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Anno 118 - n. 14
2 aprile 1982
L. 400
Sped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
VALDE3T.
biblioteca
lUGOO ïOïUiB PEI LICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UNA PRATICA CONDANNATA DA TUTTI I PAESI, ANCORA TROPPO PRESENTE NEL MONDO
Sospetto, tortura, confessione
A Napoli per un incontro dei
corrispondenti del nostro giornale, ho raccolto incredulo stupore
come impressione dominante riguardo allo scivolone de « l’Unità » suU’affare Cirillo. Si potrebbe capire un errore relativo ad
un documento ben falsificato, che
abbia resistito a svariati controlli prima di essere accettato. E
invece neppure i minimi controlli sono stati eseguiti. Non è neppure stata interpellata la redazione di Napoli che inevitabilmente avrebbe per lo meno messo dei punti interrogativi su elementi essenziali del testo. Non
sono neppure stati controllati i
dati elementari come nomi e luoghi che avrebbero subito evidenziato il falso. Come è possibile?
Basta a spiegare questo errore
madornale la sete del colpo giornalistico, il cedimento alla lusinga dello scandalismo?
Mi sembra che ipotesi di questo genere possano adattarsi ai
rotocalchi che sugli scandali, costruiti e smentiti, campano senza che i loro direttori si sognino
di dimettersi, non certo ad un
serio quotidiano politico che di
solito tra quelli della sinistra si
distingue se mai per prudenza e
lentezza. E allora?
L’unica spiegazione possibile
mi sembra consistere nell’ipnosi
che esercita la distanza ravvicinata esistente tra vero e verosimile. A freddo e in altro contesto,
quel documento avrebbe avuto
ben poca credibilità. Ma connessa alla vicenda così laica di un
uomo politico che con la massima libertà e copertura fa finanziare con un miliardo e mezzo
« familiare » il terrorismo, tacendo pervicacemente e non sentendo il bisogno di ritirarsi a vita
privata ( vogliamo ricordare il caso così diverso quanto a comportamento del rapimento del figlio
di Francesco De Martino?), la
falsa documentazione di contatti
tra esponenti DC e camorra deve aver esereitato il fascino ingannatore della piena verosimiglianza. Questo ovviamente non
giustifica affatto il grave errore
del giornale — e non solo del
giornale — ma mette in luce la
realtà della pista che veniva delineata: forse runico modo per
mettere fuori strada chi cercava
nella giusta direzione consisteva
nel confermare la direzione presentando però un bersaglio sbagliato.
Mentre sul caso Cirillo si intrecciano, sempre sulla stessa pista, nuove ipotesi e interrogativi, è tanto più urgente non dimenticare il contesto generale
dello sviluppo di fenomeni come la camorra e la mafia e cioè
il dissesto dello Stato, « la sua
lottizzazione — per dirla con le
parole di Pietro Ingrao al convegno di Napoli sulla camorra —
la spartizione illecita dei posti, la
manipolazione privata degli apparati pubblici, la frantumazione corporativa dei rapporti fra
Stato e classi sociali ». È chiaro
che nel mettere in luce le responsabilità di questo dissesto non ci
si può accontentare di approssimazioni. Ma non si può permettere, è altrettanto chiaro, che uno
scivolone sulla buccia di banana
del verosimile distolga dalla ricerca appassionata del vero.
Franco Giampiccoli
Dal XII secolo la tortura è stata utilizzata contro eretici e dissenzienti politici per ottenere
la « piena confessione » deH’imputato che diventa così il primo accusatore di se stesso
« Nessun responsabile della applicazione delle leggi può infliggere, provocare o tollerare un atto di tortura o qualche pena o
trattamento crudele, inumano o
degradante, né può invocare un
ordine superiore o circostanze
eccezionali per giustificarlo...
Il termine tortura indica ogni
atto col quale un dolore o delle
sofferenze acute fìsiche o mentali vengano deliberatamente inflitte ad una persona da coloro
che esercitano la funzione pubblica ai fini di ottenere da essa
o da un terzo informazioni o confessioni »: queste parole, così
chiare nel loro significato, sono
state sottoscritte dalla maggior
parte degli stati del mondo e costituiscono uno stralcio di una
importante risoluzione dell’ONU
per la abolizione della tortura.
Eppure nonostante questa dichiarazione di intenti la tortura
è addirittura « programmata » in
alcuni paesi del mondo.
Secondo il rapporto del 1981 di
Amnesty International si può
parlare di « tortura programmata » in .Argentina, Uruguay, Guatemala, Salvador. In questi paesi
non solo viene praticata, ma gli
organi dello stato progettano ed
organizzano metodi per la diffusione della tortura, vi sono forme di cooperazione internazionale dei tecnici della tortura. In
altri paesi quali l’India, il Pakistan, l’Iran, la Turchia, la tortura è largamente praticata anche
se non programmata.
In alcuni paesi dell’est, Unione Sovietica e Romania, la tortu
ra o il trattamento disumano
non hanno finalità pratiche immediate di ricerca della confessione, ma il loro scopo sembra
essere quello dell’annientamento
psicologico di chi dissente, di chi
si oppone. Vengono usati psicofarmaci e la persona viene internata in speciali « ospedali psichiatrici »: servono a una forma
più raffinata di carcerazione.
Forme di tortura, di maltrattamenti sono denunciate un po’
dappertutto e sembra trattarsi di
un fenomeno in espansione come è dimostrato anche dai recenti casi italiani.
Un po’ di storia
Non è forse inutile oggi mentre torna drammaticamente di
attualità la tortura interrogarsi
sulla sua storia e prendere coscienza di come la violenza legale, rappresentata dalla tortura, sia stata per un lungo periodo della storia occidentale il toccasana per risolvere il problema
penale del controllo dei dissenzienti.
Il ricorso a questa violenza —
oggi illegale — non è che il ripercorrere una vecchia strada
usando gli stessi strumenti che
impiegati per secoli hanno però
fallito il loro scopo perché hanno dato una risposta violenta a
questioni politiche, sociali e religiose, che dovevano essere risolte con altri mezzi.
Largamente praticata nell’antichità, la tortura ha trovato in
« Qui non siamo in Nicaragua — dice il cartello lasciato accanto
al cadavere di un torturato salvadoregno — sono perduti. Lo squadrone della morte per farla finita con i sovversivi». (Da una pubblicazione del « Soccorso giuridico » dell'Arcivescovado di San Salvador). A p. 12 documento di Amnesty sul Salvador.
Europa un vasto campo di applicazione a cominciare dal XII
secolo. Innocenzo IV con la bolla Ad extirpanda (1252) stabilisce
che i sospetti di eresia dovevano
essere sottoposti a tortura da
parte dei magistrati civili. Poi,
la tortura fu introdotta sempre
contro gli eretici nei tribunali
dell’Inquisizione.
TEMPO DI PASQUA
Poi via via, questo strumento
si è esteso ad altri reati, sì che
nel Rinascimento la tortura aveva piena cittadinanza in tutta
l’Europa e veniva regolamentata
minuziosamente la sua applicazione. Essa era applicata dentro
uno schema di garanzie formali
quanto ai giudici, ai carnefici e
ai diritti di difesa.
In Italia la tortura era applicata generalmente quando il giudice non riusciva in altro modo
ad accertare la colpevolezza e
poteva essere applicata anche
nei confronti dei testimoni e de
Per tutti gli infelici della terra
Iddio è conosciuto in Giuda; il suo nome è grande in Israele.
^ Il suo tabernacolo è in Salem, e la sua dimora in Sion. ' Quivi
ha spezzato le saette dell’arco, lo scudo, la spada e gli arnesi di
guerra.
‘ Tremendo sei tu, o Potente, quando ritorni dalle montagne
di preda. ' Gli animosi sono stati spogliati, hanno dormito il loro
ultimo sonno, e tutti gli uomini prodi son stati ridotti all’impotenza.
‘ Alla tua minaccia, o Dio di Giacobbe, carri e cavalli sono stati presi da torpore.
’ Tu, tu sei tremendo; e chi può reggere davanti a te quando
t’adiri? * Dal cielo facesti udir la tua sentenza; la terra temette e
tacque, ’ quando Iddio si levò per far giudicio, per salvare tutti
gl’infelici della terra.
Certo, il furore degli uomini ridonderà alla tua lode; ti cingerai degli ultimi avanzi dei loro furori. " Fate voti aH’Eterno, all’Iddio vostro, e adempiteli; tutti quelli che gli stanno attorno portin
doni al Tremendo. Egli recide lo spirito dei principi, egli è tremendo ai re della terra.
(Salmo 76).
Che strano salmo! ci siamo
detti, dopo averlo letto in un
gruppo che doveva preparare la
predicazione per il culto di una
domenica sera all'ospedale evangelico di Ponticelli: questo Dio
tremendo, questi toni trionfali e
guerrieri (vv. 4-5)... e l'abhiamo
messo da parte, .scegliendoci un
testo più familiare; dato il tipo
di uditorio facemmo bene.
Nel rileggerlo più tardi ho avu
to di nuovo la stessa reazione:
che ce ne facciamo noi cristiani
di un salmo del genere e soprattutto in un’epoca come l'attuale
in ad si sta facendo strada nei
nostri paesi europei un pacifismo
di massa? Se dobbiamo proprio
andare a cercare dei passi biblici pertinenti, perché non trovare
quelli che parlano di pace in
modo inequivocabile?
Eppure è forse di una parola
come quella del nostro salmo
che abbiamo bisogno per qualificare meglio la nostra presenza
all’interno del movimento per la
pace, le cui manifestazioni almeno nelle forme più appariscenti — sono segnate da un forte
accentramento di interesse su
questo nostro continente e sulla
.sua pace.
Il salmo parte da una confessione di fede: Dio — proprio l’Iddio a cui il salmo rende testimonianz.a — è conosciuto, è pre.so
sul serio dal suo popolo (v. 1).
Lui solo ne è il vero re. Questa
confessione di fede, almeno qualche volta nel corso della storia,
ha fatto sentire il suo peso nelle
scelte concrete del popolo di Dio
e della sua chiesa; quelle volte i
credenti hanno rifiutato di accordare ai potenti della terra ciò
che spetta a Dio soltanto. Sono
state delle .scelte ’politiche’ spesso pagate di persona; pen.so a
quei cristiani che si rifiutavano
di rendere il culto all’imperatore
di Roma, penso a quelli che in
Bruno Tron
(continua a pag. 5)
gli accusatori.
Scopo della tortura era quello
di ottenere la piena confessione
dell’imputato o la conferma della testimonianza. Quando era applicata all’imputato e questi riusciva a resistervi egli veniva dichiarato innocente e prosciolto
dall’accusa. Quando veniva applicata al testimone e questi resisteva, lo si aveva per confermato.
AH’interno stesso della chiesa
cattolica e di quella protestante
sorsero voci di dis.senso contro
la pratica della tortura e per la
sua abolizione già dal suo sorgere.
Ma il vero movimento per la
sua abolizione lo si ebbe nel peliodo deirilluminismo con le
prese di posizione di Montesquieu e di Cesare Beccaria.
Il primo ad abolire legalmente
la tortura fu Federico II di Prussia (1740), cui seguirono altri stati tedeschi (Baden, Sassonia),
Svizzera, Svezia, mentre in Italia il primo stato fu la Toscana
(1786).
La rivoluzione francese (1789)
e le vicende napoleoniche contribuirono poi alla sua completa sparizione dagli ordinamenti
giuridici dei vari stati europei.
Da quel momento la tortura è
riapparsa più volte nella storia
Giorgio Gardlol
(continua a pag. 12}
il
2
2 vita delle chiese
2 aprile 1982
XIV CIRCUITO - PUGLIA LUCANIA
XIII CIRCUITO - CAMPANIA
Nonviolenza contro la tirannide
« Una lettura intelligente, come
quella fatta stasera, del Libro
dell’Apocalisse deve suggerire a
tutti di smetterla di continuare a
considerarlo una ’’apocalisse” e
cominciare a considerarlo una
’’rivelazione” secondo il significato originale ». Così il past. S.
Ricciardi ha commentato l’avvincente relazione sul tema « Fede e
politica nell’Apocalisse di Giovanni » tenuta dal prof. B. Corsani sabato 13 marzo nella sala
delle attività della Chiesa Valdese di Taranto.
L’incontro, organizzato dal
Consiglio del XIV Circuito, ha
visto riuniti fratelli e sorelle provenienti da quasi tutte le comunità valdesi e metodiste del circuito in un raggio di 200 km. Esso è il primo di una serie di incontri teologici programmati dall’ultima assemblea di circuito e
si è sviluppato in due giornate di
rifiessione che hanno visto il
prof. Corsani impegnato nella
prima sul tema di cui sopra e
nella domenica successiva su
« L’avvento del Regno ». Introdotto dal past. F. Carri, sovrintendente del circuito, il professor
Corsani ha affrontato il primo dei due temi ricordando
che l’Apocalisse, come altra letteratura di questo genere di cui c’è
traccia anche nell’Antico Testamento (Daniele) è nata in una
situazione di oppressione e di resistenza all’invasione pagana. Infatti il libro è stato scritto dall’autore quando i Romani cominciano a minacciare il cristianesimo nascente. Anticipando in
qualche modo la persecuzione
che si profila, il libro assume cosi un aspetto particolarmente
profetico, che sarà tenuto in
grande considerazione tra i fedeli della chiesa primitiva.
In questa situazione, l’atteggiamento delle chiese di allora assume una posizione nonviolenta, di resistenza passiva, forse
anche in considerazione della loro scarsa consistenza numerica.
Non è però sostenibile quest’ultima ipotesi, perché neppure nella visione finale l’Apocalisse attribuisce alle comunità dei fedeli
una resistenza violenta. Infatti
questi godranno dei frutti della
vittoria finale riportata da Dio,
senza che abbiano apportato il
minimo contributo.
Appare evidente, a questo punto,il riferimento alla persona di
Gesù, che riporta la vittoria sulla croce, anche senza aver combattuta alcuna battaglia, con tanto di eserciti schierati, corazze e
spade. E i frutti di questa vittoria sono estesi gratuitamente ai
credenti in Gesù Cristo, anche se
pure loro dovranno passare attraverso la croce, che non è tuttavia la croce di Cristo, ma molto probabilmente il martirio e la
persecuzione.
L’Apocalisse intende cosi smascherare la tirannide della dittatura, opponendovi la comunità
cristiana fondata sull’amore e
sulla libertà.
Oggi la chiesa, se vuole testimoniare la fedeltà al suo Signore, deve continuare l’atteggiamento di resistenza suggerito dall’Apocalisse. E testimoniare significa inserirsi nella situazione politica del tempo, rischiando anche di diventare « martiri », che
è il secondo significato che il termine originale greco esprime della parola « testimone ».
Dal dibattito che è seguito, sono emerse due posizioni legate
ad altrettante domande: oggi, in
una situazione come la nostra,
quale peso può avere una testimonianza nonviolenta come quella che ci viene proposta dall’Apocalisse? Una testimonianza
coerente col messaggio evangelico può configurarsi con una posizione che non sia nonviolenta,
in un mondo che esercita la violenza in tutti gli aspetti della vita umana?
L’avvento del Regno
Circa il tema svolto nella seconda giornata dell’incontro « Lo
avvento del Regno » il prof. Corsani ha sostenuto che questo è
un tema specifico e fondamentale
della predicazione di Gesù. Infatti si può affermare senza tema
di smentita che il Regno di Dio
si concentra nella persona stessa
di Gesù.
In quanto poi alla manifestazione del Regno di Dio, Gesù non ha mai detto che cos’è il
Regno; ha detto come verrà, ma
non come sarà. E questo non
perché non volesse rivelarlo, ma
perché dava per scontata la conoscenza di che cosa fosse il Regno di Dio nella Bibbia. Infatti
nell’Antico Testamento il Regno
si identifica con la difesa dei poveri e degli oppressi: compito
questo mai adempiuto dai re di
Israele, che pure erano stati chiamati per questo. Quindi, siccome
i re non hanno mai procurato
la giustizia, nasce nel popolo la
speranza che solo Dio può operare la giustizia, esprimendo così i’anelito alla venuta di un Regno retto direttamente da Dio.
Nel Nuovo Testamento troviamo che Gesù parla del Regno di
Dio in tre modi: come di qualche
cosa che verrà ma non si sa bene
quando, come di qualche cosa
che è imminente e come di qualche cosa che è già in mezzo a noi.
In tutti e tre i casi, però, l’invito rivolto da Gesù agli uomini
è di comportarsi già ora come
cittadini di questo Regno, adeguando, in conseguenza, la propria vita a questa nuova cittadinanza; in sostanza Gesù invita a
ravvedersi, a cambiare appunto
la propria vita.
Il prof. Corsani ha concluso
affermando che Gesù nella predicazione del Regno vuole che Dio
prenda in mano il potere delle
cose per trasformare radicalmente il destino dei poveri e degli
oppressi.
Pasquale Consiglio
La predicazione
nelle opere sociali
E' giusto predicare l’Evangelo
nelle opere sociali, cioè non contentarsi di dare solo la testimonianza, implicita in ogni atto di
amore di chi si richiama al messaggio di Cristo?
La questione, risolta affermativamente da alcuni, è da altri problematizzata, per il timore che il
dono (di cose, di energie o di
tempo) sembri, a quelli che lo
ricevono, finalizzato al proselitismo, o viceversa che essi possano ascoltare la predicazione e
partecipare a dei culti per fini
strumentali, o infine che si sentano moralmente obbligati a ricambiare il dono ricevuto.
Non è una questione nuova:
si è parlato molto negli ultimi
anni di predicazione implicita e
di predicazione esplicita, di testimonianza resa con gli atti della
nostra vita, che potrebbe sostituire la predicazione, resa esplicitamente con le parole. Ma il di
CORRISPONDENZE
La donna e la qualità della vita
CORATO — L’8 marzo in occasione della « giornata della
donna» la nostra Unione Femminile, conosciuta in città come
Federazione Donne Evangeliche
in Italia (FDEI), insieme ad altre due associazioni femminili
(UDÌ e FIDAPA) con il patrocinio dell’Amministrazione comunale, ha organizzato delle manifestazioni. La più importante ci
pare sia stata quella svoltasi nella sala del cinema Kursall dove
c’è stato un dibattito sul tema:
« La donna per una migliore
qualità della vita ». Da parte della FDEI l’anziano di chiesa Luisa Tarricone Abbattista ha tracciato nella sua relazione il cammino di liberazione della donna
evidenziando la crisi dei ruoli
femminili tradizionali nella coscienza che i ruoli attribuiti all’uomo ed alla donna non sono
dati biologici immutabili, ma
frutto di una certa visione della
società che va sempre più ristrutturata, perché la donna possa esprimere le sue capacità in
un clima di solidarietà contro
l’alienazione, lo sfruttamento ed
il ruolo di quasi schiava nella
casa, specie nei centri più o meno piccoli, dove il soffio della dignità e della libertà umana stenta a penetrare.
Le donne hanno molto combattuto e molto ottenuto, ma ciò
che è ancora una necessità primaria è un’opera educativa da
svolgere ovunque per informare
e coinvolgere in questa nuova
visione ogni essere umano. La
Chiesa deve aiutare ad edificare
la società alla luce dell’opera di
Cristo e della salvezza totale da
lui portata che permette nuovi
rapporti al di là delle barriere
di razza, classe, e di sesso.
La parte più originale ci sembra essere stata l’inserimento di
Un discorso di fede cristiana per
dare un senso vero e profondo a
queste lotte, come pure il ruolo
che la donna ha all’interno delle
nostre Chiese Evangeliche dove
in linea di principio, è in tutto alla
pari con l’uomo, anche nella predicazione della Parola di Dio, e
come anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese abbia proposto
alle comunità uno « Studio sulla comunità delle donne e degli
uomini nella Chiesa ».
Questa relazione ha suscitato
un certo interesse fra gli ascoltatori per i quali tradizionalmente la Chiesa è un campo di
dominio riservato agli uomini.
Nel mese precedente la Chiesa
aveva partecipato con una relazione di Luisa Tarricone Abbattista alla manifestazione sulla
pace e il disarmo organizzata
dalla FDEI e dall’UDI che si è
svolta nella sala consiliare del
Comune alla presenza di un pubblico prevalentemente giovanile.
La parola di liberazione e di salvezza di Cristo, ha affermato
Luisa Tarricone Abbattista, è ciò
che muove i credenti contro tutto ciò che minaccia la pace e la
vita dell’uomo.
Da ultimo, la comunità si è
riunita intorno alla famiglia Marinelli-Petrone colpita dalla perdita del caro Felice. Egli è stato
chiamato alla casa del Padre dopo alcuni mesi di sofferenza. La
stima di cui il nostro fratello
era circondato risalta dalle numerose testimonianze che sono
state date e dalla folla che ha
gremito il tempio dove è stato
annunziato l’Evangelo della speranza e della risurrezione in Cristo. Felice Marinelli, si può dire, ha dedicato alla comunità
gran parte della sua vita, e soprattutto quando il pastore non
era residente a Corato, la sua
bottega di orologiaio costituiva
un punto di riferimento per tutti. E’ stato anziano di Chiesa per
molti decenni ed impegnato molto spesso come predicatore sostituendo i vari pastori che si
sono avvicendati. La comunità
lo ricorderà con affetto fino a
che il Signore ci darà di rivederci alla sua presenza misericordiosa.
Film sui Valdesi
CREMONA — Dall’inizio del
mese di marzo la nostra comunità cura una rubrica radiofonica
settimanale, « Alternativa Evangelica » presso la radio delle cooperative di Cremona trp. 102.
Dopo laboriose trattative siamo
riusciti a partire sabato 6 marzo. Ringraziamo gli amici della
radio per lo spazio che ci hanno
concesso.
La trasmissione dura circa 15
minuti e va in onda il sabato alle 19,30. Questo nuovo spazio costituisce una preziosa possibilità di comunicazione con i cittadini cremonesi; sembra che la
nostra rubrica riscuota il gradimento di molti e ciò ci incoraggia a continuare nell’esperimento.
Domenica 21 marzo, nei nostri
locali, ha avuto luogo la proiezione del film-documentario sui
Valdesi « Quand’anche restassimo in tre o quattro ». Dopo la
proiezione — seguita da numerosi spettatori, amici e simpatizzanti — è nato un dibattito sul
contenuto del film. E’ stato criticato da alcuni lo scarso rilievo
dato all’esperienza spirituale di
Valdo, mentre l’ultima parte su
Cinisello è sembrata troppo lunga. Il giudizio degli intervenuti
è stato nel complesso positivo.
Il pubblico si è incontrato con
la comunità nella sala attigua,
dove era stato allestito un banco libri ed un buffet.
Gli incontri di Studio Biblico
del mercoledì continuano ad essere frequentati con interesse
da un gruppo di fratelli e simpatizzanti.
La sorella Erneslina Menzi,
decana della nostra comunità, è
deceduta all’età di anni 90. Tutti
la ricordano per la sua fede
semplice e per l’amore che ha
saputo donare a quanti hanno
avuto la gioia di conoscerla.
E’ stato celebrato a Soresina il
funerale della sorella Emma Luscher di Milano. Ai parenti delle
sorelle scomparse rinnoviamo i
nostri più fraterni pensieri di
consolazione nel Signore.
Partecipazioni
personali
A distanza di poche ore, due bimbe
che portano lo stesso nome. Sara, hanno allietato due case pastorali. I più
vivi auguri e felicitazioni a Gabriella e
Giorgio Tourn e a Daniela e Zizzi Platone.
battito su questi temi si è fatto
più intenso, più sentito, direi
quasi più drammatico, fra gli uomini e le donne impegnati nell’opera di soccorso ai terremotati della Campania. Alle perplessità e ai timori di cui facevo cenno, altri rispondono che vi è anche la necessità della predicazione ( « Come crederanno in Colui
del quale non hanno udito parlare? E come udranno, se non v'è
chi predichi? » Rom. 10: 14); e
che del resto nella predicazione
si può comunicare agli uomini
la vera libertà che viene dallo
Spirito, per la quale anche noi
siamo liberi, e per la quale quegli uomini possono vincere qualsiasi condizionamento, anche
quello costituito da noi stessi e
dalla nostra opera umana, e possono rendere lode a colui che dona ogni cosa ad ogni uomo.
Su questo tema (La predicazione nell’azione sociale), organizzato dal 13° Circuito, abbiamo
avuto un Convegno il 13 marzo,
con la partecipazione anche di
simpatizzanti provenienti dai
centri colpiti dal terremoto.
Dopo ampio dibattito è stato
approvato questo documento:
I partecipanti al Convegno
( rappresentanti delle chiese vaidesi, metodiste e libere della
Campania, e terremotati provenienti da Salerno, Portici, e dal
villaggio di Monteforte Ir pino)
concordano sulla necessità che
all'opera di aiuto ai terremotati
si associ la predicazione esplicita
dell'Evangelo, che in molti casi è
stata chiaramente richiesta.
I partecipanti osservano che la
situazione dei terremotati della
Campania e della Basilicata è oggi in Italia la manifestazione più
acuta di uno stato di soggezione
economica e culturale, e di alterazione dei rapporti fra gli uomini, che solo la Parola di Dio, predicata e vissuta, può modificare.
Solo questa predicazione, non
astratta, può portare all’uomo di
oggi, nelle sue angustie e nel suo
disorientamento, un messaggio e
una reale possibilità di rinnovamento.
Parlare dell’alternativa predicazione esplicita — predicazione
implicita, è discutere su un falso
problema. Si tratta di scegliere
piuttosto fra la predicazione di
un Vangelo disincarnato, e la predicazione della Parola di Dio come annunzio della liberazione
dell’uomo nella sua totalità. Si
tratta di continuare a dare la parola scritta in mano a questi fratelli, di leggerla e di meditarla
con loro, non di cercare dei nuovi adepti per le nostre chiese. Ma
se qualcuno vuole venire al culto,
se eventualmente dovesse chiedere di entrare a far parte della
comunità, non potremnro impedirglielo. Non vi è dubbio d’altra
parte che il nostro approccio con
la gente non deve in alcun modo
avere fini strumentali, ma deve
rinviare a Colui che tutto ci ha
dato, e per il quale abbiamo la
capacità di amare.
Marco Tullio Fiorio
SICILIA
“Protestanti per la Pace"
La Giunta della Federazione Giovanile Evangelica regionale del
la Sicilia, in una lettera indirizzata alle Chiese battiste, metodiste e
valdesi e ai gruppi FGEI siciliani, rivolge un appello in vista della
manifestazione nazionale indetta per il 4 aprile a Comiso. « Pur
persuasi che il nostro contributo di credenti non può limitarsi
a questo e che il principale terreno di lavoro dev’essere quello della predicazione e, più in generale della « educazione alla Pace », riteniamo comunque assai importante la presenza evangelica alla manifestazione di Comiso ». L’appuntamento è per le 13 del 4 aprile
all’ingresso dell’aeroporto di Comiso sotto lo striscione « Protestanti per la Pace ».
3
2 aprile 1982
vita delle chiese 3
PENTECOSTE ’82
FRALI, 30 MAGGIO
Insieme per
costruire la pace
Sviluppo, espansione... distruzione! E’ proprio
inevitabile questo rapporto? Certamente no, ma a determinate condizioni che oggi ancora sembrano molto
lontane dalla nostra portata. Il nostro sistema di vita
sembra costruito secondo una logica che porta inevitabilmente alla distruzione della natura e del suo ambiente. Si può giustamente dire che l’uomo è in guerra con la natura, l’assedia da ogni parte per i suoi scopi di potere e di dominio. Avere sempre di più... sempre di più, senza scorgere le conseguenze di questa logica di avidità. La distruzione della natura e dell’ambiente che possiamo osservare nelle nostre vallate (turismo, insediamenti industriali, incoscienza soggettiva...) ci ricorda che questo rapporto di inimicizia dell’uomo con la natura è un problema che ci coinvolge
tutti e che richiede non solo un armistizio ma un’alternativa di vita, una nuova mentalità che facciano emergere gli elementi della saggezza e del senso della misura. Una conversione che senza idealizzare i problemi e nascondere le difficoltà apra nuove dimensioni
della vita che combattano l’opera di distruzione che
non cessa. Bisogna saper educare alla pace anche nei
confronti del rispetto della natura.
Cultura contadina e
industrializzazione dell’agricoltura
Nel corso dell’ultima generazione, la nostra agricoltura ha perso il suo carattere di prospera e fiera
cultura contadina per diventare un’impresa industriale finalizzata esclusivamente al profitto. Con l’industrializzazione dell’agricoltura si è modificato anche
Vatteggiamento verso il bestiame. Sino a non molto
tempo fa, il contadino sentiva ancora qualcosa per le
sue bestie, e specialmente per il cavallo. Il capo delta
servitù aveva il privilegio e l’onere di provvedere a
queste sen.sibili creature, per esempio portando loro
il foraggio a .tarda sera, prima di recarsi a letto egli
stesso. Ai cavalli si dava un nome, e il contadino aveva con loro un rapporto che non era basato solo sulla
prospettiva del proprio tornaconto, ma che costituiva piuttosto una sorta di amicizia. Spesso si mantenevano nella fattoria dei cavalli ormai inservibili sino
a quando non morivano di vecchiaia: venivano così
nutriti e curati anche se il contadino non ne traeva
più alcun utile. Si trattava quindi di un affare in pura
perdita. Evidentemente per il contadino i cavalli erano più preziosi di una macchina, di un trattore ad
esempio, che non vale più niente quando non lo si può
più adoperare. Fino a quando ero ragazzo, il cavallo
rappresentava ancora qualcosa come la vacca in India, che ha per così dire diritto di vivere anche in emeritazione. Qui da noi le vacche hanno oggi un destino
diverso: sono esclusivamente unità produttive. Lo stesso vale, in modo ancor più pronunciato, per il maiale,
che __pare — non è nemmeno più un aniniale. L’ad
domesticamento è così progredito sotto il profilo scientifico, che quanto una volta faceva dell’animale un
amico del contadino è praticamente scomparso. Si
tratta di un processo singolarmente deprimente, che
molti agricoltori subiscono con disagio. Ma che ci possono fare? Debbono obbedire all’imperativo della
« crescita » (...,).
Prima di taNiarlo a fette, il mio bisnonno tracciava un segno di croce sul grosso pane che cingeva con
il braccio. Ricordo che, quando io ero ancora bambino, dopo il pasto, suo figlio raccoglieva sempre le molliche di pane e le mangiava tutte. E questo non perché
dovesse fare economia (viveva bene), né perché fosse
avido, ma perché quel pane era il « nostro pane quotidiano » e dunque qualcosa di sacro al pari di tutti gli
altri doni che garantivano il sostentamento. Nell’ultima generazione questo atteggiamento è stato generalmente sostituito da una prospettiva utilitaristica e
consumistica. Anche la pace interiore ha fatto la stessa
(Da: O. Jensen, Condannati allo sviluppo! - Claudiana ’81).
ALLE VALLI VALDESI
I concerti della corale di Essen
Anche quest’anno le Valli riceveranno la visita della Corale tedesca di Essen, diretta dalla Signora Von den Busch. Questo il
programma: sabato 3, in Foresteria a Torre, alle ore 20.30 incontro con la Corale di VillarBobbio; domenica partecipazione
al Culto di S. Giovanni; nel pomeriggio, alle 16 Concerto nel
Tempio di S. Giovanni. Lunedì
sera ore 21, Concerto nel Tempio
di Pomaretto. Martedì sera, ore
21 Concerto nel Tempio di Angrogna.
Bozzetto
« Pentecoste ’82 »
Il concorso per il bozzetto di
Pentecoste ’82 ha visto la partecipazione di diverse persone e
di un bel numero di bozzetti interessanti.
È stato scelto il bozzetto che
vi presentiamo, opera di Daniela
Libralon Pons.
Il bozzetto simboleggia un volo di colombe, simbolo al tempo
stesso della Pentecoste e del tema che vogliamo porre alla base
della nostra riflessione: quello
della pace.
Incontro FDEI
L’incontro regionale della Federazione Donne Evangeliche/
Piemonte avrà luogo domenica
25 aprile al Centro Battista di
Meana di Susa sul tema: « La
pace » proposto per quest’anno
dal Comitato Nazionale.
Prenotarsi per il pullman e per
il 1“ piatto, entro ij 20 aprile
presso Caterina Rostagno, Frali
per le Valli (tei. 8519) o presso
Magda Mollica per Tonno, tei.
3489146.
La missione
della chiesa
S. GERMANO CHISONE —
Alcune domeniche fa abbiamo
ricordato, nel corso del culto, il
lavoro nel quale anche la nostra
chiesa è impegnata: quello della
Comunità Evangelica di Azione
Apostolica. A poco a poco, si fa
strada la comprensione sempre
più chiara del fatto che non si
tratta più semplicemente di « fare una colletta per la Missione »
ma di prendere in mano questo
compito che il Signore continua
ad affidarci, in comune con chiese che hanno voluto unirsi in
uno sforzo di evangelizzazione
chiaramente localizzato nelle loro varie aree di influenza. Sempre guardando al lavoro delle
chiese sorelle in un continuo
scambio di riflessione, di idee,
di uomini; dividendo fraternamente anche le risorse comuni.
In questo senso ci siamo rallegrati di poter devolvere la colletta di quella domenica a favore del lavoro della Comunità
Evangelica di Azione Apostolica,
oltre alla somma già stanziata
alTinizio dell’anno.
• I culti della Settimana Santa avranno luogo come segue:
Domenica 4 aprile, ore 10, culto di confermazione; giovedì 8
aprile, ore 20.30, culto con partecipazione delle varie attività;
venerdì, 9 aprile, ore 20.30, culto
I con Santa Cena; domenica 11
aprile, ore 10, culto di Pasqua
con Santa Cena.
• In questo periodo siamo stati provati dal decesso di Silvano
Rocci'one, che ci ha lasciati a soli 43 anni, di Elena Rostan in Castagno di 86 anni, di Vera Viti
ved. Vinçon e di Angele Rostan,
ultracentenaria, che è stata sepolta a San Germano.
A quanti sono stati colpiti dal
dolore diciamo la nostra fraterna vicinanza nella fede.
• Ci rallegriamo con la famiglia Mallica-Balmas che ha battezzato la figlia Romina Mallica
domenica 21 marzo, e con Patrizia Bleynat e Marco Ghiano che
si sono sposati e si sono stabiliti
a San Germano.
Verso la
confermazione
ANGROGNA — I catecumeni
dei primi tre anni s’incontrano
sabato 3 aprile alle 14.30 col Concistoro che alle 20.30 in seduta ordinaria incontra i 6 confermandi.
• Le riunioni agli Odin-Bertot
ri/4, a Pradeltorno il 3/4 e al
Baussang il 5/4 saranno ancora
tenute dall’Unione Femminile.
Fin d’ora ricordiamo i culti (ore
21) di giovedì 8 al Capoluogo e
venerdì 9 al Serre con S. Cena
per la settimana di passione.
SAN -SECONDO — Sabato 20 i
catecumeni di IV anno hanno
presentato al Concistoro la loro
domanda per essere ammessi come membri comunicanti domenica 4 aprile.
Il Concistoro, dopo una conversazione con i catecumeni ha
accettato la loro domanda e li ha
ammessi alla confermazione. Saranno quindi confermati: Mauro
Cogno (Cappella dei Merli), Cinzia Coisson (Simunin), Daniele
Coìsson (Pinerolo), Claudio Forneron (Memé), Doris Fornerone
(Prima), Marco Fornerone (Veirolera), Enrico Codino (Lombarda), Claudio Griglio (Rivoira),
Cinzia Sigot (Centro), Claudio
Zeppegno (Miradolo) e Paola
ForiT.e*T<ne (Veirolera).
Il Signore benedica la decisiodi questi giovani e li aiuti a
mantenere le promesse che pro•nunzieranno davanti a Lui.
PERRERO-MASSELLO — La
Domenica delle Palme avremo a
Ferrerò la dichiarazione di fede
di quattro catecumeni; Lidia Genre. Vanni Pons, Antonella Ribet e
Ezio Rostagno. Si avrà un culto
unico a Ferrerò, con inizio alle
ore 10. Anche a Massello avremo
un confermato. Si tratta di Danilo Micol, il quale dichiarerà la
sua fede durante il culto del Venerdì Santo. Inizio ore 11.
• Segnaliamo fin da adesso che
il Bazar di Ferrerò avrà luogo
domenica 9 maggio, con inizio
alle ore 14.30. Doni per i vari banchi di vendita sono graditi.
BOBBIO PELLICE
Domenica 4 aprile saranno ammessi in chiesa i catecumeni
Franco Bertinat, Ettore Catalin,
Lorena Charbonnier, Catia Fontana, Adriano Geymonat, Ivana
Geymonat, Monica Geymonat e
Andrea Melli. Nel pomeriggio essi saranno accolti con i loro genitori dalle sorelle dell’Unione
Femminile.
Il culto del venerdì di Pasqua
avrà inizio alle ore 21 e sarà presieduto dai giovani confermati.
• Il Gruppo Giovanile sarà presente alla riunione quartierale
dei Cairus (ore 21) per presentare la recita preparata per il 17
febbraio, che ha già avuto una
replica apprezzata domenica 14
marzo; in questa occasione il Coretto di Torre Pellice ha portato
ai numerosi presenti i suoi canti.
• È stato battezzato Gianpaolo
Cairus di Walter e Silvana Charbonnier. Al piccolo bambino e
ai suoi genitori la comunità esprime i suoi auguri più fraterni
per una vita benedetta dal Signore.
Incontro con la
comunità del Lingotto
TORRE PELLICE — La nostra
comunità ha accolto con gioia
la visita degli amici della chiesa di Torino-Lingotto, domenica
28 marzo. Dopo il culto più di
cento persone si sono ritrovate
alla Foresteria per il pranzo comunitario.
Agli amici della comunità torinese esprimiamo la nostra riconoscenza per la graditissima
visita.
• La comunità esprime la'sua
gioia per la nascita di Sara
Toum. Al pastore Giorgio Tourn
ed alla sua signora le più vive
felicitazioni.
• Presso la Casa delle Diaconesse è deceduta la sorella Angele Rostan, di cui avevamo festeggiato il centesimo compleanno
l’anno scorso. La comunità esprime alla famiglia la sua simpatia
fraterna.
Ore tristi e liete
PRAROSTINO — La nostra
comunità ha vissuto nella stessa giornata, martedì 16 marzo,
ore di angoscia per tre lutti e
ore di gioia per la nascita di im
bambino.
In quel giorno abbiamo celebrato il funerale della nostra sorella Berta Gönnet ved. Gardiol,
membro di chiesa di Pinerolo,
ma originaria di Prarostino, deceduta all’Ospedale Valdese di
Pomaretto, il 14 marzo all’età
di 81 anni. Il pastore Marco
Ayassot, di Pinerolo, ha annunziato l’Evangelo della speranza
nella triste circostanza.
Un’ora dopo il pastore Cipriano Tourn ha celebrato il funerale della nostra sorella Bonnet
Maddalena, deceduta alTOspedale Cottolengo di Pinerolo il 14
marzo, all’età di 77 anni.
Nello stesso giorno si svolgeva a Torino il funerale del nostro fratèllo Rossi Giovanni, di
anni 68, mentre la famiglia dei
nipoti Renzo e Ivana Avondetto
deH’Allamanda era rallegrata
dalla nascita del primogenito
Matteo all’Ospedale di Pinerolo.
A tutte le famiglie in lutto rinnoviamo la nostra simpatia cristiana e al piccolo Matteo l’augurio di una lunga e felice vita
sotto la benedizione, la guida e
la protezione del Signore.
Esprimiamo pure la nostra
simpatia alle famiglie Gönnet
del Bric e della Masera per il
lutto che le ha colpite con la dipartenza del loro congiunto Aldo Giraud di Chiotti di Ferrerò.
è II 20 febbraio nel tempio di
San Bartolomeo si sono uniti in
matrimonio la sig.na Ornella
, Martinat del Campas con il signor Orticola Oreste di Pinerolo.
Agli sposi che si stabiliscono a
San Germano Chisone, i nostri
migliori auguri.
Gradita visita
PRAMOLLO — Domenica 21
marzo i bambini della Scuola
Domenicale di Ferrerò, insieme
ai loro monitori, sono venuti a
trascorrere la giornata con noi.
Con il loro canto hanno rallegrato il culto, in occasione del quale abbiamo avuto modo di ascoi-.
tare ed apprezzare la predicazione di Dario Tron, che vogliamo ringraziare per il suo chiaro
messaggio.
• Sabato 20 marzo è nata Denise, secondogenita di Edina e
Renato Long, originari dei Ribatti e abitanti a San Germano. Ci
rallegriamo ed esprimiamo loro
i migliori auguri.
• Ci ha lasciati, all’età di 85
anni, il fratello Bounous Francesco Giovanni di Pomeano. che è
stato sepolto nel piccolo cimitero
della sua borgata. A tutti i familiari esprimiamo la solidarietà
e le sincere condoglianze della
comunità.
Hanno collaborato a questo
numero: Antonio Adamo,
Giovanni Conte, Ivana Costabel, Franco Davite, Paolo Ribet, Franco Taglierò, Cipriano Tourn, Gianna Urizio.
4
4 vita delle chiese
2 aprile 1982
CONVEGNO EGEI - EMILIA ROMAGNA
I problemi del post - terremoto
Tra re-insediamento, ripristino e ricostruzione la scelta deve andare
a quest’ultima alternativa che chiama in causa la responsabilità
Organizzato dalla neo-costituitasi federazione regionale Emilia-Romagna della EGEI, domenica 14 marzo si è svolto a Parma un convegno, interessante e
ben riuscito, impostato sui problemi del dopo-terremoto in Irpinia. Tema: « Quale ricostruzione? Quali protagonisti? ». All'incontro hanno partecipato e
contribuito membri del Consiglio regionale e di quello provinciale e comunale di Parma.
La Regione Emilia-Romagna ed i
Comuni di Parma e Bologna,
« gemellati » con quelli di Senerchia e di Ruvo del Monte, sono
attivi in Irpiriia dal novembre
1980.
La EGEI era rappresentata dal
segretario. Paolo Naso, che ha
svolto la relazione introduttiva.
La FCEI era rappresentata dal
pastore Aurelio Sbaíñ, che ha
fatto il punto su quanto le chiese evangeliche (italiane ed estere) hanno sinora realizzato nel
quadro dei programmi di intervento.
Buona la partecipazione dei
giovani della EGEI Emilia-Romagna, Un po’ deludente la partecipazione dei fratelli deH’8° Circuito (Emilia-Romagna e Lombardia padana).
Alcuni punti
di riflessione
Dalle relazioni e dagli interventi sono emersi alcuni punti di riflessione, che cerco di sintetizzare in poche note, con riferimento particolare a quanto ha detto
Paolo Naso.
1. C’è stato un black-out dei
mass media sui problemi di oggi, post-terremoto: è stato un
evento fortuito o condizionato?
E’ mai possibile che chi si occupa — a livelli diversi — di « camorra », non rfesca a dire o a
scrivere che nel terremoto la camorra ha trovato terreno di crescita?
2. Qccorre comprendere che le
zone colpite non sono un amalgama indifferenziato, ma vanno
distinte in tre fasce: quella montana, quella di pianura e quella
metropolitana (Napoli).
Le tre fasce fanno le spese di
un sistema di potere, che vede
DC e camorristi alleati nello
spartirsi la torta.
A queste tre fasce, per cambiare, si impone una triplice scelta:
1) reinsediamento: sarebbe
il ritorno sic et simpliciter allo
sfascio di sempre (un sondaggio
demoscopico lo ha bocciato al
95%):
2) ripristino: progetto buono in teoria, ma viziato da numerosi dubbi su certe « avances »
di noti ladri e furbi;
3) ricostruzione: è il discorso più serio, ma più difficile, perché chiama in causa la responsabilità: si tratta, in definitiva, di
decidei-si a convivere con una
terra che sarà — sempre — soggetta a scosse sismiche.
Questa è la grossa battaglia,
anche politica, da condurre: difendere il territorio, contro i progetti della DC e della camorra,
che rappresentano autentici pericoli. Vediamoli:
— Desertificazione: significa consentire il rimpatrio a chi è
emigrato: reinserimento puro
e semplice, senza prospettive,
ossia creazione di un tessuto
economico;
— Ghettizzazione: ognuno a casa sua. Così non « rompe »;
— Privilegi: stanno nascendo zone nrivilegiate di intervento,
a discapito di altre, limitrofe. Questo è un voluto incentivo a futuri conflitti.
3. S’innesta qui un discorso
Tr
Terremoto
, quÄÜ PRöTAGOHisri,^'.
PâRHA 'fô
Da sinistra a destra- Tommasini, assessore affari sociali del comune
di Parma, Naso, segretario nazionale FGEI, Loraschi, presidente del
convegno e Palazzina, responsabile FGEI Emilia-Romagna.
politico: come gestire gli 8 mila
miliardi destinati alle zone terremotate? Come impostare una
lotta che veda il Nord proiettato verso il Sud, con una nuova
sensibilità pær la questione meridionale? C’è un progetto di
minima, che, puntando su un risparmio energetico quantificabile attorno al 20%, varrebbe a
creare nel Sud 50 mila nuovi posti-lavoro in 10 anni. Una politica intelligente, che utilizzasse le
forze già oggi disponibili nell’ambito della ricerca (per il disinquinamento e per l’uso razionale del territorio) creerebbe 150
mila posti-lavoro immediati e 15
mila nei successivi anni.
4. La risposta ai precedenti interrogativi, che coinvolge anche
le nostre chiese, è una forbice,
che taglia tra cultura ed intervento.
Politica culturale: continuare
ad insistere per esprimere nelle
zone colpite la teologia della
speranza, come sfida àlla rassegnazione proposta da Roma. NO
deciso a mediazioni, deleghe, ricerche di equilibri provvisori o
di interventi speciali. SI’ deciso
al recupero di tutta la riflessione meridionalista.
Interventi: pur nella modestia
delle sue possibilità, la FCEI è
presente ed attiva; nel contempo riflette sui futuri interventi:
occorrono anni, forse decenni,
di studio per intervenire in profondità e per utilizzare il patrimonio di pensiero e di denaro,
giunto da Italia e Paesi esteri.
L’obiettivo è uno solo: il riscatto del Sud. In questo contesto
si può inserire un impegno diaconale qualificato, anche con il
supporto di borse di studio della FCEI.
5. Il convegno, anche perché
organizzato dalla FGEI, ha voluto affrontare il problema del volontariato. Chiarito che tale scelta non può configurarsi come
« tappabuchi » in periodi di crisi, bensì va verificata con opzioni
concrete, i partecipanti guardano con interesse ad un prossimo
convegno FGEI, che sviluppi ed
approfondisca il discorso sul volontariato.
Danilo Venturi
DALLA CIRCOLARE DELLA TAVOLA VALDESE
Prossime scadenze
La prossima Assemblea della
Federazione Chiese Evangeliche
in Italia, che avrà luogo a Vico
Equense (vicino a Napoli) dal
29 ottobre al 1° novembre, è segnalata dalla circolare della Tavola di marzo in vista delle elezioni dei delegati valdesi e metodisti. All’Assemblea, che sarà
centrata sul significato e sulle
prospettive del nostro lavoro
nelle aree colpite dal terremoto,
interverranno 42 delegati valdesi e 21 metodisti. La ripartizione
di questi ultimi sarà comunicata
successivamente dal Consiglio
dell’Opera per le Chiese Metodiste in Italia, mentre i delegati
valdesi saranno così distribuiti:
I e II distretto 12 delegati ciascuno; III e IV distretto 6 delegati
ciascuno; i rimanenti 6 delegati
saranno designati dalla Tavola.
L’elezione verrà compiuta durante le Conferenze distrettuali con
votazioni separate, dato che in
base al patto di integrazione resta distinta la responsabilità
ecumenica valdese e metodista.
Naturalmente la circolare parla anche di una scadenza più
prossima, quella del prossimo
Sinodo che si terrà a Torre Pellice dal 22 al 27 agosto. In base
al nuovo regolamento sono indicate le chiese con meno di 40
membri che hanno diritto quest’anno di inviare un loro deputato al sinodo: Eodoretto (I distretto), Chivasso (II distr.), Pescolanciano e S. Giacomo degli
Schiavoni (III distr.), Vincolise e
Grottaglie (IV distr.). Si tratta
di una occasione da non perdere
nel turno che regola la presenza
delle piccole chiese al Sinodo.
Una menzione particolare è fatta dello studio su Ecumenismo e
cattolicesimo preparato dalla
Commissione ecumenica della
Tavola che le chiese stanno studiando in vista della discussione
sinodale. È molto probabile, anticipa la Tavola, che a questo argomento della massima importanza verrà dedicata un’intera
giornata in vista di una presa di
posizione.
Tra gli Atti della Tavola ne
menzioniamo alcuni relativi a
trasferimenti di pastori decisi
nelle ultime sedute: il past. Domenico Cappella da Forano-Terni
a Campobasso; il past. Ernesto
Naso da Pisa a La Spezia-Carrara; il past. Piero Santoro da Corato a Cerignola, sempre per la
cura di Corato e Cerignola.
ALCUNI RILIEVI
SU UNA RECENSIONE
In merito alla recensione del libro di
Giuseppe Testa, « Blesi nella storia »,
scritta da Giovanni Conti e pubblicata
sulla Luce del 26.2.'82, desidero fare
alcune osservazioni e considerazioni.
Il Sig. Conti non ha fatto caso, forse
perché non è riesino, che il libro di Testa non contiene una parte importantissima della storia di Blesi, cioè la lunga
storia nera della mafia che ha dominato, ed ancora domina, la vita di molti
riesini; storia di parassitismo, di angherie, di soprusi e di assassini. Il libro
ignora che a Blesi avevamo ,« il re della
mafia » (come veniva popolarmente indicato il capo mafioso di un tempo), il
quale dettava legge in tutta la Sicilia.
Un'altra lacuna vistosa del libro, e
non rilevata dalla recensione è quella
dell'oppressione fascista, che colpì duramente il paese. Forse questo silenzio
è più comprensibile, dato che la famiglia dell’autore è stata pesantemente
coinvolta nefla collaborazione attiva con
il fascismo. Molti subirono persecuzioni, patirono sofferenze, furono inviati al
confino (tra i quali anche un nostro fratello di Chiesa, tuttora vivente). Il fascismo si accanì per stroncare il movimento operaio che si andava organizzando tra i minatori. È un capitolo di
storia che non può essere dimenticato,
ignorato, come se non fosse mai esistito. Peccato che l'autore del libro, oggi
—■ se non sbaglio — membro del P.C.I.,
non abbia voluto affrontare questo
complesso e per certi versi ancora aperto problema: sarebbe stato il segno
di un ripensamento critico, di uno sforzo
di obiettività, ma anche un gesto di
riconciliazione con le vittime del fascismo, che hanno certamente contribuito
a scrivere una delle pagine migliori
della storia di Blesi.
Il Sig. Conti non ha notato come il
Testa si dilunghi molto a parlare dell'opera dei Salesiani, venuti a Blesi con
un preciso obiettivo: distruggere il
protestantesimo a Blesi. Quel protestantesimo che un secolo fa fondò le scuole evangeliche ove centinaia, migliaia di
bambini beneficiarono dell’istruzione in
un paese immerso nelle più fitte tenebre dell'Ignoranza, Nel libro si parla dell’opera del pastore Vinay, ma non si
dice che la Curia cattolica si premurò
subito d'inviare un prete salesiano anti-Vinay (come i cattolici si dilettavano
di ripetere), per contrastare le iniziative del Servizio Cristiano. Ed in effetti i
Salesiani, con l'aiuto della Begione, costruirono alcune opere sociali, ma certamente ad un livello inferiore di quelle del Servizio Cristiano. Il libro dà la
impressione di essere una storia di
parte.
Il Sig. Conti parla di amicizia tra
cattolici e valdesi, lo spero che avrà
avuto sentore dell’ultimo epiTOdio di
abuso del potere clericale nelle scuole
medie, dove alcuni preti si permettevano di confessare gli alunni nei corridoi, durante il normale orario scolastico. Alla protesta di alcuni genitori
(valdesi e non!) i preti per alcuni giorni
di seguito dagli altoparlanti delle loro
chiese si misero a predicare, in modo
da essere uditi da tutta la popolazione,
che noi valdesi facciamo loro la guerra
di religione e vogliamo impedir loro di
mettere piede nella scuola! Questo
episodio, l’ultimo di una lunga serie,
sta a dimostrare al Sig. Conti e ad altri
che la pensassero come lui. che l'amicizia esisterà solo sul piano della fede,
quando cioè anche i cattolici crederanno in un Cristo povero e nudo e si metteranno al suo seguito, cosi come l'hanno fatto tanti secoli fa Valdo e i suoi
amici.
Distinti saluti.
Francesca Naso, Blesi
DUE PESI E
DUE MISURE?
Carissimo fratello, caro direttore,
ho l’impressione che in questi tempi
trionfi un intellettualismo fondato sull’ideologia, virtù astratta. Per oltre 50
anni ho letto " la Luce » che ha molto
aiutato la mia formazione perché da essa ho imparato molte cose buone e
ho gradito sempre la sua portata democratica. Ma sono arrivato alla conclu
sione: se per un nonnulla di contrarietà alle mfe idee dovessi dare l'addio
a! giornale o ai giornali, l'addio a ogni
confessione religiosa specialmente cristiana, tornarmene al mio paesello e
imparare il gioco delle carte per vivere spensieratamente con i vecchi amici
i pochi anni che mi stanno dinanzi, i
53 anni di conoscenza evangelica sarebbero buttati via e la Bibbia sarebbe soltanto una grande architettura
umana fatta solo per imbrogliare la gente. Se questo facessi tradirei però l'ideale più sublime della mia coscienza,
perché l'ideale della fede cristiana non
è astratto ma concreto, come concreto
è il peccato che vive nell'uomo, ma concreta è la distruzione di esso per mezzo
della morte e risurrezione gloriosa di
Gesù Cristo Salvatore.
Alla lettera di ivano Ferrari della
Chiesa dei Fratelli, n. 3 del 15 gennaio,
che solo in parte condivido, tu rispondi
con una lunga postilla e in un certo punto dici: « Che succederebbe se venisse
un papa alla Giovanni XXIII? ». Come
uomo e come prossimo bisogna rispettare anche il papa, ma come papa assolutamente no. Difficilmente verrà ancora un papa come fioncalli che ha
detto ai medici curanti: ■■ Lasciatemi
morire solo con Gesù il mio Salvatore»! Questo l'ho letto su «La Luce». Un
papa nobile che si autoriconosce peccatore! Forse anche per questo il clero
napoletano ha detto (sempre se « la
Luce » non ha mentito): « Per guarire i
mali prodotti da Giovanni XXIII ci vorranno 50 anni ».
Nel n. 7, 12 febbraio, una lettera a
firma Elio Giacomelli si sfoga contro i
filosovietici accennando a Pettini e Spadolini che anch'io ritengo uomini di considerazione e rispetto. Però il fratello
Giacomelli non ha mai sentito dalla
TV che il governo italiano deve rispondere sempre amen a quello USA? E
non ha mai sentito la protesta del PCI
contro il governo polacco e contro la
Russia? Ciò che non può fare la DC, che
ha dominato e domina l’Italia, contro i
massacri che gli USA hanno commesso
in tante parti del mondo, dalla Corea al
LUNEDI’ 12 APRII,E
ORE 22.35 CIRCA
Protestantesimo
in TV
« La Bibbia come, dove,
quando » è il titolo della
trasmissione die va in onda sulla II Rete RAI-T'V.
Si tratta della 2“ parte
di una trasmissione filmata
che presenta i luoghi della
predicazione di Gesù Cristo.
Vietnam, al Cile e adesso nel Salvador
dove oltre alle svariate decine di migliaia di vite umane stroncate uccidono
senza pietà vescovi e sacerdoti che sono dalla parte dei poveri come lo era
il Salvatore Gesù. No, caro fratello
Giacomelli, non è il fascismo che si è
tinto di rosso ma l'imperialismo che si
è tinto di nero e tu caro direttole a
quella lettera non ci hai speso una sola
parola, (...)
Per chiudere, questa breve realtà:
Il culto radio che dovrebbe cominciare alle 7.40 comincia sempre alle
7.35.
Protestantesimo che dovrebbe cominciare alle 22.40 comincia sempre alle
23 - 23.30.
Le intese delle nostre chiese sono
ancora al punto di 4 anni fa.
Tutto questo non rientra anche nella
violazione dei diritti dell'uomo? <
Domenico Di Toro, Velletri
Da quando dirìgo il giornale la prassi
è stata di rispondere alle lettere che interpellano direttamente la redazione.
Per le altre sono i lettori a rispondere,
nel loro leggerle e, qualche volta, nello
scrivere. Per questo ho risposto dettagliatamente a Ivano Ferrari che dava la
disdetta del suo abbonamento per la linea. secondo lui, filo-cattolica del giornale e non ho risposto alla lettera di
Elio Giacomelli che esprimeva le sue
idee personali. (f,g.)
5
2 aprile 1982
prospettive bibliche 5
UNA RARITÀ’ BIBLIOGRAFICA
La Bibbia di Oiivetano
Di questa preziosa Bibbia non
si conosce il numero degli esemplari che furono stampati, ma
durante le persecuzioni la quasi
totalità della tiratura fu distrutta e le poche copie superstiti si
possono contare sulle dita delle
mani.
E’ perciò con stupore che un
appassionato collezionista di
pubblicazioni sui Valdesi ha letto su un catalogo speditogli qualche tempo fa da una libreria antiquaria di Neuchâtel, l’offerta di
una copia di questa Bibbia, così
descritta in catalogo:
« LA BIBBIA DI OLIVETANO, £alsamente detta "Bibbia di Serrières”. La
BIBBIA che e tutta la Sacra Scrittura,
fi ella quale sono contenuti il Vecchio
Testamento e il Nuovo traslati in Francese. Il vecchio dalVEbraico e il Nuovo
dal Greco... (in finale)... Terminato di
stampare nella Città e Contea di Neufchastel da Pierre de Wingle detto Pirot
Picard. L^anno M.D.XXXV (1535) il
IV giorno di giugno...
Prima Bibbia protestante in lingua
francese, stampata da Pierre de Wingle
di cui il marchio, un cuore coronato,
appare sul titolo dei libri apocrifi e alla fine della stampa. La traduzione del
N.T. è ripresa da quella di Lefèvre d^Etaples: quella delVA.T. è di OHvétan.
tradotta dall’ebraico. Due prefazioni,
una in latino, Valtra in francese, sono
di Calvino. Il verso del 7° foglio contiene una poesia latina di un amico e collaboratore di Olivétan, Bonaventure Des
Périers. Le prime lettere di questi versi formano l’acrostico del nome di Petrus Robertus Olivetanus.
La Bibbia di Oiivetano è della più
grande rarità. Essa è dovuta alla generosità di montanari poveri, i ’’Valdesi del
Piemonte” che offrirono 500 scudi d'oro
per permettere la stampa tanto attesa.
Gli esemplari completi sono rarissimi,
i loro proprietari essendo spesso obbligati a sopprimere certe pagine per evitare la persecuzione per se stessi o la distruzione della preziosa Bibbia. E’ perciò che i 4 fogli preliminari (su 8), il
foglio 60, l’ultimo dei libri apocrifi e
l'ultima pagina sono in fotocopia nel nostro esemplare... ».
Occasione sfumata
Purtroppo per il nostro collezionista, nel tempo che il catalogo ha messo per venire da Neuchâtel a Torre Pellice, l’esemplare era già stato venduto. E’ peccato perché così una copia in
più sarebbe rientrata alle Valli,
in aggiunta a quella, molto bella
e completa, conservata alla Biblioteca Valdese, di cui purtroppo una rilegatura ottocentesca
ha molto ridotto j margini, e a
quella esposta al Museo Valdese, mutila, come in altri esemplari, nelle prime ed ultime pagine. Mutilazione fatta presumibilmente dai proprietari, perché
non si riconoscesse a prima vista
che si trattava di una Bibbia
proibita. Dato l’analfabetismo
diffuso all’epoca, buona parte degli sbirri a malapena avrebbero
saputo compitare il titolo scritto in grossi caratteri ma non leggere il testo e il prezioso volume aveva qualche probabilità di
non essere riconosciuto.
La stampa della Bibbia in lingua francese fu deliberata dal
Sinodo di Chanforan del 1532 (di
cui quest’anno celebriamo il 450°
anniversario), con un contribu
to di 500 scudi d’oro (questa delibera però non figura negli atti
di quel Sinodo ma ci è tramandata dagli storici del XVII secolo). La traduzione fu affidata a
Piero Roberto Olivétan.
L’opera costò poi in tutto almeno 800 scudi, interamente pagati dai Valdesi. Lo storico Giovanni Jallà, nel suo articolo su
questa Bibbia, apparso sul Bollettino N. 58 (1932) della Soc. di
Studi Valdesi, attribuisce a quella somma il valore di 96.000 lire
del 1932. Dato che la svalutazione dal 1932 ad oggi è di circa
2000 volte (il prezzo di un pranzo in una modesta trattoria si
pagava allora 3 lire e 50 centesimi mentre attualmente si aggira
sulle 7.000 lire!), raggiungiamo
quasi un valore di 200 milioni di
lire attuali. Un formidabile sforzo per un’epoca in cui, per darci
un’idea del costo della vita nel
XVI secolo, lo stesso Jallà ci indica che il salario di una donna
di servizio (oggi diciamo: collaboratrice domestica) era, in
Francia, da tre a quattro franchi all’anno più due camicie e
un paio di scarpe.
La descrizione del catalogo è
assai fedele e il compilatore si
è documentato basandosi in particolare sul libro di Lortsch:
Histoire de la Bible en France
(1910). Impropriamente è anche
detta « Bibbia di Serrières », piccolo villaggio vicino a Neuchâtel, forse per il fatto che qui vi
era una cartiera che probabilmente ha fornito al Wingle la
carta per la stampa.
Osvaldo Co'isson
Per tutti gli infelici
(segue da pag. 1)
epoca molto più recente si sono
rifiutati di riconoscere le pretese totalitarie di certi regimi dittatoriali e hanno contrastato loro
il passo. Ma penso anche a quegli umili non-eroi che con Maria
hanno cantato stupiti le parole
del Magnificat: ha tratto giù i
potenti dai loro troni e ha rimandato a vuoto i ricchi! {Luca
1: 51-53).
Sì, questo è l’Iddio tremendo
che il salmista confessa, l’Iddio
che mette in crisi i potenti (vv.
5 e 12) e gli strumenti^ del loro
potere: frecce ed archi, scudi e
spade, arnesi di guerra, carri e
cavalli... Ma allora questo prode
che ritorna dalle montagne di
preda (v. 4), è Dio che nega ogni
valore alla guerra, agli eserciti
e agli armamenti che servono a
stabilire e perpetuare il potere
degli oppressori, che pronuncia
il suo giudizio sugli imperialismi
grandi e piccoli di tutti i tempi!
Allora sotto il linguaggio bellicoso del salmo c’è essenzialmente un messaggio di pace, che però mette in questione tanto una
visione spiritualizzata di pace
frequente fra noi cristiani, quanto una visione di pace geograficamente egoista quale rischia di
essere quella degli attuali movimenti che hanno preso consistenza numerica solo quando si
è parlato di euromissili e di Europa come teatro di conflitto nucleare limitato.
La pace di Dio non è solo per
Sion, come una lettura affrettata del salmo potrebbe farci credere; la pace di Dio è frutto della vittoria di Colui che si leva
per fare giustizia e per salvare
tutti gli infelici della terra (v. 9).
Di'^ique la nostra pace, la nostra
salvezza, la nostra libertà passa
per la pace, per la salvezza e per
la liberazione degli infelici della
terra.
Sono cose che sono state dette
e ridette sia pure con sfumature
e linguaggio diversi, ma che ciò
nonostante non sono penetrate
a sufficienza 'nel midollo e nelle
ossa’ di noi cristiani, perché ci
sono parse cose provenienti da
voci estranee alla chiesa e invece
le troviamo nella Scrittura di cui
le altre voci non sono che un’eco,
magari a loro insaputa.
Se Dio si è levato, si è mobilitato per salvare tutti gli infelici
della terra, noi — suoi figli, sua
chiesa — non possiamo levarci
solo per mobilitarci contro la
bomba N e gli euromissili dell’est e dell’ovest, senza mobilitarci nello stesso tempo per gli
infelici della terra. Non possiamo fare manifestazioni contro
l’installazione dei Cruise o Pershing a Comiso, se non manifestiamo anche contro l’instaurazione e il mantenimento di sistemi politici, militari ed economici che tendono a perpetuare la
oppressione della gente nei paesi
del terzo mondo. Non possiamo
impegnarci per ottenere lo smantellamento delle basi esistenti
sul nostro territorio se non ci impegniamo per ottenere lo smantellamento, per esempio, della
politica razziale nell’Africa australe. Non possiamo obiettare al
militarismo senza obiettare anche ad un modello di sviluppo
dei nostri paesi, che è innegabilmente una delle cause principali
del sottosviluppo e della fame
nella maggior parte dei paesi
dell’emisfero meridionale.
O dobbiamo concludere che
Dio non è conosciuto nella chiesa e il suo nome non è grande
fra i cristiani?
Bruno Tron
LA MISSIONE, UNA LOTTA
La via della missione non è quella della
guerra santa o della crociata. È la via
del sacrifìcio di sé, non del sacrifìcio di
altri sull’altare delle proprie convinzioni.
È una via che può andare fino al martirio,
senza che però questo possa essere cercato come un valore in sé.
Ricuperare il motivo
della lotta
La croce di Gesù Cristo segna Tataolizione definitiva della « guerra santa » nel senso politico-militare di violenza imposta
ai pagani o agli increduli in nome della
fede. Fatta questa precisazione sull’orientamento cristologico ed escatologico della
lotta missionaria, ci pare legittirno ricuperare il tema della guerra santa in un senso teologico. Secondo noi la guerra santa
è il ’’tipo” profetico della missione, come
ha notato W. Vischer.
La nostra reinterpretazione presuppone
evidentemente che si abbandoni il moralismo idealista o razionalista, che riprende
il senso della guerra santa nella lotta interiore contro le passioni malvage; analogamente, l’islam riformista ha distinto fra
il piccolo djihad (militare) e il grande
djihad (morale o religioso). Una riduzione moralistica di questo genere muta completamente il senso della guerra santa
biblica, che è essenzialmente relazione con
Testérno, con i pagani.
Poi la nostra reinterpretazione prende
sul serio la ’’distanza dalla Fine”, sempre
un po’ ’’schiacciata” nell’AT: vediamo la
guerra santa per così dire sdoppiarsi e
rivelare il suo sfondo ’’celeste”, le ’’potenze” ostili di cui gli uomini sono prigionieri. O. Cullmann sostiene che nell’interpretazione cristiana dei Salmi, il Salmo 110
in particolare, dove si parla della sottomissione dei ’’nemici”, « questi nemici sono sempre identificati con le potenze invisibili ». La guerra santa condotta da Gesù il Signore, vero Messia d’Israele, elevato alla destra di Dio, non mira dunque
ad annientare uomini di carne e di sangue
che gli si oppongono, bensì gli dèi nei quali questi uomini confidano. « La nostra
battaglia non è contro sangue e carne, ma
contro le potenze, le autorità, contro i
dominatori di questo mondo di tenebre,
contro le forze spirituali della malvagità
che sono nei luoghi celesti » (Efes. 6: 12).
a cura di Gino Conte
Ho trascorso ultimamente una settimana con g:li studenti della Faculté Libre de
'Théologie Réformée di Aix-en-Provence, per un seminario di missiologia, e nel prepararmi ho riletto il bel libro di M. Spindler «La mission, combat pour le salut du
monde »; mi pare utile riportarne qualche pagina (p. 190 ss.), ricordando che missione è il senso anche del nostro vivere ne) mondo, qui.
Attestare
la vittoria di Cristo
Questa nuova guerra santa appare con
chiarezza nei racconti dell’Ascensione. I
discepoli domandano a Gesù: « Signore, è
in questo tempo che ristabilirai il regno
a Israele?» (Atti 1: 6). Aspettano evidentemente la guerra santa escatologica nel
corso della quale il Messia, nuovo Giosuè,
sottometterà i pagani con la spada, annienterà gli irriducibili, ma condurrà i
ravveduti alla nuova Gerusalemme dove
adoreranno Dio insieme all’antico popolo
di Dio e gli porteranno i loro tesori. Il
regno messianico deve includere in un
modo o nell’altro tutti i pagani. E che risponde Gesù? Manda i suoi discepoli in
missione! Con la riserva escatologica (Atti 1:7), la missione è dunque il compimento della conquista messianica del mondo,
la risposta all’attesa escatologica giudaica. Il Messia glorificato sottometterà effettivamente a Dio tutte le nazioni. Ma
esercita la sua autorità dall’alto dei cieli,
nel suo corpo glorificato, il che esclude
ogni metodo carnale, politico, tipico dell’uomo vecchio, che si mescolava all’antica guerra santa. Il suo esercito non è
fatto di soldati ordinari, ma di testimoni
della sua Risurrezione, della vittoria già
conseguita. Matt. 28: 16-20 mostra chiaramente che il regno da conquistare, il Cristo già lo possiede.
La ripresa del tema della guerra santa
è illustrata in modo assai bello e senza
una parola di troppo da un cantico di
Eugène Bersier (1879): « Lève-toi, vaillante
armée... » [Quest’inno si trova, al n. 194,
nei « Psaumes et Cantiques »; analogo, ma
di livello decisamente inferiore, il n. 139
dell’« Innario Cristiano », « Lottiam, lot
tiam col Cristo... », cfr. pure i nn. 108 e
137],
Missione, lotta dolorosa
ma gloriosa
È l’apostolo Paolo, soprattutto, che descrive la fatica missionaria come una lotta, dolorosa ma gloriosa. « Il nostro Dio
ci ha concesso di predicare fiduciosamente davanti a voi il suo Evangelo, in mezzo
a una lotta incessante » (1 Tess. 2: 2). Ha
annunciato il mistero di Cristo fra i pagani: « A tal fine mi affatico, combattendo
con la sua energia che opera in me con
potenza» (Col. 1: 29). La sua corsa missionaria, che è la corsa della Parola, è « il
buon combattimento » che egli ha cornbattuto (2 Tim. 4: 7) e che si conclude in
« libazione » del suo stesso sangue. Ha
« faticato » duramente, cioè ha predicato
l’Evangelo più di tutti gli altri apostoli,
« oh, non io — aggiunge — ma la grazia
di Dio che è con me » (1 Cor. 15: 10; cfr.
2 Cor. 11: 23). Ed esorta i suoi collaboratori e i nuovi cristiani a imitarlo: « Combatti il buon combattimento della fede »,
scrive a Timoteo (1 Tim. 6: 12), indicando
così non soltanto la lotta interiore della
pietà, ma soprattutto la pubblica testimonianza missionaria, la professione di fede
davanti a numerosi testimoni. «Conducetevi in modo degno delTEvangelo di Cristo, affinché io constati che state saldi in
un medesimo spirito, combattendo insieme unanimi per la fede delTEvangelo,
per nulla spaventati dagli avversari (...).
E ciò viene da Dio: poiché a voi è stato
dato, riguardo a Cristo, non soltanto di
credere in lui, ma anche di soffrire per
lui, sostenendo voi la stessa lotta che mi
avete veduto sostenere e che, lo sapete,
sostengo tuttora» (Pii. 1: 27-30).
In campo aperto
L’Epistola agli Ebrei mescola in modo
serrato le immagini sacrificali e quelle
della vita militare o sportiva; è « una parola d’ordine, un’esortazione rivolta a soldati in marcia» (H.-R. Weber), le istruzioni di combattimento per una comunità cristiana che lotta con l’avversario all’interno e all’esterno. La corsa e il combattimento del cap. 12: 1 designano indubbiamente la vita cristiana nel suo complesso, ma in un orientamento missionario, a contatto con i contraddittori; è una
marcia al seguito del « capo » Gesù Cristo,
un combattimento, pronto al sacrificio,
che raggiunge quello di Gesù: « Usciamo
dunque dal campo e andiamo da lui, portando il suo obbrobrio. Perché non abbiamo qui una città stabile, ma cerchiamo
quella futura. Per mezzo di lui, offriamo
costantemente a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra confessanti il
suo nome! » (Ebr. 13: 13-15).
Marc Spindler
M. Spindler continua esaminando i mezzi di combattimento della lotta missionaria: la preghiera, anzitutto, e in modo
particolare l’intercessione: per gl’incredu
li, per gli stessi avversari e carnefici, per
le autorità politiche, affinché mantengano
la pace (anche se questa non è condizione assoluta della missione); la intercessione è il fondamento della relazione del
cristiano con il suo popolo e con i popoli;
e più che un mezzo, la preghiera è il ’’clima” in cui il missionario incontra, vicino
e lontano, le forze spirituali ostili: « La
fatica missionaria è preghiera operante,
ma è anche azione in preghiera » (E.
Stauffer). È un prendere sul serio la mediazione unica di Gesù Cristo, sapendo
che la Parola di Dio è davvero la sola forza capace di battere le forze religiose che
costituiscono il nerbo profondo e possente di ogni tipo di paganesimo (anche secolarizzato): tutto l’inno n. 142, «Qual
forte rocca... », di Lutero. Bisogna credere fino in fondo alla potenza unica di
questo mezzo, debole e crocifisso; ogni altro mezzo rientra nella luce ambigua della tentazione di efficienza che Gesù ha
sempre, fermamente respinto.
S- c.
6
6 fede e cultura
2 aprile 1982
TRA I LIBRI
VERCELLI
Due prospettive sulla La donna nella chiesa
religione popolare
Una sostanziale unità di vedute nella lettura
della storia della Chiesa cristiana ieri e oggi
Per una coincidenza sono usciti pressoché contemporaneamente due libri sulla religione popolare, uno edito dalle Edizioni
Paoline', l’altro dalla Claudiana^.
Questa contemporaneità non
deve meravigliare: essa è il segno di un diffuso e forse crescente interesse per una delle
forme più complesse, e certamente anche ambigue, di religiosità. Proprio per tale motivo
non sorprende quindi che le valutazioni del fenomeno siano, come in questo caso, profondamente diverse. Occorre dire che vi è
una consistente difficoltà metodologica perffno nella definizione dell’oggetto stesso. Cos’è la
religione popolare? E’ folklore,
superstizione, magia? E’ « religione delle classi subalterne » e
solo di esse?
Le risposte possibili sono numerose, differenziate, perfino alternative ; e naturalmente sono
influenzate dal retroterra culturale di chi le formula.
Verdetto assolutorio
Il testo pubblicato dalle Edizioni Paoline può essere considerato un lucido trattatello propedeutico, che cerca di analizzare in rapida sintesi tutti o quasi
gli aspetti della religione popolare (con un’encomiabile intelligibilità di linguaggio, che riconferma una preziosa caratteristica di questo editore). L’autore, il gesuita Giuseppe De Rosa,
riconosce i fattori paganeggianti che, a partire dai primi secoli
e per cause diverse, hanno « inquinato » la dottrina e la pietà
cristiane, specie a livello popolare (cosa peraltro universalmente nota), ma non mostra di
preoccuparsene molto. Quello
che egli dà della religione popolare è un verdetto ampiamente
assolutorio, corredato da una
blanda raccomandazione : rinvigorire e depurare la religione popolare con una cura sistematica
di « evangelizzazione ». Nel complesso, di ogni fatto si tende a
fornire giudizi sfumati e salomonici, intesi a dare per risolti
0 risolvibili tutti i contrasti, secondo uno stile (inaugurato da
Vaticano II) improntato a una
indulgenza che, per essere accomodante ad ogni costo, finisce
a volte per divenire qualunquistica.
Che il cattolicesimo popolare
— perché di questo si tratta —
sia « cosa buona » si può anche
riconoscere, nel senso specifico
che esso rappresenta (come del
resto tutte le religioni del mondo) l’anelito di ricerca di Dio
da parte dell’uomo, pur in tutti
1 suoi limiti espressivi (ma limiti non mancano neppure nelle religioni « colte »). In effetti non si
tratta di mettere in discussione
la purezza di cuore del popolo,
inteso come « buon selvaggio » :
il vero problema è ben diverso.
Ciò che manca in un excursus di
questo genere, che pretende di
essere completo ed esauriente
della materia (ma la mancanza
non anpare certo fortuita) è una
approfondita e spregiudicata
analisi dei rapporti, e delle strumentalizzazioni, praticati dalla
chiesa-istituzione nei confronti
della religione popolare, al di là
delle generalizzazioni e delle dichiarazioni di principio.
Non saranno certo gli evangelici a contestare che l’evangelo
può prestarsi a diverse accentuazioni e sottolineature, a differenti letture. Non credo tuttavia sia settarismo affermare che
certe ideologie e certe prassi religiose sono in contrasto totale
e insanabile con lo stesso evangelo. con lo spirito della rivela
zione e con tutto il suo significato. In mancanza di precisi, per
quanto amplissimi, confini, come non giustificare altrimenti
anche gli israeliti che, aspettando il ritorno di Mosé dal Sinai,
adoravano il vitello d’oro? Non
è anche questa una forma di
« religione popolare »?
Se compito principale della
chiesa è quello di preservare la
fedeltà all’evangelo, oltre che
proclamarlo, resta da capire come mai la Chiesa cattolica, nonostante il peso della sua enorme
autorità (non solo nei secoli passati, ma anche oggi, presso determinati ambienti), abbia dimostrato tanta indulgenza verso così clamorosi stravolgimenti, si
sia cioè comportata in modo
tanto dissimile dai Profeti che,
come attesta la Bibbia, sono
sempre stati intransigenti difensori della fedeltà alla Parola,
qualunque fosse il prezzo da pagare.
Personalmente sono indotto a
ritenere che l’atteggiamento tenuto dalla Chiesa romana sia
stato costantemente dettato da
motivi « politici », nel senso che
essa non ha mai voluto mettere
in crisi e alienarsi in qualche
modo l’assoluta fedeltà delle
masse popolari, quelle che sono
disposte a seguirla più acriticamente, senza creare nessuna seria remora alla loro adesione:
di fronte alla dilagante secolarizzazione, la Chiesa romana non
pare disposta a correre il rischio
di perdere i suoi più fedeli pretoriani.
’Popolare” e
’dominante”
alcune forme nuove di riaggregazione cattolica (neo-pentecostali, neo-catecumenali, «cursillos »).
Nel complesso, una collezione
eterogenea (e tale intende essere) di materiali, raccolti partendo, più che da una visione d’insieme, da tanti casi specifici e
concreti; quindi con una metodologia più « scientifica » che
« filosofica », che vuol essere stimolo soprattutto all’approfondimento e alla discussione, anziché proporre un’organica visione onnicomprensiva.
Unico rammarico per il linguaggio usato, in molti casi
decisamente accademico e gergale, che limita in partenza il
numero dei possibili lettori; ancora una volta si ripresenta un
problema di politica culturale,
che concerne soprattutto le scelte editoriali. Un problema che
meriterebbe certo un ampio dibattito e una verifica per accertare fino a che punto il discorso
« difficile » sia inseparabile dalla serietà e dal rigore del contenuto. Aurelio Penna
1 G. De Rosa, La religione popolare.
Edizioni Paoline, Roma, 1981, pp. 116,
Lire 5.000.
^ AA.VV., Chiesa e religione del popolo. analisi di un’egemonia, Claudiana, Torino. 1981, pp. 166, L. 7.500.
E’ facile che il non-credente
si senta a proprio agio al Centro
d’incontro Evangelico di via Dodo, perché l’atmosfera che vi si
respira è veramente un fatto culturale e religioso diverso da
quanto siamo soliti vivere noi
italiani. C’è razionalità nell’affrontare i problemi nuovi che
emergono dalla società, c’è tolleranza per le soluzioni diverse
unita all’amore per la propria
individualità e storia, c’è riconoscimento dei propri errori, c’è
infine una ricerca continua a vivere la propria fede in modo
coerente con i tempi senza cedimenti alle mode, ma neanche
senza attaccamenti pregiudiziali
ad una lettura ipostatizzata del
passato.
Credo però che non capiti
spesso di sperimentare resistenza di un’unità di vedute quale
si è verificata venerdì scorso 12
marzo, durante il dibattito sul
tema « La donna e le Chiese »,
cui hanno partecipato la teologa
cattolica Adriana Zarri e il pastore valdese Giuliana Gandolfo.
Veramente non si avvertivano
più differenze tra cattolici, vaidesi e laici perché il concettobase della lotta femminile di
questi anni, l’emarginazione della donna nella società creata da
uomini per gli uomini, stava alla base della lettura della storia
della Chiesa cristiana prima, e
ALLEANZA EVANGELICA E TILG
...e SU questa pietra...
Su Un versante ben diverso si
muove il libro della Claudiana,
che raccoglie saggi di diversi
studiosi. Esso, impostando un
approccio poco seguito sull’argomento, intende lasciare indietro il tema del «popolare» (che
in sé non esiste : non ha quindi
senso né esaltarlo né svilirlo),
come pure quello dell’altro supposto polo, il « dominante », anch’esso non esistente da solo.
« Popolare » e « dominante »,
in religione, esistono solo in
quanto sono in relazione fra loro, condizionandosi a vicenda,
anche se lo scambio che intercorre è disuguale: di questo rapporto dialettico, e permanentemente dinamico, si occupa appunto il libro. Sottende a quest’analisi articolata il rifiuto, come punto di partenza, ad accettare la tesi abbastanza comune
che vuol ravvisare un parallelismo tra « popolo » e « natura »,
quasi si trattasse di due concetti
primigenii, due assoluti al di sopra della storia; all’opposto, il
convincimento che il « popolare » costituisce invece una ben
precisa ideologia, che trova ragion d’essere (e di utilizzo) in
un’epoca come la nostra, nella
quale le istituzioni — e tra queste la chiesa — subiscono un attacco generalizzato da più parti
e soffrono di una sostanziale crisi di consenso.
Il saggio iniziale di Guizzar di
punta ad organizzare ideologicamente e metodologicamente la
materia; quello di Prandi analizza la genesi (secoli XVIIIXIX ) della « cultura per il popolo » in Italia, mentre Morossi
prende in esame un clamoroso
esempio di attuale « cultura per
il popolo » in chiave cattolica,
qual è il settimanale Famiglia
cristiana. Castiglione, puntando
soprattutto su metodi antropologici, sviluppa una ricerca specifica della cultura contadina meridionale ; Pace mette a fuoco
L’articolo pubblicato dal numero 1-2 de « La Luce » dell’S gennaio u.s. con il titolo « Procede
la revisione della TILC », non mi
ha particolarmente sorpreso. La
notizia centrale, opportunamente
messa in evidenza dal sottotitolo « Sul discusso testo di Matteo
16: 18, la TILC non cambia » era,
almeno per me, una notizia scontata.
Ciò che non era affatto scontato, è quanto è detto nell’articolo
a proposito di un certo relativo
coinvolgimento dell ’Alleanza Evangelica Europea nella difesa
della errata traduzione di Matteo 16: 18 della TILC.
Jan de Ward, l’autore dell’articolo in questione, allude a questo coinvolgimento, dicendo che
« Questa è la posizione difesa dalla maggioranza degli specialisti
sia cattolici che protestanti, e tra
questi ultimi anche neo-testamentaristi conservatori, appartenenti
all’Alleanza Evangelica Europea».
Dato che l’AEE si è occupata
e si occupa dell’errata traduzione
TILC di Matteo 16: 18, mantenendo una posizione totalmente opposta a quella cui allude de
Ward, è opportuna una precisazione, tanto più che anche l’Alleanza Evangelica Italiana è
coinvolta in prima persona nella
responsabilità di questa posizione.
In occasione del Consiglio dell’AEE, che nel 1977 fu tenuto in
Germania a Siegen, dal 12 al
14 settembre, TAEI nel suo rapporto informò i partecipanti al
Consiglio di aver emesso in sede
di Assemblea Annuale (Firenze
29 gennaio 1977) un ordine del
giorno che denunciava l’errata
traduzione di Matteo 16: 18 della
TILC, e che chiedeva una traduzione letterale del testo originale.
Mediante la necessaria espressione dei partecipanti con diritto
di voto (due per ciascuna Alleanza Nazionale) il Consiglio della
AEE recepì e fece propria all’unanimità la posizione delTAEI, e
diede mandato al proprio Comitato Esecutivo (di cui anche il
sottoscritto fa parte fin dal 1975)
di comunicare questa posizione
alla Direzione deH’Alleanza Biblica Universale di Londra.
Da quella data Jan de Ward,
che lavora proprio alTuffìcio di
Londra, ha ricevuto da Gordon
Landreth, segretario dell’AEE,
più di una comunicazione relativa a questa istanza, e sa molto
bene che in questo non siamo
mai cambiati, neanche di uno iota.
Se si vogliono onorare i fatti
per quello che sono, non v’è dunque spazio per coinvolgere in alcun modo — sia pure allusivo —
l’AEE nella difesa di una posizione da essa apertamente e ufficialmente combattuta.
Tolta di mezzo TAEE, della citata frase dell’articolo di de
Ward, rimangono in questione « i
neo-testamentaristi conservatori ». A questo proposito lascio la
parola a Gordon Landreth che
così mi ha scritto: « Mi sembra
che l’articolo sia andato al di là
di quanto avrebbe dovuto, quando afferma che la maggioranza
degli specialisti sostiene quella
particolare posizione. Per quanto
ne so, Harward Marshall è l’unico teologo evangelico conosciuto,
che, in questi ultimi anni abbia
scritto esprimendosi a favore di
questa posizione. Suppongo che
l’ABU si sia sentita autorizzata
ad usare il plurale parlando di
« neo-testamentaristi conservatori », riferendosi a lui e a Basii
Atkinson» (si tratta di un noto
specialista che nel suo Bible
Commentary, ha commentato
Matteo 16: 18 in un modo che con
molte riserve lascia qualche adito alla esegesi che sostienè la
traduzione della TILC. Nota di
Milazzo). In ogni caso non è vero
che essi « appartengono alTAEE,
anche se si può dire che sono
in molta simpatia con l’AEE ».
Elio Milazzo
di quelle cattolica e valdese poi.
E per chi ancora non avesse
trovato il tempo di riflettere su
tale emarginazione, venivano via
via evidenziati dalla Zarri i motivi storici di tale realtà: l’acculturazione ellenica del messàggio
cristiano, il sospetto in cui venivano tenute la materia, la sessualità e la donna « materia della materia », i quali fatti trovarono espressione nel l’interpretazione letterale della Genesi:
« Èva soggetta all’uomo; peccato originale = peccato sessuale ».
E di contro l’immagine altrettanto riduttiva di Maria, « desessualizzata, defemminilizzata e
un po’ deumanizzata ». Sono stati poi anche individuati motivi
più specifici, caratteristici della
Chiesa cattolica, quali il rifiuto
alla donna del sacerdozio, inteso
come possibilità di dirigere la
Chiesa, e Taffermazione del celibato ecclesiastico, subito per la
maggior parte dai sacerdoti onde poter essere consacrati tali.
Ed ecco perché la Chiesa cattolica è « autoritaria, monolitica, priva di pluralità, monodisciplinare ». Ha paura della donna
e ne teme l’autodeterminazione.
Perciò « Èva non è ancora nata
e Adamo, la Chiesa, dorme ancora, non voglio dire il sonno
dell'incoscienza, ma di una coscienza ancora assopita ».
Dal canto suo Giuliana Gandolfo, forte deH’esperienza positiva sia pur limitata deH’apertura della Chiesa valdese alla donna-pastore, ha ricordato quei
passi della Bibbia, che anche nella sua Chiesa hanno intralciato
il cammino delle donne, riallacciandosi così aH’intervento della
Zarri (Genesi, P Lettera ai Corinzi, I" Epistola di Pietro), portando però altro materiale che
solitamente si dimentica: ad es.
l’Epistola ai Calati, dove è evidente che ciò che caratterizza
il cristianesimo nascente è il battesimo dato a tutti, uomini e
donne, dotati della stessa dignità.
E’ chiaro dunque che la Bibbia va letta con capacità critica
e storica per evitare di trasformare in assoluto ciò che è invece relativo e legato alla cultura
del tempo.
L’ultima parte dell’intervento
della Gandolfo, inerente alla Riforma, ha passato in rassegna
la storia dei Valdesi fino ai nostri giorni, in Italia e fuori, citando nel contempo l’opera di
Lutero, che pur senza essere stato un rivoluzionario ha ridato
dignità alla donna, superando
gli ostacoli evidenziati in precedenza.
Ed alla line le proposte: d’accordo entrambe le relatrici sul
fatto che è tutta da recuperare
la cultura della donna, fatta di
intuizione e concretezza, ma è
necessario cercare anche un modo nuovo di essere nella Chiesa
per evitare di riproporre il modello tradizionale maschile ed
inoltre è indispensabile la collaborazione tra i due sessi per non
cadere in ghetti di segno opposto, ma sempre dannosi.
Recupero quindi della complementarietà nella coppia, rispetto dell’altro, amore reale nella
legge di Cristo, lotta dal di dentro per cambiare la Chiesa.
Poi il dibattito ha approfondito il tema, proponendo il concetto di laico, quale credente che
vive nell’ambito della Chiesa, ma
che sa demitizzare rautorità ecclesiastica, opponendo il suo rifiuto a lasciarsi strumentalizzare da una Chiesa che abusa del
potere.
Laicità, simbolo di autonomia
e di libertà, obiettivo questo
estremamente interessante sia
dentro sia fuori della Chiesa.
Luisa Carrara
7
2 aprile 1982
obiettivo aperto 7
18^ SESSIONE RIOPLATENSE DEL SINODO VALDESE
Volontà di proœdere con continuità
Cinquantasei delegati con diritto di voto si sono riuniti nel Parque 17 de Febrero dal 14 al 18
febbraio per partecipare alla 18’
sessione del Sinodo Rioplatense.
Il culto di apertura è stato presieduto dal pastore Néstor Tourn
della chiesa di Colonia Iris (La
Pampa - Argentina) che ha predicato su Giovanni 11 « morte e
risurrezione di Lazzaro ». Il pastore Wilfrido Artus è stato chiamato nuovamente a presiedere il
Sinodo; il pastore Delmo Rostan
è stato nominato vice-presidente;
Violeta G. de Lauri segretaria;
Noemi Geymonat, Ariel Charbonnier, Miguel Angel Cabrera vicesegretari; il pastore Daly Perrachón assessore. Con questo seggio il Sinodo ha ascoltato la relazione della Commissione d’Esame composta dai pastori Norberto Bertón e Hugo Gönnet e dal
laico Mario Dabala. Poi il Sinodo
si è diviso in cinque commissioni su: Relazione della Tavola, Relazione dei Presbiteri, Relazione
delle Commissioni, Relazioni dei
Centri Assistenziali, Relazioni Finanziarie e preventivo 1982.
Il lavoro è stato molto intenso e i temi più importanti tratta
ti dalla 18’ Assemblea Sinodale
Rioplatense sono stati i seguenti: amministrazione, evangelizzazione, formazione dei membri di
chiesa, situazione dei Centri assistenziali, ecumenismo.
Se si vuole cercare una linea di
direzione nel nostro Sinodo e nel
lavoro della nostra Chiesa per il
1982, si può dire che le comunità
continueranno a subire pesantemente i loro problemi finanziari.
Non ci sono perciò progetti appassionanti o che comportino degli impegni speciali. Il clima nel
corso del Sinodo è stato piuttosto calmo, si è cercato di mantenere le posizioni senza grandi
cambiamenti e si è confermato
ai loro posti coloro che hanno la
responsabilità delle decisioni più
importanti. Una prova di ciò la
si è vista nella nomina delle stesse persone dell’anno scorso per il
seggio del Sinodo e per la Tavola Valdese, e in quasi tutti i casi
alla prima votazione. I delegati
hanno ritenuta valida la direzione della Chiesa nell’anno passato
e hanno dato un’indicazione affinché il lavoro continui senza grandi cambiamenti.
L’amministrazione
Il tema delle finanze avrebbe
avuto la possibilità di accaparrare tutta l’attenzione delle discussioni. Quando si è discusso il preventivo per il 1982 il dibattito si
è fatto vivace e gli interventi hanno sottolineato diversi aspetti. Alcuni hanno detto che « abbassare
il preventivo generale della Chiesa è un simbolo del nostro peccato ». Altri hanno riportato i
vari sforzi che si sono fatti a livello locale da parte di alcune
chiese per raggiungere i loro preventivi e hanno detto di non potersi impegnare per il preventivo
generale perché la situazione sta
andando di male in peggio. Altri
hanno chiesto nuovi « tagli » nelle
spese. Perché si convoca tutti gli
anni un Sinodo che costa 50.000
pesos (5.000 dollari)? Non si potrebbe convocarlo ogni tre anni?
Non è un «lusso » pagare le spese
di viaggio di 80 persone per una
riunione?
La conclusione è stata l’approvazione del preventivo 1982 con
alcune astensioni. Ma il problema rimane aperto. Senza voler
semplificare la sua reale complessità potremmo dire, rischiando
una opinione personale, che il no
do si riassume nel volere o non
volere coprire le nostre spese. Si
faranno sforzi speciali per spiegare come si usa il denaro che
si raccoglie. Questo è importante,
ma è forse più importante dare
l’opportunità a tutti di dire ciò
che dà fastidio, ciò che impedisce di considerare il fatto che dare la propria offerta è un privilegio e non un obbligo. La situazione economica è ogni anno
motivo di preoccupazione, ma
lavorando si è sempre arrivati a
tener fede agli impegni assunti.
La crisi finanziaria può avere anche un aspetto positivo che ci
porti a risolvere altri temi di discussione che soggiacciono ai nostri rapporti: l’unità dei criteri
tra i responsabili della conduzione delle chiese locali; il posto che
occupano i problemi delle chiese
locali nelle discussioni delle nostre assemblee molte volte limitate da un linguaggio tecnico o
addirittura regolamentarista; la
fiducia e il mutuo rispetto pur
nel quadro di posizioni che permangono differenti o antagoniste.
C’è da sperare che la « crisi finanziaria » serva per un re-incontro
di tutti nella missione comune.
L'evangelizzazione
Questo tema è apparso nella Relazione dei Presbiteri e in quella
delle Commissioni. Dobbiamo
cercare il modo di spiegarlo unendo il materiale che è stato
presentato. La Commissione d’Esame ha cercato di unificare tutti
gli aspetti riportati nelle diverse
relazioni. La riflessione del Sinodo non è arrivata a elaborare
criteri che orientino le comunità
in questo campo. Negli anni passati si è detto che « l’evangelizzazione è un tema frustrante per le
comunità ». Le si rende responsabili della mancanza di « spirito
evangelizzatore, ma non si danno
loro delle direttive per incentivare l’evangelizzazione ». Si dice
soltanto che « l’evangelizzazione
costituisce la ragione della presenza e dell’azione della Chiesa ».
Dalla Relazione della Commissione d’Esame, che ora servirà da
materiale di studio per le chiese,
emergono quattro punti di riflessione:
1 ) L’evangelizzazione è un
compito della Chiesa che non deve essere intrapreso per settori
ma globalmente.
2) I nostri mezzi di evange
lizzazione sono fondamentalmente: i Centri Assistenziali, il Centro Audiovisivo, le pubblicazioni
e la libreria Morel, il Parque 17
de Febrero; a livello locale ci sono progetti concreti per realizzare un servizio assistenziale verso molte famiglie povere e questi sono quelli più sottolineati
dai presbiteri del nord dell’Uruguay e del nord dell’Argentina.
3) Questo compito implica
la ricerca di quelle forme che
permettano la partecipazione del
maggior numero di membri; in
questo campo c’è da tener conto del numero crescente di matrimoni misti e dei « simpatizzanti » che sono un nucleo importante in ogni chiesa locale.
4) Si deve tener più conto
dei rapporti tra la Chiesa e la comunità secolare; questa è l’evangelizzazione quotidiana e concreta che ogni comunità è chiamata
a sviluppare senza spirito proselitista, ma per fedeltà alI’Evangelo che le è stato dato. Il Sinodo raccomanda, attraverso un atto, che si tenga conto di questi
temi da parte delle chiese locali
nel corso di quest’anno.
Formazione
dei leaders
Individuare e promuovere leaders. Secondo il Sinodo questo
sarebbe il riassunto di tutti gli
sforzi che si stanno realizzando
a vari livelli. In un atto concreto
si esortano le chiese a tener conto più seriamente di tutti i corsi
e incontri che si realizzano in vista di una maggiore preparazione di tutti i membri di chiesa.
Per mezzo di questi atti si è dato
un appoggio implicito a tutta
l’opera del Centro Emmanuel per
il presente anno e ai suoi diversi
livelli: laici, maestri di scuola
domenicale, personale di assistenza degli Istituti e specialmente il corso per predicatori laici
che si spera di poter iniziare
quest’anno in modo continuativo.
Si sottolineano anche gli incontri
di musica e di canto, i campi,
ecc. e tutte quelle attività verso
le quali le chiese dovrebbero essere più attente per un migliore
e sistematico profitto.
Un corso di formazione al Centro Emmanuel.
La situazione degli anziani infermi, l’ampliamento dell’assistenza agli anziani mediante il
tentativo di formare nuovi centri di assistenza, la ricerca di
borse per il personale dirigente
degli Istituti al fine di ampliare
le loro conoscenze all’estero, le
difficoltà nel rapporto della commissione iraldese-metodista che
dirige una delle Case, e l’attenzione degli adolescenti della Casa
dei bambini, sono stati i temi
più importanti dell’analisi del lavoro assistenziale dell’anno passato.
Questo è senza dubbio uno dei
campi più significativi dell’opera
che realizza la nostra Chiesa. Ognuno di questi temi sarà trattato in un nuovo incontro a livello delle commissioni che dirigono
questi centri. Vogliamo sottolineare un tema: la nostra Chiesa
deve affrontare il più presto possibile la situazione degli anziani
che non sono più autosufficienti e
le cui famiglie non trovano il
modo di prestar loro la cura che
richiedono. In questo campo si
tratta forse della questione più
urgente.
Il tema
ecumenico
Il tema ecumenico è stato proposto da questo Sinodo alla riflessione delle chiese. L’ISEDET
(Facoltà evangelica di teologia) e
la Giunta Unita delle Missioni, il
Consiglio Latinoamericano delle
Chiese (in formazione), l’Istituto
Ecumenico di Montevideo e il
Centro Emmanuel, le Federazioni
delle Chiese e le relazioni bilaterali con altre Chiese Evangeliche
a livello locale, sono alcuni degli organismi nazionali, regionali e rioplatensi che richiedono
attenzione da parte della nostra
Chiesa valdese. L’impegno ecumenico è parte vitale della vocazione della nostra Chiesa, non solo nell’area rioplatense, ma anche
nell’area europea. Le riunioni,
che si stanno programmando per
quest’anno e per quello successivo, dell’Alleanza Riformata
Mondiale e del Consiglio Ecumenico delle Chiese ci portano a
rinnovare il nostro impegno con
1’« ecumene » e con la famiglia
Riformata. Come fare perché tut
to questo impegno arrivi alle
chiese locali, sviluppi la loro riflessione, arricchisca la loro vita?
Ci pare che tutto questo dialogo
e l’informazione successiva dovrà
svilupparsi sulla base di una
chiara identità da cui emerga la
ricchezza storica che la nostra
Chiesa valdese può offrire alle
altre denominazioni sorelle.
Interscambi
Un atto che sembra soltanto
una formalità esprime tuttavia il
sentimento della nostra Assemblea Sinodale rispetto ai rapporti con l’area europea. Attraverso
tutte le relazioni delle chiese si è
potuto vedere la profondità e la
importanza che continuano ad
avere i nostri rapporti e interscambi. La partecipazione dei
pastori Samuele Giambarresi e
Eugenio Rivoir è stata più che
apprezzata, valutata come una
forma positiva di lavoro che deve approfondirsi. Ma la presenza fraterna e affettuosa dei fratelli dell’Europa si è potuta notare in forma più concreta nelle
manifestazioni speciali.
Iniziative
speciali
Le manifestazioni speciali sono
cominciate con un programma
di Canto e con un messaggio dell’Evangelo, con una conferenza
a cura del pastore Norberto Bertón sul tema « L’amore vince l’omicidio ». Il giorno seguente, lunedi 15, il Sinodo si è trasferito
al Centro di Colonia Vaidense per
visitare la « Casa Valdese » e udire una spiegazione dei lavori che
si stanno realizzando per la costruzione della Casa da parte degli architetti Leonel Oronóz e
Alma Juele de Rodriguez. Tutti i
delegati hanno potuto visitare il
cantiere, informarsi sull’andamento dei lavori e dell’uso che
si farà dei diversi locali. Poi si
sono aperte al pubblico le porte
del Museo Valdese e il moderatore, pastore Bertinat, ha parlato
del senso della nostra Storia valdese e della finalità del nostro
Museo.
Dopo la visita la chiesa di Vaidense ha offerto un té-cena a
tutti i membri del Sinodo e ai
membri della comunità presenti.
Siamo quindi passati tutti nel
tempio dove abbiamo potuto ascoltare una conferenza del dottor José Miguez Bonino sul tema
« Sfide per la Chiesa di oggi ». Si
è trattato di un momento molto
importante perché il professor
Miguez ha sviluppato il suo tema
sulla base di tre sfide che arrivano alla Chiesa di oggi. In primo
luogo quella che nasce da quello
che ha chiamato « la faccia della
povertà ». La povertà colpisce
crudelmente e la Chiesa è chiamata da Gesù Cristo a seguire i
suoi passi e a scegliere la lotta in
favore dei poveri. In secondo
luogo la sfida che nasce dalla difesa dei diritti umani. Il diritto
dell’uomo a difendere la sua qualità di « persona » responsabile
davanti a Dio e davanti agli altri.
Una sfida ineludibile per la Chiesa, in questi paesi in particolare
e in tutti i paesi senza eccezione.
E in terzo luogo un appello alla
unità dei credenti. È l’appello di
Gesù Cristo ed è la sfida che dobbiamo affrontare condividendo
fraternamente i doni e le ricchezze delle nostre chiese nel rispetto sincero.
Prima di ascoltare questa esposizione, abbiamo avuto l’opportunità di leggere all’assemblea la
lettera che ci ha inviato il pastore Giorgio Tourn in occasione
dell’apertura del Museo attraverso la delegazione di fratelli delle
comunità delle Valli che sono
stati rappresentati dal fratello
Livio Gobello.
Il martedì 16 febbraio ha avuto luogo un’altra manifestazione
pubblica in ricordo del 17 febbraio svoltasi nel parco che ne
porta il nome. Varie rappresentazioni ci hanno fatto rivivere quella « avventura » dei nostri nonni
quando attraversarono l’oceano
per venire a radicarsi nel Rio de
la Piata, e quando ricevettero la
notizia dell’editto promulgato da
Carlo Alberto in loro favore. Intorno ad un falò immenso abbiamo potuto ascoltare una volta di
più la parola del moderatore Bertinat che ci ha esortati a vivere e
a lavorare perché tutte le minoranze di oggi possano ricevere la
libertà che noi godiamo dal 17
febbraio 1848. Questo darà senso al nostro compito così come
lo ha delineato il moderatore
Bouchard quando ci ha invitati
ad essere in questo luogo « una
minoranza significativa ».
Durante questa manifestazione abbiamo sentito tutti molto
vicina la presenza di tutti i nostri
fratelli delle comunità europee.
Conclusioni
Il Sinodo è terminato giovedì
18 febbraio al mattino con le elezioni. Sono stati confermati ai
loro incarichi tutti i membri della Tavola Valdese: Mario L. Bertinat moderatore. Ricardo Ribeiro, Hugo Malan, Margy Roland e
Ariel Rostan membri. Come prossima sede del Sinodo si è fissata
la chiesa di Colonia Iris, a Jacinto Aràuz, Argentina, per invito
del Presbiterio Sud-Argentino,
per domenica 13 febbraio 1983.
Un culto con la celebrazione della Santa Cena è stato l’atto di
chiusura della 18“ Sessione Sinodale Rioplatense.
Carlos Delmonte
8
8 ecumenismo
2 aprile 1982
LIMA: I LAVORI DELLA COMMISSIONE « FEDE E COSTITUZIONE »
Le prospettive del movimento ecumenico
Che cosa è successo a Lima?
Molte cose, naturalmente. Ogni
incontro ecumenico è una specie
di happening dello Spirito, un
crogiuolo di esperienze e vocazioni, in cui accade molto di più di
quanto non traspaia dai resoconti e documenti ufficiali. Probabilmente, nella storia dell’ecumenismo, l’assemblea di Lima sarà
ricordata per aver varato i tre
documenti BEM (così vengono
ormai chiamati: B = battesimo;
E = eucaristia; M = Ministero).
Si tratta di tre testi — uno sul
battesimo, uno sull’eucaristia, uno sul ministero — la cui prima
stesura avvenne ad Accra nel ’74
e che negli anni successivi hanno
subito una revisione abbastanza
profonda, in base alle osservazioni e ai commenti fatti dalle chiese. L’assemblea di Lima ha votato all’unanimità una mozione secondo cui i tre testi « hanno raggiunto un grado di maturazione
tale da poter essere inviati alle
chiese per una loro presa di posizione ufficiale entro il 1984 ».
L’approvazione di questa mozione significa due cose:
1. Anzitutto, i documenti BEM,
che saranno sottoposti al vaglio
delle chiese-membro del CEC
(quindi anche delie chiese vaidesi, metodiste e battiate ), non sono testi di consenso, non rappre
sentano un accordo già raggiunto in seno a « Fede e Costituzio
ne », che ora le chiese sarebbero
chiamate a ratificare. È importante chiarire che il consenso di Lima non è sui contenuti dei testi
ma sul loro « grado di maturità » per l’invio alle chiese. In altri
termini ci si è trovati d’accordo
non su tutto quello che i testi
dicono ma sull’opportunità che
i testi così come sono vengano
studiati e vaiutati dalle chiese,
dalle quali ci si attende una presa di posizione ufficiale entro il
1984.
Insoddisfatti
ed inquieti
2. D’altra parte, i documenti di
Lima su battesimo, eucaristia e
ministero indicano abbastanza
chiaramente, nel loro insieme, in
quale direzione si sta cercando
di giungere,su queste questioni (e
presumibilmente — domani —
su tutte le altre dello stesso genere), a un consenso ecumenico.
È una direzione — conviene dirlo apertamente — che come riformati (e in genere come protestanti) ci lascia insoddisfatti e
anche un po’ inquieti. Non tanto
per singole affermazioni discutibili contenute in questo o quel
documento quanto per la natura
del pensiero che tutti li pervade:
un pensiero fortemente caratterizzato in senso sacramentale e
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Coi'sson
Situazione seria
dei profughi in Europa
(Soepi) — In alcuni paesi europei la detenzione di persone
che cercano asilo sta diventando
pratica corrente. Succede anche
che qualcuno venga espulso prima che una decisione finale sia
stata presa sul suo caso. Spesso,
la richiesta di asilo resta allo
studio per troppo tempo, mentre
l’interessato non ha diritto di
lavorare.
Su questi problemi si è svolto
recentemente un seminario ad
Amsterdam al quale hanno partecipato 50 rappresentanti di 30
organizzazioni di aiuto ai rifugiati assieme ai delegati di 10
paesi, dell’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati e del Consiglio d’Europa.
È stato tra l’altro raccomandato ai governi europei di considerare ogni caso di rifugiato con
obiettività e benvolere, e di accordare il diritto al lavoro già
durante l’istruzione dell’inchiesta
aiutandoli a sormontare i gravi problemi psicologici che derivano dalla situazione di esiliati.
Il seminario ha inoltre chiesto
che ogni caso sia esaminato individualmente, e si è deciso di mettere insieme una lista di esperti
in Europa che potrebbero essere
consultati sulle questioni relative all’asilo.
Emigrati in Germania
i discepoli di Moon
(Soepi) — I discepoli del coreano Moon trasferiscono il loro
centro europeo dall’Inghilterra
alla Germania. Sembra che questa decisione sia stata presa in
seguito ad un processo di diffamazione intentato dalla setta
contro il Daily Mail e perso.
Secondo gli osservatori, circa
40 responsabili a pieno tempo e
400 missionari si sono trasferiti
in Germania.
La Chiesa Evangelica della
Germania del Nord ha lanciato
una vigorosa azione di informazione per mettere in guardia contro la propaganda della setta.
Oltre alla « sottomissione disumanizzante deH’individuo » e la
distruzione dei legami sociali e
familiari, il Reverendo Moon sostiene un « anticomunismo fanatico » in vista di una terza guerra mondiale da lui giudicata
« buona ». Per questo, secondo i
responsabili della Chiesa di Germania è giustificato considerare
questa setta « politicamente pericolosa ».
Buone notìzie
dairEtiopia
(BIP) — « Sono stato molto
impressionato dalla vitalità spirituale della Chiesa Evangelica
d’Etiopia Mekane Yesu » ha dichiarato il pastore Cari Mau, segretario generale della Federazione Luterana Mondiale, al suo
ritorno da un viaggio in Etiopia
nel gennaio scorso.
Malgrado le numerose difficoltà che deve affrontare quella
Chiesa, i luterani etiopici non si
scoraggiano e sono pieni di slancio. Il segretario generale ha passato diversi giorni ad Addis Abeba ed ha potuto incontrare i responsabili della Mekane Yesu.
È convinto che il Governo etiopico non abbia alcuna ragione per
sospettare o per aver paura della Chiesa Mekane Yesu, che assume le sue responsabilità sociali nei confronti del paese e che
costituisce un elemento positivo
per l’insieme della società, in preda ad un cambiamento rivoluzionario.
Il processo contro i responsabili della Mekane Yesu previsto
dal 1" al 12 gennaio scorsi, si è
svolto presso il tribunale di Ambo il 5 febbraio. Dopo 3 ore di
udienza il processo è stato rimandato « sine die ».
istituzionale. Certo — non bisogna mai dimenticarlo — i documenti ecumenici sono, per la loro indole stessa, destinati a « non
piacere » alle varie chiese e confessioni, che non si vedono in essi confermate ma piuttosto messe in discussione. I documenti
ecumenici, compresi quelli di Lima, devono in qualche modo disturbarci, ci devono smuovere
dalle nostre confortevoli e rassicuranti posizioni confessionali. Il
problema però è di sapere in quale direzione essi ci sospingono.
Se è la direzione di una maggiore autenticità cristiana, va bene,
è quello che ci vuole. In fondo
al movimento ecumenico non
chiediamo altro se non una spinta energica a essere cristiani e
chiese più autentiche. Ed è proprio dal movimento ecumenico
che abbiamo imparato che per
diventare più autentica una fede
dev’essere: a) più o meglio radicata nella Bibbia; b) più universale nel senso del collegamento
fraterno e solidale con tutte le
chiese; c) più coinvolta nei problemi e in generale nella condizione dell’uomo e del mondo di
oggi. Ma purtroppo, proprio questi tre criteri di maggiore autenticità, anche se sono presenti nei
documenti di Lima, non sembrano determinarne né il contenuto
né l’orientamento. Infatti
a) il terreno preferenziale di
convergenza ecumenica non sembra essere la Sacra Scrittura ma
piuttosto la tradizione antica,
quella della cosiddetta chiesa indivisa. Non che la Bibbia venga
negletta o apertamente contraddetta, ma la sua autorità non è
ritenuta decisiva. Si potrebbe dire che ha un’autorità iniziale ma
non finale. Le conseguenze si fanno sentire anche e proprio sulla
comprensione dell’unità cristiana: all’unità della chiesa apostolica, straordinariamente ricca, articolata, multiforme, e quindi viva e feconda, si preferisce l’unità
già ben strutturata sul piano istituzionale, rigidamente ordinata
sul piano dei ministeri, e purtroppo ormai gerarchizzata della chiesa antica.
b) L’universalità della fede,
nei documenti di Lima, viene
strettamente collegata al ministero, definito « centro focale dell’unità ». Sarebbe stato preferibile centrare il discorso direttamente sulle chiese locali, insistendo sulla necessità che esse
si mettano in contatto tra loro
e, per così dire, si universalizzino
le une nelle altre. Sul piano istituzionale, poi, la struttura che
più e meglio di ogni altra esprime da sempre l’universalità della
chiesa non è un ministero ma un
concilio veramente universale.
c) La condizione dell’uomo e
del mondo d’oggi traspare poco
dai documenti BEM. L’ottica in
cui sono stati pensati e scritti è
molto ecclesiastica e, per di più,
di una chiesa ancora largamente
eurocentrica: si è tenuto poco
conto dei contesti culturali africani ed asiatici in cui il puro e
semplice trapianto del cristianesimo — nato e affermatosi nell’area culturale mediterranea —
crea non pochi problemi. A titolo
di esempio ne menzioniamo uno,
senz’altro minore ma ugualmente
significativo: in certi paesi africani, il pane e il vino (gli elementi della Cena) sono cibo e bevanda esclusivamente dei ricchi. Che
cosa significa qui fedeltà alla testimonianza biblica? Non potrebbe, al limite, significare proprio
la rinuncia, in quei paesi, a celebrare la Cena col pane e col
vino, utilizzando un cibo e una
bevanda locali, che siano davvero
comuni e quotidiani per tutti?
Ma allora appare evidente che
per trasfondere l’Evangelo in
certi contesti culturali e sociali
non basta tradurre la Bibbia nei
linguaggi indigeni, occorre anche
« tradurre » tutto un apparato
concettuale e, in certi casi, gli
stessi segni sacramentali. C’è chi
si chiede, non senza apprensioni:
dove porterà questa strada?
Esaminare ogni cosa
e ritenere il bene
Tornando ai documenti BEM,
essi meritano, al di là delle riserve qui espresse, grande attenzione da parte delle nostre chiese
e una lettura non prevenuta,
evangelicamente libera, nel senso indicato dail’apostolo Paolo:
« Esaminate ogni cosa e ritenete
il bene» (I Tess. 5: 21). I documenti BEM — non va dimenticato — sono una primizia; dopo
secoli di concezioni e prassi cristiane diverse, spesso opposte,
talvolta contrapposte su battesimo, eucaristia e ministero, i testi di Lima, pur non rappresentando un consenso raggiunto, costituiscono ormai un punto di
riferimento comune a tutte le
chiese e una comune base di discussione. Essi saranno certamente molto utili per allargare
il nostro (sempre troppo angusto) orizzonte ecumenico e per
ripensare — criticamente, se necessario — le nostre particolari
tradizioni confessionali (o denominazionali) nel contesto più ampio delle altre, tradizioni cristiane.
D’altra parte, l’esigenza eeumenica non può sostituirsi all’esi
genza evangelica. La nostra piena lealtà (piena anche di gratitudine e gioia profonda) nei confronti del movimento ecumenico
non può rendere facoltativo o elastico il nostro rapporto con la
Bibbia, sorgente primaria e norma ultima della nostra fede e
della nostra vita. La posta in gio.
co è appunto l’autenticità e — in
fin dei conti — la verità stessa
del nostro cristianesimo.
Ora i testi di Lima sembrano
orientati più verso un accordo
tra le diverse tradizioni cristiane
che verso una loro rifondazione
a partire dalla Sacra Scrittura
da un lato e dalle sfide che l’uomo e il mondo d’oggi pongono
alla fede dall’altro. In questo
quadro, è pressoché inevitabile
che l’accordo venga cercato nella linea della tradizione più sicura e delle strutture (ministeriali
e istituzionali) più solide e storicamente meglio collaudate —
quelle che in fin dei conti si sono
affermate, in particolare nell’ambito della chiesa antica ancora
indivisa.
Se il processo di unità della
chiesa si muoverà nella direzione
additata dai documenti BEM, si
può temere che il cammino verso l’unità avverrà più nel segno
della tradizione che in quello del
rinnovamento. Sarà — per dirla
in breve — un’unità senza riforma. Cioè una vittoria della chiesa più che dell’Evangelo.
,, , Paolo Ricca
f3 - Fine)
I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Per ora è un progetto
Con le sole eccezioni del periodo sinodale e delle ricorrenti discussioni su Intese e Concordato, la presenza protestante
nella stampa italiana è sostanzialmente limitata alle attività
ecumeniche interne e internazionali. Per quelle internazionali
tiene ancora banco la preparazione della prossima visita del
papa in Inghilterra. I giornali
del 2 marzo davano notizia di
uno « storico » accordo raggiunto tra Roma e Canterbury per
una sorta di integrazione tra
Chiesa Cattolica e Chiesa Anglicana, basata su di un riconoscimento della funzione unitaria
del papato. Successive notizie
hanno informato sulle violente
reazioni delle chiese protestanti
(e di parte di quella anglicana)
a questa notizia, che è stata poi
ridotta da « annuncio storico » a
« progetto » non ancora approvato dalle due parti. Sarà certo
interessante vedere come e in
che forme la visita del papa in
Inghilterra riuscirà a chiarire le
cose.
Sul piano interno la stampa
cattolica dà sempre spazio ai
contatti che in vari luoghi sono
ormai istituzionalizzati tra cattolici e protestanti. Non mancano tuttavia i difensori di una
concezione cattolica ante-concilio polemicamente antiprotestante, per la quale spezza periodiche lance sul Gazzettino don Innocenti, secondo cui capitalismo
e marxismo sono ambedue direttamente o indirettamente pericolosi figli del protestantesimo.
Ma non manca neppure, almeno sulla stampa di Milano, la
sottolineatura della visita che
l’arcivescovo della città, mons.
Martini, ha reso a quel Centro
Culturale Protestante, accettando di confrontarsi col prof. Paolo Ricca, della Facoltà teologica
valdese, sul contenuto di una sua
lettera pastorale, significativamente intitolata « In principio :
La Parola », che invitava i fedeli ad uno studio diretto e personale della Bibbia, dì cui anche
il nostro giornale ha riferito lo
scorso numero. Manifestazione
riuscitissima, che ha indicato un
terreno nel quale un vero ecumenismo può trovare modo di
prosperare e fruttificare. Da notare che la prima iniziativa per
tale incontro è stata di parte
cattolica e che tutto lascia credere che altri analoghi incontri
potranno seguire.
Cenni di presenza protestante
appaiono in altre occasioni.
Una inchiesta del Corriere sull’insegnamento religioso nelle
scuole contiene dichiarazioni del
prof. Rodelli dell’A.L.R.I. che si
rifà alla visione protestante del
problema per giustificare la proposta di legge del CIDI, e quella di un gruppo di deputati, tendente ad una più libera regolamentazione in materia; nonché
dichiarazioni di Paola Benecchi,
che conferma la sua partecipazione critica di studentessa protestante alle lezioni di religione
del Liceo Parini di Milano.
L’Avvenire ricorda con simpatia la figura di Cullmann in occasione del suo 80” compleanno.
Il Gallo ospita un interessante articolo di A. Balletto su Karl
Barth, insistendo sulla « Centralità della Parola ».
E, infine, il noto regista L. Comencini, nel presentare sulla
Stampa il suo film « Cercasi Giesù », ricordando di essere stato
educato da sua madre nella « cultura protestante », cita fra le
fonti cui si è ispirato « la dichiarazione del Sinodo delle Chiese
Evangeliche », in cui ha visto l’invito ad una partecipazione di solidarietà umana al dramma non
solo di chi è ucciso, ma anche di
chi uccide.
Niso De Michelis
Riiiaraziamn i ¡pilori chp vorranno
inviarp ritagli p spfpìalazioni per questa rubri va a: Niso De Michelis, via S.
Marco 23 - 20Ì2Ì Milano.
9
2 aprile 1982
cronaca delle Valli 9
ALL’ULIVETO DI LUSERNA S. GIOVANNI
Stress e vecchie strutture
La prima
e Vultima
volta
«...Mi resi conto che non mi era
accaduto nulla: avevo raggiunto
la vetta dell’iniziazione religiosa,
avevo atteso che accadesse non
sapevo bene che cosa, e invece
non era successo proprio niente.
Sapevo che Dio poteva farmi cose meravigliose, cose di fiamma..., ma in questa cerimonia
non vi era stato alcun segno di
Dio, almeno per me, in ogni caso. Certo, se ne era parlato molto, ma non erano state che parole e niente più. Nelle altre persone non avevo notato alcun indizio di quella immensa disperazione, di quella soverchiante ebbrezza, di quella profusione di
grazia che secondo me costituiva l’essenza di Dio. Non avevo
notato alcun segno di ’communio', di ’unione’, di diventare
’uno con...’. Con chi?
...D’altra parte era chiaro che
Gesù, l’uomo, aveva avuto a che
fare con Dio: aveva disperato
nell’orto di Getsemani e sulla
croce, dopo aver insegnato che
Dio era un padre dolce e amorevole. Anch’egli, quindi, doveva
aver visto la terribilità di Dio.
Potevo capire ciò, ma qual era
10 scopo di quella misera funzione commemorativa con quel pane sciapo e quel vino inacidito?
A poco a poco compresi che la
Comunione era stata per me una
esperienza nefasta... La chiesa
era un luogo in cui non dovevo
più andare. Là per me non c’era
vita, ma morte ».
Questi ricordi di Karl G. Jung
relativi al giorno della sua confermazione in una chiesa protestante, di cui il padre era pastore, mi tornano in mente mentre
ci avviciniamo al tempo delle
confermazioni. Possono cambiare le motivazioni storico-sociali e
umane che producono lo "svuotamento” delle nostre chiese, ma
11 fatto in sé rimane. « In ’comunione’ con chi? », si chiedeva
Jung. « In ’comunione’ con chi? »,
mi domando ancora io.
« Là per me non c’era vita, ma
morte ». E’ una grave affermazione, ma Jung l’ha sentita e vissuta e sofferta fino in fondo. Ed
è proprio questo che noi dobbiamo combattere. Nelle nostre
chiese, forse, oggi continua ad
esserci ’quella’ morte. Non sappiamo più, come comunità, amare ed essere fratelli, cooperare e
collaborare nell’amore. Siamo
soli, individui isolati che, con diverse motivazioni, abbandoniamo sempre più il nostro impegno di cristiani.
La chiesa è vita, è speranza, è
risurrezione. Ma questo lo ricordiamo solo nei momenti della
fossilizzazione dei riti, delle cerimonie esteriori, lasciando comunque l’individuo .solo.
Per chi non c’è, per chi "manca’, forse veramente la chiesa è
morte; forse è mancata la "fiamma" attesa da Jung nel momento della Comunione; forse la società stessa, che ci obbliga a correre sempre di più, dimenticando l’altro. Vita allontanato. Forse noi, comunità, non abbiamo
dato e non .sappiamo più dare
questa gioia, perché forse manca,
anche dentro di noi, e anche noi
siamo "morte” e non "vita”.
Simonetta Cohicci Rihet
« C. ha dormito sino alle 23
poi si è svegliato ed ha urlato
tutta la notte battendo contro il
muro, ha fatto la popò nel mezzo della stanza e continuava ad
urlare... ». E’ una annotazione
scelta a caso tra tante scritte
che compaiono sul registro degli assistenti notturni all’Istituto Uliveto di Luserna San Giovanni. « Da quando l’Istituto ha
cominciato ad accogliere handicappati gravi — mi spiega una
infermiera che vuole restare anonima — il nostro lavoro è diventato molto più stressante. Oggi, su quattordici minori che
ospitiamo in questo Istituto metà sono realmente gravi e, almeno per loro, ci vorrebbe più personale, forse anche meglio qualificato dal punto di vista della
preparazione tecnica ».
Un’educatrice che da otto anni lavora all’Uliveto (« prendo
600 mila lire al mese per otto
ore e lavoro anche a Natale e a
Pasqua... ») confessa che quando alla sera rientra a casa è ’distrutta’ ; « è un lavoro estrema
mente logorante, bisogna esserci portati, ma si possono avere
degli ottimi risultati, dei miglioramenti visibili. Certo che le
strutture di questo Istituto non
sono adatte per handicappati
gravi, bisognerebbe fare dei lavori di risistemazione». Tutto
negativo? Secondo Tarditi, giovane neurologo e fisiatra della
Comunità Montana Val Pellice,
questo Istituto presenta indubbi vantaggi : « Intanto è piccolo,
ha pochi utenti, oggi divisi tra
sette ragazzi handicappati gravi
e sette meno gravi, è ben situato nella natura ed ha un personale all’altezza del compito ».
Tant’è, la deistituzionalizzazione deve necessariamente arrendersi di fronte a casi di handicappati gravi. Essi vanno seguiti
24 ore su 24. Perciò, appunto, soltanto un Istituto con spazi appositamente studiati e personale preparato può non solo
intrattenere i minori-gravi ma
aiutarli nel pur parziale sviluppo intellettivo e fisico.
Parliamo di tutti questi pro
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COMUNICATO
Sono aperte presso la Segreteria le preiscrizioni per i seguenti corsi :
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con corsi sperimentali di lingua Francese, Inglese e Tedesca
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TITOLO DI AMMISSIONE;
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DURATA DEGLI STUDI:
Cinque anni
TITOLO CONSEGUITO:
Diploma di maturità linguistica
POSSIBILITÀ' DI IMPIEGO:
presso enti, uffici, aziende e tutte quelle
attività che hanno rapporti in campo
internazionale
PROSEGUIMENTO DEGLI STUDI:
Accesso a qualsiasi Facoltà Universitaria
MATERIE E ORE SETTIMANALI DI INSEGNAMENTO:
classi : 1 II IN IV V
Religione 1 1 1 1 1
Lingua e Lettere italiane 4 4 4 4 4
Latino 3 3 — — —
Storia delTArte 1 1 1 1 1
Storia, Educazione civica, Geografìa (solo 1 e II) 3 3 2 2 2
Filosofia, Psicologia, Sociologia — — 3 3 3
Prima Lingua Straniera 5 5 5 5 5
Seconda Lingua Straniera 6 6 5 5 5
Matematica, Fisica 3 3 3 3 3
Scienze naturali e Geografìa generale ed economica — — 2 2 2
Materia opzionale * — — 2 2 2
Educazione fisica 2 2 2 2 2
28 28 30 30 30
'da scegliere fra le sottoindicate:
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blemi con il personale dell’Uliveto alla vigilia del suo incontro con il Comitato (presidente.
Bruno Mathieu) che ’governa’
l’Istituto e che è nominato direttamente dalla Tavola Valdese.
Sul tappeto c’è il problema del
rinnovo del contratto che coincide con la scadenza della convenzione che regolava i rapporti tra la Provincia e l’Istituto. A
titolo di cronaca, ricordo che
l’Uliveto fu inaugurato nel novembre del 1964 per ospitare minori handicappati. Allora era
una struttura dipendente dall’ospedale valdese di Torino. Oggi, l’Uliveto conserva una sua
precisa autonomia giuridico-amministrativa, riceve dalla Provincia il pagamento delle rette per
i minori ospitati mentre rimane
a carico della Tavola Valdese il
rinnovo delle strutture, le continue migliorie dello stabile e gli
impianti. « Rendiamoci conto —
denuncia una giovane educatrice — che qui la Provincia paga
poco: siamo gli ultimi della graduatoria. So di certi Istituti di
questo genere gestiti dai preti
dove le rette sono molto più alte.
Non è giusto che ci siano due
metri e due misure».
Il personale ha voglia di discutere, alcuni sono iscritti al sindacato (due alla CGIL e tre alla CISL) e la maggioranza di
loro è valdese. « Per noi — confessa la signora Fornerone — il
Comitato non è certo il padrone: ma dobbiamo avere un visà-vis, una controparte con cui
discutere a fondo per risolvere
i nostri problemi. Molto dipenderà dal tipo di convenzione che
l’Istituto — grazie al lavoro del
Comitato — riuscirà ad ottenere
in Provincia ».
All’ordine del giorno, come
questioni urgenti, vi sono almeno tre punti: aumento del personale, miglioramento dei livelli
retributivi, adeguamento delle
strutture dell’edificio alle nuove
esigenze dettate dalla presenza
di handicappati gravi. Di fronte
a questi problemi come reagiscono le nostre chiese? Sembra
che dopo il grido d’allarme lanciato lo scorso anno in Conferenza Distrettuale, alcune cose,
sul piano strettamente ecclesiastico, si stiano muovendo. Oltre
alla comunità di Luserna San
Giovanni i valdesi di Pinerolo e
San Secondo hanno cominciato
a guardare all’Istituto con maggior attenzione. ^Alcuni volontari vi hanno lavorato. E c’è posto
anche per futuri obiettori di coscienza che desiderino aiutare
chi è realmente sfortunato nella
vita. G. Platone
Sabato 3 aprile
□ TELEPINEROLO
CANALE 56
Alle ore 18.55 va in orrda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Franco Davite e Attilio Fornerone).
■Questo numero è dedicato alla presentazione del « Centro Emmanuel » di
Colonia Vaidense.
_______Domenica 4 aprile_________
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.45: Culto Evangelico a
cura delle Chiese Valdesi del II Circuito.
Sabato 17 aprile
Domenica 18 aprile
□ CONVEGNO
FGEI VALLI
La FGEI-Valli organizza presso il Convitto di Villar Perosa un convegno sul
tema « La crisi negli anni 80 ».
Il convegno che ha un carattere informativo analizzerà la situazione di crisi che ha colpito il nostro paese ed in
particolare il Piemonte.
Il convegno ha il seguente programma.
SABATO
ore 16.30: inizio convegno con la Relazione di Marco Revelli sul tema; «Caratteristiche delia crisi degli anni '80 »;
ore 19.30: Cena;
ore 21: Film sui 35 giorni di lotta alla FIAT.
DOMENICA
ore 10; Culto con la comunità di
Villar Perosa;
ore 12: Pranzo;
ore 14: Intervento su . Un caso concreto di crisi aziendale: la FIAT di
Villar Perosa ».
ore 18: Chiusura,
Teatro
LUSERNA S. GIOVANNI — il Centro
Culturale Progett(a)zione organizza per
il 3 aprile al Teatro Santa Croce di Luserna uno spettacolo incentrato sull’argomento nucleare. Il lavoro « Dies
Irae », sarà replicato domenica 4 e i
sabati 10 e 17 alle ore 20.30.
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10
10 cronaca delle Valli
2 aprile 1982
LA RICERCA DIFFICILE DEL POSTO DI LAVORO
Operai in “mobilità esterna”
Anche nel pinerolese ha iniziato a funzionare pur con molti
problemi la « mobilità esterna »,
così come sancito nell’accordo
del 18.10.1980 tra FIAT e P.L.M.,
accordo che concluse la travagliata e sconfitta lotta dei « 35
giorni » portata avanti dagli operai FIAT nell’autunno 1980.
Nel dicembre 1981 è stata poi
definitivamente regolamentata la
mobilità, arrivando così alla messa in mobilità esterna di 7.500 lavoratori FIAT del Piemonte.
Questi lavoratori sono Stati suddivisi nei vari uffici di collocamento del Piemonte a seconda
del comune di residenza. E’ stata anche stabilita una « armonizzazione » con la lista ordinaria del collocamento in modo che
ogni 4 richieste numeriche che
arrivano al collocamento, 3 vanno alla lista ordinaria dei disoccupati e una alla lista di mobilità esterna.
Sono evidenti i problemi che
questo pone nei rapporti con i
disoccupati, perché nei fatti i lavoratori in mobilità tolgono posti di lavoro ai disoccupati. Pensiamo che vadano evitate le
«guerre tra i poveri» per spartirsi i pochi posti di lavoro disponibili e che invece vadano fatte
battaglie serie per l’occupazione.
che producano nuovi posti di lavoro e una decisa riduzione di
orario nelle fabbriche, battaglie
che devono vedere uniti i disoccupati, i cassaintegrati e i lavoratori dentro le fabbriche.
Per venire al funzionamento
della mobilità ci sembra che i
problemi più grossi siano:
— L’equivalenza del posto di
lavoro offerto. Negli accordi prima citati è infatti previsto che
vi sia una equivalenza tra il posto di lavoro occupato prima di
essere messo in mobilità e il posto di lavoro offerto. Però la
maggioranza delle offerte che
sono arrivate finora ai lavoratori in mobilità riguardano aziende sotto i 15 dipendenti (dove
non viene applicato lo statuto
dei lavoratori), lavori a tempo
parziale (in genere 4 ore al giorno) o lavori a tempo determinato.
E’ evidente che questi posti di
lavoro non hanno alcuna equivalenza con un posto di lavoro alla FIAT, per cui i lavoratori giustamente rifiutano queste offerte.
— Il tempo che ha il lavoratore per prendere la decisione rispetto al posto offerto è troppo
breve. Infatti quando un lavora
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tore viene convocato dal collocamento ha solo pochi minuti per
decidere se accettare o no l’offerta. Decidere in 10 minuti se
accettare un posto di lavoro
senza sapere esattamente cosa
sarà e senza potersi consultare
con i propri familiari è molto
diffìcile, per cui il lavoratore
può sentirsi spinto a rifiutare in
ogni caso. Per questo come coordinamento cassaintegrati piemontese abbiamo proposto che
il lavoratore venga informato
alcuni giorni prima sul posto che
gli viene offerto e che in ogni caso possa tornare in lista se rifiuta il posto di lavoro durante la
prova.
Nel pinerolese sono già stati
rifiutati una serie di posti di lavoro perché non avevano i requisiti di equivalenza sopra
esposti (aziende sotto i 15 dipendenti, lavori a tempo parziale, lavori a termine). L’unica offerta di lavoro che aveva tutte
le caratteristiche richieste dagli
accordi riguardava la Microtecnica di Luserna ; in questo caso
l’operaia che era prima nella
graduatoria della lista di mobilità ha regolarmente accettato
il posto, l’azienda non l’ha però
accettata perché non possedeva
i requisiti richiesti. Al di là di
questo caso che andrà risolto in
sede di commissione di controllo del collocamento, ancora nessun lavoratore è stato collocato.
E il motivo è lampante a tutti:
la disoccupazione non è una finzione, i posti di lavoro mancano
sul serio.
Coordinamento Cassaintegrati
FIAT del Pinerolese
Errata corrige
Nellartioolo sullo « Stile Valdese »
(v. L'Eco, 23.6 n. 13) invece di Lina
Conte si deve leggere LINDA CENA.
Chiedo scusa per questo errore.
G.A.C.
QUALE
FEMMINISMO?
Caro direttore,
spero di non dare l'impressione di
voler suscitare polemiche su cose che
non mi competono, ma avrei alcune perplessità da esternare circa i titoli che
compaiono a volte sul giornale e che,
credo, sono da attribuirsi alla redazione,
e non agli autori degli articoli.
Sorvolando sull'infelice « Il Moderatore a colloquio coi bambini » (n. 10/
5,3), vorrei riferirmi in particolare a
quei titoli che sembrano collegarsi
ai contenuti, alle tematiche ed alle lotte del movimento delle donne, o comunque a questioni inerenti il femminismo. (Nel paese della mamma: 51/
18.12; La condizione della donna: 8/19.2;
La condizione femminile alle valli: madre e figlia: 12/19.3; Maternità e femminismo; 13/25.3).
Da questa serie di titoli si deve supporre che il giornale abbia deciso di dedicare uno spazio apposito alla discussione di queste tematiche (diverse, per
certi aspetti, dalla tematica « Donne e
chiesa » sviluppata con interventi a
più voci e rispecchiante posizioni a
volte molto differenti fra di loro ma
dibattute comunque all'interno delle nostre comunità). Siccome noto che l'attenzione al contenuto ed al linguaggio
degli . articoli è sempre, giustamente,
molto rigorosa da parte della redazione quando si tratta di teologia, di politica, di critica biblica, di etica ecc.,
vorrei chiedere quale è la linea che
si intende seguire a proposito dell'argomento di cui parlavo prima.
Se il giornale ha deciso di aprire uno
spazio per gli interventi personali circa il modo (ad esempio) con cui è
stato vissuto il parto da ognuna di noi,
o se ha deciso di pubblicare ogni tanto
delle » vicende di vita vissuta » per dare
spazio a chi si fa strada nel mondo della letteratura, per me va benissimo. In
tal caso penso che ci dovrebbe essere
una rubrica apposita. Se invece, come
credo, anche sul movimento di liberazione della donna e sui contenuti politici e culturali che ha prodotto, il giornale vuole manifestare un certo rigore
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nella scelta del materiale da presentare ai lettori, penso che gli articoli che
ho citato prima avrebbero dovuto essere pubblicati con titoli diversi, almeno
per quel che riguarda le « interviste ».
Quale ipotesi sta dietro alla pubblicazione di queste interviste? Perché legare la produzione letteraria dell'autrice alla « condizione della donna alle valli »?
Vorrei che fosse chiaro che io non
ho nulla contro Edi Morini, ma che ho
invece delle perplessità sullo spazio
che in questo modo viene dato dal
giornale alla questione femminile.
Graziella Tron Lami, Pinasca
IL FASCISMO:
UN IDEALE?
Sig. Direttore,
in merito all'articolo » Il glovin fascista » a pagina 9 de « La Luce » n. 12
del 19 marzo 1982, desidero fare alcune osservazioni a riguardo.
Considerato che il nostro settimanale è prettamente dedito al culto cristiano ed a tutte le informazioni di carattere religioso, non sarebbe il caso ohe,
dopo tanti anni, si terminasse finalmente di rievocare sempre in chiave polemica il trascorso ventennio fascista?
Sono un anziano valdese di 60 anni. Nel
periodo fascista sono stato anch'io, come la maggior parte degli italiani, balilla; avanguardista; giovane fascista.
Sono rimasto fedele a quella Idea perché ho sempre amato la mia Italia;
sono stato combattente per trentacinque mesi nell'ultimo conflitto mondiale,
anche se quella guerra è stata, a detta di tanti storici improvvisati, una
guerra vinta e non voluta. Noi abbiamo
servito la Patria con tutto l'ardore dei
nostri venti anni. Ai nostri tempi regnava l'armonia verso le cose belle ed
oneste; v'era ordine e... moralità! Non
imperava, purtroppo, il brigatismo. Il
ladrocinio, la droga e la vigliaccheria.
Questa è la pura verità!
Ricordiamoci piuttosto, noi che ci
ritenianio cristiani, che anche quelli
che un tempo sono stati fascisti e che
oggi credono ancora nel loro ideale,
che siamo tutti fratelli in Cristo Gesù,
nostro unico Signore e Salvatore.
La ringrazio e Le invio i miei più cordiali e fraterni saluti.
Giovanni Petti, Larino (GB)
NE’ DENIGRATORI
NE’ CELEBRATIVI
Rispondo alla lettera dell'assessore
di Ferrerò, Gianrii Martin, pubblicata sul
numero del 19 marzo.
Evidentemente l’assessore ha incominciato a leggere l’Eco delle Valli soltanto dal primo febbraio: se infatti avesse sfogliato i numeri precedenti
avrebbe trovato una serie di articoli
(non particolarmente celebrativi, lo ammetto, ma neppure denigratori) sulle
opere pubbliche progettate o in corso
di esecuzione nel Comune di Ferrerò.
Per quanto riguarda il trafiletto che
ha suscitato la reazione dell'assessore,
esso riassume con sufficiente esattezza la discussione che si è svolta nella
seduta del Consiglio dell’ll febbraio. È
compito degli amministratori e non certo dei corrispondenti di un settirfianale
convincere la popolazione deirutilità di
certe opere pubbliche e trovare i fondi
per realizzarle.
Se la Giunta di Ferrerò organizzerà
una assemblea pubblica per discutere di
questi problemi, l’informazione verrà
fornita nel modo più corretto e la popolazione sarà in grado di valutare direttamente se I settimanali locali raccontano fandonie o dicono la verità.
Liliana Viglielmo, Ferrerò
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PINEROLO
11
2 aprile 1982
cronaca delle Valli 11
PRESENTATO A PINEROLO UN DRAMMA SACRO MEDIOEVALE DOnÌ ECO-LUCe
Rappresentazione di ccNolite timere»
Da un lato la corte di Erode,
le cose temporali, il peccato; dall'altro la montagna e la grotta di
Betlehem, gli angeli, Teternità, la
Grazia. In mezzo, Itmgo l'asse
centrale della Chiesa, si svolge
gran parte dell’azione scenica
con i pastori, i magi, i fanciulli
innocenti.
A dare il volto ai personaggi
della storia biblica, nella suggestiva cornice della Chiesa di S.
Maurizio sono i 50 componenti
della corale polifonica pinerolese « Turba concinens », il gruppo
di cantori del Civico Istituto Musicale « A. Gorelli » che, come ci
dice il direttore Pier Giorgio Bonino, hanno lavorato per oltre un
anno a questa rappresentazione
anche per dimostrare che « la
musica importante può essere
fatta benissimo da non professionisti ».
Nel gruppo ci sono infatti insegnanti, studenti, medici, impie
gati, operai, ed anche un gruppo
di bambini: li unisce la passione
musicale, in modo particolare
quella per il canto gregoriano. La
musica ed il canto sono in effetti gli elementi portanti della
rappresentazione, con quelle melodie aleggianti tra la fede e
l’amore, colme a tratti di severa
gravità, altre volte fresche, dolcissime e scintillanti.
« Nolite timere », questo è il titolo del dramma liturgico medioevale andato in scena per la
prima volta sabato sera a Pinerolo, è tratto dai manoscritti «La
rappresentazione di Erode » e
« La strage degli Innocenti »:
scritti da un anonimo monaco
del monastero di St. Benoît presso Fleury, nella Francia settentrionale, si ispirano agli episodi
biblici di Matteo e Luca. Il testo,
che risale alla metà dell’XI secolo, si avvale peraltro di personaggi e situazioni attinte dai van
geli apocrifi, daU’Apocalisse, dalla liturgia dei Santi.
« E’ la cultura medioevale tutta — scrive il Bonino nella presentazione dello spettacolo — che
occupa giustamente ogni angolo
di un testo letterario e musicale
di sicuro prestigio, adatto, prima che al popolo, alla comunità
del monastero ». Non si tratta
perciò di un dramma autenticamente popolare — il testo è in
latino, e dunque in lingua dotta
— anche se, come lo stesso Bonino fa osservare: « non stupisce
di sentir cantare dai magi una
melodia ancor oggi presente nel
canto popolare occitano e piemontese, e di scoprire un discorso poetico talmente universale da
rendere ancor bene attuali, dopo
otto secoli, alcuni episodi come
quello del pianto di Rachele sui
figli morti per mano di un potere ottuso e violento i>.
E i molti attori, ben guidati dal
giovane regista Federico Vallillo
che ha curato anche le scene e i
costumi, non hanno alcuna difficoltà a calarsi nelle vesti dei diversi personaggi: ricordiamo,
per tutti, Elena Martin nella parte deirArcangelo e Sheila Di Salvo, che dà una voce calda e drammatica a Rachele.
A quando la replica? « Non lo
so proprio — risponde Vallillo —.
Fino a un momento fa l’importante era di riuscire a mettere in
piedi questa rappresentazione.
Ora che ce l’abbiamo fatta vedremo come e quando riuscire a
riproporla ».
Il lungo e cordiale applauso
che ha accolto la fine della rappresentazione è un incoraggiamento a proseguire: non fosse
altro per giustificare i milioni
che, col concorso del Comune di
Pinerolo, sono stati spesi per
l’allestimento dello spettacolo.
Jean-LouIs Sappé
Cara magna Linota,
più che una risposta, io ti chiederei semplicemente la pubblicazione di questa mia lettera. Per
mezzo tuo, avrei una piccola richiesta da presentare sia alla
RAI, sia alle reti private, radiofoniche e televisive. In occasione
dell'anno dell'anziano, per favore, programmate meno tavole
rotonde sui problemi di noi vecchi, o trasmissioni di “animatori" che vorrebbero indurci a fare dei giochetti scemi o a costruire con il « Fatelo da soli »
delle mostruosità con cui ingombrare il nostro alloggio e quello
dei vicini (fantocci fatti con le
bottiglie vuote, orrende cornici
ad intaglio e così via dicendo).
Quel tempo che gentilmente volete dedicarci a modo vostro,
occupatelo invece con programmi che rispettino i nostri gusti
(e che potrebbero anche non dispiacere a gente meno anziana,
che invece non ha nessuna voglia di ascoltare discussioni sui
vecchi).
Dateci, per pietà, almeno un
giorno alla settimana dei dischi
che non ci rovinino le orecchie
con urla e miagolii, e che, classici o popolari. Siano possibilmente in italiano; dateci qualche
film garbato e divertente, senza
bisogno di parolacce e di sederi
in mostra. Che cosa volete farci?
Invece di farci ridere, ci mette
malinconia tutta quella carne
umana messa in vetrina, come,
dal pizzicagnolo, quelle povere
teste di maiale cotto col ramoscello d’alloro in bocca. Dateci
pure anche qualcosa che aiuti a
riflettere, ma essere seri non
vuol mica dire diventare matti o
aspiranti suicidi: invece i film
“impegnati” sono tutti così tragici, cupi e incomprensibili! In
questi momenti di « trasmissione riposante per anziani » vorrei
che anche le sigle stessero ferme
o si muovessero ad un ritmo meno forsennato, senza lueine che
si accendono e si spengono, o figure che continuano ad avvicinarsi e ad allontanarsi fino a darti il mal di mare (questo vale
anche per la sigla di « Protestantesimo»). Santo cielo! Il mondo
non è ancora tutto ridotto ad
una discoteca!
La nostra riconoscenza sarebbe poi sconfinata, se riusciste
anche a non rallegrarci proprio
l'ora dei pasti con la pubblicità
ad assorbenti per tutte le età,
detersivi che ripuliscono colletti
repellenti d'untume, vasi da gabinetto e simili aperitivi. Vi illudete davvero che sia questo il
sistema migliore per acquistar
clienti?
E con questo ti saluto, sperando che tu mi dia ragione e ringraziando per l’eventuale pubblicazione.
Carlo Sgro
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Caro signore, fino a poco tempo fa ero quasi completamente
d’accordo con lei, e mi faceva
rabbia questa specie di gara per
il primato delle trasmissioni
sgradevoli. Da poco ho invece
scoperto, quasi per caso, perché
se ne parla pochissimo, la rete
tre. I suoi giornali radio sono
molto più brevi e chiari, danno
soprattutto notizie e lasciano
pochissimo posto per le chiacchiere dei personaggi più o meno importanti. Moltissimo tempo è dedicato alla musica classica e c’è un gentile signore che,
prima e dopo ogni pezzo, parla
deH’autore, dell’opera, degli esecutori e commenta anche i loro
pregi e difetti in un modo così
chiaro che si fa seguire anche
dalla gente come me che di musica ne capisce poco o niente.
Così, oltre a godersi meglio la
musica, si impara anche qualcosa.
Un’altra parte che mi piace è
la lettura dei giornali del mattino, fatta ogni settimana da un
giornalista diverso. Qualche volta ci sono i corrispondenti di
giornali stranieri ed è ancora più
interessante sentire il parere di
persone che ci guardano da fuori. Poi c’è una mezz’ora in cui
tutti gli ascoltatori possono telefonare domande sui fatti del
giorno appena commentati. E’
vero che molti, invece di chiedere qualcosa in poche parole, approfittano dell’occasione per fare una conferenza, ma a me piace vedere che la gente qualsiasi
si interessa a quel che succede,
cerca di capire e ha la possibilità di dire quel che pensa.
In ogni caso, anche se qualcosa di adatto anche a noi anziani
c’è già, firmo anch’io la sua lettera: si potrebbe fare di più, e
soprattutto non fare alcune delle cose che ci sono adesso.
Magna Linnta
Le lettere a Magna Linota, vanno indirizzate a Eco delle Valli Valdesi, casella postale, 10066 Torre Pellice (To).
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Doni pervenuti nel mese di febbraio
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L. 77.500: Centro A, di S. Giovanni,
in mem. di Enrico Jourdan.
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di Roberto Allio (Roma).
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Lodi, le famiglie Lodi e Demartiis.
L. 200.000; Adele Rossi Marauda,
in mem. del marito Luigi Ugo Rossi.
L. 460.000: Direzione, Maestranze
RIV-SKF di Villar Perosa, porgono i
loro auguri per un XVII febbraio in fraterna armonia.
L. 1.000.000; Con profonda riconoscenza, in mem, di Guido Plavan.
L. 3.310.000; R. Kind dr. Carlo, in
mem. di H. Pelizzaro (Svizzera).
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L. 150.000; Unione Femminile Valdese
di Genova.
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L. 50.000: Mathieu Roberto, Torre Pellice; Schenone Emma e Pisani Noemi,
Genova, in mem. Schenone Federico,
L. 30.000: AIfmonda Rita, Genova.
L. 25.000: Biglione Eunice, Genova.
L. 10.000: Gente Emanuele e Margherita, Pomaretto; Meytre Maria ved. Peyran, Pomaretto, in mem. dei miei cari;
Buglione Rossi Luigia, Genova; Schenone Emma, Genova.
L. 5.000; Alimonda Rita, Genova; Falchi Velia, Genova.
L. 4.0C9: Cavo Ernesto, Genova.
Doni pervenuti nel mese di febbraio
L. 380.000: Direzione e maestranze
RIV-SKF di Villar Perosa in occasione
del 17 febbraio 1982.
L. 200.0D0: in memoria di Rossi Luigi,
la moglie Rossi Marauda Adele.
L. 121.000: Evelyn B. Godino, U.S.A.
L. 100.000: Amici di Giulia della Corale Valdese di Torino, in memoria di
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Udine; Attività Femminile Chiesa Evangelica Metodista — Torino: Peyrot
Emilio.
DONI DI L. 36.000
Pinerolo: Gay Marcella.
DONI DI L. 46.000
Genova: Rizzi Mario.
« Il Signore è il mio pastore...
ed io abiterò nella casa dell’Eterno per lunghi giorni ».
Il Signore ha chiamato a Sé il 23
Carmelo Mollica
Pastore Evangelico
Lo annunciano: la moglie Febe Giolitto, i figli Pino e Roberto, le nuore
Loide Grani e Magda Magro, i nipoti
Elei e Stefano, la sorella Lucia, nipoti
e cognati.
La famiglia ringrazia tutti coloro
che lo hanno curato, assistito ed amato.
Offerte in memoria all’Asilo Valdese
di Luserna S. Giovanni.
I funerali sono avvenuti il giorno
25 marzo alle ore 16 presso il Tempio
Valdese di Luserna S. Giovanni. La famìglia ringrazia coloro che vi hanno
partecipato.
RINGRAZIAMENTO
« Mon âme, bénis VÉternel, et
n’oublie aucun de ses bienfaits!»
(Psaume 103)
I figli, i nipoti e i pronipoti di
Grand’ Maman, ringraziano quanti hanno partecipato al loro dolore per la
scomparsa di
Angèle Maurer
ved. Rostan
ed esprìmono viva gratitudine alle Suore ed al Personale della Casa delle
Diaconesse, al Doti. Gardiol e ai Pastori che rhanno amorevolmente assistita.
Torre Pellice 23 marzo 1982
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsitisi
destinazione, preventivi a richiesta :
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino - tei. (011) 6270463 - 6272322.
S. GERMANO CHISONE, zona panoramica, vendonsì, anche frazionabili,
casa civile e rustico, con/senza terreni. Tel. 0121/81313.
USL 42 - VALLI
CHISONE-GERMANASGA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 4 APRILE 1982
Pinasca; FARMACIA BERTORELLO ■
- Via Nazionale, 29 - Tel. 51017,
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna; tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 4 APRILE 1982
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Lusema Alta ■ Tel. 90223.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.288.
USL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22654.
12
12 uomo e società
2 aprile 1982
NAPOLI
AMNESTY INTERNATIONAL
"Disarmare la camorra
II
Le chiese e altre forze che si muovono sul terreno ideale e morale
possono dare un contributo nella lotta aH’omertà e alla sopraffazione
Oggi a Napoli si vive una situazione simile a una guerra.
La causa di tutto ciò è la camorra, nella quale è in corso una
guerra fra bande rivali che ha
già prodotto oltre 500 morti fra
cutoliani, anti-cutoliani, poliziotti e cittadini che non c’entravano per niente; inoltre, parallelamente a\Vescalation degli omicidi, diventa ogni giorno più insopportabile il fardello di estorsioni e tangenti che la malavita
organizzata impone all’intera società napoletana. I tentacoli della camorra arrivano ormai dovunque; dalla possibile intermediazione fra DC e Brigate Rosse
per il pagamento del riscatto dell’assessore regionale Cirillo si
giunge, passando per il controllo del traiRco di droga e una
speculazione edilizia che neanche le ruspe del comune riescono ad arrestare, al taglieggiamento dei terremotati (tangenti
chieste agli abitanti dei villaggi
di containers in cambio della
« protezione » camorrista).
Sono state queste considerazioni a spingere il Comitato Campano per la Pace e il Disarmo a
tenere a Napoli il 17 marzo scorso un’assemblea pubblica sul tema « disarmare la camorra ». Il
Comitato è un organismo composto da movimenti di carattere
religioso o umanitario (aderiscono fra gli altri la FGEI campana
e il XIII circuito valdo-metodista); il suo approccio ai problemi riguarda quindi soprattutto
gli aspetti morali e ideali.
Questa impostazione, certamente non apolitica e nemmeno
anti-partitica, ma altrettanto certamente diversa da quella delle
forze politiche tradizionali, è
emersa anche nel corso dell’ultima manifestazione. A introdurla, infatti, non sono stati chiamati magistrati o sociologi, ma
Giuseppe Mattai, gesuita e docente alla Facoltà cattolica di
teologia di Napoli, e Marco Tullio Fiorio, sovrintendente del
XIII circuito. Se comunque l’assemblea ha visto una partecipazione che forse nemmeno gli organizzatori avrebbero sperato
(almeno duecento persone affol
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lavano il salone concesso dal Comune), ha anche mostrato come
molto ci sia ancora da fare per
costruire una cultura che porti
a spezzare il cerchio dell’omertà e a impegnarsi contro quella
sorta di legge della jungla che è
il primo e più velenoso frutto
della violenza camorrista.
Per esempio. Mattai, che in altre occasioni aveva parlato con
ben altra incisività di disarmo
e obiezione di coscienza, stavolta
non ha saputo andare oltre la
« lista dei peccati » che i camorristi commettono (omicidio, vendetta, furto, ecc.). Senz’altro meglio se l’è cavata Marco Fiorio,
che ha parlato del senso dell’intervento della FCEI nelle zone
terremotate e del lavoro in Sicilia, già negli anni ’60, del « profeta del nostro tempo » Tullio
Vinay. Gli stessi limiti sono
emersi nel corso del dibattito,
che ha dovuto registrare molti
interventi in cui alla bontà delle
intenzioni non riusciva ad aggiungersi altrettanta chiarezza di
idee. Si sono comunque cominciati a delineare alcuni elementi
di analisi, che possono essere
così riassunti: la camorra trova
oggi dinanzi a sé, nella migliore
delle ipotesi, istituzioni e giudici
che fanno il loro dovere; né le
une né gli altri, tuttavia, hanno
gli strumenti per intervenire a
livello delle coscienze, in modo
da sradicare quella cultura dell’interesse personale e del diritto
del più forte che è alla base dell’omertà e della possibilità per
le bande della delinquenza organizzata di reclutare sempre nuovi adepti (fonti giornalistiche calcolano in non meno di tremila
gli effettivi della camorra nel napoletano); in questa situazione
il contributo delle chiese e di altre forze che si muovono soprattutto sul terreno ideale e morale può, insieme alla rimozione
di svariate circostanze politiche
e sociali che ne hanno favorito
lo sviluppo, dare un contributo
importante alla trasformazione
della situazione attuale.
Non è molto, ma è solo un inizio. Alla fine dell’assemblea, inoltre, è stato approvato un documento-denuncia che sarà presentato nei prossimi giorni alle autorità cittadine e regionali. Neanche questo è un gran che, per
l’attenuazione, ottenuta da alcuni rappresentanti cattolici col
contributo decisivo di una presidenza capricciosa e prepotente, delle parti in cui si attaccavano le complicità che spesso
esistono fra istituzioni e camorra. In ogni modo, nonostante
tutti questi limiti, l’importante
era cominciare a muoversi; non
mancheranno in futuro le occasioni per correggere gli elementi di superficialità e di imprecisione che qua e là per il momento sono presenti in questa iniziativa.
Paolo Fiorio
Sospetto, tortura
(segue da pag. 1)
dei popoli, ma sempre come « deviazione » e in contesto di illegalità. Purtroppo però lo schema
dentro il quale veniva applicata
la tortura è ancora ben presente
nella nostra mentalità giuridica.
ROMA
Donne
per la pace
L’8 marzo il Movimento Internazionale della Riconciliazione
(MIR) ha distribuito un volantino a Roma in cui « donne di idee
religiose e politiche diverse »
esprimono la volontà di unirsi
« per costmire un futuro di pace ».
« Vogliamo educare alla pace,
dice il volantino, insegnare la
pace dalle elementari all’università, chiediamo un Ministero della Pace che in futuro possa sostituire il Ministero della Difesa
(cioè della guerra). Ci rifiutiarno
di far parte dell’Esercito, vogliamo studiare invece la difesa popolare nonviolenta che è già stata usata contro colpi di stato ed
e.sci citi di occupazione ».
In merito al servizio militare
femminile il MIR, insieme alle
donne del Movimento nonviolento, di Collettivi per la Pace,
alla Lega per l’Obiezione di Coscienza e altri gruppi, ha raccolto 10.000 firme di protesta contro il disegno di legge Lagorio
sul servizio militare femminile.
Ne dà notizia una lettera al ministro annunciando la consegna
delle firme alla presidente della
Camera lotti e al presidente
Pettini.
Uccisioni di massa
e atrocità commesse
nel Salvador
La logica che guidava la mentalità inquisitoriale partiva dal
sospetto. Si accomunavano azioni diverse, frasi dette in contesti diversi, li si univano in un
« unico progetto » che si presentava come un dato certo (oggi si
dice « fondati sospetti dell’autorità »).
Le colpe degli eretici e degli
inquisiti riguardavano l’obbedienza al sistema religioso e politico in vigore (per i gesuiti la
obbedienza era « perinde ac cadaver » = come un cadavere).
L’eretico era un deviante che
doveva essere ricondotto all’obbedienza attraverso la ritrattazione (oggi si dice « pentimento »
mentre allora era la « declaratio
(idei », la dichiarazione di fede
nei principi ortodossi) oppure la
condanna.
Significativo è il fatto che la
tortura dall’inizio fosse applicata principalmente contro i deviant! « politici » del tempo, gli
eretici, ed oggi continui ad essere praticata in molti paesi del
mondo nei confronti degli oppositori politici.
La nostra mentalità giuridica
rifiuta oggi che possa essere praticata legalmente la tortura, ma
non esce dallo schema secondo
cui nel campo della « devianza
politica » vige la legge del sospetto, delle misure di prevenzione, e della ricerca della « piena confessione ».
Oggi nelle democrazie occidentali occorre lottare ancora risolutamente contro il pericolo della pratica della tortura per tutelare il patto sociale che è alla
base della convivenza democratica tra gli uomini.
Un patto che non considera
devianti gli oppositori politici,
quando accettino le regole del
gioco, e che garantisca il dissenso come espressione di democrazia.
Giorgio GardioI
Amnesty International denunciando le sistematiche uccisioni
di massa e le torture da parte
delle forze governative in E1 Salvador, ha pubblicato oggi (martedì 9 marzo 1982) un elenco delle atrocità descrittegli da vittime
civili.
Fra le atrocità ripetutamente
denunciate da testimoni oculari
vi sono decapitazioni di civili
inermi, mutilazioni e il mitragliamento di donne e bambini da elicotteri militari.
Le descrizioni vennero pubblicate in un supplemento speciale
del notiziario di Amnesty International, un bollettino mensile
diffuso attraverso il movimento
internazionale per i diritti umani. Il supplemento si basa in gran
parte su testimonianze raccolte
da una missione di AI che ha visitato, lo scorso anno, i campi
per i profughi di E1 Salvador. Secondo il supplemento sembra esservi una programmata azione di
terrore, attuata dalle forze di sicurezza, contro i contadini salvadoregni in alcune zone.
Sebbene le testimonianze raccolte dalla missione riguardassero il periodo fino allo scorso agosto, il notiziario faceva notare
che uccisioni e torture sistematiche continuano ancora. 'Venivano
citati particolari sulle « sparizioni » e uccisioni verificatesi fino ad
oggi e si rilevava che secondo
l’arcivescovo di San Salvador Arturo Rivera y Damas circa dodicimila civili inermi erano stati
uccisi nel 1981.
« Fra le vittime » — si afferma
nel notiziario — « vi erano non
solo persone sospettate di opposizione alle autorità ma migliaia
di altre che si trovavano semplicemente in aree sottoposte ad
operazioni di polizia, la cui morte
o mutilazione si ritiene sia stata
totalmente arbitraria ».
La missione di A.I. ha intervistato rifugiati in Messico, Honduras e Costa Rica. Le descrizioni delle atrocità e del metodo generalizzato di repressione coincidevano fra di loro e con le informazioni di molte altre fonti.
Queste testimonianze erano conformi sebbene spesso i profughi
non avessero avuto alcuna possibilità di comunicare fra loro: alcuni campi erano raggiungibili
solamente da piccoli aeroplani.
Molte vittime, secondo i rapporti
della missione, avevano ferite che
sembravano avvalorare i loro
racconti.
Tutti i reparti delle forze governative risultavano essere implicati: forze militari di polizia e
paramilitari che agivano in connessione fra di loro.
Fra le testimonianze raccolte
vi erano le seguenti:
« I soldati hanno bruciato la
mia casa in giugno... hanno ucciso mia nipote incinta del primo
bambino... ed hanno gettato il
feto ai cani... ».
« È stata la Guardia (Guardia
Nazionale), hanno ucciso mio padre tagliandogli la gola; poi mi
hanno violentata, tutti quanti...
hanno violentato anche mia figlia
di 15 anni, mi hanno colpita alla
gola e gettata su mio padre a
morire... ».
« Trenta uomini pesantemente
armati con indosso uniformi da
combattimento, ma coperti con
cappucci aventi la scritta ’’Squadroni della morte” arrivarono al
mio villaggio e catturarono ed uccisero molti contadini. Dopo, andarono al vicino villaggio di Santa Elena dove catturarono Romilia Hernandez di 21 anni che violentarono e poi decapitarono... i
membri dello squadrone della
morte furono evacuati quel gior
no stesso da un elicottero dell’esercito salvadoregno ».
Il notiziario descriveva la crescente ondata di violenza della
quale si riferiva da più fonti sin
dal marzo 1980, cioè da quando
il governo salvadoregno dichiarò
lo stato d’assedio.
Il notiziario ha sottolineato
che A.I. era a conoscenza dell’esistenza di un conflitto, armato in
E1 Salvador e dei numerosi rapporti di violazioni compiute da
forze non governative, ma ha affermato dopo uno studio accurato che: « A.I. è arrivata alla conclusione che la maggior parte
delle violazioni riferite, incluse
torture, ’’sparizioni” e assassinii
a sangue freddo sono stati compiuti dalle forze di sicurezza e
diretti contro civili inermi non
implicati in attività di guerriglia ».
Una rappresentanza del movimento ha detto di essersi appellata ripetutamente alle autorità
ma di non aver mai ricevuto una
risposta soddisfacente.
La tortura
in Iran
Amnesty International dichiara di aver ricevuto centinaia di
rapporti dettagliati sulla tortura praticata dalle Guardie Rivoluzionarie nelle prigioni iraniane.
Alcuni detenuti sono morti a
causa delle torture, ma per dare un’apparenza di legalità alle
esecuzioni sono stati impiccati i
loro corpi esanimi.
L’organizzazione mondiale dichiara che i nomi di queste persone vanno ad aggiungersi a
quelli degli oltre 4.000 iraniani
giustiziati sin dall’inizio della rivoluzione nel febbraio 1979.
Amnesty International ha rivolto un appello al Primo Ministro Housein Mousavi affinché
venga proclamato un bando pubblico sulla tortura. Ha inoltre
rinnovato la sua richiesta di inviare dei delegati per avere colloqui allo scopo di porre fine alle violazioni dei diritti umani,
incluse le esecuzioni.
Nel suo appello Amnesty sottolinea che sono state giustiziate 255 persone nel gennaio scorso. Fra questi vi erano persone
detenute per le loro convinzioni
politiche o religiose, alcuni membri della fede di Baha’i ed il Segretario Generale dell’Associazione Iraniana degli Ex-Prigionieri Politici, Shokrollah Paknejad, che aveva già trascorso
molti anni nelle prigioni dello
Scià.
Amnesty International ha dichiarato di aver ricevuto, nel
1981, più di 200 testimonianze
dettagliate che descrivevano torture, alcune delle quali completate da fotografie e da referti
medici.
Le testimonianze includevano
descrizioni di speciali stanze di
tortura nella prigione di Evin a
Teheran: ’la stanza da stiro’ in
cui i detenuti venivano legati ad
un letto mentre le Guardie Rivoluzionarie bruciavano loro la
schiena, le natiche e le piante
dei piedi con un ferro ed ’il se:
minterrato della verità’ dove venivano bruciati con le sigarette.
Le torture che sono state denunciate includono percosse, calci, fustigazione con cavi, esecuzioni finte e colpi alla testa più
volte sbattuta contro il muro.
Queste ed altre torture sono
simili agli abusi commessi durante il regime dello Scià prima
della rivoluzione del 1979.