1
f
spedizione in abb. postaie
gruppo li A/70
In caso di mancato recapito
si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 16 APRILE 1993
ANNO I - NUMERO 15
LA CRISI OCCUPAZIONALE
OSARE
L'UTOPIA
RENZO BERTALOT
Quando tutte le soluzioni
dei problemi sociali
sembrano impossibili resta
ancora lo spazio della fantasia
che nell'area politica prende
sovente il nome di utopia. E
chiaro che la caduta del muro
di Berlino ha travolto non solo il comunismo dell’Est, ma
anche il socialismo dell’Ovest. Si può prevedere un’alta
marea della destra. Tuttavia
per le masse il problema è
cambiato. 11 nostro secolo ha
speso le sue energie nel tentativo di imbrigliare lo sfruttamento del singolo, del monopolio e dello stato. Il problema rimane vivo, ma oggi si
affacciano con prepotenza altre prospettive.
Al di là della convergenza
negativa internazionale, della
recessione, dell’inflazione e
della svalutazione occorre affrontare un nuovo tema: la deflazione. Stati Uniti, Giappone e Francia già lo stanno facendo. La produzione secondo gli schemi attuali ha raggiunto un punto di saturazione; le aziende chiudono, non
si compra più perché le masse
non hanno più soldi.
Il problema primario diventa il posto di lavoro in un momento in cui non si riesce a
frenare la disoccupazione. Eppure il diritto al lavoro è fondamentale per la dignità
deH’uomo. Togliere il lavoro
all’uomo significa disuma
nizzare la società. Nelle ristrettezze della situazione
attuale si può notare che esistono posti di lavoro retribuito
garantito a tempo indeterminato e una disoccupazione altrettanto garantita a tempo indeterminato. Le masse si dividono così in cittadini di serie
A e di serie B, in nuovi patrizi
e nuovi plebei. I nuovi tribuni
non riescono a sciogliere i nodi e gli animi si surriscaldano.
In questa prospettiva non si
può non prevedere una rivoluzione dei poveri. Può
darsi che presto i disoccupati
si presentino ai cancelli delle
fabbriche bloccando l’ingresso degli operai con cartelli di
questo genere: «Quindici
giorni avete lavorato voi,
quindici giorni lavoriamo
noi»; oppure: «Facciamo a
turno». In altre parole saremo
costretti a dividerci le poche
ore di lavoro retribuito e a
non permettere che una parte
la capitalizzi per conto proprio.
Le conseguenze sono enormi e già si affacciano all’orizzonte dei paesi più industrializzati di noi e con minor
disoccupazione del nostro.
La sola speranza sta nel tener
presente la civiltà delle formiche o delle api.
Quel poco lavoro retribuito
che rimane va ripartito per
crearne altro e soprattutto per
creare una nuova civiltà che
sulle ornie della Riforma, del
calvinismo e del puritanesimo metta al bando l’ozio e i
colletti di seta.
Nelle chiese della Riforma, la Facoltà di teologia esiste per aiutare i predicatori a «dire» questo annuncio
Raccontare a tutti la buona notizia di Pasqua
PAOLO RICCA
«Va/ dai miei fratelli, e di’ loro...»
(Giovanni 20, 17)
Da diversi anni, è ormai tradizione, la «Domenica della Facoltà»
cade la prima domenica dopo Pasqua. Si può certo discutere la consuetudine invalsa tra noi di dedicare
alcune domeniche dell’anno liturgico
a questa o quell’opera, iniziativa o
aspetto particolare della vita della
chiesa: la domenica, lo dice il nome
stesso, è «giorno del Signore» (Apocalisse 1, 10), della sua resurrezione,
e può quindi essere dedicata al Signore soltanto. Farebbe bene la chiesa a dare, a questo proposito, il buon
esempio.
Ma se si entra nell’ordine di idee
di collegare ogni tanto la celebrazione domenicale con questa o quella
attività della chiesa, allora la facoltà
non può che essere grata che la
«sua» domenica cada subito dopo
Pasqua. Perché? Perché la ragione
d’essere della Facoltà, e il suo compito, sono ripetutamente menzionati
nei racconti biblici della resurrezione.
Questo significa che anche la teologia, come del resto tutte le altre
realtà della fede e attività della chiesa, è un riflesso di Pasqua, uno dei
tanti raggi della grande e inesauribile
luce che dal sepolcro vuoto si irradia
per tutto il mondo e per tutti i secoli.
La teologia è, come la chiesa, un
frutto di Pasqua.
Due testi, in particolare, possono
qui essere richiamati. Il primo è la
parola con cui Gesù conclude il suo
primo incontro come Risorto: quello
con Maria Maddalena, la mattina per
tempo, accanto al sepolcro vuoto:
«Vai dai miei fratelli, e di' loro...»
(Giovanni 20, Ì7).
Una donna, secondo Giovanni, è la
prima testimone della resurrezione;
con lei comincia l’apostolato, di cui
il pastorato è la continuazione. Identico infatti è per entrambi il mandato;
«Vai dai miei fratelli, e di' /oro...».
Come l’apostolo, così il pastore è
mandato a «dire». Con Maria Maddalena inizia la storia della predicazione cristiana. Pasqua diventa notizia e Maria Maddalena è la prima a
diffonderla.
Una Facoltà di teologia, anche la
nostra, esiste in funzione di questo
annuncio, preparando uomini e donne a «dire» ai loro contemporanei,
come Maria Maddalena, la buona
notizia di Pasqua.
C’è Facoltà perché c’è annuncio, e
c’è annuncio perché Pasqua è un’aurora senza tramonto e il Risorto continua a farsi annunziare. La Facoltà
esiste per aiutare la chiesa a «dire»
Pasqua alla nostra generazione.
Il secondo testo si riferisce ancora
al Risorto, la sera dello stesso giorno
iniziato con Maria Maddalena. Come
uno dei tanti pellegrini sulla via del
ritorno dalla celebrazione della Pasqua (ebraica) a Gerusalemme, Gesù
si affianca ai due di Emmaus e dialogando con loro entra nella loro frustrazione, nella tristezza amara di
un’attesa delusa.
E plano piano, intrecciando i suoi
pensieri ai loro, ricostruisce la loro
speranza. «Cominciando da Mosè e
da tutti i profeti, spiegò loro in tutte
le Scritture le cose che lo conce//levano» (Luca 24, 27).
Ecco descritto, quasi lapidariamente, il compito della teologia: chinarsi
con amore sulla Scrittura e spiegare
in essa le co.se che concernono Gesù.
Il teologo cristiano è teologo biblico
oppure non è teologo. Questa, fra
l’altro, fu e resta una delle grandi acquisizioni della Riforma: aver restituito al discorso teologico quella so
stanza biblica che aveva in larga misura perduto.
In alcune discipline il lavoro teologico è direttamente collegato alla
Bibbia, in altre lo è indirettamente.
Ma per tutte la Bibbia è decisiva.
Come sulla via di Emmaus, quella
prima sera di Pasqua.
Ogni Facoltà teologica fedele al
suo mandato può essere paragonata
(sperando che le rassomigli un po’) a
quella prima, piccola comunità itinerante raccolta intorno alla Scrittura,
di cui il Risorto, esegeta e teologo
eccellente, spiega il senso profondo;
quello che riguarda lui. Da quella
spiegazione nasce la fede e insieme a
essa il desiderio e la necessità di fare
teologia.
Ecco perché è bene che la Domenica della Facoltà cada subito dopo
Pasqua; perché la mattina di quel
giorno, con l’invio di Maria Maddalena, è iniziata la predicazione cristiana, al cui servizio sta la Facoltà
di teologia, e perché la sera di quel
giorno, nel dialogo con i due di Emrnaus, è iniziata, si può dire, la teologia cristiana come spiegazione della
Scrittura in vista della fede. Tutto insomma, anche in questa domenica, ci
riconduce a Pasqua.
Gran Bretagna
Bibbia e
informatica
Si chiama «Luke’s Story»
il primo programma biblico
computerizzato specialmente
concejaito per gli handicappati. E stato lanciato nel dicembre scorso a Torquay, in
Inghilterra. È stato prodotto
dalla Società biblica britannica e straniera per consentire agli handicappati del
corpo e della vista di accedere autonomamente al testo biblico.
È nato dal progetto di una
ragazza gravemente handicappata, Jayne Chenery, la
quale desiderava che gli handicappati non in grado di leggere libri potessero almeno
leggere la Bibbia da soli.
La Chenery ha preso contatto con la Società biblica
che, in collaborazione con la
società «Informazione educazione», editrice di programmi
scolastici, ha realizzato il progetto. Prima della sua morte,
avvenuta nel giugno 1990, la
stessa Jayne ha partecipato al
collaudo del nuovo programma utilizzando un comando
manovrato col mento.
Il programma «Luke's
Story» può essere letto dagli
handicappati utilizzando un
interruttore azionato col dito
o con una qualsiasi parte del
corpo. Può essere collegato a
un sintetizzatore della voce
oppure inserito su un apparecchio di scrittura «braille».
Gli handicappati con problemi di vista possono leggere il testo sullo schermo a caratteri ingranditi.
E altresì disponibile una
scelta di caratteri e di sfondi
colorati per facilitare la lettura del testo. La concezione di
«Luke’s Sto/y» è molto «conviviale» e non richiede alcuna
conoscenza preliminare di
informatica.
Il programma comprende il
testo dell’Evangelo di Luca e
degli Atti degli Apostoli, nella versione popolare «Good
News Verslon», con una nota
di spiegazione all’inizio di
ogni libro.
Vita delle
Cliiese
Studiare teologia
pagine 2 e 3
All;AsC(3LTO
Dei„l.a Parola
Per non
dimenticare
pagina 6
Cultura
La Bibbia
e la scuola
pagina 9
i.
2
PAG. 2 RIFORMA
Vita Delle Chiesi
VENERDÌ 16 APRILE 1993
LA FACOLTÀ DI TEOLOGIA
LUOGO DI
FORMAZIONE
L'esperienza degli studenti che frequentano la Facoltà
Studio^ meditazione e preghiera
GIORGIO TOURN
Le facoltà di teologia, facoltà vere e proprie,
scuole bibliche, .seminari, restano oggi ancora luoghi di
fondamentale importanza nella chiesa cristiana. Lo sono
dal tempo della Riforma e
non è prevedibile, in tempi
brevi, la loro sostituzione. La
chiesa oggi è la chiesa delle
Facoltà teologiche; lì si elabora la predicazione, si formano i maestri di spiritualità,
i profeti, i predicatori. La
chiesa antica è stata chiesa di
catacombe, quella medievale
di cattedrali e conventi, la nostra è figlia delle sue facoltà.
Lutero, che ha iniziato la
, sua carriera come professore
riformatore della facoltà di
teologia di Wittenberg, proponeva un nuovo piano di
studi che tenesse conto delle
nuove acquisizioni della
scienza umanista; le Tesi non
sono una predica, un manuale
di spiritualità, una regola: sono un corso di teologia. E dopo di lui sono nati nelle facoltà di teologia i Pia Desiderio, da cui nasce il grande
movimento del Pietismo, la
Dogmatica di Schleiermacher
e quella di Barth; nelle facoltà di teologia si è elaborata
la lettura biblica degli ultimi
due secoli con tutti i suoi problemi, le sue ricerche, i suoi
errori; tanto la lettura critica
che quella fondamentalista
vengono dalle facoltà di teologia.
Sotto questo punto di vista
possiamo dire che la situazione delle nostre chiese evangeliche italiane è particolarrnente privilegiata perché
la vita della chiesa, i problemi delle comunità e dei
credenti, gli interrogativi della fede nel vissuto quotidiano
formano il quadro, la cornice
in cui la facoltà di teologia si
situa. Le nostre assemblee a
tutti i livelli sono sempre luogo di dibattito teologico. La
vita della chiesa determina in
parte notevole, conduce,
orienta la ricerca della Facoltà di teologia, le impone i
temi urgenti del dibattito, la
sollecita.
Il reciproco dovrebbe essere la norma: la Facoltà come
luogo dove si formula la fede
deve rispondere alle attese
della chiesa, deve pensare per
la comunità dei credenti, deve fornirle gli strumenti concettuali necessari a sapersi
orientare nel mondo dei problemi odierni. In un mondo in
cui la tecnica e il tecnicismo
hanno assunto le dimensioni
che conosciamo per montare
e smontare il meccanismo
della riflessione, anche in
campo di fede occorrono
strumenti che solo lo studio
può dare.
Il rapporto chiesa-teologi è
chiaro e, pur perfettibile, è
sin qui soddisfacente (forse si
aprirà anche quello in futuro),
il problema che si sta delineando da alcuni anni fra noi
è un altro: il rapporto chiesafacoltà-pastori. Oltre a far
teologia, riflessione, orientamenti le facoltà teologiche
dovrebbero infatti formare
predicatori, missionari; formare nel senso di equipaggiare, non di motivare, lo spirito
apostolico ce l’hai prima , dopo, e anche senza la facoltà di
teologia. Accade questo ? È
l’interrogativo che i credenti
delle comunità si pongono
(che forse si sono posti sempre) e a cui non sanno dare risposta.
Si può formare solo quello
che c’è, se lo spirito missionario non c’è non lo si può
dare. Se quelli e quelle che si
rivolgono alla facoltà cercano
la soluzione alla loro identità
di fede possono i professori
fame apostoli ? E gli studenti,
pur con i problemi di sempre,
di identità, di timori, di impazienza hanno come ideale irrinunciabile di essere apostoli
o di risolvere i loro problemi
e di risolverli immergendosi
nella tecnica della teologia?
Guardano alla chiesa o a se
stessi?
Ma chi ci chiama all’apostolato? O meglio di chi si
serve il Signore per chiamarci
all’apostolato? Delle comunità, dei predicatori, dei
compagni di viaggio e perché
no, anche dei professori e così torniamo all’inizio. Lutero
e Calvino, Spener e Schleiermacher, Neander e Barth sono stati formatori di vocazioni, creatori di apostolato, hanno dato ai loro studenti spina
dorsale e convinzione.
Negli ultimi quattro secoli
le facoltà teologiche non hanno solo risposto alla chiesa di
oggi, hanno formato la chiesa
di domani. E ancora possibile
o siamo giunti alle soglie di
una nuova cristianità in cui la
comunicazione della fede e
della teologia dovrà avvenire
in altra forma? Come le facoltà hanno sostituito i conventi qualcosa di nuovo sostituirà l’Accademia teologica.
Abbiamo
chiesto agli
studenti di
parlarci del
loro vissuto
in Facoltà.
Come vivono questa fase
della loro esistenza? Quali
problemi incontrano nello studio della teologia?
Quali sono le
loro aspettative? A loro la
parola.
Un gruppo di studenti della Facoltà valdese di teologia durante il pranzo in convitto
Tracciare un quadro generale per comprendere lo
studio della teologia è difficile. Le nostre comunità hanno
un’idea di che cosa significhi
uno studio sistematico delle
discipline bibliche, ma ciò non
basta per capire il vissuto di
ciascuno di noi, un cammino
in cui riflessione teologica,
meditazione, preghiera qualificano la nostra esistenza; indichiamo quattro aspetti:
1) appartenenza confessionale
e provenienza. Oggi studiano 22 studenti/esse: 11 del
Sud Italia, 2 del Centro, 7
del Nord, una studentessa
proveniente dall’Argentina,
uno dalla Corea, una luterana, un metodista, 5 battisti
e 14 valdesi. Questo è fonte
di arricchimento e confronto. Se aggiungiamo studenti
e studentesse stranieri, il
confronto si fa più ampio e
permette di conoscere paesi
L'insegnamento della storia
Il cristianesimo:
una religione storica
PAOLO RICCA
Riecheggiando uno slogan
del nostro recente passato si potrebbe dire: tutto è
storia ma la storia non è tutto.
Tutto però sta diventando,
è già diventato o in futuro diventerà, storia: passata da ricordare, presente da vivere,
futura da progettare. Il cristianesimo poi, come sua madre l’ebraismo, è religione
eminentemente storica.
La Bibbia trabocca di storia: l’Antico Testamento è il
racconto impastato di storia,
quella di Gesù, gli Atti, le
Lettere e l’Apocalisse contengono in filigrana la storia
della prima comunità cristiana.
Così comincia nel Nuovo
Testamento, anzi comincia
molto prima, già con Àbramo, e arriva ai no.stri giorni.
E un oceano in cui è più facile affondare che galleggiare.
La materia non è solo vastissima, è anche controversa:
se ne possono dare letture
molto diverse, anche antitetiche.
E noto il giudizio sprezzante di Goethe: «La .storia della
chiesa è un miscuglio di errori e di violenza». E però anche altro: storia di fede, amore, speranza, sovente suggellata dal martirio. 11 XX secolo, ad esempio, è forse quello
in cui si sono avuti più martiri cristiani che in qualunque
altro.
Studiare la storia della
chiesa è appassionante, sia
quando si cercano i grandi
nessi che danno segreta coesione a intere epoche, sia
quando si rintraccia un (apparente) dettaglio, un frammento di «storia minima» che poi,
guardato a fondo, rivela molte cose.
Ma non c’è solo la storia
detta ufficiale, consacrata da
mille manuali. C’è anche «la
storia che non c’è», che non è
solo quella dei vinti ma anche
quella di coloro che non contano perché, appunto, «non
fanno storia».
Ma chi ha detto che non la
fanno? Il campo insomma è
ancora più vasto di quello,
quasi sconfinato, che ci si dischiude davanti quando pensiamo alla «storia che c’è»,
cioè ai venti secoli di cristianesimo già scritti e riscritti.
L’insegnamento della storia in Facoltà si svolge in tre
grandi tappe: Chiesa antica.
Riforma e Controriforma,
Storia moderna.
L’anno prossimo tocca alla
Chiesa antica: un itinerario
affascinante attraverso le
grandi sfide e le grandi tentazioni fronteggiate dalla comunità cristiana nei primi secoli della sua esistenza, fino a
Costantino e alla «svolta» che
porta il suo nome.
Secondo i valdesi medievali la Chiesa, allora, «venne
meno». Certo non fu più la
stessa di prima. In un certo
senso, la sua vittoria fu anche
la sua sconfitta.
in cui il protestantesimo è
maggioritario.
2) studio in vista del ministero
pastorale. Lo studio ragionato dei testi biblici è fondamentale per la preparazione del corpo pastorale,
studiando la teologia si
approfondisce il proprio
rapporto con Dio. Pecca di
superficialità chi pensa che
lo studio della teologia sia
un allontanarsi dalla fede
razionalizzandola. Teologia
è confronto con la Bibbia;
in questo senso le nostre
comunità devono fare teologia, parlare a Dio e di
Dio.
3) rapporti con le comunità.
Avvengono quasi solo tramite animazione di catechismi, gruppi giovanili é predicazioni domenicali. Significativa è la partecipazione a un gruppo intemazionale e la passata colla
borazione con la scuola di
italiano per immigrati della
Fcei. All’esterno è massiccia l’adesione alle iniziative
per la pace e contro l’antisemitismo. Particolarmente
apprezzati gli incontri e i
viaggi per conoscere opere
e realtà regionali.
4) revisione del piano di studio. Da un anno si è manifestata l’esigenza di una revisione. Anche lo studio
deve tener conto delle esigenze che rispondono al
tempo in cui viviamo e dei
cambiamenti che si avvertono nella società. È necessaria una preparazione che
tenga conto dei molteplici
ambiti religioso-culturali in
cui saremo chiamati a intervenire; una razionalizzazione degli studi significherà
anche la possibilità di far
fmttare meglio il tempo trascorso in Facoltà.
La cattedra di Nuovo Testamento
Un'ermeneutica
per il nostro tempo
BRUNO CORSANI
Forse per la sua posizione
geografica, la nostra Facoltà si trova sull’itinerario di
molti studiosi, docenti, studenti che vengono nel nostro
paese e visitano Roma per
motivi di studio o di turismo,
o per ragioni ecumeniche. E
molto sovente prendono contatto con noi, ci fanno una visita o ci offrono qualche forma di collaborazione.
Quest’anno la cattedra di
Nuovo Testamento ha avuto
il piacere di accogliere tre
graditi ospiti; in gennaio la
prof. Elisabeth Schussler
Fiorenza (nota fra noi per il
suo libro In memoria di lei),
deirUniversità di Harvard
(Usa).
11 suo contributo è stato
una lezione tenuta in Aula
magna, affollatissima, sul
«suo» modo di lettura biblica, partendo dall’esperienza
delle donne che sono quelle
che maggiormente soffrono
le conseguenze pratiche delle
dittature e deH’imperialismo
economico.
Partendo da una «ermeneutica del sospetto», che vuole
scoprire e denunciare le tendenze androcentriche dei testi
biblici e dei loro commentatori del passato, si serve poi
di una «ermeneutica della
memoria e della ricostruzione storica» per recuperare la
storia delle persone e dei
gruppi che sono stati repressi
o emarginati, e giunge a una
«ermeneutica dell’ immaginazione creativa e della proclamazione» che ri-racconta le
storie bibliche mettendo in
luce gli aspetti e i personaggi
che erano stati lasciati in ombra.
In marzo abbiamo poi avuto due docenti svizzeri, Ulrich Luz da Berna e Daniel
Marguerat da Losanna.
Il primo ha cercato di spiegare le ragioni storiche,
sociologiche e emotive che
hanno prodotto «Tantigiudaismo della comunità di Matteo»-, la caduta di Gerusalemme, la rottura fra sinagoga e
comunità di Gesù, la situazione di minoranza di queste
comunità hanno reso i rapporti con il giudaismo molto
tesi, e questa tensione si rispecchia nel vangelo di Matteo. Per Luz si tratta di un
fatto contingente più che
ideologico.
11 prof. Marguerat ci ha
guidati in tre lezioni a una
lettura dei Vangeli attenta alle tecniche narrative degli
evangelisti: attraverso il loro
modo di narrare essi vogliono
«costruire» il loro lettore.
La domanda allora è: che
tipo di lettore costruisce ciascuno degli evangelisti? E
che situazione comunitaria e
culturale implica quel tipo di
lettore?
La lezione della prof. Fiorenza e una di quelle del prof.
Marguerat saranno pubblicate
nei prossimi numeri di Protestantesimo.
Nuova (disciplina
Cos'è la
teologia
pratica?
ERMANNO GENRE
Ocusi, ma la “teologia
kJpratica” che cos’è?', di
che cosa si occupa?». È una
domanda ricorrente fra i
membri delle nostre chiese
evangeliche. Che cosa c’è
dentro la «scatola» teologia
pratica? L’insegnamento di
questa disciplina è oggi strutturato in quattro seminari
fondamentali in cui sono offerti agli studenti gli elementi
di base in vista della predicazione (omiletica), della catechesi (catechetica), dell’organizzazione del culto (liturgica), delle relazioni d’aiuto
(teologia pastorale).
Nel quadro di ciascuno di
questi settori, che costituiscono gli ambiti tradizionali e
essenziali alTintemo dei quali si esercita il ministero pastorale in collaborazione con
altri ministeri, la teologia pratica cerca di offrire agli studenti degli elementi per approfondire la riflessione sul
loro itinerario personale. È
precisamente il nesso tra un
apprendimento cognitivo
(analisi dei testi) e la percezione di ciò che «succede
dentro» ciascuno di noi (analisi della propria vita psichica
e spirituale) a caratterizzare
oggi la riflessione di questa
disciplina.
Non basta infatti avere dei
pastori culturalmente ben
preparati: la chiesa ha bisogno di pastori di buona cultura capaci di entrare in relazione con le persone, essere in
grado di ascoltarle, capirle.
Una formazione in vista di un
«saper-fare». Oltre ai 4 rami
sopra ricordati rientrano nel
campo della teologia pratica,
ma non in modo esclusivo,
numerosi altri ambiti di ricerca: la diaconia, la missione
della chiesa, l’ecumenismo,
l’ecclesiologia, il diritto
ecclesiastico, i problemi della
comunicazione, la psicologia
e la sociologia religiosa,
ecc... aperture che si possono
realizzare solo in minima parte, che richiedono collaborazioni e competenze esterne e
che non possono essere affrontate senza l’apporto delle
altre discipline. La teologia
pratica ha anche bisogno di
un minimo di sperimentazione pratica. E ciò che in questi
anni ha trovato respiro esterno in alcune chiese di Roma e
della periferia (Colleferro,
Ferentino, Villa San Sebastiano) e nell’ospedale Villa Betania di Napoli.
PROTESTANTESIMO
RIVISTA TRIMESTOALE
PUBBLICATA DALLA
FACOLTÀ VALDESE
DI TEOLOGIA
ANNOXLVniN. 1-1993
□ O. Bayer, La questione
aperta della teodicea Q M.
RubboiI, «Come over and
help US».* le missioni cristiane e gli indiani nordamericani nel secolo XVII □
E. Mancini, Confini dell'io
e fine della vita: applicazioni delle tesi di Oerek Parfit
□ E. Qenre, il ‘caso’
Drewermann □ P. Ricca,
Taccuino romano: Ferita
doppia Q Recensioni.
3
VENERDÌ 16 APRILE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
L'insegnamento della teologia sistematica
La dialettica del
comunicabile
SERGIO ROSTAGNO
Il mese scorso Beniamino
Placido, al riuscitissimo
convegno della trasmissione
televisiva Protestantesimo
nell’Aula magna della Facoltà, ha detto che la religione è «una realtà estremamente interessante, anche se non
immediatamente comunicabile».
È stata per me una delle affermazioni più interessanti
del convegno. Non è detto,
secondo Placido, che la religione sia anche immediatamente comunicabile, tuttavia
chi guarda il fatto religioso ha
la sensazione di afferrare una
dimensione profonda e essenziale, oltre il fatto comunicato.
Questo sembra tanto più
vero in quanto la televisione
cerca invece di far capire tutto a patto di banalizzare le
questioni ardue o «gonfiare»
cose di poco rilievo, creando
così in molti casi una comunicazione fittizia.
D’altra parte comunicare è
sempre necessario. Le religioni spesso sanno soltanto
rappresentare se stesse, ma
non è questo l’importante.
Comunicare significa rendere
altri attivamente partecipi e
mettere a frutto il «talento»
ricevuto.
Non c’è religione senza comunicazione, senza trasmissione di un appello alla mutua
comprensione e al dibattito
che ne è la premessa.
Questa è la dialettica tra il
comunicabile e l’incomunicabile. Manca però una terza dimensione, che sta al cuore del
messaggio cristiano e ne costituisce l’ossatura.
Come insieme con il Padre
e lo Spirito Santo sta il Figlio,
così questa dimensione terza
è quella dell’incarnazione,
che determina scelte e crea
quei nuovi presupposti senza
i quali tutti i punti di vista si
equivarrebbero.
Molti incontri tenuti in Facoltà (e anche le normali lezioni) possono suggerire
commenti analoghi o forse
anche più nutriti.
Mi è sembrato utile prendere soltanto questo spunte, tra
gli altri, per dare un esempio
della nostra riflessione.
La cattedra di Antico Testamento
L'esegesi per
capire il messaggio
_______DANIELE GARRONE_______
V
E difficile dire in poche righe che cosa caratterizzi
oggi lo studio dell’Antico Testamento nell’ambito della
teologia evangelica. Menzionerò solo tre aspetti.
1) l’esegesi, per decenni interessata soprattutto all’
individuazione dei nuclei
«originari» dei testi e al
processo di trasmissione e
sviluppo di questi nuclei,
torna a valorizzare la cosiddetta/o/wa/ma/c, cioè
la pagina biblica nella forma in cui la leggiamo, ritenendo che essa esprima
un preciso messaggio teologico corrispondente all’
intenzione degli autori.
2) viviamo in un tempo di
revisione di molte ipotesi
per decenni considerate
normative, come per esempio la teoria delle fonti del Pentateuco. C’è oggi una tendenza a «abbassare» le datazioni dei testi.
Non la monarehia antica,
ma l’epoca postesilica ap
pare essere stato il tempo
della rielaborazione teologica delle (antiche) tradizioni da cui derivano i libri biblici.
Motore di questo processo
fu l’esigenza di «rifondare» teologicamente Israele
dopo l’esperienza del giudizio (esilio) e della ricostruzione.
3) il dialogo ebraico-cristiano e la conseguente coscienza del fatto che dalla
comune Scrittura si dipartono due interpretazioni
«parallele» ripropongono,
con nuovi interrogativi
ma anche con nuove prospettive, il classico problema del rapporto tra
Antico e Nuovo Testamento e del valore dell’
Antico Testamento per la
teologia cristiana.
Ognuno dei tre aspetti menzionati comporta sì la revisione di concezioni consolidate, ma offre al tempo stesso
nuovi stimoli per la comprensione dei testi biblici, essenziale per la predicazione.
L'ingente progetto di nuova sistemazione ha bisogno del nostro aiuto
Una biblioteca viva che continua a crescere
Ai numerosi visitatori
che ogni anno passano in Facoltà, la biblioteca viene presentata come
il «tesoro» dell’istituto.
La sua consistenza
(75.000 volumi, con un
incremento annuo di circa 2.000, 300 periodici
correnti) e il suo carattere
(è, in Italia, l’unica specializzata, a livello universitario, in teologia e
storia del protestantesimo) ne fanno uno strumento prezioso, an^i
insostituibile, per il lavoro della Facoltà e per un
numero crescente di studenti e studiosi di facoltà universitarie
statali e pontificie che si occupano di
protestantesimo.
Senza una biblioteca di questa entità
e specializzazione non sarebbero possibili l’attività didattica in Facoltà né la
ricerca e la divulgazione che i docenti,
ma anche molti pastori e altri studiosi
evangelici, svolgono nell’ambito delle
nostre chiese e aU'esterno. Lezioni,
conferenze, pubblicazioni... per ogni
cosa si attinge a questo «tesoro».
Una biblioteca che cresce, e se non
cresce si tramuta da tesoro in monumento, si scontra periodicamente con
problemi di spazio.
La biblioteca dovette così essere ampliata negli anni ’60 e alla fine degli an
ni ’70. Nel frattempo si è
giunti alla quasi totale saturazione degli spazi disponibili.
Il Consiglio ha così deciso di destinare alla biblioteca i locali del seminterrato della Facoltà.
Essi dovranno essere
sottoposti a ingenti e costosi lavori di risanamento e adattamento e si
riceveranno 25 nuovi posti per lettori, un attrezzato ufficio e un capace
magazzino con scaffali
mobili.
Per la realizzazione del
progetto, ingente ma
imprescindibile, la Facoltà conta
sull’aiuto di comitati e amici esteri e sul
sostegno delle comunità evangeliche
italiane che sanno quanto la qualità del
servizio pastorale che esse richiedono
dipenda, direttamente e indirettamente,
dal «tesoro» che l’ampliamento della
biblioteca intende valorizzare e far crescere.
Roma: la sede della Facoltà valdese di teologia
Il progetto per i lavori di strutturazione dei nuovi locali che ospiteranno la biblioteca. Più spazio per i libri e maggior «respiro» per gli utenti
FACOLTA VALDESE
DI TEOLOGIA
Iscrizioni
al corso
di laurea
Per r immatricolazione al corso di laurea va presentata domanda alla segreteria entro il 25 settembre su
modulo fornito dalla segreteria stessa. Si richiede la
maturità classica o altro titolo di secondaria superiore
giudicato equipollente con l’obbligo di esami integrativi. Un anno di studio integrativo viene richiesto a
coloro che non hanno fatto 5 anni di scuola secondaria superiore. La frequenza è obbligatoria.
Borse di studio
Per permettere la frequenza sono previste borse di
studio. La domanda per la borsa deve essere debitamente motivata. Informazioni più dettagliate sono reperibili presso il prof. Ermanno Geme, segretario.
Tasse accademiche
Le tasse accademiche sono fissate, a partire dall’anno accademico 1993-94, nella seguente misura:
Corso di laurea:
- immatricolazione, £ 150.000
- frequenza per i quattro anni regolari, £ 100.000 a
semestre
--iscrizioni fuori corso, £ 1(K).W) Tanno.
Gii importi vanno versati sul ccp. n. 40252009 intestato alla Facoltà.
I programmi dei corsi sono disponibili in segreteria.
Facoltà valdese, via Pietro Cessa .42, 00193 Roma,
tei. 06/3210789 (segreteria telefrmica).
A. 7 H segretario: pìof. &maimo Geme
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
L'Istituto G. B. Taylor, dell'Unione cristiana evangelica battista, compie 70 anni
Settant'anni di vita al servizio
degli orfani, dei bambini e degli anziani
VENERDÌ 16 APRILE I993
FABRIZIO DELLA TORRE
Con il 1993 il G. B. Taylor, l’istituto che porta il
nome di colui che fu per 34
anni il sovrintendente della
Missione battista americana
in Italia, entra nel settantesimo anno di attività.
Ripercorrere settant’anni
di lavoro ci fa scoprire quanto il tempo può aiutare una
struttura a rinnovarsi e modificare il suo campo di intervento a seconda dei cambiamenti della società.
Dai 19 piccoli ospiti della
sede di Monte Mario, ai 120
bambini accolti dopo la guerra nell’attuale sede di Centocelle, agli anziani ospitati dal
1953, emarginati da una società che lascia sempre meno
spazio a chi diventa «improduttivo», sino ad arrivare ai
giorni nostri, con una casa di
riposo ed una casa famiglia.
Attività impostate oggi secondo criteri moderni, con
operatori qualificati, stretti
rapporti con le istituzioni e
un occhio di riguardo a quelle nuove realtà così difficili
che crescono col crescere del
numero di immigrati dal Terzo Mondo.
Ripercorrere settant’anni
di storia è un po’ come sfogliare in compagnia un album di vecchie foto ingialli
te. Ricompaiono volti conosciuti e immagini antiche: la
gigantesca Chevrolet del ’41
del dott. Moore attorniata da
una manciata di ragazzini
vocianti neH’allora spelacchiato giardino, la faccia rotonda del piccolo Santacaterina annoiato sulle panche
della chiesa, i sacchi pigiati
Da sinistra: ia Casa di riposo, la chiesa battista e ia Casa-famiglia
Che fine avete fatto?
UIstituto G. B. TAYLOR
cerca suoi ex ospiti dal 1923 al 1993
per una grande festa in occasione
del Settantesimo anniversario della fondazione.
Se siete stati ospiti deW Istituto
e siete interessati scriveteci:
Istituto G, B. Tayloty
via delle Spighe 8
00172 Roma
oppure telefonateci: 06123 J6.093.
La futura
Casa di riposo
con «cura continuata»
degli aiuti del dopoguerra
che fanno da quinta ai sorrisi
di bambine in posa.
«Chissà che fine ha fatto»
viene da dire nel riconoscere
questo o quel compagno di
giochi, l’antica fiamma di
una adolescenza lontana o il
dispettoso vicino di letto.
Già, che fine avranno fatto
questi quasi cinquemila ragazzini che nel tempo si sono succeduti aH’intemo delle
mura del Taylor?
Parecchi li vediamo spesso, abitano nel quartiere o in
città, alcuni nell’Istituto, oppure ci lavorano. Altri sono
ormai lontani, sparsi in varie
parti del mondo e ogni tanto
passano a fare un salutino.
E così può capitare di entrare in sala da pranzo e trovare comodamente seduti davanti a un piatto di minestra
fumante una bella signora
bionda che discorre in olandese con un nerboruto signore dai tratti dichiaratamente
meridionali, accanto a due
biondissimi ragazzini.
Di chi si tratta ce lo spiega
Betsy Moore, l’attuale direttrice dell’Istituto: «È Giovanni Vitto, che fu nostro
ospite nell’infanzia: si è trasferito in Olanda, ha messo
su famiglia, ha aperto due
pizzerie e oggi è anche un
affermato fotografo.
Ogni estate ci viene a trovare, e non è il solo, tanto
che stiamo pensando, in occasione del settantesimo
compleanno del Taylor, di
raccogliere tutti gli ex ospiti
dell’Istituto che riusciremo a
raggiungere, in una grande
festa, l’ultima domenica di
maggio».
È stato un «lavoraccio» reperire notizie e indirizzi di
persone lontane nella cui memoria, forse, il Taylor non è
che un vago ricordo.
«Al di là della mole di lavoro che quest’operazione
comporta - aggiunge Betsy quella che vogliamo condurre t quasi un’operazione di
verifica di quanto sia rimasto
nei sentimenti dei nostri ex
ospiti, del periodo passato al
Taylor.
Credo che nessuno possa
considerare un istituto al pari
di un ambiente familiare, per
cui immagino che parecchi
dei nostri ex ospiti non ne
abbiano nell’immediato un
bel ricordo.
Ma, a ripensarci un po’ su,
chissà che non venga la curiosità di vedere come stanno
adesso le cose, o di incontrare qualche persona perduta di
vista».
11 30 maggio può essere
l’occasione per ritrovarsi nel
giardino di via delle Spighe e
magari constatare che quel
dispettoso vicino di letto è
diventato un tipo simpatico.
«Buon compleanno Taylor». Bastano tre parole per
prenotare un posto alla tavolata di fine maggio, telefonando allo 06/23.16.093 o
scrivendo a Istituto G. B.
Taylor, via delle Spighe 8,
00172 ROMA.
Alcuni ragazzi della Casa-famiglia
SCHEDA
L'ISTITUTO
TAYLOR
L’Istituto G. B. Taylor opera a favore dei minori
fin dal lontano 1923. Fondato in memoria del primo
missionario battista del Foreign Mission Board in Italia, George Boardman Taylor, fu all’inizio solo orfanotrofio maschile, con sede a Monte Mario in Roma.
Verso la fine della seconda guerra mondiale fu trasferito nella villa acquistata nel 1939 in zona Centocelle e divenne orfanotrofio maschile e femminile fino
a ospitare, tra gli anni ’50 e ’60, circa 120 bambini bisognosi di un tetto, di cibo, e di una educazione di base. Nel 1953 fu costruita la Casa di riposo per ospitare
anziani autosufficienti.
Oggi l’Istituto non può più accontentarsi di fornire
un tetto e un piatto di minestra, ma per stare al passo
con le esigenze attuali dei nostri ospiti, bambini e anziani, è necessario un costante sforzo di aggiornamento.
La Casa-famiglia Taylor è una comunità educativa
che ospita fino a 15 bambini dai 6 ai 14 anni, maschi e
femmine, assistiti da due educatori con esperienza e
dedizione. I bambini provengono da quartieri disagiati
e da situazioni familiari tanto disastrose da richiedere
l’intervento del Tribunale per i minori che stabilisce
l’allontanamento temporaneo dalla famiglia che non
risponde più alle esigenze educative del bambino.
L’atmosfera serena della Casa-famiglia favorisce una
crescita sana verso la maturità.
La massima attenzione è rivuoila all’apprendimento
scolastico e al processo di socializzazione del bambino, al suo normale sviluppo fisico, psichico, morale e
sociale per agevolare il suo inserimento nella vita
quotidiana con fiducia in se stesso e nel prossimo.
La Casa di riposo ha 19 camere singole con bagno,
5 camere matrimoniali con bagno, sale di intrattenimento (salone per le feste, sala Tv e proiezione
film, salotto per le visite settimanali degli ospiti,
biblioteca) e servizi. Attualmente la Casa di riposo
può ospitare solo anziani autosufficienti. Essi conducono una loro vita privata, ma partecipano a programmi pomeridiani di animazione dove sono invitati anche anziani del quartiere.
La sala da pranzo della Casa di riposo
Ogni anziano ha la sensazione di stare in famiglia,
grazie ai ragazzi della Casa-famiglia e alla presenza
della Comunità evangelica battista locale: tutto ciò
rende il Taylor unico nel suo genere.
Gli obiettivi per il futuro sono ambiziosi: trasferire
la Casa-famiglia neH’edificio attualmente inutilizzato
della ex casa di riposo, dopo opportune ristrutturazioni, il quale è più adeguato alle mutate esigenze, consentendoci di ridurre gli elevati costi di gestione della
sede odierna.
Nell’attuale Casa-famiglia, anch’essa ristrutturata,
ampliare la casa di riposo per autosufficienti e creare
un reparto per anziani non autosufficienti, offrendo un
servizio infermieristico specializzato di «cura continuata».
5
venerdì 16 APRILE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Dibattito a più voci a Napoli
Donne e ministero
LUISA NITTI
Tema quanto mai attuale,
quello su cui si è dibattuto sabato 20 marzo presso il
Circolo culturale «Galeazzo
Caracciolo», a Napoli. Le
quattro relatrici, rappresentanti a diverso titolo dell’universo femminile laico e cristiano,
si sono confrontate su «Donne e ministero», fornendo interessanti spunti di riflessione
circa un argomento che ultimamente sembra venire alla
ribalta (la decisione della
Chiesa anglicana di far accedere le donne al ministero è
storia molto recente), ma ha
le sue radici ben indietro nel
tempo.
Molto correttamente l’avv.
Maria D’Elia, rappresentante
dell’associazione «Onda rosa», ha inquadrato il problema
nella più generale questione
della presenza delle donne negli organismi rappresentativi.
Il dibattito femminile si trova
oggi in una fase definibile come «postemancipativa»: in
questi anni la riflessione delle
donne tende a slittare da
aspetti strettamente emancipativi (ad esempio le pari opportunità fra uomo e donna),
in parte «esauriti», al dibattito
sul come essere presenti nella
società; al di là della mera
rappresentanza, alle donne interessa che la loro presenza
non riproduca schemi precostituiti, ma porti con sé l’approfondimento della specificità femminile, insieme al desiderio di mutare il contesto
stesso (ecclesiastico o laico)
in cui ci si inserisce.
Adriana Valerio, teologa
cattolica, è entrata nel merito
del problema, mostrandone
l’estrema complessità. Se le
posizioni nel mondo cristiano
sono assai articolate, lineare è
invece la posizione ufficiale
della Chiesa cattolica che da
secoli, e ancora ultimamente,
ribadisce il suo no alla proposta di allargare alle donne il
sacerdozio. Quest’ultimo significa in primo luogo avere
«parola autorevole»: da quando la chiesa si è strutturata
come tale la voce di autorevoli figure femminili (che pure
sono esistite e hanno parlato e
scritto) è stata messa a tacere.
Il silenzio della donna e la
censura della sua scrittura
hanno attraversato tutta la cristianità. D’altronde lo stratificarsi stesso della tradizione
ha avuto forse il peso maggiore nel determinare la successiva storia dell’esclusione delle
donne dal ministero. Ma, a
fronte di questo secco rifiuto,
il mondo cattolico è al suo interno ricco di posizioni diverse e il dibattito non si è spento. Se il ministero è ciò che
genera e fa crescere la chiesa,
se è servizio più che autorità e
guida, non si può capire la rigida posizione della Chiesa
cattolica.
Il vero problema non è allora di approvare o rifiutare
l’accesso della donna al ministero, ma di capire perché un
tale accesso metterebbe in crisi tutta la struttura ecclesiale e
teologica tradizionale. Silvana
Nitti, dell’università di Napoli, ha in primo luogo sottolineato come un tale provvediynento andrebbe ad intaccare
il concetto stesso di sacerdozio sul quale, dopo la Riforma, è stato praticamente impossibile ritrovare un punto di
accordo fra cattolici e protestanti. Ministero e sacerdozio
non sono sinonimi: resistenza
di un sacerdote presuppone
1 esistenza di qualcosa di «sacro» da conservare e da amministrare. Ma proprio su
questo è importante saper co
gliere lo spirito nuovo della
Riforma: nella nostra storia e
nel mondo non c’è bisogno di
alcuna figura che «amministri
il divino» perché la salvezza è
già stata data ad ognuno di
noi gratuitamente, in Gesù
Cristo. In questo spirito di
«rinunzia al sacro» tutti, con
lo stesso diritto, siamo chiamati a svolgere funzioni «sacerdotali»: predicare, amministrare i sacramenti, annunciare la salvezza. Se così si intende il ministero, allora il
problema dell’esclusione delle donne non dovrebbe neanche porsi.
Questo imprescindibile fondamento non ha trovato però,
nella concreta vita delle chiese riformate, un’applicazione
sempre pacifica: solo negli
anni cinquanta la Chiesa valdese ha iniziato a discutere
(non senza difficoltà) della
possibilità che una donna studiasse teologia per diventare
pastora. Adelaide Rinaldi, pastora della chiesa del Vomero
a Napoli, ha concluso il dibattito raccontando in modo
molto piacevole della sua personale esperienza. Le donne
trovano oggi spazi sempre
maggiori e più definiti sia come pastore che in generale
aH’interno della chiesa. Ma
bisogna ricordare come, soprattutto nei primi anni, il loro inserimento nel pastorato
non sia stato affatto semplice,
spesso a causa della diffidenza verso una simile novità.
Secondo Rinaldi è anzi la specificità del femminile l’autentico potenziale che le donne
pastore hanno a disposizione
e che devono far fruttare.
L'esperienza del gruppo «Trieste nuova testimonianza»
Cercate Dìo, cercatelo ovunque
________MARIO BASILE_______
Fa sempre piacere vedere
una chiesa piena di giovani che ascoltano volentieri
e con partecipazione un
messaggio cristiano, soprattutto quando si instaura un’atmosfera di festa, di dialogo e
quasi di compiaciuta sorpresa
per quel singolare annuncio
di salvezza che sa essere sempre attuale.
Fa sempre piacere, ma non
capita spesso poiché l’evangelizzazione è simile a un
piatto prelibato di cui si conoscono bene gli ingredienti,
ma ci sono infiniti modi per
mescolarli, cucinarli e, dopo
averli conditi, servirli: e non
è finita qui, poiché questo
piatto viene offerto a palati
diversi, di giovani, di anziani,
di gente che frequenta comunità cristiane e di gente che
invece vi si sta avvicinando
per la prima volta. A volte si
corre il rischio di sbagliare
anche gli ingredienti, ma i pastori e i fratelli in comunità
aiutano a discemere ciò che
viene da Dio, che è eterno, da
ciò che viene dall’uomo e
dalle sue tradizioni, che si
può cambiare.
Tra tutti i linguaggi e i modi possibili per spargere questo seme, che non ci appartiene, il gruppo «Trieste nuova
testimonianza» (Tnt) ha scelto la musica moderna, rivolgendo così l’attenzione particolarmente ai giovani. Il
gruppo condotto da Silvano
Fani e da Omar Hendry opera
da circa 8 anni con musiche e
testi propri, conducendo un
discorso che parte da aspetti
Un incontro musicale del gruppo Tnt
della vita quotidiana affrontati da canzoni non esplicitamente religiose, per finire con
un invito alla ricerca di Dio,
con un paio di salmi interpretati con musica moderna. Il
messaggio finale è chiaro:
«Cercate Dio, cercatelo dove
meglio vi pare, nella comunità che volete, ma cercatelo!».
Oltre ai numerosi concerti
eseguiti nella comunità metodista di Trieste e in alcune
opere sociali in provincia, ci
sono state diverse occasioni
di incontro musicale, come
nelle carceri di Udine, in una
serie di concerti in Svizzera e
in occasione del centenario
della fondazione della chiesa
di Omegna, nel giugno ’92.
Domenica 7 marzo sera i
Tnt hanno eseguito nella comunità metodista di Trieste il
primo concerto del ’93 con
una fruttuosa collaborazione
con il Gruppo biblico universitario (Gbu) locale.
Il Gbu a Trieste si è costi
tuito Tanno scorso e rappresenta un momento di incontro
tra i giovani universitari (ma
non solo) delle varie comunità evangeliche della città,
dando occasione a uno stimolante confronto tra le diverse
denominazioni della chiesa
universale.
Alla realizzazione del concerto i Tnt pertanto hanno
collaborato un folto gruppo
della comunità cristiana del
pastore Bormann, valdesi,
pentecostali e metodisti, rendendo così questo incontro
musicale un’autentica festa
evangelica. Poiché inoltre
all’Università di Trieste è stata fatta un po’ di pubblicità,
tra gli spettatori c’erano anche persone non evangeliche,
oltre agli amici degli organizzatori.
Il pastore della comunità
metodista, Claudio H. Martelli, ha infine concluso egregiamente la serata, con un deciso
invito alla riflessione e alla ricerca di Dio.
Cuneo
La Riforma
protestante
nella provincia
granda
Nei locali della Charitas
diocesana, per il programma
di «Formazione ecumenica»
curato dal Comitato ecumenico ha avuto luogo, il 10
marzo 1993, un incontro su
«La Riforma protestante,
dalla prospettiva globale alla realtà nella nostra provincia».
Si è trattato del primo di
una serie di incontri che mirano a un ulteriore sviluppo
dei contatti fra cattolici ed
evangelici della città.
Il pastore della Chiesa
evangelica di Cuneo, Herbert Anders, ha presentato
una visione globale della
Riforma, soffermandosi sul
pensiero di Lutero, Zwingli e
Calvino e illustrando la
realtà ecclesiastica del battismo.
Emanuele Locci ha poi
rievocato brevemente la storia della Riforma e Controriforma in Cuneo e provincia, per passare poi agli ultimi decenni deH’800 con il rispuntare di germogli evangelici a Cuneo, Castelletto Stura, Mondovì, Verzuolo ecc.,
fino a giungere all’apertura
al pubblico di un locale
evangelieo in Cuneo nell’ultimo dopoguerra.
I vari interventi al dibattito
che è seguito harmo fatto notare il molto interesse all’argomento presentato.
Ivrea: concluse le iniziative della settimana della libertà
Coscienza cristiana e etica
CINZIA CABUGATI VITALI
Nel quadro della settimana
della libertà abbiamo
organizzato, con la collaborazione della Chiesa cattolica,
una conferenza-dibattito che
si è svolta martedì 16 marzo
in un cinema cittadino sul tema: «Etica politica e questione morale: una risposta della
coscienza cristiana».
Monsignor Enrico Chiavacci, teologo moralista dello
Studio teologico fiorentino, ha
considerato il problema della
convivenza, visto come il problema dell’altro di fronte a sé,
tema centrale della riflessione
cristiana, e ha evidenziato due
principi fondamentali: l’impegno contro ogni forma di oppressione e l’impegno per una
fraternità universale come
corresponsabilità e come servizio. Per poter attuare questi
principi è necessario studiare
e riflettere in modo da coniugare la Parola che non passa
con una realtà che passa continuamente (dottrina dei segni
dei tempi).
Rifacendosi più volte al
Concilio Vaticano II e alle encicliche di Giovanni XXIII,
Chiavacci ha ribadito l’importanza della dignità della persona, dei diritti umani, dell’attenzione alle sofferenze e a
ogni forma di liberazione. Dopo aver ricordato un’esperienza personale vissuta durante
un viaggio rischioso nel Vietnam del Nord insieme a Tullio
Vinay, il teologo ha considerato l’organizzazione della società civile: convenienza o dovere morale? È infatti possibile obbedire alle leggi per con
venienza e paura delle sanzioni oppure per dovere morale,
come responsabilità di chi sta
alle regole del gioco perché
esse mirano a fini condivisibili e per i quali è necessario
spendersi in vista del bene comune. Nella realtà di oggi non
c’è solo l’Italia con il suo degrado politico, morale, spirituale, ma ci sono strutture intercontinentali con grandi problemi planetari come la fame
nel mondo, gli armamenti e
l’ecologia.
Il pastore Giorgio Toum, direttore del Centro culturale
valdese, si è concentrato sul
tema della lotta contro le mafie e si è interrogato su ciò che
i credenti in Italia devono sapere sulle cause della crisi. Ci
sono cause immediate: politiche e morali (genericamente
la società postmoderna si regge sulle categorie delTegoi■smo, del consumismo e dell’
individualismo). Ma ci sono
anche cause remote, storiche
(dovute a una modernizzazione senza rivoluzione borghese) e culturali (la mancanza di
coscienza dello stato e di senso del dovere). Inoltre la cultura marxista e quella cattolica
hanno sempre avuto una sostanziale diffidenza nei confronti dello stato.
Che cosa deve pensare un
credente oggi? Su che cosa
confrontarsi? Dopo aver ricordato il pensiero di Lutero secondo il quale ci sono due regni, due ambiti: chiesa (amore, carità) e città (legge e giustizia) con uguale dignità e
ricondotti entrambi a Dio,
Tourn ha sottolineato la necessità di avere un atteggia
mento più aperto nei confronti
della vita politica del proprio
paese. Il credente deve fare
prima di tutto una confessione
di peccato (e deve aiutare il
paese a farla) per tutte le connivenze, la paura della denuncia, per aver assunto posizioni
diverse dalla condanna dei
colpevoli o delTautoassoluzione. Poi deve assumersi la
responsabilità del convivere
sociale fino in fondo, con un
impegno lungo e difficile
nelTeducare alla libertà, alla
solidarietà, alla condivisione.
Tourn ha concluso con le
parole di Guglielmo d’Qrange: «Non è necessario sperare
per intraprendere e non è necessario riuscire per perseverare».Un pubblico numeroso e
attento ha ancora impegnato a
lungo gli oratori con diversi
interventi e domande.
Catania: incontro interdenominazionale
Siamo responsabili
SILVESTRO CONSOLI
La Settimana della libertà
si è conclusa a Catania il
27 marzo con un culto interdenominazionale, celebrato
presso la comunità pentecostale libera di via Mascagni.
Più di 500 persone, appartenenti a una decina di chiese
evangeliche della città, hanno partecipato alla riunione
cantando inni al Signore,
pregando e ascoltando le
meditazioni bibliche (in buona parte tratte dal libro di
Giona) tenute da pastori delle varie chiese aderenti.
All’inizio del culto è stata
data lettura e spiegazione del
documento della Fcei che invitava alla celebrazione della
Settimana della libertà nel
segno di una liberazione spirituale del nostro paese e del
CASA VALDESE DI RIO MARINA
ISOLA D'ELBA
Abbiamo ancora possibilità di accoglienza:
prenotate le vostre vacanze
alla Casa per ferie di Rio Marina.
Condizioni favorevolissime per soggiorni nei mesi
di maggio, giugno, settembre.
Interpellateci:
Ornella Grein Rovelli - p.zza Mazzini 1
962141
-jo 57038 Rio Marina (LI)
telefono 0565/962656 (abit.
’ . 962770 (anche fax. '.
Per pastori e diaconi disposti ad aiutarci con culti
e studi biblici o ccmferenze sconti particolari. '- ^
’M%ì
nostro popolo dalle preoccupanti forme di corruzione e
di violenza che ne uccidono
l’anima e ne minacciano
l’avvenire.
Le varie meditazioni hanno
messo in evidenza da un lato
le colpe storiche dei credenti
e delle chiese e dall’altro la
necessità di non abbandonarsi né a un pessimismo definitivo, né a un ottimismo irresponsabile.
È stata portata avanti la linea del realismo e della
responsabilità individuale
verso i problemi della società.
Lo svolgimento di questo
culto interdenominazionale
si deve anche al clima di
buone relazioni instauratosi
negli ultimi tempi fra molte
comunità evangeliche della
città.
Per Tanno in corso sono
allo studio molti progetti comuni: si ipotizza una campagna evangelistica da tenere
nel mese di ottobre a Catania, nell’ambito dell’attività
di «Italia per Cristo»; mentre
è in preparazione una marcia
a Palermo per il 22 maggio,
anniversario della strage di
Capaci.
Siamo consapevoli che ci
vorrà molto tempo e molta
preghiera affinchè si possano
superare alcuni steccati ancora esistenti fra chiese storiche e chiese dell’evangelismo, ma siamo convinti che
questi obiettivi debbano essere perseguiti e altresì certi
che potremo avvicinarci ad
essi solo nella fedeltà al Signore e nell’obbedienza alla
sua Parola.
6
PAG. 6 RIFORMA
^All’Ascolto Della Parolai
VENERDÌ 16 APRILE 1993
PER NON
DIMENTICARE
SYLVIA BUKOWSKI
Il 17 gennaio 1993 un gruppo di donne tedesche ha celebrato, a Wuppertal, un culto di protesta contro gli stupri in Bosnia. Ha predicato la
pastora Sylvia Bukowski. Pubblichiamo il testo,
ripreso dalla Reformierte Kirchenzeitung del 152-93, nella traduzione di Manfredo Pavoni. Il
passo biblico è il Salmo 10, già commentato recentemente in questa pagina. Non è casuale che
esso detti, in contesti assai diversi, la meditazione e la preghiera di chi si interroga sull’azione
di Dio in un mondo di violenze.
Una donna
jj on disgusto e raccapriccio noi donne di questa
generazione e donne che hanno vissuto un triste
passato, sentiamo le orribili notizie dalla guerra nell’ex Jugoslavia.
Nel grande dolore che ogni guerra trascina con sé, si è
venuti a conoscenza dell’enorme numero di donne musulmane violentate. In noi si sono risvegliati immagini e ricordi. Esperienze terribili dell’ultima guerra mondiale negli anni 1944-45 e nell’immediato dopoguerra, le persone in
fuga, l’occupazione militare. Molte donne e ragazze hanno
sperimentato l’angoscia, il terrore, lo stupro da parte di soldati senza scrupoli che non risparmiavano né bambine né
donne anziane, indifferenti alla desolazione che lasciavano
dietro a sé.
Noi ci sentiamo unite a tutte le donne che attraverso la
violenza maschile sono ferite e umiliate, musulmane, serbe
e croate. E denunciamo tutti i violentatori, senza distinzione
di nazionalità».
Racconto
i trasportarono verso il lager Kalinova. La notte
era il momento peggiore. I cetnici si sono ubriacati,
da noi pretendevano il divertimento. È cominciato con una
scarica di fucile a salve. Poi hanno preteso che le donne si
spogliassero e ballassero nude. Quando ebbero danzato a
sufñcienza, presero un uomo e lo picchiarono fino a farlo
svenire. Poi fu la volta delle ragazze. Hanno preso anche le
mie. Sono ancora bambine. Io piangevo, le sentivo gridare
ma ero impotente. Quando la più giovane, Jasmina, tornò
indietro, la prima volta che venne violentata, non disse nulla. Stringeva soltanto il suo orsacchiotto al petto».
«A causa dei miei nemici son diventata obbrobrio, un
grande obbrobrio per i miei vicini, e uno spavento per i
miei conoscenti. Chi mi vede fugge via da me. Son dimenticata completamente come un morto; sono simile ad
un vaso rotto». (Salmo 31,11-12).
«La pancia gonfia, nascosta sotto un accappatoio comprime la diciassettenne Marijna ricoverata alla clinica per
donne Petrova, a Zagabria. Tra due settimane Marijna
avrà un bambino. Non un bambino desiderato, un bambino
imposto che Marijna non vuole nemmeno vedere. Suo figlio
è il prodotto di circa 1.350 stupri. Marijna è stata rinchiusa
quattro mesi e mezzo nel lager femminile serbo vicino alla
città di Tesany dove veniva stuprata dieci volte per giorno
da uomini diversi. Questo era l’unico scopo del campo».
«Schiacciano il tuo popolo, o Eterno, e opprimono la tua
eredità. Uccidono la vedova e lo straniero e ammazzano gli
orfani, e dicono: L’Eterno non vede, il Dio di Giacobbe non
se ne preoccupa». (Salmo 94,5-7).
Spesso le donne vengono violentate pubblicamente e in
modi particolarmente umilianti. Lo scopo non è solo quello
di distruggere fisicamente e moralmente le donne, ma anche di umiliare totalmente con le loro gravidanze il maschio
nemico. Questi stupri di massa vengono dunque usati come
un’arma di guerra. Fanno parte del programma di «pulizia
etnica» che in maniera terribilmente subdola annienta senza - in quel caso specifico - uccidere. Una intera generazione di donne ne avrà così la vita spezzata».
Sermone
Per un certo tempo abbiamo ascoltato le notizie
sui massacri e gli stupri in
Bosnia che i media ci hanno
trasmesso. Per un certo tempo le donne sfuggite all’inferno dei lager femminili sono
state al centro dell’attenzione
internazionale. Per un certo
tempo questo crimine particolare, con cui si privano le
donne della loro vita, senza
ucciderle, è stato oggetto di
proteste ecclesiastiche e politiche. Adesso ci si occupa
già di altre cose: la catastrofe
ecologica delle isole Shetland, il nuovo pericolo della
guerra nel Golfo, e ancora le
interminabili trattative di pace durante le quali la guerra
in Bosnia si fa sempre più feroce.
Quotidianamente ci travolgono nuove terribili notizie,
ci fanno arrabbiare e ci trasmettono un sentimento di
impotenza e di disperazione.
Solo su alcune cose possiamo
riflettere e riusciamo appena
ad accostarci a tutta questa
sofferenza. Forse per difen
derci non riusciamo a trattenere tutto il dolore e molte
cose le dimentichiamo velocemente.
Ma queste cose che abbiamo udite devono essere
trattenute in noi, non possono
essere rimosse. Troppo raccapricciante è il crimine contro
le decine di migliaia di ragazze e donne bosniache, che
ci angoscia, e che forse ricorda ad alcune di noi tragiche esperienze vissute sul
proprio corpo, per scacciarlo
semplicemente via.
Con questo culto non possiamo guarire le donne bosniache dalla violenza subita
ma possiamo fare in modo
che il loro dolore non venga
dimenticato.
Questo può essere un modo
di essere solidali che valga
non solo per il presente ma
anche per il tempo che deve
venire. Mentre per i soldati
caduti vi sono lapidi sparse
un po’ dovunque che li ricordano, non c’è nulla di simile
per le molte donne ferite per
tutta la vita nel propio corpo
e nella propria anima in ogni
guerra, fino agli stupri di
massa perpetuati in Bosnia.
Mentre altre ferite fisiche
veneno raccontate, talvolta
addirittura con orgoglio, e
spesso ricevono pensioni di
guerra, nel easo degli stupri
subiti è ben più difficile per
le donne parlarne, trovare le
parole per questo indicibile
delitto: il più delle volte si
sprofonda nel silenzio e nella
solitudine. Era così in Germania ed è così adesso in Bosnia. Nonostante la tanto decantata evoluzione sociale è
ancora ben radicato il vecchio
cinico cliché: lo stupro è una
vergogna, ma più per chi lo
subisce che per chi lo commette. Chi può in fondo
escludere che la donna non
abbia provocato l’uomo che
la violenta!
Il disprezzo per le donne
non ha pudore, come le parole di un capo religioso musulmano che ha esclamato:
«Forse troveremo un modo
per perdonare le nostre donne». Avete capito proprio bene: «perdonare le nostre donne!!».
Proprio perché il delitto
dello stupro non soltanto ferisce le donne nel corpo e
nell’anima, ma le lascia mute
e sole, proprio per questo dedichiamo al ricordo doloroso
delle vittime dello stupro il
culto di oggi, affinché le loro
parole si diffondano e siano
accolte davanti a Dio.
Malvagio e stupratore
Il salmo che abbiamo letto
e che raramente viene proposto nelle chiese ci può trasmettere molto se al posto del
generico «malvagio» leggiamo «stupratore» e questa
operazione dal punto di vista
della traduzione biblica è corretta poiché in ebraico «reschjim» significa soprattutto
uomini che praticano violenza e distruzione. Questi uomini si atteggiano a «signori
del mondo», si arrogano il diritto di portare felicità o distruzione sul presente e sul
futuro di altri esseri umani.
Nella loro logica disumana,
uccidono, violentano e privano altri esseri umani del senso della loro vita e si sentono
anche nel giusto. Sempre di
nuovo ci giungono degli
esempi di questa violenza devastante fino agli stupri di
massa in Bosnia. E qualcuno
di noi ha certamente patito e
subito questa violenza ma come cristiane e cristiani ci è
difficile comunicare con le
parole e con la preghiera tutto
questo. Ma a chi affidare la
nostra rabbia e il nostro senso
di frustrazione, la nostra indignazione che chiede giustizia
se non a Dio?
I salmi ci ricordano continuamente che possiamo andare a Dio anche con questi
sentimenti, .senza na.sconderli
sotto un manto di pietà, e ciò
può esserci di grande aiuto.
Come sarebbe ancora possibile parlare di amore e di perdono, davanti all’orrore dello
stupro di donne e bambine?
Sono parole che rimangono
bloccate nella gola quando si
vedono le indicibili torture
che vengono inflitte a creature umane indifese! Ci sembrano perfino più logiche le
parole di vendetta che leggiamo talvolta nei salmi: ma riflettiamo che la parola ebraica che noi traduciamo in questo modo non sta tanto ad indicare una rivalsa violenta e
.smisurata quanto piuttosto la
«O Eterno perché te ne stai lontano? Perché ti nascondi in tempo di angoscia? Lo
stupratore nella sua superbia perseguita con furore i miseri; essi rimangono presi
nelle insidie dei malvagi: poiché lo stupratore si gloria delle brame delPanima sua
benedice il rapace e disprezza VEterno. Lo stupratore con viso altero dice: L’Eterno
non farà inchieste. Tutti i suoi pensieri sono: “Non c’è Dio”.
Le sue vie son prospere in ogni tempo; cosa troppo alta per lui sono i suoi giudizicon un soffio egli disperde tutti i suoi nemici. Egli dice in cuor suo: Non sarò mài
smosso; d’età in età non mi accadrà male alcuno. La sua bocca è piena di maledizione, di frode e di violenza; sotto la sua lingua c’è malizia e iniquità. Egli sta in agguato
nei villaggi; uccide l’innocente in luoghi nascosti.
I suoi occhi spiano il misero. Sta in agguato nel suo nascondiglio come un leone
nella sua tana; sta in agguato per sorprendere il misero; egli sorprende lo sventurato
trascinandolo nella sua rete. Dice in cuor suo: Dio dimentica, nasconde la sua faccia,
non vedrà mai».
«Sorgi 0 Eterno! O Dio alza la tua mano! Non dimenticare i miseri. Perché lo stupratore disprezza Dio? Perché dice in cuor suo: Non ne chiederà conto?
Invece tu hai visto; poiché tieni conto della malvagità e dei soprusi per poi ripagare
con la tua mano. A te si abbandona il misero; tu sei il sostegno dell’orfano. Spezza il
braccio dello stupratore, punisci l’empietà del malvagio, finché tu non ne trovi più.
O Eterno tu esaudisci il desiderio degli umili; tu fortifichi il cuor loro, tu porgi il
tuo orecchio per rendere giustizia all’orfano e all’oppresso, affinché l’uomo che è fatto di terra cessi di incutere spavento».
(Salmo 10)
richiesta di giustizia e consolazione. Ed è ciò — io credo —
che ci pesa sul cuore quando
pensiamo alle donne bosniache: che gli stupri non vengano più trattati come un «delitto cavalleresco» generalizzato e in fondo inevitabile, ma
che siano bollati a fuoco come un assassinio dell’anima
della vittima, come crimini di
guerra che come tali vanno
puniti.
Solo quando avverrà questo, solo quando sarà chiaro a
tutti e da tutti riconosciuto
che la vergogna di uno stupro
è esclusivamente del maschio
che lo commette, solo allora
le donne che lo hanno subito
potranno cominciare a pensare che è possibile parlare di
giustizia e di consolazione.
Da quanto hanno subito
queste donne deve emergere
con chiarezza anche ciò che
noi, nella nostra tradizione
cristiana, abbiamo dimepticato e cioè che l’amore è strettamente collegato con la giustizia, tanto quanto il perdono
lo è col peccato.
Altrimenti queste belle parole diventano inutili e senza
senso, non leniscono alcun
dolore: sorvolano semplicemente il profondo abisso delle molte sofferenze umane.
Anche il Dio che ama, a cui
ci rivolgiamo in preghiera e
che si è incarnato in Gesù
Cristo, per noi, è sempre il
Dio che deve ristabilire la
giustizia e il diritto. Non viene meno il grido che gli rivolgiamo: «Sorgi o Eterno! O
Dio, alza la tua mano! Non
dimenticare i miseri!
Perché lo stupratore disprezza Dio? Perché dice in
cuor suo: Non ne chiederà
conto?
Invece tu hai visto, poiché
tieni conto della malvagità e
dei soprusi, per poi ripagare
con la tua mano. Spezza il
braccio dello stupratore, punisci l’empietà del malvagio
finché tu non ne trovi più».
Tradotta in modo concreto
e in riferimento a ciò di cui
parliamo Eultima frase dovrebbe suonare: «Rendi
impotenti gli stupratori, impedisci che la loro virilità diventi un’arma che fa onta alle
donne e le distrugge per tutta
la vita. Svergogna que.sti criminali nel loro orgoglio maschile e ristabilisci la giustizia».
Il tabù della sessualità
Lo so, vi sembrerà strana
e forse anche imbarazzante questa lettura. La chiesa generalmente non si occupa della sessualità, nonostante essa sia un elemento fondamentale in ogni essere umano. Questo settore della
vita rimane tabù all’interno
del culto; nelle nostre pre
ghiere non c’è spazio né per
la gioia delle relazioni sessuali felici, né per la denuncia
di una violenza sessuale che
proietta un’ombra negativa su
tutta la vita, il che non avviene poi così raramente.
Credo che le cose dovrebbero andare diversamente e
che questo aspetto della vita
in cui tutti siamo coinvolti
dovrebbe trovare anche qui
una sua espressione, affinché
le persone che vivono con
sofferenza questa esperienza
possano essere aiutate a parlarne.
Il nostro Dio è un Dio che
ascolta le suppliche di tutti i
miseri: «Tu fortifichi il cuor
loro, porgi il tuo orecchio per
render giustizia all’orfano e
all’oppresso, affinché l’uomo
cessi di incutere spavento», è
la conclusione del Salmo 10,
e questa è anche la speranza
che sta al di sopra della sofferenza delle donne bosniache.
So che a molti queste parole non bastano più, non bastano le parole, vogliono i
fatti. Ma siano fatti che nascono dalla speranza e non
dalla disperazione!
Una proposta
Vorrei, in chiusura, proporre una possibile azione, accanto alle sottoscrizioni
e alle lettere di protesta; e
vorrei, dopo il culto, discuterla con le donne e gli uomini a
cui può interessare.
Potremmo forse chiedere
agli artisti della nostra città di
dipingere un manifesto che ci
ricordi la sorte delle donne
della Bosnia. Questo manifesto potrebbe essere esposto
nelle scuole, nelle chiese e
nei locali pubblici, perché il
dolore di queste donne non
sia dimenticato troppo presto
e per far nascere dei programmi di aiuto che continuino nel tempo. Ciò potrebbe
essere anche un impulso per
la creazione di un ricordo
permanente delle violenze subite dalle donne e così facilmente dimenticate. Per me è
necessario ed è urgente dare
un segno inequivocabile della
certezza che anche questa ingiustizia non è dimenticata da
Dio, in attesa del giorno in
cui egli adempierà la sua promessa e la pace e la giustizia
si baceranno.
Preghiera
O Dio di giustizia, tu sei un Dio che vede la miseria degli esseri umani, che raccoglie tutte le lacrime e
non dimentica f ingiustizia.
Ti preghiamo per le donne e per le bambine della
Bosnia che vengono umiliate, ferite e violentate e la
cui vita porterà sempre i segni della violenza maschile
distruttrice.
Coprile con il manto della tua consolazione, accoglile nel calore del tuo amore e fa’ che trovino delle
persone che le offrano rifugio e aiuto.
Signore, abbi pietà!
Ti preghiamo per i bimbi non voluti e non amati,
concepiti nella violenza e odiati ancora nel ventre delle loro madri.
Che la loro vita non sia per sempre marchiata dalla
loro origine, ma aiutali a crescere come veri esseri
umani che sappiano amare ed imparare a non essere
violenti e a rispettare la dignità altrui.
Signore, abbi pietà!
O Dio, ti preghiamo anche per coloro che hanno
compiuto queste azioni inumane, ai quali nulla è sacro, che non si tirano indietro di fronte a nessuna infamia. Spezza il loro braccio, rendili impotenti!
Fa’ che si rendano conto del male che fanno e che
cessino i loro crimini!
Signore, abbi pietà!
E infine ti preghiamo anche per noi.
Tutte le tremende notizie che udiamo ci fanno sentire deboli e soli, di fronte alle catastrofi che si accavallano siamo senza forze, e non riusciamo più a vedere
come possiamo intervenire ragionevolmente. O Dio,
fa’ che non ci abbandoniamo alla rassegnazione, ma
dacci tu la forza per protestare a voce sempre più alta
contro rindifferenza, l’odio e la violenza. Signore, che
sappiamo essere ingegnosi nell’aiutare e infaticabili
nel sostenere coloro che sono nel dolore. Donaci uno
spirito di comunione e di amore che sia un incoraggiamento per noi e per tutti.
Signore, abbi pietà!
7
Si>cdizion<* in post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito ris|x?dirc a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELLICE
Fondato nel 1848
V T 1 1
) <1 1 <1
La. Là.
^LLI ^LDESI
venerdì 16 APRILE 1993
ANNO 129 - N. 15
LIRE 1200
Referendum
Sì e no
GIORGIO GARDIOL
Sabato e domenica prossimi
voteremo per i referendum. A giudicare dagli spazi
lasciati vuoti sui tabelloni, i
partiti e le altre organizzazioni
politiche hanno rinunciato a
informare i loro elettori sulle
posizioni rispetto alle questioni sottoposte al voto. Alcuni
partiti non hanno nemmeno
chiesto di poter affiggere i
manifesti altri, come la De, lo
hanno fatto fuori tempo massimo e sono stati giustamente
esclusi.
Non si sono neppure organizzati grandi dibattiti. Con
l’unica lodevole eccezione del
Comune di Pinerolo che ha
chiesto a un magistrato di illustrare i quesiti referendari. Basta e avanza, neH’opinione dei
responsabili locali dei partiti,
l’informazione fornita dai dibattiti-spettacolo organizzati
dalle Tv nazionali.
Molti dicono che il referendum sul sistema elettorale è
secondo per importanza a
quello istituzionale tra Repubblica e monarchia. Forse esagerano.
E chiaro che pochi sanno
cosa concretamente succederà
se vince il sì. Prevalgono in
tutti gli schieramenti i ragionamenti politici. «Il sì cambia». «il no cambia» dicono i
fautori dei due opposti schieramenti. C’è di che per non
capire più niente. Se approfondiamo i ragionamenti
vediamo che hanno ragione
entrambi. Solo che si tratta di
cambiamenti che vanno in
senso opposto.
In tutti i casi si cerca di accaparrarsi la rivolta della gente contro la classe politica.
Una rivolta che ormai dilaga
nei discorsi quotidiani. Anche
qui alle Valli si invoca giustizia contro i corrotti, contro i
corruttori, contro i politici responsabili. Ormai i giudici sono diventati gli eroi che vendicano i torti più o meno veri
che ciascuno di noi ha subito
da politici e dalla pubblica
amministrazione. «Ci vorrebbe un Di Pietro!», si dice.
Non si ha più fiducia negli
strumenti collettivi di discussione, di partecipazione. Non
si discute più: si tifa.
Ed è un guaio per la nostra
democrazia. In queste terre,
cinquant’anni fa, un gruppo di
giovani davanti allo sfascio
delle istituzioni operato dal regime fascista e dalla guerra ha
deciso autonomamente di impegnarsi per costruire il proprio futuro, per ricostituire la
democrazia in Italia. L’esito
non era certo scontato all’inizio deH’impresa. Eppure l’autoeducazione collettiva, la voglia di partecipare alle cose
comuni hanno permesso a
contadini, operai, professori di
queste valli di scrivere una pagina importante del futuro patto costituzionale italiano. Pensiamo solo alla Carta di Chivasso. del dicembre 1943, sulle autonomie.
Oggi siamo certamente in
una situazione diversa. Ma la
nostra responsabilità è la stessa. Siamo capaci di esaminare
ogni cosa, studiamo a fondo i
quesiti referendari, informiamoci e votiamo sì o no secondo coscienza, lasciando il tifo
al suo contesto naturale, lo
sport-spettacolo.
Un gruppo di catecumeno valdesi il giorno della confermazione
La domenica delle Palme nelle chiese delle valli valdesi
E arrivato il giorno della fede!
_________CARLO GAY________
Domenica delle Palme.
Oggi, alle Valli, molti
giovani affermano la loro fede: abbondano i nomi «valdesi» e i nomi «doc», come
qualcuno li definisce. Altri
nomi, piemontesi, siciliani e
italiani, si alternano.
Circa metà dei giovani entrano nella chiesa con il battesimo, altri con la confermazione del loro battesimo. Alcuni cattolici si uniscono alle
nostre comunità, senza un secondo battesimo, cioè senza
rinnegare, ma portando con sé
l’apporto spirituale della loro
esperienza passata e presente.
Non è forse inutile riflettere
sulle scelte che emergono in
questi giorni. Nei matrimoni
interconfessionali si sottolinea
il rispetto della fede dei genitori e della «maturità» dei figli. Un giovane afferma di essersi deciso in una libertà riconosciuta dai suoi genitori
valdesi, ma dichiaratamente
«laici»: per motivi di fede e
non per ragioni sociologiche.
Raramente la decisione è
maturata in una comunità
«storica» per i valori tradizionali di una minoranza resistente: la storia è lontana (i
Pons, i Pastre, i Tron si alternano da secoli; in Germa
A PAGINA 3
Inchiesta
sull'assistenza
domiciliare
per anziani
nia le «colonie» valdesi e
ugonotte si riconoscono per i
nomi di famiglia dell’epoca
della revoca dell’Editto di
Nantes: nel Baden e nel Brandeburgo quei nomi ritornano
nei cimiteri dei villaggi, nei
municipi di Walldorf, Mülhausen, Berlino).
Come definire la scelta della domenica delle Palme e
della Pentecoste? Una giovane diciassettenne l’ha detto
così: è arrivato il grande giorno! Il giorno di una fede, dono del Signore ai suoi discepoli, il giorno della partenza
dell’Evangelo, della liberazio
ne dei prigionieri, della speranza degli sconfitti! Non un
nome confessionale, ma un
nome «confessante».
Negli Atti degli Apostoli
(12. 26) è scritto che «fu in
Antiochia che per la prima
volta i discepoli furono chiamati cristiani». Oggi il mondo
cristiano si tormenta intorno al
problema dell’identità. Forse
sarebbe meglio che i «discepoli» si lasciassero definire,
identificare dagli altri credenti
o dagli increduli, laici o religiosi. Sarebbe un riconoscimento più valido, se più autentico.
LA CADUTA DEGLI IDEALI
IL GIURO
DI PONTI DA
RUGGERO MARCHETTI
O ono disgustato. Tutto è
allo sfascio, la classe
politica ha perso la sua credibilità; se dovessi votare, voterei Lega Nord perché mi sembra l’unico movimento di riforma pre.sente oggi in Italia».
Ho letto sull’ultimo numero
dell’Eco questa risposta di un
allievo del Collegio valdese
intervistato nel corso di una
piccola inchiesta pubblicata
poi con il titolo (molto significativo): «Tutto ormai ha
perso credibilità: il disinteresse dei giovani per la politica».
La sola alternativa allo scetticismo e alla rinuncia all’impegno che emergono in modo
chiarissimo dall’articolo in
questione è la Lega Nord, vista come l’unica novità in un
panorama politico stagnante e
nauseabondo come quello
delTItalia di Tangentopoli.
È l’unica forza davvero
nuova, la Lega, e perciò la sola non compromessa con il
vecchio sistema e dalla quale
si può (forse) sperare qualcosa.
Tutto questo, unito alla notizia che all’ultimo convegno
di Pontida erano presenti 40
leghisti della vai Pellice (di
cui molti valdesi) e che più
volte ho sentito i rappresentanti della Lega vantarsi (giustamente) del fatto che il loro
è ormai l’unico movimento
che riesca ancora a chiamare i
suoi simpatizzanti a un impegno attivo in politica, fa pensare e ci chiama anche come
chiese a un’esame di coscienza.
Noi valdesi siamo calvinisti, e questo ha e deve avere
una sua importanza: non è
possibile sentire un giovane
impegnato nelle nostre chiese
auspicare l’esistenza di comunità cristiane in cui «ognuno faccia gli interessi degli al
tri, perché allora non ci sarebbe bisogno di uno stato e certi
problemi non si porrebbero...». Lo stato è parte integrante del progetto di Dio per
il mondo, come la chiesa. E
ogni cristiano deve sentire di
essere chiamato da Dio ad assumere il suo ruolo attivo e
responsabile nella comunità
degli uomini e delle donne del
suo paese così come deve rispondere alla sua vocazione
nella comunità dei credenti.
Questo perché lo stato è voluto da Dio (Romani 13) e Dio,
Signore del mondo, è anche
chiaramente Signore dello
stato: un Dio che si limitasse
a regnare sulle chiese sarebbe
un ben misero Signore...
Sta alle nostre chiese impegnarsi con tutte le forze a
combattere questo pessimismo e il conseguente disimpegno di tanti nostri giovani.
Sentivo giorni fa, per radio,
un’intervista al regista greco
Costa-Gravas che diceva:
«L’uomo ha ancora e sempre
bisogno di utopie e di ideologie, altrimenti la sua vita è un
cimitero». Io non sono affatto
d’accordo con lui: proprio le
utopie e le ideologie in questo
nostro secolo hanno ricoperto
di lager e di gulag tanta parte
della terra e l’hanno riempita
di fosse, e giudico perciò il
loro crollo come una benedizione.
Sicuramente però, se non
abbiamo bisogno di ideologie,
ci servono degli ideali. L’ideale dello stato come un valore, l’ideale della comunità
umana come la mia comunità
al cui servizio sono chiamato,
non solo dagli uomini ma anche e soprattutto da Dio, ad
essere cittadino responsabile è
qualcosa per cui vale la pena
di impegnarsi e di educare i
nostri figli all’impegno.
L'imposta comunale sugli immobili alle valli: le aliquote e gli introiti previsti
1993: L'lcì va dal quattro al sette per mille
Con il 1993 la imposta sugli immobili che nell’anno precedente era stata versata interamente allo stato e che
prendeva il nome di Isi, ne
vedrà destinare una parte ai
Comuni. Per questa sua destinazione comunale (più apparente che reale) ora la tassa
si chiama lei e dovrebbe essere il primo strumento di un
nuovo sistema che offre agli
enti locali una maggiore capacità impositiva.
Le amministrazioni potevano decidere se applicare la
tassa nella misura minima del
4 per mille o in una quota superiore, fino ad un massimo
del 7 per mille. Nel primo caso alle casse comunali resterà
soltanto la media dell’Invim
riscossa negli ultimi tre anni e
il resto verrà versato allo stato (ecco dunque Taleatorietà
della possibilità di decisione
dell’ente locale); nel caso in
cui le amministrazioni comunali avessero avuto maggiori
difficoltà a quadrare i bilanci
esse potevano avvalersi della
possibilità di applicare percentuali superiori. Secondo
una prima stesura del provvedimento, inoltre, sembrava
che sarebbe stato possibile fare delle distinzioni fra prime
e seconde case con riduzioni
per l’abitazione principale; in
questo senso si può forse intendere la decisione di molti
Comuni «turistici», di applicare aliquote più elevate.
Poche settimane or sono però
il Senato ha introdotto una
modifica per cui non vi sarebbero differenze fra abitazione
principale e secondarie; il
provvedimento non è ancora
definitivo ma in questo caso
si finirebbe ancora una volta
per penalizzare chi ha costruito, con sacrifici, la propria abitazione di residenza
rispetto a chi ha una casa per
vacanze.
La maggioranza degli amministratori locali hanno comunque applicato Elei con
poca convinzione, soprattutto
nella consapevolezza che ben
altra dovrebbe essere la tanto
agognata capacità impositiva
locale e che la attesa autonomia finanziaria non dovrebbe
di per se gravare ulteriormente sulle tasche dei cittadini.
Ogni amministrazione ha
dunque fatto i suoi calcoli,
ipotizzato possibili entrate in
base aU’Invim o all’Isi riscossa in passato e poi deciso. In
alcuni casi entreranno pochi
milioni (Prarostino 13-14 milioni, Rorà 6 milioni) in altri
qualcosa di più (Villar Perosa
90 milioni, Pinasca 105 milioni, Bricherasio 115 milioni, Torre Pellice 150 milioni),
in altri decisamente di più
(Luserna circa 1 miliardo).
Naturalmente si tratta di cifre
ipotizzate dalle amministrazioni, che necessiteranno di
conferme all’atto concreto dei
pagamenti e per le quali le
variazioni in bilancio sono
praticamente certe.
Queste comunque le aliquote nei principali Comuni
del Pinerolese.
Pinerolo, Torre Pellice,
Rorà, Villar Pellice, Villar
Perosa, San Secondo: 4 per
mille
Bricherasio: 4,5 per mille
Angrogna, Bibiana, Perosa Argentina, Pinasca, Pomaretto: 5 per mille
Porte, San Germano: 5,5
per mille
Bobbio Pellice, Inverso
Pinasca, Luserna San Giovanni, Ferrerò, Pramollo,
Prarostino, Frali, Massello:
6 per mille
8
PAG. Il
L’Eco Delle Valli Valdesi
VENERDÌ 16 APRILE 1993
Ricerca sui toponimi delle valli valdesi
Bo da Col
BO DA COL. Questa è la
grafia giusta di quell’alpeggio sulla strada che da Frali
porta al Colle d’Abriès, al
confine con la Francia.
Fu trascritto erroneamente
dai cartografi delFIgm (Istituto geografico militare), fin
dal secolo scorso, «Bout du
Col», falsandone il significato.
Infatti Bo da Col significa
«bosco del colle» (contrazione di «bosc» in «boc» e «bo»
nei suoi composti, nella parlata della vai Germanasca),
mentre «Bout du Col» vorrebbe forse indicare «l’estremità del colle» (di Abriès).
La traduzione italiana più
precisa avrebbe dovuto essere
«bosco del colle».
Bo da Col ricorda che anticamente questa località, ora
alpeggio, era un vasto bosco.
La trascrizione errata di
questo toponimo risale al secolo scorso, ed è stata ripresa
già nelle prime guide del Cai
Alpi Occidentali, primo volume, di Martelli e Vaccarone,
del 1889, e dalle successive
guide del Cai, fino alla più
recente, del 1982, sulle Alpi
Cozie Centrali. Lo stesso errore compie Bessone nel suo
libro sulla vai San Martino.
Invece viene scritto correttamente sul «guide des Vallées Vaudoises», nelle sue tre
edizioni del 1898,1907 e
1911, e sulla «guida della Val
Germanasca» del 1976 curata
da Davite e Genre, buoni conoscitori della parlata locale.
Ma facciamo un passo indietro e troviamo un antico
esempio della grafia corretta
nella carta del 1668 di Valerio Grasso: la «carta de le Tre
Valli di Piemonte» dove questo toponimo è trascritto correttamente come Bo de Col.
LAS ARA. Questo vasto
costone di circa due chilometri che mette in comunicazione Pramollo con Pomaretto,
Villasecca e Perrero, ha avuto
un ruolo importante nella storia militare delle Valli. Nel
1686 vi è transitato Catinat
per invadere Pramollo. Di qui
passarono anche i valdesi,
dopo la fuga dalla Balziglia,
per riconquistare la Ruà di
Pramollo.
Nel 1704, poi. La Feuillade
vi stabilì un campo per le sue
truppe, scavando anche delle
trincee.
Sono queste, assieme ad alcuni avvallamenti naturali,
che danno l’impressione da
lontano di essere alla presenza di un campo arato.
Di qui il nome Las Ara (i
solchi); questo nome è stato
scritto in varie grafie: Lazzarà. Lasará, La Sarra, l’Azzarà.
Già nel 1697 un documento, scritto in italiano, lo indica come «prato (...) in regione le Arate», evidente trascrizione fonetica del dialettale
Las Ara.
PIANO REGOLATORE: A CHE PUNTO? — Il preliminare del nuovo piano regolatore di Pinerolo è stato presentato alla popolazione nel corso di una riunione pubblica a
San Lazzaro martedì 13 aprile.
Nei prossimi giorni tornerà in commissione urbanistica per
passare poi all’esame del Consiglio comunale verso la fine
di aprile.
Il gruppo per l’Alternativa ha intanto diffuso un comunicato in cui si lamenta la scarsa informazione e lo scarso
coinvolgimento della popolazione suH’argomento.«Se esistono contrasti tra i gruppi della maggioranza, lo si dica
chiaramente, - incalza l’Alternativa - se invece questi
contrasti non ci sono perché si aspettano settimane e settimane per convocare la commissione urbanistica? (...) Non
accetteremo di andare all’approvazione del Prg in Consiglio comunale sotto la spada di Damocle dei tempi ristretti
ma vogliamo un confronto ampio e articolato con i cittadini».
È IL MOMENTO DEL GIARDINAGGIO — A conclusione del ciclo di serate di aggiornamento per agricoltori ed
hobbisti organizzato dalla Comunità montana vai Pellice,
il 16 aprile, alle 20, nella sala conferenze del Municipio di
Lusema San Giovanni, si terrà l’ultimo incontro, dedicato
al giardinaggio con la partecipazione della dott.ssa Re; al
termine verrà offerto un omaggio floreale a tutti gli intervenuti.
di Charbonnler geom. Enrico
Fiori e Piante ornamentali ^
Progettazione, costruzione
r e manutenzione giardini
Vendita diretta: via l'Maggio, 137 -Tel. (0121) 90.94.67 - Luserna S. Giovanni
Il 18 e 19 aprile gli italiani si recheranno alle urne per esprimersi sui quesiti
Referendum: due opinioni sul sì e sul no
Domenica 18 e lunedì 19
aprile saremo chiamati ad
esprimere il nostro voto su
otto (a meno di ulteriori eliminazioni) referendum abrogativi.
Le operazioni di voto inizieranno alle 7 di domenica
per concludersi alle 22; si
riapriranno alle 7 di lunedì
per concludersi definitivamente alle 14.
Un paio dei quesiti su cui
saremo sicuramente chiamati
a pronunciarci hanno per ragioni diverse un interesse non
indifferente nelle Valli: quello sul sistema elettorale al
Senato e quello sui controlli
ambientali da parte delle Ussl. Pubblichiamo su questi
due referendum le opinioni
personali di Gustavo Malan e
di Marco Rostan.
Referendum UssI «
Grande è ancora la confusione nelle nostre teste a pochi giorni dal voto sul referendum, anzi più che la confusione l’incertezza, perché
sui vari quesiti si ritrovano argomenti degni di considerazione sia sul fronte del sì che
in quello del no. Fra questi, ce
n’è uno che può avere un si
gnificato particolare in queste
valli, quello della scheda di
colore bianco, dove si chiede
di sottrarre ai «presidi multizonali di prevenzione» delle
Ussl le competenze per i controlli ambientali. Questi controlli erano stati attribuiti alle
Ussl dalla riforma sanitaria
del 1978 e hanno naturalmente seguito le vicende buone e
(soprattutto) cattive del Servizio sanitario nazionale. È cosa arcinota che quella riforma
è una buona legge ma che, in
questi anni, in troppi luoghi le
Ussl hanno fallito a causa della loro burocrazia e soprattutto perché i partiti le hanno ridotte a luogo di lottizzazione
anziché valorizzarne il ruolo
di servizio per i cittadini e per
il territorio. È anche vero, peraltro, che per le nostre valli e
per le due Comunità montane
le Ussl sono importanti, hanno avuto un ruolo significativo, anche se talora non hanno
saputo sottrarsi a certo andazzo nazionale.
Di fronte alla prospettiva di
accorpamento su Pinerolo o
Torino delle nostre Ussl la
popolazione ha protestato, e
altre critiche si sono espresse
sul recente decreto del governo Amato che stacca gli
ospedali dalle Ussl, trasformandoli in aziende che rischiano di essere considerate
valide solo in base a criteri di
efficienza e di redditività, e
non sulla base del servizio
messo a disposizione della
popolazione di zone come le
nostre. Sarebbe negativo togliere alle Ussl i controlli ambientali, perché significherebbe staccare l’aspetto
della prevenzione da quello
della cura delle malattie provocate da un ambiente nocivo
0 degradato.
È bene invece che questi
due aspetti rimangano collegati dallo stesso stesso ente:
tra l’altro se in questo referendum vincono i sì non si
avrebbe nell’immediato nessun miglioramento. Bisognerebbe infatti attendere la creazione di una nuova agenzia
per l’ambiente molto più efficace, secondo i promotori, sul
piano professionale e tecnologico di quanto non siano le
Ussl. Siamo scettici su questa
prospettiva e preferiamo far
funzionare meglio quello che
comunque esiste e che comunque ha una diretta conoscenza dei rispettivi territori.
Ci sia consentita anche una
nota di speranza: con tutto
La passione per il canto alle valli valdesi
Le canzoni della «veiha
»
PAOLA REVEL
«H;
o cominciato a cantare da piccolina: in casa mia si cantava spesso; la
sera, dopo cena, ci si riuniva
tutti intorno al tavolo, con
l’innario o i quaderni dove lo
zio scriveva le parole delle
canzoni che si conoscevano.
Anche a scuola si cantava
molto, specialmente gli inni.
Tutti i giorni avevamo circa
un’ora di canto. Quando uscivo da scuola, per tornare a casa passavo per una stradina
che costeggiava un prato: in
quel prato, seduta sotto un pero, stava una vecchietta cieca
che immancabilmente riconosceva il mio passo e mi chiamava. Allora cominciava a
cantare le decine di strofe che
componevano un’antica
“complainte” che raccontava
la storia di due innamorati
(...)».
«Anch’io ho cominciato a
cantare da bambina. Dato che
avevo paura a dormire da sola, i miei genitori mi mettevano a dormire nel letto della
nonna e lei, per farmi addormentare, cominciava a cantare
tutte le canzoni che conosceva. Più tardi, quando già grandicella ero ammessa alla
“veiha” nella stalla, ho imparato molte altre canzoni».
Come dimostrano queste interviste, raccolte anni fa da
Lantelme, che ha tenuto a Pomaretto una conferenza sul tema «Problemi aperti a proposito del repertorio di canzoni
valligiano», un tempo il canto
era legato alla vita di tutti i
giorni, era un momento didat
tico e di socializzazione. Lantelme, studioso e attento conoscitore delle problematiche
che concernono il canto popolare, un tipo di musica die valorizza tutto il materiale popolare, spesso di autori sconosciuti, in contrapposizione alla produzione di autori noti e
famosi.
Il patrimonio canoro della
nostra zona è vastissimo, costituito da molti repertori insieme, di provenienza e di
epoche diverse. Perché la gente di queste nostre valli, Germanasca e Chisone, conosce
così tante canzoni? Fino agli
anni ’60-’70 si pensava che i
motivi fondamentali fossero
due: l’isolamento geografico,
che porta la popolazione a
conservare più a lungo i propri valori; la condizione di
minoranza religiosa.
Tuttavia le guerre, lo spopolamento delle valli alpine,
l’industrializzazione, la modificazione del tessuto sociale,
l’introduzione della radio e
della televisione hanno nel
corso degli anni distrutto quel
sistema di vita in cui il cantare aveva la sua funzione specifica.
A questo punto ci si chiede
qual è il futuro delle nostre
canzoni. L’azione del «tramandare» non esiste più: non
c’è più la «veiha» nella stalla
0 il maestro di scuola che insegnava i cantici e le antiche
«complaintes». Non c’è nemmeno l’osteria dove si sentivano i canti profani di quel repertorio tipicamente «pagano» di canzoni da ballo o di
canzoni gioco.se e satiriche.
éeWOòJola
via Nazionale, 246 - Villar Perosa
Ponte di San Germano - Tel. (0121) 58.825
Chiuso il martedì
Possiamo allora fare cantare
i bambini, insegnare questi
canti popolari nelle scuole, riproporli per mezzo di gruppi
0 di corali, ma per capire ciò
che si canta bisogna prima riscoprire il retroterra culturale
della canzone stessa.
Lantelme ha dei dubbi sulla
validità del tramandare o riproporre la canzone popolare,
perché questo patrimonio sta
comunque morendo a poco a
poco. Ma non sarebbe bello
tentare di salvare almeno una
parte di questa tradizione orale? Magari incentivando gli
spettacoli di musica popolare
che riescono sempre ad attirare un grande pubblico?
E chissà che domani, come
sta succedendo per la danza
popolare, non si facciano degli «stage» per ricominciare a
cantare.
quello che sta succedendo nei
confronti dei politici e degli
amministratori, in futuro la
lottizzazione e l’invadenza
politica nelle Ussl non potranno diminuire; dunque alcune
conseguenze positive
dell’esplodere di tangentopoli
si avranno necessariamente
anche nelle Ussl: meno patteggiamenti politici e più efficienza. Ci sono dunque tre ragioni perché, almeno qui nelle valli, si voti no a questo referendum: non ridurre ulteriormente il ruolo di servizio
sul territorio delle Ussl, non
separare i controlli sull’ambiente dalla cura dei danni
che questo ambiente (dalle
acque al luogo di lavoro) provoca sulla salute; è possibile
far funzionare meglio ciò che
c’è anziché affidarsi ad una
cosa tutta da creare e sulla
quale non ci sono maggiori
garanzie di efficienza.
Marco Rostan
Luserna S. Giovanni
Quello sulle competenze in
materia ambientale delle Usi è
uno dei referendum che ha perso
molte delle sue valenze. Infatti è
stato approvato il decreto legislativo 502 ¡92 che ha assegnato
alle regioni la competenza nella
gestione dei presidi di igiene
ambientale. In sostanza, con
questo referendum si deve decidere se le competenze tecnicoscientifiche ambientali devono
essere tolte o meno al Servizio
sanitario nazionale. La gestione
dei presidi non è più delle Usi. Il
significato politico rimane però
quello indicato da Rostan (gg).
Sistema elettorale
Ogni tanto, di questi tempi,
si fanno dei richiami al Partito
d’Azione. Credo anch’io che
avevamo ragione e che abbiamo ancora o di nuovo qualcosa da dire. Adesso alcuni autorevoli ex azionisti aderiscono alla propaganda per il sì al
referendum Segni. Nel 1953
Unità Popolare, che credo sia
stato il più significativo erede
del Partito d’Azione, fu con
pochi altri l’ago della bilancia
che fece fallire il tentativo di
legge truffa maggioritaria di
De Gasperi. Non eravamo
preoccupati dalla tattica, ma
per la democrazia. Con lo
stesso spirito con cui abbiamo
fatto la Resistenza chiedo che
questo 18 aprile si voti no, cari amici lontani, democratici
stanchi.
Gustavo Malan
Torre Pellice
tutti i tipi di
carni
salami e
salcicce
di produzione
propria
MACELLERIA
MENUSAN
Via Saiuzzo 32 - tei. 0121/374521 - Rnerolo
9
venerdì 16 APRILE 1993
E Eco Delle Ymii Aàldesi
PAG. Ili
Un'indagine fra gli operatori dei servizi socio-assistenziali neH'ambito del Pinerolese
Un'importante alternativa al ricovero:
gli anziani e l'assistenza domiciliare
CAHMELINA MAURIZIO
Se è vero che nelle nostre
valli la popolazione anziana è in aumento e se svariati sono i modi in cui ci si
occupa dei problemi legati
alla terza età, soprattutto laddove la persona anziana non
è più autosufficiente, una risposta possibile e valutata
positivamente da tutti come
alternativa molto valida è
l’assistenza domiciliare.
Per capirne di più e conoscere da vicino come viene
erogata tale assistenza nelle
Valli abbiamo svolto un’indagine tra gli operatori sociali nelle tre diverse Ussl di
competenza oltre che presso
il Comune di Pinerolo.
Il quadro di insieme che ne
emerge è che nonostante i limiti, dovuti alla mancanza di
personale, ai tagli sulle spese,
all’impossibilità spesso di far
fronte alle richieste, l’assistenza domiciliare' è comunque un modo di dare all’anziano, soprattutto quando è
solo, una possibilità diversa
rispetto al ricovero in istituto;
è un modo, come tutti gli
operatori del settore confermano, per rispettare i tempi, i
ritmi e i desideri dei più vecchi e bisognosi. Vediamo allora come viene attuata l’assistenza domiciliare nelle
Valli zona per zona.
Valli Chisone e Germanasca
Ussl 42
Circa due mesi fa la giunta
esecutiva della Comunità
montana delle Valli Chisone
e Germanasca ha deliberato
le nuove modalità per l’assistenza domiciliare sul territorio. La delibera si rifà all’
esperienza maturata nel corso
di circa vent’anni, da quando
cioè esiste il servizio, ma anche alla legislazione regionale e nazionale, stabilendo
nuovi criteri per l’accesso al
servizio in modo da garantire
a quanti ne facciano richiesta
l’assistenza stessa ed evitare
il più possibile l’emarginazione e l’istituzionalizzazione.
L’assistenza domiciliare è
destinata, secondo la delibera
del febbraio 1993, a quanti,
residenti nel territorio della
Ussl 42, non sono in grado di
soddisfare alle esigenze personali e domestiche, ai portatori di handicap psicofisici e
ai nuclei familiari bisognosi
di assistenza^ come supporto
ai genitori. E compito delle
assistenti sociali valutare le
singole richieste in base a criteri che tengano conto del
reddito e della presenza o
meno di altre persone (vicini
o parenti ) disponibili a prendersi cura dell’anziano o del
bisognoso.
Al momento della presa in
carico di ciascuna situazione
vengono concordati i modi
dell’intervento dell’assistente
domiciliare e l’opportunità o
meno di un servizio integrato
con altri operatori del territorio (infermieri, medici), così
come viene espressamente
raccomandato nella delibera
già citata.
«Attualmente - spiegano le
assistenti sociali della Ussl
42 — siamo abbastanza soddisfatte di come stia funzionando il servizio, soprattutto
da quando con la nuova delibera sono stati chiariti alcuni
punti importanti, come i criteri per r accesso e le modalità operative del nostro servizio. Finora riusciamo a
evadere tutte le richieste che
ci vengono presentate, nonostante la vastità del territorio
sul quale operiamo e i casi di
persone isolate in borgate di
montagna clic rappresentano
SCHEDA
L'assistenza domiciliare in cifre
USSL 42
casi seguiti al 31 dicembre ’92; 36
operatori: 10-12 H-obiettore
criteri di accesso: reddito basso, assenza di altri aiuti, autosufficienza limitata
interventi integrati: sono previsti in base alla delibera 16
febbraio ’93 della Giunta esecutiva della Comunità
montana.
USSL 43
casi seguiti al 31 dicembre ’92: 28
operatori: 9 + obiettore
criteri di accesso; a discrezione del servizio di assistenza
sociale
interventi integrati: sono previsti per i casi più gravi gli
interventi di 4 infermieri professionali per il sabato e la
domenica.
COMUNE DI PINEROLO
casi seguiti al 31 dicembre ’92: 90
operatori: 9 + obiettore
criteri di accesso: reddito basso, solitudine/isolamento
interventi integrati: sta per partire un progetto pilota di integrazione con il servizio infermieristico della Ussl 44
ed è prevista l’introduzione del Telesoccorso.
USSL 44
operatori: 9 infermieri professionali
casi seguiti giornalmente: circa 30.
un dispendio di tempo notevole per i nostri operatori.»
Nel corso del 1992 sono
stati seguiti circa quaranta
casi, oltre ai nuclei residenti
nelle comunità alloggio, da
una decina di assistenti domiciliari con l’aiuto di un obiettore. Parte del personale fa
capo a una cooperativa di
servizi e parte è dipendente
dell’Ussl 42.
Tra le tre zone prese in
considerazione troviamo qui
l’unico caso in cui l’assistenza domiciliare segue anche
casi di famiglie bisognose di
supporto e casi di handicap,
anche se qui come altrove il
servizio è diretto principalmente agli anziani
Val Pellice Ussl 43
L’assistenza domiciliare
per i Comuni della vai Pellice
funziona dal 1972. Attualmente sono nove gli operatori che curano i Comuni di
Angrogna, Luserna, Lusernetta, Rorà, Bibiana, Torre
^Pellice e Villar Pellice, coadiuvati da un obiettore; nel
corso del ’92 sono state seguite circa trenta situazioni e
in particolare il servizio si è
occupato di anziani, in molti
casi persone che vivono isolate in montagna o anziani ai
limiti dell’ autosufficienza
che potevano essere seguiti e
curati rimanendo a casa.
«Nel passato - spiega Rossella Taglierò, assistente sociale a Torre Pellice - seguivamo anche famiglie bisognose e casi di salute mentale. Oggi l’organico a nostra
disposizione non ce lo consente più e non riusciamo neanche ad evadere tutte le richieste che ci vengono fatte.
Per esempio qui nel Comune
di Torre Pellice operano tre
assistenti mentre ne sarebbero necessari almeno cinque.
Così dobbiamo limitare il
servizio di assistenza domiciliare solo ai casi davvero disperati.».
Su questo territorio, oltre
alla cura e all’igiene personale e domestica della persona
presa in carico, funziona anche nell’ambito del servizio
di assistenza una mensa pubblica alla quale possono accedere coloro che sono seguiti pagando delle rette che variano in base al reddito (dal
pasto gratuito per coloro che
sono del tutto privi di reddito
a circa dieci mila lire per le
pensioni più alte). Funziona
anche un servizio di lavanderia in collaborazione con il
«Ciao» di Torre Pellice.
Il servizio mensa esiste anche nel territorio di Luserna
S. Giovanni grazie ad alcune
convenzioni con l’Asilo valdese e con l’opera Pro Senectute.
Durante il fine settimana,
quando il servizio di assi
stenza domiciliare non è attivo, operano infermieri professionali dipendenti dalla
Ussl per seguire i casi più
gravi.
Di solito poi l’anziano che
è stato seguito dal servizio ed
è costretto al ricovero ospedaliero o in istituto viene
ugualmente visitato quando
non ha familiari o altri che se
ne possano occupare.
Comune di Pinerolo
L’assistenza domiciliare su
questo territorio è erogata dal
servizio socio-sanitario del
Comune. Attualmente operano nove assistenti più un
obiettore, che lavorano esclusivamente sul territorio urbano in base alle segnalazioni
che pervengono agli assistenti sociali e vengono di volta
in volta esaminate. Nel 1992
sono state prese in carico circa novanta situazioni di anziani ultra sessantacinquenni.
«In genere - come spiega
l’assessore ai servizi sociali
Rostagno - si tratta di persone molto indigenti e soprattutto sole, che ci vengono segnalate dai vicini preoccupati. Per definire meglio i criteri di accesso al servizio e per
migliorarlo abbiamo in programma una delibera innovativa che dovrebbe essere
approvata tra non molto».
Anche su questo territorio
l’assistenza domiciliare esiste
dal 1972 e prevede, oltre alla
cura personale, anche il pasto
e la lavanderia.
«Per ora - dice ancora
l’assessore Rostagno - riusciamo ad evadere tutte le richieste che ci vengono fatte e
tuttavia se avessimo un organico più consistente potremmo seguire anche altri casi
bisognosi oltre agli anziani.
Abbiamo anche in programma rintroduzione del telesoccorso e sta per partire un
progetto pilota di servizio integrato con gli infermieri
della Ussl».
Oltre al servizio di assistenza domiciliare del Comune operano sul territorio della
Ussl 44 anche nove infermieri professionali che seguono
giornalmente circa 30 casi,
con somministrazione di farmaci e terapie varie; anche in
questo caso il servizio è ai limiti della sufficienza vista la
vastità del territorio e i tantissimi casi bisognosi.
F.C. Gestioni Immobiliari
VENDIAMO CHATILLON:
- Villa composta da due a
partamenti mq 110 e mqU
al rustico. Posizione domiInante
- fabbricato turistico composto da 10 appartamenti ristorante terreno mq 10.000
str. Torino 30 - Pino T.se
tele fax 011 840468
STRUTTURE ALBERGHIERE — Nella seduta del 9 marzo
il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato il progetto
di legge sulle norme per la realizzazione e il mantenimento
della destinazione d’uso delle strutture alberghiere e delle
altre strutture ricettive, come case per ferie, ostelli per la
gioventù, rifugi alpini, campeggi e villaggi turistici.
La legge contempla norme sulla localizzazione delle strutture, sia nelle aree agricole che in quelle destinate ad attività commerciali, residenziali, sportive o ricreative. I singo
. li Comuni decideranno invece la realizzazione di modifiche
interne, gli ampliamenti o eventuali migliorie necessarie.
Tra le norme, è prevista anche una sanzione pecuniaria da
20 milioni a un miliardo di lire per chi non rispetti l’impegno, regolato dalla legge, di mantenere la destinazione specifica d’uso ricettivo di queste strutture.
La speranza è che questa legge riesca ad incentivare il turismo alberghiero in Piemonte, che oggi è ancora molto scarso, a causa della mancanza di troppi posti letto, a vantaggio
della «seconda casa».
Tradizione tipicamente piemontese che suscita in qualcuno
il timore della trasformazione di un albergo in un ennesimo
residence di seconde case.
CONCORSO SUI DIRITTI DELL’INFANZIA — La giunta
regionale ha indetto un concorso sul tema «L’attuazione dei
diritti dell’infanzia», rivolto a enti locali singoli e associati,
organizzazioni di volontariato, associazioni, cooperative sociali, enti senza scopo di lucro, che dovranno presentare
progetti riguardanti la famiglia, la scuola e l’associazionismo.
Più precisamente, il bando è diviso in due sezioni: la prima
è riservata agli interventi per la promozione dei diritti
all’educazione e alla socializzazione dei minori; la seconda
privilegia interventi a favore dei diritti alla salute e alla protezione dei minori.
Scopo dell’iniziativa è favorire la prevenzione del disagio
dei bambini e degli adolescenti, il recupero dei minori a rischio di emarginazione e la qualificazione educativa delle
attività di tempo libero.
Saranno privilegiati i progetti che tengano conto dell’integrazione tra i vari enti locali con fine educativo, in vista di
una loro possibile estensione in altre zone del Piemonte.
I lavori dovranno essere presentati entro il 18 maggio 1993;
la proclamazione dei vincitori avverrà entro il 30 giugno. In
palio ci sono 200 milioni che saranno ripartiti tra gli enti locali vincitori in modo proporzionale sulla base del numero
di abitanti.
COSTITUITI I COMITATI PER I CAMPIONATI DI SCI
DEL ’97 — Il 30 marzo si sono costituiti il comitato d’onore, il comitato per i campionati di sci alpino del 1997 e il
comitato organizzatore dei campionati del mondo che si terranno dal 5 al 16 febbraio 1997 al Sestriere e in alta valle di
Susa. Compito dei comitati sarà l’organizzazione dell’evento sportivo con il miglioramento degli impianti sciistici e
delle infrastrutture dell’intera zona, costruendo nuovi alberghi e ristrutturando le strade, sempre nel rispetto dell’ambiente.
NIENTE ADDIZIONALI SU BENZINA E METANO PER
IL ’93 — Il progetto del nuovo bilancio del ’93 non prevede tasse addizionali sulla benzina e sul metano, rimandate
probabilmente al prossimo anno. La manovra finanziaria
del ’93 dovrebbe mettere a disposizione della regione circa
120 miliardi per fronteggiare la crisi occupazionale e produttiva del Piemonte. Inoltre la Regione non sembra più intenzionata ad erogare contributi a fondo perduto ai Comuni,
che dovranno rendere i prestiti, anche se a interesse zero o
particolarmente basso.
Nelle Chiese Valdesi
FRALI — L’assemblea di chiesa che discuterà la relazione
morale ed eleggerà i deputati alla Conferenza distrettuale e
al Sinodo si svolgerà domenica 18 aprile alle 10.
• La comunità si rallegra con Ivana e Danilo Peyrot, i nonni
e gli zii, per la nascita della piccola Ayla.
BOBBIO PELLICE — Giovedì 15 aprile l’Unione femminile
visiterà la casa di riposo Miramonti di Villar Pellice.
• Domenica 18 aprile, alle 14,30, nella sala unionista,
l’Unione femminile incontra i neoconfermati e le loro famiglie.
SAN GERMANO — Giovedì 22 aprile, alle 15, culto e commemorazione del centenario della posa della prima pietra
del vecchio Asilo dei vecchi. In serata, alle 20,30 presso le
vecchie scuole, il past. Taccia parlerà su La persona umana: il centro della diaconia della chiesa.
VILLAR PELLICE — Domenica 18 aprile, alle 14,30 nella
sala del teatro, l’Unione femminile offre un ricevimento per
i neoconfermati.
TORRE PELLICE — Domenica 18 aprile, alle 15,30, nel locale delle Assemblee di Dio in via G. Piemontese, proseguono gli incontri di preghiera organizzati dalle chiese
evangeliche del paese.
PINEROLO — Domenica 18 aprile alle 10, nel tempio, dopo
il culto, si terrà Fassemblea di chiesa con reiezione dei delegati alla Conferenza distrettuale e dei deputati al Sinodo.
lagenerale.
co<
SERVIZI DI PULIZIA E REFEZIONE
RISTORANTE DEI CACCIATORI
10060 POMARETTO - via C. Alberto, 83
TEL. (0121) 81.245
ALBERGO RISTORANTE GRAN TRUC
10060 RUATA DI PRAMOLLO
TEL. (0121)58.684
10
PAG. IV
E Eco Delle %lli VAi.n>F.s¡
VENERDÌ 16 APRILE 1993
Intervista a Roby Boulard, guida alpina e gestore del rifugio Jervis al Fra
Le nuove opportunità di lavoro offerte
dalla montagna in estate e in inverno
PIEBVALDO ROSTAW
La montagna offre sempre
più frequentemente nuove opportunità di lavoro; la
fruizione dell’ambiente, l’accoglienza turistica, determinati sport, possono essere attività anche remunerative; quasi sempre però si^ tratta di lavori stagionali. È allora che
occorre inventare qualcosa
per la stagione di «bassa»;
l’integrazione fra attività diverse è comunque assai diffusa nelle nostre vallate: si va
da chi fa il maestro di sci in
inverno e il minatore o l’artigiano edile d’estate, a chi
esercita l’attività di guida alpina d’inverno e d’estate gestisce un rifugio alpino. È il
caso, quest’ultimo, di Roby
Boulard; gestore del rifugio
Jervis del Fra, in alta vai Pellice.
«In questi 13 anni di mia
attività al Jenns c’è stata una
grossa evoluzione; soprattutto per l'affluenza generale
della gente in montagna. Fra
le caratteristiche che ci hanno consentito un buon sviluppo è la relativa vicinanza con
Torino e soprattutto la facilità di avviare un contatto con
la montagna con passeggiate
alla portata di tutti. La conca
si presta poi molto a periodi
organizzati con ragazzini e
sono in effetti ormai molti i
gruppi di giovani che trascorrono da noi un periodo».
Se è vero che l’attività ricettiva del rifugio è ancora
stagionale, è anche vero che
ormai il periodo in cui il Jervis è aperto si è decisamente
allungato...
«Direi che il fatto che io sia
anche guida alpina ha favorito una serie di nuove iniziative intorno al rifugio e alla
conca: si è cominciato a promuovere attività sulle cascate
di ghiaccio, lo sci alpinismo e
lo sci di fondo escursionistico
erano, da noi, appena all’inizio. Così abbiamo cominciato
ad organizzare incontri e stage s; si è visto che, per le cascate di ghiaccio, la vai Pellice offre ottime possibilità».
Ma al Fra ci si va anche
molto nella mezza stagione,
alla semplice ricerca di un
polmone verde nel fine settimana...
«Effettivamente è così; la
In arrampicata sulla cascata di ghiaccio
voglia di turismo tranquillo,
facilmente accessibile e a
contatto con una natura molto ricca va continuamente
crescendo e il Fra ne ha risentito positivamente. La
clientela più diffusa è quella
di persone che amano la
montagna e che ne conoscono
già, almeno in parte, i valori.
Nei fine settimana l’afflusso è
sicuramente notevole».
La collocazione del Fra nella catena alpina fa sì che i
fruitori del rifugio siano anche stranieri?
«Sicuramente d’estate ven
gono da noi molti francesi:
anche per lo sci alpinismo, la
parte maggiore della clientela arriva dalla Francia.
D’estate, specialmente a luglio, abbiamo una notevole
presenza d’Oltralpe ; siamo
inseriti in numerosi percorsi
a cavallo delle Alpi e abbiamo ottimi rapporti con i rifugi
e posti tappa francesi. In questo modo riusciamo a garantire al turista anche un pacchetto interessante e sicuro,
questo sia a livello dì vai Pellice che in collaborazione con
i rifugi francesi».
Tutte queste attività significano anche lavoro; quante
persone ruotano attorno al
Jervis?
«Nel periodo estivo a volte
siamo anche in sei o sette a
lavorare; questo naturalmente vale per agosto e alcuni fine settimana. Ulteriori iniziative potrebbero consentire
margini di ampliamento del
tempo lavoro».
A questo proposito, viene
da chiedersi se vi sia un tipo
di rapporto anche con i pastori presenti in conca, sia per
l’approvvigionamento di prodotti, sia per una collaborazione didattica verso i gruppi
di ragazzi che salgono al Fra.
«E ben vero che per determinate realtà giovanili il vedere il mondo del lavoro
agricolo in montagna rappresenta un’opportunità unica e in questo senso c’è
un’ampia disponibilità da
parte dei pastori; per quanto
riguarda i prodotti tipici della zona devo aggiungere che
anche per noi V offrire alla
clientela i formaggi locali diventa un elemento di valorizzazione dell’ immagine del rifugio».
Intervista a Renato Pizzardi, membro del gruppo «La gruccia)
Alla scoperta dell'opera buffa
_______ALBERTO COBSANI________
V
E il 1746: all’Hòtel de
Bourgogne va in scena
La serva padrona, intermezzo di Giovanni Battista Fergolesi destinato a far tirare il
fiato agli spettatori delle imponenti «opere serie» dell’
epoca.
Una vicenda semplice (la
cameriera di un nobile, che
riesce con uno stratagemma a
farsi sposare), che richiede
due cantanti protagonisti più
un mimo, e un organico strumentale di una decina di persone, compreso il direttore e
il maestro al cembalo per accompagnare i «recitativi».
Un gruppo di recente formazione, La gruccia, ha rap
Geom OSVALDO MARTIRI
IMMOBILIARE sas
COMPRAVENDITA DIRETTA CASE
RUSTICI - CASCINE - VILLE - TERRENI
DILAZIONI DI PAGAMENTO
• ALTAVILLA - Casa padronale
su due piani per un totale di 9
locali, cantina, stalla, fienile,
portico, terreno L. 165.000.000
• MONCALVO - Cascina da ristrutturare composta da 8 locali su due piani, stalla, portico
fieline, 11.000 mq di terreno.
L. 135.000.000
• VIGNALE - Casa abitabile su
tre piani con N.7 iocali, cantina,
garage, terreno e riscaldamento. L. 155.000.000
• GRANA - Casa indipendente
6 locali, bagno, garage, portico, fienile, stalla e terreno.
LI 05.000.000
• CASORZO - Casa abitabile
con 9 locali, cortile, portico, garage ed orto. L. 125.000.000
IMMOBILIARE
OTTIGLIO
TEL. 0142/921428
0142/921316
presentato a Torre Fellice, nel
mese di febbraio, questa piccola opera. Ne parliamo con
Renato Fizzardi, giovane musicista torrese, che nell’allestimento ha avuto il ruolo di
maestro al cembalo.
«L’idea è nata quasi per
caso - spiega - nel preparare
con Claudio Morbo (il direttore, ndr) un concerto cameristico nel Salone opera
gioventù ci siamo resi conto
che il piccolo palco e la natura della sala erano adatte
proprio a un allestimento di
questo tipo.
Frattanto alcuni giovani
musicisti, legati in buona
parte all'istituto musicale
“Corelli”, partecipavano in
Spagna all’allestimento del
Barbiere di Siviglia. Con alcuni di loro, e con altri professionisti consolidati, che
avrebbero interpretato i ruoli
principali, ma anche quelli
degli scenografi, abbiamo
lanciato l’idea, e l’abbiamo
realizzata portando in tre serate quasi 800 persone a vedere un’opera».
Come avete vissuto questa
esperienza?
«Fra noi c’erano, come
detto, giovani strumentisti,
ma anche i due cantanti che
hanno una solida carriera
avviata, con lavori anche in
Rai; altri lavorano abitualmente per il Teatro Stabile di
Torino; ma la dimensione lidotta del nostro lavoro ci ha
permesso di vivere da vicino
tutte le fasi dell’allestimento:
non solo suonare e recitare,
ma all’ occorrenza tirar su le
maniche, battere chiodi, cucire abiti..., col risultato di riscoprire una dimensione quasi artigianale del teatro musicale, senza rinunciare alla
professionalità».
Una professionalità che ha
dato i suoi frutti..., ora che
progetti avete per il futuro?
«Saremo prossimamente al
teatro Alfa di Torino, e abbiamo altre richieste per Novara. Qui a Torre Pellice abbiamo avuto un’ottima risposta, l’ambiente lo favoriva, e
c’è stata la concomitanza del
decennale dell’Associazione
volontari ospedalieri: a questa attività abbiamo destinato
i fondi raccolti.
Il futuro del gruppo, come
associazione culturale, è legato alla possibilità di allestire altri spettacoli di questo
genere, l’opera buffa del
'700; la difficoltà sta nel trovare delle opere che non richiedano organici troppo ampi, perché questo avrebbe dei
costi che non potremmo sostenere...».
I
F.C. Gestioni Immobiliari
VENDIAMO CERVINIA:
- Hotel ristorante centrale |
avviatissimo
- Cediamo attività commerciale tutte le tabelle
VENDIAMO AOSTA:
- Villa da ultimare su due |
piani
str. Torino 30 - Pino T.se
tele fax 011 840468
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondavi
Spedizione in abb. post.
Gr 2A/70
Per la pubblicità
su questo giornale:
Servizi Editoriali s.a.s.
tei. 0121-32.36.38
Giovedì 15 aprile — PINEROLO: alle 21, presso l’auditorium di corso Piave, si tiene un
incontro con Luigi Ciotti sul tema Emarginazione. La serata fa
parte del ciclo di manifestazioni
«La società incivile» promosso
dall’assessorato alla Cultura di
Pinerolo.
Sabato 17 aprile — TORRE
PELLICE: alle 21, nel tempio
valdese, in occasione della 3°
rassegna dei Cori torresi, concerto della Corale valdese di
Torre Pellice, la Schola cantorum San Martino di Torre Pellice, il Coro alpino vai Pellice, il
Coretto valdese di Tone Pellice
e la Badia corale vai Chisone.
L’ingresso è libero; eventuali offerte saranno devolute alle case
di riposo valligiano e all’Ospedale valdese.
Martedì 20 aprile — TORRE PELLICE: alle 20,45, nella
biblioteca della Casa valdese in
via Beckwith 2, si terrà un incontro con Angelo Del Boca sul tema Somalia: quale passato,
quale futuro’.'. L’incontro con
l’autore del libro «Una .sconfitta
dell’intelligenza. Italia e Somalia» è organizzato dall’Associazione per la pace-vai Pellice, dal
Centro culturale valdese e da Radio Beckwith.
Venerdì 23 aprile — SAN
GERMANO CHISONE: alle
20,45 nel tempio valdese concerto del coro Bric Boucle e presentazione dell’iniziativa II Riparo.
Sabato 24 aprile — TORRE
PELLICE: La Coop, Cooperativa operaia di consumo, terrà la
sua assemblea generale ordinaria annuale alle 21, nei locali di
via Roma 7. L’ordine del giorno
prevede le modifiche allo statuto
sociale e l’esame e l’approvazione del bilancio 1992.
Sabato 24 aprile — TORRE
PELLICE: alle 21, al salone
«Opera gioventù» in via al Forte
3, la compagnia teatrale La Trebisonda di Candiolo presenta
Gioia mia, commedia in tre atti
di Claudio Nicola. Lo spettacolo
fa parte della II Rassegna teatrale
in vai Pellice.
Sabato 24 aprile — TORRE
PEI,LICE: Alle ore 15, oresso
la Foresteria valdese, inizia un
incontro promosso dal Coordinamento iniziative culturali. All’ordine del giorno una presentazione del coordinamento e l’analisi
in gruppi de: La Beidana, L’Eco
delie valli. Radio Beckwith, presentati dai rispettivi responsabili.
Cinema
TORRE PELLICE — Il ci
nenia Trento ha in programma
per venerdì 16 aprile alle 21,15
Giocando nei campi del Signore, drammatico. Usa ’92; sabato
alle 20 e 22,10 II danno di Louis
Malie, Francia ’92; domenica alle 16, 18, 20, 22,10 e lunedì alle
21,15 Trauma di Dario Argento.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma da domenica a giovedì Sommersby; domenica alle 15, 17, 19, 21 e gli
altri giorni alle 21.
USSL42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto
tei. 81154.
DOMENICA 11 APRILE
Villar Perosa: Farmacia De
Paoli - Via Nazionale 29, tei
51017
LUNEDÌ 12 APRILE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58766
Fenestreiie: Farmacia Grippo
- Via Umberto I 1, tei. 83904
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 11 APRILE
Villar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
LUNEDÌ 12 APRILE
Luserna San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via F. Blando 4 - (Luserna Alta), tei.
900223
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Economici
ANTICHITÀ, mobili, oggetti
vari privato acquista. Telefonare 0121/78409 ore pasti.
VALLI VALDESI - Pomaretto.
Agriturismo: ristoro e pensione. Tel. 0121-82018.
CERCASI CASA possibilmente
in Torre Pellice, in casetta o
villetta singola, con due alloggetti reali o realizzabili rispettivamente di 2 camere +
servizi e di 3 camere -i- serv.
-I- un box auto. Un po’ di
giardino e in posizione non
troppo isolata, anche parte di
casa o villa più grande. Acquisto o affitto (purché senza
condizioni); ottime referenze
e/o cauzioni.
Nel caso di proposta di vendita offriamo in permuta il
nostro alloggio. Non è cosa
urgentissima ma gradiremmo
concluderla entro la primavera. Telefono 011-4474972.
SOCCORSO STRADALE
OFFICINA
TEL. (0121)73.868 -21.160
NOTT. e FESTIVO
TEL. (0121) 71.984
SERVIZIO 24 ORE SU 24
MONATVALDO
OFFICINA AUTORIPARAZIONI
ELETTRAUTO - TESTER MOTORI
ASSETTO RUOTE ELETTRONICO
PINEROLO - Via San Pietro, 44 - Tei. 0121/73.868 - 21.160
11
venerdì 16 APRILE 1993
PAG. 7 RIFORMA
m
Federazione delle chiese evangeliche in Puglia e Lucania
Il Mezzogiorno non è solo
un problema di criminalità
_______FRANCO FERRARA________
La società civile pugliese
si è messa in movimento
per dare una risposta non violenta all’invadenza della
criminalità mafiosa. A Terlizzi, il 20-21 febbraio, si è
svolto un seminario promosso
e finanziato dai gruppi di
volontariato, dalle associazioni pacifiste, dalla Federazione
delle chiese evangeliche di
Puglia e Lucania, da gruppi
di impegno per la riforma
della politica.
L’analisi del fenomeno è
stata avviata dal prof. P. Fantozzi, docente di Sociologia
politica all’Università di Cosenza, che ha dato una lettura
tesa a ribaltare gli schemi relativi al fenomeno criminale.
Vi è un’abitudine a argomentare sui problemi di mafia, delinquenzialità diffusa e
criminalità organizzata avendo come riferimento Sicilia,
Calabria, Campania e ultimamente anche la Puglia. Ma gli
aspetti causali circa la diffusione dell’attività criminale
non possono più essere ricercati solo in ambiti ristretti;
essi riguardano, invece, sempre di più tendenze e processi
sovranazionali.
Specie nelle realtà urbane
la marginalità sociale tende
sempre più meccanicamente a
trasformarsi in realtà delinquenziale. Ciò significa
che il modello di modernizzazione prodotto dallo stato nel
Meridione, attuato sia con
l’industrializzazione sia con
la militarizzazione del territorio, si è rivelato debole e
fuorviarne, in quanto ha prodotto assistenza e non sviluppo.
Secondo Fantozzi sia l’industrializzazione che il ripristino della legalità (attraverso
un uso più repressivo delle
leggi) non risolvono il complesso problema, in quanto
«l’identificazione non nasce
dalla legge ma dalla carità,
dalla solidarietà, dalla testi
monianza, dal radicamento
nel sociale. È la strada attualmente seguita dai gruppi
di volontariato, dai pacifisti e
dai nonviolenti che agiscono
accanto ai ceti più poveri ed
emarginati mentre i partiti
hanno perso la loro identità
sociale, cioè non rappresentano più parti sociali ben
identificate».
Raffaele Gorgoni, redattore
della Rai in Puglia, ha esposto la situazione della mafia
in questa regione. «32 cosche
per 2.500 affiliati. La mafia
nasce sotto forma di gangsterismo urbano e si .sviluppa in
progressione, facendo uso
anche di “know-how” esogeni, verso una trasformazione
violenta del territorio e della
comunità». I tasselli da approfondire per realizzare il
«mosaico» del fenomeno sono, per Gorgoni, una riflessione sul welfare state così
come si è sviluppato nelle diverse zone pugliesi; lo sviluppo del mercato creditizio; la
debolezza del ceto imprenditoriale pugliese (composto in
prevalenza da appaltatori); i
rapporti della criminalità con
la ex Jugoslavia fin dall’89
(di cui parla un grosso pentito
della «sacra corona unita»);
le biografie dei criminali pugliesi (dagli atti giudiziari del
processo alla Scu risulta che i
134 imputati provengono dalla piccola borghesia artigiana;
emarginati dai processi di redistribuzione delle risorse e
di autopropulsione, hanno
«investito» le loro capacità
imprenditoriali nel crimine
organizzato).
Giovanni Carofiglio, sostituto procuratore al Tribunale
di Foggia, si è soffermato
sull’inefficienza della politica
dei poteri istituzionali: «Il
consenso è generato dalla effettività del potere esercitato
(legittimazione del potere) ha detto -. Se una regolazione sociale non viene organizzata e diretta dallo stato
verrà guidata dal potere cri
minale».
Nelle conclusioni dell’intervento, ricco di dati e riferimenti a supporto della sua
tesi, il magistrato ha sottolineato che «le risposte istituzionali passano attraverso
una riappropriazione della
credibilità da parte dello stato (difesa del diritto) raggiungibile non solo per mezzo
di un ricupero di efficienza
degli uffici giudiziari, ma andando a incidere su un modello perverso di sviluppo
che in questo decennio ha visto emergere la criminalità
organizzata come unico “garante" della sopravvivenza
delle classi marginali».
Quattro gruppi hanno approfondito i temi secondo
ottiche sociale, politica, economica, culturale (affrontando anche la questione dei minori), al fine di progettare una
«resistenza civile» e realizzare un’autentica democrazia
nel territorio pugliese.
Il giorno successivo i gruppi hanno esposto i loro approfondimenti, ripresi poi
nella sintesi conclusiva dal
sociologo Amato Lamberti,
consigliere comunale Verde a
Napoli. Per lui sarà necessario concentrarsi sulle radici
sociali della questione meridionale: il Mezzogiorno non
è solo un problema di criminalità; urge definire un’ipotesi per una risposta sociale
nonviolenta alla mafia.
Lamberti ne ha descritto un
modello teorico e pratico: «Il
retroterra culturale deve essere la riflessione sulla questione sociale perché la lotta
alla mafia è lotta per l’affermazione della costruzione del
welfare, e quindi della democrazia. Così la grande .sfida
risiede nella progettualità
contestuale dei gruppi di volontariato e nel recupero, da
parte della scuola, della sua
funzione di comunità educante (cioè luogo di socializzazione)».
Una manifestazione antimafia a Paiermo
Convegno di studio ecumenico a Castellamare
La nonviolenza contro le mafie
MIMMO GUARAGNA
Proprio uno strano convegno sulla mafia, se non si
fanno i nomi, neanche di sfuggita, di Falcone e Borsellino.
Ma allora di che hanno discusso? Di mafia, appunto.
L’unico modo per riflettere,
per produrre teoria, per evitare
adiposa retorica e liberarsi di
tanti luoghi comuni è chiedersi che cosa è la mafia, dov’è,
come agisce.
Le due relazioni introduttive
non soltanto non hanno mai
fatto appellò ai poteri dello
stato per vincere la mafia, ma
hanno messo sotto accusa lo
stesso stato. E la cosa più bella è che i duecento e più partecipanti erano in sintonia con
questa impostazione e hanno
dato man forte nel proporre
un’analisi certamente piena di
novità, ma soprattutto che ha
il coraggio di andare controcorrente.
Ma chi era questa banda di
pazzi, di estremisti, di sovversivi pericolosi? C’erano
preti, suore, obiettori di coscienza, insegnanti, giovani.
Stiamo parlando del convegno
«Mafie e nonviolenza», organizzato il 20 e 21 marzo a Castellammare di Stabia dalla
Caritas, Cnca, Movi, Mir e
Le ripercussioni del nuovo modello di difesa sull'economia
Comprano le armi e chiudono le fabbriche
FRANCESCO PETROSILLO
Eravamo più di trecento
persone, lunedì 22 marzo
nell’aula magna dell’Itis Righi di Taranto, dove si è tenuto un convegno-dibattito
dal titolo provocatorio:
«Comprano le armi, chiudono
le fabbriche: Taranto e il nuovo modello di difesa», organizzato da diverse associazioni per la pace pugliesi e
dalla Fgei di Puglia e Lucania.
Dalle relazioni di alcuni
parlamentari intervenuti si è
potuto subito capire il perché
di questo titolo provocatorio:
la marina militare ha allo studio la realizzazione di una
nuova portaerei (la gemella
della Garibaldi) che verrà a
costare circa 2.000 miliardi; a
Taranto, nel frattempo, si sta
costruendo una nuova base
navale che non dà occupazione alla gente del posto.
Taranto è in ginocchio;
chiudono le fabbriche, migliaia sono i licenziamenti.
Qui ognuno di noi ha almeno
un parente in cassa integrazione. Ma, nonostante tutto, il
governo parla di aumentare le
spese militari.
Taranto sta vivendo un momento durissimo di crisi che
l’ha condotta a diventare una
delle città a più alto rischio
mafioso.
Si vive in un clima di emergenza sociale. Una città
«sgarrupata», le cui amministrazioni non sono riuscite a
completare i lavori per la villa
Peripato e il Lungomare, due
bellezze cittadine ora in stato
di abbandono.
In questo contesto esiste
r«attesa» di un progetto che
salvi Taranto. E anche l’idea
di costruire una nuova base
navale nel Mar Grande può
far facilmente presa. La nuova base navale a Taranto in
passato (nonostante la forte
opposizione pacifista) ha fatto
presa generando consensi e
complicità politiche.
Nuova base navale Nato,
quindi fondi Nato, quindi occupazione. Queste deduzioni
si sono rivelate illusioni.
E le illusioni sono cadute,
almeno nella classe operaia
tarantina. Infatti 600 lavoratori metalmeccanici delle azien
de dell’indotto dell’arsenale
M. M. sono adesso in cassa
integrazione e non percepiscono una lira. Sono sfilati recentemente in corteo, hanno
gridato la loro rabbia.
Come mai la nuova base
navale non ha avuto una ricaduta occupazionale sulla
città? Gli appalti sono andati
a ditte del centro-nord, i subappalti locali sono stati irrisori; non bisogna più pensare alla base navale come ad una
cuccagna, come avveniva cinque anni fa.
Piovono accuse anche sui
sindacati, imputati di aver
agito in modo miope: hanno
creduto, da ingenui, che i fondi Nato portassero occupazione.
Questi dirigenti sindacali
non si sono resi conto che
proprio la realizzazione della
nuova base navale avrebbe
decretato tagli al settore dei
lavoratori civili dell’Arsenale
e dell’indotto, come è avvenuto.
Le associazioni promotrici
di questo convegno hanno
puntato in alto. E nata un’
«agenzia di coordinamento».
che ha la funzione di «allertare» i parlamentari ogni volta
che sia necessario, per contrastare i processi in corso.
Un’agenzia che serva anche
ad informare meglio i parlamentari e a creare una «banca
dati» sulla militarizzazione
della Puglia.
Attualmente infatti le interrogazioni da parte dei parlamentari pacifisti pugliesi sono
disperse, come pure le informazioni di cui avrebbero bisogno sia i parlamentari che i
pacifisti per tenere costantemente aggiornato il quadro
dei processi in atto.
Il convegno ha preso spunto
da Taranto ma ha rivolto la
sua attenzione alla più generale militarizzazione pugliese in
atto.
Le ragioni non mancano:
una parte degli F-16 saranno
rischierati a Gioia del Colle,
mentre un’e.sercitazione Nato
coinvolgerà la Puglia nel
prossimo mese di maggio.
Da che cosa la Nato debba
difendere i pugliesi non è
chiaro: siamo già assediati
dalla mafia; esiste qualcosa di
più pericoloso?
Pax Christi (La Ecei ha aderito).
Se consideriamo la mafia un
male in un organismo nel
complesso sano, allora necessariamente la risposta sarà affidata allo stato e prevarrà il
momento repressivo. Ma il
convegno ha giudicato questa
impostazione riduttiva e fuorviante. In alternativa è stato
affermato: «Il fenomeno criminale è una delle forme
strutturali dell’evoluzione del
sistema capitalista» (così si
esprime testualmente la relazione di Piero Fantozzi).
Già immagino i nasi arricciati e i gesti di insofferenza
che non sopportano questi slogan stantii. Sì, però questo linguaggio ammuffito viene fuori
da centinaia di esperienze sul
campo. Questa ideologia che
sa tanto di tanfo nei salotti delle varie sinistre perbene è prodotta da chi lavora nelle carceri, nelle periferie disumane, nei
paesi dell’Aspromonte; queste
cose le pensa gente che parlando non rischia solo una brutta
figura, ma qualcosa di più.
Combattere la mafia con la
polizia e i carabinieri è come
curare la broncopolmonite con
le caramelle alla menta; alla
fine ci rimedi anche i denti cariati. La spiegazione è semplice; la mafia è anche e soprattutto consenso che si procura
con l’occupazione del territorio; più reprimi e più produci
mafiosi, senza contare le
sofferenze a chi mafioso non
è. Ma c’è dell’altro: perché
mandare l’esercito nelle regioni del sud se il cervello della
mafia sta nel sistema finanziario italiano e internazionale? Il
giudice Di Lello, intervenendo, si è posto questa domanda:
«Ormai, grazie ai pentiti e alle
investigazioni, abbiamo la
mappa completa di Cosa Nostra, ma perché non sappiamo
nulla del suo danaro?».
Il convegno, proprio criticando l’azione dello stato, ha
formulato delle risposte propositive. La premessa è che
vanno rimosse le ingiustizie
sociali, mentre il sistema di
potere le accentua. Si tratta di
togliere alla mafia il terreno
su cui cresce e l’acqua in cui
nuota, e ciò è possibile con
metodi non violenti. Una mozione ha rivendicato che i beni
confiscati siano affidati alla
collettività sotto forma di servizi.
Minervini nella sua relazione ha proposto varie forme di
boicottaggio al potere mafioso, lavorando contemporaneamente al recupero del mafioso come persona attraverso
la conversione. Luigi Ciotti ha
suggerito di prestare molta attenzione alle famiglie dei mafiosi, soprattutto ai figli. Tonino Drago ha proposto il servizio civile generalizzato che sia
una specie di forza di interposizione nonviolenta.
Ed è qui che emerge la novità più interessante del convegno, la sua matrice cristiana: la scelta di stare dalla parte delle vittime, ma anche dei
carnefici, per convertirli.
I lavori sono stati conclusi
con l’intervento di Giuliana
Martirani che ha letto una lettera immaginaria della mamma, della figlia, della moglie,
della sorella del mafioso; viene espresso tutto il disprezzo
per i suoi atti, ma anche tutto
l’amore, invitandolo a cambiare vita. «Si tratta di riprendere il senso biblico fortissimo di parlare al cuore; di ritornare all’etica della responsabilità». L’appello alla conversione, appunto.
Siamo nel campo della pura
utopia? Del resto era pieno di
utopia anche il messaggio che
ha aperto il convegno, inviato
da Tonino Bello, vescovo di
Molfetta: «L’età degli schiavi
è finita. La stagione degli uomini liberi è già cominciata.
Occorre organizzare la speranza per entrare nell’età degli
amici».
Utopia? Preferiamo chiamarla profezia e testimonianza, non fosse altro perché queste parole le troviamo nella
Bibbia.
RICERCA DI PERSONALE
La Comunità alloggio per minori di via Angrogna a Torre
Penice, in vista di eventuali future sostituzioni ricerca
educatori/trici
Requisiti richiesti:
- cittadinanza italiana;
- diploma di educatore specializzato o diploma di scuola media superiore con almeno due anni di attività lavorativa o formativa comprovati da certificati.
Inquadramento al V livello professionale.
Le domande dovranno pervenire entro e non oltre il 19 aprile 1993 alla sede della Comunità alloggio per minori, via
Angrogna 18,10066 Torre Pellke (To). ^
Per informazioni telefonare al numero 0121/91237
12
PAG. 8 RIFORMA
Venezia: le iniziative del progetto culturale «Icaro» per studiare il problema
Il razzismo e Pantisemitismo: storia
della paura dell'altro e dell'intolleranza
BOBEBTA COLONNA ROMANO
Il progetto Icaro, progetto
culturale contro il razzismo
a cui si associano numerosi
enti e associazioni fra cui la
comunità ebraica di Venezia,
la Chiesa valdese, la Chiesa
luterana, la rivista Esodo e
una associazione di immigrati, ha proposto due incontri,
dal titolo Fuori dal razzismo,
il 27 e 28 febbraio presso due
centri di quartiere a Venezia.
Alla prima tavola rotonda
hanno partecipato il prof. Camaiani, docente di storia; G.
Bettin, sociologo; L. Semi,
psicanalista, la prof. Picchio,
docente di Diritto intemazionale, moderatore il giornalista e scrittore Riccardo Calimani.
Il tema era l’antisemitismo,
da vari punti di vista. Il prof.
Camaiani ha fatto una distinzione fra antigiudaismo, soprattutto su base religiosa,
che mirava alla conversione
al cristianesimo degli ebrei, e
antisemitismo, che perseguitava e perseguita gli ebrei in
quanto tali.
Nel Medioevo, ha affermato, c’è stata una certa tolleranza finché ha prevalso il diritto romano, ma un primo
cambiamento si è prodotto
con le crociate, quando i crociati uccidevano ebrei e musulmani; ma la svolta più notevole si verificò con le epidemie di peste nera del XIV
secolo, durante le quali si
cercarono dei capri espiatori.
Gli ebrei furono accusati di
spargere il contagio e si mirò
alla loro eliminazione, senza
che la loro eventuale conversione valesse più a salvarli.
Fu allora che si iniziò a
parlare di «ebreo malvagio in
sé», e che iniziò la diffusione
di pregiudizi che portarono a
accuse di infanticidi rituali e
di profanazione dell’ostia. Di
quest’ultima rimangono testimonianze anche nella storia
dell’arte, per esempio nei dipinti di Paolo Uccello conservati a Urbino.
Un’ulteriore recrudescenza
di persecuzioni e pregiudizi
ebbe origine in seguito all’instaurarsi delle monarchie nazionali, specie in Spagna: si
cercava l’uniformità della nazione, uniformità religiosa e
razziale. Ecco quindi la cacciata dei mori da Granada,
l’espulsione degli ebrei nel
1492 (forse la spedizione di
Donne turche immigrate in Germania: ia ricerca deii’integrazione è un probiema quotidiano
Colombo fu finanziata anche
con i beni loro confiscati), la
ricerca della purezza del sangue, il controllo continuo sugli ebrei convertiti, sempre
sospettati.
Bettin è partito da alcuni
fatti di cronaca e da particolari registrati nella quotidianità. È preoccupante il fatto
che una lettera al Gazzettino,
giornale locale, sulla presunta
falsità dell’esistenza dei lager
nazisti, non abbia trovato eco
nei lettori.
Invitato in una scuola superiore del Vicentino a un confronto con un esponente di un
gruppo neonazista, Bettin ha
rifiutato, osservando che la
Costituzione vieta la ricostituzione del partito fascista, e
quindi un esponente di quel
genere non doveva essere invitato. A questo proposito
egli ha osservato che manca
nella formazione dei giovani
un preciso contenuto antifascista e antinazista. Sintomatica anche l’osservazione,
sentita in un’assemblea studentesca sui rapporti con gli
immigrati a Mestre: in un periodo di crisi come questo si
dà anche troppo agli immigrati; se qualcuno deve soffrire è
meglio che soffrano loro, che
ci sono più abituati.
Il prof. Semi ha distinto il
razzismo dall’antisemitismo,
distinguendo nel fenomeno
del razzismo una componente
storica, contingente e una
astorica, che fa parte degli atteggiamenti umani e va fatta
risalire al problema della differenza.
La prima differenza che
l’individuo affronta coincide
con i primissimi momenti
della vita, e è la differenza fra
l’io e il non-io. Più tardi l’individuo si rende consapevole
della differenza fra i sessi e
della differenza fra generazioni. Parallelamente a questa
consapevolezza egli elabora
anche la propria identità di
individuo e sviluppa il proprio pensiero. È questo processo che permette di acquisire sicurezza e autonomia
rispetto alle proprie pulsioni
interne, che vanno arginate e
pilotate per ricavarne forza.
L’identità personale è del
resto un processo che non è
mai costituito una volta per
tutte, un sistema multiplo di
differenze e somiglianze. La
lingua è fondamentale per lo
sviluppo del pensiero: l’identificazione nella propria cultura e nella propria lingua dà
sicurezza. Quindi chi sente
minacciato questo insieme,
sente minacciato non un elemento esterno, ma un elemento interno della propria
individualità, la possibilità
stessa del pensiero.
In realtà il disastro culturale, il crollo di una cultura è
un fenomeno rarissimo, la cui
minaccia può essere usata da
parte di gruppi politici per ottenere il consenso: per questo
una propaganda razzista ha
successo nei momenti di cri
si. Spesso anche l’individuo
medio, che vive il razzismo in
maniera conflittuale, nei momenti di crisi lo sceglie perché ottiene maggiore successo.
La prof. Picchio ha dichiarato in principio che uno stato
che adotti ufficialmente leggi
razziste, come il Sud Africa, è
criminale. Anche l’Italia nella
sua storia recente adottò leggi
di questi tipo. Le leggi internazionali dopo la seconda
guerra mondiale hanno messo
a fuoco il problema razziale;
in esse si fa un discorso generale: non si parla in particolare di leggi contro l’antisemitismo, ma contro il genocidio.
Nella lotta contro il razzismo
esiste però, oltre alla dimensione della proibizione, una di
promozione, per promuovere
una convivenza che non sia
solo tolleranza, ma accettazione delle differenze, nonostante questo sia anche un rischio per l’uguaglianza.
Nella Costituzione italiana
c’è l’art. 3, molto forte e importante, che parla di «cittadino»; secondo la Corte costituzionale esso va applicato anche allo straniero che cittadino italiano non è. Tale articolo deve tutelare anche i diritti
dei gruppi, oltre quelli dei
singoli. Tutti questi testi sono
fondati non solo sulla razza,
ma anche sull’etnia e sulla religione.
Padova: conversazione su scienza e fede
Libertà dell'Evangelo
e etica dell'ascolto
Appuntamenti
Sabato 17 aprile — TORINO:
Alle ore 15, nel salone di corso Vittorio Emanuele 23, Marco Revelli e Annido Rizzi parlano sul tema: Dimensioni etiche della vita.
Sabato 17 aprile — SAMPIERDARENA (Ge): Alle
ore 17, nel Centro civico, il
prof. Bruno Corsani inaugura
la mostra «Come leggere la
Bibbia» (aperta fino al 23
aprile) con una conferenza sul
tema: Leggere la Bibbia oggi.
Domenica 18 aprile — ROMA:
Alle ore 16, in via Giusti 12, il
Sae organizza un incontro sul
tema: Nodi del dialogo interconfessionale: Cec - Chiesa
cattolica. Partecipano il prof.
Renzo Bertalot e mons. André
Joos.
Martedì 20 aprile — PADOVA: Alle ore 21, presso la Sala Rossini del caffè Pedrocchi,
si tiene un dibattito organizzato dal centro «Salizzato» sul
tema: Islam: la preghiera coranica. Intervengono p. Enzo
Franchini, il prof. Farouk
Mohammed Hammami (Università di Firenze) e il prof.
Franco Ometto (ex docente
universitario in Iran).
Mercoledì 21 aprile — GENOVA: Alle ore 17,30, nella sala
convegni della Banca di Genova e S. Giorgio (via Ceccardi
1 ) il Sae organizza una conferenza di mons. Luigi Sartori
(Università di Urbino) sul tema: La croce, luogo di prova e
di gloria.
Venerdì 23 aprile — TORINO:
Alle ore 20,45, nel salone di
corso Vittorio Emanuele 23,
Paolo Ricca e Ermis Segarti
parlano sul tema: Le chiese
cristiane tra universalismo e risorgenti nazionalismi.
ALBERTO BRAGACLIA
Aborto, eutanasia, inseminazione artificiale, fecondazione in vitro. Dna ricombinante: oggi è facile trovarsi immersi in una giungla
di nuove prospettive nel campo dell’intervento scientifico
e tecnico sugli organismi. E
di fronte a queste prospettive
non sempre siamo in grado di
prendere una posizione o di
esprimere un giudizio personale responsabile.
Tuttavia, restare in una comoda posizione «agnostica»
con la scusa della nostra
incompetenza (non siamo
scienziati, né tecnici, né teologi) significa di fatto rinnegare uno degli aspetti più significativi dell’etica protestante, a cui pure ci riferiamo
di continuo. Siamo chiamati a
rispondere responsabilmente
di ciò che avviene nel mondo: il credente è «nel mondo»
(anche se non è «del mondo») e per questo non può
non sentirsi coinvolto da
quelli che sono i problemi di
questo mondo.
Indispensabile diventa dunque informarsi, conoscere,
sapere. A questo fine molto
utile appare l’iniziativa del
Gruppo di attività femminile
della Chiesa metodista di Padova, che si è impegnato a
promuovere una serie di conversazioni ed incontri sui
principali temi della bioetica,
a un tempo così difficili e delicati.
Nello scorso febbraio è stato invitato a dirigere un dibattito preliminare e introduttivo il dott. Daniele Busetto,
della Chiesa metodista di Vicenza e membro del Comitato
di bioetica di Milano, comitato laico il cui primo scopo è
quello di promuovere la conoscenza e l’informazione intorno ai problemi. In Italia, si
sa, quando si tratta di etica
l’unico vero punto di riferimento diventa la Chiesa cattolica. Non è così in molte
nazioni estere, dove numerosi
gruppi di ricercatori, a tutti i
livelli, partecipano al dibattito, coinvolgendo e interessando vasti settori dell’opinione pubblica e facendo sì
che si possano mettere utilmente a confronto punti di vi
sta differenti, senza che uno
di questi risulti già in partenza privilegiato.
Come protestanti abbiamo
un punto di vista che, almeno
nelle sue linee generali, dovrebbe essere abbastanza
chiaro: la libertà dell’Evangelo si dovrebbe tradurre in
un’etica dell’ascolto e della
responsabilità individuale prima che collettiva. Naturalmente, il rapporto con le situazioni concrete è assai delicato e complesso; educazione
demografica e prevenzione
sanitaria, contraccezione e
aborto appaiono temi abbastanza acquisiti (pur senza
mai dare nulla per scontato)
alla nostra sensibilità di credenti evangelici, uomini e
dorme.
Meno facile si rivela invece
la discussione sull’inseminazione artificiale e sulle manipolazioni genetiche;, e ancora
più complessa ed irta di difficoltà quella sull’eutanasia:
con quali limiti? come? attiva, passiva, volontaria, non
volontaria?
L’estensione del dibattito,
senza preclusioni o troppi
tentativi di supremazia, a
esperti e singoli credenti, a
tecnici del settore e a semplici curiosi sarà di sicuro aiuto
per tutti. Intanto, sul versante
degli strumenti introduttivi,
vanrio segnalati anche l’uscita del primo numero della Rivista di bioetica a cura del
Comitato di bioetica di Milano; e il fascicolo n. 7 della rivista Studi di teologia, di area
fondamentalista, dedicato a
«etica e medicina».
Una pubblicazione importante che dovrebbe essere considerata anche coraggiosa
Bioetìca: al dì là dì tutti gli schematismi
FULVIO FERRARIO_______
L9attuale proliferare di
pubblicazioni in tema di
bioetica (cioè di riflessione
morale sulle nuove possibilità
aperte dal progresso delle
scienze biologiche) dev’essere salutato come un fatto positivo. La qualità non è sempre ottima, c’è una tendenza
piuttosto notevole alla ripetitività, ma il fatto che l’argomento «tiri» anche commercialmente, a quanto pare, indica un bisogno di riflessione
che tende ad assumere proporzioni di massa e i cui esiti,
a lungo andare, favoriranno il
dibattito democratico sui
grandi temi del rapporto tra
tecnologie biomediche e futuro dell’umanità.
Questo libro* si propone
come un apporto importante:
non è un catalogo ragionato
delle odierne problematiche.
anche se è denso di riferimenti ad esse: piuttosto è un
tentativo di aprire la strada a
una riflessione, di taglio filosofico, sui fondamenti della
bioetica: il livello della discussione è assai elevato, teso
a intrecciare il dialogo con i
classici della tradizione filosofica e l’impegno sulle più
recenti frontiere biotecnologiche. L’attuale discussione rischia, secondo l’autore, di
polarizzarsi nello scontro tra
due estremi.
Da un lato c’è il «biologismo», cioè la tendenza a «lasciar fare alla natura», considerando problematica ogni
manipolazione, dalla pillola
contraccettiva, all’inseminazione artificiale, di tutti i tipi.
È, come è noto, la posizione
della Congregazione romana
per la dottrina della fede
(Ratzinger, per intenderci, la
cui longa manus bioetica è
mons. Elio Sgreccia); dall’altra parte, l’atteggiamento
«scientistico», che ritiene
moralmente lecito tutto ciò
che è tecnicamente possibile.
Thomas intavola una discussione serrata con questi due
orientamenti di pensiero, respingendoli entrambi in nome
di posizioni molto meno
ideologiche, rispettose della
particolarità dei singoli casi
interessante il suo elogio
della «casistica» che intende
rivalutare il termine, in genere discreditato dall’uso fattone dalla morale gesuitica),
diffidenti nei confronti di
«sintesi» troppo generali.
Egli cerca di dimostrare che
un’etica svincolata da presupposti religiosi è possibile e
non si riduce necessariamente
a giustificare sul piano ideologico il delirio di onnipotenza di alcuni scienziati. L’area
culturale francofona è ecces
sivamente privilegiata nelle
citazioni e nei riferimenti, a
danno di quella anglosassone
(all’avanguardia in questo genere di studi) e di quella tedesca, ma non si può dire che
questo comprometta la qualità del lavoro.
La pubblicazione di
un’opera del genere da parte
di un’editrice cattolica va
considerata, con l’aria che tira, un atto di coraggio, non
sminuito dalla prefazione con
cui i direttori della collana
prendono le distanze dalle
critiche più severe mosse
dall’autore all’ideologia romana. La traduzione è nel
complesso accettabile. Nella
bibliografia manca, in qualche caso, la segnalazione
dell’edizione italiana delle
opere menzionate.
(*) J. P. Thomas, Nel labirinto della bioetica. Sei, Torino,
1992, pp 331, £29.000.
13
I venerdì 16 APRILE 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
iBíákfc
Un numero della rivista «Studi di teologia» dedicato a una questione di attualità
La Bibbia è sconosciuta alla scuola italiana:
quale lettura possiamo proporne ai giovani?
PAOLO ANGEIERI______
Studi di teologia* è rivista
sempre «up-to-date»,
tempestiva nella ricerca di tematiche di attualità e attenta
nella scelta delle collaborazioni. Se nel corso del 1992
ha affrontato due complessi
problemi (Erica e medicina,
n. 7, e Pluralismo e ecumenismo, n. 8) nell’ultimo numero
(9/93) discute con impegno
un tema di grande importanza; l’insegnamento della Bibbia nelle scuole statali.
In effetti, come è stato osservato (si leggano a questo
proposito i frequenti interventi di Beniamino Placido su La
Repubblica a sottolineare
l’italica ignoranza in questo
campo), uno dei libri meno
conosciuti nel nostro paese è
per l’appunto la Bibbia. Colpa anche e soprattutto della
scuola, dove il monopolio
cattolico dell’insegnamento
religioso non ne ha mai favorito la lettura.
Ma il problema non va posto in termini antitetici fra soluzioni confessional-cattoliche da un lato e laico-illuministiche dall’altro; la Bibbia, osserva Pietro Bolognesi
nel suo puntuale e perspicuo
saggio («Un’ambizione impropria», p. 12), è libro che
non ammette posizioni intermedie; o si accetta così
com’è, e per quel che è, o si
rischia di non intenderlo af
fatto. Dello stesso avviso è
anche il filosofo laico Massimo Cacciari, convinto (QOL,
n.32/33, sett. 1991) che una
lettura culturale della Bibbia
non in grado di tener conto
del fatto che essa è una rivelazione, tradisca la natura
stessa del testo.
Che fare dunque? L’appello
dell’associazione laica di cultura biblica apparsa su «Biblia» (3.11.89) fa riferimento
ad un «programma aconfessionale di cultura biblica» e
chiede che sulla Bibbia «si
fornisca una solida informazione di tipo tematico, storico, filologico e letterario che
potrà essere assunto dai suoi
destinatari sia come arricchimento culturale sia come stimolo per un approfondimento
religioso personale» (p.3).
Secondo Corrado erottoli
(«Le qualifiche dell’insegnante, p.3) se il problema in
apparenza sta nel decidersi
fra una «lettura scientifica
nel metodo e neutrale nella
sostanza» e «una lettura confessionale», in realtà ormai il
cosiddetto criterio della obiettività scientifica ha fatto il
suo tempo; «Come è stato dimostrato, da Schleiermacher
a Bultmann e Gadamer, la
perfetta oggettività è impossibile, una sorta di mito illusorio e fuorviarne, un presupposto essa stessa che ostacola
più che favorire la scientificità» (p.4). «Se interpretare
vuol dire dialogare con il testo, domandarsi se l’interprete debba essere o non debba
essere un credente equivale a
porsi una domanda sbagliata» (p.8). 11 testo deve avere
la priorità; l’interprete «si
trova davanti ad esso in
umiltà e prega, attraverso i
metodi dello studio rigoroso
e le domande che gli sottopone, di poter riascoltare la Parola di Dio in tutta la sua immediatezza» (p. 8). In definitiva, argomenta ancora Pietro
Bolognesi, «Dio richiede
sempre dei confessanti e non
semplicemente delle persone
in possesso di informazioni
letterarie sulla sua rivelazione. Per sapere che Gesù è venuto dopo il profeta Isaia,
che è esistito sotto Ponzio Pilato, che ha preceduto la scoperta dell’America e la Rivoluzione francese, basta un dignitoso libro di storia piuttosto che uno specifico corso di
cultura biblica. Perché o si
legge la Bibbia come rivelazione umana e divina, o non
si legge la Bibbia» (p.l7).
Queste le tesi sostenute anche
negli altri saggi, di Lidia Goldoni, «L’insegnamento della
Bibbia nelle scuole statali europee» (p.l8) o Cornelius
Van Til, «La concezione
riformata dell’educazione
(p.50).
Non credo di potermi dichiarare del tutto convinto da
questi argomenti. Affermare
che la Bibbia debba essere
letta solo in un certo modo e
bandirla per questo dalla
scuola, significa non aver fiducia nel suo valore liberatorio e nella forza dello Spirito in essa implicito. Certo il
rischio è grande; la lettura
della Bibbia nelle scuole di
stato potrebbe trasformarsi
nell’ibrido e ambiguo mascheramento di un’ora di religione cattolica obbligatoria
per tutti.
E che questo rischio, in uno
stato come il nostro, sia sempre attuale è dimostrato dalla
lunga «partita giuridica» contro lo stato italiano succube
del clero, raccontata nel saggio di Gianni Long (p. 85),
che le chiese evangeliche
hanno dovuto condurre per
ottenere l’ovvio riconoscimento del diritto di «non avvalersi» dell’Ire senza condizioni penalizzanti.
Come si sa, non tutto il male vien per nuocere; l’impegnativa battaglia ha provocato «dibattiti parlamentari,
campagne di stampa, mutamenti di posizioni di partiti»,
anticipando in un certo senso
«le recenti tendenze della politica nazionale, più attenta,
almeno si spera! ai diritti dei
cittadini che ai giochi di potere fra partiti» (p. 48)
(*) Studi di Teologia, n.
9/93, pp 91, £ 9.000, Ifed-cp,
756-1,35100 Padova.
Intervista a Ignatz Bubis, leader della Comunità ebraica in Germania
Gli ebrei tedeschi non lasceranno il paese^
ma sono preoccupati dai nuovi razzismi
Gerusalemme, 24 febbraio. Una delegazione
del Consiglio nazionale degli
ebrei tedeschi ha fatto visita
allo stato di Israele, e il capo
della comunità israelitica tedesca, Ignatz Bubis, candidato tra l’altro alla presidenza
della Repubblica dallo stesso
presidente attuale Richard
Von Weizsäcker, ha incontrato il premier Ytzah Rabin e il
ministro degli Esteri Schimon
Peres.
L’agenzia di stampa evangelica tedesca ha intervistato
il don Bubis al suo ritorno in
Germania.
- Dott. Bubis, per la prima
volta da quando lei è a capo
della comunità israelitica tedesca una delegazione visita
Israele. Qual è lo scopo di
questo viaggio?
«Siamo venuti qui per chiarire eventuali equivoci sorti
tra Israele e la Comunità
ebrea in Germania. Lei sa
che in Israele c’è chi pensa
che gli ebrei tedeschi dovrebbero abbandonare la Germania ed emigrare in Israele.
Israele si considera come lo
stato di tutti gli ebrei, e nei
confronti degli ebrei tedeschi
c’è particolare attenzione e
pressioni, vista anche la situazione politica: gli assalti,
le profanazioni di cimiteri
ebraici, le scritte razziste che
hanno avuto luogo negli ultimi tempi. In Israele molti ritengono che gli ebrei tedeschi
devono finalmente accorgersi
che non si può vivere come
ebrei in Germania.
Noi abbiamo cercato di
spiegare che al contrario in
Germania oggi non c’è nessuna ragione per lasciarsi
prendere dal panico, poiché
la democrazia tedesca è più
radicata di quanto si pensi.
Non sarebbe corretto paragonare il 1993 con il 1933! Na
- Come hanno reagito i vostri partner israeliani di fronte
alla vostra lettura dell’attuale
situazione tedesca?
«Progressivamente nel corso del confronto siamo arrivati a comprenderci; anche il
primo ministro Rabin ha
completa fiducia nel nostro
Una manifestazione di giovani neonazisti a Malie (Germania)
turalmente sia gli israeliti
che gli ebrei tedeschi osservano con particolare attenzione gli avvenimenti in Germania, r evoluzione degli atteggiamenti xenofobi e intolleranti; antisemitismo e razzismo sono presenti anche in
altri paesi d’Europa ma Hitler c’era solo in Germania.
Per questo la sensibilità in
Israele e negli ambiti ebrei
tedeschi è molto sviluppata e
attenta ad ogni crescendo di
tensione.
modo di agire per quanto riguarda la situazione tedesca.
- Lei ha anche avuto un
lungo colloquio con il rabbino capo.Che ruolo ricopre
questa autorità religiosa per
gli ebrei in Germania?
«Noi abbiamo rabbini in
Germania che in alcuni casi
sono riconosciuti da Israele,
altri invece non sono riconosciuti. Dobbiamo tuttavia restare in un dialogo permanente. Una questione che va
discussa è se coloro che in
Un caccia americano atterra sulla portaerei «Kennedy»
Germania si sono convertiti
all’ ebraismo possano essere
riconosciuti anche da Israele
qualora volessero emigrare.
Ci sono delle difficoltà per
coloro che per esempio provengono dall' ex Unione Sovietica e chiedono di diventare ebrei, forse per poi restare
in Germania. In parte non sono ebrei e non conoscono la
nostra fede; come dobbiamo
comportarci? Le indicazioni
del rabbino capo devono vincolarci?»
- Nel passato si sono verificati contrasti tra le decisioni
dei rabbini tedeschi e il rabbino capo si Israele?
«Sì, in alcuni casi particolari. Anche quello dell’immigrazione dall’ex Unione Sovietica è un caso assai particotare visto che dei 25.000
immigrati solo II.000 sono
ebrei, e allora la domanda
che ci poniamo è con che criterio dobbiamo verificare e
decidere la conversione alla
fede ebraica. Ci sono molte
famiglie con un’antica parentela ebraica che vogliono
convertirsi ma, come forse lei
sa, non è facile diventare
ebrei e i rabbini devono verificare che i motivi per la conversione siano autentici e non
solo pratici. Noi non siamo
dei missionari».
- Anche su questi temi la
sua visita in Israele è stata un
successo?
«Penso di sì. Vedremo come i rapporti si svilupperanno nei prossimi mesi.
IVISTE
Panorama sui conflitti
Vuole essere un bollettino, più che una rivista; svolge nei fatti una funzione di rassegna stampa, documentando, attraverso
la citazione di fonti intemazionali di tendenze diverse fra loro,
quanto succede nei molti conflitti che continuano a insanguinare il pianeta.
Guerre e pace si presenta così; dalla Somalia all’Indonesia
(perché se ne parla così poco, sui mezzi ben più potenti che
«fanno opinione»?), all’Angola e al Mozambico, dai curdi alla
Macedonia e alla Cambogia. Le situazioni sono tante, spesso
gravi, spesso mietono vittime che normalmente vengono ignorate; come quelle dell’embargo tuttora perdurante nei confronti
della popolazione irachena.
Sono presenti in questo bollettino, prodotto dal Comitato
Golfo per la verità sulla guerra, anche analisi del riarmo giapponese e del modo in cui i media hanno seguito il conflitto
stesso di due anni fa (e si scoprono cose interessanti, come le
prese di posizione antiembargo da parte di giornali di area liberale inglese, non dell’ultrasinisitra o delle «anime belle»).
La veste è sobria, come si addice a uno strumento; la speranza è che, come tale, serva al ragionamento, all’approfondimento, se serve allo studio, in vista di un impegno schierato sì, ma
consapevole.
Guerre e pace. Una copia £ 4.000. Abbon. £ 30.000. Ccp
24648206 intestato a Guerre e pace - via Festa del perdono 6 20122 Milano.
Libri
Uno strumento democratico
«Uno strumento di democrazia diretta quale il referendum
abrogativo non può essere trasformato (...) in un distorto strumento di democrazia rappresentativa, mediante il quale si vengono in sostanza a proporre plebisciti o voti popolari di fiducia
nei confronti di complessive inscindibili scelte politiche dei
partiti o dei gruppi organizzati che abbiano assunto o sostenuto le iniziative referendarie». Così si esprimeva la Corte costituzionale nella sua sentenza n. 16 del 1978, di fronte a una serie di 8 referendum a lei sottoposti.
In quell’anno si voterà solo su ordine pubblico e finanziamento ai partiti, e la Corte verrà accusata di «impallinare» le proposte di consultazione popolare. In realtà il problema
dei contenuti e dei proponenti dei referèndum è delicato; ne fa
un’ottima storia Anna Chimenti (*) in un volume di agile lettura ma pièno di dati e tabelle riassuntive, che parte da come la
Costituente ideò lo strumento referendario, prosegue con l’approvazione dellalegge attuativa (25 maggio 1970) e con la successione dei 18 referendum fin qui tenutisi.
La vicenda è un intreccio complesso con la politica, con i governi, con la volontà delle maggioranze e le rivendicazioni delle opposizioni; l’impressione è che i quesiti di natura «di coscienza», come furono la questione del divorzio e quella
dell’aborto, abbiano lasciato spazio a referendum in cui è in
ballo un giudizio diretto sugli schieramenti, e il momento di tale svolta sembra essere quello della consultazione del 1985 sulla scala mobile.
(*) Anna Chimenti; Storia dei Referendum. Dal divorzio
alla riforma elettorale. Bari, Laterza, 1993, pp 164, £ 18.000.
Il villaggio abbandonato
La pioggia gialla (*) è il primo libro tradotto in italiano di
Julio Llamazares, poeta e romanziere. Narra la vicenda di un
vecchio contadino, ultimo sopravvissuto di uno sperduto villaggio dei Pirenei.
Immerso nella solitudine, a poco a poco Andrés si identifica
con il paesaggio; ripercone le vicende che ne hanno segnato gli
ultimi decenni, la partenza dei figli, lo spopolamento, le greggi
che in numero sempre minore gli venivano affidate, la malattia
in seguito al morso di una vipera, il suicidio della moglie.
Ma, ciò che più conta, in questa fine di esistenza in cui l’unica compagnia è costituita dalla vecchia, fedele cagna, è l’adesione alla natura; non solo la pioggia evocata dal titolo, ma anche e soprattutto la neve che colma gli spazi e ottunde i rumori.
Nonostante la tragicità del tema, il romanzo è un inno alla natura e alla parola poetica. Da notare che l’autore stesso proviene
da un paese che non esiste più; è stato sommerso in seguito alla
creazione di un lago artificiale.
(*) Julio Llamazares; La pioggia gialla. Torino, Einaudi,
1993, pp 151, £ 18.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 16 APRILE IQQ-^
L'eredità culturale e politica di un antifascista coerente
Luciano Bolis, federalista
_______LUCIANO GUDERZO
E morto a Roma, a fine
febbraio, Luciano Bolis.
Nato a Milano nel ’18, studente in Filosofia a Pavia, dove si era laureato nel ’41
(senza peraltro tralasciare il
violino) Bolis a Pavia tornava
sempre volentieri: l’ultima
volta, che io sappia, invitato
dalla collega Tesoro per un
incontro con gli studenti di
Scienze politiche, a cui ebbi
la fortuna di presenziare e fu,
come sempre, entusiasmante
per l’alta qualità della testimonianza.
Ci eravamo incontrati, ancora a Pavia, nell’89, quando
era venuto a inaugurare con il
rettore Schmid un convegno
storico sui Movimenti per
l’unità europea dal ’45 al
’54, i cui atti potè con sua (e
nostra) soddisfazione vedere
finalmente editi lo scorso autunno. Ma con Pavia non erano questi i soli legami di Bolis. La grande tradizione federalista della città, la presenza
a Pavia di un gruppo che, facendo capo a Mario Albertini,
ha lasciato negli ultimi 40 anni un segno profondo nella
storia delle organizzazioni federaliste in scala europea,
avevano reso continui e solidissimi quei vincoli. E ai federalisti pavesi Bolis si era rivolto, per gli opportuni consigli anche legali, quando dopo
essersi ritirato nel ’78 dall’attività di grand commis presso
il Consiglio d’Europa aveva
voluto, con i suoi personali risparmi, istituire nell’83 una
fondazione a cui si devono
numerose iniziative di promozione della cultura e della
milizia federalista (tra cui la
riedizione dei Classici del
federalismo in una speciale
collana de II Mulino).
Non era stata, questa, se
non una delle tante testimonianze della profonda dedizione a un’idea che per Bolis,
come per il suo amico e maestro Altiero Spinelli, era assai
presto diventata fine principale e ragione stessa di vita.
Al federalismo Bolis era
giunto attraverso un antifascismo maturato tanto rapidamente che, dopo la chiamata
alle armi nel ’41 e la frequenza della scuola alpina di Aosta e del corso allievi ufficiali
alpini di Bassano, già nel ’42
era stato deferito al Tribunale
speciale per la difesa dello
stato e condannato a due anni
di carcere che aveva cominciato a scontare nel penitenziario di Castelfranco Emilia.
Liberato dopo il crollo del
regime, a fine agosto del ’43
si era rifugiato in Svizzera subito legandosi per affinità
ideale all’azionismo e avendo
come referenti Schiavetti, Ernesto Rossi e, attraverso Rossi, Spinelli.
La decisione, principalmente ispirata da Spinelli, di non
organizzare il federalismo
militante in partito, bensì in
«lega» o «movimento» (così
da potervi, tra l’altro, attrarre
militanti di tutte le forze antifasciste che trasversalmente
alle rispettive adesioni partitiche riconoscessero la validità
dell’obiettivo federalista)
spiega come lo stesso Spinelli, Rossi, Bolis e tanti altri federalisti figurassero poi nella
Resistenza quali militanti in
diverse formazioni, anche se
principalmente in «Giustizia
e libertà».
Rientrato in Italia nel ’44
per partecipare alla lotta armata e nominato ispettore regionale delle formazioni GL
in Liguria, Bolis venne catturato e torturato al punto che,
temendo un cedimento, tentò
il suicidio, cosa che gli valse
un’invalidità permanente
(quella voce bassa e rauca
che chi l’ha conosciuto ben
ricorda) ma anche la mitigazione dello scontro con il nemico, impressionato da tanta
eroica determinazione.
Il mio granello di sabbia,
più volte edito (con prefazioni di Farri nel ’46 e ’48, di
Santucci nel ’75) in cui Bolis
raccontò quella vicenda resta,
nella sua disadorna asciuttezza, una delle testimonianze,
anche letterarie, più alte della
Resistenza.
Come fosse approdato a
quella spiaggia, come gli fosse cresciuto dentro tanto deciso coraggio, Bolis lo raccontò
in un libretto la cui pubblicazione, nell’83, rappresenta
uno dei non pochi titoli
d’onore dell’amministrazione
provinciale pavese nel settore
cultura: Antifascisti perché?
Ricordi e riflessioni di tre
giovani degli anni Trenta,
Nel dopoguerra, sciolto il
Partito d’azione, aveva aderito a varie formazioni socialiste, lasciando definitivamente
il Esi solo nel 1977. Nel frattempo la sua appassionata milizia federalista l’aveva portato, tra Milano e Roma, alla
segreteria nazionale del Movimento federalista europeo
(Mfe), in cui affiancava Spinelli con compiti organizzativi e di supporto propagandistico-editoriale, essenziali alla vita del Mfe in un’epoca non tanto l’immediato dopoguerra quanto il periodo di
poco successivo (gli anni di
De Gasperi, di Adenauer, di
Robert Schuman) — che parve
offrire più di una brillante opportunità storica per la creazione degli agognati Stati uniti d’Europa.
Andate deluse queste speranze per l’egoistica cecità di
- alcuni leader politici europei
- particolarmente, ma non
soltanto, francesi - il federalismo organizzato si trovò a fare i conti in Europa con una
crisi profonda, da cui Spinelli
tentò inizialmente di uscire
con un appello diretto agli europei, il cui strumento aggregativo fu, dal ’58, il Congresso del popolo europeo (Cpe).
Un’idea brillante, il cui accompagnamento di propaganda diretta e elezioni popolari
tenute al modo delle primarie
americane risultò senz’altro
vincente ma solo dove, come
a Pavia, si davano leader e
militanti ben preparati.
Bolis, al solito in prima linea, fu catapultato a tenere le
file della nuova organizzazione a Parigi e qui con la famiglia si trovò ad affrontare
anni economicamente durissimi, superati solo per l’incrollabile, serena fede
nell’idea.
Un atteggiamento e un
comportamento che non saprei definire se non come «religiosi», di una religione sia
pur tutta laica del dovere,
dell’onestà, della coerenza
che nella politica vedeva solo
un servizio.
Finanziariamente la situazione mutò per la famiglia
Bolis solo nel ’64, con la nomina di Luciano a alto funzionario a Strasburgo presso
il Consiglio d’Europa, dove
gli vennero affidate impegnative responsabilità, come vicedirettore dei servizi stampa,
informazione e documentazione e caposervizio alla
Direzione dell’insegnamento
e degli affari culturali e scientifici, particolarmente incaricato del settore giovanile. Dal
’70 al ’78 tenne anche corsi
in quell’università.
Chi a Strasburgo incontrò
Bolis in quegli anni, l’aveva
conosciuto prima e lo rivide
poi a Roma, non notò alcun
cambiamento nel suo tenore
di vita: frugale, come sempre.
Perché Bolis era e non poteva
non apparire fuori come era
dentro. Di nuovo, era una
«nota religiosa»: povero «in
spirito», nella sua più autentica accezione.
Così quello che a Strasburgo aveva guadagnato, tolto il
poco che gli era servito per
vivere con i suoi, l’aveva risparmiato per poi destinarlo
alla fondazione a cui gli amici vollero giustamente dare il
suo nome.
Non so se questo ricordo di
Luciano, che scrivo con dolore e nostalgia, possa dire
qualcosa a chi avrà avuto la
pazienza di leggerlo. Io spero
e fermamente anzi credo di sì.
Perché è vero che siamo immersi nel letame fino al collo,
ma nel paese ci sono ancora
persone della razza di Luciano, referenti possibili (come
nel ’44) per giovani e non
giovani che ricomincino
un’altra volta a battersi per un
paese migliore, in un’Europa
che per non morire, soffocata
dai suoi stessi, antichi e sempre rinascenti mali deve federarsi. Nient’altro, politicamente, vale.
«
1.-' • ' < : . . 'S'- - , -, „■f* " ..«.Li
La fama nel Sudan: gli scambi delia Cevaa ci permettono di conoscere le situazioni ambientali
L'insediamento di un nuovo pastore nel Camerún
Il tempo del ringraziamento
ALBA E MARCO FLORIO
14 febbraio 1993. Nella
chiesa di Ndoungué 2 c’è
l’insediamento del nuovo pastore, degli anziani e dei consiglieri di chiesa. Il pastore
qui è già ben conosciuto perché è, da alcuni mesi, il cappellano dell’ospedale. I consiglieri e gli anziani sono alcuni riconfermati nell’incarico, altri nominati per la prima volta: in tutto venti persone, fra cui cinque donne.
La chiesa è addobbata a festa: rami di palma incorniciano porte e finestre. Le cinque corali sono al gran completo. Al culto presenziano
diversi pastori provenienti da
comunità vicine e dalla locale facoltà di teologia. La predicazione è affidata al presidente della regione (corrispondente al nostro capo distretto) e il testo scelto è Tito, 5-9.
Come sempre nel culto, in
Camerún, largo spazio è riservato al canto, sia delle corali che comunitario. La cerimonia è molto complessa e
il culto iniziato alle 9 termina
alle 12,30 dopo la Santa Cena.
Oggi la chiesa è davvero
gremita: numerosissime sono
le persone in piedi e fuori
dalle porte. Sapremo, alla fine del culto, che in tutto erano presenti circa 360 perso
ne. Tantissimi i bambini di
tutte le età, con i loro
coloratissimi vestitini domenicali, venuti al culto non
perché portati dai genitori,
che non li hanno neanche vicino a loro, ma perché desiderosi di sentire i canti e di
cantare. Qui il culto è pieno
di vita e di partecipazione. È,
come dice Mottu ù<Una protesta contro la sofferenza»
pag. 56-57), una celebrazione in cui si ode del rumore
perché ognuno è coinvolto
con tutta la sua persona davanti a Dio e all’assemblea.
Un anziano traduce in «pigin» il sermone via via che il
pastore parla. Questa traduzione, per noi incomprensibile, ma necessaria per i più
vecchi che non comprendono
tutti il francese, è sempre
molto movimentata e ricca di
mimica. Spesso una brevissima frase in francese diventa
qualcosa di lungo e molto vivace provocando anche commenti ad alta voce.
Si dirà: gran confusione,
non fa per noi! Certamente è
necessario conoscere il carattere e la mentalità di questa
popolazione: solo così si potranno, ad esempio, apprezzare i loro canti accompagnati ^mpre da movimenti
di tutto il corpo, di una grazia e di una leggerezza meravigliose. I bambini battono le
mani e si muovono al ritmo
Dopo la sentenza del Consiglio di Stato, dichiarazione di Scuola e costituzione
Perché atti di culto cattolico nella scuola?
VINCENZA MARCHESE*
Abbiamo appreso da stampa e televisione ciò che
ha deciso il Consiglio di Stato
in merito agli atti di culto nelle scuole pubbliche italiane:
un ritorno al passato, alla circolare Misasi del ’92. Alla
faccia della democrazia e delle minoranze etniche e religiose e di chi non si avvale
dell’insegnamento della religione cattolica!
Che farà la sinistra italiana
in proposito, in tempi brevi,
per contrastare l’avanzata papalina nelle nostre scuole e le
ingerenze cattoliche spacciate
per educazione ai valori civili
e/o morali?
Che fare per impedire che i
preti vengano a confessare direttamente a scuola alunni e
insegnanti, come è successo
in una scuola elementare di
Gallipoli (provincia di Lecce)
o per impedire che i preti cattolici benedicano presepi e
palme e svolgano la messa interrompendo un pubblico servizio prima delle vacanze natalizie e pasquali o si ripetano
le visite pastorali dei vescovi
locali, come succede in tutta
la provincia di Lecce?
Le Intese, stilate nel 1984
tra il governo italiano e le
confessioni non cattoliche, a
confronto sul problema dell’
insegnamento nelle scuole
italiane, recitano: «Che non
abbiano luogo pratiche religiose o atti di culto a scuola...» e aggiungono: «Che non
abbiano per gli alunni effetti
discriminanti». La Repubblica italiana si è impegnata in
tal senso nel garantire il carattere pluralistico della scuola. Ed eccoci invece nel 1993
a riproporre tali normative vigenti aggiungendovi, per precisare la materia, le leggi:
449/84, 516 e 517/88, 101/89
del 4/6/74 e 121/85 che precisa: «La scelta di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica non deve
creare discriminazioni».
Dopo otto anni dall’entrata
in vigore del nuovo concordato non sono ancora risolti i problemi di competenze e di non ingerenze, anzi si
sono accentuate le discriminazioni e le conflittualità.
Nella scuola materna elementare alle ore di lezione
curricolari sono state sottratte
due ore settimanali per la religione cattolica. Perché, se
l’ora di religione è facoltativa
(come da sentenza della Corte Costituzionale del 1989)
essa non è fuori dell’orario
scolastico? E se è facoltativa,
perché poi praticare atti di
culto a scuola?
Chiediamo a tutti i docenti
laici e democratici, garanti
della costituzione, ai genitori
e agli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento
della religione cattolica, di
segnalare abusi di atti d’ufficio, abusi di potere e ingerenze confessionali.
Chiediamo inoltre alle forze parlamentari laiche e democratiche di farsi portavoce
delle istanze di libertà religiosa.
* di «Scuola e Costituzione», insegnante a Lecce
della musica. Abbiamo visto
bambini al di sotto un anno
battere le mani perfettamente
a tempo e con un sorriso felice sul viso.
Al momento della Cena si
esce dalle panche e si forma
una catena che va dal pulpito
all’uscita passando per i due
grandi corridoi che separano
le tre file di panche. Siamo
tanti, tantissimi e anche se la
distribuzione del pane e del
vino è fatta contemporaneamente da pastori e anziani,
dura parecchio.
C’è ora stranamente un
grande silenzio, tutti sono
raccolti; poi qualcuno, spontaneamente, inizia a cantare
un inno, che viene ripreso
dall’assemblea, ma sotto voce e con grande dolcezza.
Così si passa da un inno
all’altro fino ala fine. La bellezza e la gioia della condivisione della fede mi fanno
sentire parte integrante di
questa comunità.
Tenendo conto di quello
che sappiamo di questa gente, della realtà economica e
sociale di questo popolo soggetto alla tirannia delle leggi
del mercato, e privo di qualsiasi forma di assistenza o di
assicurazione sociale, ci ritroviamo a domandarci: queste persone semplici come
attendono il Regno di Dio?
Cosa si aspettano?
Per loro il Regno deve essere un luogo dove valga la
pena di lavorare per raccogliere il caffè, perché poi si è
pagati giustamente; dove si
possano mandare i figli a
scuola senza essere costretti
a tenerli a casa per la mancanza dei pochi franchi necessari; un luogo dove, se si
sta male, ci si può curare subito e non quando le cose
precipitano (oggi in ospedale
si va quando si è in grado di
pagare); un luogo dove...
Ma forse questi sono pensieri nostri nati dalla cattiva
coscienza che tutti noi, del
mondo sviluppato, abbiamo
(o dovremmo avere) nei confronti di queste popolazioni.
Ma, coincidano o no col modo di sentire di questi fratelli,
questi pensieri corrispondono comunque a una realtà
che include, nel tempo che
viviamo, l’egoismo degli uni
e la povertà degli altri, la
violenza degli uni e la sofferenza degli altri, le grandi
possibilità degli uni e la
completa mancanza di prospettive degli altri.
Dal nostro cuore sale spontanea la preghiera della chiesa primitiva: vieni. Signor
Gesù.
15
venerdì 16 APRILE 1993
PAG. 1 1 RIFORMA
RICORDO
FRANCO STIRANO
SERGIO RIBET
Quando avevamo letto,
tempo fa (e ci pare ieri)
cne Franco Stirano aveva
chiesto di essere ammesso in
chiesa, nelle chiese di Trapani e Marsala curate dalla moglie, Laura Leone, la notizia
ci aveva rallegrato. Non per
aver «conquistato» un membro di chiesa in più, non per
qualche compiacimento un
po’ vanaglorioso, come se dipendesse dagli uomini «convertire» a Dio i cuori e le
menti. Anzi, per chi banalizza
e fa un mito della conversione, possiamo dire che abbiamo conosciuto Franco,
prima e dopo la sua ammissione in chiesa, esattamente
come la stessa persona.
Quadrato, concreto, positivo, semplice e veramente nobile, di quella nobiltà che
sanno avere i figli del popolo,
quando sono autentici.
La decisione di essere ammesso in chiesa, da parte di
Franco, mi pare essere stata
al tempo stesso più semplice
e più complessa di una conversione. A un certo momento della nostra vita tiriamo le somme, ci rispecchiamo in noi stessi, negli
amici, e se ce ne è data la
possibilità nella Parola di
Dio. Credo che Franco abbia
espresso anche in questo modo, senza tante parole, da un
lato la sua solidarietà con il
lavoro di Laura, una solidarietà rispettosa delle scelte e
delle vocazioni altrui, ma
d’altro lato, e forse soprattutto, la sua solidarietà ai fratelli
e alle sorelle di Sicilia che ha
avuto modo di conoscere e
apprezzare, nella loro semplicità e generosità: i fratelli e le
sorelle di Marsala, Trapani,
Riesi, Palermo, le persone
con cui ha collaborato a
Adelfia e nella diaspora siciliana.
Oggi, davanti alla morte di
Franco, vogliamo anche dire
una parola di affetto e di solidarietà alla moglie Laura, alle
figlie Vera e Carolina con la
sua famiglia, ai parenti di
Franco.
Non è facile dire oggi «vi
saremo vicini», quando sappiamo quante volte non siamo riusciti a esservi vicini nel
passato, nella faticosa opera
di testimonianza in terre difficili come quelle della Sicilia
di oggi.
Eppure vogliamo provare a
dire questa parola.
Nella circolare della Tavola
distribuita a fine marzo, il
moderatore ha voluto citare
una parola dalla 1 Lettera di
Paolo ai Corinzi (15, 58):
«Perciò, fratelli miei diletti,
state saldi, incrollabili, abbondanti sempre nell'opera
del Signore, sapendo che la
vostra fatica non è vana nel
Signore».
11 moderatore riprendeva
questa parola, certo, nell’imminenza della Settimana santa e della Pasqua, ma oggi
queste parole ci tornano in
mente per voi, con voi, e non
è un caso che anche il pastore
Bruno Rostagno le abbia riprese, accanto alle parole con
le quali ci ha annunciato il
messaggio della resurrezione:
«In pace io mi coricherò e in
pace dormirò, perché tu solo,
o Eterno, mi fai abitare in sicurtà» (Salmo 4, 8);
«Nell'amore non c'è paura»
(I Giovanni 4, 18).
Voi oggi provate il dolore
vivo di una ferita aperta, intrecciata con la speranza e la
fede, un dolore che non dimentica l’amore, e che è
pronto a confrontarsi di nuovo, da oggi stesso, con una
fatica che continuerà, in
un’opera che non è nostra,
ma è del Signore, e proprio
per questo ci viene incontro
come una fatica che non è vana.
Voi avete già sperimentato
che la fatica vostra, dei fratelli e delle sorelle di Franco,
dei suoi e dei nostri amici,
non è vana. Permetteteci di
affiancarci a voi, nella stessa
fatica e nella stessa speranza.
Rbtorma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
Via Porla, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175.
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166.
DIRETTORE: Giorgio Gardiol.
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto.
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno.
AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan.
ABBONAMENTI: Daniela Actis.
FOTOCOMPOSIZIONE: AEC srl tei. 0174/551919.
STAMPA: La Ghisleriana snc Mondovì tei 0174/42590.
EDITORE: Edizioni protestanti srl - via Pio V, 15 bis -10125 Torino.
ABBONAMENT11993
ITALIA ESTERO
-ordinario £. 60.000 -ordinario £. 100.000
- sostenitore £. 150.000 -via aerea £. 160.000
- semestraie £. 30.000 - sostenitore £. 180.000
Per abbonarsi: versare l'importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni protestanti s.r.L, via Pio v 15 bis, 10125 Torino.
OHtìfbomitlB Riforma ricevono L’eco delle valli valdesi . .
sema alcun aupplemenlo di presa e ìrieeversa.
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5 x 40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: mlllimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Plnerolocon II n. 176 del 1°genn. 1951, responsabile Franco Giampiccoll.Le modifiche sono state registrate con ordinanza in data 5-3-1993.
Bambini croati
Io sono Tea. Ho 13 anni e
finisco la terza media, e scrivo a nome della scuola domenicale della nostra chiesa.
Io e i miei amici conosciamo molti bambini che hanno
poco o niente; noi gli portiamo i quaderni e altro materiale scolastico e i giocattoli
(e così abbiamo fatto anche
con il materiale che ci avete
mandato), e in caso di necessità di cibo e vestiario avvertiamo i membri della società umanitaria.
Ringraziamo del vostro aiuto, di tutto quello che avete
raccolto per i bambini in
Croazia, e sono felice che esistono bambini che sono pronti a dividere una parte della
propria felicità con noi.
Noi ci troviamo in Istria,
dove non si spara; però ogni
giorno i padri dei nostri amici
sono chiamati al fronte e tanti
non ritornano più, e così anche noi abbiamo paura che i
nostri padri vengano spediti
al fronte.
Ci farebbe tanto piacere poter scambiare delle lettere: se
potete mandarci i vostri indirizzi, questo è il mio:
Tea Batog
bulevar Eduardo Kardelja
33/XVI - 52000 - Pula
(Croazia),
Qui di seguito ci sono anche gli indirizzi di altri bambini, tutti di Pula.
Nada Vlaisovljevic Otokar Kersovani 1; Vanja
Emer - Mornaricki Trg 3;
Mirjana Babucic - Mornaricki Trg 3; Nikola Ruba Aldo Hegri 9; Palko Mladen
- Verudela 6; Tina, Retar,
Matte Batoc-Husak - bulevar
Edvarda Kardelja 33/XVI;
Petar, Bojan Martincic
Osjecka 16.
Noi non
c'entriamo
Con riferimento all’articolo
apparso sul n. 13 del giornale
e intitolato II commercio e il
buon gusto, teniamo a precisare che la nostra impresa,
Giachero-Bessone-Perassi,
operante anche a Torre Pellice, è totalmente estranea a tale forma di pubblicità e, conseguentemente, al di fuori di
ogni commento negativo.
Bruno Giachero
Lusema San Giovanni
Niente
prostituzione
sacra
Nel n. 12, a pag. 5,mella rubrica Cronache, leggo la sintesi di una mia relazione presentata nell’ambito dei seminari sull’etica organizzati dalla Eederazione delle chiese
evangeliche di Puglia e Lucania (Fcepl),
Prendo atto che la prima
parte del seminario è stata
egregiamente riassunta nelle
sue linee portanti. Nella sintesi della seconda parte vedo
contenuta un’espressione un
po’ ambigua: «Il corpo diventa addirittura luogo di culto».
L’affermazione potrebbe suggerire che nell’ambito del seminario sia emerso un misterioso incitamento a forme di
prostituzione sacra. Desidero
rassicurare che niente di tutto
questo è emerso.
D’altro canto, dopo il confronto con Romani 12 e I Corinzi 12, è emerso che la no
stra soggettività,.quando gli
altri la violentano, la emarginano o la disconoscono, Dio
la impegna per creare nuovi
cieli e nuova terra.
Del resto questo viene anche spiegato e recuperato nel
prosieguo della sintesi che il
corrispondente fa dell’incontro svoltosi a Bari.
Francesco Carri
Cerignola
Il sottofondo
musicale
Caro direttore,
pare diffondersi, nella radiotrasmissione del Culto
evangelico, l’uso di musica di
sottofondo durante la lettura
del testo biblico e talvolta
persino durante la predicazione. Penso di non essere
il solo ad avere una reazione
nettamente negativa. Non soltanto infastidita, perché questo sottofondo musicale ostacola senz’altro l’ascolto; ma
anche e soprattutto contraria,
in quanto il testo biblico non
ha certo bisogno di supporti e
abbellimenti musicali, e così
pure non dovrebbe averne la
predicazione: «supportarla»
musicalmente non ne rivela,
magari inconsciamente, la debolezza o scarsa consistenza?
E mentre ci sono, vorrei anche dire il mio dissenso dalle
musiche-canti languorosi che
talvolta sostituiscono i nostri
inni, nelle trasmissioni mattutine domenicali. Non contesto
affatto la necessità che la nostra innologia si rinnovi. Ma
senza rinnegarsi; e, nella forma, senza ripescare gli «effetti» del tremolo e delle scivolate un po’ miagolanti. Che
ne pensano gli ascoltatori?
Gino Conte - Eirenze
ESPERIENZE
IL PAPA
DENTRO CASA
MARIO TOMMASI
Non succede tutti i giorni di avere il papa dentro casa. Lo
puoi trovare alla Tv, molto spesso sui giornali; ma se
vuoi puoi anche non guardare o non leggere.
Invece può capitare che in un giorno qualsiasi di marzo il
papa decide di venire a visitare la Sabina: Magliano, Vescovio. Poggio Mirteto, Monterotondo.
È vero che per il mondo cattolico il 19 marzo è S. Giuseppe e che le località visitate dal papa fanno parte della diocesi
di Poggio Mirteto. Ma che in questa zona per alcune settimane prima della visita si sia accentuata la presenza di polizia,
Digos e carabinieri, controllando le case e gli abitanti delle
case che, loro malgrado, sono state costruite sugli itinerari
del papa, del suo «papaelicottero» e della sua «papamobile»;
che le strade, gli alberi e le cunette siano state finalmente curate dall’amministrazione provinciale; che soprattutto nel
programma scolastico di quel giorno nelle scuole pubbliche
di ogni ordine e grado sia stata compresa la visita del papa...
bèh, forse queste cose, o almeno alcune di queste cose, sono
esagerate, e sembrano riportare indietro nel tempo, all’epoca
dello Stato pontificio.
In particolare gli studenti trovavano inserita la visita papale
nel programma scolastico del giorno, inclusi gli spostamenti
a piedi o in autobus sotto la sorveglianza e la responsabilità
degli insegnanti. Siamo alle solite: chi non era d’accordo o
semplicemente non era interessato a questa occasione di
spreco medievale del pubblico denaro, doveva giustificare la
sua assenza. Al provveditore agli studi non è neppure passato
per l’anticamera del cervello che le scuole potessero essere
chiuse per quel giorno, oppure che si potesse anticipare la fine delle lezioni per dar modo, a tutti coloro che lo desideravano, di andare a salutare il papa senza che le poche minoranze di «diversi» dovessero giustificare la loro assenza.
Mi rendo conto che anche per molti cattolici il papato e
questo papa in particolare è un ingombrante residuo storico,
ma facciamo almeno in modo che lo stato e i suoi funzionari
non siano più paladini del papa. Lo chiediamo da semplici
cittadini per la libertà di tutti.
Per la cronaca si può aggiungere che tutti gli studenti che
hanno scelto di partecipare all’adunata papale hanno dovuto
lasciare i loro libri a scuola, sono stati perquisiti al loro ingresso in piazza e alla fine della cerimonia hanno trovato la
scuola chiusa con i loro libri sequestrati dentro.
VIAGGIO IN GRECIA - L’associazione turistico culturale
«Clubmet» organizza fra il 26 giugno e il IO luglio prossimi un viaggio in Grecia in nave e autopullman. Come lo
scorso armo (Usa) il viaggio un triplice scopo: cultura, spiritualità, svago.
Il pastore Claudio H. Martelli guiderà il gruppo sulle memorie della storia sia in alcuni dei luoghi più suggestivi
della Grecia classica (Olimpia, Micene, Atene, Corinto,
Epidauro) sia alla scoperta delle radici della nostra fede,
con studi biblici sugli Atti degli apostoli e sulle Lettere di
Paolo ai Corinzi, che si terranno nei luoghi stessi descritti
nel Nuovo Testamento (TAeropago e Corinto). Si terranno
anche due culti che, insieme agli aspetti più turistici, concorreranno a rendere indimenticabile questa esperienza di
«comunità itinerante», come avvenuto nel 1992 nel viaggio in Usa.
Chi fosse interessato a condividere questa proposta contatti il past. Martelli a Trieste (tei. e fax: 040/630892). Le
adesioni si ricevono entro e non oltre il 30 marzo. I prezzi
per persona vanno dalle 650 alle 910 mila lire, a seconda
delle sistemazioni prescelte. I posti sono limitati.
CORSI DI INGLESE - C’è la possibilità di frequentare dei
corsi di inglese in Inghilterra, in zona paesaggisticamente
rieca e culturalmente stimolante, con insegnante qualificata; due ore di lezione al giorno per corsi della durata massima di quattro settimane. Il costo orientativo è di £ 30.000
per ora di lezione; £ 20.000 per notte e prima colazione.
Le tariffe vanno concordate in sterline.
Pranzo, cena, escursioni nei dintorni non sono comprese
nel prezzo, ma sono ottenibili a prezzi modici.
Rivolgersi a Rosemarie Woodroffe, 7 Crescent Rd., Aldeburgh, Suffolk IP15 - 5HW. Tel. 0044.728.453675.
CAMPO DONNE — Organizzato dalla Fdei, a Monteforte
Irpino, si terrà un campo donne, dal venerdì 7 a domenica
9 maggio, dal titolo: A metà del decennio: a che punto
siamo?
Per iscrizioni o informazioni rivolgersi alla direzione del
Centro incontri - via Rivarano 18 - 83024 Monteforte Irpino (Av), Tel. 0825/682698.
------------------------------------------- Inserzione —
REMERCIEMENT
Monsieur Alberto Pagliai
Madame Henri Poet
Monsieur et Madame Roberto
Pagliai
Messieurs Lucien et Jacques
Poet et leur familles,
très touchés des marques de
sympathie et d’amitié que vous
leur avez témoignées lors du
décès de
Madame
Françoise Pagliai-Poët
vous remercient, et vous prient
de croire en leur profonde gratitude et en leur amitié très attristée.
Turin, le 9 avril 1993
«In pace io mi coricherò e in pace
ancora dormirò perchè tu scio,
Signore, mi fai abitare
sicuramente»
Salmo 4, 9
La Chiesa cristiana evangelica
di Cuneo, Mondovì e Bra partecipa al dolore di Arturo Stirano per
la scomparsa del signor
Franco Stirano.
Mondovì, 9 aprile 1993
SINGOLARE PRODIGIO
Aumenta la popolazione in vai Pellice
TORRE PELLICE - Annalisa Bleynat e Paolo Fiorio,
esausti ma felici, annunciano la nascita, dopo oltre nove
mesi di attesa, della loro piccola Astrid.
Non appena diffusa la notizia, manifestazioni spontanee
di giubilo da Bobbio Pellice al ponte di Bibiana.
In forte rialzo la Borsa di Torre Pellice.
«Sia che noi viviamo, sia che moriamo, noi siamo dei Signore»
Romani 14, 8
«a dono di Dio è ia vita eterna in
Gesù Cristo nostro Signore»
Romani 6, 23
La redazione, i collaboratori, I
tipografi sono vicini a Laura Leone e alle figlie Vera e Carolina
con la famiglia, e al fratello Arturo
Stirano in questo momento di dolore per la scomparsa di
Franco Stirano.
Torino, 9 aprile 1993
1 necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedì.
Telefonare al numero
011-655278 - fax 011657542.
16
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 16 APRILE 1993
Di ritorno da una «spedizione» di aiuti umanitari nella ex Jugoslavia
Un dramma senza fondo e senza senso:
la solidarietà non si deve fermare
STEFANO FASOU
HO ancora gli occhi lucidi
e un nodo alla gola. Prevale in me l’emozione violenta del dramma che ho visto, vissuto, sentito a fior di
pelle e che mi scuote fin nel
profondo sollevando un turbine di sensazioni contrastanti e di antichi e nuovi perché.
Ho partecipato a una «spedizione di solidarietà» per portare aiuti umanitari nell’ex
Jugoslavia.
Insieme a altre 12 persone
delle comunità di Omegna e
Como abbiamo portato in
Croazia 5 furgoni carichi di
viveri, indumenti, prodotti
sanitari, lana, semi per coltivare e tanto altro. La raccolta
era già stata un’esperienza significativa; molti hanno dimostrato sensibilità e condivisione, molti hanno aiutato
attivamente, molti altri invece sono rimasti indifferenti, non hanno avuto fiducia o
non ritengono valida questa
modalità di aiuto.
Forse non andrebbe affrontato il problema cercando
delle «cure» provvisorie come queste bensì adoperandosi per estirpare la causa del
male, levando la voce affinché siano i governi e le istituzioni a mobilitarsi. O forse
accanto alle nostre manifestazioni per la pace e al nostro
contributo quotidiano alla costruzione di una cultura di
pace dobbiamo anche alzarci
e muoverci in prima persona.
Non è una questione semplice e già quando ho iniziato
la «raccolta», chiedendo e
spiegando a amici, parenti e
conoscenti, cercando e proponendo motivazioni, mi sono reso conto che non era affatto una .scelta priva di dubbi
e perplessità e talvolta di esitazione.
Risaltava subito la pochezza del gesto, la dimensione
microscopica dello sforzo in
confronto al bisogno da soddisfare. La frustrazione è stata costantemente per me la
misura del senso, il contrappeso dell’entusiasmo, delle
intenzioni, come se combattessi io stesso contro le armi
potenti che tuonano ogni
giorno, non solo in quelle ter
Un’immagine eloquente del dramma nella ex Jugoslavia; così appare ora la città croata di Vukovar
re ma anche qui, in televisione e sui giomali,sulla bocca
degli indifferenti e dei menefreghisti.
Dopo la raccolta, il viaggio. Prima tappa a Fola, in
Istria, dove non si spara più
ma la guerra c’è lo stesso: è
la fame, il freddo, la paura.
Abbiamo scaricato quasi
2.000 kg di merce presso la
locale chiesa evangelica, ma
solo dopo innumerevoli peripezie burocratiche.
I decreti legge sulle modalità di sdoganamento degli
aiuti umanitari, infatti, si succedono con ritmo impressionante (30 negli ultimi due
mesi) e ciò è di ostacolo alle
organizzazioni private, alle
chiese evangeliche, sempre
più penalizzate dopo la proclamazione della Chiesa cattolica come chiesa di stato e
della Caritas come unica organizzazione autorizzata a ricevere aiuti umanitari, e alla
popolazione soprattutto, su
cui ricade il peso degli errori
del governo croato.
Ho visto impressa la paura
sul volto dei giovani che possono essere arruolati da un
momento all’altro, senza
preavviso e spediti al fronte.
Ho visto la miseria e la fame,
la scarsità di cibo nelle dispense, il freddo che penetra
le ossa, perché i riscaldamenti sono inesistenti e la
bora si insinua gelida dalle finestre sgangherate. Ho sen
tito dire di migliaia di profughi stipati nei campi, in periferia, in condizioni critiche.
Poi, seconda tappa a Karlovac, dove infuria ancora la
battaglia. Karlovac è mezza
distrutta, le case bombardate,
interi quartieri rasi al suolo, i
campi minati, i cecchini sparsi sulle colline; c’è odore di
morte, immagini di odio e
violenza, un’atmosfera tesa,
greve, spettrale; la sofferenza
delle persone rimaste, come
il pastore battista e la sua famiglia, è fatta di fame e di
terrore e pericolo reale, palpabile.
Nei locali della chiesa,
quello che ne rimane, abbiamo lasciato più di 3 tonnellate di merce, ma ce ne vorrebbe 10, 100 volte tanto.
In un campo profughi, appena costruito in periferia, ho
visto arrivare anziani e bambini, fuggiti da chissà quale
orrore portando con sé poche
cose, qualche borsa, qualche
pacco, tutto ciò che rimane
ioro. 1 profughi, ci dicono,
qui sono migliaia, decine di
migliaia...
Poi siamo scappati in fretta, per strade impervie di
montagna, perché il coprifuoco è il segnale della sera, della notte, degli spari di mitra
che ci hanno spaventati, delle
bombe che lanciano in aria
colonne di fumo acre dalle
colline.
Serbo, croato, bosniaco.
sloveno, musulmano, cattolico, ortodosso: ognuno porta
un cappello diverso, spesso la
divisa è uguale e parlano la
stessa lingua. E di notte, proprio quando non si possono
distinguere l’un l’altro, si
sparano senza quartiere, vittime e carnefici allo stesso
tempo, vincitori e vinti allo
stesso modo.
E un’assurda guerra fratricida in cui ormai si stenta a
capire chi sia aggressore e
chi aggredito, quale sia l’oggetto del contendere, quali
interessi siano in gioco. Si dice che fra i soldati ci siano
anche russi, arabi, con armi
perfino sudamericane.
La consolazione che tenta
di crescere in me, dopo essermi riempito gli occhi di un
dramma .senza fondo e senza
senso, è quella di aver incontrato persone che recano un
barlume di speranza, difendendola come la fiamma di
un cerino fra le mani nella
bufera.
Sono donne e uomini abbassati ma non vinti, atterrati
ma non sconfitti e il loro filo
di speranza si è annodato con
il nostro, nel loro silenzio
commosso di fronte al cibo
per sopravvivere, nella viva
preghiera al Signore, nell’esperienza che ormai ci accomuna dell’essere sostegno gli
uni per gli altri.
La solidarietà non si deve
fermare.
Ginevra: presentato un rapporto deH'Organizzazione internazionale del lavoro
Milioni di bambini sono tenuti in schiavitù
L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), un
organismo delle Nazioni Unite, in un rapporto presentato
l’8 marzo a Ginevra, afferma
che milioni di persone nel
mondo vengono tenute in
schiavitù. Ciò avviene soprattutto in Asia, in Africa e
in America Latina dove è
molto diffusa sia la «schiavitù tradizionale», sia quella
per debiti.
Una sorte particolarmente
triste tocca a milioni di bambini che vengono venduti alle
fabbriche o ai bordelli.Tra i
i'abbofìamento
RIFORMA?
paesi dove esiste una «schiavitù tradizionale» il rapporto
indica la Mauritania e il Sudan.
In quest’ultimo la schiavitù, a causa della guerra civile, sarebbe in espansione.
Miliziani sbandati assalgono i
villaggi e rapiscono le persone per venderle come schiavi.
Molte famiglie poi, ridotte
alla miseria, venderebbero i
loro figli fra i 7 e i 12 anni a
poco più di centomila lire
l’uno. Gran parte degli
«schiavi» sono costretti alla
servitù per tutta la vita a causa dei debiti che contraggono
con i loro padroni i quali li
allettano con degli anticipi in
denaro che essi, a causa dei
salari bassissimi, non sono in
grado di restituire.
La Oil documenta casi di
persone che per questo motivo hanno trasmesso la loro
schiavitù per otto generazio
ni. Particolarmente problematica è la situazione in Pakistan, dove 20 milioni di persone, fra cui 7 milioni e mezzo di bambini, sono praticamente ai lavori forzati.
Per lo più sono usati nella
fabbricazione dei laterizi, nella produzione di scarpe, nelle
cave di pietra, nella conservazione del pesce e nei lavori
agricoli.
In India la schiavitù per debiti riguarda 5 milioni di
adulti e 10 milioni di bambini, costretti a lavorare nelle
cave e sui campi, nella tessitura di tappeti e nei lavori domestici. II governo minimizza, parlando di 300.000 casi.
Una commissione della
corte suprema dell’India ha
accertato che un gran numero
di bambini fra i .sei e i nove
anni è costretto a lavorare per
molte ore sotto stretta sorveglianza nella produzione di
tappeti. Alcuni bambini che
avevano tentato di fuggire sono stati picchiati e torturati.
Secondo il rapporto della
Oil il lavoro coatto è diffuso
anche nell’America Latina.
Relativamente al Brasile il
rapporto dell’Oil parla di circa 8.000 casi noti. Chi cerca
di fuggire viene «picchiato,
frustato e mutilato».
L’attenzione del rapporto si
concentra in particolare sullo
sfruttamento dei bambini.
Ad Haiti oltre centomila
bambini sono stati venduti
come domestici a famiglie
abbienti. Non sono pagati,
fanno spesso lavori pesanti e
non di rado subiscono violenze fisiche e abusi sessuali.
In Tailandia cosiddetti
«cacciatori di bambini» battono le campagne alla ricerca
di minorenni da vendere a case private, ristoranti, fabbriche e bordelli.
Trieste: incontro di «costruttrici di pace»
Le donne contrarle
ai confini «artificiali»
MARIE-FRANCE MAURIN COÌSSON
«L:
e nostre mani unite
contro le loro mani
armate» era il titolo dell’incontro del 13-14 marzo a
Trieste tra donne (più di
100) «costruttrici di pace»,
italiane (appartenenti all’associazione per la pace, alle
«donne in nero», al gruppo
«Visitare luoghi difficili») e
dell’ex Jugoslavia (centri
per le donne vittime della
guerra, «donne in nero»).
Due giornate molto intense che hanno dato la possibilità alle ex jugoslave di trovarsi tra loro. Di solito non
possono, perché le linee teiefoniche e i trasporti sono
interrotti.
Ci siamo pronunciate contro i confini, perché la visione e i sentimenti familiari
non conoscono confini. Essi
sono ritenuti «artificiali,
eretti dagli uomini nella storia». Le donne non accetta
no questi confini e si impegnano per la loro apertura e
il loro superamento.
Il secolo si chiude con uno
stupro di massa, sintomatico
della qualità della vita delle
donne, che da sempre hanno
subito violenze, in famiglia
e nella vita civile. Qui si
tratta di stupri etnici, non
solo dovuti alle ragioni patologiche dei soldati di sempre, ma «per fare generare
alle donne un piccolo nemico» e perché la donna è vista come oggetto atto a offendere l’uomo che c’è dietro di lei, per far crescere
l’odio fra le diverse etnie,
per fare abbandonare alla
gente le proprie case.
Le donne di Fiume dicono: «La crisi di identità degli uomini porta a renderci
conto del grande pericolo
che gli uomini usino la violenza come unico modo già
sperimentato per identificarsi».
Colombia: nel corso degli anni Ottanta
12.000 persone uccise
per motivi politici
Negli anni Ottanta più di
12.000 persone sono state
assassinate in Colombia per
motivi politici, fra cui molti
collaboratori di organizzazioni umanitarie, spesso evangeliche.
Questo è documentato da
un’inchiesta condotta dal
«Diakonisches Werk» di
Stoccarda e da altre organizzazioni internazionali che
si interessano dei diritti umani e dello sviluppo.
I risultati dell’inchiesta sono contenuti in una pubblicazione in spagnolo dal titolo
«Terrorismo di stato in Colombia».
Tra il 1977 e il 1991 oltre
2.000 persone sono «scomparse» e molte sono state tor
turate. Il numero di questi crimini in Colombia è in aumento.
L’inchiesta ha per la prima
volta fatto i nomi di 350 colpevoli di gravi violazioni dei
diritti umani.
Si tratta per lo più di individui che appartengono agli
alti gradi della polizia e
dell’esercito, i quali ottengono per le loro azioni non solo
l’impunità ma anche vantaggi
nella carriera.
Le principali vittime del
«concetto di sicurezza nazionale importato dagli Usa» sono gli oppositori politici e gli
appartenenti ai movimenti sociali impegnati nella difesa
dei piccoli agricoltori oppressi e degli indios.
Una denuncia della Chiesa luterana
Salvador: cresce
la violenza politica
La Chiesa luterana del Salvador denuncia crescenti
violazioni dei diritti umani e
un continuo aumento delle
violenze politiche nel paese.
La fiducia della popolazione nel processo di pace che
sembrava essersi instaurato
dopo anni di violenze e atrocità è scossa.
Sono ripresi gli assassini e
le minacce di morte soprattutto nei confronti dei membri
del Fronte di liberazione Farabundo Marti, che ha consegnato le armi, verso i loro familiari e le organizzazioni di
base.
Gli autori di questi crimini
sono soprattutto militari e
membri delle forze di polizia
e degli ex servizi di sicurezza.
Ma esistono anche delle
bande armate di ex poliziotti,
ex militari e di ex militanti
del Fronte di liberazione che
terrorizzano il paese taglieggiando e uccidendo.
L’Arena, il partito di estrema destra al potere, ha proposto in Parlamento un disegno
di legge per il reinserimento
della pena di morte nella Repubblica del Salvador.
Ma questa iniziativa è fortemente contrastata dalle opposizioni, dalle chiese e dalle
organizzazioni di base.
Ricordiamo che recentemente, esponenti di spicco
dell’Arena sono stati accusati
di atroci delitti, fra cui quello
del vescovo Oscar Romero e
quello dei sei gesuiti impegnati nel Salvador.