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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Caballa 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Nnm. 15
Una copia Lire 70
ABBONAMENTI ( P" ’
I L, S.dOO per 1 estero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 5U
TORRE PELLICE - 10 Aprile 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
TEMPO DI PASQUA
Gesù vive
« I discepoli, com’ebbero veduto il
Signore, si rallegrarono » ( Giovan
ni 20: 20). Non è una cosa che vada
da sé, che i discepoli, rivedendo Gesù,
si rallegrino. Lo avevano tradito, rinnegato, abbandonato. Rivedendolo, il
ricordo delle loro colpe verso Gesù
avrebbe dovuto renderli tristi e afflitti. Il rimorso e il rimpianto avrebbe
dovuto impedire la gioia dei discepoli. Invece, il loro primo incontro col
Risorto è caratterizzato dalla gioia.
Perché tra il tradimento di ieri e rincontro di oggi c’è di mezzo la croce.
Se non ci fosse di mezzo la croce, difficilmente rincontro di Gesù coi discepoli avrebbe potuto essere suggellato dalla gioia. Ma il bel saluto col
quale Gesù introduce rincontro; «Pace a voi! » è l’annuncio che il tradimento dei discepoli è stato cancellato, perdonato e rimesso per sempre.
È solo perché c’è la croce, che Gesù
può salutare coloro che lo hanno rinnegato con una parola di pace, non
di giudizio. Se Gesù non fosse morto
anche per i peccati dei discepoli, non
potrebbe ora dir loro : « Pace a voi I ».
Se non ci fosse il perdono dei peccati
nessun incontro tra l’uomo e Dio potrebbe dar luogo ad allegrezza, perché
sarebbe offuscato dal vivo ricordo e
dal peso delle nostre omissioni e trasgressioni, dei nostri rinnegamenti e
tradimenti. Ma siccome nel nome di
Gesù è annunciata la remissione dei
peccati, per questo i discepoli, rivedendo il Signore, si rallegrano: il passato dei discepoli non pesa più su di
loro, ha pesato sull’Agnello di Dio che
porta il peccato del mondo. Cost Gesù
ci viene incontro non per rinfacciarci il nostro peccato, ma per dirci che
egli lo ha cancellato. Egli ci incontra
non per creare rimorsi, ma libertà,
non per fare i conti delle noalre inadempienze ma per farci partecipi di
quanto egli ha adempiuto.
« Si rallegrarono ». Non è diffìcile
comprendere il motivo di questa gioia.
I discepoli si rallegrano perché rivedono il Signore e, rivedendolo, hanno
la certezza che Gesù vive. Fino a quel
momento erano ancora nel dubbio ;
non sapevano se Gesù era proprio risorto o se dovevano continuare a considerarlo morto. Ed essere nel dubbio
su questo punto significa essere nel
dubbio su tutti gli altri. Cambia tutto, secondo che Gesù vive oppure è
morto. Se Gesù è ancora morto non
possiamo più credere in lui, possiarno
solo più commemorarlo; possiamo rievocarlo ma non invocarlo; possiamo
parlare di lui ma non parlare a lui;
possiamo ricordarlo ma non ascoltarlo. Se Gesù è ancora morto, dovremo
vivere solo col ricordo di Gesù, non
con Gesù. Avremo a che fare con un
Assente, non con un Presente. Saremo noi, in qualche modo, a far vivere
lui, e non lui a far vivere noi. Il dubbio se Gesù è morto oppure vivente,
che ancora i discepoli nutrono prima
che Gesù si presenti in mezzo a loro,
è veramente un dubbio mortale per
la fede. Perciò essi si rallegrano quando vedono Gesù, le sue mani e il suo
costato : perché il dubbio mortale è
superato : essi ora sanno e sono certi
che Gesù vive. Gesù quindi non sarà
per loro un ricordo, ma una presenza.
La loro fede non sarà un tuffo nel
passato ma un’obbedienza nell’oggi.
Non solo il cielo non è vuoto ma neppure la terra è vuota: Gesù vive. Non
solo, ma la sua presenza non è più limitata e circoscritta come prima:
non vi sono più porte chiuse che possono escludere Gesù e tenerlo lontano, non vi sono ostacoli che possono
fermare il suo cammino verso gli uomini.
La vita cambia se è vissuta con Gesù, e non solo col ricordo di lui. Cambia anche la morte, se muoriamo con
lui e non senza di lui. Cambiano i
pensieri, cambia il comporta.mento,
cambia la speranza. I discepoli intuiscono la differenza che fa vivere nella certezza che Gesù è vivente anziché nel dubbio su questo punto. Perciò si rallegrano: perché essi stessi rivivono, e rivive la loro fede, e rifiorì
sce la loro speranza.
Si rallegrano tutti, indistintamente.
Anche quelli che forse avevano in
quei giorni dei problemi particolari,
delle ansie, una tristezza, come ogni
esistenza ne conosce. Tutti però si rallegrano. Nessun dolore personale è
più forte della gioia di apprendere
con certezza che Gesù vive. Gesù ci
incontra anche nel giorno in cui abbiamo una nostra pena segreta, un
turbamento nascosto e appena dissimulato, una ferita non ancora rimarginata. La gioia perché Gesù vive vuol
essere condivisa da tutti.
Paolo Ricca
DANARO: "dio nosiro, che sei in ierra"
L’ultima circolare del Moderatore, presentando la situazione finanziaria della nostra Chiesa, ripropone il tema del danaro nella Chiesa e quello dei rapporti tra i.
credente e il suo danaro. Tema dolente, almeno per noi,
in quanto mette a nudo la nostra miseria prima ancora
che la nostra avarizia. La nostra miseria — conviene precisarlo — non è quella di chi non ha (pochi fra noi son
veramente poveri), ma è quella di chi non dà. La cronica
difficoltà di chiudere in pareggio il bilancio generale della Chiesa (anche quest’anno la previsione non è rosea)
può essere interpretata in molti modi, ma resta un latto
profondamente anormale, un sintomo preoccupante, uri
indizio negativo.
I
Mentre bisogna sperare che nei due mesi scarsi che
restano prima della chiusura dell’anno amministrativo
(31 maggio) le chiese facciano lo sforzo necessario per
mantenere gli impegni assunti in Sinodo e ogni membro
di chiesa dia un’offerta generosa, come atto di liberalità
e non di avarizia, proponiamo all’attenzione dei lettori
questo articolo di Jacques Ellul, che è l’adattamento di
un’intervista pubblicata alcune settimane or sono su
«La Vie Protestante» di Ginevra. Jacques Ellul è un protestante francese, professore alla Facoltà di Diritto di
Bordeaux, membro del Consiglio nazionale della Chiesa
Riformata di Francia e autore di varie opere di valore.
Guariranno i cristiani dalla loro grande idolatria? Impareranno a non servire Mammona?
che colpisce la natura stessa della
divinità in questione. La natura
del dio danaro è la non gratuità:
perciò la sua distruzione, la sua
desacralizzazione consisterà precisamente nella gratuità, nell’atto
col quale si obbligherà questo dio
a servire il Dio della grazia, cioè
del dono. Questa è la chiave della
morale relativa al danaro, e non
ce n'è un’altra.
Le questioni di avarizia e di onestà, del buon impiego del danaro
e dell’economia, sono secondarie e
saranno risolte in seguito alla decisione che nella vita cristiana il
danaro è fatto anzitutto per essere donato. Non c’è da porsi tante
domande sul destinatario del dono: chiesa o opere sociali, individui o popoli, poco importa. La
scelta spetta a ciascuno, perché il
fatto decisivo non è l’utilizzazione
di questo danaro. Chiedersi a che
cosa servirà, e se il destinatario lo
utilizzerà bene, nasce ancora dalla mentalità adoratrice del danaro: gli attribuiamo ancora troppo
valore.
Il fatto importante è l’atto stesso del dono. Con esso la potenza
tentatrice del danaro è distrutta;
è desacralizzato, e non solo per
noi, ma anche per gli altri intorno
a noi. Il danaro cessa di essere un
dio e diventa uno strumento. Questo è il principio e la fine della
morale del danaro.
I nostri rapporti col danaro sono vaghi. O non se ne parla affatto
oppure ci si rifugia nei concetti
generali e nelle idee politiche: si
comincia a discutere di capitalismo, imperialismo, socialismo, comunismo, il che è certamente bene ma ci lascia perfettamente indenni nei nostri rapporti personali col danaro. È molto difficile parlare chiaramente e serenamente
del danaro. Non siamo ancora riusciti a dominare questa realtà. Si
può certo dire che ciò dipende da
un’educazione borghese, e in parte
è vero perché negli ambienti poveri e popolari si prova molto meno imbarazzo a parlare del danaro. D’altra parte bisogna osservare che questo atteggiamento verso
il dañare è sempre esistito, non solo nel 19“ secolo — borghese per
eccellenza —: nel 17“, nel 13° secolo, al tempo di Gesù si verificava
la stessa cosa, come appare dalle
testimonianze dell’epoca. Il danaio costituisce un mondo a sé; normalmente non è oggetto di conversazione o di confidenze; non è regolato da norme morali chiare. È
tabù — assai più del sesso.
II fatto è che il danaro è tutt’altro che un semplice segno monetario, strumento di scambio o
di conservazione del valore. È
un’entità sacra è l’entità sacra più
preziosa, è la nostra divinità più
intima. Il danaro è una potenza divina (cioè, dal punto di vista biblico, una potenza idolatrica).
Sulla morale particolare che domina nell’ambito del danaro la
predicazione e l’etica cristiana
hanno pochissima presa, perché
ci rifiutiamo di ammettere il fatto
che il nostro dio è il danaro, che ci
iMiiiimiiniiiiiimirinimiiiiiiiimiiiiitimiiiniiiiiiiiiniiiiimiiliiiiiiiiiiiiii’iiiMiiimiiiiiiiitiimimiiiiiii
iiiiiiiiiiimiimimmmiiiiiiiimiiiimiiiiimiiiiiiMiiuiiimmiiiiiimiimiKimimimiiii
possiede dal di dentro. Mascheriamo questa verità accompagnando
molteplici scuse: « bisogna pur vivere... i poveri hanno diritto di beneficiare anch’essi della società dei
consumi... il progresso... la crescita economica., ecc. ». Queste affermazioni contengono una piccola parte di verità di fatto, ma serve soprattutto come supporto
ideologico alla sacralità che attribuiamo al danaro e che non osiamo confessare.
TUTTQ È CAMBIATO
CON GESÙ CRISTO
L’insegnamento biblico sul danaro è abbastanza chiaro, e non è
anzitutto un insegnamento morale o economico. Si tratta del rapporto personale col danaro. Nell’Antico Testamento la ricchezza è
presentata come una specie di benedizione. Dobbiamo ammettere
che prima di Gesù Cristo il danaro è anche stato, nella fede, un segno materiale dell’abbondanza del
dono di Dio, cioè un sacramento.
Chi possedeva danaro era invitato
a intenderlo in questo modo.
Ma tutto è cambiato con Gesù
Cristo: è egli stesso la pienezza del
dono di Dio e non c’è bisogno di
averne un altro segno; non c’è alcun altro sacramento di questa
profusione divina. Anzi, il sacramento non può essere altro che
quello di un Dio che si è spogliato,
cioè il sacramento non potrà mai
più essere significato da un valore, da una potenza, da un’abbondanza, ma solo dalle cose più semplici ed elementari: in Gesù Cristo il danaro è totalmente spogliato di ogni valore positivo davanti
a Dio.
üiíiiiniiiiiiiiimimiiiMiiriiimiiiiiiiii
iiiiimiiiimniiiiiiMiii:
Centro Evangelico di Solidarietà
LETTERA AGLI AMia
Il Centro Evangelico di Solidarietà di Firenze ha trasferito la sua sede da Via Serragli 49 in Via Manzoni 21. Il nuovo numero
telefonico è 666.376. Il numero di c.c.p. è
immutato: 5/20840. In occasione del trasferimento, l’animatore e direttore del Centro,
Leopoldo Sansone, ha inviato agli amici e sostenitori una lettera di cui riproduciamo le
parti essenziali.
Firenze, marzo 1970
Cari amici,
A maggio il « Centro » entra ìlei suo
dodicesimo anno di vita. Quando guardo al passato e rivedo il cammino percorso, non posso fare a meno di lodare
profondamente l’Eterno per quello che
ha fatto per questo lavoro, sempre svolto nel Suo Nome.
Alle soglie del dodicesimo anno di lavoro, il servizio fin qui condotto assumerà un volto nuovo, una più concreta realizzazione. Ma non vi nascondo la
mia preoccupazione e anche quella degli amici che con me mandano avanti
d « Centro ».
La maggior notorietà, la migliore organizzazione, il più profondo interessamento per ogni attività da svolgere
ogni giorno, comportano un impegno
nuovo, gravoso e continuo. Non manca la buona volontà. Non manca la
fede e nemmeno la speranza che tutto
andrà sempre bene, se faremo il nostro
servizio con gioia e con carità come
sempre. Desidero soltanto far conoscere gli ostacoli che ci stanno davanti.
1 problemi da risolvere sono tantissimi,
ma il più grave è sempre quello finanziario.
Davanti a me vedo quasi duecento
« casi » presenti, tutto il servizio di in
formazione e di assistenza sociale, quello dell’informazione evangelica ai turisti e quello del poliambulatorio. Molti di voi ci hanno aiutati pienamente
per tutto questo: potrei citare diecine
di esempi. Avete aiutato il « Centro »
nelle grandi calamità, come nei casi
quasi impossibili, come quello di Carlo
Zizza.
Condividere quindi il nostro lavoro.
Ma voglio presentare almeno uno dei
casi presenti al momento: quello di una
donna anziana, tremendamente malandata in salute, vedova da tempo, con
un figlio ricoverato in un Ospedale Psichiatrico, uno all’estero (ma chissà dove) e un terzo che convive, ma che non
ha il rispetto e l’attenzione che un figlio deve avere per la madre. Situazione di miseria materiale e anche morale, spesse volte. Dovremo provvedere a
sistemare questa donna. Le soluzioni,
benché difficili, sono alla portata di
mano purché giungano aiuti da voi tutti, cari amici.
Termino con la viva speranza di essere capito, aiutato. Non sappiamo certamente quanto è valido il servizio che
attraverso il « Centro » abbiamo svolto
e svolgiamo nel mondo, a testimonianza della nostra fede in Cristo: abbiamo
visto soltanto che un sorriso, una speranza, un po' di gioia allietano persone
che si credevano ormai sole. E questo
ci basta. Jn ogni uomo sofferente vediamo il fratello che amiamo: in ogni
fratello che amiamo, riconosciamo il
Cristo per il quale testimoniamo.
A tutti voi il saluto sincero di un
minimo servitore della comunità dei
credenti. Leopoldo Sansone
Siamo perciò chiamati a fare
una scelta decisiva e fondamentale indicando qual’è il vero dio che
noi serviamo. L’alternativa dinanzi alla quale Gesù ci pone non lascia alcun spazio per posizioni
ambigue: o l’Iddio di Gesù Cristo,
o Mammona, ma non entrambi.
Ora, se consacriamo il nostro tempo a guadagnar danaro e se troviamo il senso della nostra vita
nello spendere questo danaro, se
pensiamo che l’ambito del danaro
è segreto e riguarda solo noi e possiamo fare del nostro danaro ciò
che noi vogliamo, se preleviamo
una piccola parte di questo danaro per la Chiesa, questo significa
esattamente che siamo dei fedeli
adoratori del danaro che è il nostro vero dio.
UN POSSIBILE
MALINTESO
Evitiamo un malinteso: non ci
è affatto “vietato” di avere del danaro e di guadagnare (del resto
nella Rivelazione e per l’uomo libero in Cristo nulla è vietato!).
È perfettamente chiaro che il danaro è un mezzo necessario (ma
non giusto né buono) per vivere.
Ma se la nostra vita appartiene
a Dio, questo vuol dire che la totalità del nostro danaro gli appartiene realmente. Perciò dobbiamo
smettere — ad esempio — di calcolare la parte del nostro danaro
che spetta a Dio. Piuttosto, dato
che è tutto suo consideriamo quel
che egli ci fa la grazia di lasciarci,
giusto per vivere. Va da sé che da
un punto di vista cristiano ogni
capitalizzazione, riserva, assicurazione sono inaccettabili. Penso che
dicendo questo scandalizzerò qualcuno, ma conosco da tempo tutti
gli argomenti contrari, e nessuno
mi ha convinto. Il danaro è uno
strumento . tollerato da Dio per
permettermi di vivere la mia vita
quotidiana: riduciamolo a questo.
Ñon solleviamo l’obiezione: « Se
tutti facessero così la vita economica diverrebbe impossibile... ».
Esamineremo questo grave problema allorquando molti agiranno
così: per il momento, siccome
nessuno agisce così (e in avvenire, se i cristiani si decideranno a
prendere sul serio la loro idolatria,
saranno comunque una piccola minoranza), l’Economia non è certamente in pericolo.
ABBATTERE L’IDQLQ
Il danaro è dunque una potenza
sacra che la fede cristiana deve desacralizzare. Ma come? Bisogna
prendere coscienza del fatto molto semplice che nella nostra società il danaro è il mezzo di acquisto
e di vendita. Tutto si compera e
si vende. Ciò significa che dove regna il danaro, nulla è gratuito. In
altre parole il danaro è il contrario della grazia, perché questa
— come lo dice il suo nome — è
l’atto gratuito per eccellenza. La
grazia non si compera, perché in
tal caso non sarebbe più grazia.
Ora, per desacralizzare una potenza non bastano i sentimenti o
le idee: occorrono gli atti. E l’unico atto desacralizzante è quello
Jacques Ellul
Alleanza Riformata
e Chiesa Cattolica
PRIMO
INCONTRO
Dal 6 al 10 aprile si tiene a Roma
la prima sessione di lavoro della
Commissione congiunta di studio
formata dalla Alleanza Mondiale
(ARM) e dalla Chiesa Cattolica Romana (CCR), più precisamente dal
Segretariato di quest’ultima per la
unità dei cristiani. Il dialogo bilaterale è previsto in cinque sessioni,
che si concluderanno nel 1973.
I membri riformati di questa
Commissione sono il prof. J. de Senarclens (Ginevra), il prof. Amedeo
Molnàr (Praga), il prof. D. Willis
(USA), il prof, van Niftrik (Amsterdam) e il dr. G. B. Caird (Oxford)
il quale rappresenta il Consiglio
Congregazionalista Internazionale.
Partecipa inoltre ex officio il segretario generale dell’ARM ed è stato
invitato quale consulente il prof.
Christian Maurer di Berna. Il CEC
è rappresentato da un osservatore, il
luterano prof. Vilmos Vajta, dell’Istituto di Studi ecumenici di Strasburgo.
La Chiesa cattolica è ancb’essa
rappresentata da cinque membri: il
prol. R. Aiihert (Lovanio), il prof.
Vie Donnell (USAfi il prof. J. Ernst
(Paderborn), il prof. J. Hoffmann
(Strasburgo), il prof. J. F. Lescrauuaet (Tilburg). L’esperto cattolico
c il jirof. A. Cody di Roma, mentre
membro ex officio è il domenicano
J. Ilamer, segretario del Segretariato per l’Unità dei cristiani.
Segretari della Commissione : il
past. Richmond Smith (ARM) e il
past. A. Tlaslcr (CCR).
Nel corso di questa prima sessione vengono esaminati i temi seguenti: e< Il significato della persona di
Gesù » (relatore; J. Ernst); « La relazione fra il Cristo e la sua Chiesa
secondo il Nuovo Testamento » (rei.
G. B. Caird); « Il fondamento della
Chiesa » (rei. A. Cody) e « Gesù,
Capo e Signore della Chiesa » (rei.
J. de Senarclens).
2
pag 2
N. 15 — 10 aprile 1970
Il “Credo” di Ferruccio Riuoir
Una creazione musicale
ispirata dalla fede
La composizione eseguita per la prima volta a S. Giovanni il 14
aprile - Un vivace affresco musicale della storia della salvezza
Non è un mistero che le condizioni
della musica nel nostro paese non siano molto favorevoli, anche rispetto alle altre arti; un buon pittore riesce oggi ad ottenere una larga notorietà e la
sua produzione artistica è quasi sempre rimunerata; un buon musicista, a
meno che non si metta a scriver .:^nzonette, può ricavare dal suo lavoro soltanto qualche soddisfazione morale. Ad
ogni modo non sembra che Ferruccio
Rivoir si sia lasciato turbare da queste
considerazioni, accingendosi a musicare il Simbolo niceno-costantinopolitano
(ossia la confessione della fede cristiana, quale uscì formulata dai Concili di
Nicea e di Costantinopoli): le fatiche
della composizione, più il paziente lavoro di istruzione del coro, non l’hanno spaventato; da musicista autentico
quale egli è, secondo una gloriosa tradizione che ha in Bach la sua espressione più alta, si è lasciato stimolare dalla condizione che la sua posizione di
« Kantor » nella Chiesa di Luserna San
Giovanni gli offriva: una corale disciplinata e affiatata, un gruppo di ottoni
con alcuni elementi ben preparati, un
soprano dalla splendida voce cameristica, oltre, naturalmente, allo strumento prédiletto: l’organo. Su questi mezzi egli ha costruito il suo « Credo, messo in musica come cantata, per soprano, Coro a 4 voci, 4 trombe e Organo »,
un'opera composta nel 1968 e presentata per la prima volta al pubblico la
sera del 4 aprile 1970, durante un concerto nel tempio di San Giovanni.
Non si tratta dunque di musica composta nella solitudine, astratta dalle
condizioni concrete dell’esecuzione, ma
di musica nata da un servizio, quello
che Rivoir svolge da anni con fedeltà
come organista e direttore di coro nella comunità di San Giovanni e che nelle comunità protestanti in Germania,
a cui Rivoir è legato da affetto e affinità
spirituale, viene appunto chiamato il
se.rvizio del « Kantor », un titolo che richiama irresistibilmente alla memoria
li figura di Giovanni Sebastiano Bach;
e Rivoir lo porta con amore filiale e,
forse, con una punta di nostalgia per
quella grande tradizione che oggi accenna a finire.
Questa fedeltà a un servizio, questo
legame concreto a un ambiente, stanno
all’origine di una musica che, pur portando la forte impronta personale dell’autore, riflette la sensibilità e la storia
di una comunità. Perciò il pubblico non
ha avuto difficoltà a seguire la composizione, a parteciparvi, a coglierne il
messaggio.
Il « credo » non è altro che una storia: la storia dell’azione di Dio in favore dell’uomo, secondo la testimonianza biblica: creazione, invio del Figlio,
11 sua sofferenza, la morte, risurrezione, l’opera dello Spirito,- la Chiesa, la
vita futura. Rivoir ha inteso giustarhente queste realtà non come concetti
astratti, ma come avvenimenti, e ne ha
dato una descrizione musicale commossa e quasi vivisa: un affresco, come egli
stesso ha dichiarato, oppure la trascrizione musicale e soggettiva di una « sacra rappresentazione »; l’origine profonda della « cantata da chiesa » non -è
infatti in quelle rappresentazioni, soprattutto della Passione, a cui nel medioevo partecipava tutto il popolo?
Cosi, dopo l’inizio con un tema ascendente, quasi un invito a entrare nella
via della salvezza, che si ripete nei
punti salienti della composizione, giunga, la prima affermazione: la creazione.
Poi l’incarnazione; una melodia del soprano, ripresa dal coro, che conduce
all’epi.sodio della crocifissione; qui le
voci si disgiungono in un contrasto
estremamente mosso e drammatico,
un’csnressione di violenza, di disordine
doloroso, quindi si ricongiungono in
un pianissimo: fu sepolto. Le voci tacciono, l’organo solo commenta in modo
impressionante la portata cosmica di
questa morte e lo smarrimento dei discepoli. Improvvisamente, le voci ri
Colonia Marina
di Borgio Verezzi
•Sono aperte le iscriziimi per la Colonia Valdese (ti Borgio Verezzi. per hainhini e baniliine
(li elii eompresa Ira i 6 anni (compiuti) ai 12
(non olirepas.sali).
Le domande devono pervenire entro il mese
di aprite alla Commissione Colonie Valdesi via Madama Crisiina. 11 - 10123 Torino.
Per la loro compilazione rieliiedere il modulo a|>po.sito allo stesso indirizzo.
.Vlla domanda deve essere allegalo (per i
nuovi i.scrilti) il cerlilicalo di nascita in carta .sem|)lice e la presentazione del proprio pastore (salvo che per i membri della chiesa valdese di Torino).
Se la domanda .sarii accettala, le famiglie
dovranno far pervenire alla Commissione Colonie. entro il 10 giugno, i documenti elle
verranno richiesti. Esse riceveranno inoltre
islruzi(nii circa il corredo, il viaggio, le visite. ccr.
I turni sono i sefiuenti:
Prima turno (maschile) ; dal 25 giugno al
17 luglio.
Secondo turno (femminile): dal 20 luglio
alni agosto.
Terzo turno (ma.sehile) dal 12 agosto al 2
settembre.
Quarto turno (femminile) dal -1 .settembre
al 25 settembre.
prendono con un tema gioioso a cui le
trombe rispondono con gli accordi luminosi che si aprono sul canto di vittoria della risurrezione. La melodia ;citorna con il canto solo del soprano: l’opera dello Spirito è descritta con temi s
sviluppi in cui predomina la serenità
e la pace. L’AMEN giunge come una
conclusione del credente, una risposta piena di energia e di allegrezza.
L’esecuzione è degno di elogio l’impegno di tutti; l’impresa era tutt’altro
che semplice: l’autore era seduto all’organo e doveva contemporaneamente dirigere, il che richiedeva dagli esecutori una grande concentrazione e una
conoscenza più che sicura delle propria
parte. Se la prova è stata superata
egregiamente, è indubbiamente grazie
a un lungo e paziente lavoro e a sacrifici; nessuno degli esecutori, infatti, è
musicista professionista. La solista.
Margherita Jalla, si è confermata in
possesso di grandi doti musicali; è dunque da sperare che questa sua attività
continui e dia ancora dei bei frutti
come questo.
Oltre al « Credo », che, vogliamo sperare, verrà ripetuto ancora spesso, il
programma del concerto comprendeva
quattro inni (dal Nuovo Innario, n. 104,
257, 219, 230) e quattro composizioni
per organo di J. S. Bach, J. Pachalbel,
J. F. Dandrieu, J. Bòlsche. Ferruccio
Rivoir, pur disponendo di uno strumento attualmente non in perfette condizioni, ha offerto un’ottima prova anche
come organista, specialmente nella Fuga in mi magg. di Bach, che, per il
carattere raccolto e intimo, contrasta
abbastanza fortemente con il suo temperamento estroso e dinamico; ma l’interprete si è mirabilmente contenuto,
e ne è uscita un’esecuzione penetrante, quasi una meditazione.
Bruno Rostagno
EZFCHIFLE 22. 23-31
L’infedeltà dei sacerdoti
Nell’accusa che Dio rivolge contro Gerusalemme al tempo di Ezechiele, il secondo gruppo di imputati è rappresentato dai sacerdoti.
Í sacerdoti sono gli uomini del tempio e della legge divina; in
generale, e non solo nella religione del popolo d'Israele, essi esercitano
la funzione di mediatori fra Dio e gli uomini, vestono i paramenti sacri e sono consacrati al servizio dell’Iddio che è santo.
Se Ezechiele denunziava i profeti del suo tempo perché intonacavano tutto « con malta che non regge », egli non è meno esplicito nel
giudicare la condotta dei sacerdoti. La sua parola esprime il pensiero
di Dio: <( I sacerdoti di Gerusalemme violano la mia legge e profanano
le mie cose sante; non distinguono fra santo e profano, non fanno conoscere la differenza che passa fra ciò che è impuro e ciò che è puro,
chiudono gli occhi sui miei sabati, e io sono profanato in mezzo a loro ».
I contemporanei di Ezechiele potevano comprendere meglio di
noi la gravità di una simile accusa, perché la loro vita religiosa si svolgeva secondo una legislazione ed una prassi sacerdotale ora superata,
dal momento che il vero ed unico sacerdozio di Gesù Cristo le ha abolite. Tuttavia, anche per noi l’ammonimento di Ezechiele mantiene la
sua attualità. Nella chiesa cristiana non ci può essere una classe di superuomini e di intoccabili; preti e pastori esercitano il loro ministero
secondo la vocazione ricevuta, ma il Signore li richiama costantemente al dovere della vigilanza e della fedeltà. La parola di Dio che essi
predicano agli altri è una verità che li riguarda personalmente, dinanzi alla quale hanno il dovere di confrontarsi per evitare che il loro
servizio perda a poco a poco il suo sapore e la sua efficacia. Un ministero cristiano non è più un ministero fedele se mantiene il silenzio
sulle violazioni della legge di Dio o addirittura le tollera, chiudendo
gli occhi di fronte ad ogni confusione fra il male ed il bene, fra l’errore e la verità.
La Chiesa è stata contaminata molte volte dagli uomini del tempio e della religione; la cristianità ha facilmente ma colpevolmente
cercato la propria sicurezza nel « tempio dell’Eterno », invece di cercarla nella ubbidienza alla legge di Dio e nella fiducia in Lui. Gli uomini di chiesa e delle organizzazioni ecclesiastiche hanno anche le loro
colpe; hanno tollerato che la Chiesa fosse profanata dal denaro e dalle ambizioni mondane, l’hanno trascinata e coinvolta nelle passioni
politiche, hanno permesso che il nome di Dio fosse in essa disprezzato.
I sacerdoti di ogni tipo, a Gerusalemme, a Roma, a Ginevra, a
Washington ed anche a Mosca, hanno motivo di offrire un sacrificio
a Dio per i loro peccati, e non soltanto per quelli del mondo.
Ermanno Rostan
illlllimMUHalllMHMIUlMtnMIIIIi
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iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinii
Il servizio della Chiesa nell’Italia meridionale
Partecipare alia lotta di liberazione degli oppressi
Pubblichiamo la parte centrale della relazione tenuta dal Pastore Ennio Del Priore al
convegno interdenominazionale di studio svoltosi a Bari il 19 marzo u. s.. sul tema: u 11
servizio della Chiesa nell'Italia Meridionale ».
Dopo il rinnovamento biblico e teologico, iniziatosi con Barth mezzo secolo fa, sembrava lecito attendersi un
corrispondente rinnovamento del modo di operare del protestantesimo, anche di quello italiano, sul piano storico. Invece dobbiamo ricònoscere che
le nostre comunità sono ancora oggi
definibili con una frase di G. Miegge
del 1949: piccoli clan chiusi e confortevoli, preoccupati del loro quieto vivere. Vero è che alcuni gruppi giovanili, qua e là, senza trovare molta
udienza, hanno cercato di dire alle comunità che il rinnovamento non poteva che passare innanzitutto attraverso
una radicale revisione alla luce del
giudizio del Signore, dei nostri attuali
orientamenti di fondo, ma è altresì
vero che ci si è sottratti a questa verifica. La predicazione, cosi come avviene oggi, si è rivelata apparentemente tanto improduttiva — e non solo da noi — che in un recente Sinodo
Valdese si è parlato di ’silenzio di Dio’
e le chiese sono state invitate a chiedersi se il nostro non è uno di quei
tempi in cui la Parola di Dio è rara.
La cosa, in ogni tempo, è sempre possibile. Ma mi chiedo se ' non occorra
seriamente chiedersi se il mancato
rinnovamento del nostro modo di vivere ed operare non dipenda molto
più semplicemente, ed anche più gravemente dal fatto che noi, da gran
tempo, abbiamo rinunciato a riscoprire il modo di attendere la sua Parola: una parola che può essere ricevuta ed annunziata solo da uomini che
vivono a pieno tempo nel mondo, là
dove infuria la lotta, là dove ci si impegna a smascherare i falsi miti che
dividono gli uomini, là dove si vive la
opposizione alle violenze della storia,
c non da uomini che, pur dicendosi
« travagliati ed aggravati » pigliano il
mondo così com’è in nome di un prestmto neutralismo dcll’Evangelo. Questo significa che la nostra vita c quindi le nostre opere hanno un .senso c
sono valide non solo per la nostra fedeltà alla vocazione del Signore, da
cui dipendono, ma anche per la loro
rispondenza alle reali circostanze storiche in cui il Signore ci ha posti ad
esercitare la sua vocazione.
IL MEKIDlOiNE DEL MONDO
Se il popolo dell’Italia meridionale
— quanto è grande questo meridione
nel mondo! — soffre e grida a Dio a
motivo di ingiustizie, di soprusi, a causa di una miseria aitlentica, che è sempre ad un tempo materiale e spirituale, noi non possiamo assolutamente
pensare che sia sufficiente cercare un
conforto al loro ed al nostro dolore, in
riunioni pie con preghiere pie, dimenticando che la preghiera che il Signore ci richiede è un grido che deve unirsi al grido, sui tetti e per le piazze, di
questi miseri che attendono di essere
liberati; né possiamo assolutamente
pensare che sia sufficiente ricercare
per alcuni uomini un po’ di pane con
opere sociali che non portano né questi né altri alla convinzione liberatrice
che il pane non va elemosinato, né dagli altri né agli altri, e dimenticando
che un’azione è vera solo se è partecipazione alla lotta degli sfruttati contro chi li sfrutta, solo cioè se è volta a
scoprire con gli altri che nessun uomo
deve curvarsi per sopravvivere perché
non si vive in ginocchio. Non possiamo seriamente pensare che il conforto di cui parla l’Evàngelo sia da intendersi come una piccola compensazione, fatta di rassegnazione, ai mali della società; né possiamo seriamente
pensare di aver fatto alcunché di valido per gli uomini permettendo loro, o
inducendoli ad accontentarsi di mangiare le briciole che cadono dalla tavola del ricco per il povero Lazzaro.
Ma è il conforto — anzi la grande allegrezza che tutto il popolo avrà — di
chi sa che Dio si è messo al fianco di
coloro che hanno fame contro coloro
che affamano il mondo, la gioia di chi
sa che Dio si è messo al fianco di coloro che soffrono contro coloro che,
per non rinunciare al loro potere ed
al loro denaro, provocano la sofferenza del mondo. Non si tratta di politicizzare l'Evangclo, come spesso alcuni
sono accusati di fare, qui è l'Evangelo
che ci politicizza. Sapendo che questa
« politica » non potrà essere altra che,
come dice T. Vinay, « la politica dell'agàpe », che è il rovescio dell’attuale,
non soltanto dell’attuale politica del
<( mondo », ma anche dell’attuale politica della «chiesa».
LA TRAVE
NELL'OCCHIO DELLA CHIESA
E qui una precisazione s’impone.
È chiaro che le chiese non possono lavorare al rovesciametìto dell’attuale
politica degli stati finché la loro azione è sincronizzata sullo stesso programma di questa politica; come è
dimostrato per contro dal fatto che
molti ritengono possibile una politica
nuova solo in un cosciente rifiuto del
cristianesimo. Come è possibile togliere il bruscolo dall’occhio della )?olitica
degli stati, se prima non traiamo la
trave dall’occhio della politica delle
chiese? È necessario da un lato, un rifiuto netto e totale, sia sul piano del
¡tensiero sia sul piano dell’azione, della
dottrina e deH'atteggiamento politico
della Chiesa di Roma, (come sembra
stia avvenendo sempre più chiaramente anche da parte di numerosi gruppi
di cattolici del dissenso, e, d'altro lato, da parte nostra, un continuo esame
critico degli indirizzi che emergono
dalle conferenze e dai gruppi di lavoro
del movimento ecumenico. Proprio
perché noi non pensiamo che la chiesa sia infallibile, e la nostra azione
non può essere quindi, come quella
della Chiesa di Roma, animata dalla
pretesa di mettere sotto tutela ogni
campo della vita umana, non possiamo assolutamente pensare che la nostra testimonianza al Regno di Dio che
viene possa in qualche modo significare la ricerca, raffermazione e la conservazione della potenza, del dominio
LETTERA AL GIORNALE
Non sono solo qoanro
Il Grupjx) di cattolici (del ditìsenso)
(( 1 Qiiattrogatti », di Ldin(‘. ci scrive:
Cari amici.
abbiamo letto un trafiletto de “L'EcoLuce" in cui parlate della nostra pubblicazione in termini che ci hanno fatto molto piacere.
Vi faremo avere d'ora in poi regolarmente il nostro ciclostilato, sperando di poter ricevere in cambio la vostra
pubblicazione, ed eventualmente, se ne
avrete l'interesse e il tempo, vostri interventi per “Quattrogatti". critiche e
suggerimenti. Ci saranno molto utili
dato che fra i compiti che ci siamo
proposti c'è quello di diffondere le notizie che la stampa ufficiale volutamente ignora.
Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti
perché anche se non siamo quattro,
siamo pochi di più. Perché possiate conoscere sommariamente la nostra attivi tei vi spediamo una pubblicazione
che abbiamo elaborato comunitariamente lo scorso anno e che contiene una
presentazione del gruppo.
Per i Quattrogatti.
Augusta Barbiìna
Via Artegna. 65/7
33100 Udine
e del prestigio della chiesa nel mondo.
Non vedo pertanto quali possano essere per noi, non i .vantaggi che certamente non ricerchiamo, ma le motivazioni di fondo, non tanto del dialogo
in sé, quanto di quella specie di concordato, che certi dialoghi sembrano a
volte di voler stabilire, tra noi ed il
cattolicesimo ufficiale; e mi chiedo se
la ricerca dell’unità della chiesa, da
una parte e daH’altra, obbedisca oggi
ad una precisa vocazione del Signore
o non sia piùttosto — inconsapevolmente — ubbidienza agli schemi di coloro che detengono il potere decisionale ed economico, dato che tutte le
chiese si fanno convinte paladine dello sviluppo progressivo dei popoli,
cioè hanno imboccato la via, ritenuta
evangelicamente valida, di un lento e
graduale sviluppo dell’economia dei
popoli affamati che soddisfa pienamente, e tranquillizza, l’economia dei
consumi delle nazioni ricche. Nazioni
che, sia detto per inciso, per evitare il
crollo della loro economia, del loro
prestigio e del loro tornaconto decidono di tempo in tempo se sia più utile
sganciare sui paesi poveri un certo
quantitativo di prodotti o un certo
quantitativo di bombe sempre più
tecnicamente perfezitnate, Afferrnare,
da parte delle chiese, di voler offrire,
in questa situazione, una mediazione
tra le parti, significherebbe aver già
scelto di essere — malgrado ripetute
dichiarazioni contrarie e ripetuti appelli all’agàpe di Cristo — dalla parte
dei potenti e della loro politica di violenza. Proprio perché l’attesa e la predicazione del Regno non possono essere intesi come un invilo ad evadere
dai problemi concreti degli uomini.
nclTaltesa, questo annunzio può essere recato .solo da uomini che partecipano attivamente alla lotta di liberazione degli oppressi. Personalmente
non vedo cosa ci sia di inaccettabile,
come ad alcuni è sembrato, in questa
affermazione di G. Mottura e G. Bouchard: « oggi ha diritto di parlare non
una chiesa che si allea con i polenti,
né una chiesa che si sieda in cattedra,
ma gruppi di credenti che partecipano
alle lotte e alle .sofferenze, alle crisi ed
ai rinnovamenti del movimento operaio », che può essere completata con
quest’altra di M. Miegge: « si tratta di
vedere quale rapporto deve stabilirsi,
giorno dopo giorno, tra il lavoro politico e l’interrogazione evangelica».
Credo sia sufficientemente chiaro che
la chiesa può sperare di non essersi
sottratta al suo compito attuale solo
se essa decide di essere, non a parole
ma ncH’azione, insieme a coloro che
lottano per una vita più giusta, meno
aggressiva c piu libera per tutti. Solo
una chiesa intenta anzitutto a rimuovere le cause delle attuali lacerazioni
può fermarsi anche a soccorrere l’uomo caduto lungo la strada.
Al punto in cui siamo l'unica alternativa è costituita dalla possibilità che
piccoli gruppi di credenti si ritrovino,
« dall’altra parte della barricata, in
quel versante del mondo diviso dove
le chiese non si trovano ».
Ennio m;i. Priori:
Un’incredibile omelia
Pasqua in casernia
L ultimo numero del pregévole quindicinale pinerolese « 11 Giornale » pubblica, natu*
raímente in funzione critica una incredibile
omelia pasquale che. secondo « Il Giornale »
è slata pronunciata alla Caserma Berardi di
Pinerolo il 23 marzo u. s. La riproduciamo
integralmente.
Dopo « l'attenti » la parola è stata data al
capitano cappellano militare.
« Ragazzi, vi parlo all'insegna della bontct
e della ìiberu'i. Bontà: redo che siete tanti
oggi, alla Messa della domenica siete invece
molto pochi. Io non sono mai venuto a cercarvi nelle camerate, né lo farò. L'età ce l'avete: mettete a posto la coscienza. Un giorno o
l altro dovremo dar conto a Dio. Siate un po'
più buoni. Gli alpini passano per i soldati più
buoni, non so se oggi meritate ancora il premio della bontà. Oggi facciamo il precetto pasquale: confessarsi almeno una volta all'anno
e comunicarsi almeno a Pasqua. Ecco, se ci
fossero qua i vostri genitori ve lo direbbero
loro: ma non ci sono e quindi ve lo dico io
per loro. Io sono come vostro padre, fratello e
sorella, la vostra ragazza (brusio...!). Sono la
voce dei vostri familiari. Io vi invito, poi vi
lascio la libertà. Uscirò per primo per non vedere quanti dì voi mi seguono o no. Andremo
nello spaccio-truppa dove aspettano cinque
preti: in venti minuti confessiamo tuUi! Subito dopo, la S. Messa e poi la Comunione, >:lLriiiienti, se aspelliamo a domani, chissà quanÍ-* bestemmie!... In un ora e un quarto è fitìito latto.
« Adesso vi db un aiuto per l'esame di coscienza. Primo : da quanto tempo non vi siete
confessati (pensateci bene in modo da non
fa: perdere tempo). Secondo: quante Messe
avete perduto per causa vostra. Non venite
sempre a dire che eravate di guardia, ecc.
Terzo: quante bestemmie dite (quattro o cinque al giorno...). Quarto: sono stato con le
donne... (brusio...!) succedono sempre delle cose strane come quello che rispose alla mia domanda: magari...! dopo di che... (risate). Benedetti ragazzi, state attenti! Quinto: pensieri
cattivi, azioni, soprattutto se si è coltivalo
l'odio, il rancore...
(( Ecco adesso una bella “Ave Maria" che
ci aiuti per la nostra bella confessione pasquale. Ancora due cose: vi aspetto di più per la
Messa festiva e poi sono trenianni oggi che
mi sono sposalo... con la Chiesa.
« Siate bravi, partecipale alla Messa pasquale.' é 'd più grosso piacere e il modo migliore
d festeggiare questo giorno ».
« Attenti! ». Esce il cappellano capitano.
1 ufficiale di servizio da ordine che quelli < i. ‘
vogliono confessarsi escano e gli altri stiano
Imoni buoni in refettorio. La sala si vuota. Gli
ufficiali accompagnano i « non comunicandi »
a far le pulizie.
Contro la fame degli altri
L’/i/K-r, IVute a.ssi.stenziale dell?
eliiesp protestanti svizzere, ha ricevuto rolfe.rta del ginr.iale ])er il
Centro di svilii])po romnnitario in
Congo Kinshasa e r.eeviaino ima
lettera del segretarialo romando, in
cui. oltre ai rimiraziainenli, ci viene
dello (die l'iniz aliva del nostro .'Cttimanale e di vivo ineoraggianiento
per loro.
Alleniliamo quindi nuove e generose sottoscrizioni, eh; pieghiamo
inviare al conto coir, postale nnniero 2,39iSTR intestalo a: Roberto l’eyrot, corso Monealii'ri 70, 10133 1 orino. Craz'e.
FiCeo intanto un nuovo eleiieo delle olferte |iervennteei in ipiesli
giorni :
Da vaiar /V//i'c«; N. N. L. 2.000.
Da Novara: I). Coslaltello 10.000.
Da Genova: Doria 50.000.
Da Ganoi>a-Sampierdarpna: G. Guerci 5.000.
Da Torino: L. t* G. C. 10.000: M. Ioti Scolla 3.000: C. l’cyrnt 5.000.
Da Gampohasso: H. t.orbo 2.000.
Da Angrogna; R. M. F. C. 1.000.
Da Torre l'eU'ive: M. e E. Beiti 5.000.
Da S. Garinano Clìisone: V. Vin(;on Viti
1.500.
Da Schio: O. Diner 2.000.
Totale L. 96.500: tot. luec. 1.318.171: tot.
gcn. 1.141.67]. Offerta per il Centro del Congo L. 1.031.934: in ca.ssa L. 109.737.
3
10 aprile 1970 — N. 15
pag. 3
INTERESSA 9 CHIESE CON 25 MILIONI DI MEMBRI
Verso l’unità organica
dei protestanti americani
Protestanti, culli e celebrazioni
FEDE E SUPERSTIZIONE
Se finisce l’una, comincia l’altra
Leggiamo sul « soepi mensuel » di
marzo un servizio dedicato alla possibilità che 25 milioni di protestanti
nordamericani di diverse confessioni
possano unirsi in una sola chiesa nei
prossimi anni. Siccome la cosa rappresenta un fatto assai importante per la
storia del protestantesimo americano,
ancia ,otto l'aspetto razziale, pensiamo
far • ■ gradita ai lettori dandone qui
sotto un ampio stralcio.
La sera del 13 marzo a St. Louis,
Missun, è suonata « l’ora della verità » per 25 milioni di protestanti degli Stati Uniti allorché il
piano d’unione delle cinque deno.minazioni principali — di cui 6 a
maggioranza bianca e 3 negre — è
stato finalmente approvato da 90
delegati di Chiesa dopo cinque
giorni di ardui dibattiti durante i
quali è stato discusso ogni concetto ed ogni parola. Si tratta delle
seguenti Chiese: Chiesa metodista
unita. Chiesa episcopale. Chiesa
presbiteriana degli Stati Uniti,
Chiesa unita del Cristo, Chiesa cristiana (Discepoli di Cristo), Chiesa metodista episcopale africana.
Chiesa presbiteriana degli Stati
Uniti (del Sud), Chiesa metodista
episcopale africana di Sion e Chiesa cristiana metodista episcopale.
Sta ora ai 25 milioni di fedeli di
decidere se vogliono diventare
membri o restare fuori dalla Chiesa di Cristo, in via di unione, che
sarà il nome dato a questa nuova
chiesa.
Il piano d’unione riveste parecchi aspetti nuovi: la parrocchia è
costituita da un insieme di cellule
parrocchiali e di gruppi di preghiera e di culto che non sono necessariamente nello stesso luogo geografico, ma che mettono in comune le loro risorse diverse e collaborano in diverse attività.
Altra innovazione è la partecipazione del laico in tutte le attività
delle chiese: ogni membro di chiesa, ivi compresa la gioventù, potrà
essere chiamato a svolgere una
funzione.
Altri nuovi elementi saranno la
riedificazione della nozione di
membro di chiesa che non implicherà più l’adesione ad una confessione di fede particolare ed il ruolo più flessibile dato agli ecclesiastici che potranno essere o meno
impiegati a pieno tempo. La Chiesa prevista sarà diretta da vescovi
che divideranno le loro responsabilità con dei moderatori a tempo
parziale e con dei consigli a maggioranza laica.
Uno dei cambiamenti al piano
originale deciso durante le discussioni di S. Louis è stata la soppressione dell’indicazione secondo
cui il primo « vescovo presidente »
doveva essere di razza nera. È stato deciso di non dare alcuna indicazione in quel senso, con l’intesa
che egli sarà eletto per un periodo
non superiore ai due anni e che il
suo successore sarà di una razza
diversa.
Il culto di unione che avrà luogo a suo tempo per inaugurare la
nuo\’a Chiesa non sarà considerato come un culto di consacrazione
o di riconsacrazione dato che le
chiese che si uniscono riconoscono che tutti i loro ministri sono
stati consacrati in precedenza.
TI nome scelto di « Chiesa di
Cristo in via di unione » sta a significare che questa unione non è
ancora raggiunta. Altre chiese sono invitate ad aggiungersi a loro
ed esse possono farlo ancora prima che questa nuova Chiesa incominci ad esistere come tale.
È ovvio che vi saranno dei disaccordi a proposito dei poteri dei
vescovi, nel ruolo dei gruppi minoritari e della proprietà dei beni
ecclesiastici. In effetti i protestanti ameiicani hanno la tendenza a
tradurre la loro filosofia economica in termini ecclesiastici e di affermare che la competizione è una
garanzia di vitalità e di forza. Il
segretario generale della Consulta
per l’unione, A. Crow jr. ha detto
til riguardo: « Questo può esser
vero per l’industria automobilistica, tua non lo è necessariamente
per una organizzazione il cui scopo è la santità e la riconciliazione ».
Il piano d’unione è stato inviato alle nuove chiese interessate
per averne i suggerimenti ed i
commenti entro il 15 gennaio 1972.
Uno degli ostacoli principali incontrato dal Piano è l’apatìa dei
membri di chiesa. Forse le donne
avranno un ruolo decisivo. Esse
infatti dispongono di maggior tempo di un laico che è impegnato
tutto il giorno per il suo lavoro.
Se esse potranno convincere dell’importanza del ruolo che i laici
assumeranno nella nuova Chiesa
— ogni ministro sarà infatti affiancato da due laici in tutti gli
organi di decisione — è assai probabile che il piano riesca.
Uno degli esperti americani di
« Fede e Costituzione » ha affermato che con questo piano « /’ecumenismo ha subito il suo test più
severo sia in questo paese che in
questo secolo ». In questo modo,
ha soggiunto, ci si pone di fronte
ai problemi urgenti ai quali l’ecumenismo deve fare riferimento oggi: il razzismo, lo sviluppo mondiale, la pace, la missione.
Il Piano d’unione afferma che
« scopo specifico di questa unione
non è la fusione di denominazioni,
ma la formazione, grazie all’unio
ne, di una Chiesa unita. Scopo ultimo è l'unità della Chiesa intera ».
Può la creazione di questa Chiesa, comprendente circa un terzo
dei protestanti americani, mettere in pericolo la già precaria esistenza del Consiglio nazionale delle chiese? Sì, risponde un responsabile del Consiglio, se esso rimane com’è ora. È forse per questo
che il segretario generale E. Espy
ha proposto la creazione di un
« consiglio ecumenico generale »
all’assemblea del dicembre scorso
a Detroit. In un Consiglio così allargato, la Chiesa di Cristo in via
di unione beneficierebbe dei correttivi e della collaborazione della
Chiesa luterana, delle Chiese « libere » delle Chiese ortodosse
orientali e della Chiesa cattolica.
Quando vedrà la luce questa
nuova Chiesa? La meta è ancora
lontana: la si prevede per il 1980.
Nel paragonare il tempo attuale a
quello in cui i figli d’Israele attendevano la liberazione dalla cattività sulle sponde del Mar Rosso,
M. Crow ha detto:
« Le acque si separeranno non
solo perché siamo sulle rive ad attendere, ma Dio farà il miracolo
quando il suo popolo verrà a lui
nella fede e colla visione di una
nuova comunità ».
r. p.
iiitiiiiiiiiuimiimiiiiiiiiiiiiniiiiiMiiiiiiiii
NELLA CHIESA CATTOLICA
Problemi e speranze
Riuniti a Roma
i vescovi italiani
Un'importante assemblea plenaria
dell’episcopato cattolico italiano è in
corso a Roma a partire da lunedì 6
aprile. I 309 vescovi della Penisola sono
stati convocati per affrontare una serie di problemi molto discussi in questo
tempo in seno alla Chiesa cattolica,
quali: il celibato sacerdotale, le condizioni economiche del clero, la vicenda
delle AGLI (di cui si accentua la tendenza all’autonomia dalle gerarchie ecclesiastiche) e, naturalmente, il divorzio, a proposito del quale il Vaticano
e i suoi numerosi alleati continuano a
imperversare nel nostro paese, con tutti i mezzi, sperando di bloccare il progetto di legge. Tenendo conto degli argomenti scottanti posti sul tappeto e
anche del luogo appartato Scelto come
sede della riunione (l’Università di
t Propaganda Fide », in zona extraterritoriale), gli osservatori concordano ;nelTattribuire a questa assemblea genera1 1 dell’episcopato italiano un’importanZ-. tutta particolare.
Dissenso : “ il senso
popolare della Chiesa”
Si pensava che entro la fine di marzo
sarebbero tornati a riunirsi, a Firenze
o a Bologna, i rappresentanti dei diversi gruppi italiani di preti e laici « solidali » che, nel loro insieme, costituiscono nel nostro paese un cospicuo contingente di cattolicesimo del dissenso. Scnonché la riunione non ha avuto luogo, e non la si pi'evede per qualche
mese almeno. Il gruppo di Genova, incaricato di preparare rincontro, ha rinunciato. Crisi? Ripensamento?
In un articolo di Sandro Magistcr
apparso sul settimanale « Sette Giorni » vengono indicate le tappe più Importanti del cammino percorso in questi ultimi mesi dal Dis.senso cattolico.
Esse coincidono con tre convegni del
Movimento. Il primo è quello -di Bologna (settembre 1969), di cui parlammo
a suo tempo, segnalandone l’esito piuttosto negativo. Non per difetto ma per
eccesso di partecipanti, fra loro però
troppo diversi per consentire di creare
una piattaforma spirituale comune.
-, La scarsa omogeneità e il gran numero degli intervenuti aveva fatto sfiorare
l-i hahele delle lingue ».
Vi fu poi, nell’ottobre ’69, a Roma,
nell’aula magna della Facoltà valde.se
di Teologia, l’assemblea della cosiddett.i « Internazionale dei preti » dissidenti, cui si unirono esponenti laici di
gruppi del Dissenso. Questo convegno,
svoltosi parallelamente al Sinodo dei
vescovi, rinunciò a dare al Movimento
una salda struttura organizzativa preferendo rinviare ciascuno al lavoro m
sede locale, verificando ulteriormente
l’autenticità cristiana delle diverse esperienze fatte o da farsi.
Infine, il 12 febbraio scorso, ha avuto
luogo a Milano una riunione ristretta
dei leaders del Movimento, al termine
della quale sono stati redatti alcuni documenti, tra cui una « Lettera al clero
italiano », che già abbiamo pubblicato,
e una lettera al card. Alfrink e al Consiglio pastorale olandese. Dal convegno
d, Milano sembra essere uscita questa
indicazione generale; gli obiettivi del
Dissenso diventano meno settoriali (ad
esempio: lotta contro il celibato sacerdotale obbligatorio, ecc.) e meno ecclesiastici o clericali, e si precisano
sempre più come impegno di liberazione al fianco degli oppressi. È in questa
linea che si colloca la necessità, avvertita e affermata nella riunione di Milano, di « riscoprire il senso popolare del11 Chiesa, come un invito ad abbattere
tutte quelle mura che dividono e isolano il Popolo di Dio, frenandone la crescita comunitaria ». Questa esigenza
implica « l’avvio di queU'impegno di
approfondimento teologico (ovviamente non di una teologia libresca) che a
Bologna era completamente mancato e
che a Roma non aveva trovato sufficiente spazio ».
Il Dissenso italiano ha dunque davanti a sé un programma di lavoro vasto
e impegnativo, ma sufficientemente preciso. Nulla dovrebbe impedirgli di condurlo a termine, «per l'utile comune»
U Corinzi 12: 7). Tale è il nostro augurio.
Un congresso sul tema;
“L’avvenire della Chiesa”
La rivista « Concilium », intorno alla
quale si raccolgono le forze teologiche
più qualificale del rinnovamento conciliare, intende celebrare il primo quinquennio di vita in un modo originale e
impegnativo: indicendo un congresso
di teologi, dal 12 al 17 settembre 1970,
a Bruxelles, sul tema: « L'avvenire della Chiesa », articolato in tre sottotemi:
« Qual’é la funzione della teologia nella
Chiesa?» (relatori: J.-P. Jossua, W.
Kasper, E. Schillebeeckx); «Qual'è il
messaggio cristiano?» (relatori: R.
Brown, H. Kùng, K. Rahner); «Qual'è
la presenza della Chiesa nella società
di domani? » (relatori: G. Baum, J.-B.
Metz, A. Vergole). La maggior parte del
tempo del Congresso sarà riservata alle discussioni di gruppo, in base alle
quali verranno stilati dei rapporti che,
a loro volta, costituiranno la base delle
risoluzioni finali, che saranno votate al
termine del Congresso.
FACQLTÀ VALDESE DI TEQLOGIA
Una conferenza
del prof. A. Molnàr
In occasione della sua venuta a Roma per un incontro ecumenico, il
prof. Amedeo Molnàr, della Facoltà
teologica « A. Comenius » di Praga, terrà pure una conferenza pubblica su
« Comenio c i Valdesi», sabato 11
aprile nell’aula magna della Facoltà
Valdese di Teologia, e una serie di lezioni agli studenti della Facoltà stessa.
Ricordiamo che ricorre quest’anno il
terzo centenario della morte del grande pedagogista protestante cèco.
Abbiamo espresso, nei due ultimi articoli di questa serie, alcune riserve
sulla diffusione fra noi delle feste religiose, quali Natale e sotto un certo
aspetto anche il XVII febbraio, e delle
cerimonie religiosamente celebrate,
quali funerali, feste di confermazione,
matrimoni ecc. Riserve che non sono
dettate, come già detto, dalla volontà
di distruzione a tutti i costi, ma semplicemente dal desiderio di ripensare
ir. nostra fede e ripensarla proprio nel
nome di quella tradizione che tanto
spesso si tira in ballo quando fa comodo.
Perché tanta sobrietà nei nostri padri per quello che riguarda le apparenze, le esteriorità, le manifestazioni personali e tanto gusto fra noi per quelle
cose? Perché i nostri padri, fino qualche secolo fa, non celebrano Natale
ma digiunano il venerdì santo, mentre
noi riempiamo le chiese a Natale e le
lasciamo vuote le altre domeniche e di
penitenza il venerdì santo non si parla
più?
Digiunare il giorno della morte del
Signore è fare i cattolici, si dice, loro
sono quelli che digiunano; potrebbe essere vero (dico potrebbe, perché invece
non è e le nostre antiche liturgie hanno le preghiere per i giorni di digiuno
in chiare lettere, ed i sinodi di un cento anni fa invece di scrivere dei messaggi, che nessuno legge, invitavano a
fare un giorno di pubblico digiuno per
chiedere a Dio perdono per i nostri
peccati, questo detto tra parentesi per
mettere le cose in chiaro).
Non ci preoccupiamo invece affatto
di altre abitudini cattoliche che andiamo copiando a gran forza (e non del
cattolicesimo che si rinnova, ma del
peggiore, il più superstizioso) dai ricordini per le confermazioni agli stemmi valdesi sulle bare, pellegrinaggi il
giorno dei morti e doni in memoriam
(che mi sanno tutto di messa in suffragio o di propiziazione generica). Pensar.'j a queste cose non significa negare
la fede, come troppa gente pensa e
dice, significa solo pensare da protestanti, da gente cioè che non si limita
a confutare gli errori dei fratelli cattolici nel nome della Bibbia, ma che osa
confutare e criticare i propri.
Un problema si pone però a questo
punto della nostra riflessione, un problema che è stato sollevato nella già
menzionata Conferenza distrettuale di
San Secondo, da cui abbiamo preso
l’avvio per questa serie di interventi:
come mai si è abbandonata la tradizione antica e si è cambiato? perché si
sono introdotte queste innovazioni e
questi errori (se dobbiamo considerarli errori)? di chi la colpa? Se queste
cose non vanno fatte, perché si sono
lasciate sin qui indisturbate? È mai
possibile che nessuno ci abbia pensato
prima, che proprio si debba giungere
ai 1969 per capire come sta la situazione? E soprattutto è mai possibile che
generazioni di credenti e di pastoii abbiano vissuto la loro fede in modo assolutamente falso, fuori fase e adesso
salti fuori una generazione di gente
nuova che sa tutto e capisce le cose
come stanno? Sembra un po’ strano.
La domanda non può essere elusa,
quasi fosse superflua o impertinente.
Proveremo a rispondere con due ordini di considerazioni: ci domanderemo
anzitutto da dove provengano le innovazioni liturgiche nella pietà della nostra gente, chi le abbia suscitate, provocate; ci domanderemo in un secondo tempo perché si siano tollerate.
Si suppone sovente che la vita delle
chiese sia immobile, statica, senza cambiamenti, in realtà la gente cambia, si
adegua ai tempi, prende molte nuove
abitudini e lascia cadere vecchi costumi e non solo nel campo delle realtà
sociali, economiche, ma anche in quello
della mentalità religiosa. Non solo si
compra la macchina anziché andare a
piedi, ma .si copiano i vicini e gli amici
anche nelle cose sacre, negli usi, e nel1 : abitudini che toccano la vita spirituale. L’amica indossa un abito lungo
al matrimonio? Fa un albun di fotografie, riceve l’omaggio del riso all uscita dalla chiesa? Eccoti l’e.sempio a portata di mano, non c’è che da copiare.
Gli amici e compagni di lavoro prendono l’abitudine di fare corone al funerale, di accompagnare il defunto con
bandiere e labari di associazioni combattentistiche? Eccoti l’esempio a portata di mano, come fare ad essere da
meno di loro? Alla cresima ti fanno un
vestito nuovo e ricevi in dono l’orologio, si fa grande pranzo e i padrini si
prodigano in regali? Perché non dovrebbe essere lo stesso in occasione
della confermazione, che è un po’ la
nostra « cresima »?
Ed occorre pur dirlo, non sono .sempre, anzi raramente, i giovani a seguire
questo andazzo nell’imitazione dell’ambiente, sono gli anziani; un giovane accetta molto facilmente, e non solo per
spirito di contraddizione o di contestazione, come si dice oggi, di essere diverso, di prendere una posizione di minoranza, di non fare come tutti; una
persona anziana molto meno.
I veri teologi delle nostre comunità,
quelli che inventano la pietà, le abitudini, che creano la mentalità sono i
padrini, le zie, i genitori. A loro si devono le imitazioni, il « si deve fare
così », le direttive nelle prassi liturgi
che della vita di un credente, oggi. I
pastori hanno pochissimo rilievo; è la
gente che produce la sua religione e la
religione moderna è in piena espansione, cresce e si sviluppa con una forza
insospettata. Dire religione vuol dire
naturalmente superstizione, perché la
prima forma di religione è la superstizione, la fede nei giorni fausti ed infausti, la paura del 13 e del venerdì, i
pendagli al collo, i cuoricini ed amuleti all orologio. Al posto del corno o
del cuore di Maria avremo una croce
ugonotta, ma la funzione è la stessa.
Perché dunque si stanno verificando
sotto i nostri occhi questi fenomeni e
queste novità? Perché la gente copia
quello che vede, si adegua alla mentalità come le ragazze alla moda, perché
la religione è un campo di invenzioni
sempre nuove in un misto di venerazione, di paure, di timori e di superstizioni. Nulla di strano dunque che anche noi a contatto col nostro ambiente
si cambi e si diventi stranamente religiosi, troppo religiosi come diceva
Paolo.
Il fatto è che la fede non è superstizione e l’apostolo ha detto che non è
da cristiani copiare il mondo.
Giorgio Tourn
Democrazia: reallà o finzione?
Le masse escluse
Il saggio La trasformazione della democrazia (Berlino 1967; trad it di
E. Campi, Milano 1969), di J. Agnoli,
professore di scienze politiche all’Università di Berlino, costituisce un’analisi della « democrazia » neocapitalistica nelle sue interne contraddizioni.
Il dato politico che caratterizza la
società capitalistica avanzata è la disuguaglianza di potere economico che
porta con sé la disuguaglianza di potere politico: il potere economico è
concentrato nelle mani delle oligarchie
della produzione che vengono ad assumere in tal modo un predominio di
fatto nella direzione politica dello
stato.
Chi detiene il potere eèonomico detiene per ciò stesso il potere politico,
cioè ha in màno gli strumenti per controllare ogni processo decisionale, in
campo economico, politico, culturale.
Per questo lo stato, come luogo del
potere politico, diviene strumento attraverso il quale le oligarchie economiche garantiscono il loro dominio.
Ecco emergere la contraddizione di
fondo: vi è una minoranza che ha il
potere economico e conseguentemente
il potere politico, cioè il potere di decidere ad ogni livello, mentre la maggioranza è esclusa da ogni processo
decisionale, è sempre oggetto delle
scelte di gruppi ristretti.
Si è instaurata una « democrazia
senza demos », in cui le masse sono
escluse da ogni partecipazione in prima persona alle decisioni politiche.
Qualora le masse popolari giungessero alla presa di coscienza di tale
contraddizione oggettiva. Fattuale sistema di dominio sarebbe' minacciato
dalla lotta per il diritto ,^i ifit'èrvento
nelle sfere decisionali: proprio ad èvitare ogni radicale mutamentb $.ocÌàle,
le oligarchie al poterei sì séryorid'delle « istituzioni dérfiocràtiCiTÌé';? partiti, parlamento — per''ip^àscfibi'aré le
contraddizioni e^'gli ahtàgdn)i>'mi esistenti e organizzare il consenso àllo
status quo.
Il sistema del governo parlamentare a carattere pluripartitico assolve a
tale funzione di mascheramento dell’antagonismo tra le élites al potere e
le masse escluse.
Il parlamento viene definito « rappresentanza popolare legiferante », esecutivo della volontà del popolo come
fondamento del potere statale: con
questo si offre l’illusione alle masse
di giocare, con la scheda elettorale, un
ruolo politico, di decidere 1’« articolazione dei centri di potere ».
In realtà la scelta che si presenta
fra i diversi partiti politici non è reale
ma apparente: « ...i partiti diventano
intercambiabili a piacimento. E intercambiabili sono agli occhi deH’cletlore, che si trova davanti a uguali promesse e a una pratica uguale» (p. 47).
11 parlamento viene in tal modo presentato eome canale di espressione politica delle masse attraverso la finzione della rappresentanza popolare, mentre al contrario esso non è che la
« cinghia di trasmissione » delle decisioni delle oligarchie dominanti, l’esecutivo non della volontà popolare ma
dei gruppi ristretti che detengono il
potere economico.
L'alternativa a tale situazione — la
formazione di una democrazia autentica in cui le masse popolari diventino soggetto attivo di politica, partecipando in prima persona ai processi
decisionali, autogovernandosi — può
essere raggiunta solo attraverso una
forma di organizzazione politica extraparlamentare, di radicale opposizione,
che scardini le strutture esistenti in
cui i pochi detengono il potere sui
molti.
Ei.r.N'A Brin
4
pag. 4
N. 15 — 10 aprile 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
UNA CIRCOLARE DEL MODERATORE
Attività deiia Tavoia Valdese
BARI
Esiste una teologia
Nairobi (soepi) - Esiste una teologia
africana? o piuttosto, vi è una espressione africana di una teologia universale? Questa domanda assume una nuova importanza nella Chiesa cristiana al
sud del Sahara, che lotta per trovare il
suo posto nella rivoluzione culturale
che trasforma il continente africano.
La seconda Assemblea delle Chiese
di tutta l’Africa, riunita ad Abidjan nel
settembre 1969 {di cui demmo a suo
tempo ampia notizia) non mancò di
rilevare l’importanza della questione.
Essa riconobbe il bisogno di « nuovi
mezzi di espressione che tengano conto
dell’evoluzione delle società e dei modi
di pensare propri delle situazioni e dello culture africane ». Questa nuova via
è stata qualificata come « indispensabile, se si vuol rendere una testimonianza efficace e contribuire allo sviluppo
del pensiero teologico ed allo stabilirsi
di una civilizzazione universale ».
I missionari giunti da altri continenti si sono accontentati di trapiantare
in Africa le forme occidentali del cristianesimo. Siccome queste forme provengono da un ambiente culturale estraneo ai nuovi cristiani, esse tendono
a trasformarsi in un ostacolo alla comprensione delle realtà della fede. Tuttavia, ora si parla della necessità di
una « indigenizzazione », dell’utilizzazione delle forme di pensiero della tradizione africana per esprimere la verità
cristiana, dell’impiego nel culto di musica e di strumenti africani; di africanizzare le strutture della Chiesa basandosi su idee autoctone d’autorità e di
presa di decisioni.
Infatti il compito cristiano fondamentale è quello di « trasmettere l’appello
di Dio in Africa in tal modo che gli
Africani siano portati all’obbedienza
della fede ». L’appello di Dio è un appello alla conversione di ogni persona,
qualunque sia la sua razza. L’Assemblea
di Abidjan ha detto che la teologia africana è ancora « alle prime tappe del
suo sviluppo » e che quindi non è agevole definirla. Comunque l’ha provvisoriamente definita come una « teologia fondata sulla fede biblica e che parla all’anima africana. Essa si esprime
in categorie di pensieri che nascono
dalla filosofia del popolo africano... l’accento è posto su una teologia essenzialmente cristiana che può esprimersi attraverso il pensiero e la cultura africani ».
« In questa Africa in trasformazione
— prosegue la relazione — parecchie
persone cercano di trovare o di riscoprire "l’anima” deH’Africa. La Chiesa
ha il dovere di trovare la maniera migliore per aiutare la formazione del
“nuovo" uomo e della nuova comunità
africana. Perciò è urgente elaborare
una teologia d’espressione africana ».
L’Assemblea di Abidjan ha stabilito
quanche principio direttivo per aiutare
i teologi. Fra queste direttive, la principale è quella di tenersi ad una teologia
cristocentrica. Una solida conoscenza
della fede biblica è pure essenziale e
deve essere accompagnata da una non
meno solida conoscenza della cultura
africana. In terzo luogo, occorre dare
maggior spazio alla filosofia — o al
pensiero — africana e meno a quella
ellenistica; infine, occorre evitare il
sincretismo. L’Assemblea ha anche vivamente insistito sulla necessità, per
il teologo, di scrivere nella propria lingua, affinché il suo pensiero tragga la
sua linfa dal suolo culturale africano
e si rivolga direttamente al cuore ed
allo spirito dell’uditorio africano. Dovrebbe anche stabilirsi un dialogo fra
teologi ed antropologi.
(...) Noi constatiamo che ci sono due
vie per avvicinarsi ad una espressione
teologica africana. Una sottolinea la
necessità di esplorare la possibilità di
comprendere meglio certi aspetti dell’insegnamento cristiano grazie ad un
attento studio del pensiero africano.
L’altra riconosce i limiti di certi aspetti
di questo pensiero paragonato alla ricchezza dell’insegnamento cristiano: di
conseguenza occorre dare maggior importanza alla visuale cristiana nel pensiero africano per l’arricchimento di
quest’ultimo.
Questo punto di vista è stato presentato a Ibadan (n.d.tr.: in occasione dell'incontro teologico africano del 1066)
da M. Mbiti che ha detto: « 11 Nuovo
Testamento ci mostra che l’uomo è una
creatura in via di sviluppo la cui statura adulta è Cristo... La concezione escateologica deve "invadere” il mondo africano, non per distruggere o colonizzare,
ma per compiere... L’Africa ha una escatologia, ma non ha teologia, ed è questo
un campo nel quale 1 escatologia cristiana può portare un contributo fondamentale alla rivelazione di Dio m
Africa ».
NOTIZIE IN BREVE
^ Circa ottomila persone, di cui 6 mila
stranieri, sono attese per il congresso battista
mondiale che avrà luogo a Tokio nel prossimo luglio. Vi sono iscritti sin da ora 67 j>aesi Fra gli oratori figura anche la sig.ra A.
Brooks, della Liberia, attuale presidente dell’Assemblea generale dell’ONU. Il tema scelto per questo congresso è a La riconciliazione
ili Cristo ».
L'arcivescovo cattolico di Rubaga. E.
Nsubuga, ha fatto un importante dono alla
chiesa anglicana di Uganda per la costruzione di una scuola primaria. Il dirigente della
parrocchia anglicana, nel precisare che la
scuola accoglierà anglicani, cattolici e mussulmani, ha detto : « Questo dono dà il suo
vero significato all’unità cristiana ».
La « santa sede » ha contributo con 25
mila dollari ai lavori in comune fra cattolici
e protestanti in vista di una traduzione comune della Bibbia. Questa somma, eguale a
quella raccolta dalle chiese protestanti, è stata trasmessa alla Società biblica, che raggruppa 49 associazioni nazionali. Si apprende anche che la Società biblica americana ha lanciato un appello per inviare in Nigeria delle
bibbie in sostituzione di quelle distrutte dalla
guerra civile.
Helder Camara, l’arcivescovo brasiliano
di Olinda e Recife pronuncerà un importante
discorso all’« Incontro mondiale dei giovani
luterani » che avrà luogo in luglio a S. Leopoldo, in Brasile, sul tema: «Verso un mondo più umano ». Questa riunione avrà luogo
alla vigilia della V Assemblea della Federazione luterana mondiale, che avrà pure luogo
in Brasile. Un terzo circa dei 60 partecipanti,
di età dai 18 ai 25 anni, e provenienti da 30
paesi, parteciperanno all’Assemblea della FLM
come delegati aventi diritto di voto.
Il pastore negro R. Nugent, metodista,
di 35 anni, assume in questi giorni la direzione della Divisione dei ministeri all’estero
del Consiglio nazionale delle Chiese (Stati
Uniti) e di segretario generale associato del
Consiglio. In precedenza egli era stato consigliere del gruppo consulente del CEC per la
missione nell’ambiente urbano e industriale.
Incarichi
Il pastore Roberto Jahier ha accettato di sostituire temporaneamente il
compianto pastore Elio Eynard a Zurigo. La Tavola, in accordo col Beirat
zurighese, delibererà circa la nomina
del successore dopo che le assemblee
delle chiese autonome avranno designato i loro pastori.
Il pastore Paolo Giunco è stato inviato temporaneamente a Vittoria, dopo che l’anziano evangelista Enrico
Trobia aveva concluso il suo apprezzato lavoro in un momento di crisi
nella direzione di quella casa di riposo.
Villaggio “Speranza" a Vita
La situazione determinatasi in seguito ad una minaccia di esproprio di
parte o di tutto il villaggio è stata resa nota attraverso la pubblicazione di
un comunicato, predisposto in una
riunione svoltasi a Palermo, cui hanno partecipato oltre al pastore Panasela e al Moderatore, i past. Gschwend
dell’EPER (Svizzera) e Rathgeber del
Diakonisches Werk dell’Assia e Nassau (Germania).
Purtroppo non si possono dare notizie rassicuranti in merito. Tutti i
tentativi esperiti localmente non hanno dato finora risultato positivo. Non
si trascura alcun mezzo per evitare un
così assurdo provvedimento, operando
sia localmente, sia in sede parlamentare, sia, se necessario, in sede internazionale.
Istruzione secondaria
La Tavola si è incontrata con il Comitato per il Collegio Valdese, il quale
ha riferito sull’andamento dell’istituto
e sulle attività collaterali da esso promosse.
Sul capitolo delle finanze si è dovuto rilevare che molte chiese non hanno dato alcuna risposta alla circolare
diramata dal Comitato in data 21 settembre 1969; in tale circolare, richiamandosi all’invito sinodale di versare
il 10% dei contributi alla cassa culto,
si chiedevano informazioni alle chiese
circa il loro impegno verso il Collegio.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Direttore respon.sabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 _ 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
LA POLITICA COLONIALE
DEL PORTOGALLO
L’economista F. Ramos da Costa,
dirigente del movimento socialista democratico portoghese, ha pubblicato
su « Le Monde » del 29-30.3.’70 un articolo nel quale esprime le più profonde preoccupazioni per l’avvenire del
Portogallo, tormentato da una guerra
coloniale che non ha soste e di cui non
si scorge la fine. Ne riportiamo i passi
più salienti.
« Oggi il Portogallo compromette la
sua storia, oggi sta diventando razzista a causa della politica di coloro che
negano che il Portogallo lo sia mai stato. La nostra guerra coloniale, condotta su tre fronti lontani migliaia di chilometri, assorbe il 50% delle entrate
dello Stato, cioè il 7,5% del prodotto
nazionale lordo; ma coloro che la sostengono sono degli uomini d'affari incompetenti che non hanno saputo mettere tempestivamente a profitto i benefici del colonialismo.
E falso che i portoghesi siano tutti
concordemente favorevoli al proseguimento della guerra. Se il popolo fosse
favorevole alla guerra, il governo lo
lascerehbe esprimersi liberamente. Ma
il governo sa che la fine del regime di
censura segnerebbe anche la fine della
illusione colonialista. È per questo che
Marcelo Gaetano (il successore di Salazar), nel suo tentativo di mitigare la
censura, si ferma però davanti ad ogni
concessione riferentesi alla guerra coloniale. È per questo che egli tende a
circondarsi di uomini di tutte le tendenze e giovani, alla sola condizione
che essi accettino la guerra coloniale.
Oggi la presa di posizione sul problema coloniale è la pietra di paragone dei sentimeìiti democratici. Nessuno può pretendere d'esser riconosciuto come democratico, se accetta il proseguimento di questa guerra (...). Il
bilancio d'un anno di potere del Gaetano, è semplice. All'attivo possono contarsi: il consolidamento della posizione del presidente del consiglio di fronte agli estremisti del salazarismo, la
relativa moderazione della repressione
poliziesca, l'accresciuta fiducia negli
ambienti finanziari nazionali ed internazionali, la conquista d’una relativa
popolarità di cui Solazar non godeva,
ecc.
Al passivo si deve contare soprattutto l'incapacità di modificare la politica coloniale. Il viaggio di Gaetano in
Brasile è stato uno scacco. Egli voleva
associare il Brasile alla guerra coloniale portoghese e alla politica delle
nazioni razziste dell'Africa australe.
Ma il governo brasiliano non è caduto
nella trappola. Parimenti Gaetano non
ha potuto ottenere l'alleanza della Spagna alla politica colonialista ereditata
dal salazarismo. D'altra parte la Spagna, dal canto suo, preferisce l'amicizia dei paesi arabi all'alleanza incondizionata del suo vicino iberico. (...)
L'opposizione democratica dichiara
che la guerra coloniale dev'essere fermata, e che il Portogallo deve, come
le altre nazioni,- riconoscere il diritto
di tutti i popoli all'autodeterminazione
ed all'indipendenza. L'opposizione democratica ritiene che vi sia un rapporto stretto fra la guerra coloniale,
il marasma economico di cui il Portogallo soffre, il flusso dell'emigrazione
ed il progressivo isolamento del Portogallo dalle altre nazioni europee. Essa accoglie ogni volta, con nuove speranze, gl'inviti al dialogo. (...) Essa riconosce che la contestazione della politica del governo deve farsi nel rispetto delle leggi. Ma è necessario che il
governo proclami e rispetti lui stesso
la legalità repubblicana. E l'opposizione democratica ha il diritto e il dovere di lottare affinché la sua esistenza
e la sua libertà di proporre delle soluzioni, siano riconosciute dalla legge ».
UNA DENUNCIA
DI DANILO DOLCI
Due amici del Dolci sono riusciti
a far funzionare, per alcuni giorni, una
stazione « radio pirata ». Subito dopo
il « Centro d’informazione e d’iniziativa per il "terzo mondo” » (con sede a
Partinico in Sicilia, Largo Scalia 5) ha
diramato un comunicato ad iniziativa
del Dolci. « Le Monde » (del 1.4.’70) ne
pubblica il seguente estratto.
« Se questa non fosse la verità, apparirebbe incredibile. Dal giorno del
terremoto sono passati più di due anni: eppure lo Staio italiano (la settima forza industriale del mondo), non
è stato capace di costruire una sola
casa. Decine di migliaia di persone vivono nelle baracche oppure in case vacillanti. I lavori previsti per dighe, per
opere d'irrigazione e di bonifica, per
.strade, .scuole, ospedali, industrie, hanno gravi ritardi. Nelle vallate del Belice, dello Iato e del Garboi, ogni giorno si sperperano enormi possibilità di
sviluppo ».
PERSONALIA
Esprimiamo a Danielle Giampiccoli Rollier
Matioo Rollier la nostra viva e fraterna
simpatìa per Fimprovvisa scomparsa del loro
padre Guido Roìlipr. sopravvenuta a Milano
il 31 marzo ii. s.. all'eia di 59 anni. Un pensiero di fraternità c solidarietà nel dolore e
nella speranza rivolgiamo anche al fratello
dello scomparso, Mario Alberto Rollier.
* * %'t
Le nostre più vive congratulazioni a LucilN Ricca che ha conseguito presso FUniversità
(li Firenze, a pieni voti e con lode, la laurea
in lingua e letteratura inglese.
Ci .sono state risposte positive, altre
negative; ma anche troppi silenzi. La
Tavola invita perciò le chiese che non
hanno dato alcuna risposta a volerlo
fare sollecitamente onde consentire al
Comitato di fare le sue previsioni.
La Tavola deve altresì ricordare alle chiese che il bilancio istruzione gestito dalla Tavola, per il quale fu richiesto un contributo pari al 5% dei
versamenti alla cassa culto, è quest’anno particolarmente pesante.
Biblioteche e archivi di Torre Pellice
Tra i programmi che la Tavola intende portare avanti vi è il piano di
ristrutturazione delle biblioteche e degli archivi di Torre Pellice. Una apposita commissione, presieduta dal prof.
Giorgio Peyronel, ha elaborato un progetto che prevede:
a) rimpianto di riscaldamento nella Casa Valdese, onde rendere la biblioteca più accogliente e gli uffici e
gli archivi agibili anche durante l’inverno;
b) il riscaldamento del sottosuolo
per poterlo utilizzare interamente come deposito della biblioteca;
c) la nuova sistemazione della biblioteca, con sala di lettura;
d) ampliamento dell’archivio con
nuove scaffalature.
Federazione delle Ghiese Evangeliche
È stato già reso noto che la II Assemblea della Federazione avrà luogo
a Firenze dal 1 al 4 novembre 1970.
Le delegazioni delle singole chiese
sono state fissate dalla giunta come
nel 1967 e cioè: delegati delle chiese
n. 90; Chiesa Valdese 42; Chiesa Battista 21; Chiesa Metodista 20; Chiesa
Luterana 7; Comunità di Ispra-Varese 2. Inoltre vi parteciperanno i 15
membri del Consiglio uscente (di cui
6 sono valdesi).
Il Sinodo dovrà decidere circa la nomina dei 42 delegati Valdesi; nel 1967
si procedette per elezione diretta da
parte del Sinodo.
Dalle nostre comunità
S. GERMANO CHISQKE
Un periodo di pace, di riflessione e di attività per la Comunità di San Germano.
La domenica 15 marzo i Catecumeni hanno presieduto il culto : la liturgia e la predicazione da loro preparate sono state la dimostrazione delFimpegno nello studio della Parola di Dio, della libertà e della serietà con i
quali esso è stato compiuto e, insieme, un annuncio diretto e concreto : « siate d’esempio
ai credenti » (1 Timoteo 4).
In un incontro con i genitori sono stati sottolineati e serenamente approvati i radicali
mutamenti apportati in questi anni alla preparazione dei giovani : a un periodo di intenso studio biblico, segue un periodo nel quale
la vita della Chiesa e i problemi del mondo
sono discussi alla luce di quello studio, in un
dialogo fraterno e comune, sostenuto da concrete attività pratiche. Così la libera dichiarazione di fede dei giovani e il loro responsabile inserimento nella comunità significano un
richiamo per tutti ad essere « quella » comunità, la Chiesa confessante che vive veramente la Parola del Suo Signore. E la confermazione è per tutti conferma della promessa di
grazia di Dio e della responsabilità che ne deriva, ben diversa da ogni manifestazione esteriore, o da ogni corso di studio programmati,
come da ogni « moda » di negazione.
Nei primi 3 giorni della settimana di Pasqua si è riunita, ogni sera, Fassemblea di
Chiesa con una partecipazione limitata ma
assai attiva sia di giovanissimi che di anziani.
Nel quadro dei tre temi proposti « il Signore
e la contestazione », « il Signore e la comunità ». « il Signore e gli altri ». si è cercato
di riesaminare tutta la nostra vita di credenti
non essendo quel « e » una specie di coordinamento tra il Signore e i nostri problemi, ma
piuttosto un mettere questi davanti a Colui
che solo può risolverli.
Infine il giorno di Pasqua una gran folla,
superiore ad ogni precedente, si è riunita intorno al messaggio di gioia cd ottimismo della
Ristirrczione.
Un tempo di pace, dunque, di cui siamo riconoscenti: un tempo per prepararci a ciò clic
il Signore ci indicherà per il futuro.
P. J.
PIHERÛL0
Dopo breve malattia. alFctà di anni 50, è
ileceduto il nostro fratello Giuliani
La cerimonia funebre ha avuto luogo il
giorno di Pa.'iqua nella Chiesa gremita di fratelli della comunità e da amici, e Fannunzio della resurrezione e della vita eterna è
stato rivolto a persone che già in quel giorno
erano state richiamate a quello che per i credenti è il centro della fede e della speranza:
Cristo risuscitato dai morti. Alia vedova, ai
tre figli ancora fanciulli, ai parenti tutti
l'espressione rinnovata del dolore e della simpatia della nostra comunità.
« La morte è stata sommersa dalla vittoria... ma ringraziato sia
Dio, che ci dà la vittoria per
mezzo del Signor nostro Gesù
Cristo» (I Corinzi 15: 54-57).
È mancata alFaffetto dei suoi cari
Carolina Boringhieri
ved. Decker
Lo annunciano i figli: Ermanno con
la moglie Bianca Meynier, Elsa Rollier, Eugenia Deslex, Minetta col marito Guglielmo Annibali, il fratello
Arturo, nipoti, pronipoti e la sua cara
Paulette Bertinat.
Un ringraziamento particolare al
Dott. Gian Carlo De Bettini, per l’affettuosa e costante assistenza, al pastore Sonelli, al Capitano dell’Esercito della Salvezza Longo, ai vicini di
casa ed alle persone che l’hanno circondata di cure e di affetto.
Torre Pellice, 29 marzo 1970.
Federazione Femminile Valdese
Settimo Congresso
Nazionale
Venezi-A - Palazzo Cavagnìs, Castello 5170 - Foresteria Valdese
PROGRAMMA
Giovedì 16 Aprile alle 14,30 FUnione Femminile si è riunita per ascoltare la missionaria
Graziella Jallà, che ha riferito del suo viaggio
in Israele.
Domenica 26 Aprile, subito dopo il cullo,
si svolgerà l'assemblea di chiesa per la nomina dei delegali alla Conferenza Distrettuale e al Sinodo.
Sabato 4 Aprile alle ore 16 si sono uniti
in matrimonio Paola Bosio e Rodolfo Duò. Invochiamo su questi sposi la benedizione ilei
Signore.
Domeniea 5 Aprile è stato celebralo il battesimo di : Paolo Plavan di Ivo e Lelia Bounous; Stella Gardiol di Graziano e Agostina
Poglianì; Alessandra Silvana Bianciotlo <U
Piero e Maria José Richiardone.
U Signore aiuti i loro genitori nelFimpegno che hanno assunto di fronte a Lui ed alla
Chiesa.
Venerdì 24 aprile (sera)
- Arrivo delle delegate
ore 8,30 - Colazione,
ore 9,30 - Culto di apertura,
ore 10 - Appello delle delegate - Elezione
del seggio - Saluti - Relazione morale e finanziaria del C. N. - Discussione - Relazione sul Consiglio di Collegamento e proposta
per il Congresso interdenominazionale • Discussione - Eventuali
proposte di o.d.g.
ore 12,30 - Pranzo.
ore 14,30 - Proseguimento dei lavori e discussione conclusiva.
ore 17 - Intervallo - Thè gentilmente of
ferto dalFUnione Femminile di
Venezia.
ore 17,30 - Presentazione del tema del Congresso da parte del Pastore Pierluigi Jalla: L’emigrazione un sottoproletariato trascurato - Il Pastore Carmen Ceteroni parlerà su :
Vita degli emigranti in Germania
- Discussione,
ore 19,30 - Cena.
ore 20,30 - Proiezione di filmine varie.
Domenica 26 aprile
ore 8,30 - Colazione.
ore 9 - Elezione del nuovo Comitato Na
zionale - Eventuali messaggi,
ore 11 - Culto nel tempio di Venezia,
ore 12,30 - Pranzo,
ore 14,30 - Mozioni conclusive - Lettura dei
verbali - Chiusura del Congresso.
Alla presentazione del tema del Congresso,,
sabato alle ore 17,30 e nella serata sono invitati tutti quelli che vorranno parteciparvi..
* ♦
Dalla stazione ferroviaria : vaporetto n. 1 o
2 fino al Ponte di Rialto, quindi a piedi a
S. Maria Formosa e di qui la « Calle lunga »
che termina davanti alla Chiesa Valdese.
Tel. 27.549.
Le Unioni sono pregate di comunicare immediatamente. se non l’hanno ancora fatto, il
nome della delegata, il giorno e l'ora del suo
arrivo a Venezia, a: Berta Subilia, Via Pietro
Cossa 42, 00193 Roma.
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