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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Sellimanale
della Chiesa Valdese
\.,no Í07 - Nnm. 13
Una copia Lire 70
AMENTI ( P®''
I L. 3.500 per l’estero
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TORRE PELLICE 27 M arzo 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
NELLA STORIA UMANA, PER RIDIMENSIONARLA E ORIENTARLA
Pasqua; il Regna di Dio sulla terra
« Credo in Gesù Cristo... il quale... il terzo giorno risuscitò dal
morti », « credo la risurrezione dai
morti ». Che ne è, oggi, di questa
confessione di fede che ha costituito
il cuore della testimonianza apostolica, il centro pulsante deirEvangelo? Come è avvertito nel mondo, ma
anzitutto nella Chiesa quest’annuncio con il quale il Nuovo Testamento sta o cade e sta o cade la nostra
salvezza, la nostra predicazione e la
nostra fede, rannuncio meraviglioso
che pulsa nella testimonianza secolare e multiforme di credenti noti e
umili, e che in uno degli oratori piii
belli di J. S. Bach squilla, a due riprese, in tutta la travolgente esultanza del coro e degli ottoni?
In un diverso contesto culturale,
per lo più gli uomini di oggi non
sono molto diversi dai cittadini di
Atene, curiosi di idee nuove ma non
troppo impegnative, i quali al crocevia culturale dell’Areopago con ironica cortesia dicevano a Paolo, a
sentirgli predicare la risurrezione :
« Su questo ti sentiremo un’altra
volta... ». Segnato dall’esistenzialismo o dal marxismo, le due grandi
forze culturali della nostra epoca, e
dalla visione scientifica del mondo,
ruomo odierno non pare davvero
])iù pronto a ricevere l’Evangelo
della risurrezione, né più interessato ad esso, di quanto non fosse l’uomo del I secolo, anzi. Il che non toglie che anche oggi questo o quella,
indipendentemente dalla sua situazione culturale, sociale etc., si fermano, ascoltano, credono.
E nella chiesa? Mentre i più anziani stentano ancora a liberarsi dall’eco di una predicazione che li ha
più o meno esplicitamente confermati nell’errore di considerare l’anima immortale, contrariamente al
cliiarissimo messaggio biblico, fra i
più giovani serpeggia la rivolta contro lina predicazione che, annunciando la salvezza personale, rischia
ili ’privatizzare’ ulteriormente la fede e distrarla dalle dimensioni sociali del servizio cui è chiamata nel
mondo. Da parte loro, le varie correnti della teologia contemporanea molto più legate di quanto generalmente si creda alla teologia p'.ù o
meno implicita o inconscia delle comunità e dei credenti - concordano, sia pure formalmente, nel contestare la ’storicità’ di ciò che è accaduto il mattino di Pasqua. Non è
forse inutile riflettere su queste divergenti posizioni.
^ ^ ^
Da un lato, dobbiamo riconoscere
che la risurrezione di Gesìi non è un
avvenimento storico come un qualsiasi altro fatto di cronaca verificabile e documentabile nel tempo e
nello spazio. La cronaca ha potuto
registrare la nascita di Gesù, i suoi
movimenti, le parole che ha pronunciato, gli atti che ha compiuto,
gli eventi drammatici del suo arresto, del suo processo, della sua esecuzione e del suo sej)pellimento.
Tutto, almeno da quando cominciò
il suo ministero annunciando il compiersi del tempo e ravvicinarsi del
Regno, fino alla sua tomba sigillata,
ebbe un carattere inarcatamente
pubblico, avvenne nelle piazze e per
le campagne, in vista di tutti, di interi borghi e città.
La risurrezione, no. Nessuno era
h, nemmeno gli intimi, quando la
pietra fu rotolata, le bende disfatte
e ripiegate. Più ancora, Gesù risorto non è apparso pubblicamente,
non si è presentato ai suol nemici
né agli spettatori più o meno distaccati del suo ministero e del suo patire. Le sue apparizioni, fra Pasqua
e l’Ascensione, sono soltanto per i
discepoli. Perché? Perché soltanto
la fede può comprendere la risurrezione senza banalizzarla. Per Gesù,
mostrarsi vivo ai suoi nemici o alla
folla indifferente e superficiale, so'o
assetata di miracoli, avrebbe significato fare quel che egli tante volte
aveva rifiutato di fare, dal primo
giorno, sul pinnacolo del tempio, fino ail’ultimo, appeso alla croce.
Gesù risorto va invece da coloro che,
sia pur malamente e debolmente,
avevano creduto alla sua parola e
gli erano andati dietro: a loro, che
avevano partecipato con turbamento
e dolore laceranti alla sua sofferenza e al suo fallimento, doveva essere confermato che la loro fede non
era vana e che egli era davvero quel
che confusamente avevano cominciato a intuire: il Signore. Sokanto la
fede ’vede’ il Risorto. Soltanto la
fede può vedere venire il Regno.
Poiché di questo si tratta : il Regno
di Dio sulla terra. Qualcosa di inaudito, qualcosa per cui si vorrebbe
riservare in esclusiva, trepidando,
la jiarola « nuovo ».
Tutti i miracoli e i segni di Gesù,
per quanto impressionanti, restano
indietro, in un altro mondo. Le stesse risurrezioni di Lazzaro, della figlia di lairo, del ragazzo di Nain,
pur meravigliose, non sono che pallidi segni allusivi: una differenza
qualitativa assoluta corre fra il ritorno di questi uomini aH’esistenz'a
terrena, per qualche tempo, sfiorati
un momento da un barbaglio della
potenza redentrice e creatrice di
Dio, e la risurrezione di Gesù nella
gloria definitiva del Regno —- benché l’abbia ancora in qualche misu
ra velata durante i quaranta giorni
delle sue apparizioni, perché l’uomo non può ancora vedere faccia a
faccia il Vivente, e vivere. Lazzaro,
lo hanno riconosciuto, ritrovato tale
quale al suo uscire dal sepo'cro.
Gesii, invece, non lo si riconosce
immediatamente: Maria, i discepoli
di Emmaus, anche gli altri hanno
bisogno che Gesii parli, anche con i
suoi gesti familiari e così carichi di
significato, per poterlo riconoscere,
nella sua piena realtà, ma in una
corporeità nuova, inconcepibile e
indescrivibile.
Gesù non è dunque un redivivo:
immaginarlo così, sarebbe ancora
cercare il Vivente fra i morti, o i
morituri. Al di là della risurrezione
Gesù vive invece l’energia gloriosa
del Regno, la vita stessa di Dio nella sua pienezza; ha portato alla luce
la vita e l’immortalità, ce le ha portate vicino, queste realtà del Regno,
senza che perciò esse perdessero il
carattere ’straniero’ che conservano
per noi che viviamo in questo mondo che passa. Non è, per Gesù —
e non sarà, per noi — un’edizione
riveduta e corretta di questa esistenza, ma un’esislciiza nuova, per la
quale ci mancano il linguaggio e le
rappresentazioni e della quale il Signore stesso noi- ha potuto parlarci
che per accenni e in parabola. Ma
quel che conta è uà realtà; e la
presenza di Gesù risorto fra i credenti rende questa realtà indiscutibile : per i discepoli che hanno visto
(e toccato!) in quei quaranta giorni, e per noi che crediamo alla testimonianza di quei discepoli.
L’indagine sulle testimonianze bibliche ci rende dunque un servizio
prezioso richiamando
la nostra attenzione,
sul carattere non pubblico, non storico della risurrezione di Gesù. Un problema che è
già ben presente agli
evangelisti, i quali
mostrano di sapere
benissimo che nemmeno la tomba vuota è una prova
storica, per chi non crede: fin da
quel primo giorno della settimana,
chi non voleva o non poteva credere
l’incredibile ha trovato tranquillamente delle motivazioni storiche alla singolare scomparsa del cadavere
di Gesù: «L’hanno rubato i suoi
discepoli »; e le guardie di turno
hanno rischiato il rigore della corte
disciplinare, anche se poi si è preferito pagare la loro falsa teslimonianza per squalificare la pretesa
apostolica.
Veramente, vedere nella risurrezione un puro fatto storico significherebbe banalizzarla, ridurla entro
i limiti del nostro mondo, mentre
essa è appunto l’incrinatura che fende da capo a fondo la compagine di
questo mondo e lascia filtrare una
luce nuova, viva.
Ìt *
Ma c’è pure un modo errato — al
limite, incredulo — di affermare
che la risurrezione di Gesù non è
un fatto storico : come fanno quei
teologi cristiani i quali si spingono
così avanti da giungere ad affermare che il fatto storico verificabile
non è la risurrezione in sé, bensì la
fede pasquale dei discepoli. Il fatto.
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iimimiuiiiiiiiiiiiiiimitimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiniMiiiiiiti
SIAMO A UN PUNTO CRUCIALE
L’ecumenismo ha un avvenire?
L’ecumenismo ha un avvenire? Le istituzioni impressionanti costruite in nome dell’ecumenismo hanno rilevanza per la Chiesa, oggi? L’ecumenismo pare giungere
a un bivio decisivo: andrà avanti? arretrerà? muterà direzione? Questi gli interrogativi agitati fra una cinquantina di rappresentanti di Chiese — professori di teologia,
uomini delle organizzazioni ecumeniche, giovani e anziani, rappresentanti delle tradizioni riformata, anglicana,
luterana e cattolico-romana — riuniti per quattro giorni,
al principio di marzo, su di una collina alsaziana, il Liebfrauenberg. Si trattava di una conferenza organizzata
dall’Istituto luterano per la ricerca ecumenica, a Strasburgo, sul tema II futuro deH’ecumenismo. Il tema stes
so rappresentava un problema aperto, una domanda che
è rimasta senza risposta anche alla fine della conferenza.
Non per questo l’esplorazione e la discussione sono state
senza importanza. La conferenza era già di per sé rilevante in considerazione della partecipazione: i più provenivano dall’Europa e dalla Scandinavia, ma vi erano
pure alcuni angloamericani e due asiatici. La sessione si
è aperta con relazioni su questi temi: Da movimento a
istituzione: valutazione critica del movimento ecumenico,
tenute dal prof. G. Casalis di Parigi e dal vescovo luterano norvegese P. Lönning; Attività di establishment o
azione profetica: il futuro e l’unità della Chiesa, tenuta
dal cattolico romano prof. B. Häring di Roma.
Il prof. Casalis ha sottolineato il fatto che « l’èra ecumenica si è conclusa »
e che le istituzioni ecumeniche esistenti sono attualmente ecclesiastiche, ufficiali e clericali, « fuori corso », « anacronistiche ». Strutture che si vanno
e’iabcrando a nuovo, gruppi di azione comune, nuove forme d’impegno
cattolico-romane, dialoghi ecumenici
su scala mondiale, comunità ecumeniche - ecco altrettante sfide alle attuali
organizzazioni ecumeniche ufficiali, dichiarava il teologo riformato; egli descriveva una inevitabile « de-ecclesiasticizzazione » deH’ecumenismo, la quale comporti un passaggio « dall'ecurnenismo teologico e dogmatico a un
ecumenismo secolare ed empirico ».
Un fenomeno di questo genere —
egli continuava — può es.sere definito
un « ecumenismo dinamico » che stimola l’impegno socio-politico dei cristiani. Il mondo ha più interesse per
le conseguenze della fame, dell’ingiustizia e della guerra che per i voluminosi reperti di gruppi ecumenici introversi e per le dottrine elaborate dalle
chiese costituite.
Pure il vescovo Lonning ha parlato
criticamente degli establishments ecumenici, confermando che c’è bisogno
in misura più rilevante dell’attuale di
nuove strutture corrispondenti a nuove esigenze.
Analizzando le tappe ecumeniche del
secolo, il vescovo delineava tre periodi: 1) il movimento ecumenico in
quanto « movimento », 2) un periodo
di ecumenismo ecclesiastico, 3) un ecumenismo funzionale, de-ecclesticizzato
e orientato sul mondo. Il vescovo Lönning constatava che mentre l’ecumenismo ’partì’ come un movimento profetico fra i cristiani, si è sviluppato in
un certo tipo di istituzione ecclesiastica. Conservare l’Evangelo non vuol dire conservare un dato tipo di establishment ecclesiastico, egli affermava, aggiungendo che la « de-ecclesiasticizzazione » della chiesa trova un parallelo in coloro che vorrebbero « demondanizzare » il mondo. In tal senso,
« secolarizzazione e ciericalizzazione
itoti sono altro che le due facce della
medesima realtà »; e avviarsi sobriamente sulla via dell’impegno volenteroso e dinamico nella vita e nel mondo può essere il compito di un nuovo
ecumenismo come dei singoli cristiani.
II prof. Häring analizzava quindi gli
aspetti ’costituiti’ deH’ecumcnismo
« ecclesiastico », ponendo l’accento sulla testimonianza e sull’azione profetica nella prospettiva dell’unità delle
chiese e dell'umanità. « Non c’è avvenire per il cristianesimo, se non sa valutare il passato e ravvedersi dei suoi
peccati passati e presenti ». Il relatore
cattolico-romano sottolineava che non
pensava a una « uniformità » bensì a
una unità nella « pluralità », che è cosa diversa dalla separazione. La relazione del prof. Häring appariva singolarmente riconciliatrice nei confronti
dei protestanti, e di intonazione spirituale e pastorale. Senza intenzioni de
nigratorie, un partecipante notava che
era « piena di romanticismo unitario ».
ALCUNI RISULTATI COMUNI
La dimensione funzionale della risposta delTuomo all’azione di Dio in
Gesù Cristo c per mezzo suo, la proclamazione dell'Evangelo (kerygma) e
l’azione e il servizio cristiani (diakonia) nel mondo comportano inevitabilmente tensioni per la teologia e la pratica ecumenica contemporanee. Da un
Iato vi è la tradizionale teologia dell'Evangelo, con la sua insistenza sull'evangelizzazione, sulla conversione e
suH’impegno personale nei confronti
di Cristo; dall’altra vi è Taccentuazione data dalla 'presenza cristiana’ alla
azione sociale nella chiesa. Entrambe
queste correnti concordano nelTaffermare che si deve riportare il cristianesimo nel mondo; il problema di fondo
è: come?
Tale tensione era avvertibile nella
conferenza, anche se vi partecipavano
uomini che erano « ecumenici » piuttosto che « evangelici conservatori ».
La conferenza si è soffermata a discutere T« ecumenismo secolare », che ha
un punto focale nel mondo secolare.
Un metodista pakistano, docente di
scienze politiche, dr. A. M. Barkat (attualmente a Bossey) descriveva la tensione di cui abbiamo parlato come
una battaglia fra i « ragazzi della BibWON JONG Ji
(continua a pag. 3)
il dato sicuro e solido sarebbe dunque solíanlo la fede dei discepoli; il
resto — cioè la risurrezione, comunque intesa —. non sarebbe, che la
possibile e probabile deduzione teologica e spirituale che possiamo
trarre indirettamente da quel dato;
in altre parole, la realtà della risurrezione dipende dalla realtà della
esperienza che l’uomo ne fa, oggi
come allora. Insornina, Cristo è risorto nella misura in cui credo in
lui, e in lui risorto. Questa posizione, che risale a Rudolf Bultmann, è
stata modulata su varie lunghezze
d’onda culturali e in varie tonalità
teologiche da bultmanniani e postbultmanniani. Malgrado il suo puntiglio di rigore storico, essa trascura e contraddice proprio il dato storico che risulta chiarissimo dai documenti che abbiamo in mano: il
messaggio del Nuovo Testamento ei
dice infatti esattamente il contrarlo,
e cioè che la resurrezione di Cristo
ha preceduto e determinato, non
certo senza resistenze (Toma, per
tutti!), la ’fede pasquale’ dei discejjoli.
^Affermare questo non vuol dire
rimangiarci quel che si diceva prima. Effettivamente la risurrezione
di Gesù non è un fatto ’storico’ nel
senso corrente. Ma un fatto reale,
che ha inciso nella storia, che ha
scosso e rialzato i discepoli dalla loro delusione disperata; che con la
sua novità inaudita ha fatto di loro
uomini in fondo già ’nuovi’ anche
essi, in qualche modo. Uomini i
quali hanno compreso che il Regno
è reale, più reale della storia — come la Vita di Dio è più forte e più
reale della morte. Uomini i quali
hanno capito che il Regno incide
nella storia, per via di segni e allusioni, ma resta comunque vero e
reale indipendentemente dalla storia
e anche quando questa gli dà patenti smentite a livello individuale e
collettivo. La realtà della risurrezione è tutta racchiusa nel segreto agire di Dio aH’interno della tomba sigillata a norma di legge e a prova
di fanatici. Non è la prima volta
che, nella storia, Dio ride della sto
ria !
*
La risurrezione di Gesù è dunque
ben altro che un fatto storico: di
fronte al Risorto ci troviamo nella
immediata vicinanza del Regno, della potenza del mondo avvenire. Siamo fuori di ogni processo di tipo
meccanico o biologico o sociologico,
fuori del nostro raggio d’azione, alle prese con la ’novità’ assoluta di
Dio che ha mano libera anche dove
rultimo nemico, la morte, ha celebrato il suo trionfo.
La risurrezione di Gesti è però nn
innesto della Vita del Regno nella
nostra storia mortale: del tutto sottratta alla nostra iniziativa, essa ci
coinvolge però tntt’interi nel suo
raacio d’azione affinché nel vecchio
mondo clic passa continuino ad essere rizzati segni indicatori della
meta verso la quale è condotto, e
gli uomini si scoprano amati e chiamati ad aver parte alla meraviglia
della nuova creazione, « passati dalla morte alla vita ».
Gino Conte
2
pag 2
N. 13 — 27 marzo 1970
Nonostante Florit
L’ISOLOTTO E’ VIVO
LA BIBBIA NEI MBNBB
a cura di Edina Ribet
Che cosa rimane ancora delVIsolotto? C’è molta amarezza e poca speranza: è questo il titolo (su cinque colonne) di un articolo comparso il 22 marzo sul quotidiano torinese « La Stampa ». L'articolo, a leggerlo bene, è rneno funereo del titolo, ma l’impressione che se ne ricava è pur sempre quella di una situazione crepuscolare all’Isolotto, con don Mazzi « smagrito e
triste » e un laico impegnato che alla
domanda se vi siano prospettive per
la comunità dissidente risponde secco:
« No, non ce ne sono. L'unica cosa è
resistere ». I lettori de « La Stampa »
potrebbero dedurne che l’Isolotto sia
in crisi, che ormai la vicenda possa
considerarsi conclusa e che l’esito di
oltre un decennio di ricerche e di lotte sia tutto sommato fallimentare.
La realtà, però, sembra essere diversa. Proprio in questi giorni è apparsa
sulla bella rivista « Testimonianze »
una lunga cronaca (scritta da Giampaolo Taurini) sull’ultimo anno di vita
della comunità fiorentina. Da questo
ampio e ben documentato rapporto risulta che la chiesa dell’Isolotto non è
affatto in fase di smobilitazione né in
atteggiamento dimissionario; al contrario essa continua con coerenza e
costanza la propria ricerca e la propria testimonianza, malgrado la persistente opposizione della curia che
cerca in tutti i modi di creare il vuoto
intorno alla comunità « ribelle ».
La parrocchia dell’Isolotto è divisa
in due: una parte ha ubbidito a Florit,
l’altra parte è rimasta con don MazziI parrocchiani non dissidenti sono curati da tre sacerdoti di Vicenza, comunemente chiamati « i vicentini »: uno
di questi è stato ufficialmente nominato e dichiarato parroco dell’Isolotto il
1° febbraio scorso. Ormai, per la curia fiorentina, è come se don Mazzi e
gli isolottiani a lui fedeli non esistessero. I parroci vicentini praticano
« una pastorale tradizionale che fa perno sul devozionisnio — la Madonna
pellegrina ha fatto la sua sosta — e
che riesce a raccogliere non più di ciriquecento persone ». Sono ricomparsi,
nei locali parrocchiali i « vecchi sistemi di adescamento dei giovani »: pingpong, squadra di calcio e di scherma,
etc. Le persone bisognose ospitate nella canonica sono state sfrattate. Tutto
ciò che don Mazzi, talvolta anche a titolo sperimentale, aveva cercato di
creare viene sistematicamente demolito. Tutto torna come prima. In pratica, nel quartiere dell’Isolotto coesistono due chiese e nessun segno di una
possibile riunifìcazione è ancora apparso all’orizzonte.
La comunità di don Mazzi, sfrattata
come i suoi sacerdoti (don Mazzi, don
Gomiti e don Caciolli vivono insieme
in un piccolo appartamento preso in
affitto e si mantengono col proprio lavoro), continua a riunirsi in piazza e
celebrarvi la' messa ogni domenica
mattina con la partecipazione media
di mille-duemila persone. Gli officianti
sono sacerdoti provenienti da ogni
parte d’Italia e del mondo, dato che
per la grande notorietà acquisita nell’autunno del 1968 dalla comunità delrisolotto, moltissimi sono coloro che,
sacerdoti o laici, vi si recano. Per il
resto, la vita di questa chiesa viene
così descritta:
...la comunità, dopo la venuta del
cardinale — 31 agosto scorso — ha
abbandonato la poietnica e ha ripreso il proprio cammino di ricerca. Il catechismo è cominciato di
nuovo, come negli anni passati, per
quasi centocinquanta ragazzi di età
fra i dieci e i dodici anni —• l’ottanta per cento dei ragazzi del quartiere di quell’età. Un gruppo di giovani si ritrova settimanalmente per
studiare la Bibbia, è ripresa anche
la vita più propriamente liturgica
sebbene solo negli aspetti più essenziali. L’assemblea generale — con
la partecipazione media di trecento
persone — si svolge ogni settimana
presso le baracche della scuola popolare. Durante tali assemblee sono
affrontati problemi strettamente legati alla vita di ogni giorno della
comunità; problemi jtìù generali attinenti alla vita della chiesa, continuando in tal modo il cammino di
maturazione e di continua conversione alla luce del Vangelo e dei
fatti attuali: infine si discutono problemi sociali.
Il quadro, come si vede, non è affatto deprimente. Al contrario si ha l’impressione di una vita comunitaria intensa e qualificata, vissuta su più fronti, e insieme.
La linea teologica della comunità è
quella che si è espressa nel « Catechismo deirisolotto ». Don Mazzi l’ha ancora una volta esposta, per sommi capi, nel suo intervento (del 14 ottobre
1969) all’Assemblea Europea dei Preti
solidali tenutasi a Roma. Val la pena
di riportarne le parti centrali.
La nostra è una esperienza limitata, per alcuni versi contraddittoria, portata avanti faticosamente,
con incertezze ed errori, senza mai
la pretesa di costituire in alcun modo un modello di comunità cristiana e senza programmi troppo precostituiti e definiti.
(...) Esperienza... profondamente
biblica, non solo perché esplicitamente legata e riferita alla Scrittu
ra, ma perché scaturita da quello
stesso spirito che ha sospinto sulla
via della liberazione e dell’unità il
popolo di Dio in ogni tempo, e che
ha condotto Gesù nel deserto, sulla
croce e alla Risurrezione.
È lo Spirito, infatti, che ha fatto
di noi una comunità cristiana, che
ci ha radunati dalla dispersione, facendoci superare giorno per giorno
le innumerevoli divisioni di cui eravamo schiavi, che ci ha liberati dalle mani del Faraone, cioè dalla compromissione istituzionale col potere
anche ecclesiastico, che ha aperto
per noi una strada nel mare della
paura e del conformismo, che ci ha
condotti nel deserto rendendoci partecipi e solidali con la instabilità,
la oppressione, la speranza e la lotta degli ultimi, che ci ha chiamati
a un nuovo incontro ed a una nuova alleanza col Dio dei poveri, col
Dio della giustizia, della fraternità
e della pace.
I cardini di questa concezione sono
due: anzitutto Dio sceglie, come suo
popolo, i poveri, i diseredati, gli oppressi: di conseguenza la Chiesa, per
essere davvero popolo di Dio, non può
che identificarsi con i poveri, i diseredati e gli oppressi, facendo propria la
loro lotta per l’emancipazione sociale
e soprattutto umana. Vi è in queste
posizioni una passione di giustizia e
una sete di fraternità umana ispirate
e nutrite dalla parola biblica. Resta
però il sospetto che il cuore del messaggio evangelico non sia veramente
colto nella sua integrità.
La qualità spirituale della ricerca
condotta dalla comunità continua ad
essere, in generale, ottima. Lo si è visto ancora di recente in occasione di
un dibattito dell’assemblea di chiesa
su un argomento in sé poco rilevante,
ma pur sempre significativo, come
quello della benedizione pasquale delle case. Al termine dell’assemblea è
stato varato un documento in cui tra
l’altro si legge:
...Più che alla benedizione dell’acqua crediamo alla benedizione dell’amore.
« Non chi dice Signore Signore
entrerà nel regno dei cieli, ma chi
fa la volontà del Padre ».
Più che alla benedizione dell’acqua crediamo a Gesù presente continuamente nelle nostre case e nelle
nostre famiglie.
« Quando due o tre sono riuniti
nel mio nome, io sono in mezzo a
loro ».
Con questo nostro atteggiamento
cerchiamo di contribuire al rinnovamento della chiesa liberandoci
dalle paure e dalle superstizioni che
ci renderebbero simili ai farisei...
L’Isolotto, dunque, continua a vivere, a cercare una fedeltà vera all’Evangelo, a combattere la sua difficile battaglia contro un avversario così potente (umanamente) come lo è l’istituzione ecclesiastica romana. Il « caso »
Isolotto è lungi dall’essere archiviato,
anche se la curia fiorentina fa finta
che già lo sia stato. L’ultimo Bollettino della comunità dissidente contiene
questa importante dichiarazione:
La nostra fede non è riposta nella prospettiva di vittoria immediata
nel nostro niccolo campo d'azione.
Sappiamo che il potere è molto forte; ha strumenti psicologici, economici e giuridici tali da ricattare in
modo detenninante specialmente i
più deboli; ha alleanze tali da chiudere ogni spazio alle sue vittime fino a soffocarle e isolarle. Noi crediamo però che la vittoria finale sarà degli oppressi su ogni forma di
oppressione. Già intravediamo la
nascita di un mondo diverso. Il potere ecclesiastico, dopo aver messo
in moto la macchina repressiva,
conta sul tempo, sul nostro scoraggiamento, .sulla nostra stanchezza.
Anche noi contiamo sul tempo. E
una sfida evangelica a cui ci ha educato Cristo. È la sfida della Croce.
Questo significa che noi ci sentiamo impegnati a proseguire con tutte le nostre forze la vita di comunità cristiana inserita profondamente nella chiesa e nel mondo.
Nonostante Florit.
Paolo Ricca
Negli STATI UNITI il Consiglio della Società biblica americana è la riunione religiosa più rappresentativa: vi
partecipano con i loro delegati circa
70 ch'.ese. Per l’anno 1970 il Consiglio
ha deliberato:
1 ) potenziare la diffusione biblica
nei quartieri più poveri delle grandi
città;
2) preparare traduzioni della Bibbia in linguaggio corrente nelle varie
lingue mondiali;
3) pubblicare una scelta di passi biblici adatti a coloro che da poco hanno
imparato a leggere;
4) utilizzare maggiormente la stampa e gli altri mezzi di comunicazione
di massa per diffondere il messaggio
biblico.
Il Governatore della CAROLINA DEL
SUD ha dato il suo appoggio alla campagna biblica organizzata dalle chiese
e dalla Società biblica americana per
celebrare il terzo centenario dello Stat.; c'alia Carolina del Sud: « la vita dello Stato — egli ha detto — trarrà certamente vantaggio da una vita spirituale più attiva e feconda dei suoi abitanti ».
Attività studentesca in NORVEGIA.
Ogni anno gli studenti cristiani norvegesi dedicano parecchie settimane a
raccogliere fondi per diverse opere missionarie. Per il 1970 la colletta è stata
devoluta ai paesi dell’Europa orientale,
ove sono stati inviati per circa 10.000
dollari di carta per stampare la Bibbia: è noto che nell’Europa orientale
manca la carta per questo scopo.
Nell’INDONESIA vi sono state in
questi ultimi anni numerose conversioni al cristianesimo, per cui la Società
Biblica ha diffuso nel 1969 più di un
milione e mezzo di copie della Scrittura.
Nell’isola di BORNEO per la prima
volta una tribù del nord ha potuto leggere porzioni della Scrittura tradotte
nella propia lingua, cosa che ha non
poco stupito ed emozionato gli abitanti, i quali conoscevano soltanto opere
in inglesi.
In GERMANIA negli ultimi tre anni la Missione biblica ha diffuso 120
■iiiiiminti'imiimiKiii
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POSIZIONI DEL DISSENSO CATTOLICO
Lettera aperta ad un prete che si sposa
Abbiamo dato notizia del parroco di
S. Stefano di Montemagno, presso Casale
Monferrato, il quale il J® marzo ha annuncialo ai parrocchiani, nel corso della
messa, il suo intento di sposarsi e ha presentalo la fidanzata. Deploriamo la reclamizzazione che la stampa ha fatto della
cosa. Su « Il Giornale di Pinerolo e delle
Valli» (15-3-'70)f quindicinale cattolico
indipendente del Pinerolese che da alcuni
mesi combatte una sua valida battaglia,
abbiamo letto e riportiamo questa “lettera
aperta" a don Pio Ottavio. ; cd.
Caro don Pio,
noi non siamo di quelli che si sono stracciate le vesti alla notìzia del tuo prossimo matrimonio. neppure ci siamo abbandonati entusiasticamente alTapplauso caldeggiando il matrimonio dei preti come la « grande novità »
post-conciliare.
Ti diamo atto di una non comune schiettezza. IVon hai fatto le cose al buio come un
ragazzo vergognoso, ma hai agito alla luce
del sole davanti alla comunità e al vescovo,
assumendoti la responsabilità della tua scelta.
E questo è anche segno di coraggio.
Anche noi siamo del parere che non dobbiamo lasciarci intrappolare dalla finta problematica del celibato o del matrimonio. Quello
che ci sta a cuore è il futuro del ministero
nella comunità. Siamo convìnti che i preti dì
domani saranno sia celibi sia sposati. Sinceramente non vediamo perché un vescovo non
possa ordinare al ministero un bravo padre di
famìglia che abbia lultc le carte in regola per
annunciare il Vangelo e presiedere TEiicarestia.
Abbiamo in più rimpressìone che a questa
prospettiva ci si apra molto lentamente proprio perché in alto il celibato è usalo, tra
Taltro, come mezzo per mantenere ben salda
la « casta ». In (juesla direzione la tua scelta può avere un significato rilevante, anche
]>erché .si inserisce in una visione positiva
del matrimonio lutt'altro che acquisita nel
mondo clericale.
Noi ci auguriamo che.nel tuo caso si tratti
non di un venir meno ad un impegno assunto,
quanto piuttosto di una nuova vocazione, una
nuova fedeltà, un nuovo modo di .servire.
Ci pare però importante non nasconderli le
nostre perplessità.
La tua scelta s'inserisce in una cornice pubblicitaria che non aiuta la maturazione del popolo dì Dio. 1 giornali stanno volentieri al
gioco: lutto serve nella misura in cui fa notizia. Ma la gente, anche quella che è aperta
alla comprensione delle nuove strade, è sconcertata per lo meno per lo .stile che pare un
pj* allegro.
E la gerarchia? Si irrigidisce sempre di più
e si barrica sulle proprie posizioni. La tua
rischia dì essere la maniera più efficace di fornire pretesti, scuse, e motivi a coloro che
fanno del celibato un problema capitale e
che si crederanno autorizzati a ridurre la
contestazione al matrimonio dei preti. Certa
montatura giornalistica alla quale tu hai, almeno ingenuamente prestato fianco (e piutto
sto abbondantemente, anche in altri momenti...) ha i suoi scopi: vuole fare di questi
punti scottanti il centro della problematica
ecclesiale c cosi ci preclude la strada a certe
risposte storiche particolarmente urgenti che
dobbiamo dare oggi. Per questo il metodo da
te seguito ci è parso un tantino immaturo,
quasi come certi accorati richiamo del vertice
alla « fedeltà ».
Questi, caro don Pio. sono dei giochetti
ameni in confronto al problema cocente e
rovente della giustizia. Clie cosa può pensarne un operaio che lira la carretta dal mattino alla sera, il papà c la mamma che non
riescono a far quadrare il bilancio, il baraccato o Toperaio lessile che fa la fame?
Il grande passo della Chiesa è la sua conversione ai poveri, la sua forza profetica di
cambiare campo, di lasciare la sua effettiva
collaborazione con delle strutture che costruiscono ogni giorno nuove catene di schiavitù.
La Pasqua che è vicina viene a darci la
sete, il gusto e la forza di questa liberazione
totale : il Vangelo è razione e il mondo ci
dice che siamo in ritardo nel proclamarla e
nel costruirla.
Noi seguiamo con gioia e con fede la crescita comunitaria della Chiesa d'Olanda, le
sur serie proposte verso un futuro del ministero che ci paiono frutto dello Spirito Santo: ma ci piacerebbe ancor più che i nostri
fratelli olandesi portassero avanti con uguale
impegno una autentica denuncia e te.stimonìanza prrjfetica sul terreno della giustizia.
Sarebbe una grave in.sensibilità, una pesante
responsabilità, una colossale disattenzione storica se questa avanguardia dimenticasse che
la prima denuncia deve avverar.si proprio nei
riguardi di certa democrazia fatta per mantenere l’oppre.ssione. Siamo in un'ora storica in
cui nulla deve passare davanti alla giustizia.
Il nostro augurio è che il tuo matrimonio,
vissuto come grazia e impegno, sia apertura
ad un ministero rinnovato ben più che nelle
forme, ma soprattutto sia impegno sempre più
deciso nel servizio dei fratelli.
Un gruppo di sacerdoti e laici
Contro la fame degli altri
Come abbiamo già annuncialo nel
n. li, abbiamo provveduto ad inviare aH’Eper la somma di settemila
franchi svizzeri (ca. L. 1 milione)
destinata al Centro di sinluppo coni unitario del Congo ed attendiamo
il relativo addebito sul nostro conto
corrente, die ora, jiertanto comprende ancora — nel conteggio qui
sotto es|)osto — la suddetta cifra.
La nostra iniziativa prevede ora
il prossimo versamento a favore del
Centre fnmilial évangidiifiie del Gabon ed invitiamo tutti i lettori a sottoscrivere generosamente. Abbiamo
nei giorni scorsi avuto occasione di
parlare del Centre colla signorina
Baudraz, di passaggio da Torino e
che prossimamente continuerà la sua
La Casa Valdese di Vallecrosia
INFORMA
che la quota di partecipazione alla
Colonia Marina per il 1970 è di lire
28.000 anziché lire 25.000 cerne erroneamente comunicato in precedenza.
LA DIREZIONE
mila Bibbie, Nuovi Testamenti e porzioni bibliche agli operai e agli studenti stranieri residenti nel paese. La Repubblica Federale ospita circa un milione e mezzo di lavoratori stranieri.
Sulla COSTA D’AVORIO sono state
vendute, in meno di tre mesi, 5000 copie dell’Evangelo secondo Giovanni, e
ne sono state ordinate d’urgenza altre
10.000 copie.
Nel PERÙ umili credenti pongono le
basi di una nuova comunità e ravvivano la fede che sta per spegnersi nel loro paese.
Due fratelli comperano una Bibbia
da un colportore, poi, convertiti dalla
Parola di Dio, si battezzano a vicenda,
e ben presto, per la loro testimonianza,
sorge a Cabana una chiesa fiorente.
In un’altra parte del paese, a Jacaj-ja,
un giovane di 19 anni, allarmato del
poco interessa suscitato dalla Parola di
Dio, decide di fare qualche cosa: compera con i suoi risparmi un certo numero di Bibbie ed organizza un corso
di lezioni bibliche tenuto da lui stesso.
Ottiene un tale successo, che quando il
pastore del distretto arriva nella città,
trova 350 persone pronte per il battesimo. Oggi la chiesa di Jacaj-ja, rinnovata nella sua vita e nel suo zelo missionario, ha deciso di costruire un tem
pio di 1000 posti.
In un piccolo centro del Brasilo, o
Vista Alegre (stato di Pura), una donna paralizzata accoglie con fervore il
colportore che le offre una Bibbia: e.ssa è povera, ma da molto tempo ha
messo da parte il denaro per acquistare il volume, privandosi perfino del
cibo e dei medicinali. Due anni dopo
il colportore ritorna al villaggio proprio il giorno del funerale della povera
donna. La casa è piena di gente che circonda con simpatia il colportore: sono
tutti credenti, guadagnati alla fede dulLi testimonianza della paralizzata ohe
leggeva a tutti i vicini la sua Io
attività proprio presso questa opera.
Ella ci ha ulteriormente confermalo
e sottolineato che il nostro impegno
riveste una notevole importanza jier
loro.
Pubblieb iamo intanto un nuovo
elenco di offerte, nella viva speranza che nuove sottoscrizioni <’i con.sentano di poter provvedere, (juanto prima, a quanto sopra.
Da Bergamo: Un lettore L. 50.000.
Da Torino: S. Gottardi 10.000.
Da Venezia: C. Bocu.s 500.
Da S. Remo: L. de Nicola 5.000; M. F.
10.000.
Da Pinerolo: La scuola domenicale 40.000:
I e V. Chiavia in oceasione nascila Manuela
5.000: N. N. 1.000; M. Long 3.000.
Da Pomaretto: G. Laetsch 5.000.
Da Inverso Pinasca: W. Genrc 10.000.
Da Nichelino: G. Balsamo 500.
Da Lucca: R. Cerchiai 2.000.
Totale L. 142.000 prec. 1.206171: in cassa L. 1.348.171.
Preghiamo inviare le sottoscrizioni versand> sul c.c.]). 2/39878 intestato a: Roberto Peyrot. Corso Moncalieri. 70, 10133 Torino.
Grazie.
Boifè?
« Han tolto il Signore
dal sepolcro e non sappiamo dove l’abbiano po
sto » (Giovanni 20; 2).
L’allarme fu dato per la prima volta da Maria Maddalena;
da allora è corsa tante volte fra
i credenti, e nel nostro tempo
lo sentiamo un po’ dappertutto. A ben pensarci, Gesù ci aveva avvertiti; « Le volpi han delle tane e gli uccelli del cielo de’
nidi, ma il Figlio dell’uomo non
ha clove posare il capo », aveva
avvertito (Matt. 8: 20). Ma noi
abbiamo bisogno, è umano!, di
sapere « dove l’abbiano posto ».
Prima di tutto occorre rettificare una opinione assai diffusa,
un errore di presunzione: Egli
non è dove l’anno posto o possano illudersi di porlo le autorità (religiose, politiche, culturali, ecc.), ma Egli è dove vuole.
È il Signore. Per questa ragione non ci convincono le "chiese” che pretendono di avere a
disposizione esclusiva Cristoverità; per questo rifiutiamo gli
atteggiamento politici dottrinari e polizieschi che intendono
decidere dove deporre Cristo e
la fede in Lui; per ciò diffidiamo di tutte le filosofie e ideologie che presumono di .assegnare
una residenza coatta a Cristo
nel sistema delle loro idee.
Ma va detto che presunzione
è anche la nostra, quando tentiamo di chiudere Cristo nella
nostra teologia, nelle nostre liturgie, nel tipo di religiosità che
è cresciuto con noi. Proprio da
questa sorta di pietrificazione
della vita nascono tanti smarrimenti.
I.resoconti della resurrezione
ci dicono dove Cristo si presentò: sulla strada a due contadini che tornavano dal lavoro, a
delle donne nella tristezza, .a un
gruppo di credenti in una casa,
a operai intenti al loro lavoro...
Nella tua vita di ogni giorno,
nel mondo amato da Dio in Cristo, tu puoi trovare il Signore;
Egli cammina con te, è al lavoro con te, è alla tua tavola, è
dove ti trovi coi fedeli. I cieli
sono la volta del suo tempio, anche la tua vita è un tempio.
L. S.
3
27 marzo 1970 — N. 13
pag. 3
UNA VISITA PASQUALE
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiii>iii><i><">">>>[||
Sono stato a Emmaus...
Ai fratelli che vivono a Roma, grazia
e pace da Dio che vi ha chiamati alla
gioia e alla responsabilità della fede e
della speranza: Cristo, il nostro Signore, è risorto, è davvero risorto! In quest' giorni pasquali, carichi di significato. :;rrivo ricordando i mesi trascor''accolti intorno al nostro
: jstolo prigioniero e pur
1 ' Ir .10 i,cilU franchezza evangelica.
Sono qui in Giudea, nella terra del Signore, per le mie ricerche: sapete bene,
infatti, qual’è la mia passione di modesto storico, preoccupato di controllare
accuratamente le fonti e i documenti
e di risalire per quanto possibile a testimonianze dirette. I fratelli delle
chiese talvolta sorridono di questa mia
“fissazione scientifica"; ma molti ne sono anche contenti e grati, poiché già si
comincia a constatare come, talvolta
con le migliori intenzioni, si confondono e si deformano i fatti, le parole, le
idee — la fede, insomma!
Vi voglio parlare, oggi, di uno dei
miei incontri. Nel corso di uno dei miei
giri, seguendo le indicazioni di questo
e di quello, sono giunto a Emmaus, un
piccolo villaggio di casette basse, di
stradine tortuose, proprio dove cominciano le colline di Giudea, a metà distanza fra Gerusalemme e il mare, poca meno di trenta chilometri dalla capitale. Veramente il villaggio si chiama ora Nicopoli, dopo la repressione
romana: la guerra è passata terribile
su questa terra. Ma sono riuscito a trovare chi cercavo. Cleopa, si chiama.
Ed ecco quel che ho saputo da lui e
che ha precisato con meravigliosa immediatezza e ricchezza di particolari
un fatto del quale non avevamo finora
che notizia generica.
« Era 'la mattina del primo giorno
della settimana — cominciò Cleopa —.
Non sapevamo come ricominciarla,
quella settimana, dopo quella terribile
appena conclusa. Dal cielo delFentusiasmo eravamo sprofondati nella disperazione, annientati. Quel sabato,
che doveva essere il gran giorno della
settimana di Passah, eravamo stati rintanati, come animali feriti. Doveva essere il giorno del trionfo del Signore,
e nostro; invece eravamo in pieno buio.
Saremmo scappati a casa, ma per quasi tutti noi, lì raccolti a Gerusalemme,
1.1 casa distava ben più che un cammin di sabato. E poi era duro separarci sembrava rendere anche più definitiva la fine del sogno troppo bello che
avevamo sognato con il Maestro.
« Pure, non aveva più senso restare,
toccava continuare a vivere, tornare al
lavoro. Così con un compaesano, pure
lui discepolo e che era anche lui salito
a Gerusalemme, otto giorni prima, ci
siamo incamminati sulla via del ritorno. Come può essere diversa una strada... Un po’ tacevamo, un po' parlavamo: e di che cosa avremmo potuto
parlare, se non degli avvenimenti drammatici di quelle giornate? Ceravamo
ancora dentro. Tante cose non riuscivamo a capire: come mai fosse finita
così; come mai Dio avesse lasciato
perdere Gesù, al quale pure aveva dato
credenziali cosi impressionanti, quell’autorità nella parola e nel gesto, quella forza profetica sconvolgente; e poi,
quel mistero supplementare, la tomba
vuota, il corpo rubato: da chi? perché?
« A un certo punto, non ricordo neppur bene come e dove, tanto eravamo
infervorati nei nostri discorsi, siamo
stati avvicinati da un viandante, modesto pedone come noi. Un incontro come
ne capitano, non ci facemmo caso particolare, ma ci stupì molto che, venendo anche lui da Gerusalemme, sembrasse del tutto aU’oscuro di quel che era
appena successo e che gli raccontammo rapidamente. Ci sentimmo portati
a parlargli schiettamente e gli dicemmo tutta la grande speranza che avevamo riposto in Gesù e come avevamo
sperato che quella Passah fosse come
un nuovo esodo, un nuovo riscatto
d’Israele, che il trono di Davide non
fosse più usurpato dall’Idumeo asservito ai Romani; gli dicemmo il nostro
doloroso stupore e la nostra rivolta
impotente perché proprio i capi religiosi e politici d’Israele avevano soffocato questa speranza. Negli ultimi mesi
Gesù ci aveva sì detto ripetutamente
che sarebbe risuscitato, ma ormai era
il terzo giorno, la morte era incontestabile. E vero che alcune donne, andate al sepolcro per imbalsamare il
corpo, quella mattina all’alba, erano
tornate sconvolte avendo trovato la
pietra rotolata e la tomba vuota; allora alcuni del nostro gruppo si erano
a loro volta precipitati sul luogo e avevano trovato che le cose stavano proprio così. Lui, però, non l’ha visto nessuno...
« Ascoltava. Ma a questo punto interruppe netto i nostri discorsi sconsolati,
e ci diede una strapazzata che non ci
aspettavamo: ci sgridò perché non sapevamo capire le Scritture. Lui le conosceva, eccome! E lì, sulla strada,
senza più sentire il caldo, la fatica,
ascoltammo, pendendo dalle sue lal>
bra, la più meravigliosa spiegazione biblica che avessimo mai avuto. Oggi ancora mi domando: come abbiamo potuto non riconoscerlo? Soltanto lui poteva dire con una tale limpidezza, cori
una tale forza e autorità la parola di
Dio. Insieme ci immergemmo, sempre
più assorti, nella storia della più grande speranza che mai sia stata sulla
terra, nella secolare profezia del libro
del Patto; pagina dopo pagina si illuminava e illuminava gli avvenimenti
dei quali eravamo stati spettatori e attori: essi uscivano dall’assurdità tragica che avevano ai nostri occhi smarriti, si ordinavano misteriosamente
ma sicuramente in un disegno che l’Iddio onnipotente aveva fissato da ogni
eternità, una trama della quale non un
filo gli era mai sfuggito di mano. Comprendevamo, via via, che ci eravamo
fatti un Messia a immagine dei nostri
desideri, anziché vederlo come Dio ce
l’aveva promesso e mandato.
« Eravamo così assorti, che giungemmo quasi senza accorgerci qui al
nastro villaggio; e non fu soltanto per
dovere d’ospitalità che insistemmo perché non continuasse da solo la strada,
ma si fermasse da noi, dato che si avvicinava il tramonto. Ci mettemmo a
tavola. Fu strano: come al momento
in cui aveva cominciato a parlare aveva
preso lui la guida della discussione,
così lì a tavola fu lui il capotavola, il
padrone di casa: prese il pane, disse
la benedizione e il ringraziamento, lo
ruppe e ce lo distribuì. E in quel momento capimmo, lo riconoscemmo. Di
colpo sparì. Che importa, era tornato
fra noi, con noi! era lui! Come avevamo potuto non riconoscerlo? dove avevamo gli occhi, la testa, il cuore? Ci ho
ripensato tante volte. E credo di aver
capito che, dopo che è tornato vivo, al
di là della morte, non lo si può più riconoscere con gli occhi, non sono i suoi
tratti fisici, per quanto reali (non era
un fantasma o un’allucinazione!), a
nietterci in comunicazione e in comunione con lui; lo si riconosce nelTabbandonarsi a lui, ascoltandolo, credendolo; e non quando vogliamo noi, ma
quando ha 'Stabilito lui: si può stargli
accanto delle ore, o tutta una vita, ma
solo quando a lui piace i nostri occhi
si aprono. Non si aprono però sul vuoto. Si aprono sulle Scritture, sulle testimonianze rese a Dio, da lui volute e
ispirate. Chi cerca, trova, ci ha detto il
Signore: ma là dov’è, dove viene a noi.
Molte sono le vie, ma uno è il campo
nel quale è nascosto il tesoro.
« Comunque, quella sera non era il
momento della riflessione teologica;
balzammo in piedi, animati da una
gioia incontenibile, e benché fosse ormai il tramonto, chi resisteva all’impulso di precipitarci dagli altri a dar
loro la notizia meravigliosa, incredibile ma vera? Ci rimettemmo subito
in cammino alla volta di Gerusalemme dove arrivammo a notte avanzata;
ma la strada ci parve anche più breve
che alcune ore prima, avevamo le ali
ai piedi, i salmi più esultanti in cuore
e sulle labbra. A Gerusalemme, là
dov’erano riuniti gli altri, anche lì si
vegliava; anche loro sapevano già che
il Signore era risuscitato: era apparso
a Simone, a Maria.
« La gioia di quella sera non si è più
spenta. Non abbiamo vissuto anni facili: Tost'ilità, poi la persecuzione, poi la
guerra e la guerriglia, benché qui siamo un po’ in disparte; la dispersione...
Ma quel gesto resta vivo in noi: era
qui, a questa tavola...; quel gesto, al
quale non lo avevo invitato, sarebbe
stato offensivo da parte di chiunque
altro, padrone di casa d’altri; ma fu
come quella sera degli azzimi — ci raccontavano i Dodici —: capofamiglia e
maestro, il suo gesto non esprimeva il
potere, ma il dono, il dono supremo. Di
quella vita donata a caro prezzo viviamo, è una fonte inesauribile. Lo sai
anche tu ».
Così mi disse, e se anche non avessi
stenografato, avrei potuto ripetere tutto a memoria, certe cose non si dimenticano, si imprimono in noi, diventano
parte viva di noi .dessi; anzi, ci fanno
vivere. Poi Cleopa — è ormai un vecchio, ma ha ancora negli occhi la giovane luce di quel giorno — si fece con
me un momento sulla soglia di casa,
prima di mettere a tavola: davanti a
noi il pendio digradava verso il mare,
che si distingueva a occidente come
una striscia di metallo reso incandescente dal sole al tramonto: « Era 'Cosi,
quella sera, quarido giungemmo; come
ore, le brulle colline erano fiorite di
anemoni rossi c di ciclamini rosa, i
fiori di campo d« Ila nostra primavera
improvvisa. L’erl» i secca e il fiore cade,
ma la parola de' nostro Dio dura in
eterno ».
Ecco, fratelli, (¡nel che ho raccolto a
Emmaus. Nel ricordo di come Paolo
ci parlava del <■ conoscere Cristo e la
potenza della risurrezione », ve lo tra
scrivo e possa
la vostra fede,
mia.
La grazia e L
Cristo sia con
noi in lui.
.'ioiosamente edificare
come ha fatto per la
i trace del Signor Gesù
¡'.liti voi: egli vive, e
Luca
iiiiitiiiiiit'iM iiiiiiiiiiimmmiimim.
FRA I TERREMOTATI DELLA VALLE DEL 3ELICE
A governo fuorilegge, niente tasse
1970, ANNO DEI TRE CHIODI: GOVERNO FUORILEGGE - TASSE NO PIANO DI SOPRAVVIVENZA: il bollo riprodotto qui sotto è affisso al
parabrezza delle macchine da chi, nella
Valle del Belice, ha deciso di non pagare tasse, inclusa quella di circolazione. A Partanna la maggioranza della
popolazione non ha pagato la luce; gli
avvisi di pagamento sono stati raccolti
dal Comitato Cittadino; nelle baraccopoli si svolgono periodiche assemblee
Pertanto si chiede all’autorità competente di volere form'alizzare l’esonero
con l’invio a ciascuno del congedo illiniitato. Si fa presente che il Senato ha
approvato un ordine del giorno con
cui il Governo viene impegnato a esonerare i giovani di leva 'della zona ter-^ t =
remotata dal servizio militare. | j 5
I Una pagina di
I Ernst Kasemann
= È disperante notare elle le j)iù accanite
E dispute teologiclie sorgono oggi attorno
i alla tomba vuota. Sembra che ben pochi
= sappiano far notare rinutilità e l’insen= satezza di queste dispute. Pochi versetti
= del Nuovo Testamento parlano del sepol= ero vuoto. Poiché non siamo più in graE do di controllare le loro affermazioni, la
i disputa verte in realtà su ciò che noi rite= nianio possibile o impossibile, e sulla
E maggiore o minore attendibilità di ogni
I singola parola della Bibbia. Credere ha
= assunto quindi il significato di « ritenere
E verosimile » e la fede dipende dal nostro
E assenso, dalle nostre convinzioni filosofii che o scientifiche, dalla nostra poca o
E molta fantasia. Tutto ciò immiserisce la
E fede, la rende muta di fronte a coloro
= che hanno opinioni religiose diverse e la
E condanna all’est inzione qualora anche una
E sola parola delia Bibbia si dimostri incer= ta dal punto di vista dell’attendibilità stoE rioa.
E La disputa sulla tomba vuota ci ¡jone
= però anche in conflitto con diverse afferE mazioni importanti del Nuovo Testamen= to e della dogmatica cristiana. Paolo scri= ve; « carne e sangue non possono erediE tare il regno di Dio ». Se la tomba sul
E Golgota era davvero vuota, questa parola
E dell’apostolo non può evidentemente esE sere riferita a Gesù. Ma allora Gesù non
E è stato un uomo vero e la sua morte è
E stata solo apparente, la sua risurrezione
E non sarebbe che una ripresa della vita E
E dopo una breve interruzione. Dovrà esser questa la nostra fede? Qui e
= è il centro del problema. Se la tomba era vuota si tratta, nella mi- =
= gliore delle ipotesi, di ripresa della vita terrena. E in questo modo E
= non si afferma nulla di specificatamente cristiano, come il giudaismo e
E sta a dimostrare. Il caso di Gesù non è che un esempio dell’ardente E
E aspirazione umana a una prosecuzione della vita dopo la morte. Ma E
1 non è troppo poco? La Pasqua non sarebbe altro che la realizzazione E
= di nostre speranze terrene e della nostra ansia di sopravvivere! E così E
E si predica molto spesso e l’ardore delle dispute che avvengono oggi E
E fra noi dimostra ohe per i credenti « pii » non v’è nulla di più impor- E
= tante. In questo modo sono insomma i nostri desideri umani a stabi- E
E lire quale debba essere il contenuto essenziale della fede. =
E Ho dovuto dilungarmi su questo aspetto, perché il messaggio pa- =
E squale -del cristianesimo primitivo, nella sua radicalità, si stacca in =
E modo deciso e sconvolgente da questo sfondo. In tale messaggio tro- E
E van posto anche la nostra speranza personale e la promessa che nasce =
E per noi da questa tomba, ma in posizione subordinata, all’ombra di E
E quanto in esso appare di assoluta preminenza ; « Iddio ha fatto e Si- =
E gnore e Cristo quel Gesù », cc Gesù Cristo è il Signore », « avendo =
E spogliato i principati e le potestà ne ha fatto un pubblico spettaco- E
E lo », « affinché... si pieghi ogni ginocchio ». Se si muta questa sue- E
E cessione, si scombina tutto. Lasciare che nella Pasqua i nostri desi- E
E deri e le nostre speranze facciano di Gesù unicamente il garante del E
E loro adempimento, significa snaturare totalmente il cristianesimo. =
Ernst K.\semann, nato nel
1906, pastore dal 1933 al 1946,
docente di Nuovo Testamento
all’Università di Marburgo dal
1946 al 1951, a Gottinga dal
1951 al 1959, e da quell’.anno
a Tubinga. Fra i teologi della
generazione di mezzo, per quanto fortemente segnato dall’indagine storico-critica sui testi neotestamentari, è fra le figure di
rilievo, quello che ha cercato
con maggiore indipendenza la
sua via, distanziandosi nettamente dalla scuola bultmanniana. Sono già diventati dei classici, punti di passaggio obbligato per la ricerca biblica, i
suoi saggi su vari aspetti del
messaggio neotestamentario (sono già apparsi due volumi delle
sue Exegetische Versuche und
Besinnungen, e siamo lieti di
sapere che la Claudiana progetta la pubblicazione italiana
di una scelta di questi saggi).
Teologo preoccupato della rilevanza ecclesiastica della sua ricerca, lo troviamo impegnato
nelle ultime edizioni del Kirchentag evangelico — la grande assemblea popolare di studio
e dibattito degli evangelici tedeschi, che si svolge ad anni alterni in varie città tedesche — con ■
relazioni che hanno suscitato lar- :
ga eco. La pagina che qui pubbli- ;
chiamo è tratta dalla sua rela- j
zione al Kirchentag di Hanno- |
ver (1967); questa è ora pub- :
blicata dalla Claudiana (« Pie- ;
cola Collana Moderna » n. 18, :
L. 700) in un volumetto. Cristo I
fra noi, articolato in tre parti : :
La croce (E. Käsemann) - La ;
risurrezione (H. G. Geyer) - La :
chiesa (E. Schweizer). :
I giovani di leva iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiilliiillllliiiiniiiiiiiiliiliiiilllllllliiiiiiiiiiiiiiiiiiii
L’ecumenismo ha un avvenire?
per Torganizzazione 'del non pagamento
delle tasse. A S. Margherita Belice la
popolazione rifiuta anche gli avvisi di
pagamento. A Castelvetrano la luce non
c stata pagata dalle famiglie che vivono nelle baracche. A Roccamena è addirittura chiusa l’esattoria.
1 giovani di leva dicono no
I sottoscritti decidono di considerarsi
esonerati dal servizio militare dal momento che il Governo non ha rispettato
la legge votata dal Parlamento il 18
marzo 1968. Questa legge prevedeva che
la ricostruzione della zona colpita dal
terremoto doveva essere avviata nel
1968 e doveva essere completata nel
1971; prevedeva inoltre che entro il 31
dicembre 1968 fosse approntato un piano di sviluppo agricolo e industriale. A
due anni e oltre dal terremoto non è
stata messa una sola pietra per la ricostruzione, né è stato approntato il piano di sviluppo. Intanto siamo costretti
a vivere in baracche dove piove e si
gela d’inverno e si cuoce per il caldo
in estate. L’emigrazione distrugge le nostre famiglie: circa il 50 per cento dei
giovani della classe del 1950, hanno
dovuto recarsi aH’estero o al Nord Italia per sopravvivere. I sottoscritti, e
tutte le classi interessate dal 1950 in
poi, unitamente alla popolaziOTe, decidono di considerarsi esonerati dal servizio militare finché nel nostro paese
e in tutta la Valle del Belice non saranno costruite le case, le dighe, le industrie che consentano a tutti i giovani
un lavoro stabile.
(segue da pag. 1 )
bia » e i « ragazzi dell'azione sociale ».
S’incontreranno mai?
L’ecumenismo secolare veniva definito « la conseguenza ecumenica di una
teologia e di una fede che hanno come
punto di partenza il pieno impegno
della chiesa nel mondo secolare ». Il
suo primo problema è: come può, la
chiesa, assumere il proprio compito
nel mondo secolare senza diventare
essa stessa secolarizzata e perdere la
propria identità come Chiesa di Dio?
Le conclusioni della conferenza furono che la proclamazione e il servizio,
la fede e l’azione sociale sono inseparabili. Alcuni dei partecipanti preferivano dare priorità alla proclamazione
delTEvangelo quale mezzo per generare la fede, e considerare l’azione cristiana come frutto necessario di questa fede. Altri pensavano che proclamazione e azione sono intrecciati, e
persino si identificano.
« Movimento e istituzione sono necessariamente antitetici? », ha domandato il past. K. Reiser del CEC. Termini come istituzione, sistema, struttura,
centralizzazione o decentralizzazione,
organizzazione e persino burocrazia,
non sono forse in sé neutri? Anche un
termine oggi più popolare, come « pluralismo », può diventare un « pluralismo istituzionale », avv'ertiva il prof.
G. Forde di Oxford.
« Abbiamo bisogno di altro che di
affermazioni generali », affermava il
dr. Schmidt-Clausen, di Hannover. Critiche generali non sono sufficienti, a
proposito di qualunque oggetto o sistema. Negli anni ’70 avremo bisogno
di impegni ecumenici più creativi, dopo il « periodo cortese » della riconciliazione, negli anni ’60. Il successo è
determinato dalla saggezza di mutare
frequentemente sistema, mentre in
tutti gli establishments è racchiuso il
rischio o comunque la possibilità di finire male. Considerando questo punto,
la conferenza ha pure sottolineato la
importanza di una onesta rappresentanza dell'ovest e dell’est, suggerendo
la costituzione di un fondo finanziario
atto a equilibrare le necessità.
Dimensione spirituale. Operare in
campo ecumenico esige sempre un
continuo rinnovamento spirituale, una
fraternità cristiana, attraverso i sacramenti, e un approfondimento della
comprensione spirituale dell’unità in
Cristo. Tenendo presente questo, sono
state date le seguenti indicazioni; in
tutti gli incontri ecumenici i culti e lo
studio della Bibbia devono essere preparati con cura e fantasia altrettanto
grandi quanto le altre attività; la teologia dello Spirito' Santo dev’essere affrontata con maggiore vigore; nell’ambito di questa dimensione spirituale,
dovremmo osare creare e animare
nuovi e più ampi modi di pensare e di
agire.
QUALCHE OSSERVAZIONE
PERSONALE
È Stata davvero un’esperienza ristoratrice entrare in contatto con un
gruppo così notevole di menti analitiche e osservare come analizzano l’ecumenismo costituito corrente, anche se
non sempre erano ben al chiaro sul
punto a cui sono questi vari establishments. Ecumenismo, Chiesa e cristianità non sono sinonimi, ma sono strettamente collegati fra loro. Come qualsiasi sistema di pensiero e come qualsiasi orgaiiizzazione, anch’essi soffrono
di ogni tipo immaginabile di carenze.
Noi siamo convinti che Tecumenismo ha un avvenire, perché siamo certi del lato dinamico che vi
è nel messaggio redentore di Cristo,
che costituisce la forza generatrice fra
i campioni dell’ecumenismo. A tale riguardo io ho apprezzato l’accento soteriologico (riferito, cioè, alla redenzione, n.d.r.) che nel corso di tutta la
conferenza è stato dato alla responsabilità sociale cristiana, soprattutto da
personalità tedesche, come il sovrintendente Klapper e il prof. Schink.
I cristiani della nostra generazione
hanno bisogno di vedere in modo più
positivo ciò che hanno nella loro fede,
con meno spirito apologetico e meno
negatività. Devono cioè guardare più a
Cristo che al lato umano delle deviazioni delle chiese costituite. Una fede
che non abbia una visione positiva riguardo al mondo è priva di utilità.
Drammatico è il bombardamento sulVestablishment, ma altrettanto esaurisce la sforzo di riabilitarlo. Penso a
causa della mancanza di tempo, durante rincontro non si è giunti né a una
definizione precisa dell’ ’ecumenismo’,
né a una descrizione completa del suo
profilo, né a una analisi convincente
su ciò che intendiamo per 'establishments’ ecumenici e per ’istituzioni’ ecumeniche ecclesiastiche.
Quando esaminiamo l’avvenire dell’ecumenismo, il punto di partenza
sembra essere dato dalle ’funzioni’ più
che dalle ’forme’ delle organizzazioni e
strutture ecumeniche, più o meno centralizzate o decentrate. La funzione determina la forma, ovvero l’istituzione
può essere giustificata dal suo compito. Nei decenni scorsi il movimento
ecumenico ha reso validi servigi; 1) alla fraternità, mediante il dialogo e incontri personali o di gruppo; 2) in fatto di comunicazione, promuovendo così una migliore comprensione; 3) promuovendo, sia pure in misura limitata, l’unione organizzativa fra chiese;
4) quale richiamo costante all’unità in
Cristo.
Possiamo richiedere ancora: a) risposte più comuni delle chiese all’Evangelo; b) espressione più dinamica
del compito missionario della chiesa,
essendo impensabile una chiesa senza
missione; c) un incontro più vigoroso,
insieme al mondo, con l’Evangelo che
è la forza rigeneratrice.
11 movimento ecumenico della nostra generazione ha avuto un periodo
eccitante; ma il suo avvenire non si
presenta in luce tutta ottimista. Nel
canto ecumenico si fanno ancora sentire risonanze di introversione denominazionale e confessionale. Nessuna
base teologica e spirituale pare in grado di sostenere adeguatamente l’ec«mene ecclesiastica. L’orizzonte non è
tutto sgombro, ma neppure tutto
oscuro.
Won Jong Ji
L'autore di questo articolo, diffuso dal 1k>1letlino della Federazione luterana mondiale, è
u' teologo luterano coreano, segretario per
l'Asia della Divisione missionaria della FLM.
4
pag. 4
N. 13 — Tl marzo 1970
DIETRO IL CONFLITTO UNIVERSITARIO
NEL TEMPIO DI LUSERNA SAN GIOVANNI
Il proHema politiGD delle nostre "democrazie" Coiicf^rto della Domenica delle Palme
La lettera di dimissioni del prof. Paul Ricoeur, decano della Facoltà di lettere dell’Università di Manterrò, ripropone in tutta la sua drammatica urgenza una duplice esigenza: isolale
gli estremisti e svincolarsi dal pantano in cui diguazza chi ha interesse (miope) che nulla cambi
Il conflitto universitario, quale espressione di un più
vasto conflitto aH’interno delle democrazie occidentali,
dopo le punte americane e dopo quella europea del 1968,
conosce una reviviscenza particolare in varie università
francesi; ma è quella di Nanterre a far convergere su di
sé l’attenzione. Le recenti dimissioni del decano della facoltà di lettere di queU’università, il prof. Paul Ricoeur,
segna un momento seriamente negativo in questo conflitto. Questo noto docente di filosofia, membro impegnato della Chiesa riformata di Francia, nell’aprile 1969 aveva accettato la nomina a decano (o preside), da parte del
consiglio di gestione della facoltà, che è un organismo
provvisorio, in attesa che la legge Paure abbia attuazione. Si trattava quasi di una sfida, perché molti si domandavano: un uomo di sinistra può essere preside di facoltà, e proprio a Nanterre? La situazione è andata gradualmente deteriorandosi, e quello che è stato chiamato lo
« esperimento Ricoeur » è fallito ; ed è fallito per gli opposti estremismi di sinistra e di destra. Gli estremisti di sinistra hanno fatto di tutto perché il dialogo fra il decano
e gli studenti di sinistra non avvenisse; aiutati dalle opposte violenze dei gruppuscoli di destra, ci sono riusciti.
Il 20 febbraio si era riunito il Consiglio provvisorio.
Qualcuno lesse una lunga lista di incidenti avvenuti all’interno della facoltà a partire dal giorno in cui Ricoeur
ne aveva assunto la presidenza: un quadro desolante; e
fra gli episodi più recenti e più gravi, quello avvenuto la
settimana precedente: durante una rissa fra G. P. e
revisos (sinistra proletaria e militanti comunisti) un dirigente della CGT (la CGL francese) era finito all’ospedale con due fratture craniche. Davanti a questi fatti, il
Consiglio chiese al decano di condannare solennemente
la violenza (il che P. Ricoeur aveva sempre evitato —
data l’ambiguità di un simile discorso — anche quando
egli stesso era stato aggredito da un gruppo di sinistra,
che gli aveva fra l’altro rovesciato addosso una pattumiera e lo aveva colpito); la richiesta fu approvata quasi all’unanimità. Il Consiglio domandò in secondo luogo la
’banalizzatone’ del campus: l’interno dell’area universitaria doveva cioè essere sottoposta alle stesse norme vi
genti nelle strade di Nanterre, di Parigi o di qualsiasi altra città; con un po’ più di fatica, passò pure questa richiesta. Queste decisioni del Consiglio vennero rese pubbliche, e il governo le interpretò come un appello all’in.
tervento.
Non chiamata dal decano, la polizia giungeva in forza
a Nanterre il 27 febbraio. Incidenti di relativamente lieve
entità il 2 e il 3 marzo, in uno sfidarsi e stuzzicarsi reciproco dei groupuscules di estrema sinistra e di estrema
destra, e della polizia; per quest’ultima, molti (all’interno stesso della polizia e delle sue deboli forze sindacali)
hanno avuto la netta impressione che essa fosse sottoposta per alcuni giorni a un voluto gioco di logoramento
psicologico, esponendola e non dandole mano libera, in
modo da far salire la pressione all’interno dei suoi ranghi...
Lunedì 4, protraendosi incidenti e provocazioni da parte
delle due fazioni in lotta, ’carica’ della polizia all’interno
dell’università. La battaglia durerà due giorni; i danni, a
un primo accertamento, superano i 50 milioni di lire. Il 9
marzo il prof. Ricoeur comunica al Consiglio di gestione
la sua irrevocabile decisione di dimettersi. Il 17 la sua lettera di dimissioni è resa pubblica, con la risposta di Olivier Guichard, ministro dell’istruzione. Riportiamo qui
integralmente questo documento, perché ci sembra una
diagnosi lucida, e dolorosa, sulla situazione universitaria
francese, che ha profondi punti di contatto con la nostra.
Esso ha poi per noi un valore particolare, perché esprime
U travaglio di un fratello nella fede; e ci pare utile farlo
seguire dall’articolo che il direttore di « Réforme », il past.
Albert Finet, ha dedicato alla penosa vicenda.
E’ appena necessario notare che significherebbe versare altre pattumiere su quest’uomo, servirsi del latto per
squalificare la lotta per il radicale rinnovamento universitario. Paul Ricoeur è stato e resta uomo di questa lotta.
Se si deve guardare con amarezza alle zuffe — condannate perfino dall’anarchico Alain Krivine — degli estremisti, anche più grande è Tamarezza verso gli specialisti
del pantano, nel quale sguazzano a proprio comodo e vantaggio.
Signor ministro,
con rincrescimento sono costretto a
inviarLe oggi le mie dimissioni per ragioni di salute; fin dal 25 febbraio il
rnio medico m’ingiungeva di farlo, poiché i disordini dei quali soffrivo a causa del sovraccarico di lavoro e in seguito ai quali avevo già dovuto chiedere un periodo di riposo, si erano
accentuati e mi vietavano di restare
ulteriormente in carica. Tengo a Sua
disposizione il certificato che l’attesta.
Avevo quindi già preso la decisione di
lasciare il mio posto quando si sono
verificati i disordini del 27 febbraio e
del 2 e 3 marzo. Non ho voluto attuare la mia decisione in piena crisi.
Non posso invocare per il mio allontanamento delle ragioni di salute, senza dire al tempo stesso una parola a
proposito delle tensioni, dei conflitti,
delle contraddizioni di ogni sorta che
costituiscono il sottofondo.
Mi permetterà di porre al primo posto il conflitto insolubile che ha opposto quotidianamente le esigenze dell’incarico di decano a quelle dell’insegnamento e della ricerca. Deve riconoscere che mi trovo attualmente sul
bordo del fallimento per tutto ciò che
riguarda la direzione delle tesi e l’appoggio da dar loro, l’animazione dei
seminari, la preparazione dei corsi,
per non parlare dei lavori personali
abbandonati.
Proprio nell’esercizio delle mie funzioni sono stato sottoposto a tensioni
che non ho saputo o potuto dominare.
Eletto dal consiglio transitorio di gestione per condurre una certa azione,
basata sulla conciliazione e sull’arbitrato dei conflitti, vedo quotidianamente moltiplicarsi le difficoltà che si
frappongono al successo di tale azione.
Vorrei sottolineare un punto nel
quale la contraddizione mi pare mettere in discussione la stessa funzione
di decano e, fra qualche tempo, di preside d’università. La legge li rende responsabili dell’ordine; tale responsabilità implica il diritto di richiedere l’intervento della forza pubblica all’interno delle università. Questo ricorso non
poneva problemi quando aveva la garanzia del consensus generale e quando le infrazioni, in quanto delitti individuali, erano riconosciute da tutti per
quel che erano; furti, aggressioni, frodi, ccc. Oggi non è più così; un fenomeno senza precedenti è apparso nell’Università: il deli.Uo collettivo, prodromo della guerriglia urbana. Di
fronte a questa nuova situazione, il ricorso alla forza pubblica cambia totalmente significato; esso è destinato
d’ora in poi a sanzionare un’infrazione
che ha, sì, l’Università come quadro,
ma che non ha in essa la sua sorgente.
UN’AZIONE SCHIETTAMENTE
POLITICA
L’Università è diventata il punto
strategico di un’azione che ha di mira
anche le case comunali, i centri di lavoratori immigrati, i commissariati di
polizia e altre istituzioni pubbliche; la
Università è semplicemente il luogo
nel quale il delitto è più facile da commettere, proprio a causa della costituzione liberale dell’Università; ma il delitto ha cessato di essere una questione strettamente universitaria, assume
una dimensione nazionale. Eppure vediamo oggi i poteri pubblici, l’opinione
e la stampa sforzarsi di addossare alle
autorità universitarie la responsabilità di risolvere, con il ricorso alla forza, un problema che lo Stato si rivela
incapace di sciogliere con mezzi schiettamente politici.
Questo paradosso mi ha procurato,
negli ultimi giorni, amare riflessioni;
si dice e si scrive; il decano chiama la
polizia e poi, quando essa agisce, la
sconfessa. Rispondo che non ho chiamato la polizia: il consiglio transitorio
di gestione ha chiesto la ’banalizzazione’ del campus, il che voleva dire la
definizione di un nuovo stato di diritto, secondo il quale il campus cessava
di essere una terra sacra, un rifugio
d'impunità, le sue vie di circolazione
erano assimilate alle vie di Nanterre
o del Quartiere Latino; questa nuova
situazione giuridica doveva prima essere istituita e spiegata pazientemente
a tutti, come del resto ne avevo assunto l’impegno, e le forze dell’ordine non
dovevano intervenire che in caso d’incidenti gravi, come nelle vie della città
era quindi un errore psicologico e una
colpa politica aggiungere immediatamente una dimostrazione di forza a
questo cambiamento statutario; questa concatenazione mi è stata imposta
senza consultazione — ha avuto luogo
Tindomani! — e ha snaturato le intenzioni del nostro consiglio. Ecco un
esempio particolarmente asplicito della politica che denunciavo or ora, tendente a trasferire alle autorità universitarie una responsabilità a livello politico.
Dietro questo paradosso del ricorso
alla forza all’interno delle università,
si nasconde una contraddizione più
importante, che non affligge l’Università se non in quanto colpisce la società nel suo insieme; le bande armate
pongono alla società un- problema che
esige un’abilità politica estrema; si
tratta di isolarle daH’insiemc delle forze rivoluzionarie, delle quali la società
ha bisogno per non affondare nell’immobilismo, e di ridurle all’impotenza
senza alterare le libertà pubbliche.
Questo problema la società non l’ha
risolto, forse non l’ha neppure capito.
Soltanto una politica che affrontasse
le cause profonde dei disordini potrebbe sfuggire a queste contraddizioni.
Ma ciò non dipende dall’Università.
E invece si vorrebbe che l'Università,
la più fragile e la più disarmata delle
istituzioni, avesse risolto il problema
prima che il resto della società. II problema, occorre ripeterlo, ha cessato di
essere strettamente universitario per
diventare politico.
UNA SITUAZIONE BLOCCATA
Ma forse noi universitari non ci saremmo lasciati rinchiudere in questo
dilemma così dispendioso in fatto di
energie, se l’istituzione universitaria
avesse conservato l’iniziativa dell’innovazione; anche soltanto dopo il maggio 1968 una guerra di movimento
avrebbe potuto essere vinta, a colpi di
scadenze brevi; occorreva, a marce forzate, istituire le facoltà pluridisciplinari e il Consiglio nazionale dell’insegnamento superiore e della ricerca,
definire le nuove trafile e i nuovi diplomi nazionali, attaccare il problema
degli sbocchi e quello, connesso, di
un'articolazione elastica fra le esigenze del mercato e la libera scelta degli
studi; invece di far questo l’Università
si è lasciata impantanare nelle procedure giuridiche, rinviando continuamente la scadenza delle vere riforme,
delle quali la costituzione delle università non doveva essere che la prefazione. Le resistenze di ogni genere che
l’ambiente universitario secerne ostinatamente sono per altro le prime responsabili di questa situazione di impantanamento. Così l’istituzione, malamente istituita, si è lasciata porre in
una situazione difensiva ed è forse
esposta alla minaccia di morire prima
di essere veramente nata. A Nanterre
abbiamo vissuto, con delusione e talvolta con collera, quest’incomprensibile politica temporeggiatrice.
Per oggi non voglio aggiungere altro; mi limito a un inventario sommario delle tensioni e dei conflitti che,
in poco più di un anno, hanno usato
una salute in genere robusta.
La prego, signor ministro, di ricevere l’espressione della mia viva deferenza.
Paul Ricoeur
Fra sputi e sogghigni
Il decano Ricoeur Ita creduto alia “jesla"
di maggio. Come me. Non a causa della cagnara che accompagna ogni festa, ma perché
in una confu.sione inenarrabile ma gioiosa,
ti'lte le barriere parevano rovesciate e stabilita
ima relazione fra gente diversissima, e .senza
la minima preoccupazione dell eeonoinia. della produzione e dei consumi, si ritrovavano
dei fratelli...
Resto persuaso che un certo giorno di mag
gio. in rue de Vaugirard. quando crislian
cattolici e prole.slanti hanno partecipato insie
me alla comunione, a dispetto delle prudent
barriere istituite dalle Chiese, hanno creduto
con ingenuità ma profondamente, a una nuova Pentecoste.
È acqua pa.ssata.
Gli idoli hanno sette vite. Politica, Economia. Rivoluzione. Come le elucubrazioni dei
fdosofi da camera e le costruzioni dei teorici
astratti che si guardano bene dal compromettersi, ma che una gioventù — incosciente — prende t»er oro colato.
Mi domando se certi idealisti “cristiani"
che .sostengono la « giusta » violenza, come in
altri tempi teologi "cristiani" hanno sostenuta la guerra « giusta », si .sentono oggi a
loro agio, osservando Nanterre.
Non era irragionevole pensare che FUniversità. matrice e riserva dei quadri nazionali.
Le comunità delle Valli conoscono,
per averli ascoltati in molte occasioni
nel corso delle loro tournées annuali, i
Trombettieri del Baden; anche quest’anno essi torneranno fedelmente, all’epoca del Sinodo. Ma in questi giorni abbiamo fatto conoscenza con un
piccolo gruppo di ottani, proveniente
dal nord dalla Germania. Sei persone
in tutto; un corno, due trombe, un
trombone tenore, un trombone basso,
oltre al direttore, Peter Paul Ruppel,
che suona con la stessa bravura la
tromba e il trombone.
Il gruppo, accompagnato dal pastore
Immer, ha visitato varie comunità e
gli Istituti di assistenza, accolto ovunque con gioia. La sera della domenica
delle palme ha tenuto un concerto nel
tempio di Luserna S. Giovanni, insieme ad alcuni elementi del gruppo di
ottoni della Val Pellice (per l’occasione il M° Ferruccio Rivoir sedeva fra gli
e.secutori, perfettamente a suo agio con
un non facile strumento quale il trombone) e alla Corale di S. Giovanni.
Tutti insieme, gli ottoni hanno eseguito tre composizioni di autori tedeschi del seicento: Pezelius, Hausmann
e Vintz; questa musica, pervasa dallo
spirito del corale protestante, piena di
gioia e di fiducia, ha una maestosità
luminosa che si espande pienamente
nella sonorità degli ottoni; non celebra
la gloria dei potenti di questo mondo,
ma il canto della creazione. Naturalmente questi strumenti non sono legati a questo tipo di musica; e che essi
s adattino perfettamente anche a un
clima sonoro e a un discorso musicale
lontanissimi da quelli del seicento lo
ha dimostrato il gruppo guidato da
Ruppel, eseguendo con estrema bravur i alcuni brani contemporanei, assai
gradevoli all'ascolto: la « Spielmusik »
di H. Regner, del 1960, per due trombe e trombone, in cui a pagine di vigorosa tensione polifonica si alternano
oasi di canto disteso, con accordi di
particolare bellezza; interessanti anche
i! « Rondò » di F. Zipp, del 1965, e la
« Choralintrade » sul corale « Nun danket alle Gott », del 1966, opera di P. E,
Ruppel, padre del -valente direttore.
La corale ha eseguito i « dieci co- '
mandamenti » (n. 162 del Nuovo Innario) e due corali dalla Cantata n. 79
■di J. S. Bach; 11 primo di questi, il
famoso « Nun danket alle Gott », con
accompagnamento di organo, è riuscito stupendamente, con la dovuta solennità, anche perché molto opportunamente è stato cantato nell’originale
tedesco; i fratelli tedeschi, dopo un primo momento di stupore, non hanno
potuto trattenersi dall’associarsi al
canto.
Il M° Rivoir ha completato il programma con l’esecuzione alTorgano di
una fuga di J. Christoph Bach e del
■ preludio e fuga in fa magg. » di D.
Buxtehude. Dopo averlo a.scoltato come esecutore, ci prepariamo ora ad
ascoltarlo come compositore: il suo
« Credo » verrà eseguito per la prima
volta la sera del prossimo 4 aprile, nel
tempio di S. Giovanni.
b. r.
PIKEROLO
potesse ispirare un profomio mutamento delibi relazioni fra cittadini e promuovere una
(I nuova società » della quale i discorsi del
sig. Chaban-Delmas non sono che la caricatura. Quando si ha un certo rispetto per Tintelligenza, la riilessione, il sapere e la conoscenza, Vesprit. in una parola, il quale domina
gli appetiti, è lecito dirsi che l'Università poleva essere chiamata a mettere in atto questo
jnogetlo ambizioso e che l'Alma Mater, cosciente delle sue responsabilità elevate, poteva essere il motore di una trasformazione
che, per concatenazione, toccasse tutti gli elementi della società francese.
Ma bisogna arrendersi all'evidenza. Dei piccoli idioti, nati dalla migliore borghesia, i quali non sanno che cos'è la guerra (non l'hanno
fatta) né che cos'è la Rivoluzione (pratican. il confort),, s'immaginano, soltanto perché
jiortano un casco e brandiscono delle gambe
d. tavola, di cambiare il mondo. Essi ripetono
pietosamente gli eccessi dei di Mus
solini e danno una meschina, pallida imitazione della notte dei lunghi coltelli. Ecco
Nanterre, nella sua realtà.
E naturalmente, essendo le cose quelle che
sono, è il migliore a soffrire, fra i sogghigni
della gente d'ordine, a percorrere la sua via
crucis e a ricevere gli spuli.
(da a Réforme ») Albert Finet
assemblea, il Pastore parla della fede dei nostri Padri e della nostra testimonianza oggi:
che cosa vuol dire oggi esser fedeli fino alla
morte? vuole ancora dire qualcosa in un
mondo nel quale tutto quel che appartiene al
passato viene sconfessato? — Recite dei nostri
bimbi che interpretano poesie e dialoghi delle
nostre poetesse Paolina Bert e Emma Costantino; alle 12,30 nella nuova foresteria, l'agape
con oltre cento commensali, preparata con amore da un gruppo di volonterose sorelle e
servita dai giovani; il Pastore fa varie presentazioni e poi db la parola al dott. Dante Gardiol che ci parla con passione del nostro Collegio; segue il sig. Pocabello, sindaco di Pinasca, il quale, anche a nome dei suoi collegh’ presenti, il comm. Olivero di Inverso Pinasca e il .sig. Siccardi di Villar Perosa, pronuncia un nobile e fraterno discorso.
Per ultimo, prende la parola il Prof. Griset,
d quale dice tutta la sua commossa gioia nel
ritrovarsi fra noi.
Quindi, un gruppo di fratelli che amano
il canto, per tutto il pomeriggio passa in rivista uno dopo l'altro, i nostri più bei cori vaidesi. La sera, ci ritroviamo nelle catacombe
oltre 40 per ultimare gli avanzi del pranzo
in una atmosfera di famiglia. Infine, la serata
organizzata dai giovani con un’ottima recita.
Udiamo pure un messaggio del cappellano militare Tavazzi, che è venuto fra noi desiderando conoscerci più da vicino.
Il 22 febbraio abbiamo avuto la gradita visita dei giovani di Chiotti, i quali, guidati
dal loro Pastore, chi hanno mostrato un film
d,i loro fatto. L'8 marzo, un buon gruppo di
nostre sorelle ha compiuto una benefica visita all’asilo dei Vecchi a S. Giovanni e alrOrfanotrofio di Torre.
Il 10 marzo abbiamo accompagnato al campo del riposo il nostro fratello Filippo Ribet
di anni 41 deceduto improvvisamente. II servizio funebre ha avuto luogo nel tempio di
S Germano con la collaborazione del Pastore
dalla. Alla famiglia afflitta, in special modo
alla madre, diciamo ancora la nostra cristiana
simpatia.
Il 15 abbiamo celebrato le nozze della nostra sorella Carla Pontet col sig. Fermo Berton di Roreto Chisone. Che il Signore accompagni con le sue benedizioni questi cari sposi.
PERSONALIA
Il dott. Carlo Rapini ha avuto il dolore di perdere la mamma, signora
Virginia Papini Camagna. Al direttore
della Claudiana e a tutta la sua famiglia esprimiamo la nostra viva, fraterna
simpatia in quest’ora di separazione,
nella comune speranza.
H- H"
Nous exprimons à M.elle Mia van
Oostveen, Bussum (Hollande), grande
amie des Vaudois et des Vallées, toute
notre sympathie pour le deuil qui l'a
frappée le 14 mars avec la mort de sa
mère Henriette De Marez Oyens, âgée
de 93 ans.
Un gruppo di cinque giovani, dopo essersi
preparato ed aver discusso insieme con uno
dei pastori il messaggio e la liturgia, ha presieduto. dividendosi i compiti, al culto delri3 marzo, domenica della gioventù.
11 pomeriggio ha avuto luogo l’assemblea
d’ Chiesa sulla confermazione. Dopo aver discusso sugli inconvenienti presentati dal sistema attuale di confermazione, si è giunti
alla conclusione che si deve trovare il modo
di inserire attivamente i catecumeni nella comunità. È stata formata una piccola commissione che ha elaborato tre o.d.g., presentati c
discussi la domenica successiva davanti ad
un'assemblea più numerosa e più vivace del
solito. L’o.d.g. votalo dalla maggioranza propone che fammissione dei nuovi membri avvenga per libera professione di fede esprimentesi in termini precisi di un impegno concreto, sia pur moderno. A questo fine propone
una ristrutturazione dell'insegnamento catechetico in modo che i catecumeni vengano
fu, daH'inìzio. inseriti in un contesto più
vasto di ricerca biblica in vista della testimonianza della fede. Tale contesto potrebbe
c.ssere, inizialmente, uno studio biblico comunitario limitato, per ora. alla prima domenica
del mese. Seguono poi alcune altre interessanti proposte concrete. 11 dott. Italo Mathieu
Ila pure presentato un suo proprio o.d.g. che
è stato approvato, e che sarà trasme.sso, insien'C con quello votato dalla maggioranza, alla
Commissione Sinodale.
Martedì 17 marzo alle ore 21, nella sala
della Biblioteca Comunale, ha avuto luogo un
interessante dibattito sul tema; «Il cattolicesimo del dissenso nel contesto del rinnovamento delle chiese cristiane », con la partecipazione di Don Vittorino Merìnas della Comunità di Via Vandalino di Torino e del
Pastore Paolo Ricca della Chiesa Valdese di
Torino.
Ablnamo accompagnalo al campo del riposo
d nostro fratello Tourn Puva, zio della nostra
sorella Pavarin Èva. alla quale esprimiamo
la nostra simpatia.
YILL Alt iPEROSft
Il nostro 17 è stalo ottimo e ne siamo grati al Signore. Il 15, culto con S. Cena; il 16
sera, al suono della campana, accensione dei
numerosi falò sulle nostre montagne e nel
tondo valle; il 17, dinanzi ad una numero.ia
Novità Claudiana
E’ uscito il n. 17 della
« Piccola Collana Moderna »
Ulrich Beer
Amore o erotismo?
pp. 120 - L. 700
Dieci conversazioni radiofoniche
sui problemi più attuali deH’amo-,
re tenute da un noto psicologo
evangelico.
Editr. Claudiana, Via Pio V, 18 bis
10125 Torino - c.c.p. 2/21641
AVVISI ECONOMICI
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Torre Pellice.
« Quand’anche camminassi nella
valle delTombra della morte, lo
non temerei male alcuno, perché
tu sei meco» (Salmo 23; 4),
Dopo lunga malattia il Signore ha
richiamato a Sé
Virginia Camagna
ved. Papini
Con profondo dolore, ma fiduciosi
nelle Divine Promesse, ne danno l’annuncio i figli Luigi con la moglie Carla Russo e figli, Carlo con la mogli’,
Rina Caponetto e figli; le sorelle, il
fratello, i parenti tutti, con la fedele
Virginia Bisio.
I funerali hanno avuto luogo il 17
marzo u. s. nel Tempio valdese di Genova - Via Assarottl.
Genova, 16 marzo 1970.
5
27 marzo 1970 — N. 13
p^g
NOTIZIE DALLE CHIESE E OPERE SICILIANE
Tre osservazioni
banaii
Banali perché ovvie, anche se non
10 sono ancora per tutti.
1) Da troppo tempo si dice « nella chiesa non si deve far politica »
ma cosa significa questo se non accettare la politica che è in vigore,
quella fascista quando il fascismo
era in auge, l’attuale oggi. Tutte le
chiese che non vogliono far politica
sono sostanzialmente conservatrici
e contribuiscono a mantenere la situazione com’essa è, cioè non a predicare il « nuovo mondo di Cristo »
dove tutto è nuovo, ma a mantenere
11 mondo attuale a scapito di ogni
coerenza con la professione di fede
in Cristo.
2) L’annunzio del Regno, del
nuovo mondo di Cristo, non può esser fatto astraendosi dalla vita. Esso è messaggio di vita, non teoria
che si soddisfa nella misura in cui
la si tiene da parte dalle situazioni
concrete. L’annunzio del Regno ci
chiama dunque a scegliere ed a
prendere delle decisioni nella vita
di ogni giorno non per conservare
la nostra tranquillità, ma per obbedire a Colui che non aveva un luogo
dove riposare il capo e che ha scelto la croce ed è risorto affinché non
vivessimo più per noi stessi ma per
il mondo che Egli ha tanto amato
da dare la vita per esso.
3) Lo Stato spende somme enormi per armamenti, per lusso inutile, per una burocrazia che affossa
ogni iniziativa e rende impossibile
ogni evoluzione...Ma chi dà allo Stato il denaro per tutte queste cose?
Noi credenti non meno degli altri!
Occorre dunque che, con quanti realizzano la malvagità di auesta situazione, partecipiamo ad un completo
cambiamento, tanto che le nostre
tasse ed i nostri contributi vadano
non a ciò che distrugge ma a ciò
che edifica: allo sviluppo delle scuole, al provvedere lavoro, agli ospedali che sono in condizioni pietose,
alla realizzazione, nel Governo, di
un nuovo ministero che ancora non
esiste, quello della Pace, affinché il
popolo cui apparteniamo lavori alla distensione fra le nazioni ed a
maggiore giustizia ed edifichi con
esse un mondo nuovo.
Tutte cose ovvie, ma che richiamano ciò che noi cristiani così raramente sappiamo dare: coerenza.
Tullio Vinay
Una volta ancora, dal bollettino della Commissione
del VI Distretto (Calabria e Sicilia) desumiamo notizie
sulla vita delle nostre chiese e optere in quella regione.
Una vita attiva, certo non proporzionale al numero relativamente esiguo dei nostri ’effettivi’ in loco.
Proseguendo un’iniziativa già avviata, si è avuta una
nuova serie di visite in tutta la Sicilia : dal 15 al 22 marzo
il prof. Valdo Vinay, della nostra Facoltà teologica, ha
preso contatto in loco o in raduni di chiese viciniori con
tutte le comunità siciliane. Conferenze, lezioni, culti, l’impegno è stato considerevole e la risposta altrettanto.
La vita della Casa di riposo di Vittoria attende ancora una sistemazione definitiva; la signora Bell, venuta
dal Canada, non ha potuto continuare la sua collaborazione, per la quale si serba gratitudine; il past. Trobia,
da Catanzaro, per alcuni mesi ha dato una preziosa collaborazione, insieme alla signora Delizia, nel sobbarcarsi
le responsabilità della Casa. Ora è stato trasferito tem
poraneamente, da Palermo, il past. Giunco; ma occorrono persone vocazionalmente portate a questo ssrvizio.
Membri della Commissione distrettuale hanno visitato
le chiese di Grotte, di Palermo e di Trapani, nonché il
Villaggio ’Speranza” a Vita. Nelle visite e nella sua azione coordinatrice la Commissione distrettuale si sforza di
tenere ben presenti le linee d’impegno tracciate dal documento sinodale 1969, secondo le prospettive di una
chiesa missionaria, sollecitando le chiese a studiare e discutere i problemi più urgenti sul tappeto : diffusione delle pubblicazioni della Claudiana, la stampa periodica e i
mezzi di comunicazione di massa, il battesimo e la confermazione, il matrimonio e il divorzio.
Per nulla rassicurante la situazione finanziaria : « Tra
tutti gli impegni che abbiamo assunto davanti a Dio,
quelli finanziari non sono certo i più difìttcili da mantenere: perché non cominciare con Tessere fedeli nelle cose
minime? »
zione (studio della emigrazione e situazione lavoro) ed ha ora iniziato
una scuola popolare per la popolazione che desidera prendere la licenza
elementare. Con questo Comitato si
ha l’impressione di potere andare
avanti sulla linea tracciata: risolvere
i problemi insieme alla popolazione,
in un confronto aperto di idee.
Mario Berutti
S. Margherita Belice: Il Villaggio
Libera Assemblea un aeno dopo
A S. Margherita la presenza del Villaggio è motivo di preoccupazione per
alcuni, di stimolo per altri. Già le baracche, costruite dalla cooperativa edile di Riesi, sono una denuncia delle
gravi speculazioni di imprese, di Enti
comunali e governativi, operati ai danni del popolo. Al villaggio le baracche
sono solide e hanno Taspetto di una
casetta pur costando 26.000 lire al mq.
Le baracche dello Stato sono costate
da 45 a 70.000 lire al mq. e cominciano a sfondarsi: nella zona sono centinaia le baracche dichiarate inabitabili,
piove dentro, i pavimenti sono bucati,
te fogne scoppiano, l’isolamento termico è pessimo.
Ma non è questo aspetto del Villaggio che ci interessa. Il Villaggio costituisce un riferimento per il tentativo
di autogestione popolare delle cose
pubbliche. Le 40 famiglie residenti
hanno eletto un consiglio, ma solo per
assolvere compiti di ordinaria amministrazione; l’assemblea si è riservata
tutti i poteri. Nessuna decisione che
riguarda tutti può essere presa dal
consiglio, in modo che tutti partecipino responsabilmente alla vita del Villaggio. Questa forma di autogestione
ha un senso non per creare un piccolo
villaggio democratico in mezzo ad una
zona dove impera la mafia, ma per
abituarsi a rifiutare che pochi decidano per tutti e trasferire l’esperienza in
paese e nella nazione.
Il Villaggio ha dovuto affrontare
molti problemi che non trovavano soluzione per l’opposizione degli amministratori comunali infastiditi dalle
idee che circolavano nel villaggio. Mancava l’acqua per tutti, la luce, un am
Il Servizio Cristiano a Palermo
Sull’attività del « Servizio Cristiano »
a Palermo abbiamo già dato molte volle notizie e dati. Il bollettino della
Commissione distrettuale ricorda com’è sorto, qual’è il suo raggio d'azione attuale, via via più ampio, e in quale contesto sociale spesso disastroso
è chiamato a operare. « Da dieci anni
Dio ci ha aperto una porta per la testimonianza evangelica alla Noce. Di
anno in anno abbiamo visto aumentare il numero degli alunni, fino a raggiungere il massimo della capienza dei
nostri locali, che è di circa 200 posti.
Per ragioni pratiche il doposcuola si
è trasformato in scuola parificata con
doposcuola. Dalla vecchia casa siamo
passati a occupare tutti i locali disponibili della Villa Caruso, ove ha sede
la ’Casa de! fanciullo’; la scuola comprende tre classi elementari e la scuola materna ». SuH’ampia proprietà di
circa 2.500 mq., acquistata a nome della Tavola Valdese con fondi donati dall’estero, sorgerà il ’Centro diaconale’:
il progetto è in corso di realizzazione
e vi saranno concentrate e coordinate
le varie opere attualmente dislocate in
vari punti della città. Come si diceva,
la situazione in cui si trovano soprattutto i bambini, nella metropoli sicula,
è allarmante.
« In questo contesto educativo ed
anche in occasione delle frequenti
esplosioni di criminalità che si verificano nella nostra città, abbiamo preso
1« Iniziativa per il rispetto della vita »
che ha avuto una certa ri.sonanza nella città e che sarà da noi proseguita
con rinnovato impegno. Non si tratta
infatti soltanto di reprimere o di denunciare semplicemente degli atti di
criminalità o di mafia quando si verificano, ma di prevenirli, cambiando la
mentalità, inculcando il senso del rispetto della vita in tutte le sue manifestazioni, dai primi gradini della scala degli esseri viventi. Ma questa azione educativa deve cominciare dai fanciulli che tanto spesso, influenzati dalTambiente, danno cosi rattristanti dimostrazioni di violenza e di crudeltà.
« Per completare il quadro della nostra attività, dobbiamo ricordare che
essa ha avuto una ulteriore espansione
nelle zone terremotate, in seguito agli
eventi sismici del 15 gennaio 1968. Vogliamo qui semplicemente ricordare la
esperienza meravigliosa che ci è stato
dato di fare, per cui una semplice, modesta azione di soccorso, fatta con
spontaneità e con amore, dal nostro
gruppo di servizio, ha dato poi dei risultati che non avremmo mai osato
immaginare o sperare: la costruzione
del Villaggio « Speranza » a Vita (Trapani).
« La nostra azione non è finita, né
si è conclusa con la assegnazione delle 20 case prefabbricate alle famiglie
terremotate di Vita. Per uno o due
giorni della settimana qualcuno del
nostro Gruppo si reca a Vita: curiamo
i fanciulli, diamo lavoro alle donne, ci
interessiamo dei problemi del lavoro e
della famiglia. Sul piano umano si è
stabilito un rapporto di affetto che ci
fa ben sperare per l’avvenire. Una
donna mi diceva: « Signor pastore,
perché non viene Lei a dirci la messa
la domenica? » Cristo è stato già annunziato in tanti modi a questa gente
che ha finora conosciuto solo il volto
più triste della vita.
« Ognuno può facilmente comprendere come questa attività di cui ho
cercato di dare una visione quanto più
completa possibile, richieda non pochi
mezzi e non poco impegno di lavoro.
Ma quando Dio dà un compito, dà anche i mezzi per adempierlo. Il nostro
gruppo è attualmente composto di 26
persone di cui 10 insegnanti, 6 collaboratori esteri, 10 persone addette a
vari servizi (cucina, pulizie, auto, ufficio, soi'veglianti, ecc.).
« Sarebbe troppo semplicistico dire
che tutto va bene e che non abbiamo
difficoltà, ne abbiamo tante! Non mancano i momenti di scoraggiamento e
di stanchezza, spesso il senso della debolezza della nostra opera ci assale.
« Ma allora troviamo nell’Eterno il
nostro rifugio e a Lui chiediamo di
rendere stabile la fragile ’opera delle
nostre mani’ e di farci vivere ogni
giorno della sua grazia e del miracolo
del suo grande amore ».
P. V. Panascia
bulatorio (il villaggio, assieme ad altre
due baraccopoli dista km. 2 dal paese)
e le strade da asfaltare. Ci sono volute assemblee per capire il perché della
opposizione e delle lotte, per ottenere
cose elementari, mti si è capito che
« gli ultimi » se non lottano, pur avendo tutti i diritti, sono sempre schiacciati dai potenti; si è capito che la
stessa cosa avviene tra i terremotati
siciliani ed il Governo che fa leggi ma
non le rispetta perché servo della politica dei potenti, dei capitalisti. Opporsi a chi vuole mantenere l’ingiustizia, vuol dire lottare con una mentalità nuova: non è il mio interesse che
deve trionfare, ma ;'.nnullare il « mio »
nell’interesse di tutto il popolo oppresso. Solo nei momenti in cui si era
uniti nel Villaggio si è vinto. Si è anche capito che alcuni in paese vogliono dividerci perche a loro fa comodo,
così come avviene nelle fabbriche dove ai padroni fa comodo tentare di dividere gli operai. I Potenti hanno gli
strumenti: a S. Margherita usavano la
« lupara » ora usai;:i la calunnia, il sottopotere politico, le promesse, gli aiuti
discriminati, la concessione di piccoli
privilegi, tutte cose usate nel villaggio.
La maggioranza comincia a capire: insieme lavoriamo per una realtà nuova.
Oggi c’è mollo scambio tra gli abitanti del Villaggio e quelli che risiedono altrove. Le assemblee popolari
nel paese sono realtà vive in cui assieme si ricerca. Il villaggio ultimamente ha scelto di mettere a disposizione la sala sociale per proiettare dei
film in modo da cr iire, attraverso la
discussione, le idee .'he alcuni ci propinano col cinema e la televisione. Con
tutto il popolo di S. Margherita si comincia a capire che si è sfruttati due
volte: una prima volta quando tutte le
risorse della campagna ci vengono portate via dai grossisti con prezzi che
non permettono di sussistere col lavoro della terra, una seconda volta quando attraverso il cinema e la televisione, ci fanno apparire necessari consumi inventati dai padroni. Ci danno
quattro soldi per i prodotti della terra e se li riprendono facendoci com
prare tanta roba che quasi sempre
non è vitale.
Questa iniziativa del Villaggio è un
contributo che diamo al popolo di
S. Margherita per riflettere insieme,’
per avviare un cambiamento di mentalità che oggi molti chiamano: rivoluzione culturale.
Giovanni Papa
lavoro di quartiere
a Vlllaseta
Il lavoro di Villaseta prende spunto
dalla Comunità Valdese di Agrigento
e Grotte, come una conseguenza dell’interesse di queste comunità per i
problemi sollevati dal terremoto 1968
nella Valle del Belice. Dal lavoro nella
zona terremotata è nato un progetto,
sostenuto dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, per Villaseta,
un nuovo quartiere della città di Agrigento, quartiere ove sono stati alloggiati anche terremotati oltre che i sinistrati della frana di Agrigento.
Dicevamo che il lavoro prende spunto dalla comunità, poiché nella realtà
la comunità non partecipa attivamente al lavoro e non sempre condivide le
linee del lavoro. Infatti il segno della
presenza della comunità nel lavoro è
dato dalla sola libertà data al pastore
di seguire questo esperimento.
Si deve infatti parlare di un esperimento, più che di un fisso programma
ben preciso nei metodi e programmi.
Si ritiene infatti che si debba cercare,
nella realtà sociale di Villaseta, le soluzioni di carattere sociale e politico.
Queste soluzioni non possono essere
cercate da soli, ma solo insieme ad altri, credenti o no, che anche vogliano
risolvere la situazione (disastrosa, per
l’abbandono in cui la popolazione è lasciata).
Dopo un anno di lavoro, portato
avanti da Giovanni Unisoni come volontario, ci troviamo a Villaseta in un
rapporto di piena collaborazione con
un gruppo di giovani (formanti il Comitato Sviluppo Sociale Villaseta).
Questo Comitato pubblica un occasionale giornalino per la popolazione, segue i problemi più urgenti (acqua,
scuole, fogne, farmacia, posta), si ripromette di compiere una analisi più
approfondita delle cause della situa
M. Pantaleone a Gela
Ci siamo recati numerosi ad ascoltare Ton. M. Pantaleone a Gela, in una
delle tante conferenze che egli tiene,
molto coraggiosamente, contro la mafia. È una battaglia che sostiene da
lungo tempo e nella quale ha impegnato la sua vita.
Il pubblico molto numeroso lo ha
ascoltato con la massima attenzione.
Alle molte domande che gli sono state
rivolte, come al solito, Pantaleone ha
risposto con precise documentazioni.
Ma la mafia si è molto trasformata migrando dalle campagne più che mai
nei luoghi ove il potere può dare adito
ad arricchimento. Il vero tema attuale, intorno al quale del resto Pantaleone sta lavorando, è l’industria del potere, ed è proprio qui che divengono
sempre più evidenti le pericolose connessioni fra mafia e politica e, anche,
la spiegazione chiara delle difficoltà
che la Commissione Anti-Mafia ha di
denunciare i veri responsabili del diffondersi di questa peste per procedere
contro di essi.
T. V.
Visita di L. Labnr
a Palermo
Abbiamo avuto l’occasione di seguire i due dibattiti sulTACPQL (Associazione di Cultura Politica) in occasione
della visita di Livio Labor a Palermo.
Si tratta di scoprire un nuovo, assolutamente nuovo, modo di far politica.
E questo non lo si ottiene in nuovi
equilibri di forze o in nuove alleanze,
ma piuttosto nella ricerca comune in
cui le sinistre non solo si confrontino
ma si impegnino di fronte a situazioni concrete laddove la necessità si presenti. Le intenzioni del fondatore delTACPQL ci sembrano sincere e oneste,
come anche lo si vede dalTevolversi
della sua personale linea politica. La
sola domanda che ci facciamo, e possiamo anche farla a Labor che si confessa credente, è se si scopra qualcosa
di veramente nuovo, nel senso di mai
ancora attuato nella storia, se non si
va alla politica dell’agape che ci viene
indicata da Colui che è la VIA e della
cui sapienza gli uomini non ne vogliono sapere. La VIA è Cristo, non Marx.
Marx è un servitore che (ìristo ci dà
per analizzare il mondo degli uomini e,
conoscendolo, portarvi l’annunzio della verità fondamentale di ogni attività
umana.
T. V.
A Pachino continua ii iavoro deii’Asiio evangeiico
Il lavoro dell’asilo è continuato. Può
sembrare poco affermare questo, quando siamo partiti con progetti abbastanza ambiziosi, ma non è poco se pensate alle condizioni in cui lavoriamo, che
non sono sempre delle migliori.
Non ci sono state defezioni nella
staff che lavora all’asilo, e tutti ■— le
maestre, Elisabeth, la cuoca, Sergio —
sono rimasti con noi tutto Tanno, fino
al momento in cui scriviamo. Questo
ci ha permesso quella continuità che
è necessaria se si vuole combinare
qualcosa.
Che ne è stato delle « prospettive di
lavoro » che abbiamo indicato a novembre?
Ci manca ancora molto per essere
rlTavanguardia nel corpo pedagogico,
nelle attrezzature e soprattutto nello
spirito vocazionale che deve presiedere
al nostro lavoro.
Se vogliamo pigramente confrontarci con gli altri asili della zona, possiamo probabilmente essere soddisfatti;
ma essere relativamente alla .avanguardia in una situazione sociale che non è
delle più favorevoli, non è ancora quello che ci proponevamo. Se siamo in
grado di offrire qualcosa di più di un
asilo di custodia, non sappiamo ancora
llisìta di don Mazzi a Riesi
La sera del 23 gennaio, la grande sala dell’edificio centrale del « Servizio
Cristiano » di Riesi era affollata per
ascoltare Don Mazzi. Avevamo esteso
l’invito ad un pubblico molto vario, al
quale si sono aggiunti anche fratelli
venuti da Agrigento. Don Mazzi ha una
parola da dirci per Tesperienza ormai
vissuta da quindici anni. Di un popolo
diseredato e sospinto ai margini della
città ha formato una comunità. Questo tutti ormai lo sanno. Fra questo
popolo ha eliminato le divisioni e con
esso si è messo a cercare ed a servire
la giustizia. Oggi, però, ognuno si forma il suo linguaggio e non sempre è
facile andare a comprendere al di sotto o al di dentro delle espressioni usa
te il pensiero ultimo. Ci è parso, non
ne siamo certi, che per lui il Risorto
si è dissolto nell’umanità che ha incarnato e nella quale occorre cercarlo, e
non è tanto Colui che oltre a portarne
la causa la conduce, e ci dà forza e
speranza in vista della Sua vittoria. Infatti solo se egli è il Vivente il « suo
mondo » è il vero e noi non siamo lasciati soli ai nostri piani, ma anzi ci è
offerto di entrare nel « suo » mondo
per esserne strumenti in mezzo agli
uomini. Ci è parso questo, però chi
non è chiamato a riflettere seriamente
di fronte alla parola di un uomo coerente e che paga i costi della sua fede? Sono i teorici da salotto che non
scuotono. Lui, sì. T. V.
offrire un esempio di scuola materna,
che obblighi gli altri a prendere atto
di un fatto nuovo, di un modo nuovo
d, concepire l’educazione.
Le nostre attrezzature sono migliorate, grazie ai doni del Diakonisches
Werk e di altri amici. I tavolini e le
sedie del refettorio sono ora nuovi e
razionali, e questo ci permette di chiedere ai bambini di fare essi stessi il
possibile per tenere in ordine: è un
primo passo verso quella educazione ad
un libero senso di responsabilità che
altrove può apparire un obiettivo limitato e che qui è invece ancora un punto di partenza obbligato per andare
oltre.
E grazie a un dono cospicuo delle
chiese di Zurigo potremo a fine anno
provvedere all’acquisto e alla inaugurazione di materassini per il sonno pomeridiano dei bambini. Non saremo
più costretti a far riposare i bambini
col capo chino sul tavolo, con le conseguenze antiigieniche che potette immaginare.
La collaborazione degli amici è dunque, come potete vedere, uno dei lati
del nostro lavoro qui che si è rivelato
tra i più promettenti: non solo aiuto
in denaro, ma aiuto per le attrezzature, per il materiale didattico, per vestiario e giochi, per consigli e indicazioni di testi e corsi di aggiornamento,
per contatti con altri asili e in genere
con educatori e istituti che ci possono
aiutare. Dalle Valli Valdesi, dalla Svizzera, dalle principali città italiane,
dalla Germania e dalla Scozia la rete
dei nostri amici è una realtà della quale ci siamo resi conto per gli interventi
fedeli, puntuali, che ci hanno aiutato
non poco.
La collaborazione della comunità locale è invece ancora cosa sporadica,
non sufficiente. Alcune persone consacrate, che sanno quale valore umano
può avere una educazione libera, non
confessionale, laica nel miglior senso
del termine, oi sono e ci aiutano: e
questo a lungo andare sarà la testimonianza che forse ci sarà concesso di dare ad una città che è « quasi troppo religiosa », come si esprimeva Paolo parlando agli Ateniesi. Ma gran parte della comunità sembra considerare nor
raale l’esistenza dell’asilo, c’è abituata
perché da sempre lo ha visto funzionare, e non porta perciò la preoccupazione di questa opera di testimonianza
nella sua vita. C’è ancora molto da lavorare per far capire che la testimonianza che vogliamo rendere non è a
buon mercato che o è pagata a caro
prezzo oppure è destinata a perdere
efficacia e sapore.
Il lavoro sociale nei confronti delle
famiglie dei bambini è stato curato con
amore, con fermezza e con una splendida autodisciplina da Elisabeth, che ha
lavorato bene e senza nessun auto-compiacimento. Ma Elisabeth è spesso stata sola, ed è qui solo per un anno. Ci
vorrà uno sforzo notevole perché il
suo lavoro venga continuato e possa
estendersi da poche famiglie — le più
bisognose — alla totalità delle famiglie
interes.sate. Purtroppo non abbiamo
quasi rapporti collettivi con le famiglie dei bambini: le maestre seguono
tutti i loro bambini, e conoscono situazioni difficili e strettezze, ma un lavoro
collettivo con tutte le famiglie darebbe
certo dei frutti.
Si è tentato di parlare alle famiglie
quando oi siamo riuniti tutti insieme
per una piccola festa di Natale preparata dai bambini.
È difficile parlare delTEvangelo in
un asilo, né vogliamo fare un discorso
confessionale alla rovescia rispetto a
quello dei preti: ma abbiamo cercato
di annunciare a quegli uomini vecchi
che ci stavano davanti che è possibile
fare dei bambini — e non solo di loro
— degli uomini nuovi, che questa possibilità non è una questione di magia
né di tecnica, ma la possibilità che è
in Cristo. Ci stavano davanti mamme,
nonne, qualche padre, i bimbi. Quanti
dei nostri bambini hanno volti vecchi,
molto più vecchi di quanto vorremmo
in bimbi della loro età. E quanti di
questi bambini saranno ancora costretti ad emigrare, a lavorare sottopagati,
a vivere schiavi di una mentalità repressiva e fatalista che non è dell’ambiente, ma di chi non ha interesse a
che questo ambiente venga mutato?
Siamo stati compresi o solo si aspettava il pacco natalizio? È forse presto
per rispondere. Sergio Ribet
6
pag. 6
N. 13 — 27 marzo 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Studenti cristiani
in URSS
Ginevra (soepi). - Dieci rappresentanti della Federazione universale delle Associazioni cristiane di studenti
(FUACE) si sono recati in Unione Sovietica nel febbraio scorso a seguito
deH’invito del Consiglio degli studenti
di quel paese. Questa visita è stata molto importante: si tratta infatti della
prima riunione bilaterale del Consiglio
degli studenti, che ha uno statuto ufficiale in URSS e della FUACE, organizzazione cristiana mondiale. La visità aveva lo scopo di intavolare delle
discussioni bilaterali coi rappresentanti
del Consiglio degli studenti e di dare
l’occasione ai membri della FUACE di
rendersi conto dei recenti sviluppi in
URSS.
Il colloquio di Kiev si è incentrato
su tre punti:
1) La possibilità di rafforzare l'azione cristiana in favore di un ordine sociale dove la dignità umana venga rispettata e l’oppressione e lo sfruttamento eliminati.
2) Il potenziamento della partecipazione studentesca alla lotta contro la
discriminazione razziale, l’oppressione
coloniale, il pericolo di una guerra atomica e il divario fra naziioni sviluppate e sottosviluppate.
3) La partecipazione responsabile
degli studenti alla vita sociale, i movimenti studenteschi e la democratizzazione deirUniversità.
È stato deciso, da parte delle due organizzazioni, di aumentare lo scambio
di varie pubblicazioni ed articoli da
pubblicare; di inviarsi reciproche delegazioni alle proprie assemblee; di organizzare dei seminari in modo più
regolare.
E stata pure discussa la possibilità
di realizzare dei progetti comuni, ma
il poco tempo rimasto non ha consentito di giungere ad im accordo a questo
riguardo. Tuttavia, parecchie proposte
verranno esaminate nel corso di un
nuovo eventuale incontro: seminari comuni, eventuale azione comune nella
lotta contro la guerra in Vietnana, la
discriminazione razziale l'oppressione
coloniale saggio di elaborazione di una
teoria critica che consenta aH’università ed alla società di uscire dalla loro
stagnazione per la liberazione delle capacità creative dell’uomo.
Questa visita è stato il risultato di
contratti stabiliti daU’Unione intemazionale degli studenti e, più recentemente, dalla partecipazione di rappresentanti del Consiglio degli studenti a
parecchi avvenimenti importanti della
FUACE, ivi compresa la Conferenza
mondiale degli studenti tenutasi a
Turku nel 1968.
Il Consiglio ha mostrato un particolare interesse all’accento posto dalla
Federazione sulla politicizzazione; da
parte sua, la FUACE si è mostrata desiderosa di trarre un insegnamento_ dai
diversi aspetti della società socialista.
Della delegazione della FUACE facevano parte studenti provenienti dall’Argentina, dalla Finlandia, dalla Gran
Bretagna, daH’Italia, dal Kenya, dal Libano, dal Pakistan, dai Paesi Bassi e
dalla Cecoslovacchia.
la chiesa bulgara
COMPIE 1.100 ANNI
Sojia (soepi). - Sei delegati della Commissione « Fede e Costituzione » del CEC hanno recentemente partecipato a Sofia alle cerimonie che hanno segnato il 1.100“ anniversario della fondazione della Chiesa ortodossa
bulgara. ....
In tale occasione, i delegati si sono incontrati con dei teologi bulgari all’Accademia
di teologia di Sofia per discutere sui diversi
studi intrarpresi da Fede e Costituzione. 1
teologi bulgari hanno dal canto loro preparato dei documenti su « Eucarestia e unita
della Chiesa», «la cattolicità della Chiesa»
sul proselitismo.
Altri incontri hanno pure avuto luogo coi
memliri della commissione ecumenica dei
. Santo Sinodo » sul futuro del movimento
ecumenico in Bulgaria. Il pastore Vischer,
direttore del segretariato di Fede e Costituzione ha dichiarato che le preoccupazioni dei
teologi bulgari sarebbero state prese in considerazione in occasione della preparazione < e la prossima riunione della commissione Fede
t Costituzione nell’agosto 1971.
La Chiesa ortodossa bulgara e stata iondaneirSTO. Il prof. T. Sabev, dell Accademia
,1 teologia di Sofia, è membro <U1 comitato
centrale c di quello esecutivo del CLU.
NOVE MEMBRI DELLA C.C^.
boicottano il comitato
DI LAVORO
Ginevra (soepi). - Nove membri della Conferenza cristiana della pace, detta « di Praga »,
hanno fatto sapere che non parteciperanno
„ per ora » ai lavori del Comitato di lavoro
e del segretariato internazionale. In una letLa che hanno inviato, essi protestano contri. «g/i avvenimenti e i melodi de^h scorsi
mesi », con esplicito riferimento aUe forzate
dimissioni del segretario
ei al rifiuto di chiarire le difficolta in un
fraterna discussione. I firmatari della lettera
sono: G. Casalis, L. Franco, H. de Graf, I.
Jaeoby, J. Kanitz, H. Kloppenburg, E. Louis,
H. Row e M. Scharz. Essi hanno precisato
che avrebbero continuato a partecipare ai comitati regionali.
LA 49^^ ASSEMBLEA GENERALE
DEL CONSIGLIO PROTESTANTE
DEL CONGO
Kinshasa (soepi). - La ricerca del rinnovamento e delFunità, sia sul piano organico che
SI quello spirituale; questo era Tobiettivo
della 49"* Assemblea del Consiglio Protestante del Congo (CPC) che ha avuto luogo nei
giorni scorsi e che aveva per tema : « Cristo
rende ogni cosa nuova ».
Il segretario generale del CPC, pastore Bokeleale, nella sua relazione ha passato in rassegna il lavoro compiuto dai diversi dipartimenti del CPC nello scorso anno. « Sento Voh»hligo di insistere sul pericolo che corre la
Chiesa se essa non fa l’esame di coscienza
sulla propria vita e sulla propria situazione
nel più ampio contesto della situazione di un
paese in via di sviluppo » egli ha detto.
Si deve anche notare che nel suo discorso
d’apertura, il pastore Bokeleale si è felicitato
del fatto che le relazioni fra cattolici e protestanti e kimbanguisti in seno alla Società
biblica concolese segna — secondo lui —
una nuova era di coesistenza fraterna ed ecclesiastica.
Egli si è pure rallegrato per Lammissione
della Chiesa kimbanguista in seno al CEC.
Questo avvenimento significa un avvicinamento verso le altre chiese e permette a questa chiesa di uscire dall’isolamento e dalla diffidenza ch’essa suscitava.
IL DR. IBIAM
TORNA IN NIGERIA
Basilea (epd) - Il dr. Akanu Ibiam, ex-governatore della Nigeria orientale (Biafra), il
quale abitava da alcuni mesi a Pratteln, il 13
marzo ha lasciato la Svizzera alla volta di
Lagos. A. Ibiam era uno dei presidenti del
CEC, fra le assemblee di Nuova Delhi e di
Uppsala. Medico, ha servito per lunghi anni
nella foresta, quale medico missionario; appartiene alla Chiesa riformata. Durante la
guerra civile appoggiò gli scopi del proprio popolo, gli Ibo, nel Biafra. Appena finita la
guerra tentò di tornare in patria. Ha ora ottenuto l’autorizzazione del governo federale, e
il dr. Ibiam vuole dare il suo apporto alla
riconciliazione. Egli tira le conseguenze della
disfatta e desidera assumere con i propri concittadini tali conseguenze, sperando di dare il
proprio apporto personale alla necessaria, urgente ricostruzione.
UN MANIFESTO DELLE CHIESE SUDAFRICANE
Dodici punii di riflessione per
gii eiettori cristioni deiio RepuiAiics sudofricaiis
Il manifesto che pubblichiamo qui sotto e che
è stato reso pubblico recentemente, è stato redatto
da dirigenti di Chiese sudafricani in vista delle elezioni che si terranno nella Repubblica nel prossimo aprile. « Pro Ventate », rivista mensile per
l’Africa del Sud, commenta così questo manifesto:
« Già da molto tempo un numero crescente di cristiani si sono resi conto che occorreva fare qual
cosa, soprattutto in campo politico, per porre rimedio al deteriorarsi delle relazioni umane nel nostro paese. Gli elettori del Sud-Africa, che spesso si
vantano di essere cristiani, devono esser messi a
confronto con una testimonianza cristiana che sia
in pieno accordo con le esigenze della responsabilità cristiana ». In una situazione storica drammatica, ecco le due anime della Chiesa a confronto.
1. Qgni cristiano ha una responsabilità civile alla quale non può sfuggire,
tanto più se ha diritto di voto.
2. La politica è legata aH’organizzazione della società e tocca quindi intimamente la vita degli uomini creati a
immagine di Dio.
3. Con il suo voto il cristiano ha il
dovere di contribuire a costituire un
governo che dovrà promuovere la giustizia e l’ordine sociale, e lavorerà al
benessere di tutta la comunità, in accordo con i comandamenti biblici della
verità, della giustizia e dell’amore.
4. Qualsiasi organizzazione della vita
pubblica, contraria ai comandamenti
biblici della verità, della giustizia e dell’amore, frappone ostacolo al bene comune, mette in pericolo la giustizia e
l’ordine sociale, entra in conflitto con
la volontà di Dio e trascina così il popolo alla rovina.
5. Attraverso la "creazione" e la “salvezza" Dio rivela che s’interessa alla
società umana altrettanto quanto al
bene e al destino di ogni individuo. Il
cristiano riconosce perciò il valore intrinseco della società e la dignità di
ogni singola persona.
6. Il cristiano condivide la responsabilità dell’organizzazione della società
in accordo con le promesse e con i comandamenti rivelati da Dio. Nel suo
impegno e nella sua azione politica egli
dovrà quindi seguire la volontà di Dio
e respingere tutto ciò che non è in armonia con quella.
7. Qgni cristiano deve perciò rendere
conto a Dio del suo appoggio o del suo
rifiuto di appoggio a un dato partito
politico e al programma che questo
persegue. Egli dovrebbe esaminare la
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p a - Torre Pellice (To)
A DIECI ANNI DAL MASSACRO
DI SHARPEVILLE
Il 21 marzo 1960, a Sharpeville in
Sudafrica, numerosi africani si riunirono davanti al commissariato di polizia, per protestare contro l’obbligo
loro imposto dal governo di Pretoria,
d’esser permanentemente muniti di speciale « lasciapassare ». Per quanto la
manifestazione si svolgesse pacificamente, i poliziotti, armati di fucili e di
mitragliatrici, ed utilizzando persino
delle autoblinde, aprirono il fuoco, nel
mentre che aerei da caccia a reazione
volavano a bassa quota sulla folla per
terrorizzarla. Bilancio: 69 morti e 180
feriti, fra i quali molte donne e bambini.
Ogni anno quest’anniversàrio è celebrato dalle diverse organizzazioni contro Z’« apartheid »; ed è questo il quarto anno consecutivo che l’assemblea generale dell’ONU, in adempimento della
sua risoluzione del 26-10-1966, ha richiesto a tutti i suoi componenti di fare
del 21-3 una « giornata internazionale
per l’eliminazione della discriminazione razziale ».
Lo stesso anno 1960, mons. Ambroise
Reeves, allora vescovo anglicano di Johannesburg, dichiarò: « La storia riconoscerà che Sharpeville ha segnato una
svolta nella politica sudafricana... Ecco
che i semi della violenza sono già stati
seminati. E per la comunità internazionale la scelta, dopo Sharpeville, è ormai molto chiara: o essa prenderà tutU le misure possibili affinché venga abbandonata la politica oggi seguita nel
Sudafrica, oppure gli anni futuri vedranno accentuarsi le disgrazie e le
lotte». ,
In questi primi dieci anni, la situazione è andata sclerotizzandosi e minacciosamente irrigidendosi nel Sudafrica,
ma la profezia del Reeves si va lentamente e progressivamente attuando m
alcune nazioni confinanti. « Ma le iniziative pur ammirevoli in senso umanitario (nelle quali chi lo desidera può
far capo al « Comitato francese contro
l’apartheid, Rue Notre-Dame-de-Lorettó
14 Paris 9' »), sembrano ben poco efficaci in confronto alle operazioni di costrizione che sono state invocate dall’ONU. Il «potere bianco» continua a
restare solidamente impiantato .sia a
Pretoria (capitale del Sudafrica), sta
Salisbury (capitale della Rodesia), dove
delle minoranze impongono la propria
volontà a delle maggiorenze nere t
queste hanno perso ogni speranza d accedere legalmente alla gestione dei pro
^^Ciò7piega: che il 27-10-’66 l’Assemblea generale dell’ONU privò il Sudafric.i dei suoi poteri amministrativi ed
esecutivi su tutta l’Africa del Sud-Ovest,
e che il 12-6-’68 l’Assemblea stessa decise di dare a quel territorio il nome
africano di Namibia. Ma Pretoria fa
orecchie da mercante a tutte le raccomandazioni dell’ONU, affermando che
ogni esame dell’« apartheid » da parte
dell’ONU, costituisce un’ingerenza negli
affari interni d’una nazione sovrana. Infine la settimana scorsa a New-York, il
Consiglio di sicurezza dell’ONU, a seguito del veto dell’Inghilterra e degli
USA, ha rinunciato a prendere, contro
il regime razzista del ministro Smith
in Rodesia, quelle misure che numerosi
paesi africani ed asiatici suggerivano,
misure equivalenti alla condanna dell’Inghilterra per il suo rifiuto d’adoperare la forza allo scopo di metter fine
a: regime di Salisbury (...).
Per protestare contro quest’atteggiamento delle grandi potenze, e per affermare la propria solidarietà con tutte le
persone che lottano contro l’oppressione nell’Africa Australe, il succitato « Comitato francese » ha tenuto, giovedì 10
corr., un convegno a Parigi. Nel corso
di tale convegno, è stato lanciato un
appello a che i movimenti africani, nella loro lotta di liberazione, vengano sostenuti ».
(Da un articolo di Jean Kneckt, su
« Le Monde » del 22-23 marzo ’70).
SULL’INCONTRO DI ERFURT
« Ora gli ostacoli cominceranno a
sorgere naturalmente nell’interno dei
due Stati: sia nella Germania Occidentale, dove Vopposizione non mancherà
d rafforzare la propria « vigilanza », sta
(il forse ancor più) nella GermaniaJJrientale, dove le manifestazioni di simpatia popolare espressa al sig. Brandt,
non possono non inquietare le autorità,
più volte nel passato, particolarmente
nel 1966, quando si progetto uno scambio d’oratori fra il partito comunista
ufficiale di Berlino-Est, ed il partito socialdemocratico di Bonn, il timore (h
reazioni spontanee da parte del piioblico, fece naufragare altri
riavvicinamento: pereto l UKi>:s, cne
fino ad oggi sembrò desiderosa d incoraggiare i contatti, potrebbe, per parte
.sua, adombrarsi di tali manifestazionu
Eppure, malgrado ciò, si e costretti
a riconoscere che una pagina e stata
voltata nella storia del dopo-guerra,
chi potrebbe per es. immaginare che t
capi-governo delle due Coree, o dei due
Vietnam, per non parlare di quelli delle
due Cine, decidessero un incontro analogo piuttosto che di combattersi l un
l’altro? , rr T
Ad Erfurt l’Europa ho offerto al resto
del mondo un esempio salutare ».
(Dall’articolo di fondo de « Le Mond, » del 21-3-1970).
propria partecipazione alla politica in
base alle norme seguenti.
8. RICONCILIAZIONE - In obbedienza a Dio, nessun cristiano può sostenere un sistema politico basato sui principio della discriminazione ingiusta,
secondo criteri arbitrari di colore, di
razza, di religione o di sesso fra persone che vivono e lavorano nel medesimo
paese. Deve anzi respingere una simile
politica di discriminazione quando por11 logicamente alla separazione voluta di tali persone indipendentemente
dal loro parere. La tendenza peccatrice
deH’uomo alla discriminazione e alla
separazione è in flagrante contraddizione con il messaggio biblico della riconciliazione.
9. VERITÀ - In obbedienza a Dio,
nessun cristiano può sostenere un sistema politico, manifestamente impra
ticabile, che attira gli elettori con false
pretese e promessa fallaci. Una simile
politica, essenzialmente disonesta, è inconciliabile con l’impegno che il cristiano ha nei confronti della verità.
10. GIUSTIZIA - In obbedienza a Dio,
nessun cristiano può sostenere un sistema politico che, nella sua realizzazione pratica, deve inevitabilmente dar
prova d’ingiustizia aperta e mascherata nei confronti di individui o di gruppi. Una politica che, in fondo, diminuisce, offende o ferisce la dignità umana dei cittadini, dev’essere radicalmente respinta dal cristiano.
11. AMQRE - In obbedienza a Dio,
nessun cristiano può sostenere un sistema politico che poggia essenzialmente sull’egoismo di un gruppo e sulla conseguente difesa degli interessi di
certi strati della popolazione. Un simile sistema sbocca nella disumanità
e nella mancanza d’amore e deve dunque essere corretto in base alla legge
d’amore data dal Cristo.
12. Il cristiano ha il dovere perentorio e la responsabilità di esaminare a
fondo i programmi dei partiti politici
neU’Africa del Sud, e di tenersi al corrente circa il modo con cui vengono
realizzati. Deve valutare ogni dichiarazione politica e ogni politica che sia
contraria alla verità di Dio. Così facendo, può trovare che nessun programma politico rappresenta un’obbedienza assoluta alla verità. Sarà tuttavia obbligato, formandosi un'opinione, di accostarsi quanto più è possibile
a un’obbedienza completa.
Il cristiano che va a votare deve guardarsi dalla tentazione di prendere delle
decisioni fondate sull’egoismo personale o di gruppo. La sua responsabilità si fa anzi anche maggiore in una società nella quale i membri del parlamento sono eletti da una piccola minoranza di cittadini.
Riassumendo, la partecipazione del
cristiano alla politica dev’essere determinata dalla piena responsabilità che
egli porta davanti a Dio e davanti al
prossimo.
« Se gli olandesi vi hanno insegnato /'apartheid
tre secoli fa, vi assicuro che ora imparerete
da loro a sbarazzarvi della pretesa che la razza
bianca sia superiore ». Il prof. J. Verkuyl.
autore del libro « Abbattere le barriere » (finora pubblicato solo in olandese) ha condannato come eresia la giustificazione biblica
dell’apari/ietd.
Sono pure state poste delle domande sulle
ragioni per cui la Nederduitse gereformeerde
Kerk in Sud-Africa condanna il lavoro dell’Istituto cristiano, il quale aveva ricevuto
un appoggio finanziario notevole da parte
dell’organizzazione diaconale delle Chiese riformate neerlandesi.
Questo dialogo degenerava in amare affermazioni e in attacchi personali di J. D. Vorster nei confronti di uno dei direttori delI Istituto cristiano, si che il presidente del
Sinodo doveva sospendere la seduta. Ripre-i
i lavori, il Vorster faceva le sue scuse per
Al Sinedn riformato d’Olanda
Viólenlo atiacco
alle Chiese sndafriEane
che sosiengono l'apariheid
Lunteren, Olanda (spr) - Dopo un violento
confronto d'opinioni fra delegati della Chiesa
riformata olandese nell’Africa del Sud (Nederduitse gereformeerde Kerk) e uno dei presidenti dell'Istituto cristiano per l’Africa del
Sud, il Sinodo delle Chiese riformate d’Olanda
— su invito del quale i re,sponsabili sudafricani erano convenuti nella suddetta città —
c riuscito a fare da mediatore, facendo loro
promettere di convocare una tavola rotonda
fra la Chiesa riformata olandese in Sud-Africa
c l’Istituto cristiano, entro il corrente anno.
La Nederduitse gereformeerde Kerk sudafricana era rappresentala da J. D. Vorster, fratello del premier della Repubblica sudafricana,
mentre l'Istituto cristiano, fondalo dopo la
Consultazione di Coltesloe, in seguilo agli
incidenti di Sharpeville, era rappresentato da
Bruokner de Villiers.
Le Chiese riformate d'Olanda avevano invitalo i dirigenti della Chiesa riformata olan
desc del Sud-Africa per una discusisonc gene
rale sulle loro divergenze di vedute. I membri
del Sinodo hanno fatto molle domande scottanti sul deteriorarsi delle relazioni razziali
il Sud-Africa e suH’atleggiamento assunto
dalla Nederduitse gereformeerde Kerk in SudAfrica nei confronti della politica governativa
iVapartheid.
R. van der Veen, segretario del Consiglio
missionario neerlandese dichiarava inaccettabile la scusa addotta da J. D. Vorster, secondo
cui « i coloni olandesi del XVII secolo avevano dato ai sudafricani Videa dell’apartheid » :
Statistiche
Molta gente immagina che la
Scandinavia sia moralmente corrotta perché è ritenuta la regione del mondo che conta più suicidi. La cosa è inesatta: la Svezia ha un tasso di suicidi dei
20,1 ogni centomila abitanti; proporzione che è quasi quella della
Danimarca (19,3%). La Svizzera,
si noti, ha un tasso del 18,1, la \
Germania del 20 e l'Austria, pae- |
se cattolico, del 23,1, superiore a
quello della Finlandia, che è del
19,2%. La Norvegia, invece, con
un tasso del 7,7, non raggiunge
che la metà del tasso del Belgio,
altro paese cattolico, che sale al
15%.
Si sente dire che la Scandinavia è il paese dei divorzi. Tn
realtà, si contano in Norvegia
0,71 divorzi per mille abitanti,
in Finlandia 1,04, in Danimarca
1,40 e in Svezia 1,32; ma LAustria
ne conta 1,19 e gli Stati Uniti
2,52. (da IDOC n. 2/'70)
essersi lasciato andare alla provocazione e
nunciava di essere pronto ad avviare la discussione con ITstituto cristiano.
A conclusione, il Sinodo votava una dichia
razione di rifiuto deìVapartheid e decideva di
scrivere alla Nederduitse gereformeerde Kerk
in Sud-Africa, dichiarando che non vi è alcuna
base biblica su cui fondare il razzismo e chenon bisogna condizionare gli studi biblici a
considerazioni politico-sociali.
Nel corso del suddetto Sinodo un pastore
zambiano ha chiesto ai membri di esso di daredirettive per prevenire Teffusione di sangue
neirAfrica australe (N.d.r.: si noti che la situazione^ drammatica nella Repubblica africana^ è forse anche più tragica nel vicino territorio dell’Africa del Sud-Ovest, già mandato
sudafricano, in pratica vera e propria colonia;
due mesi fa, poi, un colpo di stato ha turbato
i piccolo regno del Lesotho, dove il primo ministro, incline alla collaborazione con il governo sudafricano, ha destituito il re Mohsesh II
ostile a tale politica : il Lesotho — ex Basutoland. — rappresenta infatti, anche se in modi e in misura ben diversi del Mozambico, una
miniera di manodopera a basso costo per l’economia sudafricana; quanto alla situazione rhodesiana, dopo la definitiva rottura fra il regimo di lan Smith e il Commonwealth britannico, non fa che aggravarsi continuamente ed
è di questi giorni una ferma dichiarazione
dell'episcopato cattolico rhodesiano, cui si sonr associati anglicani e metodisi, contro la
politica razziale governativa).
Il past. Phiri, segretario della gioventù della Chiesa riformala di Zambia — il quale sta
completando i suoi studi teologici alLuniversità filiera di Amsterdam — dichiarava che
non c’è pace in Africa astrale : « ut è soltanto
la pace dei fucili che esigono ¡'effusione del
sangue. Dio desidera che ogni uomo giunga
alla statura di uomo fatto, misurata alla luce
di Cristo. Qualsiasi restrizione imposta artificialmente al suo sviluppo è intollerabile per
una coscienza cristiana. La Chiesa non puh
ignorare la politica, se vuole essere la luce
del mondo e il sale della terra. In ogni società umana, un suffragio universale, basato
sul voto di adulti coscienti delle loro responsabilità. costituisce runica salvaguardia contro
l'i tirannia, permettendo a tutti di dire al
proprio governo se pensano che esso persegua
fini di pace e di giustizia ».
Il past. Phiri è convinto che se Tuomo si
sforza di lottare contro una cattiva politica,
prima o poi viene il momento in cui Dio interviene quale Padrone della Storia e supremo
Giudice. Il past. Phiri ha domandato alle
Chiese riformate neerlandesi se erano d’accordo che si avviasse un dialogo seguito con
la Chiesa riformata di Zambia; ha pure sottolineato la necessità, in cui la sua Chiesa si
trova, di personale qualificalo in fatto di teologia, di sanità, di agricoltura e d’insegnamento.