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26 AGOSTO 1994
ANNO 2 - NUMERO 32
CHIESE E DEMOCRAZIA
SENTINELLE
1
GIORNO E NOTTE
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noi cristiani amiamo ricordare. È quella della «sentinella»
che veglia giorno e notte per
vedere cosa sta succedendo e
allertare tutti dei pericoli che
.stanno per sopraggiungere. È
un immagine che il profeta
isaia usa per definire ii compito dei credenti nella società
e nella politica. È la richiesta
di essere vigilanti «giorno e
i notte» durante il corso di' tutta
.'lanostra vita.
' Vigilanza che non sempre
sappiamo esercitare. Prendiamo i fatti della politica: nel
■ recente passato non sempre
siamo stati vigilanti nei con,fronti del malgoverno, di
¿fronte alla crisi morale dei
spartiti, dei politici, delle istiteioni della nostra Repubblica dell’intreccio tra criminalità e politica, degli scandali
della malasanità, delle mazzette diffuse. Più di una volta
ci siamo addormentati e non
abbiamo visto (o abbiamo
finto di non vedere)^ che cosa
stava succedendo. È uno dei
nostri peccati.
Il «nuovo corso» della politica ci rende nuovamente
vigilanti e così accade che
, stiamo guardando con rinnovata attenzione alle cose che
succedono intorno a noi nel
mondo, anche in quello della
politica. Può succedere perciò che chiese evangeliche ed
esponenti delle stesse critichino questa o quella decisione del governo o dell’opposizione. Così la recente
Assemblea delle Chiese battìste, ésercitando la vigilanza,
fia affermato che «la disoccupazione è peccato, che tangentopoli è l’altra faccia del
potere ed è peccato» e ha
scelto di «porsi dalla parte
della vedova, dell’orfano e
dello straniero, portando il
messaggio della speranza e
della condivisione».
Su questa linea si è mossa
3nche la Conferenza delle
chiese valdesi e metodiste del
IV distretto (Sud Italia) che
Ita invitato le chiese a essere
«luogo di democrazia, luogo
nutriamo qualche dubbio sulla politica governativa degli
spot per informare, dei sondaggi per prendere decisioni
politiche (per governare i
problemi a volte bisogna essere impopolari). Non siamo
convinti che il rapporto tra
elettori ed eletti debba essere
simile a quello trq telespettatori e teleprotagonisti e che in
prospettiva il voto «elettronico» per l’elezione dei nostri
rappresentanti sia pigiare il
bottone di «Quizz». Non si
stupiscano i nuovi governanti
se a porre questi problemi sono i credenti che appartengono alle chiese riformate in
Italia. La Riforma ha insegnato la democrazia al mondo: la prima carta dei diritti
umani è stata scritta in Pennsylvania ben prima della Rivoluzione francese, l’esercito
di Cromwell era composto da
riformati e oganizzato su base
democratica, il riformatore
Teodoro di Beza ha affermato
il diritto di resistere al governatore ingiusto.
Tutto questo deriva da una
cultura diffusa che nessun karaoke può distruggere. Certo i
protestanti in Italia sono una
minoranza, qualificata ed esigente, e quando sono di sentinella sono vivi, attivi, coerenti e, soprattutto, scomodi. Basta assistere alle nostre assemblee, come al Sinodo in
corso questa settimana, per
rendersene conto.
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L'amore di Dio ci infonde coraggio e ci dona la forza per affrontare il mondo
Originalità e diversità della speranza cristiana
Domenica 21 agosto si è
aperto a Torre Pellice il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, che si concluderà venerdì 26 agosto. Dopo il tradizionale corteo di pastori e deputati dall’Aula sinodale al
tempio, si è svolto il culto
inaugurale, presieduto da Giovanna Pons, pastora della
Chiesa valdese di Siena, che
ha predicato sul brano della
Lettera di Paolo ai Galati 3,
23-29: «Prima che venissse la
fede eravamo tenuti rinchiusi
in custodia sotto la legge... La
legge è stata il nostro pedagogo per condurci a Cristo,.. Ma
ora che la fede è venuta, noi
non siamo più sotto pedagogo; perché siete tutti figlioli di
Dio... Non c’è qui né Giudeo
né Greco; non c’è né schiavo
né libero; non c’è né maschio
né femmina; poiché voi tutti
siete uno in Cristo Gesù».
I circa 180 pastori e deputati delle comunità discuteranno e delibereranno sui problemi della vita delle chiese e
della testimonianza evangelica nella società italiana. Sono
presenti al Sinodo numerosi
o*spiti in rappresentanza di
chiese italiane ed estere; fra
gli altri, il presidente dell’Unione battista. Renato
Malocchi; il decano della
Chiesa luterana in Italia, Harmut Diekmann; il presidente
dell’Unione delle chiese ayventiste. Paolo Benini; la presidente della Chiesa nazionale protestante di Ginevra
(Svizzera), Nicole Patio; il
presidente della Chiesa evangelica di Hessen-Nassau
(Germania), Peter Steinacker;
il segretario generale della
Chiesa riformata di Francia,
Marc Richalot e il moderatore della Chiesa riformata unita di Gran Bretagna, John
McKelvey.
JEAN-CLAUDE WIPMANN
«...per questo noi fatichiamo e lottiamo: perché abbiamo posto la nostra speranza nell’Iddio vivente»
(I Timoteo 4, 10)
mo è intessuta di questa nostra volontà,
quasi un piacere, di fare il male. Il se
V orrei osservare tre cose sulla speranza. Primo: dipende dalla dispo
fi di cittadinanza di chiunque.
Così moltissimi membri delle
nostre chiese hanno scritto al
sindaco di Riesi, chiedendo
di cambiare una decisione di
piano regolatore che aveva
fin connotato mafioso contro
ti Servizio cristiano. E il
Compito profetico delle chiesa (per la cronaca: il nuovo
sindaco, espressione di un’allea linea politica, ha accolto
in petizione nel suo programma ed è stato eletto).
Ce chiese nate dalla Riforfiea sono infatti per una democrazia esigente, fatta di partecipazione, conoscenza dei
Peobletni, la discussione col
'criiva e la vigilanza. Perciò
sizione del mio animo, che è mutevole;
la speranza è dunque fugace. Secondo:
la speranza mi invita ad avere fiducia in
me stesso, per cui è bene che io faccia
ciò che mi pare necessario. E, terzo, la
realizzazione di ciò che io spero è aleatoria; nulla è certo, sicuro, garantito. Mi
sono accorto che la speranza cristiana è
qualcosa di molto diverso. Il nocciolo
della questione non è dato da ciò che io
forse riuscirò a fare, ma da ciò che il Signore realizzerà: la nostra speranza è
nell’Iddio vivente.
Tuttavia non è sufficiente dife che la
nostra speranza è solida perché riposta
nell’Iddio vivente; è necessario indicarne anche i contenuti; a tal proposito vanno evitati due maliptesi. Il primo consiste nel credere che Dio finirà per sistemare in qualche modo la bancarotta del
nostro mondo. È falso: un conflitto non
fa in tempo a terminare che subito ne
scoppia un altro. La realtà in cui vivia
condo consiste nel credere che non dobbiamo fare nulla, perché Dio fa tutto: un
conforto spirituale come tanti altri!
Allora che cos’è la speranza cristiana?
È quello sguardo sul futuro reso possibile dalla fede. Io non sono in grado di vederlo nei dettagli però vedo un cammino
sul quale mi posso impegnare con fiducia, perché fedele è colui che lo traccia.
Si tratta di parole approssimative e anche
un po’ pietiste. Però, piuttosto che definire la speranza, tenterei di indicarne le
conseguenze. Ne vedo tre. La prima è
che sono liberato dal panico che mi prende inevitabilmente ogni volta che penso
che tutto dipenda da me. È per me un
sollievo sapere invece che la ipia sorte è
nelle mani di Dio: non rni preoccupo più
tanto di ciò che dirà la gente; e neppure
mi blocca la paura di perdere qualcosa;
la grazia di Dio è quella che mi fa rivivere. La speranza cristiana ci deve dunque
rendere meno timorosi e timidi.
La seconda è che sono liberato dalla
pigrizia. La speranza cristiana ci dà
l’energia di cui abbiamo bisogno. Gesù
dice sempre ai malati che guarisce; «Alzati!», «Levati!». È qui l’energia necessaria per combattere senza tregua contro
il male: le ingiustizie, le violenze, le
menzogne:., senza stare tutto il tempo a
chiedersi se ne varrà la pena. L’apostolo
Paolo, nell’epistola ai Romani, collega
la speranza con la perseveranza; è così
che si acquista solidità e tenacia, contro
un’improvvisazione caotica, arruffona,
destinata a generare scoraggiamento.
Non è necessario attendere con ansia i
risultati: il nostro compito è quello di intraprendere; i bilanci è Dio che li fa.
Infine la speranza cristiana mi libera
dalla mia eterna morosità. Non mi garantisce certo la tranquillità di chi dice: «Il
mondo è perduto, ne aspetto un altro» né
l’irresponsabilità di chi lascia che siano
gli altri a risolvere i problemi. Il credente
è ben inserito nel mondo e partecipa pienamente ai problemi della società; le inquietudini del mondo sono anche sue.
Solo, collocando la sua speranza in Dio,
è come conservato in mezzo alle sofferenze e alle difficoltà in una pace profonda che nessuno gli può togliere.
È più che giusto reagire contro il disfacimento del nostro mondo e affrontare con determinazione i problemi che ci
circondano da ogni lato, ma in questa
lotta non dobbiamo dimenticare la motivazione e il fine del nostro impegno;
l’amore di Dio e dunque il coraggio che
egli ci dona e la forza. In altri termini; la
speranza.
Il prossimo numero di
Riforma sarà interamente dedicato ai lavori del
Sinodo.
Ecumene
/ credenti
e l’educazione
pagina 2
Vita
Delle Chiese
L’incontro con Cristo
pagina 5
AuJ.ascolt()
Deij„a Parola
Vivere del dono
di Dio
pagina (;
2
PAG. 2 RIFORMA
E
80 partecipanti al convegno della'«International Commission on Church and School;
La responsabilità educativa dei credenti
■ ■ Aft m ^
nelle società multietniche e secolarizzate
NICOLA PANTALEO
, comprensibile che alcune minoranze religiose cerchino di ricavarsi
uno spazio, in termini di diritti, neH’istruzione pubblica alla stregua di quanto viene accordato alla maggioranza. Ma
non è questo il futuro!». Proviamo una certa emozione
nell’udire queste parole pronunciate con tono fermo, anche se accompagnate dallo
sguardo tenero e sornione di
questo liberal americano, Ninian, docente di Studi religiosi all’Università della California, di un’amabile corposità a
metà strada fra Bud Spencer e
Orson Welles e a cui è stato
affidato con felice intuizione
il compito di trarre le conclusioni del Convegno romano
deiriccs, a cui hanno partecipato 80 tra protestanti, cattolici e ortodossi, in rappresentanza di 14 nazioni europee
dell’Est e dell’Ovest.
Per ancora maggior chiarezza Smart ribadisce: «In uno
stato democratico dovrebbe
aver posto la conoscenza del
fenomeno religioso ma non
uno studio confessionale». Ci
guardiamo compiaciuti nella
delegazione italiana, piccola
ma combattiva. Finalmente
parole chiare, si pensava: e
l’abbiamo anche detto pubblicamente; soprattutto dopo
aver sentito con quanta tranquilla disinvoltura si difendeva, da parte per esempio dei
relatori polacco e irlandese,
l’opportunità di valersi pienamente dell’estensione alle
chiese protestanti del privilegio, goduto dalla maggioranza
cattolica, di costituire avamposti scolastici confessionali.
Due casi limite questi, forse, e
non privi di elementi giustificativi: i 70.000 luterani polacchi costretti a decidere in una
settimana se intendevano accogliere l’invito, gli 80.000
anglicani della Repubblica
d’Irlanda che non hanno ritenuto di dire no alla «generosa» profferta governativa.
Molto utile e opportuna è
apparsa, in ogni caso, questa
innovazione di alternare alle
conferenze plenarie, ai gruppi
di discussione e ai laboratori
la presentazione di singole situazioni nazionali. Il caso italiano, che ha aperto, la serie, è
stato illustrato con la consueta
ampiezza di orizzonti, non disgiunta da annotazioni urrioristiche, da Daniele Garrone,
docente alla Facoltà valdese
di teologia che ha ospitato il
convegno, anfitrione infaticabile e onnipresente, coadiuvato da un’attivissima Graziella
Gandolfo, corrispondente italiana deiriccs e dall’agguerrita pattuglia del Sie capitanata
dal pastore Carrari.
Per tornare ai temi centrali
del dibattito, gli spunti di
maggior interesse .sono emersi dalle due conferenze plenarie, la secondà soprattutto, a
cura di Suzanne Heine, docente di Teologia pratica e
Psicologia della religione
all’Università di Zurigo, che
ha tracciato un quadro articolato della situazione minoritaria delle chiese in rapporto
all’istruzione religiosa, facendo riferimento ai tre modelli
dominanti di tale impegno, a
cui corrispondono altrettanti
orientamenti ideali, e delineando limiti e vantaggi di
ciascuno.
11 primo, ispirato a una netta separazione tra chiesa e
stato, è la via catechetica che
esclude una presenza delle
chiese nelFistruzione pubbli
K. Raiser critica le istituzioni
finanziarie internazionali
BRUXELLES — In occasione di una conferenza inte
naie organizzata dal movimento Kairos Europa il 27
scorso a Bruxelles, Konrad Raiser, segretario del Co^'^
lANUI
aott. Li
liti anr
issior
del Ci
¡¡ile chi
jssior
Ita dal
ziarie internazionali servono sempre di più gli interessi d ''
tenti centri economici del Nord. Raiser ha accusato la Cn°^'
sione europea di diventare «uno strumento di potere!"
quanto cittadino dell’Unione europea - ha dichiarato - m' 1
gogno dell’atteggiamento di disprezzo e di rifiuto di ogni d'Ti
go critico con i partner del Sud. Sono scioccato dalla mane
totale di cultura democratica in questa casa del Parlamento
ropeo». Poco prima un alto funzionario della Commissione H
ter Pooley, direttore generale ad interim per lo sviluppo aw
abbandonato l’aula, offeso dalle critiche fatte dai rappresent 1
del Sud e dell’Europa orientale nei confronti della politicai
Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale U
condo Raiser, le politiche delle istituzioni di Bretton Wort'
non hanno raggiunto gli «obiettivi fissati». La fine della gue^
fredda ha dato l’occasione di avviare un processo «di riesaiwE
critico che non sia bloccato dal confronto ideologico». Rai« -
ha chiesto l’istituzione di strutture di «regolamentazione mon
diale» e il potenziamento dell’Onu per assicurare la promoZ ^ ^
ne di uno sviluppo durevole e ha quindi citato come modello
pella
M
¡ione Í
dom
Un esempio di società muitietnica e muitireligiosa: preghiera musulmana nella strada a Marsiglia
" 7 .— uuiv.vi.iw w im vjuiiiui wiiaiu come modelloli " ■
Società cooperativa ecumenica di sviluppo (Scod), una banc
di sviluppo sostenuta dalle chiese che, concedendo prestiti
ca, limitando la loro funzione
all’insegnamento confessionale nelle comunità, che però
ha spesso un carattere chiuso
e non è in grado di rispondere in termini soddisfacenti alle domande dei giovani. Il rischio di una tale posizione è
dunque quello di non favorire
prese di coscienza personali,
di non sviluppare una fede
per la vita, di costituire un
ghetto religioso ma anche
linguistico, come in tutte le
subculture.
come fondamento di una nuova visione dell’educazione religiosa appare non facile da
intendere e applicare concretamente. Appropriazione è: 1)
mediazione tra le esigenze
della conoscenza e il presupposto oggettivo e assoluto
della fede; 2) assunzione di
qualcosa che viene da fuori,
che è estraneo all’uomo e che
gli sta indipendentemente di
fronte (un incontro tra due
«aseità»); 3) atto autonomo di
conoscenza che si fonda su
L’International Commission on Church and School
(ices) è sorta nel 1958 con lo scopo di dibattere nei convegni triennali che promuove il rapporto tra chiese e istruzione, con particolare riferimento a quella religiosa.
L’Iccs mantiene relazioni con il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), la Conferenza delle chiese europee (Kek)
e il Consiglio d’Europa; pubblica, oltre agli atti dei convegni, un bollettino semestrale e. volumetti informativi come
Religious Education in Europe (1991), una guida pratica
sulla condizione dell’istruzione religiosa nelle scuole di
15 paesi europei. Il Servizio istruzione educazione della
Federazione delle chiese evangeliche in Italia vi aderisce
attivamente. Per informaziçni, via Porro Lambertenghi
28, 20159 Milano (tei. 02-690008830).
Il secondo modello è quello
che postula un insegnamento
religioso informativo nella
scuola pubblica, sotto una regia statale. Il vantaggio è la
sconfitta di un diffuso analfabetismo religioso ma la sua
sostanziale inadeguatezza, oltre che nella pratica difficoltà
di fornire di tutte le fedi dati
storici, contenuti, interpretazioni, applicazioni artistiche
ecc., consiste nel lasciar fuori
quegli elementi di coinvolgimento profondo e non riducibile in termini conoscitivi che
sono il carattere più autentico
e problematico di una professione religiosa.
Il terzo modello è quello
orientato alla religiosità innata dell’uomo, secondo una visione antropologica che si oppone specularmente aH’illuminismo negatore della fede
ma la produzione di orizzonti
di senso non è esclusivo appannaggio delle chiese e,
d’altra parte, una visione siffatta àeWhomo religiosus
fondata su assunti etici ripropone l’errore del liberalismo
teologico, che separava Gesù
dal Cristo, senza dar conto
abbastanza dell’anelito alla
trascendenza che caratterizza
le religioni rivelate. Così, ha
concluso pragmáticamente
l’oratrice, non si rie.sce a guadagnare i secolarizzati e i
fondamentalisti tengono il
campo.
Qual è allora il modello
praticabile? Una sintesi dei
tre? Qui la posizione della
Heine è apparsa sfumata: il
concetto di appropriazione di
conoscenze che ha enunciato
processi non solo ricettivi ma
produttivi. La pedagogia che
la sottende mira non solo a
determinare le condizioni dei
processi di conoscenza e comprensione ma anche a favorire
la formazione di un consenso,
deir«essere d’accordo».
Scartato il terzo orientamento, quello dell’esplorazione del senso del religioso, si
guarda a una dialettica tra
l’informazione religiosa e una
catechesi non dogmatica, ma
aperta ai dubbi e agli interrogativi che accompagnano
ogni serio cammino di fede.
Tutti i problemi che scaturiscono da questa impostazione
sono stati l’oggetto di un dibattito ampio che ha spaziato
dalla formazione degli in.segnanti alla discutibilità di un
insegnamento confessionale
tout-court.
Nell’altra conferenza, tenuta dal prof. Zijderveld dell’
Università «Erasmus» di Rotterdam, si è trattato dei mutamenti intervenuti nelle chie.se
europee rispetto alle proprie
responsabilità culturali ed
educative. È stato analizzato
con gli strumenti dell’indagine sociologica il fenomeno
della secolarizzazione, di cui
si sono individuati un aspetto
esterno, che affonda le radici
nello stato sociale («Welfare
State») e nella cultura tecnologica, e una componente interna consistente in un adattamento dell’istanza religiosa
alla modernità, come denunciato in ultimo da Karl Barth.
La secolarizzazione però appare oggi in declino e alle
chiese pertanto si presenta
una grande opportunità educativa: nel necessario contemperamento fra tradizione e
modernità, fra esigenze individuali e responsabilità collettive, in un dibattito che
coinvolge scuola, famiglia,
istituzioni, l’educazione religiosa ha il compito storico di
operare una relativizzazione
alla luce dèlia trascendenza,
un ruolo auspicato dagli stessi agnostici.
Nel dibattito sono state sollevate alcune obiezioni: non il
«Welfare State» ma il progresso in generale è responsabile della secolarizzazione,
come nel caso del vittorianesimo inglese; vi è una generazione giovanile «ironica» che
non crede più in niente; 'nel
Medioevo si era ancor più secolarizzati. Una discussione
intensa, appassionata, quella
di questo convegno, in cui si è
inserita la singolarità del caso
italiano, in chiara controtendenza per la sua radicale opposizione a ogni forma di presenza confessionale nella
scuola pubblica. Un incontro
utile e importante per un’ulteriore riflessione sulla responsabilità educativa dei credenti
e sulla necessità di un atteggiamento di dialogo interreligioso nelle società sempre più
multietniche in cui ci troviamo a vivere e testimoniare.
certe condizioni, «rispetta
cratica e sociale»
aspirazione ad una vivibilUà"dem(!
w^lCO
Polonia: una trasmissione
avventista alla radio pubblica
VARSAVIA — Dal 1° luglio scorso programmi religiosi
prodotti dalla Chiesa avventista vengono trasmessi dalla radio
pubblica polacca. L’autorizzazione è stata concessa dalle autorità polacche alla direzione della Chiesa avventista a Varsavia:
è un’apertura unica dei mass media ufficiali verso il ramo minoritario del protestantesimo in Polonia. Il pastore Roman Chalupka, responsabile del dipartimento delle comunicazioni
dell’Unione polacca delle Chiese avventiste (organismo nazionale^ di quella chiesa) riferisce che un programma di un’ora
verrà diffuso due volte la settimana. Roman Chalupka ha inoltre dichiarato che segni interessanti indicano che la Chiesa avventista del settimo giorno in Polonia, che è membro della Federazione delle Chiese protestanti libere, potrebbe prossimamente accedere alla televisione nazionale. La Chiesa avventista
del settimo giorno è presente in Polonia dal 1893 e conta 110
luoghi di culto e oltre 15.000 membri adulti battezzati.
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Norvegia: aumenta il numero
dei bambini battezzati
OSLO — Nonostante un certo calo della frequenza ai culti e
una diminuzione delle confermazioni, la Chiesa norvegese registra un aumento dei battesimi e nuove adesioni. Circa r84%dei
bambini norvegesi nati nel ’93 sono stati battezzati; è la più alta
percentuale degli ultimi dieci anni. La percentuale dei bambini
confermati è relativamente stabile e oscilla tra l’86% e il 901
Il numero dei matrimoni è in lieve calo: nel 1992 la Chiesa norvegese ha celebrato il 63% dei matrimoni, il che rappresentala
percentuale più alta dal 1980. Nel 1993 1.161 persone hanno
chiesto di essere membri della Chiesa, mentre oltre 5.000 hanno
chiesto di uscirne. Questo numero è costante dal 1978, anno durante il quale circa 12.000 persone avevano lasciato la Chiesa.
lia quali
todistru
Il Campo latino 1994 si è svolto in Portogallo dal 24 al 29 luglio
Il successo scolastico non è tutto
nella vita vera *'■ *
ROBERTO EYNARD
CO.SÌ come era stata data
notizia su queste pagine,
si è svolto dal 24 al 29 luglio
scorsi il Campo latino 1994
per insegnanti protestanti in
Portogallo, e precisamente a
Figueira da Foz, una bella località sul mare, nei pressi di
Coimbra, con un’attiva comunità protestante curata da due
pastori. Il tema del convegno
era: «Tempo di vivere e successo .scolastico» quale segnale della contraddizione che
stiamo vivendo della ricerca
affannosa del successo (spesso condiviso dall’adulto) e
della parallela constatazione
dello scarso significato di
questo successo ai fini della
vita vera. La scuola, così come si presenta, rischia di non
essere né un luogo di riuscita
(o di predizione di riuscita
nella professione e nella vita)
né un luogo dove vivere appieno ed essere soddisfatti.
D’altro canto i giovani giustamente si interrogano sul significato del loro impegno e della loro ricerca di successo a
scuola, visto che le condizioni
socio-economiche attuali non
consentono di prevedere rosei
orizzonti e, soprattutto, soddisfacenti sbocchi lavorativi.
Bisogna cominciare a riflettere sul fatto che un individuo
non è riconoscibile al solo suo
valore studentesco 0 professionale, che ci sono in lui altre dimensioni da considerare.
L’interrogativo riguarda il
ruolo che la scuola, da un
punto di vista protestante, assume di fronte a questo problema esistenziale e quali prospettive ci sono a livello europeo. In tre inten.se giornate di
lavoro, l’argomento è .stato affrontato sotto il profilo teologico (O. Abel, docente di Eti
di
ca all’Istituto protestante
Teologia di Parigi), pedagog'
co (due docenti portoghesi);
istituzionale per i vari
rappresentati (M. Lapicida, ■
Emoni n e chi scrive), e sin
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cale. Ci sono stati due sigi
cativi momenti coinunitar*
me la visita della città univ
Europa)'"
sitaria (la quarta in
Coimbra e quella
dale (molto simile al Ser
cristiano di Riesi, a cui ci
ispirati) con asilo, mensa,
po.scuola, coltivazione 1
ri ppr in UH
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ri, ecc., in un ^aarticm P“ u
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Mondego, quest’«.-elusa con un simpatico
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L’appuntamento « ■ ^
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PAG. 3 RIFORMA
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corre la partecipazione più completa della
Illesa cattolica al movimento ecumenico
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,lti anni segretario della
fissione Fede e Costitufàà Consiglio ecumenidie chiese, era presente
isibssione di studio orgaita dal Segretariato atti•uineniche (Sae) al Pascla Mendola; in quell’
¡ione gli abbiamo posto
,ne domande.
Vischer, la Chiesa
%lica ha pariecipato l’anprso, a Santiago di Comiela, per lei prima volta in
ufficiale, a un ’assise di
; è Costituzione», comune che lei ha diretto per
'^^mi- Durante questo inS/iim Konrad Kaiser, segrego generale del Consiglio
bìlico delle chiese (Cec),
¡¿etto che le forme di dialo^pvrebbero cambiare. Lei
pm pensa?
4,a partecipazione di teoieattolici romani ai lavori
l'Commissione di Fede e
jtituiione risale al 1968: la
nel fatto che per la
volta, dopo 25 anni, i
;i sono divenuti memCommissione a pieQuesto fa sì che
t Costituzione, aperta
a chiese che non intenparte del Cec, abbia
■ibase più ampia del Consiglio ecumenico stesso. Per
|«to riguarda l’affermazioffidi Kaiser, la condivido
(iHinente. Penso che siamo
eiitrati in una tappa della stona gtalitativamente diversa
dalle precedenti: ci troviamo
di fonte alla possibilità di autodistruzione deir umanità.
Mi pare cl^g a questo punto
ilslogo che si accontenti
tiafiontare solo le questioni
iùttrinali non sia più suffiwute. I due movimenti sorti
dopo la nascita del movimentó^umenico, «Fede e Costitelone» e «Vita e azione» in
fttldo sono le due facce di
Ma stessa medaglia: accondtetarsi di un solo aspetto
porta inevitabilmente all’imPMse. I dialoghi bilaterali in
Mila Chiesa cattolica è impegnata riguardano solo il
piano dottrinale e lasciano da
W l’aspetto etico e le sfide
della nostra epoca. Questo
può spiegare perché la Chiesa
Wolica faccia parte di «Fede
ewstituzione» e non di mol■^A '’•'S^t'ismi del Cec, ma
Tu b'*^**'* dovrebbe essere solo
, i ^ tappa verso la partecipaone più completa ai vari
petti del movimento ecumenico».
' h questo senso potrebbe
:^^»e visto Basilea ’89, che
un appuntamento in
1 « è parlato di problemi
e che dovrebbe es. in un nuovo in
ì997. Secondo lei,
di Basilea è
Itm appieno o si è
’^rtcas'ione per
*Per me Basilea è stato un
tecitf'!*^ Pidvilegiato: ho paru-alla redazione del
diav!®§'° ® gioito
che. Ho 1 impressione
spinta di Basilea, che
—
Maìocchi
Ç?‘«nco Scaramuccia
intesa battista
Claudiana
16.000
come lei ha detto si è occupata di una grande varietà di
questioni pratiche e di sfide
attuali, sia più o meno andata
perduta. Non dimentichiamo
che quest’incontro è avvenuto
nel 1989, qualche mese prima
della caduta del muro di Berlino. Mi sono domandato che
cosa avrebbe potuto dare quest’assemblea se si fosse svolta un anno dopo; perché si era
ancora prima dei grandi prc^blemi che si sono manifestati
dopo la caduta del muro, si
era ancora nel momento della
speranza. Si sentiva che qualcosa doveva succedere,
scombussolare quest’Europa
chiusa dopo la seconda guerra mondiale in due campi. Si
vedeva una pace reale a portata di mano, non si pensava
allora alla possibile implosione del mondo sovietico. Per
questo forse non ci sono state
vere conseguenze e Basilea è
restata un avvenimento piuttosto isolato.
Adesso, con grande difficoltà, si è giunti alla convocazione di una seconda conferenza, per il 1997, e questa
decisione mi riempie di soddisfazione, ma mi rendo conto che questa seconda assemblea sarà molto più complicata perché dovrà muoversi in
una situazione confusa, con
tutti i conflitti che l’Europa
attualmente conosce e occorrerà un grande impegno per
fare riuscire questo nuovo incontro».
- Molti ritengono che il
dialogo con le altre religioni
sia necessario, ma solo sul
terreno umano e dei diritti civili, e hanno timore a portare
il discorso sul versante teologico. Il dialogo interreligioso
non potrebbe portare all’impoverimento dell’ecumenismo
in senso stretto ?
«Penso che Pecumenismo
non può che trarre giovamento dall’aprirsi alle esigenze
del mondo d’oggi. Il dialogo
con le altre religioni, lo scambio con persone di convinzioni diverse fanno parte delle
grandi sfide del nostro tempo.
Credo che il dialogo ecumenico in senso stretto si impoverirebbe se non tenesse conto
di queste esigenze. Io però
non mescolerei le due forme
di dialogo, quello interconfesr
sionale, che ha come presupposto l’unità in Cristo, e quello interreligioso. Uno dei risultati più importanti del movimento ecumenico dovrebbe
essere il presentarsi uniti alle
altre religioni e nel dialogare
con loro occorre anche toccare le questioni di dottrina, non
tanto per trovare a questo livello un consenso quanto per
imparare a conoscere veramente le posizioni altrui. Non
basta collaborare con gli altri
conservando le «nostre» idee
che abbiamo su di loro.
Inoltre penso che le altre
religioni possano aiutarci a ritrovare nella nostra tradizione
dell’Antico, del Nuovo Testamento e dei primi secoli della
chiesa un atteggiamento più
rispettoso nei confronti della
creazione. Alla civiltà scientifico-tecnologica che si è sviluppata a partire dal Rinascimento il cristianesimo si è
adattato, per eui agli occhi
degli altri continenti spiritualità moderna, secolarizzazione, civiltà tecnologica sono
un tutt’uno. Le altre religioni
non ancora intaccate dalla civiltà occidentale sono, secondo me, in grado di riflettere
un atteggiamento verso la
creazione che può essere liberatorio per noi».
Il pastore riformato Lukas Vischer
— Torniamo in Italia: che
ne pensa dell’esperienza del
Sae? C’è qualcosa di simile
all’estero o si tratta di una
caratteristica solo italiana?
«Devo dire che è la prima
volta che partecipo alle sessioni del Sae, per cui preferisco non esprimere giudizi superficiali. Non posso però
non esprimere l’ammirazione
per lo sforzo costante della
signora Vingiani. Qui ho
molti amici, per esempio Luigi Sartori che per tanti anni
ha fatto parte di Fede e Costituzione. Dunque penso di conoscere lo spirito del Sae e
dico che questo è il tipo di lavoro ecumenico di cui c’è bisogno, un lavoro che parte
dalla base, la quale fa pressione sulle chiese per far
avanzare le cose. I contatti
ufficiali ormai sono stati esercitati a fondo, senza movimento di base non vi saranno
ulteriori risultati ecumenici.
Non vedo paralleli immediati con altri paesi, perché
ogni paese sviluppa la sua
spiritualità ecumenica secondo le sue caratteristiche: penso al Kirchentag in Germania
o al Sinodo protestante svizzero di quattro anni fa, con
partecipazione cattolica. La
mia speranza si fonda su questi movimenti che nascono
dal basso».
- In Italia c’è una stretta
collaborazione fra valdesi,
metodisti e battisti che hanno
avuto nel 1990 un Sinodo-Assemblea in comune. Nel riavvicinamento fra le diverse
chiese evangeliche una delle
questioni più spinose è certamente quella del battesimo,
come si è visto recentemente
anche nella conferenza delle
chiese della confessione di
Leuenberg. Lei pensa che il
modo in cui è stato affrontato
questo problema in Italia
possa essere d aiuto per altre
situazioni simili?
«Sonò più che favorevole
al dialogo fra le varie famiglie protestanti che tenga
conto delle tradizioni particolari. La nuova situazione che
si è creata in Europa ci mostra che è necessario riunire i
diversi raggruppamenti e movimenti protestanti per dare
una testimonianza comune.
Per questo mi sono impegnato molto nell’incontro di Budapest di due anni fa e recentemente alla riunione di Vienna delle chiese della Concordia di Leuenberg. Penso che
Leuenberg dovrebbe trasformarsi da una comunione basata esclusivamente su un accordo dottrinale in una comunità di testimonianza al servizio comune. In questo contesto ho sempre pensato che il
dialogo con i battisti vada approfondito; il dialogo è appena iniziato, anche perché non
tutti i battisti europei lo condividono. In Italia siete privilegiati perché i battisti italiani
sono aperti verso gli altri protestanti, il che non sempre avviene in altri paesi. Molti fra
noi speravano che Vienna rilanciasse questo dialogo e ciò
è avvenuto, ma con notevoli
esitazioni, soprattutto proprio
per la questione del battesimo. Sono state anche espresse riserve sulla soluzione che
voi avete trovato in Italia, vale a dire di riconoscere il battezzato piuttosto che il battesimo. Lo sforzo da voi fatto
in Italia per me ha un valore
certo, perché ha posto il dialogo interprotestante di fronte
a questo nodo, e sarebbe bene
approfondire il dialogo anche
con i protestanti italiani».
- Lei di cosa sì occupa
adesso doti. Vischer?
«Sono in pensione, situazione ideale perché posso fare quello che voglio! Vi dico
due cose: innanzitutto sto lavorando a un progetto di storia ecumenica della chiesa in
Svizzera. Siamo una trentina
fra storici e storiche, protestanti e cattolici (anche delle
chiese libere), ebrei. Ci sembra una cosa molto importante per la Svizzera che ha conosciuto la Riforma di Zurigo
e di Ginevra e oltre 400 anni
di separazione. Il lavoro è
quasi ultimato.
Poi mi occupo di ecologia;
sto lavorando molto con il
Cec sulla questione delle
cause e delle conseguenze
dell’inquinamento e soprattutto sulle implicazioni che
ne conseguono per la testimonianza cristiana».
Pubblichiamo qui di seguito
due mozioni approvate all'unanimità dai partecipanti alla
XXXII sessione del Sae (Segretariato attività ecumeniche), svoltasi a La Mendola.
«I 34 membri, del gruppo su
“Comunicazione e linguaggio”, considerata la centralità
della comunicazione e dei
nuovi linguaggi telematici nel
contesto del delicato trapasso
d’epoca che viviamo, e tenuto
conto al tempo stesso delle
implicazioni inquietanti che
sul terreno del “diritto a comunicare” hanno le nuove
tecnologie e le concentrazioni
editoriali ad esse collegate,
chiedono:
Al Parlamento, al governo
e alle forze politiche: il varo
di norme chiare a favore della
libertà di stampa, del pluralismo dell’informazione e della
difesa del servizio pubblico e
la definizione di un’authority
di garanzia, autonoma dall’
esecutivo.
Alle chiese e alle diverse
religioni presenti in Italia: di
farsi promotrici di un’autentica comunicazione al loro interno, trasparente e non mirata alla conservazione degli
spazi di potere ma rivolta al
servizio del bene comune; di
fare spazio nei propri media
alla problematica dell’ecumenismo e del diàlogo interreligioso.
Ai comunicatori e, in particolare; ai giornalisti di farsi
interpreti e testimoni dei nuo
vi valori che emergono alla
ribalta del nuovo millennio:
la pace, la giustizia e la difesa
della natura, la costruzione di
un mondo multiculturale,
multirazziale e multireligioso.
Ribaltando, in prospettiva,
l’attenzione dai diversi poteri
ed establishment alla “gente”,
e in primis ai “piccoli”, dando voce a chi non ha voce. E
questo anche attraverso la costituzione di associazioni di
comunicatori.
Alla società civile e ai singoli: di dar vita a organizzazioni e gruppi di “utenti della
comunicazione”, interessati
all’analisi e al controllo del
processo e delle conseguenze
della comunicazione».
«Il II gruppo di lavoro della
XXXII sessione del Sae riconosce nella Bibbia un elemento fondamentale della civiltà occidentale; ravvisa
quindi l’indispensabilità della
sua conoscenza per una formazione culturale adeguata
alle esigenze del nostro tempo; constata la carenza di cultura biblica nella nostra scuola, a tutti i livelli, e pertanto
fa appello alle Istituzioni
competenti per l’introduzione
nella scuola italiana: a) di un
programma aconfessionale di
cultura biblica di tipo tematico, storico, filologico e letterario; b) di un idoneo piano
formativo per il personale docente; c) della Bibbia quale
testo interdisciplinare».
Comunione di Leuenberg
Elezioni dèi
nuovo praesidium
Il comitato esecutivo della
Comunione di Leuenberg
(che riunisce la maggior parte
delle chiese luterane, riformate e unite d’Europa), eletto in
maggio dall’assemblea di
Vienna, si è riunito per la prima volta l’8-9 luglio a Meerbusch, presso Düsseldorf: è
stato nominato il praesidium
che coordinerà i lavori del comitato e che, all’occorrenza,
rappresenterà la çomunione
di Leuenberg di fronte
all’opinione pubblica europea. All’unanimità sono stati
eletti la pastora Elisabeth Parmentier, ricercatrice presso
l’Istituto ecumenico di Strasburgo; il pastore Peter Beier,
Präses della Chiesa evangelica della Renania; il vescovo
Jaan Kiivit, della Chiesa lute
rana di Estonia; il pastore
Heinrich Rusterholz, presidente della Federazione protestante svizzera.
Tra gli argomenti discussi a
Meerbusch segnaliamo il progetto di creare canali di consultazione permanente tra il
Comitato di Leuenberg e gli
europarlamentari evangelici;
la consultazione, prevista per
il settembre 1995, tra le chiese anglicane, quelle che con
esse hanno sottoscritto documenti specifici (Meissen per
le chiese evangeliche tedesche, Porvoo per le chiese luterane nordiche) e le altre
chiese di Leuenberg; la diffusione e il processo di recezione dei documenti varati a
Vienna, in particolare quello
sulla chiesa.
CA DE STUDI DOSSINIAN - CENTRO STUDI DOLCINIANI - BIELLA
FESTE DOLCINIANE
(VENTENNALE DEL CIPPO SUL MASSARO 1974-1994)
Sabato 10 settembre
Ore21:a Varallo Sesia, sala della Comunità montana,
corso Roma, 35: dibattito su «Attualità di Dolcino»,
introduce il prof. Paolo Ricca.
Domenica 11 settembre
Ore 10: panoramica Zegna, Bócchetta di Margòsio a Trivero (Biella), culto all’aperto con Santa Cena, presieduto dal pastore Paolo Ricca;
ore 11 : salita al Massaro (un quarto d'ora a piedi) al cippo
di fra Dolcino; assemblea della Ca de Studi Dossinian - Vent’anni di attività (1974-1994);
ore 13: agape fraterna: pranzo al sacco con appoggio alla
baita del Margòsio;
dopo pranzo: balli e canzoni della cultura operaia alpina.
Informazioni: tei. 015/22744 (Tavo Burat)
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
venerdì 26 agosta,.
La solidarietà delle chiese evangeliche verso gli immigrati non è solo solidarietà
Insieme ci si scopre fratelli e sorelle
ANNE-MARIE DUPRE
Le nostre òhiese hanno deciso, circa 10 anni fa, di
impegnarsi attivamente per i
rifugiati e gli immigrati, in
uno spirito di solidarietà per
chi soffre e non riesce ad affermare i propri diritti. Facevamo parte anche noi di una
minoranza che da sempre ha
conosciuto la discriminazione
e sentivamo perciò la nostra
responsabilità per questi nuovi «diversi». D’altra parte anche noi facevamo parte dfcl
cosiddetto «primo mondo» e
non potevamo dimenticare il
nostro debito verso i paesi
che si trovano in situazioni di
grave sottosviluppo.
Queste riflessioni ci portavano a un impegno politico e
sociale a favore degli immigrati; molte nostre chiese e
tantissimi evangelici a titolo
personale si sono messi al lavoro: sono nate iniziative di
tutti i tipi; progetti alloggiativi, corsi di lingua, ospitalità
per minori, assistenza sanitaria, consulenza giuridica. Nel
frattempo gli immigrati sono
presenti in Italia nonostante
che il nostro paese, e in particolare il governo, abbia fatto
di tutto per rendere loro difficile la vita, molti si sono inseriti grazie alla loro grande
forza di volontà e capacità di
adattamento. In questo sforzo
di inserimento molti di loro si
sono presentati nelle nostre
chiese. Non che noi avessimo
fatto molto per farci trovare,
anzi le bacheche e le tabelle
ai nostri templi sono spesso
abbastanza enigmatiche per
gli stranieri; ci hanno trovato
lo stesso, e improvvisamente
abbiamo scoperto che questi
immigrati non cercano solo i
loro diritti o assistenza sociale, ma si presentano da noi
come fratelli o sorelle evan
Lavoratore immigrato impiegato neiia raccoita dei pomodori. Oitre
aiie braccia, gii immigrati sono portatori anche di una fede, spesso
protestante '
gelici, membri a pieno titolo
della chiesa universale, spesso provenienti da chiese sorelle in Africa, Asia o America del Sud.
Una recente ricerca della
Caritas e del Centro studi
emigrazione sull’appartenenza religiosa degli immigrati
ha dimostrato che tra quelli
regolarmente presenti sul territorio italiano circa 100.000
sono evangelici, e tra questi
circa 15.000-20.000 appar.tengono a denominazioni che
in Italia fanno parte della Federazione delle chiese evangeliche. Grosso modo possiamo perciò dire che su 4 evangelici in Italia uno è straniero.
AH’intemo della nostra minoranza così piccola, esiste
un’altra minoranza che chiede o chiederà di essere rispettata: a questo punto le nostre
chiese devono affrontare la
nuova situazione; noi evangelici siamo un elemento vitale
e presente nel tessuto sociale
del paese perché abbiamo un
forte senso di identità; anche i
fratelli e le sorelle credenti
stranieri hanno la loro identità. L’identità è una parte
cruciale per la sopravvivenza
di una minoranza: come intendiamo vivere questo incontro di varie identità, che
preferisco definire identità
culturali piuttosto che religiose? È questo il quesito che si
vuole porre con il dibattito
«Essere chiesa insieme».
La questione interculturale
o multiculturale non rimane
più un discorso astratto ma
tocca il centro della nostra
esistenza come chiesa, con
quesiti molto concreti che
toccano la nostra vita di chie
sa in molti aspetti: la liturgia,
il ruolo dei pastori e dei diaconi, la scuola domenicale, i
regolamenti, le forme di democrazia interna, la diaconia,
i modi di pregare, di cantare
e di evangelizzare. Sembra
abbastanza accettato che la
risposta non sta nel totale
adattamento di una parte
all’altra: dovremo trovare
nuove forme che potranno diventare un grande arricchimento per tutti, ma un tale
processo richiede per prima
cosa la presa di coscienza
della questione e la disponibilità da ambo le parti di affrontare il cammino in uno
spirito di apertura e di agape.
Passi di questo processo sono
stati individuati nel convegno
«Essere chiesa insieme» a
Santa Severa; ne vogliamo ricordare alcuni proprio in
tempo di Sinodo:
1) è necessario prendere
coscienza del fenomeno immigratorio e delle conseguenze che questo ha per le nostre
chiese;
2) dobbiamo creare un’atmosfera positiva di accettazione reciproca tra credenti
immigrati e italiani;
3) le varie parti devono interrogarsi sulla propria identità;
4) deve essere approfondita
la conoscenza reciproca per
comprendere perché certe
espressioni o modi di fare sono importanti per l’altro;
5) ogni parte dovrà valutare che cosa della propria
identità sia irrinunciabile.
Solo allora si potrà cominciare a cercare di trovare
nuove forme che cambieranno le nostre chiese e noi stessi tratta di un’avventura
Dolorosa scomparsa a Foggia
Aldo Varese
ARTURO CERICOLA
SI
che potremo affrontare solo
in uno spirito di totale fiducia
nell’altro come fratello o sorella in Cristo.
Lunedì sera 18 luglio,
presso gli «Ospedali riuniti» di Foggia, si è conclusa
resistenza terrena di Aldo
Varese dopo una lenta agonia
protrattasi per una quindicina
di giorni in stato di coma, in
un caldo torrido afoso oscillante tra i 36 e i 39 gradi.
Giovedì 21, alle ore 17, presso la nostra chiesa di Foggia,
hanno avuto luogo le esequie,
presiedute dal pastore Franco
Carri.
Ho conosciuto per la prima
volta Aldo Varese a Torre
Pellice quando, giovane studente al locale Convitto, tutte
le domeniche insieme agli altri ragazzi valdesi andavamo
al culto nel tempio dove lo
incontravamo insieme ad altri
fratelli o membri del Concistoro, o quando ci recavamo a
Torino per ascoltare concerti
al conservatorio «Giuseppe
Verdi», organizzati dal nostro
«tutor» Giorgio Balmas.
L’ho ritrovato, poi, nel
1978-79 predicatore-conduttore della chiesa di Orsara, e
la nostra conoscenza ha potuto approfondirsi. Spesso, infatti, la domenica dopo i culti
lo vedevo solo e spaesato,
straniero fra stranieri, aggirarsi tra le strade del paese,
senza un amico; allora lo portavo a pranzo da me, con
grande gioia di mia madre
che rimasta vedova e sola dopo la morte di mio padre, e
con i figli lontani, era felice
di averlo come ospite e di potere trascorrere alcune ore in
compagnia di una persona
così di riguardo. Un’amicizia
e una conoscenza che si sono
consolidate in questi ultimi
anni, quando spesso l’accompagnavo con la mia auto a tenere dei culti domenicali a
Cerignola, oppure come que
Interessante esperienza estiva della comunità valdese e metodista di Venezia
Un percorso dello Spirito: in città, la musica e il sacro
FRANCO MACCHI
I valdesi e i metodisti di Venezia hanno vissuto all’inizio di quest’estate un’esperienza interessante, avendo risposto affermativamente all’invito rivolto loro dall’amministrazione comunale di
partecipare al progetto culturale estivo «In città, la musica
e il sacro; Venezia giugnosettembre ’94». Queste iniziative si prefiggono di presentare ai turisti e ai veneziani stessi aspetti noti e meno noti della complessa realtà cittadina
dal punto di vista storico, sociale e religioso e si articola
su quattro linee direttrici: 1)
chiese aperte; 2) percorsi dello Spirito, musica e incontri
con le comunità religiose a
Venezia; 3) musica nelle chiese; 4) percorsi musicali.
La nostra chiesa ha collaborato alla realizzazione del progetto, organizzando una .serie
di iniziative corrispondenti alle finalità e alle caratteristiche
del programma proposto dall’assessorato alla Cultura. Il
primo momento di questa
esperienza si è avuto il 25
giugno con un concerto musicale sul tema «Canti di fede e
libertà». Daniela Macchioro,
soprano e membro della chiesa valdese di Trieste, sostenuta aH'organo dalla signora Simona Rettiolo. le corali della
chiesa battista di Pordenone e
della chiesa battista americana di Aviano, hanno offerto
agli intervenuti la possibilità
di conoscere direttamente una
delle caratteristiche principali
della Riforma protestante: la
centralità del canto come
espressione della fede collettiva della comunità.
Fra i lieder composti da Lutero, uno dei più importanti e
conosciuti è sicuramente
«Qual forte rocca è il mio Signore» che non poteva mancare fra quelli eseguiti dalla
corale di Pordenone. Accanto
al filone del «lieder» classico
europeo, Daniela Macchioro e
il coro battista americano di
Aviano hanno presentato una
serie di spiritual della tradizione afro-americana, testimonianza del dolore e dell’
aspirazione alla libertà di un
popolo oppresso, ma anche
della sua fiducia nel Signore e
quindi della sua gioia fondata
sulla speranza cristiana.
Particolarmente gradite sono state le parole che l’assessore Mossetto, ricordando le
sue origini piemontesi, ha rivolto nell’occasione ai presenti: ha ringraziato per la
collaborazione offerta alla
realizzazione del progetto comunale e ha sottolineato l’importanza che riveste la presenza a Venezia di una minoranza come quella valdese e metodista, testimone di una tradizione e di una cultura che fa
del diritto alla libertà civile e
religiosa uno dei valori fondanti e irrinunciabili della
propria identità.
Il periodo dal 2 al 10 luglio
è stato dedicato a iniziative
che si proponevano di presentare in modo articolato la natura, il modo di essere e la
storia delle chiese valdese e
metodista: due conferenze,
due mostre (una sulla storia
dei valdesi, dei metodisti e del
protestantesimo in generale e
una di libri deH’editrice Claudiana) resperimento del tempio aperto con la possibilità di
parlare con la pastora Laura
Leone che guiderà la comunità di Venezia a partire dal
prossimo settembre e infine,
domenica 10 luglio, un culto
con Santa Cena.
Sabato 2 luglio il pastore
Emidio Campi, docente di
Storia della chiesa all’Università di Zurigo, ha offerto a
Venezia una vera e propria
primizia: ha infatti anticipato
il contenuto di una ricerca,
che sarà presto pubblicata
dalla Claudiana: «Le prediche
veneziane di Bernardino Ochino. Vittoria Colonna e Michelangelo»; questo era anche
il titolo della conferenza. 11
professor Campi, partendo
dall analisi delle prediche tenute da Bernardino Ochino
nelle quaresime del 1539 a
Venezia, ha fatto emergere
evidentissimi collegamenti
fra le nove prediche di Ochino tenute a Venezia, alcuni
sonetti e un trattato teologico
di mariologia della marchesa
di Pe.scara e due disegni che
Michelangelo eseguì e donò
alla sua grande amica: una
pietà e una crocifissione. Il
relatore ha quindi messo in
evidenza quanto delle concezioni cristologiche, soteriologiche e mariologiche filoprotestanti presenti nelle prediche veneziane di Ochino costituisce il sottofondo teologico dei due soggetti disegnati
da Michelangelo nel 1541 per
la sua grande amica Vittoria
Colonna.
Il professor Campi ha concluso aprendo una prospettiva
molto suggestiva: se si pensa
che quegli anni sono anche
quelli in cui Michelangelo termina il suo «Giudizio universale», si impone l’esigenza di
indagare in modo documentato e nuovo per rintracciare la
molto probabile presenza nel
capolavoro michelangiolesco
di concezioni teologiche per
alcuni aspetti riconducibili a
quelle della Riforma.
Il 9 luglio il pastore Giorgio Tourn ha affrontato una
questione di estrema attualità: è possibile conciliare la
fede con la tolleranza? Fatti
di attualità e di cronaca dimostrano con tutta evidenza
l’urgenza e la drammaticità
di questo problema. Il relatore ha ripercorso a grandi linee le fasi salienti della storia
del concetto di tolleranza dalla fine del Medioevo ad oggi
in occidente. Nonostante tutto, ha sottolineato, anche
nell’attuale civiltà occidentale è presente un grande tasso
di intolleranza; la cultura occidentale si fonda ancora
sull’idea di verità come as.soluto, permane perciò l’impos
sibilità per la cultura e la società occidentali di tollerare
oltre certi limiti la messa in
discussione dei presupposti
su cui si fondano.
Occorre quindi puntare a
un’educazione che miri prima
alla tolleranza e poi alla fede.
E un compito difficile ma
possibile per i cristiani, i quali
non eccezionalmente non credono a una verità assoluta di
natura concettuale, ma nella
Rivelazione di Dio nella storia e principalmente in un uomo storico: Gesù Cristo. Per i
cristiani Gesù Cristo più che
la verità è la via verso la verità. Tourn ha conclu.so insistendo molto su questo punto
e ha invitato a una vita aperta
al diverso, basandosi sulla
speranza che viene dalla fede
in Cristo morto e resuscitato.
E indispensabile però anche
un atteggiamento molto realistico, lontano da facili irenismi e attento ai problemi conche le inevitabili tensioni interetniche faranno sorgere nei prossimi decenni.
. ^ iniziativa nel complesso
si è rivelata certamente po.sitiva: è stato particolarmente
importante che la nostra comunità sia stata presa in considerazione dall’amministrazione comunale come un soggetto religioso e sociale significativo. Su questa fiducia
si potrà nel futuro costruire
una collaborazione e una partecipazione più attive alla vita sociale, religiosa e culturale della città.
st’anno, quando ci alternava
mo a Foggia a tenere i culti
I nostri discorsi fatalmente,
andavano ai tempi di Torte
Pellice, alle comuni persone
conosciute, ai problemi della
nostra chiesa e, ovviamente!
al sermone domenicale. Vok'
va sempre sapere se era and^
to bene, se non aveva com
messo troppi errori di italia-^^^
no, se sul piano esegetico e^ frnn Di
teologico il commento al te-i è st
sto era stato preciso, puntua- r«,„. la fu
le. Soffriva di o„ vero e p„.,
t* ilo« /4ì c
prio complesso di inferiority.' Sdeidi
per non avere compiuto
umanistici (e quindi di noni
conoscere bene l’italiano, la
filosofia, il greco ecc.), e questo lo faceva sentire inade-'
guato al compito cui era cliia-1
mato. Malgrado le mie rassicurazioni in senso contrario,
questo complesso di inadeguatezza lo spingeva ad approfondire sempre più le sue
conoscenze per quanto riguardava l’italiano, la filosofia, la teologia tanto che, ogni
qu^l volta mi fermavo a Foggia a pranzo da lui, era orgoglioso di mostrami i suoi libri tra i quali si trovava di tutto, dal dizionario dei sinonimi
e dei contrari all’enciclopedia
di letteratura italiana, daitesù
di esegesi vetero e neotestamentaria ai volumi di teologia e filosofia. Quanti di noi
preparano un sermone con la
stessa meticolosità, serietà e
con il medesimo impegno?
Con il tempo la sua predicazione e i suoi sermoni avevano acquistato uno spessore,
una profondità psicologicoesistenziale e un afflato poetico che pochi sanno raggiungere. Certamente a ciò hanno
contribuito l’esperienza e gli
anni, la sperimentazione e la
frequentazione, diretta e indiretta, della sofferenza, della
solitudine, del dolore, e questo gli permetteva di giungete
direttamente al cuore della
gente: chi lo ascoltava percepiva questa sua profondità,
questa sua sensibilità, nel saper scegliere le parole adatte
ad ogni circostanza.
Caro, vecchio Aldo! Conte
scompare una parte di quel"
l’antico, solido mondo valdese dove il senso del dovere,
del servizio, deH’appartenen
za alla chiesa, deirimpegu®'
avevano un significato preci'
so e andavano vissuti in un
certo modo e non in un alW
con serietà e perseveranza
Eri un amico affidabile, comprensivo, intelligente, dtspo
nibile. Nell’ultimo sermon
tenuto a Cerignola quale
settimana prima delf incide
te, fatale, occorsoti, ti set a
comiatato da quei fratelh.
)ià in m
aliai
pe: già
itianesir
lose
Tristo,
teten
ioni de
tetrac
(àetocca ti
troduz
Ito cor
ua e di
(
i(tàta, che
lente
(
SI
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questo tuo ultimo desi :
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15
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un gran rimpianto.
5
9.6 AGOSTO 1994
*
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
jdizionale campo teologico del Centro di Agape ha affrontato il tema cristologico i Centro di formazione diaconale
incontro con Cristo deve essere raccontato C'è ancora posto...
alternava,
e i culti,
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di Torre
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LUISA KITTI
parlare di Gesù Crilo oggi'^ Lasciandosi
toe da questa domanda cinquanta persone,
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F ** Ì^^edairil al 18 ago‘^9esiderio di parlare an‘ di cristologia parte da
¡gicoltà che riguarda in
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per raccontare e
adere l’evento centraI nostra fede: si tratta
- í^'^^^uiic^te^jtare le formulazioni e
emi dellaKjggorie cristologiche
diamente, „¿aluce di un’innegabiVoler ;¿si del linguaggio teoloeraanda- („^ sembrano non esprimeeva coni, p in modo adeguato il
¿so dell’incontro dell’umaegeticoe; Dio. Il «fenomeno
rito al te.; è stato interpretato
puntua- |ì(q; la figura di Gesù si è
iu’almente chiarita agli
nferioritii ¿idei discepoli e ciò è av"uto studi, {gtoalla luce delle loro calne: già nella varietà dei
itianesimi primitivi coicia lo scontro sulla figura
iCristo.
^ntemente accanto alle
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jiaMraddizione insoluta
(diétacca tutte le cristologie)
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piloro rapporto dialettico, La contraddizione (un
Dio che incarnandosi in un
lómo storicamente definito e
paiziale sembra limitare se
stesso; un Dio che ha preso
sudi sé il limite fino a speriHMtare la morte) è così assmttacome facente parte di
Iittavia ciò che oggi, in
®®iera più stringente, ci potè nuovi interrogativi sulla
fetleinGesù Cristo è l’irrom!®e(in primo luogo nell’Eumstiana) di contesti re'si e culturali nuovi, ri0 ai quali i.cristiani deporsi in termini di dialoM ascolto, di rispetto del“differenze: quando il cri”jtesiino si è posto, nel corsecoli, 0 si pone ancora
t come religione assoluta,
clusione dell’altro (della
tdligione e della sua culinevitabile: coio parlare dell’uni
Sia
Il Centro di Agape a Frali
cita e della mediazione di
Cristo senza porci contemporaneamente il problema di un
dialogo realmente paritario
con le altre religioni? Un dialogo alla pari con popoli, culture e religioni diverse sembra dover passare oggi (così
almeno suggeriva Ramos Regidor nella sua relazione su
«Cristo nella ricerca della libertà») attraverso il riconoscimento da parte di ciascuna
religione della «parzialità»
della propria esperienza con
il trascendente e attraverso la
coscienza della propria relatività. E, su un altro versante,
come non considerare seria-,
mente le obiezioni che ci vengono dalla ricerca che le donne stanno compiendo sullo
stesso problema della mediazione e della divinità di Gesù
Cristo? Anche in quest’ambito le categorie tradizionali
della cristologia entrano in
crisi.
Le tre relazioni, tenute nella prima parte del campo da
Erika Tomassone, Sergio Rostagno e José Ramos Regidor,
hanno fornito questi e molti
altri spunti di riflessione. La
seconda parte del campo ha
voluto privilegiare momenti
di lavoro di gruppo, attraverso i quali approfondire alcune
tematiche specifiche. Il tema
dell’incarnazione: affrontato
facendo riferimento alla parzialità sessuata, alla dimensione storica e alla relazione
tra Dio e umanità in Gesù
Cristo e quello della mediazione: messo a fuoco in relazione al concetto di «solus
Christus» e alla teologia della
croce.
Di fronte alla complessità
dei problemi emersi il campò
non ha avuto la pretesa di da
re risposte esaurienti; forse
solo delle indicazioni di ricerca. Nonostante le perplessità
nei riguardi di molte costruzioni cristologiche, rincontro
con la figura di Gesù Cristo
(la sua vita, la sua morte sulla
croce e la fiducia- nella sua resurrezione) continua ad affascinarci e inquietarci. Probabilmente di Gesù Cristo (così
ha provato a esprimersi il
campo nei suoi «appunti»
conclusivi) e del Dio di Gesù
Cristo non si può più parlare
in termini di categorie logiche, ma di evento: ridimensionare la pretesa di universalità metafisica delle cristologie può voler dire allora testimoniare del proprio incontro
con Gesù Cristo in quanto
esperienza che come tale (non
essendo un concetto) non può
essere cancellata e può essere
raccontata agli altri.
________ITALO BENEDETTI________
Sul dépliant informativo
del centro di formazione
diaconale (Cfd) di Firenze c’è
scritto: «C’è posto anche per
te», e in realtà al momento di
posto ce n’è... Infatti sono solo 12 gli studenti che attualmente sono iscritti al corso.
Alcuni frequentano contemporaneamente la scuola per
infermiere/i, altri quella per
educatori/trici, altri quella per
assisteiìti sociali, altri ancora
scuole nel ramo educativo,
sociale o sanitario. Questi
giovani, a differenza dei loro
coetanei, iscritti agli stessi
corsi, sono animati dal desiderio di servire il Signore come diaconi/esse all’interno
delle strutture evangeliche.
Il Cfd, promosso dalle
chiese battiste, metodiste,
valdesi e da membri delle
Assemblee dei Fratelli, organizza questo corso di formazione diaconale per favorire
la maturazione spirituale degli studenti evangelici e per
fornire loro alcuni strumenti
essenziali di orientaSiento e
di formazione nell’ambito
della diaconia evangelica tallendo conto della formazione
professionale che lo studente
sta svolgendo.
I corsi si svolgono nell’arco
di tre anni: il programma prevede due fine settimana di
Colloquio pastorale alle valli valdesi
I rapporti tra i pastori
studio e riflessione, sei seminari, ventotto incontri serali
ed è suddiviso in sette tematiche principali:
1) la riflessione etico-professionale;
2) l’ambito biblico-teologico;
3) un panorama del mondo
evangelico;
4) storia, ruolo e funzionamento delle opere diaconali in Italia;
5) studi biblici;
6) teologia pratica.
Al termine del triennio il
Cfd rilascia un diploma di
formazione diaconale che
sarà titolo preferenziale per
un eventuale assunzione nelle opere delle chiese che partecipano al Cfd e per un
eventuale ingresso nel servizio diaconale nei ruoli delle
chiese.
La vita degli studenti si
svolge in una dimensione comunitaria, all’interno del
Centro giovanile protestante
Gould, situato nel centro storico di Firenze; gli studenti
sono alloggiati in camere
doppie e hanno a disposizione spazi comuni. Tutti coloro
che sono interessati a ricevere
il dépliant informativo possono richiederlo scrivendo o telefonando a: Centro di formazione diaconale «Giuseppe
Comandi» via dei Serragli, 49
50124 Firenze, tei. 0552396165, fax 055-280274.
4 settembre
INVITO A VALPERGA
. Domenica 4 settembre la Chiesa battista di Valper^ ricorderà i 45 anni della testimonianza net Canaye-5 con una giornata di ringraziamento al Signore. Il
■amma prevede;
IL culto di adorazione con la predicazione del pastore Franco Casanova. Partecipa U complesso
i vocale-stmmentale "Freedom» della Chiesa batti' sla di Torino-via Elvo;
, ote 1230; agape fraterna (pranzo al sacco, il primo
piatto è offerto dalla comunità di ’Valperga);
testimonianze all’apertoy con messaggio del
tjM. pastore Massimo Romeo. Partecipano il complesso .Preedom. e la cotale della Chiesa battista di Venaria;
» 16; «merenda sinoiia» offerta dalla comunità di ValPerga.
saranno anche una mostra fotografica e uh bazar,
^^J^cavato sarà devoluto all’aiuto fraterno, L’invito è
a tutti coloro che desiderano intervenire.
-fl
GABRIELLA COSTABEL HAUSSLER
Il 30 maggio scorso si è
svolto a Prarostino l’ultimo
colloquio pastorale a livello
di distretto dell’anno 199394. Il tema scelto per quest’
ultimo incontro era l’etica
delle relazioni tra colleghi.
Siamo quindi partiti proprio
dall’esperienza personale di
ognuno per capire se fosse
possibile fissare delle linee di
comportamento comune in
casi di conflitto che avrebbero
aiutato ad avere un rapporto
più sereno tra colleghi.
Alcuni hanno ribadito che
non c’è bisogno di regole se
si ha un rapporto sincero e
fraterno; altri, soprattutto chi
aveva proposto e preparato il
tema, hanno ribadito come le
incomprensioni o addirittura
gli screzi tra colleghi siano
certo umani ma diventino un
problema su cui riflettere serenamente insieme se, come
spesso succede, ne sono coinvolte le comunità, e spesso
non loro malgrado ma attivamente. Infatti nel nostro piccolo mondo valdese e soprattutto alle Valli, alcuni membri di chiesa ritengono un loro diritto scegliersi il pastore
più «adatto» 0 più simpatico
o più amico per la celebrazione del proprio matrimonio, o
per il battesimo dei propri figli o delle proprie figlie o per
il funerale dei propri genitori.
Questa prassi può essere in
alcuni casi dettata da motivi
rispettabili, come la parentela, 0 il riconoscere a un pastore un importanza particolare
nella propria crescita spirituale e il desiderio quindi di condividere con lui un mornento
importante come il matrimonio. Quando la scelta è quindi
motivata in questo senso, sinceramente e da adulti, nessuno si sente offeso o messo da
parte: i problemi nascono nel
momento in cui la scelta e
dettata per esempio dal rifiuto
del proprio pastore, compe
tente per territorio, di celebrare il battesimo in forma privata, come appunto prevede il
nostro ordinamento o addirittura dal fatto che si tratti di
una donna.
I pastori e le pastore presenti al colloquio si sono interrogati non tanto sul tipo di comprensione ecclesiologica che
sta dietro a queste scelte da
parte dei membri di chiesa,
ma piuttosto sulla reazione
dei singoli ministri e sulle*
conseguenze che queste hanno in seguito nei rapporti tra
colleghi. Infatti ognuno, nella
nostra democraticissima Chiesa valdese, si comporta un po’
come vuole: c’è chi si precipita ad avvertire il/la collega e
chi invece non ritiene necessario farlo; c’è chi trova importante, per esempio, far capire ai membri di chiesa che
la prassi del battesimo privato
non è corretta, correndo il rischio di vederli allontanare
dalla chiesa e chi invece ritiene importante battezzare più o
meno ad ogni costo.
Questa libertà di prassi e di
convinzioni ecclesiologiche e
teologiche è a tutti noi molto
cara, nessuno di noi vorrebbe
lavorare in una chiesa, come
ce ne sono tante, in cui ci sono regole piuttosto strette su
cosa possa 0 non possa fare
un/a pastore. Tutti amiamo la
libertà, ma dobbiamo anche
sapere che non è facile da gestire, bisogna imparare ad essere liberi: da qui la proposta
di alcuni di darsi un paio di
linee di comportamento, (non
regole) che permettano di gestire in maniera più professionale quelle situazioni da cui
potrebbero nascere malesseri
o addirittura conflitti.
La proposta non ha avuto
un gran successo e anzi, verso
la fine del tempo a disposizione, qualcuno ha sollevato delle obiezioni sul termine «professionale», argomentando
che il pastorato non è una professione ma una vocazione.
TORRE PELLICE — Ogni anno, in estate, il pastore Alfredo
Janavel trascorre qualche settimana alle Valli, e nel corso di
questo periodo ha spesso presieduto un culto nella nostra
chiesa. Anche quest’anno abbiamo avuto il piacere di ascoltarlo sia ai Coppieri che al centro, e gli esprimiamo ancora
tutta la nostra riconoscenza.
• Domenica 31 luglio il pastore Piero Bensi ha tenuto una
conferenza dal titolo «Reincarnazione o resurrezione?». E
stata un’esposizione di una ricchezza particolare, di cui il
folto pubblico ha potuto godere pienamente anche grazie alla ben nota chiarezza dell’eloquio dell’oratore.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunziato in occasione dei funerali di Aldo Varese, Rachele Marauda ved.
Planchon, Susanna Beux.
PRAROSTINO — Sono state presentate al battesimo Martina di Daniela Reynaud e di Cateno Piazza, e Annalisa di
Oriana Fomeron e Graziano Paire. Che il Signore conceda a
queste bimbe di crescere nella fede e nel suo amore.
• La chiesa ha testimoniato la sua cristiana simpatia ai familiari di Rina Fornerone della Massera, in occasione del suo
funerale.
ARICCIA — Sabato 30 luglio si sono uniti in matrimonio
Emiliano Shnonetti e Antonella Berberi. La cerimonia
nuziale si è svolta nel tempio della chiesa battista di Ariccia
e gli sposi sono stati contornati da un gran numero di parenti, amici e da tutti i membri della comunità. Agli sposi è stata donata dal pastore. Bruno Colombo, una copia della Bibbia. A questa nuova famiglia i più sentiti auguri di tanta serenità e gioia da parte della nostra comunità che chiede in
preghiera al Signore le sue continue benedizioni su Emiliano e Antonella.
PRALI — La chiesa formula i suoi auguri a Anna Grill e
Paolo Bruza che si sono uniti in matrimonio. Auguri anche
alle famiglie dei neonati Maura, di Vera Ribet e Gino Pascal, e Manuel, di Tiziana Menusan e Gianni Tron.
POMARETTO — Domenica 31 luglio si sono uniti in matrimonio, durante il culto, Cristina Balma e Paolo Prot. Agli
sposi vanno gli auguri della chiesa tutta.
• In queste settimane sono mancati Maria Baret, deceduta
all’ospedale all’età di 93 anni, da tempo ricoverata presso
l’Asilo di San Germano; Otello Mainerò (Otto), deceduto
all’ospedale all’età di 68 anni, colpito da male inguaribile;
Elisabetta Canale, deceduta nella sua abitazione a 97 anni.
La chiesa tutta è vicina alle famiglie colpite dal lutto.
TORINO — Il 10 settembre, nei locali di via Pio V 15, alle
ore 14,30, avrà luogo rincontro Fdei con lo scopo di riprendere i contatti per un lavoro comune e per la nomina della
responsabile per il Piemonte-Liguria.
SAN SECONDO — Domenica 3 luglio è stata battezzata
Alessia Perrone, di Sergio e Isabella Grassi: la grazia del
Signore resti sempre con lei.
• Ringraziamo Ileana Lanfranco che ha presieduto il culto
di domenica 21 agosto.
• Il 1° agosto è stato celebrato dalla pastora Erika Tomassone il funerale di Delio Gay, deceduto tragicamente presso
la propria abitazione. Il 13 agosto il funerale di Leony
Martinat ved. Fornerone. Alle famiglie in lutto va la simpatia cristiana della chiesa.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’As
Della
VIVERE DEL DONO
DI DIO
PAVEL FILIPI
Pubblichiamo il terzo e ultimo studio biblico presentato dal professor Pavel Filipi al seminario organizzato dalla Federazione europea per la diaconia a Praga, nell’aprile scorso, sul tema:
«Di quanto lavoro ha bisogno l’essere umano?».
Il terzo testo biblico è una
cosiddetta «storia di miracolo». Air interno di questo
gruppo ci sono vari sottogruppi, tra cui i «miracoli del
dono»; il nostro racconto appartiene a quest’ultimo gruppo. Una «storia del miracolo
del dono» presenta diverse
caratteristiche; il miracolo
viene promosso soltanto da
colui che sta per compierlo;
non è provocato dalla richiesta di altre persone; l’aspetto
«miracoloso» del segno non
viene sottolineato ma è nascosto dietro la storia che viene raccontata. A volte ci chiediamo se questi racconti appartengano davvero al gmppo
delle «storie di miracolo»; nel
nostro testo il «miracolo» del
nutrimento appare come un
avvenimento naturale, non
sensazionale. L’attenzione
del lettore potrebbe anche
non soffermarsi sull’aspetto
miracoloso del racconto, se
alla fine non ci fosse l’indicazione che erano presenti cinquemila uomini.
Il racconto del nutrimento
nel deserto viene narrato nel
Nuovo Testamento non meno
di sei volte; in tutti e quattro i
Vangeli e per ben due volte
in Matteo e Marco. I secondi
racconti presentano però differenze nel numero di coloro
che sono stati nutriti (4.000).
Molti esegeti affermano che i
racconti di Matteo e di Marco
sono solo ripetizioni della
stessa tradizione ma tali ripetizioni vengono spiegate in
modi diversi, a partire da
Agostino. Negli scritti di
quest’ultimo e nei commentari moderni troviamo le seguenti spiegazioni; il primo
racconto, quello dei 5.000,
proviene dalla tradizione
ebraica; la sua origine risale
alla chiesa giudeo-cristiana di
Gerusalemme.
L’altro raccónto, quello dei
4.000, è di origine pagana e
risale alla chiesa ellenista di
Antiochia. È importante però
notare che, a differenza di
tutti gli altri «racconti di miracolo» che vengono narrati
una volta sola, Matteo e Marco non parlano del racconto
del nutrimento come di un
avvenimento unico ma come
di un fatto che si è ripetuto alcune volte nel corso della vita
di Gesià. Ciò corrisponde alla
natura dei «miracoli del dono». Gli evangelisti fanno pochi riferimenti alla situazione
concreta; inducono il lettore a
non soffermarsi sull’evento
del racconto, bensì sul suo significato, sulla sua importanza. E quello che faremo anche noi.
«Tttti mangiarono..
Ancora una volta leggiamo un racconto in cui
«tutti mangiarono e furono
sazi» (v. 42), benché non
avessero lavorato. Non ci viene detto che tipo di gente
c’era, il testo dice soltanto
che si radunarono in un luogo
solitario, non è detto che fosse il deserto; «e andarono incontro a Gesù e ai suoi discepoli»; non conoscevano, o
comunque non rispettavano il
desiderio di Gesù di fare riposare i suoi discepoli, lontano dalla gente. «Da tutte le
città accorsero a piedi e
giunsero là prima di loro» (v.
33). E «si mise a insegnare
loro molte cose» (v. 34).
Non ci viene detto perché,
in quel tempo, la gente era attratta da Gesù vicino al mare
di Galilea. Un’ipotesi seducente, che troviamo marginalmente nei commentari, è che
la gente voleva fare di Gesù il
leader di un’insurrezione
messianica (farlo «re», come
scrive Giovanni nel cap. 6,
15). Secondo tale ipotesi,
l’inquietudine del popolo
«Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed
egli disse loro: Venitevene ora in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco. Difatti, era tanta la
gente che andava e veniva, che essi non avevano
neppure il tempo di mangiare. Partirono dunque con
la barca per andare in un luogo solitario in disparte.
Molti li videro partire e li riconobbero; e da tutte le
città accorsero a piedi e giunsero là prima di loro.
Come Gesù fu sbarcato, vide una gran folla e ne ebbe compassione, perché erano come pecore che non
hanno pastore; e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendo già tardi, i discepoli gli si accostarono e gli
dissero: Questo luogo è deserto ed è già tardi; lasciali andare, affinché vadano per le campagne e per i
villaggi dei dintorni e si comprino qualcosa da mangiare. Ma egli rispose: Date loro voi da mangiare.
Ed essi a lui: Andremo noi a comprare del pane per
duecento denari e daremo loro da mangiare? Egli
domandò loro: Quanti pani avete? andate a vedere.
Essi si accertarono e risposero: Cinque e due pesci.
Allora egli comandò loro di farli accomodare a
gruppi suWerba verde; e si sedettero per gruppi di
cento e di cinquanta. Poi Gesù prese i cinque pani e
due pesci e, alzati gli occhi verso il cielo, benedisse e
spezzò i pani, e li dava ai discepoli, affinché li distribuissero alla gente; e divise pure i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono e furono sazi, e si portarono via
dodici ceste piene di pezzi di pane, ed anche i resti
dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano
cinquemila uomini»
(Marco 6, 30-44)
ebraico {«era tanta la gente
che andava e veniva», v. 31)
era causata dalle notizie
dell’esecuzione di Giovanni
Battista da parte di Erode (6,
14ss). La folla era elettrizzata; tutti abbandonavano le lo
ro città, uomini ovviamente
senza mogli né bambini, si
organizzavano in unità militari «per gruppi di cento e di
cinquanta» (v. 40). Erano
pieni di speranza, convinti
che anche Gesù avrebbe risposto all’appello, e che
avrebbe guidato il popolo eccitato perché, senza di lui,
erano «cóme pecore che non
hanno pastore» (v. 34).
Questa è però solo una supposizione, come tutte le altre
risposte alla domanda su che
cosa abbia spinto questi uomini a uscire dalle città per andare incontro a Gesù. Per
l’evangelista questo problema
sembra essere senza importanza; per lui il centro del racconto è Gesù, non il popolo;
l’evangelista vuole parlare di
Gesù; prima di tutto diee che
Gesù risponde con compassione perché si rende conto
che è un popolo senza pastore. La frase «pecore senza pastore» è ben nota nell’Antico
Testamento; Mosè prega Jahweh di scegliere un altro uomo al suo posto come capo
del popolo «che li faccia uscire e li faccia entrare» (Numeri 27, 17); verrà designato
Giosuè. Ora Gesù assume la
carica di pastore, «insegnando
loro molte cose» (v. 34); ai
suoi occhi la carica di pastore
non significa soltanto nutrire
il popolo bensì predicare. Nel
deserto il nuovo popolo viene
costituito, radunato e condotto
dalla parola; questo, Gesù lo
fa per mezzo delle parole della sua predicazione.
Si vive anche di pane
Alcuni critici riconoscono
che Gesù aveva un tesoro di buone e belle parole, ma
l’uomo non vive soltanto di
buone parole; per vivere, anche noi abbiamo bisogno di
pane. La Bibbia non contesterebbe mai questo fatto; ovunque nella Bibbia leggiamo
che, oltre al mangiare, anche
altre cose sono necessarie per
vivere, ma da nessuna parte
la Bibbia sostiene che possiamo vivere senza mangiare.
Quando Gesù risuscitò la figlia di lairo «disse che le fosse dato da mangiare» (v. 5,
43); è viva, quindi deve mangiare; e il nostro testo lamenta che Gesù e i suoi discepoli
in mezzo alla folla «non avevano neppure il tempo di
mangiare». L’uomo non vive
solo di buone parole, ma anche di pane.
Ora nuovi attori entrano
sulla scena di questa storia; i
discepoli di Gesù. Essi vedono i problemi; «Questo luogo
è de.serto ed è già tardi» (v.
35). «Da molte ore questa
gente ascolta le tue parole: è
tempo per loro di mangiare.
L'uomo non vive solo di buone parole ma anche di pane».
1 discepoli vedono i problemi
e propongono una soluzione;
«Lasciali andare, affinché vadano per le campagne e per i
villaggi dei dintorni e si comprino qualcosa da mangiare!». Secondo que.sta proposta. Gesù dovrebbe sciogliere
la riunione e mandar via coloro che stavano ascoltando il
suo sermone. La proposta è
La strada che da Gerusalemme scende a Gerico
ragionevole, ma c’è un problema; la gente è venuta per
incontrare Gesù, e ora lui la
manderebbe via; di conseguenza Gesù non è d’accordo;
anziché mandar via la gente,
egli ordina loro di sedere.
L'economia del dono
La differenza tra la strategia di Gesù e quella dei
discepoli può essere vista anche in un altro modo. I discepoli parlano di comprare;
«Mandali via... affinché si
comprino qualcosa da mangiare!»-, e ancora; «Andremo
noi a comprare del pane per
duecento denari e daremo loro da mangiare?» (v. 37).
Per loro è ovvio che chi vuole mangiare pane deve comprarselo; considerano soltanto dove comprarlo e se hanno
abbastanza soldi per comprarlo. Il loro modo di pensare è realistico; pensano ai soldi; Gesù invece pensa al dare; «Date loro voi da mangiare» (v. 37) e agisce secondo le sue parole; «Prese i
cinque pani e i due pesci e,
alzati gli occhi verso il cielo,
benedisse e spezzò i pani, e li
dava ai discepoli, affinché li
distribuissero alla gente; e
divise pure i due pesci fra
tutti», (v. 41). I discepoli volevano comprare pane, Gesù
spezza il pane e lo distribuisce; i discepoli si guardano
attorno per trovare il negozio
più vicino, Gesù guarda al
cielo e benedice; non si potrebbe esprimere meglio la
differenza tra lui e loro.
A questo punto, dovremmo
prendere le difese dei discepoli; nella loro situazione,
avremmo agito esattamente
come loro; es.sendo realistici,
essi hanno seguito le regole
di questo mondo, sarebbe stato davvero strano se fin dall’inizio avessero pensato che
Gesù avrebbe compiuto un
miracolo. Secondo Marco, i
discepoli non hanno mai
chiesto a Gesù di compiere
un miracolo, neanche Pietro
chiese al suo maestro di guarire sua suocera quando era
ammalata; per rispetto per
rautorità di Cristo di compiere miracoli, la chiesa dei suoi
discepoli deve essere abbastanza sobria da rispettare la
sua divina libertà.
«Tutti mangiarono e furono
sazi» (v. 42). Nulla ci viene
detto circa una «moltiplicazione dei pani», come a volte
viene intitolato questo racconto. Quando il tentatore chiese
a Gesù di cambiare le pietre
in pane, egli rifiutò di farlo. In
genere i racconti di miracoli
nei Vangeli dicono molto poco circa l’aspetto tecnico dei
miracoli; nella nostra storia
nulla ci viene detto. Questa
lacuna è sicuramente voluta;
serve a evitare la domanda su
come è avvenuto il miracolo.
Non deve essere interrotto il
nesso tra «spezzare, dare,
condividere» e il risultato;
«tutti furono .saziati».
«Tutti furono saziati!». Non
era un banchetto; un po’ di
pane, un po’ di pesce, il più
frugale dei pasti dei pescatori
galilei. Nessuno poteva pensare di trovare caviale al tavolo del nostro Signore; è un tavolo di condivisione. Questo
ci ricorda che non possiamo e
non dobbiamo comprare qualunque cosa. Senza soldi e
senza ricompensa, Gesù Cristo condivide con noi, condivide se stesso, il suo amore, il
suo corpo e il suo sangue. Il
tavolo della Santa Cena ci ricorda questo fatto, non meno
deH’avvenimento suecesso
nel deserto in quel tempo. In
questo senso il no.stro testo si
riferi.sce aUa Santa Cena.
un membro di chiesa e l’alt
tutti mangiano! In particeli
l’atteggiamento dei
apostoli, i sacerdoti di
sembra essere un proWemi
lungo tutto il racconto esi
non agiscono di propria ini
ziativa, sono passivi; da
semplicemente agli altri
che ricevono da Gesù. Ne
sto parallelo di Giovanni
non vengono neppure menzionati.
Vivere del dono di Dio
’ e risulta che la chiesi
partecipa soltanto al li
voro del suo maestro,
prende nulla per se stessa,«
dà ogni cosa agli altri. Per®
è ovvio che la pratica acci_
mulativa della chiesa dive«
un problema; ma d’altra
Il 1
scopriamo la vera natura *
compito della chiesa. Si triti - provi
di un servizio diaconale mi'*
i doni di Cristo vengono c*
biati in doni per gli alW
nostro testo ci
fa vedere q* | Vedon
i
sta vocazione «diaconale»diaconia trova il suo mùdel
fondamentale nel
nutrimento miracoloso, «t«
furono .saziati e .si portai^'*
via dodici ceste piene
di pane» (v. 42 ss). Cristo soddisfa tutti col»^
che sono presenti, ma fOit
limita a questi; la
di Dio non trova fine n®
stri bisogni, ma pone
fine*
La vocazione della chiesa
Alcuni esegeti contestano
questo fatto. Essi sottolineano che nella storia dell’
esegesi e della predicazione
cristiana questo testo non è
mai stato collegato con la
Santa Cena. Tuttavia questo
non ci deve meravigliare, in
quanto si tratta di un testo critico della dottrina della chiesa
che critica profondamente la
nostra pratica della Santa Cena; non troviamo un edificio
sacro, bensì un luogo deserto;
non ci sono elementi e oggetti
consacrati; non esiste il problema dell’ essere degni di ricevere i doni; non esiste il
problema del distinguere tra
nostri bisogni; chi o che c«J
poteva impedire ai
mini di mangiare tutto u P
rimasto nelle ceste? ,-i
Non ci viene detto peU .
stato accantonato il
maslo. La conseguenza
sembra essere; per color®
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non erano presenti
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verranno piu tardi,
luogo deserto, per
ture generazioni.
saranno soddisfatti al
di Dio. Oggi discutiamo i-P
so il problema di che co-^
sceremo alle future g® •
zioni, forse un tavolo v ,
una terra deserta. Proprj
gi dovremmo Irripar^j
cosa significa vivere pff
non comprato e non c ■■
bile di Dio, in
molte ceste piene
dopo di noi.
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Fondato nel 1848
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VENERDÌ 26 AGOSTO 1994
La vicenda è stata raccontata nei particolari da tutti
i quotidiani; una giovane sieropositiva deve essere operata; un’operazione tutto sommato normale ma all’ospedale
civile di Pinerolo non si può
fare: all’Amedeo di Savoia di
Torino (l’ospedale che ospita
quanti hanno malattie infettive) sono più attrezzati. L’operazione poi avviene in un altro
ospedale ma la polemica divampa; interviene l’assessore
regionale alla Sanità, Cucco, a
stigmatizzare l’operato dei responsabili dell’ospedale di Pinerolo; che cosa vuol dire che
la struttura non è attrezzata?
Siamo di fronte a un problema
di fondo sulle caratteristiche,
sulle apparecchiature o sul
personale dell’ospedale e non
ANNO 130 - N. 32
LIRE 1300
MALATI DI AIDS
VITE NASCOSTE
PIERVALDO ROSTAN
di fronte a una forma di discriminazione?
La storia di Pinerolo ci deve far riflettere anche su altro
e cioè sulla situazione che vivono nel Pinerolese come altrove i molti malati di Aids.
-Nella sola vai Pollice, ai servizi deirUssl, risultano oltre
40 persone sieropositive, per
una dozzina si può parlare di
Aids; qual è la loro condizione? Che cosa fanno? Come si
vive intorno a loro? Da noi
come altrove la sieropositività è da collegarsi in gran
parte alla tossicodipendenza;
oggi si raccolgono i frutti di
quanto fatto nei primi anni
’80; forse si sottovalutò la
gravità di questo problema.
Nemmeno basta, oggi, un
ricovero ogni tanto in ospedale, capace di recuperare un
minimo di vitalità alle persone ma per breve tempo. Ieri il
male innominabile era il tumore, oggi che di cancro di
muore anche assai giovani, in
qualche modo questo argomento viene affrontato, anche
se la gestione della malattia e
della morte certa non è affatto
facile. Di Aids non si sente
parlare quasi mai: è una sottile peste che colpisce qualcuno ma nessuno ne vuol parlare; eppure è qui, intorno a
noi: ogni tanto vediamo dei
fantasmi aggirarsi per i nostri
paesi: li avevamo conosciuti
con un lavoro, la salute, il desiderio di vivere. Come provare ad accompagnare queste
persone offrendo, sembra
quasi assurdo dirlo, un minimo di prospettiva? È una responsabilità che sarebbe facile delegare solo all’Ussl.
liesa e fall
In particeli
dei
doti di
m proWemi
acconto esi
i propria iniissivi: daiiM
agli altri dò
Gesù. Nel leCiovanniessi
eppure
lostra artigianato
Pinerolo
ispita
Abruzzo
Il romanzo di Marina Jarre «Àscanio e Margherita» rappresentato alle Valli
Fuochi: l'epopea valdese diventa teatro
Per la diciottesima volta
paprirà i battenti, all’ex ca«rma Fenulli di Pinerolo, la
stoostra mercato dell’artigia'nato. L’inaugurazione è pre' vista per sabato 27 agosto.
È un mondo, quello artigia■so, che pur fra mille diffi-colt?, con i noti problemi di
^gestione di personale costoso
al punto che per anni non si è
;fiusciti a rinnovare antiche
tradizioni e capacità, continua
ad essere un elemento importante in un tessuto economico
e lavorativo globalmente in
difficoltà: 55.000 imprese in
provincia di Torino, con
160.000 addetti, sono dati si'curamente significativi. Nel
comprensorio da un lato si
Vedono piccole imprese ben
collocate nell’economia locale, dall’altro è ancora carente
cn vero prodotto tipico della
^ona, capace di coniugarsi
con un turismo di qualità su
cui si vorrebbe puntare.
Mancano peraltro gli spazi
per riapprendere determinate
tecniche o mestieri, non sono
troppe nemmeno le aree dove
possano sorgere attività artiSiunali. L’appuntamento che
rinnova a Pinerolo serve
^che al confronto e forse a
lunciare nuove idee anche se
*^sso, pur in presenza di un
elevatissimo numero di visitatori, si ha l’impressione di
addentrasi più in una rasse8na commerciale che artigiatale. Regione ospite sarà que®t anno l’Abruzzo, che da
cuipo ha saputo puntare su
®Sricoltura e artigianato in
tunzione del turismo.
A parte gli spettacoli serali,
• saranno momenti pubblici
Puclare di argomenti su
ft Pinerolo vuole puntare, in
particolare sul cavallo, con un
incorso nazionale ippico e il
onyegno sulla mascalcia;
Pazio anche all’agriturismo e
più
jp” ’ jtiusei. La rassegna eh
va domenica 4 settembre.
.'n generale alla cultura
chiu
ERICA SGROPPO
Fuochi, presentato da Assemblea Teatro in varie
località delle valli valdesi a
fine agosto, è il risultato brillante di una serie di coincidenze fortuite e casuali incontri. O almeno così pare, se
non si crede che tutto ciò che
avviene, anche in piccolo,
abbia una sua logica che
spesso ci sfugge.
Con un gruppetto di amici
e parenti valdesi sono salita
al Forte di Fenestrelle la sera
della prima anche per solidarietà verso Gisella Bein che
conosco da sempre. Il gelido
vento che si riversava a raffiche violente sulla piazza
d’armi della cittadella scompigliando l’abile gioco di luci
messo in scena dalla compagnia ha aggiunto drammaticità e sofferenza allo spettacolo. Mescolati in un tutto
unico attori e pubblico, trascinati e coinvolti dal precipitare degli eventi, lo svolazzo dei drappi, lo smorzarsi
delle voci, l’affievolirsi delle
luci, partecipi in ugual misura del freddo e della commozione abbiamo rievocato e rivissuto le tragiche epopee del
«popolo chiesa» che noi, piccolo drappello tórrese ben
conoscevamo.
Contrariamente a quanto
sempre capita in Italia quando chiunque parli di valdesi o
di protestantesimo fuori del
nostro piccolo mondo, non vi
è nulla di .scorretto. Lo spettacolo ci sarebbe piaciuto lo
stesso per il suo valore artistico anche se avesse contenuto
inesattezze storiche o teologiche. Tuttavia, a dimostrazione del fatto che si può, non
essendo evangelici, far uno
spettacolo ispirato alla storia
valdese riuscito a tutti gli effetti, «Fuochi» è «comme il
faut». Evidentemente l’importante è documentarsi e lavorare con serietà. Cosa che
tutti in questa compagnia
sembrano saper fare.
Asciugate le lacrime, applauditi gli attori, scampato
Gisella Bein in una scena dello spettacolo
l’assideramento, è sorta però
la voglia di saperne di più e
fortunosamente sono riuscita
a comunicare con il regista
Renzo Sicco, che da un paio
d’anni collabora con successo
con il teatro Edelweiss di Pomaretto. Proprio questo contatto «valdese» è all’origine
dell’interesse di Sicco per la
nostra secolare vicenda. Il titolo «Fuochi» si rifà ai falò
del 17 febbraio che vide per la
prima volta da Pomaretto e
che per lui simboleggiano un
focolare di speranza e testimonianza mai spento.
Un progetto della Comunità
europea che avrebbe dovuto
valorizzare la comune realtà
bilingue delle zone di montagna al di là e al di qua del
Monginevro, portando in scena una storia «valdese», induce Sicco alla ricerca di un
testo più idoneo di quello
adottato dal gruppo «Espace
création» di Briançon. Intanto si documenta al Centro
culturale valdese dove ha
luogo il fecondo contatto con
Giorgio Toum.
«Quando era uscito avevo
molto apprezzato Ascanio e
Margherita, che mi pareva oltretutto possibile trasporre in
linguaggio teatrale - dice
Sicco -. Il problema è stato
convincere l’autrice a riscriverlo con me» Marina Jarre
infatti era pronta a dargli il
permesso di trasportare il suo
romanzo sulla scena, ma non
era più interessata a riprenderlo in esame. Renzo Sicco
si vanta di aver persuaso Marina Jarre a ripensarci portandola a ri-innamorarsene. Insieme hanno riscritto il testo
che critica e pubblico hanno
ampiamente apprezzato.
Tutto è sobrio, contenuto e
preciso senza cadute nello
sdolcinato o nel sentimentale,
la tensione drammatica è
mantenuta con pause e silenzi, i fatti parlano da soli e la
stretta attinenza alla realtà
storica senza inutili prese di
posizione o di parte inducono
comunque a simpatizzare con
gli oppressi impenitenti. Le
18 agili scene rendono scorrevole un argomento che per
quanto potente non è mai pesante, il tutto contenuto in
uno spazio di tempo quasi record per brevità. E uno spettacolo fatto per affascinare i
profani ma che può piacere
anche ai valdesi i quali soffrono di essere ignorati, ma
quasi altrettanto patiscono di
essere celebrati come eroi.
Quasi a sé stante, ma ben
amalgamata nell’economia
del racconto è l’improbabile
vicenda d’amore tra la contadina «barbetta» piena di scrupoli e di fede e il nobile tiepidamente papista , rispettivamente impersonati da una Gisella Bein matura e sofferta e
da un Valerio Maffioletti assai convincente. Molto calato
nella parte del padre domenicano il bravo Giovanni Boni
e all’altezza del testo e della
storia gli altri attori. Virginia
Bianco, Cristiana Voglino,
Paolo Martini, Paolo Sicco.
Particolare di colore: la
scelta di Gisella Bein nella
parte di quella che avrebbe
potuto essere una sua antenata è stata anch’essa casuale e
fortuita: non resta che augurarci che avvengano molti altri casuali incontri e coincidenze fortuite se le realizzazioni che ne seguono saranno
di pari livello.
In Questo
Numero
Acque
La seconda mostra tratta
dall’Archìvio storico del
Comune di Torre Pellice è
dedicata all’acqua, che è al
tempo stésso una risorsa e
un pericolo. Una serie di
documenti per «scoprire»
questo elemento prezioso.
Pagina II
Genitori E FIGLI
Il massaggio infantile
può essere una tecnica per
avvicinare i nostri bambini
e avviare un dialogo con
loro. I corsi avviati la primavera scorsa dalla Ussl
43 si prefiggono di aiutare
mamme e papà in questa
ricerca di contatto con i
bambini di pochi mesi.
Pagina II
Maturità
Probabilmente gli esami
di maturità dell’anno
1993-94 saranno ricordati come gli ultimi svoltisi
secondo la formula consolidata in uso. Dall’anno
prossimo le modalità degli
esami stessi dovrebbero
cambiare: un bilancio di
questa «tornata» con inse
gnanti e studenti.
Pagina III
Mostre d'arte
Nel mese di agosto a
Torre Pellice sono aperte
due mostre dedicate all’
opera di Filippo Scroppo
(in particolare i dipinti legati a temi biblici, presso
il Centro culturale valdese) e alla sua «creazione»,
la Galleria civica d’arte
contemporanea.
Pagina III
Musica e etica
Al termine di un concerto organizzato da Radio
Beckwith abbiamo incontrato Eugenio Finardi per
parlare di musica ma anche di scelte di vita.
Pagina IV
8
PAG. Il
RONACHE
STAMBECCHI ALL’ORSIERA — Sono sei gli stambecchi
che verranno prossimamente reimmessi nel parco Orsiera
Rocciavré. Poiché nell’ambito territoriale della vai di Susa, in un’apposita area più a monte, la Provincia di Torino
ha provveduto recentemente al lancio di esemplari di
stambecco i rappresentanti del parco Orsiera, della Provincia e del parco Gran Paradiso, da cui gli stambecchi proverranno, si sono incontrati per definire un piano di reintroduzione nella zona. Si tratta infatti di aree confinanti
per cui tutta l’operazione dovrà essere seguita d’intesa dai
tre enti interessati; verrà anche effettuato un censimento
faunistico generale e si discuteranno iniziative volte al
contenimento del cinghiale e del muflone.
CENA PER UN AMICO — Nell’ambito della festa
dell’Unità di Torre Pellice il Pds ha voluto organizzare
una cena per ricordare l’ex segretario locale. Ercole Giordanetti, scomparso all’inizio di quest’anno. I proventi della cena erano a favore della locale Croce* Rossa, di cui lo
stesso Giordanetti era un volontario. L’iniziativa, possibile
anche grazie a un gran numero di persone che hanno lavorato gratuitamente ai tavoli o in cucina, ha riscontrato un
grande interesse il che ha permesso di versare alla Cri
5.400.000 lire, un aiuto a un amico che non si può conoscere ma che, come Ercole Giordanetti, è colpito dalla malattia. Al termine della festa sono stati anche estratti i biglietti vincenti della sottoscrizione a premi: 487; 75; 1196;
1330; 228; 1210; 397; 1878; 731; 78; 1155; 277; 1165;
1497; 964; 994; 1872; 1244; 1883; 1821.
MOSTRA DI GRAFICA INCISA — Verrà inaugurata sabato 3 settembre, alle 17,30 presso l’ex istituto Capetti di
via D’Azeglio a Torre Pellice, una mostra di grafica incisa
dedicata al maestro Marcello Boglione. Si tratta di un
omaggio a una figura di artista erede della tradizione incisoria piemontese, da Fontanesi a Cino Bozzetti. La mostra
presenta, accanto alle opere grafiche del maestro (circa
quaranta incisioni e dieci disegni), un gruppo di incisioni
di alcuni artisti torinesi usciti dalla sua scuola, da Mario
Calandri a Francesco Franco, Giacomo Soffiantino, Piero
Buggeri, Sergio Saroni. L’orario di apertura è 16-19 dal
lunedì al venerdì, 10,30-12 e 16-19 il sabato e la domenica, fino al 25 settembre.
VERSO L’8 SETTEMBRE — Si stanno predisponendo i
programmi di numerose manifestazioni per ricordare alle
Valli l’8 settembre. Al Bagnoou il consueto raduno si svolgerà domenica 4 settembre con una passeggiata sui sentieri
della Resistenza; l’orazione ufficiale sarà tenuta dal sindaco di Bibiana, Osvaldo Fornero. La sera del 9 settembre ci
sarà una fiaccolata e la proiezione di un film al cinema
Trento. A Pinerolo, il 6 settembre, è prevista la commemorazione dei caduti che sono ricordati sulle lapidi di Pinerolo, Giuseppe Leandro Savia, Attilio Marro, Pasqualino Clemente, Giuseppe Molinu, nel corso di una manifestazione
che inizierà alle 15 alla lapide di Marro in via Buniva.
croci ugonotte in oro e argento
tesi
& delmastro
(già Borno)
via trieste 24, tei. 0121/397550 pinerolo (to)
Per la pubblicità su L’Eco delle valli valdesi:
Servizi Editoriali s.a.s.
tei. 0121-32.36.38
Un gruppo corale delle Valli e di giovani malgasci ha cantato all’incontro del XV Agosto a ROrà
Torre Pellice: l'archivio storico in mostra
L'acqua, fonte
dì timore e ricchezza
L’acqua come ambiente,
come risorsa, come fonte di
energia, come alimento, come
pericolo e anche come punto
di continuità tra le generazione passate e quelle future, è la
protagonista della seconda
mostra sui documenti dell’archivio storico del Comune di
Torre Pellice.
Il titolo della mostra «Il timore e la ricchezza» vuole
mettere in evidenza i due modi di sentire, i due atteggiamenti verso la risorsa acqua
che hanno caratterizzato la
nostra cultura e società nei
secoli passati fino ad oggi.
L’uso delle acque nella documentazione storica può essere visto in fondo come la storia stessa del nostro rapporto
con l’ambiente naturale: fonte di estrazione di risorse,
considerata a lungo inesauribile e da piegare alla volontà
dell’uomo, tranne poi piangere sulla «fatalità» di periodici
disastri, nonostante la profondità dell’intervento umano. In realtà si sa che ormai
più del 90% dei corsi d’acqua
alpini sono profondamente
trasformati, inquinati o interrotti nella loro continuità e il
rimanente 10% corre dei seri
rischi.
La documentazione storica
raccolta nell’archivio comunale, accumulatasi per motivi
amministrativi, politici e isti
tuzionali, fornisce una notevole quantità di notizie e dati
sulla storia del nostro rapporto con la risorsa acqua, visto
attraverso gli occhi di una
piccola comunità come quella
di Torre Pellice che con i problemi legati all’acqua ha dovuto convivere sin dall’inizio
della sua storia. L’acqua inoltre tra le risorse presenti in
natura è una di quelle che
meglio si presta ad essere indagata dal punto di vista storico: basti per esempio pensare alla massa enorme di leggi
che nel corso di varie epoche
sono state dedicate alla gestione dei problemi causati
dalle acque.
L’esposizione sull’uso delle acque attraverso i documenti storici vuole essere,
nell’intento dei suoi organizzatori, non tanto un’occasione per scoprire qualche pezzo
d’antiquariato quanto piuttosto un percorso di «scoperta», la scoperta di un elemento naturale complesso, fondamentale, vitale per la specie
umana.
La mostra, che vede esposti
circa 120 documenti che coprono un periodo storico che
parte dal 1581 e arriva fino al
1953, sarà aperta fino al 28
agosto presso la Sala consiliare del municipio di Torre
Pellice, tutti i giorni dalle 16
aOe 18.
UssI 43: corso di massaggio infantile
Per comunicare
con ì bambini
Nello scorso mese di maggio russi 43 ha istituito il
corso di massaggio infantile,
un’esperienza che si è rivelata subito molto valida e importante per i genitori e i neonati che vi hanno preso parte.
«Circa 14 anni fa ho cominciato a leggere alcuni testi
sulle pratiche terapeutiche in
India - spiega Maura Bertin,
puericultrice, ideatrice e conduttrice dei còrsi che si sono
svolti presso il consultorio
pediatrico di Torre Pellice -;
ho poi approfondito l’argomento e col passare degli anni l’interesse dentro di me
non è mai venuto meno finché ho deciso di frequentare
il corso per insegnante di
massaggio del bambino e mi
sono poi messa a disposizione per l’attivazione dei corsi
ricevendo il pieno appoggio
della Ussl 43».
Da queste competenze e
dalla consapevolezza dell’
importanza del massaggio
come comunicazione calma,
tranquilla e rilassata per il benessere reciproco sono stati
creati piccoli gruppi di mamme e neonati che hanno cominciato l’esperienza. «Ho
imparato a comunicare meglio col mio bambino - dice
la mamma di Pietro, due mesi e mezzo, che ha cominciato l’enfant-massage a quaranta giorni di vita - mi è servito proprio per rapportarmi
a lui, per sciogliere le difficoltà e le insicurezze che si
hanno a mettersi in relazione
con il proprio bambino, soprattutto quando come nel
mio caso si tratta del primo
figlio e quindi c’è l’assoluta
mancanza di esperienza».
La finalità del corso in ef
fetti è proprio quella di facilitare il rapporto di amore tra
genitori e bambini attraverso
modalità di massaggio che
potranno poi proseguire in
ambito familiare una volta
apprese le tecniche basilari.
«Frequentare il corso - racconta Eldina, mamma di due
gemelli, che ha cominciato a
studiare queste tecniche - mi
è servito per recuperare dei
momenti per stare da sola
con ciascuno dei miei bambini. Da tempo ero interessata
alle tecniche del massaggio
ma senza il sostegno praticoteorico del corso non avrei
saputo da dove cominciare. I
benefici sui miei figli li ho
notati soprattutto in quei momenti critici della giornata
quando massapiarli li ha
aiutati a rilassarli e a favorire
il riposo».
Gli incontri, che prevedono
gruppi di genitori e neonati
(da 5 a 7 per ogni gruppetto )
durano in media poco più di
un’ora e si svolgono il martedì a partire dalle 10,30
presso i locali del consultorio
pediatrico di via Alfieri 8 a
Torre Pellice; le sedute riprenderanno verso la fine di
agosto e chiunque fosse interessato può contattare Maura
Bertin, presso il Distretto Ussl di Torre Pellice.
VENERDÌ 26 AGQSTn
Perosa: relazione annua sull'attività
L'UssI 42 e le sue
forme di intervento
Sono molti i campi di intervento a livello socio-assistenziale da parte delle Ussl. La
relazione annuale per il ’93
deirUssl 42 (il cui territorio
comprende vai Chisone e vai
Germanasca) dà una fotografia dell’attività svolta ma pone anche in evidenza come
«in alcuni settori l’attività è
contenuta in ragione della
reale disponibilità di risorse
finanziarie pur avendo come
obbiettivo di garantire i livelli
di assistenza richiesti dal territorio».
Sono tre i tipi di attività
svolti dall’Ussl: attività di base, a livello integrativo e a livello centrale; il primo tipo di
attività comprende prestazioni come l’assistenza economica (dove si è proceduto tra
l’altro al rilascio di ticket sanitari a 119 soggetti indigenti), affidamenti familiari, assistenza domiciliare (il servizio
ha avuto 45 utenti, prevalentemente anziani), inserimenti
lavorativi per minori ecc.
La seconda tipologia di attività prevede invece la gestione diretta o in forma mista
con privati di una serie di
strutture presenti sul territorio, come comunità alloggio
per anziani, case protette, un
centro socio-terapeutico ecc.;
in questo settore i problemi
vengono dai 52 posti per le
persone non autosufficienti
previsti nella convenzione
con l’Asilo dei vecchi di San
Germano, posti che sono inadeguati a fronte del bisogno
reale dell’utenza (basti pensare alle 15 persone inserite nel
’93 su 46 richieste presentate). Il centro fisioterapeutico,
invece, che è gestito direttamente dairUssl, è l’unico
presidio presente sul territorio
ad organizzare interventi rivolti a persone con handicap
Inverso Rinasca
Consiglio
straordinario
Si è tenuto venerdì 19 agosto a Inverso Pinasca un Consiglio comunale in seduta
straordinaria. È stata presa la
decisione di chiedere un mutuo di 60 milioni per l’acquisto e l’installazione di un
ascensore nella nuova sala
comunale; è stata fatta una revisione del bilancio di previ.sione perché si prevede entro
il 31 dicembre un ingresso
straordinario di circa 50 milioni, grazie al controllo della
velocità sulla provinciale mediante autovelox. È stata inoltre discussa la metanizzazione della borgata Rejnaud.
Per quanto riguarda l’area
intorno alla nuova sede municipale si è deciso di piantare
degli alberi, mettere delle
panchine e creare una sistemazione adeguata mediante
uno scivolo per il cassone dei
rifiuti ingombranti. Fissata
invece a 125 milioni la base
d’asta per la vendita della
vecchia sede municipale.
VISUS
di Luca Regoli & C. s.n.c
OTTICA - via Arnaiid 5
10066 TORRE PELLICE (TO)
L’OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. s n c
via Roma, 42
^0062 I.USERNA ,S. GIOVANNI (TO)
intellettivo e psicofisico. Nell
’93 sono state seguite 18] *
sone e si è lavorato su i
’ami
Rad
pgonai
' di Fi
laggic
lente *
(titolai
•ale chi
fancesci
ibbe con
isimo di'
individuali di tutela perTtì|ÌcaW nt
gravi e di integrazione nelle lo ricord
comunità locali per i meno »etti di pi
gravi; molto è stato fatto dal fascista
personale per l’inserimento di fsone il c
utenti del Centro in situazioni ptoreèc
di formazione e di lavoro ot wprofes!
tenendo discreti risultati. ¿dese, si
All’interno del terzo tipo di |ostanze
attività sono state stipulate ferchicc
convenzioni con associazioni i cresciuto
e istituti come l’associazione ifiesta ir
«Telehelp» (attivando così ili è^.elemei
servizio di telesoccorso pies-, ¿arsi pei
so le comunità alloggio per ieandassc
far fronte a eventuali situa- ine, che pi
zioni di emergenza), con*^ ' “"’~
l’istituto Uliveto di Lusema
San Giovanni (per l’ospitalità
di soggetti portatori di handicap), eccetera. È stato poi attivato il progetto «cartella
informatizzata» e applicato al
distretto di Villar Perosa; è
stato inoltre predisposto un
progetto di riqualificazione
del personale attraverso corsi
di formazione.
Quello che sembra emergere da questa panoramica sulle
attività svolte nel corso del
nà,oh se fo
pri
ieme 1<
e 1
dformi
svi
fto nel
ojptore
«tìissioi
Sfinto in v,
■esso a
il
Bàlano gli
fpieiiivoti s
1993 dall’Ussl 42 è unaspin- henlogia,
ta a fare, carica anche di problemi economici; se infatti
sul territorio le esigenze dell’
utenza potenziale sono in aumento, gli interventi spesso
devono fare i conti con le
scarse risorse a disposizione.
-Mi
Casa diaconesse
Da 18
a 104 anni
Un momento della festa
Come ogni anno la Ca*
delle diaconesse ha voluf'
nei primi giorni di luglio* aj'
cogliere gli amici. Il pa®^°
Giorgio Tourn con la *
consueta affabilità e simp^
ci ha fatto leggere tra le ng
del suo interessantissimo
bro. Carletto Arnoulet e i su“
amici ci hanno fatto trasc
rere un pomeriggio indirne”.
ticabile: abbiamo cantato
insieme, dai 18 ai 10(1 a
Peccato che al
succeduta la sera e si e
>cia w - ..
to smettere ma Robert FaS
ro ha promesso di j.
presto c noi ci contiamo
tutti*
to. Vogliamo ringrazia^re^^^ ^
dal comitato sempre ^
presente al personale
prodigato molto, alle P®'
che con doni vari hann
tribuito alla realizzaz'O"
queste giornate e vi
un yy a r r i vpHerci» all . I,
diciaif*’
un «
arrivederci
^ ___ _ Up
prossimo ma ricordate c ■
_______ „..nerta»
Casa è sempre «aperta»
vi aspettiamo.
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■ni 26 AGOSTO 1994
E Eco Delle ¥^lli Aàldesi
PAG.
Ili
joconvegno promosso da Radio Beckwith ne ha ricordato la complessa figura
a vita e l'eredità di Francesco Lo Bue
to Istore, insegnante, antifascista e federalista
^CA SGROPPO
ambito delle giornate
Radio Beckwith am' sonanza ha avuto un
no organizzato sulla
'¿i Francesco Lo Bue,
■aggio alla radio partilente caro in quanto è a
ititolata l’associazione
•ale che la gestisce,
cesco Lo Bue, che afisico. NelEibe compiuto 80 anni il
ite 18 per.fesimo dicembre se la morsu progetiiMrsii'atura non lo avesse
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e politica nei suoi
jformi aspetti sinora assviscerati.
lonel 1914 a Tripoli da
battista siciliano e
iainissionaria inglese, ereàuto in varie parti d’Italia,
■esso alla Normale di Pisifrankie», come lo chiagli amici, si laureò a
ti sia in Lettere sia in
fwlogia, studiata alla Facollvtìdese di Roma. Dopo
lacousacrazione accettò il
doppio incarico di professore
Francesco Lo Bue al campo biblico di Agape (1954)
di italiano e latino al Collegio
valdese e di pastore della
chiesa di Coazze, in vai di
Susa. Arrivò a Torre Pellice
nel cruciale 1938 e questa duplice attività di insegnante e
di pastore gli consentì di
estendere l’influenza del suo
lucido pensiero anche politico
in un raggio'più ampio del
consueto. Credo non sia eagerato affermare che la storia di
queste valli nel triste ma anche glorioso lustro che seguì
non sarebbe stata la stessa
senza la sua fondamentale
presenza
Mario Miegge, che nell’introdurre il dibattito ha prodotto una serie di memorie infantili tragicomiche (come
iblico molto partecipe ha seguito la rievocazione di F. Lo Bue
«Frankie» nascosto a leggere
la Bibbia e Shakespeare dietro r armonium, durante il
primo rastrellamento del ’44
che portò Jacopo Lombardini
a Mauthausen e Emanuele
Artom alla morte), ha rievo- ,
cato una figura assai poco legata alle cose di questo mondo, quasi di passaggio in attesa di un’altra vita. La stessa
impressione ha dato Elena
Ravazzini Corsani, che nel testimoniare della grande lezio-ne appresa da Lo Bue sui
banchi del liceo, soprattutto
in termini di rispetto per l’allievo in quanto persona umana, ha concluso citando il sermone per il Natale ’44 dedicato alla madre di Sergio
Toja, suo ex allievo, cattolico, e primo caduto partigiano
della valle: «triste Natale in
cui Betlehem sta sotto l’ombra del Calvario e il Calvario
nella luce del Regno a venire». Questa lettura dei tempi
bui da parte di Lo Bue è stata
ribadita da Mirella Argentieri
Bein che, intervenendo dal
pubblico, ha citato una loro
discussione nell’immediato
dopoguerra. Lei giovinetta
sosteneva di non riuscire a
conciliare l’esistenza di un
Dio buono con Auschwitz e
lui rispose che il primo caduto di Auschwitz era stato Ge
sù Cristo sulla croce. Nonostante la sua aria transitoria
ed eterea Francesco Lo Bue
fu anche estremamente concreto e fu proprio la sua lucida previsione degli avvenimenti che trovò i giovani resistenti delle valli valdesi,
molti dei quali suoi allievi,
pronti per l’azione l’8 settembre 1943. L’assalto alla caserma da cui vennero prese le
armi con cui ebbe inizio la
Resistenza armata avvenne
proprio in base alle sue precise istruzioni. Gustavo Malan,
nel rievocarne la figura di antifascista, ha attribuito le singolari caratteristiche di questo profeta disarmato i cui discepoli hanno imbracciato il
fucile al suo essere di fatto un
inglese liberale (usato nella
sua accezione più nobile e più
ampia), cittadino del mondo.
Nella stessa linea si è svolta la testimonianza di Alberto
Gabella che, nel ricordarne
l’impegno federalista, ha sottolineato quanto precursore e
forse per questo incompreso
rispetto ai suoi tempi egli
fosse stato. Dopo la Liberazione, svanito l’ideale federalista e scomparso l’amato
Partito d’azione. Lo Bue si
concentrò sugli studi teologici e le traduzioni, mai del tutto trascurati. Questo aspetto è
stato affrontato da Bruno
Corsani che ha sottolineato
da un lato la sua serietà accademica (espressa ad esempio
in un lavoro pubblicato dalla
Cambridge University Press
su Ticonio Afro) dall’altro la
sua ansia di ricerca di un linguaggio teologico vivo, moderno, non stereotipato, culminato in una interessantisima traduzione delTEvangelo
di Marco che ancora aspetta
di vedere la luce.
Non è mai troppo tardi e
mi auguro con molti altri che
questo convegno sia solo
l’inizio di una «riscoperta»
da tutti i punti di vista (non
sarebbe ora forse maturo il
momento per il vero liberalesimo di Giustizia e Libertà e
un vero federalismo da cittadini del mondo?) di questo
grande fratello maggiore che
il Signore ci ha mandato perché non solo i suoi contemporanei ricevessero la luce
dei suoi doni.
prossimo anno scolastico dovrebbe cambiare la formula delle prove di licenza
L'esame di maturità va finalmente in soffitta?
-JjgMELINA MAURIZIO
r a maturità edizione 1994
l’ilfi davvero che sia
iiiem genere, svolta su
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9 sto che caratterizza
la formula di questo tipo di
esame di maturità secondo
me finisce con il penalizzare
molti allievi.
Oltretutto quest’anno'ci sono state molte defezioni rispetto alle nomine del Provveditorato, facendo sì che le
commissioni fossero composte prevalentemente da giovani laureati, con poca o nulla
esperienza e quindi con minore capacità di valutare al
meglio i maturandi. Gli stessi
ragazzi si vanno augurando
che l’esame, seppure su tutte
le materie e quindi più faticoso, possa perlomeno svolgersi
alla presenza dei propri insegnanti».
Più ottimista è il bilancio
del preside dell’istituto professionale Capetti di Pinerolo, che quest’anno ha visto
solo due bocciature tra i candidati alla maturità: «Indubbiamente l’esame così come
si va svolgendo da oltre vent’
anni va cambiato - afferma il
preside, prof.Giorgio Raimondo tuttavia credo che
anche questa formula possa
rendere giustizia a quei ragazzi che hanno lavorato nel
corso dell’anno. Probabilmente la presenza di professori interni nella commissione renderebbe l’esame più significativo per molti ragazzi,
penalizzerebbe meno quelli
più emotivi e forse sarebbe
un’esperienza più valida,
meno affidata al caso e alla
valutazione di commissari
che non conoscono né la
scuola né i ragazzi».
Anche Paolo Gay, docente
di diritto presso l’istituto tecnico commerciale Alberti di
Luserna San Giovanni, che
quest’anno è stato commissario esterno a Grugliasco, auspica un cambiamento della
formula attuale che comunque rende l’esame una prova
spesso iniqua per molti: «Non
Torre Pellice: due mostre legate al maestro
Scroppo tra fede
e ricerca artistica
è facile - afferma - trovare la
formula ideale ma certamente
sarebbe importante per i ragazzi e per gli insegnanti avere a disposizione delle prove
d’esame che si riferiscano
maggiormente al lavoro svolto nel corso dell’anno alla
presenza magari di un commissario esterno, che dia garanzie maggiori di imparzialità e oggettività».
Tra i neomaturati e i futuri
candidati prevalgono invece
opinioni contrastanti; infatti
c’è chi, come Delia, voto
d’esame 46, si dichiara soddisfatta e non avrebbe preferito
di certo un esame su tutte le
materie magari alla presenza
dei suoi insegnanti e c’è invece chi, come Grazia che l’anno prossimo affronterà la maturità all’istituto tecnico commerciale, si sentirebbe molto
più a suo agio dovendo sostenere più prove ma con i propri insegnanti.
A poco più di un anno dalla sua morte Torre Pellice ha
voluto ricordare con ben due
iniziative Filippo Scroppo,
nella sua duplice attività di
pittore e di animatore culturale. Lo stesso giorno si sono
infatti inaugurate due mostre
che in maniera diversa riflettono l’opera del maestro, valdese di Sicilia, che tanto ha
amato e tanto ha dato alla sua
patria ideale.
Il Centro culturale valdese
espone le opere che la vedova
e le figlie hanno donato alla
Tavola e che consistono principalmente di dipinti ispirati
alla Bibbia o correlati di versetto. In una bella trasmissione di Protestantesimo Scroppo, nell’86, aveva avuto modo di spiegare che tutta la sua
opera era, in quanto credente,
ispirata alla Parola e che
quindi i quadri con versetto o
titolo «biblico» non erano più
«religiosi» degli altri, ma
semmai solo più espliciti. La
piccola ma significativa collezione parla da sé disegnando un tracciato coerente
dell’iter culturale e spirituale
percorso da Scroppo in tanti
anni di fecondo lavoro. Più
«valdese» e intima è stata
l’inaugurazione della mostra
intitolata «Fede e arte», che
rimarrà allestita nella Sala
Paschetto fino al 3 settembre.
Circa mezz’ora più tardi, invece, davanti a un folto pubblico di amici, ammiratori, allievi, autorità e critici si è
aperta quella dal titolo «Filippo Scroppo e la Galleria civica d’arte contemporanea»
aperta fino al 28 agosto.
Le opere di Scroppo in questa esposizione sono poche,
ancorché molto significative,
quasi un’introduzione alla
raccolta che corona il successo della sua instancabile attività di organizzatore e fautore
di cultura nell’arco di un quarantennio. Parallelamente alla
sua attività di pittore e di docente, a partire dall’immediato dopoguerra Scroppo infatti
diede origine a varie iniziative artistiche tra cui quella
che rimase il suo impegno
annuale fondamentale: la mostra d’Arte contemporanea di
Torre Pellice. A guardare i
cataloghi delle prime mostre
c’è da non credere ai propri
Filippo Scroppo con la fedele
cagna maremmana Sira
occhi: tutti i nomi ormai classici, da Picasso a Braque, a
Klee, a Kandinskij vi furono
compresi e negli anni successivi non ci fu un personaggio
notevole su scala intemazionale o nazionale che non sia
stato prontamente esposto a
Torre, da Christo a Fontana,
alla body art.
Non pago di questo, Scroppo si prodigò per donare a
Torre Pellice una collezione
di opere che dessero il via a
una Galleria d’arte contemporanea. Qui Scroppo usò decisamente le amicizie personali: tutti i suoi amici e colleghi furono martellati fino a
che una loro opera non fosse
stata donata per il futuro museo. In più, con alcune edizioni dell’Autunno pittorico
(il Comune offriva un lauto
pranzo e gli artisti producevano uno scorcio di Torré
Pellice in giornata), raccolse
una serie di paesaggi locali
veramente interessanti.
Le opere, che sono oltre
400, non avevano finora trovato degna collocazione, per
mancanza di fondi. Questa
prima esposizione di una significativa selezione offre un
quadro non solo vario e interessante ma anche di notevole valore artistico: Levi,
Galvano, Spazzapan, Mastroianni, Gallizio, Menzio,
Paulucci, Mandelli, Garelli,
Merz, Pistoletto, sono solo
alcuni dei nomi presenti in un
locale finalmente adibito allo
scopo e rispondente ai necessari requisiti.
Torre Pellice: il gruppo «C. Monteverdi:
Musica da camera
ANTONIO KOVACS
Una serata musicale sull’ampio piazzale del
tempio valdese di Torre Pellice ha richiamato un folto
pubblico, la sera di domenica
7 agosto, per il concerto del
complesso musicale «Assieme cameristico C. Monteverdi» che la Pro Loco, con il
concorso dell’Associazione
commerciànti e artigiani, ha
potuto offrire quest’anno ai
suoi concittadini e ai numerosi turisti. L’Assieme cameristico, diretto dal valente maestro Gianni Monte, direttore
dei licei musicali di Ivrea,
Santhià e Rivarolo, è costituito da giovani orchestrali che
hanno assimilato un cospicuo
repertorio musicale e ai quali,
nel corso degli anni, si sono
uniti strumentisti diplomati e
professionalmente affermati;
tra il ricco repertorio, che
spazia dalla musica antica a
quella moderna, sono stati
scelti brani musicali di J.
Strauss con «Voci di primavera» e «Sangue viennese»,
di F. Lehar con «Luxembourg» e di Offenbach con
«Die Schone Helena» che
hanno entusiasmato la platea.
A chiusura della serata il
baritono Flavio Feltrili, che
collabora come prima voce
con l’Assieme strumentale,
ha ammirabilmente interpretato l’operina buffa «li mae■ stro di cappella» di Cimarosa. Il pubblico ha espresso il
suo gradimento con scroscianti applausi alla fine di
ogni singola esecuzione musicale e dell’ottima interpretazione vocale del baritono
accompagnalo dall’insieme
di esecutori musicali. Grazie
alla partecipazione di un pubblico attento e scelto l’iniziativa della Pro Loco di Torre
Pellice ha avuto la risposta
che si attendeva.
10
PAG. IV
*
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
Sul basamento della Statua della libertà, a New
York, sono incise le parole
di Emma Lazarus; «Date a
me i vostri poveri, le vostre
masse (...) che agognano
un’aria più libera (...)
Mandate da me i diseredati
travolti dalle tempeste».
Sonò parole molto belle
■ che stanno alla base dell’ideale di chi fondò gli attuali Stati Uniti.
Un’ideale di accoglienza
di chi sfuggiva alla miseria
e all’intolleranza, sino a
considerare il diritto alla felicità uno degli inalienabili
diritti dell’uomo.
Come tutti gli ideali umani esso è troppo spesso disatteso ma è onesto dire
che, ancora oggi, spesso è
alla base dell’agire civile in
molte zone degli Stati Uniti
d’America.
Ne ho avuto la percezione netta all’Ithaca Festival
(nello stato di New York),
impressione che si è rafforzata leggendo la prefazione
di un libro di ricette edito
dal ristorante Moosewood,
che è stato fondato nel
1974 da un gruppo di amici
alcuni dei quali, rifugiati
politici che negli Stati Uniti, hanno trovato una nuova
possibilità di vita. Una patria ¿he, almeno lì a Ith^ca,
non chiede loro di abbandonare le proprie tradizioni,
ma di integrarle e socializzarle con gli altri.
Nella sezione riguardante
la cucina della Carolina del
Sud ho trovato la Torta
ugonotta preceduta da queste parole: «È un regalo alla cucina americana degli
ugonotti che fuggirono falla Francia del XVIJ secolo
e trovarono sicuro rifugio
nella Carolina del Sud, dove poterono vivere liberamente la loro fede». Se volete provarla, penso che ne
valga la pena.
di vaniglia, gr 110 di mele
pelate e affettate, noci tritate (gr 170), 1 cucchiaio di
succo di limone, 1 tazza di
panna da cucina, 2 cucchiai
di sciroppo d’acero (o di
zucchero scuro), 8 gherigli
di noci.
Accendere il forno a 160°
e mentre si scalda sbattere
bene le uova con una frusta
elettrica in una terrina, fino
a farle diventare ben spumose, aggiungendo un po’
alla volta lo zucchero. In
un’altra scodella setacciare
la farina, il lievito e il sale.
Gradatamente aggiungerli
al composto di uova e zucchero; quando sono ben
amalgamati mescolarvi delicatamente le mele, le noci, la vaniglia e il succo di
limone; versare il tutto in
una padella da forno ben
imburrata e lasciare cuocere per 40’ o sinché non si
sia fatta una bella crosta
scura.
Lasciar raffreddare e servire a fette con accompagnamento della panna montata con lo sciroppo d’acero
(o zucchero scuro) e guarnita da mezzo gheriglio di
noce.
Torta ugonotta
Ingredienti: zucchero (gr
170), 2 uova, farina (gr 60),
2 cucchiai di lievito in polvere, 1/4 di cucchiaino di
sale, 2 cucchiai di essenza
Melanzane ripiene
Una seconda ricetta l’ho
trovata in un libro edito
nella Carolina del Nord e
dedicato «alla ferma fede e
devozione ai principi cristiani delle donne valdesi».
La ricetta è di mrs. J. D.
Guigou.
Ingredienti: 2 piccole melanzane, 2 cucchiai d’olio,
1 cucchiaio di prezzemolo
fine, 2 cipollotti affettati finemente, pane grattato fine,
1 spicchio d’aglio schiacciato, sale e pepe, gr 50 di
funghi tritati.
Dividere in due le melanzane, levare la polpa centrale e metterla, tritata, in
una casseruola con 1 cucchiaio d’olio. Aggiungere il
prezzemolo, il cipollotto,
l’aglio e i funghi e far cuocere. Riempire le melanzane con il composto, mettere
in una casseruola da forno,
spolverizzare con il pangrattato e l’olio rimasto.
Far cuocere per 30’ a 190°.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
t Eco Delle Aàlli ¥^ldesi
VENERDÌ 26 AGOSTO
Incontro con il cantautore dopo il concerto di Torre Pel lice
Finardi: la musica come armonia
e la ricerca come etica personale
PIERVALDO ROSTAN
rano poco meno di mille,
MJj al campo sportivo di Torre Pellice, sabato scorso per
ascoltare il concerto di Eugenio Finardi organizzato da
Radio Beckwith. Due ore e
mezza di ottima musica, di costante dialogo col pubblico,
una band molto giovane eppure capace di assolo coinvolgenti, un percorso musicale che ha spaziato dagli ultimi
successi ai brani più noti di
vent’anni fa rifatti con atmosfere e stili rinnovati. Soprattutto un feeling col pubblico
da parte dell’artista che si è
prolungato nel dopo concerto
con le centinaia di autografi e
le risposte a tutte le domande.
«E stata una serata molto
bella, una delle più intense di
tutta la tournée di quest’anno;
mi è parso di suonare in Svizzera, con un tipo di attenzione
e di partecipazione diversa.
Tante volte lo spettacolo rock
è una specie di circo: tanto
più è alto il volume tanto più
riesce il concerto, durante i
pezzi lenti la gente fa rumore;
questa sera ho colto una grande concentrazione e una partecipazione su quello che stavamo facendo il che fa predisporre chi canta o chi suona a
dare il massimo, Devo dire
che è quello che mi aspettavo:
tenevo molto a questo concerto; fin da quando ho saputo di
venire a Torre Pellice mi ha
fatto molto piacere perché trovo questo angolo d’Italia molto interessante. La mia stessa
vicenda umana mi ha fatto
sentire qui di casa; mia madre
era una cantante lirica americana venuta in tournée in Italia dove ha conosciuto mio
padre. Sono cresciuto con una
serie di differenze: il fatto di
IT
SKI ROLL: TRE SUL PODIO — Ottimi risultati sono
stati ottenuti dagli atleti dello
S.C. Angrogna nella gara finale di Coppa Italia, disputatasi a
Nicolosi, sulle pendici dell’Etna. Sul percorso in salita di
una strada tortuosa, in mezzo
alla lava, quattro atleti valligiani hanno ancora una volta dimostrato la loro capacità; ben
tre sono saliti sul podio. Nella
categoria cadette Antonella
Chiavia, sulla distanza di 2,5
km, si è classificata al 2° posto
con un tempo di 15’ 40”; anche Miriam Avondet è giunta
seconda, nella categoria seniores con 48’ 10” sui 5 km. Nella
categoria master (10 km) Enrico Coucourde ha ottenuto un
ottimo 3° posto in 42’ 54”,
mentre Alfredo Chiavia è giunto 10° in 47’ 37”.
essere anglicano in una paese
cattolico per cui i miei compagni di scuola, con cui non
facevo religione mi dicevano
“andrai all’inferno”. In molte
delle mie canzoni credo si
senta questa forma di educazione protestante, il senso di
un’etica diversa, così coine
nella mia vita ho sempre puntato molto sul senso della responsabilità personale».
- Come ti poni rispetto a
Dio?
«Io mi considero un agnostico. Ho potuto conoscere
due religioni diverse e, alla fine, non ho scelto né l’una né
l’altra ma mi sono reso conto
che non si può vivere senza
una struttura etico-morale. Per
me Dio può essere il tentativo
dell’uomo di cercare il miglior
modo di essere un essere umano, è responsabilità, è amore.
Ho interesse al confronto con
tutte fedi (ho un grande rispetto per chi ce l’ha) e del resto
alcuni dei miei migliori amici
sono ebrei. Se fossi forzato a
scegliere una religione mi potrei definire un “protestante
buddista”, ammesso che sia
possibile. Non sono mai riuscito a dire “io credo” però
vedo che da persone di fede
vengono cose anche molto
belle, a patto di bandire integralismi».
- Finardi (che per inciso al
momento della fatidica firma
per l’8 per mille ha scelto le
chiese valdesi e metodiste), è
comunque soprattutto uomo
di musica e di canto; un percorso di oltre vent’anni...
«Pensate ai Rolling Stones,
un mito per la mia generazione. Oggi li trovo patetici
perché sono dei cinquantenni
che recitano quello che erano
a vent’anni. Ci sono musicisti
come Miles Davis, Peter Ga
briel, Paul Simons che sono in
grado di crescere e continuare
ad evolversi confrontandosi
con la realtà. La vita è un continuo divenire, anche musicalmente; se oggi proponessi le
canzoni di vent’anni fa, allò
stesso modo, ai giovani
sembrerei antico, fuori dal loro modo di comunicare».
- Una vita molto intensa:
venerdì a Olbia, sabato a
Torre Pellice, domenica a
Macerata: è dura...
«Tanti privilegi se penso
alla vita di un operaio: certo a
volte senti la mancanza della
casa, del tuo spazio, di una
dimensione familiare. Personalmente sono molto legato
alla mia casa, a un territorio;
ogni tanto mi sento, durante
le tournée, completamente
spiazzato; poi ci sono i casi,
come qui a Torre Pellice, dove mi sento come a casa. Non
si tratta ovviamente di un fatto geografico ma di atteggiamento della gente».
- Cosa di aspètti dal pubblico?
«Quàndo si inizia si pensa
che gli applausi risolveranno
qualsiasi situazione, la tua solitudine; poi scopri che non è
così. Non sono gli applausi
che ti riempiono l’animo, al
massimo nutrono la parte
malsana che è in noi, quella
narcisista; la cosa più bella è
suonare con i musicisti e sentirti con loro, e con il pubblico, in sintonia. Non c’è miracolo più grande, attività umana che richieda più solidale e
matematica precisione di intenti e di emozioni, di totale
partecipazione che suonare:
non è soltanto essere a tempo,
è vivere e respirare lo stesso
attimo. In questo senso la musica è l’esperienza più alta .
che si possa avere».
24 agosto, mercoledì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Sul piazzale del tempio
valdese, l’Assemblea teatro
presenta «Fuochi» la fiamma
ardente dei valdesi, elaborazione drammaturgica dal romanzo Ascanio e Margherita
di Marina Jarre; lo spettacolo
verrà replicato il 25 a Lusema
Alta e il 27 a San Germano.
Inizio spettacolo ore 21,30.
La rappresentazione è realizzata con il contributo della
Cee nell’ambito dei progetti.
27 agosto, sabato — TORRE PELLICE: Alle 16, presso i locali della «Bottega del
possibile» in viale Trento 7,
sarà inaugurata la mostra fotografica di Marcello Gaietti
«Val Pellice nel mirino». La
mostra resterà aperta fino al 4
La sottoscrizione del XV Agosto a Rorà
Premi non ritirati
I numeri vincenti (non ritirati)
della sottoscrizione a premi svoltasi a Rorà in occasione del XV
Agosto sono i seguenti:
991 (M. Gallo): videoregistratore; 930: tuta ginnastica; 1697
(M. Girardet): buono pranzo/cena per 2 pers. a Pianprà; 1538
(R. Tron): buono sorpresa; 2024:
bottiglia Irish Misi; 835 (G. Gaydou): macchina fotografica;
4153: cioccolatini Caffarel; 2413*
(I. Martinat): id.; 231: id.; 2554
(A. Dalmas): telefono; 1525 (V.
Rostan): ceppo coltelli; 595: Set
posate; 2742 (I. Benech): quadro; 1912 (Pons): fotoquadro Girardon; 2160 (Coisson): servizio
pinzimonio; 800 (S. Revel): tazzine caffè; 1264 (D. Rostan):
vassoio decorato oro; 1391 (F.
Angiolillo): teglia Pirex. È possibile ritirare i premi previo contatto telefonico (0121-93108). Si
ringraziano quanti hanno collaborato alla sottoscrizione, promossa per raccogliere fondi per
il restauro del tempio di Rorà.
settembre in orario 9-2,15,
14,30-18,30 e 21-23 nei giorni feriali’e 10-12, 15,30-18,30
e 21-23 nei giorni festivi e
prefestivi.
27 agosto, sabato — TORRE PELLICE: La Pro Loco,
in collaborazione con l’associazione La jumarre, organizza una gita guidata alle cave
di pietra di Mugniva a Rorà.
28 agosto, domenica —
TORRE PELLICE: L’unione sportiva Adi organizza, a
partire dalle 9,30 al campo
sportivo del Collegio valdese,
un torneo quadrangolare di
calcio; si tratta della seconda
edizione del memorial intitolato a «Cipo», il popolare Sergio Charbonnier già titolare
del bar Italia scomparso improvvisamente in ancor giovane età.
28 agosto, domenica —
TORRE PELLICE: Presso i
giardini di piazza Muston, a
cura dell’Associazione commercianti, si svolgerà la premiazione del concorso «balconi fioriti».
4 settembre, domenica —
ABRIES: Dopo un incontro a
Frali lo scorso anno, si terrà
un nuovo meeting italo-francese che vede coinvolti i comuni del Queyras e le aree
delle valli unite dai progetti
Interreg. Alle 10 è prevista
una gara intemazionale podistica, alle 10,30 un incontro
fra amministratori sui progetti
di collaborazione transfrontaliera; seguirà il pranzo e altri
momenti meno formali.
lERVIZl
(iesi:i
USSL42
CHISONE - GERMAI
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiv,.
Osp^edale valdese, Pornaretto
tei. 81154.
iior
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 28 AGOSTO
San Germano Chisone: Far
macia Tron , tei. 58787
Fenestrelle: Farmacia Grlpno
- Via Umberto I 1,tel. 83904
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde, Porte : tei. 201454
4
USSL 43 - VALPELLICeI
Guardia medica: ^
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 28 AGOSTO
Villar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio tei
598790
Noi
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USSL 44.- PINEROLESE !
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
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SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso idistretti.
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TORRE PELLICE -11
cinema Trento propone giovedì 25 agosto, ore 20, Aladdin, alle 21,40, Schindler’s
List; venerdì, ore 20 e 22,10,
Quel che resta del giorno;
sabato, ore 20 e 22,10, Una
pallottola spuntata 33 e 1/3;
domenica, ore 20 e 22,10,
L’innocenza del diavolo.
BARGE — Il cinema Comunale propone, giovedì 25,
My life; venerdì. Così lontano, così vicino; sabato, Geronimo; domenica Della
morte, dellamore; lunedi
Robin Hood; martedì (ore
20 e 21,30) Tom e Jerry;
mercoledì, Sliever; giovedì
Il socio. Gli spettacoli inizia'
no alle 21,15.
PINEROLO — La multisala Italia presenta, alla sala
«5cento», Fuga da AbsoloWi
alla sala «2cento» Basta vincere; feriali e festivi ore 20 e
22,20, sabato 20 e 22,30.
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Ujgsi: rassegna teatrale europea su «pace, giustizia, ambiente)
Nonostante ì tempi diffcili
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Diritti umani
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/Accorre essere mossi
dall’amore del prossimo per praticare una giustiTpiena di cui cominciamo a
yere segni nuovi. Queste
^te teatrali dedicate ai temi
Ma pace, della giustizia e
*sa dell’ambiente indicano
{Ite sta crescendo una nuova
'consapevolezza, anche in
zone tristemente e storicamente condizionate da
lealtà mafiose. Occorre non
fermarsi nell’impegno del
¡jnòvamento sociale, non
iioraggiarsi». Con queste paiole il giudice Antonino Ca,«netto, l’ideatore del pool
^ ' fia agli inizi degli anni
a cui parteciparono Falcone e Borsellino, ha voluto
caratterizzare, davanti alla
che gremiva la piazza
di Riesi, la sua partecipazione alla «Rassegna
teatrale europea» sotto il mot',tO«pace, giustizia, ambien' te». Ci sono voluti due anni
di lavoro, contatti, scambi tenuti soprattutto dal Gruppo
ijteatro Angrogna. Il progetto
era nato il giorno stesso
dell’uccisione del giudice
facilino mentre il Gruppo
giro si trovava in tournée in
Biiiiimarca.
Dopo i preparativi la partenza. Come i Mille si sono
imbarcati da Genova (ma eraI» soltanto novanta) tra piemontesi, francesi e danesi.
Ogni grappo ha proposto un
ftoprio spettacolo. Il teatro di
Roegen con un spassosissimo
«Poloall’arsenico» ha recitato a Palermo, nei locali del
Centro diaconale La Noce e a
Riesi sulla piazza principale
Avanti a centinaia di persone. La compagnia teatrale di
toron (del Sud della Franca), con 36 comparse ha tenuto alcuni spettacoli a Vittoria, Scoglitti e Riesi coinvolS®do il pubblico con la sua
iCarovana e granita al limo, graffiante satira dell’oconsumismo. Il Gruppo teatro Angrogna ha predato il suo noto recital «E
®i elianto» (musiche, canti,
®ze e storie di lavoro, emiWone e impegno sociale) a
^glitti e a Riesi; in entramrai luoghi gli spettacoli sono
*iati applauditissimi.
Per il festival è stata anche
realizzata una serie di manette con il logo dell’inizia"va «Teatro in Sicilia 1994»
eoe sono andate a ruba. Nella
Esegua è stata coinvolta an®e la compagnia teatrale di
tesi «Angelo Musco» (nata
eio tre anni fa) che ha prootto un feroce sfotto dialéttanei confronti dei boss di
1 artiere dal titolo «Puddu,
A'a tagliata». Era la prima
ta che di fronte a un pubico attento si prendeva so, ”®”iente in giro l’arrogan^ mafia che spesso è
re di profonda insicusnm ® Ci voleva in
Cè’m“" P”’ coraggio e
ni t ^®r)cato. 1 quattro grup
eontat?*’
iDiin t”’- ema giornata co;"‘'ana, al Servizio cristia^"acciare nuovi rapesnpri^ ^‘eambiare le proprie
labili iroalgrado le inevidifficoltà linguistiche,
.nuova amministrazione
Pro^Ì!?*’-^^'‘^nta dal sindaco
■ha djf •f'"' L'n.o Carrubba,
all'i^i^.’}^ Proprio patrocinio
ÌUale, tra
- A
Un momento di festa dei gruppi teatrali al Servizio cristiano
della manifestazione hanno
provato un po’ di disagio in
mezzo alla numerosa scorta
armata, una dozzina di persone, che accompagnava il giudice per altro uomo di grande
semplicità e rettitudine. La
scorta armata è segno di una
democrazia malata. Caponnetto si è intrattenuto con alcuni attori e ha voluto visitare, in modo approfondito, il
Servizio cristiano. Nell’intervista che lo stesso Caponnetto ha rilasciato al trimestrale
«Le notizie da Riesi» ha affermato che la lotta alla mafia, anche a livello giuridico,
sta segnando una pericolosa
involuzione: «La lotta al potere economico-finanziario di
Cosa Nostra - ha detto -, che
impone le proprie leggi e
continua a estendere i suoi
profitti in Europa dev’essere
più determinata. Solo chi si
sente moralmente impegnato
in questa lotta può defámente onorare la memoria di
uomini di giustizia come Ealcone e Borsellino...».
Il ragionare laico del magistrato Caponnetto non ha per
nulla cozzato con l’azione
che il Servizio cristiano cerca, e non da oggi, di sviluppare nel costruire una società
più democratica e partecipata
partendo da motivazioni evangeliche. La presenza di
Caponnetto, uomo simbolo
del coraggio di sfidare la criminalità maliosa ancora tanto presente nell’isola, ci stimola ad essere ancor più
chiari e decisi nell’impegno
contro ogni sopruso e violenza: nessuno che lotta sinceramente contro il potere mafioso deve sentirsi solo. La rassegna teatrale riesina ha voluto esprimere anche questo
desiderio di condivisione
nell’impegno per la giustizia.
Dal Nord al Sud insieme, per
una causa che ha già mietuto
troppe vittime, speriamo non
inutilmente.
Una serie di organizzazioni
e movimenti («Beati i costruttori di pace». Arci, Lega
per i diritti dei popoli, Sos
razzismo Italia, Associazione
per la pace. Comitato Golfo e
tanti altri) hanno sottoscritto
il 21 luglio scorso un appello
lanciato dall’Ufficio di informazione del Kurdistan (Uik),
con sede in Roma', in cui si
chiede che le democrazie occidentali agiscano in modo
che la Turchia metta fine «alla persecuzione del popolo
curdo intraprendendo un processo di ricerca di una soluzione politica alla questione
curda sotto l’egida della Conferenza per la sicurezza in
Europa (Csce), dell’Unione
europea oppure dell’Onu» o,
in mancanza di ciò, ritirino
alla Turchia «qualsiasi sostegno politico, finanziario e militare», escludendola dalle
istituzioni occidentali. La
guerra condotta dalla Turchia
contro il popolo curdo ha prodotto, secondo il documento,
più di 15.000 vittime, e intanto la Turchia continua a far
parte di istituzioni come la
Nato e il Consiglio d’Europa.
Chiunque venda armi e fornisca aiuti a questo stato, di fatto, si rende complice dell’attuale linea di condotta.
«Ogni mese - dice il testo
- una quarantina di villaggi
curdi viene cancellata dalla
carta geografica» e veri e
propri massacri vengono
condotti con il pretesto della
lotta contro il terrorismo.
«Oltre 1.000 villaggi curdi
sono stati distrutti nel corso
degli ultimi due anni. La lista
è disponibile presso tutte le
organizzazioni intemazionali
che si occupàno della materia». Le forze speciali turche
hanno inoltre assassinato, incarcerato e torturato oppositori, intellettuali, sindacalisti,
insegnanti e artisti, che sono
detenuti anche solo per reati
di opinione.
CONTRAPPUNTO
LE DUE MORALI
PAOLO T. ANGELERI
O ia il vostro sì, sì, no,
xCÌJno; poiché il di più
vien dai maligno» (Matteo 5,
37). Menzogna e furto: due
facce della stessa medaglia.
«Chi è bugiardo è ladro» si
diceva un tempo. Chi mente,
approfittando della nostra
buona fede ci ruba, o tenta di
mbarci, la realtà autentica per
sostituirla a proprio vantaggio
con una finzione; anzi, ci deruba due volte, perché con la
sua menzogna ci sottrae la fiducia: ciò che dovrebbe costituire l’essenza del rapporto
fra uomini. Siamo usciti dalla
prima Repubblica, universalmente condannata perché
fondata sul furto; siamo entrati, nella seconda, a quanto
pare fondata sulla menzogna.
Si mente su tutto, allegramente, giocosamente, tragicamente: e più la menzogna è spudorata o insostenibile, meglio
è. «Paese dei Pinocchi»; così
Lietta Tornabuoni ha chiamato su La Stampa del 21 luglio
questa nostra Italia.
Hanno mentito sul proprio
«curriculum», vantando titoli
e carriere inesistenti; hanno
mentito promettendo milioni
di posti di lavoro, l’abbassamento (o la pura abolizione?)
delle tasse. Appena raggiunto
il potere fanno intendere che,
tapini e inesperti (o non vantavano titoli accademici di fama intemazionale) sono stati
I ingannati, non sono stati
informati. Un conto le promesse elettorali, un conto la
realtà, ha ammesso qualcuno.
Trovano scuse, accusano i
governi precedenti di aver barato... senza ricordare che
proprio da quei governi era
venuta l’esortazione al sacrificio, alla prudenza, a non illudersi... «Mai con la porcilaia fascista!» ha urlato un
«politico nuovo» sulle piazze,
salvo subito dopo decretare
l’alleanza con quell’allegra
compagnia...
Si firmano decreti e poi si
rinnega la firma, gridando al
Iniziative del Comune, della parrocchia cattolica e della comunità battista di Ariccia
Insieme per ì diritti del popolo saharawi
'piativa teatrale alla
Paio ha parteci
'■icordavamo al^aponn'Antonino
^•'sabetta rn”"
organizzatori
_______BRUNO COLOMBU________
Da due anni, con l’inizio
della primavera, le associazioni di volontariato di vario genere e tipo, la parrocchia cattolica e la Chiesa battista, sono convocate dall’assessore ai Servizi sociali del
Comune di Ariccia per programmare sotto ogni aspetto
l’accoglienza di un gruppo di
bambine e bambini saharawi
(l’estate scorsa erano venti e
quest’anno invece erano dieci) per tutto il mese di luglio.
I nostri piccoli amici sono
stati accolti con grande simpatia da parte di tutta la popolazione ariccina e tutte le
associazioni hanno fatto del
loro meglio per la sistemazione e per oltrire un soggiorno sereno e ricco di incóntri, visite, escursioni, giochi e vari. I giovanissimi
amici saharawi sono stati
ospiti della nostra comunità
per tre serate: con loro abbiamo giocato, cantato, danzato
e consumato i pasti serali nello spirito dell’ospitalità e
dell’accoglienza più sincera e
amichevole. Abbiamo offerto
loro molti doni di vario genere e un orologio ciascuno,
che è stato molto gradito da
tutti e che ci era stato richie
Bambini saharawi con i ragazzi della comunità battista di Ariccia
sto fin dal primo giorno. Nel
mese di maggio sono venuti
ad Ariccia, accompagnati
dalla segretaria dell’ambasciata della Repubblica araba
Saharawi democratico, quattro sindaci e tre assessori in
visita di ringraziamento per
l’accoglienza data l’estate
passata ai bambini delle loro
città-tendopoli.
La Chiesa battista, la parrocchia cattolica e le associazioni di volontariato con l’assessore ai Servizi sociali del
Comune avevano chiesto e organizzato la cerimonia per il
gemellaggio con il comune di
Amgala, una tendopoli di circa 3.500 persone che vivono,
ospiti, nel deserto algerino, in
prossimità di Tindout. La cerimonia è stata semplice e
commovente quando sono
state apposte le firme dei due
sindaci sulla pergamena che
ricorda il gemellaggio e lo
scambio delle bandiere cittadine. Una parte importante in
questo rapporto di fratellanza
è stato esercitato dalla nostra
comunità e dal nostro pa,store;
il Comune non è gemellato
con alcuna città europea.
La storia del popolo saharawi è comune a quella di altri
popoli delle ex colonie in terra d’Africa, una storia di sofferenze e di esilio, di guerre e
di privazioni; è un popolo
senza territorio nazionale perché il Sahara occidentale dal
1974 è stato invaso dalle truppe della Mauritania che poi,
sconfitte dal Fronte polisario,
si sono ritirate entro i loro
confini, e dall’esercito marocchino che ancora occupa la
gran parte del territorio del
Sahara occidentale, nonostante varie risoluzioni dell’Onu
abbiano intimato al Marocco
di ritirare le sue truppe dai
territori occupati. Nel 1989 il
Parlamento europeo adotta
una risoluzione a favore
dell’autodeterminazione e
dell’indipendenza del popolo
saharawi e nel gennaio del
1992, sempre il Parlamento
europeo nega la concessione
di nuovi aiuti al Marocco fino
a quando non adempirà alle
risoluzioni dell’Onu. In ottemperanza a una risoluzione
dell’Onu il Fronte polisario
accetta di cessare i combattimenti dal 6 settembre 1991. Il
governo italiano, in disprezzo
della posizione del Parlamento europeo, prosegue il suo
programma di ingenti aiuti,
anche militari, al Marocco,
complice il silenzio dei grandi
mezzi di informazione. Il
Consiglio comunale di Ariccia ha deliberato di donare
una borsa di studio a livello
universitario a una studentessa o a uno studente saharawi.
l’inganno... Affermazioni
della sera vengono smentite
al mattino: al sabato il presidente del Consiglio giura che
o passerà un certo decreto o
il governo darà le dimissioni;
al lunedì successivo il decreto cade, il governo non si dimette e il presidente afferma
che non si tratta di marcia indietro: si avanza su posizioni
retrostanti. Bugie sopra bugie, una dietro l’altra: ecco,
questo è il nuovo che ci viene
propinato. Un nuovo pinocchiesco, anch’esso bugiardo:
falsamente nuovo, autenticamente vecchio. La seconda
Repubblica nasce dunque bugiarda, e quel che più fa male
è l’entusiasmo di chi inneggia alla spudorata capacità di
mentire come segno di ammirevole e profonda astuzia
politica.
Ai ladri impuniti della prima Repubblica abbiamo sostituito i bugiardi impudichi
della seconda. Intendiamoci:
non ci vogliamo schierare né
a destra né a sinistra, ne col
governo né contro; non vogliamo far politica né discutere di .programmi; non ci interessa giudicare il contenuto
dei provvedimenti, se sia lecito questo o quel disegno o
quel decreto legge. Ci stiamo
soltanto chiedendo su un piano puramente etico se esista
ormai più un confine fra verità e menzogna; che diremo
al cittadino ignaro, all’uomo
abituato da secoli a considerare la menzogna come tradimento, furto d’anima, chiara
manifestazione di disprezzo
per il prossimo?
Che diremo ai nostri figli,
quando mentiranno, negando
l’evidenza per evitare una punizione o forse soltanto un
rimprovero? Che a loro non è
consentito ciò che invece è
lecito a chi ci governa? L’antica riprovazione per la menzogna fa parte davvero soltanto del vecchio non più di
moda o esistono due morali,
una per i governanti e una per
i comuni cittadini? E allora,
perché non ripigliarci Craxi?
Anche lui sosteneva, e sostiene, che chi governa è «legibus solutus», è sciolto dalle
comuni leggi in nome di un
interesse superiore: bugie o
non bugie, furto o non furto,
«quicquid principi placuit legis habet vigorem (qualunque
cosa piace al principe ha volore di legge)». Se cosi fosse,
amici miei, se questa veramente dovesse essere la seconda Repubblica (come ha
detto molto bene in una intervista televisiva Valdo Spini)
non c’è che da augurarsi il rapido passaggio alla terza.
Noi, nel frattempo, continueremo a sostenere: « li tuo si
sia si e il tuo no, no! Il di più
viene dal maligno!».
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12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 26 AGQSTn
l9^jLnì26
L'opera dell'autorevole studioso inglese J. H. Charlesworth esamina le origini del cristianesimo alla luce delle scoperte di Qumraiì|
Gesù nel giudaismo del suo tempo: una ricerca affascinante | yj
PAOLO SACCHI'
Il libro di James H. Charlesworth' è bellissimo: con
estrema semplicità di linguaggio l’autore tocca, alla
luce delle scoperte di Qumran, gran parte dei problemi
che riguardano Gesù e di riflesso le origini cristiane. È
un libro che interesserà tutti,
credenti e non credenti, storici e teologi: in particolare
sarà utile per tutti coloro che
traggono la loro informazione
soprattutto dai giornali, i quali sono troppo disposti a concedere il loro spazio a quegli
autori che hanno cercato facile fama nella qumranistica,
creandole aloni di mistero e
montando scandali che non
hanno fondamento. Bersaglio
principale di Charlesworth è
lo studioso americano Eisenman: «I manoscritti del Mar
Morto non consentono di fondare e di sostenere tesi polemiche anticristiane, o controtesi teologiche, perché non
fanno alcun riferimento a Gesù né esplicitamente, né implicitamente» (p. 81). La lunga nota n. 5 di questa stessa
pagina, scritta daU’ottimo curatore, Domenico Tomasetto,
illustra particolari e indica
autori che hanno insistito sulla via dello scandalo anche
dopo il libro del Charlesworth. Il libro di Eisenman e
Wise menzionato in questa
nota è ora tradotto anche in
italiano (Marietti 1994); meno male che c’è stato chi ha
tradotto Charlesworth.
Il libro è suddiviso in sei
parti con alcune appendici
che contengono l’elenco dei
materiali oggi a disposizione
degli studiosi e una sintesi
sulle tendenze odierne circa
la ricerca su Gesù; la prima
parte affronta i termini generali del problema e illustra il
metodo dell’autore, col quale
concordiamo quasi sempre in
maniera assoluta. Sono solo
meno entusiasta del Charlesworth circa la bontà della
«critica delle forme» (p. 36).
La seconda parte è dedicata
all’analisi di passi interessanti
derivati dalla letteratura pseudoepigrafica. In questa parte
l’autore tratta ánche del rapporto tra Gesù e l’apocalittica. Charlesworth procede facendo un bilancio dei punti di
contatto e di attrito tra Gesù e
l’ambiente, volto a chiarire il
senso della novità di Gesù.
I manoscritti
del Mar Morto
La terza parte riguarda Gesù e i manoscritti del Mar
Morto: il procedimento dell’
esposizione è lo stesso. Seguono ancora due parti, una
su alcuni apporti che provengono dalle grotte di Nag
Hammadi (testi gnostici) e
una sugli apporti che vengono dall’archeologia.
L’atteggiamento degli studiosi sulla possibilità di sapere concretamente qualcosa
sulla vita di Gesù è molto
cambiato negli ultimi decenni. Ciò che ha prodotto la
svolta è la serie delle scoperte di manoscritti ebraici risalenti al tempo di Gesù in senso lato, i cosiddetti manoscritti del Mar Morto: un totale di circa 800 testi. Molti
di questi ci fanno conoscere
il testo biblico come era letto
venti secoli fa in Palestina;
altri ci fanno conoscere idee,
espressioni e aspettative dell’epoca, che si inquadrano
perfettamente nello sfondo
degli scritti neotestamentari.
Molti di questi testi sono
frammentari ma alcuni, diciamo una ventina, sono o praticamente interi o contengono
passi così ampi da permettere
una comprensione sicura del
pensiero degli autori. Poiché
questi manoscritti, che appartenevano a una comunità
ebraica che risiedeva sulle rive del Mar Morto, furono nascosti nelle grotte che circondano il wadi Qumran in occasione dell’occupazione romana della zona, siamo sicuri
che si tratta di scritti sempre
anteriori grosso modo all’anno 70, anno della caduta di
Gerusalemme. I testi più antichi furono scritti materialmente nel III sec. a.C.
Oltre agli scritti del Mar
Morto abbiamo oggi a disposizione anche i cosiddetti
pseudoepigrafi (apocrifi per i
cattolici) dell’Antico Testamento, a noi giunti in manoscritti nelle lingue più diverse, quali il greco, il latino, il
siriaco, il copto, l’etiopico
antico (ge'ez) il paleoslavo,
l’armeno, il georgiano. Sono
tutti libri scritti per lo più originariamente in ebraico o in
aramaico (qualcuno anche in
greco) nel medesimo tempo e
nel medesimo ambiente che
produsse i manoscritti del
Mar Morto. Sono cioè opere
che datano tra il III sec. à.C. e
gli inizi del II sec. d.C. Sono
una cinquantina di libri, che
attendono ancora, per la maggior parte, di essere adeguatamente editi e studiati.
Il cristianesimo
e il suo ambiente
Qualcuno può stupirsi che
questi testi che erano noti da
sempre non abbiano influito
sulla scienza neotestamentaria e lo stupore è più che legittimo: la spiegazione va ricercata, a mio parere, in due
cause diverse: la prima è rappresentata dal modo in cui si
pensava il rapporto del cristianesimo con il suo ambiente, un modo che era condiviso
da tutti, da ebrei e da cristiani. Il cristianesimo era concepito come una rivoluzione totale, un totalmente nuovo,
all’interno del mondo giudaico. Questo presupponeva che
il giudaismo del tempo di Gesù fosse sostanzialmente un
monolito di tipo farisaico.
La seconda causa è che gli
pseudoepigrafl erano testimoni scomodi di una situazione
storica completamente diversa da quella che la tradizione
si era costruita e immaginata.
Approfittando del loro stile,
che usa abbondantemente il
simbolismo, e del fatto che
erano traduzioni fatte da cristiani, venivano ignorati come testi indegni della serietà
scientifica dei nostri teologi.
Se qualcuno li usò, questi
erano studiosi atei o, comunque, non credenti in una religione storica, i quali si servivano di questi testi per dimostrare che il cristianesimo era
soltanto un prodotto del pensiero religioso ebraico del
tempo: questo, naturalmente,
aumentava la diffidenza dei
credenti verso questi testi.
L’esempio più classico che si
può citare su questa linea fu
ìa Vie de Jésus di Renan (Paris, 1863), messa all’indice
dai cattolici e ignorata di fatto
dalla intellighenzia cristiana
tutta. La via teologica era segnata: gli pseudoepigrafi andavano ignorati: e lo furono^
È interessante notare che
Reimarus (XVIII secolo) e
Renan, non certo apologeti
della chiesa, parlavano sempre di Gesù e del problema di
capirlo. I teologi nella loro
opera, che fu di reazione, procedettero nella via opposta: a
furia di parlare di kerygma e
di altre parole difficili, ma
sufficientemente astratte.
Una veduta di Gerusalemme
hanno talora finito, nella mia
opinione, con il perdere l’essenza stessa del cristianesimo, che si radica in Gesù. La
stessa resurrezione, «senza la
quale la vostra fede sarebbe vana» (I Cor. 15, 14) è potuta diventare l’esperienza
della resurrezione, come si è
espresso più o meno il Bultmann. Se però gli pseudoepigrafi potevano essere liquidati per inveterata tradizione accademica, la scoperta dei rotoli del Mar Morto ha costretto gli studiosi a riprendere in
mano il problema di Gesù e
del suo mondo. Scrive Charlesworth (p. 17-18): «Grazie
ai ritrovamenti e alle pubblicazioni di fondamentale
importanza, si scopre che essi (aspirazioni, idee, simboli
del tempo di Gesù) sono
profondamente ancorati all’interno del mondo e del
pensiero del protogiudaismo
(250 a.C.-200 d.C.)».
Come si vede da questa affermazione, le nuove scoperte
e le riscoperte non ci parlano
mai di. Gesù^ ma ci mostrano
un mondo, nel quale i racconti .evangelici e gli scritti neotestamentari in genere si
iscrivono perfettamente con
le loro «aspirazioni, idee e
simboli». In altri termini, Gesù non parla più nel vuoto
storico, aperto a tutte le interpretazioni e a tutte le astrazioni, ma parla un linguaggio
che è quello delle altre opere
coeve. Nel momento stesso in
cui il Nuovo Testamento perde una parte della sua originalità (tanto grande da essere
fuori della storia), guadagna
in credibilità di fondo. È letteratura giudaica del I secolo.
Naturalmente tutto questo
impone al credente di rivedere due cose: in che cosa consista la peculiarità della sua
fede e quale sia il rapporto tra
(1) James H. Charlesworth,
Gesù nel giudaismo del suo
tempo alla luce delle più recenti scoperte. Torino, Claudiana,
1994, ed. originale 1988), pp
304, £ 36.000.
(2) Nel 1923 E. Mangenot
nel voi. I del Dictionnaire de
Théologie Catholique, p. 1503,
definisce gli apocrifi in blocco
come fiction, «fantasie, inganni»; J. B. Frey nel 1928 nel Dictionnaire de la Bible, Suppléments, I, 356, spiega «la juste
sévérité de l’ancienne église»
nella condanna degli apocrifi
come dovuta al «péril très grave
pour la pureté de la foi catholique» rappresentata dai detti apocrifi. Per quanto l’autore sembri
avere in mente più quelli di
Nuovo Testamento che quelli di
Antico, tuttavia nel giudizio gli
apocrifi sono accomunati: sono
un pericolo grave per la fede cat
questa fede e quella ebraica
di oggi. Se il vecchio schema
è superato, non per questo si
può dire che uno nuovo sia
pronto. Qualche linea si intravede e il libro di Charlesworth aiuta ad individuarla.
Charlesworth non può evitare di riprendere in mano un
po’ tutti i problemi della critica del Nuovo Testamento e
dei Vangeli in particolare. Se
è vero che nessun evangelista
ha scritto una vera e propria
biografia di Gesù, tuttavia
non si può negare che gli
evangelisti avessero un certo,
interesse storico (p. 29), assai
più grande di quanto comunemente si pensi. Ha ragione, e
mi pare che sia una visione
delle cose che lentamente si
va diffondendo.
Una tesi discussa
Charlesworth crede in questo fondo storico forte dei
Vangeli, pur accettando la datazione oggi classica per le loro redazioni. Il testo più antico è Marco e questo fu scritto
solo poco prima del 70; tutti
gli altri Vangeli sarebbero posteriori a questa data. Oggi
anche questa tesi non è più
così universalmente accettata
come qualche anno fa: Robinson^ seguito da qualche altro,
fondandosi essenzialmente sul
comune principio filologico
che un’opera è databile sulla
base dell’ultimo avvenimento
noto all’autore, ha datato il libro degli Atti a circa il 65; di
conseguenza ha dovuto alzare
la data del Vangelo di Luca
(scritto certamente prima degli Atti) e di conseguenza ancora alzare a una data ancora
precedente il Vangelo di Marco. Una data alta non comporta necessariamente una maggiore attendibilità, ma è certo
che aiuta il lettore ad avere
maggiore fiducia nell’opera.
tolica (forse voleva dire «cristiana»). Ancora nel 1948 A. Penna
neWEnciclopedia Cattolica, col.
1.631-, dice che gli apòcrifi «letterariamente non meritano considerazione particolare», hanno
la mania del meraviglioso e sono
inverosimili a differenza dei libri
canonici; lamenta che perfino
«alcuni padri e alcune chiese
particolari tributarono un onore
indebito a scritti di questo genere». Il disprezzo è evidentissimo; non si sfugge nemmeno
all’impressione che questi teolo* gi li sentissero davvero come un
pericolo per la fede.
(3) Fa eccezione l’americano
R. Eisenman, il quale è convinto
che i rotoli del Mar Morto abbiano un’origine cristiana e identifica il Maestro di Giustizia con
Giacomo, il fratello di Gesù.
Non mi risulta che abbia cambiato opinione, nemmeno dopo i ri
In ogni caso riduce lo spazio
di tempo che la critica delle
forme richiede per il processo
redazionale. Quanto più si riduce lo spazio di tempo nel
quale si produssero le «alterazioni/rielaborazioni delle tradizioni su Gesù» (p. 183) tanto più si riduce la loro probabile ampiezza: anche il problema della datazione dei sinottici deve essere considerato aperto.
Anche la tesi di Carmignac*, cioè che la lingua originale dei tre sinottici era
l’ebraico, tende a portare verso date alte la prima tradizione scritta dei Vangeli. I manoscritti del Mar Morto ci
fanno vedere che l’ebraico
era largamente impiegato come lingua letteraria al tempo
di Gesù. Anche la tesi di Carmignac è discussa, ma va nella stessa direzione di tutta la
ricerca di oggi riguardanté i
Vangeli sinottici.
Per ciò che riguarda l’apocalittica, Charlesworth accetta la complicata visione che
di quel movimento dette
Hanson (p. 55); ma Tanalisi è
lucida e metodologicamente
ben condotta. Particolarmente
importante la tesi che il titolo
«Figlio dell’uomo» vada studiato non solo sullo sfondo di
Daniele, ma anche su quello
dello pseudoepigrafo Libro
delle Parabole, che Charlesworth data alla metà del I
secolo, respingendo la tesi
estrema di Milik, che lo vuole della fine del III secolo
d.C. Io penso a una data ancora più alta: Milik aveva
proposto una data così bassa,
perché l’unico avvenimento
chiaro aH’intemo del libro era
un’invasione di Parti, che
l’autore sembra avere avuto
davanti agli occhi. Ma se non
accettiamo una data così tarda come quella proposta da
Milik non resta, sulla base del
medesimo principio, che per
conto mio è validissimo*, che
pensare all’invasione dei Parti in Palestina, avvenuta nel
40 a.C.: non ne conosco altre.
Se l’influsso dell’apocalittica in genere su Gesù è innegabile (p.'64), tuttavia alcuni
tratti distinguono nettamente
Gesù da questa e Charlesworth li elenca (p. 59 ss.).
il peccato e il perdono
Molto interessante è anche
il capitolo sulla coscienza del
peccato e sulla necessità del
perdono da parte di Dio (p.
68 sgg.). Forse, se le osservazioni riguardanti la coscienza
del peccato e, quindi, la necessità del perdono di Dio,
per non arrivare alla catastrofe, fossero state riprese nel
capitolo in cui Charlesworth
parla dell’autocoscienza di
Gesù, sarebbe emerso meglio
fi quadro razionale nel quji
prese forma in Gesù
scienza della necessità
proprio^sacrificio. Gesùf^n
cino, all’inizio della sua
ra, a Giovanni Battista,
predicava il pentimento’e ,»■
battesimo per la remisse
dei peccati. Gesù si convi
che questo non bastavabastava aspettare la gente «
la riva del Giordano, bisoa
va andarla a cercare; non
stava un battesimo per chi
1994 cel
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Jetradu2
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pentiva, ci voleva un sacri .
ciò espiatorio che fosse in 1
guato al dramma. Che Cesi ¡l'^
poi, non pensasse alla ero« teff*“
in maniera particolare è
che probabile dalla letti S»®
ra critica dei testi, quale{ litiiai******
Charlesworth (p. 183). ■ t|
Il confronto tra il material
del Mar Morto e Gesù prò» ® ",
de con gli stessi criteri coi
ini testi c
CUI è trattato il rapporti
ave
gtàdelli
delTApocalittica con Gesì ^
Prima ciò che distingue ^
ss), poi ciò che unisce (n „
T , T'..” »lavoro.
ss). L’autore dà grande rilic.
vo all’esaltazione della
vertà: forse oltre a
questi
te una sco;
avrei menzionato anche!
^le a c
dichie;
do
UICÚN
Uè
tip
motivo della giustificazioneii® j'”' ^
Al tempo di Gesù si era or- ®® ®**^*^°
mai affermata completamente
l’idea che il giusto che,meriti I*®“
la salvezza in quanto giusto '
non esiste ma questa coscien«
za, unita al fatto che ormai si
credeva quasi universalfflente*
in Israele che dopo questo'
mondo ci sarebbe stato!
mondo futuro (tema ampiamente trattato da Charlesworth), non poteva non porre drammaticamente il problema di come Dio
giustificare, cioè considei
giusta gente che era di fatto'
colpevole. Mi pare che questo
tema della giustificazione
possa illustrare sia la coscienza di Gesù di essere il Figlio
dell’Uomo o, almeno, di
averne le funzioni. Spiega an-’
che le ragioni per cui si avviò
al sacrificio coscientemente,
fosse o no la croce la fomu
di morte che si attendeva.
Un passo degno di
attenzione è la lunga sezione
dedicata da Charlesworth allo
studio della parabola dei vignaioli malvagi, dallo
della quale egli trae la convinzione della coscienza die
Gesù aveva del suo ..
particolare con Dio (pp
202). Secondo me, anche! ijj
fatto che Gesù si identificasse:
col Figlio dell’Uomo, almeno laun’ujna i
per ciò che riguarda le s* tutte singoi
funzioni, è un altro elementi
in favore della particolare an; j
tocoscienza di Gesù, che s, i.
poneva in qualche
sopra dell’umano
enphu
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} corrisi
Nella B
rie
Perogi
* docente di I^ttera0ÈSf}^^
ebraica
l’Università di
■
sultati dell’esame condotto con il
metodo del carbonio 14 sul materiale di otto frammenti: le date
ottenute sono sempre nettamente
anteriori all’età cristiana.
(4) Robinson J. A. T., Redating thè New Testament, London
1976 (tradotto in francese nel
1987 e sostanzialmente ignorato
dalla critica). Eppure le idee di
Robinson hanno un indiscutibile
fondamento filologico e erano
insegnate fino a non molto tempo fa. Si veda per esempio la Sacra Bibbia a cura del pontificio
Istituto biblico di Roma, Firenze,
Salani 1961. Il testo ahonimo,
ma non troppo (è certamente di
Vaccari, filologo di tutto rispetto), dice che Marco è il Vangelo
più antico e a p. 1869 scrive riguardo a Luca: «S. Luca .scrisse
il .suo Vangelo prima degli Atti
degli Apostoli, che ne .sono come
la continuazione (Atti I, I), e
quindi non solo No (se ,
te di S. Paolo (anno 67), c«''..flsr
gli Atti è ignorata, ma anc P .
ma della fine della pti
dell’apostolo (anno^ 63),
quale termina quel libro,
ma circa l’anno 60 a.C.
il
(5) J. Carmignac.La««'
des Evangiles
I /T ^ t° pHi7Ìone nello
1984 (2 - 1° edizione i
.so anno).
(6) Il criterio
dissimo ed è normalmen ¡ ^
l’antichità non ci ha co
informazioni. Per fare q
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esempio su cui tutti son
cordo, ricordo che è pc
principio che si fis-sa o
Daniele al 164, quella ^
dei Sogni a un paio o
e così via. Per questo s
cipio la'data degli Atti v f ¡.
non molto dopo l'ultimo a*™
mento noto all’autore.
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13
,ì 9ß agosto 1994
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Lto centenario di un personaggio che pagò sul rogo la propria coerenza
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Ila sua
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vicenda dell^umanista Tyndale^
Riduttore in inglese di una Bibbia
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si - «ario della nascita di
Tyndale, il padre di
rande rili{.'
della I
HPIIMO CORSANI
bibliche in
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10?^*"' Prima di lui
tre’iS .Stato Wyclif, che come
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unsS 5ità della diffusione del^ fosseÌ Ìbia in lingua comprenCheG«! leal“«'- Ma la Bibbm
^allacrS feffita (sia essa opera di
filare a . mure dei suoi seguaci)
alla lei È ricavala dalla Vulgati, qual Uwa("°" dal testo ebrar
83) t greco), ed era stata, dif;i , ■ , ha forma manoscritta,
^ niatenai .¿all’invenzione della
jesu proct Xyndale invece lavoI r n"“' S testi originali, prima
con 5 Testamento e poi
insueS [fatico, e può già servirsi
lisce (ptó
iiòlavoro.
làco, umanista, Tyndale
tema scoperta della Bib
I dominante nel suo
tificazini ssi ““' Lutero. Infatti
1 sfe .e dentro la Bibbia Tynipletameg k aveva scoperto anche la
) che meriS P“ 1" ^uffi
anto giu® °P"'"
stacoscie» pl»saivezza e una concehe ormd chiesa molto diversa
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Imenb, di;
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;ndeva.
) di grande
iga sezione
sworth allo
lola dei vilallo studiai jj.
rae la con
Nonostante gli argomenti
addotti a favore della traduzione della Bibbia in inglese
(in Giovanni 5, 39 si parla di
investigare le Scritture e in
Atti 17, 11 di verificare se la
predicazione di Paolo corrisponde alle Scritture, tutte
cose che si possono fare solo
disponendo di Bibbie nella
propria lingua!) Tyndale non
riuscì a ottenere dal vescovo
di Londra l’autorizzazione a
iniziare il lavoro (anche se
gli aveva sottoposto un’orazione di Isocrate tradotta dal
greco in inglese per dimostrare la sua capacità), sicché
decise di passare in continente, e qui, a Colonia e poi a
Worms, pubblicò due edizioni del Nuovo testamento in
inglese, una «in quarto» e
l’altra «in ottavo», di 6.000
esemplari.
Il testo ebbe diverse ristampe e fu poi riveduto dallo stesso Tyndale nel 1534 e
nel 1535, ma nella sua attività si vide un atteggiamento
ostile a Roma: i nemici di
Tyndale riuscirono a catturarlo e a farlo condannare allo
strangolamento e al rogo a
Vilvoord, non lontano da Anversa, il 6 ottobre 1536.
La traduzione di Tyndale è
stata recentemente ripubblicata a cura di D. Danieli
{Tyndale’s New Testament,
Yale University Press, 1989).
Leggendola, si rimane colpiti
dalla quantità di somiglianze
fra la sua versione e quella
nota come Authorized Versión (o Versione del Re Giacomo) del 1611. Quest’ultima traduzione ha dominato
incontrastata in tutti i paesi di
lingua inglese fino alla metà
del nostro secolo: evidentemente Tyndale, oltre a interpretare correttamente il greco
del Nuovo Testamento, aveva anche saputo incontrare la
spiritualità della sua gente,
esprimendosi in un modo che
afferrava anche le generazioni successive alla sua.
Il carattere evangelico della
sua traduzione risulta da alcuni termini tecnici che Tyndale tradusse dal greco in
modo diverso da quello della
tradizione medievale: così
per ekklesìa preferisce usare
«comunità» e non «chiesa»;
per presbyteros usa «anziano» (ingl. eider) e non «prete»; per metànoia usa «pentimento» e non «penitenza».
Tommaso Moro, famoso
esponente della tradizione
cattolica inglese nel XVI se
i una raccolta di meditazioni quotidiane
koprìre il gusto per la Bibbia
UlCttNO DEODATO
eiriihut è un piccolo
paese sperduto nella
lagna tedesca, poco lonlawda! confine ceco. Nei sevi si stabilì un
di esuli provenienti
iravia: erano discenquegli bussiti medieprima ancora della
brina del XVI secolo, aveinsieme ai valdesi rapsentato la protesta contro
- Roma e con loro
sorta di «internalo rapporto »*» europea.
° Ìnchei “ Herrnhut, da
wificassi k/'"’' “ questa parte, si
L aline« cerimonia:
,rda lesae:ÌiJ“"’“X“gon« estratti a
„lofflpntola, ■ ^'^goli versetti biblici
0 eleme»^passano
ticolare
modo al di ij
lente iioP'^
ipere di
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perqu«*i
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d’anni ^
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uno av’
I poi nelle mani di
,o,-, che afcr" 'trovano paral'■ -''i'^//?'''^*Pondenze nei vari
J®lla Bibbia. Sono le paJ’f' ogt't giorno dell’anLeiierflWrorj'’I?‘Dblicate in un libriccino
uicfl/rrtfO {».®*®‘desco ha per titolo
di estratti
«nenteV*’®
0 Viene anche a signi^;<Parola d’ordine».
JOnr? '^tifose in tutto il
67), 0*0 tio contano 40 tra
a anchef ■ >n lingue diverse, e
j prigioo'* . n Braille) le Losungen
63), ijL .a Analmente tradotte
[hro;in^’* in italiano per i tipi
C-», 'ideila ® P''“ iniziati
issof7. , federazione evangePartP ^ in Italia.
¡ila uri ' '''
•etchr^ ? ^t^'Z'one italiana,
uiikèvoo- !3,ae^‘ '^>5 fin verso il
579^P,'^“tfelletti, e poi dal
sotto la spinta di
Tullio Vinay, su «La Luce»
prima e a cura della Claudiana poi si cercò di diffondere
l’uso delle Losungen in italiano ma l’impresa non incontrò
molto successo.
È da augurarsi che questa
volta le cosa vadano in modo
diverso. Non mi dilungo sui
perché, rimandando alla bella
e corposa introduzione di
Paolo Ricca a questa attuale
edizione italiana. Vorrei però
richiamare succintamente due
elementi: il primo è dato dal
fatto che da tempo ormai ci
scontriamo con un diffuso
analfabetismo biblico molto
preoccupante per delle chiese
che hanno nel «Sola Scriptura» uno dei loro fondamenti.
È dunque necessario ricuperare il gusto della lettura biblica, non solo comunitaria
ma anche personale. Il secondo elemento è che c’è in noi e
intorno a noi una ricerca di
spiritualità; è il sintomo di un
vuoto che si è fatto. E siccome in natura il vuoto non esiste, esso viene occupato da
mille fantasie diverse che
hanno a che fare con la religiosità naturale ma ben poco
con il solido e corroborante
messaggio biblico. Le Losungen (il cui titolo in italiano è
diverso: «Un giorno, una parola») possono essere un valido aiuto per risolvere ambedue que.sti problemi.
L’attuale edizione è il frutto del lavoro di quasi una
ventina di persone (oltre naturalmente ai fratelli moravi
di Herrnhut); non è poco, e li
ringraziamo per la loro fatica.
Certo non sarà il loro lavoro
protestantesimo in tv
,^fnenica 28 agosto ore 23,30 circo ■ Roidue
P'ca; lunedì 5 settembre ore 9,30 circa * Raidue
Attualità evangelica
[r>aldese
in questo numero;
Un pastore a Catania; Assemblea battista euro
J^^^gonisti della Riforma: Renata di Francia.
e neppure la lettura delle Losungen a risolvere i problemi
delle nostre chiese, però è
uno strumento che ci può
permettere di uscire dall’individualismo e dal soggettivismo per inserirci in una vasta
comunità di fede e di preghiera e acquisire così una
dimensione più ampia di
quelli che sono i nostri angusti orizzonti. Accanto al versetto del giorno sono indicati
altri testi di letture bibliche;
l’interazione di questi testi
suggerisce riflessioni stimolanti che possono far crescere
la nostra fede. Quelli delle
domeniche possono tranquillamente essere assunti come
testi delle predicazioni, per
cui il predicatore invece di
arrovellarsi per trovare un testo per la predica e finire
quindi per dire ciò che ha in
testa, piegando la Bibbia
all’esigenza del momento, si
lascia dire dalla Bibbia stessa
ciò che va detto. Ed è straordinario constatare come ogni
volta la Bibbia parli all’uomo
di oggi. Non c’è da stupirsi
perché, come nota giustamente Ricca nell’introduzione (che va letta tutta e attentamente, per capire i criteri di
questo lezionario) in ogni pagina della Bibbia c’è l’Eviingelo, e questo è una Parola
vivente.
Dunque quanto mai opportuna questa pubblicazione, alla quale auguriamo la diffusione più ampia possibile. E
in vista di questa grande diffusione, vorremmo raccomandare all’editore di curare
che le prossime edizioni siano stampate in modo un po’
più arioso, con margini un
po’ più ampi e, possibilmente, senza spezzare tra due diverse pagine la lettura dei testi del giorno.
(*) Un giorno una parola.
Letture bibliche quotidiane per
il 1995. A cura di Paolo Ricca.
Claudiana, Torino, 1994, pp 230,
£ 10.000.
primo
a stampa
colo, accusò Tyndale di
«aver corrotto la buona e sana dottrina di Cristo nel
Nuovo Testamento trasformandola nel suo contrario».
Nella sua risposta allo scritto
di Moro, Tyndale sostiene
con decisione la priorità
delTEvangelo rispetto all’insegnamento della chiesa: se,
come dice Paolo in Romani
10, 17, «la fede viene dall’udire», significa che prima
della parola evangelica non
può esserci chiesa, visto che
non c’è ancora fede. Quindi
l’Evangelo non è tanto un libro quanto un annuncio di
salvezza che dà vita e origine
alla chiesa.
Non è inutile osservare, infine, che Tyndale anticipava
rispetto alla rottura della
Chiesa d’Inghilterra con Roma (non ne era dunque una
conseguenza), e che la sua
traduzione è più o meno contemporanea a quella di Lutero in Germania (Nuovo Testamento, 1522; Bibbia intera, 1534). Forse non è azzardato vedere nel lavoro biblico di questi due personaggi
un risultato della pubblicazione del Nuovo Testamento
in greco a opera di Erasmo
da Rotterdam (Basilea 1516).
Teologia
Per conoscere
il pensiero
di Jüngel
FULVIO FERRARIO
Una giovane studiosa italiana propone una puntuale e articolata presentazione del pensiero di Eberhard
Jiingel*, uno dei principali
teologi protestanti dei nostri
giorni, impegnato a rileggere
in modo originale e profondo
la lezione barthiana, tenendo
ampio conto del dibattito filosofico soprattutto tedesco,
da Heidegger a Gadamer
(ma, come Cislaghi sottolinea, non mancano oggettivi
punti di contatto anche con
Ricoeur).
La formazione filosofica
dell’autrice non le impedisce
di mostrarsi a proprio agio
nel seguire le movenze specificamente teologiche della riflessione di Jiingel; si potrebbe forse notare che i punti di
riferimento teologici di quest’ultimo (Barth, Bultmann,
Fuchs, Ebeling e in senso diverso Bonhoeffer e la tradizione protestante in generale)
sono presentati in modo più
stilizzato, e in qualche dettaglio discutibile, rispetto a
quelli filosofici, ma è osservazione che nulla toghe alla
cura estrema con cui lo studio è condotto. Precisa anche
la presentazione dell’opposizione di fondo tra la prospettiva jiingeliana e quella
dell’altro grande della teologia tedesca attuale, Wolfhart
Pannenberg. Utilissima la bibliografia finale.
Come ben si addice ad uno
studio su Jiingel, il libro di
Cislaghi è linguisticamente e
concettuàlmente difficile. Il
lettore è avvertito.
(*) A. Cislaghi, Interruzione
e corrispondenza. Il pensiero
teologico di Eberhard Jiingel,
«Giornale di Teologia», 225,
Brescia, Queriniana. 1994, pp
266, £27.000.
Il Wlosé di Michelangelo nella chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma
Un commento ai comandamenti
Dieci parole guida
verso la libertà
MICHELE SINIGAGLIA
L? Antico Testamento possiede un cuore pulsante
costituito dai dieci comandamenti, chiamati anche le
«Dieci parole». Valdo Benecchi* fa riscoprire questa collana preziosa con le sue dieci
gemme, con un percorso lungo la strada della libertà: «Solo il Dio che ha liberato il popolo d’Israele dall’Egitto è il
Signore» (pag 73).
Prima dell’esposizione di
ognuno di questi vangeli della Parola di Dio data al suo
popolo, c’è un’introduzione
diversa da come la si trova in
tanti libri. Non a torto l’autore intitola il capitolo 3: «La
più grande avventura di libertà»: è il Signore, «L’Iddio
tuo» che può indicarti la via
per essere libero, perché è lui
che ti ha liberato dalla casa di
servitù, dall’Egitto. Ricordati,
Israele; l’inizio della tua storia coincide con un atto di liberazione: i dieci comandamenti sono l’acqua che zampilla da quella fonte storica.
Benecdii cita diversi personaggi che si sono occupati
dei dieci comandamenti, come Lutero nel Grande catechismo, esegeti contemporanei come Ravasi e Westermann e altri. Alla fine del
commento al settimo comandamento, «Liberi di vivere
nella fedeltà» viene citata
(pag. 86) VEtica di Bonhoeffer. Una citazione in particolare merita di essere ricordata; si trova nel capitolo 4, '
«C’è posto per un solo Signore», che commenta il comandamento «Non avere altri
dii nel mio cospetto» e riguarda un articolo di Valdo
Vinay pubblicato su Gioventù cristiana nell’ottobre
del 1933. Vinay parla della
«Chiesa evangelica tedesca,
nel suo processo di formazione» e riferendosi al comandamento di cui sopra dice che il
suo rigetto non proviene solo
dai «cristiano-tedeschi» ma
anche da una teologia che ha
negato da più di due secoli la
grandezza e la centralità del
comandamento (pag. 33). Interessante anche la citazione
di Adolf Hitler (pp 35-36)
che in modo blasfemo sparava veleno su tutti i comandamenti.
In quest’opera l’autore ricorda la presenza di due versioni del 4° comandamento.
Esodo 20, parlando del giorno del riposo, si rifà alla motivàzione della creazione,
mentre Deuteronomio 5 lo
aggancia alla liberazione
dall’Egitto. «Israele non ha
cercato di armonizzare i due
testi o di uniformare le due
teologie. Sarebbe stato un impoverimento notevole».
Benecchi presenta la versione di Deuteronomio 5, 12s
come «la festa della libertà..Il
sabato è il giorno deh’impegno per la libertà, per la giustizia... Puoi vivere la tua libertà impegnandoti per la libertà e la giustizia degli altri,
per la libertà di tutti gli altri
dalla schiavitù e dallo sfruttamento... liberi per liberare gli
altri». Eccellente.esposizione
dell’autore: quelle parole non
sono più scritte su pietre.
In Esodo 20, 9-11 si ha invece la festa della creazione;
«L’uomo è l’immagine di
Dio e lo è anche nel riposo.
L’uomo, per comando divino,
è creatore nel mondo, così
come Dio è creatore del mondo. È chiaro che il sabato è
agli antipodi del delirio e
delTonnipotenza dell’uomo
moderno; è l'antidoto della
nostra onnipotenza».
11 discorso di Benecchi
continua sul sabato e sugli altri comandamenti e sarei tentato di andare avanti nella recensione di questo gioiello,
un libro che sa come trattare
la Bibbia e come guardarsi
dalle tentazioni trionfalistiche, lasciando parlare i dieci
comandamenti come vera avventura di libertà.
(*) Valdo Benecchi: I dieci
comandamenti. Avventura di
libertà. Prefazione di Pietro Giachetti. Torino. Claudiana, 1994,
pp 120, £ 15.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
fli
I mezzi di regoiazione delie nascite sono alla base del contrasto tra la Chiesa cattolica, l’IsIam e il Fondo per la popolazione dell’Onu
Tra due settimane si apre al Cairo la Conferenza mondiale sulla popolazione
La donna deve decidere la sua maternità
GIORGIO GARDIOL
Tra due settimane si aprirà
al Cairo la Conferenza
mondiale sulla popolazione e
lo sviluppo, ed è già polemica
tra alcune organizzazioni religiose (Chiesa cattolica e
Islam) e i responsabili del
Pondo delle Nazioni Unite
per la popolazione organizzatore della Conferenza. Motivo, i metodi da impiegare per
il controllo delle nascite.
I termini del problema sono
chiari: ci sono voluti 123 anni
per passare da una popolazione mondiale di 1 miliardo di
persone a 2 miliardi. Oggi nel
mondo siamo in 5,6 miliardi
di persone e saremo 6 miliardi nel 1998. Nonostante un
abbassamento generale del
tasso di fecondità, la popolazione mondiale cresce ogni
anno di 94 milioni di persone
(un paese poco più popolato
del Messico).
Il Nord del mondo è sempre
più vecchio mentre il Sud del
mondo è sempre più giovane;
la popolazione dei continenti
più poveri è in forte crescita e
la Conferenza del Cairo ha
proprio come suo obbiettivo
la ricerca dei mezzi per governare la questione demografica nel mondo intero; la popolazione mondiale, nel 2050,
sarà di 10 miliardi di persone,
ma potrà anche arrivare ai
12,5 miliardi se non si adotteranno misure concrete per abbassare il tasso di fecondità.
La differenza di 2,5 miliardi
tra le due ipotesi è esattamente la popolazione mondiale
del 1950.1 demografi non azzardano previsioni certe nemmeno sull’arco di tempo di
una generazione! L’unica cosa certa è che circa la metà
degli abitanti del mondo vive
nelle grandi città, che il 30%
degli abitanti del mondo (1,2
miliardi) vive con 1 dollaro
(1.500 lire) al giorno, che 2
miliardi di persone sono prive
di acqua potabile e che oggi
nel mondo nascono tre bambini ogni secondo. Il tasso annuo di crescita della popolazione mondiale è dell’1,7%,
mentre quello dell’Europa è
dello 0,3% e quello dell’Africa del 2,9%.
«Tutto questo avrà effetti di
importanza politica enorme osserva il rapporto del Fondo
- basti pensare che tra il 1995
e il 2020 entreranno nel mercato del lavoro in Asia, Africa e America Latina 1,3 miliardi di persone» e che mentre oggi gli anziani con più di
65 anni sono il 12,7% della
popolazione, nel 2025 saranno il 19%.
Il Fondo ha realizzato un’
inchiesta tra le donne in età
fertile di tutti i continenti e ha
scoperto che una gravidanza
su cinque non è desiderata,
che 120 milioni di donne al
mondo, ogni anno, cercano di
evitare la maternità, che
500.000 donne muoiono ogni
anno per le conseguenze di
una gravidanza. La Conferenza ha lo scopo di migliorare
la condizione delle donne nel
mondo dando loro la possibilità di controllare le maternità
con mezzi contraccettivi e
con la possibilità di ricorrere
anche all’aborto per evitare
gravidanze indesiderate. Solo
il controllo delle nascite e una
politica di pianificazione familiare permetterà uno sviluppo economico sostenibile
e duraturo nel mondo.
Controllare e abbassare il
tasso di fecondità significa
«emancipazione delle donne»
e gli esperti del Fondo fanno
esempi concreti: nel 1960 in
Zimbabwe ogni donna partoriva nel corso della vita 8 figli, oggi il numero medio di
figli è di 5,5; l’abbassamento
del numero dei figli si è ac
compagnato a un innalzamento del livello scolastico delle
donne. La riduzione del tasso
di natalità è dunque, secondo
gli esperti del fondo, frutto di
una scelta: della donna e dello-stato dello Zimbabwe. È
appunto questa politica che il
fondo consiglia agli stati.
Strane alleanze
La prospettiva di una pianificazione delle nascite non
piace né al papa, né agli ayatollah iraniani, né ai fondamentalisti protestanti ed
ebrei. Tutti insieme hanno
lanciato un’anatema sul documento preparatorio accusato
di prevedere il diritto al controllo della maternità e all’aborto da parte della donna.
È un’alleanza che dura ormai
da parecchio tempo: nella
precedente conferenza di
Città del Messico (1984), la
delegazione vaticana con
quella dei paesi islamici aveva ottenuto che il controllo
delle nascite e la pianificazione familiare non fossero considerate dai programmi delle
Nazioni Unite. In quell’occasione il Vaticano ebbe l’appoggio del presidente americano Ronald Reagan, che in
questo caso accettò le pressioni delle chiese fondamentaliste degli Usa. La stessa alleanza Vaticano, Islam, destra
politica e religiosa americana
si è avuta in occasione del recente «summit sulla Terra» di
Rio de Janeiro (1992). Anche
qui la diplomazia vaticana era
risuscita a far eliminare da
ogni documento la parola
«controllo delle nascite».
Le religioni sono presenti
alla Conferenza del Cairo come osservatori: vi parteciperanno 16 esperti del Vaticano
e altrettanti del Consiglio
ecumenico delle chiese (per
la posizione del Cec in materia vedere in questo stesso
numero l'articolo a pag. 12,
ndr) che cercheranno di evitare anche questa volta il ricorso a programmi di controllo
delle nascite finanziati dalrOnu. «Non è mai lecito intervenire con imposizioni autoritarie e cogenti volte ad
esautorare i coniugi dalla loro
responsabilità primaria e inalienabile. È anche inaccettabile che si incoraggi l’uso di
mezzi immorali, specialmente
abortivi, per la regolazione
delle nascite - ha detto il papa il 24 luglio -. Per una retta
soluzione della politica demografica occorre intensificare l’impegno per una crescita
delle risorse naturali ed economiche, sia per una loro più
giusta distribuzione che per
una retta cooperazione internazionale nello sviluppo dei
paesi meno favoriti».
Il papa ha già ricevuto su
questa sua posizione il consenso degli sceicchi del Centro di studi islamici di AlAzar che ha definito il lavori
preparatori della Conferenza
come un «incentivo ad accogliere principi opposti a quelli dell’Islam», ma questa volta il presidente degli Usa, Bill
Clinton, è in completo «disaccordo» col papa e questa
volta in sintonia con il Consiglio ecumenico delle chiese.
Il governo italiano invece non
ha ancora definito la propria
posizione ufficiale. Il ministro dell’ambiente. Altiero
Matteoli, ha però fatto sapere
che è d’accordo col Vaticano,
cosa che ha provocato la richiesta di un dibattito parlamentare da parte delle opposizioni: dibattito che a quanto
sembra non si farà.
Mil
VENERDÌ 26 AGO^n
1970 1975 1980 1985 1997
Nel mondo 3.698 4.079 4.448 4.851 5.479
Africa 362 413 477 553 682 1
America Latina 286 323 363 404 458
America settent.“ 226 239 252 265 283
Asia 2.102 2.354 2.583 2.835 ■3.233 4
Europa ' 460 474 484 492 512
Oceania 19 21 23 25 27
Ex Urss 243 254 266 278 284
a) milioni di individui; b) escluso il Messico; c) esclusi gli stati dell'ex Urss; d) proièziòri .
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1970-75 1975-80 1980-85 1985-90 1990-95
Nel mondo 1,96 1,73 1,74 1,74 1,7'^ 1,3
Africa J 2,66 2,88- 2,94 2,99 2,9 2,r
America Latina 2,48 2,29 2,17 2,06 1,8 1,5
America settent." 1,06 1,07 1,00 0,82 1,1 ’ 0,5
Asia 2,27 1,86 1,86 1,87 1,8 1,2
Europa' 0,59 0,45 0,32 0,25 0,3 0,1
Oceania 1,81 1,49 1,51 1,48. 1.5 1,0
Ex Urss 0,94 0,85 0,88 0,78 0,5 0,6
a) in percentuale; b) escluso il Messico; c) esclusi gli stati dell • ex Urss; d) proiezioni.
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1970-75 1975-80 1980-85 1985-90 1990-95 2005-1
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4,99
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2,19
3,21
2,44
3,84
6,54
4,36
1,91
4,06
1,98.
2,79
2,34
3.60
6,40
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1,80
3,71
1,81
2.61
2,35
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a) numero di figli che una donne metterebbe al mondo, dall'inizio alla fine della sua vita, neri ipoBi |
che prevalgano, durante'tutta la sua vita, i tas.si di fertilità per classi di età osservati nel perioifpipili-|
calo: b) escluso il Messico; c) esclusi gli stati dell’ex Urss; d) proiezioni.
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1970-75 1975-80 1980-85 1985-90 1990-95 2005-10
Nel mondo 93 86 79 70 62 4G
Africa 137 126 116 103 95 69
America Latina 81 70 61 54 47 31
America settent." 18 14 11 10 8 ■ ® Í
Asia 99 91 83 72 62 « l
Europa ‘ 24 19 15 13 10 I
Oceania 41 35 30 26 22 16
Ex Urss 26 28 26 24 21 12
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a) numero di decessi tra i bambini con meno di un anno d’età per ogni mille nati vivi; b|esclìisoil
Messico; c) esclusi gli stati dell’ex Urss; d) proiezioni.
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Nel mondo 58,5 60,4 62,1 63,9 65 ?6
Africa 45,9 47,9 49,6 52,0 53 '611,
America Latina 61,3 63,3 65,2 66,7 68 ' /I
America settent." 71,5 73,3 74,7 75,6 76 ?8
Asia 56,0 58,3 60,5 62,7 65 79
Europa‘ 71,5 72,6 ' 73,5 74,4 75 77
Oceania 66,5 68,2 70,1 71,3 73 75
Ex Urss ,68,6 67,9 67,9 70,0 70 71
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a) numero di anni che un individuo putì vivere, in media, neiripolesi che i tassi di morta
di età osservati nell'anno della sua nascita rimangano invariati durante tutta la sua vita; b
Messico; c) esclusi gli stali dell’ex Urss; d) proiezioni.
I «padri» della moderna^arialisi dei problemi demografici
R. Malthus, K. Marx, C. Darwin
Il tema della sovrappopolazione mondiale torna periodicamente all’attenzione degli studiosi da almeno due
secoli. «Chiunque nasca in
questo mondo - scriveva nel
1798 il pastore anglicano ed
economista Thomas Robert
Malthus, nel suo Saggio sul
principio della popolazione già oggetto di appropriazione
privata e non ritragga i mezzi
di sussistenza né dai propri
genitori né dal proprio lavoro
non ha alcun diritto di essere
mantenuto. Alla gran mensa
della natura non c’è alcun
piatto che lo attende. La natura gli comanda di andarsene e non tarda a mettere in
esecuzione il suo ordine».
Malthus è il primo economista che sostiene la tesi di una
crescita geometrica della popolazione contro la crescita
soltanto aritmetica degli alimenti e quindi di un progressivo immiserimento. Per con
trastare questa tendenza occorreva abbassare il tas.so di
natalità con il ritardo nell'età
del matrimonio e la castità
prematrimoniale.
Le tesi di Malthus sono
state osteggiate dagli econo-^
misti «popolazionisti» del
mercantilismo che individuavano nella crescita demogra^fica uno delle caratteristiche
fondamentali della ricchezza degli stati. Aspre critiche
alla teoria di Malthus sono
poi venute da Karl Marx che
riconduceva il problema
dell’eccedenza relativa e non
assoluta della popolazione,
«l’esercito industriale di riserva», funzionale all’accumulazione capitalistica. Per
Marx erano dunque le condizioni sociali della produzione
le cause della sovrappopolazione.
Fu poi Charles Darwin con
le sue opere Sull’origine della specie per la selezione na
“nistr,
'Name
turale (1^59) e L’on.
dell’uomo e la scelta
pòrto al sesso (1871)^
fermare, da un punto di .
biologico, la teoria di
thus della sproporzione , f
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Via Belfiore 83-Nich^
Telefono 011/62.70'
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gttista
riffisoconti dei lavori della
' Assemblea generale deicontenuti nel numero
’di Riforma, seppure amnumerosi, non sono stati
iciènti a farmi comprenle ragioni che hanno
mo i delegati a vivere in
Lra contraddittoria i due
tenti concernenti «Fesal’approvazione delFopedel Comitato esecutivo
j))>: «avete lavorato bene,
».sÉidivi sostituiamo in blocdice significativamenà tal proposito, l’apertura
l’articolo di fondo del citaluinero del giornale.
0,6 *on vorrei, scrivendovi
iste poche righe, turbare
losfera di pace e di conche sembra aleggiare
Unione battista italiana,
lezzare lance a favore di
0 di quella parte: voressere aiutato a capire,
làli meccanismi logici, inj, hanno potuto portare
assemblea a cambiare
31 dei membri rieleggibili
pel Comitato esecutivo
iiijuale si era approvato
iato? Paradossalmente è
auto tutto l’opposto della
jsa Assemblea generale
quella volta non si
’opera del Ce ma
|i,|òndamentalmente, si
larono buona parte dei
inmbri rieleggibili.
un significato di tali
46 Inveiti è che la scelta dei
ibridi ogni nuovo CE
è in funzione, come in
io luogo ritengo sempre
fevrebbe essere, dell’esaleedell’approvazione delComitato usceno: l’esperienza ci sta inse¡nandoche si può operare
ide (diciamo, meglio, in
ìeratale da non superare
'esame dell’assemblea) ed
mati, e si può
we bene (diciamo, mein maniera tale da supere l’esame dell’assemblea)
■ere rimandati a casa,
ché la scelta dei membri
e non è, speriamo, funiMe di variabili aleatorie.
□
m
dobbiamo supporre che intervengano variabili nascoste alla cronaca giornalistica e
all’indagine storica. Potranno
essere criteri di carità fraterna, oppure criteri di tattica
politica legati al desiderio di
raggiungere comunque una
governabilità, infine essere
criteri legati alla minore o
maggiore forza delle lobbies,
delle correnti, dei vari leader.
Il pericolo che personalmente
intravedo è che il succedersi
di queste contraddizioni', prima o poi, generi irresponsabilità (magari cinismo) nel Ce e
senso di disorientamento nelle chiese.
A cosa serve infatti esaminare l’operato del Ce se ciò
non ha poi conseguenze operative, delle quali la conferma
dei membri ancora rieleggibili è evidentemente fra le prioritarie? Ancora, se tale «esame» non ha alcuna conseguenza operativa non è meglio fame a meno e procedere
direttamente alla formazione
dei vari Comitati esecutivi lasciandosi guidare solo da parametri aleatori o nascosti, in
barba a ogni proposito di trasparenza e coerenza?
Infine: c’è spazio per migliorare il ruolo dei mezzi di
informazione in questi frangenti o in altri similari? Pensiamo solo al vivace dibattito
in corso sull’ecclesiologia
battista (quanti documenti girano nelle chiese!) e al silenzio di Riforma su questa rilevante questione. Cari saluti
Silvestro Consoli
Gravina
Il purgatorio
dei cattolici
Su Panorama del 29 luglio
scorso ho letto un illuminante
articolo di Gianni Baget Bozzo che mette bene in chiaro la
posizione cattolica riguardo
al purgatorio. Ne riporto qui i
passi salienti: «Non c’è nella
Bibbia il Purgatorio... vi è la
“salvezza attraverso il fuoco”
della prima lettera ai Corinzi»
con evidente riferimento a I
Corinzi 3, 15.
«Ma il Purgatorio lo hanno
Inventato i cristiani, come
molte realtà della nostra fe
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Forìa, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6 -10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
Giorgio GardioI
Luciano Deodato, Emmanuele Pasctietto
g ORI; Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
asetto, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrano, MauzioQirolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca NeP, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ric1 Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Pien/alVolpe^*^'^’ Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bru
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Aec s.r.l. -tei, 0174/551919
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La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174/42590
F; Edizioni protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis -10125 Torino
ABBONAMENT11994
ESTERO
£ 65.000 -ordinario £ 110.000
£ 150.000 - via aerea £ 170.000
£ 33.000 - sostenitore £ 200.000
'vo Riforma + Confronti £ 100.000 {solo itaiia)
l'importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni pro.JA'FlMVia Pio V15 bis, 10125 Torino,
'bfteazi,
semmanale unitaria con L’Eco vtìH vaMesI;
__________________a modulo ( 2,5x40 mm) £ 30.000
inazìo'^ icoi,on,|., " ’ ^''IHmetro/colonna £ 1.800
autoscalA^
) fino a lottata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
^''lanza in data ^^1^^993 Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
è stato cons gnato per l'inoltro postale all’LIfficio CMC
2.7u“ ’Il di Torino giovedì 18 agosto 1994.
SPIGOLATURE DI STORIA
LA PRIMA CHIESA .
PENTECOSTALE ITALIANA
FRANCESCO TOPPI
HO letto con piacere la «spigolatura di
storia» del pastore Eugenio Stretti rigu^dante l’attività evangelistica e missionaria di Luigi Francescon (1866-1964). Per
fedeltà storica preciso che per errore in un
mio articolo apparso su «Cristiani oggi» (n.
23 del 1°-15 dicembre 1988) era stato scritto che Francescon era nato a Cavaso del
Tomba (Treviso), mentre in realtà era nato
a Cavasso Nuova (Udine) il 29 marzo 1866.
Si convertì all’Evangelo a Chicago nel
1890 per il ministerio di Michele Nardi, che
teneva delle riqnioni di evangelizzazione
per emigrati italiani nella sala dell’Ymca
nei pressi della stazione centrale della città.
Già nel 1884 quindici evangelici di Favaie (Genova) emigrano a Chicago, tra i quali
Paolo Gardella Cl 856-1952) e Lidia Cereghino, una figlia di Stefano Cereghino, notissimo evangelista (1830-1919). Nel 1892,
come risulta da un documento conservato
nella Biblioteca civica di Chicago, 64 italiani costituiscono la Prima Chiesa presbiteriana italiana e costruiscono l’edificio di
culto all’angolo di West Ohio e Halstead
Street. Tra quei 64 membri costituenti
v’erano i 15 favalcsi, tra cui Paolo Gardella
e Lidia Cereghino, Luigi e Rosina France
scon, Alberto e Dora De Cicco e i coniugi
Moles. Il pastore Filippo Grill (senior,
1859-1945), originario di Prali, giungerà
nel 1892 e fino al 1903 prenderà cura della
comunità.
Di quest’ultimo tutti i credenti che nel
1907 formeranno l’Assemblea cristiana,
che sarà la prima chiesa pentecostale italiana nel mondo, espressero apprezzamento
per la pacata personalità cristiana.
L’opera svolta da Fraeceseon, «uqmo di
scarsa cultura» ma di carattere adamantino
e deciso, di vero friulano, dotato di un ministerio carismatico fuori dal comune, è testimoniata dall’azione Che ancora oggi è fiorente tra gli italiani dell’Assemblea cristiana d’Argentina e della «Congrega9ao Crista
do Brasil»; indubbiamente la potenza della
Pentecoste crea nel cuore del credente l’ardente desiderio di vedere attuato il «Grande
mandato» di Cristo (Matteo 28,19). Al di là
del valore che possono avere la cultura e
l’istruzione, pur necessarie, quello che veramente conta per Levangelizzazione del
mondo e, quindi, della nostra nazione, è la
stessa passione per le anime che aveva il Signore Gesù e che lo Spirito Santo mette nel
cuore di tutti i «nati di nuovo» in Cristo.
de... E a merito della Chiesa
cattolica va l’aver inventato il
Purgatorio, aver riscoperto
l’amore purificatore di Dio
oltre la morte, il Purgatorio
come principio del Paradiso».
«La grande invenzione del
Purgatorio è una gloria della
Chiesa cattolica che ha tolto
il dilemma tra Inferno e Paradiso, tra peccato e santità».
«I protestanti sono prigionieri della Bibbia».
Se qualcuno coltivasse ancora delle illusioni sulla possibilità che la Chiesa cattolica
rinunci in nome dell’ecumenismo a qualche sua dottrina
non biblicamente fondata, per
esempio alla dottrina sul purgatorio (proclamata ufficialmente nel dodicesimo secolo), eccolo servito.
Beniamino Calvi
Pietragravina
I dibattiti
servono
Cari amici di Riforma,
sono il cattolico che negli
ultimi numeri di Riforma evidenziando un uso, che mi pareva eccessivo di polemica su
alcune tematiche, ne ho suscitata a mia volta una che mi è
ritornata a boomerang.
Mi arrendo: avete colpito
giusto; nell’invitare a una preghiera comune per cercare di
superare con l’amore i limiti
delle parole mi sono, lo riconosco, dimostrato a mia volta
polemico. Il mio errore è stato
di non riflettere a sufficienza
sul fatto che nel mondo della
Riforma la polemica rappresenta in effetti una linfa vitale; io, che ho madre e parenti
valdesi e conosco abbastanza
questo mondo, avrei dovuto
considerarlo: faccio quindi
autocritica.
Volevo solo dire che i dibattiti, nella fede, servono,
eccome, ma quando la discussione rischia di diventare
un po’ fine a se stessa forse è
il caso di fermarsi un attimo,
riflettere e pregare, pregare
insieme, pregare come mirabilmente suggeriva il compianto Vittorio Subilla nell’articolo pubblicato F8 luglio. Orientarci, su questo mi
permetto di insistere, orientarci a Dio per arrivare veramente agli altri, per arrivare
veramente a qualcosa. Altrimenti il diverso resterà sempre «il» diverso, «l’altro».
Era un invito a superare, almeno in piccola parte, le nostre divisioni; non volevo difendere o accusare nessuno.
Sono presuntuoso o superficiale? Sta bene, lo accetto.
Sono un sottile doppiogiochista che scrive diversamente da ciò che pensa?
Liberi di pensarlo. Il mio è
un amore da «pacca sulle
spalle»? Sarà così! Sono un
sognatore? Allora, per favore, non mi svegliate: mi piace questo sogno...
Giulio Fezzardini
Uboldo (Va)
Il clic di prima pagina
Ha incontrato la guerra
La foto che pubblichiamo è di M. r,
Kobayashi e fa parte della campagna
«Luce nelle tenebre» che è stata lancia- ‘ ' "
ta a livello mondiale dalla Croce Rossa
intemazionale e dalla Mezzaluna Rossa
per sensibilizzare l’opinione pubblica
sul tema delle «vittime della guerra».
Il 90% delle vittime delle guerre moderne sono civili che non sanno cosa sia
un’uniforme e un fucile. Dal 1945 ad
oggi 20 milioni di persone sono morte
nelle 100 guerre che si sono cambattute. Ad essi si aggiungono i 60 milioni che sono stati ftoprigionati, separati
dalle loro famiglie, forzati ad abbandonare le loro case, i
loro paesi. Il compito della Croce Rossa internazionale è
quello di aiutare e proteggere le vittime di tutte le guerre.
Senza
imprimatur
Non mi sembrano corretti 0
condivisibili alcune affermazioni o suggerimenti contenuti
nella inizio della risposta del
past. Carri a un articolo di F.
Campanelli sul «Cupolone» di
Cerignola pubblicato sul n.
dell’8 luglio di Riforma.
Così l’invito «alla direzione
del giornale a essere più cauta
nel.pubblicare articoli che
contengono valutazioni sulla
vita di una chiesa locale che
qualsiasi membro di chiesa, o
presunto tale dal giornale, potrebbe a briglia sciolta esprimere». Non sapevo che nelle
nostre comunità un qualsiasi
membro di chiesa non potesse
esprimere liberamente il proprio parere sulla vita interna e
sulle attività ecclesiastiche o
paraecclesiastiche che in essa
o da essa vengono svolte.
Né mi sembra giusto, democratico o corretto che Riforma o un qualunque membro di chiesa debba chiedere
al pastore o al presidente del
Consiglio di chiesa 0 a chiunque altro, l’assenso preventivo alla pubblicazione di un
articolo, che si configurerebbe come atto di censura (F
imprimatur di cattolica memoria e tradizione?), come
tale inaccettabile e fuori da
ogni tradizione e costume
della Chiesa valdese e di
quelle riformate in genere
che, guarda caso, sono nate
proprio da un atto di libertà e
di critica verso ogni forma di
autorità e autoritarismo, ecclesiastico e non. E proprio
per aver rivendicato e attuato
questa libertà di critica e affermato la pluralità di idee e
di opinioni all’interno delle
proprie comunità e una loro
gestione democratica Valdo,
Lutero, Calvino, Zwingli ecc.
sono giustamente considerati
come precursori delle moderne società occidentali liberaldemocratiche.
Per quanto riguarda poi il
fratello Franco Campanelli,
mi risulta che sia membro di
chiesa a tutti gli effetti della
comunità di Cerignola, dove
svolge compiti anche di una
certa importanza: non è quindi un «presunto tale».
Arturo A. Cer/co/a - Troia
Aldo Varese
un predicatore
locale
Più che ricordare l’amico
fedele sempre gioviale e le
interminabili partite a scacchi
giocate insieme (a Rorà, Torre Pellice, Corato, Catanzaro,
Foggia ecc.), mi preme mettere in evidenza l’impegno di
Aldo Varese come predicatore locale. Ho avuto la fortuna
di seguirne l’opera in Puglia e
in Calabria, e sono rimasto
edificato dalla sua dedizione
a un ministerio di cui non sottovalutava le difficoltà. Era
un «laico» puro e, digiuno
com’era di studi teologici,
capì subito che avrebbe dovuto «aggiornarsi» in questo vastissimo campo, e lo fece con
numerose letture e molteplici
incontri. Il suo maestro, terrestremente parlando, fu incontestabilmente Vittorio Subilla
di cui ebbe il privilegio di seguire l’opera pastorale ad Aosta. Così, seppe mettere i suoi
doni a disposizione della Tavola valdese che non mancò
di inviarlo in posti... delicati.
Qui torna a galla l’eterno
problema del come valersi
dell’ingente numero di predicatori locali (più di un centinaio) oggi disponibili presso
le nostre comunità, chi alla
ventura secondo i bisogni locali chi a tempo pieno, chi
come pastore, ecc. Purtroppo
esiste spesso un «muro» (forte più psicologico che teologico ecclesiastico) tra il pastore regolarmente consacrato
e il suo eventuale supplente,
con deprecabili atteggiamenti
di degnazione da una parte o
dall’altra.
' Giovanni Gönnet - Roma
RINGRAZIAMENTO
«Signore ascolta la mia preghiera,
il mio grido giunga fino a te;
non nascondermi il tuo volto
quando mi colpisce la sventura»
Salmo 102, 2-3
I familiari della compianta
Elda Pascal ved. Peyrot
di anni 74
commossi e riconoscenti per la
dimostrazione di stima e di affetto
tributata alla loro cara ringraziano
tutti coloro che con presenza,
scritti e parole di conforto hanno
preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al personale medico e infermieristico del reparto di chirurgia dell'Ospedale civile E. Agnelli e al
pastore Plescan.
Prali, 6 agosto 1994
RINGRAZIAMENTO
La figlia e i familiari del compianto
Otello Mainerò (Otto)
commossi e riconoscenti per le
dimostrazioni di stirila e di affetto
tributata al loro caro congiunto,
ringraziano tutte le persone che
sono state loro vicino.
Un sentito ringraziamento è dovuto a tutto il personale dell'Ospedale valdese di Pomaretto per
l'affettuosa assistenza prestata, al
pastore Sergio Ribet, alla corale e
aH'amministrazione comunale di
Pomaretto, alla bocciofila «La perosina» e a coloro che hanno
aderito con offerte alla lotta contro il cancro,
Pomaretto, 13 agosto 1994
RINGRAZIAMENTO
«lo so in chi ho creduto...»
Il Timoteo 1,12
I familiari della cara
Leony Martinat
ved. Fornerone
profondamente commossi per
la grande dimostrazione di stima
e affetto tributata alla loro cara,
ringraziano coloro che con presenza, fiori e scritti hanno preso
parte al loro dolore.
Prarostino, 26 agosto 1994
16
PAG. 12 RIFORMA
La città di Hiroshima dopo il bombardamento nucleare del 6 agosto 1945
A 49 anni dallo scoppio della bomba atomica su Hiroshima
Non svegliamo il genio nucleare
GIORCIO NEBBIA
a distensione dei rapporti
f fra Stati Uniti e Unione
Sovietica, alla fine degli anni
Ottanta, è stato uno dei grandi eventi internazionali di
questi anni, forse il più importante della nostra generazione: è cambiata la geopolitica del mondo, sono cambiati
i rapporti fra i due grandi imperi militari e industriali e i
loro alleati, si è allentata la
minaccia del terrore atomico.
Per anni il ricordo dei bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki, avvenuti il
6 e il 9 agosto di quarantanove anni fa, è stato un ammonimento su quello che avrebbe potuto avvenire, su scala
infinitamente più grande, se
le due superpotenze nucleari
si fossero scontrate militarmente facendo esplodere anche solo una minima parte
delle bombe conservate nei
loro arsenali. Per anni le forze ambientaliste e pacifiste
hanno chiesto che venissero
sospesi gli esperimenti con
bombe atomiche prima nell’
atmosfera (esperimenti vietati
dal 1963) e nei decenni successivi nel sottosuolo.
Nei quarantanove anni passati ci sono state oltre mille
esplosioni sperimentali di
bombe nucleari. Dopo la distensione si è assistito con
gioia alla graduale distruzione dei missili che avrebbero
potuto portare le bombe nucleari da un continente all’altro. Possiamo, allora, a quarantanove anni di distanza da
Hiroshima dormire, almeno
per questo verso, sonni più
tranquilli? Non credo proprio:
a differenza degli altri e.splosivi che, teoricamente, possono essere distrutti con mezzi
chimici o fisici, gli esplosivi
nucleari sono indistruttibili.
Essi sono co.stituiti da elementi radioattivi (uranio 235
ad alta concentrazione e plutonio, per le bombe a fissione,
e trizio per le bombe a fusione) che continuano ad emettere radioattività per decenni o
millenni. 11 plutonio (ne bastano meno di 10 chili per una
bomba atomica della stessa
potenza di quella che uccise
oltre centomila persone a Hiroshima) si forma anche come
sottoprodotto nelle centrali
nucleari commerciali. Gli
esplosivi per bombe nucleari,
insomma, sono tutt’intorno a
noi. Nell'ex Urss il paese si è
frantumato in tanti stati indipendenti: in alcuni si trovano’
le «fabbriche» di plutonio e
trizio; in altri i magazzini nucleari; in altri i missili con le
loro bombe, in altri ancora gli
impianti che trattano il combustibile delle centrali nucleari commerciali. Ne è derivato
un rallentamento dei controlli
sulla circolazione dei materiali nucleari e sono in tanti, nel
mondo, che vorrebbero avere
un proprio magazzino di bombe nucleari per far paura o per
ricattare un vicino. E fra i tanti ci sono non solo gli stati,
ma anche organizzazioni criminali o terroristiche.
La fabbricazione di una
bomba nucleare è (relativamente) facile; il difficile è disporre, senza una grande industria specializzata, dei materiali esplosivi, uranio, plutonio, trizio. Non c’è quindi
da meravigliarsi che molti
criminali guardino con interesse al lucroso commercio
clandestino di esplosivi nucleari: le poche notizie che
filtrano attraverso le reti dei
servizi segreti, la cattura di
qualche corriere che porta dai
paesi dell’Est un piccolo carico di sostanze radioattive, o
anche solo le leggende e le
frodi imbastite su questo
osceno commercio di morte,
danno una piccola idea che il
pericolo nucleare è tutt’altro
che scomparso. È come se
fosse diventata vera l’antica
favola del genio malefico rinchiuso in una bottiglia; quando l’avidità umana trova le
parole magiche per farlo uscire e ottenere potere e denaro,
l’uomo si accorge che non è
più possibile farlo poi tomare
nella bottiglia stregata.
In mezzo secolo sono state
spese cifre incommensurabili
(negli Stati Uniti, nell’ex
Unione Sovietica, in Inghilterra, Francia, Cina e altri
paesi con armi nucleari ancora segrete) dell’ordine di miliardi di miliardi di lire, decine di volte il prodotto interno
lordo annuo dell’Italia, per
fabbricare, sperimentare e tenere in vita le armi nucleari
oggi esistenti nel mondo; ebbene le stesse cifre dovranno
essere spese per nascondere e
seppellire in qualche modo
gli esplosivi nucleari contenuti in tali armi e così, anche
in epoca di parziale distensione, almeno fra le due superpotenze, continuano le esplosioni sperimentali, ritenute
indispensabili per collaudare
lo stato di invecchiamento
degli armamenti ancora esistenti; altre enormi cifre devono essere investite per lo
studio e l’invenzione di siste
mi di controllo dei depositi. Il
genio malefico scatenato impone inoltre un rafforzamento
dei controlli polizieschi; anche se quasi invisibili, i servizi segreti di tutto il mondo
tengono, o dovrebbero tenere,
sotto controllo i depositi di
armi, le riserve di uranio, plutonio e trizio, le fabbriche di
questi materiali, i depositi di
sottoprodotti radioattivi delle
centrali atomiche e gli stabilimenti in cui il plutonio viene
separato dalle scorie nucleari,
il commercio internazionale
clandestino che segue le stesse vie della criminalità, della
droga e dei commerci vietati.
Il prezzo avvelenato del sogno di potenza nucleare, scatenato mezzo secolo fa, si traduce in una perdita di libertà
per tutti, in uno stato di polizia, come scrisse anni fa, in
un profetico libro, lo studioso
austriaco Robert Jungk. Non
basta: tutte le attività che ho
citato (fabbricazione, trattamento chimico, immagazzinaggio, sperimentazione con
materiali nucleari) liberano
inevitabilmente dei sottoprodotti radioattivi che finiscono
nelle acque, negli oceani, nei
sistemi viventi; tanto più pericolose in quanto si tratta di
attività segrete e ben pochi
sanno dove sono localizzate e
che cosa vi si lavora.
Mi sembra che la contestazione ecologica sia troppo silenziosa su questo argomento,
se si eccettuano alcune, poche, organizzazioni qua e là
nel mondo. Che cosa potrebbe
chiedere l’opinione pubblica
per allontànare i pericoli esistenti? Innanzitutto potrebbe
chiedere più precise informazioni sulla distribuzione dei
materiali radioattivi, in modo
da mobilitare anche organizzazioni civili, e non solo militari e segrete, di controllo dei
magazzini di materiali, per
verificare la contabilità dei
prodotti radioattivi in entrata
e in uscita dai depositi e dalle
fabbriche.
Vorrei concludere auspicando che l’argomento dell’
esistenza e circolazione dei
materiali radioattivi entri di
più e meglio nelle scuole; i ragazzi di oggi dovranno convivere per tutta la loro esistenza
con i frutti dell’odio che, già
molto tempo prima della loro
nascita, ha reso possibile la
moltiplicazione delle armi
atomiche. Sono questi ragazzi
che dovranno cercare di fermare gli effetti malefici del
genio sfuggito dalla bottiglia
incantata.
i)ALE
VENERDÌ 26 AGO.STn
Il segretario del Cec alla vigilia della Conferenza Onu del Cairoispedizic
Bisogna dare ascolto alla voce ^
delle donne di tutto il mondo
La Conferenza dèlie Nazioni Unite su popolazione e sviluppo, die si svolgerà al Cairo dal 5 al 13 settembre, riunirà rappresentanti dei governi di tutto il mondo e dovrà
proporre un piano per stabilizzare la popolazione mondiale nei prossimi vent’anni.
Questa Conferenza ha già suscitato numerose reazioni, soprattutto a causa degli sforzi
del Vaticano per contrapporsi
a ciò che considera come un
tentativo «femminista americano» di fare figurare l’aborto e la contraccezione fra le
priorità della Conferenza. Il
papa, Giovanni Paolo II, ha
contattato governi e organizzazioni internazionali in vista
di promuovere le posizioni
del Vaticano prima della
Conferenza; ha inoltre parlato
di alcuni punti all’ordine del
giorno della Conferenza in
occasione della visita del presidente Usa, Bill Clinton, a
Roma nel giugno scorso.
Konrad Raiser, parlando a
Ginevra sulla Conferenza e
sull’anno intemazionale della
famiglia, si è interrogato sulla
saggezza dell’iniziativa del
Vaticano, che non sembra seguire le precedenti dichiarazioni del papa sullo sviluppo
sociale, e ha inoltre contestato l’accénto posto sulla crescita economica nel documento preparatorio della
Conferenza del Cairo. Affrontando la questione della
partecipazione delle donne
nel dibattito sulla popolazione, Raiser ha dichiarato: «La
voce delle donne, le loro angosce e le loro speranze sono
totalmente sottorappresentate, sul piano strutturale, nella
maggior parte dei governi, e
saranno certamente sottorappresentate nelle delegazioni
presenti al Cairo: e questo
vale anche per le chiese».
Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), di cui fanno
parte 324 chiese membro, invierà osservatori alla Conferenza: una delegazione centrale di 15 osservatori e dieci
altre persone che prenderanno
parte alle attività annesse della Conferenza. Gli osservatori
del Cec seguiranno i dibattiti
sui problemi delle donne, delle donne vittime del razzismo, dei giovani, sui problemi dell’Africa e sui migranti. Il Cec sta preparando un
Gruppo speciale sui migranti
che, durante la Conferenza,
seguirà da vicino le discussioni su questa questione. Il
Cec farà in modo che oltre la
metà della propria delegazio
ne sia composta di donne. «È
ovvio che le donne sono particolarmente coinvolte dai
problemi della popolazione
per il ruolo centrale che hanno nella riproduzione dell’essere umano - ha detto Raiser
-. Sono le donne che portano
in grembo il bambino e lo allevano. Su di loro incombe, in
moltissime culture, la carica
di nutrire la famiglia; inoltre
sono spesso loro a lavorare
la terra. Perciò la partecipazione delle donne è assolutamente indispensabile quando
si tratta di trovare una forma
durevole di vita in comunità,
e di discutere il problema
della popolazione».
Il contributo delle donne
sui temi della popolazione e
dello sviluppo può portare,
secondo Raiser, ad un «approccio globale che ci permetterà di evitare di risolvere
il problema con un semplice
ristabilimento dell’equilibrio
demografico, cercando la soluzione tecnica più rapida. Le
donne sono molto scettiche di
fronte a questo approccio imposto dall’alto e tipicamente
maschile, esse tendono a situare il problema incontestabile della pressione demografica nel contesto più ampio
dello sviluppo, della gestione
dell’ambiente, dell’educazione, della partecipazione democratica».
Konrad Raiser ha criticato
«il nuovo gergo internazionale del documento preparatorio della Conferenza, che
parla in continuazione di uno
sviluppo durevole che implica
una crescita durevole» e respinge l’opinione diffusa secondo cui «alla base non c’è
nulla di sbagliato nella nostra concezione dello .sviluppo, ma esiste un problema al
livello delle conseguenze ecologiche, e occorre risolvere
questo problema». Parlando
della convinzione secondo
cui «abbiamo bisogno di crescita econòmica», Konrad
Raiser ha precisato che il Cec
«è diventato .sempre più scettico circa tale interpretazione
del problema dello sviluppo
umano e sociale, scettico anche circa l’uso permanente
del termine “sviluppo”. Esistono poche prove che consentono di affermare che la
promozione dello sviluppo
umano delle loro popolazioni
sia una priorità della maggior parte dei governi del
Nord e del Sud. E là dove c ’è
stato sviluppo in termini di
crescita economica, esso è
avvenuto a danno della sicu
rezza, del benes,
sere.
probabilità di sopravvh,
dell,
della maggioranza delle da
ne
e degli uomini, e m
pari
colare dei non abbienti.
modello economico fondi
essenzialmente sulla stimai
zione e lo sviluppo dei co2
mi deve essere rimesso i,
questione». *
A un giornalista che.li
chiedeva perché, contrark
mente alla Chiesa cattolici
romana, le chiese
Ptotestanj
non fanno sempre dichiara
zioni chiare sulle questioni t
relative alla popolazione,
famiglia e i rnigranti, Raist,
ha risposto: «E principalmen.
te a causa del carattere essenzialmente democratico I
sinodale delle chiese prote-,
stanti che sono profondamele
te convinte del sacerdozio $
tutti i credenti e che accetteno che l’autorità sia condivisa da tutti i cristiani battei
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aspettare che essi accettìu f”®““
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1
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' Tu vai I
la decisione di un vescovo e
di un sinodo che rappreseti
il giudizio finale sulla questione».
Raiser ha fatto notare clic
«un problema, quello dell'
aborto, sul quale le chiese
non sono unanime, divide le
chiese protestanti così come
la Chiesa cattolica rommi
Mentre per le chiese membro
del Cec è ovvio che raboiB
non dovrebbe essere accettato
come un mezzo di limitazifr
ne delle nascite, l’etica
dell’aborto è «molto più am- ^
biguá» di quella della con-*
traccezione, generalmente accettata dalla grande maggioranza delle chiese memta
anche se hanno opinioni differenti sui metodi di contraccezione. Infine Raiserhapalato del problema della violenza familiare: «Im questione della violenza nei confronti delle donne deve essere tista in un contesto più ampiof
col legata a! fatto che lottiimo contro una cultura ge®’
ralizzata della violenza. bt
violenza nasce da situazioni
di emarginazione, di impotenza e di povertà. Le petsone più esposte a questa violenza contro le donne li
bambini, sono le donne potè
re, i bambini di strada, i tipi
giati, vale a dire donnei
bambini già privi delle normali condizioni di sicureufi,
che sono diventati il berso
glio delle manifestazioni
violenza di un mondo in cui
tessuto sociale ha comincio
a disintegrarsi».
(Soepiì
Nairobi (Kenia): una famigiia deiia baraccopoli di Korogocho
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