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Anno 122 - n. 32
8 agosto 1986
L. 600
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a: casella postale - 10066 Torre PeUice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERVISTA AL MODERATORE BOUCHÀRD
I problemi sul tavolo del Sinodo
La crescente internazionalizzazione della nostra chiesa - Corpo pastorale e Mezzogiorno - Il
terzo centenario del Rimpatrio -1 rapporti Stato-Chiese e l’8 per mille -11 panorama ecumenico
Il servizio militare continua a
iar parlare di sé: dopo i casi
di suicidio di ragazzi di leva tornano ricorrentemente notizie di
violenze varie neU’àmbito delle
caserme, culminate nel recente
assassinio ”aUa Rambo” verificatosi in un reparto paracadutisti. Ci sono poi gU incidenti
vari con gli automezzi, durante
le esercitazioni, colle armi da
fuoco; le malattie, le infezioni,
che fanno salire notevolmente il
numero delle vittime. Nel 1981
esse sono ammontate a 204, nell’82 a 198, nell’83 a 187, nell’84
a ben 477 (di cui 29 suicidi),
mentre neU’85 si sono ridotte a
310.
Ma, ritornando agU aspetti più
inquietanti e psicologici di questo traumatico periodo della vita di im giovane, è curioso annotare come i mass media più
corrivi giungano a dire che la
vita militare non è che uno
specchio di quella civile e che
quindi essa riflette tutte le contraddizioni ed insufficienze nazionali. E di questo parere è anche il ministro della Difesa Spadolini. C’è poi chi afferma (come
Baget Bozzo su ’’Repubblica”)
che la presente struttura della vita militare « spreca una grande
occasione morale, civile e politica ». Francamente, mi pare che
10 ’’spreco” sia hen altro!
La rivista cattolica ’’Prospettive nel mondo” ha condotto una
approfondita inchiesta nelle caserme tramite i cappellani militari. E’ risultato che l’84,2 per
cento si sente sradicato dalla
famiglia, il 71,2 dal lavoro, il
63,3 dalla ragazza. Solo il 6,2 per
cento ritiene il servizio militare
come uno dei doveri principali
del cittadino. La conclusione dei
cappellani si può riassumere in
una frase: « E’ difficile, se non
impossibile, trasformare U tempo del servizio militare in una
esperienza utile ai giovani ».
Per contro, in tale situazione
e di fronte allo stato miserando
di tante caserme, alla mancanza
di servizi igienici, al vitto sovente pessimo, ecc. si sta per ianciare un vasto programma di
riarmo (quanto solo ’’difensivo”?) basato su sistemi d’arma,
su nuovi incrociatori, su nuovi
aerei. Secondo stime attendibili nei prossimi 10 anni occorreranno almeno 60 mila miliardi di
lire per questo scopo. C’è da
chiedersi: e queste armi dovrebbero andare in mano a gente
demotivata e demoralizzata? I
casi sono due: o si deve riconoscere che il nostro esercito non
è in grado di agire operativamente, oppure si tende a tecnicizzarlo ed a ’’professionalizzarlo” in
una sua parte, lasciando in apparenza le cose invariate per
salvaguardare quanto detta la
Costituzione.
L’alternativa del servizio civile
diventa cosi ancora più radicale:
o adattarsi' ad un periodo di vita di disagi e pieno di incognite, o scegliere un modo diverso
e più costruttivo per ’’difendere
la patria”. C’è anzi da augurarsi
che finalmente la legge sull’obiezione di coscienza venga sostanzialmente modificata (anche se
11 suo scarso rispetto da parte
delle autorità può fame dubitare). abolendone l’attuale carattere discriminatorio e punitivo.
Roberto Peyrot
« Predicazione, semplicità, solidarietà »: il programma a cui
ha tenuto fede l’aveva lanciato,
con uno slogan, nel 1979, quando tenne il suo primo discorso
davanti ad un Sinodo che l’aveva plebiscitariamente eletto Moderatore della Tavola Valdese.
Sette anni dopo, alla fine del
mandato, tento di cogliere dalle
sue parole una prima valutazione del lavoro della Tavola in
questi anni; lavoro certamente
collegiale, ma caratterizzato, in
questi sette anni, dalla forte personalità teologica e culturale di
Giorgio Bouchard. « Lasciamo
perdere il passato e guardiamo
all’oggi ». E’ un po’ rude questo
pastore valligiano e cittadino;
’commesso viaggiatore’ della
Chiesa valdese in decine di nazioni, lavoratore instancabile e
conversatore affascinante, Bouchard ha dato in sette anni di
servizio ’moderatoriale’ un robusto e approfondito impulso a
tutta la vita della chiesa. Ma visto che dobbiamo parlare dell’oggi gli chiedo, in questo stretto ed austero ufficio della Casa
Valdese ' di Torre Pellice, quali
sono i temi più importanti che
la Tavola proporrà alTattenzione del Sinodo.
« Quest’anno ai lavori del Sinodo parteciperà il Vice Moderatore della Chiesa valdese in
Uruguay, pastore Hugo Malan.
La Tavola inoltre presenterà al
Sinodo un pastore africano, un
pastore americano e proporrà
all’esame di fede un candidato
svizzero ed una candidata tedesca. Da questi dati emerge la
trasformazione della composizione delle nostre chiese. In altre parole, dopo un secolo di
dialettica tra la parte piemontese della nostra chiesa e tutto
il resto', è arrivato il momento
di renderci conto della pluralità
di esperienze che si svolgono
dentro e fuori dei nostri confini. La crescente internazionalizzazione della nostra chiesa è un
dato positivo, ma bisogna rifletterci sopra. Un’altra questione —
continua Bouchard — è il Mezzogiorno d’Italia. Siamo in grado di avere ima strategia evangelistica meridionale o abbiamo
Soltanto un’ "appendice sudista"
di una chiesa sempre più 'mitteleuropea’? Possiamo organizzare un corpo pastorale nel Mezzogiorno d’Italia che sia radicato ed incisivo proprio come
abbiamo già un corpo diaconale del Sud, profondamente legato alle opere sociali? Ritengo importante — precisa Giorgio Bouchard — l’apertura del Centro di
Guardia Piemontese, in Calabria,
con la sua Foresteria, il Museo,
SALMO 131
La preghiera della serenità
Canto dei iiellegrìnaggi. Di Davide.
Eterno, il mio cuore non è orgoglioso
e i nfiei occhi non sono alteri,
non aspiro a cose troppo grandi
e troppo alte per me.
In verità sono calmo e tranquillo.
Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre,
cosi è tranquilla in me Fanìma mia.
O Israele, spera nell’Etemo, ora e per sempre.
Per evitare di scambiare questo salmo per la descrizione psicologica di un particolare stato
d’animo, è bene ricordare — come si rileva particolarmente dalla soprascrìtta e dalla conclusione — che si tratta di una preghiera. E’ la preghiera dell’Israelita che sale a Gerusalemme, al
tempio, per presentarsi al suo
Dio, un Dio che ha già incontrato e conosciuto nella sua vita
personale e nella storia del suo
popolo. E d’altra parte è la preghiera che esprime la fiducia di
un incontro che si rinnova, l’attesa del Dio su cui il credente
sa di poter contare, che riecheggia l'appello rivolto al popolo da innumerevoli saggi, profeti, sacerdoti: O Israele, spera
nell’Eterno, ora e per sempre.
In questa cornice, il salmo
esprime il riflesso che questa fiducia in Dio, questo poter contare su di lui, ha nella vita del
credente.
1. Chi ha conosciuto il Signore e ha ritrovato la possibilità
di contare su di lui, ha ritrovato
anche la misura del proprio limite. Avendo trovato Dio, il credente è contento di scoprirsi
umano e di non esser teso nella
vana ricerca di essere divino.
Non è questo il peccato fondamentale riassunto nel racconto
della Genesi, il cedere alla tentazione del « sarete come Dio »,
l’ignorare i limiti della creatura nella pretesa di porsi come
assoluto? Nei termini di questo
salmo: l’avere un cuore presuntuoso e occhi alteri, che mirano
in alto. Diceva Lutero, commentando il canto di Maria che magnifica il Signore, che « ha guardato giù alla bassezza della sua
serva »: al contrario noi abbiamo la tendenza a guardare sempre al di sopra di noi, ad alzare
lo sguardo verso ciò che è grande, dimenticando ciò che è piccolo.
Da questa tendenza — che il
salmista ha decisamente messo
da parte — conosciamo quale
vita emerga. La conosciamo perché conosciamo l’essere umano
del nostro tempo che dovendo
contare solo su di sé è permanentemente instabile; che non
conoscendo la vera speranza conosce solo inquietudini, illusioni e delusioni; che essendo fondamentalmente insoddisfatto recrimina continuamente su ciò
che è, sentenzia su come dovrebbero essere gli altri e, naturalmente, come dovrebbe essere
Dio; che spesso in questo massimalismo trova l’alibi per fifiutare l’esistente, il quadro di vita in cui deve vivere e operare;
che non avendo in Dio la sua sicurezza, la cerca magari nel misterioso, nell'occulto, nel miracoloso, disponibile a credere se
e quando conoscerà chissà quale esperienza sconvolgente...
Non siamo un poco anche noi
quest’essere umano ansioso,' in
stabile, scontento? Che lezione
la tranquilla serenità del salmista! Essa non è basata su una
compiaciuta soddisfazione di sé
ma sull’aver accettato la propria
condizione umana con i suoi limiti, sul sapere che il senso della propria vita non consiste nel
cercare di dilatarla il più possibile ad abbracciare in qualche
modo l’universo, ma consiste
nel ricevere nei limiti ben definiti, e conosciuti, della propria
esistenza la presenza del Dio che
ci accetta quali siamo, del Dio
di cui il salmo precedente dice:
se tu guardassi alla nostra ingiustizia chi potrebbe stare in
piedi? Ma presso di te c’è perdono, perché tu sia amato e rispettato.
2. Così nel credente il senso
del proprio limite diventa riconciliazione col reale, accettazione
dell’esistente. Non nel senso di
far fìnta che il mondo in cui
viviamo sia il migliore dei mondi possibili; ma nel senso di accettare la realtà esistente che
sappiamo esser spesso dura, faticosa, ingiusta, violenta, sbagliata, come dato di fatto, come base di partenza. E’ il contrario del perseguire le evasioni
dei sogni futili, irrequieti, improduttivi, che agitano continuamente l’anima senza incidere
nella vita.
Il salmista esprime questo
contrario, questo contro-corrente, con una bellissima immagine: come il bimbo divezzato sta
tranquillo sul seno della madre,
così la mia anima — e cioè i
miei desideri, le mie passioni,
la mia tensione vitale — sono
riconciliati con la mia realtà.
Non che siano morti, soffocati,
annientati; ma sono in me in
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 3)
il ’Centro culturale G.L. Pascale’;
è urgente e doveroso rivendicare la dignità culturale del protestantesimo del Mezzogiorno,
che ha dato testimoni della statura di un Galeazzo Caracciolo
0 Giuseppe Gangalè, e che è stato duramente represso, come il
recente libro della Claudiana sui
Valdesi della Calabria illustra a
chiare lettere.
Un altro punto che sta a cuore alla Tavola è il programma
concernente il ’Terzo centenario
del Rimpatrio’ degli esuli valdesi guidati da Amaud. Abbiamo
qui una splendida occasione di
rivisitare l’identità del protestantesimo italiano. Il Rimpatrio non
fu solo il ritorno degli esuli vaidesi in Piemonte, ma fu la riaffermazione del protestantesimo
in Italia. Lo schieramento internazionale che appoggiava i Vaidesi era lo stesso che presiedette alla nascita dell’Europa liberal-democratica, con i suoi
grossi peccati imperialistici ma
anche con la capacità di creare
società aperte. Oggi si tratta di
cogliere il rapporto tra la visione evangelica della storia e lo
sviluppo della democrazia moderna ».
Sui rapporti con lo Stato, cosa c’è di nuovo?
« Le nostre chiese, sul tema
deH’ora di religione, sono state
— precisa Bouchard — molto
attente e sensibili ribadendo la
netta distinzione tra ambito ecclesiastico e ambito statale. Nella comunità cattolica, l’Intesa
Falcucci-Poletti lo dimostra, sta
prevalendo una teologia della
presenza anziché una teologia
della libertà ».
E la questione dell’S per mille?
« Mi pare che sia da anni che
non si svolgeva una discussione,
nelle nostre chiese, cosi capillare ed approfondita: questo è un
segno di salute! I pareri che le
chiese hanno espresso sono vari, nell’insieme, direi, più favorevoli che contrari. Da tutto l’insieme emerge però la non-fretta
di decidere, perché tutti vogliono rendersi ben conto del problema. In sostanza, visto che la
stragrande maggioranza delle
chiese si è appassionata a questo
dibattito, traggo la conclusione
che gli argomenti difficili ed importanti non vadano affidati soltanto arii esperti ma alla gente ».
Quest’anno si è parlato molto
della traduzione interconfessionale della Bibbia, del Concilio
per la pace: cosa cambia sul terreno ecumenico? « Il fatto che
siamo stati invitati lo scorso anno all’assemblea ecclesiale cattolica a Loreto e che a Palermo
all’assemblea della FCEI siano
stati invitati rappresentanti della Conferenza episcopale e delle
Comunità di Base è già di per
sé il segno di una variazione
nel panorama ecumenico che andrà valutata. Siamo contrari alTecumenismo da telescheirno o
a quello di vertice ma non siamo contrari ad incontrarci con
1 cattolici su temi scottanti co
a cura di
Giuseppe Platone
(continua a pag. 4)
2
2 vita delle chiese
8 agosto 1986
LA TEV HA DIECI ANNI
ANGROGNA
Solo Cristo, sola Scrittura, niente politica agosto:
Il movimento, nato come protesta per l’impegno socio-politico della chiesa valdese, si è allargato - Il Risveglio e l’ubbidienza alla Parola condizione per la riforma delle chiese
Ricorderanno il 17 agosto prossimo i 10 anni del loro movimento, e lo faranno in modo sobrio secondo lo stffle della « vieille roche » valdese, con un culto
con la chiesa di Torre, un pranzo, im’assemblea e con Timmancabile tazza di thè. Sono gli aderenti alla TEV {Testimonianza
Evangelica Valdese): alcune centinaia di persone in tutta Italia,
per la maggior parte valdesi, ma
anche di altre denominazioni
evan^liche (battisti, fratelli, delle chiese libere) che in questi 10
anni hanno voluto porre alla chiesa valdese il problema del « rinnovamento fondato unicamente
sulla ubbidienza alla Parola di
Dio ».
Mi accolgono nella nuova sede
di Torre ^Penice (negli ex locali
delTEsercito della Salvezza, in
via Mazzini 3), Graziella Perrin,
Aldo Rostain, Enrico Gardiol ed
il pastore emerito Roberto Nisbet. Argomento della nostra
conversazione è la TEV, la sua
storia in questi 10 anni, le prospettive future.
Cominciiimo da alcuni dati base: « La TEV è nata il 17 settembre 1976 in un’assemblea a Torre Pellice, dopo che il Sinodo valdese non aveva approvato un ordine del giorno che faceva pròprio il contenuto di una petizione, firmata da 3.337 membri di
chiesa che lamentava una situazione di sofferenza per l'impegno
socio-politico della chiesa valdese ».
Da allora la storia della TEV
è la storia di un movimento organizzato cdie pubblica una circolare quindicinale ( « ne sono stati pubblicati 235 numeri per
complessive 1600 pagine, che so
no state inviate ad un indirizzario di un migliaio di persone »),
che tiene assemblee (« sono l'organo decisionale del movimento,
e le decisioni non vengono prese
col criterio maggioritario, ma attraverso la ricerca di un ampio
consenso: se non si arriva al 90
per cento, la proposta non è accolta»), che si autofinanzia («in
questi 10 anni abbiamo ricevuto
offerte spontanee per circa 100
milioni, gran parte dei quali sono andati all’opera missionaria e
solo una piccola parte per le spese del movimento ») e che ha i
suoi punti di riferimento in numerose realtà locali ( « sono i
coordinatori, mantengono i rapporti con gli aderenti ») ed internazionali («movimenti analoghi
alla TEV esistono in tutto il
mondo, dove le chiese storiche,
a causa della loro politicizzazione, stanno perdendo aderenti »).
Un movimento che nasce come reazione alla politicizzazione
della chiesa valdese. Erano gli
anni in cui la EGEI parlava di
predicazione alTintemo delle lotte del proletariato ed in cui un
pastore, Tullio Vinay, si candidava come indipendente nelle liste
del PCI, ed in cui un gran numero di evangelici aderiva ai partiti di sinistra e vi conduceva ima
militanza sincera ed appassionata. Per i fondatori della TEV era
un tempo in cui si « mischiava
il sacro ed il profano e si confondevano le menti ed i cuori
affermando che la fede è politica ». Oggi cosa pensano gli aderenti alla TEV su questa questione? « Noi viviamo nel mondo e
quindi siamo coinvolti nella politica, — mi dice Graziella Perrin
— però in ogni nostra scelta do
CORRiSPONDENZE
Campi di impegno
TRIESTE — Tempo di bilanci
per le Comunità che si interrogano, con gratitudine al Signore, sul lavoro svolto durante
Tanno. Durante il culto domenicale si è cercato di coinvolgere
sempre maggiormente l’assemblea Con la lettura corale di un
salmo, l’introduzione di preghiere spontanee ecc. Il Gruppo giovanile, che oltre ad argomenti
biblici ha studiato il tema della
« litur^a », ha animato con il
canto in diverse occasioni il culto ed ha gestito il culto della
Domenica della gioventù in cui
abbiamo ascoltato la predicazione di tre giovani. La Scuola Domenicale, gmdata dalla gentile
Signora Fanlo y Cortes, ha raccolto un gruppo assiduo e compatto di ragazzi. Lo studio biblico (Epistola ai Romani e parabole) è stato frequentato da
un discreto numero di fratelli
che hanno anche apprezzato la
presentazione delle novità della
Claudiana. Pure molto apprezzato il lavoro svolto dalTUnione
Femminile.
In autunno ci prepariamo a
celebrare il secondo centenario
della Basilica di San Silvestro,
visitata nel corso dell’anno da
una ventina circa di scolaresche
di Trieste e di altre città, interessate non solo agli aspetti artistici del tempio ma anche alla
storia ed al pensiero riformato.
Altri campi di impegno: i rapporti con gli altri Evangelici, la
collaborazione alla Radio Trieste
Evangelica, i rapporti ecumenici (con Ortodossi e Cattolici) e
quelli con gli Ebrei, l’impegno
per la pace e la collaborazione
con i principali circoli culturali
della Regione. A tale proposito
ricordiamo la tavola rotonda su
« L’insegnamento della religione
nelle scuole secondo le recenti
disposizioni», organizzata dalla
Sezione triestina della Federazione Intemazionale per i diritti
dell’uomo. Il dibattito, svoltosi
alla presenza di un folto ed attento uditorio, era diretto dal
prof. G. Conetti (Preside della
locale Facoltà di Giurisprudenza) e vi hanno partecipato: il
pastore Fardo y Cortes, il Vicario della Diocesi di Trieste mons.
dr. P.G. Regazzoni e il « laico »
prof. Livio Pesante, ben noto ed
apprezzato negli ambienti scolastici e culturali triestini. Il dibattito ha messo ancora una volta
in evidenza la inconciliabilità dei
punti di vista cattolico e protestante. A parte il grande punto
interrogativo che riguarda le cosiddette « materie alternative »
rimane per noi, come ha affermato con forza il past. Fanlo
nella sua replica, l’impossibilità
di dire « amen » alTinsegnamento curricolare della religione anche nelle scuole materne; agli
insegnanti di religione designati dalla Curia con il certificato
di idoneità (vero e proprio controllo delle coscienze); ai libri
di testo con l’imprimatur; a
qualsiasi forma di schedatura
prevista dalle modalità per l’esercizio di scelta, ad una scuola
in cui si fa propaganda religiosa
invece di offrire cultura senza
privilegio alcuno.
vremo sapere che via prendere,
dobbiamo scegliere di camminare sulla via indicata dalle Sacre
Scritture- Un credente non dovrebbe mai adeguarsi ad una morale sociale, ma avere come unico riferimento la Parola di Dio ».
Ed è appunto il richiamo quasi
letterale alla Parola di Dio ohe
rappresenta una costante nelle
prese di posizione della TEV sugli argomenti, che secondo il movimento, indicano un cedimento
delle chiese al mondo. Ad esempio la questione delTomosessualità. « Ci siamo occupati di questo problema osserva il past.
Roberto Nisbet — perché proprio qui a Torre Pellice abbiamo
dovuto confrontarci con il fatto
che si era tenuto al Gilly un congresso internazionale di omosessuali credenti che avevano richiesto di partecipare alla Santa Cena tenendosi per mano, a due a
due. Ovviamente tutti possono
partecipare alla Santa Cena, ma
non con queste modalità », che
Tassemblea della TEV tenutasi a
San Germano il 9 maggio ’81 definisce « provocatorie ed offensive ».
Proprio sul terreno dell’etica,
la TEV ha poi raccolto una petizione con 884 firme che chiedeva
al Sinodo ’84 una « ferma presa
di posizione in difesa della famiglia cristiana ».
Lamentano su questo particolare aspetto della vita dei credenti la mancanza di cura d’anime, che si deve rilanciare: « La
cura d’anime — dice Enrico Gardiol — è un aspetto essenziale
del ministerio pastorale e dell’anziano. Oggi quest’aspetto è
troppo trascurato », ma aggiungono subito, « non per colpa dei
pastori, che spesso sono chiamati a compiti che non toccano loro, come la direzione di opere »
(Aldo Rostain) e che comunque
è resa difficile in un contesto in
cui domina « la televisione » e il
ritmo ossessivo della vita moderna (Graziella Perrin).
Altro problema che preoccupa
la TEV è la predicazione che
spesso è « lo sfogo dei pensieri
teologici del pastore, e non è più
la spiegazione dell’Evangelo, che
poi a casa propria uno può meditare per il suo arricchimento
interiore » (Graziella Perrin).
Una predicazione che gli aderenti alla TEV vorrebbero vedere appoggiata solidamente sulla
teologia del Risveglio, che considerano ancora pienamente valida oggi. « La teologia del Risveglio — spiega il past. Nisbet —
deriva dalla teologia dei pietismo, che era un movimento che
richiamava fortemente la chiesa
all’ubbidienza alla Sacra Scrittura. Noi oggi in tutto quello che
facciamo e diciamo ci richiamiamo sempre alla Sacra Scrittura».
Ma questo richiamo è, nelle
chiese valdesi di oggi, inascoltato. « Noi sollecitiamo il dialogo;
— aggiimge Nisbet — vogliamo
discutere di qualunque argomento sempre basandoci sulla
Scrittura ».
Dialogo che, osservano, non
c’è stato. La TEV è boicottata.
Anche le campagne di evangelizzazione che in questi anni sono
state condotte non hanno ricevuto il benestare di alcuni concistori, non sempre le assemblee
di chiesa vengono tenute in orari
accessibili ai membri della TEV,
spesso anziani ed impediti ad
uscire di casa la sera, specie in
inverno.
Non vogliono vivere separati
dalla chiesa valdese: « Ci sentiamo valdesi e partecipi delle vicende della nostra chiesa — osserva Aldo Rostain — ed oggi i
problemi fondamentali della nostra chiesa sono il rapporto coi
giovani e il risveglio della attività missionaria e di testimonianza ». « All’uomo moderno occorre offrire — dice ancora Graziella Perrin — la certezza dell’Evangelo, sgombro da qualsiasi
ideologia sociale ».
Quale supporto all’azione dei
credenti che vogliono impegnarsi in questo senso offrono le
loro riunioni, la loro circolare,
la loro produzione editoriale (4
volumi: « Il Risveglio nelle Valli
valdesi » di William Meille, « Gesù ha avuto propositi di riforma
politica? » di Oscar Cullmann,
« I Valdesi e le Missioni » di Roberto Coisson, « Il catechismo »
di Calvino) e consigliano la lettura del volume di Philip Spenèr « Pia Desideria ».
La Scrittura, la preghiera e la
testimonianza sonO' il centro della azione della TEV, e dicono, la
chiesa deve accettarci, per quello che siamo, e non dipingerci
come settari e scissionisti.
a cura di
Giorgio Gardiol
Sabato 9 agosto
a DIALOGO ECUMENICO
A 20 ANNI DAL
CONCILIO VATICANO II
TORRE PELLICE — Presso la Casa Valdese alle ore ' 21 si tiene un dibattito
pubbiico sui tema « Esiti dei dialogo
ecumenico a 20 anni dal Concilio Vaticano Il ».
Introducono: Pietro Giachetti, vescovo
di Pineroio e membro del segretariato
deiia Conferenza Episcopale Italiana
per l'ecumenismo e ii dialogo; Giorgio
Peyrot, docente di diritto ecclesiastico.
Venerdì 22 agosto ~
□ CORPO PASTORALE
TORRE PELLICE — Alle ore 16 presso la Biblioteca della Casa Valdese si
riunisce II corpo pastorale delle Chiese
valdesi, metodiste e libere per l’esame
del progetto di nuovo catechismo.
□ EDITORIA
EVANGELICA
TORRE PELLICE — Nella sala unionista (di fronte al Tempio valdese) si
tiene alle 9,30 un incontro dibattito
sul tema « Quale editoria evangelica
per gli anni ’90 ».
Si tratta di un dibattito sui programmi e sulle linee editoriali della Editrice Claudiana che sarà introdotto dal
direttore Carlo Papini e da una tavola rotonda. La partecipazione è aperta
a tutti gli interessati.______
Domenica 24 agosto
n CORALI VALDESI
TORRE PELLICE — Domenica 24 agosto 1986 i coralisti disponibili a
cantare gli inni 16 e 50 nel culto di
apertura del Sinodo, dopo aver informato Il responsabile della propria corale, si presentino presso la Casa
Unionista di Torre Pellice alle 14.30
per la prova d'insieme. L'invito a partecipare è rivolto dalla giunta delle Corali Valdesi.
Lunedì 1 settembre ~
□ XXVI CONVEGNO
DI STUDI
SULLA RIFORMA
TORRE PELLICE — Ha inizio alle
ore 9 presso la Casa Valdese il XXVI
Convegno di studi sulla Riforma e i movimenti religiosi in Italia, organizzato dalla Società di studi valdesi. Il
convegno, che prosegue anche il 2
settembre, presenta relazioni di S.
Peyronel, V. Marchetti, C. Madonia,
E, Campi, Ove Boersma, G. Zucchini,
G. Gönnet, R, Osculati, D. Maselli,
A. Landi, B. Cegna, L. Giorgi, A. Valdambrini, F. Salibeni e T. Burat.
Per informazioni tei. 0121/932179.
inaugurazione
"Ca d’Ia pais"
in Val
d'Angrogna
Il tradizionale incontro popolare a cui tutti sono invitati si
svolgerà quest’anno al Bagnóou
(direzione Vaccera). Alle 10 culto con la predicazione del Moderatore Bóuchard, suoneranno
i trombettieri valdesi e tedeschi.
Seguirà Tinaugurazione della ’Ca
d’ia pais’, un’allocuzione del past.
Platone e vari interventi dei donatori. Dopo il pranzo (è previsto un servizio buffet) brevi comunicazioni di ospiti provenienti
da: Uruguay, U.S.A., Germania
Occ., Africa.
Alle 15 ’recital’ della Corale
e del Gruppo Teatro Angrogna.
Alle 16 spettacolo scenico del
gruppo CVJM di Esslingen.
In caso di pioggia persistente
l’incontro si terrà nel Tempio al
Capoluogo di Angrogna... ma
speriamo che non piova! Dalla
Vaccera al Bagnóou c’è circa 1
km. da percorrere a piedi.
AGAPE
16 agosto:
inaugurazione
nuova cucina
Agape è corninciata un giorno... ma non è mai finita! Un
« pezzo » importante di costruzione tuttavia si è potuto rea
lizzare in questo ultimo anno:
una nuova cucina, a livello del
salone, un locale utilizzabile
quando vi sono contemporaneamente più campi, e finalmente
alcune strutture utilizzabili da
portatori di handicap: un ascensore, un bagno, per superare alcune delle molte barriere architettoniche che Agape presenta.
Sabato 16 agosto Agape vuole offrire una giornata all’insegna della riconoscenza e della
fraternità, inaugurando questi
nuovi locali.
Una giornata in cui ascoltare
gli ospiti delle chiese sorelle che
hanno sostenuto questo progetto, e presentare muratori, operai e tecnici che con sensibilità
e abilità lo hanno realizzato.
Una occasione anche per salutare chi parte e chi arriva, per
l’avvicendamento nella direzione
del centro.
Tutti quelli che si sentono
« amici di Agape » sono cordialmente invitati; se possibile segnalate la vostra partecipazione
alla segreteria (tei. 0121-841514).
TORRE PELLiCE
24 agosto:
apertura
del Sinodo
Alle 15.30 nel Tempio di Torre Pellice si terrà il culto di
apertura del Sinodo delle Chiese
Valdesi e Metodiste con la predicazione del prof. Bruno Corsani
della Facoltà Valdese di Teologia di Roma.
3
8 agosto 1986
fede e cultura 3
FliMANZIAMENTI ECCLESIASTICI - 12
DUE CONVEGNI IN BASILICATA
Uno sguardo d'insieme Giustizia e scuoia
Non potendo completare la panoramica sulle risposte delle
chiese al tema « finanziamenti ecclesiastici », iniziata due mesi fa,
abbiarno pensato di rivolgere alcune domande ad un membro della
Commissione d’Esame, il pastore Luciano Deo'dato.
— Cosa emerge complessivamente dalle risposte deile chiese?
— Premetto che non sono ancora stato in grado di studiare a
fondo il voluminoso dossier con
le prese di posizione delle chiese.
Quindi qualsiasi mia affermazione va intesa come un’ipotesi
provvisoria. Inoltre deve essere
ben chiaro che in questo momento parlo a titolo esclusivamente personale, non avendo
ancora avuto modo di confrontare le mie impressioni con gli
altri membri della C.d’E.
Ho trovato molto interessante
la lettura delle varie prese di posizione: si percepisce un ampio
ed approfondito dibattito quasi ovunque, anche se poi le assemblee conclusive hanno magari raccolto relativamente poche persone. Le chiese hanno
preso sul serio il problema.
— Quali le conclusioni?
— Risulta già dalla puntuale
cronaca e valutazione fatta da
te in questi ultimi numeri dell’Eco/Luce, la quasi impossibilità di rinchiudere le risposte in
uno schema sintetico. Questo essenzialmente per due motivi: a)
non esisteva un questionario unico al quale rispondere. E noto
tra parentesi che è stato bene
così, altrimenti non ci sarebbe
stato il dibattito approfondito e
vario che invece abbiamo avuto.
b) Molte chiese non danno delle
risposte univoche, ma piuttosto
espongono un ragionamento,
fanno delle riflessioni, nelle qirali
gli argomenti pro e quelli contro
un’eventuale accettazione di denaro da parte dello Stato, in fin
dei conti si equivalgono. In genere sono riflessioni che sarebbe
utile conoscere. Fra Taltro non
sono neanche ripetitive, anche
se ovviamente molte sono simili. Insomma, ho ricavato una
impressione sostanzialmente positiva, che mi ha fatto scoprire,
una volta di più, che la Chiesa
è davvero fatta di tutti quanti.
— Dunque tutto positivo?
— No, c’è anche qualche rilievo critico da fare. Un’altra
prima impressione, anche questa
da verificare con più calma, è
che la informazione, la concezione sia di ciò che è lo Stato, sia
di ciò che è la Chiesa, certe volte lascia un po’ a desiderare.
Mi sembra che in alcuni casi si
faccia confusione tra l’essere
cittadini di questo Stato (cosa
che non mi pare sia mai stata
messa in discussione) e il far
parte del « sistema ». Su questo
punto forse varrebbe la pena
cercare di fare chiarezza. Per
quanto poi riguarda la Chiesa
certe volte sembra che solo lei
sia capace di assicurare un servizio efficiente ed efficace, o che
solo lei sia capace di gestire un
bilancio trasparente. Senza smi
nuire i nostri sforzi in questo
settore, non vorrei che, viaggiando su queste certezze, ad un
certo punto dovessimo andare
a sbattere contro qualche muro!
Credo che sulla diaconia il nostro discorso debba essere condotto in profondità. Infatti in
genere chi è favorevole all’8 per
mille, a parte alcune poche e
rare eccezioni, pensa alla diaconia, anche se magari parla di
Terzo Mondo. Tre mi sembrano
gli elementi che qui entrano in
gioco: 1) ima diaconia che diventa sempre più diffìcile, pesante, costosa e per noi ingestibile; 2) la percezione di non poter più fare macchina indietro,
avendo collegato in modo stretto il nostro messaggio all’esterno con le nostre opere; 3) la
cattiva coscienza di essere in
questo settore troppo dipendenti dall’aiuto delle chiese sorelle.
— SI può comunque delineare
un orientamento generale?
— Pur con tutte le riserve del
caso e senza voler per nulla anticipare un dibattito sinodale che
mi auguro sarà ampio e interessante mi pare che Torientamento generale sia sfavorevole ad
accettare l’esenzione dal pagamento delTINVIM decennale,
favorevole invece ad accogliere
la deflscalizzazione e un po’ in
dubbio sulT8 per mille, anche
se qui, mi pare a naso che un
po’ più del 50% raccoglierebbe
con favore. Mi sembra però che
la maggioranza chieda del tempo
per poter riflettere ancora.
a cura di Sergio Ribet
In Basilicata, la zona del Vulture alto Bradano sta diventando sempre più luogo di convegni
su questioni di rilevanza nazionale.
Nella prima decade di luglio,
due sono stati i convegni zonali
organizzati dal P.C.I.: a Melfi su
« Giustizia e criminalità nel melfese », a Palazzo S. Gervaso su
« Scuola: realtà e prospettive ».
NeH’ambito di questi convegni
non poteva mancare la presenza
e la testimonianza delle chiese
metodiste di Rapolla e Venosa,
sempre sensibili ai problemi che
investono la realtà sociale.
Il convegno sulla giustizia ha
avuto una inaspettata partecipazione: 130 convenuti. Il presidente deirordine degli avvocati ha
riferito circa lo stato di agitazione deirordine quale protesta per
una serie di disfunzioni di cui
soffre l’amministrazione della
giustizia nel melfese: da vari mesi non si riesce a costituire un
collegio penale, la sezione di Melfi, ohe dovrebbe avere 4 magistrati, attualmente ne ha 2 e in
via di trasferimento senza alcun
rimpiazzo, delle 5 Preture del circondario 3 sono congelate, inoltre a livello regionale su 20 Preture solo 6 sono coperte.
A fronte di questi problemi si
assiste alla latitanza del Governo; qualcuno ipotizza sottili manovre per chiudere il tribunale
di Melfi.
Il Procuratore della Repubblica del tribunale di Melfi e il pastore Carri, nelle loro relazioni,
hanno evidenziato alcune proble
A PROPOSITO DELL’ 8 PER MILLE E DI ALTRO ANCORA
Finanziamenti e spiritualità
Le recenti assemblee di chiesa
— indette per una riflessione su
possibili sviluppi economici dei
rapporti con lo Stato — hanno
dato più di un segnale. C’è da
chiedersi cosa significano queste assemblee striminzite; disinteresse per l’argomento, disaffezione per la vita della Chiesa,
ostracismo per quanto sente comunque di politica?
Identità e immagine
della chiesa
La definizione delle Intese con
lo Stato ha avuto a mio avviso
una gestazione troppo lunga in
rapporto all'evolversi — rapido,
per certi aspetti imprevedibile —
della società italiana. Sono giunte in porto, coerenti a se stesse,
quasi a quarant’anni di distanza
di tempo da qudlla Costituzione
che le ipotizzava, da quella Chiesa che così le voleva.
Nei Sinodi (e oltre) si è cercato — con un’attenzione per il
vero sempre più stracca — di
fornire l’identità di una Chiesa
protestante, oggi e in Italia. La
Commissione valdese - metodista
che ha firmato le Intese ha posto davanti agli italiani una immagine della Chiesa o, piuttosto,
l’identità e l’immagine si sono
confuse. E noi siamo stati gratificati da un largo consenso, abbiamo utilizzato quella immagine per la testimonianza evangelicà con la contentezza d’avere
finalmente fatto breccia nell’opinione pubblica.
Adesso — a due o tre anni di
distanza — l’ipotesi della acquisizione dell’uso di uno 0,8 per
cento sulle tasse dei contribuenti
mi pare che metta in orisi la bella immagine: è invecchiata pre
sto, e si ricorre ai cosmetici per
presentarla eguale a prima. (La
gente, mi par chiaro, è addestrata a guardare rimmagine, non a
riflettere sulla identità). Come
non bastasse, nelle Intese è stato
percepito un risvolto polemico,
di confronto con la politica concordataria dell’Istituzione romana, e lanche questo è stato significante. Ma adesso sembra proprio che emerga una voglia di
entrare nella scia del Concordato
tra la Chiesa romana e lo Stato,
la voglia di avere anche noi un
piccolo Concordatino (con buona
pace delle Intese).
Quanto sopra può darsi che sia
in un’ottica errata, può darsi ohe
quadri; è del materiale di lavoro.
E sono convinto che sia opportuno — proprio per intervenire,
semmai, con tempismo — ora
prendere tempo a decidere.
Perché non anche
lo 0,8 di qualcos’altro?
Al principio deH’anno, in una
circolare di chiesa scrivevo alcune preghiere più o meno pazze
da rivolgere al Signore. Ve le risparmio: erano all’aceto (ma
Gesù accettò anche l’aceto). La
prima diceva: preghiamo perché
lo 0,8 per cento degli italiani —
noi compresi si converta alrEvangelo e entri a far parte di
una comunità.
Era un tentativo, maldestro, di
stimolare la memoria della ragione di vivere della Chiesa, per
cui i diversi e importanti problemi — anche quello dello 0,8 —
non possono che essere subordinati e coordinati a questo fine.
Torno a chiedermi: le ultime
smilze assemblee come vanno in
terpretate? Segno di disinteresse
per l’argomento, oppure disaffezione per la vita comunitaria,
per la Chiesa? In questo momento non è difficile rilevare che « il
religioso » ha udienza, « tira »;
ma questo non lo si osserva nelle
nostre Chiese, nelle assemblee
cultuali. Anzi, è possibile che
dei membri comunicanti, pur volendo restare iscritti, frequentino
di fatto altre comunità, altri
gruppi « religiosi ».
Certo, il termine « religioso »
può essere talménte ambiguo da
coprire una eterogeneità di spazi,
di curiosità, di esperienze. Ma
coinvolge anche tanti uomini e
donne, risponde a richieste che
le nostre Chiese non sanno né
esorcizzare né soddisfare. E qui
viene da chiederci se noi sappiamo ancora dare rilevanza all’uomo interiore, come scriveva
TApostolo; se noi abbiamo avvertito « il vuoto d’anima » e lo
smarrimento insopportabile di
tante creature.
Abbiamo esorcizzato l’esperienza cristiana, Schleiermacher,
la psicologia, ecc. E va bene. Abbiamo detto un vade retro, Satana alla spiritualità cristieina, e
questo non va bene. Penso alla
intensa spiritualità di un Calvino, che dalla Scrittura non traeva solo il Catechismo del 1537,
non solo geometrie teologiche,
ma alimento per una intensa pietà che colmava la sua vita interiore. Se leggo le sue lettere, ritrovo il credente che partecipa
alla vita del prossimo, a questa
vicenda quotidiana fatta di tante
cose piccole cosi, ma ohe sono i
dolori, le attese, i « perché » di
ognuno. E le sue parole dicono il
primato della vita interiore, di
una spiritualità che non si essica
ma si comunica e per opera dello
Spirito Santo fa dell’esperienza
di fede uno strumento di testimonianza. Una Chiesa « calvinista » non può emarginare « questo » Calvino, come non può empire il vuoto d’anima del nostro
tempo se dalla vita di ogni uomo
emargina (cioè tiene lai margini
della testimonianza) quella interiore.
E questo sia detto senza nulla
togliere al famoso 0,8 sulla tassazione, ma ringraziando Iddio per
le tante persone che fra noi vivono intensamente la fede con
gioia e riconoscenza.
Luigi Santini
maliche riguardanti T amministrazione della giustizia e la condizione del sistema carcerariò in
Italia.
Si rende necessaria una giustizia più diretta mediante l’istituzione di im giudice di pace, abbassare i livelli di punibilità, ridurre i vari gradi di giurisdizione evitando lungaggini proces■suali, organizzare per i detenuti
forme di presenza, di lavoro, di
servizio all’estemo dell’istituto
carcerario, in sintesi una giustizia più umana.
Altri interventi hanno fornito
alcuni dati circa la criminalità
nel melfese; nel giro di un anno
il tribunale di Melfi ha avuto a
che fare con 1100 reati: spaccio
di stupefacenti, estorsioni, rapine, omicidi, reati contro la pubblica amministrazione. Il senatore Martorelli, intervenendo, ha
inquadrato la tematica del convegno nella questione meridionale; dove lo Stato non fimziona
come forza, di intervento e programmazione, è ovvio che anche
la giustizia, ohe è un pezzo dello
Stato, non funzioni e accusi gravi carenze.
Nella realtà meridionale, dove
la giustizia non ha un suo pieno
regime, cresce la camorra e una
nuova criminalità legata al mondo finanziario. Di fronte ai numerosi reati che interessano la pubblica amministrazione, il magistrato deve ricoprire il suo ufficio senza confonderlo con una
specie di carica di assessore comunale.
Non da meno è stato l’altro
convegno, con una partecipazione
di 90 persone, la maggior parte
operatori della scuola.
Ampie relazioni hanno interessato i nuovi programmi delle elementari, Tinsegnamento religioso nelle scuole, i necessari corsi
di aggiornamento, forme nuove
di sperimentazione didattica.
Al termine del dibattito, alcuni
direttori didattici e presidenti di
consigli d’istituto e di circolo si
sono riproposti di programmare
per il prossimo anno una serie
di incontri dibattito su specifici
problemi scoflastici.
Particolare attenzione sarà rivolta all’attuazione delle disposizioni Falcucci-CEI in materia di
insegnamento religioso: reperibilità di nuove aule, ristrutturazione di orari, programmazione
delle materie alternative, corsi di
aggiornamento, informazione più
ampia circa la presenza di altre
realità ecclesiali.
F. C.
Preghiera della serenità
(segue da pag. 1)
un contesto di pace e di armonia.
Da dove possono venire questa pace e questa armonia, questo equilibrio, questa serenità e
tranquillità che non sono certo
"naturalmente” in noi, nel nostro mondo e nel nostro modo
di vivere? Se qualcosa dell’essere come un bimbo divezzato sul
seno di sua madre è presente
nella nostra vita, ciò è senza
dubbio per la fiducia che non
grava sulle nostre spalle il compito titanico di riconciliare il
mondo, ma che grazie a Dio questo è il compito che Egli si è
assunto per risolvere le nostre
contraddizioni, per salvare la
nostra vita.
3. Certo qualcuno può esser
portato a rifiutare l’impostazione di questa preghiera e a dire:
l'ideale di questo salmo è dunque il quietismo, il rendersi impassibili e immobili secondo un
ideale più stoico o buddista che
cristiano. E poi, perché disprezzare il mirare in alto, il tendere
all'eccelso? Non è da questo,
dall’insoddisfazione, dalla febbre
della ricerca, dai sogni e dall’ambizione, che trae il suo motore il mondo, la scienza, la storia?
Forse. Ma da un lato conosciamo dove vorta questo motore,
quando spinge popoli, società e
individui od un cieco inseguire
se stessi ignorando i propri limiti e la distanza tra creatore
e creatura. Dall’altro la linea
di vita espressa dal salmista e
conosciuta dal credente non è
mai un quietismo. Spera nell'Eterno! Chi conosce questa speranza è pienamente attivo nel
mondo: soltanto non lo è nell’angoscia e nella delusione, nella disperazione e nel cinismo,
ma lo è nella pace, nella serenità e nell’attesa del Signore.
Franco GiampiccoU
4
4 fede e cultura
8 agosto 1986
UN INCONTRO TRA EBREI E CRISTIANI AD AGAPE
Di fronte alla Torà
AMERICAN WALDENSIAN SOCIETY
Visti da oitre oceano
Quaranta i partecipanti al terzo
incontro internazionale tra ebrei
e cristiani che ha avuto quest’anno come tema la Torà, la legge.
Italiani, tedeschi, francesi, inglesi e uruguayani, cattolici e
protestanti, alcuni ebrei, hanno
cercato di precisare i loro punti
di vista sul senso, sul mondo e
l’interpretazione della Torà.
M. Stoehr, direttore dell’Accademia di Arnoldshain e professore di teologia all’università di
Siegen (Germania occ.) ha aperto l’incontro descrivendo il rapporto dialettico e la sostanziale
unità tra evangelo e legge da im
punto di vista cristiano e riformato; a sua volta il rabbino di
Genova G. Momigliano ha spiegato il significato della Torà
commentando Esodo 19. La Signora J. Genot Bismuth, insegnante di esegesi giudaica alla
Sorbona, ha messo a fuoco da
un punto di vista ebraico il rapporto Torà-nomos n^li ambienti farisaici contemporanei a Paolo, evidenziando le novità che
l’apostolo introduce nell’ermeneutica dei testi, in particolare
nel rapporto Torà-Gesù di Nazareth. Paolo Ricca ha infine
messo a fuoco il nostro rapporto contraddittorio con la legge
e come il pensiero moderno, a
partire dalla Riforma, abbia
cercato di spiegare questa contraddizione (Lutero-Zwingli-Calvino). Accanto a queste quattro
relazioni principali si sono inseriti altri interventi importanti e
che hanno offerto, man mano,
stimoli ed interrogativi per il lavoro nei gruppi di ricerca: F.
Spano ha commentato Rom. 3:
21-31; P. De Benedetti il Salmo
119; D. Garrone Mt. 5: 17-20.
Conclusioni? Difficoltà? Prospettive? Sono interrogativi che
ci si deve porre lucidamente ma
che rischiano forse, nella fase
attuale, di essere prematuri se
non addirittura mal posti. Parlare di difficoltà nell’approccio ad
un tema come quello della
Torà da punti di partenza molto diversi può apparire cosa fin
troppo ovvia. In concreto si tratta non soltanto di correggere il
nostro antigiudaismo cristiano
(che ne siamo coscienti o no) ma
al tempo stesso di cogliere la
non facile interpretazione che
l’ebreo dà della Torà.
Inoltre : è possibile per un cristiano saltare a piè pari la differenza tra un ebreo ateo ed
uno credente? Che cosa significa ’’credere”, per l’ima e l’altra
parte? Ci si è anche chiesti se
sia produttivo e corretto continuare un dialogo che verte essenzialmente sulla ricerca teologica o se non debba piuttosto
estendersi e collegarsi con i problemi di attualità politica e culturale contemporanei.
L’incontro ha mostrato anco
ra una volta quanto sia scarsa
la conoscenza tra ebrei e cristiani, quanto problematica sia la
comune eredità, quanti e quali
siano i nregiudizi da superare.
Per i cristiani soprattutto restano ancora molti pezzi di cristianesimo da risituare, ricomprendere — certo non da annullare
o dissolvere — a partire da un
testo comune. Domandiamoci
infine: è giusto stupirsi se gli
ebrei non mostrano nei nostri
confronti grande interesse e disponibilità al dialogo? Quali premesse abbiamo saputo costruire
sino ad oggi? Sono interrogativi che possono costituire un buon
punto di partenza e conservare
delle prospettive concrete. Siamo appena agli inizi di un cammino...
Ermanno Genre
NOVITÀ’
Nella collana « dossier », il n. 20 :
Helmut GOLLWITZER - Jacqueline GENOT - Martin CUNZ
Paolo DE BENEDETTI e altri
Incontrarsi
dopo Auschwitz
EBREI E CRISTIANI A CONFRONTO
a cura di Ermanno GENRE e Daniele GARRONE
pp. 120, L. 7.500
— Il « dossier » raccoglie le migliori relazioni e studi tenuti al primo « Incontro intemazionale tra ebrei e cristiani »
(Agape, Frali, 1984).
A che punto è giunto il dialogo « ebraico-cristiano » in Europa?
Bisogna riconoscere che si è fatto un buon tratto di strada, anche se, come ha scritto Karl Barth; «La questione ebraica, che ritorna sempre con forza, è la questione dei cristiani e
della chiesa — una questione a cui la chiesa non ha risposto
e non può rispondere con alcuno dei suoi servizi. Resta come
problema irrisolto e, in quanto tale, come un’ombra dietro e
sopra la sua attività missionaria» (Dogm. IV/3, p. KX37).
CLAUDIANA — Via Principe Tommaso, 1 — 10125 TORINO
Siamo piccoli, senza dubbio,
ma brutti no, e nemmeno insignificanti: basta prendere uno
specchio per rendersene conto.
Lo specchio è, in questo caso, il
bollettino dell’« American Waldensian Society », una organizzazione che lavora per sviluppare d legami di solidarietà e di
fraternità fra i valdesi italiani
e del Rio de la Piata da un lato,
e il protestantesimo americano
dall'altro.
Il bollettino, infatti, è essenzialmente una presentazione della
realtà valdese per il pubblico
americano, per diffonderne la
conoscenza e — anche questo è
importante — per raccogliere
contribuzioni a favore di questa o Quella attività delle nostre
chiese. L’ultimo numero si apre
con un tema molto caro ai riformati americani, le chiese-santuario.
« Catania Sanctuary Church Faith opts for others » è infatti il
titolo che apre la pubblicazione
(la chiesa-santuario di Catania la fede opta per « gli altri »).
Nell'articolo sono spiegati i problemi deU'immigrazione clandestina dal Terzo Mondo in Sicilia,
e la decisione della Chiesa valdese di Catania di ospitare nei
suoi locali decine di senegalesi
in difficoltà con le autorità italiane, analogamente a quanto
fanno molte comunità negli Stati Uniti coi profughi latino-americani. Il tutto con un linguaggio « caldo » e molto americano,
tanto che il pastore di Catania
(Mario Berutti) viene addirittura definito « ...impavido predicatore, veterano di molte lotte per
la giustizia e la pace in Sicilia ».
Non manca im resoconto del
sinodo di febbraio nel Rio de la
Piata, né le informazioni su una
lunga serie di altre attività delle nostre chiese: Agap>e, Casa
Cares, la FGEI, il Gould, il centro culturale « Jacopo' Lombardini », la Noce, Radio Trieste Evangelica, il Servizio Cristiano,
ecc.
DALLA STAMPA ITALIANA
Religione: più statale di prima
Una notazione sicuramente curiosa: a seguito della decisione
delle confederazioni sindacali di
garantire un cospicuo sostegno
economico all quotidiano « Il Manifesto », altri giornali sono intervenuti a commentare il fatto:
le voci sono sostanzialmente concordi nel riconoscere il carattere
indipendente e il ruolo di « coscienza critica » della sinistra
svolto dal Manifesto, ma la definizione più singolare la si è potuta leggere su « Il Corriere della sera » di sabato 19.7. Scrive tra l’altro G. Barbieillini Amidei : « Quei titoli aspri o ironici,
quei trasalimenti venati da una
morale talvolta più valdese che
marxista, quella cultura ora sottile ora concitata, quegli articoli
ora eruditi e sofisticati, ora di
estrema semplicità, tutto questo
modo singòlare di fare giornalismo, è già parte della nostra tradizione ».
E, citazione sul carattere "valdese” del Manifesto a parte, è
proprio questo quotidiano, come
molte altre volte, ad aver pubblicato un commento rilevante alla mancata partecipazione delle
Chiese evangeliche alla commemorazione del 2 giugno scorso
alll’altare della patria. Ma l’articolo di Adriana Zarri non si ferma a qupto fatto: e aggiunge
(« Il Manifesto » dell’8.6.86) come
la Rai-TV abbia sorvolato proprio sul rifiuto e sulle sue motivazioni, e si sia limitata ad in
formare deH'awenuta celebrazione di una messa e di un servizio religioso ebraico. L’articolo
prosegue: « Non è la prima volta che gli evangelici danno lezione a noi cattoHici con un comportamento assai più lineare. A noi,
invece, non è parso vero di degradarci facendo il memoriale
della cena in un contesto quanto
mai alieno da quel ricordo, davanti a militari e politici ner
buona parte non credenti e ner
altra buona parte falsi credenti... ».
Segue l’esempio, sempre offerto dalla Rai-TV, dei calciatori azzurri in preghiera in un santuario messicano, ed il richiamo a
quando i sacerdoti benedivano le
armi degli eserciti in guerra. Poi
un’importante considerazione:
« Sappiamo bene come le conquiste del pensiero teologico e della coscienza cristiana assunte
dal concilio — l’autonomia del
temporale, la laicità defilo Stato,
la rigorosa distinzione dei due
ordini — non siano mai state digerite dalla romana mentalità
curiale; e certo adesso questa
corrente si fa beffa del nuovo
concordato e delle sue modeste,
apparenti e sconfessate conquiste. Ad onta di quanto è stato
cancellato la religione è più statale di prima: fatto, questo, che
parrà una conquista ad una mentalità che sembra confonder la
chiesa con un esercito e Tevangellizzazione con la garbata impo
sizione ».
L’articolo (il titolo era: Quel
crocifisso, togliamolo) si conclude poi con l’esempio di questo
oggetto di arredo, posto negli uffici pubblici a fianco del ritratto
del presidente della repubblica:
« Se non comprendiamo che questa collocazione è insultante per
la fede vuol dire che la nostra
non è fede; è inveterata abitudine di potere o magari (...) inveterata abitudine di un’abitudine
vecchia di secoli ». Difficile òhe
Tarticolo sia stato ben digerito
dagli ambienti curiali.
Così come mal digerito dal
quotidiano vicino a Comunione
e Liberazione, Avvenire, è stato
un chiarificatore intervento di
Norberto Bobbio sulla dubbia
correttezza della circolare applicativa delTIntesa Falcucci-Poletti di cui riportiamo la netta e
dura conclusione:
« Uno Stato laico non solo
non ha alcun dovere di provvedere all’educazione religiosa, ma
quando lo fa lo fa male. Credo
che ne siano convinti gli spiriti
religiosi che considerano la professione di una religione un impegno totale, e ne siano invece
soddisfatti i cattolici conformisti
e utilitari, che sono nel nostro
Paese la stragrande maggioranza, e sono quelli ohe scegliendo
l’ora di religione hanno fatto una
scelta non in coscienza ma per
convenienza ».
Non si fa attendere, allora, la
replica di Ersilio Tonini su Avvenire: una lunga citazione del
brano anche qui riportato e il
commento: « Fa impressione il
fatto che, dinanzi a un pronunciamento di così vasta portata e
su un tema fra i più delicati entro la vita di un popolo, aualcuno s’erga a sentenziare: attenzione! Coloro che han detto ”sì”
son tutti ’’cattolici conformisti e
utilitaristi”, ed è tutta gente che,
se han scelto l’ora di religione, lo
"hanno fatto non in coscienza,
ma per convenienza” ». In riferimento poi ad un altro passaggio
dell’articolo di Bobbio, si legge
qualcosa di estremamente vero
(e inquietante): « In quanto poi
al ’’soprassalto di sentimento religioso” di cui parla Bobbio, una
cosa s’è fatta chiara dopo il pronunciamento dei sì: adesso si
può dire che non è la Chiesa a
chiedere uno s^tazio per supplire
alla catechesi (...), ora sono i genitori, sono i ragazzi stessi che
dornsindano l’insegnamento della
religione cattolica aH’interno della scuola pubblica ».
Da parte nostra, e sempre in
linea con le tesi di Bobbio, non
si può che ribadire come il ritardo, già scontato in partenza, sull’istituzione di questa fantomatica ’’ora alternativa” di fatto a
tutt’oggi (cioè per il prossimo
anno scolastico) inesistente, abbia pesato nella decisione di moltissime famiglie.
Alberto Corsani
Molto meno spazio di quel
che ha trovato sulle pagine dei
nostri giornali è dedicato invece alla « storia infinita » dell’ora
di religkjne. La newsletter del1’« American Waldensian Society » le dedica appena 21 righe,
che mettono in chiaro gli aspetti di principio e tralasciano completamente (giustamente, da parte loro) le controversie giuridiche riguardo all’interpretazione
del Concordato e delle Intese.
« Levi una voce tonante per
l’umanità e la libertà di ognuno». Se il bollettino è fatto per
un pubblico americano, queste
parole sono state invece scritte
a un destinatario nel nostro paese. Con esse si chiude infatti una
lettera che il pastore Frank Gibson, direttore esecutivo dell’AWS, ha scritto al Presidente
della Repubblica Cossiga. Prendendo spunto dal discorso da
lui tenuto il 17 febbraio alla Facoltà di Teologia a Roma, Gibson così si esprime: « Salutiamo la sua intenzione di adoperare i suoi buoni uffici per l’avanzamento del pluralismo nella società italiana (...). Fra breve
celebreremo i 100 anni della Statua della Libertà, il cui significato apnartiene all’« ecumenopoli », la città mondiale, non solo agli Stati Uniti. Il 17 febbraio
lei ita parlato come un cittadino di onesta ecumenopoli. Ben
fatto. Col Moderatore Bouchard
e la sua gente, anche noi preghiamo ner lei. Possa Dio concederle la grazia di essere uno
strumento del Suo amore e della Sua giustizia ». P. Fiorio
Problemi
(segue da pag. 1)
me quello dei matrimoni mi
sti... ».
L’immagine pubblica delle
Chiese valdesi e metodiste, la
diaconia, la predicazione: tre
priorità nel lavoro della chiesa:
una tua reazione telegrafica.
« Credoi che l’immagine pubblica che abbiamo ricevuto presto si appannerà, come è già
successo in Francia. Ma fintanto che si può, direi di gestire
questa immagine ai fini della testimonianza delTEvangelo, evitando tentazioni o confusioni.
Bisogna anche saper dire dei no.
Sulla diaconia ritengo che bisogna saper cercare tenacemente
l’eificienza manageriale e la semplicità evangelica. E sulla predicazione direi ohe è necessario ed
urgente ricuperarne la dimensione pubblica. Troviamo molte persone valide che vogliono fare i
diaconi ma è raro trovare un
giovane che intenda avviarsi al
pastorato. Il problema principale è che una nuova generazione
di studenti in teologia, membri
delle nostre chiese, tomi ad affollare la Facoltà valdese ».
Qual è stata l’esperienza più
bella in questi sette anni di moderatura? « La visita alle chiese
del Rio de la Piata: indimenticabile ». E quella più negativa?
« Una certa solitudine nei momenti più difficili ». Insomma,
sette anni di moderatura bastano? « ...e avanzano » conclude
Bouchard con Uft sorriso.
La Tavola invierà prossimamente il pastore Giorgio Bouchard negli U.S.A. per un semestre di studio e d’informazione
nel quadro del rinnovatoi scambio di contatti con la realtà di
quelle chiese. Al rientro dagli
Stati Uniti l’ex Moderatore spera di lavorare presso la Chiesa
valdese di Napoli che lo ha recentemente richiesto. Dopo avere spronato tanti pastori ad andare a lavorare nel Sud, Bouchard ci andrà. E non solo « pour
l’espace d’un matin ».
a cura dì Giuseppe Platone
5
8 agosto 1986
obiettivo aperto 5
REPORTAGE DAL BRASILE
LA BIBBIA NELLE COMUNITÀ’ DI BASE
di fe.si preso direttamente contatto con la realtà delle Co
H-frp rìn iivi ^ìnn ^ della liberazione, è re- munità di base. Di ritorno, ha preparato questo re
dace da un viaggio in Brasile e Argentina dove ha portage per i lettori delVEco-Luce.
Tanta terra concentrata
Tanti coloni senza terre
Miiioni di disoccupati
Mancando alimentazione
E a chi grida alla riforma
Vien detto che è sovversione.
Nostra gente brasiliana
Non soffrirà più
Non mancherà più salute
Né studio né ciho
Non ci saranno più assalti
Né hamhini denutriti.
< Adao Pretto, Queremos Reforma Agrària, Vozes, Petrópolis 1984, p. 35 s).
Adao Pretto, poeta popolare,
c-antante, uomo dì chiesa e leader sindacale è un analfabeta
della regione Rio Grande do Sul
nel Brasile. A volte lo chiamano
« il nostro Amos ». Durante un
viaggio per incontrare il governo regionale a Porto Aiegre insieme a 84 contadini ,si scoprì il
suo talento di improvvisatore di
versi. Fu egli a declamare davanti alle autorità la rivendicazione di un migliore servizio medico.
Alcune delle poesie vennero
messe per iscritto, raccolte e
pubblicate dalla casa editrice
Vozes. Ora la diffusione del suo
libro è stata vietata dal prefetto.
Waldemar Boff, uno dei dirigenti della Vozes, fratello dei più
conosciuti Leonardo e Clodovis,
è riuscito a malapena a trovarne
ancora una copia.
Pretto nei suoi versi brevi e
pregnanti di significato coglie gli
aspetti di una realtà che è sconosciuta solo a una parte esigua
della popolazione del Brasile.
Per fare un esempio: la massima parte delle terre è nelle mani di pochi latifondisti; le terre
vengono quasi sempre lasciate
incolte perché servono solo in
quanto investimento di capitale.
Chi vorrebbe coltivarle, chi vorrebbe vivere del lavoro delle sue
mani, chi — meglio — vi è costretto per ragioni di esistenza e
di sopravvivenza, si trova di
fronte ad un continente privo
di terre.
I diversi gradi della povertà
sono distribuiti su una vasta
scala: dal piccolo proprietario o
impiegato dalla posizione discreta attraverso il « favelado » nelle baraccopoli e l’abitante di
palazzi nei centri cittadini in cui
con-« vivono » fino a 20 persone
in un’unica camera (solo nella
città di Sao Paulo sono in 2-3
milioni), fino a coloro che hanno
fatto dei ponti e delle grotte le
loro abitazioni e tra i quali vi è
nuovamente una serie di gradi
sociali (Sao Paulo i^siede circa 2 milioni di tali senzatetto
— e quasi ogni ponte è « abitato »).
Chi, scacciato dal suo pezzo
di terra, trova un lavoro può
considerarsi felice. La sua felicità però consiste nella maggior
parte dei casi nel salario mimmo fissato dal governo (poco più
di 50 dollari mensili, decisamente insufficienti per assicurargli
due pasti al giorno nell’arco di
un mese) e con il quale dovrebbe nutrirsi un’intera famiglia.
Di bambini e ragazzi se ne trovano in quantità spaventose. E’
però un fatto spiegabile. Proprio
loro, più 0 meno a partire dal
sesto anno di vita in poi, costituiscono la maggiore forza di
lavoro che deve assicurare la so
pravvivenza delle loro famiglie
Carta vecchia, immondizia anco
ra utilizzabile e cose simili ven
gono da loro raccolte e in qual
che maniera vendute. L’accattonaggio, gli assalti, i furti e la
prostituzione fanno parte del loro campo di lavoro giornaliero. A
questioni morali non si arriva.
Non esiste alternativa quando
c’è da provvedere alla sopravvivenza nuda e cruda. Un capitolo
a parte è il problema delle scuole. Quand’anche un bambino possa permettersi il lusso di frequentare la scuola pubblica —
gratuita —, nella maggior parte
dei casi si trova di fronte ad
un’istituzione nella quale manca
di tutto, a partire dalle sedie e
dai banchi fino al materiale necessario allo studio, mentre gli
insegnanti si presentano solo di
tanto in tanto. E chi potrebbe
permettersi di frequentare una
delle carissime scuole private
dove tutti questi problemi non
esistono?
Nella capitale della regione
di Pernambuco, conosciuta anche come la capitale della miseria, si trova una specie di
concentrato della situazione di
vita diffusa nell’intero paese. Il
centro storico, per esempio, molto bello dal punto di vista architettonico, è trasformato in un
mercato che si beffa di qualsiasi
descrizione. Dalle migliaia di
bancarelle di legno l’una vicinissima all’altra quasi per impedire il passaggio viene offerto in
vendita tutto quello che si può
immaginare. Si pone inevitabilmente - la domanda dove si potrebbero trovare tutti i compratori capaci di acquistare le innumerevoli merci offerte. Il caldo, il puzzo, la polvere e la sporcizia impediscono quasi il respiro. Tra immondizie e fango ed
anche su alcune bancarelle vuote
sono sdraiate persone vestite di
stracci come tutti gli altri. E’
pure raro vedere qualcuno che
porti scarpe ai piedi. Gente senza gambe su tavole a rotelle altezza suolo, zoppi, malati con
tutti i tipi di malattie agli occhi
e alla pelle; bambini che vengono trasportati in carrozzine rudimentali perché dalla denutrizione hanno avuto in regalo braccia e gambe appena più spesse
di canne di zucchero; gente estenuata dalla fame fra mucchi di
carta sugli stretti marciapiedi e
negli ingressi delle chiese e cattedrali. In questo miscuglio di
malattia e miseria all’improvviso
si ode la voce forte di un altoparlante d’indefinita provenienza, posto in mezzo ai resti di
verdura e alle persone sdraiate
a terra. La voce gracchiante declama alcuni versetti biblici che
attraversano la piazza; più precisamente si tratta delle beatitudini dall’Evangelo di Matteo:
« ...beati sono i poveri in ispirito,
perché di loro è il regno dei
cieli... ». Diffìcile trovare delle parole.
La coscienza rubata
Molte persone hanno ormai
perso la coscienza di essere uomini e la prima meta delle Comunidades de base, ormai largamente conosciute, consiste
proprio nel tentativo di recuperarla e renderla prwtente. E si
sa quanto sia difficile spiegare
a qualcuno di essere qualcosa,
quando questi sperimenta giorno per giorno di non esserlo. E’
da supporre che anche per questa ragione le Comunità di base,
con le quali è sorta la cosiddetta « teologia della liberazione »,
non possano vantare di essere
il movimento religioso di maggiore crescita in Brasile. Ciò vale piuttosto per la cosiddetta Assemblerà de Deus (Assemblea di
Dio) i cui grandi e curati templi crescono come funghi in tutte le parti del paese, nel cuore
dei quartieri dei poveri. Con de
naro proveniente dagli Stati Uniti viene promosso un protestantesimo dei poveri di tipo
fondamentalista-pentecostale che
va incontro e corrisponde ai loro sentimenti ed alle loro aspettative. Questi .sentimenti consistono in una mistura fra Taccettazìone fatalistica della «naturalezza» della povertà in quanto destino, la credenza nell’immutabilità della situazione presente e il sentimento che ne consegue, e cioè quello della totale
impotenza. Paradossalmente tutto ciò non significa, né qui né in
genere, l’assenza di una marcata
allegria e speranza. Proprio il
contrario. Questa speranza viene però raramente proiettata in
un quadro integrale della realtà
politica, sociale ed economica,
nel contesto quindi di una « coscientizzazione ». Quasi sempre
troviamo una completa assenza e
mancanza di coscienza, e naturalmente una causa sicura è la
inesistenza di qualsiasi istruzione scolastica. Nella Assembleia
de Deus si usano e si interpretano determinati libri biblici,
come p. es. l’Apocalisse di Giovanni, in maniera assai discutibile, promuovendo una teologia
deU’aldilà. I poveri assumono
certi ruoli interni che assicurano
loro almeno il sentimento e la
impressione di una qualche importanza della loro persona. Naturalmente non vi è nessuna traccia di « cOscientizzazione », e
cioè lo sforzo per una migliore
comprensione e la ricerca pratica di soluzioni in vista di un
miglioramento della situazione
presente.
Perciò è facilmente comprensibile perché il lavoro nelle Comunità di base è tutt’altro che
semplice. Di luogo in luogo ci
sono diverse sfumature o anche
forti differenze per quanto concerne le loro attività ed il loro
lavoro teologico, Sao Paulo si
trova sicuramente all’apice del
loro progresso. Eppure proprio
qui il problema summenzionato
(iella COscientizzazione riguardo
alla dignità dell’essere umano
si presenta particolarmente pesante. Nella sua prospettiva si
comprendono le allermàzioni di
uno dei principali rappresentanti delle teologie della liberazione
nel campo del lavoro con la
Bibbia, Carlos Mesters: « La
fondamentale ingiustizia è la coscienza rubata dei poveri... I ricchi possono restituire il denaro
rubato. Ma non possono restituire la coscienza rubata!... Il
povero non grida più al ricco
ma a Dio, e Dio ascolta il suo
grido e gli dice: ”Io sono con
voi!”. A partire da qui, da questa certezza di Dio nasce in lui
la nuova coscienza del popolo
di Dio e del figlio di Dio, la coscienza della propria dignità umana. E’ come se fosse una nuova creatura! » (Os Profetas e a
Saùde do Rovo, CEBI, Belo Horizonte 1985, p. 18 s).
It popolo e la Bibbia
Nelle Comunità di base lo studio della Bibbia dipende naturalmente come ovunque dalla creatività e dall’interesse attivo da
parte dei partecipanti. Infatti
non si può affermare che lo studio della Bibbia si trovi nella
maggior parte dei casi in mano
ai teologi professionali, preti,
pastori o religiosi chiamati « agentes de pastoral » (persone
con formazione professionale e
spesso universitaria/teologica).
Uno sguardo alle discussioni e
alle sedute di « planejamento »
Contrasti
stridenti
nella realtà
brasiliana:
due aspetti
della città
di S. Paolo.
(pianificazione) del maggiore
gruppo di occupanti di terre del
Brasile presso Ronda Alta nel
Rio Grande do Sul mostra che
i contadini senza terra si servono del sostegno degli « esperti »
solo in maniera ridotta. Questi
ultimi partecipano spesso soltanto come osservatori, mentre la
direzione è in mano ad alcuni
contadini. E’ notevole come si
lavori con la Bibbia non solo
nelle funzioni religiose, ma anche e proprio nelle sedute di
« planejamento » dei contadini,
in cui si tratta delle strategie
deH’occupazi'one di terre, delle
trattative con le autorità e di
semplici problemi di sopravvivenza.
In alcuni casi la partecipazione di sacerdoti o agenti di pastorale e laici agli studi biblici
è abbastanza equa. E’ interessante notare che la comunità si avvicina ai testi biblici sempre con
domande e problemi sorti immediatamente dalle sue concrete e pressanti difficoltà quotidiane, per trovarvi orientamenti per
la propria vita. In questi studi
non raramente si arriva a trattare problemi storico-critici dell’esegesi per acquistare una comprensione adeguata dei testi e
per svolgere un’adeguata riflessione ermeneutica nel presente.
In altri casi invece sembra essere in uso una prassi più superficiale, con la ricerca acritica
e semplificante di analogie tra
le situazioni riportate nella Bibbia e la situazione propria («concordismo »). Visto dal punto di
vista biblico-teologico, ciò comporta inevitabilmente interpretazioni e « trasferimenti » storicamente e teologicamente scorretti.
E’ interessante inoltre seguire
la produzione di letteratura sui
libri 0 temi biblici oppure sullo
studio della Bibbia in genere.
Per esempio nel CEBI (Centro
di Studi Biblici), che lavora su
scala nazionale, si scoprono, oltre a molteplici pubblicazioni in
forma di libri o quaderni, un
grande numero di ciclostilati
che spesso comprendono solo
poche pagine. Molti quaderni e
libri oggi disponibili sono a suo
tempo stati pubblicati anch’essi
nella forma concentrata e limitata dei ciclostilati. Un perìodo
di « prova » nelle comunità con
ferisce ad essi Una serie di correzioni, nuove formulazioni, aggirmte ecc. Se si mostrano utili
ed utilizzabili, possono — in alcuni casi — essere elaborati da
agenti dì pastorale o anche da
teologi professionali per essere
pubblicati come libri in modo da
essere disponibili per un maggiore numero di comunità e di
agenti di pastorale. Nasce qui,
dunque, ciò che lì si chiama
« letteratura dal popolo — per
il popolo ». Spesso dobbiamo
perciò supporre che dietro il nome di singoli autori di pubblicazioni latinoamericane si trovi
un numero più ampio di autori o
coautori.
Liberazione/
redenzione
La Bibbia in quanto « letteratura dei poveri » si situa nel
cuore degli sforzi e delle lotte
per la riconquista della dignità
umana la quale, come chiaramente afferma Mesters, rappresenta il presupposto e fa parte
dell’essere figli di Dio. La Sacra
Scrittura diventa così libro di
preghiera, di meditazione e di
riflessione. E’ evidente che in
tutto ciò non hanno importanza
solo questioni religiose o intellettuali, ma sempre questioni che
hanno a che fare con la propria
realtà di vita. La frequente assenza del cosiddetto « otium »
scientifico neH’ambito della ricerca teologica e l’impossibilità
della comunità di astrarsi dalla
propria realtà rende intuitivo come la lettura della Bibbia si discosti da un’impostazione scientifica di tipo europeo o nordamericano. Infatti qui accade una
specie di rilettura, una lettura
nuova della Scrittura dalla prospettiva dei poveri e miseri.
Questa lettura emerge dalla loro
realtà che è sostanzialmente una
forma di lotta e di ribellione
cristiana contro lo status quo
come atto primo ed orientata
verso la formazione dell’uomo
nuovo (prassi). In un secondo
atto, dopo un’attenta analisi della situazione (sociologica, economica, politica), interroga il testo biblico per ritornare di nuoMathlas Giube
(continua a pag. S>
6
6 cronaca delle VaUi
8 agosto 1986
TORBE PEIUCE Lga Falchi
XXXVI Mostra d’Arte
Quaranta Contemporanea
anni dopo
« Dai campi del dolore ritornerà l’amore... ». Così dice la
conclusione del più celebre canto sulla deportazione nazista. E’
la grande, anche se in apparenza
lontana, speranza che dove furono odio, morte ed annientamento possano risvegliarsi la tolleranza, il rispetto, la giustizia. A
chi udì le prime volte questi versi potrà essere sembrato un assurdo. E assurda sembrò forse,
a molti, l'idea che Tullio Vinay
lanciò quarant’anni fa, decidendo di fare Agape. « Fare », termine ampio, che lascia spazio a tutti i possibili significati che dal
’47 ad oggi Agape ha offerto alle .migliaia di persone ospitate:
significati di vita comunitaria, di
rispetto reciproco e di crescita
collettiva nel confronto con gli
altri, significati avviati fin dal
momento della costruzione, che
affiancò persone solo pochi anni
prima divise dalla guerra, in nome della riconciliazione: giovani
del vari continenti, italiani e tedeschi, ex fascisti e partigiani,,
gli stessi abitanti della vai Germanasca, abbondantemente insanguinata negli anni del conflitto e della resistenza.
Adesso un nuovo pezzo si aggiunge alla struttura per razionalizzare alcuni settori fondamentali: una nuova, ampia cucina, l’accesso tramite scivoli ed
ascensore, quando il superamento delle barriere architettoniche
(e del pregiudizio) è ancora lontano.
L’inaugurazione prevista per
sabato 16 seguirà di un giorno
quella dell’apertura, nel tradizionale incontro del 15 agosto, della « Ca d’ia pais », un tempo rifugio partigiano, al Bagnóou, in
alta vai d’Angrogna.
Anche in questo caso, chi ripercorra le vicende di quaranta
anni fa trova, in questa casa, ricostruita con l’apporto di molti
dopo essere stata rasa al suolo a
suo tempo, i dilaceranti avvenimenti della guerra e l’esperienza
partigiana.
A chi, per motivi generazionali,
non visse queste esperienze, si
presentarlo oggi due atteggiamenti diffusi, nel rapportarsi a
questa pagina di storia: l’uno ancora rievocativo e celebrativo, i
cui presupposti sono difficilmente afferrabili da chi di quelle vicende non fu protagonista; l’altro volutamente sprezzante, in
nome della smitizzazione ad ogni
costo {«siamo già a vent’anni
dal ’68 e ancora ci parlano di
resistenza... »): c’è dunque più di
un motivo per avere le idee confuse. C’è anche il rischio che non
si presti sufficiente attenzione al
perché della scelta di fare Agape, là dov’è e in quel momento, e
di pensare ora ad una « casa della pace ». Per chi continui a fare
il cinico e il disilluso, anche il
grande movimento pacifista di
pochi anni fa è cosa che ha fatto il suo tempo: compito di queste strutture, e, soprattutto, delle persone che le frequenteranno, sarà di proporre, prima in
questi ambiti (incontri, campi di
studio e di lavoro) e poi, cosa
più ardua, nella vita di tutti i
giorni, un modello di vita di relazione su cui i vari spunti di
“rifiuto’’ che la società presenta
oggi (movimenti pacifisti, ambientalisti, lotta al razzismo,
ecc...) si innestino naturalmente,
senza tener conto delle passioni
momentanee. Ed è un compito
per tutti, in realtà molto chiaro,
da cui difficilmente ci si può esimere.‘ ‘' Alberto Corsanl
Da quando Filippo Scroppo,
giovane allievo di Paschetto, dipinse la « valdesina », a quando,
letteralmente sommerso di quadri, mi racconta la storia delle
mostre d’arte a Torre Pellice è
trascorso non un tempo (lungo o
breve), è trascorsa tutta l’arte
italiana del Novecento: le scuole ed i « cani sciolti », i grandi
ormai celebrati e quelli che hanno messo l’arte da parte, quelli che hanno inventato e quelli
che hanno imitato, quelli che
hanno cambiato il volto al mondo della figurazione e quelli che
hanno addirittura messo in discussione il concetto dì arte.
Questi « grandi trascorsi » sono tutti lì, in questa 36“ edizione della Mostra, a testimoniare
con la loro presenza im lavoro di
promozione culturale.
Con il gusto per la narrazione
che lo caratterizza, mi porta indietro nella storia fino alla nascita un po’ accidentale, e certamente giocosa, di questa iniziativa ormai tradizionale.
Era molto di moda nel dopoguerra che i paesi di villeggiatura promuovessero mostre di
paesaggio a tema: mostre estemporanee che coinvolgevano tal-.
volta pittori professionisti ma,
soprattutto, hobbisti, vecchie signorine, impiegati in ferie, pensionati, tutti armati di sacro
fuoco, ma di rara creatività.
In questo clima a metà tra
l’arte e lo strapaese, qualcuno
propose a Scroppo di organizzare a Torre una mostra estemporanea e fu tm’ottima idea.
Fu un’ottima idea perché
Scroppo, con il gusto del ’’détournement” e del gioco, invitò
(a numero chiuso) solo i più vivaci e attuali artisti del momento.
Vennero e si cimentarono con
le più diverse interpretazioni del
paesaggismo a tema. Oggi alla
mostra possiamo vedere e ammirare: una stazione dì Torre
Pellice di Menzio, un paesaggio
ài Coppieri di Paulucci, un culto
al Tempio di Chicco e molti altri.
L’importanza di questi « Autunni pittorici » fu quella di accostare im pubblico più vasto,
non sempre informato sui fermenti creativi del post-fascismo,
sulle istanze e le speranze di un
lavoro che aveva impetuosamente spazzato via l’oleografia e l’arte come riproduzione del vero
(chissà poi perché un paesaggio
o un vaso di fiori sono più veri
di una sensazione o di un colpo
di luce).
La Mostra annuale quasi fu
per indotto la matrice dell’attuale museo d’arte contemporanea
costruito poco a poco con le
donazioni degli autori, amici ed
estimatori di Scroppo, premiati
agli Autunni Torresi o protagonisti di importanti personali.
Ora nei locali deirHótel Gilly
tutto questo « materiale d’arte »
è riunito dopo essere stato raccolto per anni in spazi troppo
limitati per una sua corretta
fruizione.
La Mostra di quest’anno non
è più un memento stagionale,
ma dovrebbe essere una anteprima di ciò che sarà la sistemazione definitiva del museo, di
cui è già stata identificata la
sede, in locali attigui al Municipio, ma i necessari lavori devono ancora essere effettuati.
Ci auguriamo che i tempi della
ristrutturazione siano brevi, a
compensare i lunghi anni di limbo in cui queste opere sono state costrette a « vivere ».
Intanto percorrere le stanze
della Mostra è come attraversare tre, quattro, cinque generazioni di artisti. Da Casorati a
Mertz a Gilardì, da Garelli a Nespolo a molti altri che sono stati o sono punto di contraddizione, momento di innovazione, elemento caratterizzante della nostra epoca. La Mostra annovera
oltre 300 opere di cui più di 90
rappresentano l’ultimo « lotto »
di donazioni fatte dagli artisti
o dai loro familiari negli ultimi mesi, stimolati non solo dall’entusiasmo contagioso dì Filippo Scroppo, ma anche e soprattutto dal valore testimoniale
ed educativo del museo stabile.
Paolo Cerrato
TORRE PELLICE — Sabato 2
ha avuto luogo il funerale della
sorella Lea Falchi. Con lei scompare una delle figure caratteristiche del mondo torrese degli
anni ’40. Figlia del prof. Mario
Falchi, fu come il padre persona
lineare, schietta, coerente, originale nelle sue convinzioni. Fu
per alcuni anni insegnante al Collegio, abbandonò l’insegnamento
per dedicarsi alla cura dei genitori anziani che seguì con esemplare dedizione. Prefondamente
legata, come il padre, agli ambienti unionisti, fu attiva nell’opera delle U.C.D.G. di cui diresse
il Foyer a Milano e Torino in
mementi tutt’altro che facili;
crocerossina fervente negli anni
della Resistenza seppe tradurre
il suo ideale dì umanità in atteggiamenti coraggiosi e concreti.
Senza lavoro si fece assumere
alla Mazzonis come operaia e da
questa esperienza di lavoro trasse insegnamenti che caratterizzarono non poco la sua personalità.
Immagine di personalità femminile convincente, ben prima
ed al di là di atteggiamenti ’’femministi”.
Amnesty
International
TORRE PELLICE — Giovedì
7 agosto dalle 20.30 alle 23.30,
nell’atrio del Cinema Trento, il
Gruppo Val Pellice di Amnesty
International organizza un « tavolino » per la raccolta di firme
in favore di prigionieri per motivo di opinione, in occasione
della proiezione del film ’’Missing” (scomparso).
IL PELLICE INQUINATO
NUOVA CRUMIERE DI VILLAR PELLICE
Il biologo deirUSSL: 25 lavoratori
attenzione ai batteri valgono 50 milioni?
Dopo la notizia delle ordinanze di divieto di balneazione nel
Pellice e nell’Angrogna da parte
dei sindaci di competenza, abbiamo cercato di capire che cosa
sia in realtà successo intervistando il dott. Valerio Vecchié, biologo presso l’USSL 43.
— « Come servizio d’igiene abbiamo provveduto a campionamenti di acqua in differenti tratti dei torrenti: risulta dalle analisi che ogni millilitro cubo contiene almeno 1600 colonie di batteri, mentre i valori di tolleranza si aggirano sulle cento. E' evidente dunque l’elevato grado di
inquinamento ».
— Ohe tipo di rischio significa
per la popolazione?
— « Dobbiamo precisare che
l’invito a non praticare balneazione risulta di tipo preventivo:
se infatti l’inquinamento è di tipo fecale, cioè derivante da scarichi fognari, come in questo caso, esiste la concreta possibilità
che nelle acque si trovino virus
di parecchie malattie (l’epatite
virale, per dirne una). Di qui l’invito ai comuni a vietare la balneazione ».
— Questo inquinamento può
derivare dalla grossa affluenza di
turisti in valle?
:— « Direi di no; — prosegue
Al LETTORI
Tipografi e redattori vanno in ferie
per 15 giorni, il nostro giornale non
uscirà il 15 e il 22 agosto prossimo.
Riprenderemo le pubblicazioni col 29
agosto, con un numero ancora a paglife ' 'ridotte, mentre il numero del 5
sèttembre sarà a 16 pagine ed interamente dedicato al Sinodo 1986.
Vecchié — anzitutto i campionamenti sono stati effettuati all’inizio di giugno, con scarsa presenza di forestieri. Non possiamo
certo affermare che lì stia la causa di inquinamento. Piuttosto bisogna ricordare che circa la metà della popolazione di valle non
è ancora servita da fognature ed
in ciò sta la fondamentale causa
dei batteri; oltretutto quest’anno
abbiamo notevoli quantità di acqua, viste le piogge e le nevicate ».
— Fino a quando durerà questa emergenza?
— « Vista appunto l’entità del
problema, ci vorranno sicuramente tempi lunghi, sia per mettere in funzione le fogne, sia per
filtrare eventualmente le acque.
Dal prossimo anno seguiremo
con un’indagine nel tempo l’andamento dell’inquinamento e, del
resto, facciamo molto conto sulla collaborazione della gente per
segnalazioni, indicazioni, suggerimenti... ».
A cura di Piervaldo Rostan
La grave crisi occupazionale
della Val Pellice non sembra essere conclusa. Il tribunale di Pinerolo ha recentemente dichiarato fallita la OMEF di Lusema
San Giovanni, una fonderia che
occupava 50 operai per i quali
ora si apre una strada di cassa
integrazione per sei mesi, dopodiché ci dovrebbe essere il licenziamento.
Anche la Nuova Crumière, oggi cooperativa, dopo il fallimento, denuncia difficoltà. Nonostante ci siano ordini che fanno
prevedere una possibilità di ripresa anche occupazionale, mancano i soldi liquidi per far fronte agli stipendi, alle forniture,
agli oneri sociali. Alcuni soci
della coofierativa hanno già fornito garanzie personali ad una
banca la quale ha concesso un
fido bancario di 50 milioni, altri
soldi sono stati versati dai soci
stessi, ed alcuni lavoratori hanno accettato di essere pagati solo fra tre/quattro mesi quando
si incasseranno le prime fatture.
« Mancano 50 milioni — dicono
i sindacati ed il rag. Bertin, presidente della cooperativa — senza i quali non riusciamo a fare
il giro ». I fornitori infatti vogliono pagamenti alla consegna
della merce e così è per tutte le
altre incomibenze amministrative.
La cooperativa si è perciò rivolta agli enti pubblici per ottenere finanziamenti e, anche se
questo è possibile, i tempi appaiono lunghi. Dalla Regione potranno arrivare prestiti, ma solo
nella primavera dell'anno prossimo, e la Provincia non vede di
buon occhio i contributi a fondo
perduto e si è limitata a far da
tramite con le banche.
Così p>er la mancanza di 50 milioni rischia di fallire un tentativo di lavoro cooperativo di 25
persone: il lavoro e gli ordini ci
sono per più di un anno di lavoro, ma le banche chiedono garanzie che i soci della cooperativa non possono dare.
Giorgio GardioI
X-A70AÌ
miramare
DI RIMINI
VIA SARSINA,‘I9
TÏLEF (OSAI)
32569
32548
A 50 metri dalla spiaggia — ambiente famUiare — ottimi i
servizi e il trattamento.
ASILO DEI VECCHI
San Germano Chisone
BAZAR
Tutti sono invitati ad intervenire domenica 7 settembre ore 15 all’annuale bazar
a favore dell'Istituto.
7
8 agosto 1986
cronaca delle Valli 7
VOLONTARI
OSPEDALIERI
Col mese di luglio l’A.V.O. ha terminato I due corsi in programma: il
primo di psicologia tenuto dal dott.
Fontana ed il secondo di nozioni infermieristiche svolto dall’infermiera sigma
Gaillard.
Sono stati due corsi diversi, entrambi interessanti.
Il dott. Fontana, sotto forma di conversazione ha saputo con molto acume
orientare il volontario verso la conoscenza di se stesso ed a puntualizzare le varie esigenze di un malato che
non sono unicamente necessità fisiche, ma che sconfinano nel campo
psicologico ed insieme si è cercato
di dare una risposta ai vari perché.
La sig.na Gaillard con esempi pratici ha arricchito le esperienze delle
avine insegnando loro certi accorgimenti tecnici per un più efficiente
aiuto al degente.
Siamo molto riconoscenti alla Comunità Montana ed alla C.I.O.V. per aver risposto affermativamente alle nostre richieste e per aver validamente
contribuito alla formazione dei volontari ospedalieri. Ringraziamo tutti di
vero cuore.
Con l’ampliamento dell’ospedale abbiamo bisogno di altri volontari. In
fondo non si tratta che d’impegnarsi
per due ore settimanali (mattino o
pomeriggio o sera) dedicandole al prossimo sofferente e spesso solo.
s II volontariato è solidarietà, è
espressione di umanità, è condizione
essenziale di vivere insieme... » disse
ad un Convegno il presidente Cossiga e noi siamo convinti che il volontariato è la base di ogni trasformazione
sociale, morale e spirituale perché
poggia sulla gratuità del servizio ed
è permeato d’amore. La vera bomba
atomica, diceva Churchill, è il cuore
umano.
Invitiamo quanti leggeranno queste
righe ad iscriversi all’A.V.O.
I colloqui, i chiarimenti e le iscrizioni hanno luogo al Centro d’incontro di Torre Pellice - Portici del Municipio, ogni venerdì dalle 17 alle 18.30.
Il Comitato direttivo
DONARE
GLI ORGANI
. Lunedì 7 luglio ha avuto luogo a Luserna S. Giovanni l’ìncontro-dibattito,
organizzato nell’ambito deìl’EXPO 86,
su « Prelievi e trapianti di organi - Pro
blemi sociali, sanitari e giuridici »
organizzato dal Gruppo A.I.D.O. Val
Pellice e dal Comune di Luserna S. G.
Relatori dell’incontro sono stati il
Presidente Regionale e Provinciale
AIDO, Maschera, il dott. Segoioni, nefrólogo al Centro Trapianti dell’Ospedale Molinette di Torino ed il dott.
Ramello, primario del Servizio nefrologia e dialisi dell’Ospedale Agnelli di Pinerolo.
E’ stato lo stesso dott. Ramello ad
iniziare la serie delle relazioni evidenziando l’importanza ohe riveste nell’ambito dei trapianti di organo quello
renale. Indubbie sono infatti al momento attuale le difficoltà che si hanno
ancora per i trapianti di fegato e pancreas, mentre per il cuore nonostante
i buoni risultati ottenuti anche in Italia vi è un grande handicap nel fatto
che un cardiopatico candidato ad un
trapianto, per le sue gravi condizioni
di salute, ha un periodo di tempo molto breve (3 mesi, max 6) neH’ambito
del quale poter attendere di ricevere
un cuore a lui compatibile.
Alla luce di questo la serata si è
concentrata particolarmente sulle problematiche dei nefropatici i quali han
no due sole alternative: o la dialisi
da effettuare costantemente più volte
alla settimana, oppure il trapianto, il
quale è in grado di riportare il nefropatico ad una esistenza normale.
Prima di concludere il suo intervento il dott. Ramello ha toccato l’argomento « morte ». Argomento questo,
ripreso ancora dal Presidente Maschera, che desta forse maggiori perplessità a coloro che desiderano iscriversi all’AlDO. E’ stato a tal proposito
ricordato a tutti, che sono cosi severi e così tanti gli accertamenti e gli
esami che vengono eseguiti non appena i¡ potenziale donatore è entrato in
coma depassé, dall’elettroencefalogramma all’elettrocardiogramma che
devono risultare piatti per 12 ore, ed
in più riscontro di totale assenza di riflessi, cessazione della respirazione,
eco., da non lasciare dubbi, tanto più
che gran parte di questi ulteriori accertamenti non vengono di regola praticati su un cadavere non destinato
all’espianto.
Molto interessante è stata anche la
relazione del dott. Segoioni il quale,
coadiuvato da alcune diapositive, ha
reso consapevole l’assemblea degli a
Í»
GENTE DI VALLE - 8
Era stata Evelina Pons, aitante dolcissima granatiera,
capitata in baita durante una
delle sue sgambate per le valli, a invitarmi:
— Non ti sei sempre sentito e proclamato curioso di
varia umanità?
— Certamente, ma il Sinodo è un fatto talmente vostro, come dire, molto interno...
— Ma nient’affatto! Non è
limitato alla sola sfera religiosa, pure importantissima
per noi. L’uomo è uno e complesso, fatto di sensi, d’istinto, di sentimenti, di raziocinio: d’accordo? E allora che
poter dimostrare il contrario.
Udii esporre con garbo quel
che pensa chi parla, pronto
all’ascolto altrui, ma soprattutto ho poi visto alle parole
corrispondere Vagire. Cosa
sempre più rara.
Intendiamoci: scoprivo un
mondo, non le singole persone. Con tanti di loro avevo da
tempo rapporti di stima e di
affetto. Tanto per ricordare,
oltre, a Evelina, Frida Malan,
una delle bandiere partigiane, come anche Polucio e Filippo Scroppo, pittore, amico, animatore culturale.
Ci presi gusto. La sera, nel
tempio come in un antico.
scuola, un bollettino, un rosario di slogans.
Mi ritrovai dunque, con loro, a salire sulla mezzacosta
sovrastante Torre, fuori dal
catino ribollente di afa.
Villa e parco mi apparvero come la casa segusina di
zia Nini-n: solo che là si trattava di una casa-fortezza con
alle spalle un grande parco,
qui invece proprio di villa si
trattava, con parco più ridotto. Ma uguale il gusto d’800,
specie net giardino alVitaliana: siepi di bosso potate a
far scena, o panchina riservata; pergolati di glicine; cascate di gelsomini; al centro
il grande condottiero valdese.
Di tanto in tanto l’orda giovanile irrompeva, sfilava e si
abbatteva sulla grande scala
interna in legno, inutilmente
e, per la verità, debolmente
richiamata, all’ordine dalla
Danielle. Finalmente, al tramonto, sopraggiunse il padre,
accolto da grida di trionfo
interessate, giacché con lui
era assicurata la pappa. Altra meraviglia! Quel gigante
di pastore intravisto alla sfilata, il Giampiccoli, era dunque l’olimpico, sorridente, instancabile capofamiglia! Felicitazioni, ironiche battute
sulla dottora "casalinga” dal
Le case della libertà - II
vale proclamarlo tale se poi
un’etichetta, un credo, una
ideologia, sono sufficienti a
farne oggetto d’anatomia, a
ricercarne la diversità?...
A farla breve, aveva tanto
insistito che mi convinse, prima di ripartirsene con un
gran mazzo di fiori raccolto
dalle figlie. Cara Evelina, maestra per antonomasia, che mi
piace ricordare, ora che non
è più tra noi, persa in una
risata piena, fino alle lacrime, quando mia figlia Simona, .sua allieva di seconda,
dopo alcune letture e chiacchierate sugli Egizi, le aveva
domandato sgranando gli occhioni: — Ma Evelina, quei
Faraoni Vi di che colore avevano le penne? —. Lei che con
quel nome strano conosceva
soltanto, al femminile, il piatto che piaceva tanto a nonno
Lete!
Così al Sinodo ci capitai
puntuale, fin dalla prima solenne sfilata. Facce, abiti, gesti e rapporti fraterni, ma
misurati, pacifici, ragionevoli, da svizzeri. Nulla di particolarmente emozionante, scenografico, mediterraneo. Proprio come "loro”; ma sicuramente nulla mai di pesante o
anche di minimamente scorretto. Non sentii usare termini come destriero per dire
cavallo, né sof^mi e calligrafismi: costruzioni sul vuoto
d’idee. Non udii giudizi senz’appello, o finzioni "scolastiche” di fragili dubbi da imbonitore, fatti apposta per
solenne teatro greco, ascoltavo dibattiti d’interesse storico e sociale. Il pomeriggio,
quando teologi e addetti ai
lavori si confrontavano su
temi più propriamente religiosi, lo trascorrevo nel buffet
a consumare grandi tazze di
té (che non mi piace ) per
riuscire a ingollare le fette
di torte casarecce in mezzo
a una folla da Esodo, dove si
agitavano, a servizio, le mie
figlie con i loro numerosi
amici e compagni di scuola,
che avevano ritrovato nel
campo di Agape, occasione e
felicità di convivenza. L’afa
estiva si era abbattuta come
una piaga d’Egitto sopra auel
catino che è il centro di Torre. Mai compianto talmente
persone come quei poveri pastori nerovestiti, con tanto di
cravatta e toga. In compenso, mai trascorso, nel cuore
dell’estate, ore così piene. Una
sera, mi ritrovai al centro
della tribù filiale di giovanissimi, squinternati come tutti
i neoadolescenti, eccitati per
le "avventure” nate dalla vita di gruppo.
— Vieni, Pizzo, dài: stasera
.si va a casa di Jac, siamo
invitati... —. Erano anche
anni un po’ strani, folli di
moto perpetuo, ribollenti di
idee, passioni, incontri, manifestazioni. La coda positiva, l'ultimo botto di quel meraviglioso e terribile fuoco
d’artificio che fu il ’68. Dieci
persone “giuste" facevano
opinione, movimento; cento
davano vita a un partito, una
una fontana zampillante e il
laghetto con le ninfee. Tutt'attorno viali ombreggiati da
pini, abeti, magnolie e carpini.
Un po’ di batticuore, non
uso a piombare (nel gergo
della banda “fiondare”) in
casa altrui a ’sto modo, mi
morirono in gola le consuete
espressioni di scusa davanti
al semplice sorriso accattivante della padrona di casa,
Danielle, nella quale riconobbi la pediatra “storica” del
più desolato quartiere di Torino: via Artom! Davanti a
quella piccola signora della
grande casa, l’essere più semplice e disponibile della terra, chi potrebbe seriamente
sentirsi intimidito?
Nel grande, luminoso soggiorno, affacciato al giardino, trovai ospitale conforto
d’inattesa frescura.
Dai convenevoli si venne ai
conversari, mentre ammiravo
il .solenne e grandioso camino patriarcale, evocante struggenti Natali ormai lontani,
col ciocco, i canti, i doni e,
fuori, tanta tanta neve. Un
tuffo nel tempo, segnato anche, alle pareti, da stampe e
incisioni di gran gusto. Una
di queste, notata perché campeggiante sola nell'ingresso,
più severa, nel biarteo e nero
oltre che nella figura rappresentata: un signore in abiti
borghesi ma con cinturone
da combattente e una gamba artificiale alla corsara, denunciava l’origine della famiglia. Vi era ritratto Beckwith,
la quale nessuno si attendeva la cena, una tavolata di
gazze petulanti ( tre figlie loro, due io, più la coorte d’amici). Poi il pastore ci mollò per correre ai suoi doveri
sinodali.
E allora cominciai a sciogliere gli interrogativi che mi
urgevano dentro e scoprii la
casa. Si trattava proprio del
quartier generale di Giustizia e Libertà ricordato da
Giorgio Agosti in un memorabile numero di « Resistenza »!
Ma come non capirlo subito? Fin dal nome della ragazza, compagna di scuola della
mia Elèna: ma certo, Jac
altri non era che la nipote di
Jacqueline Rollier, nel cui nome Agosti aveva aperto a tutta pagina il famoso numero
del periodico partigiano!
La dolce padrona, della
quale l’indimenticabile Lelio
Basso dettò nel '61 uno dei
più nobili e delicati epitaffi:
« Con Lei se n’è andata un poco della gioia e della bellezza
del mondo ». Era lei che, col
suo Guido, aveva aperto la
grande casa ai Foa, ai Venturi, ai Banfi e Giua, Penati
e Artom, Agosti, Andreis e
Favout, quando ospitare uno
solo di ouei “banditi” significava nel ’43 condanna sicura! Lei, la sua casa: una delle famose case della libertà,
vertice di un triangolo, a Torre, i cui altri due punti, vicini e sempre a mezzacosta, si
chiamano Jervis e Malan.
Gianni Dolino
spetti più drammatici della condizione
di dializzato, dei notevoli vantaggi che
essa può ottenere dopo un trapianto,
ed ha fornito una serie di dati statistici attraverso i quali si poteva notare l’incremento generale dei trapianti
d’organo da cadavere ed il posto di
tutto rispetto che gode il Piemonte per
ciò che riguarda la qualità degli interventi.
Altrettanto interessanti e numerosi
gli interventi del pubblico i quali hanno poi portato alla conclusione attraverso una serie di riflessioni sulla
attuale legislazione alquanto discussa
e che non risolve il problema numero
uno, quello della grande carenza di
donatori, problema questo che si viene
forse tentando di risolvere con la nuova legge del « consenso presunto » attualmente ancora in discussione in
Parlamento.
Franco Minetto
Cinema
Il cinema Trento di Torre Pellice,
che ha ripreso la programmazione venerdì 25 luglio dopo una chiusura di
alcuni anni, comunica che le proiezioni
cinematografiche si svolgeranno con
regolarità. Il biglietto d’ingresso costa L. 4.0CK) (ridotto L. 3.0(K)).
RINGRAZIAMENTO
Ci ha lasciato serenamente
Mery Buffa ved. Caydou
all’età di 86 anni
Come ha saputo con amore e sacrificio affrontare una vita piena di prove difficili essa ha saputo fino all’ultimo, con umiltà, svolgere il suo
ruolo di mamma e nonna.
A funerali avvenuti il figlio Lionello,
con la moglie Mariassunta Fonda, la
figlia Fausta col marito Aldo Charbonnier e i nipoti rivolgono un pensiero
riconoscente a quanti le sono stati
vicini nel nasate e nel presente e lì
hanno confortati in questo doloroso
momento.
In particolare il ringraziamento va
ai vi<nni di casa; agli amici delH’Asilo
Valdese, dipendenti ed ospiti; all’Amministrazione comunale di Bobbio Pollice ed ai dipendenti; alle sèz, ANPI
della Val Pellice e di B.go S. Pietro e
ai partigiani; al dott. Delleani ed all’équipe dell’Ospedale Valdese che
l’hanno assistita con affettuosa partecipazione nelle sue ultime ore; al pastore Bellion, che considerava come un
nipote. Ed infine, al dott. Vilianis,
ì’amico da lunghi anni per la mamma ed il papà, l’uomo prima ancora
del medico, che ha saputo con la sua
dolcezza e capacità professionale assisterli e confortarli, la famiiglia vuole
esprimere tutta la sua riconoscenza.
Luserna S. Giovanni. 2 agosto 1986
oc La procella c passata e torna
' il sole! L^ultima nube si è disciolta e lo Splendore della Luce nCahhaaJm nella limpidezza
delVetere puridcato ».
30 luglio 1986
Ad un anno dalla scomparsa del fratello Franco è ritornata alla Grande
Energia Creante
Lea Falchi
di anni 85
Lo annunciano ì nipoti Mario e Marina con tutti i parenti.
Torre Pellice, 5 agosto 1986
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8 agosto 1986
ECOLOGIA
Anche i cieli sono malati
Ormai da tempo, non passa
giorno che i mass media non
diano notizia di nuovi disastri
— piccoli o grandi — che contribuiscono a inquinare e a deteriorare sempre di più il pianeta su cui viviamo, con tutte le
conseguenze che essi comportano. Depositi di rifiuti che avvelenano terra, acquedotti e falde
acquifere; inceneritori che rilasciano diossina; le piogge acide; i mari, i fiumi ed i laghi che
brulicano di batteri; gli antiparassitari, i diserbanti; l’amianto
cancerogeno impiegato in mille
usi; i fumi vari (da quello del
tabacco a quello delle ciminiere), ecc. ecc. non sono che alcuni dei titoli letti sui giornali
in questi ultimi giorni. Tutto
questo, con la complicità, anzi,
avendo per artefici di questo degrado quegli stessi esseri umani
che dovrebbero rispettare la Terra e curarla sia per se stessi
che per quelli che verranno.
Purtroppo, a questo quadro
tutt’altro che allettante, e dall’andamento che pare irreversibile, si aggiimgcno ora nuove denunce. Gli scienziati che studiano Tatmosfera terrestre sono
infatti in allarme: ormai anche
i cieli sono malati. Due sono i
problemi alla base di questa
sempre più viva preoccupazione:
l’impoverimento dello strato di
ozono ed il cambiamento del clima, dovuto all’« effetto serra ».
Un buco neH’ozono
Per quanto riguarda il primo
di questi due problemi c’è anzi
di più. Sopra l’Antartide, tra i
venti ed i trenta chilometri di
quota, si apre periodicamente
un enorme « buco » nello strato di ozono che protegge l’atmosfera terrestre. L’ozono che ci
circonda ha una proprietà fondamentale per la vita sulla Terra: esso infatti filtra fino al 99
per cento dei raggi ultravioletti
del sole, dannosi all’uomo. Già
oggi, secondo un rapporto dell’Ente americano per la protezione ambientale, la lieve diminuzione della presenza di ozono (e questo indipendentemente dal buco
sopra l’Antartide) pari al 2,5 per
cento, può provocare annualmente 15 mila melanomi mortali, oltre a enormi darmi nella riproduzione di un anello fondamentale nella catena alimentare, costituito dal plancton marino.
La gravità di questa situazione è anche stata recepita dalle
Nazioni Unite. Sotto l’egida del
Programma contro l’inquinamento (PNUE) è stata messa a punto la Convenzione di Vienna sulla protezione dello strato di ozono. Ma, come sottolinea Forum
du Développement, la pubblicazione mensile delle N.U. dedicata
allo sviluppo socio-economico,
ci saranno lunghi e laboriosi negoziati prima che ne scaturisca
un’adeguata regolamentazione.
Già per arrivare a questo primo
risultato il PNUE ha impiegato
otto anni per coordinare la raccolta dei dati necessari e per interpretarne i risultati.
A che cosa è dovuto questo
calo di ozono? Essenzialmente
ad alcuni gas — i clorofiuorocar
Bibbia e Comunità
di base
(segue da pag. 5)
vo alla propria realtà. La cosiddetta «prassi storica di liberazione » (Gutiérrez) è dunque il
punto di partenza ed il punto
d’arrivo del circolo ermeneutico,
mentre l’interrOgazione dei testi
sacri sembra essere solo uno stadio, importante, del processo.
Più che circolo è « circolazione »,
perché il sistema non è chiuso,
essendo il punto d’arrivo già il
punto di partenza del ciclo successivo (s’immagini una spirale). Con ciò viene spesso superata la tradizionale normatività
della Scrittura a favore della
nuova norma che è la prassi
(punti di partenza e di ritorno)
in continua trasformazione.
Non c’è da stupirsi se l’interpretazione dei testi acquisti in
questa maniera una sorprendente concretezza, nonostante la
tradizionale, forte, emotività religiosa nell’America Latina.
I tre ambiti nella Bibbia consultati con maggiore frequenza
si conoscono già: sono i testi
che parlano dell’esodo dall’Egitto, dei profeti veterotestamentari (critica sociale) e delTesilio
babilonese. In tutti e tre, ma naturalmente non solo in essi, i
poveri del Brasile incontrano con
particolare evidenza i loro problemi personali e collettivi, perché riguardanti l’intero loro popolo ed anche le strutture politico-economiche mondiali, che
si lasciano riassumere nel concetto della liberazione dalla situazione oppressiva. Non si potrà negare che in questo modo
abbiano dato contributi fondamentali alla ricerca biblica, malgrado alcune aberrazioni ed esagerazioni. In questo contesto conviene ricordare per esempio la
categoria dell’oppressione riconosciuta in quanto categoria biblica centrale (cfr. T. Hanks,
God So Loved thè 'Third World.
The Biblica! Vocabulary of Oppression, Maryknoll 1983, prima
pubblicato in lingua spagnola:
Opresión, Pobreza y Liberación: Reflexiones biblicas, Caribe,
Miami - San José/Costa Rica
1962). II concetto di «liberazione » biblicamente dovrebbe essere sostituito da quello di « redenzione », essendo il primo un termine preso dalle scienze sociali. Evidentemente nelle Comunità
di base con questo concetto si
intende una liberazione integrale che comprende sia l’aspetto
religioso-spirituale sia quello
materiale-strutturale. Sicuramente questa terminologia è piena^
mente comprensibile soltanto a
partire da quel luogo in cui si
trovano quegli uomini così disumanizzati. Tante cose si illuminano da questa prospettiva,
perfino le non rare deformazioni ed esagerazioni neirinterpretazione della Bibbia. Il contesto della situazione d’emergenza
e della faticosa ricerca di vie
d’uscita da essa formano anche
qui l’orizzonte esplicativo.
Adao Pretto è un esempio di
come nelle comunità si trovino
strettamente legati e connessi
rima con l’altra la dura realtà
brasiliana e la fede viva e gioiosa:
Abbiamo la certezza che Cristo
Ci ha sempre moito amati
Oliando gli oppressi lo cercano
Egli scende dall’aldilà
Resta in mezzo al popolo
E batte anch’egli le mani.
Realmente Gesù Cristo
E’ il nostro migliore amico
Quando io canto per il popolo
Mi stacco da ogni tristezza
Io sento che Gesù Cristo
Canta in duetto con me.
(op. cit„ p. 36)
Mathias Grube
boni — usati nelle bombolette
spray, nei solventi industriali,
nei refrigeranti degli impianti di
condizionamento e dei frigoriferi, ecc. Questi gas, disperdendosi e salendo verso gli strati più
alti delTatmosfera, si combinano
chimicamente colle molecole di
ozono, distruggendole. La loro
ascesa è molto lenta: si calcola
infatti — come denuncia Panorama — che il 90% di questi gas
liberati nell’ària tra il 1955 ed il
1975 non abbia ancora raggiunto
l’ozonosfera. C’è allora anche da
chiedersi quanta parte possano
avere le esplosioni atomiche nell’atmosfera degli anni ’50/’60. Infatti, fra gli effetti secondari di
queste esplosioni vi è anche
quello della parziale distruzione della fascia di ozono.
L’effetto serra
Ma questo impoverimento di
ozono, sommandosi alla presenza atmosferica di altri gas —
sempre secondo la denuncia degli scienziati — contribuisce vieppiù ad accentuare il cosiddetto
« effetto serra » di cui per tanta parte è responsabile Tanidride carbonica. Come i lettori forse sapranno, questo gas — che
si origina dalla combustione delle enormi quantità di petrolio, di
carbone, di legna, ecc. nonché a
causa della distruzione delle foreste — è trasparente alla luce
solare in arrivo, ma opaco alla
radiazione infrarossa che la Terra restituisce allo spazio, con
conseguente riscaldamento di
tutto il pianeta.
Si calcola che negli ultimi 100
anni l’anidride carbonica sia aumentata del 25 per cento e che la
media della temperatura al suolo sia salita di 0,5 gradi centigradi. Un aumento senz’altro
modesto, e senza conseguenze
visibili. Ma se l’aumento di questo gas e dei clorofiuorocarboni
continuerà al ritmo attuale,
dice Peter Usher, un climatologo
del PNUE, nel corso delle prossime due generazioni le conseguenze potrebbero essere davvero catastrofiche. Fra i dati e le
previsioni delle ricerche internazionali, una cifra impressiona
più delle altre: sì ritiene che nel
corso del prossimo secolo la
temperatura al suolo possa giungere ad aumentare fino a 4,2
gradi centigradi. Ebbene, sempre secondo questi studi, negli
ultimi 10 mila anni le oscillazioni cicliche della temperatura della Terrà (ed il conseguente alternarsi di ère glaciali e interglaciali) non hanno superato i
due gradi! Un aumento di tal
fatta comporterebbe lo scioglimento di quasi tutti i ghiacciai,
portando l’Adriatico a Bologna,
e sommergendo Venezia, Ravenna, Ferrara, ecc. Anche città come Londra, New York, Il Cairo,
Pechino scomparirebbero.
Che fare?
Di fronte a queste previsioni
— peraltro realistiche nel loro
catastrofismo — ci sentiamo ad
un tempo impotenti e sopraffatti
dall’angoscia, specie nei confronti di chi verrà dopo di noi.
Che cosa infatti possiamo fare? Certo, ben poco, come singoli, ma nello stesso tempo qualcosa se ognuno di noi prendesse veramente a cuore la situazione. Intanto, premere in tutti
i modi e attraverso tutti i canali
possibili sulle forze politiche, socio-economiche, ecc. per un’osservanza e per l’emanazione di
leggi adeguate, per un responsabile sfruttamento delle materie
prime e della produzione, per una severa messa al bando di
sostanze velenose ed inquinanti,
per una nuova politica energetica, basata sul risparmio e sul
la revisione del Piano nazionale.
Ma anche come persone qualche piccola cosa la possiamo fare, cercando di modificare il nostro modo di vivere: andare
meno in auto e di più a piedi o
in bicicletta; se possibile, metanizzare gli impianti di riscaldamento; non abbandonare i rifiuti purchessia; non adoperare i
prodotti spray; controllare la
pericolosità di antiparassitari,
diserbanti e concimi chimici;
smettere di fumare; dare vetro e
carta ai centri di raccolta, tanto
per indicare alcune cose fattibilissime... Una goccia nel mare,
forse. Ma il mare è fatto di tante piccole gocce.
Roberto Peyrot
BOLIVIA
Coca non è cocaina
Le incursioni punitive dei
« iRambo » americani in Bolivia,
e rairendevolezza del governo locale impegnatosi nella campagna
« anticoca » per assecondare il ricatto USA (se non estirpate,
niente aiuti), portano all’or dine
del giorno la coltivazione della
pianta malfamata e le sue implicazioni. La disperata opposizione
delle popolazioni locali è vista
unicamente come difesa di una
fonte di profitto per contadini
tra i più miseri del mondo. Certamente, vi è anche questo aspetto; come è sicuro ohe vi siano
coltivazioni funzionali a proprietari terrieri, o/e ad una mafia
ohe si arricchisce sul traffico degli stupefacenti: insomma, delle
speculazioni che vanno decisamente condannate e combattute
(nel rispetto della sovranità territoriale, e deH’ordinamento giuridico vigente). Vi è tuttavia un
altro aspetto che viene del tutto
ignorato; è il rovescio della medaglia che pur dobbiamo conoscere e saper valutare. E’ quello
di comprendere cosa rappresenti, in realtà, la coca per la società autoctona andina.
Per gli indigeni della cordigliera andina, masticare la foglia di
coca è un atto sacro. Ma l’uso
della coca ha anche altre funzioni. Gli esami chimici effettuati
su questa foglia, ci mostrano
quanto sia ricca di vitamine, proteine e carboidrati. Masticare la
coca è un fatto attinente alla cultura di quei popoli. Risponde,
inoltre, alle necessità fisiologiche
degli indios andini (contadini,
minatori). La foglia della coca,
da sempre masticata in quelle società, non ha danneggiato
nessuno. Al contrario, per il suo
valore nutritivo, è necessaria alla sopravvivenza nei luoghi d’alta quota, dove il clima è ostile
ad altre coltivazioni. Non dimentichiamo che cultura e coltura
interagiscono...
La foglia di coca, quando viene trasformata in cocaina per
Tuso dei bianchi « civili », perde
ogni virtù nutritiva. Coca è un
conto; cocaina un altro.
Di coca vivono gli indigeni, che
così mantengono la loro cultura
e la loro società. Di cocaina vivono gli oppressori, i colonizzatori, alienati ed alienanti, gente
sradicata, priva di una cultura
originaria, di ogni identità, vagante nell’angoscia e nella paura; e di cocaina vivono pure gli
indigeni collaborazionisti, quelli
che dividono gli utili del traffico
con i funzionari pubblici e gli
esponenti dei partiti (borghesi e
progressisti) della società neocoloniale corruttrice.
Nelle attuali condizioni, non si
può pretendere di sostituire la
foglia di coca, fattore dietetico.
Fondo di
solidarietà
Pervenuti a tutto il 30 giugno 1986
L. 200.000: Ketty Muston Comba.
L. 150.000: Alessandro e Clara Vetta.
L. 100.000: Catterina Passatelli Poèt;
Clorinda Paulon Aquino.
L. 81.000: Francesca Naso (obiezione
fiscale alle spese militari).
L. 20.000: E.M.P., S. Germano Chisone.
L. 10.000: Giovanni Vezzosi.
Totale L. 661.000 - Totale precedente L. 2.401.049 - In cassa L. 3.062.049.
con altri vegetali o cereali. Esistono problemi d’ordine geografico (ila maggioranza degli indigeni in Bolivia vive in zone comprese tra i 3 mila ed i 4 mila
metri slm); strutturali (lo Stato
è troppo debole finanziariamente
per poter pianificare una politica agraria realista, accettabile
dagli indios); e soprattutto culturali (la coca non è soltanto un
alimento, ma un elemento di un
insieme simbolico-religioso andino).
Coca non è cocaina. Come uva
non è vino (al metanolo); e orzo
non è alcool. Pretendere di sradicare la raffinazione ed il traffico della cocaina eliminando le
coltivazioni di coca non è soltanto un errore, ma anche un’aggressione contro la società indigena. Sarebbe come se la gente
delle Alpi non dovesse più produrre latte, perché — poniamo
— popoli d’oltreoceano anziché
usare il burro in cucina, se lo
iniettassero nelle vene con conseguenze ovviamente letali.
Il governo boliviano deve rispettare la coca e gli indios che
la coltivano. Il suo dovere è
quello di sradicare la cocaina, e
non di estirpare la pianta di
coca. Finché ci saranno eredi dei
« precolombiani », la foglia di coca sarà difesa, che a noi piaccia
o no. D’altra parte, le leggi internazionali non vietano la coltivazione della coca, ma il traffico
delle armi e dei veleni. Anziché
imporre le nostre esigenze alta
agricoltura locale nei paesi colonizzati, dovremmo riconsiderare
il danno che, noi, provochiamo
fabbricando ed esportando seleni ed armi; distruggendo le foreste e le colture tradizionali: per
realizzare strade, pascoli, monocolture di arachidi funzionali ai
nostri bisogni... perché i nostri
figli (che rischiano di bucarsi)
prediligono gli hamburger s, e
noi la margarina per difenderci
dal tasso di colesterolo.
Ma si sa alcuni incivili, invece
di accettare il Progresso, alfabetizzarsi nelle nostre illustri lingue di diffusione mondiale, convertire le produzioni e convertirsi essi stessi (diventando o
buoni fratelli cristiani, o bravi
compagni marxisti) si ostinano
a parlare lingue inutili ed incomprensibili (a noi), a propugnare per i loro problemi soluzioni originali, che razzisti! I più
ignoranti, poi, producono e masticano la coca, senza neanche
preoccuparsi che noi, poverini,
da quella maledetta fogliaccia
siamo capaci di estrarre una sostanza che ci fa male. Ed allora
la piantino... di piantare la coca.
Sputino la foglia, brutti schifosi!
Maleducati. Altrimenti, per Dio
(unico, ma nostro s’intende) e
per i comodi nostri,, gli « indigeni » si rassegnino una buona volta a togliersi di mezzo, a crepare. Di pianificazione, e quindi di
fame e di miseria (disoccupazione, prostituzione, alcoollismo, suicidio); di veleni, di radioattività
(civile e militare, come in Oceania). E di piombo in corpo.
Mica siamo razzisti, noi.
Tavo Burat
Direttore responsabile
FRANCO GIAMPICCOLI
« L'Eco delie Valli Valdesi »: Reo.
Trlbunate di Pinerolo n. 175.
Stampa; Cooperativa Tipografica Subalpina - Torre Pellice (Torino).