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Anno 114 - N. 37
15 settembre 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1® Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICS
^le valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALERSI E METODISTE
L’ELEZIONE DI GIOVANNI PAOLO I
Il papato in questione
Né ottimismo né pessimismo di fronte al nuovo pontificato, ma riaffermazione di una riforma radicale; questo il nostro contributo
« ...sarebbe anche possibile immaginare che un giorno un uomo senza sacca e senza scarpe,
con una sola tunica, sia visto
passare per le strade di Roma ed
entrare nelle case dicendo: "pace a questa casa". Veniva da
molto lontano e aveva pianto
amaramente, dopo aver sentito
un gallo cantare per la terza volta. Ciò gli veniva in mente guardando la basilica vaticana e i
palazzi pontifici, da tempo abbandonati. Alcune case lo accoglievano, da altre veniva cacciato, come uno straccione. Era il
papa ».
(Gianfranco Zizola, Quale Papa?,
Boria, 1977).
Questa visuale del papato, prospettata l’anno scorso da uno
dei più seri giornalisti italiani
esperti di cose vaticane, ha acquistato un particolare rilievo
di attualità nelle ultime settimane in cui il papato si è improvvisamente « mosso » con la
morte di Paolo VI e la rapida
successione di Giovanni Paolo I;
ma nello stesso tempo ha marcato la sua profonda distanza
proprio nei confronti degli « assestamenti » che questa successione ha rappresentato e che
pure sono stati accolti con tanto ottimismo.
Ottimismo
Leggendo i giornali e guardando la TV si ha l’impressione di
un generale ottimismo fondato
sulla persona del nuovo papa.
Messo da parte il suo passato
conservatore con l’argomento —
ormai infallibile dopo Giovanni
XXIII — che non si può mai pronosticare il futuro di un papa a
partire dal suo passato da cardinale, i grandi organi di informazione hanno centrato l’attenzione della gente sulle « novità »
vaticane. Il sorriso, 1’« io » usato
talvolta al posto del tradizionale
e distante « noi », il rifiuto di
qualche simbolo di potere (come
la corona), e ancora; l’insofferenza nei confronti del cerimoniale,
la improvvisazione al posto dei
messaggi preconfezionati, il frequente richiamo all’umiltà; tutto questo ha mandato in visibilio milioni di persone guidate
dal sapiente commento che indicava alTammirazione la chiesa
che sta cambiando e la linea di
un pontificato che ridimensiona
il papa per rimettere in luce la
chiesa.
Ma — per quanto ho potuto
osservare — nessuna struttura
del papato è stata finora messa
in questione da Giovanni Paolo
I: non il primato, non Tinfallibilità, non il potere; ma solo alcune forme del muoversi entro
queste strutture sono mutate. È
chiaro — ma lo è davvero tra
gli osanna dei grandi mezzi di
informazione? — che queste forme possono avvicinare la figura
del papa alla sensibilità della
gente e al clima spirituale del
tempo; ma fintanto che le strutture dogmatiche del papato non
sono intaccate, nessun mutamento per quanto ardito potrà essere contrabbandato come cambiamento sostanziale e riforma
del papato.
L’ottimismo di altri è fondato
non tanto sulla persona del nuovo papa quanto sul processo di
mutamento che ha investito il
papato negli ultimi 20 anni. Così Sandro Magister, in un articolo intitolato « Il mistero Luciani », apparso su l'Espresso
San Pietro,
simbolo del
primcito ^ -, -r- -r-i-pT
papale
del 3 settembre, traccia un’ainpia panoramica delle contraddizioni che sono oggi presentì nella Chiesa cattolica soprattutto
per il carattere ambivalente di .
innovazione e di freno che è statò proprio del pontificato di
Paolo VI. Lo sviluppo dell’autonomia degli episcopati locali e
Taccentramento del governo della chiesa; l’istituzione del Sinodo dei vescovi e il suo svuotamento (dato dal carattere solo
consultivo di quest’organo); l’internazionalizzazione dell’episcopato e lo sviluppo dell’aspetto
« prefettizio », tutto italiano, della diplomazia vaticana nel mondo, sono contraddizioni che secondo Magister non potranno
Responsabilità
e potere
state in guardia, vegliate, poiché non sapete quando sarà
quel tempo. Egli è come se un uomo, andando in viaggio, lasciasse la sua casa e ne desse la potestà ai suoi servitori, a ciascuno
il compito suo, e al portinaio comandasse di vegliare. Vegliate
dunque, perché non sapete quando viene il padron di casa: se
a sera, o a mezzanotte, o al cantar del gallo, o la mattina; che
talora venendo egli all’improvviso, non vi trovi addormentati.
(Marco 13: 33-36)
durare a lungo e che imporranno soluzioni più avanzate: un
decentramento nelle nomine episcopali, tm progressivo ridimensionamento del potere curiale,
una crescente responsabilità collettiva delTintero episcopato
mondiale, pur con il permanere
del suo cardine papale, la creazione di un « esecutivo collegiale permanente ». Non sarà Giovanni Paolo I il papa di questa
svolta, prevede Magister guardando ai « complessi equilibri »
che hanno portato alla sua elezione; ma per il giornalista dell’Espresso la tendenza è inequiFranco Giampiccoli
{continua a pag. 8)
La parabola ha enormemente
influenzato il nostro modo di
pensare. Essa ha radicato in noi
due certezze: la prima riguardo
alla nostra responsabilità per il
tempo che ci è dato da vivere; la
seconda è la certezza del ritorno
del padrone di casa, cioè del ritorno di Cristo. Logicamente c’è
un legame stretto tra queste due
certezze, e la seconda è in fondo
il presupposto della prima. Senza ritorno del Signore non ci sarebbe nessuna tensione verso una fine e nulla giustificherebbe
una così importante assunzione
di responsabilità, da parte dei
servitori. È ben vero che essi „ono interamente responsabili; ma
è anche vero che lo sono in quanto il futuro è certo, non aleatorio, non lasciato nelle mani del
caso. Il mondo sottratto al caso
diventa storia, da vivere da uomini coscienti e svegli, intenti
alle occupazioni assegnate a ciascuno secondo’delte precise competenze. La giornata di lavoro diventa modello della storia nel
suo complesso: tutta la storia
non è che una intera giornata di
lavoro, all’insegna delle responsabilità. Questa idea è sembrata
una straordinaria novità nel
mondo antico e proprio i cosidetti pagani, o gentili, che ne
potevano apprezzare la forza e
la portata di novità, non hanno
esitato a farla propria, dando
all’occidente la sua caratteristica.
INTERVISTA AL SEGRETARIO DELL’MCS INDIANO_
Il “reato” dei cristiani
In occasione di una sua recente visita a Roma abbiamo avuto la possibilità di avvicinare il
Segretario generale del Movimento Cristiano Studenti Indiano e di rivolgergli alcune domande.
— Com’è organizzato l’MCS
in India? Quali sono le principali caratteristiche?
— L’MCS in India è un movimento molto numeroso, che conta oltre 20.000 membri, divisi in
circa 200 gruppi, varianti dai 30
ai 3.000 membri. Il movimento
è diviso in 14 regioni, con altrettanti uffici e segretari regionali,
dislocati nelle principali città
indiane. I segretari non sono
degli specialisti, ma gente che
viene dalle chiese, dalle università, che svolge questo servizio
per circa 3 anni, comunque non
più di sei, dopo di che riprende
il suo lavoro normale.
I campi di lavoro sono principalmente tre: il campo educativo, quello sociale e quello politico. In tutti e tre questi settori è però fondamentale il momento teologico, in quanto tutto il lavoro viene svolto in una
ottica cristiana.
— Qual è in questi gruppi U
rapporto tra fede e politica?
— Ovviamente le due cose non
possono essere scisse, perché en
trambé hanno un obiettivo comune: la giustizia, la giustizia
sociale. In un paese dove la maggioranza delle persone è socialmente discriminata in caste ed
economicamente povera o nullatenente, la giustizia sociale è il
primo e più importante obiettivo da raggiungere. L’MCS si situa in mezzo agli oppressi, aiutandoli nella loro lotta, identificandosi con essi nella lotta per
la liberazione collettiva.
— Qual è il rapporto tra cattolici e protestanti?
— L’MCS indiano è formato
principalmente da protestanti,
dato che i cattolici hanno il loro movimento autonomo. Tuttavia, la popolazione cristiana in
India è a maggioranza cattolica
(circa il 60%), per cui il loro
movimento è più grosso dell’MCS.
— L’MCS ha rapporti coi partiti comunisti o in generale con
quelli progressisti?
— L’MCS è un movimento autonomo ed indipendente, per cui
non abbiamo relazioni ufficiali
con i partiti; molti aderenti sono però iscritti al partito comunista e di fatto esiste uno sforzo comune tra cristiani e marxisti, e partiti progressisti in genere, negli obiettivi sociali.
— Quali sono le relazioni con
le altre religioni?
— Le nostre relazioni con le
altre religioni sono molto buone. Il comitato direttivo dell’MCS è riservato ai cristiani,
ma la base è aperta a tutti, e vi
sono non cristiani soprattutto
nei settore sociale e politico.
Abbiamo poi im programma comune, che si chiama «programma di dialogo tra le religioni»
I interfaith dialogue program),
che portiamo avanti con il buddismo e l’induismo.
Nel paese, però, i cristiani sono sospetti di un « reato » ; essere filogovernativi, sottomessi
al potere. Infatti, nonostante
esistesse già una presenza cristiana autonoma risalente al
quarto secolo, il cristianesimo è
visto come una religione d’importazione, dato che si è impiantato attraverso il governo
inglese ed esprime una cultura
e una tradizione diverse. Il nostro tentativo oggi è perciò quello di adattare questa, chiesa
« straniera » alla mentalità indiana, di assimaerne i simboli,
in modo che la chiesa cristiana
possa finalmente trovare la sua
piena identità.
Intervista a cura di
Marco Davite
Questo quadro appena abbozzato da Gesù trasmette da una
parte l’annuncio di una fine positiva della storia, un lieto fine,
il quale — si badi bene — non è
un paradiso di delizie o analoghi
sogni e sublimazione di desideri,
ma è più semplicemente e realisticamente il futuro dell’umanità. Dall’altra, quasi come elemento dell’immagine, ma molto
a proposito, coloro cui viene affidata l’intera responsabilità sono chiamati servitori, operai, lavoratori. L’uomo vero, intero,
completamente soggetto della
sua vita e della sua storia, è una
figura lontana che si realizzerà
in un futuro distinto dalla storia
di oggi.
Il padrone della casa: lui solo
merita questo nome, lui è l’Uomo con la maiuscola, perfettamente padrone della situazione.
Noi non lo siamo ancora i padroni di casa; non siamo il soggetto vero, fatto e destinato per
questa creazione e per il quale
questa creazione è fatta e destinata. La responsabilità che abbiamo è totale, ma ci viene affidata e non possiamo scambiare
il posto che abbiamo con quello
che avrà l’uomo quando sarà il
padrone della situazione. Entro
questi limiti siamo però perfettamente responsabili, responsabili fino in fondo. Non possiamo
scaricare sul futuro la responsabilità che abbiamo: ce la dobbiamo prendere tutta.
Disgraziatamente questo quadro, questa medaglia ha un rovescio. La parola del testo che mi
è parso giusto tradurre: responsabilità, ha un significato letterale molto più equivoco e sinistro;
significa: potere. Responsabilità
significa potere, ma il potere ce
l’abbiamo anche senza responsabilità. I popoli pagani convertiti
al cristianesimo, convinti dalla
parabola dei servitori che attendono, hanno trasferito in questa
attesa la loro forza conquistatrice, la loro volontà di potenza,
l’istituto della dominazione. Da
questa parabola è venuta anche
la parola « ministri » con la quale designamo quelli che ci governano e che come ben sappiamo
per molti di loro non significa
altro che la copertura di ambizioni che col servizio non hanno
nulla a che vedere. Oggi ben poche sono le tracce della responsabilità e dappertutto troviamo
invece la presenza del potere
mentre nuovi poteri, dati dalla^
scienza, sono ormai a portata dimano. Non voglio dipingere il
quadro più brutto di quello che
è: del resto è sotto gli occhi di
tutti. Accanto ad una fine della
storia positiva, in festa per l'avvento del Signore, siamo costretti a pensare ad una fine della
storia negativa. Questa negatività è la negazione stessa della
storia, è la stupidità umana che
trionfa, è il quadro deprimente
di un mondo dove le cose più
cambiano, più sembrano restare
le stesse. Le repubbliche si sostituiscono ai regni per diventare
a loro volta monarchie e gli scettici, che vedono i trionfi della
Realpolitik presso tutti i popòti
della terra, hanno di nuovo buon
Sergio Rostagno
(Continua a pag. 2)
2
15 settembre 1978
RACCONTANDO IL SINODO
REGOLAMENTI
Un tempo non indifferente dei
lavori dell’asseniblea è stato dedicato all’esame ed alla approvazione di ima prima parte (13
articoli) del Regolamento sui
Ministeri nella chiesa. S stato
definito il concetto di ministero
in generale e il ministero pastorale, mentre sono stati rinviati
1 capitoli relativi all’anzianato,
al diaconato, al ruolo, alle funzioni del corpo pastorale, al
trattamento di ruolo, alla emeritazione, alle altre cause di cessazione dal servizio ed al trattamento per il personàlè non di
ruolo.
Parimenti rinviato, con richiesta alle chiese ed agli organi distrettuali delle loro osservazioni, il progetto di Regolamento
sulla amministrazione ecclesiastica (Tavola, Commissioni sinodali amministrative ed enti
ecclesiastici).
È, questo dei regolamenti, un
lavoro gravoso e lento, che richiede molta pazienza da parte
dei membri del Sinodo, ma che
pure è necessario perché nella
pratica si applichino sistematicamente e coerentemente quei
principi generali che scaturiscono dalla fede.
DISARMO
Il Sinodo Valdese si è anche
occupato del problema della
corsa agli armamenti e del
preoccupante livello raggiimto
dalle tensioni internazionali, indicando alle chiese la loro responsabilità nella promozione
della pace e del disarmo.
II Sinodo Valdese nella consapevolezza che la corsa agli
armamenti ha raggiunto livelli tali da rendere problematica in ogni momento la
sopravvivenza dell’umanità ;
valutando con estrema preoccupazione il progressivo deteriorarsi della situazione intemazionale e l’estendersi dei
conflitti in atto (Africa, Estremo e Medio Oriente, ecc.);
propone aUe chiese un’attenzione particolare e i>ermanente ai problemi dei disarmo,
delia pace, della non violenza,
dell’obiezione di coscienza,
prendendo contatto con il
programma antimilitarismo
del CEC, con le altre chiese,
coi movimenti e le organizzazioni che lottano per la pace
e la non violenza. Questa attenzione dovrebbe avere come flnalità non soltanto una
maggiore informazione su
questi problemi, ma anche di
rendere le chiese stesse centri promotori per la pace e
U disarmo.
Di tutto un po’
In particolare suggerisce
che venga affrontato e posto
poi ogni anno all’attenzione
dei giovani e segnatamente
dei catecumeni il problema
del servizio militare e del signiflcato di tale istituzione.
DIASPORA
Una Comnjissioné di studio
per i problemi della diaspora,
la cui relazióne presentata ai sinocU del 1975 e 1977 non è stata
mai discussa, ha anche presentato una raccomandazione alle
chiese ;
Nella prospettiva missionaria della chiesa i gruppi
dei fratelli che vivono in dias^ra siano aiutati — mediante assemblee di diaspora
(Illustrate nella relazione ’77),
promosse e coordinate dai
Consigli di Circuito (secondo la normativa conseguente
al patto d’integrazione) — a
tornare a essere la punta
avanzata della testimonianza
e della predicazione della
chiesa intera; tale aiuto sia
messo in opera anche nelle
chiese delle grandi città dove la vita comunitaria è ostacolata da varie difficoltà e
dove la presenza evangelica
ha da trovare spazio nelle diverse situazioni di quartiere.
FACOLTA’E
OSPEDALI
Il Sinodo si è naturalmente
anche fermato a considerare il
lavoro svolto dalla Facoltà di
Teologia e dalla CIOV (Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi).
Per la Facoltà di Teologia, la
Commissione d'esame in una sua
apposita relazione ha sottolineato l'esigenza che gli studi vengano mantenuti ad un buon livello
accademico. Questo, è stato ribadito, non deve suonare sfiducia nei docenti vecchi e nuovi:
vuole invece essere un richiamo
alla serietà cui deve essere improntato ogni lavofo teologico
nella chiesa. L'atmosfera della
nostra Facoltà è stata buona e
in questo clima anche il lavoro
compiuto è stato positivo.
Della CÌOV si è già riferito
a proposito del dibattito svoltosi in sede di conferenza del
I Distretto. Il problema che rimane aperto è quello della presidenza, che deve essere a pieno tempo e che è stata fin qui
assicurata da un pastore. Ribadita l'esigenza di una presenza
pastorale nella Commissione,
soprattutto per dare una impo
SAVONA
La nostra comunità è in lutto: nella notte fra il 10 e l'il
giugno, dopo una non lunga
malattia nella quale gli eravamo stati vicino con la nostra
preghiera ed il nostro affetto,
Loris MazzoU ci ha lasciati. Era
attualmente il Vicepresidente
del nostro consiglio di Chiesa e,
da molti anni, amministratore
diligente e oculato della nostra
cassa. Ma era soprattutto un
uomo dall'inconfondibile stile di
vita protestante: nella sua famiglia, nel suo lavoro di operaio qualificato della « Magrini», in questa chiesa che occupava tanta parte dei suoi pensieri, della sua attività, del suo
tempo.
Nato a Savona l'8 giugno 1923
in una famiglia evangelica (anche il padre, Olinto Mazzoli,
aveva fatto parte del consiglio
di chiesa), tanto che di lui si
poteva dire : « ...considerate la
roccia onde foste tagliati »
(Isaia 51:1), era animato da
una fede sobria, limpida, senza
incertezze, che aveva confessato nella Pentecoste del 1947, entrando a far parte della nostra
comunità nella quale è rimasto
saldo fino alla fine. Proprio per
ché credente evangelico autentico, era aperto e sensibile ai
problemi della nostra società :
con la sua vita egli ci ha dimostrato come l’etica protestante
del lavoro, vivissima in lui, si
potesse sposare benissimo con
le lotte del movimento operaio.
Amava andare al concreto delle
cose e non smarrire mai il riferimento alla realtà; lo ricordiamo, una sera, a conclusione
di uno studio biblico, dire pacatamente con la bibbia in una
mano : « Se i credenti avessero
realizzato davvero solo una piccola parte di quello che è scritto qui dentro, il mondo sarebbe diverso ». Questo invito alla
coerenza cristiana, di cui Loris
Mazzoli è stato certamente un
esempio, può essere per noi tutti il suo testamento spirituale.
Alla moglie Iris ed ai figli
Clara e Franco, nostri fratelli
nella fede, al genero Valter Zunino, al fratello Francesco ed
alla sua famiglia, a tutti i parenti rinnoviamo l’espressione
della nostra solidarietà nel dolore.
Abbiamo perduto un fratello
che ci era molto caro, ma Dio
asciuga le nostre lacrime, ci dà
ancora, come sempre, «un avvenire e una speranza » ( Geremia 29:11), e perciò la forza per
proseguire il cammino.
CATANZARO
_______UN OCCHIO ALLA TV E UN ORECCHIO ALLA RADIO
Lui coraggioso - Lei affettuosa
Si è conclusa durante l'estate
un’altra serie di telefilms americani per i bambini, « Tre nipoti
e im maggiordomo ». Le storie
dello « zio Bill », scapolo di mezza età di New York che di punto in bianco si trova a dover educ2ire tre nipoti rimasti orfani
— due bambinetti gemelli e una
ragazza adolescente — coadiuvato da un impeccabile maggiordomo inglese, hanno indubbiamente molto per essere gradevoli: i due bambini sono carini e
simpatici e fanno tenerezza, il
« signor French » nel suo doppio
compito di maggiordomo e bambinaia dà il tono umoristico, la
nipote più grande introduce la
nota sentimentale, lo « zio Bill »
impersona una saggezza e un
buon senso di sitampo molto americano.
Per gli adulti che li vedono —
e probabilmente sono parecchi,
data l’ora: dopo il ritorno dal lavoro e in attesa dei Telegiornali — sono storielle leggere, un po’
banali ma rilassanti e abbastanza divertenti, tutto sommato innocue.
Ma per i bambini possono non
essere altrettanto innocue. I telefilms mettono loro di fronte —
mentre la televisione stessa, in
im certo senso, per il fatto di
trasmetterli, li « garantisce » come positivi — un tipo di educa
zione e un ambiente che positivi
non sono.
L’educazione che viene data ai
bambini protagonisti della serie
è_— sotto una vernice di modernità e di responsabilizzazione —
quanto ci possa essere di più
conservatore, nel senso peggiore
della parola. Per i due piccoli è
molto marcata la differenza fra
i sessi; per il bambino si fa appello al coraggio, alla fiducia, alla lealtà, per la bambina all’affetto e alla tenerezza; nonostante ohe non vi siano differenze d’età fra i due personaggi, è al bambino che viene data la maggiore
libertà, e alla bambina che si domandano le migliori maniere e
maggiore correttezza formale.
I personaggi, d’altronde, ricalcano un cliché conformistico: la
sorella è graziosa, il fratello coraggioso; la sorella affettuosa, il
fratello vivace; la sorella è brava a scuola, ma è il fratello ad
avere inventiva e fantasia; la
bambina è vanitosa, il fratello
noncurante; la sorella « saggia »,
il fratello scavezzacollo.
Quanto alla sorella poco più
che adolescente, i suoi interessi
principali sembrano essere i ragazzi, le feste, le amiche, i vestiti; ci sono pochi cenni allo studio vero e proprio, e nessuno a
un futuro lavoro.
Una quindicina di giovani provenienti da Catanzaro, Reggio
Calabria, Messina, hanno dato
vita ad un breve campo di lavoro tra il 13 e il 25 agosto a
Bethel, in mezzo ai pini della
Sila Piccola, dove sorge un fabbricato composto da un piano
terreno e un primo piano. Il
campo di lavoro aveva il compito di portare avanti la strutturazione del fabbricato (già
agibile al piano terreno) come
centro d’incontro. Diretto da
Gianni Sacripanti di Reggio e
con la collaborazione della signora Beatrice Grill per la cucina, il gruppo ha trovato ben
presto l’affiatamento e un suo
equilibrio di attività, tra lavoro
mattutino, studio biblico pomeridiano (tenuto dal pastore Teodoro Magri,), tempo libero trascorso in passeggiate nei folti
boschi circostanti e in piacevoli
serate in coniune. Il tempo, come si può immaginare, è volato, ma non ha lasciato solo un
bel ricordo: è stata presa la decisione di ritrovarsi a Bethel e
di continuare questa prima iniziativa.
LIVORNO
Il maggiordomo è la personificazione di una correttezza formale un po’ snob, a cui viene
contrapposto lo spirito « democratico » dello zio, che però risulta spesso paternalistico.
Quanto aU’ambiente in cui i
personaggi sono inseriti, tutto lo
definisce un ambiente ricco; non
benestante, si badi bene, ma ricco; l’appartamento lussuoso, il
maggiordomo inappuntabile, la
scuola modernissima e attrezzatissima frequentata dai bambini,
le frequenti cene in ristorante.
Tutto ciò li situa al di fuori
della realtà; i problemi dei personaggi non sono gli stessi dei
bambini spettatori, e non possono trovare rispondenza in loro.
Un giudizio negativo, dunque,
nel complesso, nonostante la indubbia piacevolezza delle storielle e la simpatia dei personaggi,
pur stereotipati.
Eppure, anche se fosse possibile, sarebbe auspicabile che i
bambini vedessero solo programmi realistici, positivi, educativi? Probabilmente no, perché anche gli spettacoli in parte
negativi possono essere utili, se
i bambini notano quanto vi è di
irreale e di sbagliato, cominciando così a formarsi una certa capacità critica.
Roberta Colonna Romano
Con un richiamo alla certezza della vita eterna, la comunità di Livorno ha ricordato domenica 30 luglio la sorella Teresa Prahdo il cui funerale non
aveva potuto aver luogo nell’ambito della comunità. Ricordando che «chi crede in Cristo
ha vita eterna» (Giov. 3: 16), il
fratello Elio Giacomelli ha
espresso la riconoscenza della
comunità per questa sorella che,
oltre ad altri impegni nella vita
della chiesa, per vari anni ha
prestato il suo servizio come
organista.
PALERMO
• Il 12 luglio il Signore ha chiamato a Sé Rosaria Russello ved.
Monreale. Nata nel 1892, appena terminò gli studi magistrali
entrò a far parte di quel gruppo di insegnanti evangelici che
tanto fecero, assieme ai Colportori e ai Pastori valdesi, per diffondere la Parola di Dio in Sicilia. Cominciò ad insegnare a
Pachino e poi continuò a Grotte sino al 1931 anno in cui le
scuole valdesi furono chiuse.
• Il 23 luglio la Comunità si è
rallegrata nel partecipare al culto durante il quale è stato benedetto il matrimonio di Giovanni Somma e Raffaella Brignani, membri della nostra comunità.
• Anche quest’anno un gruppo di giovani figli di membri
della nostra comunità ha ben
superato l’esame di «maturità».
Essi sono: Giovanna Bertolino,
Salvatore Pinzello, Toni Rizzo,
Michele Raggiano.
stazione autenticamente dì ‘« cura d’anime » nei rapporti soprattutto col personale impegnato,
e spesso con un carattere altamente vocazionale, negli istituti. Tuttavia non è indispensabile che questa presenza pastorale coincida con la presidenza,
per la quale la CIOV è invitata, insieme alla Tavola,
«a proseguire questa ricerca orientandosi eventualmente verso la soluzione di una
assunzione nel ruolo diaconale, ribadendo altresì la necessità di una presenza pastorale all’interno della GIOV
stessa ».
Per concludere segnaliamo
che nel futuro le sedute del Sinodo saranno aperte anche ai
giornalisti accreditati presso il
Seggio, in modo che l’informazione possa essere, si spera, più
atteiita di quanto non sia avvenuto quest’anno, come Marcella
Gay ha segnalato nell’ultimo
numero del giornale.
Bruno Beffion
MORMONI
Signor Direttore,
Con riferimento all’artioolo cc Fede
e Dottrina dei Mormoni » (30.6.78),
in cui si dice che (c un negro non potrà mai diventare sacerdote », vorrei
segnalare di aver letto sul primo nu»mero di agosto di (c Time Magazine »
che dallo scorso giugno la Chiesa Mormone Ila cambiato quella sua norma
e ammette ora anche i negri nelle file del suo sacerdozio.
Cordialmente.
Stefano Sodano, Torino
PRIVILEGI?
Egregio Direttore,
Il pensiero che Eugenio Bernardini,
studente di teologia e obiettore di coscienza, stia compiendo il servìzio civile ad Agape, credo riempia di gioia
tutti i cuori valdesi. Specialmente se
si pensa a tutti i figlioli ohe — coscritti — stanno passando queU’orribile,
nero periodo della caserma. Poi, per
Bernardini, c’è il fatto cc carico di significato » di volersi iscrivere alla
Chiesa di Frali. Così la sua testimonianza in seno alla Chiesa e alla società continua : continua a dimostrare
che in questa ingiusta società gli ingiusti privilegi non finiscono.
Inda Ade, Roma
P.S. Desidero che non mi si consideri militarista, fascista ecc. ; la questione, penso i miei fratelli lo capiscano, è un’altra.
Responsabilità
e potere
(segue da pag. 1)
gioco e si vantano di aver ragione da vendere. Il secolo ventesimo ha provocato più morti, più
torture, più assassini di qualsiasi altro. È su questo che bisogna
vegliare.
Vegliare vuol dire tener alta e
ferma la speranza dell’umanità
in una fine positiva. Non basta,
vedete, essere i lavoratori che si
prendono le responsabilità. Occorre in più vegliare, occorre che,
almeno in alcuni, ci sia un supplemento di consapevolezza della situazione. Vegliare vuol dire
denunciare ciò che non va e opporsi a tutto ciò che dalla responsabilità slitta verso il potere
allo stato puro. Vegliare vuol dire essere terribilmente svegli.
E vegliare significa predicare
sulla terra l’unica visione del futuro possibile per credenti e atei
e marxisti e cristiani, che non è
l’ottimismo, ma l’avvento dell’uomo come soggetto e del soggetto
di questa storia, di questa terra,
di questo mondo, come umanità
nuova. Se c’è una speranza concreta e reale, essa sta nel fatto
che l’uomo diventi ciò che ha da
essere, che l’uomo diventi l’uomo.
Questo è ancor oggi il senso di
questa parabola, che ci permette
e ci obbliga a prenderci delle responsabilità, a impegnarci direttamente, a vegliare tenendo gli
occhi bene aperti.
Sergio Rostagno
3
15 settembre 1978
TRA I DELEGATI ESTERI AL SINODO
TRAMONTI DI SOPRA
5 minuti con Kiaus Kremkau inauggrato ii
Tra i saluti che i rappresentanti stranieri hanno portato al nostro Sinodo, ricordiamo particolarmente, quello dell'« Oberkirchenrat » (presidente di chiesa)
Klaus Kremkau che ha parlato
a nome delle chiese evangeliche
tedesche. Nel suo saluto, Kremkau, ha messo a fuoco tre motivi
nelle relazioni intercorrenti tra
Chiesa valdese ed evangelici
tedeschi. Innanzitutto egli ha sottolineato l’appartenenza della
Chiesa valdese alla Conferenza
dei paesi latini, che raggruppa
evangelici europei in uno sforzo
comune per il servizio e la testimonianza deH’Evangelo, come una presenza capace di un contributo originale e qualificato. In
secondo luogo ha ricordato il legame tradizionale tra i luterani
italiani e quelli d’oltralpe che
non ostacola tuttavia una completa comunione con i valdesi
proprio perché profonda e fraterna rimane la relazione tra gli
evangelici delle due nazioni. Toccando un terzo punto, è quindi
venuto a parlare dei lavoratori
italiani in Germania e delle loro
famiglie. Si è così appreso che
da anni l’impegno che la nostra
chiesa esprime su questo fronte
è molto apprezzato, ma può essere ancora sviluppato e migliorato. Il rappresentante tedesco
ha terminato il suo saluto sottolineando la responsabilità delle
nostre chiese nel quadro europeo; responsabilità legata a compiti concreti in. cui esprimere- la
testimonianza alTEvangelo. «-Abbiamo bisogno — ha concluso —
gli uni degli altri e tutti insieme
abbiamo bisogno della guida
dello Spirito Santo ».
Durante una pausa dei lavori
sinodali (che Kremkau ha scrupolosamente seguito grazie all’assidua presenza di un interprete
al suo fianco) lo abbiamo avvicinato per porgli alcune domande. Gli abbiamo chiesto una rapida impressione sui nostri lavori sinodali nel raffronto con lo
’’stile” dei sinodi tedeschi. Ci
ha risposto che lo sviluppo
spirituale della Chiesa valdese
riproduce quello della chiesa evangelica tedesca e di moltissime altre chiese nel mondo. Le
diverse tendenze all’interno della chiesa, tendenze che nel 1968
hanno rivelato la loro consistenza e la loro -profondità, devono
rimanere in dialogo per comprendersi sempre meglio. Kremkau è rimasto piacevolmente
sorpreso nelTascoltare durante i
lavori la preoccupazione, emersa in molti interventi, di tener
conto di « cosa dicono le comunità » a proposito dei prcublemi
in discussione. A quest’ultimo
proposito il rappresentante tedesco ha rilevato, che il continuo
richiamo e collegamento con la
base ecclesiastica, che nei valdesi ha tutto uno sfondo storico,
può costituire ima preziosa lezione per le grandi chiese protestanti tedesche.
Un’altra domanda riguardava
le possibilità future nelle relazioni tra evangelici tedeschi e la
Chiesa valdese. Kremkau ha notato che le occasioni d’incontro
e scambio d’esperienze tra gli
evangelici delle due nazioni potrebbero essere più frequenti e
non solo a livello d’individui ma
anche di comunità, di .gruppi o
nella realizzazione di comuni
programmi di lavoro. Secondariamente egli ha formulato auguri affinché giovani pastori protestanti tedeschi accettino di lavorare nelle nostre chiese per uno
o due anni affinché, una volta
rientrati in sede, possano dedicarsi con maggior conoscenza
di causa alla cura degli italiani
che lavorano in Germania.
Quest’ultima possibilità — abbiamo appreso nel corso dell’intervista — è attualmente allo
studio della Tavola e dei competenti organismi ecclesiastici tedeschi. Infine, la concreta situazione sociale, politica ed economica dei nostri due paesi — ha
aggiunto Kremkau — necessita
di un continuo scambio d’esperienze e punti di vista. Ma il rapporto bilaterale deve svilupparsi nel quadro più ampio comprendente le chiese degli stati
europei. Gli strumenti ci sono.
Accanto al ’’Forum” della Conferenza delle Chiese Europee esiste il settore ’’Chiesa e Società”
del Consiglio Ecumenico e la
Commissione delle chiese presso
la Comunità Europea a Bruxelles. Attraverso questi canali la
Chiesa valdese e gli evangelici
tedeschi possono lavorare insieme ad altri evangelici in un processo continuativo d’azione e riflessione.
Giuseppe Platone
u
Domenica 2 luglio u. s. è stato inaugurato ufflcialmentè il
Centro Ecumenico «Luciano
Menegon » realizzato a Tramonti di Sopra (Pn) grazie al generoso contributo dell’Entràide
Protestante Suisse e della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
Oltre al formale raccogliersi
intorno al fabbricato, che ormai
Tramonti di Sopra
(Pordenone):
il Centro
« Luciano
Menegon»
Nuove traduzioni
deiia Bibbia
in Cecosiovaccbia
Per la prima volta nella storia i cristiani slovacchi avranno la possibilità di leggere la
Scrittura nella loro lingua. Pino ad oggi essi avevano a disposizione solo la Bibbia di Kralice, traduzione risalente a 400
anni fa, scritta in imgua cèca.
Di questa nuova traduzione è
stata fatta una prima edizione
di 16.000 copie. La carta per la
stampa è stata fornita dall’Alleanza Biblica Universale. Si ritiene che queste copie saranno
presto esaurite. Ma si ha la certezza che il governo cecoslovacco autorizzerà l’importazione di
altre 50.000 copie della stessa
traduzione stampate in occidente.
Parallelamente a questa iniziativa, si sta preparando una
nuova traduzione biblica anche
in lingua cèca. Essa dovrebbe
essere disponibile per il 1979,
appunto in occasione dei quat
echi dal mondo cristiano,
a cura di BRUNO BELLION
PERUGIA-ASSISI MARCIA DELLA PACE
Mille idee
contro la guerra
Su questo tema, che sarà articolato in poesie, canzoni, disegni, cartelli, volantino, si sta
preparando una marcia della
pace che si svolgerà tra Perugia
e Assisi con partenza alle ore 10
di domenica 24 settembre.
A quanti hanno seguito il movimento nonviolento in Italia
questa data non è nuova: essa
vuole infatti ricordare espressamente il 24 Settembre 1961, una
giornata memorabile che vide
tanti italiani convenuti a Perugia per la marcia della pace Perugia-Assisi indetta da Aldo Capitini, apostolo laico della nonviolenza in Italia. A questa scadenza di 17 anni si unisce quella
del decennale della morte di Aldo Capitini, avvenuta il 19 ottobre 1968. La marcia di quest’anno vuole infatti inserirsi nelle
diverse iniziative e manifestazioni con cui la Fondazione intitolata ad Aldo Capitini intende ricordarne la figura.
Il duplice scopo è sottolinea
to dall’invito alla marcia diffuso dal Centro Aldo Capitini:
« Sarà, come voleva Capitini,
un’occasione per intensificare
nelle moltitudini la coscienza
del pericolo perenne che pesa
sull'umanità finché non scompariranno armi ed eserciti e finché la volontà di pace dei molti non riesca a prevalere sulle
trame di guerra dei pochi.
Sarà, inoltre, un’occasione per
renderci conto, tutti, del cammino che ih questi ultimi 17 anni hanno percorso sia le forze
della pace che quelle della guerra, per esaminare e giudicare
la realtà del mondo in questo
momento e per trovare insieme
la via e la forza di sconfiggere
la violenza dei portatori di guerra».
La marcia del 24 settembre è
aperta a tutti, singoli e organizzati. Le adesioni vanno inviate
a: Centro A. Capitini, Comitato
per la Marcia della Pace, c. p.
06100 Perugia.
trocentò, anni della Bibbia di
Kralice, Si prevede' una tiratura di 120.0ÒO copie.
...e in Oermania
È stata distribuita a circa 700
giornalisti e operatori radiotelevisivi una copia delle 75.000
previste come prima edizione
della nuova revisione della traduzione di Lutero. È uno sforzo
per rendere leggibile e comprensibile alla gente di oggi il testo
biblico, pur cercando di non
perdere molte delle caratteristiche di stile e di lingua di Lutero.
È uno sforzo che ha ricevuto
consensi e dissensi da parte di
germanisti, di teologi e di pubblicisti. Si tratta di un volume
tascabile, di 1184 pagine, che
contiene una introduzione ad
ognuno dei 66 libri biblici, oltre
ad un indice analitico dei principali fatti e una rubrica con
« testi importanti », oltre a un
quadro cronologico. Una Bibbia
dunque adatta allo studio e alla
lettura di edificazione.
Rhodesia:
missionari armati?
Da qualche tempo, e precisamente da quando si sono verificati assalti alle stazioni missionarie, in Rhodesia si discute se
sia opportuno che i pastori ed
i sacerdoti siano dotati di armi
da fuoco per difendersi in caso
di attacco.
Durante un’azione di guerriglia che aveva attaccato una stazione missionaria (secondo il governo rhodesiano si tratterebbe
di un attacco di guerriglieri del
fronte di liberazione, mentre secondo alcuni portavoce di quest’ultimo si tratterebbe invece di
un’azione organizzata a scopo di
provocazione dalle stesse forze
governative) un sacerdote aveva
messo in fuga gli attaccanti dopo essersi impadronito di un fucile mitragliatore perso da un
attaccante e dopo che aveva assistito impotente alla morte di
due altri missionari.
Un esponente della chiesa cattolico-romana, che finora ha per
so in tali attacchi armati dodici
missionari, ha preferito non
prendere posizione sul problema
della dotazione d’armi alle missioni. Il vescovo anglicano del
Mashonaland ha detto di non
voler stabilire alcuna regola.
Egli stesso,, così ha affermato,
non porta mai armi, nemmeno
in viaggio. « Questo corrisponde
alla tradizione della chiesa anglicana ». Tuttavia se altri missionari ritengono che sia meglio
essere armati, essi possono farlo.
Di contro la chiesa metodista
dello Zimbabwe (nome della regione che i colonialisti hanno
chiamato Rhodesia) rifiuta espressamente che suoi missionari siano armati e che si trovino
armi aU’interno delle stazioni
missionarie.
Liberazione dalla TV
Secondo il vescovo evangelico
di Amburgo, la proposta del cancelliere tedesco di avere un giorno settimanale di pausa nelle
trasmissioni televisive è non solo meritevole di attenzione, ma
sarebbe necessario « introdurre
segnali di tal genere nell’educazione di bambini ed adulti ». Ed
ha continuato: « La liberazione
dell’umanità dalla schiavitù della televisione deve cominciare
ora ». Egli propone che al termine dei programmi pomeridiani,
prima di una pausa di due ore
o, meglio, di tutta la serata, venga trasmesso un annuncio del
tipo: « Avete già parlato con vostra moglie dei vostri programmi per il prossimo mese? Ora
avete due ore (oppmre: la serata) per discuterne » oppure:
« Quando avete giocato coi vostri figli l’ultima volta? ».
Secondo l’esponente della chiesa tedesca la televisione ha una
gran colpa nel fatto che le famiglie non hanno più tempo per
discutere i loro problemi o risolvere i loro conflitti. « In questo modo scoppiano spesso conflitti che distruggono la famiglia ».
Egli ha inoltre accusato la televisione di occuparsi troppo raramente di problemi veramente
importanti e, quando lo fa, di
non essere abbastanza profonda
nelle sue riflessioni.
li
per molti rappresenta segno
concreto di amore e di sollecitudine verso persone che sono
state così duramente messe alla prova dal terremoto del 1976
in Friuli, c’è stata là partecipazione spontanea e numerosa di
fratelli ed amici (oltre cento
persone ! ) giunti dalle Chiese
del Triveneto per confermare
alla popolazione di Tramonti di
Sopra questo irripegno che l’Evangelismo italiano ed internazionale si sono assunti.
Impossibilitati a presenziare
alla cerimonia, per motivi diversi, avevano mandato messaggi
augurali il Moderatore della Tavola Valdese, Aldo Sbàffi, il Vice Moderatore, Giorgio Bouchard, il Segretario della Federazione Giovanile Evangelica, Ermanno Genre, il pastore Garufi, delle Comunità Valdo-Metodiste di Venezia, i pastori Curerà (Gorizia), Bert ed Enge
(Chiese Valdese e Luterana di
Trieste).
Dopo il culto del mattino, tenutosi nel nuovo refettorio a
causa del tempo piovoso, e presieduto dal past. Pierq Bensì,
Presidente della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia, che ha predicato sul testo
I Cronache 29 ; 16 ss., c’è stata
la piccola ma significativa cerimonia dell’inaugurazione ufficiale, nel corso della quale ha parlato il geom. Aldo Casonato, che
ha curato la progettazione e la
realizzazione della struttura, illustrando ancora a tutti scopi e
finalità dell’opera, e aggiungendo notizie di carattere tecnico
e costruttivo ; ha parlato ancora il past. Piero Bensi, per la
Federazione delle Chiese Evangeliche, ribadendo la linea di
impegno assunta dalla Federazione stessa a favore della popolazione del Comune di Tramonti di Sopra. Il Segretario della
Federazione Regionale delle
Chiese del Triveneto, Lidia Busetto Casonato, ha ancora ricordato a tutti che il Centro « Luciano Menegon » non deve rappresentare un punto di arrivo,
bensì, un punto di partenza e di
rinnovato impegno fraterno per
tutti coloro che in quest’opera
hanno creduto. Hanno dato messaggi di adesione e di augurio
altri amici e fratelli, infine il
Vice Sindaco di Tramonti di
Sopra, sig. Giovanni Crozzoli,
che rappresentava ufficialmente
l’Amministrazione Comunale, ha
ringraziato tutti gli intervenuti
alla cerimonia e i generosi donatori che hanno permesso la
realizzazione dell’opera. Egli ha
riconfermato che al presente la
Amministrazione Comunale non
ha proprie necessità di impiego
della struttura, ma che è vivo
desiderio di tutti che il Centro
sia adoperato e gestito dalla Federazione Regionale delle Chiese Evangeliche del Triveneto per
tutti quei programmi e quelle
attività socio-culturali che la
Commissione ha già preparato
(per quest’anno: campi per giovani e famiglie, un gruppo di
ragazzi da Cori (Latina), un
campo sindacale del settore tessile, un campo FGEI sul cattolicesimo).
La realizzazione del centro —
che dispone ora di una completa struttura ricettiva per 36 posti letto — ha richiesto una spesa superiore al preventivo per
alcuni lavori extra che si sono
resi necessari per l’ulteriore valorizzazione dell’edificio. Saranno quindi benvenuti ulteriori
contributi per quest’opera.
Il Centro « Luciano Menegon »
è una delle prime opere che segnano il tempo della ricostruzione nella vallata Tramontina.
Auguriamoci che questa efficace
testimonianza del popolo dei
credenti non rimanga fimitata
solamente all’edificio, ma possa
estendersi ai cuori ed alle coscienze delle persone che desiderano veramente incontrare il
prossimo.
A. C.
Cambio di indirizzo
Past. Michele Sinigaglia: Via Milano, 40 - 19100 LA SPEZIA - Tel.
0187/38527.
4
‘aáOm
15 settembre 1978
I RAPPORTI CHIESE-STATO IN SINODO
Intesa: pazienza e impegno rivolto al futuro
La relazione introduttiva alla discussione sinodale sull’Intesa ha fatto il punto sulla trattativa condotta durante l’anno trascorso e ha prospettato le responsabilità future connesse alla necessità di lavorare con una coerente continuità e con una approfondita conoscenza del cammino fin qui percorso
La discussione sinodale sul
progetto d’Intesa con lo Stato è
stata introdotta da una relazione di Giorgio Peyrot — come è
noto è stato uno dei tre rappresentanti delle Chiese valdese e
metodista che hanno condotto la
trattativa con la rappresentanza
governativa — di cui è importante rilevare i punti salienti.
Rifacendosi brevemente ai criteri seguiti da parte nostra nella trattativa, Giorgio Peyrot ha
esordito rilevando che non si è
inteso far altro che seguire la
linea che da vari secoli è stata
seguita, aggiornandone semplicemente i termini di fronte alle
esigenze del tempo presente. « E
fuori di dubbio — ha proseguito
Peyrot rivolgendosi ai membri
del Sinodo — che si è così voluto presentare al paese una nuova maniera di impostare i rapporti tra Chiese e Stato; del tutto diversa da quelle sin qui espresse coi concordati o con le
legislazioni unilaterali sia di
marca giurisdizionalista, sia di
marca separatista, ma tuttavia
sempre provenienti da una matrice cattolica. E del pari indubbio che, nelVintento di orientare
il paese verso una politica ecclesiastica improntata a criteri laici, era necessario l’impegpo e
l’intervento delle vostre chiese e
del loro sinodo. L'azione di qualche singolo evangelico non sarebbe stata producente; e, in un paese come il nostro, non avrebbe
ottenuto né comprensione, né riscontro ».
Dopo aver ricordato che nella
trattativa la delegazione valdometodista ha « agito a carte scoperte, in sincerità e verità », l'oratore ha ricordato ai membri
del Sinodo che il risultato raggiunto costituisce « un’alternativa di cui lo Stato potrebbe eventualmente disporre e di cui oggi
non possiamo ancora minimamente valutare i frutti che potrebbe eventualmente dare.
Ci sono voluti però 35 anni per
venire quasi a capo della faccenda, che per altro non è ancora
conclusa. Perché venga emanata
la legge che porrà in esecuzione
l’Intesa, ci vorrà ancora tempo;
e forse un impegno supplementare da parte di tutti voi.
Certo è che di fronte a noi
v’è una classe dirigente politica
i cui modi non sono i nostri modi ed i cui tempi di azione non
assomigliano, ai nostri. Condurre
la vita politica del paese nell’incertezza senza far nulla, sembra
il suo esecrabile comportamento. Tuttavia occorre guardare alla posta in gioco, non lasciarsi
prendere dall’iracondia, ma farsi guidare dalla pazienza ».
Il contesto
della trattativa
Passando quindi a valutare il
contesto in cui si è svolta la trattativa, Giorgio Peyrot ha rilevato da una parte le incomprensioni e disinformazioni che si sono
manifestate nel nostro ambito.
Per ciò che riguarda l’ambito
esterno rispetto alle nostre chiese, tralasciando le molteplici distorsioni Giorgio Peyrot ha rilevato che la nostra linea è apparsa « chiara e suadente ad alcuni
laicisti, separatisti convinti. V’è
chi, tra costoro, ha voluto dare
un suo contributo alla revisione
del concordato pubblicando nello scorso dicembre un "progetto
di concordato laico". Ricevuta
però la "nota informativa" sull’intesa, si è così espresso: "Il
mio ’progetto' sarebbe stato certamente migliore se la vostra ’intesa’ avesse preceduto anche solo di due o tre mesi". (F.O., lett.
20.3.78).
Se ne deve forse dedurre che
per essere integralmente laici,
in un paese come l’Italia, occorre essere confessionali, ma in un
modo diverso da quello abituale? Certo è che, in un paese come il nostro, si comincia forse a
capire che i postulati della Riforma non sono di per se stessi
portatori di un vecchio confessionalismo, ma di un laicismo
che appare nuovo nell’impostazione dei rapporti tra Chiese e
Stato. Una tale testimonianza
sarà quindi da tener presente in
futuro ove, per 'mutate circostanze oggettive, si rendesse possibile dar vita in Italia ad un nuovo
laicismo che avesse a nascere
nelle , pieghe di una democrazia
pluralista vissuta in termini di
partecipazione diretta di tutti
alle cose comuni a tutti. In un
tal clima potrebbero presentarsi
strumenti giuridici diversi da
quelli utili oggi, e le intese in se
stesse risultare superate. Ma una tale prospettiva appare ancora molto lontana.
Oggi invece siamo nello sconcerto che tutti conosciamo. Venendo quindi a quella componente della società italiana che
ne è in massima parte la responsabile, non si può non rilevare
l’eco che il nostro piccolo protocollo ha pur sollevato in alcune
sue frange. Bastino due sole testimonianze di ambienti cattolici assai diversi tra loro.
Un gruppo di monache ha
scritto ad una nostra sorella:
"Abbiamo avuto notizia dell’intesa che valdesi e metodisti hanno raggiunta con lo Stato. E siccome siamo state molto contente di come vi siete regolati in
tutte le questioni, abbiamo pensato di scriverti per rallegrarci
con te, nella speranza che quello
che siete riusciti a fare diventi
anche per tutti i cattolici una te
stimonianza ed un punto di riferimento”. (lett. 9.2.18 ad H. Vaccaro).
Passando dall’ingenuità alla
consapevolezza, è interessante
l’avviso espresso da un’onorevole cattolica militante nella sinistra: ’’L’intesa raggiunta dalla
Tavola valdese — essa scrive —
riveste un grande significato per
tutti i democratici italiani. Ma
come credente, sento il dovere di
esternarvi la mia riconoscenza:
dubito che la mia chiesa vorrà
tenere conto di un esempio di
così grande fedeltà ai comuni
principi, ma la testimonianza è
chiara e forte ugualmente per
tutti". (G. C. Codrignani, lett.
21.2.78).
Non occorrono commenti. Il
dubbio, penso, sia da voi tutti
pienamente condiviso
La responsabilità
deiie
diverse generazioni
Dopo aver notato che tali citazioni non venivano fatte perautocompiacimento ma per indurci
« a riflettere sulle responsabilità
che tutti noi abbiamo sul collo »,
Giorgio Peyrot ha sottolineato
quanto sia importante assicurare una continuità al lavoro degli
ultimi decenni. Lo ha fatto guardando e valutando criticamente
le generazioni che sono attual
mente al lavoro nella chiesa. «La
mia, che è attualmente ancora
sulla breccia nell’azione che la
Chiesa conduce, dovrà a breve
scadenza e di necessità, passare
la stecca. Subito dietro di noi
già abbiamo ai fianchi la generazione dei nati tra il 1936 ed il
1946. Quella generazione che, se
quei tempi fossero sopravvissuti, avrebbe dovuto esprimére i
figli dell’impero, e che invece è
stata la generazione del ’68. A ridosso di questa — oggi le cose
vanno molto presto — c’è già
la generazione dei figli della Repubblica; i nati cioè nel decennio
1946-1956. La generazione del ’77.
Queste generazioni però — e
qui è il punto a cui spesso non
si pensa — non hanno visto nulla o quasi; e sanno poco o niente, circa gli eventi in faccia ai
quali la nostra generazione ha
dovuto farsi le ossa sul piano
teologico ed ecclesiastico, come
su quello politico e culturale.
Sono persone nuove che hanno
altre attese, problemi loro, molto diversi nelle impostazioni e
nelle incidenze, da quelli che abbiamo vissuto noi. Di ciò bisogna essere consapevoli. Tali generazioni vanno comprese e, se
lo permettono, ancora molto
aiutate. Infatti — piaccia o non
piaccia, ed a me piace — bisogna considerare che esse verranno al comando anche nel settore
della vita ecclesiastica, oltre che
in quello della vita politica del
paese. E inevitabile.
E necessario quindi che il la
AGAPE
Fare teologia oggi
Il campo teologico di quest’anno (18-25 luglio 1978) è stato un incontro tra credenti, singoli e gruppi, che vivono la loro
prassi di fede in realtà di «base ». Era prevista solo una relazione, tenuta da Sergio Rostagno, il resto lo dovevano fare i
campisti portando le loro esperienze, confrontandole e criticandole. La cosa non è stata facile. Soprattutto all’inizio del
campo è stato parecchio difficile comprendere il significato
della ricerca di un gruppo da
parte di quelli che vivono in un
contesto con caratteristiche diverse. Così, si è capito che questa Europa, che sta andando
verso l’unità, omogenea non è
ed è ancora necessario fare un
discorso estremamente incarnato nella situazione specificatamente nazionale, che parta dai
pensieri della gente, che nasca
dalle lotte quotidiane. Non si
tratta di rispolverare vecchi nazionalismi perché tutti comprendiamo la necessità di un confronto critico e fecondo, ma,
d’altra parte, bisogna far emergere al massimo tutte le possibilità di fare teologia da parte
della gente, dei gruppi di credenti; una teologia che parli anche delle piccole cose e sulle
piccole cose. Per questo è stata
ricordata una frase di Milan
Opocenski : « Non spetta a Tubinga, né a Roma, né ad Oxford
decidere di ciò che succede teo
Protestantesimo
in TV
Lunedi 18 settembre
seconda rete - ore 22.45
I SI’ E I NO
DEL TEOLOGO
KARL BARTH
In un’interessante intervista realizzata poco prima della sua morte, Karl
Barth motiva le scelte che
hanno caratterizzato la
sua vita di pastore e teologo. A dieci anni dalla
scomparsa di questo teologo, le sue parole ci sono
ancora d’insegnamento.
logicamente a Praga». Si è chiarita così] la volontà di riprenderci la possibilità di fare teologia, una teologia che nasca
dal confronto tra l’Evangelo e
la nostra pratica quotidiana e
che sappia anche analizzare in
modo ampio e profondo tutto il
contesto europeo in cui, come
credenti, ci muoviamo. Il dibattito, molto acceso, ha dimostrato che questa è la strada da percorrere, e la passione con cui si
vuole portare avanti questo
compito lascia sperare in risultati fecondi.
Altro punto chiarito nel corso dell’incontro è stata la necessità della lettura biblica come fondamento e confronto critico per la nostra prassi di fede. Questa questione è stata
molto dibattuta. Infatti per qualcuno non era essenziale, o almeno non pareva esserlo, mentre essenziali diventavano le critiche più radicali mosse alla religiosità mediata dalla cultura
borghese occidentale, per cui si
assumevano come centrali le tematiche sollevate particolarmente dal movimento femminista, e
la lotta contro gli « specialisti »,
anche nel campo della teologia,
per ridare in mano alla «base»
la gestione della ricerca teologica.
Su questo argomento, il riferimento biblico della teologia,
si è svolta la relazione di Sergio Rostagno che ha sollevato
particolarmente il problema dell’uso legittimo e illegittimo della Bibbia. Partendo dal dato di
fatto che c’è un uso illegittimo
della Bibbia, ha espresso la necessità di una lettura legittima
che va rivendicata. Ma quando
una lettura è legittima? Per Rostagno non c’è una risposta a
freddo a questa domanda. Non
c’è risposta finché non c’è questione, dibattito. Non ci sono
dei criteri validi sempre e in
ogni caso. La lotta stessa, in cui
i testimoni sono impegnati, è
un criterio. I criteri per una lettura legittima della Bibbia,
quindi, li troviamo insieme, nella lotta stessa, col testo e con le
questioni e i problemi.
Altro momento importante
del campo è stata l’informazione accurata ricevuta dalla Germania Federale su un caso
esemplare di repressione ecclesiastica nei confronti di una Comunità Evangelica Studentesca,
repressione riuscita grazie all’intervento della polizia e della
magistratura chiamate in causa
dalle autorità ecclesiastiche. R
campo ha raccolto un dossier a
partire da questo caso concreto
e ha votato, una mozione di solidarietà con le ESG e una mozione di condanna nei confronti delle autorità ecclesiastiche
responsabili.
Per l’anno prossimo è stata
richiesta una maggior cura nell’organizzazione del campo e
nella preparazione dei contributi dei gruppi. La proposta è di
continuare la collaborazione tra
Agape e la Fed. Mondiale Cristiana Studenti su questa linea
di ricerca.
Eugenio Bernardini
ECUMENE
Seminario CNT
Diversamente da quanto annunciato il seminario di Comnuovi tempi si svolgerà a Ecumene (Velletri) dal 22 al 25 settembre. In un incontro aperto,
al quale sono invitati lettori,
collaboratori e soci della cooperativa, si affronteranno i problemi relativi al rilancio del
giornale per il 1978-79; dopo una
analisi, pagina per pagina, di
quanto è stato pubblicato nell’ultimo anno, si cercherà di approfondire in che modo i tre temi del sottotitolo, «fede, politica e vita quotidiana » si intrecciano e si vivificano a vicenda
sulle pagine del giornale, per
evitare che si proceda per settori separati. Anche i temi biblici e storici saranno approfonditi. Dato il limitato numero
di posti è necessario iscriversi
per tempo, presso la redazione
di Com-nuovi tempi, via Firenze 38, (»184 Roma, tei. 481.019 e
m.m.
voro intrapreso sia ripensato da
coloro che ci seguiranno. Qccorre che essi siano posti in grado
di avvertire quello che è accaduto, con piena consapevolezza, in
modo da poter fare le loro esperienze procedendo sul piano delle verifiche di quanto la nostra
generazione ha ritenuto di poter
fare nel campo dei temi che stiamo dibattendo nei 35 anni trascorsi. La nostra eredità cadrà
infatti sulle loro spalle, e non potranno evitarla. Bisogna che sia
per loro il meno pesante possibile. E tutto quello che possiamo ancora fare per loro. Non è
infatti pensabile che essi debbano ancora una volta ricominciare tutto da capo in questo settore di attività, come è avvenuto
per ben tre volte di seguito nel
giro di questo trentennio a cavallo delle due generazioni che
hanno preceduto i cinquantenni
di oggi».
Riferendosi al protocollo dell'Intesa, che prevede una revisione decennale dell’Intesa stessa,
Peyrot ha sottolineato l’importanza di tali scadenze e Tesigenza che tale lavoro di revisione a
scadenza non sia lasciato « alta
imprevvisaziope ■ ed alla impreparazione dell’ultimo momento.
Dovrà essere seriamente condotto, nel quadro delle esperienze
di ciascun decennio, seguendo e
comprendendo: da un lato quanto è avvenuto dal 1943 al 1978
circa l’intesa ed i rapporti tra
Chiesa e Stato in campo ecclesiastico; e dall’altro cosa sarà
accaduto politicamente nel paese ».
La coerenza
di un cammino
L’oratore ha infine terminato
la sua introduzione con un richiamo ai « diritti di libertà per
la predicazione dell’Evangelo da
parte di chiunque e l’indipendenza delle istituzioni ecclesiastiche
che ne costituiscono il supporto » che devono continuare ad
essere coerentemente rivendicati. « Si tratta, come ho cercato
di chiarire con le parole e coi
fatti, di una posizione di coerenza e di rinnovamento ad un tempo, che le vostre chiese hanno
saputo assumere più volte nella
loro storia: nel XIII secolo col
rifugiarsi alle Valli; nel 1561 col
Patto dell’Unione; quindi nel
1689 manu militari contro l’arroganza franco-sabauda; successivamente nel 1849 con la dichiarazione al governo piemontese;
e nel 1851 con la repulsa della
legge sull’esercizio del culto; e
di recente nel 1943 con l’articolo
13 di quel sinodo; e nel 1978 con
l’intesa. Sono certo che anche le
nostre più giovani generazioni
sapranno, a loro tempo, rispondere a tale esigenza.
Desidero dare loro in questo
momento un attestato di fiducia,
confidando nella loro fede e
quindi nelle loro cdpacità di studio, di riflessione e di azione. Il
Signore le assisterà e deciderà
Lui quanto occorre, come è avvenuto per la nostra generazione e per quelle che ci hanno preceduto ».
Come è noto la discussione che
è seguita — centrata soprattutto
su alcuni dei 20 articoli del protocollo — è sfociata in un documento di valutazione complessiva della trattativa e del relativo
protocollo che approva l’operato
della Tavola e del Comitato permanente e autorizza il Moderatore e il Presidente alle ultime
formalità e alla firma conclusiva (vedi testo sul n. delTll.8).
Per parte nostra non manca
quindi nulla. Siamo pronti. E da
parte dello Stato? Occorrerà —
come suggerisce Peyrot — armarsi di pazienza e intanto —
come singoli e come chiese —
studiare a fondo il protocollo
dell’Intesa e la relativa documentazione che sta per essere
pubblicata dalla Claudiana.
F. G.
5
15 settembre 1978
UNA VALUTAZIONE A PARTIRE DALLA V ASSEMBLEA DELLA CONFERENZA CRISTIANA PER LA PACE
CCP: la crescita di un movimento
Della V assemblea generale della Conferenza
cristiana per la pace (CCP) svoltasi a Praga, dal 22
al 27 giugno, il nostro giornale ha già dato una
prima informazione riguardo alla larga e qualifi
cata partecipazione e le prime impressioni di un
partecipante (vedi la « scheda » sull'Assemblea
preparata da Sergio Ribet e l'articolo « Liberazione è il nuovo nome della pace » di Emilio Nitti
sul numero dell'11 agosto). L'ampia valutazione di
Paolo Ricca, che pubblichiamo in questo numero
ci consente di andare più a fondo nella valutazione di questo movimento ed in particolare della
sua importante tappa costituita dalla V Assemblea.
L’indubbio successo quantitativo e organizzativo della V Assemblea della CCP è stato soprattutto im successo della segreteria di K. Tòth il quale
proprio con questa assemblea
ha concluso il suo mandato di
segretario,^,generale ed ha assunto quello di presidente, lasciato
vacante dal metropolita russo
Nikodim, dimissionario per motivi di salute (1). La promozione di K. Tòth alla carica di presidente significa tutt’altro che
una sua silenziosa rimozione
dalla gestione diretta della Conferenza ; al contrario significa
che la sua linea ha vinto, facendosi strada attraverso non poche difficoltà esterne e resistenze interne, e che essa orienterà
ancora nei prossimi anni il cammino della CCP. La quale, dopo
l’emorragia sub'^a negli anni
’68-’69, si è ripresa e appare oggi in fase di crescita, non solo
numerica ma anche (benché più
lentamente) qualitativa.
Come si può caratterizzare la
linea vincente di K. Tòth che nei
sette anni in cui è stato segretario generale ha rilanciato ,,la
CCP e soprattutto le ha restituito buona parte del credito che
la « normalizzazione » imposta
dai sovietici le aveva tolto? Tre
ci sembrano essere le sue componenti essenziali.
li terzo mondo
I. - La prima è la forte immissione di cristiani del Terzo Mondo impegnati nelle lotte di liberazione dei loro paesi oppure
(come nel caso del Vietnam e di
alcuni paesi africani) nel consolidamento dei regimi « socialisti » o « democratici » che ne sono nati. A Praga i rappresentanti del Terzo Mondo erano
ben duecento. Questa presenza
così considerevole si rivela sempre più di fondamentale importanza non solo perché la « partita» della pace si gioca oggi in
larga misura al tavolo del Terzo Mondo ma anche perché quest’ultimo non si stanca di ricordarci cose che sappiamo ma facilmente dimentichiamo; la realtà degli imperialismi che si contendono, non solo diplomaticamente, il dominio del mondo; il
fatto che la coesistenza pacifica
non significa pape dappertutto
ma solo pace (relativa) nel Primo e nel Secondo Mondo; il
fatto che l’odierna disputa sui
diritti umani si sviluppa in una
chiave tutta occidentale : ad
esempio, in molti paesi del Terzo Mondo il diritto umano alla
assistenza medica e all’istruzione è considerato prioritario rispetto agli stessi diritti della coscienza; e così) via. Insomma: il
punto di vista del Terzo Mondo
è oggi insostituibile per qualunque discorso e azione glòbale a
favore della pace. È un merito
della segreteria di K. Tòth aver
fatto della presenza massiccia
del Terzo Mondo un carattere
distintivo dell’odierna OOP.
Naturalmente non tutto il Terzo Mondo è rappresentato in seno alla CCP ed era presente a
Praga, ma solo quello che più o
meno direttamente si muove
nell’orbita d’influenza dell’Unione Sovietica. Í: questo, senza
Paolo Ricca:
“Lettere
dairindia,,
A partire dal prossimo
numero l’Eco-Luce pubblicherà una serie di corrispondenze di Paolo Ricca che in agosto ha trascorso due settimane in
India in occasione della
riunione di « Fede e costituzione », la Commissione teologica del Consiglio
Ecumenico delle Chiese.
dubbio, uno dei limiti attuali
della CCP, peraltro abbastanza
comprensibile se si ricorda il
fatto che la CCP è stata fin dall’inizio un organismo promosso
e diretto dalle chiese dei paesi
dell’Est europeo, che non possono prescindere dal quadro politico in cui si trovano a operare. Nell’immediato futuro i rapporti tra CCP e Terzo Mondo
daranno probabilmente luogo a
due ordini di problemi, che possiamo formulare mediante gli
interrogativi che seguono :
1) Riuscirà la CCP nei prossimi anni ad attrarre nella sua
orbita le chiese o almeno gruppi di cristiani dei paesi del Terzo Mondo « non allineati »? Quale potrà essere, in tal caso, il
loro ruolo aU’interno della CCP?
Riuscirà quest’ultima a diventare il luogo d’incontro e di confronto di tutte le forze cristiane
progressiste che nei diversi paesi del mondo lavorano per una
società nuova?
2) Quale sarà il contributo
teologico, accanto a quello politico e culturale, dei cristiani
del iTerzo Mondo? Esiste una
« teologia del Terzo Mondo »? A
Praga i rappresentanti latinoamericani hanno molto insistito
sulle nuove prospettive aperte
dalla teologia della liberazione
che comporterebbe, in realtà,
una liberazione della teologia da
ogni impostazione idealistica ed
astratta. Ne è nato un contrasto piuttosto vivo con le tradizioni teologiche europee (in primo luogo con quella ortodossa
ma anche con quella protestante, specialmente luterana), che
finora hanno dominato, quasi incontrastate, in seno alla commissione teologica della CCP.
Che cosa nascerà dall’incontroscontro tra le teologie europee
e quelle del Terzo Mondo? Riusciranno ad integrarsi oppure
resteranno alternative le une alle altre?
Occidente solidale
e critico
II. - La seconda componente
essenziale della « linea Tòth »,
che ha dato alla CCP la sua attuale fisionomia e che l’assemblea di Praga ha pienamente
avallato, è l’apertura verso l’Occidente e il Giappone. Dagli inizi degli Anni Settanta K. Tòth
ha intrapreso un’opera paziente
e tenace di ricucitura della rete
di rapporti con molti gruppi cristiani dell’emisfero occidentale
che l’invasione della Cecoslovacchia e gli eventi che ne seguirono avevano spezzato. Quest’opera sta dando i suoi frutti:
a Praga erano rappresentati
tutti i paesi deH’Eùropa Occidentale, compresa la Spagna
(anche se con un solo esponente); nutrita la delegazione statunitense (venti membri) e quella giapponese. Naturalmente, i
cristiani occidentali presenti a
Praga e nella CCP rappresentano solo se stessi o gruppi o
comitati di cui fanno parte, non
le loro rispettive chiese. Ciò
nondimeno s’è trattato di una
presenza consistente e significativa, anche se con un grado di
rappresentatività ancora modesto. Quel che Occorre però sottolineare è che i cristiani dell’Europa occidentale e dell’America del Nord non sono stati
semplici ospiti o spettatori e
che la loro funzione all’interno
della CCP non è meramente
flancheggiatrice. S’è trattato, anche all’assemblea di Praga, di
una presenza non addomesticata o accomodante ma, ad un
tempo, solidale e critica: solidale con le chiese dell’Est europeo e il loro sforzo di uscire
dalla posizione marginale in cui
i regimi di quei paesi vorrebbero vederle relegate; critica nei
confronti di una linea « ufficiale »
della CCP che non si sottrae ancora a certe semplificazioni e
giudizi schematici e appare talvolta troppo poco problematica
e articolata sia sul piano teologico che su quello politico. È evidente comunque che la presenza dei cristiani d’Occidente nella CCP non è temuta ma desiderata; e lo è non tanto per ah
largare l’orizzonte intérnazionale della CCP (ristrettosi alquanto dopo le secessioni del ’68-’69)
ma proprio per introdurre al
suo interno una voce diversa
anche se scomoda: una voce che
i regimi dei paesi dell’Est mettono sbrigativamente a tacere
ma che nelle chiese dell’Est e in
particolare nella CCP viene almeno ascoltata e discussa, anche se non necessariamente condivisa.
In sostanza, le voci critiche
che — pur in un atteggiamento
complessivamente solidale — risuonano con crescente insistenza in seno alla CCP tendono a
rendere quest’ultima più autocritica di quanto non lo sia stata finora. A questo proposito è
stato apprezzato l’intervento in
seduta plenaria di un cattolico
irlandese che rilevava, come oggi molti cristiani e molte chiese,
non solo in Occidente ma anche
in Oriente, continuino a coltivare una « coscienza selettiva »,
una coscienza cioè più sensibile
alle colpe altrui (di altre chiese, di altri popoli, di altri regimi sociali) che alle proprie e
poco disposta a riconoscere i
problemi irrisolti esistenti nel
proprio mondo, ecclesiastico o
politico. Oltreché un perdurante farisaismo confessionale c’è
anche, fra i cristiani che vivono
nei- vari sistemà, un sottile fari-saismo politico che rischia di
paralizzare un dialogo reale e
renderlo sterile. Dei passi in
avanti tendenti a superare questo farisaismo politico sono stati compiuti dall’assemblea di
Praga, al cui interno s’è manifestato un pluralismo crescente
di posizioni, opinioni, punti di
vista, che peraltro non ha superato lo stadio verbale e non traspare in maniera adeguata nelle risoluzioni poi adottate dalla
assemblea. Il dibattito all’interno deli’assemblea è stato ben
più articolato di quanto non risulti dai documenti finali. Qui
appare un altro limite della
CCP: le sue dichiarazioni ufficiali (nei paesi dell’Est si dà
molta più importanza a quel che
si scrive che a quel che si dice)
sono sovente riduttive rispetto
alla complessità del discorso
che le ha precedute.
Un caso tipico è costituito
dalla discussione intorno alla
Cina, che da molti anni è la
grande assente in seno alla CCP.
Il documento proposto all’assemblea conteneva, accanto ad
alcuni generici riconoscimenti,
tre domande critiche sulla politica estera cinese, legittime in
sé ma avulse dal loro contesto
naturale, costituito dalla politica estera sovietica e, subordinatamente, da quella americana.
L’opportu'^ità di porre in tal
modo quelle domande è stata
contestata da vari delegati, in
particolare da un ortodosso rumeno. Di tutto ciò non è rimasta traccia nel documento finale, accettato dalla maggioranza
nella sua stesura iniziale. La procedura un po’ sbrigativa (anche
per un’effettiva ristrettezza di
tempo) con cui si discutevano e
votavano risoluzioni su varie
questioni, anche molto complesse, ha contribuito a far sii che i
documenti finali riflettano il parere solo di una parte (sia pure
maggioritaria) della assemblea.
Insomma: la CCP è meno monolitica di quel che sembra dalle sue dichiarazioni ufficiali. Non
bisogna ritenere che i contenuti
del suo discorso siano interamente riprodotti nei suoi documenti scritti. C’è anche qui, per
così dire, una tradizione orale
il cui peso sta crescendo è che
in un prossimo futuro potrà
creare cose nuove.
Una veduta di Praga
L’opzione per
il socialismo
III. - La terza componente della «linea Tòth» è, naturalmente, una opzione per il socialismo
che si traduce, nei paesi dell’Est, in una accettazione non
cieca o dogmaticamente chiusa
ma comunque aperta e leale del
« socialismo reale » ivi instaurato. Fin dove questa accettazione sia dettata anzitutto da ovvie ragioni di opportunità storico-politica e fin dove invece
essa corrisponda alla convinzione che il « socialismo rèale » sia
al momento attuale, in quei paesi, l’unico possibile, non si può
dire. Comunque sia, nell’ampia
e sostanziosa relazione presentata all’assemblea, K. Tòth diceva tra l’altro: «Per ’socialismo’ io non intendo solo la politica quotidiana di un partito,
di un governo o di un paese ma
l’insieme dei complessi fenomeni sociali, economici, politici e
internazionali in cui confluiscono le aspirazioni, le lotte e le
conquiste storiche delle masse
lavoratrici che hanno acquisito
la loro coscienza di classe, senza peraltro ignorare il fatto di
errori e difetti da parte loro. È
vera l’affermazione secondo cui
’comunque si giudichino le nostre esperienze ritardo al socialismo di sistemi sociali locali, non si può negare che il concetto e la causa del socialismo
sono oggi collegate in molte parti del mondo con progetti di liberazione e speranze di un sistema migliore di relazioni umane. Perciò, chi intende partecipare a modellare il futuro dell’umanità deve almeno fare i
conti con il ’socialismo’». Da
una visione di questo genere
non sembra potersi desumere
una concezione statica, o settaria, o rigidamente monolitica
del socialismo, che viene valorizzato più come movimento
che come sistema, più come
tendenza e aspirazione e lotta
che come regime; in particolare
non si parla di un modello unico di società socialista, già collaudato e idoneo a essere esportato dovunque.
Certo, una maggiore consapevolezza critica nei confronti della politica estera sovietica e, in
generale, delle società socialiste,
« reali » o meno, sarebbe auspicabile all’interno della CCP, tanto più nel quadro della sua opzione di fondo «per il socialismo ». È ingenuo chiederlo? Sarebbe un comportamento suicida, per la CCP, aprirsi anche in
questa direzione? Non lo sappiamo. Sappiamo che il lavoro
di questo organismo si svolge
sovente sul filo del rasoio, per
cui una certa prudenza è d’obbligo. D’altra parte, un eccesso
di prudenza potrebbe, alla lunga, soffocare la libertà, e quindi l’autenticità, di una parola
cristiana. « C’è un tempo per ta
cere e un tempo per parlare»
(Eccl. 3:7): si tratta dunque di
scegliere i temgi, non di prolungarli airinfinito. Non sta certamente a noi, ma ai nostri fratelli dell’Est, dire se il tempo
per parlare è giunto. Constatiamo però che c’è già chi parla,
anche all’interno della chiesa, e
non in chiave reazionaria.
L’anno scorso, ad esempio, c’è
stata una petizione pubblica
(nota come la « Petizione dei
31») sottoscritta da 31 laici e
pastori della Chiesa evangelica
dei Fratelli boemi (una chiesa
riformata), i quali, richiamandosi tra l’altro aU’insegnamento
di Hromàdka (pastore e teologo, amico di Barth e fondatore
della stessa CCP) e ponendosi
grosso modo nella linea di
« Charta ’77 », hanno chiesto alle autorità dello Stato «garanzie per un libero sviluppo della
vita della chiesa nel quadro delie leggi esistenti»; in pratica
hanno chiesto l’applicazione della Costituzione o la sua esecuzione in leggi ordinarie. Il loro
cahier de doiéances è ampio e
circostanziato ; tra l’altro essi
poleniizzano contro l’autorizzazibne ' statale necessaria all’esercizio di un ministero ecclesiastico che costituisce, secondo i
firmatari, uno strumento di controllo indebito e occasionalmente repressivo da parte del potere politico nei confronti di pastori e studenti in teologia considerati, per qualche motivo, sospetti. Non vogliamo qui entrare nel merito della Petizione né
darne una valutazione positiva
o negativa. Vogliamo solo segnalarne resistenza e dire che
voci di questo genere dovrebbero poter trovare udienza — eventualmente anche critica — in seno alla CCP e in assemblee come quella di Praga.
Che dire in conclusione? Diremo che la 5* assemblea della
CCP ha confermato l’importanza e il ruolo positivo svolto da
questo organismo cristiano, ecumenico e internazionale, nel
quale, a nostro avviso, è meglio
essere presenti che assenti. Tanto più che la linea impressa in
questi ultimi anni alla Conferenza e avallata dall’assemblea
di Praga è tale da far sperare
che i limiti attuali della CCP —
che pure esistono e che abbiamo segnalato — potranno essere via via superati.
Paolo Ricca
^ Come è nolo il metropolita Nikodim, in Italia da alcune settimane per
rappresentare la Chiesa ortodossa russa
ai funerali di Paolo VI e alla intronizzazione del nuovo papa, è deceduto
improvvisamente durante l’udienza di
congedo da Giovanni Paolo I. Sulla figura di Nikodim, la cui scom/parsa
non colpisoe solo la Chiesa ortodossa
russa ma anche la Conferenza Cristiana della Pace e il Consiglio Eeumenico delle Chiese, ci riserviamo di riprendere il. discorso su uno dei prossimi numeri. (NJ.R.).
L
n
6
15 settembre 1978
cronacadellevalli
■ 3 t
Massello:
£j|*ÎÏ^âS i
rENEL
i ^ 4 ¿V
't- ì:
,5. <-V ':■'>•
frf
Il Consiglio della Comunità
Montana Chisone e Germanasca
ha approvato rinserimemto nel
proprio piano di sviluppo del
progetto ,perj,,l’eletJ;y|igcazictae di,
Mass^lK. V/. * ' V - y
Dopo 'almeno digei anni di attera, questò picèoló doiqune dèlia ¿.yal Gèfnjaiiascà Vede’ àwicinarsi la. ripeta tàpto sò'spiràta:
sostituire finalmente laiVecchia
centralina e ,le linee, dadenti con
un Jtìèttrc^Otto'’'piìi‘' rijqdèrnò e ■
funzionale; 11 progetto che rientra nel piano della CBE per l’agricolturà è passato còme infrastruttura Vivile, per le zone agricole ed ha ottenuto un finanziamento di 160 milióni dalla Regione e 40 dali’ÈNÉL. I consiglieri
di,tutte le fbrz;e politiche hanno
espresso.la loro soddisfazione ed
è statò , proposto di a'ggiungere
im còntfihutò nel caso, probabile,, dhe la Sornma stanziata risul-,
tasse ' insitìliciente.
Meglio : tardi che mai, vìen voglia'*di dire,'tuttavia questo ritardo è abbastanza sgradevole
perché è necessario trovare ima
ditta per i lavori: qualche anno
fa è stato costruito l’elettrodotto
per il resto della valle e se il progetto per Massello fosse stato
pronto, rimpresa specializzata
avrebbe portato tutto à termine
in breve tempo.’
Ma un’altra considerazione
piuttosto , amara nasce spontanea; dov’è l’agricoltura nella zona di Massello, dopo decenni di
spopolamento e di abbandono
delle terre? A che cosa può servire una buona erogazione di energia elettrica, se non c’è niente
altro che raccompagni per assicurare a chi lavora la terra un
reddito decente? Certo, nessuno
può negare anche a chi va in villeggiatura a Massello o passa
l’estate nella vecchia casa rimessa a nuovo il diritto di tenere in
casa alcuni pochi elettrodomestici; ma le modeste abitazioni
o i grossi condomini popolati
soltanto l’estate o nei fine-settimana non fanno che rendere più
triste per contrasto la situazione
della montagna che non ha più
in sé le risorse necessarie per
nutrire i suoi figli.
L. Viglielmo
É nata l’associazione
“Amici deii’ospedale
vaidesedi Pomaretto,,
51 porta a conoscenza di tutti
coloro che hanno a cuore le opere della chiesa la costituzione di
una Associazione sotto la denominazione « Amici dell’Ospedale
Valdese di Pomaretto », con sede in Pomaretto.
L’Associazione ha lo scopo di
promuovere e sostenere tutte le
iniziative dirette a favorire lo
sviluppo deU’attività ospedaliera
ed assistenziale dell’Ospedale
Valdese di Pomaretto, favorendo
anche la ricerca e lo studio nel
campo medico e parasanitario
con l’istituzione di borse di studio e premi, con il versamento
di contributi, con l’organizzazione o la partecipazione a congressi, corsi di perfezionamento e di
specializzazione.
L’Associazione si propone inoltre di provvedere ad opere di
manutenzione degli immobili e
delle attrezzature ospedaliere.
I soci fondatori rivolgono a
tutti l’invito ad iscriversi all’Associazione inviando la loro adesione ai Signori;
Attilio Pons - Via Carlo Alberto,
52 - Pomaretto - Tel. 8.12.02
Bruno Prelato - Via XXVIII Aprile, 6 - Perosa Arg. - Tel. 8.10.97
Gino Rostan - Via M.te Grappa,
6 - Perosa Arg. - Tel. 8.13.13
Ernesto Chambon - Via Stefano
Per, 10 - Pinerolo - Tel. 7.27.43
dai quali sarà possibile avere ulteriori più ampi ragguagli.
XV agosto
a
Massello: veduta del Piccolo Passet, Grande Passet e, in alto a destra il Roccias
VIAGGIO ALLE CEVENNE
a vivere
Nei giorni scorsi, dal 1° al 4
settembre 1978, è stata effettuata ima gita di interesse, storico
nelle Cevenne, organizzata dal
pastore Renato Coisson della comimità di Pomaretto. I partecipanti (una cinquantina di persone) provenivano per lo più da
questa comunità, ma molti anche da Villar Perosa ed altri ancora da Torre Pellice, Luserna
S. Giovanni, Pinerolo, S. Germano, Torino. Il punto di riferimento era Mialet, piccolo villaggio
del dipartimento di Gard, nel
cuore cioè delle Cevenne, teatro
delle guerre religiose e delle persecuzioni contro gli ugonotti. In
questo villaggio esistono ben due
case in cui siamo stati ospitati;
il Foyer Roland, nel centro, e le
Relais Mouret, un po’ in periferia, Da Mialet, in diverse direzioni, abbiamo potuto visitare, sia
pure in modo limitato, vari centri più o meno importanti come
Anduze, Uzés, Avignon, Mérindol, Aigues Mortes... che hanno
in comune la caratteristica di
appartenere alla storia protestante, ugonotta e valdese.
Sabato 2: Mérindol. Siamo nel
Luberon, zona della Francia meridionale in cui, nella prima metà del ’500 furono presenti i vaidesi e si tennero due Sinodi di
preparazione a quello più conosciuto di Chanforan. Quest’anno
è stata posta una lapide a ricordo del massacro valdese, del
1545, nella parte vecchia di Mérindol, dove ancora si vedono i
resti dell’antico villaggio valdese, che purtroppo si sta trasformando in zona residenziale per
turisti stranieri. Alla manifestazione è dedicato un altro servizio in questa stessa pagina.
Domenica 3: Mas Soubeyran,
sede del Musée du Désert nella
casa natale di Pierre Laporte
(detto Roland) capo camisard. Il
museo comprende quattro stanze dedicate a grandi uomini della resistenza « camisarde » c
molti documenti relativi al periodo « au désert » quando cioè,
in seguito alla revoca dell’Editto
di Nantes (1685), le comunità
ugonotte del Languedoc vissero
clandestinamente la loro fede
lottando per la libertà religiosa,
ottenuta poi nel 1787. Sotto gli
alberi che circondano il Mas Sonbeyran c’è stata l’annuale ma'^ifestazione, analoga al nostro XV
agosto, con culto al mattino m
occasione del quale viene battezzato un gran numero di bambi-'i
e che termina con la Santa Cena
celebrata con i piatti e le cop-ee
del periodo « au désert ». Nel
pomeriggio la manifestazione
continua con discorsi e il canto
collettivo della Cévenole e del'a
Complainte des prisonnières de
la Tour de Constance. Aigues-Mortes, dove si trova la Tour de
Constance, usata come prigione
delle donne ugonotte, tra cui la
famosa Marie Durand, che vi ri
insegna
la fede
mase 38 anni, senza mai lasciarsi convincere ad abiurare ed incoraggiando alla resistenza le
sue compagne di prigionia. In
tempi più recenti (periodo nazifascista) la Tour de Constance
divenne il simbolo stesso della
Resistenza.
La gita alle Cevenne non è
stata un semplice viaggio turistico organizzato, ma un tentativo
di metterci in contatto, guardando lapidi ed altri cimeli storici,
con una situazione che non ap
partiene soltanto al passato (la
lotta religiosa dei camisards, o
il massacro dei valdesi del Luberon), ma è una realtà di oggi:
ovunque nel mondo esistono popoli oppressi, schiavi o perseguitati per motivi di coscienza e il
ricordo delle lotte passate vuole
insegnarci ancora oggi a vivere
una fede salda e libera, che non
scende a compromessi con il
mondo e che vede al di là della
situazione contingente.
Erica Revel Girardon
Il tempo incerio (a tratti decisamente freddo!) ha caratterizzato rincontro del XV agosto in località « Bric » di Rorà.
Tuttavia i coraggiosi che hanno affrontato il rischio della
pioggia non sono stati pochi!
La giornata, egregiamente preparata dalla Chiesa locale, ha
avuto inizio con il culto presieduto dal past. Ermanno Genre
e la predicazione del prof. Valdo Vinay.
Una successiva presentazione
v-q tre ha fatto capire come il
problèma del comportamento
« evangelico » sia sentito in maniera diversa, ma non discorde,
da tre generazioni che vivono
nelle nostre chiese. Hanno riferito il past. Alberto Ribet, il
prof. Giovanni Gönnet e il candidato in teologia Claudio Fasquet.
Nel pomeriggio il moderatore,
nel suo messaggio, ha puntualizzato il momento che i nostri
istituti evangelici vivono, nei loro rapporti con lo Stato che
sembra sempre più prendere a
cuore i problemi dell’assistenza.
Una presentazione di Rorà
nella storia e nel presente a cura di Giovanni Gönnet, Silvio
Tourn, Roberto Morel e Ermanno Genre ci ha fatto comprendere i problemi di ieri e di oggi
che là gente di Rorà ha affrontato e deve affrontare.
In chiusura, ma non per questo meno importante (anzi!) una
presentazióne del funzionamento e degli scopi dei consultori
di recente istituiti in Val Pellice e di prossima istituzione in
Val Chisone-Germanasca. Hanno presentato questo tema Marco Armand-Hugon, assessore ai
servizi sociali della Val Pellice,
Silvana Tron, assistente sociale
dqlla Comunità Montana Val
Chisone-Germanasca, e MariePrance Coisson e Caterina Genre in qualità di utenti.
Mérindol:
il passato
Mérindol, ai piedi delle montagne del Luberon, è uno dèi
luoghi più noti nella storia valdese : quivi in particolare, nel
1545, si scatenò la violenza della
repressione a danno di popolazioni colpevoli solo di avere una
fede diversa da quella della
maggioranza, auspice il Parlamento di Aix-en-Provence, esecutore materiale il barone d’Oppède (in seguito giudicato da
un tribunale parigino), consenziente il re di Francia Francesco I. Paolo Sarpi, lo storico veneziano ben noto, con poche incisive parole presenta il fatto:
« Non si trattò né di inquisirli
né di minacciarli a lasciare le
loro opinioni e riti; ma empito
il paese di stupri, furono mandati a fll di spada tutti quelli
che non eran potuti fuggire e
stavano esposti alla sola misericordia, non lasciando vivi vecchi né putti né donne di qualunque condizione ed età. Ed è
c'sn, certa che furono uccise più
di Quattromila persone, che senza far alcuna difesa chiedevano
compassione ».
Già visitato da molti gruppi
delle Valli, il luogo di Mérindol
non presentava al passeggero
nessuna lapide o ricordo commemorativo: e fu così, che due
anni fa una proposta della Società di Studi Valdesi al pastore Louis Mordant, solerte animatore locale, trovò il terreno
adatto per una modesta ma significativa operazione. Oggi, sulla collina di Mérindol, da cui si
dominano i ruderi dell’antico
villaggio valdese e l’abitato attuale e da cui si gode di imo
spettacolo grandioso sulla bassa
valle della Durance, una piccola
pietra dice ; « En mémoire des
Vaudois de Provence morts pour
leur foi en 1545». Accanto, un
cartello ricorda sommariamente la vicenda valdese del luogo
ed i promotori; la Società di
Studi Valdesi, la Deutsche Waldenser Vereinigung, TAssocia
ricordato
valdese
tion des études vaudoises et historiques du Luberon.
Sabato 2 settembre, in una
splendida giornata di sole, molta gente assisteva all’inaugurazione : c’erano una quarantina
di valdesi tedeschi guidati dal
pastore Eiss, una quarantina di
valdesi di Pomaretto sotto la
guida del pastore Coisson, molta gente del posto. Fu una cerimonia semplice, ma commovente e raccolta; i Saluti e la presentazione del « mémorial » da
parte del pastore Louis Mordant, il saluto del signor Jourdan di Walldorf e quello del
presidente della Società di Studi Valdesi. Qualche canto, tra
cui cantato da tutti con fervore il Giuro di Sibaud.
Più che le parole, valgono in
certi momenti il richiamo al
passato e la contemplazione dei
luoghi, che da soli parlano all’animo sensibile.
Al mattino, a Lourmarie, si
era svolta l’assemblea annuale
dell’Association d’Etudes vaudoises et historiques du Luberon, fondata due anni fa dall’entusiasmo di Mordant, e che ha
coagulato nel frattempo tanti interessi locali per la storia valdese e raggruppato anche un
bel numero di studiosi di storia
valdese locale.
Una riunione animata e vivace, seguita da una bella conferenza del prof. Gabriel Audisio,
dell’Università di Marsiglia, il
quale partendo dai sinodi di
Mérindol del 1530 e di Chanforan del 1532, riproponeva i grandi punti interrogativi che segnano gli anni in cui il movimento
ereticale valdese si trasforma in
Chiesa riformata.
Tutta una giornata consacrata ai ricordi e alla storia valdese, nel calore dell’incontro con
vecchi amici o della conoscenza
con nuovi, intorno ai temi e ai
pensieri che comunque fanno
ancora battere il cuore alla gente nel comune ricordo della testimonianza cristiana.
Augusto Armand-Hugon
Valados Usitanos
L’associazione culturale Valados Usitanos, che si propone di
valorizzare e diffondere la cultura d’Oc delle valli eccitane in
Italia, nei suoi vari aspetti (lingua, canti, danze), ha organizzato una serie di interventi musicali nelle valli eccitane.
Gli spettacoli che interessano
le nostre valli (Pelis, Cluziin,
S. Martin), si terranno a; Luserna S. Giovanni, sala Albarin,
sabato 16-9, ore 21; Inverso rinasca, domenica 17-9, ore 16.30;
Ferrerò, sabato 30-9, ore 21.
I gruppi che interverranno ad
animare le serate sono: 1) Sunaires Usitan, già noti in Valle
per il loro lavoro di animazione
musicale; 2) Lou Bachas, gruppo di Antibes, che propone un
repertorio di musiche dell’Occitania italiana e francese; 3) I
Perlinpinpin, gruppo della Guascogna con musiche di un’altra
parte delTOccitania.
È la prima volta che l’Associazione Valados Usitanos si impegna nell’organizzare in prima
persona una manifestazione cosi, importante. L’intento è di non
delegare ancora una volta ad organismi locali la gestione di
spettacoli nati con lo scopo di
offrire la possibilità alla gente
di rivivere la propria cultura in
modo non strumentalizzato o
mercificato.
I gruppi di valle
della Val Cbisone
e Val Pellice
7
15 settembre 1978
CRONACA DELLE VALLI
SUOR IDA BERT
Una vita per servire
« Ed ora bisogna che le dica il
motivo per cui desidero entrare
nella Casa delle diaconesse. È
perché sento la necessità di fare
qualche cosa per il Signore. Non
certo che io non creda che sia
possibile servirlo fuori d’un ospedale, e meno che mai perché
pensi che questo mi costituisca
qualche merito davanti a Lui.
Oh no! Nella mia miseria sento
che non potrò mai fare nessun
bene senza il soccorso della sua
grazia.
« Fin da giovane mi sono sentita attirata verso quelli che soffrono e ammiravo quelli che per
amore del Signore consacrano
la loro vita al suo servizio. Ma la
consideravo come una missione
troppo nobile ed elevata. Tuttavia quando lessi il primo rapporto del Rifugio Carlo Alberto ne
rimasi talmente impressionata,
che il pensiero si impose che io
dovevo fare qualche cosa per
quei poveretti, e che con l’aiuto
di Dio lo avrei potuto fare. Da
allora l’idea di diventare diaconessa non mi ha più lasciata ».
Queste parole sono parte di
una lettera scritta 70 anni or
sono da una giovane di Bovile,
una borgata sulle alture della
Val Germanasca. Si chiamava
Ida Bert.
Il pastore Davide Peyrot, allora direttore della Casa delle diaconesse l’accolse nell’ospedale di
Torino, dove allora la Casa aveva la sua prima sede. Dopo due
anni di noviziato, la giovane intraprese il lungo viaggio per
Kaiserswerth, in Germania, dove fioriva la prima casa di diaconesse. Era stata fondata da
Teodoro Fliedner, uno dei più
eminenti uomini del Risveglio
del secolo scorso. Completata la
sua preparazione, Ida Bert ritornò in Italia. Per un anno fu
presso l’Ospedale evangelico di
Milano, dal 1913 al 1917 all’ospedale Protestante di Genova. Sei
anni dopo il suo ingresso nella
Casa, venne consacrata al diaconato nella chiesa di Pomaretto,
insieme a Suor Giovanna Pent e
Suor Margherita Grill, anch’esse
ora col Signore. Era il 1° novembre 1914.
Torino, Milano, l’orfanotrofio
di Torre Pellice, l'ospedale di
Pomaretto e poi il reparto tjb.c.
di Torre Pellice sono le tappe
principali del suo ministero, continuato poi a Bovile dove le sue
condizioni di salute o quelle dei
suoi familiari, la costrinsero a ritirarsi, continuando però il suo
ministero a favore degli abitanti
della regione.
Gli ultimi anni furono trascorsi presso la Casa madre, amorevolmente curata dalle sue compagne. Lucida nella mente fino
all’ultimo, ridotta alla cecità e
quasi sorda, il suo anelito era di
poter entrare nella Casa del Padre e di essere accolta da quel
Signore da lei servito con amore.
Al funerale, presieduto dal direttore della Casa, la Tavola Valdese rappresentata dal pastore
A. Taccia ha portato il saluto
della Chiesa e il pastore A. Janavel ha ricordato il lungo ministero di servizio della suora. La
salma è stata trasportata a Bovile, dove una gran folla si è riunita nel piccolo cimitero per udire ancora una volta l’annunzio
dell’Evangelo fatto dal pastore
Rutigliano.
Da tutte le testimonianze, un
sentimento è emerso: la gloria e
l’amore di Dio che si degna di
servirsi di umili strumenti come
noi. Chissà che fra i tanti giovani e giovanotte che hanno partecipato a questa cerimonia qualcuno non abbia sentito in cuor
suo la medesima voce che tanti
anni or sono si è fatta sentire
ed è stata accolta nel cuore di
suor Ida Bert?
Roberto Nisbet
Colloquio
pastorale
Dopo la pausa estiva il colloquio pastorale del I Distretto si riunisce al Castagneto di Villar Pellice il lunedì 18 settembre, alle ore
9,15.
Questa prima riunione vuole essere di impostazione per
il lavoro del prossimo inverno, una programmazione del
« Bollettone », un pro-memoria per l’incontro di Vallecrosia (15-18 ottobre) sulla
catechesi.
I colleghi sono invitati a
non mancare! Anche le famiglie sono invitate.
La CRD
ROR A’
• Mercoledì 6 settembre abbiamo accompagnato al cimitero la
salma di Elìna Tourn Boncoeur
in Durand, deceduta all’età di
68 anni, dopo una breve ed improvvisa malattia. Rinnoviamo
ai familiari la nostra solidarietà
cristiana e ringraziamo il pastore Cipriano Tourn per aver
presieduto il funerale.
• Domenica 17 prossima la
Pro loco organizza una gita turistica al lago di Garda. Partenza dalla piazza alle 5 del mattino. Prezzo: L. 7.500 per i soci
e 8.000 per i non soci. Per le
iscrizioni rivolgersi a: Silvio
Tourn, Sergio Rivoira e Giovanni Boero-Rol.
Comunicato TEV
La Domenica ’TEV, annunziata sull’Eco-Luce per
il 17 corr. a San Germano è rinviata a data da
destinarsi.
I coordinatori, e tutti
gli aderenti che lo possono, sono invece pregati ai
intervenire alla riunione
che si terrà nei locali dell’ex Asilo di Torre Pellice
venerdì 15 corr. alle ore
20,30.
PRAMOLLO
• Mercoledì 6 settembre abbiamo accompagnato all’estremo riposo il fratello Davide
Peyronel (Tournim) che il Signore ha richiamato a sé all’età
di 91 anni, dopo un breve periodo di malattia. Alla famiglia in
lutto esprimiamo le più fraterne condoglianze.
• Un vivo ringraziamento ancora ai pastori Alfredo Janavel
ed Ermanno Rostan, ai fratelli
Ugo Zeni e Gianni Long che
hanno presieduto alcuni culti
nei mesi di agosto e settembre,
rivolgendoci degli apprezzati
messaggi.
PERRERO
Sabato 16 e domenica 17 c. m.
saranno ospiti a Perrero una
trentina di svizzeri della comunità di Rolle, i quali, guidati dal
pastore Rebeaud, restituiranno
la visita che a suo tempo fu fatta loro. I fratelli svizzeri giungeranno il pomeriggio di sabato, la sera vi sarà un pasto in
comune, la domenica mattina
culto in comime di Perrero e
Maniglia, a Perrero alle ore 10.
Dopo il pranzo, anch’esso in comune, i fratelli di Rolle ci lasceranno per recarsi a Torre Pellice. Preghiamo tutti coloro che
vogliono partecipare ai pasti di
sabato o domenica, dì prenotarsi.
Ili Circuito
Corso monitori
18-22 settembre 1978
Questo il programma del
corso su ELIA:
Lim. 18: Il profetismo in generale. I tempi dì Elia.
Mar. 19: I Re 17: Elia a Sarepta. I Re 18 : Elia e Abdia
e il sacrificio sul Carmelo.
Mer. 20: I Re 19: Elia a Horeb. I Re 21: La vigna di
Naboth.
Gio. 21: 2 Re 1: Achazia.
2 Re 2: Elevazione di Elia.
Questioni didattiche e pedagogiche.
Ven. 22: Questioni didattiche
e pedagogiche.
Le ultime due sere avremo
con noi il Past. Gilles Pivot
di Briançon dell’équipe francese che prepara l’originale
del materiale che adoperiamo.
I corsi cui sono tenuti a
partecipare tutti i monitori
del 3» Circuito sono aperti
anche a quei genitori che vogliono prepararsi a seguire il
lavoro dei propri figli.
Si terranno presso il Convitto di Pomaretto tutte le
sere dalle ore 20 alle ore 22.
TORRE PELLICE
• La Tavola ha deciso nelle sedute di settembre il trasferimento del pastore Antonio Adamo a S. Giovanni quale secondo pastore; egli continua la sua
collaborazione con Torre Pellice in forma ridotta; la nostra
comunità si rallegra di avere,
sia pure parzialmente, la sua
collaborazione, augurando un
lavoro benedetto nella comunità
« confinante ».
• Sabato 23 nella sala dell’Asilo è convocato im incontro dei
membri del Concistoro e dei responsabili delle attività; tutti i
fratelli che-pensano di poter dare suggerimenti e soprattutto
collaborazione neU’anno prossimo sono pregati di intervenire.
• Ringraziamo il pastore Janavel e la signorina Maria Bonafede, studentessa in teologia,
che hanno presieduto i nostri
culti rispettivamente di domenica 27-8 e^3-9.
• Nel mese di agosto ci hanno
lasciato i fratelli Chiavia Ernesto e Ricca Giovanni Pietro.
• Nei mesi di agosto e settembre si sono sposati: Gay Marco
e Malan Eralda; Bonjour Roberto e Cogno Ivalda; Benecchio Franco e Pronotto Maurizìa.
TORRE PELLICE
Collegio valdese
L’inaugurazione dell’anno scolastico 1978-79 avrà
luogo il 19 settembre alle
ore 15 nella Sala Sinodale.
Il pubblico è cordialmente invitato.
La Direzione
RODORETTO
L’Assemblea di Chiesa di Rodoretto è convocata per domenica 24 settembre alle ore 14,30
presso il Tempio. Questa assemblea è particolarmente importante perché, oltre a vari argomenti di carattere generale, dovremo trattare del futuro della
chiesa di Rodoretto. Essa infatti non può più essere considerata una chiesa autonoma, ma
questo che cosa può significare?
È quello che dovremo decidere
domenica 24 settembre.
Hanno collaborato a questo
numero: Franco Becchino Aldo Casonato - Ivana Costabel - Paolo Ribet - Aldo Rutigliano - Alberto Taccia Giorgio Tourn.
San Germano Chisone
Giornata deirAsilo
Il 24 sett. alle ore 15
avrà luogo la giornata dell’Asilo di S. Germano Chisone. Vendita di beneficenza e buffet saranno al centro di questa iniziativa
volta a sostenere l’opera.
Un cordiale invito è rivolto a quanti potranno e
vorranno partecipare.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Il Concistoro ha proceduto
nella sua prima riunione all’elezione delle cariche interne. Il
past. Taccia, è stato riconfermato presidente, l'Anziano Guido
Ribet, segretario e il Diacono
Ferdinando Girar don, cassiere.
L’Anziano Aldo Richard ha chiesto di non più essere confermato quale vice-presidente per motivi di salute e anzianità. Gli
esprimiamo la riconoscenza di
tutta la Comunità per aver fedelmente ricoperto questo incarico fin dal 1952. Al suo posto è
stato eletto l’Anziano Dino Gardiol.
• Un incontro con il Concistoro di Torre Pellice ha determinato i termini della collaborazione del past. Antonio Adamo,
tra le due Comunità. Infatti il
past. Adamo è stato nominato
dalla ’Tavola secondo pastore a
Luserna S. Giovanni con parziale collaborazione a Torre Pellice.
• Il Concistoro ha stabilito l’inizio delle attività per domenica 24 settembre. Alle ore 9 sono
convocati al Presbiterio i ragazzi del pre-catechismo (I e II
media) e dei quattro anni del
catechismo, per la determinazione dei giorni e ore di lezione.
Al culto della domenica 24 settembre sarà data la Bibbia ai
ragazzi dì I anno (classe 1965) e
saranno presentati alla Comunità i monitori e i catechisti.
• Domenica 10 settembre ha
avuto luogo nella bellissima
località di Ciò d’Mai nell’alto della collina di San Giovanni, l’annunciato incontro promosso dai gruppi Fgei e Pilodrammatico di San Giovarmi.
Nel pomeriggio canti popolari
della Val Chisone presentati dal
« gruppo di musica popolare »
di Pinerolo e la sera, recita del
Gruppo Teatro di Barge sul testo « L’ gran Tè nost », rievocazione di moti contadini nel Saluzzese alla fine del ’700. Malgrado le incognite di una iniziativa del tutto nuova e rinviando
a più maturata rìfiessione una
definitiva valutazione, possiamo
dire che il programma, favorito
da una stupenda giornata, è molto ben riuscito. Buona la partecipazione, soprattutto di giovani venuti da altre parti, discreto l’affiatamento, tecnicamente
buona l’interpretazione musicale e molto originale e vivace la
rappresentazione scenica. Il pastore ha fatto, nel pomeriggio,
una presentazione storica della
località dell’incontro collegandola ai fatti della resistenza valcese della fine del ’400 e la ser.9 ha introdotto la recita con la
narrazione dei fatti che hanno
portato all’affermazione e alla
estinzione della presenza protestante nel saluzzese. Altamente
lodevole il non indifferente sforzo organizzativo dei giovani che
hanno promosso la manifestazione.
ANGROGNA
È mancato improvvisamente
all’età di 78 anni, Davide Bertin
dell’Arpanot. Una vasta partecipazione di amici e parenti ha
confermato alla moglie e ai figlioli, in occasione del funerale,
l’affetto e la stima di cui Davide Bertin era circondato. Alla
famiglia rinnoviamo la nostra
profonda solidarietà fraterna.
POMARETTO
Scuola Latina
L’inaugurazione dell’anno scolastico 1978-79 avrà
luogo il 19 settembre alle ore 15 nel teatro del
Convitto. (Genitori ed amici sono cordiabnenté invitati.
La Direzione
VILLASECCA
• Tutta la comunità esprime
il più vivo ringraziamento ai
giovani Elvio Peyronel ed Emilio Rostan che hanno sostituito,
durante il mese di agosto, il pastore impegnato nel servizio di
« cappellania » presso la Casa
Valdese di Vallecrosia.
• Nel mese di agosto è improvvisamente deceduta Enrichetta
Ferrerò nata Balma. Mentre invoca l’aiuto del Signore della
vita ai familiari di Enrichetta,
la comunità è riconoscente al
past. Cipriano Tourn che ha
svolto la liturgia dei funerali in
sostituzione del pastore titolare
assente.
La parola della resurrezione e
della vita eterna è risuonata domenica 3 settembre durante il
servizio funebre per la scomparsa della diaconessa Ida Bert.
Il maggior riconoscimento è stato specialmente espresso da tutti gli abitanti di Bovile per l’opera svolta da questa diacona
del Signore che per molti anni
ha servito i minimi ed i deboli
fratelli.
• Il Concistoro è convocato
per domenica 24 c. m. alle ore 15
per la discussione del programma generale per l’anno 1978-79.
Doni ricevuti
dalla CIOV
nel mese di giugno 1976
PER OSPEDALI VALDESI
DI TORRE PELLICE E POMARETTO
L. 5.000: Mondon Albertina (Torre Pellice).
L. 10.000: Pons Remigio e fratelli (S.
Secondo di Pinerolo.);- Sig.ra Breda
Cougn in mem. di Olga Roccati (Roma); Dema Dina ved. Poet (Torre
Pellice); Cartolasi Clementina (Torre Pellice); Sappé Alessio ( Pramollo); Ribet Silvia (Pomaretto); G^aydou Clotilde (Torre Pellice).
L. 15.000: Tron Augusto (Pomaretto).
L. 20.000: Balmas Eugenia; Poet Enrico (Perosa Argentina).
L. 30.000: Unione Femminile Valdese
di Villar Perosa in mem. di Gallian
Elena ved. Miè e di Jourdan Ester
Carolina ved. Beux ; Cordiero Angelo (Dubbione di Pinasca); Micol Enrica (Pomaretto).
L. 40.000: Vinçon Adelino ( Roreto Chisone).
L. 50.000: Richiardone Mario (Pinasca); 1 compagni di lavoro di Ricca
Pier Carlo in mem. del padre Ricca
Maurilio (Porte); Lucadello Ester
(Villar Perosa).
I. 100.000: Bonnin G. Batttista (Perosa
Argentina ).
nel mese di Luglio 1978
PER ASILO DEI VECCHI
DI SAN GERMANO CHISONE
L. 30.000: Gruppo Anziani Riv-SKF in
mem. dì Antonio Pireddu; Soc. Alberto Leng-Arona in mem. di Comba
Giovanni.
II. 150.000: Unione Femminile Valdese
di San Germano Chisone.
L. 300.000: Arch. Vay (Torino).
PER OSPEDALI DI
TORRE PELLICE e POMARETTO
L. 10.0001 Mary e Ànlta Long un fiore
alla memoria di Antonio Pireddu (S.
Germano Chisone); Rivoira Davide
(Torre Pellice); Cordera Francesco
(Pérou Arg.)f Faure Mario (Roreto
Chisone); Rossato Antonia (S. Ger*
mano Chisone).
L. 20.000: Jalla Gobello Dina (Luserna
S. Giov.); Ribet Lidia (Inverso Pinasca ).
L. 50.000: Felix Vigna (Parigi); Coniugi Gallo (Torre Pellice); Talmon Delfina (Perosa Arg.).
L. 565.500 : Offerte ricevute tramite la
chiesa di Pomaretto. .
AVVISI ECONOMICI
VERZUOLO cercasi custodi casa, pratici orto-giardinaggio. Telef. ore pasti 0121/90623 - Via Beckwith, 27,
Luserna San Giovanni.
CERCASI tuttofare fissa o a ore, referenziata, per famiglia 3 persone.
Buon stipendio. Telefonare Torino
011/8609228.
CERCASI persona 20-30enine aiuto
custodia 2 bimbi anni 10, mesi 6,
disposta vivere Sestriere. Telefonare
Torino 011/694578, ore ufificio.
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbata la fede ».
(2 Tim. 4: 7).
Il giorno 9 settembre 1978 è morto
Angelo Incelji
pastore evangelico
Lo comunicano i familiari a tumulazione avvenuta, sostenuti dalla fede
di cui egli è stato testimone un po’
ovunque nel nostro paese.
Vicenza, 11 settembre 1978.
RINGRAZIAMENTO
Il marito e i familiari deRa compianta
E lina Tourn Boncoeur
in Durand
ringraziano tutte le gentili persone
che con la presenza, fiori, scritti e parole di conforto hanno preso parte al
loro dolore.
Un ringraziamento particolare ai
Pastori Sigg. Cipriano Tourn e Aldo
Rutigliano, ai Sigg. Medici e personale defi’Ospedale Valdese di Torre Pellice, al Prof. D. Varese, alle amiche.
Rorà, 9 settembre 1978.
8
s
15 settembre 1978
UOMO E SOCIETÀ’
I> i f- .
r-''.
Carrellata sulla
delinquenza europea
Il papato in questione
Sempre più di frequente si
sente dire, a proposito della criminalità, che ormai l’Italia ne
detiene il triste primato. Se la
cosa purtroppo pare rispondere
a verità per quanto concerne i
sequestri di persona e le uccisioni a sfondo politico, non altrettanto si può dire per gli assassini « comuni », per le violenze sessuali, per 1 furti, per
il vandalismo, per le truffe. ì:
quanto emèrge dall’ultimo libro
del giornalista e scrittore Enrico Altavilla, edito da Rizzoli col
titolò « L’Europa criminale »
(pagg. 184^ L. 5.000).
Altavilla non si occupa dell’Italia e neppure vuole fare dei
paragoni. I^li compie una approfondita carrellata sulla delinquenza da Parigi a Stoccolma, da, Londra a Francoforte e
ad Amfeterdam, ed il lettore ne
trae la Conclusione (parafrasando ima nota espressione) che se
Roma piange, certo le altre capitali europee non ridono. La
situazione ò infatti spaventosa
ovunque e le previsioni sono
estremamente buie. Un ispettore capo di Scotland Yard, parlando dei criminali, termina
sconsolatamente dicendo ; « alla
fine, vinceranno loro».
La Svezia, considerata una
delle nazioni fra le più progredite e socialmente « sicure », è
ben conosciuta dall’autore che
vi ha soggiornato per tre anni.
Ecco che cosa gli hanno detto
ora i suoi vecchi amici: «non
osiamo aprire l’uscio di casa
agli sconosciuti, preferiamo non
andare al cinema di sera... dopo le 20 o le 21 non ci serviamo
della metropolitana per paura
delle aggressioni ».
In Gran Bretagna è frequente il « mugging » e cioè l'assalto
a persone anziane o inchiese,
per il solo gusto della crudeltà,
del divertimento, còme altrettanto ingente è il fenòmeno dèi
vandalismo che nel 1976 ha provocato danni per 50 miliardi di
lir^. Elevato poi il numero dei
criminàli giovanissimi: su 100
rapine ben 54 sono compiute da
gente sotto i 20 anni, per non
parlare addirittura delle bande
di ragazzini di 10-12 anni che
« attaccano con brutalità, rapidità, perfetta organizzazione di
squadra». Il valore degli oggetti rubati è triplicato in 10 anni,
mentre l’impiego di armi da fuoco è aumentato in un anno di
oltre il 20 per cento.
Come noto, Amsterdam è la
capitale della droga, assieme alla « succursale » Prancoforte,
dove addirittura vi sono i giorni di mercato due volte al mese. L’autore ha buon gioco nel
dimostrare, dati alla mano, che,
unitamente all’alcool, questo è
uno dei veicoli più sicuri per
l’avvio ed il potenziamento della criminalità.
In Germania, dopo i traffici
di droga, il commercio clandestino delle armi è il più lucroso, con un giro addirittura superiore a quello della prostituzione. Ad Amburgo « ogni 30 secondi un ladro entra in un appartamento » mentre « i furti
con scasso sono più di un milione all’anno ». Un criminologo
intervisiaio ha detto : « ladri e
truffatori stanno minando la
nostra società assieme ai delinquenti sessuali che insidiano
donne e bambini». Anche qui la
delinquenza giovanile è molto
estesa : « si arriva al milione abbondante di reati commessi da
minorenni nel 1976, tenendo conto solo di quelli che sono stati
denunciati ».
In Francia in 10 anni le rapine-a mano armata sono aumentate del 5C0 per cento e del 2.000
per cento gli attacchi alle banche, alle gioiellerie, ai trasporti
di valori. Anche qui si ha la riprova della incidenza della droga sul delitto : « due anni fa solo
10 malfattori su cento erano
tossicomani; adesso sono 30 su
cento ».
In chiusura l’autore si dichiara d’accordo con tutti quegli
studiosi che fanno presente la
necessità « triste, ma inevitabile, di rafforzare i corpi di polizia ». Ci pare questa un’arma a
doppio taglio, anche se indubbiamente si rende necessario
studiare la loro unificazione, per
evitare dispersioni, rallentamenti e reciproche « gelosie », come
pure altrettanto si rende necessario rivedere il loro trattamento economico. Ma è certo — come d’altronde riconosce anche
Altavilla — che finché non si
combatterà a fondo contro la
disoccupazione, contro le ingiustizie sociali, contro l’urbanizzazione inconsulta, contro l’esasperazione del consumismo, l’avvenire si presenterà assai scuro
ed inquietante,
Roberto Peyrot
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio ViolaJ
Il fascismo persiano
Tutti sanno che il regime che
impera nell’Iran, da più di 25 anni, è imo dei più repressivi ed infami del mondo. Da gran tempo,
inoltre, i giornali di tutto il mondo sono pieni di notizie sul pro^essivo aggravarsi della situazione iranica, non solo interna,
ma ormai anche intemazionale,
situazione che tutto fa prevedere non lontana da una svolta di
grande importanza.
Veramente già aU’epoca del
ministro Mossadek (n. a Teheran
nel 1880, morto ivi nel 1967),
parve vicina la svolta. Ma Mossadek, uomo di nobili sentimenti,, di tendenze socialiste e grande patriota, benché avesse ottenuto, dopo lunghi anni di lotta,
alcuni vistosi e clamorosi risultati politici, fu infine vinto (1953)
daU’attuale scià Reza Pahlevi
(n. a Teheran nel 1919). Da allora, il regime dello scià si consolidò sempre più, fino a diventare
una vera e propria tirannia.
È di grande interesse poter valutare la situazione interna dell’Iran e conoscere le ragioni storiche che hanno condotto ai recenti, gravi disordini, ultimo il
feroce attentato di Abadan. In
proposito, in un articolo su
« L’Espresso » del 27.8.’78, Alberto Moravia scrive:
« Le ragioni storiche sono chiare e semplici; l’Iran, paese asiatico e dunque in ritardo sull’Europa, ha vissuto negli ultimi anni e sta tuttora vivendo quel modo di governare, insieme dinamico e autoritario, riformista e
repressivo che, nella storia, va
ormai sotto il nome di fascismo.
Le analogie tra il regime dello
scià e quello di Mussolini sono
numerose; la somiglianza tra la
situazione sociale dell’Iran attuale e quella dell’Italia di mezzo secolo fa, evidente. L’Iran era,
all’inizio del secolo, un paese di
cultura contadina, senza industrie, molto religioso e con un
basso livello di alfabetismo. Oggi, a correggere questi caratteri,
sono intervenuti fatti nuovi che
ricordano molto i fatti nuovi introdotti in Italia (lai regime fa
scista: il partito unico d’ispirazione governativa; il nazionalisfrio fiammeggiante e sistematico; il militarismo; la modernizzazione ad oltranza; l’imperialismo; la rivoluzione gattopardesca ossia la cosiddetta ’’rivoluzione bianca”; la polizia segreta;
l’accentramento burocratico; la
repressione anti-comunista ecc.
A tutte queste analogie, bisogna aggiungere quella della personalità del monarca dittatore.
Certo egli non è un Mussolini,
venuto dal socialismo, né un
Hitler venuto dal nulla; ma il fascismo trasuda da ogni suo gesto e da ogni sua parola. Lo scià
è naziomUista a oltranza, con
qualche venatura nazista (l’appello (tostante alla cosiddetta
’’anima iraniana”), la convinzione profonda che i comunisti siano "traditori della nazione”; un
continuo richiamo alle glorie della Persia preislamica; e infine una volontà di tipo staliniano, di
mandare ad effetto, in dieci anni, quella rivoluzione industriale
che l’Occidente ha portato a termine in un secolo. Volontà che,
invece d’ispirarsi all’Islam, vuol
trarre la sua giustificazione ideologica dalla mitica tradizione
’’ariana”. Ecco un breve estratto
del discorso tenuto dallo scià il
13.10.’70 davanti la tomba di Ciro il Grande, a Pasargade: ’’Ciro,
eccoci davanti alla tua eterna dimora per dirti solennemente:
dormi in pace per sempre, perché noi vegliamo. E noi veglieremo per preservare la tua preziosa eredità”.
Le due grandi differenze tra il
regime fascista e quello dello
scià, erano e sono: 1) che l’Italia
fascista era povera mentre l’Iran,
grazie al petrolio, è ricco; 2) e
che la dittatura imperiale, pur
avendo, a sinistra, gli stessi nemici di Mussolini, ha, a destra,
degli avversari che, in Italia, non
esistevano (il fascismo o li aveva assorbiti, oppure li aveva paralizzati con il Concordato). La
prima di queste differenze ha
fatto sì che la ricchezza del petrolio, in un paese poverissimo
come l’Iran, ha avuto un effetto
destabilizzante; la seconda che
lo scià si è trovato improvvisamente di fronte all’opposizione
della religione tradizionale.
Lo scià non può perdere la
scommessa della modernizzazione dell’Iran. Egli è in gara con
le sinistre e col tempo. Dentro
25 anni, il petrolio sarà esaurito: a quella data, l’Iran dovrebbe esser diventato un grande
paese trasformatore come l’Italia. Questa scommessa ha portato lo scià ad una pesante repressione; alla dispersione all’estero
della gioventù studentesca, tutta
di sinistra; alla sospensione dei
diritti umani; e alla creazione,
come abbiamo già accennato,
della polizia segreta e del partito unico.
Ma le riforme dello scià, ancorché messe in atto dall’càto e
in senso conservatore, hanno ugualnìente incontrato l'ostilità
della destra musulmana, perché
la modernizzazione dell'Iran ha
voluto dire la sua occidentalizzazione ».
(segue da pag. 1)
vocabilè: è la tendenza verso una
forma di governo « conciliare »
che prima o poi si imporrà nella
Chiesa cattolica.
Se questa linea di tendenza si
concretizzasse — è ovvio che non
si tratta certo delTunico sbocco
possibile — ciò rappresenterebbe certo ùn enorme cambiamento, forse il massimo cambiamento ipotizzabile oggi senza scivolare nell’utopia, il cambiamento
che certo non pochi cattolici
progressisti sottoscriverebbero...
Tuttavia non sarebbe un cambiamento sufficiente e perciò accettabile per noi evangelici.
Esigenza evangelica
Intendiamoci bene: questa affermazione non è il prodotto di
uno scetticismo ecumenico. La
nostra funzione come evangelici
non è certo quella di contrapporre aH’ottimismo un pessimismo
sulla persona dell’attuale papa
o sul processo di mutamento in
atto nel papato. Sarebbe ben misero e sterile il nostro compito
storico se si configurasse in una
ottusa previsione che « tanto la
Chiesa cattolica non cambierà
mai ». La nostra funzione come
evangelici è invece quella di indicare l'esigenza di cambiamento radicale che deriva da un confronto non già con la nostra realtà storica, bensì con l’Evangelo
di Gesù Cristo.
È quanto fanno in modo esemplare i due professori della Facoltà valdese di teologia di Roma, Bruno Corsani e Paolo Ricca, in due brevi saggi che la
Claudiana ha avuto la ventura di
stampare proprio alcune settimane prima della morte di Paolo VI e dell’elezione di Giovanni
Paolo I
Non essendo qui possibile una
esposizione completa, tralascerò
l’aggiornata discussione dei testi
neotestamentari condotta da
Bruno Corsani per soffermarmi
invece sulla tesi centrale del saggio di Paolo Ricca « Il papato
come problema ecumenico ».
Da più parti si auspica — o si
vede in atto — una riforma del
papato. Per Ricca questa ha un
senso in un quadro di precisi
cambiamenti sostanziali: la riconduzione del papato al ministero pastorale della diocesi di
Roma; la rinuncia volontaria ad
ogni potere spirituale; il riconoscimento effettivo della collegialità nel governo della chiesa; la
rinuncia al ruolo di potenza politica ed economica esercitata
dalla S. Sede, dal papa (Capo di
Stato) e dalla sua diplomazia.
Questi cambiamenti si riassumono in un punto centrale: la rinuncia, da parte del papa, del
potere e del primato. Il potere è
l’opposto del servizio evangelico
e il primato non è pensabile neppure nella sublimazione del servizio. « Dire: ”il primo fra voi
sia come colui che serve” non
significa fondare un primato di
nuovo tipo ma significa scardinare ogni primato e far valere
soltanto il servizio » (p. 55). Il
principio stesso di primato è incompatib,ile con l’Evangelo, «perché mediante esso si introduce
nella chiesa il principio gerarchico, che secondo noi non è compatibile con il fondamentale
principio evangelico della fraternità. ’’Voi siete tutti fratelli”, dice Gesù (Matteo 23: 8) ». Questo
Vegliare con l’Iran
Dopo che la « settimana internazionale » di questo numero era stata composta dal
nostro collaboratore, l'8 settembre la repressione dell’esercito iraniano è balzata sulle prime pagine dei giornali
con le sue centinaia di morti.
Questi fatti non fanno che
confermare e sottolineare la
generale squalifica del regime
dello scià di Persia. Ma d’altra parte segnano anche un
cambiamento qualitativo oltre che quantitativo: non c’è
ormai più esitazione tra repressione e evoluzione: c’è ormai solo repressione.
Riteniamo che da parte no
stra non possa esservi miglior
commento a questi fatti che
l’indicazione contenuta nella
meditazione di Sergio Rostagno pubblicata su questo numero a proposito del potere
come degenerazione delta responsabilità, del potere esercitato senza responsabilità.
« Vegliare vuol dire opporsi a
tutto ciò che dalla responsabilità slitta verso il potere
allo stato puro ». Veglia così
non già lo scià, con la sua
torpida e sanguinaria retorica, ma il movimento che a
lui si oppone dentro e fuori
dell’Iran.
rifiuto radicale del « principio
del primato » — che, come osserva giustamente Ricca, non
significa solo critica al papato
ma anche critica e autocritica
di ogni situazione ecclesiastica
in cui lo « spirito del primato »
si fa strada nella pretesa di ergersi a « piccoli papi » — è la
condizione indispensabile di una
vera riforma del papato.
Ma un papato cosi riformato
sarebbe ancora il papato? Al capitolo « Riforma del papato? »
fa seguito nel saggio di Ricca un
capitolo intitolato « Fine del papato? » e i due punti interrogativi non fanno che attenuare una
tesi che è sostenuta senza mezzi
termini: riformare il papato secondo l’Evangelo significherebbe
finire col papato così come si è
configurato finora nella storia.
Questa posizione può sembrare un estremismo venato di anticattolicesimo e fuori luogo, nel
tempo in cui intorno al papato
sembra costruirsi gradualmente
un consenso ecumenico e non
più solo cattolico (con apporti
anglicani e luterani) all’insegna
del « ministero dell’unità » che
sarebbe proprio del papato. In
realtà la nostra posizione è aperta ad un possibile « ministero di
unità » se domani esso dovesse
essere deciso e riconosciuto dalle chiese: ma questo ministero
non potrebbe in nulla contrastare con l’Evangelo. Esso sarebbe
dunque al di là della riforma del
papato (e quindi della fine del
papato così come si è configurato finora) e non potrebbe mai
porsi al di qua di tale riforma
con rillusione di promuoverla e
facilitarla.
Il nostro contributo
ecumenico
La nostra posizione di fronte
al papato è perciò di critica radicale e vuole essere non anticattolica ma evangelica: nella
linea della visuale prospettata
da Zizola, ma in realtà in senso
ancor più radicale. Riportando
la citazione da cui siamo partiti
Ricca infatti ne corregge la conclusione commentando: « No,
non era il papa. Era, se così si
può dire, l’ex-papa. Era un San
Francesco redivivo, o addirittura un Valdo - un qualunque predicatore itinerante deH’Evangelo, povero e disarmato, senza
rango e senza potere » (p. 57).
Questo svuotamento estremo del
papato e di ogni forma di primato secondo la linea orizzontale della fraternità che si deve
sostituire alla linea verticale
della gerarchia ha poco a che
fare con gli ottimismi o i pessimismi, con il prevedibile o il
possibile: è un’esigenza evangelica che abbiamo da riproporre
— e da rivivere per parte nostra! — come il contributo di
un ecumenismo vero, fatto non
di diplomazia e di compromesso, bensì di franchezza e di linearità.
F. Giampiccoli
I B. CoHSANi/P. Ricca: Pietro e il
papato nel dibattito ecumenico odierno, Claudiana 1978, pp. 90, L. 2.000.
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