiiii : quando, « cristiana » di vernice, ti dimostri « atea » nella sostanza.
« Privo della presenza di Dio » chi si materializza, nè più nè meno, come la gente di mondo, non sentendo veramente « fame e sete » d’invocarla nel segreto della sua cameretta e nella comune adorazione:
0 chi la paventa, scacciandone il pensiero come molesto, per esempio dai suoi libri di conto; o chi infine la
rende impossibile coi propri « interdetti » ; « Ecco,
profetava Isaia, la mano dell’Eterno non è troppo
corta, per salvare... Ma son le vostre iniquità quelle
ohe han posto una barriera fra voi e il vostro Dio! ».
E, somma di tutti i mali, codesta a privazione »
diventa smarrimento inevitabile e, tosto o tardi, disperazione per la creatura fatta ad immagine di Dio :
informi la nostra misera civiltà « cristiana ».
Ma, più ancora, lo dica un’anima che, fatalmen-\
te avviata alla morte quando sia chiuso per lei il
« tempo della grazia », sente tutto il valore della vita ohe non ha voluto accettare. IndimMle àngoscin e vana, .sr attraverso il « ravvedimemó e i frutti degni di esso », quell’anima non si è assicurata la presenza dell’Iddio perdonatore e santifwatore.
.ànima mia, lifletti solo a questo : che, per salvartene, il Santo ed il Giusto ha portato in croce « il castigo per cui noi abbiam pace ».
Accettare : è il bene supremo.
Privarsene : è la suprema disgrazia.
Luigi Marauda
Tavola- L’insegnamento verteva principalmente su l’italiano ed il latino, poi
su altre discipline varie. Dei premi
erano assegnati annualmente ai più meritevoli degli alunni e distribuiti pubblicamente.
Gli alunni che frequentavano la
Scuola Latina, per la lontananza della
medesima dalle chiese più remote, dovevano vivere, la maggior parte, in
pensione ; ciò che precludeva a rriolti
i’accesso agli studi, per la povertà ge- Congreas of Faiths » »’est déflnie elle
de# croyants
€ World congress of faiths >
branche française ^
{Fragments d’un nu^Bqge qai nqiti
est pmrverm). , .
Ote n’eat que tout récemiment que
notre branche française du «World
T. G. PONS
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Scuola Lalina
Questa modesta scuola fu in embrione la prima scuola d’istruzione media
ohe si sia avuta nelle Valli ; scuola che
rese dei servigi incalcolabili alle nostre
popolazioni, allora completamente segregate negli stretti limiti delle nostre
montagne, e che verrà in seguito perfezionata sempre più, grazie specialmente ai benefattori delle Chiese riformate dei Paesi Bassi, e per esse di
quel benemerito Comitato Vallone che
fu la nostra provvidenza durante tutto
il secolo XVIIE, in modo particolare.
La scuola ebbe è vero, nei primi anni, una vita un po’ incerta e stentata,
dovuta a molteplici fatti. Ma poi si rinfrancò, s’irrobustì e divenne una fiorente e provvida istituzione durante
circa un novantennio ; fino alla fondazione cioè del Collegio della S. Trinità,
ad opera del Gilly, Collegio che finì,
nel 1837, per assorbire completamente
la vecchia Scuola Latina.
Questa era sorta con io scopo di preparare alle Valli gli studenti destinati
al ministerio pastorale; studenti che
prima dovevano recarsi, giovani ancora, all’Estero per frequentarvi le scuole preparatorie loro indispensabili per
venire in seguito ammessi agli studi
teologici, pur essi compiuti nelle Acca,
demie straniere. In tal modo essi erano
costretti ad allungare di almeno tre o
quattro o cinque anni i loro studi nei
paesi stranieri, già di per sè lunghi ed
anche costosi: perchè generalmente le
borse erano insufficienti a coprire tutte
le spese inerenti agli studi ed alla vita
{il città straniere. E ciò allontanava da
gli studi i giovani delle famiglie più
povere delle Valli, specialmente di
quella di S. Martino, la più montuosa
e disagiata. Per cui, nella pratica, ed
almeno in certi periodi speciali, la car.
riera pastorale finiva per diventare
quasi ereditaria in alcune famiglie piti
abbienti o più influenti per amicizie e
parentele, nelle quali era più facile impartire ai propri fanciulli, direttamente
0 meno, gli elementi di cultura richiesti per avere accesso alle Accademie
svizzere od olandesi, o che più agevolmente riuscivano ad accaparrarsi e a
bloccare, talora in anticipo, nei Sinodi,
le borse istituite all’estero per gli studenti valdesi.
Sua uHIilà
La Scuola Latina si dimostra anche
una provvidenza perchè, oltre al diminuire della metà il soggiorno degii stu.»
di aU’Estero, permetteva di studiare il
carattere e le capacità dei giovani e di
potere in tal modo scegliere i candidati
più adatti agli studi ed al ministerio cui
erano destinati ; inoltre essa estendeva
ad un^ numero di giovani sempre maggiore la possibilità di studiare e di mi.
gliorare perciò la propria cultura generale.
La Scuola pertanto contribuiva notevolmente a migliorare il piccolo ambiente valdese, ad elevare il livello
Culturale di una sempre maggiore, se
pur limitata, parte della popolazione e
k far sorgere quindi, in seno alle chiese più privilegiate, più numerose e più
qualificate vocazioni alla carriera pastorale: carriera poco ambita i tempi
difficili e nelle critiche condizioni finan.
ziarie in cui si dibattevano così spesso
i ministri della Parola, nella miseria
generale del secolo.
La Scuola Latina si teneva alternativamente nelle due Valli, per un periodo di tre anni, salvo eccezioni dovute
a mancanza o deficienza di locali, o ad
abusi del Rettore. Non pare che fossero molto numerosi gli alunni e che superassero, negli anni migliori, la ventina, che era ritenuto il massimo di cui
si potesse occupare con profitto un solo insegnante.
Al principio dell’SOO la Scuola non
aveva ancora un suo regolamento,
mentre oe aveva uno il Rettore, che
aveva fra l’altro il dovere di fare ogni
anno una relazione sul risultato degli
esami finali degli alunni affidatigli : relazione che si doveva inviare al « Comité Vaudois » olandese, da cui dipendeva direttamente la Scuola Latina,
nerale delle Valli e per i carichi e le
imposte che già avevano le comunità,
le quali erano costrette a pagare a S.
A. R., oltre-ai tributi òhe pagavano
prima del' 1686, altri tributi straordinari ed imposte arretrate ed interessi
per somme che si erano dovute pagare
durante la guerra come contributi, ed
ancora diritti feudali di cui avevano
sperato di ottenere l’esenzione per alcuni anni, onde avere il tempo e le
possibilità di rialzare le loro case rovinate, ridurre nuovamente a cultura le
loro terre per vari anni lasciate nell’abbandono più completo, rialzare dalle loro rovine i templi.
Comunque sia, si può affermare che
una delle più fortunate ed assennate
decisioni dei Sinodi valdesi della seconda metà del secolo XVIII, sia stata
quella riguardante la istituzione della
(( Scuola latina » ». La quale, nata nel
1769 alla Torre, ebbe, dopo qualche
anno di esitazione, una vita fiorente e
provvidenziale per le Valli, durante
circa un novantennio : fino alla fondazione cioè del Collegio della S. Trinità, ad opera del Gilly, Collegio che
finì, nel 1837, per assorbire compietamente la vecchia Scuola latina, che ci
pare sia stata la più utile di tutte le
numerose provvidenze cui siamo debitori alle Chiese olandesi : e per esse a
quel Comitato vallone che si era oerfettamente reso conto delle necessità
delle nostre Chiese proletarie ed in
particolare della eccezionale importanza della scuola per le Valli, e dell’insegnamento che vi si doveva impartire, indispensabile perchè i nostri
lontani imparassero, per la loro educazione ed istruzione religiosa, a leggere la Bibbia ed il catechismo
Alle Chiese vallone dei Paesi bassi
adunque, che accolsero nel seno delle
loro comunità, nei più tragici momenti della nostra storia, pastori e fedeli
perseguitati nelle Valli, e che dopo aver provveduto a sopperire agli urgenti bisogni dei più diseredati, dei pastori emeriti e delle vedove dei ministri,
presero a cuore anche il problema della istruzione dei giovani e poveri figli
delle nostre montagne, ed in particolar
modo di quelli destinati alla carriera
pastorale, alle Chiese olandesi ed al
popolo tutto di quella nobile nazione è
assicurata, oggi come ieri, la nost-a
riconoscenza imperitura.
TRWsmissione rwpio pbb i eiounni
Domenica 5 marzo, ore 9, la Irasmissione del Cullo Radio da Firenze sarà
dedicala parlicolarmenle ai giovani.
PORieRf» IL PnSTORG TULLIO V/IRRa
même »’intitulait; (( Union »pirituel1« des lOroyante ».
Dans un monde dangereusemonit divisé, notre but est d’-uwir. Et pour ulUiir vraiment, noua vouldna unir spirituellement Nous croyons en effet à
la .pnimauté' d« l’esprit, qui s’affirme
dans toutes les grandes religions du
monde. Nous ne sommes aippelés, ni
à proclamer TéquivalCnoe des reli.
gionS!, ni à faire prévaloir une religion sur les autres. Dans l’état actuel
des choses, nous continuons à appar.
■tenir à des religions et à des cultes
différents, mais- nous croyons que la
pratique éclairée de notre foi particulière, dans la fidélité à oe qu’elle
a d’essentiel, nous fournira les bases
d’une solide union spirituelle, point
de départ à vraie condition d© toute
pacification durable et de toute collaboration féconde dans un monde qui,
souis peine de périr, doit maintenant
surmonter scs égo'ismes, ses méfiances,
ses préjugés, ses peurs et 1© recours
criminel et insensé à, la guerre qui en
résulte.
Notr© union, à nous croyants de
toute appartenanoe religieuse, doit
manifester l’essentielie fraternité des
hommes, corollaire d© notre foi commune en Viunicité et en l’umversèlle
fraternÀté de Dieu. (Nous sommes i/rridiucPiblement. frères des autres hom.
mes quels qu’ils soient pare© qu© nous
nous connaissons en profondeur, en
Dieu, bien au-delà de tous les préju.
gés et de toutes les barrières qui peu.
vent nou.s séparer extérieurement. Et
cela nous met au coeur une invincible
foi et un© espérance que rien ne peut
ébranler.
Et pourtant nous n© nous faisons
aucune illusion Nous savons tout ce
qu’il y a de dangereux et de mauvais
dans r homme iMais notr© découverte
d© sa vrai© nature, par 'delà sa déchéance actuelle, et d© la fin qui lui
est assigné© par Celui qui ^t le Maître d© THistoix© et le iPrincip© de toute vie, mous oiblige à la eonifiance et
nous dicte notr© comportement.
Nous formulerons quelques principes qui nous paraissent pouvoir être
aocjeptés par 'tous les tenants des religions que nous représentons;
1 — N© jamais faire aux' autres ce
qu’on n© voudrait pas se voir infliger
à soi-même. Leur faire, au contraire
tout c© que l’on souhaiterait pour soi.
2 — iL’exploitation d© l’homme par
l’homme, qu’il s’agiss© d’.iindividus c«
d© peuples, de races ou de classes, est
un crime de lèse-humanité. On n© peut
s’y livrer sans déchoir spirituellement
©t moral«iment, et sans se fair© encor©
plus de tort à soijmêm© qu’à celai ou
à ceux qu’on exploite. Il n’y a de
grandeur, de croissance véritable,
d’espérance et par oonséquent. d’avenir que dans l’amour et 1© retvice des
autres.
3 — Les droits im.p,rescTiptibles d© la
personne humain© — liberté de cons.
oienoe et de culte, liberté d© pensé© ©t
d’expression, liberté d’action ©t d’entreprise — doivent être respectés et
sauvegardés, pour autant du moins
qu’ils n© portent pas atteinte aui
droits et à la liberté des autres
4 — Pour c© qui est d© la justice,
tout homme doit jouir d’une vrap' se.
curité matérielle par 1© jeu d’un© so-
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L’EGO DELLE VALU VÌLDESI
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I 4« l’ìnnrucition «t d« le culture
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doiyani âtre a^oefleilbles égelement, a
tout feomtoe qui y aspire, pourvu que
jse ne soit pas pour la réaLisation de
V A^L D E S E
(Etats Unùi||||i
qu’il a^jeçue de diriger l’Orphelinat de
' * j<*e ne soit pas pour la reausatron «le
t^'Jies personnelles et égoïstes.
> jp No* Me prétendons pas nous, menu
1N< Unie«‘spirituelle des Oroy> réaliser parfaiteonent notre 1.
’mais nous oroyone à cet idéal «t
éntr’aidons’ à le réaliser.
^îihe à se définir soi jnaiêTne
en face.d«» autres, en tant que croyant,
sans esprit de prosélytisme et sains aggressivité auoune, dans les exigences-'
les plus hautra et les plus généréutes
He sa, foi. AinM se manifféte tqùt nalurélÎemeint irnOtre
prâîonde.
unité üissentièl le et
G CœOSJEAN
¡L’Eglise presbytérienne^^vaudoise dii
Valdese, dans la Cptolinè du Nord, a
vu partir, le mois de décembre dernier,
M.flév. Mc dure .»qui la desservait
oomme. pasteur depuis 1946.
' lie; digne ministre, âgé de -44 ans,
avait BU se captiver l’affeotion dü troupeau confié à ses soins, constitué en
jjfgrande majorité par des familles originaires des Vallées et par leurs descendants, avec sa fidélité, son zèle et
son entrain juvénil. Il laisse l’Eglise
de Valdese pour accepter la vocation
"w-Î4 I
^ M C m ^ C
NeUa storia
a lo vi do un nuovo comandam^
to'r che vi amiate gli uni gli altri. »
^Giov. 13: 34).
■ 'Il comandamento era'veramente
nuoMo nel mondo pagano.
Senza du,bbio anche prima di Cristo si potevano registrare atti di misiericOrdiai In ogni tempo il mendicante ha ricevuto un’elemosina e il
mendicante non è mai mancato al
crocicchio 'dielle strade, aH’ingresso
■rfei templi e dei mercati.
Nella storia romana si trovano
sexnpi di doni ¿’ogni specie. V’è chi
offre alla città natale un teatro, uno
stadio, un - acquedotto, un bagno, un
''muro, ima strada, un mattatoio. V’è
chi distribuisce sotto costo o gratuitamente grano, vino, olio. V’è chi
allestisce banchetti ed elargisce denaro, specialmente in occ-asione
'di nascile o matrimoni od altri eventi felici.
(Quando ai tempi di Nercme, crollò
un anfiteatro travolgendo 50.000 persone i patrizi inviarono medici e medicinali e larga fu l’assistenza dWta
ai fuggiaschi di Ercolano e Pompei,
in seguito alla famosa eruzione del
Vesuvio.
■ E tuttavia la carità non fu virtù greca e meno ancora romana, 11 dono
em fatto più per vanità personale
che per amore del prossimo ed era
iniziativa individuale più che azione
coordinata della società, intesa a nii
gliorare le condizioni degli infelici.
Nel paganesimo antico vi sono esempi di generosità, non opere d’a
more. Manea il senso del valore dell’anima della dignità id’ogni singolo
individuo.
ir povero pertanto non vai nulla.
Per lo Stato è un pe.so. E poco vale
Iq il bambino, il debole. Val
g<mo solo nella misura in cui servono alla comunità.
Il patrizio si prenderà cura dello
schiavo e lo Stato dei soldati perchè
sono utili, ma solo per questo.
Il mondo pagano fu un mondo senza amore.
Diverso fu il mondo d’Israele. 11
concetto di proprietà nell’Antico Testamento non è quello assoluto del
Diritto romano. Ne è esempio la legge in virtù della quale il terreno, dopo un determinato nmnero di anni,
tornava aH’antico possessore. Ogni
proprietà è relativa. Signore d’ogni
cosa è Dìo. Ogni nomo è figlio di
Dio ; ogni uomo è quindi in una certa misura comproprietario dei beni
che Dio mette a disposizione di tutti.
Le spighe lasciate nel campo, le ulive rimaste sui rami, i raspolli dimenticati nella vigna saranno per lo
straniero, per l’orfano e per la vedova (Deut. 24: 19-21), Ogni sfruttamento del povero è severamente vietato. Ogni debito va considerato cstinto nell’anno di remissione (Deut.
15: 2).
La misericordia verso il povero è
la caratteristica che non deve mai
mancare nella vita del giusto.
In Israele il debole è oggetto non
di disprezzo, come fra i pagani, ma
di amorosa sollecitudine divina. E
sollecito del prossimo dev’essere ogni
israelita: « Il digiuno di cui mi com
piaccio non è egli questo: che si lascino liberi gli oppressi... che tu divida il tuo pane coq chi ha fame, che
tu meni a casa gl’infelici senza asilo.
che quando vedi uno ignudo tu lo
copra, e che tu non ti nasconda a colui ch’è carne della tua carne? » fisaia 58: 6-7).
Sono già accenti di ispirazione cvangelica. Conte evangelica è la massima di Levitico 19: 18: « amerai il
prossimo tuo come te stesso ».
Gesù indicherà chiaramente all’uomo chi è il suo prossimo. Forse gli
Israeliti non lo sapevano. Avevano
forse idee confuse al riguardo. In
questo senso possiamo dire che l’Evangelo darà nuova ricchezza dì con-»
trauto alla massima antica, ma qui
già è lecito ravvisare il fondamento
primo del diaconato perchè l’amore
è servizio.
Alberto Ricca
VOCAZIONE
E MESTIERE
Molto opportunamente l’Eco ha
pubblicato il EegoJamento delle nostre
Diaconesse. Perchè probabilmente molti tra noi non ne avevano un’idea e
perchè, dopo averlo esaminato, si deve concludere che solo una vera vocazione può permettere di accettare una
regola tanto dura. E la nostra riconoscenza, il nostro affetto verso quelle
nostre sorelle ne sono aumentati a cento doppi.
Per contrasto mi ritornano in mente episodi recenti occorsi in alcuni ospedali civili. In uno l’errore’di un’infermiera che scambia una fiala per
un’altra costa la vita a quattro bambini. Altrove un infermiere abbandona
un paralitico nel bagno con il rubinetto deH’acqua calda aperto e lo ritrova
dopo un certo tempo ustionato mortalmente. Senza arrivare a cosi tragici estremi la nostra esperienza personale e recente di ospedali rievoca infermieri trascurati, leggeri come quello che segnava la temperatura sulle
cartelle cliniche senza applicare il termometro, oppur venali, a caccia di
mance o pronti a sfruttare in ogni modo i malati, proporzionando le loro attenzioni al profitto che possono ricavare.
Là, presso le Diaconesse, vocazione, qui mestiere.
Mi si potrà obiettare che non alle
infermiere o agli infermieri son da contrapporre le diaconésse, ma alle suore,
e, ad onor del vero, la mia esperienza
personale in fatto di suore d’ospedale
porterebbe a Iodi senza riserve, per
quanto esperienze di altri possano portare a tutt’altra conclusione. Ma è
naturale che in una classe vasta come
quella delle suore ospitaliere la selezione non possa essere così rigoros.a
come quella cui tende il Begolamento
delle Diaconesse. D’altra parte le mansioni delle suore negli Ospedali Civili
del nostro paese non sono le stesse di
quelle delle Diaconesse, le quali cumulano in certo qual modo la figura
della suora e quella deU’infermiera.
Ora io non voglio affermare che le
nostre Diaconesse non possano commettere un errore, non possano eventualmente impazientirsi alle esigenze
a volte estenuanti di certi malati. Sono creature umane, non angeli I Ma
possiamo esser certi che nessuna diaconessa sia talmente distratta e trascurata da commettere errori colposi o
8 incontrano uomini che a questo con
oetto ispirano il proprio lavoro, importante o modesto ci^ sia. In modo particolare una simile concezione del proprio servizio, nella società dovrebbe
trovarsi sempre tnà' quanti esercitano
mansioni sanitarie. Non si può negare
che non mancano esempi, anche eroici. di questo spirito missionario tra i
sanitari di ogni paese; ma accanto a
questi, quanti mestieranti ! Quanti luminari dell’arte medica che proporzio
nano l’interessamento per il malato
aU’onorario, quanto mercantilismo tra
i seguaci di Esculapio. Come meravigliarsi poi della venalità dei loro aiutanti quando essi hanno sotto gli occhi un cosi pernicioso esempio.
C’è da ritenere per certo che simili
medici non hanno avuto mai occasione di avere a eollnboratrice una diaconessa. Probabilmente lo spettacolo di
una dedizione che nulla chiede, di una
umile abnegazione risveglierebbe la loro coscienza. Ed è questo un aspetto
forse non generalmente pensato del lavoro delle nostre diaconesse : agire da
stimolatrici e da esempio vivente di
quanto la vocazione stia al disopra del
mestiere, non solo per i compagni di
lavoro, ma per tutti noi.
M. Bynard
Borium Springs, qui accuoillé^ pour
les instruire et les éduquer, tous les
orphelins de l'Eglise presbytérienne
de la Caroline du Nord.
Je. - ' - •
L'Eglise lui a fait ses adieux le mois
de décembre, en lùi souhaitant un mi»
nistère béni dans Iq nouveau champ de
travail auquel ses qùalités d’éducateur
l’on destiné.
Nous souhaitons à nos coreligionnaires de Valdese que leur nouveau
conducteur soit, oômme celui qui est
parti, plein de zèle* pour son ministère
spirituel et que celui-ci porte beaucoup
de fruits, à la gloiïe de Dieu. P.
irjtE
Angrogoo (Capoluogo)
r
Avviso per gli studenti
possa abbandonar^ un malato Inoapfioe di aiutarsi da
11 loro carattere, il solenne impegno
da esse assunto, più impegnativo di
voti monastici, g^ppunto perchè non
irrevocabile come quelli, ci sono garanzia di una vera voqszione. E’ evidente
che dal punto di vista del tornaconto,
le diaconesse con la.,Jiducia che riscuotono come infermile, avrebbero ogni
interesse a dimettersi e ad esercitare
un’attività privata. .
Quali esse sono jn realtà, lavoratrici disinteressate della Carità, esse s .»no esempio di quello spirito di vocazione e di missione che ogni cristiano
dovrebbe portare nel suo lavoro, qualunque esso sia, ma che in pratica
tanto di rado si può constatare.
Si fa quasi un capo d’accusa alla Riforma di aver intrGfdotto il concetto di
sacralità delle attività umane anche
laiche, quasi una profanazione del divino. Ma non solo ira i « protestanti »
Domenica 12 corr. il nostro culto e
la Scuola Domenicale del Capoluogo
sono stati ..presieduti dal sig. Mario
Miegge, Presidente della ScKìietà Missionaria Pradeltorno. Lo ringraziamo
per ì suoi messaggi cristiani.
- - Giovedì 16 corr. abbiamo depòsto nel
cimitero del Capoluogo la spoglia mortale del bambino Berifw Buio (Sterpa)
strappato fulmineamente all’affetto
dei suoi cari all’età di 11 anni quando
nulla lasciava presagire una cosi immatura fine. Mentre additiamo ancora
una volta alla famìglia afflitta la certa
speranza della resurrezione in Cristo. ~
invochiamo su di essa“ le consolazioni del Padre.
Il 17 febbraio è stato, celebrato da
noi con grande concorso di membri di
Chiesa e di bambini. Preceduti dai
tamburini i bimbi della Comunità del
Serre si sono incontrati con quelli del
Capoluogo ed insieme hanno fatto il
loro ingresso nel Tempio dove il Pastore ricordava il significato attuale per
noi della ricorrenza ed un ricco programma di recite e canti veniva svolto.
La domenica 19 corr. ebbe luogo nel
tempio il culto commemorativo cui la
Corale partecipò con resecuzione di due
cori di circostanza molto bene eseguiti.
Alle 12,30 il tradizionale pranzo riuniva nella sala grande al Capoluogo un
certo numero di partecipanti. Al levar
delle mense da parte dei presenti si
formulava il voto che in avvenire il significato di tale pranzo fosse meglio
compreso da molti i quali se ne astengono senza giustificato motivo.
Ir’Unione Giovanile di Prassuit-Nernè ci dava poi, le sere di sabato 18 e
domenica 19 corr. un riuscito trattenimento familiare per il quale ancora la
ringraziamo vivamente. e. a.
Tutiti gli studenti sòno invitati alla
riunione ehe avrà luogci sabato prossi<
mo 25 0. m.7 alle ore 16,80 nella sala
della Biblioteca "Valdese di Torre Pel
,_liee. ' ’■ ' I
■ IJ doti. De Bottini terrà una con/
varsazióne sui seguenti temi : 1) Per-i
chè ho studiato medicina; 2) Le mie:
esperienze di dottore di fronte al mU
stero della vita, della sofferenza e della morte. ;
Seguirà una breve discussione. í
Tip, Subalpina s. p. a. Torre Pellica^
Dir. Resp. Ermanno Rostan
La famiglia, i fratelli, le sorelle e
parenti tutti del caro compianto <
Francesco Rivoira
■ringraziano commossi, tutti coloro ch$
hanno preso parte al loro dolore e Uf
stimoniato loro simpatia. Ringraziarli^
in particolar modo il Sindaco Ernesto
Benech e il Pastore Achille Deodato'ì
« L’Eterno è il mio Pastoi
nulla mi mancherà ».
Salmo XXIII, j ^
Tiusermi S. Giovanni 9 Eebb. 19i)0, •‘5
La
■mamma, il fratellino, i nonnij
gli zii, la cugina profondamente c.om.^
■mossi per le varie e preziose prove di,
simpatia ricevute in occasione deU'imA
matura perdita del loro caro e dil^tto^
Ezio
ringraziano sentitamente quanti hanno preso parte al loro dolore con fiori. 1
scritti e partecipazione al funerale.
Angrogna (Sterpà) 14 Fobb. 19.-,0
Luserno Son Giovonni
Riuscitissiina la commemorazione
del XVII Pebbiak). La sera del 16
splendevano numerosi falò. Presso
quello del Saret, prestava ' servizio la
La famiglia del compianto
Teofilo Antonio Bertalot
commossa per la dimostrazione di af- 'f
fetta tributata, al suo Caro estinto, nel-'‘
l impossibilità di farlo singolarmente,
Corale. Breve messaggio del Pastore ..ìuHj! la ,jp_
Deodato. Mentre a quello del Pont Odina prestava servizio la Banda Musicale, ed il breve messaggio era rivolto
dal Pastore Bertinatti. In ambedue le
località il numeroso uditorio era attentissimo.
Al mattino del XVII, lieto corteo dei
bambini, i quali si sono poi fatto onore con le loro numerose o belle recite,
nel Tempio affollatissimo.
Pure riuscita l’agape fraterna, oltre
che per l’ottimo menù, anche per la
grande armonia ehe vi regnava. La sera, una vera folla poteva godere della
recita egregiamente eseguita del dramma valdese « Il Marchese di Pianezdel rimpianto Giuseppe Rostain.
persone che si associarono al suo gri&\ ^
de dolore.
X f
Oastellazzo di Inverso Porte
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Costalimga proprietà composta dì
un fabbricato rui'ale e di oltre setté
giornate di terreno. Eivolgersi ‘a
Bounoua Francesco, borgata Giraud, Torre Pellice.
za »
Dopo il dramma, un divertentissimo
scherzo comico.
La commemorazione religiosa propriamente detta ha avuto luogo durante il Culto di Domenica mattina,
Apprezzatissimo l’intervento della
brava Corale a codesto Culto ed alla
Recita, compresa la ripetizione della
Domenica sera, con una sala nuovamente gremita, G. B.
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