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Anno IV.
Torino, Venerdì 9 Febbraio 1855.
Niini. 6
LA BUONA NOVELLA
Si distribuisce ogni Venerdì. — Per cadun Numero centesimi 40. — Per cadmia linea d’inserzione cenlesimi 20.
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Hellora,N** ri, 3“ piano; e dai Frafolll Planra librai, via U. V. do^li Angeli, casa Humha.
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Nelle provincie, presso tolti gli Ufjicii postali per mezzo di Vaglia, che dovranno essere inviati
franco al Direttore della Bcona Novella e no» altrìmenti.
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Parici, . , ,. , .................. ......
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LosAitNA, dal sig. Delafontaine libraio.
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iGi, dalla libreria C. Meyrucis, rue Ironchei, dal sig. Peyrot’Tinol libraio; Lio:«e,
f)i^l lll.vtaki M«« n \r^a. *j ^ ■ A . /\ ^ V.^ ___ . . J |*l
IL MONITORIO PAPALE
Quello che si andava buccinando da qualche
tempo, finalmente si è avverato ; il così detto
Santo Padre ha dato fuori il monitorio con cui
Re, Governo, Parlamento, la nazione intera
sono avvertiti, che non ritraendo il più dalla
via di perdizione in cui sono entrali , provandosi di rimediare, in alcuno parli, agli abusi
piU enormi della patria legislazione, essi imporranno c all’animo suo paterno la durissima
« necessità di punirli con quello armi che di
< vinamente » gli furono consegnato , cioè a
•dire la Scomunica — parola un tempo cosi tremenda, che al solo pronunziarla metteva il
brivido; ma che oggi è tutt’al piìi capace di atteggiare a sorriso le labbra di chi l’ode.
Il dire che siiTatto documento procede da Roma,
b di già caratterizzarlo, poiché la varietà non 6
fra i pregi di- cui vanno adorne le produzioni
deH’oincina vaticana.
In esso, il Papa, dopo aver ricordato ai suoi
«venerabili fratelli»—i cardinali—quantevolte
in quel « medesimo luogo » avesse lamentato
con loro t i grandissimi danni, dai quali da
€ parecchi anni la cattolica Chiesa è afflitta e
« straziala in modo miserando nel regno sub
L’INVALIDO !)I ROTHENSTEIN
(Vedi i numeri 1, 3 e 5).
— Dopo la morte dell’ invalido, una vecchia
poverissima venne a divider meco la stanza.
11 Comune le affidava la cura di alcuni miseri
fanciulletti, de’ quali gli uni erano orfanelli, e
gli altri erano stati abbandonali dai loro genitori. Io n’ebbi im piacer grande, quantunque
ciò mi cagionasse molla fatica; perchè la vecchia Margherita assentavasi quando per molte
y ore, e quando per giornate intiere, ed allora
lasciava i fanciulli sollo la mia sola sorveglianza. Quando quei piccioletti si mettevano a
piangere o a chiedermi qualche cosa, io non
sapea che farmi, perché non potea sollevarli.
Or son venl’anni'circa che la mia ultima compagna, la vecchia Elisabetta , di cui il signor
Pastore deve aver inteso parlare, ebbe ricetto
nel lazzaretto. Costei in sul principio era d’un
carattere un po’ scontroso ; ma poi menammo
insieme una vita tranquilla, ed ella ebbe per
per me molta bontà:—voglia il Signore ricompensamela nel cielo! Dopo la morte di
quella cara donna alcuni buoni amici vennero
spesso a vedermi, e rare volte io mi trovo.solo.
Pel resto Iddio non mi ha giammai abbando
« alpino; la sollecitudine, lo zelo, la longani« mila spiegato jier rimediare a tanti mali»;
ma tutto invano, essendo noti a tutti « i molli
« fatti 0 decreti coi quali il governo di Sarde« gna, con sommo lutto ed indegnazfono di
«: tulli i buoni... non abbia esitato ogni giorno
« più di bistrattare i sacri ministri, i vdscovi e
« lo famiglio religiose..... ricolmando d’ngiu
4 rie gravissime, e pienamente dispreizando la
« Chiesa medesima »; avverto come si sia posto
il colmo a tanta nefandità col mettere in campo
t un’altra legge (quella sui conventi) del lutto
« ripugnante allo stesso naturale , divino o
« sociale difillo, grandemente avversa ni bo« ne dell’umana soci'.ià, e tutta favorevole agli
« errori perniciosissimi dell’assolutismo o del
«comuniSmo »; quindi cosi proseguo: « Es« sendo però lo cose giunte a tal punto che
« pili non basta deplorare i danni recati alla
« Chiesa senza usare ogni premura e fatica per
c mellervi riparo; soddisfacendo all’obbligono
< stro in questo amplissimo consesso, leviamo
€ di bel nuovo la nostra voce con libertà aposlo« lica, e non solo tutti e singoli i decreti da quel
c governo promulgati di già in detrimento della
« religione, della Chiesa e dei diritti e dell’au« torità di questa Santa Sede, ma eziandio la
« legge recentemente proposta riproviamo e
nato, e quando non mi vedea intorno persona,
e un profondo silenzio regnava nella stanza,
allora appunto sentii in ispecial modo la presenza consolante di Colui, cho dalla mia infanzia sino a ir età matura m’ha dato prove infinite d’amore e di premure tenerissime.
— Nondimeno, mio caro Giacomo, io so che
le piaghe ond’ò coperto il vosiro corpo, v’hanno
cagionalo grandi patimenti ; io ho sorpreso piti
d’un sospiro che vi strappava il doloro : e, come
dunque potevate, in tale stalo, rimanervi pieno
di gioia e di cansolazione, come voi l’accertate?
— Mio caro signore, ripigliò l’infermo, fin
dalla mia pili tenera età, ma specialmente dacché perdei l’uso delle mani, io ebbi ricorso a
due rimedii che addolciscono ogni dolore, o
fanno dimenticare tulli i mali: l’uno consiste
neirumiliarsi davanti a Dio, e l’altro nel sollevarsi verso di lui. Quando senlivamioppresso
dai patimenti del corpo, io pensava alla misericordia e alla fedeltà che il Signore ha usato
inverso di me fin dalla mia nascita ; io diceva
a me stesso che appunto colla mia storpiezza
preservommi da molti peccati ne’ quali cadono
coloro che godono della saluto; che Egli non
cessò mai di custodirmi, di vestirmi c nutrirmi;
e che per mettere il colmo alle suo benedizioni
m’avea attirato verso il Figlio suo, consolalo
« condanniamo, dichiarando il tulio pienamenlu
« irrito 0 nullo. Inoltro gravissimamenlo uvvert liamo coloro, in nome, o per opera o comandi)
« dei quali questi decreti già furono promulgali,
« od ancho quegli altri, cho alla logge loslò
« proposta in qualunque modo osassero d'os
* sere favorevoli o di approvarla o sancirla,
c adinchò allenlamenle meditino lo peneeceii
< suro cho dallo aposloliche Costituzioni, o dai
« canoni dei sacri Concilii, massimo da quello
« di Trento ( Se.ss. xxii, cap. xi), furono stabi» lite contro ipredatori0 profanatori dolio coso
« sacro, 0 i violatori della potestà o libertà ec« clesiastica, e gli usurpatori dei diritti della
« Chiesa e della Santa Sode, ecc., ecc. >
So noi ci siamo fatti a trattare di cotesto gotico documento nello nostre colonne, non ò già
perchè gli diamo, per parto nostra, la bendi»
fiiiiiima importanza. È lungo tempo, grazio a
Dio, che i Cristiani di cui rappresentiamo l’opinione, si curano dei monitorii, dello scomuniche, ed in genere di tulli quei fulmini fabbricali a Roma, assolulamenlo come se non fossero.
Ma no parliamo allo scopo di far risaltare una
volta di più l’antagonismo profondo che esiste
Ira il sistema papale e le libere istituzioni, e
quanto sia grande l’inganno di quei pubblicisti,
e ne abbiamo non pochi fra noi , i quali
e riempito d’una gioia inesprimibile col suo
santo Spirito, e datomi un pegno che mi rende
fin da questa vita^parlecipo deH’elerna felicità.
A lutti questi bcneficii del mio Dio io contrapponeva il mio proprio nulla, la mia indegnità
personale ; da un lato io vedeva me , povero ,
verme vilissimo, daU’allro il Signore del cielo
e della tetra abbassarsi infine a mo colmandomi di benedizioni. Allora io mi sentiva cosi
profondamente umiliato che pareami essere al
di sollo dello mie soiTerenze, lo quali, del resto,
non hanno alcuna proporzione con la gloria
che devo essere manifestata in noi, ed esse mi
sembravano simili alle onde cho passano di
sopra al palombaro senza ch’oi le senta perché
non agitano il mare insino al fondo. Io mi levava talvolta in ispirito fino a Colui che è disceso
dal cielo in questa valle di pianti o di miserie;
rappresenlavami il suo sacrifizio, la sua risurrezione ed ascensione, e in quelli istanti io
era come un uccello che a volo s’innalza sopra
una casa che crolla; era talmente al di sopra delle mio sofferenze, ch’io non le sentiva
più. Per tal modo i miei sospiri si sono cangiali spesso in rendimenti di grazie, e i miei
gemili in cantici di lodi ; ondechè io posso dire,
sebbene non sia che un povero infermo, che
sono stato quaggiù un uomo felice che ha molto
2
LA BIOXA NOVULA
si (iilo|iornno a tutla possa, o talvolta con un
lalpnlo degno di una causa migliore, a propugnare l'alleanza del cattolicismo .colla libertà,
provandosi a dimostrare come quello a questa
non osti, anzi le sia di grande giovamento.
Se ciò cho dicono del cattolicismo papale,
lo dicessero siffatti scrittori del cristianesimo,
noi saremmo con essi loro pienamente d'accordo, poiché noi pure portiamo ferina fiducia
essere il cristianesimo, — il quale, ben inteso,
non mira ad altro che al ripristinamento del dominio di Dio sull’ uomo, o, come si esprime
Gesù Critìto, allo stabilimento del regno di Dio
sulla terra—il vero, anzi il solo fondamento incrollabile ad una savia ed onesta libertà, l'uomo
non potendo mai dirsi più libero di quando la
sua volontà b stata fatta schiava del sommo bene,
cho ò Iddio. Ma tra il cristianesimo inteso a
questo modo e la religione che ha a capo il
Pontefice ci paro che passi un divario immenso.
Chè anzi una volta ammessa quest’ultima, tutto
quel sistema di usurpazione, di tirannide, di
inceppamento ad ogni provetta libertà, di cui il
monitorio non è che una manifestazione, no
scendo per naturalo conseguenza. In fatti, se il
Papa fosse, come lo definisce il domma romano,
il vicario di Dio, perchè non si dovrebbe estendere il suo dominio fin dove giungo il dominio
stesso di quel Dio che rappresenta? E conio
hassi a giudicare, stando a quel sistema, la
distinzione tanto accarezzata da certi cattolici
(ra il temporale e Io spirituale, tra le questioni
che sono di competenza del Pupa, e quelle che
sfuggono a tale competenza, so non una generosa sì, ma madornale inconseguenza? Si mena
gran rumorefraquei cattolici di cui discorriamo,
sulla sfrontatezza di giornali, come l’-lmonia, \'l niterit ed altri di questa risma, e sulla
sfida che quasi ad ogni giorno e con un’audacia che sbalordisce, viene da essi lanciata
alla civiltà dei tempi; ed in questo giudicio
ricevuto dalla mano di Dio. Non vi è stata mai
una sola estate, un autunno solo, ch’ei non mi
abbia ricolmato de’suoi dolci doni; perchè ap¡lena v’erano frutti maturati dal solo, alcuni
pietosi amici si ricordavano del povero Giacomo,
e gli portavano di tutto in abbondanza. —
li giovin Pastore aveva ascoltato il povero
storpio con una profonda emozione; ei non
avea per anche riscontrata cotanta fede in Israele.
Diede la santa cena all’infermo il cui viso rischiaralo dagli ultimi raggi del sole cadente,
esprimeva tanta gioia e santità che brillar parea
d’un celeste splendore. Venuto per consolare,
<‘i portò seco da quella capanna il pregustamento d’una paco fin allora sconosciuta. Giacomo frattanto si riebbe alcun poco, e la sua
vita intessuta delle gioie dell’animo e dei patimenti del corpo si prolungò per alcuni mesi.
Durante quel tempo il Pastore lo visitò sovente;
ina verso l’autunno gli fu facile accorgersi che
il povero Giacomo indebolivasi a vista. Quando
il Pastore venne a vederlo per l’ultima volta,
l’ammalato non potea parlar chiaro abbastanza
por farsi intendere; tuttavia i suoi sguardi
dicevano più delle parole, ed esprimevano
.imorc , umiltà e riconoscenza. E quando il
ministro lo lasciò, egli inchinò un colai poco
In testa c^e per ringraziarlo del suo amore ;
conveniamo noi pure. Solo ci faremo a domandare: è poi vero quello che si soggiunge, essero
cioè cotali giornali espressione anziché del cattolicismo, di un partito a questo altrettanto avverso quanto alle libere istituzioni? — Noi non
10 crediamo punto; e tuli’all’incontro opiniamo
che i soli cattolici conseguenti sieno quei medesimi a cui si vuol denegare un tale titolo,
mentre gli illogici e gli inconseguenti ci pare
sieno quelli, che nel tempo stesso che gridano
catlolicismo, Santa Sed«, unione al Papa, ub<bidienza al vicario di Cristo, si rifiutano poi,
ogni volta che a loro talenta, di ammettere le
conseguenze del loro principio. Sint ut.sunt
autnon sint, c stato detto di un ordine famoso.
La stessa cosa crediamo si debba dire del caltolicismo papale, di cui il gesuitismo non è in
fin dei conti che la più fedele espressione. Volete voi un vicario di Dio in terra? In tal caso
preparatevi ad accollare, non mai sorridendo nè
scherzando, come voi fate, non mai mormorando,
chè questo non vi sta bene, ma con umile devozione tulle le censure, lutti i monitorii, che per il
vostro bene egli giudicherà opportuno di bandire. Se poi stimate contraria alla ragione,
contraria ad ogni diritto ed alla vostra dignità
di popolo libero quell'ingerenza che un uomo,
11 quale senz’essere in fondo niente più di voi, intendo di, assumersi nelle cose vostre, vietandovi quei miglioramenti che la generalità della
nazione ha giudicali opportuni non solo, ma
imlispensabili... allora dipartitevi francamente
ed intieramente da un sistema religioso che
non solo ammette, non solo legittima una siffatta ingerenza , ma la comanda. O il Papa , o
r Evangelo. Una via di mezzo si cercherà forse
per molto tem]io ancora, ma siccome non si
è trovata per l’addietro, così non si troverà in
avvenire.
poi levò gli occhi al cielo. Quel letto di morte
pareva all’ecclesiastico*'quello d’un prossimo
parente, o d*un intin?o amico ; ei mandò nella
serata ad assistere il moribondo infermo un
bravo ed onesto garzone, il quale trovò presso
di Giacoftio due de’suoi amici, ed uno di essi
che facevagli la lettura degli ultimi ca|>itoli
dell’ Evangelo di san Giovanni. Il giovine fu
per tal modo tocco dalla felice fine dell’invalido , che non la dimenticò mai ]>iù, e con
molte lagrime ne fece al suo padrone il seguente racconto:
« Un poco prima della mezzanotte Giacomo si
era addormentato d’un dolce sonno, e i due
uomini che stavangli intorno assicuravano che
da molli mesi non aveva dormito così placidamente. Per tutto quel sonno, che durò alcune
ore, il suo viso era divenuto di più in più pallido, ma egli aveva qualche cosa di così rimarchevole che uno de’ suoi amici esclamò : < Ila
già l’aspetto d’un bealo ». — Essendosi al fine
risveglialo, riguardò quelli cho lo circondavano
con l’espressione d’una gioia profonda, e dopo
alcuni istanti pronunziò con voce chiara e intelligibile queste parole: t I miei occhi hanno
di già visto, il mio cuore già possiede quello che
è stato quaggiù l’oggetto della mia fede e della
mia speranza ». Sorrise di poi dolcemente;
LA PAROLA DI DIO
IV.
Tra coloro che credono nella divina Parola
esistono gravi divergenze sul complesso della
medesima. Tre maniere di dottrina meritano di
essere accennale.
1" La Sacra Scrittura non è tutta Parola di
Dio, ma però la contiene. E l’idea della scuola
evangelica tedesca, che si onora di profondi e
dottissimi teologi, a capo dei quali degnamente
figura il nome di Neandro.
2“ Non solo tutta la Scrittura è Parola di Dio,
ma come tale si considerano le tradizioni, e
con esso quante cose pare e piace ai Concilii,
ai vescovi, ai papi, che delle medesime si pretendono custodi. Ecco la dottrina romana !
3° Tutta la Scrittura essendo, come insegna
san Paolo, divinamente ispirata, è tutta intera
divina Parola. Tale è la dottrina ortodossa dello
, chiese evangeliche.
Poca fiducia ispira alle chiese cristiane la
prima dottrina, e nissiinissima la seconda,
avendo il comune difetto di essere troppo indeterminate , avendo poi la seconda quello di
sancire ogni sorta di errori.
Se Parola di Dio fosse quella sola che da Esso
è pronunciala, egli è chiaro che noi sarebbe
tutto ciò ch’ò scritto nella Bibbia. — Ma la comunicazione oralo ed immediata, dopo le antichissime teofanie , ben presto , come abbiamo
veduto, fece luogo alla parola profetica ; e non
è meno Parola divina quella che è divinamente
ispirata, destinata ad istruirci, ad illuminarci,
a convincerci di peccato , a condurci a Gesù
Cristo, a guidarci nelle sue vie, a farci capaci
d'ogni buona op#ra. Non v’ù luogo a distinguere
nella Scrittura tra Parola di Dio e parola d’uomini, poiché tutta umana e tutta divina volle
Iddio che fosse la sua Parola, — ed ogni particolarità di stile 0 di lingua, ogni apparente
fissò gli occhi in allo come se gli sguardi suoi
avessero potuto penetrare nel cielo; quindi
chiamò per nome i suoi due amici, ed esortolli
a riihanere fedeli a Gesù Cristo infino alla morto
tanto colle parole che colle loro opere, e a serbarsi puri dalle sozzure del peccalo che fanno
la guerra all’anima. Dopo averli tutti benedetti,
pregò i suoi amici di leggergli il Salmo cui ;
ma quando furono giunti a queste parole : « Che
ti corolla di benignità e di compassione» isuoi
occhi si chiusero e spirò.
« La stella del mattino brillava attraverso la
finestra della capanna nell’istante in cui uno
de’ suoi amici chiudeva gli occhi al povero Giacamo. « Egli ha compilo il corso, ei disse; ha
serbata la fede infino aH'estrcmo respiro. —
Preghiamo Iddio che si degni accordarci la
stessa fede, e guardarci colla medesima fedeltà» !
« In quella si misero tutti e tre a pregare e ad
intrattenersi sopra argomenti religiosi infino al
levare del sole. — €Àh, Signore, disse di poi
quel giovane ponendo modo al suo racconto ed
asciugandosi le lagrime, io non so come ciò avvenga, ma i' sono ad un tempo tutto giubilo e
tutta tristezza. Io non avea mai veduto per lo
innanzi il povero ¡Giacomo, ed ecco che egli
mi ha lasciata una benedizione di cui gliene
saprò grado per tutta l’eternità ».
3
divergenza, ogni detto personale, non giovano
cho a meglio rilevarne il carattere umano,
mentre l’armonia generale de’ Libri Santi, che
sotto varii aspetti si ravvisa, il discorso maestoso e solenne del profeta, sì nel sentenziare
sul passato e shI presente, che nell’annunziare,
in termini più o meno chiari, le cose future,
attestano il continuo intervento di Dio, l’operazione del suo santo Spirito nel componimento
della Bibbia.
So la divinità della Sacra Scrittura specialmente risulta dal contenere un complesso di
fivelazioni, di sacri ammaestramenti diretti ad
un fine prestabilito dal Creatore, e rivelato da
Cristo, non è da dimenticarsi che ogni singola
parte serve d’appoggio all’altra, ed all’insieme,
e che nessuna è da sprezzarsi. Perciò, invece di
cedere qualche cosa-per meglio ritenere il rimanente, nulla si dev« cedere, ed anzi ritenere
tutta la sostanza nell’inlegra sua forma.
Ed io torno sempre di nuovo, volentieri, al
carattere umanissimo della Sacra Scrittura, per
meglio confermarne il divino. Quella maniera
di rivelazione progressiva, organica, vivace,
giustamente è rappresentata come un corpo cui
l’anima 6 la Parola di Dio, che v’ò per ispirazione. « La relazione della Scrittura colla Parola
di Dio, dice Ebrard , è analoga a quella del
corpo coll’anima. Come il corpo ò un organismo
il quale colle parti più nobili, quali sarebbero
il cuore, il capo, ne ha pure di meno nobili e
non punto indispensabili, come i capelli e le
unghie, che pur concorrono alla perfezione del
corpo; così ancora la Scrittura è un organismo
spirituale formato sotto la direzione dello Spirito di Dio, m connessione colla storia del suo
regno: accante al libro d’un Isaia, d’un Giovanni , vi può essere quello d’un Neemia ; ciò
che è più insignificante deve prendersi e intendersi in relazione colle altri parti, e non può
essere omesso, senza che ne soffrano la bellezza
e la perfezione dell insieme. Come l’anima è
sensibile in ogni parte del corpo, sino nelle unghie, così ancora la Parola di Dio trovasi in
ogni minima parte della Scrittura, sin dove san
Paolo chiese a Timoteo d’inviargli la sua cappa».
— Quella richiesta dell'apostolo, quando non
rivelasse che il contrasto tra la sua condizione
meschina e la vita sontuosa dei papi e dei vescovi, non sarebbe già un’importantissima rivelazione?
Oltre adunque che per mancanza d’un giusto
criterio sarebbe assai malagevole discernere ciò
che è divino da ciò che è umano nella Sacra
Scrittura, noi troviamo e nell’ufilità d’ognf minima parte della medesima, e nei carattere
generale della rivelazione, che è quello appunto
d’una compenetrazione completa del divino coll’umano, e viceversa, un forte argomento per
non aderire a quella prima dottrina.
Che l’antico Testamento non contenga tutte le
parole dei profeti, nè il nuovo tutte quelle di
Gesù Cristo e degli apostoli, è cosa chiara, su
cui non cade controversia. Ma qual è la sorte
delle parole che non sono scritte? La mente non
le conserva come la pergamena; se non fosse
che Gesù Cristo promise ed inviò agli apostoli
lo Spirito Santo, acciò rammemorasse loro le
parole che egli avea lor dette, e li guidasse in
tutta la verità (Gioy., xiv), non possederemmo
certamente la pura dottrina cristiana. Per quanto
è stalo scritto abbiamo questa doppia guarentigia : uditori furono gli scrittori sacri, o abbastanza vicini ai fatti por averne esatta informazione ; di più vennero dallo Spirito Santo
^ capacitati con doni straordinarii da opere portentose comprovati, sicchò viva risuonasse sullo
labbra loro, e pura corresse sotto la loro penna
la parola ch'aveano ricevuta dal Signore. Ma in
quanto a tutto ciò che gli apostoli non ricordarono, non espressero nei sacri documenti, in
quanto a tutto le tradizioni detto apostoliche,
chi ce ne garantirà l’autenticità e l’esattezza?
Invano si tenta di appoggiare aH’autorità della
Scrittura quelle tradizioni, e .s’invoca questo
passo dell’epistola di san Paolo a Timoteo: « Lo
cose che hai udito da me, con molti testimonii,
confidale ad uomini fedeli, i quali saranno idonei
ad insegnarle anche ad altri ». Troppo lungo
intervallo corre fra Timoteo o noi, perchò si
possa sapere quante e quali fossero le coso dettegli da Paolo. Chi sa, per esempio, so l’apostolo
gli abbia parlato deU’Immacolata concezione?
Abbiamo fortissime ragioni di porlo in dubbio;
eppure diciotto secoli dopo , il papa pretende
farla risultare dalle tradizioni, come già ne ha
cavato la supremazia della romana Sede, come
ancora potrà farne uscire in avvenire ogni dogma
che gli aonverrà. Quale condizione poco rassicurante, il dovere accettare, a guisa di Parola
dì Dio, qualunque dottrina, qualunque Bolla
emanata dal Vatic«n«! Bisognerebbe, per adattarvisi, che vi fossero buone e chiare ragioni, )e
quali mancano affatto, come ci sarà facile dimostrarlo. {Continua).
LA aRlTÀ EVANGELICA
ED I EIRORI P.4PALI.
« Signore , ami tu che noi comandiamo che
piova fiamma dal cielo, e divori i Samaritani?»
— Questa domanda un giorno facevano gli Apostoli a Gesù Cristo , il quale rispondeva loro :
» Non sapete a quale spirito apparlenghiate !
il Figliuolo dell’ Uomo non è venuto per disperdere gli uomini, ma per salvarli! » (S. Luca,
IX, 54-56).
Questo passo del santo Evangelo, che potrebbe
essere rafforzato d’infinite altre citazioni, basta
a dimostrare come lo spirito di misericordia e
di carità debba p<#iominare nel Cristianesimo,
e come lo spirito della collera, delle imprecazioni e delle vendette sia diametralmente opposto a’ precetti d’amore che il divino Redentore
ci lascffi per servire di norma alle nostre azioni
ed alla nostra tolleranza verso il prossimo.
Ma i principii e le azioni de’ papi sedicenti
vicarii di Gesù Cristo sono il rovescio della medaglia; essi contro chi non vuole sottostare alla
loro usurpata supremazia, contro chi ricusa d’ubbidire ai loro capricci, comandano chepjota^amma dal cielo, invocano tuttele possibili maledizioni
a nome del divino Salvatore. Chi volesse formarsi
un’idea delle bestemmie vomitate da’pontefici,
sotto nome di scomuniche, legga quella di Bonifacio Vili pubblicata dall’^rmontajdimercoledi,
a spavento del governo e del popolo piemontese,
e sotto titolo di minaccia del papa per la legge
su’ conTenti. — Eccola ;
« Non possano essi mai ritirarsi dall’assemblea
di Giuda, di Caifa, d'Anna, di Pilato, di Erode:
periscano per la ma!adizione degli Angioli, e
provino la comunione ii Satana nella perdizione
della loro carne ; ricevano dall’ alto le maledizioni , le ricevano dal basso, e dall’abisso che è
sotto loro; provino la maledizione celeste e terrestre ; la provino nei corpi, ne siano affievolite .
le anime, cadano nella perdizione e nei tormenti;
sieno maledetti coi maledetti, e periscano coi
superbi; maledetti cogli Ebrei, che non credettero nel Signore e vollero crocifiggerlo ; maledetti cogli eretici, che vogliono sovvertire la
Chiesa di Cristo ; maledetti cogli empi e coi
peccatori, se non si emendano e non fanno riparazione a .St-Gilles. Siano maledetti nelle quattro
parti del mondo, maledetti in Oriente, abbandonati in Occidente. interdetti al settentrione, o
scomunicati al mezzodì ; maledetti di giorno o
scomunicati di notte ; maledetti quando in piedi,
scomunicati quando siedono; maledetti quando
mangiano, e scomunicati quando bevono ; maledetti quando lavorano, e scomunicati quando
cercano riposare; maledetti la primavera, e scomunicati l’estate; maledetti in autunno e scomunicati in inverno ; maledetti nel presente e scomunicati nel secolo avvenire. Gli stranieri ne
invadano i beiii,c]e loro donno vadano in perdizione ; i figli periscano per le spade ; maledetto
sia il loro cibo, e maledetti gli avanzi, e chiunque ne gusterà, sia egli pure maledetto: scomunicato il sacerdote che offrisse loro il Corpo e
il Sangtie del Signore, o chi li visitasse nello
malattie, o chi li portasse alla sepoltura, o volesse sotterrarli ; sieno insomma maledetti di
tutte le possibili maledizioni ».
Ciò posto, dicano i lettori se egli è mai possibile che lo spirito del Signore possa stare con
una gente, la quale, comecché parli sempre di
Dio e di religione, pronunzia di cosi orrende bestemmie !
CORRISPONDENZA
L’abbondanza delle materie ci ha costretti a
rimandare a questo numero la pubblicazione
della lettera seguente:
Pregiatissimo Signore,
Perchè tutti siano in grado di conoscere da che
parte sia la buona fede nelle polemiche esistenti tra la
ffzione clericale ed i cristiani evangelici (*}, prendo
la penna per ismentire la corrispondenza di San
Mauro torinese, pubblicata nel numero 1» del suo
giornale, relativa alla mia predicazione in detto
luogo in occasione del santo Giubileo. Se ho tardato alquanto, gli è perchè nulla seppi prima
d’ora di tale pubblicazione.
È falso dunque che io abbia vomitato ogni sorta
d’ingiurie e calunnie contro i cristiani evangelici di
questo luogo (S. Mauro), chiamandoli malviventi,
birbe, adoratori del diavolo, eretici, ignorarci ostinati, ecc. Io ho parlato de’ protestanti in generale, senza far tanto conto di quelli di S. Mauro
da nominarli in particolare. Anzi il mio dire era
diretto meno ai protestanti che ai mali cattolici;
ed è dei cattolici apostati che ho detto essere
ignoranti, malviventi, — la feccia del cattolicismo.
La è poi spudorata menzogna il dire che io
abbia invitati, sfidati, scongiurati dal pulpito gli
evangelici di venire meco a pubblica discussione.
Gl’ invito invece e li sfido ora a provare che io
mi sia lasciata sfuggire in pubblico od in privato l’imprudente parola pubblica discussione od
altra equivalente. — Il vero dunque si è che, parlando io dal pulpito de’ pericoli di perdere la
Fede, qualificai come libro alla Fede pernicioso
la Bibbia tradotta dal Diodati, perchè in più luoghi apertamente falsificata; e mi esibii pronto a
[■] li corsivo è della Buona Sovella [n” l”J.
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farlo toccar con mano a chi non volesse crederlo.
Ed ecco le precise parole della predica, che niuno
potrà rinfacciarmi d’avere alterate, recitandole :
•» A questo proposito (dei libri cattivi) la mano
alla coscienza, uditori! Io so che in S. Mauro si
sono sparse più copie della Bibbia tradotta dal
Diodati e d’altri libricciattoli scritti da autori
protestanti o cattolici solamente di nome......
.......Notate però ch’io non dico libro pernicioso la Bibbia per se stessa, chè la è il codice
sagrosanto de’nostri dommi, della nostra morale
e de’ nostri sacramenti ; ma la Bibbia tradotta dal
protestante DiodaiV. Questa'traduzione, dico, è
in più luoghi falsificata a segno tale di non essere più parola di Dio, ma errore de’protestanti.
,So pure che questi la spacciano per la migliore;
ma io sfido chiunque a difendere il Diodati dalla
taccia di falsario, mentre io m’esibisco di fargliene toccare con mano frequentissime le falsificazioni *. Ora bisogna essere ben goffo per
trovare in quéste parole un invito, una. sfida, una
scongiura agli evangelici di venite meco a pubblica
dilcussionc !
Quanto alla lettera del sig. Musso che veggo
far parte di detta corrispondenza, non avendo io
voluto leggerla (è mio costume di non ricevere
in tempo di predicazione lettere provenienti dal
paese), il latore mi disse queste precise parole :
«I Ebbene, quel signore m’ingiunse, caso che ella
avesse rifiutato di leggere la sua lettera, di dirle
che la pregava con questa di tenere con esso lui
la disputa alla quale ha sfidati oggi i protestanti;
e che, sè lo convincerà, egli è disposto a secondare la inspirazione del Signore ». — « Io non ho
mai parlato di disputa, risposi, benché aH'occorrenza non tema di cimentarmivi ; solamente ho
detto che la Bibbia de’protestanti è falsificata; e
se quel signore ne vuole una prova, ditegli che
venga domani: — per oggi è troppo tardi ». Il
domani a sera ritornò lo stesso latore per chiedermi a che ora avrei potuto dare udienza a quel
signore. «A qualunque ora, risposi, eccetto in
tempo di cena ». —« Permette, soggiunse egli,
a quel signore di condur seco qualche compagno? » — Sì, si, risposi io buonamente, mai più
immaginandomi che per qualche compagno dovesse intendersi circa 300 persone, quante attesta
il"suo corrispondente essere accorse. Quand'io
vidi radunarsi tanta gente, d’accordo col signoV
parroco, mandai a dire a quel signore (che seppi
poscia essere Mv.sso Secondo) che io era ben maravigliato della sua baldanza in radunare tanta
gente ad insaputa mia e del sig. parroco, mentre
pel suo latore non parlava che di confidenziale
colloquio ; che tale pubblica discussione non poteasi tenere senza il permesso delle autorità; che
tuttavia venisse pur egli in casa parrocchiale, ma
con non più di uno o due seco ( cosi dovendosi
intendere quel qualche compagno), © senz’ armi ;
che, se voleva disputare pubblicamente, si facesse
con iscrivere egli le sue ragioni, io le mie, e pubblicarle all’albo pretorio o sui giornali. Ma e’ nè
più comparve, nè accettò la proposta. Dunque non
sono i codini che abbiano perduta lapartita, come
si faceva gridare da un compro ubbriacone.
Come ho smentita fino a questo punto l’anzidetta corrispondenza, cosi potrei smentirla sino
alla fine. Ma siccome non vi sono più compromesso io, perciò rimetto ad altri il farlo. Che se
niuno il farà, gli è perchè s’attende una più solenne smentita,
« Intendami chi può, chè m'intend’io ».
La prego, sig. Direttore, in nome della legge,
la quale invocherò se fia d’uopo, di pubblicare
la presente nel prossimo numero del suo giornale. Sono
Di V.a Sig.a Stim.a
Torino — Monte, il 27 gennaio 185.5.
Devotissimo Servidore
Frate Erasmo Cappuccino,
Risposta della Buona Novella.
Rev.do padre Erasmo, cappuccino !
Cho voi abbiate preso la penna per iimentire la
corrispondenza di S. Mauro Torinese, pubblicata
nel 1" numero del nostro giornale è cosa, Ji che noi,
leggendovi, non abbiamo potuto capacitarci, meno
che supponendo in voi qualche amico segreto che
non vuole ancora farsi veder tale. Ed infatti,
cosa fate voi, nella vostra lettera, se non confermare in tutti i punti quella corrispondenza che
annunziate di voler confutare?
Udite piuttosto ; È (alsq, secondo voi, che abbiate vomitato ogni sorta d’ingiurie contro gli
evangelici di S. Mauro, poiché tali cose le diceste,
non di questi specialmente, ma dei protestanti in
generale, e dei cattolici apostati. Ma, padre reverendo ! gli evangelici di S. Mauro sono o no
compresi fra quei protestanti in generale che onoraste della vostre contumelie? Gli evangelici di
S. Mauro, nati tutti quanti in seno al romanesimo,
sono o uo nel novero di coloro che chiamate
apostati del oattolicismo?, Certamente risponderete disi. Ma questo il cosa dice egli se non che
ilnostro corrispondente ha asserito il vero, e che
proprio contro gli evangelici di S, Mauro voi
avete scagliati quei fiori della vostra fratesca ma
niente affatto cristiana eloquenza.
Voi seguitate e dite: essero spudorata bugia
l'asserire che voi abbiate invitati, scongiurali dal
pulpito gli evangelici a venire seco voi a pubblica
discussione, e come documento in appoggio portate queste parole della vostra predica; « Io sfido
chiunque a difendere il Diodati della taccia di
falsario, mentre io m’esibisco di fargliene toccare
con mano frequentissime le falsificazioni », e gentilmente aggiungete : * Ora bisogna essere ben
goffo per trovare in queste parole un invito, una
sfida, una scongiura agli evangelici di venire
meco a pubblica discussione ! »
Ma, padre reverendo ! è poi vero che la goffaggine sia tanta quanta voi la predicate? Io capisco
che per voi, avvezzo come siete a gittarle cotali
sfide come fiori di rettorica, senza che mai si
presenti nessuno a rilevare il guanto, la cosa
abbia potuto riuscirvi un po’ inaspettata, e forse
anche un po’seccante. Ma supponete per un momento persone, che assistendo ad uua predica,
non si credano di assistere ad una mera rappresentazione; persone che prendano sul serio le
parole che scendono a loro da un pulpito cristiano — come pare che di tali, per grazia di Dio,
vene siano a S. Mauro —e che queste persone si
sentano s^ate-pubblicamente a difendere tale e
tale proposiziono che credei^ vera; avranno le
stesse cosi gran torto, e dovRino per questo essere tacciate di goffe e spudoratamente bugiarde,
se altresì pubbitcamenic si aspetteranno d'essere
sentite? La popolazione di S. Mauro p;^ abbia
giudicato diversamente, coll'accorrere così numerosa al supposto colloquio ; e a voi stesso dobbiamo rendere questa giustizia, d’essere stato, nel
vostro primo impulso, più conforme alla ragione
e più generoso di quello che vi siete mostrato di
poi. Ora ciò essendo, a che siete riuscito, padre
reverendo, col prendere la penna, se non a dimostrare vera, anzi verissima in tutti i punti la
corrispondenza di S. Mauro? Di che non possiamo se non ringraziarvi con tutto cuore, dispiacendoci solo che nella stessa guisa che avete smentita parte di questa corrispondenza, cosi non l'abbiate smentita fino alla fine.
NOTIZIE RELIGIOSE.
Torino.—> Sono giunte all’UiHcio della 7?uona
Novella lire cento dieci, prodotto di una sottoscrizione aperta a Losanna, dal giornale Le Pays, a
prò degli Indigenti delle Valli Valdesi. Noi ci affretteremo di far pervenire questa somma al suo
destino ; ma fin d’ora porgiamo i nostri più vivi
ringraziamenti, come all’onorevole direttore di
detto giornale, cosi alle persone caritatevoli, che
rispondendo al pio appello, hanno dato ai loro
fratelli delle Valli questa nuova e commovente
testimonianza del loro cristiano affetto.
Genova. Nostra corrisp. — « Le signore che
han formato a prò dei poveri la società del lavoro, intenta a stabilire un dispensario di biancheria ed altre vestimenta da comprarsi a tenuissimo prezzo, hanno deciso di fare una vendita
dei proprii lavori nei giorni 15, 16, 17 del corrente mese, in una sala del palazzo Mari, artato
a tale effetto gentilmente offerta dal pastore
scozzese. Se le nostre care signore di Torino e
delle Valli vorranno dare a queste un bel segno
di amicizia e di comunione cristiana concorrendo
alla loro caritatevole impresa, sia col mandare
oggetti per la vendita, sia col farvi comprare
qualche cosa, potranno dirigersi alla signora
Geymonat, casa Mongiardino, 16, salita Formaggiari ».
BOLLETTINO POLITICO.
I fogli esteri assicurano che la convenzione
militare, preveduta nell’art. 5 del trattato di dicembre, ira l’Austria e le potenze occidentali, è
ormai redatta e pronta alla ratifica. Dicesi ch’essd
contenga la condiziono che truppe francesi vengano concentrate lungo la frontiera russo-polacca
in luogo di quelle che la Prussia ricusa di fornire.
L’Austria ritirò la proposta che avea presentata alla Dieta di Francoforte sulla mobilizzazione de’ contingenti federali. — Frattanto si la
Prussia che la Baviera mobilizzano una buona
parte delle loro milizie, e dispongono ogni cosa
per potere, in ogni evento, entrare subito in
campagna.
Vuoisi che anche il Portogallo e l'OIanda sian
disposte a stringersi in lega colle potenze occidentali. Si è pariate in questi ultimi giorni della
possibile adesione del governo di Napoli al trattato del 10 aprile ; ma sinora nulla avvi di positivo su questo riguardo.
Le divergenze fra il Divano ed Omer-Pascià,
di cui parlammo nel numero precedente, furono
composte ; e quest’ultimo ha ritirato la sua dimissione di comandante in capo delle truppe ottomane.
Nulla di nuovo a Sebastopoli. — Sappiamo
però che quella piazza è stata di recente approvigionata; l’esercito di Mengikoff ingrossato di
nuovi rinforzi ; e che lo Czar avrebbe ordinato
la presa d’Eupatoria tì di Balaklava.
La crisi ministeriale d'Inghilterra, dopo gli
inutili tentativi di lord Derby, lord Lausdowne
e lord Russell , incaricati successivamente di
formare un ministero sotto la loro individualo
presidenza, sembra finita in seguito al mandata
ch'ebbe lord Palmerston di comporre a suo modo
il nuovo ministero. Infatti si assicura che il nobile lord vi sia riuscito, ma sinora non si conoscono i nomi degli altri ministri.
La nostra Camera elettiva si occupa della importante discussione sul trattato d’alleanza conchiuso il 10 gennaio colle potenze occidentali.
Fiiicrra han parlato : coniro il trattato , i signori
deputati P. Farina, Brofferio, Biancheri, G. P. Michellini, Sineo, Gabella e Bottone ; in favore i
signori Torelli, Durando, Gallenga, il oonte di
Cavour, presidente del consiglio de’ministri, e
il deputalo Farini ; ed in merito i signori conte
Solaro La-Margarita e conte di Revel, i quali
dopo alcune osservazioni, hanno promesso il
loro voto.
Nel N° 5, all’articolo: XJn funerale nel sud dell’Africa sono incorsi alcuni errori importanti,
per cui diamo il seguente errata-corrige :
Invece di chiesa si legga chiusa (stalla).
» ■ Hugenio » Eugenia.
» Motsrupa » Moshupa.
» burlerebbesi » butterebbesi.
(iroMHO Domenico gerente.