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J7
Anno VI
numero 5
del 30 gennaio 1998
L. 2000
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Filiale di Torino ;
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RICONCILIAZIONI
AMBIGUE
«Non conformatevi alle passioni del
tempo passato, quando eravate nell’ ignoranza»
I Pietro 1,14
CHI ha letto le due meditazioni precedenti ha forse pensato che abbiamo lezioni da dare un po’ a tutti.
Sappiamo spiegare alla Chiesa cattolica come si deve usare la memoria, e ai
protestanti fondamentalisti come si
deve leggere la Bibbia. Evidentemente
questa settimana ci si potrebbe aspettare un’altra lezione, per esempio su
come può avvenire la riconciliazione
tra i sessi. Finché la Chiesa cattolica e
altre chiese protestanti rifiutano alle
donne l’accesso a qualche ministero,
non ci può essere né riconciliazione tra
i sessi né comunione tra le chiese. Questo discorso è importante e va fatto.
Ma perché si proceda sulla via della riconciliazione è necessario anche stare
in guardia nei confronti di riconciliazioni ambigue o, diciamo pure, peccaminose. La riconciliazione non è sempre dono di Dio e fonte di vita nuova,
ma può essere tentazione del diavolo e
espressione di vita vecchia.
/L nostro testo è uno dei due del
Nuovo Testamento (insieme a Rom.
12,2) che invitano, con lo stesso verbo,
a non essere conformisti. Qui si parla
della passioni del tempo passato. In
Rom. 12, di «questo tempo»: un passato e un presente, dunque, non nuovi. Il
passato e il presente sono espressioni
di vita vecchia, di ignoranza legata alle passioni, di mancanza di santità.
Con questo passato e con questo presente può esserci accordo, consenso,
conformismo. Non c’è neanche bisogno di riconciliazione. Oppure, se riconciliazione c’è, non è niente di nuovo. Può certamente esserci una riconciliazione anche lì, se prima c’è stato
conflitto. Ma si tratta di una riconciliazione che non costruisce niente, che
consolida quello che c’è o che c’è stato.
Riduce Dio stesso e il Cristo a garante
dell’ordine costituito, del soddisfacimento delle passioni da parte di chi
può permetterselo e del mantenimento
nell’ignoranza dei poveri e dei deboli.
DI riconciliazioni ambigue ce ne
sono a iosa nella nostra vita personale e nella nostra vita di chiese. Alcuni lamentano la caduta del rigore
nel comportamento personale. Altri
quella della coerenza ecclesiastica. Tra
i valdesi e metodisti c’è chi è diventato
ecumenico per potere restare valdese o
metodista, perché la loro chiesa va
adeguandosi a un tipo di rapporti con
lo stato fino a ieri condannati quando
erano adottati solo dalla Chiesa cattolica. Certamente bisognerà fermarsi
nell’allargamento di queste convergenze anche se possono fruttare qualche lira alle nostre casse dissanguate
(8%o, detassazione delle offerte, finanziamento alle scuole non statali).
Dante le chiamava un «puttaneggiare» coi potenti della politica (rifacendosi a Apoc. 17). Nel tempo della protesta valdese, anche la protesta cattolica non aveva peli sulla lingua. Forse
Graz è stato un momento profetico, come molte assemblee ecumeniche precedenti, per tanti aspetti. Ma è mancato
un po' Telemento della protesta. La riconciliazione va perseguita non solo
quando stempera le nostre divisioni,
ma soprattutto quando mette in chiaro
compromessi inconfessabili della nostra vita, anche se, in quel caso, genera
ulteriori conflitti temporanei. Infatti la
vita nuova non è mai un prodotto indolore, ma nasce dalla morte di un uomo su una croce. «Se mentre eravamo
nemici siamo stati riconciliati con Dio
mediante la morte del Figlio suo, tanto
più ora, che siamo riconciliati...» (Romani 5, 10).
Claudio Tron
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
L'«informazione» sulla visita del papa ha «dimenticato» la forte minoranza evangelica
Il futuro del protestantesimo cubano
Presente sulPisola caraibica dal 1870 raccoglie^ su 11 milioni di abitanti, più di 250.000 adulti
suddivisi in 54 denominazioni. Una minoranza vivace e attiva in campo sociale e ecumenico
MARCO DAVITE
T protestanti - dice Jacopo Gui\\ I ribitec, presbiteriano, direttore della rivista «Eraldo Cristiano» sono sbarcati a Cuba nel 1871 grazie all’azione missionaria delle
chiese americane. Al trionfo della
rivoluzione, nel 1959, le chiese erano ben organizzate e disponevano
di scuole, seminari e varie attività
sociali. Nel corso degli Anni 60 però
tutto passò sotto il controllo statale
e iniziò per le chiese un periodo difficile. Le attività si potevano svolgere solo aH’interno delle mura del
tempio; non fu più possibile alcun
tipo di presenza sul territorio. Di
fatto, in quegli anni, le chiese si limitavano a fare il culto, la scuola
domenicale, a visitare i malati in
ospedale». In quegli anni le chiese
cristiane sono state fortemente discriminate, «anche se a Cuba - precisa Raul Suarez, un pastore battista che è appena stato rieletto per la
seconda volta nel Parlamento cubano - una vera e propria persecuzione religiosa, come negli altri paesi
comunisti, non c’è mai stata», e per
questo è stata possibile una progressiva apertura, al punto che oggi
ci sono addirittura due pastori
evangelici eletti in Parlamento.
La trasformazione è avvenuta nel
decennio scorso ed è culminata
aH’inizio degli Anni 90 con l’incontro tra Fidel Castro e i leader delle
chiese protestanti cubane. Nel
1991, il Partito comunista ha eliminato la confessione di fede atea per
i suoi militanti, e in seguito il Parlamento ha modificato la costituzione. Ora a Cuba lo stato è laico e i
cristiani possono partecipare pienamente alla vita pubblica del paese. «Con gli Anni 90 - continua Guiribitec - inizia un dialogo tra governo e chiese, grazie al quale entrambi i partner abbandonano progressivamente le posizioni di reciproca
diffidenza che avevano caratterizzato i decenni precedenti». Una situazione in rapida evoluzione,
quindi, anche se le difficoltà non
sonò state ancora tutte risolte. «Se
dicessi che non ci sono problemi
non sarei sincero - confessa Suarez
-. I cambiamenti devono essere assimilati dalla gente, la mentalità
non si cambia con un decreto».
È un fatto, comunque, che oggi
Cuba sta attraversando una fase di
grande rinascita spirituale. A crescere di più, come anche nel resto
dell’America Latina, sono le chiese
pentecostali. «Solo nelle Assemblee
di Dio - dice il pastore Rodriguez,
presidente del Distretto occidentale
- abbiamo circa 40.000 fedeli, 470
luoghi di culto più un centinaio di
case private in cui si tengono i culti.
E moltissime sono anche le chiese
pentecostali indipendenti». Fra i
protestanti i più numerosi, anche
se non ci sono informazioni certe.
sono comunque i battisti, divisi in 4
convenzioni, con un totale di 500
comunità locali, 100.000 membri
battezzati, due seminari, una Casa
di riposo e numerosi Centri sociali.
A L’Avana, il Centro Martin Luther
King sta realizzando, insieme ad un
agenzia tedesca, un programma di
ricostruzione di case in collaborazione con il governo cubano.
Anche la Chiesa metodista e
quella presbiteriana, la prima denominazione protestante a giungere sull’isola, stanno attraversando un periodo di espansione. Ne è
un esempio la Prima chiesa presbiteriana di L’Avana, che sorge in
un quartiere popolare della città.
«Questa comunità ha 350 membri
- illustra il pastore Hector Mendez, che è anche membro del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese - ma ogni settimana, con il nostro lavoro, raggiungiamo più di 1.000 persone».
La chiesa è appena stata ristrutturata, ma già lo spazio è insufficiente, e servirebbero nuovi locali
per le molte attività quotidiane;
una bibhoteca pubblica, un centro
di orientamento familiare, un servizio per gli anziani del quartiere,
un «Telefono amico» che in tre anni ha avuto 2.215 chiamate di persone che hanno bisogno di un aiuto materiale o di un sostegno psicologico.
Delle 54 denominazioni evangeliche presenti sull’isola (che insieme raccolgono almeno 250.000
adulti), 25 fanno parte del Consiglio delle chiese cubane, un organismo sorto nel lontano 1941. «Le
chiese protestanti a Cuba hanno
una lunga tradizione ecumenica spiega Oden Marechal, presidente
del Consiglio nazionale - al punto
che già nel secolo scorso si praticavano scambi di pastori tra le diverse denominazioni». Oggi, dal momento che le chiese possono di
nuovo essere presenti in campo
sociale, il Consiglio porta avanti
numerosi progetti, in collaborazione con il governo. «Abbiamo molti
progetti in campo ecologico - spiega José Garcia, il responsabile di
questo settore - tra i quali la costruzione di una centrale per la
produzione di energia a partire dal
biogas prodotto con i residui della
lavorazione della canna da zucchero, oppure il ricupero dei gas residui dei pozzi di petrolio, che vengono compressi e utilizzati dagli
scuolabus e dalle autocisterne che
riforniscono l’acqua potabile. Ci
sono poi dei progetti che riguardano l’agricoltura e che hanno già reso possibile la creazione di 55 piccole aziende di tipo cooperativistico, nelle quali si coltivano frutta e
ortaggi con tecniche biologiche».
Insomma, per le chiese protestanti
cubane si apre un periodo nuovo,
ricco di sfide e di promesse.
Da oltre trenfanni il blocco economico Usa soffoca Cuba
Le chiese protestanti contro l'embargo
Da molti anni le chiese protestanti cubane si
oppongono all’embargo
voluto dagli Stati Uniti.
La prima chiesa cubana
a prendere posizione è
stata la Chiesa presbiteriana, nel lontano 1966.
Negli anni successivi,
quasi tutte le chiese protestanti si sono espresse
contro questa misura
punitiva.
Nel 1968 il Consiglio
ecumenico delle chiese
(Cec), nel corso della
sua assemblea generale
a Uppsala, in Svezia,
condannò l’embargo
americano; l’anno seguente anche il Comitato centrale del Cec rinnovò la condanna. In
America Latina, sia il
Consiglio latinoamerica
no delle chiese (Clai)
che la Conferenza delle
chiese dei Caraibi, due
organismi ecumenici
che raccolgono la maggior parte delle chiese
protestanti del continente, hanno in più occasioni sollecitato il governo degli Stati Uniti
affinché ponesse fine a
questa iniqua ritorsione.
Nel mese di settembre
del 1996 il Comitato
centrale del Cec ha condannato la cosiddetta
«Legge Burton», recentemente approvata dal
Congresso statunitense,
che inasprisce le sanzioni contro Cuba. Contro
questa legge si è recentemente espresso anche
il Consiglio nazionale
delle chiese cubane, un
organismo ecumenico
che raggruppa 25 denominazioni protestanti
dell’isola. Nella loro lotta contro l’embargo, le
chiese cubane hanno
avuto un alleato importante: il Consiglio nazionale delle chiese degli
Stati Uniti. Questa organizzazione ecumenica
ha infatti ripetutamente
chiesto al governo statunitense di porre fine alle
sanzioni contro Cuba.
«Da molti anni stiamo
lottando con tutte le nostre forze contro l’embargo americano - ha
detto Hector Mendez,
pastore della Prima
chiesa presbiteriana di
L’Avana e membro del
Comitato centrale del
Cec -. Lo riteniamo una
misura ingiusta, disumana e criminale. Ci
siamo sempre opposti, e
continuiamo ad opporci, all’uso delle sanzioni
economiche come strumento di pressione politica internazionale perché si ritorcono contro
tutta la popolazione,
creando danni enormi.
Anche le chiese cubane
soffrono, come tutti a
Cuba, dei danni arrecati
da questa politica. Il governo degli Stati Uniti
deve rendersi conto che
l’embargo è una misura
del tutto ingiustificata e
priva senso. Crediamo
che l’embargo sia anticristiano e per questo
non cesseremo di lottare
fino a quando non verrà
rimosso». (nev)
ASSASSINATO A MILANO IL PASTORE
DELLA CHIESA ANGLICANA
Gregory Stephen Beheydt, 51 anni, originario degli Stati Uniti, è stato trovato
ucciso il 21 gennaio neila casa pastoraie
annessa aila chiesa in via Solferino, nel
centro di Milano. Era arrivato nel capoluogo lombardo nello scorso settembre
come responsabile della Chiesa anglicana
di Milano e della relativa diocesi che si
estende fino a Varese e Genova. Ordinato sacerdote cattolico nel 1974, era passato alla Chiesa anglicana nel 1984 assumendo per dieci anni un incarico pastorale nel Rhode Island, isola ricca e anticonformista presso New York. Si era poi
trasferito a Tangeri, in Marocco, presso la
locale comunità anglicana, dove aveva
svolto fino al settembre scorso un ministero pastorale molto stimato. A Milano
aveva già preso i primi contatti con le altre chiese evangeliche e con quella cattolica, secondo la tradizionale linea ecumenica della Chiesa anglicana. Il pastore
Beheydt era un «single» e ospitava dal
novembre scorso due croati di cui non si
sa più nulla dal giorno dell'omicidio. Le
indagini sono in corso.
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A:
Della
VENERDÌ 30 GENNAIO 19^ VENE
«Io prendo oggi
a testimoni contro
di voi il cielo e la
terra, che io ti ho
posto davanti la
vita e la morte,
la benedizione
e la maledizione;
scegli dunque
la vita, affinché
tu viva, tu e la tua
discendenza,
amando il
Signore, il tuo Dio,
ubbidendo alla
sua voce e
tenendoti stretto
a lui, poiché egli
è la tua vita e colui
che prolunga i tuoi
giorni. Così tu
potrai abitare sul
suolo che il
Signore giurò di
dare ai tuoi padri
Abramo, Isacco
e Giacobbe»
{Deut. 30, 19-20)
«“Dunque temete
il Signore e
servitelo con
integrità e fedeltà;
togliete via gli dei
ai quali i vostri
padri servirono di
là dal fiume e in
Egitto, e servite il
Signore. E se vi
sembra sbagliato
servire il Signore,
scegliete oggi chi
volete servire:
o gli dei che i vostri
padri servirono di
là dal fiume o gli
dei degli Amorei,
nel paese dei quali
abitate; quanto
a me e alla casa
mia, serviremo
il Signore”. Allora
il popolo rispose
e disse: “Lungi da
noi l’abbandonare
il Signore per
servire altri dei!
(...) Anche noi
serviremo il
Signore, perché lui
è il nostro Dio”.
E Giosuè disse al
popolo: “Voi non
potete servire il
Signore, perché
egli è un Dio
santo, è un Dio
geloso; egli non
perdonerà le
vostre ribellioni
e i vostri peccati”»
(Giosuè 24, 14-19)
DA CHE PARTE STIAMO?
Scegliere fa parte del patto che Dio ha stabilito con il popolo dei credenti
ma spesso le nostre scelte non esprimono una caratterizzazione evangelica
GIUSEPPE PLATONE
HO chiesto a un’amica ebrea,
1 ■ ■
molto impegnata nella comunità israelitica torinese, di indicarmi la parola biblica che più
di ogni altra spiegasse la libertà.
E mi ha indicato questo famoso
passaggio del Deuteronomio;
scegli la vita. In schiavitù Israele
non poteva scegliere nulla; tutto
era deciso da altri. Poi la liberazione e quindi la libertà. E la prima conseguenza che emerge
nella nuova dimensione è la capacità di scelta. Non c’è più
qualcun altro che sceglie e decide per te ma sei tu, finalmente
libero, che puoi decidere quale
strada imboccare. In questi capitoli, pensati e scritti nell’esilio
babilonese, il pensiero è al ritorno. Se il passato è stato carico di
amarezze il futuro potrà essere
diverso solo se si osserveranno
alcune condizioni. E tutte le
condizioni si riassumono in quel
«aut-aut» centrale della legge
mosaica che peraltro rimbalza
anche in Giosuè (24, 22) e che ti
invita a fare una scelta chiara.
Questo modo di ragionare era tipico del Medio Oriente; anche in
quel poco che ci resta dell’antica
letteratura babilonese, emerge il
tema delle due vie. Ogni giorno
siamo posti di fronte a un bivio e
qui si tratta di scegliere la giusta
strada. Lo dicono i Salmi, i Proverbi, Geremia via via sino al famoso detto di Gesù; «Entrate per
la porta stretta, poiché larga è la
porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti so
no quelli che entrano per essa.
Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e
pochi sono quelli che la trovano»
(Mt. 7, 13-14).
La capacità di scegliere
SCEGLIERE fa parte del patto
A ■ ' ...
Preghiamo
Signore,/ ti esprimo il mio lamento;
sono prigioniero/ e cerco la mia libertà.
Sono schiavo di millè catene,
e difendo una libertà limitata.
Voglio vivere,/ per questo sono prigioniero
dei miei desideri./ Per questo mi difendo.
Fuggo dagli eventi spaventosi.
Hai rinunciato al tuo volere.
Aiutami a consegnarmi con te
a chi mi legherà le mani.
Non è un destino senza nome,
né una potenza della terra.
Solo tu leghi le mie mani.
Confido in te,/ non perché mi incateni,
ma perché afferrandomi/ mi rendi libero.
Tu dici; «non temere»./ Tu conosci la paura.
Quando tu lo dici, ho fiducia in te.
Tu dici; «seguimi»./ Tu conosci la via che percorri.
Confido in te, quando mi chiami.
Jörg Zink
che Dio ha stabilito con il popolo dei credenti. C’è in queste
pagine del Deuteronomio lo sviluppo di una pedagogia che cerca di sostenere e orientare Israele nel declino dell’epoca dei re.
Non si potrà evitare la crisi politica, frutto appunto di scelte precedenti errate, ma si potrà continuare a guardare, se non si perderà il contatto con Dio, a un futuro migliore. Ma il passaggio da
una situazione insostenibile a
una sostenibile è comunque segnato da una perdita di sicurezza, di certezze. Una volta che sei
liberato dalle catene non sai più
bene a che cosa aggrapparti. La
schiavitù è pur sempre un regime di sicurezza, fai quello che ti
dicono e sopravvivi. Uscito dalla
dimensione dell’essere dominato dagli altri sei ora in campo
aperto, al tuo fianco ci può essere solo Dio. Non c’è più nessuno
che pensa per te ma tu devi pensare e scegliere, per così dire, in
proprio. Il filosofo ebreo Guttman sostiene che «alla base
dell’idea ebraica è posto l’assioma che all’intelletto umano è
dato comprendere la volontà
morale di Dio; ciò che è male e
ciò che è bene, l’uomo lo capisce
da sé, con la sua intelligenza e,
comprendendo la legge morale,
capisce anche la volontà di Dio».
piuttosto a una nuova dipendenza da Dio. La fede insomma è
proprio questo tenersi aggrappati al Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e Gesù Cristo perché in
questo rapporto di amicizia che
si rinnova si scopre il senso vero
di questa nostra esistenza che
nasce da un atto d’amore di Dio.
Come si vede qui la libertà non è
un concetto filosofico ma una relazione vivente. Qual è lo scopo
di questa relazione? Che tu viva,
come dice il testo, amando il Signore. Morirai anche tu che credi
nel Creatore e non ci saranno
sconti neppure in tema di sofferenze o lunghezza del tuo orologio biologico ma se hai scelto la
vita di Dio, la vita oltre la vita, il
tuo itinerario continua perché
non è certo la morte che può interrompere l’amicizia con Dio.
dono sulle persone che mi stanno intorno («affinché viva tu e la
tua discendenza»). Per scegliere
bene occorre esercitare a fondo
la propria capacità critica e autocritica seguendo il criterio «di
amare Dio, ubbidire alla sua voce e tenersi stretto a lui».
Riflettere sul nostro agire
^ CEGLIERE implica riflettere
Non è facile scegliere
CERTO noi leggiamo queste
I ■ ■
Il servo arbitrio
(tratto da Come pregare, Claudiana, 1988, p. 139)
M A è veramente così che tu
. sei libero di scegliere? La
Riforma protestante ha discusso
a fondo questo problema. In
particolare la disputa tra Erasmo e Lutero sul libero e servo
arbitrio metteva a fuoco proprio
questo problema. Lutero sosteneva che l’uomo non può salvarsi con le proprie mani. Neppure con le sue scelte migliori e
più sagge. Di fronte a Dio il credente non verifica la propria libertà ma sperimenta la liberazione che Dio opera nella sua vita e che lo condurrà a compiere
determinate scelte. Scrive a questo proposito; «...il libero arbitrio, privo della grazia di Dio,
non è affatto libero, ma costantemente prigioniero e schiavo
del male, dal momento che non
può volgersi da solo al bene».
Non si tratta di approdare a
una totale indipendenza ma
pagine m una prospettiva
cristiana. «Egli è la tua vita» ci ricorda Paolo; «Non sono più io
che vivo, ma Cristo vive in me»
(Calati 2, 20). Ma se in Deuteronomio salvezza e ubbidienza alla legge sono identici, in Paolo è
la fede che suscita l’ubbidienza
e la fede non è frutto di un’osservanza ma è dono della grazia
di Dio. Ci sono certo visioni diverse ma entrambe nascono
dalla stessa necessità; per capire
fino in fondo 1’esistenza occorre
amare Dio che ci ha amato per
primo. Il rapporto con Dio ti
aiuta a compiere le scelte giuste.
Ma scegliere tra la vita e la morte non è così semplice come dirlo, anche perché i confini non
sono sempre così netti.
Non è facile scegliere anche
perché nella nostra società da
più parti la vita viene presentata
come perenne stagione di bellezza, di prestanza, di forza,
eternamente felice, sorridente,
vincente. Si vive di illusioni, di
speranze irrealizzabili, di «gratta
e vinci» e trucchetti che evitano
il grande dilemma. Sicché è meglio non scegliere. Meglio lasciare intrecciati, senza volerli distinguere, la vita dalla morte. E
infatti si muore spesso illusi di
poter ancora tornare a una vita
vera che in realtà non è mai stata vissuta anche se è stata inseguita, sognata. Eppure era lì. a
portata di mano.
Il sano realismo della Bibbia ci
avverte di usare bene la nostra
libertà e quindi la nostra vita.
Occorre riflettere sul fatto che
ogni scelta presenta delle conseguenze che quasi sempre inci
sul nostro agire. Spesso noi
riflettiamo molto su quello che
fanno gli altri ma non riflettiamo abbastanza su come abbiamo organizzato la nostra vita
personale. Che strada imbocchiamo quando investiamo il
nostro tempo, i nostri affetti, il
nostro denaro? Noi parliamo
molto tra di noi e poco o niente
con Dio. Siamo liberi di scegliere ma spesso le nostre scelte
non esprimono una caratterizzazione evangelica. Sono scelte
banali, nessuno capisce che siamo in qualche modo «diversi».
Queste constatazioni non devor
no però condurci alla rassegnazione perché Dio non ci lascia
soli nella nostra ricerca. La liberazione che Dio opera in noi
non conduce a diventare cortigiani del faraone di turno ma
piuttosto amici di Cristo. Un
giorno, quando riguarderemo
quel difficile cammino della nostra vita di credenti costruito in
mezzo a tante difficoltà ed errori, tra crolli e rinascite, vedremo
emergere l’opera di Dio nella
nostra vita.
Bisogna soprattutto guardare
avanti perché le questioni quotidiane di vita e di morte riguardano il futuro di tutti. Particolarmente oggi, nel bombardamento di illusioni che subiamo,
è urgente fare chiarezza. Non bisogna stancarsi net chiarire
sempre e di nuovo i termini delle scelte importanti della vita
andando al nocciolo vero delle
questioni. In que.sto sforzo di lucidità vedremo che la Parola che
ci interpella «non è troppo difficile per te, né troppo lontana da
te» (v. 11). Essa non ci abbandona, anzi ci orienta e ci redime.
Solo così la libertà diventa esperienza concreta, adulta. Gammini sapendo che Dio è al tuo fianco, non occorrono altri angeli
custodi. Liberiamoci di tanti pesi inutili che complicano resistenza e confondono la nostra
capacità di scelta. La fede è più
che sufficiente per nutrire la nostra vita e la nostra libertà.
Note
omiletiche
Secondo il von Rad l'j
tore del nostro testo vii
nel periodo dell'esilio
sottolinea molto il te«
del ritorno come convi
sione a Dio.. Siamo di fro
te all'ultimo discorso mj
so in bocca a Mosè. Al
scelta di Dio deve con
spendere la scelta del p
polo nel quadro dell'«
leanza (berit) di Moa|
Per sottolineare l'auteni
cità del patto e la sola
nità dell'ora della decisi
ne sono chiamati a tesi
moni «il cielo e la terra
ovvero l'intero creatoi
spressione che ritrovian
anche in Isaia (1, 2). In tu
to il capitolo 30 sentiant
gli echi della predicazio«
di Ezechiele e di Geretti
anche se non appare lai
mansione del «resto»:
Israele. Il pentimento, ih
torno a Dio riguarda tuli
il popolo chiamato a coi
vertirsi, quindi a scegliei
responsabilmente. Amai
do Dio, ascoltando la sii
voce e stando aderent
(dabaq) a lui poiché ej
rappresenta la lunghezi
dei tuoi giorni.
Tutto il tema del Deuti
ronomio si riassume ni
l'amare Dio con tutto
cuore e con tutta l'animi
Finalmente si è arrivati)
dunque: «Israele ha il su
destino nelle proprie n»
ni; era libero di andare de
ve voleva» (Lattes). Mas
voleva vivere doveva farli
amando Dio. L'alternati»
che viene posta (v. 19) nei
si risolve con una semplit
risposta orale, essa coii
volge l'intero comporti
mento. Come occorra con
portarsi è ben descritti
prima (v. 16) così coiti
vengono pure enumerai
(v. 18 e 19) le consegue™
negative di un errato coi
portamento. Probabilm»
te gran parte delle affi
mazioni contenute neh
stro capitolo venivanoi
lizzate nella liturgia li
culto del rinnovament
del patto. La contrappoi
zione tra la vita e la moit
è elemento caratteristi!
di molte letterature (coi
presa quella semitica).!
maledizioni e le benedi
zioni sono descritte ni
cap. 28 e l'espressioi»
«Egli è la tua vita» (v. 21
rinvia alla trattazione di
cap. 4, 1-40.
Con il nostro testo si»
mo di fronte all'ultiiw
pressante appello deutf
ronomista. Israele depoi
tato, profugo riflette si
disastro della propria p»
litica e concepisce la pr»
pria restaurazione soli
con l'aiuto di Dio. Ma <f
corre una decisione perso
naie, il rinnovamento éi
popolo può certamenti
condurre a una nuova!!
tuazione sociale e polititi
ma non la si potrà reali?
zare estromettendo Dio
La compresenza degli idof
e di Dio è impossibile, di
sogna scegliere da chi
parte stare. Il criterio i
scelta (già espresso in 11
22-23) è direttamente collegato alle sue conseguen
ze dirette che ricadranni
anche sulle generazioni
future (v. 19). La scelti
prima di diventare collettiva, è personale.
Per
approfondire
«E
mettei
Maesi
erediti
gli dii
scritù
spose:
con ti
l’anirr
te tua,
te stei
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È la p
to, m
parata
no. È
marn
scend
Geric'
che 1(
rono,
ferite
(Prima di una serie di tre
meditazioni sulla libertà)
- G, von Rad: DeuterO’
nomio, Paideia, Bresciii
1979.
- R. E. Clements: Un pf'
polo scelto da Dio, Claudiana, Torino, 1976.
- P. Buis-J. Leclerq: U
Deutéronome, Paris, 1963
- P. C. Craigie: The NC'H
Int. Commentary on tW
O.T., The Book of
Grand Rapids, Michigan
(Usa),. 1976.
- Dante Lattes: Nuovo
commento alla Torah, eoUnione comunità israelitiche italiane, Roma, 1956
- G. Miegge: Passi sceK
dal Dt, dispensa della Facoltà valdese di teologi^'
Roma, 1960/61,
E
«Me
Ten
E)
ste
nor
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Le risposte di Gesù a chi gli chiede come ottenere la vita eterna
Diamo vita ai nostro tempo
/ racconti del Vangelo di Luca ci obbligano a confrontarci con le coordinate
della nostra epoca, fatta di scadenze e disattenzione per le promesse di Dio
La cultura indigena delle Samoa
Il «Papalagi», uomo bianco
che vive senza tempo
MASSIMO APRILE
ANNA MAFFEI
ecco un dottore della legge si alzò per
metterlo alla prova e gli disse:
Maestro, che devo fare per
ereditare la vita eterna? Gesù
gli disse: Nella legge cosa è
scritto? Come leggi? Egli rispose: Ama il Signore tuo Dio
con tutto il cuore, con tutta
l’anima tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come
te stesso. Gesù gli disse: Hai
risposto rettamente: fa’ questo e vivrai» (Luca 10, 25-28).
La domanda del dottore
della legge era su una possibile eternità, Gesù rimanda il
suo interlocutore alla concretezza di un tempo terreno
d’amore. L’episodio prosegue
con l’imbarazzata domanda
del teologo su quanto concreto ed esteso dovesse essere
quell’amore: «Chi è il mio
prossimo?». A questo punto
l’evangelista dà due illustrazioni del comandamento riaffermato da Gesù: una parabola laica e un episodio di vita
vissuta. Entrambe ci rimandano a una riflessione sulla
qualità del nostro tempo.
La prima è una storia semplice ed estremamente conosciuta, ambientata in Israele
ma universale nella sostanza.
È la parabola dell’uomo ferito, meglio conosciuta come
parabola del buon samaritano. È quasi superfluo richiamarne la trama. Un uomo
scendeva da Gerusalemme a
Gerico e si imbattè in briganti
che lo aggredirono e derubarono, lasciandolo gravemente
ferito. Successivamente pas
Khalil Gibran
Il presente
fra ricordo
e attesa
E un astronomo disse:
«Maestro, cosa ci dici del
Tempo?».
Ed egli rispose: «Vorreste misurare il tempo che
non ha misura ed è incommensurabile. Vorreste
regolare la vostra condotta e dirigere perfino il corso dello spirito secondo le
ore e le stagioni. Del tempo vorreste fare un ruscello sulle cui rive volete stare seduti e guardare l’acqua che scorre.
Ma ciò che è senza tempo in voi sa che la vita è
assenza di tempo, e sa che
l’ieri non è che il ricordo
di oggi e il domani non è
che il sogno di oggi. E ciò
che canta e si contempla
in voi è ancora e sempre il
persistere di quel primo
istante che nello spazio
disseminò le stelle.
Chi tra voi non sente
che la sua forza d’amore è
illimitata? E chi non sente
che questo amore, sebbene illimitato, è chiuso nel
centro del suo essere, e
non passa da pensiero a
pensiero né da atto ad atto d’amore? E non è forse
il tempo come l’amore indivisibile e senza moto?
Ma se voi pensate di
tnisurare il tempo con le
stagioni, fate allora che
ciascuna stagione racchiuda tutte le altre, E il
presente abbracci il passato con il ricordo e il futuro con l’attesa».
(da: Kahlil Gibran, Il profeta,Edizioni San Paolo,
1993, pp. 127-129).
sarono prima un sacerdote,
poi un altro addetto al culto
del tempio, ma proseguirono
senza fermarsi.
Passò poi un samaritano
che diede al malcapitato immediato soccorso, lo condusse al sicuro e continuò a
prendersi cura di lui anche in
seguito a sue spese. Nella parabola dell’uomo ferito si intrecciano senza incontrarsi
due visioni del tempo, anzi
tre, due delle quali sono poi
alla base di scelte diverse. Al
centro della storia c’è un tempo spezzato o in grave pericolo di essere spezzato. È il tempo dell’uomo aggredito,
delTuomo vittima della violenza. Il suo è un tempo senza coscienza, un tempo di attesa, un tempo incerto.
Accanto a quell’uomo passano oltre due figure, il cui
tempo è scandito da scadenze
precise, due persone il cui
tempo è sacro. Il loro tempo è
tanto sacro che il loro passaggio per la strada rappresenta
un tempo morto, un tempo
frettoloso, un tempo perso.
Forse proprio per quello
quando vedono l’uomo ferito
sul ciglio della strada vedono
non un uomo da aiutare ma
un uomo mezzo morto. Passava di là un samaritano, sinonimo come si sa di diverso, di
straniero, di pagano, il quale
fra le sue diversità aveva forse
anche una diversa esperienza
del tempo. Era uno che aveva
tempo da perdere e questa
sua evidente diversità gli consentì di vedere nell’uomo ferito un uomo mezzo vivo che
aveva bisogno di lui.
Questa particolare chiave
di lettura della parabola laica
di Gesù, secondo la quale, in
controtendenza, non sempre
«religioso è bello», ci porta
molto vicino alla nostra realtà del tempo che è sempre
danaro e che risulta sempre
più parcellizzato. Il nostro è
un tempo della produzione e
dei consumi, il tempo preziosissimo e misterioso dell’apertura e della chiusura
giornaliera delle borse mon
diali, il tempo delle comunicazioni in tempo reale, il
tempo dei ritmi ossessivi della città, il tempo dello stress e
della cura dallo stress, il tempo in cui vanno eliminati i
tempi morti e in cui non c’è
mai tempo da perdere. Anche
noi, senza saperlo siamo sacerdoti del tempo sempre più
sacro in cui non ce n’è mai
abbastanza per accorgersi
dell’altro, del suo tempo
spezzato, del suo tempo incerto, del suo tempo d’attesa.
Insomma se vogliamo essere eredi d’eternità, pare
dirci Gesù, dobbiamo ritornare a riappropriarci del nostro tempo per poter farne
dono a chi di quel tempo ha
bisogno. L’altro, apparentemente insignificante episodio di vita vissuta riportato
in questo contesto dall’evangelista Luca, ci parla di una
donna che, contrastando ogni regola, osa fermarsi dal
turbinio del suo dovere quotidiano di donna e mettersi in
ascolto di una parola altra
che, lei sente, può donare
senso al suo vivere. È il tempo
del silenzio, il tempo sospeso
dell’ascolto della Parola.
C’è un tempo per donare e
un tempo per ascoltare, dunque, eppure noi spesso non
abbiamo più né l’uno né l’altro. Forse per questo il nostro
amore è così piccino, l’incontro con il nostro prossimo così superficiale e non riusciamo più ad accogliere con
semplicità e gratitudine quella promessa di eternità che è
misteriosamente connessa
anche a una nuova qualità
del nostro tempo.
Tuiavii, un saggio capo indigeno delle isole Samoa,
compì un viaggio in Europa
agli inizi del secolo, venendo a
contatto con gli usi e costumi
del «Papalagi», l'uomo bianco.
Ne trasse delle impressioni folgoranti che gli servirono per
mettere in guardia il suo popolo dal fascino perverso
deirOccidente.
Il Papalagi ama il metallo
rotondo e la carta pesante,
ama mettersi nella pancia
molto liquido tratto da frutti
e molta carne di maiale e bue
e di altri terribili animali, ma
sopra ogni cosa ama ciò che
non si può afferrare e che
pure è sempre presente: il
tempo. E di questo fa gran
scalpore e sciocche chiacchiere. Sebbene non ce ne
sia-mai più di quanto ne può
stare fra il levarsi e il cadere
del sole, lui non ne ha mai
abbastanza. (...) «Il tempo
mi sfugge!», «Il tempo corre
come un puledro impazzito!»
«Dammi un po’ di tempo!».
Questi sono i lamenti più
abituali che si sentono
dalTuomo bianco.
Io dico che deve essere una
strana sorta di malattia; perché anche supponendo che
l’uomo bianco abbia voglia
di fare una cosa, che il suo
cuore lo desideri veramente,
per esempio che voglia andare al sole o sul fiume con una
canoa o voglia amare la sua
fanciulla, così si rovina ogni
gioia, tormentandosi con il
pensiero: «Non ho tempo di
essere contento». Il tempo è
lì ma, con tutta la buona volontà, lui non lo vede. Nomina mille cose che gli portano
via il tempo, se ne sta immusonito e lamentoso al suo lavoro che non ha alcuna vo
li testo biblico riesce a relativizzare una concezione che per noi è assoluta
La dimensione del tempo tra fisica e mistica
PAWEL GAJEWSKI
PERCHÉ mille anni, agli
occhi tuoi, sono come il
giorno di ieri quand’è passato
(Salmo 90:4) è una di quelle
frasi bibliche divenute ormai
proverbiali e conosciute anche da chi di dimestichezza
con le Scritture ne ha poca. È
un’affermazione difficile perché rende relativa, almeno
sul piano concettuale, la dimensione del tempo che a
noi appare invece come assoluta. Essa si lascia misurare,
quantificare senza però da
questo risultarne alterata in
alcun modo. Il tempo nella
nostra ottica è sempre una
sorta di contenitore, un tempo per... un tempo per nascere e un tempo per morire; (...)
un tempo per piangere e un
tempo per ridere (...) un tempo per amare e un tempo per
odiare (Eccles. 3, 1-8). L’elenco delTEcclesiaste è lungo.
Al di là di queste osservazioni piuttosto generiche, il
problema in questione ci costringe a riflettere su un interrogativo che non è tanto
astratto: che cos’è realmente
il tempo? Le risposte certamente non mancano, anzi,
tra i vari settori della scienza
moderna c’è quasi un conflitto circa la competenza in proposito. Tra le proposte più
note e interessanti, un posto
speciale va riservato al libro
di Stephen Hawking A Brief
History of Time (Breve storia
del tempo). Dieci anni fa, nel
1988, la prima edizione di
questa opera ha suscitato
molta curiosità negli ambienti che di solito non mostrano
particolari interessi per le cosiddette questioni «altamente» scientifiche. Il libro è diventato subito un vero best
seller e anche la sua traduzione in italiano, intitolata Dal
Big Bang ai buchi neri (Rizzoli
1988, 1996), ha avuto undici
edizioni. Si tratta di un fenomeno molto particolare: uno
scienziato di spicco quale
Hawking, titolare della cattedra di matematica a Cambridge (la stessa che fu di
Newton), è riuscito a parlare
del «supremo mistero dell’universo» e quindi anche dell’esistenza umana, senza rendere questo discorso ermetico e inaccessibile ai più. Il
merito principale sta però nel
gioco delle parole «storia» e
«tempo». Siamo abituati a
condurre una riflessione storica proprio nella dimensione
temporale. Il tempo è la base
di qualsiasi riflessione storica
che infatti non può prescindere da ciò che si chiama appunto cronologia {chronos =
tempo). Allora come si può
parlare della storia del tempo? Certamente il suo discorso non vuole cadere in contraddizioni interne e infatti
lui si occupa solo dei primi
millesimi di secondo dopo il
Big Bang, cioè dopo l’esplosione primordiale dell’universo. Hawking sostiene, sulla
base delle attuali teorie fisiche, che lo spazio e il tempo
sono legati all’esistenza di
questo universo che pur
avendo un’età limitata non
ha però un inizio databile.
Si può dire che due percorsi diversi, fisica teorica e mistica ovvero un rapporto spirituale profondo con l’Assoiuto, possano giungere a conclusioni molto simili se non
uguali, fatta salva la diversità
dei linguaggi. Non si tratta
ovviamente di piegare la fisica a conferma delle Sacre
Scritture, né tanto meno fare
della Bibbia un manuale per
studiare le scienze naturali.
Ci sono però in proposito nel
patrimonio cristiano alcuni
esempi molto interessanti.
Gesù, in una disputa con i
sadducei circa la successione
matrimoniale, sostiene la tesi
che Dio non sia in alcun modo legato alla nostra cronologia (Marco 12, 18-27). Per lui i
patriarchi non appartengono
al passato, non sono morti:
«Dio non è il Dio dei morti,
ma dei viventi» (v. 37). Questo
può soltanto significare che la
morte non è altro che l’atto di
uscire dalla nostra dimensione del tempo per entrare nel
«tempo di Dio», neH’eternità.
È poi il grande Agostino d’Ippona che afferma nelle prime
pagine del suo Civitas Dei che
il tempo è una proprietà
dell’universo creato da Dio, e
che quindi prima dell’inizio
dell’universo il tempo non
esisteva. La conseguenza più
immediata della tesi di Ago
stino è che Dio non può essere soggetto ai limiti di nessuna delle possibili dimensioni
del tempo. In un modo molto
più poetico esprimeva questo
pensiero anche un'altro «uomo dello spirito» del primo
novecento, K. Gibran.
Per concludere questa appena accennata riflessione,
un pensiero di John Polkinghorne, tratto dal suo libro
Quark, caos e cristianesimo:
«Sembra che molte persone
siano convinte che la fede implichi chiudere gli occhi,
stringere i denti e credere almeno in sei cose impossibili
prima di colazione, perché ce
lo dice la Bibbia, o il papa, o
qualche altra autorità indiscutibile. Niente affatto! Il salto che la fede può richiederci
è verso la luce, non nel buio.
Pervenire ad una fede motivata in ciò di cui si tratta è lo
scopo sia della ricerca religiosa, sia della ricerca scientifica» (Claudiana, 97, pp. 17-18).
glia di fare, che non gli dà
gioia e al quale nessuno lo
costringe se non se stesso.
Ma se poi alTimprovviso si
avvede di avere tempo, che il
tempo è lì, oppure qualcuno
gli dà dell’altro tempo (i Papalagi si danno sempre il
tempo a vicenda, sicuro,
niente è più altamente considerato di questo), allora gli
manca di nuovo la voglia oppure è stanco del suo lavoro
e senza gioia. E regolarmente
vuole fare l’indomani ciò per
cui oggi non ha più tempo.
Ci sono Papalagi che affermano di non avere mai tempo. Corrono intorno come
dei disperati, come dei posseduti dal demonio e ovunque arrivino fanno del male e
combinano guai e creano
spavento perché hanno perduto il loro tempo. Questa
follia è uno stato terribile,
una malattia che nessun uomo della medicina sa guarire,
che contagia molta gente e
porta alla rovina.
(...) Una sola e unica volta
incontrai un uomo che aveva
molto tempo, e che non si lagnava mai di averne perduto:
ma era povero e sudicio e abbandonato. La gente gli girava al largo e nessuno aveva
rispetto di lui. Io non compresi questo modo di fare,
perché il suo passo era tranquillo e senza ansia e i suoi
occhi avevano un quieto sorriso, silenzioso e gentile.
Quando glielo domandai, il
suo volto si piegò in una
smorfia e disse con tristezza:
«Io non ho mai saputo far
uso del mio tempo, perciò
sono un povero diavolo disprezzato da tutti». Quest’uomo aveva tempo, ma neppure lui era felice.
Il Papalagi impiega tutte le
sue energie e consuma tutti i
suoi pensieri per rendere
sempre più pieno il suo tempo. Utilizza l’acqua e il fuoco,
la tempesta, i lampi del cielo,
tutto per trattenere il tempo.
Si mette delle ruote di ferro
sotto i piedi e dà ali alle sue
parole, sempre per avere più
tempo. E perché tutta questa
gran fatica? Ghe cosa ne fa alla fine il Papalagi del suo
tempo? Non sono mai riuscito a capirlo del tutto, sebbene lui faccia sempre tante parole e tanti gesti come se il
Grande Spirito lo avesse invitato a un ricevimento.
(...) O miei cari fratelli! Noi
non ci siamo mai lamentati
del tempo, lo abbiamo sempre amato; quando veniva
non gli siamo mai corsi appresso, non abbiamo mai voluto né costringerlo né disfarlo. Per noi non è mai stato fonte di pena o di fastidio.
Si faccia avanti quello fra noi
che non ha tempo! Ciascuno
di noi ha tempo in quantità;
ma noi però siamo anche
contenti e soddisfatti di lui,
non ce ne occorre più di
quanto ce ne è dato e ne abbiamo sempre quanto basta.
(da: Tuiavii Di Tiavea, Papalagi, Stampa Alternativa, 1992,
pp. 27-31).
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PAG. 4 RIFORMA
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Si è svolto a Rimini il Convegno nazionale delle Comunità di base
Tempo della chiesa e tempo degli uomini
Prendendo lo spunto dalla convocazione del Giubileo per l'anno 2000, oltre 300
persone si sono confrontate sul tempo gestito come forma di potere dalle religioni
PAOLO BONANNO
Le comunità cristiane di
base si sono date appuntamento a Rimini, dal 6 all’S
dicembre, per confrontarsi
(prendendo lo spunto dalla
convocazione da parte della
Chiesa cattolica del Giubileo
per l’anno 2000) sul tempo: il
tempo gestito come forma di
potere dalle religioni, irrispettose (questo lo spunto
fondamentale del tema del
Convegno) dei tempi comuni
degli uomini, tempi privi del
potere sacrale ma attraversati
da eventi per loro determinanti, che non attendono,
per verificarsi, cicli prefissati
o liturgie definite.
Alla riflessione delle oltre
trecento persone che hanno
voluto, ancora una volta, dare
corpo ad un incontro che pur
tra molte difficoltà si ripete
ormai da quasi 30 anni, hanno dato un valido contributo,
ciascuna per il suo profilo di
competenza, le relazioni di
Clara Galiini, docente presso
l’Università di Roma «La Sapienza» e di Giovanni Franzoni, figura storica del movimento delle comunità di base. La prof. Gailini ha svolto
una serie di riflessioni sul tema del tempo e della sua gestione da parte dei detentori
del potere: una riflessione di
ordine generale sulla natura
del tempo; una analisi dell’aforisma «il tempo è denaro», che è stata ampiamente
utilizzata dai lavori di gruppo;
una breve riflessione sul calendario della chiesa come
tempo feudale e infine una riflessione sui diversi ordini di
tempo che oggi ci governano.
Giovanni Franzoni, legando il tema della sua relazione
(Convocati dal grido degli oppressi) a una serie di suggerimenti operativi, ha compiuto
un’ampia escursione sul significato del Giubileo, concepito dalla Chiesa come il primo anno di un millennio che
viene, quindi anno di bilancio
e di bilancia, in cui si creano
le regole per il futuro. Da ciò
l’importanza che le comunità, in questo periodo di
tempo, si adoperino per demistificare quei contenuti,
non per defilarsi (anzi riconoscendo importante il legarsi
all’ordinamento biblico del
sabato) ma cercando di riscattarli rispetto alla sua riduzione a momento di un tempo lineare e monetizzabile.
Su questa linea, Franzoni
ha concluso la relazione con
un suggerimento di percorso
per i lavori del convegno; riflettere sull’esigenza di sostituire alla nozione di centro
quello di rete, che permette di
affermare che l’imperativo al
quale le comunità dovrebbero
rispondere è quello della vicinanza a chi bussa alla nostra
porta; accettando il discorso
della globalità, cioè dell’interdipendenza degli interessi,
ma opponendosi a una globalizzazione dell’economia gestita esclusivamente dai poteri forti della ricchezza.
1 lavori dei gruppi hanno
fatto tesoro delle provocazioni emerse dalle reazioni,
confrontandosi sui temi proposti e facendo emergere
proposte operative sulle quali impegnare le comunità.
Così dalla riflessione sul tempo sabbatico come recupero
di senso è emersa l’esigenza
che le comunità accentuino
la loro vigilanza, per essere
testimoni della possibilità di
vivere con atteggiamento alternativo la relazione con
quanto ci circonda. Se il sabato deve essere una condizione permanente, investe
tutti i momenti della vita e
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Giovanni Franzoni, figura storica dei movimento deile comunità di base
consente di recuperare il
senso, anche come proposta
di vita. L’attenzione continua
a questo tema risulta, quindi,
un’esigenza fondamentale
da curare da parte delle comunità per dare una visibilità concreta al messaggio
che si intende testimoniare.
L’analisi dei problemi legati
al ricatto del debito internazionale ha portato il secondo
gruppo a individuare alcune
iniziative specifiche. In particolare promuovere un’azione
per convincere tutti a restare
a casa a celebrare il Giubileo,
utilizzando altrimenti le risorse così liberate; partecipare a tutte le iniziative volte a
diffondere la cultura della pace, chiedendo tra l’altro la riconversione dell’industria
bellica. Le comunità, inoltre,
dovrebbero impegnarsi a lottare con paesi particolarmente vessati dal debito, senza fare proposte generiche, ma individuando come si possa
concretamente proporre l’azzeramento degli interessi o
addirittura l’azzeramento del
debito, o la trasformazione di
quel debito in un finanziamento per la promozione sociale. Dal confronto sui percorsi di solidarietà esistenti in
una società nella quale viene
accentuato sempre più l’elemento della competizione,
un altro gruppo ha tratto la
convinzione che si debbano
utilizzare alcuni strumenti
specifici; la cultura della sobrietà, innanzitutto come
consumo critico ma anche
come atteggiamento di superamento del carrierismo; una
cultura delle pari opportunità; una cultura delle competenze e della trasmissione
delle conoscenze e dei valori,
e infine una cultura dei piccoli passi con i quali si possono comunque ottenere risultati positivi e la messa in discussione del modo di fare
politica senza anima, ossia
della politica come potere.
L’ultimo dei gruppi di lavoro si è soffermato sul delicato
tema dei diritti degli uomini
e delle donne nell’ambito
della Chiesa cattolica; dal dibattito è emerso il dovere
delle comunità di rivendicare il rispetto teologico per i
diritti dei battezzati e delle
battezzate e soprattutto per
quelli che non hanno voce,
dei quali bisogna assumersi
la responsabilità. E quindi,
concretamente, esigere una
risposta della Chiesa cattolica all’Appello di «Noi siamo
chiesa» e realizzare una sede
permanente di dialogo della
chiesa istituzionale con tutte
le voci presenti nella realtà
ecclesiale italiana, comprese
quelle del dissenso; lottare
contro la violenza legale all’interno della chiesa; fare di
tutto per sottrarre il monopolio della teologia ai chierici,
con un particolare impegno
delle donne; cercare un maggior collegamento delle comunità di base con movimenti che operano per la liberazione; essere protagonisti negli spazi delle istituzioni, sentire come dovere prima ancora che diritto l’esercizio della libertà di coscienza, anche con il rischio di
esporsi m prima persona.
Sarà ora compito delle comunità tradurre in forme
concrete, nella coscienza dei
propri limiti e fuori quindi da
ogni velleitarismo, i forti stimoli del convegno, che hanno trovato una sintesi di notevole interesse nel confronto conclusivo tra le posizioni
di un teologo cattolico, di
una pastora valdese e di un
rappresentante delle comunità cristiane di base.
La proposta lanciata dall'arcivescovo di Città del Capo
Verso un'unica Chiesa anglicana d'Africa?
Il 18 gennaio scorso, l’arcivescovo anglicano di Città del
Capo, Njngonkulu Ndungane,
successore di Desmond Tutu
a capo della Chiesa della provincia d’Africa australe, ha
lanciato la proposta di creare
un’unica Chiesa anglicana
riunendo tutti gli anglicani
del continente. È giunto il
momento, ha detto l’arcivescovo, per tutte le chiese anglicane deH’Africa di rafforzare la loro testimonianza e i loro legami fondando una Chiesa episcopale d’Africa.
La proposta è stata fatta
durante la predicazione che
Ndungane ha pronunciato il
18 gennaio nella città ugandese di Kabale, dove assisteva
alla consacrazione del nuovo
vescovo anglicano di Kigezi,
George Katwesigye. La proposta è stata vivamente applaudita dai fedeli presenti. Anche
se l’arcivescovo non ha dato
dettagli precisi, una simile
iniziativa porterebbe alla
creazione di una delle più
grandi e più importanti chiese nel mondo, unendo la
Chiesa della provincia d’Africa australe, la Chiesa della
provincia d’Africa centrale, la
Chiesa della provincia di Tanzania, la Chiesa della provincia del Kenia, la Chiesa della
provincia del Ruanda, la
Chiesa della provincia del Burundi, la Chiesa della provincia deirUganda, la Chiesa
episcopale del Sudan, la
Chiesa della provincia della
Nigeria, la Chiesa della provincia d’Africa occidentale, e
le chiese di altre regioni.
L’arcivescovo Ndungane
ha invitato la chiesa a inter
rogarsi sulla risposta che essa
deve dare alle sfide che si
presentano al termine di
questo secolo. «Come possiamo compiere in modo più efficace su questo continente la
missione che Dio ci ha affidato?». Un modo di farlo, ha
suggerito, è che le chiese anglicane mantengano le loro
strutture autonome regionali,
e uniscano i loro sforzi per
«stabilire una Chiesa episco
pale d’Africa, che superi le
frontiere, per permetterci di
parlare con una sola voce, di
guidare spiritualmente e di
sostenere i popoli dell’Africa». L’arcivescovo Ndungane
ha lanciato questo appello
nella nuova cattedrale San
Pietro di Kabale, dove erano
accorsi migliaia di fedeli della
diocesi di Kigezi, nella regione dei Grandi Laghi, vicino al
confine con il Ruanda, (eni)
Lo rivela una recente inchiesta
Brasile: forte crescita dei
gruppi carismatici cattolici
Secondo un’inchiesta realizzata in tutti i seminari, il
numero dei carismatici all’interno della Chiesa cattolica
del Brasile crescerà rapidamente. I risultati di questo
studio hanno mostrato che i
seminaristi sono più vicini al
movimento carismatico che
non alla teologia della liberazione. Alcuni osservatori pensano addirittura che un giorno il numero dei carismatici
potrebbe superare quello dei
cattolici non carismatici.
Il rapporto è stato pubblicato sul settimanale IstoE il
cui ultimo numero dedica un
articolo a «la Chiesa cattolica
che fa miracoli» e ai cattolici
carismatici che «guariscono
le malattie e celebrano la
messa utilizzando le stesse
tecniche degli evangelici».
Secondo l’Agenzia di notizie
dell’America Latina e dei Caraibi (Ale), nel 1994 vi erano 4
milioni di cattolici carismatici in Brasile; oggi ve ne sono
8 milioni, suddivisi in oltre
60.000 gruppi di preghiera, in
un paese che conta 120 milioni di cattolici.
Il movimento carismatico,
che ha la sua origine nel pentecostalismo e che pone l’accento sull’esercizio dei «doni
spirituali», tra cui la guarigione, sottolinea la propria fedeltà al Vaticano ma incontra
una certa resistenza da parte
della gerarchia della Chiesa
cattolica brasiliana. L’uso del
dono di guarigione, ad esempio, aveva provocato già nel
’94 una certa preoccupazione
all’interno della Conferenza
episcopale brasiliana. (eni)
Irlanda: la Chiesa presbiteriana esprime
speranza per la ripresa dei negoziati
BELFAST — In vista della ripresa dei colloqui di pace
Stormont (Irlanda del Nord) il moderatore della Chiesa pt(
sbiteriana d’Irlanda, dott. Sam Hutehinson, in un comuniq
to reso noto il 10 gennaio scorso ha espresso ottimismo peri
volontà delle controparti di riprendere i colloqui sospesi n¡
dicembre scorso in seguito al riaccendersi del conflitto intei
religioso. «Coloro che tornano al tavolo delle trattative harut
un compito di estrema difficoltà e responsabilità, con numi
rosi e formidabili ostacoli ancora da superare - si legge n
documento -. Questi colloqui, e le persone in essi coinvolti
apportano una speranza vitale per il futuro. Faccio appello
pregare costantemente affinché Dio possa infondere sagge¡
za, coraggio e pazienza necessarie a negoziare un futuro mi
gliore per noi tutti». Rivolgendosi in un’altra occasione)
gruppi paramilitari, il moderatore presbiteriano ha detti
«Spero che tutte le organizzazioni paramilitari che hanno di
chiarate il cessate il fuoco lo rispetteranno e non si lasceran
no risucchiare dalla spirale della violenza». (nei
La Federazione delle chiese evangeliche
ha sottoscritto l'appello per il Chiapas
ROMA — «La Federazione delle chiese evangeliche in Itali
(Fcei), attenta e coinvolta nelle lotte per il rispetto dei diriti
umani e civili, è consapevole che la violazione di questi dirii
ti, in qualunque parte del mondo avvengano, è un attentai
ai diritti di cittadinanza di tutti e una minaccia alla vita de
mocratica dei popoli». Con questa dichiarazione a firma di
presidente, pastore Domenico Tomasetto, la Fcei ha sotto
scritto l’appello per il Chiapas lanciato dal quotidiano «Il ma
nifesto», che sollecita il governo italiano e Ì’Unione eui
governo italiano e i unione europea,
un maggiore impegno per «un futuro di pace, giustizia e di
gnità nel Chiapas e in Messico». (nei
Il segretario generale del Cec in visita
ufficiale alla Chiesa ortodossa russa
GINEVRA — Il segretario generale del Consiglio ecumenia
delle chiese (Cec), Konrad Raiser, guiderà, dal 30 gennaio all
febbraio, una delegazione del Cec in visita ufficiale alla Chies
ortodossa russa, per «rinsaldare il nostro legame con i fratei
ortodossi in un momento delicato del loro impegno ecumeni
co». La Chiesa ortodossa russa, con oltre 100 milioni di fedeli,ì
la più numerosa tra le 330 chiese membro del Cec. (nei.
Turchia: nuova aggressione contro
la comunità ortodossa di Istanbul
GINEVRA — Il governo greco ha espresso la sua profonii
preoccupazione dopo la morte del sacrestano di origine gres
della chiesa di Haghios Therapon, a Istanbul. Secondo AthB
News Agency, Vassilios Chaviaropulos è stato ritrovato coni
testa fracassata dagli aggressori che hanno rubato icone e alt
oggetti preziosi prima di incendiare la chiesa, una delle pi
antiche della città. Un portavoce del governo greco ha demi»
ciato r«inefficacia» delle autorità turche e la loro incapacità!
impedire che tali aggressioni si verifichino. Il 3 dicembre scoi
so una bomba era esplosa contro la sede del patriarca ecumt
nico di Costantinopoli, facendo un ferito grave e provocami
molti danni negli uffici del Patriarcato. Secondo l’Agenzia cal
tolica Apic di Friburgo (Svizzera), «i fondamentalisti islamio
sono da tempo irritati dall’attrazione esercitata da alcuni lua
ghi di pellegrinaggio cristiani nei confronti di fedeli musulm»
ni». Tuttavia non sembra esserci alcuna prova a carico di fon
damentalisti islamici in questa ultima aggressione. (etti
Germania: la Chiesa evangelica avvia
un «esame di coscienza energetico»
STOCCARDA — I problemi energetici e il cambiamento ci
matico causato dall’uomo sono anzitutto un problema etico
Su questa linea la Chiesa evangelica tedesca (Ekd) ha dati
Tawio a un «esame di coscienza energetico», partendo da al'
cuni dati impressionanti; per riscaldare e illuminare i su«
88.000 edifici vengono consumati 13 milioni di kilowatt l’anni
con un costo di circa un miliardo di marchi e un’emissione i
anidride carbonica pari a 4,8 milioni di tonnellate, piìii
quanta ne emette la Boli'via. La campagna di sensibilizzazioni
promossa dalle chiese tedesche ha l’obiettivo di ridurre di ni'
meno il 30% il consumo energetico entro il 2010. (né
Gerusalemme: «La chiesa luterana
sarà un apostolo della pace»
GERUSALEMME — «La chiesa luterana sarà un apostolo
della pace, un catalizzatore della giustizia, un agente di riconciliazione»; così ha promesso il nuovo vescovo luterano di G«'
rusalemme, Munib Younan, il 5 gennaio scorso nel corso dello
solenne cerimonia della sua consacrazione nel tempio luterano nella città vecchia di Gerusalemme. Younan, che è il terzo
vescovo luterano di origine palestinese, ha anche sottolineato
che «la giustizia dell’Evangelo non fa differenza tra uomo«
donna, ebreo o palestinese, arabo o occidentale». (nev/en<^
Usa: cattolici, evangelici
ed ebrei alla scoperta della Cina
NEW YORK — Cattolici, evangelici ed ebrei americani allo
scoperta della Cina. Una delegazione (McCarrick, vescovo d'
Nevvark, il rabbino Schneier e il pastore Argüe, presiderito
dell’Alleanza evangelica Usa), partirà infatti per Pechino!
prossimo 8 febbraio, sotto gli auspici della Casa Bianca e del
Dipartimento di Stato. Un significativo passo verso la distensione, frutto della visita in ottobre negli Usa del presidente cinese Zemin, che permetterà una più dettagliata conoscenzo
della situazione della libertà religiosa in Cina.
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i Caserta: una serata organizzata dall'Istituto «Alois»
Weber e il protestantesimo
Il nesso tra Riforma e capitalismo deve essere valutato,
nell'opera del sociologo tedesco, con meno approssimazione
DAVIDE CIELO
Fra le tante accuse che in
ogni tempo sono state rivolte al protestantesimo ce
n’è una che ricorre frequentemente anche oggi, quella di
essere responsabile della nascita del capitalismo. Fonte
di quest’accusa l’opera di
Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo,
un’opera che divide con il
Capitale di Marx la sorte di
essere il libro di economia
meno letto e più citato.
Ma chi era Max Weber e
qual era esattamente il suo
pensiero? A questo tema ha
dedicato una delle sue serate, il 16 dicembre, l’Istituto di
studi storici e teologici «G. F.
Alois» di Caserta chiamando
a parlarne due illustri docenti di filosofia: Franco Bianco
dell’Università di Roma e
Mario Miegge dell’Università
di Ferrara. Il prof. Bianco, recente autore di un lavoro di
grande impegno su Weber,
ha illustrato a grandi linee il
suo pensiero, sottolineando
soprattutto il suo concetto di
modernità (il titolo della
conferenza era «Religione e
modernità»): modernità come primato e autoconsapevolezza dell’individuo, come
crescita della razionalizzazione formale a confronto di
quella materiale, come teodicea dei valori (felicità e sofferenza), che aveva proprio
nel calvinismo la soluzione
più convincente.
Il prof. Miegge (la cui famiglia, come egli ha detto, ha
una discendenza calvinista di
quattro secoli) ha affrontato
Mario Miegge
più direttamente il problema
posto da Weber nel suo libro.
La Riforma protestante ha rivoluzionato non solo il mondo religioso ma anche quello
sociale. A ciò hanno concorso diversi fattori: a) l’estensione della «vocazione» di
Dio dalla sfera religiosa alle
attività di tutti i giorni; b) la
rivalutazione delle classi sociali che nel Medioevo erano
poco quotate (mercanti e
contadini) rispetto alle due
classi sociali privilegiate (cavalieri e frati): c) il capovolgimento dei tre voti monastici:
al posto del celibato il matrimonio, al posto della povertà
la produzione di ricchezza, al
posto dell’ubbidienza l’autoregolazione e l’autocontrollo;
d) il trasferimento dal chiuso
dei conventi al mondo esterno deir«ora et labora» benedettino; e) l’introduzione di
una «ascesi intramondana»
accanto all’ascesi monastica.
In conclusione, come è stato ribadito dai due conferen
zieri durante il successivo dibattito, Weber non ha mai
detto che il capitalismo è una
creatura del protestantesimo;
la tesi sostenuta nel suo libro
è invece che al capitalismo,
già esistente, il protestantesimo ha indicato lo «spirito»
che dovrebbe animarlo, cioè
le norme etiche da seguire sia
nell’accumulo che nell’uso
dei capitali.
Nel corso della mia vita ho
avuto modo di conoscere due
capitalisti che, a mio avviso,
erano sicuramente di stampo
weberiano e desidero qui ricordarli. Uno è Camillo Olivetti; di lui, una settantina
d’anni fa, su invito del figlio
Dino, mio compagno di studi
al Collegio valdese di Torre
Pellice, sono stato più volte
ospite nella sua casa di Ivrea:
una casa che era un ex convento e che esprimeva bene la
sobrietà e l’assenza di sfarzo
che caratterizzava la sua vita
e quella della sua famiglia.
L’altro è Isidoro Odin; era venuto da Luserna San Giovanni a Napoli come commesso
di negozio ed era poi diventato uno dei maggiori industriali dolciari della città, un po’
burbero di carattere, sempre
primo a arrivare al mattino
nella sua fabbrica alla Salita
Vetriera; di lui mi è rimasta
impressa nella memoria la
piccola e modesta camera da
letto in cui l’ho trovato quando sono stato chiamato per il
suo funerale. Queste due persone, da me incontrate in un
lontano passato, mi hanno
aiutato a capire meglio Weber
e, in un certo senso, a riconciliarmi con lui.
«Il Dio vicino» ultimo libro di Gianfranco Ravasi
L'Antico Testamento attraverso la prghiera
SERGIO N. TURTULICI
Karl Barth in fondo con il
suo celebre «cambio di
direzione della ricerca teologica», Dio concepito come
lontano e latro dall’uomo,
non ha fatto che rimettere le
cose a posto. Perché Dio lontano e inaccessibile, nome
che non si può pronunciare,
volto che non si può vedere
senza restarne annichiliti, è il
Dio dell’ebraismo, dell’Antico
Testamento. Dio però che entra in relazione, dialoga, si rivela all’uomo nella Parola,
ora scritta, ora incarnata. Come può l’uomo avvicinare al
suo reale questo Altro da sé,
così distante, inaccessibile?
Può mettendosi in ascolto,
parlando con lui, pregandolo
laddove egli si rivela e agisce
nella storia umana. Pregare è
parlare con Dio, farselo, da
lontano che è, vicino. Questo
Il Dio vicino* è il titolo dell’ultimo libro di Gianfranco Ravasi, 260 pagine dense, affascinanti che rileggono l’Antico Testamento alla luce della
categoria della preghiera.
La Bibbia ebraica, storia di
pastori e di patriarchi, di
donne e spose, di relazioni
familiari e sociali, di potenti
c di schiavi, di condottieri in
armi e di interpreti della fede
armati solo della loro voce
profetica è un fitto dialogo,
incontro e scontro, dell’uomo e del popolo con Dio per
averlo vicino, compagno di
vita e di strada. Dialogo che
vive momenti di fede sicura e
momenti di incertezza, di
tradimento, momenti di servizio obbediente e di ribellione aperta. Preghiera che si rivolge all’Eterno ora umile
ora affrontandolo a tu per tu,
contestandogli in faccia rimproveri e dubbi. Questo rispondere alla Parola divina
parole umane, anche la contestazione, è preghiera. Lungo i capitoli, le sezioni nelle
quali in libro si dipana, Ravasi prende in esame le forme, i
modi uno per uno con cui i
protagonisti dell’Antico Testamento esprimono in preghiera l’immenso respiro di
passioni, sentimenti, timori,
speranze, moti di gioia e di
dolore, interrogazioni sul
senso dell’esistere, sulla presenza e assenza di Dio nella
storia di ognuno e di tutti
che rivolgevano al Signore
quegli antichi credenti. E
che, seppure con altra intensità, altro linguaggio rivolgiamo noi oggi.
Ravasi nell’introduzione
ricorda un’affermazione di
Bonhoeffer. Com’è che nella
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LìiaC Un'antologia comprende il testo sul protestantesimo
Il rapporto stretto tra Gobetti e Gangale
EUGENIO STRETTI
ONTRO tutti i compromessi tradizionali
della storia italiana, contro
tutti i residui dell’educazione
borghese e sanfedista, Gobetti richiamò il coraggio dei
propri ideali, all’assunzione
delle proprie responsabilità, all’eroismo del proprio
impegno». Queste parole di
Giovanni Spadolini ben descrivono il carattere e l’azione di Piero Gobetti, martire
delTItalia fascista (morì infatti in seguito alle bastonate
degli squadristi), esempio di
rigore «calvinista», come ricordava il presidente Sandro
Pertini ai giovani che si recavano in visita al Quirinale.
Alla penna di due giornalisti «gobettiani» dobbiamo la
bella raccolta di scritti politici del giornale diretto e fondato da Gobetti, La rivoluzione liberale*. L’impresa di
«Rivoluzione liberale» inizia
nel 1922, il ventunenne Gobetti, dopo una proficua collaborazione al quotidiano di
Antonio Gramsci «L’ordine
nuovo», decide di dare vita a
un foglio con l’intento di coniugare liberalismo e giustizia sociale. Un’impresa difficile, osserva Norberto Bobbio: «Negli anni in cui Gobetti scatena la sua battaglia politica i liberali non sono certo
rivoluzionari, e i rivoluzionari
sono tutt’altro che liberali. In
questa formula ci sono tre
idee fondamentali: l’idea che
una rivoluzione o è apportatrice di libertà o si trasforma
rapidamente nel suo contrario, cioè in una restaurazione, e quindi una rivoluzione
o è liberale (nel senso di liberatrice) o non è una rivoluzione; l’idea che la trasformazione dello stato italiano, che
non è mai stato liberale e col
RIVISTA STORICA SCTTlAAnAte DI ROUTICA
....
fascismo ha gettato la maschera, non potrà avvenire se
non attraverso un processo
rivoluzionario: infine l’idea
che nell’età della grande rivoluzione del quarto stato, se
un processo rivoluzionario
deve avvenire, questo sarà
guidato dal movimento operaio, non dalla borghesia che
gettandosi nelle braccia del
fascismo ha dimostrato di
avere esaurito il suo compito
storico» [Italia fedele. Il mondo di Gobetti, Firenze, 1986).
L’idea gobettiana si concretizza dunque in un progetto di coniugazione delle
forze intellettuali con le avanguardie operaie. Se questo progetto si fosse realizzato, il protestantesimo non sarebbe stato emarginato dalla
storia d’Italia. Siamo dunque
grati a Costa e Riscassi per
avere incluso nell’antologia
una pagina fondamentale: «Il
nostro protestantesimo». In
questo testo, in cui intravediamo il nostro Giuseppe
Gangale, amico fraterno di
Gobetti, emerge il ruolo fondamentale del protestantesimo per «la creazione di nuovi
tipi morali; senza la rivoluzione morale il libero esame
sarebbe letteratura» (p. 118).
Per Piero Gobetti Lutero e
Calvino sono «gli antesignani
della morale del lavoro postulate dalle nascenti democrazie produttrici (...) per
questo il protestantesimo in
Italia deve battersi contro
l’economia parassitarla e
l’unanimità piccolo borghese
e deve cercare negli operai
educati alla libera lotta e alla
morale del lavoro i quadri
dell’eresia e della rivoluzione
democratica. In questo modo
non sarà una ideologia di importazione, ma il mito autentico di una Italia educata a
dignità, il mito di cittadini capaci di sacrificarsi alla vita
della nazione perché capaci
di governarsi senza dittatori e
senza teocrazie» (il testo era
in origine contenuto in «La
Rivoluzione liberale», anno
IV, n. 20, 17 maggio 1925;
nell’antologia pp. 117-119).
Invece Paolo Flores D’Arcais, ristampando Rivoluzione liberale per Einaudi, ha
omesso questa pagina. Infatti gli intellettuali di sinistra
(cfr. E. Garin, Intellettuali del
Novecento italiano) hanno
sempre ridimensionato il
rapporto tra Gobetti e Gangale. Gobetti fu profetico,
nella sua critica di fondo alla
borghesia italiana, venata di
una massoneria dimentica
delle sue origini illuministiche, prima alleata del fascismo e dal dopoguerra in
connubio con le forze cattoliche più retrive, Gobetti,
senza epurazioni, ci aiuta a
non sentirci soli per la battaglia di sempre del protestantesimo italiano: affermare la
laicità in un contesto pluralistico di solidarietà sociale.
(*) Piero Gobetti; Al nostro posto. Scritti politici da «La Rivoluzione liberale», a cura di Paolo
Costa e Andrea Riscassi. Arezzo,
Limina, 1996, £ 25.000.
Bibbia, che è parola di Dio
rivofta a noi, troviamo così
tante preghiere, parole umane rivolte a Dio? «Dobbiamo
dedurre che la parola di Dio
non è soltanto quella che
egli vuole rivolgere a noi ma
anche quella che egli vuole
sentirsi rivolgere da noi». C’è
una tradizione ebraica che
vuole che, nella sua benevolenza per l’umanità, Dio sia
uso raccogliere in un suo archivio l’oceano di suppliche,
di preghiere che per secoli
gli uomini e le donne gli
hanno rivolto; Ravasi la riprende da Isaac Singer, premio Nobel 1978 per la letteratura; «Non ci sarebbe giustizia di Dio se le invocazioni
e la storia del misero non ornassero in eterno l’infinita
biblioteca di Dio».
Chi ha qualche frequentazione della Bibbia troverà
una miniera di stimoli in
questo «Dio vicino» di Ravasi.
Un ricco indice dei nomi correda il testo, consentendo
con facilità di tornarci su in
successive letture di particolari passaggi e elementi del
testo e di avvalersene per
l’esegesi e la predicazione.
(*) Gianitìanco Ravasi; Il Dio vicino. Preghiera biblica tra storia
e fede. Milano, 1997, ed. Mondadori, pp. 262, lire 30.000.
La celebre pièce di Eugène lonesco in scena a Milano
Le sedie vuote, simbolo della solitudine
PAOLO FABBRI
Atto unico scritto nel
1951 da Eugène lonesco.
Le sedie ha come protagonista la solitudine senza speranza. «Egli Io trovò in una
terra deserta, in una solitudine piena d’urli e di disperazione. Egli lo circondò, ne
prese cura». Così l’Eterno
trovò Giacobbe secondo il
cantico di Mosè e così, in una
solitudine piena d’urli interiori, di frustrazioni, di desideri insoddisfatti, viene trovata una coppia di vecchi coniugi proiettata verso il limite
della vita. A trovarli però non
è il Dio d’Israele per prenderne cura, bensì gli ospiti nati
dalle loro fantasticherie.
Confinati nel faro di un’isola, senza altro interlocutore
che il compagno e la compagna, due vecchi immaginano
di ricevere ospiti e la loro immaginazione è, in qualche
misura, un atto creativo, perché si sente il campanello
suonare a ripetizione si susseguono i saluti, gli spezzoni
di conversazione, si delincano i rapporti. È l’irreale che
diventa reale sulla scena, trovando una metafora nelle sedie, che vengono portate sul
palcoscenico a mano a mano
che gli invitati arrivano. È la
vicenda grottesca di una vita
vuota e piena di rimpianti
per ciò che non è stato e sarebbe potuto essere, per il
messaggio che lui, il vecchio,
sente di dover dare all’umanità, ma che non si sente di
esprimere personalmente,
per il quale egli ha bisogno di
un «oratore» che parli per lui.
Anche nel mondo onirico il
contatto con gli altri deve avvenire per interposta perso
Un momento dello spettacolo
na, quasi un sogno nel sogno,
l’irrealtà dell’irreale.
In una serata particolarmente intensa si viene configurando un vero e proprio ricevimento e ognuno dei due
vecchi interloquisce con i
propri sogni, non trascurando però di collegarsi ai sogni
dell’altro. Gli invitati immaginari sono ormai molti, il palcoscenico è pieno di sedie, si
attende l’oratore che deve
leggere il messaggio del vecchio al mondo. L’attesa è ormai spasmodica quando arriva l’imperatore, la massima
autorità concepibile sulla terra, che si degna di comparire
fra gli invitati. L’ammirazione
della vecchia per il suo vecchio è incontenibile. Al di là
di ogni personale frustrazione
la tenerezza che unisce i due
vecchi è l’unico elemento
reale che percorre la vicenda
e la loro vita vuota. Finalmente arriva l’oratore tanto atteso, in carne e ossa, ma i due
vecchi, travolti dalla loro stessa immaginazione, si buttano
(foto belerà)
nel mare ponendo fine alla
storia. L’oratore tenta allora
di parlare, ma si rivela un sordomuto, metafora dell’impotenza dei due protagonisti e
del loro distacco dalla realtà.
Lo spettacolo, pervaso da
una tensione forte e continua
fra mondo reale e mondo
fantastico, si muove sul piano del grottesco, lasciando
talvolta prevalere il comico
sul tragico, che si afferma nel
finale senza quella speranza
che può venire dall’incontro
personale con il Dio «misericordioso e pietoso, lento
all’ira e di gran benignità». La
recitazione di Dario Cantarelli (la vecchia), Marcello
Bartoli (il vecchio), Ottavia
Courir (l’oratore), presenta
personaggi un po’ infantili e
un po’ pazzi, in bilico tra il
tragico e il comico, ma sempre profondamente umani,
come la sapiente direzione di
Egisto Marcucci ha voluto
realizzare.
1 (Milano, teatro Corcano)
6
PAG,
6 RIFORMA
venerdì 30 GENNAIO 1998
Come uomo moderno e culture si pongono di fronte agli eventi naturali
Una coesistenza necessaria
Il dibattito che segue alle catastrofi dovrebbe essere importato con una maggiore
attenzione anche agli eventi meno straordinari. L'utopia della vita «a rischio zero»
PAOLO VARESE
Traendo spunto dalla ricorrenza del recente anniversario delle inondazioni
che hanno colpito il Piemonte nel novembre 1994, una
serie di riflessioni si impone
sul rapporto che si è venuto a
creare nei confronti dei fenomeni naturali e delle conseguenze che essi hanno sull’organizzazione della nostra
vita civile.
Tralasciando volutamente
tutti gli aspetti tecnico-scientifici o organizzativi relativi a
questo campo, vorrei porre
l’attenzione piuttosto su quegli aspetti che concernono la
mentalità (o se vogliamo la
psicologia collettiva) con la
quale i fenomeni naturali
vengono percepiti all’interno
della nostra società.
L'utopia della vita
a rischio zero
Due parole d’ordine si impongono attualmente nel
campo della prevenzione degli eventi naturali (catastrofici e non): messa in sicurezza
e previsione degli eventi. Si
tratta di due aspetti complementari che, essendo sovente
svuotati di contenuto reale o
di un approccio metodologicamente valido, rischiano di
diventare «parola magica»,
nuovi «abracadabra» per
esorcizzare la nostra incapacità di convivere con gli
eventi naturali e con i rischi
che essi comportano. Constatiamo infatti come, anche
nella vita di tutti i giorni, la
«messa in sicurezza» e la
«previsione degli eventi» non
riguardi solo gli eventi catastrofici, ma pure aspetti molto più innocui come un’acquazzone o una nevicata di
pochi centimetri, che spesso
mandano in tilt le nostre città
e la nostra organizzazione civile. Dall’inondazione catastrofica al «piove governo ladro» il passo è sempre molto
breve: la responsabilità è comunque sempre di altri.
Emerge cioè una nefasta
utopia della vita «a rischio zero», dove siamo al sicuro da
tutto e dove l’organizzazione
della nostra esistenza è il più
spesso delle volte demandata
ad altri (lo stato deve fare, lo
stato non fa, dov’è lo stato?...).
Lo stato ha il compito di attuare degli ammortizzatori
(sociali, economici, tecnici)
per tutelare la vita dei propri
cittadini, ma non può sostituirsi ad essi nella gestione
della loro esistenza. Occorre
dunque affermare che nella
nostra vita non siamo e non
saremo mai completamente
al riparo da rischi e, dato che
non possiamo controllare e
prevedere tutto, il nostro
mondo non sarà mai un mondo completamente sicuro.
In secondo luogo occorre
distinguere tra giuste e moti
vate denunce e abitudine al
lamento, frutto di una mancanza di responsabilità individuale e collettiva; come
sopportare ancora le «montagne killer» che uccidono con
slavine sciatori imprudenti, o
le «acque killer» che travolgono case e manufatti in zone
inondabili, o i «platani killer»
che uccidono automobilisti
che viaggiano a 150 km l’ora
o le nevi maledette che bloccano automobilisti e camionisti che circolano in montagna senza catene?
Un' immagine manichea
della natura
Una grossa responsabilità
hanno i mezzi di informazione nel diffondere tali immagini distorte o alienate degli
eventi naturali. Essi, più che
fornire un’obiettiva documentazione sui fenomeni in
sé, sono infatti da una parte
diventati il portavoce della
«Federazione nazionale delle
Cassandre», e questo per poter trasmettere o documentare (naturalmente in esclusiva
...) l’immagine drammatica,
sottintendendo una sorte di
compiaciuto «noi l’avevamo
detto». D’altra parte i mezzi
di comunicazione amano enfatizzare sulla «vita a rischio
zero» (vedi la presenza sul
numero 3 della rivista di divulgazione scientifica Newton del titolo «Vincere le calamità naturali»): infatti come è
mai possibile che alla soglia
del 2000 si debba ancora essere sottoposti a terremoti,
frane, inondazioni e altre
aleatorietà ?
Giornali e televisione si allineano dunque spesso a quel
filone cinematografico cosiddetto catastrofista (vedi film
come Twister, Dante’s Peak,
eccetera), che sembra avere il
compito di «fornire alla platea la materializzazione superficiale di tante inquietudini inconsce e l’esorcismo di
una catastrofe circoscritta nei
limiti della sala cinematografica» (brano citato dalla rivista Ciak dell’agosto 1996).
Allo stesso tempo siamo
bombardati da immagini televisive edulcorate di mondi
perduti o incontaminati, di
panda giganti in estinzione e
di mulini bianchi che producono biscotti come solo una
volta sapevano fare; il «c’era
una volta» viene così localizzato in un passato ideale
(probabilmente mai esistito...) e lo gnu, il ghepardo e la
gazzella rimangono comunque ben confinati nelle loro
savane e lontano da noi.
La natura è oramai realtà
idealizzata e distante o al
contrario accidente inquietante nel presente. Questa
perdita di rapporto con essa
e i suoi fenomeni genera angoscia e alienazione, specialmente quando il suo aspetto
materno e protettivo viene
meno. Nel nostro paese ricco
di «materne istituzioni» (stato, sacra romana chiesa, ecc.:
vedere a questo proposito l’ultimo libro di Giorgio
Tourn), la natura, entrata a
buon diritto nel club delle
mamme, passa però immediatamente nel club delle
puttane quando gioca brutti
scherzi. Tra fatalismo e giustizialismo (ricerca obbligata
di un colpevole) siamo in
presenza di concezioni chiaramente manichee.
Fenomeni naturali
e modernità
Nella ricerca di soluzioni
atte a minimizzare gli effetti
del nostro vivere in mezzo
agli eventi naturali mi sembra di intravedere due miti
opposti;
- il mito che afferma che
«una volta era meglio» (e oggi
è sempre peggio...);
- il mito dell’ottimismo
tecnocratico.
Il primo si manifesta sotto
vari aspetti: sfiducia o demonizzazione della tecnologia,
ricerca di un’età dell’oro,
chiusura su se stessi e sulle
proprie tradizioni minacciate
dalla perdita di identità: il suo
campo d’azione è il ieri. Il secondo si manifesta spesso in
«soluzioni risolutive» ad alto
contenuto tecnologico e in
una fede esasperata nella ricerca scientifica e nelle sue
applicazioni; il suo campo
d’azione è il domani. Entrambe sfuggono alla realtà dell’odierno in quanto non sono
più e non sono ancora e passano per un modo comune di
affrontare le cose: la semplificazione della diversità e il rifiuto della complessità.
Quello che mi sembra sensato proporre è una rivalutazione della memoria e delle
esperienze in un contesto di
responsabile «ottimismo»
tecnologico: l’editoriale del
numero 2/1994 della rivista
Sistema Terra (una rivista
specializzata su tematiche
territoriali e del telerilevamento) afferma: «In un consapevole rapporto con gli
eventi naturali, fondato su un
continuo approfondimento
conoscitivo dei processi ambientali e su un’intelligente
opera di prevenzione e di
previsione, sembrano insite
le possibilità maggiori affinché il rapporto con la natura
degli uomini della società industrializzata e urbanizzata
esca dal dilemma di una natura considerata come catastrofe 0 di una natura promossa a regno utopistico della vita elegiaca e idilliaca, per
proporsi come rapporto adulto fondato sulla conoscenza scientifica e su una
consapevolezza diffusa e coltivata dei limiti e delle possibilità d’intervento».
Comunicare l'aspetto
paterno della natura
Si potrebbe dunque appoggiare l’ipotesi secondo la
quale molti atteggiamenti
sulla natura e i suoi eventi altro non sono che una semplice sfaccettatura di una cultura generale di deresponsabilizzazione, ampiamente diffusa nel nostro cattolico paese, passato troppo rapidamente (come dice Tourn in
Italiani e protestantesimo)
dal latifondo al computer;
per altri versi certi atteggiamenti potrebbero essere
semplicemente spiegati come il frutto di una sottocultura urbana o, meglio, urbanizzata. Quale sia l’origine di tali
mentalità in fondo poco importa: resta il fatto che, per
chi lavora neH’ambito delle
risorse naturali, essa rappresenta un grossissimo ostacolo che rallenta o impedisce
progressi tangibili nelle idee
e nei fatti.
Occorre infatti a mio avviso
rivalutare i fenomeni della
natura anche secondo un
aspetto paterno; la natura offre e accoglie, ma anche pretende o toglie, mantiene, ma
più spesso trasforma o cancella; essa ha un ordine proprio a cui occorre accostarsi
con umiltà, e necessita di un
atteggiamento responsabile
da parte degli individui e delle collettività.
In secondo luogo è necessario continuare a educare e
operare secondo il concetto
di limite (cosa già avvenuta
nella critica allo sviluppo e
nel campo della bioetica).
L’uomo, come un adolescente che ricerca la propria identità, ama lanciare sfide alla
natura e, rapito da una lettura ideologica o dogmatica di
Genesi 1, si scaglia contro il
creato per trovare una propria dimensione esistenziale,
per superare i propri limiti:
molto spesso in questi casi è
la natura stessa a rivolgerglisi
contro in una fase successiva.
Se la natura (secondo il Dizionario Zingarelli della lingua italiana) è «l’energia operante nell’universo in grado
di produrre, conservare e distruggere, secondo una volontà di ordine», occorrerà
pur prenderla seriamente in
considerazione perché in essa noi siamo immersi. Non
bisogna dunque porre un
giudizio morale sulla natura,
ma sull’uomo incapace di vivere con essa.
Un rapporto da ri definire
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Un'allergia dei protestanti
nei confronti della natura?
La «volontà di ordine» naturale non ha certo carattere
divino per i protestanti; si potrebbe anche obiettare sul
fatto che tale ordine abbia un
carattere di volontarietà: come spiegare a esempio il paradosso che la ricca e orgogliosa pianura padana si è
formata nel corso dei millenni a seguito di migliaia di
«emergenze alluvione» (avvenute in epoche non sospette)?
Vorrei qui citare alcuni
modi di vedere che mi sembrano, in ambito protestante,
ormai un po’ sclerotizzati se
presi a sé stanti o piuttosto
contraddittori se se ne ricerca un nesso: la supremazia
dell’uomo sulla natura e la rivolta della natura come segno del giudizio di Dio. È difficile dire in che cosa debba
consistere il dominio, voluto
da Dio, dell’uomo sulla natura; non è forse giunto il momento di valutare se questo
dominio sia effettivamente
reale o quanto di questo presunto dominio sia piuttosto
un auspicio umano, una forma dogmatica o ideologica
per esorcizzare la paura e
l’incognita di una natura imprevedibile e sfuggente? Non
è forse oggi il caso di abbandonare visioni un po’ troppo
cristallizzate e di parlare, più
che di dominio, di partecipazione o di interazione tra uomo e natura, di una ricerca
di necessario equilibrio? Infatti guardando la storia, la
quotidianità, la nostra creaturalità a volte si potrebbe
sostenere senza problemi
che, essendo anche natura,
l’uomo sembra in completa
balia di essa; la natura è più
adattabile dell’uomo, e ad
esso, in qualche forma, certamente sopravviverà.
Ma è questo forse il giudi
zio di Dio? E le nostre attuali
innumerevoli calamità sono
forse un segno di questo giudizio o solo un fenomeno del
caos? O sono, sotto un diverso aspetto, la manifestazione
di una ricerca di nuovi equilibri? Non sempre a mio avviso
è lecito parlare di un «effetto
diluvio», come giudizio e punizione di Dio in seguito al
peccato e alla presunzione
dell’uomo: a parte alcuni casi
assai lampanti, la realtà mi
pare più complessa e per un
certo verso spesso neutra. Il
«tutto scorre» non è solo filosofia new-age e relativismo,
ma è condizione generale del
creato, è condizione biologica, geologica, fisica e l’uomo,
credente o non credente, è lì
dentro. Tutto questo può avere un senso, un senso compatibile anche con la dimensione della fede, ma non sta
alla fede dover rispondere di
quesiti sul cosmo, né alle conoscenze sul cosmo spiegare
la realtà della fede. «Dio ha
assunto l’uomo come partner, non la natura...», si diceva ultimamente leggendo
L'umanità di Dio di Karl
Barth al collettivo teologico
«Giovanni Miegge»; Dio però
ha anche scelto la natura come partner per la vita dell’uomo (Genesi 1) e in questo
va forse ricercato il senso del
suo dominio in essa (e non
su di essa), nel caso esista. Il
mondo protestante deve
dunque ricominciare a parlare di natura, non lasciando
cioè tale compito a esclusivo
appannaggio del cattolicesimo e delle nuove fedi, non
avendo paura di sporcarsi
nella palude sincretista at
tuale, osando porre dei rifef
menti nell’ambito «no-limits» delle ideologie con
temporanee.
p.v.
Problemi e prospettive della città siciliana
Palermo^ l'amministrazione comunale
la giustizia e la lotta contro la mafia
PIERO TROTTA
VORREI fare alcune brevi e
schematiche considera
zioni a seguito delle elezioni
amministrative siciliane e del
della città di Palermo. La prima considerazione è che il
comportamento elettorale è
sempre più simile al resto del
paese nel senso che gli elettori si riferiscono sempre meno
aU’«appartenenza» e sempre
più all’obbiettiva valutazione
del ruolo svolto dai sindaci
nel passato quadriennio.
Questo è un fatto positivo
perché la regola della democrazia è quella di un giudizio
il più possibile obbiettivo da
parte degli elettori nei confronti di coloro ai quali è stato conferito il mandato di
esercitare la funzione di amministrare la città.
La seconda considerazione
riguarda le priorità dell’amministrazione Orlando a Palermo. È noto che la grande
priorità in Sicilia, e in particolare nella città di Palermo, è
quella dell’occupazione. Sotto questo profilo la scorsa
amministrazione Orlando
non ha brillato per le difficoltà obbiettive, nel senso
che l’occupazione è stata
creata sopprattutto nell’ambito del precariato. Ceramente, l’amministrazione comunale non può costruire in maniera diretta l’occupazione
che è frutto dello sviluppo
economico, però, gestendo in
modo adeguato il territorio,
l’amministrazione comunale
può creare le precondizioni
affinché il problema del lavoro sia adeguatamente affrontato. Vi è poi la questione della pulizia definitiva e della ristrutturazione della macchina comunale. Si ha la sensazione che nel passato quadriennio Orlando non abbia
avuto il tempo o la possibilità
di dare un assetto nuovo
all’amministrazione con degli
uomini nuovi. In fondo 1 capi
dell’amministrazione sono gli
stessi e hanno esercitato questa funzione nel passato. Per
il resto si tratta di proseguire
e potenziare l’azione positiva
che è stata svolta e di affrontare in maniera sempre più
costruttiva la questione delle
periferie nelle quali esiste un
degrado ambientale e sociale.
Sono problemi per la cui soluzione non ci si può affidare
a colpi di bacchetta magica,
evidentemente si tratta di
azioni di lungo periodo. Sotto
questo aspetto la giunta Orlando sembra essersi mossa
in direzione positiva.
La terza considerazione riguarda il perdurare delle polemiche che, direttamente o
indirettamente, colpiscono il
Procuratore Caselli. I fatti che
continuano ad avvenire intorno alla Procura di Palermo
sono assai oscuri. Si può dire
che c’è un movimento tendente a impedire che la Procura della República porti le
proprie indagini alle estreme
conseguenze, che sarebbero
la scoperta di tutti coloro
che, in un modo o in un altro,
sono stati collusi con la mafia
e con i suoi affari. Il fatto
nuovo e assai importante,
paragonabile al pentimento
di Buscetta, è il pentimento
di Siino, che era l’uomo degli
affari della mafia, ed è chiaro
e noto che questi affari hanno coinvolto il mondo della
politica e deH’imprenditoria.
Le dichiarazioni di Siino, perciò, sono assai pericolose pet
quegli ambienti che sono stati finora al riparo dalle indagini. Questo lavoro della Procura è quindi gravido di
preoccupazione per molti
Poi c’è il problema del ruolo
che in tutto questo periodo
hanno svolto i carabinieri. Si
ha la sensazione che si muovano in un contesto da servizi segreti, mentre dovrebbero
chiaramente svolgere un’attività di polizia giudiziaria.
Insomma, in questo clima
in cui non si può attaccare
direttamente Caselli, notoriamente una persona al di sopra di ogni sospetto, si cerca
di fargli il vuoto intorno avanzando pesanti sospetti su
di lui e sui suoi collaboratori.
C’è da auspicare che questa
fase possa essere superata, ricordando che tutto quello
che è avvenuto in questi anni
oscuri, e che in parte continua ad avvenire, dipende dal
fatto che la mafia non ha cessato del tutto di avere peso o
potere negli affari che si
muovono in Sicilia.
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Fondato nel 1848
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GEMELLAGGI FRA CORI — Sono partiti nel pieno
della loro estate e, appena arrivati a Torre Pellice, sono stati
accolti da una nevicata del tutto inusuale per loro; sono i 50
membri del coro de la municipalidad de Rafaela (Santa Fe).
Gli ospiti argentini sono stati salutati lunedì mattina (nella
foto il direttore argentino Luis Alberto Anseimi e quello del
coro Valpellice Ugo Cismondi) dall’amministrazione comunale di Torre Pellice. Il gemellaggio fra i due cori si avviò
ormai cinque anni fa ed è proseguito attraverso visite reciproche: più di un membro del coro argentino ha radici piemontesi e qualcuno ha mantenuto la parlata della nostra regione. Il coro, dopo essersi esibito venerdì 30 a Lusema San
Giovanni, proseguirà il suo tour nel Cuneese e a Roma.
VENERDÌ 30 GENNAIO 1998 ANNO 134 - N. 5 LIRE 2000
Si discuterà molto nei
prossimi giorni di riforme
istituzionali. Anche il governo dell’economia avrà la sua
piccola riforma: quella della
rappresentanza e rappresentatività sindacale. Il mondo
produttivo, l’impresa e la
fabbrica in questi anni sono
cambiati molto. La grande
impresa è diventata sempre
più un «conglomerato» dove
contano i manager, che amministrano le azioni di centinaia e migliaia di azionisti, e
dove il «padrone» è sempre
meno una persona fisica, ma
capitale che deve dare dividendi. Il lavoratori sono sempre di meno, non solo perché
sostituiti dalle macchine ma
perché i manager «esternalizzano» il lavoro. A fare il la
NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
QUALI ACCORDI?
GIORGIO GARDIOL
voro del dipendente, ci sono
nelle fabbriche milioni di lavoratori «autonomi» a cui
viene appaltata questa o quella fase produttiva. Sono i lavoratori «parasubordinati», le
«partite Iva», i lavoratori
«coordinati».
Alla fine degli Anni 70 le
condizioni di lavoro venivano discusse tra sindacati e padronato, nei contratti collettivi di lavoro, che poi veniva
no articolati azienda per
azienda. Oggi, oltre il contratto nazionale, vanno per la
maggiore gli accordi individuali. Ci sono accordi sottoscritti tra associazioni imprenditoriali create ad hoc
con sindacati creati ad hoc.
Così i contratti nazionali sono un puro rifermento e le
condizioni variano moltissimo tra zona a zona, tra impresa e impresa, e in molti
casi la «flessibilità» ha voluto dire peggioramento della
qualità del lavoro e della retribuzione.
Occorrono perciò nuove
norme che garantiscano una
equa retribuzione e il rispetto
dei contratti; una legge che
regoli la rappresentanza delle
parti sociali, per far sì che il
contratto valga per tutti. Ma
come garantire la rappresentatività delle parti sociali?
Con l’elezione di rappresentanti, secondo le regole certe
del sistema elettorale proporzionale puro. Una testa, un
lavoro, un voto: per padroni,
manager, quadri, impiegati e
operai. Di questo si discuterà
in un Consiglio comunale
«aperto» a Pinerolo martedì 3
febbraio, alle ore 17.
Pinerolo
Un ponte
contro la
criminalità
Fra Pinerolo e San Giuseppe Iato potrebbe nascere un
ponte di solidarietà e di impegno, impegno contro la mafia
e per la creazione di una cultura di vita e di legalità. Sabato scorso, nel Comune siciliano, alla presenza di don Ciotti, del giudice Antonino Caponnetto che più di una volta
ha voluto portare a Pinerolo
la voce del proprio impegno
contro la mafia, del vicepresidente del Consiglio dei ministri, Veltroni, del procuratore
di Palermo, Caselli, si è svolta una significativa manifestazione a favore della legalità e dell’onestà.
Il giardino dove fu ucciso
dalla mafia il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, con
l’edificio dove gli uomini di
Riina colpirono con uno dei
loro più atroci delitti, diventerà un parco, un piccolo segno della memoria. Il sindaco
della cittadina. Maria Siniscalco, ha ribadito il proprio
impegno a trasformare un luogo simbolo della barbarie in
segno di solidarietà e speranza. E le piante del giardino
«Di Matteo» potrebbero presto essere visitale dai ragazzi
delle scuole di Pinerolo.' «Prima delle recenti elezioni siciliane - ci ha detto il sindaco
di Pinerolo, Alberto Barbero
- avevamo proposto in Consiglio una mozione in cui sottolineava l’importanza della lotta alla mafia». In realtà quella
mozione fin qui non è stata
nemmeno messa ai voti. Tuttavia qualche contatto è già
stato avviato a livello di scuole: «Nel paese siciliano è stata
aperta da poco una scuola superiore - aggiunge Barbero -;
noi crediamo davvero che
proprio partendo da un rapporto diretto fra i ragazzi delle scuole si possa contribuire
a creare opportunità per uscire
tlal giogo della mafia e costruire una diffusa legalità».
A meno di un anno dall'acquisto, l'Aus110 ha un nuovo spazio per il day hospital oncologico
Riapre^ parzialmente, il «Cottolengo» di Pinerolo
FEDERICA TOURN
E Stata inaugurata il 28
gennaio la prima ala del
Cottolengo, oggi in fase di
completa ristrutturazione dopo l’acquisto da parte dell’Azienda sanitaria locale 10
di Pinerolo nella primavera
scorsa. Nel rispetto dei tempi
previsti è terminata la prima
fase dei lavori, che comprende innanzitutto la sistemazione del servizio di day-hospital oncologico nel nuovo edificio. Con il primo lotto dei
lavori (della spesa complessiva di 3 miliardi 128 milioni,
di cui 3 miliardi finanziati
dalla Regione e il rimanente a
carico dell’AsI 10 stessa) si
arriverà anche al recupero degli uffici amministrativi, degli ambulatori di medicina legale e di fisiochinesiterapia.
Come sottolinea la direzione dell’Azienda sanitaria,
l’acquisto del Cottolengo non
è stata un’operazione semplice, a cominciare dai problemi
connessi al reperimento delle
risorse necessarie dalla Regione, e in contemporanea
con il lavoro di ampliamento
che l’azienda stessa ha in corso per potenziare l’ospedale
Agnelli di Pinerolo. Il prezzo
Il «Cottolengo» di Pinerolo
iniziale chiesto dalla «Piccola
casa della divina provvidenza» per la cessione dell’immobile era di ben 14 miliardi,
sce.so in seguito a 6,5, considerando lo sforzo che l’AsI e
la Regione hanno fatto per
salvaguardare i 70 posti di lavoro all’ex Cottolengo (e
conseguenti stipendi, pari a 2
miliardi 300 milioni annui),
di cui 60 sono stati assorbiti
in ruolo, dopo il superamento
dei concorsi pubblici, nell’Azienda sanitaria locale a
partire dal 1° luglio scorso,
senza perdere un giorno di lavoro dal precedente contratto
con la «Piccola casa».
1 benefici che deriveranno
al territorio dal riassetto e
dalla messa a norma dell’edificio sono stati spiegati in termini economici, in quanto
oggi la Asl 10 paga affitti per
598 milioni e altri 115 do
vrebbero essere spesi per locazioni relative a nuove necessità operative: con l’acquisizione del Cottolengo, tutte
le attività saranno concentrate
lì, con un risparmio di 713
milioni l’anno. Ci saranno anche vantaggi logistici, visto
che l’immobile è situato a
300 metri dal presidio ospedaliero Agnelli; la vicinanza
dell’ospedale agevolerà i cittadini, che tra l’altro non dovranno più correre in cinque
posti diversi ma potranno
avere una soddisfazione pressoché completa di tutti i bisogni recandosi in un unico edificio. Infine i maggiori spazi
disponibili dovrebbero consentire alla Asl di potenziare
numerosi servizi, in primo
luogo appunto il day-hospital
oncologico, ora trasferito
dall’ospedale Agnelli nei
nuovi locali dell’ex Cottolengo. Fra i nuovi ambulatori e
l’Agnelli, dove resta il reparto di degenza di oncologia,
verrà assicurato un costante
collegamento funzionale quotidiano, indispensabile per
quei particolari casi di pazienti che necessitano di ulteriori e più specifici accertamenti diagnostici.
Secondo i dati forniti dal
L9 episodio a cui si riferisce questa
espressione risale al primo decennio dopo la concessione dei diritti civili
ai valdesi nel 1848; non mi è stato possibile precisare maggiormente la data. Esso testimonia del perdurare delle antiche
diffidenze e paure nate durante! secoli di
oppressione. Si racconta che un mattino
un uomo sale di corsa e col fiato grosso
alle varie borgate di Riclaretto in vai
Germanasca e diffonde la terribile notizia che i «papisti» della vai Chisone hanno organizzato un’incursione banditesca
contro le borgate di Bovile per rubare il
bestiame, le riserve di grano, castagne e
patate e per violentare le donne.
Da Riclaretto si vedono bene le borgate di Vrocchi, Grange e Peyrone sparse
sulle praterie e i campi dell’altro versante della vai Germanasca e imprese brigantesche di questo genere erano già avvenute in occasione delle spedizioni mi
IL FILO DEI GIORNI
LA CUERO
D'BOUVIL
FRANCO DAVITE
litari antivaldesi dei secoli precedenti
quando contadini della pianura e di altre
valle avevano .seguito le truppe regolari
per arrotondare le loro provviste e rifornire le stalle di un po’ di bestiame.
Gli uomini di Riclaretto non esitano:
bisogna correre in aiuto ai fratelli di Bovile e il giorno indicato sganciano lo
schioppo dal chiodo dietro la porta e pri
ma dell’alba sono a guardia dei colli che
sovrastano Bovile e danno in vai Chisone. Aspettano tutto il giorno scrutando le
foreste sottostanti, ma degli assalitori
nessuna traccia.
Era stata una notizia generata dalla
paura e alimentata dalla sfiducia che i secoli di oppressione fossero veramente
passati. Chiarito l’equivoco, i riclarini
scendono alle borgate di Bovile, delusi,
liberati da un gran peso ma anche assetati per la lunga giornata passata in altitudine e se i granai e le donne di Bovile
non corsero alcun pericolo, le botti di vino ne ricevettero «un sacré coup» perché
passata la paura e riso dell’equivoco, come non festeggiare l’avvenimento con
una storica bevuta?
Il ricordo deH’avvenimento si è perso
ma l’espressione è rimasta: un gran rumore per nulla continua a essere chiamato «una guerra di Bovile».
l’Asl 10, l’attività ambulatoriale svolta oggi dalla Divisione di oncologia dell’azienda sanitaria è notevole, e giustifica ampiamente il maggiore spazio messo a disposizione per il servizio. Ecco alcuni
dati:’nel 1997 sono stati effettuati 3.210 ricoveri nel solo
day-hospital oncologico, con
2.896 rientri di pazienti già
oggetto di ricovero e con l’ingresso di 314 nuovi pazienti.
Le visite ambulatoriali sono
state 2.448 e le altre prestazioni di ambulatorio (prelievi,
paracentesi, ecc.) 2.664; si
sono assicurate prestazioni
riabilitative a 152 pazienti
stomizzati e effettuate le necessarie prestazioni di prevenzioni per tumori mammari
a 215 pazienti; i ricoveri ordinari presso gli 8 letti del reparto di degenza sono stati
nel 1997 circa 200, con una
tendenza all’incremento negli
ultimi 6 mesi dell’anno.
1 medici specialisti oncologi, Vincenzo Sidoti e Franco
Sarli, hanno garantito uno
stretto collegamento informativo e clinico con quasi tutte le
divisioni oncologiche che
operano nell’ambito dell’arca
torinese, e in particolare con
gli ospedali San Giovanni,
San Luigi di Orbassano, il
Mauriziano di Torino e con il
nuovo Istituto per la ricerca di
Candiolo, che sta per diventare un punto di riferimento costante soprattutto nel caso di
particolari e rare forme di
neoplasie che, una volta inquadrate dal punto di vista
diagnostico e clinico terapeutico, possono poi essere seguite presso l’ospedale pinerolese. La direzione aziendale
dell’Asl 10, in attesa che vengano messi in atto e completati tutti i lavori previsti (i cantieri saranno organizzati in
modo da non interferire con
l’avvio deH’attività sanitaria)
ha disposto che le attrezzature
sanitarie siano immediatamente trasferite nell’edificio dell’ex Cottolengo: l’attività dei
vari ambulatori dovrebbe essere avviata per il I ° febbraio.
8
PAG. Il
- E Eco Delle %lli ^ldesi
VENERDÌ 30 GENNAIO 1998
IL MONVISO SUL BOLLINO — I soci Cai rinnovano in
queste settimane l’adesione al Club, che dà diritto a ricevere la rivista mensile e a sconti nei rifugi. Sul bollino del
1998 compare il celebre rifugio Quintino Sella, che sorge a
2.640 metri al cospetto della parete est del Monviso e fu
inaugurato nel 1906. Da sempre molto frequentato, ha già
avuto diversi ampliamenti e ora si rende necessario un nuovo capitolo di lavori per ampliare l’ospitalità, specie in caso di pioggia, e per realizzare un adeguato servizio di docce, già realizzato nel 1906 come testimonia un piattello
dell’epoca conservato al rifugio. Fra le altre notizie di
montagna, segnaliamo agli interessati che «Sbarua», il notiziario della sezione Cai di Pinerolo, offre nelle 88 pagine
dell’edizione ’96 una storia molto istruttiva: vent’anni di
alpinismo e arrampicata pinerolesi dal 1980 a oggi. Nella
presentazione, il presidente Ugo Griva mette in rilievo un
aspetto preoccupante della vita di sezione, cioè la mancanza di ricambio nelle generazioni. Griva lancia un appello,
soprattutto ai giovani, perché la sezione diventi sempre più
punto di riferimento per le varie attività.
CHIUSA LA CACCIA — Con la metà di gennaio si è chiusa
definitivamente la caccia anche sul territorio del comprensorio alpino To 1 che comprende tutte le vallate pinerolesi.
Sono stati abbattuti in tutto 408 cinghiali (la scorsa stagione ne furono uccisi 439) prevalentemente in vai Chisone
anche se in vai Pellice, con l’apertura di un riservino a Bibiana, il numero dei capi uccisi è salito a sfiorare i 200. Fra
gli altri ungulati sono stati abbattuti.35 cervi (su 120 consentiti), 189 camosci, (su 250 previsti), 55 caprioli (su 135
consentiti) e 13 mufloni (su 66 consentiti).
GALLERIA D’ARTE DI TORRE PELLICE — Inizierà sabato 31 gennaio l’attività 1998 della galleria d’arte contemporanea Filippo Scroppo di Torre Pellice. In occasione dei
150 anni delle Lettere Patenti, il comitato direttivo ha deciso di puntare su fotografi e fotografie delle valli valdesi. Si
inaugurerà così sabato prossimo, e proseguirà fino all’8
marzo, una mostra fotografica di Mauro Raffini, cuneese,
fotografo professionista dal 1971, autore di numerosissime
pubblicazioni e di collaborazioni con prestigiose riviste.
GLOBALIZZAZIONE DEL MONDO — Inizierà mercoledì
4 febbraio il corso di aggiornamento proposto dal Centro
culturale valdese di Torre Pellice sul tema «Globalizzazione
del mondo ed emergere dei fondamentalismi» con il primo
incontro a proposito di «Il fondamentalismo islamico». Si
svolgeranno complessivamente quattro incontri dal 4 al 25
febbraio, sempre di mercoledì, presso la scuola media statale
Brignone, via Einaudi 38, a Pinerolo, dalle 16,30 alle 18,30.
I destinatari sono gli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori. Termine utile per iscriversi, venerdì 30 gennaio; la quota di iscrizione è di lire 24.000 da versare durante il primo incontro. Tel. 0121-322932, fax 0121-322333.
ALIMENTAZIONE E BENESSERE — Dal 2 al 23 feb
braio si svolgeranno nell’aula proiezioni dell’isituto tecnico «Alberti» di Lusema San Giovanni cinque incontri sul
tema «Alimentazione e benessere» a cura della professoressa Donatella Pascal. Come scegliere i cibi? Come conservarli? Quali alimenti evitare? Come abbinare gli alimenti all’interno dei pasti? Come crearsi una dieta personalizzata? 11 corso si propone di rispondere a questi e altri interrogativi. Gli incontri si svolgeranno dalle 18 alle 20; il costo per tutto il corso, comprensivo di materiali, è di lire
100.000. Il primo appuntamento è per lunedì 2 febbraio sul
tema «I principi alimentari, caratteristiche e funzioni». Per
informazioni e prenotazioni si può chiedere della signora
Dellera dal mercoledì al venerdì, dalle 9 alle 12, tei. 90680.
TEATRO DIALETTALE — Prende il via sabato 31 gennaio
la 11 Rassegna di teatro dialettale organizzata dal Comune
di Bibiana. Le rappresentazioni in cartellone sono sette e si
svolgeranno il sabato alle 21,15 al teatro parrocchiale. Si
tratta di compagnie provenienti da Pinerolo, come il Piccolo
Varietà che mette in scena la prima rappresentazione «’1
mistero dia sanità», da Bagnolo con «Evaristo el rancin», in
scena sabato 7 febbraio, da Giaveno con «L sindich ’d vaisomara» per il 14 febbraio, da Moncalieri che presenterà sabato 21 «Brav si!... ma nen foli», da Saluzzo con «Cabaret»
il 14 marzo, per finire con la compagnia di casa che il 21
marzo presenta «Col’antriganta mare madon-a». 11 prezzo
degli abbonamenti è di 50.000 lire intero e 20.000 ridotti;
ciascun ingresso costa 10.000 lire intero e 4.000 ridotto. Le
informazioni e le prenotazioni si accettano presso la biblioteca comunale e presso il Municipio al tei. 55723.
UN DUO ALL’UNITRÈ — 11 duo composto da Daniele
Scandroglio (flauto) e Paola Martino (pianoforte), benché
di recente formazione, ha già ottenuto successi in concorsi e
rassegne musicali. Per il «pomeriggio musicale» all’Unitrè
di Torre Pellice del 15 gennaio si è presentato con un programma vario e interessante; dalla trascrizione per pianoforte dell’Andante in do maggiore K. V. 315 per flauto e
orchestra di Mozart, una Sonata in re maggiore di Hummel,
la Suite Modale di Block alle brillanti trascrizioni di Chopin
(tema e variazioni su un tema di Rossini), una «Ballade» di
Reinecke e la «Fantasia su arie della Carmen».
L'iniziativa del Comune, di alcune parrocchie e di alcuni valdesi
Un falò anche a Cantalupa
DAVIDE ROSSO
uest’anno un falò per il
17 febbraio verrà acceso
le a Cantalupa, un paese
di circa 2.000 abitanti in vai
Noce (valle che è confinante
con il territorio di Pinerolo e
che comprende i Comuni di
Cantalupa, Frossasco e Roletto ed è sovrastata dai monti
Tre Denti e Freidour), alle
porte di Pinerolo per chi arriva da Torino.
L’iniziativa di ricordare il
17 febbraio anche in vai Noce
è del Comune che congiuntamente alle parrocchie cattoliche di Frossasco, Roletto e
Cantalupa, oltre naturalmente
alla comunità valdese locale,
hanno deciso di organizzare
lunedì 16 febbraio in occasione dell’anniversario dei 150
anni dalle «Lettere Patenti»
di Carlo Alberto un momento
di preghiera e di riflessione
comune alle ore 20 presso la
Casa comunale, al quale parteciperà il pastore Bruno
Tron, e a cui seguirà alle
20,30 l’accensione del falò a
cura del gruppo giovani al
campo sportivo comunale di
Cantalupa.
La comunità valdese in vai
Noce è composta da circa una
cinquantina di famiglie (per
lo più insediatesi nella zona
dopo gli Anni Cinquanta) che
risiedono nei Comuni di Cantalupa, Frossasco e Roletto e
che fanno riferimento alla
chiesa di Pinerolo. «Per noi la
manifestazione del 16 sera
Sara un momento importante
- dicono i membri della comunità di Cantalupa - e speriamo vivamente che la partecipazione sia consistente». In
vista del 17 febbraio a Cantalupa è poi previsto per venerdì 30 gennaio alle ore 21,
alla Villa Comunale, un in
In 150 alla Colletta di Cumiana
I due parchi
Oltre 150 escursionisti si
sono incontrati domenica 18
gennaio alla Colletta di Cumiana, nella simbolica staffetta che ha unito il Parco
montano dei Tre Denti e del
Freidour alla montagna di
Piossasco. La straordinaria
partecipazione ha quasi colto
di sorpresa gli Amici del
Monte San Giorgio che hanno organizzato l’iniziativa
con la collaborazione dell’Aib, delle Guardie ecologiche volontarie, delle amministrazioni di Cumiana e Piossasco. Dalle «Casa Martignona» di Piossasco è giunto il
gruppo più numeroso, oltre
100 appassionati (compresi il
sindaco di Cumiana e assessori dei due Comuni) che.
Pensionati
Per una
verifica
dei servizi
L’Auser (associazione per
l’autogestione dei servizi e la
solidarietà) e il sindacato
pensionati Spi-Cgil hanno distribuito nelle scorse settimane un questionario sul funzionamento dei servizi socio-assistenziali in vai Pellice. «Abbiamo intenzione - spiega
Sergio Pasetto, dello Spi - di
predisporre una piattaforma
rivendicativa nei confronti
della Comunità montana e dei
Comuni della valle allo scopo
di migliorare la condizione
socio-assistenziale degli anziani». Le due associazioni
hanno costituito una commissione mista che ha proposto il
questionario: «Solo conoscendo le aspettative e i problemi dei cittadini possiamo
calibrare delle richieste agli
enti pubblici», continua Pasetto. Il questionario, che andrà restituito entro il prossimo fine settimana alle sedi
Spi-Cgil di Luserna e Torre
Pellice, spazia dalla conoscenza e dal grado di apprezzamento dei servizi domiciliari, alla valutazione sulle
iniziative dei centri di incontro e ancora alla condizione
abitativa, ai trasporti, alle
proposte per il tempo libero e
all’assistenza sanitaria.
partiti alle primi luci dell’alba, in 6 ore hanno percorso
tutto il crinale della montagna; altri 50 escursionisti
hanno raggiunto da Cumiana
la «casa del parco», da cui sono saliti per un ripido sentiero
nel bosco alla borgata Moncalarda per poi seguire il crinale panoramico fino alla
Colletta di Cumiana.
Il successo delle escursioni
ha sancito nel modo migliore
l’avvio della collaborazione
fra le amministrazione di
Piossasco e Cumiana, per realizzare i parchi e per valorizzare la conca del Chisola, già
discussa il sabato precedente
nel convegno «la valle dei
due parchi». Nella sala Felice
Carena di Cumiana, le iniziative avviate sulla montagna di
Piossasco e nel Parco montano dei Tre Denti e del Freidour, illustrate dagli Amici
del Monte San Giorgio e dagli assessori Paolo Foietta e
Pasquale Giuliano, si sono
confrontate con il sistema dei
parchi provinciali descritto da
Marco Delleani, direttore del
Parco naturale del Lago di
Candia, e con le prospettive
di occupazione offerte dal turismo naturalistico e escursionistico. A questo punto non
resta che attendere l’effettiva
istituzione dei parchi: Valter
Giuliano, assessore alle Risorse naturali e culturali della
Provincia di Torino, nel suo
intervento ha assicurato che i
tempi saranno abbastanza rapidi; dunque il Monte San
Giorgio, i Tre Denti e il Freidour dovrebbero diventare
presto area protetta.
contro dal titolo «17 febbraio
1848; libertà ai valdesi» che
vedrà in veste di relatore il
sindaco del paese, Giustino
Bello, che è stato anche uno
dei promotori dell’iniziativa
del 16 febbraio.
«Il nostro - dice il sindaco vuole essere un gesto di simpatia nei confronti dei valdesi
e anche un gesto per sottolineare l’importanza storica dei
fatti occorsi 150 anni fa. Il
falò sarà “il falò della libertà
e della tolleranza” e invitiamo la popolazione della vai
Noce a partecipare. Il mio interesse personale per le vicende dei valdesi risale ai
tempi dell’università, d’altra
parte il gesto storico di Carlo
Alberto è stato un atto molto
importante.
Nell’incontro di venerdì
30, che è inserito all’interno
di un ciclo di conferenze organizzate in collaborazione
tra il gruppo giovani e il Comune a cui sono invitati tutti,
si vuole dare il quadro storico
giuridico delle “Lettere Patenti”, vedendo la leggi che
hanno riguardato i valdesi
negli ultimi 300 anni fino ad
arrivare alla Costituzione della Repubblica del 1948».
Piemonte
Carburante
nuova rete
di distributori
Sono circa 600 i distributori di carburante attivi in Piemonte, dei quasi 2.400 presenti, che potrebbero chiudere nei prossimi due anni per
effetto del decreto legislativo
sulla ristrutturazione della rete dei distributori. Negli ultimi 15 anni le chiusure hanno
già riguardato oltre 1.300 impianti sebbene l’erogazione
per ogni distributore sia passata da 435 metri cubi annui
nell’80a 1.030nel ’95.
Fra i 1.209 Comuni piemontesi, 347 sono sprovvisti
di distributore anche se la si
tuazione delle diverse province è molto diseguale; nel Verbano la metà dei Comuni i
senza impianto; la provincia
di Torino (86 su 315) sembra
collocarsi tra i due estremi
«Stiamo valutando a livella
tecnico - dice l’Assessore
Picchetto - le possibilità di
intervento della Regione, ir
collaborazione con gli enti locali, per evitare che la razionalizzazione porti a concentrare eccessivamente gli impianti in certe are».
Chiesa valdese di Pinerolo
Per ricordare
le «Lettere Patenti»
In occasione del 150° anniversario della firma delle
«Lettere Patenti» con cui il re
Carlo Alberto concedeva ai
valdesi (e in seguito agli
ebrei) il godimento dei diritti
civili, la Chiesa valdese di Pinerolo organizza una serie di
manifestazioni, a cui invita la
cittadinanza pinerolese, il cui
svolgimento sarà il seguente:
giovedì 5 febbraio, nella chiesa di San Domenico, alle ore
20,45, conferenza del prof.
Grado Merlo sul tema: «Dissidenza e libertà. Le esperienze valdesi nel Medio Evo».
Seguirà un momento teatrale
in cui l’Assemblea teatro di
Torino presenterà alcune scene del suo spettacolo «Fuochi» e la lettura di alcuni testi
medievali.
Mercoledì 11 febbraio, a
Palazzo Vittone (sala Mostre), alle ore 20,45, conferenza del past. Giorgio Tourn
sul tema: «La libertà negata.
La vita nel ghetto alpino».
Parteciperà la corale valdese
di Pinerolo.
Lunedì 16 febbraio, in piazza d’Armi, alle ore 20 accensione del falò, seguita da una
fiaccolata che raggiungerà il
Associazione Amici ospedale valdese
di Torre Pellice
Con l’inizio del 1998 l’associazione ha una nuova
cassiera: la rag. Paola Rostan.
il pagamento delle quote di associazione o per
qualsiasi comunicazione, rivolgersi a lei.
Il suo indirizzo è; 10066 Torre Pellice.
Via Bouissa 13. Tel. 0121/91553.
Per
EDGARDO POGGIO S.A.S. ASSICURAZIONI
Agente generale
Maria Luisa POGGIO GÖNNET
Via Raviolo, 10/A
Tel. 0121-794596
10064 Pinerolo
FAX 0121-795572
tempio in via Diaz, dove»
terrà un momento di riflessi
ne, con letture di testi significativi e di canti e con la p»
tecipazione della compagnii
Nonsoloteatro, che presenten
un’anteprima del suo spetta
colo «Il nido dell’orso». Martedì 17 febbraio, nel tempio,
alle ore 10, culto di ringraziamento e, alle ore 19,30, agapi
fraterna.
Nell’organizzare le manifestazioni sopra indicate, la
Chiesa valdese di Pinerolo
vuole porre all’attenziont
della gente il fatto che il riconoscimento dei diritti civili
non fu una conquista solo pel
i valdesi e gli ebrei, ma fu uo
passo in avanti per tutta la
società piemontese del tetri;
po. 11 secondo pensiero che»
vuole esprimere è che la lotta
per la libertà non è mai finita:
ia dissidenza nonostante la
persecuzione nel Medioevo,
la pazienza nella vita del
ghetto, sono stazioni verso la
libertà. Ma anche dal 1848 iJ
poi, nonostante le leggi e le
«patenti», tale libertà dovette
essere conquistata contro le
forze che in essa vedevano
una minaccia. Non è diverso
oggi, e il fatto che in questa
direzione si sia fatta molta
strada non significa ancora
che si sia arrivati alla meta e
tante sono le libertà che ancora vanno conquistate per la
coscienza di molti.
I distretto
Incontri
pastorali
Il 31 gennaio, alle 9,15,
nei locali della chiesa valdese di Pinerolo, incontro
dei pastori del 1° distretto;
meditazione di Paolo Ribet,
introduzione di Yann Redalié sul tema «Le pastorali»II 3 febbraio nuovo incontro, stessa ora, con meditazione di Vito Gardiol. _
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della Federazione Donne Evangeliche in Italia
La V assamblaa dal Foram
Sulla costruzione della nuova realtà europea anche le donne cristiane vogliono dire la loro. E lo faranno a Madrid dal 4 al IO giugno prossimi, durante l’Assemblea generale del «Forum ecumenico delle donne cristiane d’Europa». 11 tema
dell’assemblea è: «Incontro al nuovo millennio con speranza».
Vi è, tra le donne cristiane europee, una forte coscienza della responsabilità che abbiamo, come credenti, di fronte a tutto il mondo. Ci troviamo infatti a vivere e a testimoniare la nostra fede, in quella «regione» del mondo, cioè l’Europa, che è stata il fondamentale centro di diffusione e trasmissione del cristianesimo. Non solo, ma la cultura
cristiana è stata una dei «collanti» fondamentali delle popolazioni e delle nazioni europee. Se molte cose stanno cambiando, nelle nostre società, quali sono le questioni che,
più di altre, vanno sottolineate, ribadite e rilanciate nell’affrontare la nuova avventura di
un’Unione europea che intende rimanere aperta verso le altre nazioni dell’Est europeo o
del Mediterraneo?
Attraverso un lungo percorso di preparazione all’Assemblea, il Forum ha enucleato
numerosi temi che saranno analizzati e discussi in appositi gruppi di lavoro. L’obiettivo è
quello di permettere a donne, che vengono dalle più diverse parti d’Europa, di confrontarsi, di dialogare, di impegnarsi per delineare proposte di lavoro per i prossimi anni,
fondamentali per la costruzione della «nuova» Europa.
Ci saranno quindi sessioni di lavoro che tratteranno le seguenti questioni: il fondamentalismo e il dialogo interreligioso, la fede islamica e il confronto islamico-cristiano, i flussi
migratori, le loro ragioni e i loro problemi, il razzismo, i popoli nomadi, le donne nelle
chiese, la violenza (includendone gli aspetti della sessualità e della «tratta delle donne»), il
futuro dei bambini e il rispetto per i loro diritti, lo spazio per gli anziani nelle politiche
sociali, l’impatto della tecnologia genetica, la bioetica, la vita in un’Europa «sostenibile»,
il rapporto con il Terzo Mondo, le politiche energetiche, l’occupazione e la disoccupazione, come sedare i conflitti senza violenza, l’autovalorizzazione e l’alleanza fra donne.
L’elenco delle questioni è, quindi, molto lungo, ma non è stato possibile accantonarne
neppure una dall’agenda di Madrid: si sarebbe perso di vista l’impegno o l’elaborazione
originale di un gruppo o dell’altro. 11 mondo delle donne è molto vario e molto ricco; le
donne hanno molti interessi ed è giusto che, a Madrid, si esprima tutto il loro potenziale-, anzi deve essere visibile, l’Europa cristiana al femminile: un mondo che speso è stato
nascosto o sottovalutato. 11 Forum, attraverso la sua quinta Assemblea, vuole dare la
possibilità a tutte di porre le domande che più premono loro o di offrire le soluzioni che
loro sembrano più opportune. Dare voci alle credenti, ascoltare le loro esperienze, riflettere attraverso la loro originale elaborazione: è questo l’obiettivo primario della quinta
Assemblea.
D’altra parte la seconda Assemblea ecumenica di Graz del Giugno ’97, ha insegnato, a
tutte le chiese cristiane, che non è più tollerabile decretare l’ostracismo alle donne, neppure nell'ambito della teologia e dell’annuncio della Buona Novella. A un anno di distanza, nel giugno ’98, le donne cristiane ribadiranno che il popolo di Dio è composto anche
da donne. Non solo, ma a Madrid ricorderemo anche che tutti, uomini e donne, siamo
corresponsabili dei mali dell’Europa: quelli di ieri, perché anche molte donne hanno sostenuto nazismo, stalinismo, franchismo, fascismo, salazarismo, o quelli di oggi,
perché troppe donne dimenticano i principi di solidarietà, di giustizia sociale, z' ^
di amore del prossimo.
Le donne cristiane d’Europa, preparandosi all'appuntamento di Madrid, ricordano che un carico, non piccolo, grava anche sulle loro spalle: se uomini
«potenti» hanno potuto governare in regimi liberticidi (quindi ponendosi con
tro il disegno di Dio che assegna dignità, responsabilità e libertà ad ogni essere umano)
è anche perché troppe donne cristiane si sono impegnate molto «tiepidamente» nel loro
ruolo di testimonianza e di educazione alla nonviolenza. Se deve nascere una «nuova»
Europa, le donne cristiane devono assumersi le loro responsabilità: non basta dire «non
avevamo potere», «non contavamo nulla»!
Le donne, trovandosi con altre donne, non potranno non riconoscere che hanno,
sempre e comunque, influenza sui loro familiari e, quindi, hanno anche una responsabilità nella formazione delle nuove generazioni. A Madrid il primo, fondamentale impegno
da prendere, sarà proprio questo: mai abbassare la guardia, mai arrendersi, anzi, mantenere alta la nostra testimonianza anti violenza, anti prevaricazione e prò agape. In tutti i
campi, in ogni ambiente, ovunque ci si trovi a vivere. E solo partendo da queste premesse cÌDe si potrà ragionare su quale contributo, originale, le donne cristiane possano dare
andando incontro al nuovo millennio.
La Federazione donne evangeliche in Italia (Fdei) porterà alla V Assemblea tre questioni:
- la necessità di un continuo, quotidiano impegno contro la violenza nelle sue varie
forme, in specifico sottolineandone due aspetti: la «tratta delle donne» (dai paesi più poveri per renderle «schiave») e la cultura di paura e di morte delle organizzazioni malavitose, un cancro che corrompe sempre più la nostra società;
- la partecipazione a ogni battaglia, di tipo legislativo o culturale, per la salvaguardia
del creato. La tutela della natura e dell’ambiente è, ormai, un costante punto di riferimento nella riflessione biblico-teologica della Fdei: ne sono prova sia i due studi preparati per il 1997 e per il 1998, sia l’intensa partecipazione alla raccolta di firme a favore
di una più coerente difesa del clima;
- l’impegno costante e quotidiano per la valorizzazione delle donne, non solo in un’ottica di pari opportunità fra uomo e donna nello studio, nelle chiese, nel lavoro, nella
progressione professionale (oltre che nella vita sociale e politica), ma anche attraverso
«esperienze pilota» per acquisire o rafforzare valori innovativi, profondamente radicati in
una cultura «femminile» di partecipazione e solidarietà.
A Madrid, inoltre, manterremo costante la nostra attenzione e cura verso le giovani
generazioni di donne. Non possiamo nasconderci di aver già conquistato più ampi spazi
di visibilità e di responsabilità, rispetto alle nostre madri o alle nostre nonne, ma siamo
anche coscienti di quali e quanti prezzi abbiamo pagato. Non vorremmo che le giovani
«mollassero la presa» e pensassero che tutto è stato già fatto. Dalla V Assemblea del Forum inviteremo le più giovani a riflettere su quanto è stato fatto e forse, anche, a correggere gli errori commessi; soprattutto, a continuare il cammino. Ciascuna generazione
deve assumersi il carico delle proprie responsabilità verso Dio e verso il prossimo; il nuovo millennio sarà, soprattutto, il teatro della «loro» testimonianza. Un’alleanza intergenerazionale fra donne può garantire ad ogni comunità cristiana di essere, aH’interno dei diversi popoli o nazioni, quella società di eguali in cui ciascuno, riconoscendosi «creatura»
rinvia al Dio Creatore che, «uomo-donna» li creò.
Dorìana Giudici
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Che ti riguarda?
Pietro, voltatosi, vide venirgli dietro il discepolo che Gesù amava; quello stesso che durante la cena stava
inclinato sul seno di Gesù e aveva detto: “Signore, chi è che ti tradisce?” Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: “Signore, e di lui che sarà?”. Gesù gli rispose: "Se voglio che rimanga finché io venga, che t’importa? Tu,
seguimi”.
(GiOù.21,20-22)
«Che ti riguarda? Tu; seguirnì» Veramérite, in tutte le Bibbie che ho consultato, la traduzione di questa prima frase è:, «che t’importa». Questo «che t’importa» non mi è mai piaciuto perché suona come un duro rimprovero invece
di un saggio consiglio dato da Gesù a Pietro. .
L’atmosfera del colloquio che il Dlaestrò ha con lui è così ricca, intima, carica di assicurazioni e di importanti
prospettive da non dover essere turbata da un’espressione così incisiva. Per cui, confortata dalle traduzioni che risultano uguali di una vecchia Bibbia in latinó e da quella del pastore Bénsi, in greco, ho sostituito quel che t’importa con «che É riguarda» che suorilicertaménte meno duro e perentorio. ■
Tornando al testo abbiamo bisogno di capire perché Gesù dice queste parole a Pietro. Leggendo dai versetto
15, sempre del capitolo 21, sappiamo che Gesù chiede a Pietro, per ben tre volte, se lo ama ancora, nonostante
riceva risposta affermativa. Alla fine Pietro si rattrista e risponde: «Signore, tu sai ogni cosa». È la confessione che
non ha avuto il coraggio di fare,
Vedendo venire dietro di sé Giovanni , Pietro chiede: «Signore, di lui che sarà?». Gesù gli risponde: «...che ti riguarda, tu seguimi». Tu seguimi, due soie parole, un pronome e un verbo, ma un compito per la sua vita futura. Tu
è un pronome personale che si usa per riferirsi a una sola persona, per estrarre l’individuo dalla massa dell’anonimato e portarlo allo scoperto, per considerarlo singolarmente e attribuirgli un ruolo.
Con questo tu, Gesù chiude il suo incontro con Pietro,
lo tira fuori dalla sua angoscia, dal ricordo della sua debolezza e gli attribuisce il ruolo che non avrebbe mai
osato sperare. «Pasci le mie pecore» dice affidandogli
quella esigua schiera di testimoni della Verità che l'ha seguito per le strade della Galilea e che ora ha perduto la
guida. Non è una Investitura, ma un servizio. Il verbo è
al tempo presente: Seguimi, cioè continua ciò che io ho
intrapreso. Ora, da questo momento in poi, la tua volontà è proseguire il mio cammino, sembra dire Gesù a
Pietro. Il tuo riscatto è cominciato a maturare oggi.
L’oggi è il tempo di Dio. È solo nell’oggi della nostra
vita che Dio décide di incontrarci; che ci invita a entrare
ih comunione con lui. Egli parla a ognuno di noi nella
nostra quotidianità. C^ni giorno può essere l’oggi di Dio
per ciascuno.
Tea Tonarelli
Preghiara
O Signore, Tu dai luce
alla nostra lampada,
Tu rischiari le nostre tenebre,
la Tua parola è una lampada
per i nostri passi
e una luce sul nostro sentiero.
Allontana il buio dal cuore
e dona chiarezza ai nostri sensi.
Sostieni il nostro cuore vacillante
e neH’oscurità del cammino guidaci Tu.
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21
La Giornata di nnondiale di preghiera dagli inizi al 2002
(In po' di storia deiio Gmp
La nuova generazione
Donne malgasce
Nel 1887, preoccupate
per le conseguenze
della schiavitù e per le
condizioni di vita degli immigrati, alcune donne laiche
americane, appartenenti alla
chiesa presbiteriana degli Stati
Uniti, lanciarono un appello
per una giornata nazionale di
preghiera. Altre dònne appartenenti a altre confessioni si
unirono ad esse.
Nel 1890 nasce tra le donne
battiste «una giornata di preghiera per la missione straniera». Le due giornate vengono
in seguito riunite in un’unica
giornata di preghiera per i
problemi nazionali e mondiali.
Nel 1920, la Gmp prende
l’avvio in forma più ufficiale e
un Comitato, appositamente
costituito nel 1919, invita tutte
le donne di ogni chiesa a celebrare, annualmente, la giornata mondiale di preghiera il primo venerdì di Quaresima. Viene proposto l’utilizzo di un materiale comune per un tema
comune. La colletta è destinata alla missione negli Stati Uniti e oltremare.
Nel 1941, negli Stati Uniti si
costituisce il movimento
«Church Women United». È un
movimento nazionale e interconfessionale che si assume la
responsabilità della Gmp, divenuta, nel frattempo, un’azione
comune a numerose donne nel
mondo.
Nel 1969, l’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche nel mondo decide di rinunciare alla sua giornata internazionale di preghiera per unirsi alla Gmp.
La Gmp si è quindi estesa
grazie a delle donne e coloro
che, venute da ogni parte del
mondo, parteciparono alla
Conferenza missionaria internazionale di Gerusalemme, nel
1927, definirono la Gmp un
movimento intemazionale.
La Gmp è quindi un movimento universale di donne cristiane di ogni tradizione che
ogni anno si riuniscono localmente per vivere in comune
una giornata di preghiera e di
solidarietà. Questo movimento
si è via via ampliato ed ha rag
giunto 170 paesi, sia pure in
tempi diversi. In Giappone, ad
esempio, la Gmp ha avuto inizio nel 1932, mentre le donne
della Bulgaria hanno potuto
celebrare la Gmp, per la prima
volta, nel 1989.
La liturgia scelta ogni anno
da un diverso paese del mondo
è sempre stimolante ed arricchente. Nel 1967 è stato creato un Comitato internazionale
che si riunisce, ogni quattro anni, sempre in un paese diverso.
A questo Comitato si riferiscono i comitati regionali e nazionali. Ed ecco le liturgie della
Gmp programmate per i prossimi anni: 1999, donne del Venezuela, «La tenerezza di Dio»;
2000, donne dell’Indonesia,
«Talitha Kumi! Giovane donna,
alzati!»; 2001, donne della Samoa Qccidentale, «Informarsi,
pregare, agire»; 2002, donne
della Romania, «Chiamati/e alla riconciliazione».
Laura Gelso
Hanta è una giovane donna
del Madagascar che lavora in
Italia a seguito di un accordo
con la Comunità evangelica di
azione apostolica (Cevaa); è
laureata in lingue e, con suo
marito Rija, proviene da Antananarivo, capitale del Madagascar.
- Ormai sono due anni che
vivi e lavori in Italia. Che cosa ti ha colpito di più della
vita delle donne italiane?
«Non è semplice rispondere
perché vivo e lavoro in un
paese della Sicilia, quindi ancora una volta in un’isola e,
per di più, in un Centro comunitario come quello del Servizio cristiano di Riesi e pertanto
con una sorta di protezione attorno a me. Più che una visione della donna italiana, posso
dire di aver conosciuto la donna europea in generale perché
qui c’è molto passaggio di ragazze svizzere, tedesche e
olandesi. Ho lavorato a fianco
di una giovane dònna siciliana
fino all’autunno scorso e ho
trovato in lei molte più cose in
comune che non con le altre».
- Pensi che da noi la donna
abbia raggiunto una sua autonomia e quindi sia più forte il
desiderio di affermarsi?
«Ho visto che, specialmente
nelle città, molte donne studiano fino all’università. Ho conosciuto donne professioniste
“molto in gamba”, come dite
voi, però devono lottare più
degli uomini per farsi strada e
non devono mai cedere se vogliono “arrivare”. Insàmma,
ho imparato che... “tutto il
mondo è paese”!».
- Che posto occupa la donna nella chiesa in Madagascar?
«Le donne in Madagascar
fanno le medesime cose che
fanno le donne qui in Italia,
Nella chiesa malgascia hanno
comunque un ruolo importante perché frequentano di più le
attività rispetto agli uomini. Attività in comune e attività tutte
femminili. Si occupano dell’accoglienza, visite ai malati,
gruppi di cucito, gruppi di studio biblico e scuola domenicale. E ora aumentano pure le
donne che studiano teologia».
- Qual è il ruolo della donna fuori dalla chiesa?
«La vita della donna in Madagascar è molto dura perché ha
sulle spalle la cura della casa,
dei figli, del marito e dei genitori anziani. Inoltre i lavori dei
campi sono svolti in gran parte
dalle donne. Ad esempio, per
la coltivazione del riso i ruoli
sono divisi così: l’uomo prepara il terreno per la semina e taglia il riso quando sarà maturo.
La donna fa tutto il resto: semina, trapianta e trebbia. Inoltre
la donna, con l’aiuto dei bambini, provvede alla provvista
della legna (taglio e raccolta)».
- Come è invece la vita della donna di città?
«E dura ugualmente. Mi riferisco alle donne con poca istruzione e poco reddito. In città ci
si mimetizza, ma si soffre come
in campagna e ci si deve accontentare di lavori a basso
reddito. Le donne giovani fuggono dalla campagna per lavorare in città come domestiche o
presso aziende familiari di fabbricazioni di indumenti. Voglio
però sottolineare che la donna
che frequenta la chiesa protestante ha un vantaggio sulle altre: il confronto, lo studio diretto della Scrittura e la ricerca biblica».
1/
La colletta della Gmp
Non basta leggere, riflettere e scambiarci pareri. Non basta che agli altri si pensi il Signore. E importante anche, accanto alla preghiera e alla meditazione, la nostra azione concreta che si esprime con il sostenere un programma di aiuto. Quest’anno la colletta verrà devoluta a tre progetti nel
Madagascar:
- il primo per la formazione professionale delle ragazze. A
Tsaratanana, città nella boscaglia, verrà creato un centro
per la formazione professionale con corsi di alimentazione e
di cura dei malati;
- il secondo punta a una base minima di nutrimento e formazione. La scuola «Givelet», nella periferia di Fianarantsoa,
progetta un allevamento di polli per procurare nutrimento e
un introito minimo alle famiglie degli allievi;
- il terzo è destinato alla sericoltura, ossia aH’allestimento
di una base nel villaggio Betsizaraina, dove un gruppo di
donne intende piantare dei gelsi per allevare bachi da seta e
con la seta confezionare manufatti.
Questi progetti, per le donne malgasce, sono importanti e
il nostro contributo diventa indispensabile per poterle aiutare
a realizzarli. Cerchiamo di essere generosi/e!
Le collette vanno inviate a:
MARINA BERTIN, via OLIVET 12- 10062 LUSERNA S. GIOVANNI (TO)- CCP36083103
S «Fihavanana»
(In salato
da lontano
L'invito delle sorelle del Madagascar
Capirsi a amarsi
La liturgia della Giornata
mondiale di preghiera (Gmp)
di quest’anno è stata preparata
grazie alla collaborazione tra
chiese cattoliche, anglicane
riformate e luterane del Madagascar, Il comitato nazionale è
composto dalle rappresentanti
di ogni denominazione ecclesiale presenti nella Grande Isola, dalla federazione delle donne luterane e riformate, dalle
mogli dei moderatori di ogni
chiesa.
La coordinatrice del gruppo
di lavoro, Elisabeth Rasoanatuandro, nel porgere a tutte le
donne cristiane un caro saluto,
sottolinea la scelta unanime
del tema: «Fihavanana», termine che definisce il legame che
unisce le relazioni umane.
«Fihavanana» è un comportamento affettuoso che il cristiano/a ha ogni giorno nei confronti del suo a amico/a; è una
relazione di parentela; è anche
ricerca di collaborazione e di
dialogo per favorire l'amicizia
sincera che vale più dei soldi.
«Chi è il mio prossimo?», andiamo a cercarlo con... «Fihavanana».
A tutte voi l'augurio di un
buon lavoro!
Vololona Andriamitandrìna
Ormai, dopo tanti anni, la Giornata mondiale di preghiera
(Gmp) è come un corso d’acqua che non si prosciuga, anzi
ci piace pensare che ingrossi e
si riversi ad annaffiare
un’estensione sempre più vasta di terreno. Sempre più
donne cristiane del mondo attingono da questo corso d’acqua nuovo desiderio di approfondimento della Scrittura,
di conoscenza di altre sorelle
per una migliore e reciproca
comprensione.
Quest’anno il passo biblico
su cui meditare ci viene proposto dalle donne del Madagascar: è il testo di Luca 10.
Con la lettura e la meditazione
in comune del brano proposto
impareremo non solo a conoscere le usanze, le necessità
delle donne malgasce, la loro
fede e il loro modo di viverla,
ma forse riusciremo anche a
rispondere alla domanda, che
tra l’altro fa da titolo all’opuscolo della liturgia, «Ma chi è il
mio prossimo?» (Le. 10, 29) .
Tapa-balala iray ifanapahana! Capirsi e amarsi fino a
condividere anche l’ultima
mezza cavalletta! Questa esortazione delle donne del Madagascar spiega molto bene la
grandezza e l'importanza
dell'amicizia, dell'amore per il
prossimo. Le nostre sorelle di
quest’isola dell’Oceano Indiano
ci ricordano che le relazioni di
parentela, affettive, esistevano
già quando ancora non esistevano l’agricoltura, la pastorizia, il commercio. Le relazioni
interpersonali sono nate prima
di tutti gli «interessi». Cerchiamo quindi di riscoprirle!
Il verde dell’isola, la zona
tropicale, il clima temperato di
cui leggiamo sui libri e sulle
guide turistiche ci possono indurre a un’errata interpretazione della vita che vi si svolge
e delle necessità della popolazione locale. Come tutti i paesi in via di sviluppo, il Madagascar deve affrontare innumerevoli problemi e difficoltà.
Le donne malgasce sono
impegnate, come tutte le donne del mondo, nella lotta quotidiana per una vita più vivibile, nella ricerca di una miglio
re crescita spirituale. Mente
studieremo, nei nostri gruppi,
il documento preparato p0
noi da queste sorelle, preghiamo per tutto il popolo malgascio e in particolare per li
donne sulle cui spalle pesa ancora il maggior sforzo per la
conduzione della casa, della
famiglia e, quindi, della società. Accogliamo il loro invito
inquietante, ma chiaro: «Capirsi e amarsi fino a condividere anche l’ultima mezza cavalletta».
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Attraverso la Sicilia con una storia di resistenza tutta al femminile
Incontrarsi e... «raccontarsi»
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Doriana Giudici e Bruna Peyrot hanno tenuto una serie di conferenze in dicembre nella Sicilia orientale: Doriana, nella
qualità di presidente Fdei e
Bruna, come autrice del libro
«Prigioniere della torre».
La Federazione donne evangeliche in Italia (Fdei) ha avviato un lavoro di sistemazione
dei suoi archivi, che avrà la
sua inaugurazione ufficiale l’8
marzo 1998, a Torre Pellice.
Ciò non vuole essere tanto
una sistemazione cartacea della corrispondenza, ma intende
essere un punto di riferimento
delle donne evangeliche federate, che desiderano tenere un
archivio che tramandi nel tempo l’apporto che esse hanno
dato nella diffusione e nella testimonianza dell’Evangelo. È
una ricerca di carattere storico-biblico, che si avvarrà degli
studi compiuti da storiche e da
pastore evangeliche. E per
questo che è nata l’idea di un
tour in Sicilia, durante il quale
si è parlato della Fdei e del libro citato. A Catania rincontro si è svolto presso l’Università e ha visto coinvolte la
prof. Emma Baeri, che ha
presentato il libro, le assessore
alla Cultura e alla Pubblica
istruzione, oltre alle chiese valdese e battista. A Lentini rincontro si è svolto nella chiesa
battista, sponsorizzato dall’Associazione teatrale «1 Triaggianti». Poiché in entrambe le
località è stata possibile la presenza delle due sorelle, l’inizia
tiva ha assunto la veste di una
tavola rotonda dal titolo: «Prigioniere .di ieri e di oggi». A
Siracusa l’incontro, tenutosi
nella chiesa battista, è stato
sponsorizzato dal Centro culturale «M. L. King».
La presentazione del libro
ha rispolverato vecchie nozioni
di storia, che studiate a scuola
risultavano noiose pagine, senza interesse. Rivedere quelle
nozioni, collegate a storie vere, vissute dalle protagoniste
del libro, ci hanno fatto ingoiare le date e i nomi con più entusiasmo. Ci siamo ritrovate
nella Francia settecentesca dove l’assolutismo monarchico di
Luigi XIV, detto «Re Sole», vietava ai sudditi protestanti di
professare liberamente la loro
fede (revoca dell’Editto di Nantes, 1685). Ottantaquattro
donne furono imprigionate
nell’oscura e maleodorante
torre di Costanza che incombeva sulla cittadella di AiguesMortes e sugli stagni salati della Camargue. Separate dalle
loro famiglie e soffrendo l’interminabile prigionia resistettero per decenni nella torre senza piegarsi al ricatto dell’abiura, spesso a prezzo della vita.
Ne uscirono dopo quarant’anni, vecchie, indebolite, ma oltremodo forti dei valori che le
avevano unite nella resistenza:
la tolleranza, la giustizia e la fede. Questi valori le prigioniere
ci hanno trasmesso attraverso
lettere e documenti, con i quali
riuscivano a mantenere un esile contatto col mondo esterno.
Bruna ha poi continuato la
narrazione delle vicende dei
protestanti riformati di Francia
coinvolgendoci con passione e
sensibilità nell’esplorazione di
quel mondo, dove il giorno
con la sua prolifera attività, il
profumo delle erbe, il soffio
dei venti, non era veramente
giorno per chi tratteneva nel
cuore la fede riformata. Essa
fluiva liberamente nelle assemblee clandestine, con la complicità della notte, delle rocce e
della folta vegetazione. La torre di Costanza, simbolo di oppressione, è diventata simbolo
di resistenza. Fin qui la storia
passata.
Doriana Giudici ha continuato la linea della storia fino ai
giorni nostri, riprendendo la
parola «Resister». Ancora scolpita sulle pareti della torre essa
è il motto che deve accomunare ancora oggi noi donne. Resistere insieme in un mondo
dove sono crollati molti ideali e
valori. Doriana ha parlato animatamente della Fdei, della
presenza significativa delle
donne nel mondo protestante
e non, del contributo non previsto che le donne hanno dato
all’Assemblea ecumenica di
Graz. Ha sottolineato l’importanza della proclamazione di
valori quali la tolleranza, la riconciliazione, in modo particolare tra uomo e donna. Motivate dalla fede, possiamo incontrare su un terreno comune
chi, dopo il crollo dell’Est europeo, non coltiva più ideali e
speranze. La prigionia delle
donne della torre significa per
noi oggi diritto di essere e libertà di proclamare. 11 nostro
ruolo è quindi quello di suscitare speranza in un mondo che
si appiattisce sempre più.
Tanto a Catania quanto a
Lentini e a Siracusa, era presente un pubblico molto vario:
da alcune autorità locali ai
membri di chiesa, alle insegnanti, all’ex coordinamento
Udi, ai cattolici, alle sorelle
pentecostali e luterane. Questa
iniziativa ha suscitato molto interesse per la storia che va studiata con più attenzione, anche nei gruppi femminili come quelli di Lentini e di Siracusa (collaudati ormai da anni) e
quello di Catania (che si è ricostituito nell’ultimo anno e, attualmente, è impegnato nello
studio del libro «Gesù incontra
le donne» di Elisabeth Moltmann), che sono una vera ricchezza per le comunità locali.
La Fdei è la «nostra» Federazione, che ci collega, ci stimola, ci arricchisce tanto più
quanto noi siamo aperte ad essa. In un tempo in cui l’identità
è sobillata per spezzare equilibri precari o consolidati, come
cristiane/i dobbiamo radicare
la nostra identità evangelica a
Cristo, che ci unisce nel rispetto dell’altra/o, a prescindere
dalla confessione, dalla nazionalità, dallo stato sociale. Questo hanno fatto le nostre antenate, speriamo di resistere anche noi.
Nunziatina Formica
Elena Chines
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Preghiamo danzando
Desideriamo proporvi questa «Canzone della danza» che è stata inserita in uno dei moltissimi programmi di «liturgia e meditazione» che si sono svolti a Graz, durante la 2- Assemblea ecumenica (23-29 giugno 1997).
Mercoleti sera, 25 giugno, nella cattolica Stadtpfarrkirche, al centro di Graz, si è riflettuto sul tema: «La riconciliazione ha bisogno di giustizia. La pace ha bisogno di riconciliazione». All’evento hanno partecipato la teologa e pastora luterana Rut Rohrandt, il
vescovo ortodosso Irinej Bulovic, il cardinale Carlo Maria Martini, l’anglicano rev. Paul Qestreicher.
La «Canzone della danza» composta da Martin Cuti, è stata rappresentata dal gruppo di ballo «Shulamit» con la coreografia di Angelika Szlezak (insegnante di danza e liturgia all’Università di Vienna).
Recuperare il corpo attraverso il quale poter esprimere lode, ringraziare e pregare il Signore può essere senz’altro un linguaggio
significativo che va riscoperto anche per ripensare i nostri culti.
CfiNZONE dalla D^NZfl
Danza, Èva
Danza, Adamo
Danzate, esseri umani
perché siete stati creati liberi!
Votati alla libertà per volere di una mano creatrice.
Non siete stati forgiati per qualsivoglia destino.
Non siete stati legati a qualsivoglia demone.
Non siete stati incatenati a qualsivoglia dio.
Danzate con i vostri occhi e con le vostre mani!
Danzate con tutto il vostro corpo,
danzate come un raggio di sole sull’onda,
danzate come una colorata foglia d’autunno,
danzate, sotto la volta celeste,
la danza degli esseri umani!
E mentre danzerete cielo e terra
saranno una cosa sola;
tu ed io, siamo una cosa sola!
Con la vostra danza, metterete in moto tutto,
come fa la pietra scagliata
in uno stagno, che muove cerchi su cerchi!
Il Creatore è in attesa della vostra danza!
Danzate, esseri umani.
Avete ragione di danzare, di fronte a voi sta l’infinito.
Non vi è alcuna fine per la vostra immaginazione
e per la vostra meraviglia.
Voi potete ancora realizzare e scoprire cosi tanto!
Uscite dalle vostre piccole avidità,
voi potete conquistare l’infinito universo!
Non rimanete più a lungo nel vostro isolamento.
Danzate! Danzate verso il cuore di Dio che vi attende!
(trad. e adatt. di Doriana Giudici)
accentare e raccontarsi» è stato il
titolo del corso di
formazione, organizzato per la
Federazione donne evangeliche in Italia (Fdei) dalla responsabile interregionale. Laura
Volpi, per le donne del Piemonte, della Liguria e della
Valle d’Aosta. L’incontro si è
svolto nei giorni 17 e 18 gennaio alla Casa valdese di Vallecrosia dove la nuova direzione
e il personale, in un’atmosfera
di serenità e di grande disponibilità, ci hanno accolte.
E stata un’occasione, per le
trenta partecipanti, di trasformare in storia comune le proprie vite di evangeliche impegnate nel lavoro ecclesiastico.
L’incontro, condotto con ineccepibile abilità da Bruna Peyrot, ricercatrice storica, ha permesso alle donne, attraverso la
presentazione di personali fotografie di «solleticare» la propria memoria per poi «raccontarsi». Momenti di profonda
condivisione e sintonia si sono
avuti all’interno dei piccoli
gruppi di lavoro, dove ogni
singola ha parlato di sé, della
propria quotidianità passata e
presente, gioiosa e sofferta,
senza particolari drammaticità
proprio perché, come ci è stato evidenziato da Bruna, è insito nella cultura protestante che
la vita sia un’alternanza di momenti difficili e momenti felici.
La fede, poi, che traspare dai
racconti di queste donne non è
una cerimonia, ma una vita
che si disegna...
Insomma storie individuali
appena abbozzate che non devono essere dimenticate. E infatti l’intenzione è quella di
realizzare un «quaderno Fdei»
che presenti anche il metodo
di lavoro usato perché altre
donne provino, insieme, a valorizzare la propria storia.
Infine anche il culto a Bordighera, presieduto dalla pastora
Dorothea Müller è stato un altro momento significativo perché tutta la comunità raccolta
è stata invitata a immedesimarsi nell’attualizzazione di uno
dei tanti «racconti» di Gesù, ossia la parabola del figliol prodigo che è stata immaginata e ci
è stata presentata al femminile
con suggestione.
Soddisfatte, ma soprattutto
riconoscenti al Signore per
aver trascorso un fine settimana ricco di emozioni anche
grazie all’azzurro del cielo e del
mare e al profumo delle mimose già fiorite, ci siamo date appuntamento a Torre Pellice,
per l’8 marzo, all’inaugurazione dell’Archivio delle donne
protestanti.
Daniela Ferrare
Un percorso ecumenico europeo
Conoscare il
lavoro dal Forum
Pi
(In varsQtto biblico per il congresso Fdei
Alcuni mesi or sono abbiamo rivolto a tutti i gruppi femminili, battisti, metodisti e valdesi, un invito ad indicare un passo biblico da
<^Ui trarre il filo conduttore del prossimo congresso Fdei.
A tutt’oggi ci sono pervenuti i suggerimenti da parte delle sorelle di Scicli, Vicenza, Torre Pellice, Varese, Napoli, Roma (gruppo
ecumenico donne straniere) e Torino (una sorella ebrea, del gruppo dell’Amicizia ebraico-cristiana).
^1 invitiamo a non indugiare troppo e a collaborare per la preparazione del prossimo congresso Fdei che si terrà in autunno. La
Scheda con l’indicazione del versetto biblico deve pervenire entro marzo a: Laura Gelso, via Sant Antonio da Padova 12, 10121 (TQ)
Il «Forum ecumenico delle
donne cristiane d’Europa» si è
costituito nel 1982, con
un’Assemblea generale tenutasi in Svizzera, a Gwatt. Le
successive assemblee generali
si sono tenute: nel 1986 in
Finlandia a Jarvenpaa, nel
1990 in Inghilterra a York,
nel 1994 in Ungheria a Budapest. Gli scopi del Forum sono fondamentalmente i seguenti:
- permettere alle donne cristiane d’Europa di trovare una
comune identità;
- approfondire la loro conoscenza della fede cristiana;
- lavorare per l’unità della
chiesa e dell’umanità;
- promuovere iniziative per
lo sviluppo della giustizia e
della pace.
Il tema dei quattro anni
1994-1998 è stato «Pluralismo: promessa, sofferenza e
potere», il cui obiettivo consiste nel rafforzare la presenza
qualificata e qualificante delle
donne sul territorio. Di fronte
alle crescenti divisioni e disgregazioni di molte aree europee, il Forum si è impegnato a trasformare, attraverso
cooperazione e solidarietà,
tutte le tensioni sociali al fine
di favorire la crescita di un'Europa pluralista e multiculturale. E convinzione del Forum
che le questioni basilari della
nostra vita quotidiana non
possono più essere risolte su
base confessionale o nazionale: ormai tutti i problemi economici, politici, sociali ed ecologici hanno una dimensione
europea, anzi mondiale.
Ciascuno di questi problemi
concerne le donne; nessuno di
essi può essere risolto senza la
partecipazione femminile. Secondo le donne cristiane del
Forum è ormai tempo che le
donne esprimano liberamente
e pubblicamente i loro punti di
vista e che prendano parte attiva alla ricerca delle soluzioni
più consone: è la loro fede cristiana e la loro solidarietà ecumenica che le spinge in questa
direzione.
Il Forum, organizzazione indipendente, è presente in 29
paesi e collabora con altre organizzazioni che condividono i
medesimi obiettivi come la
Conferenza delle chiese europee (Kek), la Commissione
ecumenica Europea su «Chiesa e società» (Eeccs), il Consiglio ecumenico delle giovani
in Europa (Eyce), la Società
europea delle donne per la ricerca teologica (Eswtr), il Sinodo delle donne europee, il
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), la Federazione
mondiale delle organizzazioni
delle donne cattoliche.
Il Forum è guidato da un comitato di coordinamento composto da tre copresidenti (una
battista svedese, una cattolica
inglese, un’ortodossa finlandese) e da cinque rappresentanti
di aree geografiche (un'ortodossa romena, una cattolica
spagnola, una battista italiana,
cioè Maria Chiarelli, una riformata ungherese e una metodista inglese). La V Assemblea
di Madrid dovrà rinnovare tutto il gruppo dirigente.
Il Forum si è dato, durante
la riunione a Turku, in Finlandia, del 30 agosto-2 settembre
1997, un criterio di lavoro,
nel formare il futuro comitato
che prevede la non cumulabilità con altri incarichi e la costituzione di un «comitato per
le nomine» che deve, attraverso un lavoro di sensibilizzazione in ogni realtà, raccogliere
le proposte per i nomi da sottoporre alla verifica ed alla votazione della prossima Assemblea generale.
La trasparenza e il rispetto
di ogni meccanismo democratico, nella formazione dei
gruppi dirigenti, è un elemento discriminante nell'attività
del Forum.
12
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Il 27 e 28 marzo a Roma un convegno nazionale sulla violenza alle donne L'inaugurazione l'otto marzo
Bisogna rompare il silenzio
Qualche tempo fa iniziai
a ritagliare dai quotidiani tutte le notizie riguardanti la violenza contro le donne, tipo; «Tutte le donne di
Stevanin» (accusato di aver
«violentato, seviziato, ucciso e
tagliato a pezzi almeno sei
donne»); «Stuprata dopo la discoteca a Piacenza, tre in carcere»; «Si lancia nel vuoto dopo lo stupro»; «Padre violentatore tradito dalle microspie».
Non mancavano le notizie
dall'este'ro: Gran Bretagna,
«Dicono no alle nozze: i parenti le bruciano»; Belgio, «In casa
del mostro i cadaveri di altre
due ragazze»...
A un certo momento non ce
la facevo più di questa interminabile litania di violenze, di soprusi, di orrori, una, due, tre
notizie al giorno! Certamente
la punta dell’iceberg. Smisi di
ritagliare i giornali, ma non di
continuare a sapere. Bisogna
informarsi, bisogna rompere il
silenzio, bisogna portare questa terribile violenza sommersa
alla luce!
In Efesini 5, 13 sta scritto:
«Tutte le cose quando sono denunciate alla luce, diventano
manifeste; perché tutto ciò che
è manifesto, è luce». Infatti tutti e tutte coloro che si occupano di questo tema insistono
sull’importanza di rompere
l’omertà che continua a circondare la violenza contro le
donne, le bambine e le altre
persone a rischio come i bambini e gli omosessuali.
Rompere il silenzio, parlarne, porre la violenza contro le
donne all’attenzione delle
chiese e di tutte le persone interessate è lo scopo prefisso
del Convegno nazionale che
avrà luogo nei giorni 27 e 28
marzo presso la Facoltà valde
se di Teologia, a Roma. Col
convegno sulla violenza contro
le donne, la Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
propone, per la nostra azioneriflessione, uno degli argomenti individuati dal Decennio
di solidarietà delle chiese con
le donne.
Nel corso del Decennio, indetto dal Consiglio ecumenico
delle chiese nel 1988, le finalità sono andate profilandosi
con maggiore nitidezza. Così,
a metà del cammino, le chiese
venivano invitate a mobilitarsi
intorno ad alcuni argomenti
come la xenofobia, la femminilizzazione della povertà, la violenza contro le donne e l’impegno a favore della «piena partecipazione creativa delle donne nella vita della chiesa».
A giudicare dalle interviste
pubblicate su Riforma, il Decennio non ha cambiato in
modo significativo la vita delle
chiese protestanti in Italia. E
possibile che le chiese dell’area
federativa, ritenendosi soddisfatte dall’inserimento delle
donne nel ministero diaconale
e pastorale, non si preoccupino di questioni scottanti come
la violenza di cui le donne continuano a essere vittime?
11 convegno vuole essere un
appuntamento (aperto a tutte
le donne impegnate nella chiesa, delle Unioni e gruppi femminili) per cominciare a riflettere su questo tema. Conteremo sulla presenza di due relatrici di altissimo livello: Maria
Nadotti, giornalista e saggista,
autrice del libro «Sesso e genere» (Milano, 11 Saggiatore,
1996), che introdurrà il tema
facendo un’analisi dei sistemi
sociali e simbolici della nostra
società che permettono (quando non incoraggiano) la violen
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Partecipanti ai corso a Vallecrosia
za contro le donne; la pastora
Lesley Or MacDonald, docente
all’Università di Edimburgo e
coordinatrice del progetto
«Fuori dalle tenebre: cristianesimo e violenza contro le donne in Scozia»., che ci parlerà
non solo del nesso tra il cristianesimo e la violenza contro le
donne, ma anche di come le
chiese possono diventare luoghi di resistenza e rifugio II
convegno però vuole essere
soprattutto luogo di incontro,
di relazione, di scambio, stimolo effettivo per le chiese perché escano dal loro silenzio.
Ampio spazio quindi ai gruppi
di lavoro, alla tavola rotonda,
al momento liturgico.
Un ultimo appunto. Questa
notizia viene pubblicata sull’inserto Fdei, foglio destinato
maggiormente (se non esclusivamente) alle donne. Tuttavia
la violenza contro le donne riguarda, come tutte le altre
questioni messe sul tappeto
dal Decennio, anche gli uomini. Per quanto siamo inclini a
scordarcelo (magari relegandolo ai movimenti femminili) il
Decennio è un decennio di solidarietà delle chiese con le
donne, e le chiese sono composte sia da uomini sia da
donne. E la comunità di donne e di uomini nella chiesa
chiamata a rompere il silenzio,
a riflettere sulla sua connivenza con sistemi che alimentano
la violenza contro le donne,
come sulle risorse di guarigione che offre il cristianesimo.
Una riflessione che ci metterà
in questione secondo il nostro
genere.
Una riflessione che, cogliendo come punto di partenza
questo convegno, vogliamo avviare insieme. Una riflessione
il cui scopo è di produrre azione, resistenza e, in ultima analisi, di «trasformare lè tenebre
in luce poiché tutto ciò che è
manifesto è luce».
Elizabeth Green
(coordinatrice della Commissione Fcei per il Decennio di solidarietà delle chiese con le donne)
8 marzo sarà una data
particolare per le donne protestanti. Non
solo perché coincide con il
150° anniversario del 1848,
principio della libertà civile anche per loro, ma perché a
Torre Pollice, presso il Centro
culturale valdese si inaugurerà
un archivio particolare. La Federazione donne evangeliche
in Italia, infatti, consegnerà la
memoria della storia delle donne battiste, metodiste e valdesi
alla conservazione del Centro
che aprirà una sezione speciale dedicata alle donne protestanti.
L’Archivio si propone diversi
sviluppi:
- raccogliere il materiale
prodotto dalla Fdei
- raccogliere materiali di
scrittura familiare fatto pervenire da tutte le donne protestanti italiane (diari, fotografie,
lettere, scritti vari,)
- raccogliere fonti di storia
delle donne protestanti di qualsiasi genere (dalle fonti orali ai
manufatti esposti ai bazar).
In altre parole, questo archivio non deve rimanere uno
spazio chiuso, fermato nel
tempo, sotto vetro. Piuttosto
lo immaginiamo come un luogo aperto, «in transito», in cUi
si depositino le tracce del passato proprio perché restino
tracce, segni di un lavoro svolto, di una presenza consolidata
e, nello stesso tempo, altre
persone, altre donne possano
ricominciare a camminare là
dove altre si sono fermate e
aggiungere il loro pezzettino.
Ma perché a Torre Pellice?
Innanzitutto per gararitire una
fruizione pressoché quotidiana
in un quadro già organizzato e
finalizzato a raccogliere documenti della vita protestante
del nostro paese. Realizzare
un archivio delle donne nel
cuore di un mondo culturalmente omogeneo significa arricchire e intrecciare esperienze diverse allargando il quadro
evangelico femminile. Non solo quindi l’esperienza femminile valdese e ugonotta, ma anche quella battista, metodista,
luterana...
Ogni cosa, dunque, è importante. La cultura è fatta di vita
quotidiana. Sono finiti i tempi,
sia in sede storiografica sia in
sede di esposizione e comunicazione museale e sia, infine,
in sede di ripensamento critico
una idea di cultura e di storia
elitaria, legata a pochi eventi
ritenuti cruciali. La storia si va
facendo e pensando, ridefinendo e reinterrogando il passato
in vista anche del presente e
del futuro che si immagina.
L’Archivio delle donne protestanti si può intendere come
un passaggio per fermare ciò
che è già compiuto e intravedere ciò che resta da attivare,
da suscitare, da costruire. Attorno a questo archivio deve
crescere la visibilità delle donne protestanti, nelle loro diversità e nel loro essere chiesa.
organizzazione,
L’Archivio delle donne protestanti non è quindi un semplice contributo al. passato. E
un momento vivo di invito alla
memoria che si fa scrittura collettiva, una scrittura non solo
di penna, ma di iniziativa e di
fervido attivismo, così cor»
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DICONO DI NOI
La donna nal Nuovo Tastomanto
Parlare delle donne nel Nuovo Testamento nello spazio di un articolo è molto difficile; ci vorrebbe
un libro intero, non solo per la quantità
dei dati (la parola «donna», in greco
gyné, si ritrova più di 200 volte), ma
anche per la varietà e ricchezza di situazioni e di insegnamenti da ricavarne.
11 racconto dei Vangeli si apre con
una serie di donne (Elisabetta, Maria,
Anna la profetessa, le donne della genealogia di Gesù) e si chiude con un altro gruppo di donne; quelle che vanno
al sepolcro di Gesù con i tradizionali unguenti e trovano la tomba vuota (Me. 16,
4-6) e Maria di Magdala che nel giardino incontra il Risorto (Gv. 20, 11-18).
Tra questi due estremi del racconto c’è
tutta una serie di quadri che hanno, al
centro o ai margini, figure di donne.
Cominciamo ricordando le parabole:
c’è la donna che impasta il lievito con
la farina per fare il pane (Mt. 13, 33),
c’è quella che cerca di ritrovare la moneta smarrita e fa festa (Le. 15), ci sono le dieci damigelle della festa nuziale,
cinque sagge e cinque imprevidenti Mt.
25) e c’è la vedova che riesce a ottenere giustizia dal giudice iniquo (Le. 18).
Poi ci sono le donne dei racconti di miracolo: alcune di loro sono malate guarite da Gesù, come la suocera di Pietro
(Me. 1, 29-31), la figlia di Giairo e la
donna dal flusso di sangue (Me. 5), la
«donna incurvata» (forse sofferente di
artrosi) di Le. 13.
Luca 8, 2 menziona anche Maria
Maddalena «dalla quale erano usciti sette demoni», ma non abbiamo il racconto di questo fatto. E ci sono anche donne che non sono malate, ma madri o
sorelle di malati guariti o di morti richiamati alla vita: la donna cananea
che intercede per la sua bambina malata (Mt. 15, 21-28), la vedova di Nain
(Le. 7, 11-17) che accompagna il cor
teo funebre di suo figlio, le sorelle di
Lazzaro (Gv. 11).
Miracoli e parabole non esauriscono
la presenza femminile nei Vangeli: figure indimenticabili sono Marta e Maria
che incontrano Gesù nella loro casa di
Betania (Le. 10, 38-42) dove Maria ungerà i piedi di Gesù (Gv. 12, 1-11) come aveva fatto un’altra donna in Le. 7,
37-38. Buona parte del cap. 4 di Giovanni ha per protagonista la donna samaritana. Non dobbiamo dimenticare la
vedova che offre tutto quello che ha per
vivere (Me. 12, 41-44) e le discepole
che seguivano Gesù, citate in Le. 8, 23. i difensori del sacerdozio maschile insistono che non c’era alcuna donna fra
i dodici apostoli. Certo, ma i dodici non
erano ranteprima del sacerdozio (per i
cattolici) o del pastorato (per i protestanti): erano un reparto d’assalto, spedito in prima linea con tutti i rischi che
ciò comportava. Luca 8, 2-3 ci parla di
collaboratrici di Gesù in funzioni meno
pericolose.
Negli Atti degli Apostoli vediamo che
i dodici stavano riuniti in preghiera con
le donne, e con Maria madre di Gesù, e
coi fratelli di lui (1, 14), in tutto 120
persone. Certamente le donne costituivano una buona percentuale di questa
cifra. Senza dubbio lo Spirito Santo dovette scendere anche su di loro (2, 3).
Una comunità cristiana si riuniva in casa
di una donna. Maria madre di Giovanni
(12, 12). Anche fra i credenti di lingua
greca a Gerusalemme dovevano esserci
molte donne, al punto di creare un problema sociale (6, 1). A loppe c’era una
discepola di nome Tabita («gazzella») generosa e attiva nella diaconia leggera (9,
36). A Filippi Lidia diventa lo strumento
per la nascita di una comunità cristiana
(16, 14-15), e sarà seguita da altre donne impegnate (Filippesi 4, 2-3). A Efeso
c’era Priscilla che istruì Apollo (e forse
anche altri) nella verità cristiana (18, 26)
e che, secondo lo storico A. Harnack
avrebbe scritto l’Epistola agli Ebrei. Sono anche due donne ad avviare Timoteo sulla via della fede (11 Timoteo 1,5;
cfr. Atti 16, 1).
Per essere onesti dobbiamo anche dire che il Nuovo Testamento ricorda la figura di donne che «remavano contro»,
come si direbbe oggi: le donne di Erode,
responsabili della morte di Giovanni Battista (Me. 6, 17-29), la portinaia che indusse Pietro a rinnegare Gesù (Me. 14,
66-72), la «profetessa» lezabel della chiesa di Tiatiri (Apoc. 2, 20), ma sono una
minoranza. Nelle comunità di Paolo i
doni dello Spirito non escludevano le
donne; a Corinto c erano donne che
pregavano e profetizzavano nel culto (I
Cor. 11, 4), c'era Febe, «diacono» (così
dice il greco) della chiesa di Cencrea. In
Romani 16 fra i collaboratori di Paolo si
menziona di nuovo Priscilla (v. 3), Maria
che si è data molto da fare per la comunità (v. 6), Trifena e Trifosa che lavorano nel Signore (v. 11), e al v. 7 Andronico e Giunia (non Giuniol), che in alcuni manoscritti è chiamato «Giulia»: di
questi due Paolo dice che godono di
grande stima «fra gli apostoli» (v. 7).
Ci sono alcuni passi delle epistole che
sono considerati «testi misogini»: sono
quelli che invitano le donne a coprirsi il
capo con un velo (1 Cor. 11, 5-6), o a
essere sottomesse ai loro mariti (Ef. 5,
22). Ma questo versetto viene subito dopo 5, 21, che estende a tutti il dovere
della sottomissione. Si deve dire, poi,
che questi passi (come anche I Cor. 11,
3) riflettono quelle che erano le abitudini sociali dell’epoca. Paolo non le sovverte dall’oggi al domani, ma enuncia
dei principi generali che porteranno alla
loro eliminazione, come quando scrive
che «in Cristo non c'è né giudeo né greco, né maschio né femmina, ma tutti
sono uno in Cristo Gesù» (Gal. 3, 28).
Vorrei concludere ricordando Matteo
14, 21: «...erano circa cinquemila uomini, oltre le donne e i bambini». Quando Gesù ha dato il pane alla folla, non
ha escluso le donne (e i bambini). Sono
stati i seguaci di Gesù, e gli evangelisti,
a escludere le donne dal conto, come se
non avessero importanza. Anche questo faceva parte della cultura e delle abitudini sociali dell’epoca. Ma oggi, dopo
diciannove secoli, non dobbiamo permettere che il nostro pensiero e la nostra vita cristiana ne siano ancora influenzati.
Bruno Corsani
Il Comitato
nazionale F<l«i
Doriana Giudici
presidente
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00151 Roma
Emera Napoletano
vicepresidente
via Croce Rossa 34
90144 Palermo
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43100 Parma
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tesoriera
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Fascicolo interno a RIFORMA
n. 5 del 30 gennaio 1998. RegTrib. Pineroio n. 176/1951. R®'
sponsabile ai sensi di leggePiera Egidi. Edizioni Protestanti
srl, via San Pio V n. 15 bis.
10125 Torino:
Stampa: La Ghisleriana - Mondovì.
13
venerdì 30 GENNAIO 1998
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C9 è poco da fare, non si
riesce veramente ad
andare a fondo nella discussione tra valdesi e cattolici, a
sviluppare un autentico dialogo che permetta di approfondire i perché delle nostre differenze. Mi pare che questo
succeda in particolare negli
incontri che si svolgono annualmente nel corso della
Settimana per l’unità dei cristiani dove, per altro, si respira un’atmosfera particolarmente fraterna, si legge insieme la parola di Dio, e insieme
si prega e si canta, con le
stesse parole. Non che questo
sia poco, anzi; ma c’è come
un divario tra questo sentirsi
insieme nel lodare il Signore
e il momento del confronto,
quest’anno particolarmente
significativo perché, sull’onda dell’assemblea ecumenica
di Graz, si sarebbe desiderato
riflettere a fondo su storia e
riconciliazione. E successo
così anche nell’incontro, assai partecipato, che si è svolto
il 23 gennaio presso la Foresteria di Torre Pellice nel
quale insieme a letture bibliche, canti e preghiere, don
Mauro Beccari e il pastore
Claudio Pasque! hanno parlato su «Essere chiesa tra storia, riconciliazione, perdono».
Gli spunti offerti alla discussione erano molti, ma c’è ancora voglia di discutere? Direi poca da parte cattolica, un
po’ di più da parte valdese,
ma è l’orizzonte di questo
dialogo che non è chiaro.
Visto poi che si parla di riconciliazione, sarebbe indispensabile dire con franchezza su che cosa ci si vuol riconciliare e, senza voler limitare l’opera dello Spirito, individuare le diversità, tra vaidesi e cattolici, che appaiono
rilevanti dal punto di vista
della fede. Solo in questa prospettiva ha senso anche la comune rilettura del nostro passato, non certo invece per fare
il conto dei morti. Tra i valdesi non manca chi, a volte anche provocatoriamente, ci
prova, rischiando immediatamente di essere preso per «antiecumenico», proprio perché
è stata fatta passare l’idea
sbagliata che ecumenico significhi aperto, disponibile,
non legato a una confessione.
Molti cattolici sfuggono, a
volte è necessario ricordare
loro che cosa crede un cattolico, che cos’è la chiesa per un
cattolico, cosa assai diversa
che per un protestante.
Ma, da un lato, sembra di
parlare con la gommapiuma,
tutto è assorbito ma niente penetra; dall’altro ti rispondono
che, va bene, quella è teologia, dogmi del passato, roba
destinata a scomparire e a
cambiare. Oppure quel che
conta è far del bene al prossimo, collaborare nel volontariato, nel campo sociale: come se fossimo contrari a questo, come se ci fosse qualcuno
che ritiene che nella convi''cnza quotidiana, nel lavoro,
nella famiglia si vogliano porre confini confessionali. La
realtà mi sembra più preoccupante: è che sempre più, anche in campo valdese, si
diffonde l’esigenza di avere
nna chiesa e una spiritualità
che «ci vada bene», la ricerca
npn di una fede, tanto meno
di quella protestante perché
Jfoppo esigente, ma di una rengione personale, che travalipni le attuali chiese, che metta
msieme i «valori» più umani
del
cristianesimo, e magari
nnehe del buddismo e di altre
religioni, che non impegni
troppo ma che funzioni meche faccia star meglio.
Certo chi si muove in questa prospettiva non è interessato più di tanto a conoscere
la teologia dei riformatori o a
leggere là Ut unum sint, non
capisce perché ci si debba accalorare, tra cristiani di diverse confessioni, in nome della
Verità; pensa infatti che la verità ciascuno la debba cercare
in se stesso, perché così starà
bene e starà bene con gli altri,
con tutti. Allora, altro che rivisitare il passato, riconciliare
le memorie, capire i perché:
meglio dimenticare, guardare
avanti. Non è certo questa
l’indicazione venuta daH’incontro di Torre Pellice, che
anzi proprio sul rifare insieme
la storia di valdesi e cattolici
su questo territorio ha espresso un comune impegno: ma
non dobbiamo dimenticare
che uno dei rischi di un malinteso ecumenismo è proprio
quello di favorire questa vaga
e disincarnata religione, buona per tutti e a buon mercato;
mentre la società politica, che
non è più capace di ideali, di
indignazione, di passioni alte,
chiede alla religione soltanto
di essere legittimata: meglio
ancora se poi, in capo a questa religione e a queste chiese
c’è una persona, come l’attuale papa, capace di esprimere
in tutto il mondo, ad alta voce
e a pieno video, quei valori
fondamentali di libertà, giustizia, solidarietà che tutti avvertono come decisivi, ma che
smentiscono quotidianamente
per il proprio interesse e potere e che dunque possono essere felicemente delegati a un
sacerdote, visto come santo
padre dell’umanità.
ADRIANO LONGO
La cooperativa turistica
«Mount Servin» per la
valorizzazione turistica del
Colle della Vaccera si trova a
un bivio? Questo l’interrogativo posto sabato 17 gennaio
all’assemblea dei soci da Valdo Benech, da quindici anni
presidente e animatore della
cooperativa. I problemi evidenziati, che in un modo o in
un altro dovranno essere risolti, sono di tipo economico ma
anche di linea e di indirizzo.
La cooperativa attualmente
riceve il suo unico introito
dalla locazione immobiliare
del Rifugio-bar. Si è infatti
drasticamente ridimensionata
una delle attività specifiche
della cooperativa e cioè il noleggio del materiale e delle attrezzature per la pratica dello
sci di fondo in seguito all’impossibilità di far funzionare il
vecchio battipista ormai inservibile e di fronte al costo esorbitante per acquistarne uno
nuovo (140 milioni). Aggiungendo ancora l’aggravio delle
tassazioni intervenuto in questi anni sulla gestione della
cooperativa si finirebbe in
breve tempo per creare delle
perdite tali che potrebbero andare ad intaccare il capitale
sociale sin qui preservato.
Pertanto l’assemblea, aderendo alla proposta del presidente, ha deciso il ripianamento delle perdite accumulate negli ultimi anni per un totale di oltre 11 milioni utilizzando per questo scopo dei
fondi pervenuti tempo addietro come contributi.
L’assemblea ha deciso inol
tre di trasformare la cooperativa in una cooperativa di tipo
«B», che non potrà più fare
delle operazioni commerciali
perché non avrà più la partita
Iva. In questo modo si potrà
mettere al riparo il capitale
sociale abbattendo le spese.
Per il futuro le possibilità di
continuare l’attività esistono,
almeno in teoria, ma occorrerà un’analisi più dettagliata
e non affrettata per vedere
quale soluzione sarà più opportuno adottare.
Ne sono state elencate alcune, e si è chiesto al Consiglio di preparare un dossier
con le varie opportunità, affinché la prossima assemblea
abbia tutti gli elementi per
prendere coscientemente una
decisione. Le possibilità intraviste sono le seguenti: la
cooperativa potrebbe essere
rilevata da qualche associazione con finalità analoga
(sviluppo turistico-sportivo e
difesa dell’ambiente); oppure
essere trasformata in una Onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) sempre nell’ambito della valorizzazione ambientale; oppure
sciogliersi anche come cooperativa di tipo «B» e vedere
di confluire nelle iniziative
portate avanti dalla costituenda «Agenzia di valle».
Prima di concludere la seduta, il presidente Benech ha
consegnato al seggio una lettera in cui segnalava la sua
decisione di dimettersi dalla
carica di presidente nel gennaio 1999 al prossimo rinnovo del Consiglio, pur assicurando la sua piena disponibilità alla collaborazione.
Valli Susa e Chisone
È tornato
il lupo
Il lupo, risalendo dall’Appennino con alcune tappe intermedie dapprima nell’Alessandrino e poi nell’area del
Mercantour, è tornato a popolare le montagne delle valli
Susa e Chisone, dove era stato estinto circa 150 anni fa a
suon di fucilate.
Un lungo crescendo di avvistamenti e di segni di presenza
è stato documentato da una rete di osservatori coordinati dai
direttori dei parchi naturali
della Val Troncea e del Gran
Bosco di Salbertrand dal 1994
ad oggi, fino a culminare nella
riproduzione di una coppia avvenuta lo scorso anno. La Provincia di Torino ha già intrapreso azioni comuni con i parchi per la tutela del lupo, per
la ricerca scientifica e per la
divulgazione, mentre gli stessi
soggetti hanno preventivamente attivato, con il Wwf e
l’Associazione produttori e allevatori, un fondo per la rifusione dei danni alle greggi. In
questi quasi quattro anni dal
ritorno del lupo nelle valli,
centinaia di turisti gli sono
passati vicino senza vederlo
ed esserne divorati, i cacciatori non possono certo lamentare una riduzione della selvaggina e i danni agli allevamenti
sono stati rari e contenuti, oltre che dovuti in gran parte a
ben più pericolosi cani abbandonati o malnutriti. Sabato
scorso a Pragelato è stata presentata la situazione della presenza del lupo e si sono ipotizzate alcune azioni per offrire all’animale le condizioni
per una sua presenza continuativa nella zona.
Itinerari di sci-alpinismo tra vai Germanasca e vai Pellice
Fuorìpìsta sulla neve delle nostre vallate
SANDRO PASCHETTO
Pur essendo molti alle Valli coloro che praticano lo
sci-alpinismo e pur essendo
le nostre montagne meta abituale di numerosi turisti domenicali, ad eccezione delle
solite gite (Vandalino, Sea
Bianca, Gardetta, Passo di
Viafiorcia) si vedono ancora
ben poche tracce di sci in giro. Da qualche anno, in qualità di guida alpina, cerco di
promuovere lo sci-alpinismo
nelle nostre valli, sperimentando sul campo nuovi itinerari. La mia curiosità sciistica
si è soffermata ultimamente
sulle traversate da Frali alla
vai Pellice.
Il senso Frali vai Pellice non
è casuale: quest’ultima è una
valle molto profonda, percorribile in auto nel periodo invernale soltanto fino a quote
molto modeste (1.000-1.200
metri), cosicché una qualsiasi
traversata in senso opposto
comporterebbe un dislivello in
salita di almeno 1.500 metri,
non proprio alla portata di tutti. Partendo da Frali invece, i
primi 1.000 metri di salita li
facciamo comodamente seduti
in seggiovia e trainati dalla
sciovia Bric Rond, un po’ lente ma comunque più veloci
delle nostre pelli di foca! Dai
2.500 metri di quota del Bric
Rond, guadagnati .senza faticare troppo, in un attimo ci lasciamo alle spalle le piste
affollate e scivoliamo silenziosamente in valloni solitari e
selvaggi tra l’incredulità dei
camosci.
Ci si presentano molte possibilità di traversate, tutte con
poca salita (tra 500 e 1.000
metri) e lunghissime discese
su pendii abbastanza ripidi
(almeno 2.000 metri di dislivello). Possiamo raggiungere
la Punta Gardetta percorrendo
la cresta del Cappello d’Envie
e scendendo poco a valle del
Lago d’Envie'; dalla vetta si
può scendere direttamente su
Frali o proseguire per Rocca
Bianca e Crosetto. Possiamo
scendere a Conca Cialancia
attraverso il passo omonimo e
proseguire per il Lausan e il
Gran Truc per poi raggiungere Linsardl
Un’altra possibilità consiste
nell’attraversare il Roux e
scendere a Pradeltomo in valle Angrogna’. Oppure, superato il Roux e scesi poco oltre la
Sella Vecchia, rimettere le
pelli per superare il Colle
Chiot del Cavallo per poi
scendere nel Vallone degli In
vincibili al Bessé o a Pertusel,
frazioni dell’Indritto di Villar
Pellice. Possiamo anche compiere la traversata su Bobbio
Pellice per il Col Rousset, più
agevole, sci ai piedi, del vicino Giuliani Ai più ardimentosi consigliamo la variante che
passa per il Cournouri“. Anche
Villanova è raggiungibile superando la Punta Fionira o la
Punta Cerisira scendendo a
Bancet e a Crosenna oppure
più agevolmente alla Colletta
delle Paure e a Randulire'’'l
Tuttavia sarà bene non lasciarsi prendere troppo dall’entusiasmo e scegliere l’itinerario in base alle proprie capacità tecniche e alle condizioni meteorologiche del momento. Per ovviare al problema tecnico dei mezzi di trasporto, consigliamo di effet
tuare le traversate tra Frali e la
vai Pellice in due giorni: partendo da Torre Pellice alle
7,30 si può raggiungere Frali
con i mezzi pubblici (treno fino a Pinerolo e poi autobus di
linea) e qui trascorrere parte
della giornata. Dopo aver pernottato a Frali in albergo, si è
pronti a saltare sulla seggiovia
di buon mattino. A traversata
effettuata non sarà un problema raggiungere Torre Pellice
con servizi pubblici. Chi parte
da Frali può prevedere una
notte in albergo in vai Pellice
e rientrare il giorno dopo con i
servizi pubblici di linea.
Per organizzare l’eventuale
accompagnamento o per informazioni sull’innevamento
ci si può rivolgere all’autore,
guida alpina delle valli valdesi (telefono 0121-909338).
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INCONTRI TEOLOGICI
«MIEGGE» — Domenica 8
febbraio, alle 17, nella sala
delle attività di San Germano, incontro del gruppo teologico «Miegge» sulla cristologia.
CASA DELLE DIACONESSE — La Casa delle diaconesse cerca volontari/e per eseguire i lavori di pulizia dei locali ristrutturati della Casa in
viale Gilly; chi è disposto ad
offrire qualche ora di lavoro
è pregato di rivolgersi alla direzione, presso Hotel du
Pare, tei. 91254.
CULTO ALL'OSPEDALE —
Giovedì 29 culto a cura della
chiesa di Bobbio Pellice.
YWCA-UCDG — A Villa
Elisa, alle 15,15 di venerdì 30
gennaio. Laura Nisbet e Siena Ravazzini presentano «Ditaolame ripopola il mondo,
15 racconti del popolo dei
Basotho».
ANGROGNA — L'assemblea di chiesa avrà luogo domenica 1° febbraio nella sala
unionista, alle 10; all'odg finanze, consuntivo 1997 e
preventivo 1998.
BOBBIO PELLICE — Riunione quartierale al Podio
martedì 3 febbraio alle 20.
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Studio biblico: da giovedì
5 febbraio alle 20,45 inizierà
un nuovo ciclo di studio biblico a cura del pastore Pasquet
sul libro dell'Esodo; il primo
incontro prevede l'introduzione al tema «Un'antica speranza può essere nuova per
noi?». Bambini al culto: per
facilitare la presenza dei
bambini al culto un gruppo
di genitori ha organizzato
ogni prima domenica del mese uno spazio per loro; alcuni
genitori sono disponibili per
occuparsi dei più piccoli por
tandoli se necessario fuori
dalla chiesa nei locali del pre
sbiterio; i genitori disponibili
saranno presenti cinque minuti prima del culto nei primi
banchi del tempio.
POMARETTO — Riunioni
quartierali: lunedì'2 febbraio
alle 20 ai Masselli, mercoledì
4 febbraio alle 20 borgata
Pons, venerdì 6 alle 15 all'Inverso Clot. Culto al Centro
anziani venerdì 30 gennaio.
Incontro di cultura religiosa
per l'Unitrè giovedì 5 febbraio.
PRALI — Venerdì 30 gennaio il coretto e le prove di
teatro sono rimandati a domenica. Domenica 1° febbraio: alle ore 10 assemblea
di chiesa, alle ore 19,45 prove
del coretto e alle 20,30 prove
del gruppo di teatro al tempio. Mercoledì 4 febbraio alle
ore 19,30 riunione quartierale
a Malzat, alle ore 21 incontro
di preparazione delle monitrici. Giovedì 5 alle ore 19 riunione quartierale a Villa.
PRAMOLLO — Riunioni
quartierali: martedì 3 febbraio alle 20 borgate Ruata e
Bosi, mercoledì 4 alle 19,30
borgate Bocchiardi e 5appiatti, giovedì 5 alle 20 alla
borgata Pellenchi.
RORÀ — 5tudio biblico alla sala Morel giovedì 5 febbraio alle 20,30.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 30 agli
Appìotti, martedì 3 febbraio
all'Inverso, venerdì 6 alla Ravadera. Domenica 1° febbraio
alle 15 Maddalena Giovenale
Costabel parlerà per l'Unione
femminile sul tema «La situazione dei bambini. Una sofferenza attraverso i secoli». Domenica 8 febbraio durante il
culto, con inizio alle 10, assemblea di chiesa sulla relazione finanziaria, per decidere l'impegno di contribuzione
e il preventivo '98 e per eleggere i revisori dei conti e i deputati alla Conferenza distrettuale e al 5inodo.
VILLAR PELLICE — 5abato
31 gennaio alle 21, nel tempio, concerto delle corali di
5an 5econdo, Torre Pellice e
Bobbio-Villar. Riunione quartieraie lunedì 2 febbraio alla
Piantà con un gruppo corale,
a cura di Dario Tron.
14
PAG. IV
E Eco Delle Yalli moEsi
venerdì 30 GENNAIO 1998
vener
HOCKEY GHIACCIO
A metà del terzo tempo
Valpellice e Como erano ancora in parità, fermi su un 3-3
che era appena stato ottenuto
dalla squadra lombarda dopo
essere passata in svantaggio
ad inizio di tempo con una
doppietta del solito Sbicego.
Un risultato che aveva del
clamoroso e che, malgrado
l’entusiasmo di pubblico e
giocatori, non poteva durare.
Ed infatti, complici un paio
di sfortunate deviazioni di
Tovo, nel giro di cinque minuti il Como è andato a rete
quattro volte, chiudendo rincontro prima dell’ultima, inutile, rete di Ermacora. 11 primo tempo aveva visto la Valpe iniziare alla grande e portarsi in vantaggio con Berti;
il Como solo nel finale riusciva a chiudere sul 2-1 con
le reti di Bertotto e Vaccani.
Finito sullo 0-0 il secondo
tempo, la terza frazione ha
avuto lo sviluppo già descritto, fino al 7-4 finale, risultato
a priori scontato ma capace,
per il modo con cui è stato
ottenuto, di suscitare rimpianti. La corsa per i play off
per la Valpe è ora più che
mai sul Chiavenna, uscito
battuto per 4-3 da Boscochiesanuova. Domenica 1° febbraio partita verità a Chiavenna con inizio alle 18.
PALLAMANO
Il 3S sfiora il successo a
Torino con il Città Giardino
nel campionato giovanile di
pallamano; al termine di un
incontro sempre in bilico i torinesi si sono imposti per 1716. Ha avuto il sopravvento
la formazione più forte fisicamente e con alcuni giocatori
più esperti e dotati di grande
tecnica individuale. I pinero
lesi hanno messo in evidenza
le capacità realizzative di
Rosso, Pissia e soprattutto
Vellano autore da solo di 9
reti; il portiere Barberis ha tenuto il risultato sempre a portata di mano. Resta qualche
recriminazione soprattutto
perché, per poter superare la
prima fase, il 3S ora dovrà
vincere sempre; sabato 31
gennaio il prossimo confronto, a Vercelli.
Intanto a fine mese prenderà il via il campionato cadetti per l’ambito della provincia di Torino, che vedrà il
3S impegnato nel girone A; il
primo confronto vedrà di
fronte 3S e Rinasca.
TENNIS TAVOLO
Campionati fermi e tornei
nell’ultima settimana della
polisportiva Valpellice; al
Grand Prix di Alba, terza prova regionale di categoria juniores, Alberto Picchi si è
classificato 3° mentre Fabrizio Agagliate a Mauro Cesano si sono fermati nei sedicesimi. Esordio volenteroso per
Luca Del Pero e Simone Odino che nella categoria, allievi
non sono andati oltre i gironi
di qualificazione.
VOLLEY
Finalmente una doppia vittoria per le due formazioni pinerolesi di pallavolo; in serie
B2 maschile il Body Cisco ha
battuto per 3-0 il Belvedere
Alessandria mentre la Magic
Traco in B1 femminile ha
espugnato il campo di Biancoforno per 3-1. Turno con
molte ombre invece per il
Volley 3S nei settori giovanili. I ragazzi e gli juniores hanno perso 3-0 dal Cus Torino;
in seconda divisione maschile
il 3S ha perso a Caselle per 31, le ragazze sono state battute
a Piscina per 3-1.1 due soli
successi sono arrivati dagli allievi (3-0 sul San Paolo) e dalla 2‘ divisione femminile (3-1
sul Caselle). Nel torneo femminile Baudrino il Bricherasio
è al comando con 16 punti,
mentre nel maschile Storello
guidano Volley La Torre e Ottica Ughetto, con 8 punti.
GINNASTICA ARTISTICA
Appuntamenti
Il settore promozionale della ginnastica artistica ha iniziato il 1998 con un imponente concentramento alla palestra di Lusema San Giovanni
di 250 giovani atlete che hanno disputato il trofeo Topolino e il trofeo Triathlon su organizzazione del 3S. Presenti
le migliori atlete della provincia, la Libertas Cumiana si è
imposta fra le Ragazze ed è
stata seconda fra le Allieve.
CALCIO
Doppia sconfitta nel calcio
per Pinerolo e Fossanese; i
biancoblù hanno perso a Castelfranco per 2-0 mentre i
cuneesi sono stati battuti a
Massa Carrara per 1-0.
CORSA CAMPESTRE
Si è disputata domenica 25
gennaio a Pinerolo una corsa
campestre valida come prima
prova del campionato regionale Uisp; gli atleti del gruppo. sportivo Comunità montana valli Chisone e Germanasca hanno ottenuto brillanti
risultati. Monuica Ghigo ha
vinto fra le esordienti (Valeria Clot 2“), Dalila Carlin è
stata 2° fra le ragazze. Sabina
Chiurato ha vinto fra le cadette, Jean-Paul Charles fra i
TM e Santa Doina fra le MF
40. Sul podio anche Andrea
Barrai, 2° fra gli allievi, Gino
Long, 3° fra i MM55 e Milena Poét 3“ fra le MF 40.
29 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: Alla biblioteca della Casa valdese, per
rUnitrè, alle 15,30, concerto
del duo Pignataro Bua, con
Sandro Pignataro al violino e
Maria Adele Bua al pianoforte;
musiche di Vivaldi, Mozart,
Dvorak e Brahms.
30 gennaio, venerdì — PEROSA ARGENTINA: Per la
rassegna Videoforum, alle 21,
al Centro aperto per anziani,
proiezione del film di Halman
«Fragole e sangue»: ingresso
lire 10.000.
30 gennaio, venerdì — PINEROLO: Al Centro sociale di
via Lequio 36, alle 20,45, serata
organizzata del Gruppo culturale Upam sul tema «Geopolitica
del Mediterraneo: embargo, crimine contro l’umanità» con
Carlo Tracciano e Mansour Al
Salem, dell’Ass. «Petra».
31 gennaio, sabato — PINEROLO: Alle ore 21,30, nella sede dell’associazione Stranamore, in via Bignone 89, concerto del gruppo punk pinerolese «I Delinkuere», che presenteranno il loro primo cd, «Caduto
da eroe». La punk-band locale,
composta da Carlo; Manolo,
Guido e Paolo, ha al suo attivo
un demo di successo, «Fabbrica, patria, chiesa, famiglia», e
numerose esibizioni nei locali
della zona e dintorni.
1" febbraio, domenica —
PINEROLO: All’auditorium
comunale, corso Piave 5, alle
16, «Pigiami», presentato dal
Teatro dell’angolo, spettacolo
per bambini che ha alle spalle
12 anni e 500 repliche. Ingresso lire 6.000.
2 febbraio, lunedì — TORRE PELLICE: Alla Bottega
del possibile, viale Trento 7,
alle 21, incontro con Fon.
Giorgio Gardiol, membro della
Commissione lavoro della Camera dei deputati, sul tema
«Immigrazione: verso una nuova legislazione».
3 febbraio, martedì — PINEROLO: Alle 17 è convocato il Consiglio comunale sul tema del lavoro; interverrà Fon.
Giorgio Gardiol.
3 febbraio, martedì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
L’associazione Arcobaleno
«contro il disagio e l’indifferenza» convoca la propria assemblea annua alle 20,30 presso la sede di via Roma 41.
4 febbraio, mercoledì —
PINEROLO: Al cinema Ritz,
alle 20,45, per il cinefórum
proiezione di «Pane e fiore»
del regista M. Makhmalbaf.
5 febbraio, giovedì —
TORRE PELLICE: Alla biblioteca della Casa valdese, alle 15,30, per l’Unitrè, conferenza del prof. Massimo Tarditi, biologo, sul tema «Le intossicazioni alimentari, come prevenirle».
6 febbraio, venerdì —
TORRE PELLICE: Nella sala
consiliare della Comunità montana, per il Gruppo di Studi Val
Lucerna, alle 20,45 conferenza
del professor Bruno Corsani sul
tema «Origini, significato e limiti del metodo storico-critico
di lettura della Bibbia».
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, giovedì 29 gennaio e venerdì 30, ore 21,15, Lezioni di
tango, di Sally Potter; sabato
31, ore 20 e 22,10; domenica
1“ febbraio, ore 16, 18, 20 e
22,10; lunedì 2, ore 21,15, A
spasso nel tempo (l’avventura continua).
BARGE — Il Comunale ha
in programma, venerdì 23,
Rien ne va plus, sabato Carne
tremula, da domenica (15, 17,
19, 21) a giovedì, 007, il domani non muore mai. Feriali ore
21, mercoledì chiuso.
VALLI
CHISONE • GERMANASCA
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notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
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DOMENiCA FEBBRAiO
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Nazionale 29, tei. 51017.
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Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
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notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
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Torre Pellice: Muston - Via
Repubblica 22, tei. 91328
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\/gSERDÌ 30 GENNAIO 1998
Vita Delle Ghie;
PAG. 7 RIFORMA
CENTRO CULTURALE VALDESE
Le iniziative per il 150® del 1848
Il quadro delle manifestazioni di cui si
dà notizia, è quello previsto in data 20
gennaio 1998. Le iniziative in corso di
definizione verranno successivamente
segnalate sulla stampa evangelica.
Gennaio
31 - Roma (chiesa valdese via IV Novembre), dibattito «il 1848 e i protestanti in Italia», prof. L. Gatto e
past. G. Bouchard.
Febbraio
2 - Lucca (chiesa evangelica), conferenza del prof. D. Maselli: «Libertà
religiosa dal 1848 ad oggi».
5 - Pinerolo (chiesa di San Domenico),
rievocazione storica del prof. G. G.
Merlo: «La dissidenza come libertà».
8-Susa (Palazzo comunale), dibattito:
«Alle origini della libertà». Interverranno i proff. M. Rubini, L. Patria, F.
Traniello e il past. G. Bouchard.
11 - Pinerolo (palazzo Vittone), rievocazione storica del past. Giorgio
Tourn: «La libertà negata».
13 - Napoli (Maschio angioino), tavola
rotonda: «Libertà di pochi e libertà
di tutti». Intervengono i proff. D.
Maselli, B. De Giovanni e il past. G.
Bouchard.
14 - Torre Pedice (Sala Paolo Paschetto), inaugurazione della mostra
«Paolo Paschetto: le sue valli, la sua
gente», a cura del Comitato per la
collezione Paschetto. La mostra rimarrà aperta fino al 1° marzo.
14- Bergamo (Archivio di stato), conferenza: «Centocinquant'anni di libertà religiosa in Italia»; past. G.
Bouchard, prof. G. P. Romagnani,
dr. G. Long.
15 - Torre Pedice (chiesa valdese), culto commemorativo del XVII Febbraio trasmesso in eurodiffusione
tv. Inaugurazione al Centro culturale valdese, alla presenza del Presidente della Repubblica, della mostra sul '48: «Dalle Valli all'Italia» e
visita della mostra di quadri e bozzetti dell'emblema della Repubblica
di Paolo Paschetto.
Bordighera conferenza del pastore
Claudio Pasquet.
Reggedo (Casa Cares), incontro con
presentazione del libro di Giorgio
Tourn: «Italiani e protestantesimo»
e falò serale.
Carrara (chiesa metodista), giornata
comunitaria con il prof. Garrone.
Felonica Po (chiesa valdese), giornata comunitaria con la past. G. Pons.
16 vaiar Pedice falò dei 150 anni; par
tecipa la corale di Bobbio-Villar Pellice.
Pinerolo falò in piazza e rievocazione storica: «I valdesi nel 1848».
Firenze manifestazione con la comunità ebraica, partecipa il prof.
Giorgio Spini.
Livorno (salone della Provincia), tavola rotonda: «Libertà religiosa in
Italia oggi».
17 - Valli valdesi giornata comunitaria
nelle chiese valdesi.
Terni, conferenza del past. Renato
Berta lot.
Sciaffusa conferenza di C. Gysin.
19 - Saluzzo (biblioteca comunale)
conferenza del past. Giorgio Bouchard «Alle origini della libertà».
20 - Prali (sala valdese), conferenza:
«A Centocinquant'anni dal 1848».
21 - Palermo conferenza del prof.
Paolo Ricca: «Agli albori della libertà religiosa».
Firenze (Palazzo Vecchio) concerto
del coro evangelico.
22 - Torino (chiesa valdese) culto commemorativo. Conferenza al Teatro
Carignano, pomeriggio comunitario
con rievocazione storica. Ore 21:
concerto di cantate di Johann Sebastian Bach.
22-28 - Valli valdesi settimana delle filodrammatiche.
23 - Basilea conferenza del prof. Daniele Garrone.
24 - Agrigento conferenza del prof. P.
Ricca «Valdo e Francesco, riformatori del III Millennio».
Marzo
Ferentino la comunità valdese organizza una visita al ghetto di Roma.
1° - Losanna celebrazione del XVII
Febbraio 1848 nella cattedrale (con
la partecipazione della corale di
Torre Pellice).
7 - Agrigento (circolo Pasolini), conferenza del past. Giorgio Tourn:
«1848-1998. Il cammino della libertà».
1-8 - Novara (auditorium del Conservatorio), settimana valdese (mostra
del centenario, conferenza del past.
Giorgio Tourn, concerto della corale di Pinerolo).
12 - Venezia convegno stòrico: «1848,
le’ Lettere Patenti di Carlo Alberto».
21 - Pisa (chiesa valdese), conferenza
del past. Giorgio Bouchard: «Alle
origini della libertà».
25 - Villar Pedice (sala consiliare) dibattito sulla cultura valdese.
28 - Lucca raduno storico con evangelici lucchesi residenti a Ginevra.
Maggio
31 - Valli valdesi visita della delegazione delle colonie valdesi di Germania.
Giugno
3 - Roma (Parlamento), incontro alla
presenza dei Presidenti delle Camere, delle rappresentanze delle comunità valdesi ed ebraiche e conferenza sul tema della libertà religiosa.
Luglio
Musei delle valli valdesi rievocazioni
teatrali con personaggi del 1848.
26 - Luserna San Giovanni giornata
del centenario del Rifugio «Re Carlo Alberto».
Agosto
15 - Angrogna giornata delle comunità valdesi.
23 - Torre Pellice (tempio), culto di
apertura del Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste.
Torre Pedice serata della Società di
studi valdesi.
24 - Torre Pedice saluto delle delegazioni del protestantesimo estero.
Torre Pedice serata rievocativa dei
150 anni di storia evangelica.
30-1° - settembre Torre Pedice convegno storico della Società di studi
valdesi sul 1848.
Ottobre
31 - Torino (tempio valdese), giornata
della Riforma con concerto delle corali valdesi.
Novembre
Seconda quindicina, Roma (Facoltà),
seminario di studio sull'attualità del
tema della libertà, in collaborazione con la Comunità ebraica.
Pubblicazioni
Bruno Bellion, Mario Cignoni, Gianpaolo Romagnani, Daniele Tron:
Dalle Valli all'Italia, a cura della SsvClaudiana.
Opuscolo della Ssv, Giorgio Tourn:
1848-1998. All'origine della libertà.
«La beidana» n. 31 con una sezione
dedicata al XVII Febbraio.
10 schede di lavoro per ragazzi con
documenti sul periodo 1814-1870.
• Raidue ha realizzato un filmato rievocativo sulla vicenda valdese, in
programma per la sera del XVII.
• Nella giornata del 17 sarà aperto a
Torre Pellice, presso il Centro culturale, un ufficio postale mobile per
un annullo speciale in occasione del
150° delle Lettere Patenti.
In Umbria e nelle Marche
L'intervento della Fcei
per le zone terremotate
Il Consiglio della Fcei ha
deciso di sostenere tre Coffluni colpiti con queste realizzazioni: a) a Serravalle di
Chienti (provincia di Macerata) un ambulatorio medico
viene fornito di attrezzatura
completa (dai mobili agli
strumenti indispensabili).
L ambulatorio si trova nella
auova Serravalle, in una costruzione montata in tempo
eccezionalmente rapido accanto ad altre strutture (un
centro sociale, ecc.).
Sempre a Serravalle di
t^hienti, colpita in modo grat'c m moltissime frazioni, alcuni computer sono stati
consegnati al Comune, in
™odo da rendere possibile la
eniunicazione fra i vari cenJt di raccolta della popola^'otie locale.
ptt) a Sellano (provincia di
erugia) sono stati comprati
: venti
apparecchi di riscalda
ento e deumidificazione
^ 11 moduli abitativi nel
oyo abitato di Villamagina
j .cteca cinque chilometri
,''òcchio centro abitato
del Comune). Nel nuoj centro sono state costrui1 *e abitazioni civili
IC4Í.ÍU 111 L^lVlll 6 si
.....c'po costruendo negozi,
* pubblici e altri edifici
‘Uffici
‘'^uso comune.
c) a Nocera Umbra (provincia di Perugia) viene rimessa a nuovo la costruzione
gravemente danneggiata della scuola elementare con due
interventi successivi (prima
la ricostruzione della parte
più danneggiata e in seguito
l’abitabilità completa del
nuovo edificio).
La somma che, al momento in cui scriviamo queste righe, è stata raggiunta è di cifca 150 milioni. Questa somma è stata raccolta in seguito
a una sottoscrizione lanciata
a tutte le chiese che aderiscono alla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia.
L’aiuto alle chiese in difficoltà delle chiese evangeliche
svizzere (Heks/Eper) e l’«aiuto diaconale» delle chiese
evangeliche tedesche (Diakonisches Werk) hanno deciso
di contribuire con un loro finanziamento alla copertura
di questi progetti ideati e
portati a termine con la collaborazione degli enti locali di
Marche e Umbria.
Francesco Sagripanti
Eugenio Rivoir
incaricati della
Federazione
delle chiese evangeliche
in Italia
Chiesa battista dì Casorate Primo
L'insediamento
del pastore Bruno Colombo
La comunità battista di Casorate Primo ha vissuto l’il
gennaio una giornata edificante e di profonda allegrezza. Al mattino il culto domenicale è stato presieduto dal
pastore Bruno Colombo alla
presenza di tutta la comunità. Alle 15 ha avuto inizio la
celebrazione e il culto per
l’insediamento del medesimo pastore quale conduttore
della chiesa, con la presidenza del pastore Paolo Spanu.
Oltre ai membri di chiesa
erano presenti rappresentanti delle chiese evangeliche
della Lombardia, della Chiesa
cattolica e dell’amministrazione comunale di Casorate.
I momenti ufficiali sono
stati là relazione della segretaria della Commissione per
la ricerca del pastore; la lettura, da parte del fratello Ernesto Chiarenzi, in rappresentanza del presidente dell’
Ucebi, di una lettera di saluto; la dichiarazione nel pastore Colombo relativa al proprio assenso e al proprio impegno nello svolgimento del
suo ministero pastorale; la
dichiarazione del pastore
Spanu contenente l’atto di
destinazione del pastore Colombo in base alla delibera
del Comitato esecutivo dell’
Unione; una preghiera di invocazione e benedizione
sull’operato del pastore, sulla
sorella Tina, sua consorte e
collaboratrice e sulla chiesa,
guidata dall’anziano Pepe; ii
messaggi augurali da parte di
altre chiese e dell’amministrazione comunale.
Con la lettura di una parte
del Salmo 135 si è passati alla
parte di culto, dove il pastore
Spanu ha rivolto un messaggio ispirato al testo di Marco
3, 14-15. La diacona Grazia
Rondissone ha espresso a nome della comunità un sentito
ringraziamento al pastore
Spanu che con passione e tenacia si è fatto carico della
comunità per quasi un anno,
accompagnandola con discrezione e saggezza nelle
decisioni prese. Un omaggio
floreale è stato offerto alla sorella Marisa Inguanti in ricordo del padre Carmelo, che fu
pastore della comunità, e alle
mogli dei due pastori presenti. Con il canto dell’inno 194
e la preghiera condotta dal
pastore Colombo si è chiusa
la felice riunione. Un rinfresco accuratamente preparato
da alcune sorelle è stato offerto ai presenti che vi si sono
accostati nella gioia della comunione fraterna.
Scomparsa a Genova a 98 anni
Rita Alimonda credente
tutta dedita al prossimo
GRAZIELLA LUPO
Il 16 dicembre scorso moriva a Genova Rita Alimonda. È difficile che una persona vissuta così intensamente
e per 98 anni non fosse conosciuta, stimata e amata da
molti. Io faccio parte di quei
tanti che hanno avuto il privilegio di conoscerla e di divenirne amica per oltre 60
anni, e tutti quelli (e sono
molti) che hanno avuto questo privilegio, certamente si
uniranno a me nel ricordarla.
Fare la biografia della sua
lunga vita è impossibile e forse inutile. Privata della mamma in tenera età, venne allevata dalla famiglia Burgo
(cartieri di Verzuolo), intimi
amici del padre, che non avrebbe potuto occuparsi di
una bambina cosi piccola assieme agli altri tre figli. Cresciuta, ritorna dall’amatissimo padre, dalle sorelle e dal
fratello per poi iscriversi più
tardi, a Roma, alla scuola per
infermiere professionali della
Croce Rossa. Dal diploma in
avanti la sua vita è interamente dedicata agli altri. Sono queste parole solite, che
per Rita non vorrei adoperare
perché la sua dedizione a coloro che hanno sofferto e a
tutti in genere non ha avuto
nulla a che vedere con il significato comune che si conferisce alla parola «dedizione», ma molto di più.
Rita aveva un’anima di fuoco, appassionata e dolcissima
allo stesso tempo; la sua dedizione dapprima al padre, che
ha tenuto in vita con il suo
amore per lunghissimi anni
poi alla sorella e contemporaneamente a tutti gli altri, è
stata totale, illimitata e senza
riserve, e soprattutto illuminata da una fede assoiuta.
Dotata di una volontà di ferro,
non cedendo mai al buon
senso, anche in età avanzata e
a chi le consigliava di risparmiare se stessa, doveva fare
ciò che aveva deciso essere
per il bene degli altri e, negli
ultimi anni, per non dare di
sturbo a nessuno, anche a costo di danneggiare se stessa.
Non avrebbe mai rinunciato a
fare qualcosa, e Dio le ha dato
la salute per farlo.
Di giorno era in continuo
movimento per espletare in
modo esemplare il suo lavoro
di infermiera con responsabilità direttive, per accudire
alle faccende domestiche e al
padre, trasformando in atto
d’amore ogni sua azione: tutto quanto per gli altri era
semplice routine, per lei era
amore largito a piene mani.
Di notte, poi, fino alle ore
piccole scriveva agli amici,
leggeva la Bibbia, meditava e
pregava. Questo piccolo essere apparentemente fragile
nascondeva in sé un’indomita forza e una volontà risoluta, sorretta da una fede sconfinata. Diceva ultimamente:
«Dio sa che sono vecchia, sola e senza forze, ma mi dà
sempre la forza per fare tutto,
è miracolosamente accanto
a me quando meno me lo aspetto, per aiutarmi; io sono
tranquilla così e non ho paura di nulla».
Con questa sua fede ha agito tutta la vita, da quando dirigeva il poliambulatorio dell’Inam di Sampierdarena a
quando già vecchia e malferma non rinunciava a invitare
a colazione persone sole, oppure assisteva ammalati,
ospitava amici, sempre con
lo stesso coraggio, sempre
con lo stesso amore e fede. La
porta della sua casa era sempre aperta, chiunque poteva
entrare in qualunque momento. 11 suo disinteresse per
le cose materiali e la sua generosità sono anche troppo
noti a chiunque l’ha avvicinata e l’ha potuto constatare
essendone spesso l’oggetto.
Rita Alimonda è stata un
fuoco che ha bruciato vivissimo per tutta la vita, un punto
luminoso che si spostava tra
Genova e Luserna San Giovanni. Ora non è più; il Signore ha posto un alt al suo lavoro che egli ha per tanto tempo
illuminato e benedetto.
CATANIA — Nel corso delle domeniche d’avvento e il giorno
di Natale, nella chiesa valdese si è registrata una buona
partecipazione ai culti. Con piacere abbiamo ascoltato il
contributo della corale, di recente costituzione e diretta da
Armando Nilletti, che ha presentato un programma di canti della tradizione cristiana. Il 16 dicembre era stata insediata come nuova anziana deila comunità Simona Nilletti.
• Invitato da don Algeri, rettore del Seminario arcivescovile, il pastore ha partecipato a un incontro con i seminaristi
per presentare la posizione ecumenica della nostra chiesa
e le tappe principali della storia valdese. Particolare interesse, da parte degli studenti, per il confronto sulla formazione e la nostra concezione del ministero pastorale.
• Nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dell’emancipazione, è previsto un culto di ringraziamento delle chiese
evangeliche il 22 febbraio nel tempio di via Naumachia e
una pubblica manifestazione sul tema della libertà reiigiosa.
• Il 9 gennaio si sono svolti i funerali di Enrico Ritter, console onorario della Svizzera a Gatania. I suoi numerosi impegni nella vita cittadina sono stati testimoniati da una numerosa partecipazione al culto che si è tenuto nel nostro tempio. Con la sua morte scompare una delle dinastie svizzere
che tanta parte ebbero nella vita della nostra comunità.
ge
gioventù evangelica
SOTTOSCRIZIONE 1998
normale.............................L. 45.000
sostenitore............................90.000
estero.................................60.000
«3 copie ai prezzo di 2»............... 90.000
cumulativo GE/Confronti................ 90.000
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gioventù evangelica
via Porro Lambertenghi, 28
20159 Miiano
16
PAG. 8 RIFORMA
Delle Chiese
VENERDÌ 30 GENNAIO 1998
VENE
Torino: incontro-dibattito nel salone della Chiesa valdese
Quale futuro per la metropoli torinese?
Il sindaco, Il presidente delIVnione industriale e il segretario nazionale della
Fiom-CgiI hanno risposto alle domane della Commissione «Chiesa e società»
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Quale futuro per Torino?
A questa domanda, posta
dalla «commissione chiesa e
società» della Chiesa valdese
di Torino, hanno tentato di
rispondere tre autorevoli
esponenti della vita amministrativa, economica e sociale
della città: il sindaco Valentino Castellani, il presidente
dell’Unione industriale, Francesco Devalle, e il segretario
regionale Fiom-Cgil, Giorgio
Cremaschi. L’incontro, che si
è svolto il 16 gennaio nella
sala conferenze della Chiesa
valdese, si collocava nell’ambito delle manifestazioni per
il 150° anniversario delle Lettere Patenti, a dimostrazione
del fatto che, per tutti i protestanti, la fede cristiana e la libertà che ne deriva vanno
vissute nella piena partecipazione alla vita, ai problemi e
alle attese della città.
Secondo Devalle è improprio parlare di deindustrializzazione nell’area torinese. 11
1997, ha detto, è stato un anno molto importante proprio
perché ha permesso all’opinione pubblica di scoprire le
sfide ma anche i vantaggi
della globalizzazione. Negli
ultimi anni, le 200 imprese
torinesi che hanno investito
all’estero hanno conseguito
risultati migliori delle altre.
Certo, ha riconosciuto, c’è
anche il rovescio della medaglia: globalizzazione vuol dire
interdipendenza dei mercati,
e la crisi finanziaria che sta
attraversando il Sud-Est asiatico ha riflessi anche sull’Italia. Tuttavia, secondo Devalle, siamo in presenza di un risveglio congiunturale importante, dovuto soprattutto al
decreto governativo sulla rottamazione, che ha migliorato
sensibilmente l’occupazione
nell’area torinese.
Si tratta però di una fase
congiunturale e non strutturale, e continua ad esserci un
insufficiente volume di investimenti tali da generare occupazione. Per questo l’Unione industriale ha deciso di
coinvolgere Comune, Regione e Provincia per dare un segnale alla città, soprattutto
per quanto riguarda la formazione giovanile: le imprese torinesi si sono impegnate
a finanziare il costo dei primi
1.000 giovani da formare. Rimane il fatto che, da alcuni
anni, non ci sono stati nuovi
insediamenti industriali nell’area perché mancano le
condizioni favorevoli. 11 compito delle istituzioni locali
e del governo nazionale è
quindi di rendere «appetibile» il nostro territorio, in modo che tutto il patrimonio industriale accumulato finora
possa mantenere e sviluppare le sue capacità di competitività nell’ambito dell’ormai
vicina Unione economica e
monetaria.
Anche per Castellani, grazie alla rottamazione, l’area
torine.se sta attraversando un
periodo di «bonaccia» che
però non tende ancora al
«bello». È pertanto indispensabile approfittare di questo
periodo per pensare al dopo
in una prospettiva strategica.
Al di là dell’attuale congiuntura infatti, le fragilità strutturali dell’area restano tutte.
Non per nulla Torino e la sua
provincia sono incluse nell’elenco dell’Unione europea
(Ile) sulle aree a declino industriale. 11 compito specifico dell’Amministrazione comunale è quello di avviare i
«fattori di sviluppo»: piano
regolatore, già datato perché
pensato negli Anni 80; «infrastrutturazione» del territorio.
Da sinistra Francesco Devaile, Giuseppe Piatone e ii sindaco
Castellani non ha dubbio che
il futuro di Torino «avrà un
cuore fortemente industriale», anche se la globalizzazione non favorisce l’occupazione. È quindi indispensabile
sviluppare, attorno allo zoccolo duro della Fiat, altri settori, in particolare l’aerospaziale e le telecomunicazioni,
nonostante il recente sberleffo sull’Authority. A Torino,
ha precisato il sindaco, ci sono ben 5 milioni di metri
quadri di siti industriali dismessi. Bisognerebbe, ha
concluso, rileggere con molta
attenzione il «libro bianco» di
Jacques Delors, sia per quan
to riguarda i grandi progetti
di sviluppo delle reti dei trasporti e delle telecomunicazioni, sia per quanto riguarda l’apertura al terzo settore,
che non crea ricchezza ma
crea occupazione. Attualmente Torino si trova a un
bivio: ha tutte le carte per restare uno dei maggiori poli
industriali dell’Ue ma se non
si attua il decentramento delle istanze decisionali per poter portare avanti precise
scelte strategiche anche Torino, come Ivrea, potrebbe essere messa fuorigioco.
Per Cremaschi il futuro di
Torino deve essere affrontato
come una grande questione
nazionale. Non vi è dubbio
sulla vocazione industriale
dell’area torinese: proprio
perché resta una capitale industriale, Torino appare oggi
come un crocevia delle grandi questioni mondiali, in particolare degli effetti sociali
della globalizzazione, e la
presenza sempre più diffusa
degli immigrati ci pone di
fronte a queste grandi questioni. A livello dei singoli governi europei, però, manca
una coscienza chiara della
gravità dei processi di globalizzazione. Torino, con la sua
industria storica, rimane uno
dei maggiori poli manifatturieri in Europa.
La sfida che ha di fronte è
quella di una sempre più alta
qualificazione industriale,
che passa attraverso la riqualificazione non solo dell’offerta ma anche della domanda di lavoro. La posta in gioco non è solo il futuro industriale di Torino ma quello
dell’intero paese nell’ambito
dell’Europa. Inoltre, secondo
Cremaschi, l’area torinese sarebbe il luogo ideale per sperimentare le 35 ore proprio
perché, in fatto di occupazione, è un’area a metà strada
tra quella del Nord-Est e
quella del Mezzogiorno.
Le chiese genovesi e liguri per gli immigrati
Sorelle e fratelli di fronte a Dio
Pubblichiamo il testo di una
lettera inviata da alcuni pastori
e membri delle chiese avventista, battista e valdese di Genova
e da un rappresentante della
Federazione delle chiese evangeliche della Liguria e del Basso
Piemonte ai capigruppo del Senato e alla prima Commissione
«Affari Costituzionali» del Senato, dove il provvedimento è
stato in discussione in questi
ultimi giorni. Il Servizio rifugiati e migranti della Fcei invita le chiese a far avere testi analoghi al governo, inviando fax
ai numeri del presidente del
Consiglio Romano Prodi (066783838) o dei ministri Napolitano (06-485957) e Turco (064821207).
Siamo comunità costituite
da credenti e cristiani; alcuni, anzi molti di noi, sono
stranieri.
Per noi è sinceramente difficile considerare esistente, e
ancor più accettabile, una
reale differenziazione tra di
noi, a seconda del paese in
cui ciascuno è nato: non esistono cioè «stranieri», bensì
altre sorelle e fratelli, tutti
molto diversi fra loro, tutti
completamente uguali quanto al diritto che discende dal
legame di figliolanza, davanti a Dio.
È per questo sentimento
intenso di appartenenza reciproca, per la quale davvero il
«Essere chiesa insieme»: i'incontro dei 1994
problema di alcuni fra noi è il
problema di tutti, che le nostre comunità guardano con
estrema speranza alla emendanda nuova legge sugli stranieri, e con ancor più grande
apprensione si domandano
cosa sta per accadere a coloro che sono già tra noi, ma la
cui posizione ha necessità di
essere sanata dal punto di vista amministrativo.
Noi non possiamo pensare
che il nostro paese, nel momento stesso in cui si appresta a prevedere un sistema
che dovrà e saprà combattere vergogne sociali come lo
sfruttamento del traffico limano in ogni sua forma, voglia vanificare la forza dello
Per «essere chiesa insieme»
Il Comitato permanente dell’Opcemi, l’Ucebi e la Tavola
valdese fanno presente che il III Convegno «Essere chiesa
insieme» si inserisce nella «Settimana della libertà» a pieno
diritto, con il pieno supporto delle amministrazioni battista,
metodista e valdese.
La Settimana della libertà è un’occasione di impegno per
rendere visibile la ricchezza della diversità delle culture,
delle denominazioni e dell’appartenenza etnica delle chiese
evangeliche in Italia.
Ci auguriamo che rincontro previsto a Santa Severa dal
20 al 22 febbraio possa vedere la partecipazione di un gran
numero di persone, pastori e laici, delle nostre comunità.
Eventuali borse viaggio per pastore, pastori, diacono e
diaconi possono venire richieste alle amministrazioni.
Il presidente dell'Ucebi
Il presidente del Comitato permanente deU'Opcemi
Il moderatore della tavola valdese
strumento preparato, dimenticando la moltitudine di coloro che in Italia ormai si trovano e hanno ricostruito ciò
di cui ogni essere umano, in
quanto tale, ha pieno diritto, e
cioè un luogo dove vivere e
onestamente lavorare in pace.
Noi non possiamo pensare
che coloro che hanno un lavoro, anche se necessariamente svolto al di fuori delle
più elementari garanzie in
materia, debbano perderlo o
essere condannati a vivere
per sempre nascosti solo
perché tra i loro documenti
manca, e continuerà a mancare, quello che reca il timbro
che consentirebbe la loro regolarizzazione, e quindi anche la presa di responsabilità
nei confronti del nostro ordinamento sia loro, sia di coloro che offrono il lavoro.
Noi non vogliamo credere
che tanti tra le nostre sorelle
e i nostri fratelli, nei confronti dei quali noi dobbiamo e
soprattutto vogliamo esser
ospiti, dovranno ancora a
lungo attendere la sanatoria
della loro posizione.
Chiediamo pertanto, anche
allo scopo di effettivamente e
concretamente gestire il fenomeno migratorio, che venga studiata e approntata una
normativa che consenta di
regolamentare e regolarizzare le posizioni, oggi illegittime, degli stranieri che lavorano nel nostro paese.
Chiesa battista di Firenze
Un concerto gospel
per ricordare Martin L. King
In occasione del Martin
Luther King’s day, anniversario della nascita del grande
leader nero e Nobel per la
pace, la corale gospel «The
new voices of joy», guidata
dal maestro Nehemiah H.
Brown, ha dato vita domenica 18 gennaio, nella chiesa
battista di Firenze in via Borgognissanti, a un’avvincente
serata all’insegna del ricordo
e della rivisitazione del messaggio del celebre pastore
battista di Atlanta. Alcune
centinaia di presenti hanno
partecipato alla serata non
solo facendosi letteralmente
travolgere dal ritmo e dal
pathos del canto, ma anche
ascoltando attenti e commossi le testimonianze che si
sono succedute nel corso
dell’evento. Particolarmente toccante quella di John
Spike, figlio di un pastore
bianco che ha lottato fianco a
fianco con Luther King per
molti anni. Spike ha ricordato alcuni momenti che hanno
coinvolto la sua famiglia insieme ad altre migliaia di
persone, facendo rivivere ai
presenti l’atmosfera carica di
tensione ma anche di attesa
che ha caratterizzato la marcia di Washington del 1963.
Di tale marcia Jeff Jones ha
recitato in originale inglese il
famoso discorso «I have a
dream» trasmettendo a tutti,
anche a coloro che non ave
Martin Luther King
vano la completa padronanza
della lingua, la forza della visione che ha informato tutta
la vita di Martin Luther King
Presente fra i membri del co
ro anche il console degli Stati
Uniti a Firenze, egli stesso
afroamericano, che ha offerto
una sua testimonianza sulla
valenza politica dell’opera del
grande leader nonviolento,
Alcuni brevi significativi passaggi della vita e dell’esperienza di King, anche in relazione all’altro leader afroamericano Malcom X, sono
stati richiamati dal pastora
Massimo Aprile. La serata sii
conclusa con il canto, guidato
dal coro, «We shall overeóme» e con un significativo
«Tanti auguri a te» che Nehemia H. Brown, infaticabile
animatore della serata, ha intonato in onore di King.
A Santa Severa il 20-22 febbraio
«Essere chiesa insieme»
verso il terzo convegno
La Fcei ha convocato un
terzo convegno del cammino «Essere chiesa insieme»,
che avrà luogo a Santa Severa (Roma) dal 20 al 22 febbraio 1998. Gli obbiettivi del
terzo convegno sono, per il
presidente della Fcei Domenico Tomasetto, «rendere visibile la ricchezza della diversità delle chiese evangeliche in Italia e mettere in rete
le varie comunità ed esperienze (credenti stranieri
presenti nelle chiese, comunità di immigrati, comunità
miste di stranieri e italiani),
avviando eventualmente forme di collegamento fra queste varie realtà».
Il programma prevede gli
arrivi a Santa Severa per le 14
del 20 febbraio; alle 16 l’introduzione curata dal pastore
Massimo Aprile, seguita da
dibattito. In serata incontro e
presentazione dei partecipanti e momenti musicali.
Sabato 21, dopo la medita
zione iniziale, il lavoro prosa
guirà in gruppi dedicati a i
versi temi specifici: musica
teologia, liturgia; diaconiai
lavoro sociale; integrazioni
tra e nelle chiese. Nel ponte
riggio, dopo un altro momen
to musicale, l’assemblea pia
naria affronterà il tema dd
futuro di «Essere chiesa insia
me». Dopo un secondo momento di lavoro in gruppi, Il
sessione plenaria serale sari
dedicata all’approvazione i
eventuali documenti. Seguiti
una serata comunitaria. 1
La giornata di domenica 2!
si sposterà a Roma per unii
iniziativa pubblica in piazs!
Cavour, che comprenderà alle 10,45 il culto «Essere chiesi
insieme». Per informazio®
Servizio rifugiati e migrarti
della Fcei, via Firenze 38,
00184 Roma. Tel/fax; OE
4905101. E-mail: fed.evang®
lica@agorastm.it.
protestantesimo - raidue
in occasione dei 25- anniversario della rubrica
vi invita
venerdì 30 gennaio 1998 - ore 17
Aula Magna della-Facoltà valdese di teologia
via Pietro Cossa, 40 - Roma
alla tavola rotonda
Dai recinti aii’agorà:
reiigioni neiia teievisione che cambia
con Giorgio Bouchard
Nuccio Fava
Federico Sciano
Mario Marazziti
pastore evangelico
direttore Progetto Giubileo R^i
direttore Rai Educational
dirigente Raidue
presiede Fulvio Rocco giornalista, Fcei
Intervengono Mahmoud S. El Sheikh, Carlo Freccero,
Giorgio Girardet, Domenico Maselli, Andrea Melodia,
Italo Moscati, Federica Olivares, Orazio Petrosillo, Giovanni Tantino, Domenico Tomasetto, Fabrizio Truini.
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venerdì 30 GENNAIO 1998
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^ —SF Vita Delle Chiese
l^i '- Viaggio nelle scuole valdese e metodista di Pachino e di Scicli
Due «frontiere» per l^istruzione in Sicilia
L'attività delle opere evangeliche a livello di scuola materna suscita
apprezzamento per l'opera educativa e di testimonianza che vi si svolge
PAG. 9 RIFORMA
FRANCO CALVETTI
Quando sì paria, per la
nostra testimonianza
evangelica nel Sud Italia,di
«frontiera irrinunciabile» si
rischia di riferirsi principalmente o unicamente alla nostra «diaconia pesante» in
fatto di istruzione, quale il
Centro diaconale La Noce di
Palermo o il Servizio cristiano di Riesi, dimenticando
così due altre nostre realtà
che hanno alle spalle una
storia centenaria e una tradizione di grande rilevanza
nell'impegno educativo rivolto ai piccoli. Non dobbiamo dimenticare l’opera che
svolgono la Scuola materna
Il redentore di Pachino (Sr) 1
e la Scuola materna di Scicli
(Rg)2 con annessa «garderie»
per i bambini in età inferiore
ai 3 anni.
Ho visitato ultimamente
queste due nostre «frontiere»
e mi piace partecipare ai lettori le mie impressioni e considerazioni prima di tutto per
informazione e in seconda
battuta (ma non per questo
meno importante) per sottoporle all’attenzione, alla preghiera e alla corresponsabilità delle nostre comunità. La
Scuola materna di Pachino è
situata in pieno centro città,
nel «complesso valdese» costituito da tempio, foresteria
e casa pastorale. Due sono le
sezioni per bimbi dai 3 ai 6
anni che vedono la frequenza
di una cinquantina (49 per
l’esattezza) di bambini e
bambine. Le aule si presentano, dopo alcune ristrutturazioni della scorsa estate, sufficientemente ariose e adatte
allo scopo. Il personale è formato da una coordinatrice
che è attualmente Renata
Grill, incaricata per l’anno a
seguire la comunità, da due
insegnanti recentemente assunte e formate didatticamente, da una assistente, da
una cuoca e dal diacono La
■ -ilH
I bambini della scuola di Pachino
ganà, che vi presta una parte
del suo servizio.
Dal mio diario stralcio alcune frasi che vogliono raccontare una giornata scolastica tipo: «Dalle 8,30 alle
9,30 i bambini giungono alla
spicciolata, chi a piedi, chi in
automobile, chi sul pulmino
(9 posti) guidato dal nostro
diacono Dino Laganà (...).
Dalla sapiente programmazione annuale le due insegnanti traggono un breve
percorso di acquisizione: un
racconto, una conversazione
guidata, un’osservazione di
cose, una canzoncina, una filastrocca (...). A metà mattinata la pausa per assaporare
un frutto locale e per sgranchirsi le gambe (...). Poi l’ora
di pranzo, preparato e servito
con amore da Mimma, che
sovrintende, incoraggia, si
impone. (...). Alla fine della
giornata le insegnanti si fanno reciprocamente una rapida comunicazione sullo svolgimento del programma, sul
la preparazione didattica
dell’indomani (...). Dopo le
16,30 tutto tace (...) ma risento risuonare tante vocine belle, penso ai tanti occhietti curiosi, ai tanti gesti affettuosi
dei bambini pachinesi che
sperimentano che una società più giusta e più fraterna
si costruisce anche grazie a
una qualificata giornata di
scuola materna».
A Scicli vive da cento anni
una comunità metodista che
ha sempre unito all’annuncio dell’Evangelo un impegno educativo per la popolazione. Anche Io spazio educativo di Scicli è nel centro
del paese accanto al luogo di
culto. Ho partecipato, fra
l’altro, come invitato a una
seduta del Comitato alla presenza del pastore Valdo Benecchi, presidente dell’Opcemi. Si è esaminato il progetto di ristrutturazione concepito nell’ambito della destinazione dell’otto per mille.
Stralcio da una mia lettera
relazione inviata a Valdo Benecchi alcuni passaggi: «È necessario, secondo me, ristrutturare lo spazio avendo come
obiettivo quello di istituire la
seconda sezione di scuola
materna con sezioni di 25
bambini, abbandonando il
servizio di “garderie” di bimbi
fino a 3 anni. La veranda potrà fungere da luogo di accoglienza, smistamento e passaggio per i servizi igienici.
Uno spazio mensa può essere
pensato nelle due aule sufficientemente spaziose. È indispensabile portare avanti
quanto è stato da voi programmato per il rifacimento
cucina, servizio per il personale, servizio per i piccoli, così come un ufficio per la coordinatrice (...) Bisognerà puntare alla continuità di servizio
del personale insegnante e
non (...) sarebbe auspicabile
che le insegnanti frequentassero i corsi di formazione in
servizio che si tengono annualmente a Palermo».
In entrambe le realtà mi
sono sentito in fraterna sintonia con tutti i responsabili
nel ritenere che il servizio
che noi offriamo (strutture,
organizzazione, strategia didattica) deve essere di qualità, di stimolo, di leale concorrenza al servizio pubblico
in modo da incidere positivamente sulla realtà dei territori sui quali insistiamo (Pachino, Scicli, Riesi, Palermo).
Cento anni fa le nostre scuole
sono apparse ai siciliani come uno spazio di democrazia, di ricerca per la giustizia
sociale, di impegno evangelico e tali devono apparire ancora oggi, fatti i debiti aggiornamenti.
(1) Asilo infantile «Il Redentore», via S. Martino 7, 96018 Pachino (Sr); tei. 0931-846323; ccp
10872968.
(2) Centro cristiano per l’infanzia, via Carioti 2, 97018 Scicli
(Rg); telefono 0932-932204; ccp
10615979.
La Cevaa pubblica una raccolta di testi trascritti dai missionari evangelici
L'intento morale delle antiche favole africane
CARMELINA MAURIZIO
Quando alia fine dei secolo scorso due missionari evangelici, Jacottett e
Casalis, pubblicarono a Parigi «Comes populaires des
Bassoutos», raccolta di racconti degli indigeni del Lesotho, il volume non ebbe
certo la risonanza che avrebbe meritato. Ci riprovano un
secolo dopo Laura Nisbet, insegnante di francese cbe ha
lavorato fino ai primi Anni 90
bella Chiesa evangelica del
Lesotho, e Elena Ravazzini,
scrittrice, presentando al
pubblico italiano la traduzio
ne del volumetto dei missionari con il titolo «Ditaolane
ripopola il mondo, quindici
racconti del popolo dei basotho», pubblicati grazie a
una collaborazione tra la casa editrice Claudiana e la Comunità evangelica di azione
apostolica (Cevaa).
Tutti i racconti presentati
appartengono alla tradizione
orale e furono trascritti dai
missionari del secolo scorso
nel modo più rispettoso e fedele possibile; il testo originale sesotho, che non ci è
stato tramandato, aveva sicuramente delle parti oggi irrecuperabili, come per esem
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310,
dia,
àio
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CIOV
Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi
OSPEDALI VALDESI DI TORRE PELLICE E POMARETTO
Presidenza e Amm.ne: via Beckwith, 3 - 10066 Torre Pellice (To)
La CIOV ricerca personale sanitario nelle seguenti qualifiche:
- OPERATORE PROFESSIONALE COLLABORATORE
TECNICO DI RADIOLOGIA MEDICA
- OPERATORE PROFESSIONALE COLLABORATORE
TECNICO DI LABORATORIO ANALISI
Scadenza concorsi: ore 12,00 del giorno 16.02.1998
^6r informazioni rivolgersi all’Ufficio Personale dell’Ente
tei- 0121-952711 -fax0121-933401
pio degli intermezzi musicali,
e probabilmente i missionari
dovettero incontrare non poche difficoltà nella loro opera
di redazione. Quello che oggi
ci arriva attraverso la traduzione di Laura Nisbet e Elena
Ravazzini è la versione italiana praticamente fedele a
quella francese dell’Ottocento, un testo davvero interessante che offre a noi occidentali molti spunti di riflessione
e ci invita a considerare una
cultura pressocché sconosciuta nel nostro paese.
Tutti i racconti si presentano simili nella struttura: ciascun personaggio o gruppi di
personaggi devono misurarsi
con una prova, di solito l’invasione del proprio luogo
(mentale o spaziale); superata, anche se solo in parte, la
prova i personaggi ritornano
al luogo di origine, o perlomeno allontanano da esso la
causa di invasione. Il lettore
europeo potrà sorprendersi
per l’assenza della morale finale, e tuttavia non è difficile
percepire come ciascun racconto sia continuamente
pervaso da un intento morale, che è proprio il lettore a
dover individuare. Tutti i
racconti presentati in Ditaolane ripopola il mondo (ditaolane significa stregone in
sesotho) sono molto antichi
e sebbene oggi le donne africane non li raccontino più la
sera attorno al fuoco esiste
un programma radiofonico
che si preoccupa di narrare
le storie della tradizione orale, per tutelare un patrimonio che a volte risale fino a
duemila anni fa.
Quello che noi lettori italiani possiamo apprezzare in
questi piacevoli racconti del
popolo basotho, popolati da
animali, mostri, stregoni,
fanciulli e fanciulle, è di certo
la freschezza che trasmettono, nonostante la loro antichissima origine, oltre alla
possibilità che ci offrono di
aprire una finestra su un piccolo mondo quale è quello
del Lesotho, paese oggi praticamente circondato dalla Repubblica sudafricana, per andare a scoprire che, come dice nella sua introduzione il
presidente del Comitato italiano della Cevaa, Franco Taglierò, «incontrare gli altri significa soprattutto imparare
a conoscere le culture, le tradizioni, gli usi e i costumi dei
paesi e dei popoli, oltre che
delle chiese». L’invito a leggere Ditaolane ripopola il mondo è allora non solo l’invito a
leggere quindici racconti piacevoli, interessanti e originali, ma anche quello a considerare un po’ più vicini fratelli e sorelle nella comune
fede evangelica come sono
gli abitanti del piccolo stato
africano del Lesotho.
Agenda
31 gennaio
BERGAMO — Alle ore 17,30, presso il Centro culturale
protestante (via Tasso 55, 1“ piano), il pastore Thonias
Soggin parla sul tema: «Una grande intuizione su Dio»
nelTambito degli incontri sul Vangelo di Giovanni.
FIRENZE — Alle ore 17, presso il Centro culturale protestante «Pietro Martire Vermigli» (via Manzoni 21), il pastore Raffaele Volpe parla sul tema: «Etica cristiana e problema della laicità». Moderatore il prof. Marco Ricca.
TORINO —Alle ore 21, nel salone valdese di corso Vittorio
Emanuele 23, la Scuola di pace «Ernesto Balducci» e il
gruppo «Beati i costruttori di pace» organizzano una serata di letture di testi dal titolo «Gandhi testimone della nonviolenza. Storia dei miei esperimenti con la verità», a cura
dei lettori Daniela Falconi e Bruno Barberis.
1° febbraio
TORINO — A partire dalle ore 9,45, nel salone valdese di
corso Vittorio Emanuele 23, si tiene un convegno internazionale sul tema: «L’insegnamento di Gandhi per un futuro
equo e sostenibile», organizzato dal Centro studi «Sereno
Regis», dai Beati i costruttori di pace e dal gruppo Assefa di
Torino. Per informazioni tei. 011-532824.
4 febbraio
MILANO — Alle ore 18,30, nella chiesa cristiana protestante (via Marco De Marchi 9, metro Turati), il pastore
Fulvio Ferrario tratta il tema «Predestinazione o trionfo
della grazia? Da Calvino a Karl Barth», nelTambito di un
ciclo di conferenze sulla teologia di provenienza svizzera
dal titolo «Dimensioni della Riforma. Impulsi di ri-forma», organizzato dal Centro culturale protestante, dal Sae,
dalla Chiesa cristiana protestante con il patrocinio del
Consolato generale della Svizzera a Milano.
6 febbraio
SONDRIO — Alle 21, al Centro evangelico di cultura (via
Malta 16), si tiene un incontro su: «La libertà religiosa». Intervengono il pastore awentista Carlo Cataneo, il prof, don
Saverio Xeres e il pastore riformato Alfredo Berlendis.
BERGAMO — Alle ore 17,30, presso il Centro culturale
protestante (via Tasso 55, 1° piano), il pastore Thomas
Soggin tiene un incontro sul tema «Autore: ipotesi sulla
sua identità», che conclude un ciclo di quattro incontri di
studio dedicati al Vangelo di Giovanni.
TORINO —A partire dalle ore 10 (culto; canti corali; saluto
dei rappresentanti delle chiese e della comunità civile),
all’Ospedale evangelico valdese (via Silvio Pellico 19, pianterreno), si tiene la cerimonia di inaugurazione del nuovo
reparto di Chirurgia e delle nuove sale operatorie. La visita
al nuovo reparto avrà luogo alle 10,45. A seguire un buffet.
8 febbraio
ROMA — Alle ore 16, presso la sede del Sae (via Giusti 12),
si tiene un incontro sul tema «L’azione dello Spirito nel
cammino ecumenico. Vivere la profezia; memoria e anticipazione». Intervengono il biblista Daniele Garrone e il teologo cattolico Gianni Gennari. Per informazioni telefonare
ai numeri 06-69883754-5810814-5374164.
MESTRE — A partire dalle ore 10, in via Cavallotti 8, si tiene la 2“ giornata di formazione per predicatori locali, catechisti, monitori e giovani, sul tema «Come le nostre chiese
affrontano il Giubileo?». Relatore il pastore Ricciardi.
Radio e teleoisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì
della settimana seguente alle ore 9 circa. Domenica 8 febbraio (replica il 16 febbraio): «1848-1998: la libertà degli altri; Ecumenismo a Milano: nasce il Consiglio delle chiese
milanesi; Con la danza nel cuore; Incontri (rubrica biblica)».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima
del venerdì di uscita del settimanale.
SPECIALE PROTESTANTESIMO
Culto evangelico
diretta eurovisione - Raidue
domenica 15 febbraio 1998 - dalle ore 10 alle ore 11
dalla chiesa valdese di Torre Pellice (vaili valdesi)
presiede il pastore Bruno Rostagno
predica il pastore Giorgio Toum
corali dirette dal m.o Ferruccio Corsani
regia di Giovanni Ribet
produttrice Gianna Urizio
In occasione del 150° anniversario delle «Lettere Patenti» del 17 febbraio 1848 sarà trasmesso in diretta eurovisione un culto solenne alla presenza del Presidente
della Repubblica italiana, on. Oscar Luigi Scalfaro
18
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 30 GENNAIO 1998
VENE
Rifomma
Il «fattore K
»
Piera Egidi
Italia, popolo di santi, di eroi e di navigatori? Forse anche, ma di retori certamente sì. Abbiamo problemi reali,
città invivibili, economia dissestata, moralità pubblica da
ricostruire, criminalità che impazza, giovani senza prospettive, anziani e malati da accudire, e noi che facciamo?
Che fanno i nostri maestri di pensiero? Osservano 1 fatti,
promuovono richieste, discutono soluzioni, mettono la loro cultura al servizio del bene comune? Aiutano la gente a
trovare il punto d’incontro, il sentire che ci affrateUa e ci
permette di lavorare insieme per tirarci tutti quanti fuori
dai guai? Nient’affatto, i nostri retori non trovano di meglio che importare dalla Francia, questa volta, la rinnovata
accusa sul «Fattore K», il comunismo dei gulag di Stalin, di
cui sarebbero tuttora responsabili, in quanto non sufficientemente dissociati, non solo il partito di Rifondazione
comunista, ma anche i dirigenti quarantenni del Pds,
mezzo governo e più, insomma. Né serve che ancora dalla
Francia ci venga un segnale del tutto opposto, la pubblicazione presso Gallimard dei «Quaderni del carcere» di
Gramsci il quale, come ci ricordano alcuni studiosi di un
recente convegno torinese promosso da enti di diversa
collocazione cultural-politica, già dal ’26 era in contrasto
con le posizioni della III Internazionale e che negli Anni 30
sconfessò la dottrina staliniana del social-fascismo.
Ma Gramsci stava in carcere, allora, e la sua voce era fievole. Il suo pensiero fu conosciuto solo nel dopoguerra, e
fu fondamentale per la formazione di generazioni di comunisti italiani, quelli stessi che là dove poterono governare non costruirono gulag, ma delle società saldamente socialdemocratiche come quella emiliana, unica esperienza
veramente «europea» qui da noi. E non è un caso che, pur
con connotazioni culturali e politiche così diverse, l’attuale
presidente del Consiglio, nel suo pragmatismo derivi da h.
Tanto poco gulag, che i due personaggi che incarnavano le
due opposte maggioranze in quella regione, la comunista e
la democristiana, ispirarono la bonaria satira in anni lontani dei personaggi di Pappone e don Camillo!
Il nostro è stato un secolo di tragedie e di orrori, di cui
l’Europa è stata l’epicentro. Opposti totalitarismi si sono
combattuti con ogni mezzo, e non è possibile non ricordare che, di fronte all’orrore più disumano, quello del nazismo, le nazioni democratiche come la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti si unirono alla sovietica Russia di Stalin,
e che quest’ultima per fermare Hitler pagò un tributo di
venti milioni di morti. Tempi di tragedie grondano sangue
da ogni parte ed esigono durezze d’acciaio. Grazie al cielo
oggi, e anche grazie a quegli uomini e donne, possiamo
permetterci il «lusso» della democrazia!
Per questo vorremmo che il giudizio sul nostro secolo
fosse oggetto di serena e approfondita ricerca storica, e
non fosse lasciato ai retori di turno, che sventolano opposti vessilli ogni volta con toni di crociata. Ottima cortina
fumogena, peraltro, dietro a cui continuare a smazzettare
affari più o meno loschi, ogni volta che l’Italia si affaccia a
forme più avanzate e moderne di politica. Non si vuole,
evidentemente, che si crei una salda democrazia dell’alternanza, il sogno di due chiare opzioni possibili nella laicità della politica, una socialdemocratica e l’altra liberaldemocratica, in cui ogni cittadino, credente o no, di volta
in volta possa senza anatemi né traumi scegliere dove collocarsi. Senza essere costretti invece tutti a sentirci strillare addosso, e a veder sostituire sempre surrettiziamente
l’esigenza di serie analisi culturali con il plano della politica, ma non quella con la P maiuscola, bensì quella della
bassa cucina quotidiana.
Perciò non aveva bisogno l’attuale segretario del Pds, a
parere mio, di fare professione di anticomunismo. Avrebbe
fatto meglio invece a non sentirsi in obbligo, per dimostrare di essere aperto ai valori del religioso, a citare a tutto
campo, come «profeta del nostro tempo» il rappresentante
della maggiore confessione religiosa nel nostro paese, come se solo a essa appartenesse la voce e il dovere della profezia. Non sarebbe meglio lasciare alle fedi il posto delle fedi, e alle scelte politiche queUo delle scelte politiche?
Rifórma
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 176 del gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 4 del 23 gennaio 1998 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 21 gennaio 1998.
Le motivazioni profonde della vita cristiana
Giustificazione e santificazione
La conoscenza della grazia di Dio che «giustifica» significa
ubbidienza alla volontà di Dio. Un'etica di fede e nella fede
PIERO bensì
SPERO vivamente che tutti
i lettori del nostro giornale abbiano prestato attenzione al bell’articolo di Gino
Conte: «Giustificazione per
grazia» apparso sul n. 44/97
di Riforma. Non si poteva illustrare in modo più chiaro la
differenza radicale tra il concetto cattolico di «grazia» e
quello neotestamentario e
riformato. Ringrazio Conte
per averlo spiegato con tanta
lucidità.
Vorrei continuare il discorso, prolungandolo nel campo
dell’etica cristiana. Oggi si
parla molto di «etica protestante» e c’è grande richiesta
di chiarimenti su questo argomento certamente importante. Se ne parla sovente, ma
si evita di spiegare chiaramente qual è il fondamento
evangelico dell’etica soprattutto se riferita alla -vita dell’individuo. La tendenza ecumenica, oggi, è quella di rilevare le analogie che esistono
fra il concetto protestante di
vita cristiana e quello cattolico. Esattamente come sta avvenendo per il concetto di
giustificazione.
Riconoscersi peccatori
Se si guarda dal punto di vista esteriore, le analogie sono
davvero tante: il comandamento dell’amore, della disponibilità verso il prossimo,
del rifiuto del dio danaro è
identico per noi come per loro; è un denominatore comune che ha permesso a cattolici
e protestanti di trovarsi spesso insieme, in questi ultimi
decenni, sui luoghi della sofferenza umana (terremoti,
immigrati, tossicodipendenze
ecc.). Ma anche qui il concetto di fondo e il punto di partenza sono profondamente
diversi. Il cattolico imposta la
sua vita morale cóme un dovere nei confronti del comandamento di Dio. Sa bene di
non farcela da solo e di avere
bisogno dell’aiuto della grazia
di Dio, che per lui si manifesta nell’uso dei «mezzi di grazia» (sacramenti, messa, preghiera). Il protestante parte
da una diversa concezione di
se stesso, da un radicale «pessimismo antropologico». Riconosce di essere peccatore e
di non avere nessuna possibilità di liberarsi dal suo peccato con i suoi sforzi, sia pure
aiutati dai mezzi di grazia.
Anche se non compie particolari «atti peccaminosi», vede
dentro di sé l’egoismo, l’orgoglio, la concupiscenza che gli
rendono impossibile una vera
ubbidienza ai comandamenti
di Dio, non solo esteriore.
La grazia di Dio
Paolo così si esprimeva: «Io
so che in me, cioè nella mia
carne, non abita alcun bene»
(Romani 7,18). Ma il credente
è tale appunto perché «crede», vale a dire rinunzia ai
suoi sforzi e si abbandona totalmente alla grazia di Dio,
non solo per la sua giustificazione (salvezza, perdono), ma
anche per la sua santificazione. Come non può aggiungere
nulla alla grazia di Dio per la
sua salvezza, così non può aggiungere nulla per la sua vita
cristiana. L’etica protestante e
neotestamentaria è.un’etica
di fede. È quel «dimorare in
Cristo» di cui parla l’Evangelo
di Giovanni (15,4)
Certo, nella pratica quotidiana della nostra esistenza
siamo chiamati a «non avere
altri dei», a «non uccidere» a
«non commettere adulterio»,
soprattutto ad amare «poiché
tutta la legge è adempiuta in
quest’unica parola: Ama il
tuo prossimo come te stesso»
(Calati 5, 14). Ma chi è sufficiente a queste cose? Chi è in
grado si amare il prossimo e
amarlo sempre? Cristo lo ha
fatto per noi e il suo Spirito in
noi trasforma la nostra vita
rendendoci capaci di fare cose impossibili alla nostra
«carne». In altre parole la grazia di Dio non viene in aiuto
ai nostri sforzi morali, ma si
sostituisce a noi nella nostra
vita. «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in
me; la vita che vivo ora nella
carne, la vivo nella fede nel
Figlio di Dio» (Calati 2, 20).
«Nella fede»: ecco l’etica cristiana, un’etica di fede.
La santificazione
Potremmo dire che la grazia
è come una medaglia a due
facce: da un lato la giustificazione, dall’altro la santificazione. Ma sempre di grazia si
tratta, cioè di opera esclusiva
di Dio. Abbiamo forse trascurato un po’ l’altro aspetto della grazia: la santificazione.
Perciò ci troviamo tanto spesso di fronte i nostri fratelli e le
nostre sorelle che trovano
tanto difficile vivere la vita
cristiana, sul piano dell’etica
individuale. Perché la vogliono vivere loro, con la loro indubbia buona volontà. Non è
possibile. È Cristo che vive in
noi e attraverso di noi l’ubbidienza alla volontà di Dio.
Già: l’ubbidienza. Dopo la
giustificazione, è uno dei termini che ricorre più di frequente nei nostri riformatori,
in particolare in Lutero. E non
è difficile capirlo: Lutero era
stato un monaco modello ma
a un certo punto si è reso conto che la sua rigida osservanza
della regola non lo rendeva
ubbidiente a Dio: solo la trasformazione operata in lui
dalla grazia ne ha fatto una
creatura nuova, capace di vivere l’ubbidienza o, meglio, di
ricevere per fede l’ubbidienza
di Cristo. Giustificazione-santificazione: due aspetti della
stessa grazia di Dio che opera
per noi e in noi senza bisogno
della nostra collaborazione,
anzi arriverei a dire: in contrasto con la nostra collaborazione (concetto stupendamente illustrato nel libro di
W. Nee «L’uomo spirituale»).
Certo, siamo noi che operiamo, con le nostre labbra, con
le nostre mani e non come
automi. Ma operiamo «per fede» in colui che è il Signore.
Una nuova creatura
Chiudo con alcune brevi citazioni di Barth: «Conoscenza
di Dio significa ubbidienza a
Dio. Essa si realizza quando
l’uomo diventa un uomo
nuovo per mezzo della fede
in Gesù Cristo, suo Signore».
Ciò che lo rende «nuovo»
consiste nel fatto che non pone più la sua fiducia in se
stesso, ma nel suo Signore e
che non è più al servizio di se
stesso, ma serve il suo Signore. Là dove Dio è riconosciuto
in modo autentico, l’uomo
cessa di essere padrone di se
stesso, la sua decisione e la
sua volontà non si manifestano più per mezzo della sua libertà, ma per opera dello Spirito Santo. La parola di Dio
accusa e giudica sempre il
credente: non è migliore degli
altri, degli increduli; e peccatore come loro e tutta’via si distingue da loro per il fatto che
incomincia a amare ciò che
prima odiava e a odiare ciò
che prima amava... per mezzo della fede Cristo abita nei
nostri cuori e regola i nostri
pensieri, le nostre parole e le
nostre azioni.
Certo, la nostra fede è piccola e debole ma Gesù Cristo,
che per la fede abita nei nostri cuori, è grande e forte.
Ecco perché, per quanto piccola e debole possa essere la
nostra fede, non andrà mai
senza l’amore e, di conseguenza, senza il compimento
della legge divina e tutte le
nostre opere, che provengono dalla fede, saranno opere
buone... La verità del nostro
modo di agire è Gesù Cristo
in persona; ciò non toglie che
dev’essere anche il nostro
modo personale poiché la nostra giustificazione davanti a
Dio è stata realizzata una volta per tutte in Gesù Cristo e ci
viene concesso di credere
questo; è stato così provveduto anche alla nostra santificazione in questo mondo.
UN ascoltatore di nome
Marco ci scrive da Manzano. Sono andato a cercare
un atlante per capire dove si
trova Manzano e ho trovato
ben tre Comuni, in posti diversi d’Italia, che si chiamano
così. Perciò non riesco neppure a capire se chi ha scritto
ha delle caratteristiche particolari, se è del Centro, del
Nord o del Sud. Nel nostro
paese la zona di residenza è
spesso determinante per capire la mentalità nella quale
si è inseriti. Tanto più in questo caso, con una lettera che
parla della chiesa, la piccola
chiesa locale dove ■vivi, discuti, ti rallegri o ti arrabbi.
11 nostro amico Marco, infatti, ci chiede; «Può esserci
una chiesa senza i cristiani?».
È rimasto colpito da un articolo di Alessandro Maggiolini su un numero dell’«Awe
, L'. s
■UilC
J JJ3í£¡íJ'j;j ll-íJJíJ £¡ÍJ]5í£¡íl
EUGENIO RIVOIR
ñire» di poche settimane fa
dove, commentando le parole del papa relative al massacro della notte di San Bartolomeo, si dice: «Il papa non
ha parlato dei peccati della
chiesa, ma di atti condannabili compiuti da cristiani». Lo
dico in altre parole: «Non la
chiesa ha sbagliato, ma soltanto alcuni cristiani». Lo dico ancora più chiaramente:
«La chiesa non può sbagliare,
i credenti sì». «Quale chiesa
per il perdono?», si domanda
Alessandro Maggiolini. La
chiesa non sbaglia, non può
sbagliare perché si rischierebbe, pensando così, di dimenticare che la chiesa è del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; si rischierebbe di
rendere Dio peccatore. Non
si può parlare dei peccati
della chiesa, ma solo di cristiani che sbagliano. Fin qui
il giornalista.
Ma la chiesa, dico io, è for
OjlMìlMSaT .
La Sindone
sulla stampa
La conferenza stampa tenuta il 15 gennaio alla sala valdese di Torino per presentare
il documento degli evangelici
torinesi e il libro di Carlo Rapini sulla Sindone ha avuto
un’eco notevole sulla stampa,
La voce del popolo, settimanale della diocesi torinese, riporta una lunga risposta del
canonico Oreste Favaro, uno
dei vicari dell’arcivescovo,
nella quale si ribadisce la piena legittimità della Chiesa
cattolica a proseguire nella
tradizione millenaria della venerazione delle immagini, che
certo deve essere «purificata
da tutti gli eccessi», e si vede
comunque nella Sindone, a
prescindere dalla sua autenticità o meno, un invito alla riflessione sulle sofferenze di
Cristo e della stessa umanità,
«Possiamo rassicurare i nostri
fratelli evangelici - dice - che
le estensioni del 1998 e del
2000 non saranno affiancate
da una campagna tesa a dimostrare essenzialmente l’autenticità della Sindone». Più
duro un servizio deli’Avveniri
dove si legge tra le righe l’accusa ai protestanti di voler sabotare la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
e si ipotizza che la Fcei abbia
preso le distanze dal documento degli evangelici torinesi. La Stampa e La Repubblia
trattano la questione sulle pagine locali, presentandola il
modo sostanzialmente coni
to, ma ancora una volta ritcendo ai soli valdesi il niiitiforme e vasto mondo evagelico. L’Unità invece si sofferma in particolare sul libra
di Papini e sulle argomentazioni storiche che contesta»
l’autenticità della Sindone.
La posizione più originali
la ritroviamo sul L’eco dé
Chisone, settimanale pinerolese, dove don Vittorio Motero in un articolo dal titolo significativo:«Litigare perla
Sindone? Ma nemmeno p0
sogno» critica i metodi usati
per l’ostensione della Sindo^
ne, la «corsa alle celebrazioni
che... premiano un certo confessionalismo esasperato!
quasi concorrenziale» e invi-j
ta i cristiani a non litigare sa
un’immagine della sofferen-!
za, ma ad occuparsi coñete-'
tamente di coloro che vivon»
oggi nella sofferenza. Siarnn
pienamente d’accordo coirli
sua conclusione: «Incolonnare la gente verso la Sindone,
mentre gli emarginati sono,
sempre più soli e gli evasoli
fiscali frequentano la chiesa!!
il tempio senza sentire rimorso, mi preoccupa».
mata dai membri che vivono
lì, uno accanto all’altro con»
loro lavoro e con le propri»
passioni. La chiesa di Manzanò, per esempio, sono i cn-i
stiani che vivono a ManzanO;
E se dovessero, per qualsia»'
motivo, sbagliare vorrebbo
dire che sbaglia la chiesa, bf
po’ alla volta, parlandoci, d'"
sentendo seriamente, siarn®
arrivati tutti a capire che 1»
chiesa può sbagliare. Ed
una benedizione riuscire»
capire che, poiché si son»
commessi degli errori,
questi errori si può chieder»
perdono. Beata la chiesa eh
riconosce i suoi errori e cb
sa chiedere perdono.
(Rubrica «Parliamone
sieme» della trasmissio>^
«Culto evangelico» cwrm
dalla Fcei andata in onda do
menica 25 gennaio).
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0 Le terapie
e i pazienti
Caro Gianni Fornari,
permettimi in tutta amicizia di esporti alcune considerazioni sul tuo articolo su
Riforma del 16 gennaio «In
ordine sparso contro il cancro». Io penso che lo straordinario interesse suscitato dalle
ricerche del prof. Di Bella
sulla cura del cancro non sia
causato solo dair«emotività»
di cui sono preda i malati e i
loro familiari di fronte a nuove speranze, ma anche dalla
sfiducia generale di tutti verso quella che si chiama medicina ufficiale e il suo concetto
di specificità.
Questa sfiducia, mentre
come dici tu giustamente fa
perdere di vista ia serietà delle cure riconosciute e può far
sì che si sia portati a credere
a soluzioni miracolistiche,
non si può dire non sia giustificata. Quale scientificità
possono avere quelle ricerche che vengono sconfessate
dopo alcuni anni per cui medicine ritenute valide e scientificamente provate vengono
poi giudicate dannose, quelle
che fissano indici non valicabili, per esempio di colesterolemia o glicemia, che vengono un giorno variati a seconda del marketing dei farmaci da lanciare o ritirare dal
mercato sulla base di interessi delle multinazionali farmaceutiche, ecc.?
Prendiamo la lotta contro
l’Aids: è mai possibile che in
armi di ricerca internazionale con capitali enormi a disposizione, non si sia trovata
una cura che porti a guarigione, ma soltanto cure che
rallentano il processo di diffusione deH’infezione in modo che il malato è sempre costretto a continuare le cure
per tutta la sua vita? Io mi
domando; la cura definitiva a
chi gioverebbe?
Ma davvero pensiamo che
la scienza sia imparziale e la
ricerca finalizzata al benessere delle persone? Se pensiamo questo ci siamo trovato il
nostro totem e non abbiamo
bisogno di altri dei, anzi essa
diventerebbe Dio: giusta,
creatrice, amorevolmente rivolta all’uomo. Così non è e
allora sentire un uomo, certamente uno scienziato non legato a interessi multinazionali e interessato anche alla
«qualità della vita» degli ammalati, che ricerca una cura
che non dia effetti peggiori di
quelli provocati dalla malattia
stessa, suscita interesse. Non
posso dare giudizi da medico,
ma da potenziale paziente
posso dire di non aver ricevuto l’impressione di una proposta miracolistica. L’uomo
ha ricercato e sperimentato,
al di fuori di quell’ufficialità
che gli suscitava diffidenza,
come suscita diffidenza in
molte persone che ormai si fidano, a ragione o a torto, di
cure «alternative».
Quando parli della tutela
dei soggetti sottoposti a sperimentazioni cliniche, penso
agli ospedali, alle carceri, dove ai malati trattati da cavie
nessuno chiede permessi,
nessuno offre tutele, e allora
non posso affidarmi con fiducia a questa mèdicina, anche
se sono costretta a farlo, ma
con tanta paura, più della
medicina che della malattia,
questa medicina che a volte,
scusami, non sa riconoscere
una malaria (tanti anni fa mio
padre ne è guarito con il semplice chinino, ora se ne muore... perché il chinino costava
troppo poco e non si fa più).
So che ci sono tanti bravi
medici e tanti ottimi ospedali,
ma se tutti considerassero il
malato o il «paziente» una
persona nella sua interezza di
corpo, mente, spirito, forse si
saprebbe di più sulla causa di
tante malattie e non si considererebbe [’«emotività» un fastidioso ostacolo al progresso
delle «verità scientifiche».
Graziella Mariani - Ivrea
L'impegno di
Nina Frangerini
Nina non c’è più. I ricordi
vanno a un’estate di molti
anni fa quando Nina e il marito arrivarono alla Casa di
Rio Marina all’Elba, per trascorrervi un periodo di vacanze. In quella Casa, in seguito, tornarono per anni per
condividere la conduzione
della stessa: lui era un abile
contabile, lei bravissima come guardarobiera e factotum. I servizi e la premura
tangibili per quell’opera della chiesa furono molti. In
quegli anni pionieristici il direttore di allora, ai primi di
giugno, si trasferiva da Livorno a Rio Marina: bisognava
riaprire la Casa, riattivare il
funzionamento dei vari impianti, ridipingere le pareti,
cosa che egli faceva in prima
persona, per economia. I fedeli Aldo e Nina venivano da
Bologna e facevano compagnia a Giulio approntando i
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La visita al Campidoglio
Manifesti censurati
per la visita del papa
In occasione della recente
visita del papa in Campidoglio i vigili urbani hanno
chiesto a nome del sindaco
Rutelli ai responsabili del
«Gruppo prospettive», organizzatore della mostra Novecento nudo nei locali del
Museo del Risorgimento, di
coprire il manifesto pubblicitario della mostra, che
(avrebbe potuto offendere il
papa.
Il manifesto è stato così
coperto, a cura e a spese del
Comune di Roma.
E quindi ritornata attiva a
Roma la censura istituzionale che negli Anni 50 censurava manifesti cinematopafici e sequestrava giorna^ ed è probabilmente sfiig0io al sindaco il significato
simbolico dell’aver censurato lo stesso nudo di Modigliani che, in anni che ci auguravamo passati per sempre, aveva provocato il seRjiestro di un settimanale,
^'pra al sequestro erano segnile accese polemiche e un
rntenso dibattito culturale:
oggi poche righe, neanche
sui giornali.
L’episodio, che segue 1’
analoga censura del manifesto di Matisse a Assisi,
sempre in concomitanza
con una visita papale, la
mancanza di senso del ridicolo dei censori, la mancanza di reazioni da parte
del mondo della cultura, la
dicono lunga, se ce ne fosse
ancora bisogno, sulla servile subalternità di gran parte, e speriamo non di tutta,
la classe politica italiana
nei confronti della gerarchia cattolica, di cui è peraltro capace di cogliere solo le esigenze e le richieste
più retrive.
Conforta solo che questi
politici servili non possano
far rimettere le braghe agli
affreschi della Cappella Sistina, che il papa sembra
frequentare senza alcun imbarazzo.
Associazione
democratica
«Giuditta Tavani Acquati»
Roma
Le nuove spiritualità sono una sfida alla testimonianza cristiana
Risveglio di fede o comoda e rassicurante religione?
BRUNO GAMBARDELU
Da tempo inchieste giornalistiche,
interventi di intellettuali, dossier
televisivi ci parlano di un generale ritorno allo «spirituale», al religioso. Fiumi di parole, pochi approfondimenti
seri, slogan di altri tempi stanno cercando di convincerci che, nella civiltà
della secolarizzazione, nuovi spazi si
stanno aprendo per chi intende testimoniare al mondo un messaggio di
speranza. Temo che le cose non stiano,
davvero così.
Come evangelico diffido delle «religioni», mentre sono affascinato dalla
fede sincera e dalla testimonianza di vita di chi, in ogni angolo del mondo, impegna il proprio tempo e indirizza i
moti del proprio cuore alia carità, alla
solidarietà, all’accoglienza del diverso e
dello straniero. Le vecchie e le nuove
religioni sono davvero il risultato di
questo moto d’amore? Da sempre l’uomo si è interrogato sul suo rapporto
con il trascendente, sulla possibilità di
stabilire un contatto con un dio spesso
indistinto e indistinguibile. I filosofi
hanno dato mille risposte. Per il cristiano non vi sono dubbi: il «contatto» è lì,
inchiodato su una croce da quasi due
millenni, atto supremo d’amore e di
comprensione per la meschinità umana da parte di Dio.
11 protestante cerca ogni giorno di
«circoncidere» la sua anima còn il ricordo di questo avvenimento e di testimoniare l’Evangelo m tutta la sua concretezza. Ma per gli altri è davvero così?
quasi tutte le nuove religioni, i nuovi
spiritualismi offrono all’uomo rassicurazioni, non chiedono impegni di vita.
La New Age risponde al bisogno di trascendente che esiste nel cittadino consumatore del villaggio globale, ma non
lo costringe a confrontarsi con se stesso, con la sua limitatezza e con quel fatto che è lì, inchiodato su una croce a
motivo deüa nostra iniquità. Ma anche
certo cristianesimo, dal cattolicesimo ai
movimenti evangelicali, più che sollevare nuovamente la vera domanda di
fondo su Gesù e sul significato della sua
morte, tende a rassicurare l’uomo nascondendolo dietro nuovi miracoli e
dottrine umane (la mariologia, per
esempio) o nell’ombra proiettata da un
libro. Rassicurare, non inquietare,
scuotere, provocare; l’imperativo sembra essere questo.
Ma allora che cosa resta di un presunto nuovo risveglio religioso, se questo
non impegna concretamente gli uomini
e le donne del 2000? L’ideologia del profitto e dei consumi ha forse sferrato l’attacco per rispondere alTultima, estrema
risorsa delTanimo umano che, nonostante tutto, cerca ancora il senso
dell’esistenza? L’intimismo alla New
Age, le nuove correnti spiritualiste non
potrebbero, consapevolmente o no, essere il mezzo per fornire al consumatore
una risposta a quelle che sono ancora
esigenze del suo animo? Non fede, ma
una comoda religione da vendere un
tanto al chilo, insomma. Un nuovo prodotto per i clienti più esigenti, quelli che
ancora non si accontentano e sentono
la necessità di una filosofia più completa, lontana dai laicismi e dagli ateismi di
altre stagioni, ma anche poco compromettente, poco significativa per un percorso di vita che deve essere finalizzato
all’arricchimento e al consumo.
Sono un cristiano che cerca di testimoniare con e nella chiesa battista la
propria fede: non sono un fondamentalista in cerca di rassicuranti e corroboranti dogmi. Leggo l’Apocalisse di Giovanni senza isterie millenariste, ma
davvero mi chiedo se il sogno dell’Anticristo, il sogno di un sincretismo religioso inefficace per la salvezza degli uomini in quanto svuotato della sua essenza concreta e vivente, non si stia
realizzando. Non sono contrario all’ecumenismo cristiano, anzi credo che
tutti quelli che riconoscono in Gesù il
salvatore dell’uomo debbano confrontarsi in maniera sincera sul ruolo della
chiesa oggi, andando ben al di là delle
scuse, delle polemiche sulle statuette
piangenti o delle battaglie sull’ora di religione. Il potere, quello che mi ostino
ancóra a non chiamare Anticristo, sta
tentando di fornire una risposta uguale
e contraria alle residue speranze di liberazione che partono dall’uomo stordito
e sazio di fine millennio. Cristo è lì, sulla croce. Mi chiedo, e chiedo ai fratelli
che leggono Riforma, come rispondere
a queste sfide con una testimonianza
efficace, certo comunque che, grazie a
quel dono inestinguibile e inesauribile
di Dio, la salvezza è e sarà per tutti
quelli che guarderanno con fede e speranza a quel sacrificio.
pasti caldi, occupandosi della corrispondenza, avviando
il funzionamento della Casa
che avrebbe dovuto aprire in
breve tempo.
Mi rendo conto che è difficile parlare di Nina Frangerini senza parlare di Aldo suo
marito: chi li ha conosciuti sa
quali contingenze umane abbiano portato Nina a essere
l’ombra del marito, pronta a
offrire il braccio, a sostenere,
a offrire il bastone, a sgambettare velocemente per fare
quello che lui non poteva fare. Era una donna positiva:
offriva, faceva, dava; non si
lamentava mai, non si piangeva addosso anche se, qualche volta, ne avrebbe avuto i
motivi.
Animata da un pragmatismo paziente e operoso, parlava poco e teorizzava ancor
meno ma manifestava un
equilibrio interiore e una sensibilità intelligente che portavano quiete. Avrebbe potuto
essere un’amica fidata, una di
quelle donne più grandi in
età, indispensabili nella vita
di ogni donna se avessimo
abitato vicino, se le circostanze della vita non ci avessero
così a lungo separato.
Perché calano le
contribuzioni?
Eva Incela - Verona
Vorrei fare alcune considerazioni su quanto ba scritto il
fratello Giuseppe Platone sul
n. 48 di questo giornale. Egli
titola il suo scritto «Essere
protestanti ha un costo» e
questa è una sacrosanta verità. Ma credo che vi siano
costi ben più alti da pagare
che quello della gestione del
proprio portafogli. Questo
potrebbero certamente raccontarcelo meglio e con maggior titolo i fratelli di qualche
generazione passata, per
molti il costo è stato persino
la perdita della vita. Da un
po’ di tempo sembra di sentire un ritornello: sulla nostra
stampa, dai vari pulpiti, nelle
assemblee ecc. si parla quasi
esclusivamente di soldi:
«mammona», l’attenzione si
sta troppo concentrando su
questo rischiando di distrarci
dalle cose più essenziali.
Non per polemizzare, ma
credo che il fratello Platone
dopo 25 anni di ministerio
pastorale dovrebbe piuttosto
chiedersi; come mai le «pecore» che il Signore ha affidato a
me e ai miei colleghi non han
no più a cuore che l’opera di
Dio vada avanti e mancando
nelle contribuzioni la testimonianza evangelica rischia
di spegnersi? che cosa sta accadendo? siamo in qualche
misura responsabili di questo
declino? Mi domando come
GENNAIO 1998
Egitto
Le sfingi del terrore
Lavoro
Se 35 ore vi sembran poche...
Pacifismo
Dopo la marcia Perugia-Assisi
Minori
Lavorare a dodici anni
Ebraismo
Entrare neH’Alleanza di Abramo
Confronti: una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
(indirizzo Internet: Http://hella.stm.it/market/sct/home.htm)
mai sono meno preoccupati
quando predicano la domenica a delle panche vuote di
quando mancano le contribuzioni. Credo che assentarsi ai
culti sia molto più allarmante
che la mancata contribuzione. Riguardo a quello «zoccolo duro», come egli lo definisce, forse è la parte più viva,
spiritualmente sana ed anche
«un po’ arrabbiata» della
chiesa. Questi, non condividendo alcune scelte e alcune
dottrine, specialmente quelle
liberali e permissive, maturano una disaffezione verso la
chiesa, non certo verso il Signore e la sua opera, e di conseguenza anche l’impegno
economico viene meno.
Se dei credenti, semplicemente per amore del denaro e
solo per questo, non danno
un’adeguata contribuzione,
questo certamente è molto
grave. Consiglierei a tutti noi,
ma soprattutto a quanti hanno il gravoso compito e l’onore di pasturare il gregge del
Signore, anziché di invitare i
fratelli che sono un po’ «distratti» nelle contribuzioni a
farsi cancellare dal registro di
chiesa (meno male che il Signore ha il suo registro sempre in ordine ed aggiornato),
questo sarebbe molto grave e
sarebbe soprattutto un fallimento del pastore che ha in
cura quella chiesa, di individuare piuttosto insieme gli errori e porre i giusti rimedi.
Tutto il resto verrà di conseguenza. I fratelli (in tutto questo è implicito che mi riferisco
anche alle sorelle, nel bene e
nel male), ritrovato il giusto
entusiasmo, riapriranno il loro cuore e certamente anche
il portafogli. Iddio lo voglia!
Valli Nostre
Francesco Bruno - Napoli
Errata
Nell’articolo di Sergio N.
Turtulici pubblicato a pag. 10
del n. 4 («I fondamenti del vivere comune»), nel penultimo
paragrafo è stato scritto «...rivedere il sistema delle pensioni, equilibrato...», mentre il
testo originale dell’autore era
«...rivedere il sistema delle
pensioni, squilibrato nel rapporto costi-benefici».
La Claudiana Editrice, via
Principe Tommaso 1, 10125
Torino, tei. 011-6689804, fax
011-6504394, è alla ricerca di
diapositive (oppure ottime fotografie) che illustrino le valli
valdesi in tutti i loro aspetti e
immagini delle comunità e
opere valdesi e metodiste in
Italia per la preparazione del
calendario Valli Nostre 1999.
Le immagini (di taglio orizzontale) devono pervenire alla Claudiana Editrice entro il
28 febbraio. Gli autori sono
pregati di contrassegnare le
loro immagini in modo chiaro, indicare il loro recapito
anche telefonico e scrivere
una didascalia della foto (che
la Claudiana potrà rielaborare
in base alle sue esigenze). La
Claudiana ringrazia vivamente fin d’ora i fratelli e le sorelle
che vorranno fraternamente
collaborare per una sempre
migliore riuscita del nostro
calendario.
Il «paginone»
sulla Sindone
Le pagine centrali del numero scorso hanno riportato
il documento degli evangelici
torinesi sulle prossime ostensioni della Sindone. Il testo trae molti spunti dal recente e documentatissimo libro di Carlo Rapini {Sindone.
Una sfida alla scienza e alla
fede) da pochi giorni pubblicato dalla Claudiana; dal medesimo libro inoltre sono
state tratte le immagini che
corredano il testo. Purtroppo
una è comparsa con didascalia sbagliata: a pag. 6 in basso, infatti, non figura «un
iconoclasta che cancella
un’icona», ma un «Cristo bizantino» del 1310 circa.
Partecipazioni
«Ritorna, anima mia, al tuo
riposo, perché l'Eterno
t’ha colmata di beni»
Salmo 116, 7
E mancata all’affetto dei suoi
cari e ora riposa nella pace del
Signore
Eulalia Tron ved. Trogliotti
Ne danno l’annuncio i figli Elena e Ambrogio, la sorella Esmeralda, i parenti e gli amici tutti.
Vercelli, 30 gennaio 1998
L.,
20
PAG. 1 2 RIFORMA
Globale
venerdì 30 GENNAIO 1998
ii Le valutazioni di David Hallman, capo della delegazione del Cec a Kyoto
Luci e ombre dell'accordo della Conferenza Onu sul clima
Il capo della delegazione
del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) alla Conferenza Onu sui cambiamenti climatici di Kyoto, David Hallman, pur esprimendo alcune
riserve, si è congratulato per
l’accordo firmato l’il dicembre scorso sulla riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra. David Hallman, coordinatore del Programma
del Cec sui cambiamenti climatici, ha dichiarato all’agenzia Eni che «almeno gli
obiettivi di riduzione delle
emissioni imposte ai paesi
industrializzati, come gli Stati
Uniti, il Canada e il Giappone, sono più rigorosi delle
proposte fatte all’origine».
L’obiettivo della Conferenza di Kyoto era di elaborare
un protocollo internazionale
di riduzione dei gas a effetto
serra che sono una delle cause principali del riscaldamento del pianeta. Secondo
il protocollo di Kyoto, adottato dai ministri per l’ambiente
di 158 paesi al termine di una
sessione fiume, 38 paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra del
5,2% rispetto ai livelli del
1990, tra il 2008 e il 2012. Tutti si sono impegnati ad effettuare maggiori riduzioni dopo questa data.
Per David Hallman vi è un
certo numero di riserve nel
trattato che potrebbero permettere ai paesi ricchi di dichiarare che essi hanno rag
Notizie evangeliche
agenzia stampa
abbonamento annuo L. 50.000
da versare sul ccp 82441007
intestato a l\lev - Roma
giunto gli obiettivi senza dover limitare di molto le emissioni a casa propria. Ad esempio, ha spiegato Hallman, alcuni paesi industrializzati
potrebbero negoziare delle
«quote di emissione» tra loro.
Questo permetterebbe ad un
paese che non può rispettare
il limite fissato di comprare
quote supplementari ad un
altro paese. Alcùni paesi occidentali potrebbero così comprare «dei crediti di riduzione» dalla Russia e da altri
paesi dell’Europa orientale le
cui emissioni sono diminuite
in seguito al crollo delle loro
economie, evitando così riduzioni. «Sarebbe pertanto necessario che le chiese ed altre
organizzazioni non governative esercitassero una sorveglianza stretta e permanente
a livello nazionale e internazionale onde garantire che tali lacune non vanifichino l’intenzione del trattato nel momento in cui esso entrerà nella fase di applicazione nei
prossimi due anni», ha dichiarato Hallman.
Il Cec, che ha fatto campagna affinché i paesi industrializzati riducano le emissioni
di gas a effetto serra, ritiene
che la questione dei cambiamenti climatici sollevi «preoccupazioni profondamente
etiche e spirituali riguardanti
lo sfruttamento, da parte dei
ricchi e dei potenti, dei poveri
Il protocollo di Kyoto
Emissioni: 38 nazioni industrializzate dovranno tagliare le
loro produzioni di gas responsabili dell’effetto serra tra il
2008 e il 2012. Lq riduzioni ammontano complessivamente al 5% rispetto al livelli del 1990. 1 15 membri
dell'Unione europea si sono impegnati a un taglio
deU’8%> gli Usa del 7%, il Giappone del 6%.
Gas interessati: anidride carbonica, metano, ossido di azoto
e i tre idrocarburi alogenati utilizzati in sostituzione dei
clorofluorocarburi che danneggiano la fascia di ozono.
Commercio delle quote: i paesi che non riuscissero a mantenersi entro i lirniti loro assegnati, potranno acquistare
parte delle loro quote di emissione dagli stati che, facendo meglio di quanto imposto dal protocollo, siano riusciti a mantenersi al di sotto della propria soglia.
Terzo Mondo: I paesi in via di sviluppo che hanno altissimi
livelli di emissioni non sono vincolati alle quote ma solo
sollecitati a introdurre volontariamente limiti per la loro
produzione di gas a effetto serra.
Sanzioni: il protocollo rinvia a un successivo summit la decisione su misure «appropriate ed efficaci» per i casi del
mancato rispetto dei limiti.
Entrata in vigore: quando sarà ratificato da 55 paesi che
rappresentino almeno il 55% delle emissioni complessive di anidride carbonica nel 1990.
e della natura». Come si ricorderà, prima della Conferenza
di Kyoto il Cec aveva lanciato
una campagna di petizioni
nell’ambito della quale le
chiese di 23 paesi industrializzati (Europa, Nord America, Australia, Nuova Zelanda
e Giappone) hanno raccolto
migliaia di firme per chiedere
ai loro governi di concludere
un trattato forte che permettesse riduzioni sostanziali
delle emissioni di gas a effetto
serra. David Hallman ha precisato che le pressioni esercitate dalle chiese e dalle organizzazioni non governative
hanno avuto un «grande effetto» a Kyoto e che le chiese
hanno giocato un ruolo importante nel «sottolineare la
dimensione etica».
Anche se i «ricchi di questo
mondo», ha detto ancora
Hallman durante la Conferenza, sono responsabili della maggior parte delle emissioni di gas a effetto serra
provocate dall’uomo, essi
sembrano «poco disposti a riconoscere onestamente la loro responsabilità e a tradurla
in atti». È «il colmo dell’arroganza - ha proseguito - proporre che delle promesse di
restrizioni vengano imposte
ai poveri per compensare le
colpe dei ricchi». Hallman si
riferiva alle richieste di alcuni
paesi industrializzati, tra cui
gli Usa, che volevano che venissero imposte restrizioni ai
paesi in via di sviluppo. Ma
Hallman ha anche fatto presente che ci sono «alcuni
paesi ricchi e potenti e alcune elite nella categoria presentata sotto il nome di paesi
in via di sviluppo che a volte
sfruttano tale classificazione
per nascondere i propri interessi economici». (eni)
Stato della corruzione in 52 paesi
I paesi più virtuosi sono quelli
di tradizione protestante
In un articolo apparso sulla
rivista Jeune Afrique nell’agosto scorso, viene commentato il rapporto 1977 redatto da
Transparency International,
un’organizzazione non governativa con sede a Berlino
che, ogni anno, sulla base di
valutazioni espresse da uomini d’affari, analisti politici,
quadri commerciali, ecc., stabilisce la classifica di un campione di 52 paesi, con un voto da 0 a 10 per quelli più virtuosi e per quelli più corrotti.
Ai primi posti troviamo i paesi scandinavi (Danimarca,
Finlandia, Svezia), seguiti a
ruota dai paesi anglosassoni
(Nuova Zelanda, 1° nel ’96,
Canada, Australia, Singapore), anche se il Regno Unito e
gli Usa risultano soltanto al
14° e al 16° posto. In compenso, il Sud Africa (33°), con
un voto di 4,95, è già nell’elenco dei paesi meno virtuosi in materia di affari.
I paesi più corrotti sono
quelli in cui le mafie, dedite
in particolare al traffico internazionale della droga, la fanno da padrone, o in cui i capi
di stato sono notoriamente
corrotti: così non stupisce di
trovare nuovamente all’ultimo posto la Nigeria, seguita
da Bolivia, Colombia e Russia. Fino al ventesimo posto
troviamo ancora la Svizzera
(11°), la Germania (13°), l’Austria (17°), Hong-Kong (18°),
la Francia (soltanto 20°). Spagna, Belgio e Italia giungono
rispettivamente al 24°, 26° e
30° posto. Nella zona «grigia», cioè fra il 21° e il 39° posto, troviamo i paesi emergenti dell’Est europeo: Repubblica ceca (27°), Ungheria
(28°), Polonia (29°) e Romania (37°). Invece la Cina, con
il 41° posto e un voto di 2,88,
conferma la sua cattiva fama.
Secondo l’articolo di Jeune
Afrique, i paesi più virtuosi
sono «ancora oggi largamente impregnati dei valori tradizionali dell’etica protestante:
rispetto della parola data,
onestà, trasparenza, integrità, fidùcia e importanza
primordiale data al diritto».
In compenso, i paesi «di tradizione cattolica non brillano
per la loro probità». (jjp)
Ilo paesi più virtuosi 110 paesi più corrotti
1 Danimarca 9,94 1 Nigeria 1,76
2 Finlandia 9,48 2 Bolivia 2,05
3 Svezia 9,35 3 Colombia 2,23
4 Nuova Zelanda 9,23 4 Russia 2,27
5 Canada 9,10 5 Pakistan 2,53
6 Paesi Bassi 9,03 6 Messico 2,66
7 Norvegia 8,92 7 Indonesia 2,72
8 Australia 8,86 8 India 2,75
9 Singapore 8,66 9 Venezuela 2,77
10 Lussemburgo 8,61 10 Vietnam 2,79 .
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