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ECO
DELLE VALLI VALDESI
biblioteca valdese
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Ani o 109 - Niim. 11
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TORRE PELLICE - 17 Marzo 1972
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Quotazioni in bnrsa, neiia chiesa cristiana ?
Ho ricevuto da un lettore milanese
una lettera, ricca del sempre auspicato humor, con un forte fondo amarognolo. Chi scrive è, oltre che console
di Danimarca a Milano, membro di
quella comunità valdese e da parecchi
anni del suo consiglio, quale anziano,
un fratello impegnato nella vita della
nostra chiesa, sul piano locale come
su quello generale; un fratello che medita quotidianamente la sua Bibbia.
Questo, perché si abbia un chiodo al
quale appendere il quadretto di questa
lettera.
Milano, 28 febbraio 1972
Caro pastore Conte,
dopo la lettura dell’uHimo numero
della « LUCE » (18/2) e mi riferisco
particolarmente alla notiz'a che le chiese americane contribuiscono alla guerra, mi sono reso conto che anche le
mie mani grondano di sangue. Infatti
anch’io, benché molto modestamente,
posseggo qualche azione di aziende
americane, contribuisco quindi insieme agli altri a tutte le guerre passate,
presenti e future.
Vorrei pregarLa di pubblicare sulla
"LUCE" un elenco di azioni sicuramente innocue. E già che ci siamo, perché
non pubblicare in ogni numero le quotazioni dei titoli che consiglia di acquistare?
In attesa che Lei perfezioni questa
idea, ho già comunicato al cassiere
della chiesa di Milano che mi vedo costretto, mio malgrado, a sospendere le
contribuzioni, ad evitare che anche la
chiesa valdese diventi complice di tanti orrori.
Noto che la “LUCE” difficilmente
tralascia l’occasione di dare un colpo
di spillo (si fa per dire) all’America.
Sono d’accordo che gli Stati Uniti sono ben lontani da quello che noi vorremmo e il loro comportamento è molto diverso da quello a cui c' avovano
abituati nel passato. Mi sembra però
che tutte le grandi potenze si comportino ugualmente male.
Ma ormai è quasi una questione di
moda (...)
A parte questi nei, mi cr^da, con
molta stima e cordialità.
Suo Ib Guldbrandsen
Per i lettori che non lo ricordassero, si trattava di una breve notizia, ripresa dal bollettino del Consiglio ecumenico; una notizia che aveva fatto
’notizia’ anche sulla stampa quotidiana (salvo che su quella italiana, tuttora
così profondamente provinciale per
ciò che riguarda il cristianesimo non
romano): « Le Monde », ad esempio,
vi aveva dedicato un servizio abbastanza ampio. Il Centro d’informazione
del Consiglio nazionale delle Chiese
negli USA ha diffuso un rapporto di
una cinquantina di pagine, nel quale
si comunica che le dieci maggiori
Chiese protestanti americane (e lo
stesso discorso vale sicuramente per
quelle non protestanti) hanno investito oltre duecento milioni di dollari
(circa 120 miliardi di lire) in industrie collegate con il dipartimento della difesa del governo di Washington;
quindi, indirettamente, e in misura
sia pur modesta, finanziavano fra l’altro il conflitto indocinese, ponendosi
di fatto « in una situazione di complicità ». La commissione — si noti, organo ufficiale del menzionato Consiglio — invitava le chiese a vendere le
azioni relative e a reinvestirle in scopi sicuramente volti allo sviluppo di
popolazioni e nazioni sfavorite.
Che il fatto sia stato rilevante, credo sia indiscutibile: gli abbiamo a>^zi
dato troppo poco rilievo, e lo abbiamo commentato troppo poco. È quanto vorrei tentare di fare qui. Precisando subito la mia totale incapacità
di fornire un elenco di azioni sicuramente innocue, e soprattutto assicurando che ci ripugnerebbe di istituire
il pendant protestante-economico del
Centro cattolico cinematografico, con
le sue quotazioni: « per tutti », « adulti (nella fede) con riserva », « sconsigliato », « escluso ». Nella comunità
cristiana c’è un solo Maestro, e noi
siamo tutti fratelli. La strizzatina d’occhi, quindi, era utile, ma peifettamente ricambiata.
Detto questo, però, il problema rimane. Non ho soluzione, ma non posso
negare il problema. Non sono sicuro
che la soluzione proposta dal rapporto citato sia una soluzione; so comunque che parecchi cristiani guardano
con sospetto e taluni con netto rifiuto
all’« aiuto allo sviluppo », in cui pensano di trovare la versione aggiornata
del neocolonialismo: anche se, a dire
il vero, risultano spesso più sensibili
alla (bieca) manovra imperialista occidentale rappresentata ad esempio dal
Ic progettate dighe di Cabora Bassa e
del Cunene, nei territori portoghesi in
Africa, piuttosto che alla costruzione
della diga di Assuan, frutto di un aiuto sovietico certo non disinteressato;
e se sono disposti ad approvare l’aiuto
(fraterno) della Cina per la costruzione della ferrovia Tanzania-Zambia, ma
assai meno quello sovietico che, ap
poggiando massicciamente la ricostruzione economica del Bangla Desh, vuole piantarvi una salda testa di ponte
per la politica asiatica deìl’URSS; etc.
Si potrà discutere all’infinito su tutte
queste intricate questioni, ma mi pare evidente la corresponsabilità di tutti, ovunque: corresponsabilità che non
è solo teorica, ma che investe la nostra vita quotidiana.
Naturalmente, capisco benissimo
che il piccolo cittadino, che possieda
magari un paio di azioni della FIAT,
scatti o scrolli le spalle se qualcuno
gli punta addosso l’indice accusatore
dicendogli che, poiché la FIAT fornisce putacaso certi mezzi bel ici aeronautici al Sud Africa o al Portogallo,
contribuisce anch’egli alla repressione
razzista e colonialista. E gli esempi si
potrebbero moltiplicare. C’è modo e
modo di fare un discorso; e bisogna
anche vedere da quali pulpiti vengo
no le prediche, perché è chiaro che anche chi aeqúista un’automobile o un
elettrodomestico FIAT è altrettanto
coinvolto nell’appoggio indiretto al
complesso industriale, in tutte le sue
ramificazioni. Siccome il processo di
concentrazione del capitale si va accentuando, ed è totale nei regimi in
cui vige il capitalismo di Stato, è evidente che si va verso un aggravarsi e
un generalizzarsi del problema.
Tutte le nostre mani « grondano sangue », e fatica, lacrime, rabbia, fame,
MmmmiiiiiiiHiiiiMiiniiiiMtmimMiiiiimimMiuiimimmmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Ignoranza, frustrazione e soprattutto
— per noi cristiani — bestemmie di uomini, nostro prossimo. Ci s’impone oggi con una forza terribile la domanda
di Dio: « Dov’è tuo fratello? » È ovvio,
in questo discorso sulla corresponsabilità bisogna essere coerenti; e se si
dice che possedendo qualche azione
(ma anche fruendo di qualche prodotto) di determinati complessi industriali implicati in un modo o nell’altro
nell’attività bellica, si è di fatto complici di quell’attività, bisogna dire con
altrettanta chiarezza che, ad esempio,
chi contribuisce per quel settore del
programma del CEG> contro il razzismo che sostiene i movimenti di liberazione africani armati, anche se dà
per scopi umanitari., come quelli educativi e sanitari, sostiene di fatto la
lotta armata: sia detto senza facile
scandalo, ma con chiarezza: e ognuno
sceglie, cercando di ®sere obbediente
all’Evangelo ma senza pretendere che
la sua scelta sia 1 Evangelo.
L’aspetto drammatico del a nostra
situazione cristiana àttuale e che la
domanda di Dio; « Dov e tuo fratello? » si è dilatata angosciosamente e
sembra sfumare neliintrico inestricabile delle relazioni umane lunghe’, che
perdono i contorni precisi di un rapporto personale eppure sono reali,
realissime. La domanda del Signore
non ha però lo scopo quasi sadico di
rinchiuderci in uno sdiiacciante senso
di colpevolezza, generale fino a diventare astratta, e senza'sbocchi: né d’altra parte ci permette di fare di questo
un alibi per eludere il confronto con
lui e, dinanzi a lui, con il prossimo.
Bisogna — tale e i] senso dell appello
evangelico al ravvedimento — che la
nostra confessione di peccato personale e comunitaria,? abbia realmente
anche questa dimensione, e così la nostra intercessione, la nostra responsabilità vocazionale e il nostro operare.
Qui siamo in pieno apprendistato: apprendistato particolarmente difficile,
se vogliamo davvero compierlo sotto
il Maestro e il Padrone che ci parla
nel Nuovo Testamento, ascoltando lui
solo.
La chiesa, la comunità dei fratelli è
il luògo in cui cercare insieme il senso della nostra vocazione cristiana e ^
portare insieme la nostra responsabh'
lità. Con umiltà (non priva di fermezza in un teso riferimento all’Evangelo),
con rispetto (non privo di humor), con
pazienza (verso gli altri) e perseveranza, con il senso sofferto dei nostri limiti (e peccati) personali e del nostro
limite (e peccato) umano e mondano,
in sincero spirito di ricerca, con coscienza inquieta e fiduciosa al tempo
stesso. Tutte doti delle quali, è notorio, siamo riccamente forniti... Ma poiché, dopo tutto, quelle di cui parliamo
non sono doti di natura, bensì doni e
frutti dello Spirito, perché non credere con ferma speranza che anche oggi
Dio darà il suo Spirito a quelli che
glielo chiedono, e con esso lucidità
per valutare (il metro lo abbiamo),
fantasia per ideare e programmare, volontà per fare e, dove necessario, disfare e rifare?
Ho risposto al fratello milanese? No
e si. Tutt’al più un abbozzo di risposta, ma mi pare fosse giustificato, rilevando l’interrogativo, allargare il
campo visuale nel quale esso s’inquadra; e sopratutto ascoltare, in questo contesto, la grave domanda che ci
rivolge il Padre nostro che è nei cieli:
« Dov’è tuo fratello? ».
Gino Conte
i)i.-iiiiiimii niMliiiiiiintiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiuiuiiiiiiiiMUiiiiiiiiiiiiini
RICERCA DELLA CHIESA
PREGHIERA E GIUSTIZIA
Un lontano giorno di maggio del
1944, nel pieno infuriare della guerra,
nel carcere in cui i nazisti lo avevano
rinchiuso, Dietrich Bonhoeffer scriveva alcuni pensieri in occasione del
battesimo di un bambino. Rivolgendosi a lui direttamente Bonhoeffer dice: «Oggi tu sei battezzato. Tutte le
antiche grandi parole della predicazione cristiana saranno pronunciate
su di te e l’ordine di battezzare dato
da Gesù Cristo sarà adempiuto su di
te, senza che tu possa capire. Ma am
che noi siamo risospinti proprio agli
inizi della comprensione. Cosa significhino riconciliazione e redenzione,
nuova nascita e Spirito Santo, amore
dei nemici, croce e risurrez’one, vita
in Cristo e discepolato dietro a lui,
tutto ciò è così difficile e lontano che
quasi non osiamo più parlarne. Nelle
parole e nelle azioni che ci sono state
tramandate intuiamo qualcosa di totalmente nuovo e sconvolgente, senza
che lo possiamo ancora intendere ed
esprimere. Questa è la nostra colpa.
La nostra chiesa, che in questi anni
ha lottato solo per la sua conservazim
ne. come se essa fosse un fine in sé,
è incapace di portare la parola riconciliatrice e redentrice per gli uomini
e per il mondo. Perciò le parole _ di
prima devono diventare impotenti e
mute, e il nostro essere cristiani consisterà oggi in due cose soltanto: pregare e fare ciò che è giusto tra gli uomini ».
Ecco una diagnosi circostanziata
della condizione cristiana odierna fat
millllllllllllllllililHlIlHIIIMIUIllllllllllllllllllllMIIMIIllll
Cinisello
alla tv romancia
Domenica 12 marzo, alle 19, la tv
romanda, nel programma « Présence
protestante », ha trasmesso la prima
parte (la seconda sarà trasmessa, alla
stessa ora, domenica 19) di un servizio su: « Cinisello, una comunità, la
frontiera della fede». Il servizio, cui
hanno naturalmente partecipato membri del gruppo operante nel quadro
del Centro « J. Lombardini » di Cinisello, nella cintura industriale a Nord
di Milano, è stato curato dal giornalista Eric Lehmann e dai pastori Andre
Laporte, quale consulente religioso, e
André Junod, quale regista.
ta già nel 1944, come per anticipazione profetica. Le osservazioni di Bonhoeffer sembrano destinate proprio al
nostro tempo. Oggi ci stiamo rendendo conto di non poter più vivere di
rendita e di dover capire di nuovo l’Evangelo, di cui peraltro intuiamo la
grandezza incomparabile e la novità
assoluta; oggi sentiamo che le vecchie
parole non bastano più a comunicare
la buona notizia dell’Evangelo, e ancora non ne abbiamo di nuove; oggi
facciamo l’amara esperienza di un cristianesimo che diventa sempre più
muto, forse non solo per mancanza di
fede ma per mancanza di un nuovo
linguaggio; oggi avvertiamo più o meno chiaramente che è molto se, come
cristiani, riusciamo a tenere sui due
fronti indicati da Bonhoeffer: la preghiera e il praticare la giustizia.
Ma l’osservazione più importante
contenuta in questa pagina ispirata è
la spiegazione data al fenomeno che
stiamo vivendo della perdita di significato di molte parole di prima». Se
oggi la chiesa non sa parlare, se non
è in grado di pronunciare una parola
autorevole, se è incapace di recare agli
uomini il messaggio della riconciliazione e redenzione consegnato nell’Evangelo, se l’Evangelo stesso è diventato per la nostra generazione come
uno scrigno chiuso, come un libro sigillato, è perché « in questi anni la
chiesa ha lottato solo per la sua conservazione ». La chiesa ha perso la parola perché è vissuta per se stessa, essa non capisce più l’Evangelo perche
ha pensato soprattutto a sé. Gesù ha
detto: Chi vuol salvare la sua vita, la
perde; ora comprendiamo che la perde perché perde l’Evangelo, e una vita senza Evangelo è una vita perduta.
Ma comprendiamo anche un’altra cosa: la nostra incomprensione dell fivangelo non è una questione di parole
ma di vita. Chi lotta non per conservare la sua vita ma per darla, la conserva e ritrova la Parola. £ il paradosj
so sempre attuale dell’Evangelo; si
perde conservando e si conserva perdendo. Abbiam perso la Parola perché
abbiamo conservato la nostra vita.
La situazione attuale però non è definitiva. «Quando sarai grande — dice ancora Bonhoeffer al bambino appena battezzato — la Chiesa sarà cambiata ». Il bambino ormai è diventato
grande e la chiesa non e cambiata. Ma
cambierà. Cambierà quando non lotterà più per ia sua conservazione,
quando non vivrà più per se stessa.
Allora, di nuovo, imparerà a parlare.
« Sarà un nuovo linguaggio, forse per
nulla religioso eppure liberante e capace di redimere, come il linguaggio
di Gesù... ».
E nel frattempo? Nel frattempo bisogna pregare e praticare la giustizia.
Ma lo facciamo? O anche qui siamo
trovati mancanti? Non si ode da più
parti il lamento che non si prega più?
E dove sono le nostre battaglie per la
giustizia? Siamo ancora al di sotto del
livello indicato da Bonhoeffer. Eppure la sua proposta, che per noi costituirebbe un programma massimo, apparirà senza dubbio a qualcuno come
un programma minimo per tempi di
emergenza, uria pericolosa concessione all’incredulità dilagante, una specie di cristianesimo in formato ridotto. Ma non è così. Preghiera e giustizia non sono poco, sono l'essenziale per la chiesa d’oggi che non sa parlare. Preghiera e giustizia non sono poco, sono il contesto indispensabile entro il quale la chiesa d’oggi può, cercandola, ritrovare la Parola, la « cosa
sola » di cui c’è bisogno (Luca 10: 41).
Paolo Ricca
mimiiimiimiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiuiiiimiiiiiiiiimiiii
Il teologo della speranza
Jürgen Moltmann
a Roma
Già due anni fa Jürgen Moltmann è
stato in Italia: a Milano e a Torino
aveva presentato due pubbliche conferenze, in occasione della presentazione
della traduzione italiana della sua opera principale. Teologia della speranza
(ed. Queriniana). Ora il professore di
teologia sistematica presso la Facoltà
dell’Università di Tubinga ha compiuto
una visita a Roma. Ospite della Facoltà Valdese di Teologia, lunedì 6 marzo
ha tenuto, presso il Goethe Institut, lina conferenza sul tema: « Dio, _ chi è
veramente costui? ». L’indomani, nell’aula magna della Facoltà Valdese di
Teologia ha parlato su « Teologia della
speranza, politica della liberazione».
Un pubblico assai numeroso, fra cui
molti i giovani, ha seguito le due conferenze. Durante il suo soggiorno romano il teologo è stato ricevuto in udienza dal papa.
Ili Italia, proclama la sua speranza
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Per inventare
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pie sncialismo?
Milovan Gilas, il marxista jugoslavo ora parzialmente riabilitato, si è fatto vari anni di
carcere per avere sostenuto nel suo libro La
nuova classe una posizione fortemente crìtica
verso l’involuzione burocratica e autoritaria
del comunismo al potere. Il gruppo cecoslovacco che nella primavera di Praga aveva tentato
l’avventura del « socialismo dal volto umano »
ha pagato duramente, e con esso un’intera nazione, questo tentativo. Roger Garaudy, il dirigente del Partito comunista francese espulso
per deviazionismo (in realtà, la sua eresia era
assai più ortodossa di chi lo condannava), può
— nelle democrazie occidentali — scrivere e
diffondere i suoi libri, sostenere pubblicamente, davanti a pubblici numerosi, le sue idee vivaci e stimolanti, ricche di una carica umana che penetra e avvince. Nei giorni scorsi, a
cura dell’AGI egli ha tenuto in alcime città
italiane u^a serie di. coi^re^e sul tema:
« Per inventare l’avvenire : quale socialismo? y>. Lo abbiamo ascoltato a Torino, al teatro Garignano fitto dì un pubblico composito;
e certo l’oratore er^ ben conscio dell’interesse
polivalente e ambiguo suscitato : accanto a rappresentanti della sinistra extraparlamentare,
che trova in luì un profeta, sia pure discusso
e discutibile, elementi orientati in senso più
conservatore, curiosi di ascoltare questo enfant
terrible marxista, violentemente polemico contro l’involuzione del comunismo di marca sovietica; e ancora, elementi del PGI, attratti e
respinti da questo affascinante ribelle alla disciplina dì partito.
Proprio nei giorni scorsi è uscita — edita,
fra lo stupore quasi universale e qualche scandalo, dalla SEI, la casa cattolica torinese!
la versione italiana del suo ultimo libro, pubblicato un anno fa in Francia : Riscoperta deU
la speranza. In queste pagine saporose e vivide
invitiamo i lettori a trovare, dopo le dure pagine critiche delle opere precedenti (Lo grandi» svolta e Tutta la verità)^ le note della speranza che anima il filosofo e militante francese : pagine che egli ha sostanzialmente riassunto in questo giro di conferenze.
Iniziando, l’oratore ha ripreso la sue tesi
critiche, animate da quello che si potrebbe definire un socialismo personalista, che punta
cioè fortemente sull’uomo, sulla ricchezza e li*
berta espressiva della persona umana, se pure
intesa in senso sociale e non in senso individualistico. Gontro questo socialismo personalista il regime sovietico subito dopo Lenin e
quelli satelliti via via sorti in seguito hanno
peccato in modo radicale; anziché risolvere le
contraddizioni della società capitalistica, le
hanno riprodotte — sotto certi aspetti in forma aggravata — nello statalismo stalinianobrejneviano, burocratico e autoritario, in cui
è andata soffocata quella che costituiva Panima dei soviet, dei consigli di popolo a tutti i
livelli. Il magistero infallibile moscovita ha
stolidamente preteso, in nome di una politica
di potenza che scopre sempre più il suo vero
volto, di imporre ovunque, anche in situazioni
sociali assai più evolute, sistemi già discutibili
anche nella loro applicazione a un paese sottosvoluppato qual era la Russia zarista; ma lo
stesso Lenin, ricorda Garaudy, ha « insistito
stilla necessità di distinguere, nella rivoluzione
d'ottobre, ciò che discendeva dal principio
marxista e ciò che era condizionato dalla situazione russa del momento. I suoi successori
non hanno tenuto conto del valore contingente di certe scelte ». Sicché « il problema oggi
e risalire dal socialismo per il popolo al socialismo fatto dal popolo ». E il (raraudy ha
continuato a ripetere che se questa maturazione di base non avviene, cjuand’anche una rivoluzione dì orientamento socialista si affermasse nei paesi occidentali (è questa la sua
speranza, e non passa necessariamente, a suo
avviso, per le barricate e sulla punta dei mitra, anzi ha più chances di verificarsi per la
pressione delle masse popolari nei veri centri
nevralgici del potere: i centri di produzione,
le fabbriche), quand’anche, dunque, il socialismo si affermasse, esso si snaturerebbe ben
presto come è avvenuto e sta avvenendo nei
paesi orientali, Cina a parte, di cui Garaudy
parla, sebbene con calore, parcamente, forse
(continua a pag. 6)
2
pag. ¿
N. 11 — 17 marzo 1972
ACCOSTARSI alla BIBBIA
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Il popolo di Dio e le nazioni
Fraternità e dissenso
Nel quadro storico e religioso dell’Antico Testamento resistenza del
« popolo di Dio » non può essere ignorata o sottovalutata. Secondo la tradizione biblica, quel popolo si chiama
Israele e gli uomini che lo compongono Israeliti. Il nome di « Israe'e »
rievoca la drammatica scena della lotta di Dio con lo scaltro Giacobbe, là
sulle rive del torrente labbok, a Peniel; un episodio in cui avviene la conversione di Giacobbe al suo Dio e che
si conclude con queste parole; « Il
tuo nome non sarà più Giacobbe, ma
Israele, poiché hai lottato con Dio e
con gli uomini, ed hai vinto » (Gen.
32: 24-29).
Israele non è un popolo come tutti
gli altri e non è stato chiamato ad esserlo. È invece il popolo « elettó », scelto da Dio non per meriti precedentemente acquisiti, ma per libera « elezione ». Israele deve la sua origine alla sovrana grazia di Dio e ciò rimarrà
vero anche quando il popolo se ne andrà dietro agli idoli o, come dice il
profeta Osea, « dietro ai suoi amanti ». L’idea di un popolo eletto è stata
ai nostri tempi pervertita in dottrine
orribili di dominazione razziale e nazionale di cui un certo mondo cristiano si è macchiato le mani e la coscienza. Noi non intendiamo esaltare il popolo d’Israele di ieri e di oggi traendo,
dalla sua elezione e dalla sua stoiia
millenaria, motivi di vanto e di presunzione. Ciò non sarebbe conforme
alla Bibbia che dice: « L’Eterno vi ha
scelti, non perché foste più numerosi
di tutti gli altri popoli... ma perché
l'Eterno vi ama, perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri
padri, vi ha tratti fuori con mano potente e vi ha redenti dalla casa di servitù, dalla mano di Faraone, re d’Egitto » (Deut. 7: 7-8). Rimane, però, il
fatto che Israele non s’è creato da sé
e non si estinguerà da sé a motivo della elezione di cui è stato oggetto. Giustamente il teologo K. Barth affé mava che la sopravvivenza del popolo di
Israele, specialmente dopo i massacri
avvenuti nei campi di concentramento,
era una prova dell’esistenza di Dio.
* * *
Israele sa che deve la sua esistenza a
Yahvèh. L’Eterno è intervenuto nella
storia di quel popolo in alcuni tempi
e occasioni particolari; la liberaz one
dall’Egitto {«L’Eterno ci trasse dall’Egitto con mano potente e con braccio disteso »), la rivelazione della Legge a Mosè ed al popolo, l’alleanza per
cui: « Se ubbidite davvero alla mia voce... sarete fra tutti i popoli il mio
tesoro particolare... e mi sarete un regno di sacerdoti e una nazione santa »,
cioè appartata per il servizio dell’Eterno (Es. 19: 5-6). Tutto ciò era fondamentale nella storia d’Israele in quanto « popolo di Dio ». Non c’è un avvenire per il popolo di Dio presuntuoso
e adultero. Israele ha ricevuto attraverso la mediazione di Mosè e di altri
servi di Dio le norme per una convivenza comunitaria e cultuale d versa
da quella delle nazioni vicine o lontane. Essi hanno esercitato in Israele
una triplice funzione: reale, sacerdotale, profetica, e dovranno perpetuare
in mezzo al popolo la presenza di Yahveh, evitando che i doni di Dio, anziché strumenti di servizio e di testimonianza, si trasformino in strumen'i di
confusione e d’infedeltà. Israele sarà
sempre tentato di servirsi di ciò che
ha gratuitamente ricevuto, non però
per la propria gloria o per la propria
supremazia spirituale su altre razze e
nazioni umane. La gloria terrena di
Davide e di Salomone non durerà a
lungo e non preserverà la nazione dalla disubbidienza e dal decadimento. Il
tempio di Gerusalemme non potrà essere strumentalizzato da un popolo
che opprime i miseri, uccide, offre profumi a Baal e poi invoca la protezione divina, dicendo: « Questo è il
tempio dell’Eterno, il tempio dell’Eterno, il tempio dell'Eterno! » (Ger.
7: 4). I muri intonacati « con malta
che non regge » crolleranno nell’ora
in cui l’Eterno adempierà i Suoi giudizi.
Israele non è sempre stato l’Israele
di Dio, l’Israele della fede; proprio come la Chiesa cristiana non è sempre
stata comunità di credenti i quali credono in Gesù Cristo e gli ubbidiscono.
Tuttavia l’Eterno non si lascia ingan
iiiimiiiiniiiiiMmin!iiiiiiiiiiiiiiiiinm.iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Casa Valdese
di Vallecrosia
COLONIA MARINA per bambini e
bambine dai 6 ai 12 anni. ’Turno unico: 1® luglio - 28 luglio 1972. Quota
globale: L. 30 000. Direttore; M. Edgardo Paschetto.
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globale: L. 28.000. Direttore: Past.
Marco Ayassot.
I posti in Colonia ed al Campo Cadetti sono limitati. Chiedere e rispedire i moduli di iscrizione ada
Direzione della Casa Valdese
18019 Vallecrosia (IM)
AVVISI ECONOMICI
CONIUGI referenziati offronsi custodia villa
Torre Pellicc. Rivolgersi Amministrazione
Eco Valli. Via Cavour. 10066 Torre Pellice.
nare dal popolo ch’Egli ha scelto, non
accetta l’imposizione del silenzio. La
Bibbia non parla della morte di Dio;
l’Eterno vive e giudica il Suo popolo,
senza annientarlo, anzi per liberarlo
dalle sue colpe. Come in un processo,
« l’Eterno ha una causa col suo popolo, e vuol discutere con Israele. Pepalo mio, che t’ho io fatto? in che t’ho'
10 travagliato? Testimonia pure contro di me! » (Michea 6: 3). Eppure, anche nelle ore buie del disorientamento e dell’esilio. Egli non abbandonerà
11 suo popolo. Dio offrirà ad Israele,
con il perdono, nuove possibilità di
vita e di servizio. Darà ai suoi fedeli
un « cuore nuovo ed uno spirito nuovo » e, secondo la bella espressione di
Osea, dirà al suo popolo: « Io guarirò
la loro infedeltà, io li amerò di cuore,
perché la mia ira s’è stornata da loro.
Io sarò per Israele come la rugiada;
egli fiorirà come il giglio e spanderà
le sue radici come il Libano » (Osea
14: 4-5).
* * *
Finora non abbiamo detto nulla riguardo alle nazioni; eppure esse hanno il loro posto nei piani di Dio. Si
tratta delle nazioni pagane vicine ad
Israele, come i Filistei, i Moabiti, i Fenici, o relativamente lontane dalla Palestina, come l’Assiria, Babilonia, la
Persia e l’Egitto.
Anche le nazioni appartengono e sono sottoposte al Dio che le ha create.
Esse possono ignorare totalmente questa realtà; nondimeno l’Eterno ecercita la Sua sovranità su tutti i popoli:
« Accostatevi, naz'oni, per ascoltare! e
voi, popoli, state attenti! Ascolti la
terra con ciò che la riemp e e il mondo con tutto ciò che produce! » (Is.
34: 1). L’idea che l’Iddio d’Israele è
anche il Signore di tutti i popoli si
esprime soprattutto per bocca dei profeti e rivela un universalismo prima
assai poco conosciuto.
Secondo la Scrittura, il ruolo delle
nazioni è duplice; esse sono innanzi
tutto i testimoni dell’azione di Dio
verso Israele, un’azione che Dio compie mediante i suoi prodigi, ma anche
per mezzo dei suoi giudizi; in secondo luogo, le nazioni sono gli strumenti
di cui Dio si serve per eseguire i suoi
piani nei riguardi del suo popolo o di
altre nazioni. In questo senso, Nebucadnetsar è stato un servo dell’Eterno
per putrire Israele a motivo deTe sue
infedeltà; come lo sarà più tardi Ciro,
re di Persia, per liberare Israele dall’esilio e aprirgli la via verso il ri'orno in patria.
Anche il destino delle nazioni è dunque nelle mani di Dio. Gli uomini osservano per un breve tempo gli avvenimenti esterni; Dio invece conosce il
senso di quegli avvenimenti e la loro
storia vera, il loro destino inevitabile.
I profeti hanno pronunziato invettive
roventi contro le violenze, l’orgoglio,
la sete di dominio delle nazioni; soprattutto contro la loro idolatria ed
il loro induramento. Tuttavia il giudizio non è l’ultima parola di Dio ai
popoli della terra. L’Anlico Testamento ragchiude anche un messaggio di
speranza e di salvezza; un messaggio
profetico, una promessa che dovrà attuarsi nel tempo in cui Dio lo vorrà,
forse soltanto alla venuta del suo Regno. Una promessa per i tempi finali:
« Verranno delle nazioni in gran numero e diranno: Venite, saliamo al
monte dell’Eterno e alla casa dell’Iddio di Giacobbe; egli c’insegnerà le
sue vie, e noi cammineremo nei suoi
sentieri! » (Michea 4: 2).
Qual’era e quale avrebbe dovuto essere la missione del « popolo eletto »
in mezzo alle nazioni? È quanto ci
proponiamo di dire nel prossimo articolo.
Ermanno Rostan
Franco Trombotto ha risposto sul numero del 2 marzo dell’« Eco del Chisone » all’articolo L’eretico complimentato apparso su queste colonne tre settimane or sono. Il tono risentito della
risposta rivela che il vice-direttore del1’« Eco del Chisone » ritiene di non essere stato capito o di essere stato frainteso e male interpretato; ha l’impressione che il suo atteggiamento amichevole, generoso e fraterno verso i valdesi
non sia stato da me corrisposto e neppure apprezzato e che il suo invito all’ecumenismo sia stato da me sostanzialmente declinato. Gli sembra di vedere nel mio articolo molte brutte cose
quali: anticattolicesimo viscerale, atteggiamento pre-ecumenico (sarei rimasto al di qua del disgelo psicologico
in atto tra le confessioni), sforzo di
autogiustificazione, orgoglio confessionale, incomprensione e soprattutto
mancanza di fraternità. Questo è l’addebito più grave ma è tutt’altro che raro: accade sovente che chi dissente è
tacciato di mancare di fraternità; se
uno non è d’accordo è poco fraterno.
Ma non intendo replicare. Lo scopo
del mio intervento era chiaro: dissipare taluni equivoci sul senso del fenomeno e della presenza valdese nel passato e nel presente — equivoci ai quali l’articolo dell’« Eco del Chisone » poteva dar luogo. Tutto qui. S’è trattato
di una messa a punto, certo non impeccabile ma opportuna e doverosa. Il primo comandamento della fraternità ecumenica è non manomettere l’identità
dell’altro. Pur con le migliori disposizioni d’animo e un’autentica volontà di
dialogo e di fraternità 1’« Eco del Chi
iiiiiiniiiiiiiiiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
@ Il tempo e l’uomo
L’uomo ha iniziato, inconsciamente, ma per egoismo e calcolo sbagliato, la distruzione dell’opera di Dio,
ed ora che la rovina avanza, non sa
più come rimediarvi. Da ogni parte
giungono gridi d’allarme: la natura è
contaminata, le acque sono avvelenate, le specie animali periscono. Come
potrà sopravvivere l’uomo? Dove è
dunque Dio, quell’iddio che aveva assicurato all’uomo che sarebbe stato la
sua rocca e la sua salvezza? Come nel
Libro dei Giudici, il popolo dei cristiani oggi ripete: « Se l’Eterno è con noi.
I lettori ci scrivono
Funerali pagani?
Signor direttore,
desideriamo rispondere brevemente alTarticolo Funerali pagani pubblicato nelTic Eco-Luce » del 21 gennaio scorso.
Il funerale cristiano non è un azione
priva di senso come affermano i giovani
del Prassuit-Verné e dei Jourdan, bensì
un culto, un atto liturgico, un servizio divino che la Chiesa celebra allorché una
vita terrena giunge al suo termine. Come
airinizio di questa la Chiesa accoglie il
fanciullo e col battesimo lo fa partecipe
di un dono dello Spirito Santo introducendolo nella Comunità visibile del Cristo,
così essa lo accompagna per tutta la vita,
sia nel corso ordinario sia nei momenti culminanti della sua esistenza, anche se si
tratti di un membro « debole » (Romani XIV, 1) anziché di un membro a forte »
(Rom. XV, 1) della Comunità stessa.
Per questa ragione la Chiesa interviene
con i suoi carismi allorché un’anima passa dal mondo della materia a quello dello
spirito, quando cioè si verifica Tevento supremo di un’esistenza umana. I presenti
al rito, radunandosi insieme, fondono i
cuori e le voci nella preghiera ed esprimono la Chiesa vivente che celebra il mistero di Cristo, la Risurrezione. Mentre si accompagna così lo spirito del Defunto, si
rendono le estreme onoranze al corpo, dono di Dio, che fu la veste e lo strumento
della sua manifestazione terrena.
Naturalmente e desiderabile che il culto
sia celebrato nella sua completezza e solennità. Nella Liturgia della Chiesa Evangelica Valdese si trova un discreto formulario per i servizi funebri (Torre Pellice
Ed. Claudiana 1934), che comprende tra
l'altro la recitazione integrale del Credo
Apo.stolico (pag. 55).
Esiste inoltre un Saggio di Rituale Evangelico per il servizio funebre (Pinerolo
1931). opera di Ugo Janni, pubblicato a
cura della Lega Evangelica Italiana per la
elevazione del Culto. Come è detto nella
prefazione, si è cercato nel redigerla di
evitare la lettura di una lunga porzione
della Scrittura in cui si accumulino idee
diverse, alcune della quali non intonate
col Servizio che si compie. Nel disporre i
passi si è avuto cura di partire da note relative alla morte per assurgere attraverso l'accenno alla redenzione in Criglo — alle note trionfali della vita. Le preghiere. non prolisse né pesanti, sono state
scelte come esemplari di preghiere alate e
squisitamente spirituali. Lo scopo che sì è
cercato di raggiungere c di avere un esempio di Rituale atto a sollevare gli spinti
con gioiosa fiducia verso le cose celesti.
Chi desiderasse conoscere questo Rituale
non ha che da richiedercelo e noi glielo
manderemo in omaggio.
// CArcolo Ugo Janni di Sanremo
Via Meridiana, 39 - 18038 Sanremo
Ritengo, a tiitt'oggi. che di fronte alla
morte si giustifichi la predicazione del
VEvangelo: devo però distanziarmi netta‘
mente dalle posizioni che soggiacciono a
questo intervento, che non mi sembrano
conformi alla testimonianza delle Scritture.
1) Il funerale cristiano è un culto. .Appunto: e non un sacramento'’. Biblicamente non vi è alcuna analogia fra battesimo e funerale. Il culto in occasione di
una morte, nella chiesa cristiana, e anzi
proprio un culto che neppure include alcun ‘'sacramento": racchiude Velemento
della confessione di peccato s Vumiliazione
di fronte al giusto giudizio di Dio, la preghiera, il canto, e soprattutto Vannuncio
di Cristo morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione e la nostra vita, ma senza che vi sia il minimo
elemento “sacramentale".
2) Questo intervento presuppone una
concezione “sacramentale" che diverge dalla nostra confessione di fede riformata e
— quel che conta ■— dalla testimonianza
biblica. Certo, oggi è più facile dire che
cosa il “sacramento" non è, piuttosto che
quello che è. Esso comunque non è sicuramente, nel Nuovo Testamento, un rito che
“consacra" via via i vari aspetti dell’esistenza, nella sua normalità quotidiana e
soprattutto nei suoi momenti culminanti.
Il sacramento — parola non biblica, ambigua, carica di risonanze pagane, che dovremmo deciderci a lasciar cadere, quando
ne avessimo trovata una migliore, e che
dobbiamo intanto usare tra virgolette •—
non consacra nulla, si può anche dire che
non “comunica" nulla: o meglio, comunica ciò che comunica la predicazione, ne
più né meno: perché è annuncio in atto,
ove l'accento cade sicuramente sulla Parola, tanto più scarna ed essenziale delle
nostre parole, piuttosto che sull atto. Tanto è vero che anche senza il sacramento la
fede vive; senza la Parola, no.
3) Non comprendo come un cristiano,
e tanto più un cristiano della nostra generazione, possa ancora parlare di « anima
che passa dal mondo della materia a quello dello spirito n, di « accompagnare lo spirito del defunto »; e possa ancora parlare
in questi termini del « corpo ». Non mi resta che rimandare una volta di più ai .saggi neotestamentari di O. Cullmann (ed.
Paideia) e di Ph.-H. Menoud (ed. CAaudiana) sul problema immortalità-risurrezione.
Dovrebbe essere ormai chiaro di chiarezza
solare che la radicale distinzione ellenica
fra corpo e anima non ha alcun fondamento biblico. E va sepolta.
Il funerale cristiano è duncfue un culto,
non un rito; è il momento in cui la chiesa. di fronte alla morte in tutta la sua terribile concretezza e radicalità, riascolta il
buon annuncio che, in grazia della morte
e della risurrezione di Cristo, Vultimo nemico non ha più potere assoluto, non in
senso spiriliialistico (il corpo si dissolve
ma l'anima vola a Dio), bensì in senso cronologico. per cui Gesù può dirci: « Chi
crede in me. anche se muore vivrà, e. chi
vive e crede in me non vorrà per sempre. »
(Giovanni 11. 25-26).
Gino Conte
sone », in quel suo editoriale, forniva
un'immagine dei valdesi che francamente non potevamo e non possiamo
far nostra. E bisognava dirlo.
Un solo punto della risposta di Franco Trombotto desidero rilevare: quello
della sua sincerità. Egli scrive: « Abbiamo la pretesa di essere ritenuti sinceri ». Di questa sincerità nessuno dubita. Ho replicato al suo primo articolo proprio perché era animato da sentimenti sinceri. Altrimenti non avrei
scritto, perché dove non c'è sincerità è
inutile discutere. E mentre la nostra
sincerità non ci mette al riparo da sempre possibili parzialità ed errori, essa
resta il presupposto indispensabile di
qualunque dialogo ecumenico, nel consenso o nel dissenso, a Villar Perosa o
altrove. Purché si ricordi, appunto, che
non tutto ciò che è detto sinceramente
è per ciò stesso detto bene.
Paolo Ricca
iiiiiiiiiiiiiiiiiiitiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimtiiiiiiiiiiii
Dalla Casa delle Diaconesse
perché ci è avvenuto tutto questo? e
dove sono tutte quelle sue meraviglie
che i nostri padri ci hanno narrate? »
No, Dio non può più dare garanzie all’uomo.
L’uomo guarda dunque al domani
senza aver più fiducia né in Dio né in
se stesso. Il tempo che passa è divenuto una dannazione per l’uomo. L’orologio che batte le ore segna l’avvicinarsi della fine, della catarsi.
Di fronte a questa visione catastrofica del tempo attuale, con i suoi angoscianti problemi, con la paurosa
prospettiva di un futuro sempre meno
a misura dell’uomo, non più adatto alla esistenza umana, v’è chi rinnega la
Parola di Dio. È certamente la maniera più semplice di comportarsi di
fronte al problema della fede. Ma v’è
chi vuol fare di più; aggiornare, integrare il messaggio della Parola. La
Parola può avere ancora un valore, ma
non da sola; da sola più non basta.
Essa non si spiega come risolvere il
problema deH’insufficiente alimentazione, il problema dei senza tetto, il
problema della disoccupazione, il problema deH’inquinamento delle acque,
il problema della distruzione della
fauna.
Non si tratta certo di negare l’importanza e il valore delle scienze economiche e della tecnica in genere; ma
non si deve far confusione tra Bibbia
e trattato di economia, negando alla
Bibbia ogni valore perché non è un
trattato scientifico e ponendola in secondo piano, come un semplice ornamento. Se dalla Parola di Dio si prendesse l’insegnamento a non essere
egoisti; ad amare il prossimo (il quale non è soltanto colui che ha lo stesso colore della mia pelle o la tessera
del mio partito); a guardare più ai beni dello spirito che a quelli materiali;
a ricordarci che Iddio ha fatto tutte le
cose buone e le ha consegnate all’uomo, come un padre lascia in eredità
ai propri figliuoli tutti i suoi beni perché li conservino e li facciano prosperare, avremmo imboccato allora la via
per risolvere tutti quegli altri problemi, i quali, sì, richiedono cognizioni
tecniche, ma esigono anche impegno
morale e buona vo’ontà. Occorre che
l’uomo consideri e si ricordi come non
sia stato mai il solo puro raziocinio
a sollevarlo dai suoi mali, e soprattutto come non sia stato l’egoismo a salvarlo dai pericoli. Quando l’uomo darà alle sue cognizioni tecniche un valore relativo e tornerà a sentirsi una
semplice creatura di Dio, allora la raccolta non gli sfuggirà più di mano nel
dì dell’angoscia, del disperato dolore,
come dice il Salmista. Eros Vicari
lllllllllllllllllllllllllllllllllllll!!!!!llllllllllllllllllllllllllllll
Doni pro Eco-Luce
Suor Léonie Stalle, Torre Pellice 500: Guido Fantino, Cumiana 1.500: Fausto Filice, S.
Remo 1.000; Suore Svizzere, Home Napoli 500
Teonasto Terzane, S. Marzano Olivete 500;
Antonio Carco, Catania 500; Antonietta Calamita, id. 500; Ines Bassi, Parma 500: Angelo Lisa. Desìo 500; Lidia Menegattì, Oppeano
1.500; Eugenia Borione, Torino 500; Odette
Dormelandì Peyronel, ìd. 500; N. N., id.
10.000; Maria Malan, id. 500; Chiesa Valdese, Como 3.500; Corrado Baret, Salerno 1.500;
Elio Giacomelli, S. Giuliano Terme 500; Daniele Riboli, Berzo S. Fermo 500; Joseph Signa, U.S.A. 585; Enrico Poét, Perrero 500;
Giorgio Montesanto, id. 500; Ada Luchìni,
Ravenna 1.000: Anita Bounous Giaccone, S.
Antonino di Susa 500: Enrico Rostain. Bologna 1.500; Ilermanno Jalla, Bordighera 500;
Vittorio Subilla, Roma 3.500; Isabella .Peraìdo
Beri. Cándelo 500: Velia Rivoira, Brieberasio
500: Matilde Tsebudi. Bergamo 1.500.
Grazie! {continua)
Premio
della fedeltà montanara
a Suor Léonie Stalle
Sabato 26 Febbraio a Fenestrelle nel quadro di una semplice cerimonia sono stati conferiti i premi per la fedeltà montanara a sette
cittadini distintisi per la loro opera fedele e
spesso silenziosa a favore delle popolazioni di
montagna. Tra questi vi era pure Suor Léonie
Stalle. Ecco Tattestato a giustificazione del riconoscimento :
« Nata nel 1893 a Torre Pellice, Suor Léonie, Diaconessa Visitatrice Valdese, ha svolto
pc,r l’intera sua vita una vera missione tra le
genti e le montagne della propria Valle, prodigandosi infaticabilmente, anche come infermiera, per alleviare le sofferenze degli infermi e degli indigenti. Per oltre mezzo secolo
la sua attività non ha conosciuto soste ed è
stata un continuo, generoso esempio di bontà
e di abnegazione, virtù che particolarmente rifulsero nei drammatici momenti dell’ultima
guerra e della lotta partigiana, quando ogni gesto di umanità poteva esporre a rischio e pericoli d’ogni genere. Figlia della montagna, ha
voluto espletare il suo ministero tra le montagne stesse dove ancor oggi risiede e dove,
malgrado l’età avanzata, continua amorevolmente a prestare la sua valida opera di assistenza e di solidarietà cristiana. Stimata ed
amata dalla popolazione lodale, cui ha dedicato una esistenza condotta con modestia e
spirito di sacrificio, rappresenta una significativa ed umana testimonianza di fedeltà montanara che il premio della Provincia di Torino intende pubblicamente riconoscere e sottolineare ».
L’attestato non fa cenno al a periodo siciliano » di Suor Léonie, che senza dubbio ha costituito uno degli aspetti più validi del suo ministerio, ma che forse trascende i limiti geografici e altimetrici del premio. Ci rallegriamo
comunque molto vivamente con la nostra Diaconessa per questo riconoscimento che onora,
come giustamente è stato rilevato, tutte le
Diaconesse per la loro opera umile e silenziosa
compiuta nel nome del Signore a favore dei
sofferenti.
Alberto Taccia
iiiiiiiiitiiimiiiiiiiMiMiiiiMiniitmiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiKiii
IN VAL PELLICE
Incontro delle Corali
Le Corali e le Comunità prendano
nota che la Festa di Canto delle Corali della Val Pellice avrà luogo la domenica 30 aprile 1972 alle ore 15 nel
lempio di Luserna San Giovanni e non
già la domenica 7 maggio come in un
primo tempo annunziato.
Il cambiamento di data è dovuto al
fatto che in occasione delle elezioni
del 7 maggio, molti membri delle nostre Corali saranno impegnati nei seggi e perciò impediti di partecipare alla Festa di Canto.
La Commissione del Canto Sacro
(llillllliiliillllliii'iiiiiiiiliiiiiiliiiiiimMmiiiliiiiiiilliiiiii
Rorà
Rinnoviamo i nostri vìvi auguri agli sposi
Renato Boiero e Vellida Bononi, i quali hanno
scelto questo Tempio per il loro matrimonio
civile e religioso presieduto dal Pastore signor
Taccia.
Un gruppo deWUnione femminile ha partecipato, a San Germano Chisone, alla giornata
mondiale di preghiera ed è stato l’oggetto della fraterna accoglienza di quella Comunità che
ringraziamo cordialmente.
Un buon numero di mamme, invitate dalla
signora Mìcol e da quella Unione femminile,
hanno trascorso una bella giornata a Villar
Pellice partecipando al Culto domenicale, ospiti per mezzogiorno alla Pensione Miramonti e
fraternizzando nel pomeriggio con quelle Sorelle, le quali hanno offerto un tè « coi fiocchi » e perfino la visione di diapositive mollo
interessanti. Ai signori Micol ed alle loro
Unioniste tante e tante grazie.
L. COISSON
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiimi
R. Wurmbrand a Torino
Martedì 21 marzo, alle ore 21, nel Teatro
Valdocco (gentilmente concesso) dì Torino, in
Via Sassari 32, ang. Giardini Sassari, a cura
delle Edizioni Uomini Nuovi il pastore Richard WuRMBRANDv autore del libro Torturato per Cristo, presenterà la sua testimonianza
personale e una relazione sulla Chiesa Clandestina d’oltre cortina, con particolare riguardo alla situazione da lui meglio conosciuta,
quella romena.
3
17 marzo 1972 -» N. 11
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Il Consiglio ecumenico delle Chiese rivela qual è stato il suo apporto
Un comitato ecumenico (?)
Il ristabilimento delia pace nel Sudan per l'Anno internazionale dei libro
I XT^I ^ • . • . . ^ > .
Ginevra (soepi) — Il ruolo avuto dal
CEC nel facilitare la composizione del
conflitto nel Sudan meridionale è sta
to annunciato il 28 febbraio a Ginevra, a conclusione delle trattative svoltesi ad Addis Abeba, in seguito a un
telegramma di conferma inviato dal’a
capitale etiopica da Leopoldo Niilus,
direttore della Commissione delle Ghie
se per gli affari internazionali (CCAI).
L. Niilus, Kodwo Ankrah, segretario
del CEC per i rifugiati africani e il
can. Burgess Carr, segretario generale
della Conferenza delle Chiese per tutta l'Africa (CCTA) si sono recati il 15
febbraio scorso ad Addis Abeba per
assistere alle conversazioni fra i rappresentanti della Repubblica democratica del Sudan e del Movimento di liberazione del Sudan meridionale.
Ecco il testo del telegramma inviato
da L. Niilus: « Abbiamo partecipato a
tutte le riunioni come osservatori del
CEC e siamo stati pregati di dare il
nostro aiuto e il nostro parere per la
redazione del comunicato ». I rappresentanti del CEC hanno firmato raccordo finale in qualità di testimoni,
prima che fosse presentato alLimpera
tore Hailé Selassié.
Commentando il testo del comunicato congiunto pubblicato ad Addis Abe
ba, il direttore della CCAI ha dichiarato: « Quest’accordo costituisce un
avvenimento più importante, dal punto di vista storico, di quanto si potrebbe pensare a prima vista, e non soltanto per l’Africa. E un esempio senza
precedenti che dovrebbe essere applicato ad altre situazioni analoghe nel
mondo ».
Gli sforzi compiuti dal CEC per riportare la pace nel Sudan meridionale risalgono al maggio 1971. Una missione congiunta del CEC e della CCTA,
che operano in stretta collaborr zione,
si era recata a Khartum, su invito del
governo e delle Chiese del Sudan, per
studiare la possibilità di venrie in
aiuto delle vittime del conflitto nel
sud del paese e per porre il problema
della riconciliazione. (A partire dal
1966 l’aiuto della Chiesa ai rifugiati sudanesi in varie nazioni ammonta a 2
milioni di dollari, circa 1 miliardo e
duecento milioni di lire). Il governo
era pronto ad autorizzare le Chiese a
organizzare un programma di soccorso. Aveva pure espresso il desiderio
di vedere il CEC e la CCTA prendere
contatto con rappresentanti del Sud,
in vista di organizzare trattative di
pace.
Il CEC si è messo in rapporto, a
Londra, con rappresentanti europei
del Movimento di liberazione del Sudan del Sud (MLSS) e ha comunicato
loro la volontà, da parte del governo,
di avviare trattative. Sono stati poi
compiuti passi affinché questi rappre
sentanti potessero recarsi in Africa,
allo scopo di sondare i dirigenti del
MLSS.
In ottobre i rappresentanti del CEC
e della CCTA si sono nuovamente recati a Khartum per studiare le possibilità di un programma di aiuti. Il go
verno ha riaffermato il proprio desiderio di riconciliazione e ha proposto
un incontro a Addis Abeba tra due dei
suoi ministri e il MLSS e i capi militari dell’Anya-nya. Si è chiesto al
CEC e alla CCTA di fungere da media
tori.
Le conversazioni preliminari hanno
avuto luogo in novembre; vi sono state avanzate delle proposte e si è deciso di iniziare trattative ufficiali nel
quadro di un Sudan unico. Il CEC ha
poi ottenuto il consenso delle due parti circa la data e il luogo di riunione.
Secondo L. Niilus il nuovo accordo
dovrà essere approvato dalle due parti, quindi ratificato ufficialmente il 12
marzo, a Addis Abeba. Ecco il testo
del comunicato congiunto pubblicato
a Addis Abeba il 21 febbraio: « I negoziati condotti a Addis Abeba fra i rappresentanti della Repubblica democratica del Sudan e il Movimento di liberazione del Sudan per trovare una soluzione pacifica al problema del Sud,
vecchio di 16 anni, sono stati coronati
da successo. Sono durati due settimane e sono stati caratterizzati del desiderio fraterno e sincero delle due parti
di preservare l'unità della loro nazione e di salvaguardare le legittime aspirazioni del Sud. Il ristabilimento de’la pace e la stabilità restano la preoccupazione principale delle due parti,
che hanno definito il quadro costituzionale, politico, giuridico e amministrativo nel quale le aspirazioni regionali potranno fiorire, e gli interessi n':zionali e la sovranità ottenere il max'mum di garanzie ».
Nel quadro dell’Anno intemEizionale
del libro indetto dalTUNESCO, si è
costituito un comitato ecumenico ad
hoc, che riunisce i rappresentati da
varie confessioni e reLgioni; il princi
pe Andronikof, ortodosso; l’abate Berthier, per TOffice Chrétien du Livre,
cattolico; Si Boubaker, musulmano; il
past. G. Richard-Molard, protestante;
il gran rabbino Schilli, ebreo. Questo
comitato vorrebbe favorire la lettura
presso i vari pubblici. Prenderà tutte
le iniziative atte a raggiungere lo sco
po precisato dalTUNESCO per Tanno
internazionale del libro, cioè una mi
gliore comprensione fra gli uomini.
Ha deciso fin d’ora di scegliere e prò
muovere largamente un centinaio di
opere di riflessione religiosa, selezio
nate fra quelle pubblicate negli ultimi anni.
Sulla « soluzione », che ei auguriamo avviata in modo decisivo e definitivo, leggere lo
scritto di R. Peyrot a pag. 6. reti.
iiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiuiiiiimimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiimiiiiiMiniiiiiiiii"iiiiiiiiiiiiiiiiiimniiiiii;
Dai campi di lavoro della Missione
evangelica contro la lebbra
SUMATRA SETTENTRIONALE
Abbiamo stipulato un accordo con il
Governo e dal gennaio del 1972 abbiamo iniziato un lavoro in profondità in
questa zona. Speriamo di poter disporre di personale specializzato in numero
sufficiente. Si ha l’impressione che in
questa parte del’Isola la lebbra aumenti invece che diminuire e vi sono ancora numerosi villaggi per lebbrosi privi
di cure e di medicinali.
Nella regione di Pulau Sijanang l’ospedale è inondato due volte all’anno e
per 4 o 5 giorni tutto scompare sott’acqua, anche il tempio.
Nel Nord di Sumatra occorrono mezzi moderni per curare mani e piedi paralizzati, ma soprattutto abbiamo bi
STATI UNITI. — La circolare della
Alleanza biblica mondiale segnala tre
fatti interessanti che avvengono in
questo paese:
1) Le chiese del Tennessee distribuiscono ai numerosi turisti buste
contenenti cartoline illustrate della
regione, corredate da passi biblici, nella speranza — come dice un’iscrizione
sulla busta medesima — che « questi
vedetti della Scrittura vi siano utili
nei vostri momenti di riposo in questo paese, e che vi aiutino a scorgere
la mano di Dio in tutte le sue opere
e nella vostra vita stessa ».
2) Un imprenditore di Los Angeles,
Mr. Dwailebee, all’età di 50 anni ha
lasciato il suo lavoro per consacrare
sé stesso e tutto il suo denaro alla diffusione della Parola di Dio nel ghetto
dei diseredati della sua città: « è la
mia parrocchia — egli dichiara — e
qui mi trattengo, ora in un super-mercato, ora in un cantiere, per diffondere un po’ d’amore cristiano ».
3) Nelle vicinanze di Dallas è stato fondato un nuovo organismo per la
traduzione della Bibbia; esso s’impegna a trovare personale adatto e finanziamenti per questa grande opèra che
si persegue nel mondo, e che ha sempre molto bisogno d’aiuto. Infatti le
Sacre Scritture devono ancora essere
tradotte in 2000 lingue, parlate da 160
milioni di persone.
DIFFUSIONE BIBLICA
Si procede attivamenle alla diffusione della Parola di Dio nelle seguenti località:
COSTA D’AVORIO, dove il segretario
della Società Biblica parla di « vendite spettacolari » del Nuovo Testamento in lingua francese corrente;
TOGO, dove nel corso dell’anno 1971
sono stati distr^ibuiti in tre mesi 477
Bibbie, 581 Nuovi Testamenti e 798
Selezioni bibliche;
AMERICA LATINA, dove il Comitato
esecutivo della Conferenza delle
Americhe ha riaffermato di volersi
impegnare sempre più a fondo nella
diffusione delle Scritture nelle principali lingue . delTAmerica del sud,
con pubblicazioni attraenti e a prezzi modici;
REPUBBLICA DI S. DOMINGO, dove
una campagna di diffusione biblica
a domicilio ha dato i seguenti risultati: 400.000 copie delTEvangelo di
Giovanni e 38.000 selezioni bibliche
distribuite in una settimana;
cd infine nelTURUGUAY, dove 150 volontari hanno distribuito 10.000 co
pie delTEvangelo nelle strade, nei
parchi e sulle spiagge di Montevideo
durante un week-end. In particolare
un prete c i oli o, ik ..Te Miquelerena, ha distribuito in una sola giornata 6.000 selezioni pubblicate dalla
Società Biblica.
TRADUMONI BIBLICHE
REPUBBLICA DI ZAIRA (KINSHASA). — La traduzione della Bibbia in
lingua Lingala è terminata dopo 53 anni di lavoro paziente e perseverante.
Inoltre è stata effettuata una traduzione in braille di parecchi libri del
Nuovo Testamento in diversi dialetti
indiani, da parte della Società biblica
delTINDIA, per i numerosi ciechi di
questa vasta popolazione.
ATTUALITÀ’
BELGIO. — A Bruxelles sono stati
installati due distributori automatici
di Nuovi Testamenti in francese ed in
fiammingo: i primi risultati di questo
nuovo esperimento sembrano promettenti.
IRAN. — In occasione del 2500.mo
anniversario della dinastia persiana,
celebrato, come tutti sanno, con molto fasto, un pastore ha fatto distribuire centinaia di copie del fibro del profeta Daniele, dove si parla di Ciro il
Grande, uno dei fondatori della dinastia. L’attuale Scià di Persia si adopera molto per combattere l’analfabetismo nel suo paese, sia per mezzo della costruzione di nuove scuole, sia per
mezzo di giovani diplomati ed universitari, che sono mandati per due anni
in varie località ad istruire il popolo,
invece di fare il servizio militare. La
Società biblica, di conseguenza, spera
che presto le siano aperte nuove porte per la diffusione della Parola di Dio
in questa regione; a tale fine sta preparando una traduzione del Nuovo Testamento in lingua persiana, che si
prevede possa essere distribuita nel
1975 da un gruppo di giovani cristiani
impegnati, usufruendo di un furgone
librario regalato dalle chiese del Canada.
* * *
ROMA. — Dal 15 al 23 gennaio 1972
nell’Aula Magna della Facoltà Valdese
di teologia ha avuto luogo un’esposizione della Bibbia, con presentazione
di manoscritti e codici antichi, corredata da un opuscolo dov’era tracciata
a grandi linee e con molta chiarezza,
la storia della Bibbia dai primi secoli
dell’èra cristiana fino all’anno 1968.
sogno dell’aiuto di Cristo e del suo
amore.
SITANALA. Grandi progressi sono
stati fatti da quando la Missione contro
la lebbra ha iniziato il suo lavoro, nel
1969. Siamo solo scarsi di personale infermieristico mentre la chirurgia plastica ha reso la speranza a numerosi
ammalati.
NelTIRIAN ORIENTj^E la scelta del
luogo dove installare il centro contro
li lebbra è caduta su Biak dove il Governo ha acquistato il terreno sul quale costruire gli impianti necessari. Vi
è la corrente elettrica e l’acqua potabile. Inoltre Biak ha il vantaggio di essere vicino agli uffici del dipartimento
della sanità con il suo ospedale in cui
possiamo disporre di un reparto e della
sala operatoria. Un alt^ vantaggio è
dato dal fatto che gli aiuti e le infermiere possono essere istruiti sul posto.
La stazione di Biak ha anche un aeroporto su cui. fanno scalo sia gli apparecchi della linea di Marpati che quelli
dell’Aviazione Missionaria. Pensiamo
quindi che la scelta di Biak è stata
quanto mai felice. Speriamo che il Signore ci aiuterà a trovare il personale
necessario per questo nuovo settore.
Occorre gente che conosca un po’ il
thailandese e che abbia lavorato in un
centro missionario. Le chiese locali indigene ci incoraggiano molto in questo
lavoro e nel futuro dà esse verrà la collaborazione necessaria, ma per il niomento occorre ancora che provvediamo con personale nostro.
Missione Evangelica contro la Lebbra
Segretariato Italiano
10060 Frali (Torino) - Tel. 0121.8519
c.c.p. 2/35862
N.d.r.: lietissimi dell'iniziativa, comunicata dal servizio stampa francese
cattolico-protestante (bip-snop), lo siamo meno per l'uso dell’aggettivo “ecumenico”. Sappiamo bene che esso, etimologicamente, significa “universale”,
senza colorazioni religiose. Ma in epoca recente il suo uso corrente ha qualificato i problemi e i rapporti della
vita delle e fra le confessioni cristiane. Riteniamo scorretto usarlo, al p:sto di “religioso”, per qualificare i rapporti fra le religioni. Tale tendenza è
presente nel movimento ecumenico, e
ce ne dispiace. Infatti, se riteniamo
utile e necessario il colloquio, il confronto, il dibattito, la rifiessicne c:mune con rappresentanti deVe religioni, ci pare che vi sia una differenza
qualitativa netta fra i rapporti interconfessionali (cioè fra le var e confessioni cristiane) e quelli inte -re igìost
(cioè fra le varie religioni), anchz
quando si tratta di religioni che, cerne l’ebraismo e l’islam, non so^o sono
monoteiste ma riconoscono, sia pu:e
a livello qualitativo diverso, la rivela
zione dell’Iddio d'Israele. Sicché o si
attribuisce a “ecumene” e a "ecumenico" il suo sign’ficato ’laico’ originario (e in questo caso si lavora semplicemente accanto agli agnostici e agli
atei negli organismi internazionali come TU N ESCO); ovvero i termini hanno il significato convenzionilmente invalso, e li si riserva alle chiese cristiane, chiamando “religioso" ciò che è
tale.
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiiimiiMiiimiiiiiiimiiimii
Condanna
della repressione
e della persecuzione
in Unione Sovietica
Il 2 dicembre il Consiglio episcopale della
Chiesa Cattolica in Norvegia ha emesso una
dichiarazione che condanna la repressione della minoranza ebraica e la persecuzione dei cristiani nell’Unione Sovietica.
La dichiarazione richiama l’attenzione sul
fatto che negli ultimi anni vi è stata una forte tendenza fra le Chiese cristiane nel mondo
occidentale a impegnarsi in una critica serrata
della violazione dei diritti umani.
Le violazioni dei diritti umani nei paesi
comunisti vengono condannate con meno coerenza che non quelle dei paesi di altre parti
del mondo. Questo può avere delle buone motivazioni tattiche, ma causa tuttavia una mancanza di equilibrio che può indebolire la credibilità delle critiche delle Chiese cristiane alla
società, siano esse positive o negative.
La dichiarazione invita poi a una opposizione cristiana internazionale alla repressione degli ebrei sovietici; alia « repressione della libertà nel paese stesso » e aU’internamento di
« coloro che turbano con la loro critica » in
istituzioni psichiatriche; alla persecuzione dei
cristiani a in molti paesi dietro la cortina di
ferro »; alle restrizioni all’evangelizzazione.
(da Documenti IDOC 71/356/016)
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiniitimiiiiiiMiiimiimiiiiiiMniiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiitimiiimimiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiHmmiiiiiiiiimiHM
Il CEG, l'Irianila dal Nani e la Riiailesia
In occasione della sua riunione semestrale, che ha avuto luogo nello
scorso febbraio ad Aukland in Nuova
Zelanda, il Comitato esecutivo del Consiglio ecumenico delle Chiese ha adottato una risoluzione in cui protesta
energicamente presso le autorità rhodesiane a causa del loro rifiuto di autorizzare delle attività politiche normali « mantenendo in cattività permanente i capi nazionalisti e imprigionando
arbitrariamente i bianchi e i neri che
si oppongono all’accordo (anglo-rhodesiano) ». Il Comitato ha richiesto la loro immediata liberazione.
Nella stessa risoluzione, il Comitato
esecutivo chiede al Regno Unito — qualora il progetto d’accordo anglo-rhodesiano venisse respinto — di riaprire i
negoziati coll’intera partecipazione dei
rhodesiani neri.
D’altra parte, le Chiese-membro sono
caldamente invitate a cercare di convincere i rispettivi, governi di decidere
delle sanzioni economiche più efficaci
e di esercitare una forte pressione politica sul regime rhodesiano « finché in
quel paese prevarrà un sistema fondato
sulla discriminazione razziale ».
In un’altra risoluzione' adottata nei
riguardi delTIrlanda del Nord, il Comitato esecutivo dichiara che i diritti fondamentali e la sorte di tutti, uomini e
donne, devono essere garantiti e salvaguardati, qualunque sia il partito o la
religione cui appartengono. Secondo il
Comitato, i problemi attuali non possono essere risolti colla violenza o la contro-violenza e « una soluzione militare
non è una vera soluzione ».
Inoltre, il Comitato esecutivo ha approvato in dettaglio i piani della prossima sessione del Comitato centrale
si riunirà a Utrecht, in Olanda, dal 12
al 23 agosto prossimo. Ha pure fissato
le date della quinta Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese che avrà
luogo nel 1975. (hip)
iiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmuinm
Alla redazione di questa pagina hanno
collaborato Franco Davite, Claudia e Ro
berto Peyrot.
............................... iiiiimmiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiijiiiiiiiiiiiiiiiimiiiii
NOTIZIARIO RIOPL ATENSE
La sessione sudamericana del Sinodo Valdese
Nelle ultime settimane, qualche numero di «Mensajero Val dense » ci è
giunto per posta aerea, e quindi possiamo dare notizie più recenti sulla Chiesa Valdese al di là delToceano.
Sinodo valdese
sessione rioplatense
Era convocato a Ombues de Lavalle
(Uruguay) in data 5-9 marzo. Il culto
inaugurale era presieduto dal pastore
D. Baret. Non si prevedevano consacrazioni; almeno, nel programma non è
menzionato il nome di nessuno dei
candidati in teologia. Su « Mensajero
Vaidense » continua la discussione sulla riorganizzazione ecclesiastica: come
saranno rappresentate al Sinodo le singole comunità, spesso piccole e molto
distanti le une dalle altre? Direttamente o attraverso delegati dei presbiteri?
Quest’ultima «soluzione federale» sembra la più adatta alla regione rioplatense per le seguenti ragioni: tutte le
comunità saranno rappresentate da delegati eletti nelle conferenze dei presbiteri o distretti; tutti i problemi locali
verranno risolti precedentemente in
dette conferenze, e soltanto le questioni
riguardanti tutta la chiesa verraimo
esaminate in Sinodo. Negli ultimi anni il Sinodo è stato tenuto sempre nel
sud dell’Uruguay. Se ogni comunità dovesse essere rappresentata da un delegato, le chiese del nord e del sud dell’Argentina, distanti centinaia di chilometri, finirebbero per non mandare deputati in numero proporzionale e potrebbero essere sopraffatte dai rappresentanti delle grandi chiese delTUru
guay meridionale. Vedremo come si
sarà pronunciato in merito il Sinodo.
Apertura delTistituto
« EI Sarandi »
Il 15 novembre 1971 è stato inaugurato il primo padiglione di quest’istituto per minorati psichici. Vi sono state
accolte sette persone, dai 15 anni in su.
Durante una semplice cerimonia la direttrice, assistente di chiesa Bertha
Barolin, ha dato il benvenuto a questi
primi ospiti e al comitato direttivo.
Per anni si cercava il modo di venire
in aiuto ai minorati psichici e alle loro
famiglie; ma in tutta la regione mancava una istituzione adatta. Il comitato, presieduto dal pastore W. Artus, aveva pensato in un primo tempo a una
scuola-focolare, soprattutto per i bainbini subnormali. L’idea fu lasciata ca'dere, ma in seguito lo Stato uruguayano ha fondato la « Scuoia di ricupero
psichico n. 133 » a Vaidense. Risolto
così il problema della scuola, gli sforzi
dei valdesi si sono concentrati in questi ultimi anni nell’intento di creare
un focolare con possibilità di lavoro
per gli ammalati. Un primo passo è stato compiuto e ce ne rallegriamo con il
Comitato e la nuova direttrice, appositamente preparata a questo compito.
Corsi di studio in primavera
Come negli anni passati, corsi di studio comunitari sono stati tenuti in varie località in settembre (primavera,
nell’emisfero sud) sul tema centrale del
culto. Tre relazioni mettono in rilievo
le origini bibliche del culto (moderatore D. Rostan), le sue forme tradizionali (prof. Marcelo Dalmas) e le possibilità di un suo rinnovamento nella vita
vissuta dalla comunità, come risposta
alla parola predicata (cand. teol. Hugo
Gönnet). Altri temi, come l’opera sociale della chiesa sono stati meditati e ciclostilati per i membri di chiesa, ma
non hanno potuto essere pubblicati nel
« Mensajero Vaidense ».
Morte del past. Valdo Galland
Nel primo numero di quest’anno la
figura dello scomparso viene ricordata
da vari suoi amici. Era nato e cresciuto nella regione rioplatense e dopo gli
studi di teologia in Svizzera era tornato a lavorare nella chiesa di lingua
francese a Buenos Aires. Di là fu chiamato a Ginevra a dirigere la Federaziont mondiale degli studenti cristiani, e
più tardi si trasferì a Nuova York, ma
si sentiva sempre intimamente legato
all’America latina e alla Chiesa Valdese rioplatense. La sua famiglia era molto conosciuta tra i valdesi, specialmente sua madre che visse a Vaidense fino
alla fine dei suoi giorni. A lei si deve
la fondazione del « Centro Emanuel »,
luogo di meditazione e di convegni in
quella colonia.
Aja Soggin
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Péllice (Torino)
4
pag. 4
N. 11 •— 17 marzo 1972
Cronaca delle Valli
dopo
La sitoazione alla
il noovo cootrano
HELGA
dei dolciari
NelI’Eco-Luce del 14 gennaio avevamo dato notizia della collaborazione in
atto con alcuni esponenti della rappresentanza sindacale della fabbrica di do'ciumi Helca, di Luserna S. G. Siamo riconoscenti a G. Negrin e E. Sibille, membri delle nostre coinunità, per l’impegno che hanno voluto assumersi con la
« Cronaca delle Valli » per informarci periodicamente sulla situazione del loro
lavoro in fabbrica. Nell’incontro avuto con loro a gennaio ci facevano presenti
le difficoltà in cui si dibattevano all’interno dell’azienda per ottenere dei miglioramenti e vedere assicurata la continuità del lavoro. Essi ci avevano pun
tualizzato i loro problemi in tre punti: 1) il carattere stagionale del loro lavoro;
2) i rapporti con la direzione; 3) il problema degli scioperi. Intanto, aspettavano impazienti il nuovo contratto di lavoro. Questo nuovo contratto per i Dolciari è stato stipulato il 10 dicembre 1971 ed entrato in vigore dal 1® marzo 1972.
Ne presentiamo brevemente i punti più rilevanti.
Innanzitutto i Sindacati (CGIL-CISLUIL), nel loro documento dichiarano
testualmente che: « La lunga lotta dei
lavoratori dolciari che è stata condotta con grande unità e per la prima
volta con un’articolazione generalizzata in tutte le fabbriche è riuscita a
piegare l’intransigenza padronale ed a
realizzare delle grosse affermazioni e
conquiste, anche se per alcune in modo graduale ». A questo proposito gli
operai ci fanno notare che la lotta è
stata portata unicamente da loro senza l’apporto degli impiegati che sono
sempre rimasti ai margini e che ora
dividono i frutti di un’azione che non
hanno mai compiuta.
Ma vediamo in che cosa consistono
in concreto queste « grosse affermazioni e conquiste » per gli operai dell’Helca.
Come prima cosa va detto che le 13
categorie di dipendenti, comprendenti: impiegati, intermedi (cioè i capi
squadra, i responsabili del lavoro di
collegamento fra gli operai), operai,
sono state abolite e sostituite con 7
« raggruppamenti » o categorie. A proposito di questa nuova classificfzione
dei lavoratori il documento sindacale
dice: « Le declaratorie e i profili determinano l’inquadramento dei lavoratori sulla base delle capacità professionali e del lavoro svolto e l’inquadramento si realizzerà con contrattazione
a livello aziendale tra la Direzione dell’azienda e il Consiglio di Fabbrica ».
Quindi va menzionato un aumentò
retributivo di L. 16.000 mensili uguale
per tutti; cioè senza distinzione fra
impiegati ed operai; 25 giorni di ferie
annuali per tutte le categorie, indipendentemente dall’anzianità di servizio che saranno portati a 30 a partire
dal 1-3-1973. Un notevole miglioramento va registrato anche per quanto riguarda i casi di malattia, nonostante
la miglioria non scatti che a partire
dal 1-12-1972.
Il problema fondamentale però, ci
dicono gli operai, rimane quello dell’orario di lavoro. « L’orario contrattuale è fissato in 40 ore settimanali
dal 1-3-72 con distribuzione su 5 giorni. Le aziende potranno disporre di
un monte di ore eccedenti le 40 ore
spettato dall’azienda e nello stesso
tempo che i lavoratori stessi prendano coscienza di quelli che sono i lo^'o
diritti, sanciti dal nuovo Contratto, e
che non si lascino intimorire nel momento della difesa dei loro diritti.
In questa prospettiva il Consiglio di
Fabbrica potrà realmente trasformarsi
Corso Bìblico
del pastore Tourn
Mercoledì 22 marzo alle ore 21, presso la Sala delle attività della comunità
di Torre Pollice, avrà inizio la seconda
parte del corse biblico sulTAntico Testamento del pastore Giorgio Tourn. Come
è già stato detto, verrà affrontato il periodo delia storia di Israele dali'ingresso in Canaan delle tribù fino aiia Monarchia. Sono in corso di ciclostilatura le
dispense sulla prima parte del corso ; saranno distribuite ai partecipanti al corso
e a quanti ne faranno richiesta. Aspettiamo quindi puntualmente il gruppo di
monitori, catechisti, predicatori laici, insegnanti che hanno seguito la prima parte delle lezioni e tutti quanti vorranno
aggiungersi per conoscere o approfondire la loro conoscenza sull'Antico Testamento.
(straordinari) pari a; ore annue 130
fino al 31 maggio 1973; ore annue 80
a partire dal 1® giugno 1973, da utilizzare fino ad un limite massimo di
48 ore/settimana. Lo straordinario decorre dalla S“ ora giornaliera » (e questa, sottolineano gli operai, è una cosa di grande importanza).
Naturalmente il problema degli
straordinari investe tutta quanta una
problematica di fondo che da un lato
riguarda le necessità ed i vantaggi dell’azienda, dall’altra il problema della
occupazione. Probabilmente è pura
utopia pensare che gli operai riescano a maturare l’idea che la rinuncia
allo straordinario (e quindi rinuncia a
qualche soldo in più) può costringere
le aziende ad assumere altri dip>endenti attualmente senza lavoro e bisognosi di lavoro e di pane.
Gli operai della Helca sperano ora
che questo nuovo Contratto venga riin un utile strumento di confronto e
di verifica dei vari punti del nuovo
Contratto di lavoro. Fra l’altro, il do
cumento dei Sindacati afferma a questo proposito: « Al Consiglio di Fabbrica è riconosciuta la facoltà di accertamento, di analisi e di controllo
delle condizioni ambientali di lavoro
ai fini della tutela e prevenzione della
salute e dell’integrità fisica dei lavoratori. A tal fine il Consiglio di Fabbrica potrà avvalersi di esperti e tecnici autonomamente scelti nell’ambito dei seguenti Enti: Istituti Universitari, ENFI, INAIL, servizi igienicosanitari degli Enti-Locali e delle Regioni, Istituto superiore di sanità,
C.N.R. etc. (...) La competenza per la
contrattazione delle materie e la definizione degli strumenti (...) per la tutela della salute e dell’integrità fisica, è
demandata all’Esecutivo del Consiglio
di Fabbrica ». La scadenza del nuovo
contratto sarà il 31-8-1974.
E. G.
POMARETTO
Desi^oato ¡1 past. S. Itosta^DO
V Culto comunitario. Un gruppo del
IV anno di catechismo, unitamente ad
un membro del concistoro ha tenuto
il culto all’Inverso Pinasca l’ultima domenica di febbraio.
Elezione pastorale. Domenica 12 marzo l’assemblea del corpo elettorale,
presieduta dal Pastore Marco Ayassot,
ha designato a Pastore di questa chiesa il Pastore Sergio Rostagno. Erano
presenti 150 membri elettori (su 287)
e le votazioni hanno dato questi risultati: 97 voti favorevoli al past. Rostagno, 17 no, 32 schede bianche, 4 nulle.
Che il Signore benedica il ministero
del neo eletto, con la fiducia che la
missione dentro e fuori la chiesa sia
compiuta da tutta la comunità con il
Pastore, memori che i credenti soro
« un reai sacerdozio, una gente santa »
che Dio ha tratto dalle tenebre per
annunziare la Luce di Cristo. Per questo urge la preghiera per invocare la
potenza operativa dello Spirito Santo.
Riunione del Concistoro: Per sabato 18, ore 20, nella sala di Pomaret o
è convocata l’assemblea del Concistoro e responsabili vari per discutere
problemi urgenti.
Ringraziamento: Il Pastore Giorgio
Tourn ha tenuto quattro Conferenz :
sulla Predestinazione, suscitando vivo
interesse su questo problema tra i partecipanti. Lo ringraziamo profonda
mente.
Sabato 25 marzo alle ore 20,30 si 1e -rà alla cappella di Porosa una riunione dei « focolari rhisti ».
Domenica 26 marzo culto all'Inverso
Pinasca alle ore 10,30. G. B.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iimiiiiiiiiiiiiim"-'iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMmii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
La giornata mondiale di preghiera
delle donne, nelle Valli
Anno dopo anno la liturgia preparata da
donne di varie nazioni raccoglie, anche nelle
Valli, sorelle unite nel vincolo della fede.
Il venerdì 3 marzo — il primo venerdì del
mese di marzo è la data fissa della giornata
mondiale » — una ventina di noi si sono
riunite a Torre Pellice, nella sala dell’Esercito
della Salvezza, lispondendo all’invito della
brigadiera Figliola, in comunione con le donne cristiane di tutti i continenti, sostenute
dalla loro intercessione.
Per permettere la presenza di tante altre,
impegnate su settimana, l’incontro generale
ha avuto luogo a San Germano Chisone, nel
pomeriggio di Domenica 5 : nel grigiore di un
clima tutt’altro che primaverile, ben duecento sorelle provenienti da Bobbio e Torre Pellice, Angrogna, Rorà, Luserna S. Giovanni, Pinerolo, S. Secondo, Prarostino, Pramollo e
Villar Perosa sono state caldamente accolte
dall’Unione di S. Germano, nella sala spaziosa.
Chiara e ricca la meditazione biblica di
Marie-France Coisson sul testo « Rallegratevi
nel Signore. Ve lo ripeto, rallegratevi sempre » (Filippesi 4). È un imperativo che risuona. Ma come rallegrarsi sempre nel nostro mondo di sofferenza, in noi o causate
da noi, o tollerate o accettate da noi? Le sofferenze collettive : guerre, odio, violenza, miseria. C’è dunque, la gioia, o non c’è? Il mondo conosce le gioie false derivate daU’orgoglio
e dall’egoismo, le gioie facili dei piaceri, che
lasciano il vuoto. Conosciamo le mille piccole
gioie quotidiane procurate dall’affetto, dalla
bellezza, gioie purtroppo spesso dimenticate
nell’assillo della lotta quotidiana per resistenza. La gioia di cui parla l’apostolo è, però, diversa : è la gioia vera e duratura che il
mondo non conosce, ma che gli uomini aspettano senza rendersene conto. Se è « nel Signore », cioè in relazione con la sua azione, può
essere costante, indipendentemente dalle circostanze, anche quando uno piange : perché è
speranza che resta al di sopra di tutto il resto.
La Bibbia intera ci parla di gioia : soprattutto
nei Salmi vibra la gioia di chi sa di essere
in presenza di Dio, di chi si sa perdonato, la
gioia per le promesse del Signore; nel Nuovo
Testamento è la gioia di chi trova Cristo, di
chi vive in lui e lo aspetta, la gioia del peccatore che si ravvede è come quella del padre e del figlio prodigo che si ritrovano, allegrezza che irradia sui vicini e gli amici. « Il
Signore è vicino », dice l’apostolo Paolo. Nella Bibbia, infatti, la gioia è il segno del Regno che viene, quando la creazione sarà riconciliata e avrà ritrovato la pienezza della comunione con il suo Signore. Nella sua lettera
ai Filippesi Paolo ripete « mi rallegro », « rallegratevi » : eppure si trova in prigione. La
sua allegrezza è paradossale : è in attesa di
essere processato, forse giustiziato; e sì pensa
all’estrema beatitudine : « Beati voi quando
vi oltraggeranno e vi perseguiteranno... Rallegratevi e giubilate, il vostro premio è grande nei cieli ».
Ma oggi? Dov’è questa gioia vera dei cristiani? Quanti credenti sono sempre ansiosi,
preoccupati, inquieti, in una tristezza che è
peccalo contro lo Spirito Santo. Come viviamo, collettivamente, questa gioia nelle nostre
comunità? La gioia è un modo di manifestarsi della fede; se si crede si ha la gioia. E caratteristica della gioia è la sua comunicatività :
ci sì rallegra insieme, la gioia non è chiusa, è
apertura, testimonianza. Se non c’è più gioia
nelle nostre comunità non è forse perché abbiamo perso il senso della testimonianza, del
messaggio da portare insieme oltre le nostre
porte? La chiesa che si rallegra di una gioia
introversa dimentica le sofferenze e le ingiustizie; invece la chiesa che vuole far traboccare fuori delle sue mura la sua gioia, deve
andare nel mondo e, curvandosi sulle sue sofferenze, portargli la vera gioia, che « in Cristo » non passerà mai.
Alcuni problemi particolari sono poi stati
affrontati nell’iniercessioite;
Il convitto di Pineroio
— emigrazione in cerea di lavoro,
— rapporti fra anziani e giovani,
— secolarizzazione della vita quotidiana.
Le richieste echeggiavano nei nostri cuori,
facendole nostre nel Signore: ee Fra noi. Signore, ci sono coloro che non hanno mai avuto una famiglia felice, e coloro che hanno
perso- ogni cosa loro. Vi sono coloro che sono
disperati e non vedono via d’uscita. Vi sono
coloro ai quali Dio sembra nascosto, assente
da questo mondo ». Spesso l’assemblea ripeteva : (c O Signore, rinnovaci con il tuo Spirito. Donaci la libertà di accettarci gli uni gli
artri. O Signore, sii il nostro aiuto affinché
ti lodiamo». Non sono forse queste le preghiere che innalziamo ogni giorno, fiduciose
nella risposta di Dio?
E grazie alla chiesa di S. Germano che ha
tutto organizzato con amore, fin nei dettagli.
La presidente della F.F.V., Ade Gardiol, ha
spiegato che quest’anno ancora la colletta sarebbe andata a favore dell’Ospedaie Evangelico di Ponticelli (Napoli), che attraversa momenti delicati. Grande è la possibilità di lavoro e di testimonianza in questo servizio cristiano interdenominazionale; ma spesso mancano le forze e i servitori del Signore sono
assai confortàti sentendosi oggetto deU’'utercessione e dell’aiuto concreto da parte delle
Unioni femminili evangeliche d’Italia. Vi sì
registrano duemila nascite all’anno, e i corredini sono sempre benvenuti!
Secondo l’esortazione e l’esempio dell’Apostolo Paolo, resteremo fermi e solidali nella grazia
e nella pace che ci sono date da Dio nostro
Padre e dal Signor Gesù Cristo. Rallegriamoci nel Signore. La nostra mansuetudine sia
nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino
(Filippesi 4, 4-7).
Graziella Jalla
iiiiiiiiiimiiimmiiiimiiiiimiiiiimimiiiimiiiiiiiiiiiiiiii
Personalia
Domenica 12 marzo, durante il culto,
il pastore Sonelli ha unito in matrimonio la Sig.na Elena Bein, membro della
nostra comunità con Gianpaolo Ricco,
segretario della FGEI e vicepresidente
della Chiesa Metodista d’Italia. A questi
fratelli in fede vada il nostro augurio
sincero di una vita impegnata al servizio del Signore.
L’ultimo Convitto, in ordine di tempo, creato alle Valli è il Convitto di
Pineroio, che ha già varcato la soglia
del suo primo decennio di vita: è stato infatti inaugurato nell’ottobre 1960,
in occasione del centenario della co
struzione del tempio di Pineroio. Il
fatto non è casuale ed ha un significato profondo, potrebbe avere un signi
Acato, sarebbe megho dire, se soltanto ci si rendesse più chiaramente con
to del significato delle nostre decisio
ni. Vediamo prima come sono avve
nute le cose e poi cerchiamo di fare
una breve riflessione su di esse.
Molti valdesi conoscono il tempio
valdese di Pineroio, almeno dall’esterno, e tutti hanno potuto notare quanto la sua architettura sia strana: un
grossissimo cubo che non ha proprio
nulla di una chiesa (anticamente doveva essere ancora più brutto con le
sue quattro torrette sugli angoli, che
10 facevano rassomigliare a una « commode renversée » come ebbe a dire
qualcuno) e che non aveva neppure
una scritta o una croce. Non è male
ricordarci che fu costruito così non
per mancanza di terreno o di denaro
o di progetti di architetti ma perché
la legislazione del Regno di Sardegna
non lo tollerava; 12 anni dopo lo Statuto di Carlo Alberto, il famoso 17 febbraio 1848, i valdesi non potevano celebrare il loro culto in Pineroio se non
da privati in un edificio che non fosse
una chiesa.
Il locale di culto era perciò sistemato al primo piano e vi si accedeva
con una scala interna; al pian terreno, se non andiamo errati, erano sistemate le Scuole valdesi ed un asilo
froebeliano che durò sino agli inizi del
secolo. Solo molto più tardi, nel corso di risistemazioni, e dato il mutato
clima della vita nazionale fu possibile
sistemare l’edificio come è attualmente con un locale di culto al pian terreno e dei locali ai piani superiori. Per
parecchio tempo questi ultimi vennero utilizzati come appartamenti d’affitto. È appunto da questi che vennero
ricavati nel 1960 i locali del convitto:
al primo piano cucina e refettorio con
le camere dei ragazzi, al secondo piano le camere delle ragazze e sala di
studio.
Lo scopo che ci si prefigge con l’inaugurazione di questo convitto era molto preciso; dare una adeguata sistemazione ai ragazzi delle parrocchie valdesi, specialmente della vai Germanasca
e Chisone che scendevano a Pineroio
per studiare e si trovavano non di rado costretti o a viaggiare con il ben
noto trenino di Perosa per raggiungere
Pomaretto o a cercare una sistemazione in Pineroio stessa. Non poco disagio era anche causato dalla impossibilità di avere un locale ed una mensa
per i pasti di mezzogiorno. Il numero
dei convittori è stato allora previsto
per una trentina di presenze ed il numero è stato raggiunto sino agli ultimi
anni in cui si è verificata una lieve
flessione dovuta alle mutate condizioni
di vita generali. Il numero degli studenti delle parrocchie delle alte valli
tende a diminuire, molto più facile e
conveniente sembra essere la sistemazione in fondo valle con la famiglia ed
11 viaggio con i pullman scolastici per
raggiungere Pineroio. La natura del
Convitto subisce così una trasformazione e vi trovano ora sistemazione, oltre che naturalmente, sempre, studenti,
anche ex convittori al loro primo impiego, apprendisti ecc. Sempre estremamente valida risulta invece la funzione di mensa a mezzogiorno che permetfe a parecchie impiegate e vari studenti di avere un pasto al caldo senza
rientrare a casa.
Le riflessioni che si possono fare sul
Convitto di Pineroio sono forse le stesse che si possono fare su molte delle
nostre istituzioni del genere ma qui
appaiono molto evidenti. Anzitutto per
quanto concerne l’iniziativa si deve
constatare che, anche in questo caso,
la si deve ad un gruppo di poche persone sensibili ad un problema concre
MiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiii
San Germano Chisone
Quest’anno a S. Germano, si sono ancora
accesi i falò nelle nostre borgate, ed il 17 alle
ore 9 i bambini della scuola domenicale hanno iniziato le celebrazioni con il tradizionale
corteo verso la Casa di Riposo, ritornando poi
al tempio dove il past. Bertin, al quale inviamo una parola di ringraziamento, ha presieduto il culto. La comunità si è poi ritrovata
nella sala, per consumare fraternamente il
pranzo. Dopo un breve saggio della banda musicale del comune c canti di alcuni gruppi, ci
siamo sciolti per ritrovarci alle ore 20, per assistere alla commedia « Mammina », magistralmente interpretata dalla nostra filodrammatica
e dal contenuto sempre attuale. La recita è
stata seguita da alcuni inni della corale e da
una farsa interpretata da alcuni giovani.
Ben 124 anni sono passati dal 17 febbraio
1848, giorno in cui il re Carlo Alberto, promulgò l’Editto di Emancipazione, con il quale i valdesi venivano ammessi a godere dei diritti civili e politici del Regno. 124 anni dalla
sera del 16, quando sulle montagne delle valli si accesero centinaia di falò che dovevano
essere di avvertimento a coloro che non sapevano dell’Editto. Forse oggi nel 1972, a qualcuno il 17 febbraio non dice più niente, forse
fra 100 anni o meno, i falò che rischiararono
le valli, non brilleranno più o forse, come ha
detto il pastore Bertin, ve ne sarà solamente
più uno, attorno al quale poche decine di vai
desi canteranno il « giuro »; ma non importe
rà tanto il loro numero, quanto la loro fede
E Abramo disse : « Deh, non sì adiri il Si
gnore, e io parlerò ancora questa volta sol
tanto. Forse se ne troveranno dieci ». E l’Eterno : <( Non la distruggerò per amore dei dieci ». Negli anni a venire, i 17 febbraio, saranno ancora testimoni della nostra fede o
saranno distrutti, come sì è sentito dire, da
coloro che lo definiscono « il carnevale dei
valdesi »?
Possa il Signore aiutarci a non scendere
tanto in basso e ci aiuti a mantenere vìva e
forte la nostra fede in Lui, il 17 febbraio e
i 364 giorni che rimangono nell’anno.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllli;
Rettifica
Nella cronaca sulla riunione promossa dal Centro culturale S. Toja sui Consigli di quartiere siamo incorsi in errore scambiando il maestro Melli con
il maestro Travers. I Consigli di quartiere erano quindi rappresentati oltre
che dal Dott. Comba, dal maestro Travers. Ci scusiamo con i lettori per questa svista.
to e desiderose di porvi rimedio. Il
gruppo di fratelli della comunità di
Pineroio che collaborò al sorgere dell’iniziativa fu fortemente stimolato
dal past. Deodato che, lasciata la moderatura, non aveva esitato ad impegnarsi in questo nuovo progetto, la
cui realizzazione fu resa possibile anche, e sopratutto, all’intervento fraterno degli amici svizzeri del Comitato di
Berna, impegnatq nell'aiuto ai nostri
istituti di istruzione, e dall’HEKS di
Berna, il comitato dell’Entraide Protetante nei paesi di lingua tedesca. Si
tratta dunque di un’opera significativa,
necessaria, a cui però hanno partecipato un gruppo di fratelli della comunità locale, gli amici esteri della
Chiesa valdese e le comunità delle
Valli con una colletta. Non è forse
stato sufficiente il legame tra la comunità locale e l’opera stessa; si è forse
trattato spesso di una iniziativa che
ha luogo nei locali della Chiesa ma di
cui la comunità dei fratelli si sente
relativamente poco responsabile. Questo è il primo dei problemi che tutte
le nostre opere devono affrontare: informare, interessare, collegare la propria attività con il contesto della Chiesa che li circonda.
Il secondo problema è già stato enunciato: la necessità che un’opera assuma rapidamente carattere e funzioni diverse quando mutano le circostanze dell’ambiente. In poco più che un
decennio il Convitto sorto per studenti valdesi si trova a dover modificare
la sua impostazione, mutarsi in luogo
di raccolta di giovani studenti e lavoratori, da convitto diventa « casa ».
Questo fatto non è da poco, richiede
inventiva, capacità di adattamento, richiede che si passi da un tipo di vita
ad un’altro con estrema facilità.
L’ultima considerazione è invece di
ordine più spirituale e tocca da vicino
il significato stesso di queste iniziative.
Il Convitto venne inaugurato, abbiamo detto, in occasione del centenario
della costruzione del tempio di Pineroio, il primo costruito fuori dal ghetto delle Valli, il primo segno della presenza evangelica in Italia, nell’opera
che venne detta di « evangelizzazione ».
Nulla meglio di una nuova opera missionaria poteva celebrare un centenario, il desiderio cioè di riprendere una
missione evangelistica. Tali sono e saranno forse sempre più in avvenire le
nostre opere, non solo mezzi utili e
provvidenziali per risolvere alcune difficoltà delle popolazioni valdesi locali ma strumenti di una testimonianza
nuova e rinnovata. È questo però un
tema che è fra noi lungi dall’essere
chiaro ed a cui dovremo porre mente.
G. Tourn
BReuissmie
Il processo al. « Giornale di Pineroio e
Valli » che doveva tenersi il 15/3 è stato rinviato a martedì 21/3 alle ore 16,30. Ricordiamo ancora che oltre al Direttore dott. De
Giorgis, sono stati incriminati anche l’ing.
Pontet ed il Sig. Jouve.
Processo Valpreda. Dopo molte ore di
camera di consiglio, la corte d’Assise di Roma ha stabilito la propria incompetenza a
giudicare Valpreda. Gli atti del processo sono
stati spediti a Milano, luogo in cui si è verificato Fultimo atto criminoso del « delitto continuato », secondo le norme del codice. Nonostante l’istruttoria sia stata zoppicante da più
parti, gli imputati restano in carcere.
Sono stati avvisati di reato i due ufficiali responsabili della marcia in cui persero
la vita, travolti da una valanga, 7 alpini della
brigata Orobica. I bollettini meterologici avevano previsto il pericolo. Ma anche questi morti rientrano nel numero previsto dal Ministero della difesa!
L’obiettore di coscienza Giuseppe Amari
e stato condannato dal Tribunale di Torino a
4 mesi di reclusione per essersi rifiutato di
indossare la divisa.
Sono stati resi noti dallTstat i dati relativi alle ore di sciopero spese nelle vertenze
sindacali del 1971. Un totale di 103 milioni
450 mila ore lavorative, con la diminuzione
del 29,2% rispetto al 1970. L’allarmismo antioperaio ha quindi ricevuto una secca smentita.
'3^' Karl Wolff, ex generale nazista 72enne
ha rivelato il piano di Hitler di deportare
Pio XII e con lui il patriarca di Venezia e
l’arcivescovo di Milano Schusler, piano che
venne poi sospeso in extremis.
Ad Angrogna, l’Assemblea di chiesa convocata per domenica 12 marzo per l’elezione
del pastore è stata rinviata a domenica 19,
mancando 4 persone per la legalità dell’assemblea. Si spera che gli abitanti di Pradeltorno
non restino isolati anche la prossima domenica!
In occasione dell’incontro pastorale a
Pineroio del 13 marzo sono state distribuite
ai pastori perché formino dei gruppi di studio
nelle loro comunità, un certo numero di bozze ciclostilate sulle <c Linee di azione ecumenica ». Questa bozza dovrà essere esaminata
con la necessaria attenzione da parte di tutte
le comunità affinché per la Conferenza distrettuale del 29 giugno si possa avere in mano un
testo con gli eventuali emendamenti, da presentarsi alla prossima sessione sinodale. Restano più di 2 mesi per questo esame, ma va fatto subito, ora che anche i contadini sono bloccati nei loro lavori.
5
17 marzo 1972 — N. 11
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Processo ai funerali7 Michele Mandrillo, "In Protestante"
Un fratello, che ha ricevuto la prirna vocazione alla fede evangelica
ascoltando la predicazione di un nostro pastore ad un funerale, è venuto
a manifestarmi le sue perplessità di
fronte ad un articoletto comparso su
« La Luce » del 21 gennaio sotto il titolo Funerali pagani. Confesso che
non l’avevo letto (o forse l’avevo percorso troppo distrattamente) per cui
ho dovuto andarmelo a rivedere, promettendo al caro fratello che avrei
mandato due righe al giornale per
esprimere le sue perplessità, che d’altronde condivido, anche se con meno
emozione, in quanto più abituato di
lui a letture del genere, cui la nostra
stampa ci ha assuefatti.
Premetto che l’articoletto mi trova
perfettamente consenziente su tutte
quelle considerazioni, ormai di dominio comune, che si fanno contro certa
coreografìa che accompagna qualche
funerale, illudendosi di renderlo più
« solenne », contro lo spreco di denaro per costose vanità, contro tutto ciò
che fa contrasto con l’austerità di
un’ora in cui si debbono fare i conti
con la grave realtà della morte e aprire il cuore alla sola speranza che rimanga: quella in Colui che è « la risurrezione e la vita ». Queste e molte
.altre considerazioni, altrettanto pertinenti, che potrebbero aggiungersi alle
giuste ragioni degli estensori dell’articoletto, sono ormai cose che tutti
dovrebbero sapere , tanto che anche
i bollettini parrocchiali cattolici, dopo
Papa Giovanni, le hanno frequentemente ripetute, sia pure con poco successo. Grazie dunque ai suddetti scrittori (la firma è a nome di un gruppo
di giovani) per avere ricordato considerazioni sulle quali vai la pena di insistere, con la speranza che, a poco a
poco, penetrino.
Ci sono però alcune cose, nel succitato articoletto, che debbono essere
•corrette. Eccole brevemente:
1. - Innanzi tutto, c’è da fare una
preghiera agli scrittori, e la_ rivolgo
anche a tanti altri: se desideriamo riportare nella nostra Chiesa un atmosfera di serenità, se non proprio l’apostolico « unico sentimento », che si ri
llllllllllllllllllllllilillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll!_
Fui malato.
Saper ricevere
In occasione della « dornenica dei
malati » indetta al principio di marzo nella Svizzera romanda, il pastore dell’ospedale cantonale di Ginevra ha scritto queste riflessioni
per il Service de presse protestant.
Si pensa sempre che si porta qual:Cosa ai malati; certo, si depongorio
sul loro letto fiori, arance, dolciumi...
Ma spesso ci si sbaglia, perché non
hanno bisogno di nulla, nulla di tutto ciò. Di che hanno bisogno? Esigono che si porti loro un po di affetto, di amicizia non condiscente ne
piagnucolosa; soprattutto hanno bisogno di un po’ di silenzio. Mi pare
che se fossi seriamente inalato_e ricevessi la visita di un amico, mi piacerebbe che sapesse prendere una
sedia e sedersi, e mi offrisse quel
tipo di silenzio che mi permettesse
di esprimermi, cioè di prendere in
mano la conversazione nei termini
•che desidero.
Dare a qualcuno V occasione di
parlare, di parlare di sé, di ciò che
lo preoccupa, di ciò che vive o di ciò
che lo turba, dare a qualcuno l occasione così rara di una vera conversazione; questo è probabilmente un
.dono meraviglioso.
La conversazione è sempre condotta da chi viene, perciò così spesso fallisce; in realtà essa dev'essere
nelle mani di chi riceve la visita.
Probabilmente è per questo che il
silenzio è un’assoluta necessità, di
cui bisogna saper sopportare il peso, perché chi sa tacere riceve.
Che cosa?
Un malato che parla di ciò che
vive, che spiega come trova nell’intimo risorse vitali per tenersi a galla malgrado la tempesta, distribuisce un dono senza prezzo; spesso è
la paura di ricevere questa ricchezza, offensiva per la nostra povertà
interiore, che ci spinge a parlare^ davanti al malato di tante banalità.
Tacere davanti al malato non è
una dimissione, è anzi un atto di dominio su se stessi. Ciò che l’altro dirà se le condizioni sono favorevoli,
diventerà un messaggio; l’uomo non
è mai grande come quando si batte
per la propria vita ed è sulla frontiera, al limile, che rivela le sue risorse. Non conosco nulla di più toccante e sconvolgente che udire esprimersi sommessamente la lotta, la
speranza, la fede nelle situazioni avverse.
È ' un’ esperienza che mi rende
umile. Non bisognerebbe mai passare disattenti o indifferenti accanto a questo dono. Bisognerebbe capire che ciò che si dà è spesso un
alibi per non ricevere.
Renk Huber
vela impossibile, occorre smettere il
malvezzo di giudicare e condannare come eretici (qui addirittura « pagani »)
i fratelli che eventualmente pensano
o agiscono in modo diverso dal no
stro.
Dagli errori di alcuni si generalizza,
in modo assolutamente gratuito, affermando che i membri delle nostre
chiese che partecipano ai funerali non
ci vengono « certamente per ascoltare
l’Evangelo » e che anzi « si va per il
morto, non per udire la predicazione
dell'Evangelo »... Il che sarà vero per
alcuni, ma non è detto lo sia per tutti.
E poi chi ha dato agli estensori dell’articoletto la capacità di giudicare in
modo così assoluto e perentorio quello che è nell’animo dei loro fratelli?
Si afferma che la predicazione dei pastori « non sempre avviene in modo
corretto », anzi che « spesso certi pastori si limitano ad un panegirico del
morto lasciando in ombra la parola
della risurrezione »... Qui si è meno assoluti: « non sempre », anzi « spesso »...
« certi pastori », ma la squalifica è pesante tanto più che, nella sua genericità, sembra voler colpire tutti e nessuno, proprio come di chi tema le
conseguenze di un’accusa diretta e
precisa e preferisca tenersi sulle generali.
Ora, ammesso, e non provato, che
si siano verificati casi di predicazione
« evangelicamente non corretta » o di
« panegirici » che abbiano « lasciato
nell'ombra la parola della risurrezione», è lecito generalizzare in tal modo, sia pure rimanendo nel vago? Di
pastori, da vari Moderatori in giù, ne
ho udito parecchi, in occasione di funerali, ma debbo dire francamente che
di colleghi che lasciassero « nell’ombra la parola della risurrezione » per
limitarsi a fare panegirici, in modo
addirittura da dare una predicazione
« evangelicamente non corretta », noa
ricordo di averne udito nessuno. Ne
ho udito di più efficaci e di meno, di
più o meno ispirati; in vari casi, come
per funerali di Pastori, Anziani, Diaconi, Diaconesse ecc..., ho udito ricordare l’opera da loro svolta nella Chiesa, ma dei panegirici mai, e soprattutto mai di quelli che lasciassero « nell’ombra la parola della risurrez one ».
2. - C’è poi ancora la battuta finale
che merita di essere trascritta: « Il
Pastore può benissimo recare alla famiglia in lutto l’annuncio della speranza cristiana, in un giorno che non sia
quello del seppellimento» (Sic!'. Qui
è sicuro che gli estensori dell avticoletto non sanno che il pastore non solo « PUQ’ », ma « DEVE » ree re alla
famiglia in lutto l’annuncio de’la speranza cristiana ANCHE in gio.ni che
non siano quelli della sepoltura. Ma
non c’è nessuna regola, né nella Scrittura né altrove, che vieti, o anche solo
sconsigli, al Pastore di portare tale
annuncio ANCHE e SOPRATTUTTO
in occasione della sepoltura, se vuole
essere imitatore di quel Gesù che, proprio in occasione di funerali, predicò
alle famiglie in lutto e a tutti i presenti il messaggio della vita, vedi: « Io
sono la risurrezione e la vita » ai funelali di Lazzaro, cui si potrebbe aggiungere la partecipazione consolatrice di
Gesù ai funerali del figlio della vedova di Nain, della figlia di lairo e così
via...
3. - Per terminare, aggiungerei una
parola sul ricorso alla tradizione sinodale del 1800 ecc... Bisognerebbe, innanzi tutto, ricordare che certe decisioni furono prese in un contesto sto
rico e sociale assai diverso dal nostro
e che pertanto non possono servire da
parametro in tempi così diversi come
i nostri. La faccenda dei « capi famiglia » per i quali il pastore era « autorizzato » ad annunziare la parola di
Dio nel cimitero, sarà una curiosità
storica, ma non è affatto riportabile
alla situazione sociale di oggi, in cui
una discriminazione del genere scatenerebbe (e giustamente) la più violenta contestazione, senza contare la paternalistica « autorizzazione » a predicare... Caso mai sarebbe stato interessante, ma controproducente per la tesi degli articolisti, rilevare che la richiesta della predicazione ai funerali
veniva portata davanti al Sinodo « au
nom des Eglises », ossia che proveniva
proprio dalle Comunità, le quali ravvisavano nella mancanza della medesima una carenza, nella missione pastorale.
Che poi la predicazione, o la lettura liturgica, venisse fatta, in molti casi, dai « Régents », ossia dagli AnzianiMaestri, invece che dal pastore, non
ha nessuna importanza, perché non
siamo clericali al punto di ritenere il
pastore indispensabile alla predicazione della Parola: quello che conta è
che la parola della Risurrezione e della Vita sia annunciata proprio nell’ora
in cui, dinnanzi all’apparente vittoria
della morte, bisogna che l’Evangelo
sia predicato per rispondere alla sfida
del grande Avversario, con le parole
dell’Apostolo: « La morte è stata sommersa nella vittoria... ».
Ernesto .\yassot
Con Michele Mandrillo, che a Pulsano (Taranto) ha chiuso la sua lunga e feconda giornata sabato 19 febbraio, scompare una simpatica figura di credente impegnato. I funerali
furono tenuti dal Collega Ennio Del Priore e
mi rammarico, essendo domenica, di non aver
potuto portare la mia parola di conforto ai familiari e soprattutto a Cesare, il figlio che mi
è particolarmente caro. Ciò che fu per noi
Pastori, che ci siamo avvicendati a Taranto da
Bertin a Cielo a Naso, e per tutti i credenti,
non si può esprimere senza fare un lungo discorso. Cercherò di essere il più sintetico possiSe un uomo vale per quel che è e per quel
che dà possiamo ben dire che lo scomparso ci
lascia una ricca eredità spirituale. Dirò quello
che ha dato a me che, essendo rimasto in
Puglia, ebbi con lui una comunanza di affetto
veramente unica perché nutrita da una continua corrispodnenza. Egli amava espandere
l’animo suo con me anche perché ci univa il
ricordo di lotte e mortificazioni subite negli
anni difficili in cui imperava la legge cui Culti amessi. L’essere evangelico per lui fu un
attingere continuo alla sorgente inesauribile:
la perla di gran prezzo che arricchisce nella
misura stessa in cui viene recepita. Allora
l’uomo carnale acquisisce autenticità cioè libertà, gioia di vivere. Quando egli ebbe l’Evangelo dalle mani del Pastore, italo americano.
Di Domenica negli Stati Uniti ove emigrante
ventenne, analfabeta, venne in contatto di una
Chiesa Evangelica, il Libro lo stimolò a divenire l’autodidatta che poi si rivelò. L’Evangelo era per lui semplicemente Gesù Cristo.
Ricordo il nostro primo incontro nel 1938.
« Cristo è il più grande rivoluzionario -— mi
disse — perché la Sua rivoluzione ce la mette dentro, è guerra contro l’uomo vecchio,
non ci dà pace finché non Lo seguiamo. Pertanto la Sua rivoluzione abbraccia tutte le
altre e le supera ».
Moltecose mi dimostrarono in seguito la
chiarezza e la profondità del suo pensiero riguardo a Cristo. Ogni sua decisione e ogni sua
scelta avevano lì, nella persona di Gesù Cristo la vera motivazione. Poi venne l’ora della
prova e della tribolazione, una malattia che
fa subito diagnosticata clinicamente come incurabile: un male che non perdone. In quel
momento la solitudine si fece ancora più amara per lui perché i familiari erano spiritualmente estranei alla sua fede. Giunse da lon
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll!llll limilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllMllIdllllùlhllhlllllMIIIIIIIIIIMIIMIIIlllllllll
A rUnion
Vaudoise
Le 17février de l’Unlon
Notre réunion annuelle s’est déroulée dimanche dernier 20 février : petit groupe un
peu plus restreint chaque année. Malgré tout,
cela facilite les contacts et les discussions.
C’est ansi que nous avons évoqué les difficultés
économiques auxquelles doivent faire face les
habitants des Vallées et envisagé les diverses
solutions proposées pour y porter remède. Ce
qui est certain, c’est qu’en France, grâce à la
presse et au livre, cette contrée inconnue hier,
par sa position géographique peut devenir
demain un carrefour important de l’Europe.
Ses habitants pourraient même bénéficier de
l’intérêt, des conseils, de l’appui de personnalités Françaises. Voilà pourquoi il serait bon
que tous, quelles que soient vos origines, vos
idées spirituelles ou autres, unissiez vos efforts
pour résoudre vos problèmes, évitant la dispersion, permettant ainsi l’utilisation de moyens
mis à votre portée.
Madame Blacher, archiviste passionnée sut
nous intéresser et nous divertir à travers les
textes historiques anciens évoquant la vie
quotidienne des Vallées lorsqu’elle était possible, et ses sisages encore trop peu connus.
Monsieur le Professeur Appia devait à l’occasion de l’entrée de l’Angleterre dans le
Marché Commun rappeler les interventions
en faveur des populations Vaudoises notamment en 1655 et après la chute du Premier
Empire où celles-ci purent échapper, en partie,
à la reaction.
Notre Président, le Pasteur Appia, délégué
du protestantisme en France auprès des relations œcuméniques concluait par un bref culte, souhaitant que les esprits fussent à l’avenir
ouverts à toute sorte de coopérations entre les
hommes et les Eglises. Félîx Vigne
Selon la tradition établie, nos frères vaudois de Provence célèbrent leur XVII Février avec quelque retard sur le calendrier,
afin de pouvoir saluer, en cette occasion un
pasteur venant d’Italie et de sé sentir ainsi
toujours rattachés à leur église d’origine.
C’est donc le dimanche 27 février, dans le
temple de la rue Grignan, à Marseille, que,
sur invitation de nostre ami le pasteur J. Marchand, j’ai présidé, devant une nombreuse
assemblée de réformés et de vaudois, le culte
célébratif, en prêchant sur le texte Hébreux
12: 26 ; « l’ébranlerai une fois encore, non
seulement la terre, mais aussi le ciel... afin
que les choses qui sont pour un temps disparaissent et ce qui est inébranlable demeure ».
Le chant du « Serment de Sibaud » enlevé
avec ferveur par le groupe choral vaudois sous
la direction de Madame Henri Poët, résonna
ensuite, sous les voûtes du grand temple, comme une confession de la foi. Après le culte
et les innombrables serrées de mains, à la
sortie et les messages à transmettre à une
« immémorable » nuée de parents et amis
lointains, on se retrouvait en bon nombre à
la Salle Vaudoise, artistiquement décorée,
pour le déjeuner fraternel qui réunit, autour
des longues tables bien garnies et des.servies
par une vaillante équipe volontaire, 120 joyeux
convives.
Après que le Président M.r Henri Poët eut
chaleureusement souhaité la bien venue à
tous ses hôtes, lu quelques méssages reçus du
Piémont et remercié tous ceux et celles qui
avaient si bien jtréparé la réussite de la fête,
le Pasteur Marchand qui devait, hélas!, nous
quitter immédiatement après le repas, nous
apporta le message fraternel de l’Eglise Réformée de France et des Pasteurs Marseillais
qui l’attendaient ince.ssamment à Sanary où
était réunie la conférence pastorale de la Région. Le commandant Bordaz dn poste Salutiste de Marseille, présent à la fête avec sa
dame, nous adressa aussi une très eordiale salutation; le pasteur venu d’Italie apporta
ensuite à tous les présents le message affectueux du Modérateur et de l’Eglise mère
lointaine.
Et le repas était à-peu-près fini quand la
grande salle fut envahie par une joyeuse ma
rée de nouveaux hôtes grands et petits, venus
participer à la traditionnelle après-midi du
XVII marseillais. Après un bref message du
pasteur piémontais, se déroula, sous la dynamique direction de Madame Henri Poët, un
riche programme artistique et musical, comprenant — celà va sans dire — l’immanquable chant: « ...la liberté qui passe et Charles
Albert qui lui donne la main... » et le Serment
de Sibaud et plusieurs autres chants et chansons, accompagnés au piano par M.r le professeur Vidal et des récitations longuements applaudies. en parfait patois du Pomaret, par
Madame Farjon.
La deuxième partie du programme prévoyait
la projection de diapositives pour illustrer les
étapes de la vie extraordinaire de ce « grand
petit hômme » (l’heureuse définition est du
prof. G. Costabel) Henri Arnaud, né en France d’une famille bourgeoise et qui consacra et
exposa toute sa vie pour la cause de la liberté
spirituelle et de la survivance d’un peuple qui
n’était pas le sien, le peuple vaudois, persécuté en Piémont et puis éxilé en Allemagne.
L’assemblée suivit, avec une attention soutenue qui nous a touchés, cette non brève évocation historique.
Mais la fête du XVII à Marseille ne se conclut pas de si tôt. En un clin d’œil les longues
tables, nouvellement garnies, se repeuplèrent
et 72 convives bien disposés firent largement
honneur aux savoureux « raviolis » et à tout
le menu prévu sur la jolie carte décorée que
chacun a gardé en souvenir. Et, après ce repas final et non frugal, encore une ultime
non brève séance récréative se déroula avec
la joyeuse participation de grands et petits.
Et le lendemain, lundi, nous nous remettions gaiement en route pour aller vivre une
journée tout aussi semblable et bienfaisante
avec nos frères vaudois du Luberon. Fraternellement accueilli par le Pasteur L. Mordant
et devant une nombreuse assemblée de frères
venus des quatre bouts de cette ancienne région vaudoise (exterminée, comme telle, en
1545. sous François I.er, par le mas.sacre tristement célèbre de Mérindol et Cabrières) nous
présidions à 18 h. 30 le culte célébratif dans le
temple reconstruit de Cabrières d’Aigues.
A l’issue du culte, départ en voitures, pour
taño una sua sorella Suora Superiora la quale
non seppe dirgli altro che : « Non vedi, il tuo
Dio ti ha abbandonato, ricrediti, abiura e forse la Madonna avrà pietà di te ». Al che il
nostro, che aveva*’ sempre la risposta tagliente e saggi, disse : « Ilmio Signore è morto a
trentatre anni, per me e io lo dovrei rinnegare? ». Da quel male, e sono passati oltre
vent’anni, guarì.
Quando non andò più a lavorare la vigna,
al posto degli attrezzi quello stanza divenne
la sua biblioteca. Vi si potevano vedere libri
e riviste varie, testi teologici di qualsiasi tendenza e « Protestantesimo » che egli leggeva
con vera passione e poi citava. Naturalmente
la sua preferenza era per Subilla, per il modo
radicale di giudicare il cattolicesimo e l’ecumenismo.
Che cosa ci ha dato ancora Mandrillo? Il
coraggio e la franchezza della testimonianza.
Dialogava sul Regno di Dio con tutti e a tutti
i livello : coi bambini, con gli incolti e coi
saggi di questo mondo. Nella sezione socialista come sulla pubblica piazza e non già per
fare deH’anticlericalismo ma perché gli urgeva ricondurre l’interlocutore sul terreno sodo
del (t sta scritto ». Questa franchezza e questo coraggio erano le costanti del suo spirito
e cosi i suoi interlocutori li trovava nella
Chiesa Cattolica o nella sala culturale ove da
Taranto giungevano i quaresimahsti e i professori di grido, si andava a sedere fra i primi
posti come un invitato di riguardo poi, alla
fine, chiedeva gentilmente la parola, e non
c’era dialettica che potesse sconvolgerlo. Quando il regionamento diventava stringente e
scheggia volavano da ogni parte, per tema che
non ferissero i buoni villici, il predicatore concludeva : « Potremo continuare il discorso in
sacrestia » e il nostro vi andava puntualmente. Qualche volta a dirimere la discussione
veniva chiamata una giuria d’intellettuali perché desse con sapienza filologica l’interpretazione di un passo biblico. Cosi avvenne che,
l’illustre esegeta, un giorno, non avendo mai
letto l’epistolario di San Paolo imbattendosi
nella sigla I Cor. s’impuntò e si scusò di non
poter dare un giudizio in quanto il Corano
non l’aveva mai letto. Tutti gli altri si misero
a ridere e Mandrillo elegantemente prese la
difesa del malcapitato scaricandone tutta la
responsabilità su coloro che avrebbero dovuto
divulgare l’Evangelo e non l’avevano fatto.
Avrei voluto che il nostro fratello scrivesse
la sua autobiografia per lasciarci un ricordo
completo della sua testimonianza e vi si era
accinto con molto entusiasmo. Da ottimo dattilografo era giunto alla quattordicesima pagina e mi mandò lo scritto accompagnandolo
con queste testuali parole : « Ho cominciato a
scrivere la mia autobiografia con questo titolo: Autobiografia di Michele Mandrillo, LU
PROTESTANTE. Appena possibile ti manderò
copia di un altro paio di fogli ». La chiamata
del Signore lo ha interrotto. Non importa. Egli
ci lascia una ricca eredità che dobbiamo chiedere al Signore di recepire, nell’arringo del
buon combattimento della fede che ci sta daYQjiii. G. E. Castiglqone
Rencontres bienfaisantes avec nos frères vandols
de Marseille et du Lnberon en Vaucluse
se retrouver, à la tombée de la nuit à Grambois chez « Carolus », un accueillant restaurant mi-protestant, en pleine campagne provençale où 50 convives goûtèrent visiblement
le repas fraternel s’ouvrant par une formidable soupe vaudoise aux grissins. Fort appréciés
furent surtout les discours vibrants de chaude
cordialité des Pasteurs Mordant et Ch. Monod
venu expressément de Gros du Roi, aux quels
répondit le pasteur Jahier qui apporta à l’assemblée le message et les vœux bien affectueux
des vaudois d’Italie. Aussi ici la fête vaudoise
était agrémentée par des chants, des récitations, des costumes et complétée par la pro
Un funerale eGumenico?
Un concorde condominio tra Cattolici e Protestanti si sarebbe svolto cosi : i primi vi avrebbero concorso con l’apparato usuale, anzi eccezionale col Capitolo in testa, gli orfanelli e
suono di campane nella Cattedrale; i secondi,
cioè noi, con appropriate letture di versetti
biblici e discorsi chiari come li facciamo in simili casi in modo che le, due famiglie spirituali
i Valdesi della diaspora e i Cattolici pulsanesi,
avrebbero accomunato lacrime all’indirizzo del
cittadino probo. Non so proprio immaginarmelo lo stupore di quella parte intellettuale,
eletta di Pulsano e di quei contadini, che di
solito hanno scarpe grosse ma cervello fino,
difronte ad un simile pasticcio, poiché c’è un
limite in tutte le cose.
Posso ben immaginare l’indignazione dei
più intimi familiari che al messaggio di Cristo, proclamato con tanta fermezza dall’amato
genitore, non erano rimasti allergici.
Per i lettori della « Luce », già informati
da un mio precedente scritto, circa la figura
dello scomparso, trascrivo letteralmente come
sono andate le cose. Da una lettera del figlio
prof. Cesare in data 27/2/1972:
« ...Ed ora qualche parola sugl; ultimi fatti
che turbarono le ore immediatamente precedenti il funerale. Il prete locale e mia zia
Suora tentarono fino all’ultimo, con pressioni
d’ogni genere, di snaturare la fisionomia evangelica del rito funebre proponendo una specie
di... mezzadria. Secondo loro il funerale avreb
(continua a pag. 6)
(continua a pag. 6)
iiiiiiminiiiiiiiiiiiiMiiiiim.dMmiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiimiiiiiiiiimiimiiimiiiiiimii
Napoli - Via dei Cimbri
Designato il past. S. Carco
Due avvenimenti importanti nel corso di
febbraio per la nostra Comunità : l’elezione del
nuovo Pastore e la celebrazione del 17 Febbraio.
La domenica 13, dopo un breve culto, si è
riunita l’Assemblea di Chiesa, sotto la presidenza del Pastore Salvatore Ricciardi, presidente della Commissione Distrettuale. Unico
argomento all’ordine del giorno la votazione
per l'elezione del nuovo Pastore. Erano presenti circa una settantina di membri di Chiesa, di cui 64 membri elettori sui 94 iscritti
nel Registro. Dichiarata valida l’as.semblea per
la votazione, dopo le operazioni preliminari e
la distribuzione delle schede, si è proceduto
allo spoglio.
Il candidato che aveva accettato il nostro
invito. Pastore Salvatore Carco, attualmente
a Campobasso, è risultato eletto con 51 voti:
nove le schede bianche, tre disperse e suna
nulla.
L’Assemblea ha accollo con un applauso il
risultato della votazione. Il Pastore Carcò è
già conosciuto dalla nostra Comunità per essere venuto qualche volta a presiedere un culto e ha conquistato le simpatie dei membri di,
Chiesa. Ci felicitiamo con lui e ci prepariamo
ad accoglierlo fraternamente con la sua gentile Signora.
La festa Valdese del 17 febbraio, come gli
anni scorsi è stata celebrata in due tempi. Nel
pomeriggio del 17, con tempo splendido quasi
primaverile, abbiamo avuto un simpatico
trattenimento nei nostri locali al 1” piano. Un
banco di lavori, una pesca varia, un buffet, attendevano i visitatori.
Alla fine del trattenimento familiare il Pa
(continua a pag. 6)
La famiglia della compianta
Emma Avondet
ringrazia in particolare il Doti. Gardiol, la Direttrice e il personale dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, e
tutti coloro che hanno partecipato al
funerale.
Luserna S. Giov. (Malanot), 20-2-1972.
6
t>ag. 6
N. 11
17 marzo 1972 f
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Sudan e Irak
fine di due guerre
Una volta tanto possiamo parlare di
due « guerre » che sono finite.
Alla fine dello scorso febbraio è stato concluso a Addis Abeba un accordo
fra i rappresentanti del Sudan e dei
« ribelli » Anya-nya della regione meridionale del paese. L’accordo dovrebbe essere ratificato proprio in questi
giorni, sempre nella capitale etiopica.
Oltre a due osservatori etiopici, hanno
assistito le due parti anche i mediatori del Consiglio ecumenico delle Chiese, nel quadro del programma di lotta
al razzismo e di appoggio ai movimenti di liberazione africani.
Certo, in confronto alla guerra vietnamita, questo conflitto fra il nord e
il sud Sudan non ha fatto molto « notizia» ed è stata infatti definita una
« guerra dimenticata ». Non per questo è stata meno lunga e sanguinosa.
Essa infatti è durata per ben diciassette anni, avendo accompagnalo il
Sudan indipendente fin dalla vigilia
della sua nascita, e cioè da quando fu
soffocata nel sangue la rivolta dei militari di un reparto del sud e i superstiti si rifugiarono nelle fitte ed estese foreste per costituire il primo nucleo del maquis.
Nel corso degli anni, malgrado feroci repressioni, alternate a tentativi di
negoziati, il movimento si è sempre
più esteso, ha unificato le sue forze,
ha trovato aiuti all’estero e ha affrontato combattimenti su vasta scala:
probabilmente non si conoscerà mai il
numero delle vittime, fra mo’-ti, feriti
e profughi.
Le ragioni fondamentali di questo
lungo conflitto sono essenzialmente da
ricercarsi nelle differenze etnico-religiose fra i due gruppi: negridi, animisti e in parte cattolicizzati i meridionali; arabizzati e mussulmani i settentrionali. Ma un altro fattore c^'e ha
scatenato questo conflitto è che i meridionali lamentavano giustamente di
essere considerati dai settentrionali
come di gran lunga inferiori, ed eraq.0
sfruttati e sottoposti, in pratica, a un
regime coloniale.
Il governo di Nimeiri, venuto al potere nel 1969, aveva subito tentato la
via del negoziato, ma è stato solo dopo il suo controcolpo di Stato del luglio 1971 (si ricorderà la sua feroce
vendetta contro i golpisti militari e
contro i dirigenti comunisti) che egli
ha imboccato decisamente la strada
dei negoziati allo scopo di riavvicinarsi ai confinanti africani — fra cui l’Etiopia — favorevoli ai ribelli. Questo
accordo porterà ad una forma di articolazione federativa fra nord e sud.
Un’altra « guerra dimenticata » ha
avuto fine: quella dei ciu'di contro il
governo centrale irakeno. Il governo
di Bagdad ha accettato buona parte
delle richieste della minoranza curda
e ha accolto nel suo seno cinque loro
ministri. Si deve però ancora arrivare
alla nomina del curdo che deve assumere la carica di vice presidente della
repubblica, mentre una frazione estremista curda continua una opposizione armata sia al partito al potere (il
« Baath ») che ai « revisionisti » sovietizzanti, sostenitori del regime attuale
dell’Irak.
il rinvio
Il rinvio del processo agli anarchici e il suo trasferimento a Milano, senza che l’istruttoria venga « toccata »,
oltre ad aver posto in luce (qualora
ve ne fosse stato ancora bisogno) con
le carenze, tutte le ambiguità del materiale, delle « prove », delle indagini,
costituisce una ulteriore dimostrazione della necessità e urgenza di una radicale riforma di un settore fondamentale — com’è quello giudiziario — per
il funzionamento della democrazia e
dello sviluppo civile di un paese.
Parallelamente, stanno sempre più
assumendo la loro precisa fisionomia
gli attentati compiuti dalla destra fascista nel periodo precedente la terribile strage di Milano. Parecchi elementi, posti in luce dalla profonda e seria
indagine del giudice Stiz, rafforzano
notevolmente le voci di coloro (come
ammettono anche i giornali borghesi)
che affermano che la « pista nera » di
Treviso percorre tutto l’arco delle
esplosioni del 1969, comprese quelle
del 12 dicembre.
Frattanto gli imputati si sono visti
nuovamente sprofondare nel buio del
carcere e pare che passeranno altri
mesi e mesi prima che essi possano
far valere le loro ragioni.
In questa situazione si inserisce l’aspetto umanitario della posizione di
Pietro Valpreda: al problema procedurale per lui si aggiunge anche quello medico. Com’è noto, Valpreda infatti soffre di un grave morbo che necessita di cure del tutto particolari
(temperatura costante e misure alimentari e dietetiche). Già in precedenza il giudice, aderendo alla richiesta
de] meidico di Regina Coeli — impossibilitato a curarlo adeguatamente —
aveva fatto trasportare Valpreda all’Ospedale, ma nove giorni dopo egli
veniva rispedito in carcere. Il «verdetto » è stato emesso dal direttore
'della clinica medica dell’università, dove il Valpreda era stato inviato, senza che il clinico compisse alcuna veri
fica delle attrezzature dell’infermeria
del carcere e senza neppure controbattere fl parere opposto del medico delle carceri.
Ora questo aspetto viene ad assumere un carattere particolarmente
drammatico, in relazione alla rinuncia
della corte di Roma a continuare il
processo. È un aspetto che si estende
anche al tema dei diritti civili. Ricorderemo al riguardo che fra gli osservatori al processo vi è anche un inviato dell’organizzazione internazionale Amnesty International che si batte
a livello mondiale per la tutela di questi diritti; Speriamo possa far sentire
anche la sua voce.
Il “dossier FIAT’
Parecchi lettori che limitano — per
vari motivi — l’apprendimento di
quanto succede da noi tramite la
« Stampa » di Torino o la Rai, avranno saputo, da poche righe o da poche
parole, che è in atto un’inchiesta sui
(citiamo testualmente) « servizi informativi Fiat » e che sono stati inviati
degli avvisi di reato.
Dato che la cosa interessa un gran
numero di persone e presenta dei gravi aspetti sia sotto il profilo umano
che sotto quello politico, riteniamo opportuno parlarne un po’ di più di
quanto non abbiano fatto i tradizionali « organi di informazione » pur sempre così pronti e sensibili a bollare il
disordine morale e la criminalità in
aumento.
La cosa è iniziata nel 1970 quando
un dipendente licenziato dalla Fiat le
intenta causa civile per, danni in pretura. Sentito il denunciante e il suo
caposervizio, emerge il fatto che il lavoro svolto dall’ex dipendente per 17
anni era stato quello di « informare
con ampie relazioni scritte, previe opportune indagini, la datrice di lavoro
in ordine alle qualità morali, ai tra
Roberto Peyrot
Echi delia settimana
a cura di Tullio Viola
«ARRIVERANNO ALLA LIBERTA’,
SE IMPARERANNO
LA TOLLERANZA»
★ Abbiamo riportato su questo settimanale (n. 9 del 3 c.) « Una nobile
protesta » di « alcuni uomini di cultura, uniti da uno stesso denominatore
politico di sinistra, che hanno ritenuto di non poter lasciare alla destra la
deplorazione dell’inasprita repressione
che nel mondo sovietico si esercita
contro intellettuali dissenzienti ».
Successivamente abbiamo riportat )
una interessante lettera del senatore
comunista A. Pesenti (v. n. 10 del 10 c.,
art. « Cecoslovacchia?... Non conosco! ») indirizzata al sen. F. Farri, pe;spiegare le ragioni del suo rifiuto a
firmare la detta protesta. Ora riportiamo l’elevata e finemente polemica risposta del Farri al Pesenti (v. « L’Astrolabio » del gennaio c. a.).
«Caro Pesenti, conoscevo Vammi
tuo rispetto alle manifestazioni involutive che perciò insieme deploriamo,
ed ho dato sempre atto ad amici comunisti ed al vostro Partito della libertà di giudizio (*) con cui avete interpretato ed intendete interpretare la
via nazionale al socialismo. Tu sai (credo) che è q^sta capacità di autonomia di giudizio e d’indirizzo ad avermi avvicinato a voi. Lasciami aggiungere qualche osservazione che, se non
cancella la distanza tra chi è comunista e chi non lo è, credo limiti il dissenso che tu rilevi tra le nostre posizioni.
Sarei intellettualmente e sp'.ritua'mente ottuso se non sapessi valutare
la grandezza storica della rivoluzione
sovietica, e non avessi sinceramente
apprezzato ed ammirato la creazione
di una nuova civiltà egualitaria (*), ed
il fresco respiro umano della sua vita
quotidiana e popolare. Minor entusiasmo do alle conquiste della scienza e
della tecnica, pur così grandiose. E
vorrei conoscere meglio la vita delle
masse operaie per giudicare quanto
può sopravvivere di sincera coscienzi
socialista sotto la pressione inaridente della intelaiatura burocratica. Tu
sai, caro Pesenti, quanto si tema che
queste grandi macchine totalitarie si
riducano, alla base, a grandi eserciti
di sudditi disciplinati e politicamente
atoni. Lo stesso discorso può applicarsi alla Cina. E non facciamo paragoni con la pressione livellatrice del
sistema capitalista.
Vorrei avere meno riserve, per ridurre ancora la distanza, non sul popolo dell’Unione Sovietica ma sulla
sua costruzione statale.
Com’è detto nella nostra dichiarazione, ben guardandoci dal metiere in
causa il regime comunista in quanto
tale e la sua politica internazionale {*),
parla la ferita ancor viva della decap'tazione militare del regime popolare
di Praga ed il dolore sincero di veder
guastata quella che, dopo il XX Congresso del Pcus, ci parve una grande e
promettente conquista: una nuova legalità repubblicana come base della
convivenza civile. E come è detto ancora nel nostro testo, è una particola
re apprensione ed un par.icolare interesse che ci obbligano a guardare da
quella parte.
Chi considerasse il mondo arabo,
non solo irakeno col contorno dell’ameno Gheddafi e del truce Nimeiri, ei
insieme l’Africa nera con certi suoi tirannelli, ed ancora altri paesi asiatici,
tutti allietati dallo sport nazionale
della impiccagione degli avversari, potrebbe dire parafrasando una celebre
frase: quanti delitti, o socialismo, si
commettono in tuo nome! Come tu
dici, caro Pesenti, arriveranno alla libertà se impareranno la tolleranza ».
Ferruccio Farri
Siamo convinti che nessun popolo
può arrivare alla libertà politica, senza aver imparato la tolleranza. Non
altrettanto lo siamo su altri punti di
questa, pur bellissima lettera (e per
tutta precisione abbiamo contrassegnato con asterisco (*) i tre punti dai
quali più vivo è il nostro personale
dissenso).
LA CLASSE OPERAIA
if « Io sono d’accordo che, rispetto
ad una società feudale, rispetto ad una
situazione di sfruttamento capitalistico, una società che sia organizzata,
che sia diretta dalla classe operaia,
può rappresentare uno stadio di progresso e di avanzamento; però se noi
facciamo della classe operaia non solo uno strumento politico, relativo,
proporzionato a una certa situazione
storica, ma ne facciamo l’unica depositaria di questa speranza di liberazione, ne facciamo la redentrice, allora io credo che noi cadiamo di nuovo
sotto la schiavitù della legge, la schiavitù del tempio, la schiavitù del Vecchio Testamento, con i suoi sabati, i
suoi miti, i suoi riti, le sue ierocrazie.
Del resto questa tentazione non è
nuova: è quella da cui siamo stati già
avvertiti che ci dobbiamo guardare
(v. Matt. 24: 23). Il problema è quello
della riconoscibilità del Cristo, di sapere Cristo chi è, di sapere che, ad un
certo punto, chi Ubera, ncn solo dal
nemico che è fuori di noi, non solo
dall’oppressione economica e politica,
ma libera dalla morte, dal peccato, dal
nemico che è dentro di noi, è il Signore. (...) Certo la classe operaia potrà
liberare la società e noi stessi da certe occasioni di peccato, perché nella
misura in cui si distrugge il latifondo,
si aboliscono i cottimi, si supera la
rnezzadriq, si rompe il modo di produzione schiavista, nella misura in cui
si detronizza il capitale, si spezza la
trascendenza e l'onnipotenza del denaro, in quella misura si tolgono occasioni al peccato di sfruttamento, di
dominio dell’uomo sull’uomo, cioè si
toglie spazio a Satana. Però c'è una liberazione dal peccato, dalla morte,
che la classe operaia stessa deve fare
dentro di sé, che i poveri del terzo
mondo devono fare riguardo a loro
stessi (e non solo riguardo a quelli
che li opprimono), c’è una liberazione
dalla violenza, ad es., che l’India deve
Per inventare l’avvenire: quale socialismo?
scorsi e alla rispettabilità di persone
con CUI la società stessa era o doveva
entrare in relazione (e quindi tutti i
dipendenti in genere) ». Vengcno riscontrati gli estremi di altri possibili
reati e la cosa passa di competenza
della procura della repubblica. Il 5
agosto, di domenica, si vanno a cercare le prove negli archivi della sede
centrale e dei servizi generali Fiat. Si
sequestrano valigie di schede informative e altri documenti, che sono alla
, l'’^Ituale procedimento.
Si è cioè giunti all’invio di un centinaio di avvisi di reato che fanno dimenticare il nome del « piccolo » impiegato licenziato. Questi avvisi riguardano, oltre a diversi dirigenti Fiat, alti funzionari e ufficiali di polizia e dei
carabinieri, che avrebbero ricevuto,
per le loro prestazioni « informative »,
dei compensi dall’azienda. Il reato
maggiore, previsto dall’art. 326 del codice penale (corruzione per compiere
atti contrari al dovere d’ufficio) comPorta da due a cinque anni di carcere.
Finora non abbiamo ancora detto
che i suddetti avvisi sono stati inviati
Galla procura di Napoli. Già, perché
intanto l’inchiesta, per strani motivi
« di ordine pubblico » è stata trasferita a quella sede giudiziaria, lontana
e oberata di lavoro. La cosa è avvenuta per decisione della corte di cassazione, che ha cosi perduto — come
commenta un periodico — « una bellissima occasione di rassicurare gli italiani sulla imparzialità della giustizia ».
Quanto alle forze di lavoro della
Fiat, parecchi dipendenti sanno da anni e anni di queste « schedature » e le
hanno anche sperimentate a lo o spese. C’è da augurarsi che venga fatta
completa luce su un modo di procedere che, oltre a contrastare col codice, va contro al rispetto della persona
umana.
(segue da pag. 1)
per la sua situazione storica in qualche modo
arcaica, rispetto a quelle sviluppate occidentali.
Dunque — dice il filosofo francese — la
nazionalizzazione dei mezzi di produzione è
condizione necessaria ma non sufficiente per
abolire l’alienazione dell’uomo; e il socialismo non può essere visto come il mezzo per
soddisfare le esigenze create dal capitalismo,
affidando a uno Stato assolutista le esigenze
personali dell’uomo e costringendo questi ad
abdicare alla propria responsabilità di partecipazione attiva nelle mani di un dispotismo
statale burocratico non migliore e spesso peggiore di quello capitalista occidentale. Perciò,
pur senza tacere critiche ai modi e soprattutto
all’assenza di alternative positive, il Garaudy
ha dato una valutazione fortemente positiva
delle esigenze affiorate con slancio nel maggio ’68, a livello studentesco ma anche e forse ancor più a livello operaio (e per Garaudy
la "classe operaia” odierna si va gradatamente
e rapidamente ampliando, includendo un numero crescente di “quadri" intermedi che acquistano coscienza di essere strumentalizzati e,
-in questo senso, "alienati” dal sistema in cui
viviamo, in una democrazia sempre più formale); esigenze che si possono condensare in
questi termini: ricerca dei fini e bisogno di
partecipazione.
Il fine, e la speranza di Garaudy? La democrazia socialista, cioè la democrazia diretta.
Egli riconosce che questo è « un concetto-limite, la prospettiva della nostra lotta. Non siamo né anarchici né utopisti: la partecipazione
diretta, immediata e totale di ognuno non é
possibile a tutti i livelli di decisione. Essa è
sempre possibile e necessaria nelle unità di
base. Ma anche la democrazia rappresentativa
risulta trasformata quando si fonda, alla base, su una democrazia diretta ». Così come,
d’altro lato, i consigli operai "clandestini”
di Gdansk hanno pur fatto cadere Gomulka e
costretto Gierek a parlamentare con i "compagni operai”.
Se da un lato il comunista espulso dal PCF
mantiene intatta e accentua la sua critica, e
ha stigmatizzato l’atteggiamento pilatesco del
del PCF di fronte all’uccisione di Overney e
il suo astio contro i gruppuscoli della sinistra extraparlamentare, da questo “reprobo”
viene però una seria lezione sia a questi
gruppuscoli sia alla sinistra italiana, socialista
in particolare, con là sua tendenza frazionistica. Questo espulso ha rifiutato di dar vita a
un altro organismo politico, partito o sindacato; sa quale forza il partito e il sindacato
rappresentano per l’operaio alle prese con il
potere economico, e non vuole in alcun modo
indebolirla; messo alla porta, resta militante,
per il socialismo più vero che sente con passione e nel cui avvenire crede fermamente.
Roger Garaudy — tutt’altro che un "maltatore — colpisce e fa pensare; è uno di quegli uomini, non frequenti, che fanno sentire
la carica umana dalla quale scaturisce il socialismo. Eppure non è un “pasionario”, un
visionario utopistico: il suo discorso e i suoi
scritti, ricchi di dati concreti e precisi, rivelano una notevole conoscenza socio-economica:
ma è sempre la passione per l’uomo che domina. E anche se un cristiano non può davvero concordare quando egli afferma che « il socialismo è ciò che rende l’uomo veramente
uomo », perché crede che solo davanti a Dio
l’uomo è veramente sé stesso, creatura oggetto
d’adozione, peccatore giustificato non può
però restare sordo a questo amore non finto
per l’uomo.
Veniamo cosi al motivo forse più originale,
per un pensatore marxista, e per noi più interessante : quello del dialogo e dei rapporti
fra marxisti e cristiani, di cui il Garaudy è
da tempo convinto e attivo assertore. Anche
qui, il suo discorso è chiaro : i< Fra com unismo e cristianesimo ci sono due possibilità
d incontro. Una e la "via polacca”, la peggiore: un cattolicesimo integrista si unisce a un
comunismo settario, e tutti e due si intendono
assai bene nel controllare insieme il potere.
L’altra e la via che mi sono sempre sforzato
di indicare, senza risultato, ai compagni del
PCF: fare la rivoluzione comunista, che non
ha bisogno di teologia, e chiedere ai cristiani di esercitarvi il loro ruolo specifico. Lo specifico del cristiano, di fronte a ogni problema
umano, e quello di prendere le distanze. Sa
che non tutto è fatto, quando si è fatta la
rivoluzione. E questo può evitare l’errore del
dogmatismo, anche ai rivoluzionari ». Egli riconosce infatti che « la speranza marxista è'
certamente alienante ogni volta che cede all’illusione che cambiando il sistema di proprietà, o anche un insieme più vasto di rapporti sociali, nascerà necessariamente un uomo nuovo »; il cristianesimo può portare al
marxismo la consapevolezza del limite, dell’insufficienza di ogni realizzazione storica :
« speranza cristiana e speranza marxista hanno bisogno l’una dell’altra per non diventare
alienazione ». Il che è vero per un verso, ma
occorre anche chiarire e segnare le distanze,,
proprio ad evitare quello che del resto il Garaudy bolla duramente : la benedizione cristiana del socialismo o certa teologia della rivoluzione (che sarebbero, ha detto, un infelice
e penoso contrappeso alla passata benedizione
del capitalismo e a certa teologia della conservazione). Ma su questi rapporti fra socialismo
(e marxismo) e cristianesimo, caratteristica
singolare del Garaudy e tema della parte finale del suo ultimo libro, vorremmo prossimamentare tornare. Rimandiamo, intanto, alla
bella citazione di Raniero La Valle riportata
qui accanto, negli « Echi della settimana »..
g. c.
mmimmiimmmim:imiimii!iiimmiiiiiiiimiiiiiimiiiiitiiimiiiiiiiimmmiiiiiiiiiMmMMmmfiiiiiiiii"m¡iMi
CONTINUAZIONI DA PAG. 5
Napoli (Via dei Cimbri)
store ha tenuto una interessante conversazione
sul tema: « La più antica storia Valdese » come è narrata nel volume « Historia breve e
vera degl’affari dei Valdesi delle Valli » di Gerolamo Miolo, edito dalla Claudiana. Buono
l’incasso della festa che va ad aumentare la
raccolta delle offerte per la « Rinunzia ».
Domenica 20 al culto di celebrazione della
festa Valdese, il tempio era particolarmente
gremito; nostri ospiti graditi i rappresentanti
delle due Chiese Metodiste di Napoli e di Portici, della Chiesa Pentecostale e deUe due chiese straniere, la svizzera e la luterana, salutati
dal Pastore con calde parole di benvenuto. Il
Pastore ha rilevato che la Chiesa Metodista
come le altre denominazioni hanno potuto venire neUa nostra patria per il loro lavoro di
evangelizzazione in seguito aUa libertà concessa ai Valdesi, mentre le chiese Luterana e
Svizzera che già si trovavano nel nostro paese
ma obbligate a rimanere chiuse all’evangelizzazione del popolo italiano, solo nel 1860, con
la conquista del Regno delle due Sicilie per
opera di Garibaldi, hanno potuto liberamente
predicare l’Evangelo alla luce del sole!
Il Pastore Cielo ha preso come testo della
sua predicazione il versetto 9 del capitolo 26
del Deuteronomio. Dopo la predicazione abbiamo celebrata la S. Cena e il culto è terminato
col canto del « Giuro di Sibaud » che sempre
ci affratella tutti, valdesi di origine e valdesi
di adesione, nell’affetto per la nostra cara
Chiesa. p p
Poët dirige la section Orthophonique et où
la secrétaire d’administration. Madame Charrier, est originaire de Bourset, Haute Vallée
du Cluson) nos frères malades Benjamin et
Edmond Peyronel, Madame Muller-Balme et...
j’oublie bien quelques noms!
Et entre une journée de visites et l’autre,
encore une dernière soirée fraternelle à la
Salle Vaudoise, avec une causerie illustrée par
1 écran, sur les anciennes colonisations vaudoises en Luberon et en Allemagne.
Nous ne pouvons conclure ces lignes sans
redire à tous ces Pasteurs et ces amis qui
nous ont reçu si chaleureusement dans leurs
demeures et dans leurs Communautés à Mr et
Madame Henri Poët surtout, qui nous ont
offert un séjour si vivifiant et inoubliable
dans leur foyer hospitalier, notre reconnai.ssance émue et nos voeux sincères pour l’heureuse continuation du service qu’ils rendent
au Seigneur dans les personnes de Ses vrais
réprésentants ici-bas. Et un tout dernier mot
encore à notre ami Poët : nos vives félicitations pour ce ruban de la Légion d’honneur
que le Président de la République Française
a conféré « au citoyen italien Enrico Poët »
pour la généreuse, active solidarité qu’il déploie en faveur des immigrés italiens.
Robert Jahier
Un funerale ecumenico?
Marseille - Luberon
jéction de dias iUustrant l’histoire des ancêtres.
Et les jours suivants, toujours sous un éclatant ciel provençal, nous pûmes rendre visite
à quelques frères disséminés dans le Luberon
(une famille Soulier-Bert, près de Lourmarin)
et dans la banlieue d’Aix (à Gignac, notre ancien paroissien du Villar, David Berton, bien
âgé et infirme, mais qui dirige encore sa ferme; à Rognac una ancienne cathécumène et
sa famille Luppi-Berton). A Marseille quelques
visites particulières (fàmilles Chambon, Pons,
Meyer ), une réunion familiale avec projéction
a la'Maison de repos «La Rive» où nous
avons salue quelques sœurs de Frali (RefourGarrou, Peyrot des Orgères, Forneron) et
plusieurs frères et sœurs hospitalisés dans le
grand et moderne Hôpital protestant « Ambroise Paré » (où la jeune diplômée Françoise
iiiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
fare riguardo alla sua propria violenza, come ieri essa si è liberata dalla
violenza coloniale degl’inglesi.
Quindi resta sempre una liberazione
da compiere; e questo mi pare che sia
Ì passaggio dal Vecchio al
Nuovo Testamento».
(Da un articolo di Raniero La Valle
su « Lettere 72 », n. di gennaio-febbraio).
be dovuto aver luogo nella Chiesa Cattolica,,
con la presenza, (bontà loro) del Pastore. Fecero ricorso, tra l’altro, nientemeno che alI ecumenismo. Le reazioni mie, di mia moglie
e delle mie sorelle furono ferme e decise e cosi, quando tutto per loro era perduto, l’ecumenismo di cui prima si erano riempita la bocca, lo dimostrarono con questi fatti: mia zia
Suora, poco prima che giungesse il Pastore, si
ritirò in casa di altri parenti e il Prete fece
sprangare la porta della Chiesa al passaggio
del feretro.
« Ma la sconfitta degli intolleranti assunse
proporzioni più vaste e più gravi quando i
pulsanesi, intervenuti in numero strabocchevole al funerale, ebbero modo di assistere, per
la prima volta in vita loro, ad un rito autenticamente cristiano.
« La figura, anche fisica, del Pastore Del
Priore, la sua voce calma e sicura, la presenza
del Signore che egli riuscì ad evocare con accenti toccanti, i canti della -fede cristiana (soprattutto l’inno « Sicura in man di Cristo »)
crearono un’atmosfera di attenzione e di partecipazione che mai si sarebbe immaginata. La
barriera dei sospetti e delle incomprensioni
che per tanti anni aveva diviso, sul terreno religioso, mio Padre dai suoi concittadini, crollò di colpo. Michele Mandrillo aveva vinto ancora e per sempre! ».
No comment a questo fatto di cronaca che
però assurge a test nel momento storico che
viviamo in tutto l’arco dell’evangelismo che
spesso affossa il forte messaggio della salvezza
« in Cristo » e soltanto « in Cristo » andando
alla ricerca di strani equilibri al vertice.
G. E. Castiglione