1
BUONA NOVELLA
GIORNALK DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
'-AAA/XOXAfurvA
Si'iTueiido la Tcritù nella carità. — Eres. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE i LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione].... £. 3 00 ^ Ih Torino all'Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 j Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Perl'Inghiltei-ra, id................... „ 5 50 j Nelle Phovikcik per mezzo di franco-bolli po
Per la Germania ìd................... „ 5 SO i etaHi, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno dì un anno. ¡[ rettore della Buona Novella.
AlVestero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
La guerra — L’inquisizione spagnuola — L’insegnamento supremo dell’Evangelo — Il giornalismo
religioso — Dell’ intercessione di Maria — Cronaca della quindicina.
LA GUERRA
L’avvenimento che stava da mesi ed anche da anni maturandosi,
che non valsero nè gli sforzi nè l’abilità della diplomazia ad allontanare, dal quale l’avvenire della nostra patria non solo, ma anche
dell’Europa e del mondo deve venir così potentemente influenzato, la
guerra coll’Austria, se non si è ancora verificato alla lettera, è come
se fosse; e la legge che conferisce i pieni poteri al governo, il generoso proclama dell’amato nostro monarca all’esercito, il giimgere,
nei nostri presidj, deU’armata francese nostr’alleata. unitamente a
tante altre disposizioni che vengono prese con ammir ¿bile solerzia ed
energìa, dicono a sufficienza, che ore e non giorni l dividono dal
principiare delle ostilità.
La guerra è cominciata; e pei cristiani segnatamente scaturiscono
da questo stato di cose grandi doveri, due dei quali specialmente
vogliono essere ai lettori della Buona Novella rammentati e caldamente raccomandati.
Primo fra quei doveri, che le circostanze in cui versa la patria e
2
eolia nostra patria il mondo, impongono a chiunque aspira all appellazione di cristiano, si è di pregiire, di pregare molto e con fervore, non
solo perchè sieno le vite risparmiate, quelle segnatamente dei nostri
parenti, amici o connazionali, le anime salvate,le calamità della guerra
al più presto allontanate da noi, ma sovra tutto, perchè i sacrifizj di
ogni sorta che stanno per compiersi, non lo siano in vano, anzi portino
tutti quei frutti di civiltà e d’indipendenza, di libertà vera, di religione, di moralità a cui sono destinati. Chiunque abbia cuore di cristiano,
ed ami sinceramente il re, la patria, e porti ai destini di essa un vero
e santo interessamento, in questi tempi dovrà spesso piegare il ginocchio davanti a Colui che chiamasi il Signore degli eserciti; e se
sarà fedele nell’ adempimento di un tal dovere, sia egli uomo o
donna, vecchio attejiipato o tenero fanciullo, si persuada che non
inferiore a quella del guenieri e dei diplomatici, sebbene di diversa
natura,, sarà l’opera, sua.
11 secondo dovere, nell’adempimento del quale spetta ai Cristiani
di dare l’esempio, e che vogliamo a noi stessi ed ai nostri fratelli
nella fede, in modo afíatto speciale rammemorare, si è quello
del saci’ificio accettato e compiuto con calma, cou tranquillità, e
.spinto fin dove il richiederanno la salute della patria e l’alto e santo
scopo in vista di cui la guerra attuale venne intrapresa. Più è grande
il fine, più grandi ancora devesi aspettare che sieno i sagrifizj lichiesti onde raggiugnerlo. Un bene come quello che proseguiamo,
ottenuto con tenue sforzo, anziché un vantaggio sarebbe un danno.
Sui sacrifizj che nelle attuali circostanze sapiù imporsi l’Italia è il
suo av^^enire intieramente fondato, epperciò anziché paventarli, dobbiamo scorgere in essi la guarentigia di quel bene cui aneliamo.
Iddio conceda a tutti che si riconoscono vincolati da questo doppio
dovere (e jjossano essere molti) di non venirvi meno giammai; ed in
questo noi avremo il pegno più sicuro e più consolante, che l'esito
della lotta sarà quale tutti lo bramiamo, e tale da riprometterci, per
la cara patria nostra, un lieto e fecondo avvenire !
L’INQUISIZIONE SPAGNUOLA *
Fu discusso a lungo ed anche in vano sulle varie specie d’inquisizione stabilite in grembo della Chiesa romana. Nel sestodecimo
secolo la distinzione posta fra l’inquisizione papale, l’inquisizione
episcopale e l’inquisizione spagnuola non riuscì affatto a persuadere
3
gli uoiuiiii siiregiudicatì delleccellenza di cotesta iiistituzioue: qualunque nome avesse portato, ella non era per essi che una maccliina
j)er inve.stigare i pensieri deU’uomo, e bruciarlo se l’esito non era
soddisfacente.
L’inquisizione spagnuola propriamente detta, cioè l’instituzione
moderna fondata da papa Alessandro VI e da Ferdinando il cattolico, possedeva di certo de’ mezzi, onde tormentare gli uomini ed
atterrire la loro immaginazione, più completi di alcun’altra specie
d’inquisizione, sia papale sia episcopale. Ella era stata concepita da
prima in vista degli Ebrei e dei Mori, che il Cristianesimo di quei
tempi non considerava come creature umane, e che tuttavia non si
avrebbe potuto bandire senza spopolare interi distretti. Nondimeno
non si tardò ad estenderne l’applicazione dagl’infedeli agli eretici. Il
domenicano Torquemada fu il primo Moloch collocato su tale piedestiillo di sangue e di fuoco, e dopo di lui il sant' Uj/iciu fu quasi esclusivamente fra le mani del suo ordine. Duraute i diciott’anni che durò
l’amministrazione di Torquemada, diecimila duecento venti persone
furono bruciate vive, novantasettcmila trecento ventuna furono colpito sia per la degradazione, sia per la confisca de’ beni, sia per carcere perpetuo, in guisa che da quest« solo frate vennero percosse
centoquattordicimila quattrocent’una famiglie.
In seguito, la giurisdizione del sanf Ufficio si estese di più; egli
insegnò ai selvaggi delle Indie e dell’America a rabbrividire al
nome di Cristianesimo. Il terrore che inspirava ritenne nell’ortodossia i primi eretici d’Italia, di Francia, di Germania. Era un tribunale superiore a tutti gli altri, e non sottoposto a veruna autorità
temporale ; una Coi te di monaci i di cui famigliari erano iu ogni
casa e penetravano i secreti domestici, giudicava inappellabilmente
ed eseguiva le orribili sentenze al coperto di qualunque responsabilità.
L’inquisiz. condannava non .solo le azioni, ma i pensieri ; discendeva
nelle coscienze e puniva i delitti che pretendeva scoprire. I processi
erano d’una semplicità .«paventevole: ella arrestava dietro un sospetto,
torturava fino a tanto che otteneva qualche confessione, indi puniva
col fuoco la sua vittima. Due testimonj, anche alleganti due fatti
diversi, bastavano per far gittare un’uomo in una squallida prigione.
Colà La fame, la solitudine, il silenzio s’incaricavano di abbattere lo
spirito del prigioniero, e tale risultamento ottenuto, si principiava
l’interrogatorio. Se confessava la propria eresia e vi rinunciava, era
lasciato per fare, in camicia, ammenda onorevole e colla perdita di
tutti i beni. Se protestava della sua innocenza, valevano due testi-
4
Hionj onde fosse condannato al fuoco; uno, perchè fosse mandato
alla Ruota. Gli si faceva sapere che cosa era .stato deposto contro di
lui, ma senza mai porlo in presenza del testimonio. Il delatore poteva
essere il figlio, il padre, la moglie, imperciocché era a tutti ingiunto,
sotto pena di morte, di denunziare all’inquisizione ogni parola sospetta proferita anche dal piii prossimo parente. Dopo l’accusa veniva
la tortura. La Ruota teneva hiogo di tribunale, e l’accussto non avea
altro difensore che il proprio coraggio; gli era bensì dato, come per
derisione crudele, un consigliere, ma a questo veniva interdetto di
vedere il suo cliente, e non possedeva nè i documenti della causa, nè
la facoltà di chiamare dei testimonj. A mezzanotte in un’oscuro
sotterraneo, allo splendore rossiccio di torcie si applicava la tortura.
La vittima, uomo, donna o vergine, era nuda distesa sopra il cavalletto. Allora l’acqua, i pesi, le carniccole, le viti, tutto l’apparecchio
pel quale i muscoli potevano essere stesi senza lacerarsi, le ossa contuse senza rompersi, il corpo intero tormentato senza rendere lo spirito, tutto cotesto apparecchio era messo in azione. L’esecutore con
una lunga veste nera, col viso nascosto in un capaccio avente due
fori pei quali guardava la sua vittima, provava successivamente le
varie specie di tortura die la fantasia diabolica dei monaci avea inventato. L’immaginazione indietreggia davanti coteste spaventevoli
realità.
Il periodo di tempo, durante il quale la tortura poteva essere inflitta giorno per giorno, era illimitato: la sola confessione poneva un
t«rmine, in guisa che il patibolo era il rifugio contro il cavalletto.
Vi ebbero uomini die sopportarono la prigionìa e la tortura per ben
quindici anni, e alla fine sono stati bruciati vivi.
Il supplizio seguiva k confessione, ma si attendeva che i prigionieri si accumulassero onde la moltitudine delle vittime sacrificata
nel medesimo tempo rendesse la festa più bella. ~L'auto-da-fè era
festa solenne: il monarca, gli alti funzionarj, il clero e la plebe vi
prendevano estremo piacere. Al mattino del giorno fissato, il prigioniero usciva del carcere: lo si vestiva di un' abito giallo senza maniche, sul quale si vedevano disegnate in nero delle figure di diavoli:
lo si copriva con alta mitra di carta su cui era rappresentato un’uomo'
in mezzo a fiamme circondato di spiriti infernali: gli si sbarrava la
bocca in modo che non poteva nè aprirla nè chiuderla, e gli si poneva dinanzi delle vivande squisite, invitandolo con ironica cortesìa
a soddisfarne l’appetito. Poscia lo si conduceva sulla publica piazza^
in processione ed in grande pompa. I fanciulli delle scuole aprivano'
5
la marcia, indi TCuivauo i condannati tutti vestiti come dicemmo, i
magistrati e la nobiltà, i prelati e gli altri dignitarj della chiesa:
finalmente, a cavallo, coi loro officiali <6 famigliari, i santi inquisitori,
iu mezzo ai quali sventolai la sinistra bandiera del sant’Ufficio ornata delle immagini di papa Alessandro e di re Ferdinando, i due
fondatori della inquisizione. La moltitudine del popolo seguiva in
disordine.Giunti vicino al patibolo, un sermone era proferito alla folla:
le lotli alFinquisizione e gFinsulti ai condannati ne formavano la materia princiiiale. Finita la predica, leggevansi ai prigionieri le loro sentenze, al termine delle quali il clero intuonava ed il pojiolo cantava il
mise)'ere. Se fra i condannati si trovava un prete, lo si spo^^liava delle
vesti sacerdotali e gli si raschiava con im pezzo di vetro, sino al
.sangue, le mani, le labbra e la sommità del caj» onde togliffl’ne Folio
santo della consecrazione. Se{>aravansi allora coloi'o che s’erano pentiti e quelli la di cui esecuzione era aggiornata: il resto veniva co.stretto a montare sopra un palco di dove il carnefice dovea condurli
al fuoco. Gl’ inquisitori, a tale momento, consegnavano i prigionieri
nelle mani dell’esecutore, pregandolo di trattarli c*on dolcezza, di non
versare il lor sangue, nè fargli male alcuno. Quelli che persistevano
sino alla fine nell’eresìa erano gittiiti vivi nel rogo; chi, all’ultimo
istante, rinnegava la fede si strangolava e morto consegnavasi alle
fiamme.
Tal’era l’inquisizione spagnuola ])roprìamente detta; era, secondo
il biografo di Filippo II, “ un rimedio celeste, un'angelo custode
del paradiso ” (Cabrera v, 23G) : era un tribunale superiore a tutte
le leggi, senza appello, non sottoposto di certo ad alcun potere, sia
della terra, sia del cielo.
* Libera traduBÌouc lieU’ammirabile Storia dtlla Fondazione dfOa República Olandete per J. L. Mothley ; toI. I, di recente publicato.
L’INSEGNAMENTO SUPREMO DELL’EVANGELO
Ed essendo Gesù a tavola in casa di Matteo, molti
pubblicani e peccatori vennero, c si misero a tavola con Gesù..............Mat. ix, 10.
(Jhe v’ha di\nquo di così nuovo nel Vangelo? Non è egli tanto vecchio
quanto l'èra cristiana? Ed i gotici sistemi del medio evo non sono forse più
giovani di lui? Voler offrire nel secolo XIX, come novità, una religione che
appartiene così chiaramcnto al passato, che ha compiuto il suo tempo e che
6
abbiamo imparato a memoria neU’infanzia, coU’abicì, non è la più strana
delle illusioni? — No, non è illusione, l’esperienza di tutti i cristiani è lì
per dimostrarci che, in onta a tutti i ragionamenti, san Paolo ha ragione
allorché dice : « Se alcuno è in Cristo, egli è nuova creatura ; le cose vecchie
« son passate; ecco, tutte le cose son fatte nuove. II Cor. v, 17.» Chiunque accetta il Vangelo seriamente ed individualmente, sentirà che il cuore
si riscalda per un Incognito fuoco, l’intelligenza si rischiara per nuova luce,
in breve, il proprio essere si rinnova per una vita che non rassomiglia affatto alla vecchia, la quale s’affievolisce e si consuma come il corpo. E
questa esperienza è qualche cosa di nuovo realmente cho sfida tutte le grida
della noja, del nulla, della vanità che da secoli escono dal cuore e dalle
labbra dell’uomo.
Chiedete ad uno di quei poveri orfanelli che san Vincenzo di Paola raccoglieva presso di se dopo la peste, intirizziti dal freddo, estenuati dalla
miseria, e che dall’ardente sua carità erano strappati alle morte per ridar
loro novello tetto paterno, novello padre ed un'atmosfera sconosciuta di
dolcezze e di benessere; supponete, dico io, che voi aveste domandato a
taluno di queUi scappati da morte : « dimmi, non trovi tu la casa dove di« mori assai antica, e questo prete che t’ha accolto assai rugoso e vecchio? »
il povero fanciullo non avrebbe compreso il vostro discorso, e simile al cieco
nato, avrebbe risposto : « s'egli sia vecchio o no, se vi sia o no qualche cosa
« di nuovo sotto il cielo, io noi so; ma questo so , ch’ero senza padre,
« abbandonato, vicino a morire, e che ora trovai un secondo padre che
« mi raccolse e mi ama, » — Ciò che v'ha di nuovo, d’essenzialmente nuovo
nel Vangelo di Cristo si è la carità di Cristo. Ecco l’influenza ch’egli esercita ancora sul cuore dell'uomo decaduto, sulla nostra vmianità annojata e
stanca: il solo Vangelo ci fa conoscere e ci dà un'uomo che possiamo
amare ed adorare senza idolatria, un fratello ohe partecipa a tutte le sofferenze, a tutte le miserie delFumanità senza soccombervi, un simile che ci
conosce senza disprezzarci, che ci attrae a lui senza secondi fini. Colui infine che solo potè dire ; « Io vi do un miovo comandamento, che voi vi
« amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Giov. xiii, SI.» H Cristiano
che non è ingannato dalla propria illusione o dalla propria ignoranza, quando
presenta al mondo Gesù Cristo, gli ripete la sua parola; «se alcuno ha sete
« venga a me, e bea, Giov. vii, 37, » e gli dice che il mondo e gl! «omini,
il cielo e la terra invecchiano, ma quella parola non invecchia mai. Togliamo oggi, ad esempio, una scena del Vangelo, contenuta nel capo v di
san Luca, alla fine del versetto 27.
Gesù, camminando suUa riva del lago di Genesareth gittò le sue roti e
vi pescò un uomo vivo cioè Levi il pubblicano; « seguimi » gli disse, e Levi,
abbandonando tutto, levossi e seguitollo. Quante cose rinchiude questa parola uscita dalla bocca del profeta di G alilea ; « seguimi ! » qual mutamento
7
in una vita! qual nuovo avvenire per un’anima, per \iu apostolo in ispecie!
Levi subito non ne ha compreso che una piccolissinm parte; ma il suo cuore
ha presentito qualche cosa e gli disse^ obbedisci. — Tal' ò il cominciamento della guarigione e dello rialzamento di ogni anima: una chiamata
del Maestro, indi un primo passo nella via dell’obbedienza. E già il Vangelo mostra la sua potenza sul cuore ; il giogo, chc a distanza pareva assai
pesante, diviene leggiero e dolce per Levi. Osservate con quale premura
egli abbia convitato gli amici suoi, preparato una grande festa, allestita la
mensa. Entriamo, seguendo il « Figlio deU'uomo » e i suoi discepoli, sotto
il tetto del pubblicano: sui volti grossolani de’ convitati, sui quali l’avarizia
ha lasciate le rughe e la passione le impronte, sembra ch’abbia brillato
nuovo raggio; entriamo, per quanto mista ed equivoca vi appaja la società
che vi si trova, la presenza del Salvatore vi ras.sicurerà. Egli stesso non
teme di compromettersi tiella riunione de’ pubblicani, nè di avvilirsi dividendo il pane de’ peccatori. Si lascia .servire, contempla con piacere la contentezza del suo ospite, legge nel cuore di Levi un'emozione fino allora
ignota; un raggio del solo di giustizia brillò uella di lui casa fredda ed
oscura, e penetrò ben anco nell'anima sua. Intanto Gesù, simile ad uno
sposo attoniiato d’amici, si lascia festeggiare, ed una dolce gioja, <juale in
giorno di nozze, riempie i cuori. Si può far digiunare gli amici dello .sposo,
mentre lo sposo è con loro? E que' pubblicani e peccatori, senza comprendere
ancora tutto il privilegio che ad ossi 6 accordato, benedicono il buon Dottore di Nazareth, che non li respinge e non crede, come i Farisei, di farla
con loro finita ripetendo con ischerno : sono pubblicani ! — Ciò che fa
amare un’uomo è la bontà; Gesù Cristo è buono; ecco perchè l’amano:
eglino non vedono ancora in lui che un dottore, un profeta, un uomo; ma
quest’uomo è buono, li ama, e l’amore genera l’amore. Tutta la grandezza,
tutta l’attrattiva di tale storia è nell’amore di Cristo, nell’amore die si abbassa, si sacrifica, si da a noi. Più si umilia, più la di lui grandezza si rivela; più diventa l’eguale dei figli dogli uomini, più noi sentiamo in lui il
Piglio di Dio: è tale contrasto che ci mostra la divina bellezza dello scene
evangeliche.
Ma ecco giugnere una piccola compagnia d'uomini che s’accostano alla
dimora del pubblicano; alle loro larghe filatterie, alle loro frangio azzurre
voi li riconoscete per Farisei : poco dopo arrivano dei discepoli di Giovanni,
uomini serj che forse portano la veste tagliata alla foggia di quella di Giovanni Battista, una cintura simile, abitano con lui nel deserto e dividono il
di lui austero cibo. Alla veduta del profeta di tìalilea, un santo orrore li
coglie: anche Giovanni Battista ebbe a fare coi pubblicani, ma fu per dir
loro : « contentatevi della vostra tariffa, » o per colpirli colla terribile parola,
« razza di vipere, » non mai per mangiare iu lor compagnia. Il fatto era
troppo eccitante per non rimarcar,si; laonde s'indirizzano tosto ad alcuno
8
degli apostoli, dicendo: « ali ! il vostro maestro si compromette; peccato!
egli si nuocerà. » Non osano volgersi al Salvatore stesso, perchè lo sguardo
suo penetrante e sereno li intimorisce. Mentre poi i discepoli imbarazzati
arrossiscono e taciono, il maestro interviene; ei non teme il gran giorno, nè
la libera discussione, e si accinge a rispondere ai Farisei; aspettate, dottori ignoranti, conduttori di ciechi, egli vi confonderà. Mal’accorti sarti,
voi avete un bel mutare di costume a vostra fantasia; sotto le rozze pezze
cucite, l’occhio di lui ha scoperto il vestimento vecchio, logoro, sucido, cadente e vi risponde; « non i sani han bisogno di medico, ma i malati; io non
« sono venuto per chiamare i giusti, anzi i peccatori a penitenza; — Andate
« e imparate ciò che significa questa parola: io voglio misericordia e non
« sacrificio. »
Cristiano, che leggi queste linee, non è forse anco a te che Gesù Cristo
indirizza oggi tali parole? Il Vangelo nou è forse per te una dottrina,
un’insieme d’idee, una legge, una formola ? Mutare di riti, lasciar la messa
pel sermone, rinunziare alla confessione per rompere il pane coi fratelli,
sapere eziandio a memoria la giustificazione, tutto ciò può non essere che
una pezza di panno nuovo cucito sopra un vestimento vecchio. Tu vuoi
educare gli altri, edificare, spiegare — va bene — ma hai appreso ciò che
significa questa parola; « io voglio misericordia? » H Maestro non ha egli
ragione di dirti come ame; principia dall’apprendere, avanti d’instruire;
comincia dal conoscere la grande, divina, celeste virtù della misericordia,
del perdono, della carità. Si racconta del vecchio pastore Rieger che allorquando recavasi a far visita ad un malato, indossandosi il vestimento per
uscire, egli ripeteva a se stesso le parole dell’apostolo; « vestitevi adunque
come gli eletti del Signore, i suoi santi, i suoi diletti, di viscere di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza, di pazienza. »
Cristiani, prima di andare in mezzo al mondo, ch’è pieno di malati, imitiamo un’esempio ancora più augusto. Affinchè il Vangelo spieghi di nuovo
la sua potenza, occorre che i cristiani fissino di nuovo gli occhi sull’imagine
di Colui chc i Farisei detestavano, ma che la peccatrice ed il pubblicano
penitente amavano, perchè diceva loro: « sono i malati che hanno bisogno di
medicina ». Sì, cristiani, andiamo alla scuola di Gesù Cristo per apprendere
la misericordia e la carità di Gesù Cristo. H Vangelo senza carità è un
occhio senza sguardo, un fuoco senza calore, un corpo senz’anima. Andiamo,
e prima di far lagni, di pensare a riforme esteriori e impotenti, impariamo
ciò che vuol dii-e questa parola : « io voglio misericordia e non sacrificio. »
G. A.
9
IL GIORNALISMO RELIGIOSO
Vogherà 8 Aprile 1850
Carissimo signor Direttore.
Sovente gli Evangelisti che sono in corrispondenza col vostro giornale vi
parlano dell’accoglionza fatta dal pubblico alla predicazione della Parola e
vi communicano le loro impressioni a tale riguardo.....Permettereste cho
un di loro vi communieasse oggi le osservazioni che ha raccolte intorno alla
predicazione per mezzo della stampa e vi parli del giornalismo religioso e
deU’accoglienza fatta nel paese alla Buona Novella. In tre classi deonsi
distinguere le persone rimpetto alla predicazione in genere, e così pure
rimpetto al giornale. Quelli che per principj sono avversi alle mas.«ime ivi
professate; quelli che sono indifferenti ad esse come ad ogni religiosa idea;
e infine quelli che por coerenza di convinzioni simpatizzano col. giornale
stesso. I primi lo disprezzano e questo si capisce perche si credono autorizzati a bistrattare chi non la pensi a modo loro, e non sanno rispettare le
altrui opinioni, nè trattar colla menoma cortesia le convinzioni dell’umana
coscienza. Che combattino colle buone ragioni e prove in mano, che spieghino nella loro polemica quanta erudizione ed abilità possiedono, ce ne
rallegreremo......Ma combattino lealmente e non impugnino le armi del
disprezzo e dell’anatema, le quali non solo non si addicono all’umano carattere ma eziandio ricadono sul capo a chi le sollevò... Oh quanto sarebbe
da desiderarsi che si cominciasse anche in Italia a rispettare le sincere e
coscienziose convinzioni!— Gli altri, gl’indifferenti, ed è il maggior numero,
non badano ad un giornale religioso, se capita loro sott’occhio, e passano
oltre ; lo giudicano opera ridicola e degna di pietà ... avvezzi come lo sono
a pronunziar sentenze sopra uno scritto o libro qualunque, prima di averlo
letto— Di questi ai può dire col filosofo, che son di quei sapientoni che
conoscono uno scritto senza nemmeno aprirlo. Ma basta che sappiano un
tal foglio essere religioso per condaimarlo all’obblìo. La causa di tale freddezza si è, lo so, il poco amore delle cose religiose o meglio l’assoluta indifferenza che oggi regna nel nostro paese. Altre sono le preoccupazioni,
altri i bisogni, altre le aspirazioni. Lo spirito invaso da mondani e secolareschi pensieri, taluni anche legittimi, altri colpevoli, si lascia da essi sopraffare, si figura la religione contraria alla terrena felicità, alla libertà, al
progresso. . e la repudia impaziente di liberarsi da quel giogo, il quale per
verità non contende che il male. Ma nello stes.so tempo si ripudia lo studio
delle vitali quistiimi, l’esame dei problemi più palpitanti del nostro destino,
il progresso della scienza religiosa, e .sopratutto la propria istruzione e vita c
1 assimilazione individuale della verità.
10
Oh quanto sarebbe pur da desiderarsi, che si principiasse in Italia lo
studio imparziale ma energico delle quistioni religiose !
— Quelli in fine che leggono il giornale e seguono attentamente le
discussioni ed i fatti che vi son mano mano consegnati, quelli, sebben pochi,
portano all’opera del giornalismo evangelico un vero interesse e ne ritraggono per se stessi, ne son certo, qualche profitto: sia perché godono di
sentire una voce proclamare nel paese quei principj eterni del cristianesimo,
in opposizione agli errori delle umane religioni, sia perchè, in quel venir
informati delle vicende della verità nella loro patria, essi trovano por se
stessi possenti motivi d’incoraggiamento e di vita. — Non voglio illudermi,
ma son persuaso, e n'ebbi non poche prove, che per quanto piccolo e debole
sia il nostro foglio, ei riuscì sovente di gran soccorso ad illuminar un’anima
indecisa ed a consolare un cuore afflitto.
Epperò quella benedizione di Dìo sopra quel ramo deUa nostra attività
deve bastare a compensarne tutte le innumerevoli difficoltà e fatiche, e ad
incoraggiare chi all’aspro lavoro si accinse.
— Fra i mezzi indicati dall'esperienza e praticati da quasi tutte le chiese
a promovere nel mondo la conoscenza del Vangelo, havvene di proprj
esclusivamente alla religione, e questi son richiesti dalla Parola di Dio,
dalla natura del suo insegnamento e dallo scopo ch'ella si prefigge. Tali
sono a mo’ d’esempio l’evangelizazzione individuale, la predicazione ed il
pubblico culto ; ma hawene altresì che ai sociali e religio.si interessi sono
communi, perchè necessitati dalla posizione della chiesa in mezzo al mondo
e dal suo contatto coUa società..... e fra questi primeggia il giornalismo
religioso, il quale non è altro se non l’applicazione della pubblicità alle cose
religiose, per mezzo della periodica stampa.
Non da tutti i Cristiani vien approvato l’uso di codesto istrumento,
che alcuni, per soverchio spiritualismo, qualificano di profano e indegno
della verità alla quale vuoisi applicarlo. Pochi non pertanto son quelli die
in oggi lo ripudiano ; ed ogni chiesa, anzi ogni frazione di chiesa crede necessario di avere un'organo dei suoi principj, che fedelmente riproduca, in
mezzo all’infinita quantità e diversità dei sistemi, i proprj colori, coll’intento,
dichiarato o no, di farli prevalere. Nei paesi poi dove le quistioni eterne
destano il dovuto interesse, esiste un possente giornalismo religioso, il quale
va ognor crescendo colla scien ;a e l’attività delle chiese, e quasi gareggia in
estenzione col giornalismo politico. Non è questo uno dei meno interessanti
fenomeni della nostra epoca, nonché uno dei frutti meno maravigliosi della
religiosa libertà, e difficile assai riuscirebbe il calcolare la somma di bene
che un tal me'szo recò alle chie.se e per le chiese al mondo.
Svolgendo tali pensieri, ti s’aifaccia repente e naturale la quistioneVi è egli un giornalismo religioso in Italia'? Per certo se esiste non \ i
posson esser compresi quei fogli stampati sì in Piemonte ohe nelle altre
11
parti della penisola, i quali sotto scusa di voler, come diceva la defunta
Libertà Cattolica, “ armonizzare la civiltà colla religione, trascurano questa,
per non occuparsi che di politica, e trascinano il clero nell’irose gare dei
partiti. ” Questo non si chiama giornalismo religioso, e tutti quei fogli cosìdetti armoniosi, VArmonio, il Cattolico, il Campanile, fratelli nani dellTnivers del sig. Veuillot, e devoti figli della CiviltàCattolica, organo supremo
della corte Romana, formano la coorta del giornalismo pai>alino e pretino, il
quale invece di mirare al vero progresso della religione e della civiltà, confondo il temporale collo spirituale, lavora alla rovina della chiesa e della
società, e portando in fronte la niensogna e l infamia, bestemmia cielo e
terra, perchè il cielo non gli permette di dominar la terra. Lasciata in disparte quella stampa, la quale va per le case accattando a prò della santa
bottega, ripetiamo la nostra quistione: " vi c egli un giornalismo religioso in
Italia? ” Formolare la quistione gli è quasi lisolverla, essendo ad ognuno
evidente, anche senza dimostrazione, che non merita tal nome quel debole
prodursi delle convinzioni e deUe idee religiose, quel poco agitarsi dei problemi e della controversia, che quasi equivale ad un silenzio yaicrale. Po
ehissimi furono e son tuttora i fogli, che impugnando con serio e lealtà la
causa religiosa, ne professano in pubblico e ne spandono nel popolo i principj,
secondo le convinzioni dei loro redattori. E poi son fogli di lieve tenore,
talché neppur quelli non ponno esercitare sulla società quell'influenza alla
quale aspirano e non sono nemmeno letti...E infine se voglion dessi essere
fogli veramente religiosi, cioè basandosi sul Vangelo, mirare a fine religioso,
di salvazione e di moralizazzione dell individuo e della società, corrono il
rischio di inimicarsi le clericali autorità e di riceverne un bel mattino un’avvertimento, simile alla recente circolare del vescovo di Tortona, che cantava
il de Profundis alla Libertà Cattolica. — In un tale stato di cose qual’è il
dovere degli uomini convinti, quale quello della Chiesa Evangelica segnatamente ? Certamente, in faccia all’universale indift'erenza pel Vangelo da un
lato, e dall’altro in faccia alla misera fortuna del giornalismo religioso sintomi
amendue gravissimi per la nostra patria e pel nostro secolo, non è da farci
maraviglia se molti e molti si sono scoraggiati e ritirati. ]Ma vuol forse dir
questo che dobbiamo cessare dal promuovere il giornalismo religioso? No di
certo. Anzi, più son grandi gli ostacoli, e più si deve con perseveranza lavonire. Lo dobbiamo indipendentemente delle nostre convinzioni e per il solo
dovere che ci incombe di sostenere il giornalismo religioso in Italia. Deve
poi e sopra tutto la Chiesa Evangelica avere un’organo delle sue credenze
nel quale possa sviluppare le sue dottrine, rivendicare i suoi diritti e consegnare i suoi atti; si (leve conservarlo se lo possiede, se noi possiede deve
crearlo, sia per godere del suo diritto di libertà di stampa che sarebbe peccato negligere, come per lavorare con questo mezzo all’adempimento della
sua missione che è di spandere intorno a se la conoscenza e la vii.i del
12
Vangelo, non solo fra i suoi addetti, ma eziandio nel popolo tutto, fra gl'indifferenti e fra gli awersarj.—Non è mestieri per convincersi di un tal dovere che di riflettere ai gravi e numerosi pericoli della negligenza. Abbiamo
riconosciute le difficoltà che incagliano quell’opera, ma dobbiam riconoscere
del pari, che per grandi sieno gli ostacoli alla sua continuazione, più gravi
assai sarebbero le conseguenze d’una cessazione della medesima.
Non è mai senza suo danno che una chiesa abbandona un’ opera incominciata, per quanto infima sia all’origine (e sappiamo che tutti i coimninciamenti sono deboli), perchè tutto quanto avea acquistato in quel suo, primo
passo, ed insieme l’occasione favorevole di riuscire, tutto vien sacrificato,
e senza prò, in un minuto di debolezza.
Si aggiunga da un altro lato la considerazione dei varj e veri vantaggi che dalla perseveranza in detta opera emergono, e la prova sarà completa, stante chè, malgrado la poca estenzione ed influenza del nostro periodico, possiamo senza orgoglio affirmare ch’egli occupa il suo posto e
colma un vuoto, nella stampa del regno, essendo il solo giornale esclusivamente religioso del paese; e che nella sua sfera uon restò dal produrre
qualche bene, col sostenere indefessamente la vera dottrina e coll’ istillare nei suoi lettori i cristiani sentimenti e le evangeliche virtù.
Ben lungi adunque dal lasciarci venir meno in quel còmpito, dobbiamo perseverarvi, sostenuti dalle promesse di Dio, e dalla speranza di
veder ben tosto rasserenarsi l’orizzonte ed allargarsi il campo alla nostra
attività. Dico di più: dobbiamo noi stessi preparar le vie a quell'ingrandimento, fortificando tutti i rami dell'opera nostra, e con essi quello del
giornalismo.
L’influenza di un giornale dipende da due cause; la natura del pubblico in cui si spande e il modo in cui vien composto e redatto. Se vi
sono, alla forza come alla debolezza d’un foglio, motivi esterni e dal medesimo indipendenti, ve ne son pure che al foglio sono inerenti, e questi
non devono essere dimenticati. Anzi, chi vuol agire sul suo secolo e sul
suo paese, deve studiarsi di rispondere in miglior modo ai bisogni del paese
e del secolo. Concludo dicendo chc se dobbiamo aspettar tempi più fausti
e sperar grandemente nell’avvenire, dobbiamo frattanto perfezionar le nostre
armi e fortificare in ispecial modo il giornalismo religioso.
In un’altra lettera, se mel permetterete, tratterò dei mezzi atti a conseguire sì importante risultato. Per oggi spero aver dimostrato che il giornalismo religioso può essere potente istrumento nelle mani ad una Chiesa,
e che noi invece di lasciarci scoraggiare per la nostra debolezza in quel
ramo, dobbiamo perseverare e perfezionarlo. Son convinto che la nostra
Chiesa seguendo questa via, avrà la consolazione, non solo d’aver in mezio
al generale silenzio alzata in pubblico la voce e sostenuto il giornalismo religioso con serietà e libertà, ma eziandio quella di veder tale sfrumeuto
13
fortificai-si nelle .sue mani, e di giovar per lui al progresso del Vangelo nella
cara nostra Italia.
Tutto vostro in G. C. 0. C.
DELL’INTERCESSIONE DI MARIA
(Frammento)
....... S. Paolo dichiara bastare alla salute la fede in Cristo, senz’alcun
merito delle opere dell’uomo; il che altamente prova la somma efficacia
non solo della grazia, ma della fede nell’unico cruento sacrificio. Or se l'intercessione appo Dio, che nasce dalla fede in questo unico sacrificio cruento,
ì> bastevole alla salute del peccatore, perchè la Chiesa Hnraana pretende che
Maria abbia ad essere interceditrice pe' peccatori appresso al Padre di quel
Figlio, ch’ella, per grazia, concepì dallo Spirito Santo'? 0 non basta la fede
nel sacrificio di Cristo alla redenzione, o non 6 necessaria l'intercessione di
Maria. Ma il sacrificio di Cri.sto. la grazia connessa alla fede in esso sacrificio, sono la base del Vangelo ; duniiuc l'intercessione di Maria non è necessaria. Oltre a ciò, l'intercessianc di Maria importa il merito appresso
Dio delle opere dell'uoiao: ed inverai voti, le offerte, il culto, l’idolatrìa
alle immagini della Vergine .sono umane opere. E nel Vangelo è scritto
bastare alla salute il merito del sacrificio ¿monto di Cristo, la fede, cioè, iu
esso sacrificio. Quindi vediamo come l'intercessione di Maria tolga al Vangelo due impronte fondamentali che lo rivestono, siccome parola del Signore : quella della sufficienza della fede nell'efficacia, nell’assoluta necessità della grazia per la morte di Cristo, e quella deU'insufficienza, anzi della
inutilità delle opere per un tal fine. Or questo non si chiamerà im fare scrollare dalle basi il Vangelo? E si dirà che la Chiesa Romana, che ha per
dogma questa intercessione di Maria, sia fedele alla religione che le viene
da Cristo ?
Or se abbiamo notato che per due capi il dogma |della intercessione di
Maria fa vacillare da’ cardini il Vangelo, per quello, cioè, che 'contrasta
alla sufficienza della fede nel sacrificio unico e cruento di Cristo per la salute, e per l’altro che avvcr,sa il divieto delle opere e de’ meriti umani, ci
conviene poi maggiormente notare come si tenti affatto distruggere la Parola di Dio da quello stesso dogma nel Vangelo non compreso, ma nella
Chiesa dagli uomini introdotto.
Nel Vangelo nou è per niente fatta menzione della intercessione di Maria, nè di quella de’ Santi, che beati sono chiamati, ma non redentori. Nel
Vangelo è scritto: un solo intercessore avervi dinnanzi a Dio (&'. Giov.
XIV. 6), e che a chiunque un’altra fede predichi, oltre quella ch’è scritta nel
Vangelo, sia anatema. (S. Paolo a.' Gaìati i. 8). E se è .scritto così nel
14
Vangelo, o se così è detto in tutte le Epistole de’ veri seguaci di Cristo, è
evidente che ove Dio, come ora si usa dalla Chiesa Romana, avesse voluto
per la salute dell'umanità peccatrice altre intercessioni oltre quella dell’Uuigenito suo Figliuolo, e specialmente l’intercessione di Maria, non avrebbe
fin dai tempi d’Àbramo cominciato a rivelarsi in una fase di legge e di sacrifici materiali, che dovea avere il suo estremo nell’altra dell’abolizione
della legge, nell’altra del sacrificio unico della croce. Ed in vero, avendo riguardo alla sostanziale indole del nuovo patto, compimento dell’antico, che
è la fede non mai abbastanza ripetuta nè sentita nel sangue di Cristo versato a prò di tutti, si ha a dire che, ammessa l’intercessione di altri, come
la Chiesa Romana l’ammette, verrebbe a cadere non solo l’efficienza della
grazia in quella fede, ma non ci sarebbe stato pur bisogno che Dio avesse
fatto venire in terra il suo Figliuolo sotto l’involucro della carne, nè che per
incarnarlo in sulla terra si avesse dovuto servire di una povera peccatrice,
come le altre, aggraziandola d'un particolare concepimento. Altra sarebbe
stata allora la sua rivelazione, altri i mezzi che avrebbe usati nella sua misericordia per salvare gli uomini. Ma appunto, perchè egli è misericordioso,
gli piacque quel sacrificio d'Isacco richiesto ad Abramo per provar la fede
di lui nella sua Increata ed Una e Trina Sostanza, fare esempio del più
squisito olocausto; gli piacque offerire il proprio Figliuolo al martirio, e far
che questi di buon grado Faccettasse.
Or qualunque altra avesse potuto essere la rivelazione di Dio, sarebbe
olla mai stata da tanto da stare a petto a siffatta magnanimità, a siffatta
pienezza di carità e di affetto? Quale altra mai rivelazione ci avrebbe potuto
convincere veramente che essa veniva da Dio, che era Dio stesso, a cominciare dall’Antico Testamento e terminando al Nuovo?
Un Padre che por dar l’esempio agli uomini dell’amore sacrifica sè stes.«o
nel Figlio TTnigenito; un Padre ohe per la fede in questo sacrificio e per la
carità che ne germoglia apre le braccia a tutti, non poteva, come non fece,
desiderare altri intercessori oltre l’Unigcnito Figliuol suo, il quale sulla croce
spirando diceva al buon ladrone, a lui in quel momento fedele : “ oggi
stesso sarai meco in paradiso. ”
Sì, l’intcrcessione di Maria annulla il Vangelo, e se il Vangelo annulla,
cancella pur la parola de’ profeti; e cancellata questa, cade la promessa fatta
da Dio ad Àbramo, cade l’inizio della stessa rivelazione di Dio nel simbolico ma comandato sacrificio d’Isacco. Ed allora del Vecchio e del Nuovo
Testamento che resta? Che resta della Parola di Dio? Maria forse? Ma abbiamo detto che ammessa la sua intercessione, non sarebbe nemmen stato
necessario che ella avesse concepito per opera dello Spirito Santo, e non
concependo essa per opera dello Spirito Santo, non sarebbe beata fra tutte
le donne.
Or che vai meglio? lasciare a Maria la grazia del concepimento santa-
15
luenttì spirituale del FigUuolo Unigenito di Dio, lasciarle il titolo di Beata, o
per volerle dare quel posto che solo a Cristo spetta appresso al Padre, toglierle grazia e beatitudine, e studiarsi vanamente ad un tempo a distruggere tutta la Parola di Dio, tutto il Vangelo, tutti i profeti, tutto il Vecchio Testamento, tutta la Santa Scrittura ?
Enrico Poerio
CRONACA DELLA QUINDICINA
Se dar volessimo un'Dsatto racconto degli avvenimenti accaduti in questa
scorsa quindicina, e riguardando tutti la Chiesa romana, non potremmo a
Tncno di entrare in materia politica, e parlare delle solenni circostanze, in
cui trovasi attualmente l'Italia. Ma essendo tutto ciò opposto allo scopo che ci
prefiggiamo, accenneremo solo alcuni tratti più rimarchevoli dei nostri clericali.
In Koma, scorgendo il governo la necessità d'avere un’esercito nazionale fu
spedita una circolare secreta a tutti i presidi, vescovi, e governatori dello
Stato romano per raunar soldati, o centurioni, come altri vogliono, già
famosi difensori del sanfedismo iu quelle contrade: ed il vescovo di Cauli
e PiRGOLA si distinse in quest'incarico sopra d'ogni altro, publicando una
pastorale, in cui l'insipienza ve.scovile domina a danno della verità e della
storia. — In Bologna sorse un lamento generale contro la società dei
Paolotti o Vinecnzini, i quali sotto pretesto di religione formarono una raunanza dei loro fautori o settarj. che diressero a scopo politico, e fu causa
di gravi disturbi in quella città. Noi facemmo varie volte menzione di questi
Paolotti nella nostra Cronaca ; e forse non sarà discaro ai nostri lettori legger
un breve cenno, della loro origine e costituzione, estratto da un foglio settimanale che stampasi in Torino.
I Paolotti, o società di S. Vincenzo di Paoli ebbe la sua prima origine in
Francia, e le sue regole sono calcate su quelle dei gesuiti, di cui non sono
che una diretta affigliazione. H loro organismo però è avvolto nel mistero, e
sotto apparenze religiose conservano le loro tendenze politiche, sostituendo
talvolta puerili superstizioni alle pratiche morali e cristiane. I Paolotti si
dividono in conferenze, come i Carbonari dividonsi iu vendite ; i capi comunicano fra loro, e con altri capi a loro superiori; que.sti con altri, che loro
soprastanno, e così di seguito, finché non si giunge alla sommità della loro
Grerarchia. L’intento apparente è la beneficenza e l'istruiiione domestica,
per cui guadagnano alla loro sètta varie persone, che credono di contribuire
ad un’opera filantropica e religiosa; ma l’intento reale è quello d'introdursi
nelle case dell’artigiano, del contadino, del povero, nella caserma del soldato,
nelle carceri, per guadagnarsi, col mezzo della religione o dei piccoli benefizj, ammiratorj, e settarj. Coll'opera della santa infanzia commovono il
cuor delle donne, cui carpiscono danaro che pretendono di spedire ai missionari nella Cina por salvare i bambini esposti da morte in quel vasto impero. S'insinuano in ogni modo fra i servd e le fantesche, spacciando specialmente la loro protezione, onde spiare i secreti delle famiglie; e sotto
pretesto dell’immacolata Concezione, formano società di pie signore, che poi
governano a loro volontà. Sovente avviluppano nelle lor reti i vescovi igno-
16
ranti ed i preti fanatici o semplici, e spacciano uno scapolare di colore
scarlatto, che dicono aver Gesù Cristo dato ad una loro devota, e raccomandato di propagarne la devozione, ed a eui Pio IX largheggiò molte
indulgenze ecc. L’intera relazione del foglio sopraccennato di questa nuova
società politico-religiosa, che mena rumore al presente in Italia, non è priva
di curiosità e d'interesse. — Non ci faremo però maraviglia se gli antichi
pregiudizj vanno di tanto in tanto risvegliandosi in Roma stessa, assopiti
già dai lumi e dalle variate opinioni del secolo. Nè ci stupimmo d'udire,
che le donnicciuole del volgo, quelle in particolare che vivono nelle vicinanze
del Ghetto in Roma, avendo sparsa la voce che tre fanciulli erano scomparsi, perchè rapiti e trucidati dagli Ebrei, onde impastare il loro sangue
negli azzimi, mossero quella polizia a perquisire tutto il Ghetto, e metterlo
in consternazione, mentre era occupato nelle preghiere preparatorie aUa
Pasqua. — Questo fatto scandaloso, che contristò gli animi di tutti i buoni
riconosce forse la stessa origine di quei sintomi retrogradi ed intolleranti,
che vannosi sviluppando nell'impero austriaco, in eui secondo lo stesso
2'iiìies si minaccia di proibire ai servi e serve cattoliche, d’entrare al servizio
d’alcuna casa israelitica. Ma speriamo che Iddio, nelle cui mani è posto il
destino dei popoli e delle nazioni, allontanerà da noi le tenebre e le barbari,
del medio evo, e che i suoi nemici saranno dissipati. A tal fine pure furono
dirette a Dio le preci del nostro ottimo re, Vittobio Emanuele II, prima
di partire per l’esercito preparato alla guerra. Infatti jeri alle 10 antimer.
assistè nel tempio maggiore di questa città, accompagnato dal principe di
Carignano, dai suoi ministri, dal ministro di Francia, da alcuni ufficiali
dell’esereito francese, dai Senatori del regno, e Deputati in gran numero.
Consiglieri, e Magistrati ad una sacra funzione, per ottenere dal cielo le sua
benedizioni sul nostro valoroso esercito. Sulla porta maggiore della chiese
ora la seguente iscrizione: Il re, l'esercito, VItalia— Al Dio — Che regge
le sorti delle battaglie.
L’annuo Sinodo della Chiesa Evangelica Valdese aprirassi,
D. V. a Torre il martedì 17 di maggio. Rappresentanti
di varie chiese estere v’ interverranno, segnatamente delle
Chiese libere di Scozia, di Francia e di Svizzera.
Bomenico Grosso gerente.
TORINO — Tipografìa CLAUDIANA, diretU da R. Trombutta.