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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 23 LUGLIO 1993
ANNO I - NUMERO 26
ECUMENISMO
UNITA ,
NELLA DIVERSITÀ
LUCIANO DEODATO
T Tnità nella diversità»:
XV questo potrebbe essere il titolo della Carta costituzionale della Federazione protestante francese (Fpf),
approvata dal Consiglio nel
corso della sua ultima riunione, tenutasi a Lione il 27 e
28 giugno.
«Sapendo che l’unità nella
diversità riconosciuta è una
testimonianza originale e necessaria sia nella chiesa universale sia nella società, vogliamo rafforzarla e approfondirla tra noi», recita il
preambolo.
Fanno parte della Federazione molte chiese storiche
del ramo luterano, come
quella della Confessione
d’Augusta di Alsazia e Lorena, e del ramo riformato come la Chiesa riformata di
Francia e la Federazione delle chiese battiste; altre appartengono invece all’area «risvegliata» pentecostale,
«evangelicale», per un totale
di quindici denominazioni
diverse.
Non solo, ma oltre alle
chiese vere e proprie, fanno
capo alla Federazione opere,
istituzioni e movimenti diversi. Un universo ricco e
variegato con sensibilità spirituali e impegni nella società che possono anche essere tra loro in conflitto.
La «Carta» si preoccupa
perciò di stabilire alcuni punti fermi, sui quali è stato possibile raggiungere un consenso unanime. Sono quelli classici del protestantesimo. Anzitutto il riconoscimento del
valore normativo delle Scritture dell’Antico e del Nuovo
Testamento; in secondo luogo il riconoscimento della
centralità del criterio interpretativo della «salvezza per
grazia, ricevuta unicamente
per fede». Detto in altri termini, ci troviamo dunque di
fronte ai tre principi del «sola scriptura», «sola gratia»,
«sola fides». Le storie diverse, i percorsi travagliati, le
rotture e le lacerazioni che si
sono verificate nel corso dei
secoli, dalla Riforma in poi,
non hanno mai messo in discussione questi tre principi;
anzi, si può dire che in una
certa qual maniera ne sono
stati uno sviluppo e un’esplicitazione.
E la chiesa, allora che
cos’è? Non una istituzione,
ma un evento: «Nell’amore
fraterno e nella libertà che ci
dona l’Evangelo esercitiamo
l’accoglienza reciproca alla
Cena, quale risposta all’invito del Signore e segno della
nostra comunione in Cristo»,
dice con molta semplicità la
«Carta».
E quando dice «amore», è
chiaro che intende la «agape» di Cristo che non «sospetta il male», «non cerca il
proprio interesse», «non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità» Corinzi,
13); e quando dice «libertà»
pensa all’opera di Cristo, che
ci ha liberati dalla schiavitù
dell’osservanza di riti, regole, cerimonie (come annuncia in modo unico l’apostolo
Paolo nell’epistola ai Calati),
per adottarci quali figli e figlie di Dio. Pratica dell’amore ed esercizio della libertà:
ecco le caratteristiche della
chiesa. In questa prospettiva
possono essere compresi i
vari doni dello Spirito,
l’esercizio dei ministeri, le
diversità e le complementarità all’interno della chiesa e
fra le chiese.
Ci troviamo, sostanzialmente, nell’ambito della proposta delle chiese della
Riforma, tuttavia con una
forte accentuazione sull’elemento del dialogo e della disponibilità a lasciarsi mettere
in questione dall’altro. Su
questa base è possibile una
collaborazione organica in
molti settori, dall’evangelizzazione alla diaconia, dalla
lotta per la giustizia e i diritti
umani alle risposte da dare
alle questioni urgenti del nostro tempo.
La Federazione si è dunque dotata di una «Magna
Charta» per unire le proprie
forze e aperta a quanti altri
vorranno aggiungersi in futuro, per «proclamare la Buona
Novella e manifestare insieme la sua potenza di liberazione e rinnovamento».
Nella Scrittura il criterio fondamentale per le elezioni alle cariche ecclesiastiche
Temere l'Eterno: il principio del buon governo
DANIELE CARROÑE
«Scegli fra tutto il popolo degli uomini
capaci che temano Dio, degli uomini fidati che detestino il lucro iniquo e stabiliscili sul popolo come capi (...) e rendano essi ragione al popolo in ogni tempo»
(Esodo 18,21-22).
«... il timore del Signore sia in voi;
agite con circospezione»
(II Cronache 19, 6-7).
O cegli fra tutto il popolo degli uomini...»; «Prendete degli uomini
nelle vostre tribù...». Vari fatti in questi
mesi richiamano il problema della scelta
degli uomini e delle donne e dei criteri
con cui eleggerli. Pensiamo alla discussione politica sulle riforme elettorali;
pensiamo a uno dei momenti più importanti del Sinodo, anche sul piano spirituale; quello delle elezioni del venerdì.
Un’adeguata distribuzione delle responsabilità è essenziale perché una comunità
possa esistere stabilmente e armoniosamente e occorre individuare le persone
adatte ad assumere cariche e incarichi.
La Bibbia ricorda alcuni casi in cui la
scelta delle persone è effettuata tramite la
sorte, non perché chiunque possa andar
bene ma perché, attraverso il ricorso alla
sorte, si intende mostrare che si rimette a
Dio la scelta: è questo il caso di Saul (I
Samuele 11, 10-27) e del successore di
Giuda (Atti 1, 21-26). Vi sono però anche casi in cui la scelta avviene in base a
criteri espliciti, come nei testi citati sopra, e che riferiscono l’introduzione di un
ordinamento politico e/o giudiziario fin
dai tempi in cui il popolo d’Israele era in
marcia verso la terra promessa.
I capi/giudici - scelti fra tutto il popolo, in ogni tribù, dunque senza ogni considerazione di casta, di clan o di ceto —
debbono innanzitutto possedere alcune
capacità umane: questi requisiti sono descritti con i termini della sapienza di vita
dell’antico Israele; si tratta di intelligenza, di saggezza, di discernimento, di
equilibrio oltreché, ovviamente, di specchiata incorruttibilità. Chiunque può essere scelto all’interno del popolo, purché
possieda le qualità di una persona saggia
e affidabile e «tema Dio».
• Non si tratta solo di una generica religiosità, né di solo timore del castigo questo da solo rende pavidi, non responsabili e autorevoli! - né soltanto di sincera fede personale. Chi «teme Dio» cerca
nella sua vita, in particolare e tanto più
nell’esercizio di una responsabilità alla
guida del popolo, di riconoscere e realizzare «la volontà di Dio, ciò che è buono,
accettevole e perfetto» (Romani 12, 2).
Chi «teme Dio», proprio mentre mette a
frutto della comunità le capacità umane
che gli sono state riconosciute, si sa sottoposto a un’autorità superiore e guidato
da una superiore volontà. Dove questa
sottomissione e questa ispirazione vengono meno imperano arbitrio, ingiustizia e
violenza, come mostra con ogni evidenza
la storia di Naboth (I Re 21) dove il «timore della regina» soppianta il «timor di
Dio».
I testi biblici che abbiamo evocato non
sono trasferibili in modo diretto e immediato nella nostra realtà: i «capi/giudici»
di Israele non sono gli eletti di un moderno parlamento democratico né le persone
a cui un Sinodo affida responsabilità amministrative. Tuttavia non possiamo rileggere queste pagine dell’Antico Testamento senza rilevare forti associazioni
con le nostre preoccupazioni di oggi.
Non abbiamo forse bisogno, per il futuro
della nostra democrazia, di persone scelte
per la loro capacità e saggezza, note per
la loro onestà e il loro rigore, capaci di
sottomettere ogni loro atto e decisione a
un «principio superiore»?
Quando formuliamo le candidature per
le elezioni con cui si chiudono i lavori sinodali, non dobbiamo forse prescindere
da linee e schieramenti, ideologie e correnti, maggioranze e minoranze - le categorie «politiche» che con troppa facilità
facciamo nostre - per limitarci a individuare persone conosciute, fidate, intelligenti e savie, disposte a avere come criterio, non solo supremo ma anche unico, il
«timor di Dio»?
Oberwart ^
Con le chiese
dell'Est
PASQUALE CASTELLUCCIO
Dal 9 al 15 luglio ha avuto
luogo a Vienna la Conferenza
di Oberwart. Questo incontro,
a scadenza biennale, avviene
da circa 30 anni su iniziativa
della Chiesa riformata svizzera. L’intento delle comunità
riformate di tradizione calvinista e zwingliana, che in alcuni paesi costituiscono una
minoranza, originariamente
era quello di offrire una possibilità di dialogo e di incontro ai riformati dell’Europa
orientale con gli occidentali.
Realtà divise da una geografia politica dei due blocchi
che impediva una reale comunione.
Si è discusso accuratamente
dell’attuale situazione europea, affrontando temi quali
integrazione, nazione, nazionalità, nazionalismo e confrontandosi con problematiche quali le migrazioni di popoli, le richieste d’asilo, l’antisemitismo. Il tema della
conferenza. La terra promessa, voleva essere una parola
chiave per mettere a fuoco le
tensioni in cui si trovano anche le chiese dopo i capovolgimenti politici degli ultimi
anni. La notevole presenza
dei rappresentanti dei paesi
dell’Est ha dato un tono tutto
particolare all’incontro.
Questi fratelli e sorelle,
sebbene animati da un forte
senso nazionalistico che loro
considerano come alternativa
al comunismo, continuano
comunque a guardare all’Europa occidentale come alla
terra promessa. Il desiderio di
questi popoli sembra essere
quello di poter finalmente
scappare dai loro paesi per
poter raggiungere il ricco occidente dove «scorrono il latte e il miele».
«Voi avete l’avvenire sicuro...» si è spesso sentito affermare. Molti non credono nella possibilità di potersi risol
SEGUEAPAGINA10
Delle Chiese
Solidarietà
con le donne
pagina 5
All’Ascolto
della Parola
Il comandamento
dell’amore
pagina 6
Metodisti
britannici
pagina 7
2
PAG. 2 RIFORMA
«SI
VENERDÌ 23 LUGLIO I993
Verso la V Conferenza mondiale di «Fede e costituzione» a Santiago de Compostela
Dai colloqui regionali emergono delusioni
e speranze del movimento ecumenico
MABY TANNER*
In tutti i colloqui regionali
si è parlato di evangelizzazione concorrenziale e
di proselitismo.
Gli europei hanno segnalato la difficile situazione esistente in Ucraina tra ortodossi e cattolici. Gli africani
hanno menzionato l’afflusso
verso il loro continente di
gruppi fondamentalisti provenienti dagli Stati Uniti.
Le antiche chiese del Medio Oriente hanno aperto il
loro colloquio esprimendo la
loro grave preoccupazione di
fronte alla decisione di alcune province anglicane di ordinare donne al sacerdozio.
Questa decisione, carica di
promesse per alcuni, viene
percepita da altri non solo
come la sconfessione di precedenti accordi ecumenici
ma anche come un nuovo
imponente ostacolo all’ecumenismo.
Una certa delusione è stata
inoltre espressa di fronte al
fatto che poche chiese finora
hanno messo in pratica le
convergenze teologiche del
Bem nei loro rapporti con le
altre chiese.
I latinoamericani hanno
parlato del divario esistente
tra la teologia astratta esposta da «Fede e costituzione»
nel suo documento di lavoro
e la realtà dell’unità vissuta
aH’intemo delle comunità di
base. Per colmare questo divario, dicono alcuni, bisogna
«decostruire» il discorso
teologico e ricostruirlo a partire dalla comunione vissuta
nell’impegno al servizio dei
poveri.
Nel Nord America e in
America Latina i partecipanti ai colloqui regionali hanno
manifestato la loro delusione
nel vedere che il movimento
ecumenico classico non riesce a varcare il fosso che lo
separa dalle chiese pentecostali e indipendenti.
Molti hanno parlato della
distanza che esiste tra la prudenza dei responsabili di
chiese e l’impazienza dei
cristiani di base che lavorano
per l’unità. Una certa irritazione si è manifestata circa
le affermazioni sull’«Mn/ià
visibile»: per alcuni, essa significa uniformità e struttura
burocratica centralizzata che
ignora l’immensa diversità
delle culture, dei temperamenti e delle tradizioni teologiche, ed esclude il contributo di movimenti carismatici e indipendenti.
Il palcoscenico ecumenico
è diverso da quello che era
all’inizio degli anni ’80, in
cui una proliferazione di testi di convergenza provenienti da dialoghi bilaterali e
dal Bem aveva creato un
sentimento di euforia e alimentato la convinzione che
l’unità, almeno fra certi partner, si trovava a portata di
mano. Ora invece ci tocca
attraversare un terreno seminato di ostacoli.
La koinonia
In questo dibattito preliminare, una seconda cosa mi ha
colpita: la reazione al termine koinonia.
Questa nozione, lo hanno
dimostrato i colloqui regionali, ha interessato molte
persone, proprio perché rispecchia ciò che stanno vivendo. Gli africani, ad esempio, hanno spiegato a che
punto essa evoca per loro
i’insieme dei legami familia
Santiago de Compostela: fin dall’anno 950, migliaia di pellegrini si
sono appoggiati al pilastro centrale della cattedrale per pregare
ri e comunitari molto profondi che li uniscono, in cui
i rapporti tra le persone e la
convivialità sono essenziali.
Nella maggior parte dei
colloqui, i partecipanti hanno chiesto che a Santiago de
Compostela si dedichi molto
più tempo allo studio della
koinonia. Ma alcuni hanno
sollevato questioni di fondo.
La koinonia viene caricata
di più peso di quanto ne possa assumere? Pone troppo
l’accento sull’astratto a scapito del vissuto? È possibile
tradurre indifferentemente il
termine koinonia con «comunione» o con «comunità»?
La koinonia è un’immagine o un modello di unità fra
altri o rimanda alla realtà
soggiacente fondamentale
della vita e dell’amore di
Dio alla quale partecipiamo
già, e per mezzo della quale
siamo già uniti gli uni agli
altri?
La comunione di fede
La riflessione portata
avanti sulla koinonia nella
fede, riprendendo lo studio
«Confessare la fede comune» , solleva importanti questioni sul ruolo del «Simbolo
di Nicea-Costantinopoli», il
significato dell’apostolicità,
il rapporto tra fede confessata a parole e fede tradotta
in atti, e il posto della diversità nella confessione di
fede.
E stata anche posta una
domanda che si riallaccia alle precedenti: come la confessione di fede, legata ad un
contesto culturale, si ricollega alla dimensione universale? Come possiamo discernere negli altri la fede della
chiesa attraverso i secoli?
Come possiamo confessare
insieme, nelle nostre parole
e nei nostri atti: «Questa è la
fede della chiesa, questa è la
nostra fede comune?».
La comunione di vita
Questa parte del tema riprende l’ordine del giorno del
documento Battesimo eucarestia e ministeri. Le discussioni preparatorie hanno mostrato che occorreva sollecitare
maggiormente le chiese a ricevere le convergenze del
Bem.
Ogni chiesa, ogniqualvolta
è chiamata ad un’unità che
costa, tende a ripiegarsi sulla
propria identità. Nello stesso
tempo, queste discussioni
hanno fatto riemergere alcune
delle abituali questioni spinose: il rapporto tra fede e battesimo, la successione apostolica, l’ordinazione delle
donne.
Constatiamo ancora una
volta la differenza tra due tipi
di chiese: le chiese della
Riforma che possono prendere decisioni per far progredire
le cose nei campi dell’ospitalità eucaristica e della condivisione del ministerio, fondandosi su un battesimo comune e su un accordo in materia di fede, ma senza prevedere un accordo su tutti gli
elementi visibili dell’unità; e
le chiese che percepiscono
l’interrelazione dei diversi
elementi dell’unità.
Come esprimere quindi la
comunione che esiste già se
non possiamo crescere insieme in una mutua ospitalità
sacramentale e in una certa
condivisione del ministerio?
La comunione
di testimonianza
La discussione preparatoria sulla testimonianza, ispirandosi al documento «Chiesa e mondo» e su studi sul
rinnovamento, porta alla
constatazione che l’unità della chiesa è impensabile fuori
dall’unità della comunità
umana e dello shalom dell’
intera creazione di Dio.
*Mary Tanner, della Chiesa
d’Inghilterra, è presidente della
Commissione «Fede e costituzione». L’articolo, tratto dalla rivista del Soepi «Mensuel» (giugno
’93) è una sintesi di una sua relazione presentata al Comitato
esecutivo del Cec nel marzo
scorso.
La Kek lancia una vasta consultazione presso chiese e movimenti
Verso un nuovo raduno europeo?
In una lettera indirizzata alle chiese, ai gruppi e movimenti cristiani di tutta l’Europa, la Conferenza delle chiese
europee (Kek) ha lanciato una
vasta consultazione per sapere se sia opportuno convocare
un secondo Raduno ecumenico europeo entro la fine del
millennio. Il primo Raduno si
era svolto a Basilea nel 1989
sul tema «Pace, giustizia e integrità del creato».
Il Raduno di Basilea era
stato convocato sotto l’egida
comune della Kek e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee della Chiesa
cattolica (Ccee). Aveva riunito circa 600 delegati ufficiali,
a parità tra la Kek e il Ccee.
L’opera di riconciliazione
in Europa è il tema generale
suggerito dalla Kek per questa seconda edizione. La lettera della Kek vuole sondare i
cristiani europei sulla forma e
Basilea (Pentecoste 1989): durante Il primo raduno ecumenico europeo
il contenuto di un secondo raduno. E una tappa essenziale
nel processo preparatorio. La
Kek spera che esso porterà a
questo secondo importante
evento ecumenico, la cui forma e il cui luogo dovranno
ancora essere precisati. In
una prima tappa, viene chiesto ai cristiani e alle chiese
quali contributi pensano di
poter dare agli studi che porteranno al Raduno, quali sono
le loro aspettative e le loro
speranze e l’ammontare probabile del loro contributo finanziario.
La lettera di consultazione
è firmata da Jean Fischer, segretario generale della Kek.
Un gruppo di lavoro comune
Kek-Ccee è stato incaricato
di preparare un progetto che
dovrà essere presentato ai rispettivi organi dirigenti nell’
ottobre ’93 e nel gennaio ’94,
data in cui verrà presa la decisione definitiva.
Recentemente a Cipro, il
Comitato comune della Kek e
del Ccee ha riaffermato il
proprio.desiderio di appoggiare la convocazione di un
tale raduno.
Dal Mondo Cristiano
Paolo Ricca premiato
dalla Fondazione Marc Boegner
BASILEA — Il Consiglio della «Fondazione Marc Boegner» si è riunito a Basilea l’8 giugno scorso. Il prof. Oscar
Cullmann, presidente onorario, ha partecipato alla seduta, presieduta dal decano Roger Mehl. La fondazione, creata nel
1975, ha il fine di riconoscere e incoraggiare opere e persone
che lavorano nello spirito allo stesso tempo evangelico ed ecumenico, che era quello di Marc Boegner. Per il 1993 il Consiglio ha premiato le seguenti persone e opere:
- Paolo Ricca, decano della Facoltà valdese di teologia di
Roma, che fu per dodici anni membro della Commissione «Fede e costituzione» del Consiglio ecumenico delle chiese, per il
suo ruolo e la sua attività ecumenica a Roma e in Italia in quanto rappresentante delle chiese valdesi.
- il Centro «l’Oiseau bleu» (95650-Boissy l’Aillerie),
dell’associazione Bethel (senza scopo di lucro) di lotta contro
la tossicomania, animata dal pastore Alain Benoît, per l’accoglienza post cura, la formazione professionale e il reinserimento dei tossicomani dai 18 ai 30 anni. Quattro centri sono in attività: «rOiseau bleu», «l’Oiseau vert» (vicino a Valence, Drôme), «la ferme St Jean» (vicino a Gisors, Eure) e «le Fenouillet» (Ardèche).
Immigrati: dichiarazione dei
protestanti francesi
LIONE — Riunito a Lione il 26-27 giugno, il Consiglio della Federazione protestante di Francia si è soffermato a lungo
sul dibattito in corso sul codice della nazionalità e suH’immigrazione in Francia.
In una dichiarazione rivolta a tutti i membri di chiesa e a tutte
le associazioni della Federazione, esso si «rallegra per i contributi dati dalle chiese e dai movimenti ai recenti dibattiti su questo argomento. Si associa pienamente alle loro dichiarazioni
che hanno reso un servizio al dibattito democratico, giustamente garantito dal quadro della laicità francese. Il Consiglio sottolinea quanto l’esperienza che hanno le chiese e i movimenti
dell’incontro e dell’accoglienza dello straniero e la loro recente
riflessione comune nel corso della campagna ecumenica «Accogliere lo straniero», li autorizzino a una parola responsabile e
pubblica».
Pur attirando l’attenzione su un certo numero di questioni
particolari (applicazione delle recenti leggi, ricongiungimento
familiare, ecc.), il Consiglio annuncia la pubblicazione per
l’autunno ’93 di alcuni dossier che proporranno un approccio
biblico e teologico a tali questioni e «invita ognuno a raggiungere una nuova tappa della campagna ecumenica “Accogliere
lo straniero”».
Germania: collaborazione fra
le diverse chiese evangeliche
BERLINO — Le chiese avventiste del settimo giorno, in
Germania, sono state accolte nell’Associazione delle chiese
evangeliche libere della Germania. La loro richiesta di far parte
di questa organizzazione (che comprende i battisti, i metodisti,
le chiese libere e altri raggruppamenti minori) è stata accettata
dal Präsidium della stessa nella sua seduta a Berlino dell’8 giugno scorso. Tutte le chiese membro avevano già espresso il loro parere favorevole.
Proseguono intanto le conversazioni fra l’Associazione delle
chiese libere e la Chiesa evangelica tedesca. Si è raggiunto un
buon clima di dialogo e si è stabilito di avere regolarmente un
incontro annuale. Fra l’altro già da diversi anni tre dei 26 culti
evangelici trasmessi alla televisione sono affidati alle chiese libere.
Il pastore Manfred Suit, segretario del Präsidium dell’Associazione, ha detto in proposito che si è d’accordo nel voler evitare tutto ciò che possa danneggiare la collaborazione reciproca e in modo particolare il proselitismo. «Per quanto riguarda l’evangelizzazione - ha aggiunto - ci sentiamo impegnati a rispondere insieme ad una vocazione comune». Il prossimo incontro fra la Chiesa evangelica e le chiese libere è previsto per il prossimo dicembre.
In parallelo si stanno sviluppando le relazioni delle chiese libere con le comunità di tipo carismatico ed «evangelica!». Alcuni gruppi di comunità di queste due aree avevano organizzato, nel 1991, un convegno a Norimberga sfociato nella «riconciliazione» fra le due tendenze. Ad un nuovo convegno organizzato per il settembre prossimo, sempre a Norimberga, sono
state invitate ad assistere anche le chiese libere.
Vojvodina: il Seminario battista
prosegue la sua attività
NOVI SAD — Nella regione della Vojvodina, che fa parte
della Serbia ed è abitata da una forte minoranza ungherese, esiste un Seminario teologico battista che ha continuato i suoi corsi nonostante le difficoltà della guerra. Il 30 maggio scorso 11
studenti provenienti da 5 diverse zone della ex Jugoslavia e uno
studente della Repubblica centroafricana hanno conseguito il
diploma in teologia.
Per l’estate sono stati organizzati dei corsi per laici al quale
vi sono già state 35 iscrizioni. Essi comprendono una introduzione alla teologia, seminari per monitori e animatori giovanili
e per persone impegnate nella comunità locale e nell’evangelizzazione.
3
\/F.NERDÌ 23 LUGLIO 1993
PAG. 3 RIFORMA
160 anni fa ha avuto inizio l'avventura di tre giovani marinai
I tre ragazzi che tradussero
la Bibbia in giapponese
EMMANUELE PASCHETTO
11 12 ottobre 1832 una piccola nave da carico, la
Hojunmaru, lasciava uno dei
porti minori del Giappone
con la sua mercanzia e 14 uomini di equipaggio per far
rotta verso Tokio. Il giorno
dopo una tempesta affondava
la nave. Quattordici mesi più
tardi il relitto giungeva a Capo Flattery, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, con
tre naufraghi: Iwakichi, Kycukichi, entrambi di 14 anni,
eOtokichi di 13.
Una storia come tante in
millenni di navigazione, costellati da innumerevoli tragedie umane, anche se ci impressiona la giovane età dei
superstiti e la loro incredibile
capacità di sopravvivenza.
I tre ragazzi vennero salvati
da alcuni mercanti inglesi e
portati a Londra sulla Eagle,
una nave inglese, e di lì un altro vascello britannico li condusse a Macao. In quei tempi
il Giappone era chiuso agli
stranieri, non vi erano relazioni culturali e pochi rappor
PROTESTANTESIMO
IN TV
Domenica 25 luglio
ore 23,45 circo - Roidue
Replica: lunedi 2 agosto
ore 9,30 circa • Raidue
Fra sog^o.»
•f' r e realtà
.11 contributo prote(^■stante alla costruzhne dell'Europa
di domani
Giappone: paesaggio a Meijitempel
ti commerciali. Il giapponese
era una lingua pressoché sconosciuta agli occidentali.
A Macao c’era un missionario tedesco, Karl F. A.
Gutzlaff, che conosceva un
po’ di giapponese e cercava di
tradurre la Bibbia in quella
lingua, ma non era mai riuscito a contattare dei giapponesi.
Nel novembre del 1835 incontrò i tre giovani marinai e
il suo sogno si realizzò. Essi
rimasero con lui per oltre un
anno, gli insegnarono la loro
lingua e lo assistettero nella
traduzione della Scrittura. Nel
1837, a Singapore, si stampava, per la prima volta in assoluto, una parte del testo biblico in giapponese: il Vangelo e
le epistole di Giovanni. Di
quella singolare edizione restano ancora 16 esemplari.
Dei tre marinai non si seppe
più nulla finché, nel 1960, dopo anni di ricerche, la Società
biblica giapponese trovò i loro nomi in un tempio buddista
della città in cui erano nati,
Mihama. Con la collaborazione delle chiese locali e delle
autorità fu eretto loro un monumento, inaugurato nell’aprile del 1961 alla presenza
del prefetto e dell’ambasciatore tedesco. Da allora la Società biblica e le autorità locali si sono presi l’incarico di ricordare a turno, il 5 aprile di
ogni anno, i tre marinai.
Nel 1992 le autorità decisero di eommemorare i 160 anni
di quel lontano fatto, organizzando una corsa podistica intitolata a Otokichi, a cui parteciparono 349 atleti e 1.200
altre persone. Il sindaco di
Mihama, nell’aprire le celebrazioni, ha sottolineato l’importanza che Otokichi e i suoi
due compagni hanno avuto
nello sviluppo delle relazioni
intemazionali tra il Giappone
e gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. «Otokichi - ha aggiunto - è stato il primo giapponese a giungere negli Stati Uniti,
e il primo traduttore della
Bibbia in giapponese».
Tailandia
La Bibbia
in lingua kuy
Quando i missionari Richard e Buelah Johnstone si
preparavano per lasciare definitivamente la loro abitazione
al villaggio di Ban Bing presso la popolazione dei Kuy
(nella Tailandia orientale), dopo aver vissuto con loro per
40 anni in cui hanno anche lavorato alla traduzione della
Bibbia nella loro lingua, finalmente il fmtto delle loro fatiche è arrivato: 10 copie della
Bibbia in kuy. La gente è arrivata a Ban Bing dalle quattro
province della regione per accogliere la Bibbia e dare l’addio alla coppia che aveva dedicato la sua vita a questa traduzione. I Johnstone hanno
dovuto prima di tutto sviluppare un alfabeto e un sistema
di scrittura basato sui fonemi
della lingua Kuy; solo dopo,
con l’aiuto di Jum Laeng, una
donna del posto e con l’assistenza del dott. David Clark,
consulente della Società biblica, la traduzione ha potuto
lentamente realizzarsi. Nel
1959 ci fu la prima pubblicazione di una piccola parte della Bibbia che si rivelò esatta e
comprensibile. Nel 1979 fu
completato il Nuovo Testamento e venne pubblicato anche un innario con più di 160
inni in kuy. Infine per il Natale del 1992, data dell’addio
della coppia di missionari, è
uscito anche l’Antico Testamento. Dal mattino al tramonto, nella chiesa del villaggio e
attorno ad essa, si radunarono
intorno alla Scrittura e ai due
missionari, chiamati affettuosamente papà e mamma, centinaia di persone.
I Johnstone lasciano una
chiesa viva e attiva, che può
ora leggere e insegnare la
Scrittura senza bisogno di intermediari stranieri. Quattro
studenti Kuy stanno terminando i loro studi in un istituto biblico per raccoglierne l’eredità.
Dopo l'ordinazione del vescovo Haas la Chiesa cattolica conta 3.000 defezioni l'anno
Il vescovo meno amato dagli svizzeri
ANNETTE BIRSCHEL_______
La maggior parte dei cattolici della diocesi svizzera di Coira non ha un bel ricordo della Pentecoste. Il
giorno in cui si festeggia la
discesa dello Spirito Santo ha
portato cinque anni fa il vescovo Wolfgang Haas. A
Pentecoste del 1988 infatti
veniva ordinato vescovo dei
sette cantoni che compongono la diocesi di Coira un
40enne ultraconservatore, originario del Liechtenstein. I
cattolici svizzeri lo hanno
contestato duramente: da cinque anni Coira è teatro di discussioni quotidiane. Il vescovo dal viso rotondo e dal
sorriso pio è la persona meno
amata di quella regione alpina.
Proprio il giorno del suo
giubileo ha portato l’allentamento della tensione. Il 31
maggio, nell’antico convento
4i Einsiedeln, padre Paul
Vollmar e padre Peter Henrici, uno tedesco e uno svizzero, entrambi di 58 anni, sono
stati ordinati vescovi ausiliari
c affiancati dal papa al vescovo Haas, con l’incarico di
porre fine alle liti che continuamente si accendono a
Coira.
Sin dall’inizio Haas si è
presentato alle sue pecore come un vescovo «gradito al
papa». Il suo primo atto è stato l’allontanamento del vicario generale di Zurigo, da tutti benvoluto. I posti chiave
degli istituti scolastici cattolici li ha affidati a membri
dell’Opus Dei. Le donne e i
laici non disposti a ubbidire
in silenzio sono stati emarginati. Per Haas la democrazia
all’interno della chiesa puzza
di eresia. Quasi come 400 anni fa i cattolici più aperti hanno cercato rifugio nelle diocesi vicine.
Anche le arie da principe
del vescovo hanno seccato i
discendenti di Guglielmo
Teli. Nel paese della democrazia di base i suoi no ostinati al dialogo e al compromesso suonano come una
provocazione. Ben 14 dei 16
decani, l’80% dei membri di
chiesa della diocesi, il Consiglio presbiteriale e gli stessi
suoi colleghi vescovi non
condividono le sue posizioni.
In questi ultimi anni è raddoppiato il numero di coloro
che hanno abbandonato la
Chiesa cattolica, superando le
3.000 defezioni l’anno. Molti
genitori non hanno voluto far
confermare i figli da lui.
I cattolici di Zurigo, che sono il 60% della diocesi, hanno tagliato le offerte a questo
«vescovo senza popolo», ed
hanno perfino impedito al suo
fedele vicario generale Caset
ti l’accesso ai suoi uffici a
Zurigo.
Più volte i vescovi svizzeri
hanno chiesto a Roma che il
loro collega fosse esautorato,
ma non hanno avuto ascolto.
Nel 1992 il Vaticano inviava
come mediatore in Svizzera
l’arcivescovo Karl Joseph
Räuber, il quale giungeva alla
conclusione che una riconciliazione con Haas non era
possibile. Perfino il governo
federale di Berna mandò un
ambasciatore speciale a Roma per mettere in guardia sul
fatto che la pace religiosa nella terra del riformatore Zwingli era in pericolo.
Per la Chiesa cattolica il caso Haas può creare dei precedenti. In verità anche a Roma
hanno ammesso che la sua ordinazione è stato un errore.
Ma come uscirne senza per
dere la faccia? E senza correre il rischio di dare delle briscole in mano a coloro che
criticano i vescovi in Olanda,
in Austria o a Fulda? La soluzione è stata la nomina dei
vescovi ausiliari.
I cattolici svizzeri si sono
sentiti sollevati. Però non è
chiaro come debba lavorare
questo cervello a tre né quali
siano le competenze dei due
vescovi ausiliari. Per ora è
solo chiaro che i due vescovi
ausiliari sono anche i vicari
per l’intera diocesi. Il loro
compito non è certo facile e
lo dicono senza reticenze.
Henrici ha cercato fino all’ultimo di evitare questo incarico e smorza i troppo facili entusiasmi. «Forse qualcuno si
aspetta miracoli da noi - ha
detto - ma i miracoli avvengono assai raramente».
Kenia: 17 anni dopo l'inizio del lavoro
Nuovo Testamento
in lubukusu
«Adesso posso morire in pace. Ho visto la parola di Dio nella
mia lingua», sono state le parole del vecchio capo Barasa alla
presentazione del Nuovo Testamento in lubukusu. Il capo Barasa, un funzionario del governo in pensione, ha collaborato alla traduzione della Bibbia nella propria lingua.
La tribù dei Bukusu vive per la maggior parte nel Kenia occidentale, vicino al confine con l’Uganda, e per la prima volta
400.000 persone possono leggere l’intero Nuovo Testamento
nella propria lingua, diciassette anni dopo l’inizio della traduzione della Scrittura in lubukusu. La presentazione del Nuovo
Testamento è avvenuta nella chiesa riformata di Bungoma, gremita per l’occasione. Erano presenti pastori e credenti di otto
denominazioni diverse. Il pastore Henry Kathii, segretario della
Società biblica del Kenia, testimonia che questo Nuovo Testamento è stato un fattore unificante per i cristiani e racconta la
festa che ha accolto la presentazione del nuovo testo: «La congregazione stava aspettando con trepidazione quando entrarono
due bambine portando due candele accese, seguite da due file
di ragazze danzanti: sembrava la scorta per una sposa! Dopo le
ragazze veniva il pastore William Welime, che teneva in alto,
sopra la testa, il Nuovo Testamento. La comunità si alzò in piedi all’unisono per accogliere l’“ingresso” della Parola di Dio».
Lo stesso pastore Kathii ha «ricevuto» la Scrittura, per conto
della chiesa, e letto dal Salmo 119: «La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero». Ci sono state
acclamazioni e applausi e il pastore Tim Mpaayei ha espresso
la gratitudine di tutti al Signore per l’occasione. La predicazione del pastore Alian Kitui è stata condotta sul testo di Apocalisse 7, 9: «Vidi una gran folla che nessuno poteva contare, di
tutte le nazioni e tribù e popoli e lingue». E segata poi una recita dei giovani sul passo «I cieli e la terra passeranno, ma le
mie parole non passeranno».
La Chiesa cattolica, una delle denominazioni partecipanti alla
traduzione, aveva già prenotato 2.000 copie del Nuovo Testamento da distribuire fra i suoi membri.
Evangelizzazione in Sicilia
Nel quadro delle manifestazioni evangelistiche programmate per
Testate ’93 dalle Congregazioni cristiane pentecostali in collaborazione con l’Associazione cristiana «Nuovi orizzonti» si è svolta a
Catenanuova (En), il 16 e 17 luglio, una serie di incontri socio-culturali sul tema: Il messaggio della Bibbia per l’uomo d’oggi: denunce e speranze del libro di Dio.
Gli incontri, ai quali ha partecipato la formazione vocale-strumentale «Città futura» di Catania, hanno avuto luogo in piazza
Guglielmo Marconi. Tra i relatori i pastori evangelici Paolo Gatto,
Mario Romeo e Vincenzo Cali.
Pacifico meridionale; nei dialetti locali
In cantiere cinquanta
traduzioni della Bibbia
La Società biblica del Pacifico meridionale (Sbpm) è stata
fondata nel 1967 come agenzia della Società biblica britannica
e forestiera (Sbbf), per sovrintendere all’area di lingua inglese
del Pacifico meridionale, e in seguito ha allargato la sua responsabilità ai paesi di lingua francese. Divenuta autonoma nel
1976, copre ora l’intera zona che comprende 16 nazioni indipendenti. La sede è a Suva, capitale delle isole Figi e lo staff è
composto da 12 persone. La Sbpm risponde al Centro regionale
di Hong Kong in cui sono rappresentate tutte le maggiori chiese cristiane. In 25 anni di lavoro la Sbpm ha distribuito
nell’area di sua competenza più di un milione di copie della
Bibbia, nelle diverse lingue. Attualmente sono in cantiere 50
traduzioni diverse (29 delle quali a totale carico della Società
biblica). Per le sole Isole Salomone si sta lavorando a 12 traduzioni, 11 delle quali sono in dialetti in cui non esiste alcuna
versione della Scrittura.
Le difficoltà di traduzione sono spesso notevoli. «Prendiamo
per esempio il renellese - dice il dott. Cari Gross, uno dei consulenti che vive ad Adelaide, in Australia - che è una lingua
con caratteristiche diverse da quelle con cui di solito lavoro.
Sembra una lingua che privilegia i sostantivi, anche quelli
astratti, poi si scopre che possiede una gran quantità di suffissi
e ben 127 pronomi personali! Fra l’altro, coloro che parlano
questa lingua hanno usato per decermi la Bibbia in inglese e si
aspettano di trovare una assoluta corrispondenza fra il testo che
già conoscono e la versione che apparirà nella loro lingua».
Reggio Calabria: spiritualità e dialogo
Incontro dì preghiera
A conclusione del ciclo annuale di attività del gruppo Sae di
Reggio Calabria si è svolto, nella Chiesa evangelica valdese, il
24 giugno, un incontro ecumenico di preghiera, al quale hanno
preso parte battisti, cattolici, valdesi, un nutrito gruppo della
Chiesa evangelica cristiana e una rappresentanza musulmana. Il
tema che ha costruito il motivo conduttore della serata è stato
lo stesso trattato negli incontri di formazione nel corso dell’anno: «Voi chi dite che io sia?». Seguendo l’invito del pastore
Piero Santoro a accogliere i suggerimenti dello Spirito del Signore, i presenti hanno liberamente espresso riflessioni personali, a cui si sono alternati inni e canti delle diverse tradizioni e
intenzioni spontanee di preghiera.
Gli interventi sono stati numerosi e coinvolgenti: ne è risultato un incontro vivo, ricco di spiritualità, ma soprattutto espressione di comunione fraterna e di grande gioia, che ha degnamente coronato il cammino di dialogo che il gruppo porta
avanti. Su questa linea, con l’aiuto del Signore, ci proponiamo
di continuare per rispondere al suo comandamento d’amore.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 23 LUGUO I993
Alcune informazioni sulle attività presenti e future del Centro «La Noce» di Palermo Giovani americani ospiti della Fgei
Un progetto di azione sociale per ragazzi
nel cuore delle contraddizioni di Palermo
Alla scoperta del
«social gospel» italico
Il moderatore Franco Giampiccoli e il direttore del centro
«La Noce», Marco Jourdan,
hanno lanciato nei giorni scorsi
un appello alle chiese perché sostengano l’azione di questo centro. «L’emergenza non è finita»
scrivono.
Eventuali offerte possono essere versate sul ccp 12975900
intestato a Centro diaconale La
Noce — 90135 Palermo.
_______MARCO JOURDAN________
L? attività educativa e riabilitativa comprende
una scuola materna per 100
bambini, una scuola elementare per 130 bambini, un programma terapeutico per oltre
30 bambini disabili.
Il progetto educativo, nella
scuola materna, si propone di
mettere il bambino nella condizione di vivere l’esperienza
didattica in momenti creativi,
espressivi, ludici ed emotivi.
La scuola elementare è ispirata a criteri di accoglienza
nei confronti del «diverso» in
opposizione a criteri di omologazione e, nel rispetto delle
identità sociali, culturali e religiose, attua un progetto educativo che ha nell’ecologia il
suo punto focale.
Il programma disabili è attuato da una équipe multiprofessionale che segue i
bambini con interventi riabilitativi integrati con il programma educativo scolastico anche
attraverso incontri settimanali
di ^ppo fra insegnanti e tecnici per una ricognizione e,
più in generale, un bilancio
della condizione del bambino
e della classe. Gli interventi
sono pensati in modo che il
momento riabilitativo, per
esempio nell’area cognitiva,
coinvolga la classe che a sua
volta ne condivide gli effetti.
Questo è uno dei nostri settori professionalmente più
qualificati ed in questi ultimi
mesi è stato maggiormente
valorizzato e potenziato con
l’introduzione di nuove figure
professionali, l’allestimento di
un reparto adiacente alla scuola particolarmente attrezzato
per le terapie e l’apertura del
servizio anche a bambini non
iscritti presso le nostre scuole.
Attualmente il servizio è in
grado di effettuare i seguenti
interventi: patologia del linguaggio, della lettura e della
scrittura; problemi di diagnostica e psicometria delle funzioni cognitive; supervisione
psicologica; neuropsicologia
clinica; neuropsichiatria infantile; psicomotricità; fisiochinesiterapia per la riabilitazione neuropsicomotoria. Il
potenziamento è accompagnato da un programma di parziale autofinanziamento del servizio.Sempre nell’ambito dei
programmi educativi a gen
Palermo: i due edifici dei Centro diaconaie «La Noce»
naio sono stati attivati, nelle
ore post scolastiche, dei
laboratori di attività motorie,
creative ed espressive, aperti
al quartiere. Hanno funzionato per un trimestre. Questa attività costituiva, di per sé, è
anche un esperimento per un
progetto più articolato di intervento nel quartiere con la
realizzazione di un centro
diurno per minori.
Grazie ai padrinati iniziati
quest’anno molti bambini
hanno potuto sia frequentare
la scuola sia usufruire delle
terapie di riabilitazione. Per
tutti questi servizi si sta cercando di sviluppare un piano
di borse di studio che siano di
reale aiuto per i bisognosi e
che ci permettano di misurare
la potenzialità del nostro intervento.
La consulenza sociale e sanitaria è esercitata attraverso
il Centro immigrazione e il
Consultorio. Il Centro immigrazione, che comprende il
centro di accoglienza di via
Angiò con 18 posti letto e il
servizio di consulenza sociale
con una pluralità di competenze, è attualmente seguito dalle
associazioni Cese, Asef e Cim
che si avvalgono di un consistente apporto di volontariato
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; dim - . i
proveniente, in buona parte,
dalla comunità metodista. Insieme a queste associazioni è
stato avviato un piano di progressiva autonomia economica di questo servizio. Il Consultorio continua con le consuete attività e segue le famiglie dei bambini assistiti che
frequentano le nostre scuole e
le famiglie degli ospiti della
comunità alloggio.
L’accoglienza e l’ospitalità,
che si esprimono con la comunità alloggio e la foresteria
rappresentano un investimento e una speranza. Il primo investimento è stato fatto con la
completa ristrutturazione
dell’appartamento che ospita
la comunità alloggio in vista
dell’iscrizione all’albo regionale: camere, cucina, soggiorno e servizi per 8 ragazzi e i
loro educatori. La stipula della
nuova convenzione si è invece
arenata sugli scogli della burocrazia e del pregiudizio.
L’attuale attività, in assenza di convenzione ma con regolare affidamento dei minori
da parte del Tribunale per i
minorenni, ci consente di percepire una retta giornaliera di
sole £ 22.000: un importo
estremamente esiguo rispetto
alle reali esigenze di gestione. Per queste ragioni la comunità alloggio ospita attualmente solo 4 ragazzi per i
quali gli educatori, in parte
volontari, si propongono di
favorire una crescita armonica, nel rispetto delle identità
sociali e normative di appartenenza. Il modello preso in
considerazione si fa carico
del bambino in modo integrato (comunità, scuola, famiglia) promuovendo scambi
di tipo relazionale ed affettivo secondo un’ottica comunitaria.
L’attività di foresteria viene
attualmente esercitata in un
ambito ristretto di spazio e di
utenza: amici dell’opera e studenti che desiderano conoscere da vicino le nostre attività.
Il Comitato ha però individua
to nella foresteria una possibilità di sviluppo e di speranza:
recuperando una parte
dell’immobile attualmente
inutilizzato questo servizio
potrebbe essere adeguato e
ampliato in modo tale da rappresentare anche, e questa è la
speranza, un contributo alla
gestione complessiva delle attività.
E stato fatto uno studio di
fattibilità e si sono redatti dei
piani di finanziamento. Il progetto che, fra l’altro, può essere attuato per lotti, è realizzabile e una volta ultimato dovrebbe rappresentare uno di
quegli strumenti di sostegno,
non soltanto finanziario, ai
servizi del Centro diaconale
anche se siamo ben consapevoli che non sarà uno strumento risolutivo.
__________LUISA RITTI_______
Nelle ultime settimane alcuni gruppi giovanili legati alla Fgei si stanno occupando di accogliere e guidare
una delegazione di giovani
provenienti da aree diverse
del protestantesimo statunitense. Resteranno in Italia per
tre settimane, fino al 22 luglio, facendo tappa in diverse
città.
Non è cosa inedita, per la
Egei, avere contatti con le
chiese americane, né si tratta
di un episodio isolato: per
l’esattezza esiste da anni un
rapporto bilaterale fra la Fgei
e alcune chiese presbiteriane,
metodiste, la Chiesa unita di
Cristo e rAmerican Waldensian Society; ma è solo a partire dal ’91 che questo rapporto ha cominciato ad assumere
un carattere più continuativo:
nel settembre di quell’anno
una delegazione della Fgei si
è recata negli Usa per riprendere e approfondire il senso
di questi scambi. La visita dei
nostri amici americani non è
altro che il seguito di questi
precedenti rapporti.
Ma che cosa cercano questi
cinque americani in Italia,
quali aspetti delle nostre chiese desiderano conoscere, quali realtà possono essere per
loro interessanti? E, d’altra
parte, che forma dare ad uno
scambio così «squilibrato» fra
la nostra piccola Federazione
giovanile e dei «giganti» come la Chiesa metodista americana 0 quella presbiteriana?
Inevitabilmente ci siamo posti
questi interrogativi, in particolare durante i mesi di
preparazione della visita in
Italia.
Per il momento i cinque
giovani, che provengono da
cinque stati diversi degli Usa
e appartengono alle tre chiese
di cui si diceva, hanno trascorso i primi cinque giorni di
luglio a Roma, fino al 12 resteranno a Napoli, proseguiranno per Corato (Ba) e infine
saranno alle valli valdesi. Ben
tre membri della delegazione
sono già stati in Italia, e non
occasionalmente: alcuni hanno lavorato anche per anni in
opere della nostra chiesa.
Conoscere o approfondire
la conoscenza delle chiese
protestanti italiane e in particolare della realtà giovanile è
dunque un primo obiettivo,
che certamente accomunerà le
quattro tappe previste.
Per quanto la delegazione
americana sia ancora a metà
del suo giro, è possibile rinvenire un legame fra gli ultimi due episodi dello scambio.
Già nel ’91, durante la nostra
visita negli Stati Uniti, l’interesse per il lavoro sociale delle chiese era stato uno dei temi unificanti delle diverse
esperienze fatte. Anche la visita di ritorno si sta delineando in maniera simile.
Non sembrava secondario
presentare loro il lavoro delle
numerose opere sociali della
nostra chiesa, così non sono
mancati fino a questo momento (e seguiranno ancora
nelle prossime tappe) incontri
e visite finalizzate ad un approfondimento del genere di
lavoro sociale svolto dalle
chiese protestanti italiane. A
Portici (Na) la delegazione ha
visitato Casa materna; a Ponticelli, quartiere periferico del
Napoletano fra i più degradati, i giovani americani hanno
discusso con i responsabili
del Villaggio Caracciolo sul
lavoro sociale, indirizzato soprattutto a bambini e adolescenti, che da anni viene
svolto in quella zona; d’altra
parte durante i giorni trascorsi a Roma, il gruppo ha avuto
modo di conoscere il lavoro
del Servizio migranti.
Ma se questa visita sembra
rivelarsi utile ed arricchente
per entrambe le parti, ciò dipende probabilmente dal fatto
che accanto all’aspetto semplicemente «informativo» abbiamo avuto la fortuna di
avere momenti di confronto e
riflessione sul senso del nostro impegno sociale, sul tipo
di approccio che come protestanti ci sentiamo di proporre
(non semplicemente assistenzialistico, come è stato
affermato durante un incontro
con i giovani di alcune comunità di Napoli), sul rapporto
di «complementarità» fra alcune nostre opere sociali e le
carenze dello stato ed anche
sul contesto più strettamente
politico in cui le chiese sono
immerse e che non possono
ignorare.
fv'V:
Dopo l'iniziativa dell'on. Lino De Bonetti
Accellerare l'iter delle Intese
FRANCO SCARAMUCCIA
L’on. Lino De Benetti, vicepresidente del gruppo parlamentare dei Verdi alla Camera dei deputati, ha scritto in
data 7 luglio ’93 un appello al
presidente della Camera, controfirmato dai cppigruppo della De, del Pds, del Psi, della
Rete, del Psdi, del Pri e del
Pii, al fine di accelerare l’iter
parlamentare delle Intese firmate il 25 gennaio ’93 con le
chiese rappresentate dalla Tavola valdese e il 29 marzo ’93
con le chiese rappresentate
dall’Unione cristiana evangelica battista d’Italia. Vale la
pena di ricordare che per ambedue il governo ha presentato un disegno di legge rispettivamente il 10 febbraio ’93
(n. 2.234) per quanto riguarda
la Tavola valdese e il 23 apri
le ’93 (n. 2.572) per quanto
riguarda l’Unione battista.
I gravi problemi che impegnano la discussione politica
in Italia hanno finora impedito di prendere in esame la
questione: va detto però che i
due disegni non introducono
fattispecie nuove, che necessitino di approfondimenti e
dibattiti, ma semplicemente
estendono puntualmente ad
altre confessioni quanto è stato riconosciuto in precedenza
ad alcune. Il lavoro è dunque
minimo e basterebbe solo un
gesto di buona volontà. Anche perché introdurre nei lavori parlamentari argomenti
come questo potrebbe dare ad
essi un respiro più ampio, nel
senso che proprio nel presente
momento storico potrebbe essere utile che ci si occupasse
anche dell’eguale dignità e
parità di tutti i cittadini davanti allo stato, qualunque sia
la loro confessione religiosa.
Infatti, mancando l’approvazione dei due decreti di legge entro il mese di luglio, si
rischia di vanificare alcuni
degli effetti previsti dalle Intese stesse per valdesi e metodisti per quanto riguarda la
scelta di devolvere l’8 per
mille e la defiscalizzazione
dei contributi finanziari volontari dei credenti e per i battisti per quanto riguarda la sola defiscalizzazione. Inoltre
per i battisti continuerebbe
l’assurda loro regolamentazione di fronte allo stato sulla
base delle leggi fasciste del
1929-30, quello che acutamente nel suo comunicato
stampa Fon. De Benetti chiama il «limbo civile, anzi incivile».
5
xjfHERDÌ 23 LUGUO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
'ÉMMi
A metà del Decennio di solidarietà delle chiese con le donne
La cultura cristiana incoraggia
la creatività delle donne?
POHIAWA GIUDICI
Una riflessione «originale» sull’andamento del
decennio che il Cec ha dedicato al ruolo della donna nelle chiese è forse difficile, visto che numerose sono state
le iniziative delle varie comunità, soprattutto dopo che - a
5 anni dal «lancio» - il Cec
ha, con una ulteriore lettera
circolare, invitato tutti a imprimere una maggiore incisività all’azione di corresponsabilizzazione delle donne
nella rivivificazlone della vita
delle chiese. Ma l’ultima riunione interdenominazionale
tenutasi a Roma mi sembra
degna di un particolare interesse.
Innanzitutto erano presenti
rappresentanti della comunità
avventista romana e dell’
Esercito della Salvezza, che
hanno portato alla discussione contributi importanti di
analisi e di proposta.
Poi si è raggiunto un unanime consenso nel far partire
dall’incontro un invito a tutte
le comunità affinché della
questione del ruolo della donna si discuta con l’intera
realtà ecclesiastica. Il Cec
non si è rivolto alle sole donne: si tratta di un «decennio
ecumenico in solidarietà con
le donne»... Sembra invece
che ci si trovi di fronte da un
lato a un atteggiamento di burocratico adempimento di indicazioni di lavoro «inventate» a Ginevra; dall’altro a una
pura e semplice delega alle
donne di un espletamento di
routine. È una questione di
donne: ne parlino le donne!
Ma così, è stato sottolineato,
si tradisce lo spirito stesso
della decisione del Cec.
Occorre quindi che i prossimi cinque anni vadano usati
meglio, cioè per far discutere
e riflettere, tutti insieme, uomini e donne.Un ulteriore
elemento ha caratterizzato
rincontro: è difficile valorizzare appieno la donna nella
chiesa, se nella società domina una cultura, una tradizione, un’organizzazione che
marginalizza la donna. Infatti
ogni comunità risente degli
influssi esterni; ogni donna e
ogni uomo, pur se credenti,
sono figli del loro tempo.
Quindi la responsabilità di testimoniare «il nuovo» che
Gesù Cristo ha introdotto, anche nel rapporto uomo-donna, è certo un dovere ineludibile delle comunità, ma spesso difficile.
«Ridedicarci agli obiettivi
del decennio», come ha scritto il segretario generale del
Cec, Konrad Raiser, vuol dire
infatti anche guardare a noi
stessi, alla nostra famiglia, al
nostro atteggiamento sul posto di lavoro e nei rapporti
sociali. Riguarda tutti i credenti e tutte le comunità se la
subalternità femminile rappresenta un comportamento
di sottile, quotidiana violenza. Forse riguarda l’infedele
testimonianza di noi tutti se,
troppo spesso, la donne è, in
famiglia, a scuola, al lavoro.
se non un «oggetto» certamente un soggetto marginalizzato. E ancora, riguarda
noi se le donne hanno molto
spesso interiorizzato una
scarsa coscienza di sé, del
proprio valore, della propria
ricchezza intellettuale; infatti
quale cultura cristiana (cattolica o protestante o ortodossa)
ha incoraggiato la creatività
teologica delle donne?
Allora l’iniziativa del Cec
va ben oltre quello che potrebbe sembrare un rituale appuntamento di discussione,
per colpire invece nel profondo il nostro modo di essere,
di pensare, di comportarci;
nelle comunità o nella società. Forse è per questo, perché ci obbliga a metterci in
questione, che finora si è preferito delegare alle donne la
questione stessa.
Torino
Genti
e città
«Molti immigrati, dopo un
primo periodo di inserimento,
hanno raggiunto un’occupazione stabile nel mondo del
lavoro... la maggioranza di
loro però si trova a vivere in
condizioni abitative spesso
umilianti, quasi sempre inadeguate a nuclei familiari i cui
membri sono costretti a vivere
divisi, in strutture di pronta
accoglienza, quali dormitori e
istituti»: allo scopo di «dare
un contributo efficace alla soluzione del problema casa per
i lavoratori immigrati», nove
associazioni torinesi di varia
estrazione, laica, cattolica ed
evangelica, hanno dato vita alla associazione «Genti e
città», che si propne di reperire alloggi (in affitto, in comodato oppure da acquistare) da
mettere a disposizione di famiglie di immigrati.
L’attività dell’associazione
«Genti e città», fra i cui promotori vi è la Chiesa evangelica valdese di Torino, è stata
lanciata alla fine di giugno,
ma i promotori hanno già al
loro attivo la realizzazione di
numerose soluzioni abitative
di cui hanno potuto usufruire
più di cento immigrati. «Non
basta r impegno di un ufficio
di accoglienza - afferma Elena Vigliano, responsabile del
Servizio migranti della Chiesa
valdese di Torino - se poi non
abbiamo la possibilità di dare
delle risposte sia per la casa
che per il lavoro. Per questo
abbiamo collaborato alla nascita di questa associazione,
che si prefigge di cercare soluzioni abitative». Per informazioni: segreteria della
Chiesa valdese, via San Pio V
15, 10125 Torino.fVev)
Dibattito in vista della decisione del Sinodo valdese di quest'anno
Villa Olanda: un centro per le disabilità
________MARCO RICCA__________
11 dibattito su Villa Olanda,
vivo e attuale, induce ad alcune considerazioni. Un’opera
che nasce o si rifonda deve essere progettata nella visione
dell’oggi ma soprattutto nella
prospettiva del domani, quale
lo sviluppo delle conoscenze
permette di configurare, con
ragionevole attendibilità, in
termini demografici, epide, niiologici, sociali, economici.
Uno dei problemi più drammatici del nostro tempo è costituito dall’aumento crescente
delle disabilità e invalidità assolute, specie in ambito geriatrico, con riflessi rilevanti,
spesso drammatici e sempre
onerosi, a livello individuale,
familiare, sociale. Si pensi al
problema delle demenze, esiti
invalidanti di ictus, incontinenze e altri ancora.
Già attualmente vi è carenza
di strutture ricettive, soprattutto di quelle deputate al trattamento del disabile a varia gravità e in relazione alla condizione patologica di base: dotale quindi di presidi tecnologicamente avanzati di cui lo sviluppo delle conoscenze mediche suggerisce l’adozione per
programmi terapeutici e riabilitativi differenziati, sia individuali che di gruppo. Tale carenza si renderà ancora maggiore nel prossimo futuro in
ragione del progressivo aumento della richiesta.
La prospettiva per i prossimi anni è di un rilevante aumento della popolazione anziana con innalzamento della
durata media della vita e soprattutto forte incremento delle patologie invalidanti, soprattutto delle demenze. Quest’ultimo problema, già molto
sentito negli Usa e nei paesi
nordici dove da tempo viene
affrontato sul piano della prevenzione, cura e riabilitazione, non mancherà di rendersi
drammatico anche da noi.
Pertanto, dobbiamo e dovremo essere preparati se non si
vorrà rinunciare e lasciare a
altri la gestione dell’aspetto
più cruciale e attuale dell’assistenza all’anziano, e cioè trattamento e riabilitazione delle
grandi invalidità.
La storia delle opere valdesi
si caratterizza nella quasi totalità dei casi per modernità di
concezione, coraggio di scelte, tensione ideale verso il futuro: si pensi all’ospedale di
Torre Pellice all’inizio dell’
8(X), al Collegio valdese, alle
scuole valdesi di Rio Marina,
alla facoltà teologica a Firenze
e, successivamente, a Roma;
più recentemente Agape, il
Servizio cristiano di Riesi, e
tante altre ancora. In questa
prospettiva Villa Olanda può
essere un’occasione da non
perdere.
In effetti il progetto di minialloggi per anziani configura un’utenza geriatrica autosufficiente e riflette una problematica sociale nata 25-30
anni fa e non più molto attuale: il bisogno non è più l’organizzazione dell’autosufficienza ma il trattamento dell’invalidità. Ben lo sanno le tante
famiglie, anche nelle nostre
Una veduta aerea di Villa Olanda
comunità, su cui grava l’onere, spesso non sopportabile, di
un’assistenza domiciliare resa
indispensabile dall’assenza di
idonee strutture con personale
qualificato e tecnologie adeguate. Gravosi impegni personali, enormi difficoltà per tante famiglie, oneri economici
rilevanti... e povertà di interventi per il disabile: la stretta
sopravvivenza e poco più. Il
bisogno è da questa parte, non
sul versante dell’autosufficienza. Tra le varie soluzioni
proposte per il futuro di Villa
Olanda, si può prospettare la
possibilità di trasformarla o ricostruirla come centro di accoglienza, cura e riabilitazione
per le grandi invalidità; tenendo conto che la struttura si
presterebbe ottimamente a un
progetto così finalizzato anche
in virtù del parco, adatto e
adattabile per varie attività di
tipo riabilitativo.
Opere di questo genere richiedono molto personale a
vario grado di qualificazione,
soprattutto persone giovani.
Villa Olanda potrebbe quindi
essere fonte di lavoro per molti addetti e diventare un’attività non secondaria nel panorama economico-sociale della
valle, sempre più povera di attività produttive. La realizzazione dell’opera richiederebbe
un forte impegno finanziario e
ad essa si dovrebbe presumibilmente destinare parte dei
proventi deU’8%o. Al contrario, sulla scorta di quanto si
documenta per realizzazioni
analoghe, i bilanci di gestione
sarebbero economicamente attivi e tali, comunque, da garantire l’autofinanziamento
dell’opera e del suo sviluppo.
IVREA — Sabato 29 maggio il pastore Gianni Genre ha celebrato il matrimonio di Cristina Baratto e Gianni Bertello. E
stato un momento importante, di fede, testimonianza, ecumenismo e di gioia con tanta musica e tanti canti. Erano
presenti anche il pastore Renzo Turinetto, che ha consegnato la Bibbia agli sposi, e il parroco della chiesa cattolica di
Pianezza, che ha portato il saluto della comunità di cui fa
parte lo sposo.
• Venerdì 4 giugno nei nostri locali si è svolta una serata
per ricordare i 25 anni della morte di Martin Luther King.
Dopo una breve presentazione del pastore Genre, un video
ha illustrato la vita e l’attività di questo grande testimone
dell’Evangelo. La corale della nostra chiesa ha presentato
diversi canti, concludendo così l’attività di quest’anno.
• Venerdì 18 giugno, sempre nella nostra chiesa, il pastore
Fulvio Ferrario ha tenuto una conversazione sul tema: Cristiani e pena di morte. Lo ringraziamo per la sua esposizione molto chiara e interessante e speriamo di poter approfondire con lui questo importante tema in una conferenza pubblica nel prossimo autunno.
• Domenica 29 giugno abbiamo avuto la gioia di ospitare
una comitiva delle chiese valdesi e metodiste di Genova Sestri e Sampierdarena, guidata dal pastore Valdo Benecchi
che ha presieduto il culto. La domenica seguente la gioia si
è ripetuta per la visita delle comunità di Alessandria e Bassignana, guidate dal pastore Fulvio Ferrario che ha anche
presieduto il culto. Ringraziamo ancora questi amici per i
messaggi ricevuti durante le predicazioni e per i bei momenti di fraternità condivisi in particolare durante le agapi.
ANGROGNA — Domenica 4 luglio è stata presentata al battesimo la piccola Sara Bertin, di Fabio e di Silvia Buffa, della nostra comunità. Siamo vicini a questa giovane famiglia
angrognina con tanto affetto e invochiamo su Sara la benedizione del Signore.
BOBBIO PELLICE — Yvonne Baridon Charbonnier, di
anni 69, non è più tra noi. L’Evangelo della resurrezione e
della vita rimanga per noi tutti l’unico fondamento scritturale della nostra fede e della nostra consolazione in Cristo,
il Signore, risorto dai morti. La nostra comunità rinnova ai
familiari, e in particolar modo al figlio Adolfo, membro del
Concistoro, l’espressione della propria simpatia umana e
cristiana.
PRAMOLLO — È nato Michael, di Adriana e Rino Sappé: ci
rallegriamo e gli diamo un caloroso benvenuto. Ogni bimbo
che nasce rappresenta sempre una grande gioia per la sua
famiglia, ma anche per la sua comunità e a Pramollo, dove
per tanti anni non abbiamo registrato nascite, contarne sette
nell’arco di tre anni è un fatto quasi eccezionale. 1 bimbi
portano allegria, serenità, non solo abbassano l’età media
della comunità, ma ci ringiovaniscono dentro e ci danno un
motivo in più per sperare che ci sarà un futuro anche per
Pramollo, se avraimo il coraggio di non andarsene.
Chiese battistedel Lazio
Festa delle scuole
domenicali
Anche quest’anno l’Acebla
(Associazione delle comunità
evangeliche battiste del Lazio
e Abruzzo) ha organizzato la
festa delle scuole domenicali.
Sono ormai molti anni che il
pomeriggio della seconda domenica di giugno, quasi sempre in coincidenza con l’inizio dei campi estivi del Centro evangelico battista di
Rocca di Papa, le chiese battiste del Lazio e dell’Abruzzo
si incontrano per la chiusura
dell’attività delle scuole domenicali.
E questo uno dei diversi incontri comunitari che l’Acebla organizza annualmente e
che va oltre lo scopo stabilito.
Infatti si incontrano circa
150-200 donne e uomini desiderosi di stringere un più solido spirito di comunione e di
collaborazione.
Quest’anno vi era un altro
motivo per cui gioire: il Centro di Rocca di Papa, ristrutturato totalmente nella parte
degli alloggi. Infatti sono sparite le camerate e al loro posto sono sorte delle belle ca
merette con bagno e riscaldamento per il periodo invernale. Si trattava quindi di un’occasione da non perdere per
visitare la nuova sistemazione. Quest’incontro è anche un
momento di testimonianza e
di contatto con diversi genitori, al di fuori dell’ambiente
evangelico, che accompagnano i propri figli per l’inizio
del campo.
Ma torniamo ai bambini
delle scuole domenicali: è
stata veramente una gioia entusiasmante vederli impegnati
in una piacevole competizione per dare a tutti la dimostrazione tangibile di aver
tratto buon profitto dalle lezioni impartite dai monitori
sulle sequenze della rivista
che il Servizio istruzione ed
educazione propone a cicli di
sei anni.
L’impegno profuso è stato
tale da far capire che il compito delle chiese nel testimoniare la fede a questi «piccoli
fanciulli» sia ben riposto e
darà, come sta dando, buoni
frutti.
Associazione «Amici di Agape centro ecumenico»
ASSEMBLEA ANNUALE
sabato 14 agosto 1993 ore 9
per iscrizioni e informazioni:
segreteria di Agape tel.0121-807514
6
PAG. 6 RIFORMA
Della Parola
VENERDÌ 23 LUGLIO 199;^
DIACONIA - 3
IL COMANDAMENTO
DELL'AMORE
ANITA TRON
Questo brano della lettera
dell’apostolo Paolo ai
Calati racchiude in poche righe quella che qualcuno definisce la «filosofia», altri
r«evangelicità» delle nostre
opere diaconali. Con due parole esso sottolinea due strumenti fondamentali per l’approccio alla persona in stato
di necessità: il servizio e
l’amore.
Due parole che non fanno
problema, che indicano un
progetto condivisibile da tutti, in cui tutti possono riconoscersi.
Ma anche due parole di cui
si è fatto abuso, che con il
passare del tempo e con
l’impiego indifferenziato
hanno perso significato, risultano banali, poco rappresentative, tant’è vero che
ogni nostra assemblea, ogni
nostra conferenza si pone e
ripropone la questione
dell’evangelicità delle opere,
nonostante molto si sia detto
e si dica, molto si sia scritto
e si scriva.
Due parole, quindi, di cui
non possiamo fare a meno se
vogliamo continuare a fare
diaconia.Vorrei provare a riscoprirle, a scoprire di nuovo
il loro valore, a scoprire cosa
Gesù stesso: «...anche il Figlio dell’uomo è venuto non
per farsi servire, ma è venuto
per servire..» (Marco 10, 45).
E il modello di comportamento a cui tendere nella
relazione con Dio e con i
propri simili. «Il Figlio
dell’uomo» ubbidendo al Padre, si è fatto servo, si è posto non sopra ma accanto
agli uomini e alle donne.
Ha indicato con chiarezza
la via da seguire, ha spiegato
e rispiegato quando non capivano (a volte anche con
una punta di esasperazione)
il perché, e ha dato loro gli
strumenti per proseguire da
soli. Quindi, cerchiamo di
capire cosa può voler dire,
oggi, mettersi al servizio,
farsi «servo» di qualcuno.
Proverò a farlo partendo da
una situazione concreta, che
conosco bene: la diaconia
per i minori.
Io credo che prima di tutto
significhi riconoscere al ragazzo e alla ragazza che ci
vengono affidati il diritto di
esistere così come sono, con
tutte le loro contraddizioni,
le loro devianze, le loro difficoltà. Riconoscere il loro coraggio, la loro capacità di sopravvivere. Valorizzare le lo
«...Lasciatevi guidare daWamore di Dio e fatevi servi gli uni
degli altri. Perché chi ubbidisce a
quesfunico comandamento:
“Ama il tuo prossimo come te
stesso’^ mette in pratica tutta la
legge...»
(Calati 5, 13-14)
implicano, facendo per una
volta della «dietrologia» costruttiva.
Servo/servizio
Cominciamo con il primo
punto cercando, innanzitutto, di capire in che modo
il mondo moderno ha utilizzato e utilizza il termine servo, attraverso alcune frasi di
uso comune. «Servo del padrone», «Servo del sistema»,
«Servo della mafia»; «Servo» inteso come succube di
un personaggio influente.
In altre parole, esclusivamente nella sua valenza
negativa, come dispregiativo
per indicare la propria disistima nei confronti di qualcuno, per distinguersi, per dichiararsi «non» servi, perché
i «servi» sono coloro che
non hanno saputo farsi valere
o coloro che per denaro, per
interesse, hanno accettato dei
patti degradanti.
Poi vediamo come lo stesso termine è utilizzato nel
Nuovo Testamento. In quest’ambito, il servo è il simbolo dell’ubbidienza e della
lealtà. È il credente, che
adempie i comandamenti di
Gesù: «...se uno tra voi vuol
essere grande, si faccia servo
di tutti» (Marco 10, 43). È
ro risorse, quelle risorse che,
malgrado tutto, hanno consentito loro di giungere fino
a noi.
In poche parole, andare oltre la prima impressione, oltre le relazioni dei servizi sociali. Liberarsi dei propri e
degli altrui pregiudizi, partire
dal presupposto che anche
loro hanno una dignità che
va rispettata e impostare l’intervento educativo di conseguenza.
Faccio un piccolo esempio: se, quando mi viene portato un nuovo ragazzo classificato come «un caso difficile», la mia prima azione nei
suoi confronti è quella di
«inquadrarlo», fargli conoscere regole e punizioni,
elencargli diritti e doveri lo
mortifico subito, calandolo
in un ruolo subordinato e dò
inevitabilmente alla nostra
relazione le connotazioni del
rapporto di forza.
Se, invece, gli garantisco il
tempo e lo spazio per raccontarmi il suo vissuto, la
sua versione dei fatti e lo
ascolto attentamente, riconosco la sua dignità di essere
umano, lo situo, pur nella diversità dei ruoli, sul mio
stesso piano e dò alla nostra
relazione le connotazioni
della cooperazione, del servizio.
Servire il minore, dunque,
per me significa seguire il
metodo insegnatoci da Gesù.
Vale a dire porsi al suo fianco, indicargli le mete da raggiungere, spiegargli e rispiegargli perché le deve
raggiungere e incamminarsi
insieme a lui, per essergli accanto nei passaggi più difficili, finché non sarà in grado di proseguire da solo.
Ama/amore
Per quanto riguarda il secondo punto, quello
dell’amore, la questione è
più complessa. Personalmente sono convinta che «chi ubbidisce a quest’unico comandamento «Ama il tuo prossimo come te stesso» mette in
pratica tutta la legge ma sono
anche convinta che, oggi, esso sia il comandamento più
disatteso. Non tanto per la
cattiva volontà, per l’egoismo degli esseri umani,
quanto per la loro incapacità
di amare se stessi.
I modelli, gli obiettivi, che
ci vengono pressantemente
proposti da tutte le parti, dai
mass media, dalle aziende, a
volte anche dalla chiesa, sono sempre più alti, raggiungibili solo da pochi e a prezzi
altissimi, con un conseguente
aumento del cosiddetto «disagio» a tutti i livelli e in tutti i settori della nostra società.
Come fa chi non rientra fra
quei pochi (chi è capace ma
non bravissimo, chi si può
permettere il ping-pong ma
non il tennis) a non sentirsi
incapace, inadeguato, a non
sentirsi giudicato negativamente da chi conduce il gioco?
E una persona che sa di
non essere stimata da chi
conta, che sa di essere considerata mediocre, come fa ad
amarsi? E ancora, una persona che non si ama come può
porsi di fronte a questo comandamento? Può accettare
di amare il suo prossimo
«solo» come se stessa?
Sono degli interrogativi
impegnativi e inquietanti, sui
quali sarebbe importante che
la chiesa riflettesse, anche in
vista della sua predicazione
ma oggi, per ragioni di spazio, mi limito a citarli come
problema, un problema che
incide sulla qualità dell’attività delle nostre strutture diaconali. Incide perché, nella
cura dei minori in particolare, l’amore, il voler bene, è
un elemento essenziale, di
cui non si può fare a meno.
Mi spiego con un altro
esempio: oggi, i minori vengono affidati alle nostre
strutture, salvo qualche eccezione presente più che altro
al Sud (Napoli e Palermo)
non più per cause legate alla
povertà, alla distanza delle
strutture scolastiche, ecc.
bensì per problemi di
disadattamento. Sono le prime vittime, le più indifese,
del sistema troppo pretenzioso che denunciavo prima.
In questa situazione la professionalità è uno strumento
fondamentale, in quanto prepara gli operatori a capire,
analizzare le reazioni di minori e adulti. Fornisce i mezzi per elaborare angosce e
stress, i dati per la definizione di un progetto educàtivo.
Ma da sola non basta. Accanto alla professionalità ci
deve essere amore. Le nostre
ragazze e i nostri ragazzi devono sentirsi «voluti bene»,
per poter prendere coscienza
di sé, per poter scoprire di
esistere attraverso le dinamiche della relazione affettiva
con l’altro.
Il nostro intervento educativo può dirsi riuscito quando siamo stati in grado di offrire al minore che ci è stato
affidato uno spazio in cui riconoscersi, uno spazio in cui
costruirsi in base alle sue capacità.
E per dargli queste sicurezze le persone che hanno a
che fare con lui devono essere delle persone che, a loro
volta, amano se stesse, hanno
coscienza dei propri limiti e
delle proprie risorse, hanno
imparato a conviverci, a trovare un proprio equilibrio
giorno per giorno. Dalle persone serene che irradino serenità.
Accettare se stessi,
accettare gli altri
Amore, dunque, ma non
come annichilimento di
se stessi, delle proprie esigenze, dei propri bisogni in
vista di qualcosa di più elevato (il martire religioso o
politico) o al contrario come
esaltazione di sé, delle proprie capacità, dei propri meriti (il narcisista), ma molto
semplicemente come accettazione di sé, unica via per poter accettare pienamente anche gli altri. C’è un testo che
esprime, secondo me, molto
chiaramente questo genere di
cose. È il seguente:
La guerra per la pace
«È necessario sostenere la
guerra più dura,
quella contro se stessi.
E necessario giungere al
proprio disarmo.
Ho sostenuto questa
guerra per anni,
è stata terribile.
Ma ora sono disarmato.
Non ho più paura di niente,
perché l’amore scaccia la
paura.
Mi sono liberato della volontà di avere ragione,
di affermarmi squalificando
gli altri.
Non sto più sulle mie,
gelosamente arroccato sulle
mie ricchezze.
Accolgo e condivido.
Non sono particolarmente
attaccato alle mie idee,
ai miei progetti.
Se me ne presentano di migliori, o anche non migliori
ma buoni, li accetto senza
rimpianti.
Ho rinunciato ai paragoni.
Ciò che è buono, vero, reale,
è per me sempre il
meglio.
E questo perché non ho
più paura.
Quando non si ha più
niente, non si ha più paura.
Se ci si disarma, se si rinuncia al possesso,
se ci si apre a Dio Uomo che
rinnova ogni cosa,
allora, lui, cancella il «brutto» passato
e restituisce un tempo nuovo
in cui tutto è possibile».
(Athénagoras,
Patriarca ecumenico
di Costantinopoli)
Ora, riscoperto un possibile significato da dare a questi
due termini, proviamo a riprendere in mano le cose già
scritte, proviamo a riandare
col pensiero alle discussioni
già fatte e proviamo a rileggerle.
Io credo che i termini «servizio» e «amore» acquisteranno spessore, ci parleranno
di contenuti, stimoleranno la
nostra azione e non solo, ci
aiuteranno anche a scoprire e
valorizzare la gioia che essi
implicano e, allora, la nostra
diaconia diventerà, forse, un
po’ meno «pesante».
Se poi riusciremo ad avere
Pumiltà di lasciarci «guidare
dall’amore di Dio», gli faremo spazio, gli affideremo i
nostri progetti, se avremo il
coraggio di riconoscere la
nostra debolezza, la nostra
fallibilità, saremo anche in
grado di vivere la libertà di
cui l’apostolo Paolo parla
all’inizio dello stesso brano:
«Fratelli, Dio vi ha chiamati
alla libertà!».
(terzo di una serie di
quattro. / precedenti articoli sono stati pubblicati nei
numeri 27 e 28 a pagina 6)
Veniamo a te, oggi. Signore
per porre nelle tue mani la nostra fragilità:
i dubbi, le incertezze, le angosce
che ci assalgono, quando ci troviamo faccia a
faccia
con le difficoltà del nostro compito quotidiano.
La poniamo nelle tue mani perché tu la accolga,
perché tu ci accolga, ci riconosca
e con la forza e la sapienza del tuo Spirito
ci fortifichi,
ci aiuti a trovare la strada per proseguire,
ci dia la sicurezza di essere amati,
di essere tuoi figli.
Te lo chiediamo nel nome del Figlio
che hai mandato in mezzo a noi, Gesù Cristo,
Amen.
7
Spedizione in cibb, post, Gr 11 A/70
In caso di mancalo recapito rispedire-a;
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELLICE
Fondato nel 1848
LLI AÀLDESI
1« venerdì 23 LUGUO 1993
ib /il'
ANNO 129 - N. 29
LIRE 1200
La Conca del Pra è uno dei luoghi che richiamano più forestieri alie vaili vaidesi. Nei prossimo numero ii primo «Quaderno» dell’Eco delle
valli, dedicato a itinerari e sentieri escursionistici (foto di M. D’Ottavio e P. Fracchia)
Una ricerca pubblicata dalla Provincia mette in evidenza un fenomeno preoccupante
L'alcol, malattìa sociale delle valli alpine
PIERVALDO ROSTAN
O enza falsità né morali>\|3 smi vedo giovani che
muoiono neU’alcol»; questo è
un passaggio di una canzone
di un cantautore valligiano
che anche in questo modo descrive la sua valle, la vai Pellice. Che il fenomeno sia vasto e produca guasti di dimensioni impressionanti è facile
accorgersene. Una recente indagine condotta dall’Aliseo di
Torino e pubblicata a cura
della Provincia, evidenzia come proprio nelle vallate sud
occidentali (dalla vai Susa alla vai Penice) c’è il maggior
numero di alcolisti.
La percentuale più alta si
trova fra gli operai per gli uomini, mentre fra le donne il
74% dei casi non svolge attività lavorativa remunerata. La
stessa concentrazione dei bar
è elevata: un bar ogni 638
abitanti in provincia, uno ogni
311 in città. Il Piemonte produce annualmente circa 3 milioni e mezzo di ettolitri di vino, ma non è solo il vino a
produrre danni; superalcolici
e misture (specie fra le donne) sono quanto mai diffuse.
In questo contesto si muovono i servizi territoriali, dai
Pronto Soccorso ( il 50% degli ingressi in ospedale, ai
servizi specifici, avviene in
questo modo. Fra questi i Cat
(club alcolisti in trattamento)
rappresentano la forma più
diffusa di intervento. Anche
alle Valli i Cat vanno ampliandosi: in vai Penice ora
ne funzionano tre (Torre Pellice, Bibiana e molto recente
mente Luserna San Giovanni), tra Perosa e Pomaretto altri due.
«Non è stata ancora fatta
un’indagine specifica e dettagliata sull’ estensione del
fenomeno in queste valli - dice il dott. Picco, che opera in
vai Germanasca - ma la sua
ampiezza è evidente. Proprio
per questo e a dimostrazione
della sensibilità degli enti locali sul problema, sta per
partire un progetto dell’Ussl
42 che prevede un gruppo di
lavoro sull’alcol in collaborazione con i Cat della zona».
Attualmente sono circa 20
le famiglie che frequentano
costantemente le riunioni dei
Cat e sono una quarantina le
persone contattate in due anni
di attività. Tra gli interventi
più seguiti quelli con la scuola. «Sono abbastanza soddisfatto - dice ancora Picco per il lavoro svolto con le elementari e le scuole materne,
mentre con le medie si fatica
a vedere dei risultati dopo un
primo incontro con gli insegnanti».
La difficile situazione della
vai Penice è nota da almeno
un decennio; «Ciò non vuol
dire - precisa lo psicologo
Martucci, dell’Ussl 43 - che
la valle sia il ricettacolo degli
alcolizzati. Ci sono anche
delle radici culturali che incentivano questo fenomeno.
Io non lo so stimare in cifre,
ma se vogliamo fare un confronto, posso dire che esso è
numericamente almeno dieci
volte più preoccupante di
quello di dipendenza da eroina. Sulla metodologia della
ricerca dell’Aliseo mi permetto di sollevare qualche
dubbio: non mi pare che in
quanto servizio siamo stati
coinvolti».
Trentamila vittime nel solo
1992 in Italia è un dato che
naturalmente deve far riflettere; ciò che può essere interessante è cosa si fa per affrontare il fenomeno...
«Abbiamo come Ussl un
complesso programma sull’
alcolismo coordinato dall’assistente sociale Alida Sirianni; nel Cat abbiamo l’intervento attivo nei confronti della popolazione interessata
dal problema, ma abbiamo
anche stretti contatti con
r ospedale valdese e con altre
figure operanti nell’ente».
La ricerca dell’Aliseo fornisce anche dei dati circa la
provenienza degli alcolisti, la
loro situazione sociale e culturale; cosa si può dire sotto
questo profilo?
«Se faccio una ricerca come quella dell’Aliseo arrivo
alle stesse loro conclusioni;
le donne sono meno raggiungibili degli uomini e bevono in solitudine. Se mi pongo da punto di vista dell’osservatore grezzo che vive in
mezzo al paese o al quartiere
ho .sicuramente un dato diverso: a metà pomeriggio se ci si
affaccia nei bar è facile trovare popolazione femminile
che beve e non beve il tè.
Questo tanto per in.stillare il
dubbio.
Dal punto di vista del tipo
di lavoro è chiaro che se mi
limito ai bar;'la classe economica che emerge è quella me
VISUS
di Luca Regoli & C.s.n.c.
OTTICA - via Amaud .5
10066 TORRE PELLICE (TO)
dio bassa. I meglio piazzati
socialmente bevono in casa,
nei party, in situazione meno
raggiungibili. Se penso a chi
frequenta i nostri Cat sono in
difficoltà a dire che gli operai
bevono più degli intellettuali
e che le donne bevono meno
degli uomini».
L’indagine dell’Aliseo evidenzia una forte presenza di
politossicodipendenza (alcol
più droga o psicofarmaci);
conferma questa tendenza?
«L’uso di alcol e altre sostanze tipo eroina è presente
ma se io dovessi fare i conti
con i casi che conosco al servizio direi che il dato è relativo. Sicuramente c’è però chi
consuma alcol e psicofarmaci. Meno importante il dato
del viraggio dall’eroina
all’alcol».
Oggi quanti frequentano i
Cat?
«Attualmente una trentina
di famiglie; c’è ancora una
difficoltà di accesso al servizio.
Esso continua a non essere
in assoluto noto alla popolazione e stiamo muovendoci
per inventare nuove forme di
pubblicizzazione. C’è però un
dato culturale: in vai Pellice
si è un po’ costruita la filosofia che i panni sporchi si lavano in famiglia e questo, lo
dico in modo un po’ provocatorio, è in parte sostenuto dalle due chiese. Mi sembra che
con il prete o col pastore certe cose vengano fuori però
non si riesce a farle uscire
dalle case ed è su questo che
dobbiamo ancora molto lavorare».
IL CAMPANILE DEL SERRE
PER CHI SUONA
LA CAMPANA
RUGGERO MARCHETTI
La vita è strana per tutti,
anche (e forse soprattutto) per un pastore valdese. E così capita di trovarsi
ad essere del tutto involontariamente al centro di una
diatriba per il possesso di
una campana.
L’Eco-Mese di Pinerolo
del novembre ’91 pubblicò
un articolo su don Dino
Barale, cappellano militare
nonché parroco di Bobbio,
il quale affermava che il
sogno della sua vita era
quello di recuperare la
campana «trafugata» dalla
chiesa di Maria Assunta
all’epoca dell’occupazione
napoleonica e che adesso
«fa bella mostra di sé» sul
campanile del tempio valdese del Serre di Angrogna.
Ora, su La Stampa del 14
luglio, è apparso un altro
articolo dal significativo titolo «Valdesi, ridateci la
campana», nel quale don
Barale toma alla carica.
Così, dopo il «blitz» fotografico (che peraltro non
deve essere stato troppo pericoloso, visto che non mi
risulta ci siano mai stati dei
valdesi armati di spingarda
a sorvegliare il Serre per
impedire a don Barale o ad
altri di fare delle foto alla
campana), dopo i tentativi
di coinvolgere la curia di
Pinerolo e dopo l’intervista
all’Eco-Mese, il nostro parroco-cappellano fa ricorso
a La Stampa e, poiché siamo in estate e uno scontro
«guareschiano» tra parroco
e pastore è qualcosa di
stuzzicante in un periodo in
cui è tradizionalmente difficile trovare argomenti per
articoli di cronaca, ecco
che il grido «Ridateci la
campana!» risuona alto e
forte nella prima pagina
della cronaca di Torino.
Naturalmente, il giornalista ha creduto opportuno
intervistare anche la controparte, e cioè il sottoscritto che, dopo aver espresso
il suo stupore per così tanto
zelo, ha ripetuto i risultati
ai quali è arrivato dopo
aver effettuato, in seguito
all’articolo dell’Eco-Mese,
alcune ricerche su questa
storia e ha espresso la sua
opinione che la campana
debba restare là dove si trova da ormai oltre 180 anni.
Questa vicenda merita alcune considerazioni. Innanzitutto, complimenti al parroco di Bobbio. In questi
nostri tempi di crisi, in cui
tutti abbiamo più di un motivo per essere preoccupati,
un uomo la cui unica cura è
recuperare una campana di
due secoli fa, è davvero
una persona fortunata! Più
seriamente, non riesco a
non provare un certo fastidio per questa storia.
Perché, dopo tutto quello
che i valdesi hanno dovuto
patire e sopportare nella loro storia, passare ora per la
dri e per prepotenti a causa
di una campana, è proprio
il colmo!
Se si vuole davvero riguardare indietro al passato
e rivendicare le cose trafugate, noi potremmo allora
rivendicare la restituzione
dei tanti bambini valdesi
«trafugati» alle loro famiglie e ribattezzati cattolici,
e poi mandati a fare i lacchè per i nobili piemontesi.
Ma nessuno, purtroppo, potrà mai ridarceli indietro...
Infine, spero proprio che
questa «caccia alla campana», già durata troppo, finisca qui. Se al parroco di
Bobbio piace fare il don
Camillo della situazione, io
invece non ci tengo affatto
a fare il sindaco Peppone...
Occupazione: le aziende in difficoltà
La crisi avanza
V 10062 LUSERNA S. OlOVANNl (TOl »
Continuano le difficoltà per
numerosi insediamenti produttivi dell’area. Da alcune
settimane è stata avviata la
messa in libertà di 140 persone nell’ambito del gruppo
Skf; interessati sono gli stabilimenti di Pinerolo e Villar
Perosa, Airasca, Cascine Vica. Si tratta generalmente di
persone che hanno raggiunto
un’età utile per la pensione
che volontariamente stanno
avviandosi a fare questa scelta.
Non facile la situazione
neppure alla Gor di Buriasco,
dove un reparto che lavorava
per la Fiat sta affrontando la
cassa integrazione straordinaria. Per la verità ad alcuni dipendenti è stato recentemente
chiesto di tornare in fabbrica.
ma la situazione appare estremamente fluida.
Infine alla Beloit si toma a
parlare di cassa integrazione
ma per il momento, in attesa
di definizione alcuni provvedimenti governativi, tutto è
congelato.
Giomatii dal Rifugio
Re Carlo Alberto
*■' Luserna S. Giovanni
Località Musset
vi
luglio 1993
or© 10,30-.17 .
VI attendiamo
i-f
N-.V
8
PAG. Il
«E Eco Delle \àlli ¥vldesi
VENERDÌ 23 LUGLIO I993
FRALI: LAVORI AGLI IMPIANTI — Da alcuni giorni
sono incorso i lavori di ristrutturazione della «Capanninp>; prossimamente verrà avviata la costruzione dell’impianto di innevamento programmata. L’innovazione riguarderà la parte bassa della pista verde e della rossa. Prosegue intanto, con successo, l’apertura della seggiovia anche nel periodo estivo; gli impianti saranno in funzione fino al 22 agosto fra le 8 e le 16.
SI UCCIDE IL SINDACO DI VILLAR PEROSA — Ha
destato immensa impressione il suicido, con i gas di scarico della propria auto, del sindaco trentanovenne di Villar
Perosa, Dario Storero, avvenuto nella notte di venerdì
scorso. Storero, Pds, era stato eletto per la prima volta sindaco nel maggio del 1990 e si trattò di un vera novità per
un Comune abituato per anni alla dinastia Agnelli.
Affermato avvocato, anche nella professione aveva sempre un occhio di riguardo per le persone maggiormente in
difficoltà e per gli emarginati. Il suo modo di amministrare il Comune lo ha fatto apprezzare al di là delle convinzioni di partito; ancora recentemente, come nel caso delle
modifiche al piano regolatore aveva voluto «costruire» le
scelte dell’amministrazione sentendo anzitutto i cittadini
mediante assemblee pubbliche. Trasparenza, partecipazione e democrazia sono stati concetti che abbiamo avuto
modo di sentire profondamente radicati nel suo modo di
interpretate un ruolo sempre più gravoso e molte volte
ben povero di soddisfazioni.
Risultano inspiegabili le motivazioni che hanno portato
Storero a questo drammatico gesto; ai funerali, svoltisi
martedì mattina, ha partecipato una enorme folla di cittadini di tutto il Pinerolese.
PINEROLO: CONSIGLIO COMUNALE PER RICORDARE IL 25 LUGLIO — Il 25 luglio 1943 cadeva il fascismo e iniziava un periodo che attraverso lotte, drammi,
deportazioni e sacrifici di vite umane avrebbe portato alla
liberazione dal nazifascismo e alla nascita della Repubblica. Il Comune di Pinerolo ha deciso, per ricordare tale data, di convocare un Consiglio comunale in seduta aperta al
pubblico per giovedì 22 luglio alle 17,30 presso la sala
consiliare.
I politici di Luserna fanno il punto sull'attività estrattiva
Le virtù e i problemi della pietra
La «pietra di Luserna» è un
materiale conosciutissimo;
usato per copertura di tetti
piuttosto che per rivestimenti
esterni delle abitazioni o per
pavimenti a mosaico. Il suo
valore, per chi deve utilizzare
le lose, è notoriamente alto,
così come la durata delle opere realizzate.
Le cave rappresentano anche per il Comune un patrimonio da gestire con oculatezza e con attenzione. La
dozzina di fronti aperti nel
territorio di Luserna garantisce il lavoro ad alcune decine
di persone; si tratta di aziende
prevalentemente a conduzione familiare. Nel 1992 sono
stati estratti circa 141 mila
quintali di pietra in blocchi;
decine di camion scendono
ogni giorno la vai Luserna.
«In effetti - dice il sindaco,
Badariotti — la gestione della
strada è uno dei problemi più
grossi con cui dobbiamo fare
i conti. I continui passaggi
dei mezzi deteriorano rapidamente il manto stradale; negli
anni scorsi abbiamo speso decine di milioni, e oggi la situazione è di nuovo molto
precaria. Giustamente i cittadini che abitano nella zona
lamentano questa situazione.
Voglio però ricordare che di
qui transitano anche molti ca
I blocchi scendono a valle in attesa di destinazioni anche all’estero
mion che trasportano blocchi
estratti nel Comune di Bagnolo: c’è chi vorrebbe chiedere al vicino Comune un
concorso nelle spese».
Più preoccupato di sottolineare l’aspetto economico
della gestione delle cave è
l’assessore al Bilancio e
all’Ambiente, Delladonna:
«Dal ’90 ad oggi abbiamo
fatto salire gli affitti complessivi da 18 a 94 milioni. Inoltre vengono versate al Comune 500 lire ogni quintale passato al peso pubblico. Certo,
quello dei controlli è un limite: finora ci siamo basati solo
sulla pesa e dunque poggia
soprattutto sulla correttezza
dei cavatori. Si potrebbe arrivare a valutazioni preventive
delle potenzialità delle cave
con verifiche a fine anno; in
questo caso, con stime condotte da esperti, si potrebbe
valutare con maggior precisione il materiale estratto».
Nel Consiglio comunale di
Luserna siede, sui banchi della minoranza, anche un ingegnere minerario; è Riccardo
Sandrone, della Lega: «Indubbiamente la pietra di Lusema ha un suo valore ben riconosciuto - afferma -. Certo
bisogna tener conto che rispetto al materiale “alla
montagna’’ la resa è stimabile
introno al 30%, mentre sui
blocchi trasportati a valle siamo nell’ordine del 70%». Un
problema ulteriore è dato
dall’utilizzo dei residui; a Lusema si paga una tassa anche
sui blocchi da scogliera e
questo, secondo' alcuni, ne
scoraggia l’utilizzo.
Colle della Croce
La Rencontre:
una giornata
di fraternità
Una splendida giornata di
sole ha fatto da corona alla
60° edizione dell’incontro internazionale al Colle della
Croce. Tanti italiani, molti
francesi, ma le presenze arrivavano da tutti i paesi europei ed anche dagli Stati Uniti.
Al mattino il culto condotto
dal pastore Brunel, nella
«meravigliosa cattedrale» che
il colle rappresenta ha ricondotto tutti all’atmosfera di
fratellanza e di gioia che
sempre il Colle genera in tutti. Un saluto particolare è stato inviato a Domenico Abate,
che per ragioni di salute, per
la prima volta dopo 59 anni,
ha dovuto rinunciare alla
Rencontre.
Nel pomeriggio ciascun
gruppo ha preso la parola
presentandosi, e i pastori Mazel e Toum hanno con alcuni
pensieri richiamato il significato dell’incontro in un mondo che cambia e dovrebbe riscoprire l’unità in vista della
solidarietà. Una solidarietà
non già vista come semplice
opera di volontariato, ma intesa come impegno al rinnovamento sociale e culturale
del nostro paese e più in generale dell’Europa.
Cinquant'anni fa, ¡I 25 luglio
La stampa valdese e
la caduta del fascismo
Il 25 luglio 1943, nel pieno dell’attacco alleato nel
Sud Italia, cadeva il fascismo e nasceva il governo
Badoglio; in qualche modo
si può dire che abbia avuto
inizio il processo che avrebbe portato l’Italia alla democrazia, sia pure attraverso
lotte e drammi anche laceranti. Cosa possiamo ritrovare riguardo a quel periodo
sui nostri giornali locali?
Come veniva presentato il
clima di quei giorni?
Sull’Eco delle Valli e sulla
Luce si trova relativamente
poco. Mentre prendeva vigore l’attacco delle forze angloamericane in Sicilia
sull’Eco, nella rubrica «Cronaca valdese» si poteva trovare un invito alla preghiera
per «quelle comunità di cui
abbiamo spesso parlato» una
preghiera che accomunava
«la nostra ansia e la nostra
certezza: “proteggi, o Dio, la
Patria nostra, le nostre comunità ed i loro pastori’’».
Ma intanto veniva sospeso
rincontro del XV agosto che
avrebbe dovuto svolgersi al
Bessè di Villar Pellice ben
prima che, proprio in seguito
al 25 luglio, venisse emesso
un divieto di assembramenti
e riunioni superiori a tre persone».
Per il resto, nei numeri
precedenti il 25, sull’Eco si
parlava di gite in montagna,
si proponeva un referendum
sulla presenza degli uomini
al culto, si pensava e si
discuteva sul come «i nostri
giovani torneranno dalla
guerra, e come li accoglierà
la chiesa?» e qualcuno si
chiedeva anche: «Come li
abbiamo lasciati partire?»
Solo ni agosto, ancora
sulla Luce Giovanni Miegge, in un articolo dal significativo titolo «Libertà», scriveva tra l’altro « Questo modesto settimanale non ha bisogno di alcun cambiamento
di indirizzo. Noi siamo anche troppo consapevoli di
non avere detto tutto quello
che dovevamo dire in questi
anni né di averlo detto come
avremmo dovuto. Lo diremo
con più chiarezza e più concretamente...».
Nelle Chiese Valdesi
VILLASECCA: domenica 25 luglio il culto ai Chiotti e la
riunione pomeridiana aH’aperto, alla Selletta, sono presieduti
dal pastore Ludwig Schneider.
FRALI: alle 15 di domenica 25 luglio si tiene la riunione
quartierale a campo Clot sul tema II limite del limite.
VILLAR PELLICE: domenica 8 agosto si svolgerà la
Giornata prò Casa Miramonti, nel giardino della Casa stessa; dal mattino in piazza Jervis sarà allestito un banchetto per
la vendita di prodotti agricoli locali, mentre nel giardino saranno pronte la pesca e la sotto.scrizione a premi. Sarà possibile consumare insieme il pranzo. Il ricavato della giornata
sarà devoluto per la copertura delle spese di gestione della casa Miramonti.
Istituto agrario di Osasco
Una scuola in crescita
CABMELINA MAURIZIO
A conclusione di un difficile anno scolastico e in
previsione del prossimo, gli
insegnanti dell’Ipsa «C.
Ubertini», scuola coordinata
di Osasco con sede centrale a
Caluso (oltre 100 chilometri
di distanza!) hanno prodotto
un documento che vuole essere al tempo stesso un bilancio di ciò che è stato e un avvertimento per il futuro.
In particolare, il personale
docente della sezione di Osasco fa presente che, nel corso
dell’anno scolastico appena
terminato, si è dovuto lavorare in condizioni assai precarie, soprattutto a causa di una
prima classe molto numerosa,
di 32 allievi nonostante la
normativa vigente indichi in
28 il numero massimo di ragazzi per classe. 11 fatto poi
che le lezioni si svolgano in
un prefabbricato non ha consentito la disponibilità di spazi per un numero così alto di
ragazzi, né sono state valide
dal punto di vista qualitativo
le esercitazioni pratiche e di
laboratorio, vista anche la
scarsa disponibilità di mezzi
(otto calcolatori in tutta la
scuola), né è stato possibile
seguire con la dovuta attenzione gli allievi più deboli
che pertanto si sono ritirati in
pieno anno scolastico (sette a
marzo).
Gli insegnanti deH’«Uberti
ni» temono che, nonostante la
disponibilità e l’attenzione
dichiarata dal provveditore
agli Studi, la situazione si
presenti analoga, se non addirittura più grave, nel prossimo anno scolastico. Attualmente fanno notare che sono
già 59 le iscrizioni ma che
tenderanno comunque ad aumentare, perché ci saranno
coloro che si iscriveranno solo a settembre dopo gli esiti
degli esami di riparazione.
In questo contesto, il personale docente dell’Ipsa chiede
allora che, se il numero supererà le 60 unità, vengano formate almeno tre nuove classi
prime, e questo pensando che
dal prossimo anno scolastico
partirà presso l’«Ubertini» di
Osasco il progetto ’92, un
tentativo di riforma nel quadro dell’apertura all’Europa.
«Cerchiamo di non partire
con il piede sbagliato», scrivono gli insegnanti a conclusione della loro seria e drammatica denuncia, e aggiungono che i tagli sulla spesa pubblica non dovrebbero riguardare le piccole realtà come
quella della scuola professionale di Osasco poiché «non
possono che produrre disastri», e invitano infine chi di
dovere a conoscere di persona la realtà lavorativa e didattica della scuola, al fine di
valutare la reale disponibilità
di mezzi e i limiti degli obiettivi da raggiungere.
Errata
In relazione all’intervista al
presidente del Comitato di gestione degli ospedali di Torre
Pellice e Pomaretto, Giovanni
Ghelli, abbiamo travisato la
frase riportata in 4° colonna,
23esima riga, riferita all’attività dei primari dei due ospedali: «Essi desidererebbero tra
l’altro dedicarsi di più al completamento delle loro conoscenze mediche piuttosto che
di problemi organizzativi».
La frase corretta è: «Inoltre è
desiderio dei nostri due primari di potersi dedicare completamente all'arte medica “
sul campo" che non piuttosto
a prohlmei organizzatvi».
Ci scusiamo con gli interessati
e con i lettori.
Un apprezzato quadro d'insieme
Un libro sulle valli
MARCO ROSTAN
Decisamente azzeccata la
bella e agile pubblicazione uscita in queste settimane
nella collana «Verdivalli»
dell’editore Kosmos* con le
firme di Gian Vittorio Avondo, Marcello Bonnet, Gianfranco Pellice, Bruna Peyrot,
Claudio Rolando, Dario Seghe e Giuseppe Torassa. Avevamo infatti, per la conoscenza delle Valli anche da parte
di persone che nulla conoscono dei valdesi, da un lato delle
guide-itinerari, dall’altro dei
volumi piuttosto impegnativi
sulla storia valdese.
«Questa iniziativa - scrive
Erminio Ribet nella presentazione - si muove nella giusta
direzione di informare e, per
certi versi, formare il turista
che si avvicina a queste splendide valli chiamate valdesi
per sottolineare la presenza di
una comunità protestante che
su questa terra ha saputo scrivere pagine di storia di rara
intensità e dignità». Abbiamo
così un sintetico capitolo storico che dall’occupazione romana arriva fino alla Resistenza, una bella indagine sulla popolazione, corredata di
numerose tabelle, un’accurata
documentazione delle incisioni rupestri che testimoniano
del lungo rapporto fra presenza umana, ambiente e religione, fin dall’epoca preistorica;
ancora una esemplificazione
grafica e fotografica delle abitazioni rurali e delle scarse eppur presenti forme di arte, una
storia dei musei che illustra il
percorso museale realizzato
intelligentemente con il Centro storico di Torre Pellice.
Bella, infine, la parte della
guida, che ci invita a passeggiare per i sentieri documentandoci sulla fauna e sulla vegetazione, sulla storia geologica. Gli itinerari veri e propri
sono raggruppati per interesse
prevalente: abbiamo dei percorsi sulle tracce del passato.
altri prevalentemente naturalistici, infine quelli etnologici.
Completa il libretto una utile descrizione dei Rifugi, del
modo di raggiungerli e delle
loro caratteristiche. Due soli
appunti: peccato che il capitolo storico non si prolunghi dal
1945 sull’oggi, perché la popolazione e la mentalità valdese sono certo fortemente
mutate proprio negli ultimi
quarant’anni; sarebbe stato
utile avere, oltre che una cartina d’insieme degli itinerari,
anche il dettaglio cartografico
per ogni percorso, come ben
sa chi ha l’abitudine di camminare a piedi in zone dove i
vecchi sentieri sono spesso sepolti e in compenso si moltiplicano le varie piste agro-silvo-pastorali.
(*) Aavv: Le valli valdesi,
storia, natura, itinerari. Torino,
Kosmos editore, 1992, pp 158, £
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9
\/FNERDÌ 23 LUGLIO 1993
E Eco Delle ^lli \àldesi
PAG. Ili
Le prospettive del Liceo valdese di Torre Pellice
Collegio: il futuro delHstituto si
trova in una dimensione europea
A partire daH’anno scolastico 1994-95, i giovani che
si iscriveranno al Collegio
valdese avranno la possibilità
di ricevere un’istruzione e una
formazione culturale di dimensione europea. Un Liceo
europeo si affiancherà al classico e sostituirà gradatamente
la sperimentazione linguistica
in atto dal 1984.
Il progetto, elaborato dal
ministero della Pubblica Istruzione, è caratterizzato da finalità formative e obiettivi disciplinari comuni a progetti analoghi attualmente in fase di
elaborazione in altri paesi europei. L’obiettivo è di realizzare un modello di scuola superiore che consenta libero accesso alle università della
Cee. Il Liceo nasce pertanto
da un’esigenza sentita in tutti i
paesi della Comunità europea
e vuol avere le caratteristiche
di un percorso educativo moderno, individuabili sia nelle
finalità di formazione mirate
all’acquisizione di una cultura
ampia unita a una sensibilità
interculturale, sia nelle materie e nei programmi tipicamente liceali miranti allo sviluppo delle capacità tecniche
di critica e di sintesi. Particolare attenzione è rivolta alle
esigenze del mondo del lavoro
e alla diversificazione dei processi economici.
Il corso è di cinque anni, articolati in biennio e triennio.
Tanto il biennio che il triennio
prevedono un’area comune e
tre aree di indirizzo, rispettivamente linguistico moderno,
giuridico-economico, artistico-letterario. L’area comune
del biennio e del triennio è caratterizzata da una significativa presenza delle discipline
linguistico-letterarie e umanistiche, fra cui due lingue straniere con pari numero di ore
di insegnamento, integrate
ade-guatamente, anche se con
minore peso orario, dalle discipline scientifiche.
L’indirizzo linguistico moderno è connotato da una terza
lingua straniera e dalla possibilità di svolgere in una delle
lingue straniere studiate l’insegnamento di alcune discipline: per l’indirizzo giuridico
economico da diritto e economia e per l’indirizzo artistico
letterario di linguaggio visuale
e dalle discipline artistiche.
La struttura in area comune
e area di indirizzo presenta alcuni vantaggi, in primo luogo
la facoltà di scegliere l’indirizzo desiderato e la possibilità di passare da uno all’altro
nel corso del biennio. Va notato che il numero delle lezioni, 31 nel biennio e 32 nel
triennio, è inferiore alle attuali
sperimentazioni.
L’indirizzo linguistico è finalizzato al conseguimento di
competenze comunicative e
conoscenze che consentano di
capire e approfondire culture
diverse accanto alla propria.
L’indirizzo giuridico economico si propone di fare conoscere sistemi economici e legislativi diversi e di cogliere
le relazioni fra essi. Infine,
l’indirizzo artistico letterario
volge al conseguimento di una
comunicazione globale, non
solo attraverso i linguaggi verbali ma anche attraverso la comunicazione visuale.
Gli studenti del Liceo europeo avranno contatti con
re^tà culturali e socio-economiche diverse, per mezzo dei
programmi Cee, quali «I giovani per l’Europa» o il programma «Lingua», grazie a
scambi con scuole gemellate.
Al termine del corso di studi, potranno accedere con una
preparazione qualificata ai
corsi di laurea delle università
italiane, in particolare a quelli
di recente istituzione come il
corso di Scienze delle comunicazioni e i corsi di laurea breve, come quella per funzionari
pubblici di Torino e in seguito,
si spera, alle università dei
paesi della Comunità europea.
Potranno, inoltre, intraprendere con una preparazione
adeguata le nuove professioni
che si svilupperanno nel Mercato Comune.
Perché un piano di studi ampio e articolato come quello
del Liceo europeo viene attuato al Collegio valdese di Torre
Pellice? Le ragioni sono di
natura istituzionale e territoriale. Il Liceo europeo non si
contrappone alla matrice liceale del Collegio, anzi la rafforza. Costituisce perciò un’evoluzione del Liceo linguistico,
un naturale sviluppo e un arricchimento rispetto alla sperimentazione in atto. Inoltre, per
la sua collocazione in una zona di confine, il Collegio verrà
a trovarsi in una «regione interfrontaliera europea» in cui
le relazioni culturali, sociali,
economiche tra paesi confinanti riceveranno impulso.
Perché la collocazione di
questo liceo nella tradizione
del Collegio e della cultura
valdese? La storia valdese non
è mai stata solo storia locale;
ha avuto origine in ambito
non italiano e, in momenti
particolarmente significativi,
si è intrecciata con la storia
del resto d’Europa. Il Collegio, dal canto suo, è nato per
iniziativa di uno straniero, un
europeo che condivise la fede
e i valori culturali dei valdesi
e capì che era fondamentale
che potessero avere luoghi di
istruzione e formazione là dove essi vivevano.
I docenti hanno analizzato i
programmi del progetto per
continuare a porre gli studenti
a contatto anche con gli aspetti della cultura europea di matrice protestante. L’orientamento emerso è di utilizzare il
francese coerentemente con la
realizzazione della regione interfrontaliera e con la tradizione valdese, perciò alcuni insegnanti si stanno preparando a
proporre la loro materia in lingua. Il costo finanziario e
l’impegno di lavoro richiesti
al comitato e ai docenti per attivare il Liceo europeo sono
considerevoli.
Informazione a cura
del Comitato del Collegio
La situazione nel Pinerolese
Come funzionano
le piscine d'estate
CARMELINA MAURIZIO
Tra i passatempi sicuramente più salutari e indicati per ogni età, durante le
ore libere che l’estate regala
un po’ a tutti, c’è quello di trascorrere qualche ora all’aria
aperta prendendo il sole e facendosi delle belle nuotate, o
semplicemente rinfrescandosi
nell’acqua. Questo si può fare
anche a poca distanza da casa
propria e, per verificare qual è
la disponibilità di piscine e
aree attrezzate a tale scopo
nelle nostre valli, abbiamo
svolto una piccola indagine. Il
risultato è piuttosto buono,
poiché infatti durante i mesi
estivi tra le valli Pellice, Chisone e Germanasca funzionano complessivamente sei piscine. In particolare ve ne sono tre in vai Pellice, due a
Torre Pellice e una a Lusema
San Giovanni; due nel Pinerolese, a San Secondo - ma va
subito notato che non ne esiste
neanche una a Pinerolo città e una sola a Perosa Argentina.
Si tratta di piscine che nel caso di San Secondo, Piscina di
Miradolo e Villa dei Glicini,
sono all’aperto e quindi sono
solo stagionali più o meno
dalla metà di giugno alla fine
di agosto, mentre le altre sono
Una indagine sugli orientamenti dei contribuenti in vai Pellice
8%o: in molti non hanno scelto
DANIELE GARDIOL
Si è conclusa nei giorni
scorsi la fase della
presentazione della dichiarazione dei redditi; come accade da alcuni anni i cittadini
potevano scegliere, con una
firma, di devolvere alla Chiesa cattolica, allo stato, alle
chiese avventiste o alle assemblee di Dio l’8 per mille
della propria imposta. Com’è
noto, almeno per quest’anno,
non era ancora possibile scegliere la Chiesa valdese.
Ma come si sono orientati i
valligiani? Hanno scelto una
delle confessioni evangeliche
presenti o hanno optato per
lo stato? E i cattolici, sono
tutti compatti?
Siamo andati a sentire la
gente all’uscita dal culto,
dalla messa e alla festa dell’
Unità di Lusema.
«Nello stato non ho fiducia
- afferma una signora davanti al tempio dei Bellonatti
- e còsi, come l’anno scorso,
ho firmato per gli avventisti».
«Spero che presto si possa
firmare per i valdesi - dice
una maestra in pensione suscitando il consenso anche
fra altri presenti -. So per
certo che molti anche non
valdesi vorrebbero firmare
per le nostre chiese e mi
chiedono cosa debbono fare».
Alcune firme sono comunque andate allo stato, tutte
pronte però a «rientrare» non
appena sarà possibile firmare
per la Chiesa valdese.
Più orientati verso lo stato
gli intervistati al festival
dell’Unità; non tanto per
convinzione o fiducia verso
un sistema che ha mostrato
ampiamente i suoi limiti e le
sue storture, quanto piuttosto
perché «allo stato competono
determinati interventi nel settore sociale, senza che le
chiese debbano fare da surroga anche se degnamente».
Del resto lo stesso meccanismo dell’8%o viene messo in
discussione: «Era molto meglio se non si faceva questo
tipo di legge e si lasciava
ognuno libero di sostenere o
meno una chiesa», commenta una pidiessina da anni impegnata nell’amministrazione pubblica.
Anche fra i militanti della
Quercia c’è chi ha firmato
per la Chiesa cattolica; un
amministratore in un Comune della valle motiva la sua
scelta: «Perché sono convinto che sia l’unica ancora un
po’ onesta; nello stato non ci
credo per niente». Altri
avrebbero voluto farlo per la
Chiesa valdese («ci dispiace
perché quei soldi potevano
andare anche per l’ospedale
e per le altre cose valide che
si fanno»).
Non infrequenti i casi di
non scelte (curiosamente sono prevalentemente gli uomini a non firmare); per lo più
la sensazione è che comunque i soldi andrebbero alla
Chiesa cattolica e allo stato e
che comunque il meccanismo, ingiusto, vada combattuto con le non scelte.
Unanimità di consensi per
i fedeli usciti dalla messa;
tutti hanno scelto la propria
chiesa. «È la nostra chiesa dicono tutti in coro - e dunque bisogna sostenere
l’impegno dei nostri sacerdoti». «La chiesa è in grado di
fare del bene, mentre lo stato
molte volte è assente e se
qualcuno ha bisogno deve
andare dal prete».
Sostanzialmente ignorato
da tutti gli intervistati il meccanismo concernente le scelte non espresse: «Se è vero
che i soldi ottenuti senza destinazione vengono ripartiti
in base alla proporzione delle
scelte espresse fra stato e
Chiesa cattolica allora trovo
che questo meccanismo è ingiusto», dicono in molti.
Ma che ci sia poca chiarezza sull’opportunità di scegliere comunque lo si deduce
anche intervistando rappresentanti sindacali «laici»; in
molti casi proprio da chi aiuta a compilare le dichiarazioni dei redditi possono venire
delle indicazioni in merito,
ma una funzionaria intervistata commenta: «Tanto non
cambia assolutamente nulla,
che si firmi o no».
al coperto e perciò, tranne che
per brevi periodi durante l’inverno, sono sempre attive.
Oltre alla possibilità di frequentare dei corsi di nuoto,
come avviene presso le piscine di Lusema, Torre Pellice
(Hôtel Gilly), Perosa Argentina e San Secondo (Villa Glicini) ci sono altre opportunità;
così, per esempio, nel complesso sportivo di Villa Glicini, gestito da privati, è possibile frequentare dei corsi di
aerobica nell’acqua; in quella
di Miradolo si svolge invece il
corso di subacquea e presso
quelle di Lusema e Perosa, piscine comunali gestite da una
società sportiva, vi sono corsi
di avviamento agonistico e
sportivo. Tra le altre caratteristiche comuni alle piscine delle nostre valli sin qui citate c’è
la disponibilità di spazi esterni
che consentono ai frequentatori estivi di trascorrere anche
il tempo sotto gli ombrelloni,
con spogliatoi e servizi di bar
e ristorante (quest’ultimo solo
nelle piscine di Miradolo, Villa Glicini e dell’Hôtel Gilly di
Torre Pellice).
Prima di vedere i costi, va
detto che nel numero delle piscine c’è anche il piccolo laghetto baby che si trova presso il Ciao di Torre Pellice, che
è aperta tutto Tanno il mercoledì e il venerdì, ma funziona
solo per i piccolissimi, per
bambini cioè tra un mese e tre
armi.
Ritornando ai costi, si può
notare in generale che ci sono
delle differenze notevoli e sulle quali forse chi di dovere dovrebbe soffermarsi, tra le piscine private e le due comunali; infatti, tanto per fare qualche esempio, costa 4 mila lire
l’ingresso alla piscina di Lusema (ridotto 2.500 lire) e 32
mila lire l’abbonamento intero
per dieci ingressi, mentre per
avere la possibilità di accedere
con abbonamento di dieci ingressi alla piscina delTHòtel
Gilly si spende 130 mila lire e
la stessa cifra è richiesta a Miradolo. Costa 50 mila lire un
corso di dieci lezioni di nuoto
per gli adulti (32 mila per i
bambini più in ogni caso 20
mila lire annue di iscrizione) a
Lusema e Perosa ed è di 16
mila il biglietto d’ingresso alla
piscina di Villa Glicini a San
Secondo durante i festivi.
Sabato 24 luglio - FERRERÒ: alle 21, al Palazzetto culturale, concerto di musica classica
del Quartetto Milhaud, con il prologo delle Giovani promesse perreresi. Musiche di Brahms, Verganti, Bach, Mozart, Debussy e
Mendelssohn.
Sabato 24 luglio - MASSELLO: Nella scuola Beckwith di
Campolasalza, alle 15,30 viene
inaugurata la mostra «Massello
1900-1950, la natura e la vita
sociale attraverso cartoline
d’epoca e fotografie». Aperta
tutti i giorni fino al 30 settembre.
Sabato 24 luglio - TORRE
PELLICE: Alle 21,15, presso la
palestra comunale di viale Dante,
Agnes Dumouchel e Florence Férin presenteranno lo spettacolo
teatrale in francese Dites-leur
que je suis Jeune et belle.
Dal 25 luglio alT8 agosto TORRE PELLICE: al Centro
culturale valdese è allestita la mostra Maestri italiani deli’acquaforte del Novecento, a cura
degli Amici della Galleria d’arte
contemporanea.
Domenica 25 luglio - RORÀ:
al parco montano prende il via il
4° Trofeo di mountain bike, gara di mountain bike e raduno
escursionistico; il raduno e le
iscrizioni sono previsti dalle 7,30
alle 9; il percorso prevede la salita al Coumour e ritorno. La tassa
d’iscrizione costa 10 mila lire.
Dal 27 luglio al 7 agosto FRALI: è il turno del terzo gruppo di bambini dai 7 ai 14 anni,
che aderiscono alla quarta edizione de I bambini e l’ambiente
montano, un’iniziativa proposta
dal Gruppo guardie ecologiche
volontarie valli Chisone e Germanasca. Per informazioni e iscrizioni, rivolgersi all’ufficio turistico in via E. Peyrot 20, frazione
Ghigo, tei. 80.74.18.
Sabato 31 luglio-domenica 1
agosto - TORRE PELLICE:
Presso l’hôtel Flipot sarà aperta al
pubblico una mostra di sculture,
poesie, dipinti, gioielli e facezie
varie di Elio Tebaldini, Clara
Lorenzino, Sebastiano Balbo.
Orario 10-12,30 e 14-19.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma
per giovedì 22 alle 20,30 La bella e la bestia di Walt Disney; venerdì 23 alle 21,15, sabato 24 alle 20 e alle 22,10 La moglie del
soldato di Neil Jordan; domenica
25 alle 20 e 22,10 e lunedì 26 alle 21,15 Toys-Giocattoli con
Robin Williams; martedì 27 e
mercoledì 28 alle 21,15 WindPiù forte del vento di Francis
Ford Coppola; giovedì 29 alle
20,30 Fern Gully, le avventure
di Zac e Crysta, cartoni animati.
HòTel
lON
- LIPÓT
È passato poco più di un secolo da quando Filippo Gay
apri a Torre Pellice il suo piccolo ristorante che con il tempo, si identificò
con il suo stesso soprannomeFlipot". Era il 1882.
Nel volgere di qualche anno, Flipot seppe meritarsi le attenzioni di quella
ricercata mondanità che affluiva a Torre Pellice dalla capitale del regno.
Ancora oggi, la tradizione del "Flipot" è rimasta inalterata.
A mantenerla viva è Walter Eynard, cuoco eccellente
e gran cultore della tradizione gastronomica valligiana
Corso Gramsci ■ Tel. (0121)91.236 -10066 Torre Pellice (TO)
chiuso il martedì
10
PAG. IV
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
Per le giornate più calde
è bene avere sottomano
qualche ricetta di piatti freddi, sia per non rimanere
troppo ai fornelli, che emanano calore e stancano ulteriormente, sia per recuperare un po’ di tempo. Una ricetta che a casa mia ha riscosso molto successo è
«l’insalata dello zio Teofilo». Dosi per 4 persone: 2
uova sode, 2 mele renette o
comunque a pasta soda, 2
cucchiai di capperi, 1 hg di
olive nere snocciolate, 1 hg
di olive verdi snocciolate, 1
cespo di insalata tenera e saporita, 1 barattolo di ricotta
(circa 450 gr.), 2 cucchiai di
maionese. Olio, aceto, sale e
pepe quanto basta.
Pelate e tagliate a dadini
le mele e le uova sode, pestate grossolanamente olive
e capperi, tagliate a listarelle
l’insalata: se usate la lattuga, abbiate l’avvertenza di
usare soltanto la parte interna bianca. In una terrina abbastanza capiente mescolate
la ricotta con la maionese:
per ottenere un impasto
morbido potete aggiungere
1-2 cucchiai di olio d’oliva.
Ora potete aggiungere tutti
gli altri ingredienti. Mescolate bene il tutto e buon appetito!
Questa ricetta base l’ho
rielaborata con alcune varianti. La prima e più sem
plice è quella di aggiungere
alcune foglie tenere di boraggine e di basilico tagliuzzate a listarelle sottili. La
seconda: sostituite alle mele
alcune pere; in questo caso
potete variare anche gli aromi, mettendo la menta al
posto di boraggine e basilico. La terza e ultima variante riguarda la maionese.
Non tutti possono mangiarla, sia per problemi di calorie che di diabete o colesterolo. In questi casi vi consiglio la salsa che uso spesso
per condire la verdura cotta
al vapore: 2 parti di yogurt
magro, 1 parte di maionese
ipocalorica: mescolare il tutto e aggiungere un pizzico
di senape in polvere, 1 pizzico di curry, un pizzico di
sale e di pepe. Mescolare e
servire. E una salsa di sicuro
successo che potrete conservare in frigo, in un barattolo
chiuso, per alcuni giorni.
In questa stagione le carote sono abbondanti, sia per
chi ha l’orto che per chi fa
la spesa al mercato. Le proprietà di questo ortaggio così comune sono veramente
importanti: vi consiglio di
farne un uso quotidiano e,
se vi è possibile, di estrame
il succo con la centrifuga.
La carota è ricca di vitamine, soprattutto C (4,59
mgr) ed E (1,65 mgr) e, in
dosi minori ma significative, vitamine Bl, B2, B6 e
PP.
E Eco Delle \àlli Aàldesisws«
Usa: una città nata dall'emigrazione
Valdese: 100 anni di storia
VENERDÌ 23 LUGLIO 1993
ROBERTO PEYROT
Sulla grande targa situata
nei pressi della Main
Street, la strada principale, si
legge: «Valdesi - un gruppo
religioso che data dal Medioevo. La città di Valdese è stata
fondata da membri di questo
gruppo nel 1893».
Un lieto anniversario, celebrato in condizioni ben diverse da quando, il 29 maggio
di un secolo fa, un gruppo di
29 emigranti valdesi (tUtti provenienti dalla vai Germanasca) guidati dal pastore
Carlo Alberto Tron, giunsero
nella contea di Burke nel
North Carolina (Usa), spinti
da condizioni estreme di povertà e di fame.
Come è noto, nella seconda
metà del secolo scorso, la condizione socio-economica alle
Valli si era pesantemente aggravata sia per le cattive annate agricole sia per l’incremento demografico: questo
non fu che uno dei tanti esodi
che caratterizzarono quel periodo. A Torre Pellice (e lo
abbiamo documentato fotograficamente nel numero del 10
giugno scorso) venne addirittura aperto un ufficio per la
prenotazione di posti sulle navi in partenza per il continente
americano.
Tornando al fatto su ricordato, col successivo mese di
giugno arrivarono dalle Valli
altre 23 persone e nel novembre ben 178. Il nascente
insediamento, chiamato Valdese, venne poi riconosciuto
Comune nel 1920, avendo come primo sindaco Giovanni
Long, nato a Pramollo. Per
quanto riguarda la chiesa, do
;.Ì^iDENSES
ni the'Middle lìges/
letownofValde^^
by mmbirs of
ikis group in IM
‘ .. ■'. .
La targa ricordo sulla «Main Street»
po il temporaneo ministerio
del già menzionato pastore
Tron, a cui successe Enrico
Vinay, fu nominato Bartolomeo Soulier, sotto il cui pastorato la chiesa valdese si unì a
quella presbiteriana: la chiesa
unificata si chiamò, e si chiama tuttora, Waldensian Presbiterian Church. Per parecchi
decenni, pastori valdesi curarono la nuova comunità; oggi
si calcola che sui 500 membri
di tale chiesa, circa un terzo
hanno origine alle Valli. Successivamente, nel 1955, venne
anche inaugurato il museo storico valdese, ricco di pezzi
originali e di documenti. Numerose strade, viali e piazze
recano nomi ben noti, a ricordo dei fondatori e dei loro luoghi di origine: Tron, Micol,
Bouchard, Massel, Crozet,
Saint Germain, Praly, Rodoret. Torre Pellice...
Nel corso delle varie manifestazioni, che si concluderanno il 31 dicembre, si è anche svolta una cerimonia prettamente civile e cioè il aemel
laggio fra la città di Valdese e
quella di Torre Pellice, col rituale scambio di targhe alla
quale era presente, in rappresentanza del Comune di Torre,
l’insegnante Ethel Bonnet che
si interessa di storia valdese e
che non è nuova a questo
collegamento. L’abbiamo sentita su questa sua nuova recente esperienza e ha sottolineato
come i discendenti di quei primi emigrati, che hanno saputo
con il loro duro lavoro dare
prestigio e benessere a questa
cittadina di 4 mila abitanti, anche con la creazione di notevoli aziende in campo tessile,
alimentare e vinicolo, abbiano
costantemente il loro riferimento alle valli d’origine.
Riferimento che, oltre a testimoniare la loro fede, è simbolo del tenace attaccamento alle
lontane e antiche radici.
Anche la redazione del nostro settimanale è vicina a
questi fratelli e sorelle della
comunità di Valdese e si rallegra con loro in questa lieta e
significativa ricorrenza.
Servizi
CHISONE-QfeftMANASCA
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale valdese, Pomaretto
tei. 81154.
DOMENICA 25 LUGLiO
Viilar Perosa; Farmacia De
Paoli - Via Nazionale 29, tei.
51017
Ambulanze;
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELUCE.,
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 25 LUGLIO
Bricherasio: Farmacia Ferraris - via Vitt. Emanueie 83/4,
tei. 59774
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
U®èL44-t»INEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Eranoo Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana MondovI
Spedizione in abb. post.: Gr 2A/70
A Torre Pellice, nel 1886, Giuseppe
Morè, abile pasticcere pinerolese,
apre un laboratorio di pasticceria a
cui affianca, dopo i primi faticosi anni
di lavoro, un negozio di vendita con
annesso caffè.
Il prodotto che sin da quegli
anni si afferma è di grade qualità.
La Traditone delle Valli Valdesi
Gli ingredienti sono tutti naturali
delle campagne della Val Pellice.
Il marchio Morè, sempre più noto e
apprezzato, viene depositato per la
prima volta nel 1933. Da allora i due
valletti che portano il vassoio con le
caramelle contrassegnano le
confezioni Morè.
Molte delle persone che oggi
lavorano alla Morè hanno tradizioni
familiari legate all'Azienda e hanno
appreso dai loro padri l'arte dolciaria
le misure, i tempi e la pazienza
artigiana per preparare il
prodotto e seguirne con
amore la realizzazione.
L'avvento della meccanizzazione non ha cambiato la
qualità dei prodotti Morè.ll gusto
caratteristico dei fòndants, la
vellutata bontà delle gelatine alla
frutta e la spiritosa fragranza dei cricri sono sempre gli stessi e
rimarranno inalterati, sicuramente
ancora per un altro secolo.
Oggi Morè presenta la prima serie dei '
suoi cofanetti regalo con le preziose
litografie dei luoghi valligiani tanto
cari alla nostra memoria, con il
commento di Osvaldo Coisson, tratte
dal volume "The Waldenses" di
William Beattie. Possono essere un
bel regalo per Natale o per ogni
circostanza dove occorre portare,
anche a chi é lontano da Torre Pellice
un pò delle nostre tradizioni.
Vogliate compilare correttamente il Buono d'Ordine e spedire in busta chiusa a:
MORE-ViaFilatoio, 16-10066TorrePellice/To-Tei.OI2l/953222-9l27l -FaxOI2l/932934
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11
\/ENERDÌ 23 LUGLIO 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
La Conferenza metodista di Gran Bretagna (23 giugno-3 luglio) approva una risoluzione sull'omosessualità
E questo dovrebbe dividere le chiese metodiste?
_______tUCA ZAROTTI_______
Derby, sulle rive del
Derwent, nell’ondulato
e pittoresco Derbyshire. La
produzione dei prestigiosi
motori aeronautici Rolls
Royce, un nuovo stabilimento della Toyota, la manifattura delle porcellane Royal
Crown, una cattedrale tardo
gotica, un passato (che risale
come solito al periodo romano) macchiato dalla colpa di
aver zittito con reazioni poco
amichevoli il reverendo John
Wesley. Qui si è svolta la
Conferenza metodista britannica 1993, organizzata dal distretto di Nottingham e
Derby.
Il calendario della Conferenza è simile a quello del
nostro Sinodo: dal mercoledì
al venerdì è riunita la Ministerial Session (più o meno
equivalente al corpo pastorale); dal pomeriggio del sabato alla mattina del sabato successivo è riunita la Representative Session (assemblea
plenaria). I membri di quest’ultima sono 576: un centinaio ex officio, una quarantina eletti dalla Conferenza
stessa, 420 deputati dei distretti, 7 dalla Conferenza
d’Irlanda, una ventina dall’
estero. Ci sono poi numerosi
ospiti e visitatori; tra questi,
per la prima volta nella storia, il moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia (in costume
d’epoca).
Il programma ha due importanti parentesi liturgiche.
La seconda è fissata il mercoledì mattina, con uno studio
biblico (quest’anno su 2 Corinzi 5, 11 e 6, 2) seguito da
un culto con Santa Cena durante il quale sono ricordati i
defunti. La prima riempie tutta la domenica, e comprende
due parti: in mattinata il vero
e proprio culto di apertura,
nel pomeriggio i culti di consacrazione in numerose chiese del circondario (otto quest’anno). I consacrandi erano
98 per il ministero pastorale e
9 per il ministero diaconale
(non pochi di mezza età).
L’avvenimento è molto sentito, tanto da ispirare al settimanale Methodist Recorder
una cronaca d’altri tempi: «-...
la varietà dei vestiti estivi
trionfa in una profusione di
colori. La gente si scambia
segni di saluto attraverso le
transenne, si ode l’occasionale pianto di un bimbo, e
Un momento della Conferenza metodista di Gran Bretagna che si è aperta a Derby il 23 giugno scorso
mentre il tempo passa e la
temperatura sale c’è un gran
sventolare di innari. Quando
sono scanditi i nomi dei consacrandi e questi si alzano
uno dopo l’altro, l’emozione
nella galleria è intensa mentre tutti allungano il collo per
associare un volto al nome
(...) Nel sole del tardo pomeriggio nessuno ha fretta di allontanarsi dalla piazza; il rumorio delle conversazioni e
delle risate riempie ancora
una volta l’aria ed echeggia
intorno a Market Place..».
Guidano i lavori della Conferenza il presidente (quest’
anno il rev Brian Beck) e il
vicepresidente (signora Susan
Howdle). Entrambi sono designati dalla Conferenza precedente e ricevono le consegne dai predecessori all’inizio della Representative Session (i presidenti in particolare si tramandano una Bibbia
di Wesley). Con un tempo
tutto sommato limitato (poco
più di cinque giorni pieni,
dalle 10 alle 19 con tre intervalli, e mai di sera) la Conferenza deve affrontare una
quantità impressionante di argomenti; basti dire che
l’agenda (il documento guida) è in due volumi, per un
totale di quasi mille pagine...
ovviamente date per lette.
Chi vedesse in questo un certo livellamento dell’interesse,
a Derby sarebbe rimasto deluso.
Le attese prima e i commenti dopo erano tutti per
l’omosessualità, tema che ha
occupato (cosa infrequente)
l’intera giornata di martedì.
La tensione dentro e fuori la
Conferenza era alta, tanto da
costringere gli organizzatori a
misure di sicurezza ai confini
della perquisizione, per impedire l’irruzione di non meglio
definiti gruppi di militanti.
Quattro ore nette di dibattito
di fronte a una galleria gremita quanto e forse più del culto
di apertura. Gli interventi (di
tre minuti al massimo, compreso uno cantato) hanno
confermato la profonda divergenza di opinioni emersa
da un precedente sondaggio a
livello di distretti, circuiti e
chiese locali. Una procedura
di voto inusuale e abbastanza
complessa ha prodotto sei risoluzioni. Prudenza vorrebbe
che i risultati fossero presi
nel loro complesso, ma è fuor
di dubbio che l’attenzione si
concentra sulle risoluzioni 4 e
6, votate a circa mezz’ora di
distanza e apparentemente in
contrasto fra loro. Il Times ha
scritto che i metodisti sono
«cop out», espressione gergale per dare l’idea di uno slalom attraverso il problema;
altri giornali si sono espressi
più educatamente in termini
di «compromesso».
La sola interpretazione ufficiale del voto, che cerca di
offrirne una lettura non traumatica, è quella contenuta in
una lettera circolare del presidente (diffusa in tutte le chiese domenica 4 luglio), dove
tra l’altro è scritto: «...la Conferenza ha avuto intenti pastorali piuttosto che regolamentari (...). Mi rendo conto
che queste decisioni possono
causare sofferenza e sconcerto nelle nostre chiese. In questo momento siamo chiamati
a fare tre cose: 1 ) fermarci e
rivolgerci a Dio, chiedendo
di vedere più chiaramente la
sua volontà; 2) riconoscere
la fede sincera e la dedizione
a Cristo di coloro con cui
siamo in disaccordo. E facile
imputare motivazioni indegne
o miopia a chi ci è contrario,
e nessuno di noi è compietamente libero da questa tentazione; 3) riconoscere il compito che sta davanti a noi.
Una delle caratteristiche significative del dibattito è stata la determinazione dei sostenitori di tesi opposte di
stare insieme nella chiesa. La
discussione certo continuerà,
nella speranza che alla fine
possiamo raggiungere una
posizione comune. Se non
possiamo continuare ad
amarci reciprocamente in
queste circostanze, che messaggio diamo a un mondo diviso?».
La conclusione non è molto
diversa dalla domanda «E
questo dovrebbe dividere la
Chiesa metodista?» con cui si
apre un’opuscolo del «Lesbian and Gay Christian Movement» distribuito prima
della Conferenza. Non ufficiale e di tono diverso è l’interpretazione del voto da parte dell’Arm che nel bollettino
di mercoledì scrive tra l’altro:
«.Noi crediamo che questa risoluzione (la numero 6) sia
per lesbiche e omosessuali la
più positiva ed esplicita mai
adottata da una chiesa cristiana. Siamo profondamente
grati alla Conferenza perché,
dando alla risoluzione la più
larga maggioranza fra le risoluzioni contestate, ha reso
La presidenza della
Conferenza metodista
Il presidente Brian E.
Beck, nato nel 1933 in quel
di Londra, fu consacrato nel
1960 durante la Conferenza
di Liverpool. Dal 1962 ha
servito per sei anni in Kenya
presso il St. Paul’s United
Theological College, aiutando tra l’altro la formazione
della locale Conferenza indipendente.
Rientrato in Gran Bretagna, si è impegnato in diverse attività di formazione, finché nel 1984 è diventato segretario della Conferenza (e
formalmente lo rimane, pur
essendone il presidente). Fa
parte dell’esecutivo del
World Methodist Council,
ed è a dir poco famoso per la
padronanza delle Discipline
e la capacità di dirigere le
assemblee.
La vicepresidente, Susan
R. Howdle, è nata nel 1948
nella contea di Durham, è
predicatore locale e viene da
una dinastia di rev (il padre
era prima minatore).
Con un brillante curriculum di studi nel campo del
diritto è approdata alla Università di Sheffield dove insegna tuttora.
Ha servito in numerose divisioni e commissioni della
chiesa, e in particolare è stata la prima donna e il primo
laico a entrare nell’ufficio di
segreteria della Conferenza.
Ha una certa familiarità con
il nostro paese e la nostra
lingua.
I movimenti metodisti
in Gran Bretagna
L’Arm (Alliance of Radical
Methodists) è nata una ventina
di anni fa. Inizialmente formata da soli/e rev, è oggi estesa
anche a laici/che. Durante la
Conferenza ha avuto una visibilità certo superiore alla sua
effettiva consistenza (alcune
centinaia di aderenti, secondo
le informazioni raccolte). Si è
assunta infatti il compito di
voce critica della Conferenza,
producendo e distribuendo
ogni giorno all’ingresso un
bollettino (ovviamente su carta
riciclata) ora polemico, ora
informativo, ora ironico. Si
ispira a un interessante manifesto programmatico.
Della Sbm (Society of Biblical Methodists) e della collegata Vma (Voice of Methodi
sm Association, che pubblica
un piccolo bollettino mensile
su carta patinata) mancano notizie storiche o dati, ma gli
orientamenti emergono da una
specie di decalogo reso noto ai
deputati. In esso tra l’altro si
afferma: «e) ci opponiamo al
commercio e all’ introduzione
di bevande alcoliche nelle
proprietà metodiste; g) dichiariamo la nostra fede nella santità del matrimonio e sosteniamo che chi vi si oppone non
deve avere incarichi in una
chiesa che si ispira al Nuovo
Testamento; h) ci impegniamo
a combattere contro ogni azione della Conferenza metodista
che permetta atti peccaminosi
che distruggano una vita santificata.».
giustizia a lesbiche e omosessuali (...). L’accettazione con
un margine così ristretto della confusa e contorta mozione 20 (la numero 4) pone alla
chiesa un dilemma. La Conferenza ha adottato nel passato
risoluzioni sulla famiglia, il
divorzio, l’aborto e la contraccezione. Questa risoluzione di retroguardia, che ignora gran parte della vita del
ventesimo secolo, non può
mettere in pericolo tutto ciò.
Essa sarà vista da molti come
un attacco alle donne, perché
la chiesa tradizionalmente si
è più preoccupata di controllare la sessualità femminile
(...). La Chiesa metodista deve ora interpretare le proprie
decisioni alla luce di questa
affermazione (il pellegrinaggio della numero 6). Noi preghiamo e lavoriamo ancora
per una chiesa inclusiva».
Questa seconda reazione è
probabilmente il prototipo di
quello che accadrà nella base
delle chiese: chi concorda
con la risoluzione 4 dirà che
la numero 6 è un momentaneo cedimento all’estremismo, chi concorda con la numero 6 dirà... quello che ha
scritto TAim. Per la prosecuzione del dibattito (non solo
in Gran Bretagna) è comunque meglio avere testi precisi
con cui confrontarsi piuttosto
che generici rinvii alla prossima occasione. Per completezza di informazione bisogna
aggiungere che altri movimenti di opinione si erano
espressi in senso opposto
alTAim già prima della Conferenza. Tra il materiale «parallelo» ricevuto dai deputati
si trovava una petizione proposta dalla Sbm che invitava
la Conferenza a dichiarare
che «omosessuali e lesbiche
praticanti non devono essere
accettati per la candidatura al
ministero o ordinati nel ministero».
Durante il dibattito sull’
omosessualità un oratore ha
avuto l’infelice idea di suggerire (fin troppo chiaramente)
ai deputati esteri (Caraibi e
Americhe, Ghana, Hong
Kong, Italia, Kenya, Nigeria,
Sierra Leone, Sri Lanka, Stati
Uniti, Zimbawe) di astenersi
dal votare, considerato che in
presenza di schieramenti
equilibrati la loro espressione
poteva essere decisiva.
L’immediato brusio della
Conferenza e le parole del
presidente hanno seccamente
dissuaso l’incauto e confermato il legame di condivisione fra la Chiesa di Gran Bretagna e il resto del mondo
metodista. Per omosessualità
e altri problemi il legame ha
funzionato in un senso, ma
non sono stati pochi i momenti (dentro e fuori l’Assemblea) in cui ha funzionato
nel senso opposto.
(Altre notizie sul prossimo
numero)
Omosessualità
lenza
1) La Conferenza, af^
fermando la gioia della
sessualità urnana come
dono di Dìo e ia collocazione di ogni essere
umano nella grazia di
Dio, riconosce la responsabilità che ne deriva per noi tutti. Saluta
pertanto la considerazione seria, in spirito di
preghiera e taivolta costosa data a questo problema dalla Chiesa metodista (540 sì, 6 no, 10
astenuti).
2) Tutte le pratiche
sessuali che sono in
qualsiasi modo promiscue, egoistiche o degradanti sono forme di
comportamento inaccet
tabili e contraddicono
ciani di Dio per noi tutti
538 sì, 16 no, 3 astenu
ti).
3) Una persona non
deve essere esclusa
dalla chiesa sulla base
delTorientamento ses
suale in quanto tale
(521 sì, 29 no, 6 astenu
ti).
4) La Conferenza riafferrna l’insegnamento
della chiesa sulla ses
sualità umana: castità
per tutti fuori dal mairi
monio e fedeltà al suo
internò. La Conferenza
stabilisce che questa affermazione sia notificata
a tutti i candidati ai mini
steri, agli incarichi e -a,'
ruolo di membri, e aven
do stabilito ciò afferma
che le esistenti procedure della nostra chiesa
sono adeguate per trattare tutti tali casi (293 sì
250 no, 16 astenuti).
5) La Conferenza sta
bilisce che le proprie de
cisioni in questo dibattito non devono essere
usate come base dì una
procedura disciplinare a
carico dì qualsiasi persona in relazione alla
condotta attribuitale prima di tali decisioni (500
sì, 41 no, 13 astenuti).
6) La Conferenza rico
nosco, afferma e acco
glie fa partecipazione
il ministerio di lesbiche
omosessuali nella chie
sa. La Conferenza chia
ma i metodisti a un pellegrinaggio di fede per
combattere la repressio
ne e la discriminazione,
a lavorare per la giusti
zia e ì diritti umani, e da
re dignità e valore a tutti
indipendentemente dai
la sessualità (313 sì
217 no, 27 astenuti).
I metodisti britannici
La Chiesa metodista di
Gran Bretagna ha circa
408.000 membri (dati del
1992), con tendenza alla diminuzione (25 anni fa erano
circa 650.000). La popolazione complessiva è di circa
1.300.000 persone. Ci sono
6..950 chiese distribuite in
658 circuiti e 33 distretti. I
pastori (rev) sono 1.853, i
membri dell’Ordine diaconale 17, i predicatori locali
10.414 (più 1.722 in prova).
A proposito di questi ultimi,
è istruttivo l’esempio di un
circuito della zona di Derby
dove sono previsti ventitré
culti settimanali a fronte di
cinque rev disponibili.La
struttura organizzativa si basa su sette divisioni (Educazione e gioventù. Finanze,
Ministeri, Responsabilità sociale, Missione interna. Estero, Patrimonio) a loro volta
articolate in commissioni e
opere.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 23 LUGLIO 1993
Vittorio Subiiia in occasione deii’incontro con Paoio Vi
Un saggio introduttivo all'opera del teologo
Chi ha paura di
Eugen Drewermann?
ITALO BENEDETTI
Eugen Drewermann è diventato un caso anche in
Italia. I suoi voluminosi libri
stanno uscendo in traduzione
italiana presso molte case editrici di teologia. In molti ambienti ecclesiastici si comincia
a parlare di questa nuova
«eresia» che prende piede nella Chiesa cattolica. Se ne parla
molto anche nelle chiese
evangeliche, per la ponderosa
e radicale critica che Drewermann fa all’istituzione cattolica, ma soprattutto per l’afflato
evangelico della sua visione.
La critica di Drewermann
alla Chiesa cattolica come istituzione ecclesiastica è radicale: il sacerdozio come forma
di nevrosi di un «io» malato,
la comunione come pretesa
dogmatica della prepotenza
cattolica, la verginità di Maria
come idealizzazione di una
sessualità repressa, e così via.
Ma anche la critica, che accomuna cattolici e protestanti, a
una lettura della Bibbia che
privilegia il dato storico e che
impedisce la contemporaneità
del credente con Cristo: questa critica sarebbe condivisa
da molti evangelici che come
Drewermann sottolineano una
fede personale e una pietà interiore.
I libri di Drewermann non
sono accessibili a un vasto
pubblico sia per il loro numero, sia perché ancora non disponibili in traduzione, sia per
il largo raggio di conoscenze
teologiche e psicologiche di
Rfinhold Gestric h
CHI HA PAURA
DI
EUGEN
DREWERMANN ?
Un «< aso ' ( he s( uoU' )<* (hicse
( r>l!<in4t Sovlrn trmpo ( l.iufit.tii.i
cui il teologo tiene conto.
L’opera di Drewermann necessita quindi di una introduzione alla sua teologia che
serva come porta d’ingresso
per chi desidera accedere direttamente ai suoi scritti e come informazione per chi voglia aggiornarsi senza per questo fare studi specifici.
A questa esigenza ha risposto Reinhold Gestrich con il
volumetto Chi ha paura di
Eugen Drewermann?* pubblicato in Italia dalla Claudiana.
Il libro unisce una corretta e
puntuale introduzione al pensiero e agli scritti del teologo
di Paderborn a una notevole
semplicità di esposizione. Gestrich ha il pregio di esporre il
pensiero di Drewermann simpatizzando con il personaggio
e condividendone il pensiero;
ciò però non annulla il suo
spirito critico e la sua specificità di teologo evangelico.
Due sono le caratteristiche
che rendono il libro di Gestrich interessante: la prima è che
l’autore esplicita le influenze
e i debiti di Drewermann verso i filosofi di cui egli si serve. 11 pensiero di Kierkegaard,
di Freud e di Jung viene prima
esposto con chiarezza e poi
mostrato nella sua interazione
con la teologia di Drewermann.
La seconda caratteristica è
che il lettore viene aiutato a
leggere in chiave critica l’opera di quest’ultimo. Tutte le
questioni aperte, le critiche
possibili, i punti deboli e le
perplessità vengono analizzate
una per una. A mio avviso una
parola va spesa anche per l’introduzione di Ermanno Genre,
che evidenzia con alcuni cenni
critici la profonda cattolicità
del pensiero di Drewermann.
Un iibro interessante, quindi,
una buona lettura per Testate,
che ci informa su ciò che si
muove nell’ecumene cristiana
e che può stimolare l’interesse
a approfondire la conoscenza
di questo discusso teologo.
(*) Reinhold Gestrich: Chi
ha paura di Eugen Drewermann?
Torino, Claudiana, 1993, pp 118,
£ 16.000.
Pubblicato dalla Claudiana un corso tenuto alla Facoltà di teologia nel 1975-76
Subiiia: la centralità di Gesù Cristo^
chiave per comprendere il Regno di Dio
_______MANFREDO PAVONI________
Il racconto, le parabole, le
metafore e gli appelli sul
regno di Dio costituiscono il
nucleo centrale della predicazione di Gesù. Il volumef curato egregiamente da Gino
Conte, raccoglie le riflessioni
raccolte da Subiiia in un corso
sull’escatologia dei sinottici
tenuto alla Facoltà valdese di
teologia nell’anno accademico 1975-76. Subiiia, come illustra il curatore del volume,
il pastore Gino Conte, aveva
in cantiere il progetto di ampliare il manoscritto sui sinottici con una serie di capitoli
dedicati a una serrata indagine
sulle interpretazioni del regno
di Dio che si sono succedute
nei diversi periodi storici del
pensiero cristiano.
Il manoscritto, avverte Gino
Conte, è incompleto poiché
manca la sintesi dogmatica
che doveva collocarsi nell’
ambito della discussione teologica che si era affermata negli anni ’70. Attraverso un lavoro minuzioso il curatore ha
lavorato su una miriade di
schede, appunti, annotazioni
per permettere la stesura di altri ben sette capitoli che tratteggiano l’interpretazione del
regno di Dio a partire dalTIlluminismo, l’Ottocento, l’interpretazione sociale, escatologica, esistenziale; infine,
nelTultimo capitolo, si analizza la struttura del messaggio
sul Regno nei sinottici.
Di particolare interesse, rispetto anche al dibattito oggi
in corso intorno alla fine del
comuniSmo, di un socialismo
democratico e umanitario, mi
pare il capitolo dedicato all’
interpretazione sociale.
Subiiia sottolinea che negli
scritti marxiani è ravvisabile
l’impronta di una speranza di
costruire un regno di giustizia
in terra: speranza ebraico-cristiana del messianismo giudaico, certo storicizzata, secolarizzata in un quadro economico politico che abbia come
orizzonte l’ambito dell’umanità. Infatti non va dimenticato che Karl Marx era un
«ebreo-protestante-ateo».
«11 marxismo infatti - come
afferma Morra, autore del libro “Marxismo e religione” non è ateismo ma un umanesimo positivo». Marx insiste
molto sull’aspetto collettivo e
non puramente individuale
dei diritti investendo il proletariato di una missione importante come quella della liberazione dell’uomo, come il superamento dell’alienazione e
del trionfo della giustizia. «Il
marxismo - scrive Subiiia - si
distingue dall’ateismo tragico
di tipo nietzschiano o esistenzialista; intende ridare all’uomo la fiducia nell’uomo. Tra
il profano e il religioso, tra la
terra e il cielo il marxista sceglie la terra. Sulla terra egli
costruirà il suo paradiso». Alla fine di questo capitolo, Subilia mette in chiaro però la
differente visione antropologica marxista rispetto alla
questione dell’essere umano
peccatore. La concezione
ebraica cristiana identifica
nell’uomo stesso la fonte del
male e del peccato: per questo
l’uomo non è in grado di liberarsi da solo dal male.
Subiiia conclude con una
critica seppure affettuosa a
quei movimenti teologici contemporanei come la teologia
della liberazione, della speranza (Moltmann) o della
morte di Dio che dovrebbero
tener conto della particolare
visione biblica dell’uomo oltre a sperare in una giustizia
sociale che rappresenta Tunica forma di attesa escatologica. Secondo Subiiia, tuttavia,
vi sarebbero importanti analogie tra l’interpretazione che il
marxismo dà del regno di Dio
o di un regno di giustizia sociale e le interpretazioni messianiche-apocalittiche. Tutt’e
due si inscrivono in una prospettiva di «teologia della gloria», dove ciò che conta è il
risultato, l’evidenza e la credibilità.
Di fronte a questa opzione
si colloca la «teologia della
croce», la Renosi di Dio che
significa abbassamento, nascondimento, spesso vissuto
nel fallimento storico, anche
se ciò non deve significare
fuggire dalla realtà politica e
dalle proprie scelte e responsabilità etiche. Tra le varie interpretazioni del regno di Dio,
da quella apocalittica alla pietista puritana, dalla visione di
Gioachino da Fiore a quella
sociale del radicalismo sociale taborita un’ultima interpretazione su cui è forse interes
Vittorto
Subilla
IL
KEGNO
DI DIO
Interpretazioni nel corso dei secoli
la a Cura di Oino Conte
a nuovi studi teobgid/ciaudiana
sante soffermarsi è quella esistenziale, e in particolare
sull’analisi del mito compiuta
da Bultmann, fino ad arrivare
a ipotizzare alcune analogie
tra l’interpretazione del Nuovo Testamento riguardo il futuro dell’essere umano e la filosofia esistenzialista di Heidegger.^
Cos’è la filosofia esistenzialistica di Heidegger, se non
un «pensiero cristiano laicizzato che sorge appunto dalla
comprensione di sé propria
del cristianesimo nella sua
forma paolinica e riformata,
ma che se ne allontana e intende superarla, chiarificandosi in una filosofia» (G.
Miegge). Se nell’interpretazione taborita o anabattista la
tensione dell’attesa del regno
di Dio si giocava nel radicale
cambiamento sociale, anche
attraverso violenze e coercizioni, qui la tensione verso il
Regno si sperimenta su un
piano più individuale, soggettivo, in cui Tessere umano deve scegliere tra il mondo così
come è dato e la ricerca di
una autenticità, di una crisi
delle proprie certezze, che significa abbandonarsi senza
più garanzie.
Non mancano le critiche a
questa operazione bultmaniana di ricercare una forte identificazione tra il contenuto del
messaggio escatologico neotestamentario e la filosofia di
Heidegger. Per Subiiia la questione è capire fino a che punto Bultmann ha conservato
l’elemento storico del messaggio cristiano.
La risposta è che Bultmann
ha abbandonato l’elemento
storico a favore di una interpretazione esistenziale e attuale del messaggio neotesta
mentario, del tipo «muoio e
risorgo con Cristo», in cui
prevalgono le interpretazioni
figurate e di autocomprensione.
La critica teologica che Subilia muove al teologo di
Marburg è che la sua interpretazione del messaggio neotestamentario è soggiogata
dall’ansia antimitologica che
lo conduce sul fragile sentiero
della razionalizzazione moderna del linguaggio della fede. Subiiia, nello stesso tempo, recupera positivamente
Bultmann sul piano antropologico e non solo in cui Bultmann insiste sull’apertura
verso il futuro «che nasce da
ogni nuovo e concreto incontro con Dio»; dove l’attesa
escatologica si gioca sul piano
dell’incontro dell’essere umano con Dio, nella consapevolezza che il nostro essere autentico sta nella coscienza di
essere sempre qualcos’altro,
di diverso da ciò che qui e ora
siamo.
NelTultimo capitolo, Subilia analizza il concetto di regno di Dio nel messaggio dei
sinottici, sottolineando la
complessità del messaggio
escatologico che insiste sulla
imminenza del Regno, sul suo
carattere presente, almeno a
livello di segni anticipatori, e
sul suo annuncio futuro.
La tensione forse più problematica sta propio in questo
carattere duplice del Regno
che è ma non ancora, un tempo di attesa e di vigilanza di
cui non è dato di sapere «né il
giorno né l’ora». L’importante, conclude Subiiia, è riconoscere che questi diversi aspetti
del regno di Dio, vanno comunque riannodati alla storia
di Cristo, anzi si indentificano
con Cristo. Tutte le interpretazioni prese in considerazione
in questo volume certamente
partono dal messaggio evangelico, ma si sviluppano e forse si sclerotizzano nelle passioni, nei desideri, nei travagli
propri dei differenti periodi
storici, allontanandosi però
dal centro del messaggio
evangelico che è solo Gesù
Cristo e la sua profonda e problematica figura.
(*) Vittorio Slbilia: Il regno di Dio. Interpretazioni nel
corso dei secoli . Torino, Claudiana, 1993, pp 240, £ 29.000.
Oltre il 1492. Un numero monografico della «Rassegna mensile di Israel»
Le conseguenze della cacciata degli ebrei
Il n. 1-2 (gennaio-agosto
1992) della Rassegna mensile
di Israel, rivista scientifica
edita dall’Unione delle comunità ebraiche italiane', è interamente dedicato a una riflessione approfondita sul 1492 e
la cacciata degli ebrei sefarditi dalla Spagna, con particolare riferimento a ciò che successe in conseguenza di questo episodio e in particolare
in Italia.
Nell’introduzione al volume si fà riferimento al procedimento di revisione della
storia che tocca anche quella
vicenda: se sono inaccettabili
i ridimensionamenti di tipo,
appunto, «revisionistico»
(che punta esclusivamente sui
dati quantitativi, il numero
degli esiliati), va detto che
pur rivedendo le cifre
dell’espulsione (che «perde
in parte le sue sembianze di
esodo biblico»), dal punto di
vista qualitativo si deve ritenere vero e proprio spartiacque, confine tra due epoche.
Tale trasformazione non riguarderà, ovviamente, solo
gli ebrei, ma coinvolgerà tutto il mondo occidentale che
verrà interessato dal fenomeno della diaspora: «L’arrivo
dei sefarditi cambia i rapporti interni alle comunità esistenti, modifica le percezioni
che il mondo cristiano ha degli ebrei...».
Senza concedere nulla,
dunque, al revisionismo e anzi citando Yosef H. Yerushalmi che ha scritto: «Il contrario di oblio non è memoria,
ma giustizia»^, il saggio di
Maurice Kriegel («La definitiva soppressione del pluralismo religioso nella Spagna
dei re cattolici: limiti e efficacia dell’approccio “intenzionalista”») chiarisce come il
1492 abbia segnato la nascita
di un nuovo antisemitismo,
che avrà come fine non la
conversione degli ebrei ma il
loro drastico sradicamento
dal territorio nazionale.
Altri studi contenuti
nell’ampio volume (pp Xlll241) sono dedicati all’identità
«marrana» dei conversos
(John Edwards), al passaggio
da identità di convertiti a vera
e propria identità ebraica
(Yosef Kaplan, «Devianza e
punizione nella diaspora sefardita occidentale del XVll
secolo: i portoghesi ad Amsterdam»), mentre le ripercussioni del fenomeno in Italia sono affrontate da Anna
Esposito («Un’immagine della contrada degli ebrei nei
primi decenni del Cinquecento»), Pier Cesare loly Zorattini («Note per la storia degli
ebrei sefarditi a Padova»),
Aron di Leone Leoni («Documenti e notizie sulle famiglie
Benvenisti e Nassi a Ferrara»), Robert Cohen («Dal
commercio alla colonizzazione: Livorno e Amsterdam
nella prima metà del XVII secolo»), Ariel Toaff («Ebrei
spagnoli e marrani nell’Italia
ebraica del Cinquecento. Una
presenza contestata»).
(1) Oltre il 1492. Rassegna
mensile di Israel, n. 1-2/gennaioagosto 1993. Direttore Guido Tubini (resp. A. Levy). Abbonamento £ 60.000 - Conto corrente
postale n. 45169000, intestato a
Ucei, Lungotevere S. Ignazio, 9
- 00153 Roma.
(2) cfr. AaVv: Usi dell’oblìo.
Parma, Pratiche ed., 1990, p. 24.
13
\/ENERDÌ 23 LUGLIO 1993
.t*S
PAG. 9 RIFORMA
Alla ricerca dei motivi alla base del successo di un fumetto particolare
Llncubo^ nostro compagno quotidiano
nelle vicende del detective Dylan Dog
ALBERTO CORSARI
Ormai non è solo più un
fenomeno culturale indagato dagli studiosi dell’
«immaginario» e dai sociologi; sono le cifre rese note dagli addetti del settore (gli edicolanti) a parlare chiaro. Dylan Dog, il detective privato
che si definisce «indagatore
dell’incubo», il cui campanello sulla porta di casa a Londra non fa plin-plon ma
«uaargh», è decisamente il
fumetto che vende di più per
quanto riguarda la fascia
d’età fra i 13 e i 16 anni, e in
quella immediatamente precedente è battuto dal solo, indistruttibile, Topolino.
A che cosa si deve tanto
successo? Solo al carattere
avventuroso delle storie, i cui
titoli - Ai confini del tempo,
La regina delle tenebre. Terrore dall’infinito, L’ultimo
uomo sulla terra - sono già
di per sé, dal 1986, un programma?
n disegno, un bianco e nero
assai schematico, che spesso
privilegia i volti e le espressioni, tralasciando sfondi e
ambienti, non è nuovo. L’aura di mistero che viene fatta
circolare intorno alla misantropia dell’autore? Si trova
nelle pagine culturali di alcuni quotidiani, difficilmente
lette dagli adolescenti. Ma allora?
Dylan Dog
e gli altri fumetti
Alcune caratteristiche degli episodi di Dylan Dog sono comuni a molta fumettistica italiana e americana; la
continua citazione di sé e degli episodi precedenti, con
tanto di note di rimando, era
già tipica della serie dei «Super eroi» della Marvell (Il
mitico Thor, Capitan America, I fantastici quattro. L’uomo ragno). La costruzione di
«cliché» (il tipico detective
indipendente, brillante e
playboy, di derivazione giallistica Usa anni ’30, ma anche il suo assistente factotum, controfigura del comico
Groucho Marx, che come
quest’ultimo inanella barzellette e snocciola giochi di parole) è tipica di ogni prodotto
seriale che si rispetti, sia esso
televisivo o letterario (pensiamo solo al cuoco di Nero
Wolfe, a Perry Masón, ai
collaboratori di Maigret); la
miscela di avventura e amore, l’estrema violenza delle
situazioni (come fra l’altro
sta prendendo piede anche
nelle pubblicazioni per soli
adulti, sempre più tendenti al
sadismo); tutte caratteristiche
non innovative.
Le ragioni di tanto successo
sono forse altre; possiamo citare l’alternanza e la compenetrazione dei toni orrorifici e
comici, ironici, secondo un
dosaggio evidentemente molto ben calibrato; come, per
In Dylan Dog non mancano I riferimenti a Dio e alla trascendenza
esempio, sapeva fare il vecchio Hitchcock, con le sue
«gag» all’inglese, un po’ ciniche e molto fini.
Sequenze
cinematografiche
La costruzione delle sequenze, poi, che solitamente
è di tipo cinematografico, è in
Dylan Dog estremizzata, portata a un eccesso quasi meccanico; da un ambiente si
passa a un altro, da un volto a
un paesaggio, da una vicenda
a una controvicenda, come
nel telefilm e nella telenovela, che hanno bisogno di tale
scansione per far posto alla
pubblicità.
Soprattutto ciò che contraddistingue r«indagatore dell’
incubo» è la raffigurazione di
un orrore che è sì eccessivo,
ma mica poi tanto: l’incubo,
insomma, potrebbe essere lì
dietro l’angolo che ci aspetta;
fatti, personaggi, situazioni
ricevono quella carica in più
necessaria a farli divenire emblematici ma fatti, personaggi, situazioni della realtà come la viviamo noi oggi potrebbero assumere gli stessi
connotati del terrore con un
breve passo. Personaggi insospettabili potrebbero rivelarsi
efferati assassini, sentimenti
«forti» potrebbero lasciare il
posto a pulsioni non più controllabili.
Quale malvagità?
E qui veniamo a una caratteristica ulteriore, che rappresenta un merito e al tempo
stesso un limite di Dylan
Dog: il male, la malvagità è
quasi sempre connaturata a
una devianza sostanziale più
che a una libera scelta. I personaggi cattivi, più che per
interesse, per denaro, lo sono
per vicende intime, problemi
psicologici del profondo, sentimenti che sfuggono a ogni
capacità di controllo: l’ultimo
numero (Lontano dalla luce)
pone il caso addirittura del rifiuto, da parte del mondo, di
una serie di persone «esteticamente» sgradite alla società, menomate, ritenute inferiori, che si impossessano
di un’antica caverna e da lì
fanno partire la loro vendetta.
Non è difficile verificare
come atteggiamenti del genere (non tanto la vendetta, ma i
processi di esclusione dei
marginali dalla società) siano
cronaca quotidiana.
E la ragazza che, già prossima al suicidio, vittima di
tentato stupro, uccide l’aggressore, da qui ricomincia a
amare la vita e decide di provocare shock mortali ai pazienti di una psicanalista a loro volta tendenti al suicidio,
perché anch’essi amino la vita... al di là delle tinte fosche,
è tutt’altro che banale, e soprattutto non è inverosimile.
Basta leggere i giornali, quelle pagine di cronaca locale,
un po’ compiaciute del truculento, che di solito snobbiamo per dedicarci all’alta politica...
Caso mai, il limite di Dylan.
Dog è trascurare un po’ il fatto che tanta altra criminalità è
espressione di interesse, prepotenza e avidità. In ogni caso dalla lettura di un fenomeno di massa, che pure non è
ricco di idee e di riflessioni
come un romanzo o un film,
impariamo che il confine tra
bene e male, tra sofferenza
patita e imposta agli altri è
più che incerto. È utile capirlo, ma resta una domanda: gli
adolescenti che leggono in
massa Dylan Dog l’hanno capito prima di noi?
Una storia valdese pubblicata da uno studioso spagnolo
Il fascino del valdismo medievale
Citazioni letterarie
Stampato nel 1990 è questo*, salvo errore, l’ultimo
nato, in ordine di tempo, dei
libri di storia valdese (la traduzione inglese del libro di
Giorgio Toum è del 1989), e
il primo originale in lingua
spagnola (le precedenti storie
valdesi in tale lingua sono
state traduzioni dei volumi di
Comba e dello stesso Toum).
L’autore, Octavio Aceves,
nato in Argentina ma naturalizzato spagnolo, è laureato in
psicologia e parapsicologia,
ma è anche uno storico apprezzato in campo intemazionale. Questo suo libro sui
valdesi fa parte di una trilogia
che ha intitolato Trilogia del
Amor y de la Muerte, di cui il
primo volume è consacrato ai
catari (Un largo Camino a
Montségur). Il secondo, Los
Valdenses, Cronica de una
Herejia, è quello dedicato ai
valdesi, e il terzo è La Tragedia de los Hugonotes.
L’autore ha diviso questa
sua storia valdese in tre p^i.
La prima va dall’origine
(1170) al XIV secolo; la seconda verte sui movimenti
riformatori, sull’adesione dei
valdesi alla Riforma e sulle
persecuzioni (alle Valli, in
Provenza, in Calabria). La
terza va dalla revoca dell’
Editto di Nantes ai nostri
giorni.
È una storia vista da uno
studioso «esterno» all am
II movimento valdese cercò di rispondere aM'appello: «Segulmll»
biente valdese o protestante e
che non sembra essere neanche influenzata da un punto
di vista «cattolico»; la si può
considerare assai obiettiva e
completa. Tutt’al più sembrerebbe che l’autore sia
maggiormente interessato al
valdismo primitivo e alla
diaspora medievale, che occupano le prime 90 pagine
del libro, rispetto alle 113
delle due ultime sezioni.
Pier Paolo Pasolini, interprete del suo «Decameron»
Nella traccia della «Commedia»
Einaudi ha mandato alle stampe in una nuova edizione La
Divina Mimesis*, che Pasolini abbozzò fin dal 1963 e che fu
pubblicata per la prima volta nel 1975. È una sorta di percorso
personalizzato costraito sulla scorta dell’impianto iniziale della
Commedia dantesca: ne restano purtroppo quelli che Pasolini
ha chiamato primi due canti, alcuni appunti per canti successivi, note varie e un’appendice espressa in forma di raccolta di
foto («Iconografia ingiallita. Per un poema fotografico»), che a
sua volta fa da complemento a fatti, situazioni e vicende della
storia italiana contenute nel testo.
L’autore confessa di essere in crisi intorno ai 40 anni, e di
trovarsi nei pressi di un cinema (equiparato alla «selva») da cui
poi si dipartono reminiscenze, ricordi, espressioni di disgusto,
insofferenza verso i «padri» e soprattutto verso la società italiana («Sono nato sotto il fascismo, benché fossi quasi ancora un
ragazzo quando cadde. E vissi poi a lungo a Roma, dove del
resto il fascismo, con altro nome, continuava...», «...figlio di
una nazione povera e borghese...»). Altre riflessioni riguardano
il senso di estraneità che Pasolini provava di fronte alla realtà
storica di quell’Italia che stigmatizzò in tante altre opere (fino
alle Lettere luterane): «Sapevamo bene, noi due, cos’era l’Irrealtà, visto che ci vivevamo in mezzo ogni giorno. E proprio
per questo eravamo pallidi come morti. Tutti i gesti inautentici,
le parole incerte e sommarie, le viltà, le omissioni: il saper come esser santi e non esserlo». Oppure la lapidaria conclusione
della «guida» (l’equivalente del Virgilio dantesco): «In questo
luogo (...) la sola pena è esserci».
C’è anche però (e sono gli squarci migliori) una rivendicazione della fisicità del mondo; «Non appena un uomo rappresenta (...) il proprio modo di guadagnarsi il pane, suscita
pietà», «... i suoi piedi prosaici, che nessuna poesia potrà mai
riscattare». Nelle foto ci sono ragazzi di borgata, letterati, partigiani, un paesaggio africano, tutte prefigurazioni e reminiscenze delle riflessioni che Pasolini fece in 30 anni di poesia,
romanzi, saggi, film, testi teatrali. Più di Petrolio è un’opera incompiuta che parla ancor oggi.
(*) Pier Paolo Pasolini: La Divina Mimesis. Torino, Einaudi,
1993, pp X-96, £ 15.000.
In conclusione possiamo
considerarla una storia valdese molto ben presentata, la
cui lettura può essere raccomandata, anche se per un italiano la lettura richiede un
maggiore sforzo, per quanto
le due lingue permettano
1 ’ intercomprensione.
(*) Octavio Aceves: Los Valdenses. Cronica de una herejia.
San Isidro de Majodaholda, Heptaba.
Riviste
Spezzoni di movimenti
Si chiama Onde lunghe* e tratta, come dice il sottotitolo, di
«eventi e movimenti di pace, ambiente e solidarietà». Ne è
uscito finora un numero zero, non in vendita ma distribuito da
associazioni, enti, in occasioni pubbliche. E, come chiarisce un
editoriale di presentazione, il pubblico a cui vorrebbe rivolgersi
l’operazione dovrebbe essere anche e soprattutto giovane.
Nella fase politica di profondo rivolgimento che vive l’Italia,
si dice, nascono ed emergono alla superficie gli spezzoni di una
società civile che rischiano di essere «cooptati per legittimare
i futuri poteri». E necessario allora garantirsi spazi di comunicazione in quegli ambiti che si occupano di movimenti per la
pace, ambiente e solidarietà. Non a caso Onde lunghe dedica
ben un terzo delle proprie pagine alla segnalazione di iniziative
spicciole, appuntamenti, annunci. Nella situazione ammorbante
dell’editoria e dell’informazione in Italia tutto ciò è utile.
Lo schema dell’impaginazione prevede una serie di pagine di
notizie («Eventi»), una guida («Che fare») dedicata all’obiezione fiscale, una parte centrale («Il tema») che ha per oggetto appunto la situazione dell’informazione in alcune capitali europee
dal punto di vista dei fogli «di movimento», articoli di aggiornamento sui conflitti nel mondo attuale (in particolare la guerra
azero-armena).
(*) Onde lunghe. Via Vico 22, 00196 Roma. Tel. 06-3214606, fax
06-3216705.
14
PAG. 1 O
RIFORMA
VENERDÌ 23 LUGLIO I993
Documento della «Consulta di bioetica» sull'aborto
Il problema non è la legge ma
la sua mancata applicazione
Pubblichiamo qui di seguito il documento che la «Consulta di bioetica» ha approvato nella sua riunione straordinaria del 24 giugno scorso.
Su questo tema la Camera
ha approvato (vedi numero
scorso) una risoluzione presentata dal deputato verde
Gianni Mattioli. In settembre
la discussione sarà ripresa in
vista di una possibile modifica della legge 194.
Da più parti in questi ultimi tempi si è ripreso a
parlare della possibile revisione della disciplina dell’aborto
nel nostro paese, e sempre
con l’intento di introdurre restrizioni al regime vigente,
come se dovesse essere rimessa in discussione la legge
194/1978, che attualmente regola la tutela della maternità e
una generazione consapevole
e responsabile: una legge dello stato, non solo regolarmente emanata dai suoi organi legittimi ma sottoposta al vaglio di un referendum popolare.
La legge 194 è un provvedimento complesso, che ha
introdotto nel nostro ordinamento finalità sociali e sanitarie, delle quali si deve tener
conto per giudicarla. Già nella
situazione attuale la legge ha
prodotto una forte diminuzione dell’aborto clandestino: e
questo ha impedito che venissero esercitati abusi sociali,
che si provocassero morti evitabili, che si producessero patologie croniche irreversibili,
tali da limitare le possibilità
procreative. D’altra parte la
mortalità femminile associata
all’aborto volontario è scesa
ben al di sotto dei valori osservati per l’aborto clandestino. Ma progressi ben maggiori si sarebbero conseguiti se
la legge fosse stata pienamente attuata. Il fatto che dal momento dell’entrata in vigore
della legge 194 l’interruzione
volontaria della gravidanza
sia progressivamente diminuita fa supporre che essa venga
intesa come un intervento di
urgenza per fronteggiare un
insuccesso della contraccezione, e che un’ulteriore diminuzione del ricorso a questa pratica si potrebbe ottenere rimuovendo gli ostacoli a una
più diffusa conoscenza dei
metodi contraccettivi.
Il vero problema attuale è
non la revisione in senso restrittivo della legislazione vigente, ma la sua completa attuazione. La legge 194 prevedeva che all’interruzione volontaria della gravidanza si
potesse giungere dopo aver
usufruito dell’attività di strutture di prevenzione territoriale di largo respiro. Invece
l’attività dei Consultori familiari è diventata meno efficace, perché non si è provveduto a una loro distribuzione
uniforme nel territorio nazionale, perché anche in quelli
più efficienti si tende a non
assicurare il normale ricambio
del personale, perché infine è
diminuita la motivazione di
coloro che vi lavorano. Ed è
comprensibile che le motivazioni vengano meno quando
si avverte che le autorità politiche e sanitarie non promuovono seriamente una strategia
generale volta a favorire la
generazione e la maternità responsabili, e hanno spesso
ostacolato una politica del genere là dove essa era stata intrapresa.
La legge 194 avrebbe dovu
Una manifestazione in difesa deiia iegge suii’aborto
to stimolare l’introduzione
dell’educazione sessuale nelle
scuole, la promozione della
conoscenza dei metodi contraccettivi, un’assistenza globale della gestazione, comprensiva di screening e prevenzione dei difetti congeniti,
una più generale tutela della
maternità anche sul piano
economico e giuridico. La
piena realizzazione di queste
finalità porterebbe a risultati
ancora migliori di quelli finora conseguiti e potrebbe rendere compatibile una politica
di procreazione effettiva del
«diritto alla vita» con la tutela
della maternità e la scelta della generazione responsabile.
E chi non vuole la realizzazione degli obiettivi sanitari e
sociali della legge 194 che ne
fa un semplice provvedimento
di liberalizzazione dell’aborto; e chi oggi la presenta come una minaccia alla vita ha
la responsabilità di non avere
promosso l’opera di prevenzione che essa imponeva e
che andava collegata con le
finalità generali di prevenzione sancita dalla legge 8331978.
Tacendo di queste gravi carenze della politica nazionale
della generazione e della maternità, da alcune parti si imputa alla legge 194 la diminuzione del tasso di natalità del
nostro paese, indipendentemente da ogni valutazione di
questo fenomeno in assoluto,
si tace il fatto che esso è comune a molti paesi industrializzati, si è manifestato con il
passaggio dalla società agricola a quella industriale ed è
probabilmente legato alle trasformazioni socio-culturali
dell’ultimo secolo; e nulla
permette di considerarlo come
un effetto della disciplina della maternità introdotta dalla
legge 194.
Oggi perciò occorre chiedere non la revisione, ma la piena realizzazione della legge
194, promuovendo la piena
utilizzazione di tutti i mezzi
sociali e tecnici, ivi comprese
le procedure abortive farmacologiche, in alternativa
all’aborto chirurgico e già diffuse in altri paesi, dalla Gran
Bretagna alla Cina, necessarie
a fare della generazione una
scelta consapevole. Ma c’è un
principio che la legge 194
contiene e che va considerato
come uno dei suoi punti più
qualificanti: fattribuzione alla donna del diritto di autodeterminazione non vincolato
dal consenso del partner.
Infatti la gestazione, che
prende avvio con rimpianto
dell’embrione sulla parete
uterina, è un processo biologico che appartiene unicamente al corpo della donna-, è
l’organismo femminile che
rende possibili i processi di
differenziazione e di accrescimento, pur geneticamente determinati, conseguenti alla fe
condazione naturale 0 artificiale. La gestazione è un processo che impegna le risorse
della donna e può perfino minarne la salute, allorché si verifichino processi patologici
gravi. E il coinvolgimento
della donna può essere globale e interessare il suo benessere psicofisico, se si considera
che la gestazione può influenzare il comportamento psichico e sociale della gestante.
D’altra parte, tenendo conto
delle fasi di sviluppo del prodotto del concepimento, risulta del tutto arbitrario attribuirgli il carattere di persona, in
base a alle conoscenze filosofiche, giuridiche, ecc. oggi disponibili, e vedere nel disciplinamento delle pratiche
abortive sancito dalla legge
194 un attentato al diritto alla
vita. Infatti il prodotto del
concepimento acquista stadi
diversi di individualità nel
corso delle varie fasi del processo ontogenetico, e solo
successivamente alla 20® settimana compaiono le strutture
anatomiche e le basi funzionali indispensabili perché il
nuovo nato sia in grado di vivere al di fuori del grembo
della donna e possa acquisire
le capacità comportamentali
proprie della persona. Solo tra
la 20® e la 24- settimana si ha
il completamento anatomico
delle strutture dell’albero respiratorio e l’avvio della produzione delle sostanze tensioattive indispensabili all’
espansione polmonare, mentre lo sviluppo della corteccia
cerebrale si completa con la
20® settimana, dopo di che
iniziano a stabilirsi le connessioni cortico-talamiche e
compaiono sporadicamente le
prime forme d’onda encefalografiche in entrambi gli emisferi.
Per tutte le ragioni esposte
la Consulta di bioetica ritiene
quindi che in nessun modo la
legge 194/78 costituisca un
attentato al diritto alla vita e
che pertanto una sua revisione
non possa affatto restringere
l’ambito deH’autodeterminazione della donna ma anzi si
debba considerare la possibilità di nuove e più razionali
prospettive.
Mentre in questo senso nelle diverse sedi della Consulta
si sta avviando un ampio dibattito culturale, si deve richiamare l’attenzione dei cittadini sulla necessità di dare
piena attuazione a tutte le forme di educazione della sessualità e della generazione
responsabile e di tutela della
maternità prevista dalla legge, ribadendo con fermezza il
diritto della donna a scegliere
in modo autonomo e responsabile di interrompere come
di portare a compimento la
gravidanza e a disporre di assistenza sanitaria che per
qualità, quantità e distribuzione renda effettivo questo di
II concetto di «sbagliare e riprovare» è alla base della civiltà?
Pena di morte: giustizia assoluta?
_______PAOLO T. ANGELEBI_____
Pena di morte sì, pena di
morte no. Per un cristiano mi pare che non ci siano
dubbi: pena di morte no! Furio Colombo su Panorama
(«Contro la pena di morte»,
n. deiril luglio 1993, p.
101) espone da un punto di
vista laico un argomento a
cui non avevo pensato. Secondo lui al fondo del ragionamento a sostegno della pena di morte «c’è un sogno di
giustizia assoluta».
Proprio per questo sogno uno stato perfetto, una chiesa
perfetta, una giustizia perfetta - bisogna lottare in base
alla «coscienza quotidiana e
realistica che anche il migliore di noi è incapace di
realizzare qualcosa di perfetto, qualcosa che abbia un valore assoluto e non discutibile, valido per sempre». Soltanto «il processo che la cultura Usa chiama del “trial
and errar" (sbagliare e riprovare)» è il percorso «che
consente la civiltà. Quando
viene abolito in favore di soluzioni assolute, esplodono
fascismi e stalinismi. Sappiamo dalla psichiatria che la
certezza assoluta è patologica. L’assassino la possiede.
Non può possederla il suo
giudice. Non può per ragioni
tecniche (il giudice è intelligente e integro) prima ancora che per differenza morale».
Fin qui Furio Colombo.
Potremmo aggiungere noi,
evangelicamente, che ciò che
ci separa per esempio dal cattolicesimo è misurabile proprio in base a questa differente valutazione dell’assoluto. Per il cattolico esistono
verità e autorità indiscutibili,
costruite nel corso dei secoli
dall’uomo, ma riconducibili
all’assoluto: i dogmi, la chiesa, la gerarchia e in linea subordinata lo stato.
Per il protestante l’assoluto
sta al di là dell’uomo, di
qualsiasi mediazione, persino
quella della Scrittura, della
20 aprile 1992: la camera a gas è tornata in funzione a S. Quintino. È
Robert Alton Harris la prima vittima
chiesa, del dogma e dello stato, che non possono racchiuderlo se non in minima parte.
Dio sta oltre, è altro, dice altro; e l’assoluto è di Dio, mai
dell’uomo.
La pena di morte è un assoluto, il massimo degli assoluti nella sua irreversibilità.
Comminarla significa sostituirsi a Dio, bestemmiarne lo
Spirito, affermare di esserne
noi gli unici interpreti.
In concreto nel protestante
resta la coscienza dell’insuperabile insufficienza nostra,
del «non assoluto» di tutto
quanto noi possiamo fare: noi
e soprattutto le più importanti
istituzioni da noi costruite, lo
stato e la chiesa («Ecclesia
semper reformanda»).
Chiedere dunque la pena di
morte di qualcuno in nome di
un assoluto che non appartiene né a noi né alle nostre istituzioni è pura follia, ipertrofia patologica dell’Io. Eppure
la società americana, pur permeata di spirito protestante e
di pragmatismo migliorista,
.,1 ..>v .£ ... X., .. Ita. ta ,i.
E uscito
('HÍKSA KVANCKUCA VAi.DKSB
’ I NiK/nc’ (ielle t liiesf' valdesi e nietodiste)
Raccolta
delle discipline
vigenti
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valdese
n.AI I)1AN.\ TOHI.N'n
Il volume delle Discipline è in vendita al prezzo di copertina di £ 39.000 presso le seguenti librerie:
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2) Libreria Claudiana - piazza deila Libertà, 7 - 10066
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4) Libreria Claudiana - via F. Sforza 12/a-20122 Milano-ccp 51682201.
5) Libreria cultura religiosa - piazza Cavour 32 - 00193
Roma - ccp 14013007.
ha ancora la pena capitale come eredità dei vari fondamentalismi anabattisti o spiritualisti legati all’idea di una
società perfetta per uomini
perfetti; mentre l’Italia cattoiica, di un cattolicesimo che
non ha saputo rinunciare alla
pena di morte (vedi il recente
catechismo) in base alla sua
idea di assoluto e di perfezione, ha abolito la pena di morte in omaggio al relativismo
illuminista, che pur tanto deve al protestantesimo.
Contraddizioni dell’umanità, incapace di coerenza nel
perseguire i suoi fini.
DALLA PRIMA PAGINA
Chiese dell'Est
levare da un triste passato e
difficilmente sono pronti a
collaborare alla rinascita dei
loro paesi. Alcuni aspettano
esclusivamente gli aiuti, in
ogni forma, dagli occidentali.
In una tavola rotonda a cui
hanno partecipato alcune personalità politiche austriache si
è preso atto delle problematiche del mondo occidentale,
caratterizzato da una profonda
crisi spirituale e dalla tendenza alla disgregazione, alla
perdita di quei valori che gli
orientali consideravano come
forza portante e produttrice
del benessere. Mentre si prendeva atto della tendenza a una
cattolicizzazione portata
avanti nel mondo orientale, si
notava tragicamente la mancanza di comunicabilità fra la
gente, assillata da problemi
esistenziali.
In un paese come la Germania non ci si saluta più chiedendosi: come stai?, ma: hai
ancora il posto di lavoro? Le
chiese sembrano impreparate
a fronteggiare tale situazione
e a offrire proposte valide,
specialmente di fronte a
drammi come la guerra
nell’ex Jugoslavia, ma si sono
impegnate, davanti al Signore
e alla società, ad essere portatrici di una parola di speranza
e di un messaggio centrato
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RIFORMA
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15
venerdì 23 LUGLIO 1993
La Pagina Dei
PAG. 1 1 RIFORMA
avventista
Vorrei rispondere a quanto
apparso sul n. del 1° giugno
con il titolo: Pubblicità negativa, a firma di Marco Rostan.
Quest’anno la Chiesa avventista ha lanciato questo
slogan per la promozione della sua campagna sull’otto per
mille. Ognuno può certo discutere se fare o meno una
campagna promozionale, e
vanno rispettate le opinioni
opposte. Noi avventisti, così
come avevamo deciso di partecipare alla ripartizione
dell’otto per mille (all’epoca
fummo criticati soprattutto dal
mondo evangelico), abbiamo
deciso di fare promozione.
I mass media di pubblico interesse (vedi Rai) non ci hanno dato in questi quattro anni
nessuna possibilità di spiegare
la nostra posizione sull’otto
per mille, mentre ne è stata
data ampia possibilità alla
Chiesa cattolica. Non avendo
altri spazi, la nostra Chiesa ha
deciso di comperarli sia sui
giornali che sulle radio e televisioni. I quattro slogan sono i
seguenti:
Otto per mille 1993: dai un
taglio nuovo alla tua scelta;
Chi ci destina l’otto per mille non finanzia una Chiesa.
Finanzia la gente;
Noi non abbiamo bisogno
dell’otto per mille dell’Irpef.
Proprio per questo dovresti
destinarlo a noi;
Noi non giudichiamo le
donne: le aiutiamo con l’otto
per mille.
Quest’ultimo, che riguarda
proprio le donne, ha «scandalizzato» il sig. Marco Rostan.
L’agenzia che ha confezionato
questo slogan non ha pensato,
anche se legittimo, a «catturare un maggior numero di scelte», perché già da tempo si sapeva che le associazioni femminili che si erano levate contro la Chiesa cattolica su questo argomento avevano dichiarato di voler scegliere lo
stato, ma piuttosto ha pensato
a far conoscere a un pubblico
L= sinistra (giustizia per ciascuno); R=destra (ciascuno per sé)
femminile la nostra posizione
nei confronti delle donne, posizione che è ben diversa da
quella cattolica.
Nello stesso periodo abbiamo pubblicato un documento
sulla posizione della Chiesa
cristiana avventista sull’aborto. Purtroppo, a parte il Nev,
nessuno ha preso in considerazione questo documento. Acquistando gli spazi, parlando
di questi argomenti, anche se
indirettamente, abbiamo notato che la questione ha suscitato un certo scalpore. Al di là
di questo, però, è vero che alcuni progetti che saranno realizzati con l’otto per mille saranno rivolti alle mamme e ai
bambini. Qualcuno ha detto:
«Se educhi un uomo educhi
una persona; se educhi una
donna educhi una nazione».
Noi non ci proclamiamo
giusti o più giusti degli altri,
ma era ora di far conoscere
parte di quello che facciamo.
Se molti italiani conoscessero
solo il 10% dell’impegno della Chiesa avventista nel campo sociale, educativo, umanitario, sicuramente darebbero
l’otto per mille alla nostra
chiesa. Appena ci siamo permessi di farlo, ecco le critiche.
Far conoscere la nostra posizione senza pagare per questo? Noi, finora, non ci siamo
riusciti e ciò in tante occasioni. Porto un esempio. Durante
la campagna in favore dei curdi, la Chiesa cattolica ha dato
500 milioni, la sera il Tgl ne
ha dato notizia. La Chiesa av
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan
ABBONAMENTI: Daniela Actis
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di PineTOlo con il n. 176 del P gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
etodifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Immurato in Europa
ventista aveva inviato, nello
stesso periodo, oltre un miliardo di lire per i curdi. Abbiamo
comunicato la notizia, ma nessuno l’ha ripresa. Da due anni
a questa parte neppure la rubrica Protestantesimo ha fatto
conoscere come obiettivamente funziona l’otto per mille.
Da La luce prima e ora da
Riforma abbiamo ricevuto più
critiche che incoraggiamenti.
Noi abbiamo quindi scelto di
fare promozione. Forse in
qualcosa abbiamo sbagliato,
ma almeno abbiamo fatto conoscere quello che pensiamo e
che facciamo, grazie all’aiuto
del Signore. Vedremo in futuro che cosa faranno coloro che
oggi ci criticano.
pastore Ignazio Barbascia
Per quanto riguarda Riforma rifiuto la tesi del complotto antiavventista adombrato
nella lettera. Il nostro settimanale cerca di essere attento alla testimonianza di queste chiese. Se non abbiamo
pubblicato il documento avventista è perché non ne abbiamo avuto notizia. Neppure
il n. 2193 di «Segni dei tempi»
(bimestrale delle chiese avventiste), interamente dedicato alla donna, ne fa menzione. (gg)
Fiducia nelle
nostre opere
Dissento dal parere del
prof. Giovanni Gönnet. Per
me il denaro che ci viene
concesso dallo stato viene da
noi accettato per precisa disposizione dell’Intesa (se ho
ben capito) non per finanziare
la nostra chiesa, ma per destinarlo unicamente alle nostre
opere.
Niente quindi alle chiese
(stipendio di pastori in attività o emeriti).
Sinora ho sempre destinato
l’8 per mille alle «opere dello
stato» (scopi sociali o umanitari) come recita il 740. Non
vedo perché non dare uguale
fiducia agli operatori delle
nostre chiese visto che ivi gli
organi di controllo e di critica
funzionano eccome!
Comprendo tuttavia la posizione di Gönnet, tanto è vero
che nel sondaggio (anonimo)
fatto dalla chiesa di Torino
mi sono espresso allora contro l’8 per mille; ma dopo le
precisazioni e le limitazioni
inserite nelle Intese non ritengo di andare contro al deliberato del Sinodo.
Mi pare, del resto, che non
si sono mai rifiutati gli aiuti
inviati alle nostre opere dalle
chiese estere che hanno accettato il finanziamento dello
stato. Forse che, per interposta chiesa, il denaro si pulisce
e quindi non solo lo si accetta
ma talvolta lo si sollecita?
Non so se quello che fa il Sinodo corrisponda sempre alla
terza richiesta del Padre Nostro, ma per il momento ne rispetto il deliberato.
Guido Botturi — Torino
Razzismo
Ricavo, dalle cronache di
giornale del 9 luglio, che a
Lecco un extracomunitario ha
salvato una ragazza dall’aggressione di un bianco di
«pura» razza «nordica» (longobarda? visigota? ostrogota?). Contro lo stereotipo che
vuol sempre il «nero» aggressore malvagio da cui guardarsi, finalmente una notizia in
controtendenza.
In una società pluralistica e
multietnica dovrebbero divenire sempre più comuni episodi del genere, sì da non fare
neppure più notizia perché
aggressore, maniaco sessuale
o violentatore appartengono
in percentuali eguali a ogni
gruppo razziale, religioso o
politico.
Se bastasse l’appartenenza
a uno specifico gruppo a far
individuare i violenti, per far
scomparire la violenza esisterebbe un solo rimedio, purtroppo solo speculare al male
da rimuovere; lo sterminio
violento di tutti gli appartenenti agli altri gruppi, la radicale pulizia etnico-religiosa
sul tipo di quella indecente e
orrenda che si sta cercando di
realizzare nell’ex Jugoslavia... o di quella altrettanto
orrenda e indecente prospettata da Hitler nel suo Mein
Kampf e attuata nei campi di
sterminio.
Paolo T. Angeleri - Padova
E il convegno
pastorale
battista?
Puntualmente è arrivato
quel che era logico attendersi: un ulteriore rinvio, al 2324 ottobre, del convegno sul
ministero pastorale.
Questa è la terza data fissata. Siamo a luglio inoltrato e
ancora non sono arrivate alle
chiese né le relazioni né le
credenziali per le iscrizioni.
Sabato 26 giugno, durante la
riunione del Consiglio dell’
Acebla (Associazione delle
comunità evangeliche del
Lazio e Abruzzo) alcuni
membri hanno detto candidamente che nelle loro chiese
non si sa nulla di questo
prossimo convegno nazionale dell’ Ucebi.
Che sia un convegno importante è sottolineato
dall’Atto (29/AG/90) che lo
ha indetto all’unanimità, in
cui si chiedeva di «avviare
uno studio finalizzato ad un
convegno sul senso della vocazione pastorale, sul ruolo e
sul rapporto pastore-chiesa,
del ministero pastorale
nell’attuale società italiana e
sullo status giuridico-contrattuale dei pastori». Come si
nota rincontro dovrebbe
avere caratteristiche molto
importanti per i riflessi e per
1 dibattiti che stimola nelle
nostre chiese.
E evidente che siamo di
fronte a un pasticcio che purtroppo ha rilevanza negativa
nei rapporti delle chiese con
il Comitato esecutivo e i dipartimenti e rischia di far
crescere la tensione già esistente in molte chiese.
Al di là dei problemi che
possono essere sorti durante
la programmazione, gli organizzatori hanno avuto un’
enorme quantità di tempo per
predisporre i diversi aspetti
del convegno, previsto in un
primo tempo per il 30 aprile
2 maggio e poi rinviato a
causa dell’assemblea straordinaria di febbraio (Atto
152/CE/93) al 17-19 settembre.
Questi ritardi vanno a danno delle chiese e del conve
DONNE E LAVORO
L’amministrazione comunale
di Novara e l’Agenzia per
l’impiego del Piemonte, con
il contributo della Banca popolare di Novara, hanno istituito la borsa di studio «Donna e lavoro» da assegnare a
una ricerca inedita sulle condizioni economiche, sociali e
culturali che hanno influito
sull’evoluzione del rapporto
donna-lavoro. Il premio è articolato su tre borse (5, 3, 1
milione di lire).
La ricerca verterà su un
aspetto storico, culturale, sociale o economico, dall’antichità ai giorni nostri, purché
riferito alla realtà del Piemonte.
Gli elaborati dovranno essere consegnati entro il 31
dicembre 1993 alla segreteria
del premio, c/o l’Agenzia per
l’impiego del Piemonte, via
Arcivescovado 9 (scala C, IV
piano) 10121 Torino (tei.
011-5613222).
NUOVI INDIRIZZI — Il
pastore battista Mauro Del
Nista comunica il suo nuovo
indirizzo: via Baldini 7,
57125 Livorno.Telefono
0586/863352.
Ludwig Schneider, che ha
lavorato come pastore nella
Chiesa valdese di Villasecca,
comunica il suo nuovo indirizzo; dopo essere stato vicario a Wiesbaden lavorerà
presso la Mission populaire
évangélique - Le Foyer de
Grenelle - 17, rue de l’Avre
-F 75015 Parigi.
AUGURI — Il Concistoro
e la comunità valdese di Lusema S. Giovanni partecipano alla gioia dell’anziano Dino Bellion e di Silvana Gaietto per la nascita di
Daniele, al quale auguriamo
ogni bene nel Signore.
gno stesso, tanto più che esso
si inserisce in una fase cruciale della nostra Unione, in
un periodo in cui si intravedono mutamenti sostanziali
nell’ecclesiologia e aelle
strategie delle comunità battiste italiane.
Le forti tensioni vissute
nelle due ultime assemblee
generali e in quella straordinaria del febbraio scorso sono segni del disagio che questi mutamenti suscitano e che
hanno cominciato a prender
corpo in alcuni articoli degli
ordinamenti. Se si vuole favorire un’inversione di tendenza sono necessari una
correzione della linea e la
modifica di una serie di articoli degli ordinamenti stessi.
E tutto ciò deve essere fatto a
breve termine.
L’argomento del convegno
è dunque di grande importanza per il futuro dell’Unione e dei pastori battisti e perciò le chiese dovrebbero potervi partecipare in maniera
attiva e responsabile, sapendo che può delinearsi anche
un nuovo assetto nei rapporti
chiesa-pastore. Non è pensabile che esse possano mandarvi i loro rappresentanti
senza aver preventivamenteletto, discusso e magari preso
posizione sulla materia, visto
che sono coinvolte in prima
persona.
Questo ennesimo rinvio
pecca di mancanza di serietà
nei confronti delle chiese e
delle associazioni regionali.
Intanto perché arriva in piena
estate e perciò quando queste
hanno già programmato i
propri impegni e le proprie
attività da settembre-ottobre
in avanti e non si vede un
buon motivo per cui dovrebbero annullare parte di questa programmazione a favore
di un convegno importante,
ma rinviato per ben due volte
e senza avere le relazioni e
poi perché alcune persone
sono venute meno agli impegni presi al momento in cui
era stato affidato loro questo
incarico.
Questo rinvio dovrebbe far
riflettere seriamente le chiese
e i pastori sulle ragioni e le
conseguenze di questo atteggiamento frustrante nei loro
confronti.
Bruno Colombu - Ariccia
RINGRAZIAMENTO
«Quelli che il Signore
ha chiamati, li ha pure giustificati,
e quelli che ha giustificati,
li ha pure glorificati»
Romani 8, 30
Marito, figli e familiari tutti deila
compianta
Yvonne Baridon
Charbonnier
riconoscenti e commossi, ringraziano tutti coloro che hanno
preso parte al loro grande dolore.
Bobbio Penice, 21 luglio 1993
Le lettere di Bonhoeffer
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Dietrich
Bonhoetler
Lettere
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16
PAG. 12 RIFORMA
_________________ VENERDÌ 23 LUGLIO 1993
Coordinamento nazionale tra associazioni per la pace, gruppi di volontari e chiese
Nasce il «Consorzio italiano di solidarietà»
per aiutare i profughi dell^ex Jugoslavia
MARIE-FRANCE MAURIN COÌSSON
In tempo di guerra, come
aiutare le vittime se non
spontaneamente, a seconda
delle informazioni, man mano che si presentano nuove
urgenze?
Associazioni per la pace e
di volontariato, chiese ed altri
si sono prodigati dall’inizio
della guerra nell’ex Jugoslavia e sono giunti in quest’ultimo periodo a formare un
coordinamento nazionale,
«una diplomazia dei popoli»,
che sta riuscendo a coinvolgere il governo. Così è stato
creato, il 22 maggio scorso a
Mestre, l’Ics (Consorzio italiano di solidarietà), appoggiato dall’Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). Ai promotori (Arci, Associazione per
la pace, «Dai ruote alla pace», Servizio civile internazionale, Beati i costruttori
di pace...) si sono aggiunti
gruppi di molte città italiane
che erano già attivi in vari tipi di aiuti.
Gli obiettivi sono la costruzione della pace, la difesa
della convivenza interetnica,
il rispetto dei diritti umani,
progetti con comunità locali
dell’ex Jugoslavia per un ritorno alla vita civile. Accanto
ai bisogni materiali si desidera operare per la costruzione
di rapporti umani e di relazioni tra comunità diverse.
Ormai c’è un coordinamento
Ics, tra cui una rappresentante
del Servizio migranti della
Fcei, valdese di Trieste.
Da più di un anno era stato
chiesto un «Tavolo di coordinamento» con il governo:
l’obiettivo è stato finalmente
raggiunto, probabilmente perché il governo è stato allarmato dalla morte dei tre
volontari di Brescia. Il 4 giugno è avvenuto il primo contatto tra i ministeri degli Affari esteri e degli Affari sociali e vari organismi e Ong.
All’Ics sono stati affidati
alcuni incarichi (ad esempio
un sostegno finanziario al
Centro di coordinamento di
Spalato, che la Fcei ha contribuito a sostenere, dove arrivano molti volontari). Gli incontri con il governo saranno
mensili. Quello di luglio sarà
tra volontari, comitati cittadini di accoglienza di profughi,
e istituzioni (sono previsti
scambi di informazioni, trasmissioni radio ogni venerdì
alle 16).
A Trieste era già stato creato un coordinamento, come
punto di riferimento per altre
realtà operative in Italia: ultimamente, esso ha fatto un
manifesto, la cui affissione è
stata patrocinata dal Comune,
per chiedere collaborazione
alla cittadinanza; ne fanno
parte quattro comunità evangeliche e tre organismi («Dai
ruote alla pace», Adi, Centro
immigrati). Manca un magazzino dove convogliare il
materiale, in quanto il Comune è riuscito ad offrire solo
un’aula al terzo piano; non
potendo usufruirne, ci siamo
divisi i compiti: il Centro culturale evangelico si occupa
del vestiario, la Chiesa elvetica valdese di generi alimentari, sanitari e cancelleria, la
Chiesa avventista dei pacchi
da inoltrare a Sarajevo; «Dai
ruote alla pace» si occupa dei
volontari e dell’accoglienza.
Quest’ultimo organismo, nato
nel febbraio ’92, riunisce già
un insieme di gruppi, tra cui
l’Associazione per la pace e
Immagine della guerra nella ex Jugoslavia: un gruppo di feriti bosniaci a Srebenica
Arci-ragazzi di Trieste, Udine, Pordenone e Venezia; finora ha lavorato in cinque direzioni in Bosnia-Erzegovina:
a Zenica, soprattutto all’ospedale dove sono ricoverate
1.200 persone mentre la sua
capienza è di 400; alla gestione del campo di Posuje (che
recentemente è stato sloggiato, per cui 110 profughi sono
arrivati in Italia e sono in attesa di trovare famiglie o enti
locali che li accolgano); alla
città di Mostar dove, in primavera, sono state portate 42
tonnellate di patate da semina.
Per l’accoglienza in Italia
di profughi presso famiglie o
Enti, sulla base della legge
24/9/92 n. 390, non si mira
alla sola accoglienza privata
ma ad una forma pubblica
che coinvolga tutta la comunità locale. Alcune centinaia
di profughi sono già stati
ospitati in varie città (Bergamo, Torino, Viterbo). Ci sono
difficoltà per fare arrivare le
persone (finora sono stati soprattutto bosniaci profughi in
Croazia). Ad esempio, un Comune della provincia di Udine che aveva diverse famiglie
disponibili ad accogliere chi
una madre con un figlio, chi
una madre o una nonna con
due figli, ha dovuto inoltrare
una protesta al governo italiano perché la Slovenia bloccava i visti di transito. Tenere
i profughi in centri collettivi
come i campi che hanno una
situazione precaria (in certi
posti hanno mangiato per mesi scatolame perché non c’era
cucina) non permette una vita
dignitosa. Una normativa del
marzo ’93 consente a Comuni
e Province di fare stanziamenti per «interventi di solidarietà intemazionali»; alcuni
lo stanno facendo.
Ora si spera che con l’intervento del ministero tutto sia
più facile per coloro che sono
pronti ad accogliere profughi.
Di solito si tratta di una madre con uno o due bambini; la
legge italiana parla anche di
disertori. Sarebbe inoltre urgente ricevere feriti per cure
particolari. Per alleviare il carico della famiglia ospitante è
auspicabile il sostegno di altre persone o famiglie che
non sono in grado di accogliere ospiti, creando piccoli
comitati assieme all’ente locale.
Attualmente c’è una tendenza a svuotare i campi per utilizzarli - in ex Jugosla
via, e a trasferire i profughi in
zone pericolose. Recentemente, una famiglia di Ivrea
aspettava già con affetto una
madre con la bimba, tutto era
in regola con la questura, ma
a un certo punto sono state
dichiarate disperse.
Quest’estate sono in corso
iniziative, come ad esempio
«Summertime for peace», che
richiede volontari sia per
l’animazione nei campi
nell’ex Jugoslavia (in Italia
ce ne sono una decina, quello
di Corvignano del Friuli è il
più grande, con 500 persone)
o équipe mediche, sia per un
appoggio alle forze di pace
ex jugoslave; per chi non parte, proposte di adozioni a distanza e di gemellaggi con
campi.
Di fronte alla tragicità della
situazione e alla barbarie di
questo tipo di guerra che colpisce i civili, ci auguriamo
che l’Ics non diventi un vertice con rischi di nuovi problemi, ma sia uno strumento per
coinvolgere sempre più gente, ognuno di noi, in aiuti, accoglienza e solidarietà, in
questa tremenda pagina della
storia della fine del secondo
millennio che stiamo tutti
scrivendo.
Grazie al ritorno dei profughi e a una maggiore libertà religiosa
La chiesa rinasce in Cambogia
Una nuova vita religiosa
sta risorgendo in Cambogia.
È quanto afferma l’agenzia
stampa «Eglises d’Asie»
(Missioni estere di Parigi). Il
fenomeno è dovuto all’allargamento della libertà religiosa e all’arrivo un po’ dovunque nel paese di cristiani
provenienti dai campi profughi.
A Ta Hèn, ad esempio, la
vita della comunità era ferma
da oltre 20 anni a causa della
guerra, dei Khmer rossi e
della persecuzione. Un anno
fa, 23 famiglie hanno osato
dichiararsi cristiane presso le
autorità. Una famiglia ha
messo a disposizione la propria casa per la preghiera e la
catechesi. È stata organizzata
la diaconia e vari ammalati di
lebbra e di tubercolosi sono
stati curati. Rapporti di amicizia e di collaborazione si
stanno sviluppando con la vicina pagoda.
Lo scorso mese è stato
compiuto un altro passo
chiedendo il riconoscimento
legale della comunità e il
permesso di costruire una
cappella di legno. Un cristiano ha dato una particella
del proprio terreno e ognuno
dà una settimana di lavoro.
Inoltre è stata effettuata una
colletta alla quale hanno partecipato alcuni vicini buddisti.
A Ta Pung varie centinaia
di famiglie sono state rimpatriate dai campi sul confine tailandese. La chiesa è nata con i primi arrivati: fin
dalla prima domenica, mentre una nuova capanna stava
sorgendo, Sokha ha pregato
e cantato inni insieme ai suoi
tre figli. Ha detto semplicemente che credeva in Gesù
Cristo. Diverse persone cristiane, cattoliche o di altre
confessioni, hanno chiesto di
potere unirsi a lei la domenica seguente. Oggi, la casa di
Sokha è troppo piccola per la
preghiera e la catechesi. Il
mese scorso la comunità ha
sollecitato il riconoscimento
legale e il permesso di costruire una cappella.
A Chrab Veal non esiste
un vero e proprio villaggio
ma nel 1979 alcune famiglie
le cui case sono state rase al
suolo dai Khmer rossi sono
venute a starci, non lontane
dalle loro risaie.
Fra loro vi erano cristiani:
una quindicina di famiglie,
raggiunte in queste ultime
settimane da alcuni rimpatriati. Nel gennaio scorso alcune famiglie decidevano di
costruire una capanna di paglia per fare il catechismo ai
bambini. Uno dava il terreno,
gli altri la mano d’opera.
Il giorno del Capodanno
khmer, due giorni prima di
Pasqua, ha avuto luogo
l’inaugurazione della capanna in occasione del primo raduno dei «bambini del caffè»
di tutta la zona. (Bss)
In visita a Roma il pastore Raul Suarez
Un pastore battista
al Parlamento di Cuba
Raul Suarez, pastore della
Chiesa battista di Marianau
(un sobborgo dell’Avana) e
deputato al Parlamento cubano, in Italia per una serie di
incontri con gruppi di solidarietà, ha incontrato a Roma una rappresentanza
dell’Unione battista italiana
(Ucebi) e dei pastori battisti
del Lazio. Per la prima volta
dalla rivoluzione, nel nuovo
Parlamento cubano eletto il
26 febbraio scorso, siedono
alcuni cristiani: oltre a Suarez, il pastore presbiteriano
Sergio Arce Martinez e due
laici cattolici.
«Ho accettato la candidatura al Parlamento - ha detto
Suarez, che aveva già incontrato l’anno scorso i responsabili delle chiese evangeliche italiane - soprattutto in
considerazione della drammatica situazione del mio
paese resa dijficile, oltre che
dal crollo del blocco socialista, anche dall’ embargo statunitense e dalle recenti catastrofi naturali (tornadi e alluvioni)».
Il nuovo Parlamento è stato
eletto con un nuovo sistema,
interamente a voto segreto e
senza candidature ufficiali
del Partito comunista. «Cuba
- continua Suarez - non ha
più un modello: non esiste
più il socialismo reale, ma
non ci soddisfa neanche la
democrazia nordamericana e
ancor meno quel modello che
ha portato i paesi latinoamericani alla fame. Come cristiani vogliamo portare il nostro contributo alla costruzione di una nuova società:
senza sacralizzare alcun sistema, né confondere alcun
sistema umano con il Regno
di Dio. La nostra partecipazione al Parlamento non significa che siamo ‘filogovernativi”, ma che vogliamo essere testimoni di Cristo
all’interno di una società
che, attualmente, è in pieno
movimento».
Suarez ha manifestato il
desiderio di approfondire i
rapporti di scambio con le
chiese evangeliche italiane, e
ha chiesto loro un impegno
per il superamento delTembargo economico contro Cuba, così come un sostegno per
progetti in campo sociale ed
educativo. Il pastore Suarez,
già presidente del Consiglio
delle chiese di Cuba, è attualmente direttore del Dipartimento per i progetti di sviluppo dello stesso Consiglio e
presidente della Società biblica cubana. (Nev)
Haiti: in attesa del ritorno di Aristide
«Ragazzi della strada»
tra minacce e violenze
Dopo la risoluzione votata
all’unanimità il 16 giugno
scorso dal Consiglio di sicurezza e l’ultimatum lanciato
al regime militare di Haiti, il
piano di pace dell’Gnu è stato
firmato sia dal generale Cédras che dal presidente eletto
Aristide, che nel settembre
’91 era stato rovesciato da un
golpe militare diretto dallo
stesso Cédras. L’alternativa
posta dairOnu e dall’Osa
(Organizzazione degli stati
americani) era netta: o accettare il reinsediamento di Aristide o subire un nuovo pesante embargo su petrolio e
armamenti.
Il ritorno ad Haiti di Aristide è stato stabilito per il 30
ottobre, anche se i militari
corrotti attualmente al potere
faranno probabilmente di tutto per ritardarlo il più possibile. È significativo che, alla vigilia del voto del Consiglio di sicurezza, i militari e i
partiti che li appoggiano abbiano accettato il ritorno di
Aristide. A una condizione
però: che egli si impegni a ri
nunciare alla violenza e che
accetti di mantenere il generale Cédras, leader dei golpisti, al posto di comandante
capo dell’esercito. Cosa ovviamente inaccettabile per il
presidente eletto.
Ad Haiti, intanto, nuove e
gravi minacce pesano sui «ragazzi della strada», già vittime di violenze quotidiane:
essi vengono picchiati, violentati, feriti oppure semplicemente ammazzati. Alcuni
militari annunciano infatti la
loro intenzione di «ripulire la
strada» da questi ragazzi
«prima del ritorno di Aristide». Temendo questo ritorno
essi sembrano decisi ad accentuare la repressione su coloro che chiamano spesso i
«ragazzi di Aristide». Il prete-presidente ha infatti sempre manifestato un’attenzione
particolare nei confronti del
Centro di accoglienza per ragazzi «Lafanmi Selavi», a
Port-au-Prince. Il personale e
i ragazzi del Centro sono attualmente oggetto di minacce
e di molestie.
Un comizio di Jean-Bertrand Aristide durante la campagna elettorale