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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Spedizione in a. p. 45% - art 2 comma 20/B legge 662/96 • Filiale di Torino.
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Anno IX - numero 32 - 24 agosto 2001
ECUMENI
La Sodetà miaiontula baXBsta
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È urgente una soluzione padtìca
diBERNTlONSSON
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206-207,
Dossier
ivo frorr^anizzasionali,
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■BIBBIA E AHUALITA
UN SOLO
BATTESIMO
ìiifCò dell’acqua, che impedisce che
icsiabattezzato?»
Atti 8, 36
Due miliardi circa sono i cristiani, divisi non solo sulla cena del
Signore, ma anche sul battesimo:
amministrato agli «infanti» dalla
grande maggioranza delle chiese, ai
«aedenti» da circa 250 milioni di cristiani. 11 testo di Efesini 4: «...un solo
corjpo, un solo Spirito... un solo Si,pore, úna sola fede...» diviene così
iB inciampo aU’unità là dove proclama «Un solo battesimo». Lo si vede in
■aiibito ecumenico, quando viene
^esaltata l'«unità dei battezzati», basata sul tacito o espheito riconoscimentof«iproco del battesimo. Qui battisti, pentecostali, avventisti, fratelli
ecc. vengono visti come «sacrileghi»,
non per il fatto di battezzare i credenti adulti, ma perché battezzano
anche chi ha ricevuto già il battesimo
da bambino, ritenendo che tale atto
taanchi del requisito essenziale: la fedetì battezzando. Non rispettano la
concezione del battesimo come atto
ù^tibile e, praticamente, considerano non cristiani i pedobattisti.
Alcune riflessioni, è ormai convinzione generale delle chiese
che la sequenza naturale originaria
fosse: ascolto della Parola, fede, ridiiesta del battesimo, amministrazione dello stesso, come è testimoniato
daü’episodio del ministro etiopico riportato da Atti 8. È storicamente accettato che fino al IV-V secolo la
piassi «normale» era quella del battesimo dei credenti. Quando il battesimo si trasformò in atto magico-sacramentale, rendendo di per sé cristiani
f garantendo la salvezza con la cans^lazione del peccato originale, si ritome necessario amministrarlo il più
presto possibile. Negli anni Cinquanta del Novecento vi fu un’ampia dismissione, specie in campo protestante, sul «ritorno al battesimo». Lo testimonia il famoso «frammento» delia Dogmatica di Karl Barth orientato
versola posizione «battista». Oggi si
torna à parlarne (cff., fra l’altro, i vari
interventi recenti su Riforma) anche a
proposito degli accordi bmv che han■10,portato a una serie di riconoscimenti reciproci, ma non del pedobattesimo da parte dei battisti.
T documenti bmv del ’90, secondo 1
I finali i battisti privilegiano il rico“''isoimento del credente nel valdese
t nel metodista, giunto alla fede con
"npvrcorso diverso, rispetto al rico®^*?oimento del suo battesimo, opera
nn Cambiamento di metodo che, a
'"ro'giudizio, rappresenta oggi il
modo più valido per affrontare le ditoni fra i cristiani: prima ci si accome fratelli, poi si discute.
, toie a questo principio nella magÌior parte delle chiese battiate italiato vi Sono membri evangelici (non
®maietodisti e valdesi) a cui non è
>mto chiesto il ribattesimo. Tutte le
mese dovrebbero riconsiderare la
La crescita del movimento sulle tematiche globali e la responsabilità delle chiese
La gestione del pianeta
Più che alla presenza mediática, bisogna puntare su proposte concrete e praticabili
largamente condivise e sostenute anche dai governi e dalle istituzioni internazionali
-ne del battesimo e riportarlo
, *tà adulta, introducendo il rito
j. presentazione dei bambini al
^ure come accoglimento nella co^^ità. Le chiese di tipo battista dofibero impegnarsi, per amore frasulvo esplicita richiesta, a non
T®ùnistrare il battesimo a chi prochiesa pedobattista.
Emmanuele Paschetto
EUGENIO BERNARDINI
Tra aspre discussioni sul tenere o
meno, o sul come tenere, i prossimi vertici di organismi internazionali e sui segnali di ripresa della violenza terroristica, sta trascorrendo
l’attuale fase politica balneare del
nostro paese. Argomenti serissimi,
per carità, ma trattati ci sembra più
per trarne un beneficio di propaganda per sé che per affrontare i problemi in sé. Al contrario dei vari tormentoni estivi, però, non credo che
questo passerà con la prima brezza
autunnde. Infatti le rhanifestazioni
intorno al G8 di Genova hanno confermato che in questi anni è cresciuto un movimento di protesta transnazionale contro il drammatico
stato in cui versano troppi popoli
del mondo, contro i gravi effetti dei
cambiamenti climatici causati da un
modello di sviluppo insostenibile
per l’ambiente, e anche contro un
sistema di rappresentanza politica
internazionale che non garantisce
una più efficace democrazia e lotta
contro le disuguaglianze.
L’ulteriore novità è che queste tematiche globali sono sollevate e gestite non tanto dalle tradizionali istituzioni politiche (partiti e sindacati),
ma principalmente dai più diversi
movimenti della società civile, che
coalizzano gruppi di interesse ancora più diversificati, e in cui le grandi
tematiche globali sono trattate con
un linguaggio misto di politica,
scienza ed etica.
Insomma, sembrerebbe proprio
che la gestione del pianeta sia trop
ur/Lomoynel
po importante per essere lasciata in
mano soltanto alla classe politica
delle varie nazioni del mondo e alle
loro istituzioni internazionali. La so
cietà civile dei paesi democratici
non si accontenta più di votare i suoi
rappresentanti a livello politico, ma
vuole anche «esserci»: esserci nei
luoghi in cui si discute e si prendono
le decisioni, per indirizzarle e controllarle, esserci nel dibattito teorico
che prepara queste stesse decisioni.
Tutto ciò è molto positivo, anzi,
può essere molto positivo a una precisa condizione: che si abbia ben
chiaro che la capacità di influenzare
concretamente la gestione delle tematiche globali (clima, fame, salute,
commercio, bioteconologie...) non
Segue a pag. 11
....J Dal 26 al 31 agosto
Il Sinodo
a Torre Pellice
Si svolge dal 26 al 31 agosto, a Torre Pellice, il Sinodo annuale delle
chiese valdesi e metodiste che costituisce il loro massimo organo decisionale. Il Sinodo si aprirà nel pomeriggio di domenica 26, alle 15,30, con
un culto presieduto dal pastore valdese Salvatore Ricciardi, nel quale saranno consacrati i candidati al ministero pastorale che avranno superato
r«esame di fede» che si terrà il 25
agosto davanti al corpo pastorale. 1
candidati sono: Susy De Angelis, Caterina Dupré, Jean-Felix Kamba ed
Elisabetta Ribet. Tra i temi in discussione: la vita e la testimonianza delle
chiese valdesi e metodiste, la globalizzazione e l’etica economica, l’eventualità di accedere alla ripartizione
dei fondi otto per mille non esplicitamente destinati dal contribuente.
Israele-Palestina
Più coraggio
per fare la pace
«Grazie a Dio, Gesù ha detto “beati
coloro che si adoperano per la pace”,
non “beati coloro che parlano di pace”. Fare la pace richiede più coraggio che combattere una guerra». Così
si è espresso il vescovo anglicano di
Gerusalemme, Riah Abu E1 Assai, a
una consultazione sul conflitto in
Medio Oriente, promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) a
Ginevra il 6 e il 7 agosto, a cui hanno
partecipato esponenti delle minoranze cristiane di Israele e dei Territori palestinesi. In una conferenza
stampa, il segretario generale del
Cec, Konrad Raiser, ha chiarito che
«la posizione del Cec non si appiattisce nel sostegno a una delle due parti, ma sottolinea l’importanza fondamentale delle norme del diritto internazionale e dei diritti umani», (nev)
Valli valdesi
Ponte Chisone
progetto caro
A 10 mesi dall’alluvione che ha distrutto il ponte stradale e quello ferroviario sul Chisone, all’ingresso in
Pinerolo, il guado ha risolto provvisoriamente il problema del traffico automobilistico, ma rimane il problema
del treno. Il progetto per il rifacimento della struttura ferroviaria, che eliminerebbe il passaggio a livello come
richiesto dal Comune di Pinerolo, è
molto oneroso (24 miliardi circa) e
permangono intanto i disagi per i
viaggiatori. Per questo gli amministratori della vai Pellice hanno incontrato l’assessore provinciale Campia e
vari funzionari regionali per discutere
il progetto di «metropolitana leggera»: anch’esso, se pur vantaggioso,
non può però prescindere dal ponte.
A pag. 7
RAZZISMO
«SCIENTIFICO»
Un recente editoriale del prestigioso
settimanale medico inglese Bmj (23
giugno 2001: «Racism in medicine») e
un nuovo aggiornamento ufficiale sul
numero delle «razze umane» negli Usa,
riportato anche nella stampa italiana
(pare che siano veramente molte secondo la classificazione più recente),
sono l’occasione per ritornare sull’argomento della «razza» e su come tale
concetto è trattato e divulgato nel.|
mondo dell’informazione medica e dagli operatori sanitari in generale. C’è
da dire che vi è ancora molto da fare.
Non più di un anno fa, nell’ambito
di un incontro all’ospedale di Vicenza
sulle malattie infiammatorie croniche
intestinali organizzato con il gruppo
che rappresenta in Italia l’Associazione dei malati di quelle patologie, fu
presentato e distribuito ai presenti
(operatori sanitari e malati) un opuscolo, curato dall’Associazione e diffuso in tutta Italia a scopo divulgativo. In
un capitoletto, dedicato all’epidemiologia e alla genetica delle malattie infiammatorie croniche intestinali ( colite ulcerosa e malattia di Crohn) si diceva testualmente a un certo punto:
«...la colite ulcerosa è malattia largamente prevalente nella razza ebraica...». Sgradevole fu la sorprèsa nel
leggere tale affermazione e ancor più
osservare che l’autore di tale messaggio divulgativo era un «autorevole»
medico «specialista» universitario milanese. Inspiegabile poi il fatto che
nessun controllo sul testo fosse stato
eseguito prima della pubblicazione, e
soprattutto da parte di una Associazione di consumers di solito molto attenta
alla qualità dei messaggi al pubblico.
È evidente oggi che parlare di «razza
e fornire a questa come attributo una
confessione religiosa o una etnia» è
non solo scientificamente scorretto,
come da anni autorevoli antropologi e
genetisti (valga per tutti Luigi Cavalli
Sforza in Geni, popoli e lingue, Adelphi
1996) hanno dimostrato (vi sono spesso maggiori differenze genetiche tra
due bianchi nativi di Reggio Emilia
che non tra un nativo bianco di Reggio
e un nativo nero del Ghana) e come
per fortuna si legge ormai anche in eccellenti testi di geografia per la scuola
dell’infanzia ma anche apertamente
offensivo e a volte foriero di più cupi
ricordi (Anna-Vera Sullam Calimani ;
I nomi dello sterminio, Einaudi 2001).
Che poi taluni messaggi fuorviànti
provengano da chi dovrebbe garantire
la correttezza di una informazione
scientifica e magari promuovere la
formazione delle nuove generazioni di
operatori sanitari desta certamente legittime preoccupazioni. Di qui deriva
la nostra responsabilità come operatori sanitari e cittadini di veicolare
informazioni scientificamente e culturalmente corrette, ispirate innanzitutto al rispetto dell’unica specie umana.
È bene quindi dimenticare il concetto
di «razze» differenti per gli umani, in
quanto il tentativo di dimostrarne
scientificamente con prove l’esistenza
è fallito miseramente, anche se si tratta di un mito che stenta a morire (cfr.
anche Bioetica quotidiana di Giovanni
Berlinguer, Giunti, 2000). 0 forse si
può affermare, come fece Albert Einstein, al momento del suo ingresso negli Usa, quando gli fu chiesto a quale
razza appartenesse, che di razzai ce n’è
una sola, quella «umana». Tutto il resto si può riassumere in un’unica parola: pregiudizio.
Daniele Busetto
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della
«^^II regno dei cieli
è simile a un re che
volle fare i conti
con i suoi servi.
^‘'Avendo cominciato
a fare i conti,
gli fu presentato
uno che era debitore
di 10.000 talenti.
^^Quello non aveva
i mezzi per pagare,
il suo signore
comandò che fosse
venduto lui con
la moglie e i figli e
tutto quanto aveva,
e che il debito fosse
pagato. ^^Il servo,
gettatosi a terra, gli
si prostrò davanti,
dicendo: “Abbi
pazienza con me
e ti pagherò tutto”.
^^Il signore di quel
servo, mosso
a compassione, lo
lasciò andare e gli
condonò il debito.
^^Ma quel servo,
uscito, trovò uno dei
suoi conservi che gli
doveva 100 denari;
e, afferratolo,
lo strangolava,
dicendo: “Paga
quello che devi!”
^^Il conservo,
gettatosi a terra,
10 pregava dicendo:
“Abbi pazienza con
me, e ti pagherò”.
^Ma l’altro non
volle; anzi andò e lo
fece imprigionare,
finché avesse pagato
11 debito. suoi
conservi, veduto
il fatto, ne furono
molto rattristati e
andarono a riferire
al loro signore tutto
l’accaduto.
Allora il suo
signore lo chiamò a
sé e gli disse: “Servo
malvagio, io ti ho
condonato tutto
quel debito, perché
tu me ne supplicasti;
^^non dovevi anche
tu aver pietà del tuo
conservo, come io ho
avuto pietà di te?”.
il suo signore,
adirato, lo diede
in mano degli
aguzzini fino
a quando non
avesse pagato
tutto quello che gli
doveva. ^^Così vi
farà anche il Padre
mio celeste, se
ognuno di voi non
perdona di cuore
al proprio fratello»
(Matteo 18,23-35)
■
■
RIMETTICI I NOSTRI DEBITI
Cesò invita i cristiani a impostare i loro rapporti, che non possono che avvenire
all'interno della comunità, in modo «speculare» ai rapporti che Dio ha con noi
CRECOMO PLESCAN
#
A chi si rivolge Gesù?
Quando Gesù ha pronun
I ■
ciato il sermone sul monte,
a chi parlava? Questa domanda
non è accademica ma nasce da
una constatazione: certe parole
del Cristo hanno sempre goduto
di fama ambivalente: da un lato
affermazioni che sono, almeno
nel tono, universali; dall’altro
parole che presuppongono un
livello di impegno e di consapevolezza che difficilmente può
essere semplicemente esteso a
qualsiasi persona: rimettere i
debiti e ammettere di averne
non va da sé, solo chi si riferisce
già a Dio (per lo meno in qualche modo) può lasciarsene toccare, a meno di non pensare che
queste siano parole di una generica saggezza umana.
Il tipo di relazione con Dio che
viene presentata da Gesù, come
per esempio quando riflette sul
fatto che nell’universo spirituale
può sempre esserci una-confusione tra «gesto religioso» e «ipocrisia nascosta», oppure quando
critica un certo tipo di pietà, fanno pensare che il Signore stia
parlando a un gruppo di persone
desiderose di vivere «ancor più
seriamente» una già reale fede di
base: Gesù si rivolge ai discepoli.
Certo, non solo ai dodici, ma
Preghiamo
Lei si rivolge all’uomo per strada: «Signore, può aiutarmi?
Fa freddo e non so dove dormire. Mi sa dire dove posso
andare?». Lui allunga il passo, non si volta indietro. Finge
di non averla sentita. Inizia a fischiettare e attraversa la
strada. Sembra imbarazzato di essere lì.
Amico, ripensaci.
Oggi è un altro giorno di paradiso, per me e per te.
Amico, ripensaci.
Oggi è un altro giorno di paradiso, per me e per te.
Lei si rivolge all’uomo per strada. Si capisce che ha pianto. Ha le scarpe bucate, cammina male, sembra fare molta fatica...
O Dio, non c’è proprio niente che si può fare?
0 Dio, ci deve per forza essere qualcosa che puoi dirle...
Dalle rughe sul suo volto puoi capire che è qua da tanto.
Probabilmente viene dal nulla.
Probabilmente se ne è andata perché non ci si trovava
bene, o perché l’hanno cacciata...
Amico, ripensaci.
Oggi è un altro giorno di paradiso, per me e per te.
Amico, ripensaci.
Oggi è un altro giorno di paradiso, per me e per te.
(preghiera liberamente tratta dalla canzone
«Another Day in Paradise» di Phil Collins)
neppure a «tutti» gli esseri umani. Questa precisazione è importante, perché la domanda «rimettici i nostri debiti...», terribilmente radicale se presa sul serio,
si presta facilmente ad essere
fraintesa: probabilmente spesso
la traduciamo con «fammi essere buono con tutti come tu sei
buono con me». Questo è certamente un desiderio bello e «cristiano» in senso lato, ma non
corrisponde a quel che sta dicendo Gesù, anzi rischia di rendere impraticabile la parola del
sermone sul monte.
Invece Gesù ci invita a pensare
come possiamo vivere e quotidianamente la nostra fede in relazione con persone che la condividono, almeno in parte. Questa, che potrebbe sembrare una
limitazione, in realtà è una riflessione realistica: sappiamo che è
più facile amare «tutti» in generale che amare qualcuno in particolare perché nei rapporti umani si nota come le tensioni (i «debiti» da rimettere, farsi rimettere)
si stabiliscono nella concretezza
della vita quotidiana. Gesù invita
i cristiani a impostare i loro rapporti, che non possono che avvenire nella comunità, nella «chiesa», in un certo modo, «speculare» ai rapporti che Dio ha con
noi: sul perdono e non sulla vendetta, non dimenticando che alcuni desideri di «giustizia» possono facilmente stingere in essa,
come ricorda la parabola.
Il Dio vendicativo
e il Dio del perdono
La Bibbia presenta nel suo
I «debiti»
E interessante notare che Ge!
I sù usa la parola «debiti» per
indicare i conflitti nei rapporti
umani e non «peccati», parola
che noi assoceremmo più a un
vocabolario religioso. Questo
non è un sofisma: è immagine
coerente con il linguaggio e l’immediatezza di Gesù: nei rapporti
umani ci si ritrova in «debito»
l’uno nei confronti dell’altro, più
che in una situazione di «peccato». Parlando di «debiti» veniamo invitati a concentrarci su un
tema meno «grandioso» di quello del peccato, ma altrettanto distruttivo se applicato a un gruppo di persone concreto, come la
comunità dei credenti. Se leggiamo questa preghiera in chiave
«comunitaria» ci rendiamo conto che le tensioni e i problemi, le
occasioni in cui abbiamo bisogno di «rimetterci reciprocamente i debiti», sono molto più
spesso piccole e banali, piuttosto che «altamente spirituali».
sviluppo varie idee di Dio e
del suo atteggiamento nei confronti degli esseri umani. Uno
dei preconcetti più diffusi è
quello per cui le Scritture presentino due immagini di Dio
contrapposte e antitetiche: un
Dio violento e vendicativo nell’Antico Testamento e un Dio
mansueto e gentile nel Nuovo
Testamento. Questa visione è
molto antica, ma non è coerente
con i contenuti di tutta la Bibbia.
In realtà il Dio di tutta la Bibbia
rifugge l’approccio «buonista» o
irenico al mondo, ma mette in
luce piuttosto la serietà del legame tra Dio ed esseri umani che
si basa sull’idea di Patto.
Dio stringe dei patti con l’umanità e li rispetta, si aspetta
che anche noi facciamo lo stesso. I vari patti dell’Antico Testamento seguono uno schema circolare (dal generale al particolare: con l’umanità con Noè dopo
il diluvio, con Abramo più avanti nella Genesi) e presentano innanzitutto l’impegno che Dio si
prende nei confronti dell’altro e
poi la risposta che viene richiesta all’altro contraente; generalmente un patto è accompagnato
da un segno o simbolo che lo ricorda (l’arcobaleno, la circoncisione). Lo sviluppo dei patti ci fa
capire come i concetti di «impegno», «responsabilità», «mancanza» e «perdono», nell’immagine biblica, sono idee piuttosto
ampie e offrono sempre la. possibilità di essere vissute e prese
sul serio: da un lato l’azione di
Dio non è fine a se stessa o «capricciosa», ma sempre all’impegno per chi crede in lui; dall’altro «perdonare-essere perdonati» ha a che fare con la risposta
umana all’azione di Dio.
Rimettere, lasciare
perdonare per la chiesa
La parola usata da Gesù ha
1
luna gamma di significati abbastanza vasta e la sua scelta
rappresenta bene la vastità di
problemi che possono nascere
in una situazione concreta. Significa infatti lasciare (lasciar
stare, lasciare in pace, lasciare
tranquillo). Talvolta «perdono»
in un conflitto significa «lasciare
in pace», altre volte «lasciare
stare», altre volte ancora «lasciar» cadere una situazione,
semplicemente, resistendo alla
tentazione di rigirare il coltello
nella piaga. Una cosa che però
non significa «ignorare» o «far
finta di niente».
Parlando di remissione reciproca dei debiti Gesù, avendo in
mente principalmente un gruppo limitato e concreto come
quello dei discepoli, ci invita ad
impostare la vita delle chiesa secondo un’ottica e una dinamica
particolare e specifica: a) nessuno è sopra gli altri; b) nessuno
ha solo «crediti» o solo «debiti»;
c) non è possibile pensare a una
chiesa in cui qualcuno è perfetto
e qualcuno è imperfetto; d) il
modo in cui noi ci impostiamo i
nostri rapporti con Dio è speculare a quello con cui li impostiamo con gli altri e viceversa.
Questo approccio ai rapporti
nella chiesa è fondamentale e
molto difficile da mettere in pratica (non per niente possiamo
dire che questa è una delle richieste più spaventose del Padre
Nostro, se presa sul serio): perché generalmente succede esattamente l’opposto. Anche se
nessuno lo ammette apertamente volentieri, l’atteggiamento tipico del cristiano medio (così
come quello del pagano medio)
è quello di non rimettere affatto i
debiti altrui, di essere sostanzialmente convinto di essere in perenne credito e comunque di
pensare che Dio debba per forza
perdonare i nostri peccati (come
scrisse in maniera simpatica e
tagliente il commediografo irlandese Oscar Wilde: «Dio mi
perdonerà, è il suo mestiere»).
Al contrario, mettersi sullo
stesso piano con gli altri, dimenticando per un momento i ruoli
e gli incarichi che si hanno, e
anche la retorica che spesso si
accompagna a questi, richiede
un processo di analisi e conversione continua e affatto scontata. Nella realtà che conosciamo
la parabola del servo spietato è
talmente praticata da far sì che
la richiesta di Gesù diventi una
esortazione che assume un tono
di sfida e di indirizzo a uno dei
noccioli della questione centrale
della chiesa, della sua esistenza
e della sua azione nel mondo
per l’umanità.
(Quinta di una serie
di sette meditazioni)
Nella foto: Edward Hopper, Light at Two Lights, 1927, Collection of Blount, Inc., Montgomery,
Alabama, Usa.
Note
omiletKi,
La frase
stri debiti»'puTSJ'
sta come un gene^
Vito a guardare al i»
mo con correttezjj
mettere i propA
oppure può esser
come una proposi'
grammatica rispj^
rapporti che si
no nella chiesa
do questa SÉcond^
di riflessione abbiJ rö»riott
possibilità di aonrÀ Théo)
re
®PProl
I interpretazioi
ha dato Gesù dei ra»
umani che si sviluS
nei nostri gruppi S
giamo la dornandr
remissione dei dphi‘“"(.o,.;
debitori (come anS
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riamo nella question,
rapporti reciproci trj
denti (prima ancoij,
tra «esseri umani» j
so generico),
ÓVi
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ascoltano: per capirei
bito che si ha e/o cl
tro ha nei nostri coni
si deve prendere il
per ascoltare, nona
fretta, riuscire a sfon .te®
di capire l'altro e al ^doi
magari anche trovan
motivi per sdrammaS ria è co:
re. Una chiesa comn di aver
da persone che si md ¿testo
no in discussione: cj| laudo
può anche significare) aflèren
mettere di avere torte dioran
passare dalla parte. ™
«creditore» a quellai
«debitore». Far ciòèjV'”.'^
no ovvio di quantoa
bra: in realtà nella ili,.
del cristianesimo, diie rito. Ab
di oggi, lontane ovki circa di
si incontrano un infii itósior
di esempi di persone itfPao '
«perfetti» che nonpa “'strolav
no mai essere messi in gioite è
scussione, per lo mene i ima eh
vita. Ma non è questi t (j
irca
delle pe:
visione di Gesù.
Una chiesa composti
persone «sane»:
dinamiche che si svilui
no in una chiesaS(
strane, molto influenL
dalla ricerca o la con
sta di un qualche «|
re»; altrettanto ,
si rende conto cheiK
chiese le cose che« tOiiente
dono non sono dell
to «sane»: i conflittil
vi scoppiano non sonoj
frontati basandosisi tqjjjQuj
idea di guardare ai«
proci debiti-crediti il '
sta di una loro remi!
ne, ma piuttosto sull'i
lizzo degli stessi coi t
una sorta di grimaltl!
Allo stesso modo è dii ,Äale
le che ci si possa crii
iti» 'tipodi
francamente ma serti ^cjnibii
mente, perché il sisl
più diffuso è quelloI»
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fuggi»: critichi qooi
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non ti fai più vedere..'
Gesù, invitandoci 3 _
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anche nelle nostre eh
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C. Tron. rfos...
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PAG. 3 RIFORMA
Intervista a David Kerrigan, direttore della Società missionaria battista (Bms)
perché tutti abbiano vita in abbondanza
.¡Svolgionno la nostra missione annunciando Cristo, alleviando la sofferenza e l'ingiustizia e
Pp?iS dimorando la qualità della vita. L'Evangelo si rivolge a tutta la persona: corpo, mente e spirito»
«rimetti,
può ess
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rdareau
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PJ'oposti_
navidKerriganerapresen^Consiglio generale deli'illeanza mondiale battista a
ni "S Setown in Canada (2.
di aenlT^io) come direttore per la
^one della Società miseria battista (Bms). Lo
) incontrato anche
i successivi quando,
appio!
retazioiie
isù dei raii i
‘ svilupi \
feppi.^ ,
comandai ‘«icton, nella regione del
- dei deb) fcnswick, si è svolta l’asSiea dell’Abam, un’asso« lil-Sne che raggruppa quel
lii niioli
I questior,
CI proci trj,
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3 si parlai»
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i che si m,
issione:
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’> a quelle!
Far ciò è
i quanto
tà nella
esimo, di Ì8|
Itane o
no un ini
di persoi
ledtìoni battiste con le quali
aBms lavora in varie parti
del.taondo. Fra queste la
Mone battista italiana che
gualche anno vive con la
8nis una fruttuosa collaboraàone.AKerrigan abbiamo rivoltoalcune domande.
-ìaBms è forse la più antii^pa le società missionarie .
¡ono recentemente intervenuliMntbiamenti nella vostra
’già missionaria?
i&ca un anno fa abbiamo
■fifolnulato la dichiarazione
lase della missione afferido che lo scopo della nosttaSrganizzazione missionaria è consentire alle persone
dPl^ere pienezza di vita,
lesto in tre modi: annundo Cristo, alleviando la
enza e l’ingiustizia e mitrando la qualità di vita
iellepersone. Crediamo dunpeinun approccio all’Evan'gelo che si indirizzi a tutta la
piisóna, corpo, mente e spirito. Abbiamo inoltre preso
circa due anni fa una grossa
ione, cioè che avremmo
àuso entro dieci anni il no:he non poft'stro lavoro in Brasile. La raire messi In >gione è che oggi il Brasile ha
ter lo ma» i ena Hghiesa molto forte al
)n è questi iipito poter mandare in gi.toi suoi missionari mentre
^ I Mi spendevamo lì circa un
h^si svita nostre risorse. Ora,
chiesaX®“"lavoro in
to influeii*®®sile si riduce, noi puntiaa 0 la eoe) ¡ncsuluoghi in cui la chiesa è
ualche «pi ^olto più debole. Questo può
anto spesa iróleràre incrementare il lanío che IH ' toro in molti paesi nel Medio
)se che sei Oriente, in Asia meridionale
sono dell i natoche in Europa occideni conflittii ^taledove noi crediamo di po^ i]® dare supporto alle piccole
isandosis ||tllonibattiste».
trdare aU < ■ ,
i-crediti in , ~j^<ìtuinti paesi e presente
loro remis
[tosto sull' i P’^iavanti?
stessi c» L iNoì abbiamo relazioni
li grimaldl ' ®n35 paesi e abbiamo pernodo è dii tfeaje Bms in 22 fra questi. 11
possa critii di lavoro che facciamo
® da paese a paese. In
^hé il 51 ^alcuniposti siamo coinvolti
® due 0 ; Mi campo della formazione
i'^l *niiait in Europa collabo
niù el lavoro pastorale o
ù vedere." ’’^'^hdare nuove chiese; in
tandoci a' i^fesi asiatici oggi non è
iciprocac** libile avere visti d’ingresvitaarifW per lavori missionari di
ro compof istori o evangelisti e allora
iroco e pi' “ti^o il nostro contributo
miti, che” la professionalità di me'ar altre Insegnanti, ingegneri,
noi ovu I '^^eri, amministratori; in
nostre eli«] ^cac’è invece un misto di
do questo. Qualsiasi sia
loBmeche tipo di progetti
David Kerrigan
stri missionari sono impegnati, è comunque chiaro
che, utilizzando i doni che
hanno ricevuto nella propria
professione, essi sono testimoni di Gesù. Questo è parte
della nostra strategia oggi.
Un’altra importante area in
cui siamo coinvolti da qualche anno è aiutare le chiese
mediorientali a trasmettere
programmi cristiani. Abbiamo a Cipro una stazione televisiva che serve più paesi».
- Quando si parla di missione c’è sempre sospetto di
approccio imperialista. Come
risponderebbe a questa obiezione la Bms?
«Alla Bms noi abbiamo una
chiara politica di lavorare alla
pari con i nostri partner nei
diversi paesi. Questo significa
che lavorando insieme a una
chiesa o un’organizzazione
non ci prefiggiamo i nostri
obiettivi, ma collaboriamo
solo su invito dei nostri partner e mandiamo personale
solo se ce lo chiedono. Attualmente noi sosteniamo
circa 50 persone che sono del
posto nel paese che ce lo richiede. In alcuni paesi è ancora richiesta la presenza di
nostri missionari e li mandiamo, in altri casi c’è bisogno
della competenza di persone
del posto ma non ci sono i
fondi e in questi casi il nostro
ruolo è offrire supporto a quel
particolare ministero espresso localmente. Dovunque siamo cerchiamo di lavorare
sotto la guida dell’organizzazione o l’unione del posto e
noi crediamo che questo sia
un modo responsabile di fare
oggi lavoro missionario. Aggiungo però una cosa: ci sono
luoghi dove non possiamo
andare su invito di chiese già
esistenti perché non ce ne sono, in questo caso facciamo
un lavoro pionieristico fondando nuove chiese».
- La Bms è sostenuta unicamente dalle chiese battiste del '
Regno Unito?
«Sì, completamente. Ci sono 2.800 chiese battiste nel
Regno Unito e siamo sostenuti da 2.400 di esse. Siamo
molto grati di questo, per la
fedeltà con cui lo fanno».
- In quali posti c’è più abuso e discriminazione rispetto
al lavoro della missione e delle chiese?
«Ci sono luoghi del genere
in Nord Africa e Asia centrale.
Come missione però siamo
in genere molto ben accolti
dai governi per il lavoro umanitario che svolgiamo e iri
ogni paese abbiamo accordi
su quello che possiamo o
non possiamo fare e cerchiamo di tener fede a tali accordi. In alcuni luoghi in Asia la
vita è difficile per le piccole
chiese e noi cerchiamo di star
loro accanto e incoraggiarle.
Evito comunque nelle interviste di fare nomi di specifici
paesi per non peggiorare le
situazioni».
- Quale è la cosa più importante oggi per la Bms?
«Ci sono nel mondo talmente tanti posti dove i bisogni fisici e spirituali sono immensi. Riteniamo perciò vitale la valutazione del senso
della nostra presenza in un
determinato posto. Dove siamo, cerchiamo di capire se la
nostra presenza in un certo
territorio faccia davvero la
differenza. Ci sono aree in
Africa dove la vita è, materialmente parlando, molto dura,
ci sono invece paesi più ricchi, luoghi in cui c’è però un
grande woto spirituale. Possiamo trovare giustificazioni
per essere nella maggior parte dei paesi nel mondo, ma
dobbiamo ogni volta valutare
come essere popolo di Cristo
in quelle circostanze».
(fondir^
però il
campo nel quale i no
delegati delle Unioni battiste in partenariato con la Bms
Testimonianze dall'India e dall'Indonesia
All’incontro Abam erano
presenti segretari generali o
altri responsabili di varie
Unioni battiste che sono in
partenariato con la Bms. Molti di loro provenivano da zone
asiatiche. Ognuna con storie a
volte drammatiche alle spalle
come quella di crudeli persecuzioni raccontate da Rith e
Ronny Welong, indonesiani,
che neU’improwisa scomparsa di un traghetto che portava
210 persone, gran parte delle
quali verso un’altra isola dove
si teneva l’Assemblea generale dell’Unione, hanno perso
quest’anno 13 pastori, decine
di diaconi e una sessantina di
membri di chiesa. Due villaggi della località di provenienza erano già stati rasi al suolo
dalla furia fondamentalista
islamica. Quello che colpisce,
comunque, in questi racconti
che hanno dell’irreale, dato
che da parte dei nostri mezzi
di informazione non ce ne
giunge notizia, è la determinazione di questi cristiani a
ricostruire, a ricominciare, a
non rassegnarsi.
Interessantissimo anche il
racconto di K. Thanzauva che
ha testimoniato della sua
Unione in Mizoram, regione
all’estremo lembo nordorientale dell’India. Per questo popolo di solo circa un milione
di persone, la fede cristiana
ha significato vero riscatto,
accesso all’istruzione, prima
inesistente, e quindi alla dignità e al rispetto per se stessi.
E l’Unione battista di là è forse la più missionaria del mondo: con 1 suoi circa 70.000
membri e 400 chiese, riesce
a mantenere 72 pastori e ben
Riflessioni a margine del Consiglio Bwa
Siamo carenti di spirito
evangelistico e missionario
Intervista al presidente della «Canadian Baptist Ministries», Douglas Coombs
^voriamo insieme nell'opera di evangelizzazione
incontrato Douglas Coombs,
‘dente della Canadian Baptist Mini. s, una federazione di quattro conbattiste canadesi, l’Unione delatlantiche, quella di Ontario
j^ebec, l’Unione del Canada occiden® delle chiese battiste di lingua franKi, ■ ^Ono unioni ffistintp non ner raeio
La delegazione britannica ali’incontro dei Bwa
156 missionari che attraversano territori mai raggiunti
dalla fede cristiana, oltre ad
aver aperto e a sostenere 30
scuole elementari e 9 fra medie e superiori e a mantenere altre 219 persone che lavorano in varie altre zone
dell’India. «Il nostro popolo
- ci ha detto Thankauva - è
povero ma generoso e quindi dona per l’opera del Signore ben oltre la decima di
quel che possiede».
' unioni distinte non per ragio5tità j geografiche data la va
' Dfl *®’^borio canadese.
'Winisf chiese è formata e quale
^0 svolge questa federazione?
Ujljo ° 8® jP primo luogo un ruolo di
Suoi ma è internazionale nei
*^opi in quanto coordina e organiz
za anche il lavoro del suoi missionari. Ci
sono 1.200 chiese in Canada. Noi lavoriamo insieme su base nazionale, particolarmente nell’evangelizzazione. Consideriamo ormai il Canada, paese fortemente
secolarizzato con il solo 19% di persone
che hanno qualche connessione con le
chiese, come lupgo di missione. E la nostra federazione ha funzione di raccordo,
incoraggiamento e anche, se necessario,
finanziamento del lavoro di missione e
costituzione di nuove chiese».
- E fuori del Canada?
«Abbiamo all’estero 60 partner iii 29
paesi diversi, ossia unioni o associazioni
di chiese, su base nazionale, con le quali
siamo impegnati. I giorni della missione
coloniale sono finiti e noi agiamo solo su
invito delle chiese locali per progetti
specifici. Per esempio in Africa orientale
slamo presenti in un progetto per costruire bacini per le riserve d’acqua, altrove aiutiamo nel lavoro teologico, o alla costituzione di nuove chiese».
-Avete progetti anche in Europa?
«Sì, abbiamo lavorato nei Balcani, non
solo concretamente per alleviare le sofferenze delle vittime dei conflitti ma anche
assistendo i pastori nella testimonianza
ed evangelizzazione».
La mia full immersion nella
composita famiglia mondiale
delle chiese battiste, o almeno
di una sua fetta rappresentativa, presente nei suoi responsabili, all’incontro mondiale
di Charlottetown mi ha indotto non poche riflessioni.
I fondamentalisti del Sud
Non c’è dubbio che l’incontro canadese è stato, almeno numericamente, dominato da una presenza nordamericana, massicciamente
conservatrice. E non c’è dubbio che la visione missionaria
di quella parte del battismo
particolarmente tipica degli
stati del Sud degli Usa è in
gran parte viziata da un approccio fondamentalista e
ideologicamente allineato alla destra religiosa (che appoggia il governo Bush perché lui legge la Bibbia e non
accetta finanziamenti dalle
associazioni gay!).
Però alcuni giorni a contatto con il battismo internazionale mi ha anche consentito
di capire che, primo, anche il
battismo americano è enormemente diversificato al suo
interno: secondo, che esistono unioni che fanno un lavoro molto interessante e straordinarie figure di battisti
impegnati e coraggiosi; e
che, terzo, in quasi tutti i casi
i battisti pongono l’evangelizzazione e la missione in cima ai loro interessi, insieme
alla difesa della libertà religiosa per tutti.
E noi battisti italiani?
Facendo un confronto mi
sembra dunque che rispetto
alla grande maggioranza delle altre Unioni, noi battisti
italiani siamo in linea di massima carenti di spirito evangelistico e missionario, e mi
chiedo se dovremmo fare
qualcosa per recuperarlo. Alla nostra maniera, naturalmente, senza ritornare a
schemi superati e non più
condivisibili. Il documento
bmv «Dire la salvezza» metteva già il dito nella piaga del
nodo «salvezza». Non c’è
dubbio che il problema teologico in ambiente evangelicale è visto in maniera diverso. La spinta che in questo
ambiente si avverte parte
dalla convinzione che è responsabilità dei cristiani annunciare una salvezza che
può solo avvenire con la conoscenza di Cristo, della sua
parola, della sua morte sulla
croce. In quel solo che, non a
caso, è contenuto (forse à
sproposito) in un’ordine del
giorno sulla libertà religiosa
votato dal Consiglio, sta gran
parte della nostra differenza.
Solus Christus
Noi non ci sentiamo di dichiarare più in tutta coscienza quel solo che, comunque,
riflette la teologia giovannea,
paolina e in linea, di massima
neotestamentaria, nonché
quella dei riformatori (Solus
Christus). E qui sta anche il
nostro imperdonabile peccato di «liberalismo», espressione errata ma che definisce
posizioni teologiche che tendono a farci abbandonare il
senso originario di missione,
a rendere i nostri pastori meno vibranti e più appannati
sull’evangelizzazione, ad aver
sostanzialmente racchiuso il
messaggio della salvezza nelle mura, a volte polverose,
delle nostre sale di culto.
Dov’è la verità? Che cosa
dovremmo fare? È dovuta anche a questo la nostra poca
efficacia nell’evangelizzazione? Una cosa è certa: se non
ci fosse stata questa spinta
missionaria da parte di qualcuno prima di noi, noi non
saremmo quelli che siamo;
gran parte delle nostre chiese
non esisterebbero, il cristianesimo non sarebbe diffuso
in tutto il mondo e forse si sarebbe da tempo estinto.
Noi abbiamo molte critiche
da fare ai movimenti evangelicali di church growth che
esaltano il numero dei convertiti e contano ossessivamente i battesimi, siamo disturbati dal trionfalismo delle
chiese che crescono a decine
di migliaia (vedi Corea, Brasile, Ucraina), ma non dovremmo riflettere sulla nostra responsabilità come cristiani di
rispondere alla parola di Gesù risorto che ci chiama a
diffondere la sua parola, fare
discepoli e battezzarli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo?
La nostra missione
Le nostre incertezze teologiche dovute anche a un bagaglio di storia della chiesa di
cui siamo fin troppo consapevoli, il nostro benessere
economico complessivo, dialetticamente poi, le nostre ristrettezze economiche e finanziarie nel lavoro delle nostre chiese, la nostra storia di
contestazione e giuste prese
di distanza da posizioni conservatrici e anche, oggi, fondamentaliste dei missionari
americani, hanno prodotto
quasi un totale vuoto (e spesso un disinteresse) delle nostre chiese sul senso della nostra missione. Solo l’azione
quasi solitaria del nostro dipartimento di evangelizzazione ha cercato di colmarlo
in questi ultimi anni. Il ministero musicale di animazione
e la sperimentazione della riproduzione per cellule (con
le sue, sia pure per ora deboli, ripercussioni anche su altre chiese) va in questa direzione. In questa direzione va
anche il lavoro di valorizzazione dei fratelli e delle sorelle stranieri che in linea di
massima vengono da chiese
missionarie (anche se più
conservatrici). Eppure sento
che non basta. L’azione del
dipartimento di e\jangelizzazione va accompagnata e
rinforzata in qualche modo.
Insomma se la nostra è una
fede che ha al centro la redenzione, forte dovrebbe essere la spinta verso il mondo
e verso la salvezza, anche in
senso integrale, corpo e anirtia, per così dire, ivi compresa la lotta per l’eliminazione
delle varie forme di oppressione. L’amore appassionato
ed eterodiretto dovrebbe costituire la spinta propulsiva
alla redenzione del mondo,
l’amore di Cristo accendere
vita, anima, cuore, corpo e
mente dei suoi discepoli.
Dov’è questo amore appassionato? dove ritrovarlo? come? chi può aiutarci? Forse
fratelli e sorelle più appassionati di noi che condividono
con noi il senso teologico
della fede cristiana senza
averne perso la prospettiva
missionaria.
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Il primo secolo del movimento valdese (1170-1270) in un libro di Carlo Rapini «Ou
Valdo di Lione e i «poveri nello spirito»
Il volume della Claudiana offre a un pubblico non specializzato un'attenta rilettura delle %
medioevali che tiene conto delle più recenti acquisizioni della moderna ricerca storiografica
lo
0pÌI^
GIORGIO BOUCHARD
UNA trentina di anni fa il
valdlsmo medioevale
era di gran moda fra gli evangelici italiani; da una parte, le
aspirazioni a un rinnovamento interno e il dialogo
con le comunità di base ci
spingevano nella direzione d’una «chiesa alternativa»; dall’altra parte, da Praga
giungeva a noi la grande lezione di Amedeo Molnàr: valdese per parte di madre, amico di Iacopo Lombardini, ora
costretto a vivere nelle condizioni d’un socialismo illiberale, Molnàr metteva tutta la
sua scienza e il suo genio al
servizio di un’impresa straordinaria: rievocare il valdismo
nella sua dimensione europea, filtrarlo attraverso la
grande esperienza della riforma-rivoluzione hussita, e in
questa luce rivendicare l'universalità del suo pensiero e
l’attualità della sua testimonianza. Attraverso il rigore
scientifico delle ricerche di
Molnàr, una moderna ipotesi
di «chiesa non costantiniana»
batteva alle nostre porte. Il
culmine di queste riflessioni
e di questi progetti si ebbe
con il Centenario del 1974‘; e
proprio in queU’anno usciva
il volume classico di Molnàr^.
Questa visione veniva poi
consacrata e capillarmente
diffusa grazie ai Valdesi di
Giorgio Toum\
Ma intanto il paese e il
mondo erano cambiati: il
«socialismo reale» andava in
crisi, le comunità di base restavano marginali, nuove forme di presenza cristiana si
imponevano alla nostra attenzione. Sintomo di questo
cambiamento fu il «tono» dato ai centenari del Rimpatrio
(1989) e dell’Emancipazione
(1998): al centro del primo
c’era la modernità, al centro
del secondo il Risorgimento
italiano. Ambedue diedero
luogo a un ampio dibattito e
a una notevolissima produzione scientifica: di questo
non possiamo che rallegrarci.
Ma dobbiamo anche prendere atto di un fenomeno inquietante: in casa nostra gli
studi sul valdismo medievale
erano entrati in una sorta di
eclissi: mentre l’uomo più intelligente del valdismo ottocentesco (Emilio Comba)
non aveva paura di logorare
la sua vita nello studio del
nostro Medioevo, ora non
c’erano quasi più storici vaidesi disponibili per gli studi
medievali.
Al di fuori del nostro piccolo mondo, però, gli altri continuavano a lavorare: l’evangelico K. V. Selge in Germania, la cattolica Ch. Touzellier
in Francia, il laico Grado G.
Merlo in Italia (ma si potreb
II quartiere di Lione nei cui pressi sorgeva ii forno di Vaido
bero fare infiniti altri nomi).
E i loro studi producevano a
volte delle vere e proprie «rivoluzioni storiografiche», a
cui la maggioranza di noi
prestava un ascolto cortese
ma un pochino distratto: così, alla lunga, noi rischiavamo
di finire espropriati della nostra stessa storia, come sempre succede con le eredità
troppo trascurate.
Il libro di Carlo Papinb si
propone di colmare questa
lacuna: «Offrire a un pubblico non specializzato una rilettura delle fonti per la storia
del movimento valdese (...)
che tenga conto delle più recenti acquisizioni della ricerca storiografica» [le sottolineature sono mie]. E l’autore
è stato di parola: in vent’anni
di aspra fatica è riuscito a leggere praticamente tutto ciò
che è stato pubblicato in italiano, francese, inglese, tedesco (come abbia fatto a dirigere contemporaneamente la
Claudiana, rimane per me un
mistero affascinante). Il suo
lavoro si muove così su due
linee: anzitutto, l’analisi delle
fonti: i documenti (normalmente di parte avversa) vengono esposti al lettore, poi
accuratamente analizzati in
base alle circostanze ambientali, alle intenzioni degli autori, ecc. Parallelamente l’autore riassume tutti i grandi
studi sull’argomento, senza
trascurare quelli minori o più
discutibili. Il risultato è notevolissimo: a fine lettura, abbiamo davanti a noi, ben
chiaro, l’intero status quaestionis sulle origini del movimento valdese.
Alcuni risultati mi paiono
quasi inoppugnabili: contra
Centro culturale valdese
via Beckwith 3, Torre Pellice (To)
TERZO FORUM DELLA CULTURA
icutnene 22-23 settembre 2001
Quale Forum per quale cultura?
Il Forum di quest'anno cerco di valorizzare il dibattito avviato nelle
due precedenti edizioni e proseguito su «Gioventù Evangelica» (in
particolare nn. 173 e 175). I principali nodi della discussione saranno introdotti da brevi relazioni a cura della neonata Commissione
cultura del Centro culturale valdese. Si tratterà da un lato di mettere
a confronto le istanze delle agenzie culturali e dall'altro di definire il
ruolo che esse assumeranno nel quadro in trasformazione della presenza evangelica in Italia. Uno spazio sarà dedicato all'approfondimento del tema della globalizzazione, per coglierne le ricadute sul
nostro lavoro culturale.
Iscrizioni e informazioni sul soggiorno entro il 7 settembre, presso la
segreteria del Centro cuhurole valdese di Torre Pellice - via Beckwith
3; tei. 0121-932179 - fax 0121-932566
E-ntail; centrocuhuralevaldese@tin.it
riamente a quanto afferma
una vulgata ancora corrente,
fino al 1183 Valdo è stato accettato dalle autorità ecclesiastiche (il vescovo Guichard a Lione, il papa Alessandro III a Roma). La rottura è stata determinata da
due fenomeni paralleli e
contrari: la radicalizzazione
del movimento valdese e
l’indurimento delle posizioni ecclesiastiche. E quando
Valdo è chiamato a scegliere
tra la sua vocazione profetica e gli ordini di una gerarchia invero assai costantiniana, egli non ha dubbi: obbedisce alla vocazione riconoscendo in essa, direttamente, la voce di Dio. Valdo
merita dunque l’appellativo
di «riformatore evangelico»
che Buonaiuti gli ha attribuito. Egli è sicuramente stato
un uomo di grande carisma,
ma ha saputo in qualche
modo «sciogliersi» nel movimento: un movimento popolare, mai privo di grandi
intellettuali, e decisamente
alternativo rispetto alla cristianità ufficiale.
Al centro del valdismo c’è
anzitutto l’ansia della predicazione (nella povertà), ma
subito dopo viene un intenso
e attivo biblicismo: l’autore è
quasi certo che le prime traduzioni bibliche in lingua volgare siano di origine valdese:
anzitutto quella che Valdo
stesso commissiona a Stefano
d’Anse e a Bernardo Ydros (in
«lingua gallica», dunque in
francese), poi l’adattamento
provenzale di questa versione: ma anche (secondo il pastore Berger), pochi anni dopo, la traduzione italiana e
poi quella tedesca (che Lutero
terrà ben presente).
Questo biblicismo non è
però letteralismo, tant’è vero
che dopo pochissimi anni le
donne valdesi si mettono a
predicare [meretricula prcedicatrix, dirà un avversario). Se
si apiunge a questo il fatto
che i valdesi negano il Purgatorio, rifiutano il giuramento
e la violenza, bisogna dare ragione allo storico Giovanni
ionio (G
joi),all’oi
lele dato
odaìeira
Nd corse
Miccoli che li considera cornei
oggettivamente eversivi, i come tali furono trattati, senzs!
pietà: l’autore dedica alcuneénfi^Ì“*
pagine a una efficace rievoca-)
zinne di che cosa era dawew ®l®®e
l’Inquisizione: lo sapevate i®™'
cos’era il «muro stretto»?Se imàlanid
non lo sapete, andate a legge- issiate (
re a p. 333. E così via. wegia,
Certo, l’autore sottolineai ®p>oi<la
carattere «preriformato» della
protesta valdese, e talvolta iwdarsi
dalla sua prosa pur rigorosamente controllata trapelala ®™che
passione del credente evange- ficMM
fico, valdese per scelta. Ma ® •
siamo sicuri che questo sia un w^care
difetto? Per quanto mi riguai- ® seca
da, ho letto due volte questo
libro, prima in bozze e poi nd
testo a stampa; ogni volta ne sttiv
sono uscito arricchito: lo stes
so auguro agli altri lettori.
tìitarei
(1) La data fu scelta perdei- 5137)0«,-.
bera della Tavola e della Società* ’
di studi valdesi, dato che glis®’to'.»
rici neU’indicare l’inizio deinw- “SCUtm
vimento oscillavano tra il 1-173 e ®t0 alle
il 1176. “tgonob
(2) A. Molnàr: Storia dei vai- ini più iti
desi, I: daile origini ail’adesione 10 jg
alla Riforma. Torino, Claudiana, uestj jj j
, kecaratt)
(3) G. Tourn; 1 valdesi. La su- ¡¡(^0^
gelare vicenda di un popolo- . 0
chiesa. Torino, Claudiana, 197?,
3^ ed. 1999.
(4) C. Papini: Valdo di Lione el »viment
«poveri nello spirito». Il pri®® "di spio
secolo del movimento valdese ujjj
(1170-1270). Torino, Claudiana, jegicjyg
2001, pp. 542, £ 38.000. oygjj
I itenninai
I Valdo dì Lione e i
^poveri nello spirito»
sto
li primo secolo del movimento
(ino • 12T0)
4‘at lo papini
“"tinelli
10
mi
®rlo
TELEVISIONE
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federa»^
ne delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse a
maniche alterne e, in replica, il lunedì seguente ^
ore 24,30 circa e alle ore 10 del lunedì successivo. Domeiu
settembre, ore 23,50 circa.andrà in onda: «Un approfondinr .
to di alcune tematiche del Sinodo valdese-metodista»; “
Conflitto alla Riconciliazione: il ruolo dei mass-media »1 f ^
trich Bonhoeffer: un teologo nella tempesta degli ¡u
replica sarà trasmessa lunedì 3 settembre alle ore 24,30
nedì 9 settembre alle 10 circa.
nella
‘ha fatti
®«ieree
Tre
¡molli
P",queU
5
iOSTn-.,I^^Lnl 24 ACOSTO
2001
Cultura
PAG. 5 RIFORMA
apini Wue mostre, a Firenze e Padova, hanno celebrato il suo genio
La modernità di Giotto
lo sua innovazione consiste nell'avere raffigurato Cristo
0più come un simbolo ma come un uomo realmente sofferente
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^ a partire dalla Gapisa (Giotto) per arride alla contigua chiesa dei^snitani (Guariento), alasilica del Santo (AltichieGiusto de’ Menabuoi),
l’oratorio di San Giorgio
lllcHero), al battistero del
lomo (Giusto de’ Menaloi), all’oratorio di San MileleOacopo da Verona), al
dera cornei il®odeUa Ragione (Stefa
raW.Eco‘, .
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ntolineai “a; dal Mare del Nord al
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Ite questo ifesuza, che forniva capie e poi nel li'Piccolio ingenti a chi voli volta ne ™ attivarsi nei traffici,
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ho del mo- «cultura e del sapere; aera il M73e ®to alle mura delle città
®pono borghi, dove poporiadei val- tì più intraprendenti vanJl’adesione oadabitaire, prendendo da
Clau ana, nestiilnome di borghesi,
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della Chiesa sorgono i
di Lione el ®"^enti pauperistici, fra i
Il primo tiali spiccano i valdesi, i seri ^Hiana T^o1c1i70, che
® ’ indicava l’uguaglianza e il
97eie dì lavorare per tutti
' nell’alta vai Sesia
dal vescovo di Vercelli), i minori francescani e gli altri ordini fondati da Francesco
d’Assisi (inglobati nella chie-.
sa dopo la morte del poverello di Assisi, nonostante le
forti resistenze). Il linguaggio figurativo, nello svolgersi di questo impetuoso movimento, era rimasto sempre
quello bizantino, con il suo
«fondo oro» a simboleggiare
il trascendente, i santi, il Cristo, che erano simboli del
reale, icone immutabili il cui
distacco dalla realtà era ormai smisurato. Gimabue appartiene a questa tradizione.
Giotto invece inizia a dipingere un Cristo che non è più
un simbolo, ma un uomo
sofferente, un Dio che appare in tutta la sua splendida
umanità, mentre la madonna è una madre tenera e sollecita, i santi prendono il
volto della gente del popolo,
ne assumono gli sguardi, le
posizioni.
Il linguaggio figurativo bizantino aveva dimenticato la
sua stessa origine; si limitava,
sia pure con interpreti geniali
come lo stesso Cimabue,
Duccio da Buoninsegna, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, a
cui Giotto deve molto del suo
apprendimento iniziale, a
perpetuare se stesso, mentre
la nuova cultura, sia ecclesiale sia sociale e letteraria, richiedeva strumenti diversi.
Nella scultura artisti come
Nicola Pisano, Arnolfo di
Cambio, Tino di Camaino si
erano già inoltrati verso il
reale. Nella pittura fu Giotto
ad aprire la strada dopo tanta
attesa e questo spiega in parte l’enorme successo che gli
arrise quasi subito. Andando
più a fondo nella esplorazione di questo successo, bisogna dire che il grande artista
toscano seppe formulare una
sintesi ineguagliabile fra le
esigenze di una nascente
borghesia, che emergeva dal
popolo dopo 6 secoli di immobilismo e lo spirito religioso dei francescani che, chiusa
la fase iniziale rigorosamente
pauperistica, accettavano
che il singolo frate fosse povero, ma l’ordine abbastanza
ricco da costruire grandi
chiese splendidamente affrescate, e guardavano con simpatia al popolo piuttosto che
ai nobili.
La pittura realistica di Giotto, il suo spazio definito da
strutture architettoniche in
prospettiva, i volti espressivi
di popolani che animavano i
suoi santi, le sue folle ricche
di sentimenti, gli sguardi
acuti dei protagonisti, a cominciare dal Cristo che fissa
Giuda, piacciono tanto ai
francescani quanto ai borghesi come gli Scrovegni, e
sono talmente in linea con i
tempi che finiscono per piacere anche a gran parte dei
nobili. Da una cultura in cui
la religione è il motore della
storia e l’uomo ha il suo destino tracciato dalla condizione in cui nasce (Tommaso
d’Aquino), si passa a una
concezione in cui l’uomo è
artefice del suo futuro e Giotto mette l’uomo al centro del
suo mondo. Sono ormai presenti in questa visione i semi
dell’Umanesimo di Erasmo e
della grande rivoluzione laica
del Rinascimento in attesa
della Riforma luterana; sono
presenti i semi di un discorso
poetico ripreso da Masaccio
e, in modo diverso, da Piero
della Francesca.
Nel Giotto degli Scrovegni
ci sono però ancora due elementi fondamentali che lo
proiettano negli spazi siderali dell’arte. Il primo è l’espressività degli sguardi e
delle mimiche dei volti; si
pensi a Cristo che fissa Giuda quando questi lo bacia, td
pastorello che si volge verso
il compagno quando arriva
Gioachino, alle madri della
Strage degli innocenti. Di
fronte al segno essenziale,
quasi ruvido, che a guardarlo
incide l’animo, viene da pensare a una sorta di espressionismo ante litteram. Il secondo elemento è dato dall’atmosfera, che si forma a
partire dalla volta azzurra,
che scende a invadere i singoli riquadri, spargendo un
senso di notturno su cui i colori delicatamente si stemperano cogliendo i volti, le
figure, le forme architettoniche, in un attimo perennemente sospeso tra presente
ed eterno.
Giotto fu eccellente imprenditore di se stesso, ma
l’intensa poesia che spira da
questa cappella in cui Cristo
è al centro di tutto, ci parla di
una profonda spiritualità,
che il benessere non aveva
intaccato, di una volontà di
predicazione della fede primitiva più autentica sulla
traccia di Francesco d’Assisi.
(*) Dio e denaro: Giotto e la
Cappella degli Scrovegni nell’area dell’Arena romana. Catalogo della mostra di Padova, Federico Motta editore.
Giotto, «Il bacio di Giuda» (particolare): Padova, Cappella degli Scrovegni
Dalla scuola di Cimabue alla fama in Italia
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Giotto nacque, pare, nel
1267, a Colle di Vespignano,
nel Mugello, da famiglia contadina. C’è un famoso aneddoto che connette i suoi inizi
nella pittura con Cenni di Pepo, detto Cimabue; al di là
della leggenda, diversi elementi attestano che il maestro di Giotto fu proprio Cimabue, ebe lo condusse giovanissimo a Roma, forse nel
1280, e probabilmente anche
ad Assisi. Assai presto dovette mettersi in proprio, visto
che nell’ultimo decennio del
secolo alcuni studiosi rilevano già l’influenza a Firenze
della sua rivoluzionaria concezione pittorica. Solo tracce
però, perché la tendenza di
maggioranza era ancora in
mano ai seguaci dello stile bizantino: nel 1295 infatti risulta capo della Confraternita
dei pittori Corso di Buono,
seguace rigoroso di Cimabue.
Si attribuiscono a quel periodo opere come il Crocifisso di
Santa Maria Novella.
Si ha notizia del suo matrimonio, forse intorno al 1287,
con Cinta di Lapo del Pela,
che gli diede 4 figli maschi e 4
femmine. Negli ultimi anni
del secolo Giotto viene dato a
Roma per un ciclo di affreschi in San Giovanni in Laterano e altri lavori connessi al
Giubileo e ad Assisi, dove è
controversa la sua partecipazione al grandioso ciclo di affreschi della chiesa superiore
di San Francesco. La critica
più recente è concorde nell’attribuirgli la partecipazione al cantiere insieme al
grande e misconosciuto maestro romano Gavallini e altri
pittori romani, anche se non
si può dire con sicurezza
quali parti del ciclo furono
dipinte o anche solo progettate da lui. A questo punto
Giotto è un pittore affennato.
Riconosce Dante che «crédette Cimabue nella pittura tener lo campo», ma in realtà
«ha Giotto il grido.
Degli spostamenti di Giotto
in realtà non abbiamo alcuna
notizia certa: possiamo apprendere da Riccobaldo Ferrarese (1312) che fu impegnato ad Assisi, Rimini e Padova.
Gli studiosi gli attribuiscono
infatti un soggiorno a Rimini
(resta tuttora il celebre Crocifisso del tempio Malatestiano)
dove la sua lezione fu raccolta
in misura minore da Giovanni
e soprattutto da Giuliano e
Pietro da Rimini, attivi successivamente a Padova, dove
il fiorentino si recò per una
prima commissione nella sala
capitolare e in una cappella
laterale della Basilica del Santo, affreschi oggi perduti. Nella scarsità di documenti attestanti gli spostamenti del
grande pittore toscano è emersa l’ipotesi non priva di
fascino di un circuito al servizio dei frati minori francescani, che senza dubbio tennero
Giotto in grande considerazione. Non si ha neppure certezza se il soggiorno a Padova
sia stato ininterrotto oppure
suddiviso in due o tre tempi.
Ciò che si può affermare con
sicurezza è che cambiarono i
committenti.
A Roma il committente era
la chiesa romana, quella stessa chiesa che ad Assisi pagava il grandioso ciclo di affreschi della basilica superiore
per trovare un modus vivendi
con l’ordine francescano e
inglobarlo nella propria organizzazione. A Padova furono i
minori francescani, molto influenti in città, a chiamarlo
per la prima commissione;
ma per la seconda è Enrico
Scrovegni, mercante ricchissimo, figlio di quel Rinaldo
che Dante mette nell’Inferno
fra gli usurai, a convocarlo
per affidargli il compito di
edificare la cappella destinata a sorgere nel prestigioso
terreno della ex arena romana, per ripulire il peccato del
padre (da poco i peccati potevano essere ricattati con
donazioni, non solo in denaro ma anche con opere d’arte
sacra). Un committente appartenente alla borghesia, la
nuova classe emergente dal
popolo, che andava rivoluzionando le strutture economico-sociali con il commercio e la finanza, potenziando
le città ed esprimendo una
nuova cultura ben più legata
all’immanente che al trascendente e attendeva artisti
che sapessero interpretarla.
Si ha notizia anche di un lavoro di Giotto nel «Palazzo
della Ragione», oggi perduto,
mentre sopravvivono gli affreschi del grande seguace
Stefano da Ferrara, fortemente bisognosi di restauri.
La fama di Giotto è ora immensa ed egli si muove continuamente. La sua presenza
è documentata a Firenze tra
il 1311 e il 1327, con l’esecuzione dei dipinti delle Cappelle Peruzzi e Bardi in Santa
Croce e altre opere sparse,
spesso smembrate, in vari
musei. Nel 1328 è a Napoli e
vi resta molti anni onorato
grandemente alla corte di
Roberto D’Angiò, finché nel
1334, viene nominato capomastro dell’Opera del Duomo a Firenze, dove inizia subito i lavori per il celebre
campanile, interrompendosi
per altri lavori, una puntata a
Milano al servizio di Azzone
"Visconti per lavori dipinti
nella chiesa di San Gottardo
oggi perduti. La morte lo raggiunge nel gennaio 1337.
«Discesa dello Spirito Santo» (part.): Padova, Cappella Scrovegni
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PAG. 6 RIFORMA
• .... Vita Delle Chiese
Chiesa battista di Reggio Calabria
Culto battesimale
ROSAMARIA PUZZANCHERA
Domenica 22 luglio, alle
ore 18, nella chiesa battista di Reggio Calabria, la comunità battista filippina e
quella valdese hanno celebrato un culto in comune in
occasione dei battesimi di un
fratello e di una sorella filippini e di una sorella valdese.
In una chiesa gremita di fedeli, parenti, amici e amiche
del Sae e del Movimento per
la pace, in un’atmosfera
gioiosa e a tratti commovente, la pastora Silvia Rapisarda
ha tenuto il culto di chiusura
del suo breve ma intenso
mandato reggino.
Il messaggio delle parola di
Dio (Filippesi 3, 1-14), dato
dalla pastora ora in italiano
ora in inglese, è stato forte,
incisivo e coinvolgente come
sempre e il tempo trascorso,
quantificato in seguito in tre
ore circa, è volato via in
un’alternanza di preghiere,
canti e ritmi, di note d’organo e musiche antiche. Su tutti è vibrata la suggestiva voce
della sorella Lina Rapisarda
che con il gospel «Deep river»
eseguito in un «a solo» magistrale, regalandoci un momento di grande emozione e
riportandoci indietro nel
tempo quando gli schiavi neri esorcizzavano il dolore con
canti di lode al Signore. Anche noi, quella sera, non abbiamo permesso alle nostre
lacrime, che premevano al
pensiero del prossimo trasferimento di Silvia, la nostra
grande «piccola pastora», di
venir fuori ma abbiamo tramutato il nostro dispiacere in
gioia e ringraziamento per il
dono che Dio ci ha elargito
mandandola tra noi in questi
tre bellissimi anni.
Se qualche lacrima c’è stata
si è mimetizzata nella commozione generale delle testimonianze di fede dei battezzandi, momento altamente
significativo per tutti ma in
particolare per la pastora che
nel suo breve passaggio a
Reggio Calabria ha messo in
atto ciò che Dio aveva predisposto: un cammino di fede
che non si conclude col battesimo perché dà invece inizio a un nuovo percorso, sicuramente non facile ma illuminato dalla certezza che la
grazia di Dio sovrabbonderà
e li accompagnerà tutti i giorni della loro vita.
In un’epoca in cui le chiese
si spopolano e i giovani più
che mai sembrano preda degli innumerevoli miti che
una società svuotata di valori
e di ideali offre loro, le testimonianze di fede di Tony,
Gina e Emy sono l’ennesima,
conferma che Dio ci chiama
e quando ci sembra che la
sua voce diventi un’eco fie
vole basta tendere l’orecchio
ed essa tornerà forte e impellente. Gina e Tony vengono
da una terra lontana, povera,
piena di privazioni, che costringe molti dei suoi figli ad
emigrare: Dio ha parlato loro
e loro hanno teso l’orecchio a
quella parola che leniva i loro
affanni e con il battesimo
hanno reso grazie al Signore
per l’opera compiuta nei loro
cuori. Emy, una sorella valdese, trasferitasi a Milano per
motivi di studio, anch’ella sola in una città sconosciuta:
anche a lei Dio ha parlato attraverso la Bibbia che si è
portata dietro forse per abitudine e che invece, come ella stessa ha testimoniato, ha
rappresentato la sua unica e
vera «compagna». Dio le ha
parlato e lei ha ascoltato e
con il battesimo anche lei,
emozionata e felice, ha reso
grazie al Signore per il grande
dono ricevuto. A testimonianza di ciò ha scelto il battesimo per immersione che
maggiormente rappresenta la
morte al peccato e la resurrezione a nuova vita.
L’amore di Dio si è manifestato ancora una volta nel calore con il quale la comunità
filippina e la famiglia di Emy
hanno offerto l’agape. LFn
momento che non si è limitato solamente alla condivisone
del pasto ma dei sentimenti,
delle emozioni comuni e dell’amore del nostro Padre.
Sarà presentato al Sinodo
Un nuovo diacono valdese
CUCLIEUHO CRUCITTI
SONO nato a Reggio Calabria, dove c’è una Chiesa
valdese, nella quale mi recavo
con mio padre, negli ultimi
anni della sua vita, tutte le
domeniche pomeriggio per
ascoltare il culto e partecipavo anche assiduamente alio
studio biblico. La mia famiglia era valdese da tre generazioni. In quegli anni tentavo
di risolvere il problema della
sofferenza umana, della sua
origine e di quello che potevo
fare io per combatterla; un
aiuto considerevole mi è venuto dalla chiesa reggina e
dall’allora pastore, il quale mi
ha anche aiutato a trovare
una mia identità, sia come
credente sia come valdese.
Successivamente mi sono
iscritto al corso di diploma
della Facoltà valdese di teologia e ho pensato di fare il diacono: infatti, questo ministero mi, è sembrato il più adatto
per aiutare le persone che
soffrono, lo non ho risolto il
problema dell’origine della
sofferenza umana e non penso che si possa dare una risposta univoca a tale problema; forse ognuno dovrebbe
scegliere una risposta e poi
elaborarla in base alla propria
situazione. Però ho dato una
risposta alla domanda su
quello che potevo fare io nei
confronti di chi sofire: aiutare
in rappresentanza di Dio, es
sendo stato creato a sua immagine e avendo come modello Gesù Cristo, il quale è
stato vicino a coloro che soffrivano nel corpo e nell’anima. Io non considero questa
decisione come una risposta
personale a un quesito filosofico e religioso, ma come una
risposta alla grazia di Dio che
previene ogni decisione umana e opera per il bene di tutti.
Al fine di aiutare gli altri ho
dovuto acquisire degli strumenti, che mi sono stati forniti dal «gruppo relazione
d’aiuto» delle valli valdesi,
dalla pratica presso l’Asilo
dei vecchi di San Germano
Chisone, dalle visite domiciliari e ospedaliere ai membri
della chiesa di San Germano
e dalla lettura di alcuni libri
sulla relazione d’aiuto, concordata anche con la mia diacona di riferimento.
Tanti ospiti estivi rallegrano la Chiesa battista di Mortola
Ciò che è specifico dell'essere cristiani
DOMENICO D'ELIA
Domenica 15 luglio la comunità battista
di Mottola si è rmlegrata per la presenza
di numerosi fratelli e sorelle provenienti dal
Nord Italia e dalla Svizzera attualmente in
Puglia per le ferie estive. Tra loro i coniugi
Lanicci, Bartolomeo e Lucia, il figlio Gennaro
e la figlia Antonella con il marito Giuseppe.
Con loro, gradito ospite. Bill McComish, irlandese, pastore presso la cattedrale di Saint
Pierre a Ginevra, che ha tenuto il sermone. Il
fratello Pietro Baia ha introdotto gli ospiti e
condotto la liturgia, coadiuvato da alcune sorelle e dal canto solista, durante l’interludio,
di Sandra Speranza.
Il pastore McComish ha predicato sulla parabola del buon samaritano (Luca 10, 25-37).
Dopo la lettura, in francese e in italiano, il
pastore ha cominciato col ringraziare il Signore per la sua terza visita in vent’anni alla
comunità di Mottola. Nel 1980, mfatti, faceva
parte di un’équipe di soccorso inviata dalle
chiese protestanti svizzere nelle zone terremotate dell’lrpinia ed ebbe occasione di conoscere il pastore Pino Mollica, allora pastore a Mottola, e di visitare la comunità battista, rivisitata otto anni fa in altre circostanze
più liete. In vent’anni molte cose sono cambiate nel Sud Italia e nelle vite di ciascuno,
ma la parola del Signore resta eterna.
La parabola, ha detto McComish, si pre
senta molto semplice nel suo messaggio: bisogna fare del bene. Ma ciò, ha proseguito,
non è distintivo dell’essere cristiani. Tra le righe del racconto si scopre il profondo odio
tra giudei e samaritani. Gesù provoca coloro
che lo ascoltavano indicando il «buono» nel
samaritano, all’epoca visto come un immigrato clandestino dei giorni nostri dal quale
tenersi a debita distanza. Un secondo messaggio è, quindi, non essere razzisti. Ma anche questo non è ancora distintivo dell’essere cristiani. McComish, allora, ha indicato il
nocciolo del messaggio della parabola nella
domanda del dottore della legge che chiese
cosa bisognasse fare per ereditare la vita
eterna. Aiutare il prossimo, allora, diventa un
segno distintivo dell’essere cristiani se, al di
là del fare il bene e del non essere razzisti,
tutto ciò si coniuga con la prospettiva della
vita eterna. Il past. McComish ha concluso
sottolineando la specificità di una comunità
cristiana protestante che esiste là dove la fede di un gruppo di credenti si nutre del continuo della lettura e dello studio della Bibbia
e si confronta con le problematiche del luogo
in cui è chiamata a testimoniare.
A fine culto la moglie del past. McComish,
attualmente impegnata nel comitato «Fede e
Costituzione» del Consiglio ecumenico delle
chiese di Ginevra, ha ringraziato la comunità
di Mottola per il suo impegno ecumenico e
di testimonianza evangelica.
Riitorma
LEœDEiXE
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EstarQ cj> ordinarlo: L. 175.000; v. aerea: L. 200.000; semestrale: L. 90.000;
sostenitore: L. 250.000.
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VENERDÌ 24 AC(
Chiesa battista di Pordenone
Insediato il pastore Mig|
ELENA DE MATTIA
yyT) ER prima jfosa ringra
zi ;..........
zio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo a causa di
tutti voi, perché la vostra fede
è conosciuta in tutto il mondo (...). Infatti, desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale
affinché siate fortificati» (Romani 1, 8; 11). Una fede completa si esprime attraverso la
testimonianza, ovvero il desiderio di non fermarsi al proprio rapporto con Dio, ma di
andare oltre, condividendo la
propria esperienza di fede
con altri che vivono la propria spiritualità in maniera
diversa, perché l’incontro, oltre ad arricchire reciprocamente, possa anche fare scaturire un beneficio per l’altro.
Questo è il messaggio centrale della riflessione che il pastore Giuseppe Miglio ha tenuto durante il culto del suo
insediamento nella comunità
battista di Pordenone. E questo è anche lo spirito che fin
dall’inizio del suo ministero a
Carbonia, in Sardegna, aveva
animato l’attività pastorale di
Miglio, laureato in teologia
presso il Seminario teologico
battista di Rueschlikon, Zurigo e prossimo a una specializzazione sulla «Teologia
dell’evangelizzazione».
Il culto è stato presieduto
dalla sorella Franca Corai
coadiuvata dai membri del
Consiglio di chiesa, mentre il
presidente delTUcebi Aldo
Casonato ha proceduto all’atto d’insediamento ricordando al pastore e alla comunità le esortazioni e gli insegnamenti della Parola riguardo al ministero pastorale e ai
rapporti tra i credenti e le loro
guide; ha inoltre espresso i
suoi più cari auguri nel Signore alla sua comunità d’origine
per un futuro di cr«
tanti hanno preso p
cerimonia, arricchita
gioiosi del coro della
nltà e da alcune letti»
. che; i fratelli e le sortì
chiese evangeliche (
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ciascuno a nome dtì
pria comunità, i pi(i
saluti al pastore Miglia
no presenziato alla %i '
i rappresentanti del v*
della diocesi di Conci
Pordenone e del locale
po ecumenico e il pane,,
vicino Collegio Donfii
mentre tra le autoritài.
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sindaco Bolzonello e 1'»
sore alle Politiche Soci|
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formulato l’impegno airi '
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sità e a trarne beneficio, ‘
Al termine del culto! i
sediamento, la comuaiii
Pordenone ha offerto ai?
senti un gioioso rinfresco,
Segnaliamo l’uscita del numero doppio 12/13 del
BOLLETTINO DELLA RETE
EVANGELICA FEDE E OMOSESSUALIll
(Refo), di cui riproduciamo l’indice:
Bibbia ed etica: quale prospettiva?, di Yann Redcdié
Omosessualità, di Elisabetta Ribet
Programma IV convegno naz. Refo 9-11 novembre 2001
Il posto dell’altro, di Elisabeth Qreen
Uno sguardo alla letteratura lesbica: «La narrativai,
Jeannette Winterson: la scrittura come dissacrali!*
dei condizionamenti religiosi e gioioso svelamento d# |
propria identità», di Claudia Angeletti i
Crisi della maschilità come processo di liberazione: il W :i
to verso i movimenti di liberazione delle donne e
omosessuali, di Simonpietro Marchese
Rassegna stampa
Per richiederne una copia scrivere
alPe-mail: miriaminglese@libero.it
Tariffe Inserzioni pubblicitarie; a modulo (42,5x38 mm. Riforma ■ 37x45 mm, L’Eco delle
valli valdesi) E 30.000. Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testala Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L’Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6dicembre1999).
Il numero 31 del 3 agosto 2001 è stato spedito daii’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 1° agosto 2001.
2001
Anociato all«
Unione stampa
pariodic« Hallan«
UN ascoltatore di Arezzo
ci scrive a proposito del
comandamento sul giorno
del riposo. Questo fratello ritiene che la stragrande maggioranza dei cristiani sia infedele a tale prescrizione riferendola non al sabato, che
nella Bibbia è il giorno del
riposo, ma alla domenica.
«Non vi pare sbagliato - ci
scrive - parlare di riposo del
settimo giorno? Si sa bene
che la domenica è il primo
giorno della settimana, anticamente dedicato al Dio Sole, tanto che la lingua inglese
e quella tedesca ne conservano ancora il significato».
L’importanza che la grande maggioranza dei cristiani
attribuisce alla domenica deriva dal fatto che essa è il
giorno della risurrezione del
Signore. Nel Nuovo Testamento il libro degli Atti, raccontando del soggiorno di
Paolo a Troas, riporta che i
credenti di quella città si riunivano il primo giorno della
4_ÌS
settimo giorno
LUCA BARAnO
L *«UU0
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settimana per spezzare il pane insieme. D’aitra parte, oggi, ci sono anche dei cristiani
che si riuniscono di sabato,
ritenendo ciò più coerente
con il loro modo di intendere
la fede e vivere l’Evangelo. Il
cristianesimo, infatti, sebbene appaia a molti (per la cattiva testimonianza di tanti
credenti) come un insieme di
regole e divieti, ha a propria
disposizione molta più libertà di quello che si pensi.
Ce lo ricorda l’apostolo Paolo
quando descrive i problemi
delle prime chiese cristiane.
Di esse facevano parte perso
ne, come è del tutto ovvio essendo il cristianesimo nato
dal ceppo d’Israele, provenienti dal giudaismo che
portavano con sé la ricchezza della tradizione ebraica e
altre persone provenienti dal
paganesimo che di quella
tradizione sapevano poco.
Succedeva cosi, specialmente per quel che riguardava le
regole alimentari e anche la
diversa importanza che gli
uni e gli altri attribuivano a
giorni particolari, che il comportamento degli uni scandalizzava gli altri provocando conflitti laceranti.
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che il regno di Dio non
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Pubblicato il bando per il progetto
Il nuovo Palaghiaccio
Il 9 agosto è stato pubblicato il bando dell'agenzia per le
Olimpiadi di Torino 2006 per la progettazione del Palaghiaccio
di Torre Pellice. Gli interessati dovranno inviare le proprie offerte all’Agenzia entro il 20 settembre; il giorno dopo verranno valutate le offerte. È questo il primo atto uffìciaie (nel senso di gara per impianti) della complessa macchina organizzativa della
20“ olimpiade invernale. Il costo totale previsto per l’opera, Iva
esclusa, è di 12 miliardi e 233 milioni. A distanza di circa un anno da quella domenica 15 ottobre in cui il Pellice spazzò via il
Palaghiaccio del Filatoio, prende così avvio l’opera di ricostruzione. Sono previsti 2.500 posti a sedere, un ostello con ristorante; fuori i parcheggi e un’apposita rotonda sulla provinciale.
L'apertura domenica 26 agosto
I temi del prossimo Sinodo
Globalizzazione, diaconia, ospedali valdesi, otto per mille.
Con ogni probabilità saranno questi alcuni dei temi forti del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste che si aprirà domenica
26 agosto a Torre Pellice. Il Sinodo in particolare sarà chiamato
a esprimere una decisione sul richiedere o meno allo stato la
quota non espressa dell’otto per mille, dopo che un’apposita
commissione nel corso dell’anno ha preparato un documento
e le varie chiese si sono espresse in merito. Nel corso del culto
di apertura di domenica 26 agosto, che sarà presieduto dal pastore valdese Salvatore Ricciardi e che inizierà alle ore 15,30,
saranno consacrati al ministero pastorale Assunta De Angelis,
Caterina Dupré, Jean-Felix Kamba Nzolo e Elisabetta Ribet.
Fondato nel 1848
I rifacimento della struttura sul Chisone, a Pinerolo, è molto costosa ma indispensabile
Tramvia sì, ma prima il ponte
Sio il rispristino della massicciata «pesante» sia l'ipotesi di utilizzo della metropolitana leggera
Ipn possono eludere la necessità di superare il torrente. Il preventivo dispesa è però oneroso
VALDO ROSTAN
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issato (abbondandal 15 ottobre e
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Ij^ssaggio è tempo;o, se cresce il livello
sll'acqua si chiude il
' isito in via precauzionale. E poi c’è il problema della ferrovia; i binari
appesi fanno bella mostra di sé da quel pomeriggio e, anche se già circolaun fotomontaggio
con un improbabile salhtore olimpico che utilizza la rampa dei binari
nrno’ di trampolino, c’è
poco da ridere.
Dopo aver discusso a
lungo se ricostruire i due
ponti (ferroviario e viano) separati oppure uniti
narrativai un progetto è stato relissacrazio dattd e terrebbe anche
amento di 5?nio della richiesta di
setolo di non avere più
«passaggio a livello. Il
P®i) è costituito dai co*iii lievitati a 24 miliardi.
Sèmpre che bastino a
son$untivo, e non si capisce chi dovrebbe tirarli
Plori. Così fra città. Fermine, Regione, governo e
^t’altri il collegamenm resta un’utopia. Con
Pimna pace di chi, utiliz¡, l’autobus sostituoltre al disagio che il
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ha visto i tempi di percorrenza allungarsi.
Con queste forti preoccupazioni gli amministratori della vai Pellice hanno incontrato l’assessore
provinciale Campia e i
funzionari regionali per
discutere del progetto di
«metropolitana leggera»
sulla tratta Pinerolo-Torre Pellice. L’idea ha radici
lontane, ben precedenti
l’alluvione, e presentava
alcuni punti a favore, a
partire dal mantenimento del trasporto su rotaia,
periodicamente messo a
rischio di taglio. Utilizzando vecchio materiale
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si prevede di ridurre i
tempi di percorrenza pur
aumentando di almeno
due le fermate (Airali e
Cappella Moreri), l’ingresso diretto in stazione
a Pinerolo, una maggiore
cadenza delle corse (una
all’ora dei periodi di basso utilizzo, una ogni mezza nei periodi di punta),
minori costi perché la soluzione tramvia richiede
meno personale, un aumento dell’utenza in conseguenza del maggiore e
più veloce servizio.
L’ipotesi oggi in avanzato stato di condivisione fra gli enti pubblici
prevede anche l’elimmazione dei passaggi a livello in Pinerolo sostituiti
con semafori («funzionano a Torino, perché non
a Pinerolo?», si è chiesto
l’assessore Campia). Una
bozza di accordo da approvare è stata data dalla
Provincia ai sindaci; la
regione si è dichiarata disposta a sostenere la
scelta. Serviranno dei
fondi per l’acquisto dei
mezzi e per vari interventi sulla tratta, dalla linea elettrica alle banchine di salita. Si può fare, è
il commento unanime e
se, come ha promesso la
Regione tramite i suoi
funzionari, si arriverà anche al raddoppio selettivo della Pinerolo-Torino,
tutta la linea potrebbe
giovarsene. A patto però,
di ricostruire quel ponte.
Limitati contributi regionali
Fotovoltaico sì
ma nella baita no
La Regione Piemonte
ha pubblicato il bando
per i «contributi alla realizzazione di impianti fotovoltaici collegati alla rete elettrica di distribuzione di bassa tensione». E
già nella definizione del
bando, che deriva da uno
a livello nazionale di
qualche mese prima, si
scopre un primo «paletto»; il sostegno va infatti
solo per quelle abitazioni
già allacciate alla rete
Enel e non può essere
concesso per baite, alpeggi o altre abitazioni
sparse fuori dalla rete di
distribuzione esistente.
Ciò perché si prevede,
con i pannelli solari che
verranno installati, di
produrre energia elettrica
che possa essere ceduta
all’Enel, di giorno, con
bassi consumi casalinghi.
In sostanza nelle ore
diurne, quando il fabbisogno domestico è più
contenuto ma quello industriale o di uffici alto la
produzione dei «tetti fotovoltaici» verrà ceduta
dai singoli privati; di notte invece avverrà il contrario. La bolletta terrà
conto di questo doppio
scambio. Tornando al
bando, ecco alcuni dati
tecnici; riguarderà impianti di potenza fra 1 e
20 kw, il contributo pubblico potrà arrivare fino
al 75% della spesa sostenuta. Le domande dovranno essere presentate,
sull’apposita modulistica,
fra il 1° ottobre e il 29 novembre. Non verranno
prese in considerazione
domande presentate prima o dopo e i contributi
verranno assegnati, stan
te le condizioni, secondo
l’ordine di presentazione,
quindi fino ad esaurimento dei fondi a disposizione. Saranno finanziati anche interventi edilizi, ma solo quelli strettamente necessari alla realizzazione dell’impianto.
Le domande (ma anche
eventuali richieste di
informazioni) vanno in
dirizzate a Regione Pie
monte, settore Program
mazione e risparmio in
materia energetica, corso
Stati Uniti 21, 10128, Torino. Copia del bando è
disponibile presso Comuni e Comunità montane.
ICONTRAPPUNTOI
UNA CRISI
DA SUPERARE
MARCO ROSTAN
Non giova
al paese
la debolezza
dei partiti
di opposizione
La Festa dell’Unità dì fine luglio a Torre Pellice è
una tradizionale occasione
di incontro che negli ultimi
anni si era qualificata anche per degli interessanti
dibattiti sulla situazione
politica e sulla sinistra: ricordiamo ad esempio gli
interventi di Novelli e di
Caselli. Quest’anno era atteso Fassino, e
non erano pochi i cittadini che desideravano incontrarlo per porgli numerose
domande: purtroppo ha disdetto all’ultimo momento; questo non
torna a suo
merito e segnala una preoccupante distrazione dei dirigenti verso le piccole
realtà locali dove i dibattiti
non fanno immagine e audience, ma dove per altro
tante compagne e compagni sacrificano giornate e
ferie per l’organizzazione.
La seconda delusione è
stato il dibattito sul dopo
Genova, di grande attualità
sia per la numerosa partecipazione di giovani e non
giovani del Pinerolese alle
manifestazioni contro il
G8, sia per l’indecoroso e
ambiguo atteggiamento del
partito a livello nazionale.
Sull’Unttd, che è una delle
poche cose positive che è
dato di leggere a sinistra, si
può seguire quotidianamente il travaglio di molti
iscritti e dirigenti locali che
a Genova ci sono comunque stati, la non facile ricerca di una strategia di sinistra rispetto alla globalizzazione e di una identità
Ds nel prossimo congresso.
Personalmente mi aspettavo che l’occasione prevista
nella festa di Torre sarebbe
stata colta per parlare di
queste cose con le tante
persone che in questa zona,
nonostante gli sbagli fatti
da D’Alema e compagni,
hanno continuato a dare il
voto all’Ulivo e ai Ds in una
misura assai superiore che
nel paese. Purtroppo, nonostante le premesse per
un buon dibattito ci fossero tutte (dalla sobria testimonianza di Massimo Gnone, all’intervento al giornalista della Rai Jean-Leonard Touadi, che ha mostrato quanto Marx sia ancora attuale spiegando la
globalizzazione non con
l’ideologia ma con i fatti, in
un linguaggio comprensibile ai bambini, alla nutrita
presenza del pubblico di
sposto a prendersi il sole
sulla testa) nonostante tutto questo, il dibattito è fallito per l’improvvida conduzione di chi lo presiedeva che, secondo una liturgia dura a finire fra certi
dirigenti, non ha saputo rinunciare a parlare per mettersi invece in ascolto, sollecitando con franchezza il
——. confi*onto sui
grandi interrogativi che
vagavano
nella testa e
nel cuore dei
presenti.
Ovviamente la piazza si
è svuotata e
l’unico oriz
^OlìtC CUltU
"*™™*"** rale della festa è tornato ad essere
quello delle costine e delle
salsicce (per altro ottime!).
Non c’è da ironizzare su
queste difficoltà dei Ds. È
un vecchio e cattivo vizio,
che già caratterizzava una
certa sinistra e gli anticomunisti dì sempre, quello
di schernire il Pei di ieri e i
Ds di oggi: e invece non giova a nessuno che i Ds siano
deboli o in crisi, prima di
tutto non giova al paese e
alla democrazia. Non giova
all’Ulivo e non giova neppure alla neonata Margherita. D’altra parte occorre
che dall’interno dei Ds, in
primo luogo, ci sia un colpo
di reni, una ribellione contro la riduzione della politica a un affare di palazzo, a
una questione di furbizia,
contro l’aria di supponenza
di certi dirigenti, contro
l’accantonamento (in nome
di un presunto realismo di
governo) di una lotta decisa contro le ingiustizie della globalizzazione, per riaffermare i principi di fondo,
le speranze, anche le utopie
e comunque la coerenza
morale. Contro la rassegnazione al pensiero unico del
mercato e del liberismo.
Serve saper di nuovo ascoltare gli altri, riprendere
quello che un tempo si
chiamava lavoro di massa,
che mette al primo posto ì
risultati concreti e non la
propria immagine.
Anche alle valli valdesi
serve una rinnovata dialettica tra forze politiche e
non solo attenzione a sindaci, Consigli comunali.
Comunità montane, docup
e soldi della Regione; serve
che la politica riacquisti
autonomia rispetto all’amministrazione, al potere,
all’immagine, alla ritualità.
È un compito urgente fra i
Ds, e non solo fra di loro.
8
PAG. 8 RIFORMA
E Eco Delle Yallì Aàldesi
venerdì 24 AGOSTO
INCONTRO ITALO-FRANCESE A FRALI — Si rinnova domenica 2 settembre rincontro italo-france
se che vede quali organizzatori la Comunità
montana valli Chisone e Germanasca e la regione confinante del Queyras. Da anni sono avviate
iniziative di collaborazione sia economica che
culturale fra i due versanti a ricordare legami che
storicamente affondano le proprie radici fino al
XIV secolo. Domenica a Frali ci sarà una giornata
di festa con la corsa podistica sui territori di confine, un pranzo, la visita al museo.
MERLO IN COMMISSIONE DI VIGILANZA — Giorgio Merlo, parlamentare dell’Ulivo eletto a Finerolo e membro della Margherita, è stato nomina
to membro della Commissione parlamentare per
l’Indirizzo e la Vigilanza dei servizi radiotelevisi
vi. «Attorno al servizio pubblico - ha detto l’on.
Merlo - si gioca la partita decisiva per garantire il
pluralismo informativo e politico da un lato e
rafforzare la democrazia e la libertà di espressione dall’altro. Un compito delicato che richiede
un’azione politica trasparente e laica scevra da
pregiudizi e da tentativi di ridurre l’informazione
alle convenienze della maggioranza».
ASSICURAZIONE GRATIS A CHI ACCREDITA LA
FENSIONE — Anche a Finerolo i pensionati che
accreditano la pensione sul conto «bancoposta».
Poste italiane offre un’assicurazione nell’eventuaUtà di furto del contante prelevato negli uffici
postali 0 presso gli sportelli automatici. L’assicurazione è gratuita e copre fino a un milione di lire; il conto Bancoposta consente di avere una
carta Postamat, libretti di assegni e una carta di
credito. La pensione accreditata sul conto frutta
un 1,46% netto; il costo di gestione costa al massimo 60.000 lire senza costi per apertura e chiusura del conto o per l’invio dell’estratto conto.
Lanciato a maggio 2000 il conto Bancoposta è
stato scelto fin qui da 1.300.000 persone.
CONTRIBUTI REGIONALI PER «MUCCA PAZZA» —
La Regione Piemonte ha lo scorso 11 agosto deliberato 9 miliardi di interventi a sostegno di quelle
aziende zootecniche che a causa di «mucca pazza»' hanno dovuto trattenere in stalla bovini di
più di 20 mesi per un periodi di almeno 5 mesi. In
pratica gli allevatori potranno ricevere fino a
mezzo milione per capo bloccato in azienda.
ALLUVIONE: MANCANO 150 MILIARDI — La Provincia di Torino, in un appello lanciato dalla presidente Bresso a da vari assessori, ha presentato
una «ricognizione sulle attività di ricostruzione
delle infrastrutture provinciali e di realizzazione
di opere idrauliche per la messa in sicurezza del
territorio» da cui emerge una forte carenza di
fondi rispetto alle necessità. Solo l’emergenza
viabilità è costata 30 miliardi, ma riportare alla
normalità la viabilità provinciale occorrono 190
miliardi; per gli edifici scolastici il fabbisogno è
di quasi 9 miliardi. «Dallo stato finora abbiamo
ottenuto solo 71 miliardi», lamenta Mercedes
Bresso; tra le opere da finanziare la ricostruzione
del ponte sul Chisone a Villar Perosa. Drammatica anche la situazione delle disponibilità del MagisPo: su un fabbisogno stimato, per le province
di Torino, Cuneo e Vercelli di 3.000 miliardi il governo ha assegnato solo 1.200 miliardi; e proprio
una cifra analoga, secondo gli esperti, servirebbe
annualmente per la costante gestione dei corsi
d’acqua del Piemonte.
OLIMPIADI: IL GOVERNO PER LA SEMPLIFICAZIONE — Dopo la presentazione di una risoluzione
dei deputati Merlo, Napoli, Chianale, Bugilo e Nigra tendente a ottenere percorsi semplificati per
la realizzazione delle opere legate alle Olimpiadi
di Torino, il governo ha approvato la mozione in
tal senso. «Un passo importante ma non sufficiente - ha commentato Merlo -; il prossimo impegno è quello di stanziare ulteriori risorse per
completare gli interventi approvati l’anno scorso
con legge specifica».
PINEROLO: NUOVO COMANDANTE DEI CARABINIERI — Cambio della guardia alla guida della
compagnia carabinieri di Pinerolo: al posto del
capitano Salvatore Leotta arriverà il tenente Lorenzo Ranzini, già vicecomandante del nucleo
radiomobile di Torino.
IL CAI HA UNA NUOVA SEDE — Il Cai di Torino ha
una nuova sede regionale; sinora ospitata presso
la Galleria subalpina la nuova sede della delegazione regionale diretta dal presidente Vittorio
Barbotto è ora ospitata presso gli uffici della Regione Piemonte in corso Stati Uniti 21. La sede
regionale coordina l’attività di 81 sezioni che rappresentano 54.000 iscritti in tutto il Piemonte.
Torre Pellice: inaugurata l'ala destinata a ospitare i nuovi servizi
Una grande festa per l'ospedale
Non solo tecnici, politici e amnninistratori ma tanti cittadini «comuni» hanno
voluto esprimere il legame storico della struttura con II proprio territorio
MASSIMO CNONE
E una vera festa di
popolo. Si contano a
decine le persone accorse
all’appuntamento di domenica 19 per l’inaugurazione della nuova ala, «di
completamento», dell’ospedale valdese di Torre Pellice-. Non mancano i
volti noti di amministratori, «ecclesiastici» e politici (assente, «giustificato», l’assessore regionale
alla sanità, D’Ambrosio),
eppure a togliere il fiato,
oltre all’afa del pomeriggio di agosto, è la ressa di
gente curiosa che preme
e si accalca per vedere il
«suo» ospedale che cresce. Una struttura, ma
anche «una scommessa»,
come l’ha definita il moderatore della Chiesa valdese, Gianni Genre, durante il momento inaugurale nel nuovo seminterrato collocato sotto il cortile dello stabile storico.
Dopo 180 anni di vita,
l’ospedale valdese di Torre Pellice si presenta in
ottima forma. «Questo
ospedale è una doppia
scommessa - ha detto
Genre la prima, quella
lanciata nel 1821, fu stare
dalla parte della gente, e
quindi scegliere di inserirsi nel servizio pubblico
e aperto a tutti; la seconda scommessa sarà essere competitivi nel futuro». Questo, a fronte dei
costi crescenti e della sanità che cambia, sembra
essere un compito appassionante, ma impegnativo: il «peso della croce»,
come l’apostolo Paolo
definiva la diaconia, sarà
Val Pellice
Un aiuto
alle donne
in difficoltà
Il banchetto dell’associazione
Franca Coi'sson, presidente della Clov
sempre pm gravoso.
Consuetudine vuole
che spesso le inaugurazioni anticipino l’effettiva conclusione dei lavori:
l’ala nuova dell’ospedale
non fa eccezione e alcuni
cantieri sono ancora aperti. «Entro il mese di
ottobre tutto sarà funzionante», promette la presidente della Ciov, Franca Coisson, che aggiunge:
«Questo non sarebbe stato possibile senza l’impegno di chi in questi anni,
personale, membri di
chiesa e volontari, si è
impegnato per l’ospedale». Un applauso particolare va all’ex presidente
dell’associazione Amici
dell’ospedale, dottor Giovanni Mourglia, scomparso quest’anno.
Dopo i discorsi degli
amministratori del territorio e della Ciov, via alla
visita guidata dell’ala
nuova, destinata ai servizi di diagnostica per immagini (due sale di radiologia tradizionale,
ecografia, mammografia
e Tac) e ai servizi generali (spogliatoi del personale, magazzini e archivio). La nuova camera
mortuaria avrà uno spazio riservato e un accesso
diretto per il pubblico,
mentre dall’esterno spicca la torre di collegamento con l’edificio storico.
Punta di diamante del
servizio di diagnostica è il
nuovissimo apparecchio
di Tac spirale, acquisita a
noleggio (250 milioni all’anno per 5 anni, tutto
compreso), più rapida e
sicura: 3 minuti invece
dei 40 precedenti per una
Tac all’addome, 20 Tac al
giorno a pieno regime.
Costo dell’intera operazione? 4 miliardi e 300
milioni, cifra che non si
discosta da quella prevista, coperti per 3 miliardi
dalla Regione e 1 miliardo
e 300 milioni dall’otto per
«Amici deli’ospedale»
mille della Chiesa valdese. «Dallo spostamento
dei servizi di diagnostica
per immagini - spiega
durante la visita il direttore amministrativo Ciov,
Silvio Vola - si ricaveranno nuove camere di degenza, con l’obiettivo finale di concentrare gli attuali letti per acuti, lungodegenti e riabilitazione
nei reparti al primo e secondo piano, migliorando così i servizi e gli spazi
comuni destinati ai pazienti». Ma le novità non
finiscono qui. Sono stati
completati i lavori di potenziamento della cucina,
pronta a preparare ben
1.500 pasti al giorno (contro i 250 attuai). Dall’autunno potrà partire il servizio rivolto inizialmente
ai due ospedali delle Valli
e all’Asilo di Germano.
«Sarà possibile - dice Vola - incrementare le attuali collaborazioni, anche temporanee, verso le
altre opere valdesi che ne
faranno richiesta».
Uno spazio per (
in difficoltà. È questa i,,:
delle ultime iniziò
della Comunità montais
vai Pellice a sostegno^
le persone con problew
di inserimento sociale!
di lavoro. Già da divetE
tempo, di fronte a pets
ne in difficoltà in partia,
lare nel reperimento j
una casa, i servizi sngl
della Comunità montflljripanat'
provvedevano a ricerc®
soluzioni abitative, inai; .nisabato
cuni casi sostenendoli
spese di affitto, in altri énica 2 si
^ ergi
ed
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cendo ospitare queste
persone presso struttuB
protette o pensioni. Gite "
un mese fa è stato dato
via a un progetto spedi:
co per donne in difficoI|
(«casi di povertà elevata ® ® *
sia sul piano econoniict
che sociale», chiarisce Ij
dottoressa Lanfranco responsabile del settoresf
ciò assistenziale). In sostanza è stato individuato
un alloggio, con una ca- P®'!®.
pienza massima di 5per-.sone, dove le donne
ti hanno a disposizioni ;
una cucina che le rendeP®®^^
servizi ir
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autonome per l’alimeiii .
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guono le giovani ospid
della casa, anche percli^®®^!*'si dovrebbe trattare di m
«rifugio temporaneo» come momento di passag!« , _
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costruirsi la propria vitai, ^
ovvero attrezzarsi, e dun-*^ ’
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Il progetto per ora è
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fondi regionali.
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llanto si è
Un bel buco
nei bilanci
degli ospedali
Domenica 19 si sono inaugurati all’ospedale di Torre Pellice
i nuovi locali dedicati al servizio
di diagnostica per immagini. È
un ulteriore tappa nell’azione
di ristrutturazione e rilancio
operata soprattutto all’ospedale
di Torino e ora allo studio (come scrive anche la Tavola valdese nel suo rapporto al Sinodo) per gli ospedali delle valli.
Tutto bene dunque? No, per me
e non solo per me, il capitolo
ospedali valdesi è una delle più
grandi preoccupazioni attuali.
Da due anni i tre ospedali di Torino, Torre e Pomaretto sono
unificati sotto l’amministrazione Ciov: i deputati al Sinodo ricorderanno che questa operazione fu presentata come necessaria per «salvare» i due
ospedali minori. Ci auguriamo
naturalmente che sia così, ma i
segni attuali vanno purtroppo
in senso contrario e il deficit
con cui la Ciov si presenta al Sinodo fa rizzare i capelli, perché
sfiora i 50 miliardi (quando l’intero bilancio della Tavola è inferiore ai 10 miliardi!).
Sembra che la Regione Piemonte ripianerà almeno in parte i 33 miliardi di deficit del passato, ma la cosa grave è che
quest’anno il passivo di Torino,
che stava calando, è risalito a 7
miliardi mentre quello di Torre
e Pomaretto è di 6 miliardi (dati
del mese di giugno). Nelle discussioni sinodali ci sarà tempo
ci saranno mille ragioni per
spiegare i perché di questa situazione e per rassicurare sul
fatto che le cose miglioreranno
quando i tre ospedali funzioneranno a regime, avvantaggiandosi degli interventi migliorativi
effettuati. Restano tuttavia delle
questioni aperte a mio avviso
gravi: tra la Ciov e la Regione
esiste una convenzione valida
fino al 2003, quindi i nostri amministratori sapevano esattamente quanto potevano ricevere dall’ente pubblico e quindi
quanto potevano spendere. In
altri termini non stiamo subendo i tagli alla Sanità, almeno finora. Torino non ha fatto i preventivi richiesti anche dal Sinodo e indispensabili per accedere ai fondi 8 per mille; nessuna
opera può ricevere tali fondi
senza preventivo. Perché ci sono eccezioni?
Le trattative con la Regione
dovrebbero essere svolte da
parte della Ciov, nominata dalla
Csd, che è la commissione sinodale amministrativa che rappresenta davanti all’ente pubblico
la volontà delle nostre chiese.
Mi risulta che non sempre questo è avvenuto e che comunque
è il direttore generale di Torino
a ricoprire un ruolo preponderante in tale settore. Perché?
Non dovrebbe svolgerlo il presidente della Ciov, non dovrebbero i «tecnici», ancorché massimamente esperti, attenersi alle
indicazioni dei comitati? Mi
sembra a volte che procedano
in modo autonomo, il che significa che i comitati lo consentono. Perché? Questo problema è
stato sollevato dalla Commissione d’esame del I distretto, la
cui Conferenza ha poi votato un
ordine del giorno più «morbido»
di quello proposto, il cui senso è
tuttavia chiaro per chi abbia
orecchi per intendere, perché
chiede alla Csd, alla Ciov, alle
opere di informare ulteriormente le chiese «sui progetti e sui risvolti di tipo finanziario che
questi comportano... per verificarne la compatibilità con le risorse reali della chiesa; invita a
valutare il quadro globale delle
nostre risorse, umane e finanziarie, per consentire la possibilità di tentare una risposta anche ai bisogni emergenti; ribadisce la centralità delle assemblee
come momenti decisionali su
tutti gli aspetti della vita delle
chiese, anche per quanto attiene alla programmazione dell’intervento diaconale».
Si sono fatte tante parole e
tanti convegni sull’evangelicità
delle opere, sull’alta qualità delle prestazioni e dei rapporti
umani al loro interno: e non
mancano attestazioni al riguardo. Si faccia ora seriamente il
punto sul peso economico della
diaconia nelle nostre chiese e in
particolare sugli ospedali e ci si
ricordi che nella Bibbia c’è il
buon samaritano ma ci sono altresì gli amministratori, a cui è
chiesto di essere fedeli anche
nelle piccole cose. Mi auguro
che il Sinodo sappia esprimersi
in merito con tutta la sua saggezza.
Marco Rostan
Luserna San Giovanni
ndoilsu
Quest’anno invece, forse pei|ecessità «
liberare i convitati di quelle frj
stidiose presenze (il popoloè
chiassoso e grossolano), gli ot|icia“ào*iii
ganizzatori hanno fatto sì chi
per il resto della gente non
fosse posto alcuno: niente musica, niente costine, nienteli toilpres:
niente. L’unico spettacolo, nolente o volente, per chi quella:
sera andava a «farsi un giro» '
la Festa dell’Unità erano ip®
tecipanti alla «Cena per un irmette
ieinpii
,co
sei
- ®
irholar
Wgianat
Una caduta
di stile forse
non casuale
amico»: un’ottantina di persone tra cui spiccavano i magg^ In un me
renti del paese che, con amia.
familiares et famigli, banchettavano, al limitare di una pi®|
za silenziosa e vuota, allietaUT
da una viola e un violoncello
che due volenterosi ragaz® [
suonavano (suppongo anche'
loro gratis) a esclusivo beneficio dei commensali su un ]
chetto creato ad hoc al centro
della tavolata. Che dire? Grott^
SCO? Orwelliano? Felliniano.
Alla Festa dell’Unità di Torre
Pellice, da qualche anno, per
una sera, al posto delle costine,
si può mangiare una vera e propria «cena» con tovaglie e tovaglioli veri, bicchieri di cristallo,
argenteria e altre stoviglie di
qualità messe a disposizione
(suppongo gratuitamente), insieme alla cucina, dall’ottimo
ristorante Flipot; gli organizzatori la chiamano «Cena per un
amico» (in memoria di Ercole
Giordanetti, ex segretario della
locale sezione del partito) e l’introito (60.000 a coperto) viene
devoluto in opere di beneficenza. Lodevole iniziativa e, a parte
il fatto che trovo di dubbio gusto mettere in piazza l’argenteria buona, fin qui niente da dire, anche perché, fino all’anno
scorso, i filantropici buongustai
venivano ben presto eclissati
dalla massa dell’altra gente venuta lì per divertirsi.
kitsch? È retorico chiedersi eh _
ne dicono quelli che come ® co
sono rimasti a guardarli da m«' «piccol
tro le transenne?
C’è una letteratura sconfina» ^the
e non sempre populista sul i]
:0 ¿0;
porto tra chi mangia e chi sta^ ^twio t
guardare, perché è il
simbolo dell’esclusione; baa^
^ ^ ' d il P IP
chettare in pubblico è di pn'' lot, >
osceno, qualunque cosa ci ^
in tavola e chiunque sian
commensali, proprio perché as(
Inde aH’esclusione. E curieJR«tnto,
che degli ex comunisti uo
abbiano pensatoi Ed b »»5 ^
niii riirincra rhp nOn abUl
più curioso che non “
pensato che, quando ad afi^
re è la classe dirigente
paese (o quella che si pt'
esu®®
tale), l’oscenità diventa WP®®
donabile, offensiva. E stata J C Pr®
caduta di stile, ed è piastir,
caduta da parvenu. Una c nj|^
forse innocente, ma -ual- di n
non casuale, e che non c ^
mente ha inscenato la pm jssjp
simbologia deU’esclusione.
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Andrea Salasso ■
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9
24 AGOSTO
2001
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PAG. 9 RIFORMA
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pinerolo: verso l'apertura della tradizionale Rassegna dell'artigianato
La creatività si mette in mostra
uizione di quest'anno si propone di valorizzare la qualità dei manufatti
/inche questo settore deve ripensare se stesso in vista di Torino 2006
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Bconomî Bia, oltre dl’esposizio:hiarisc deilavon degli artigiaifrancote iacalieglistand dienti
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ale). In p anche 1 allestiindividul «todiunapposito paon una î iione-to*°™
Il logo della Rassegna dell’artigianato di Pinerolo
contro (sono in programma convegni a tema in
cui si dibatterà di «Immagine e pianificazione» e di
economia e territorio), di
divertimento con un ricco programma di concerti e spettacoli teatrali. In
concomitanza con la Rassegna poi aprirà anche i
battenti la manifestazione collegata «Museinsieme 2001» che prevede oltre all’apertura di tutti i
musei cittadini, anche
l’allestimento di due mo
stre appositamente preparate: una al museo di
Arte preistorica dal titolo
«Dai graffiti alle stelle» e
l’altra all’Expo Fenulli
presentata dal Comune di
Pinerolo dal titolo «Un
mondo di mestieri».
# Pinerolo
La Ciov alla
Rassegna
Anche quest’anno come ormai consuetudine
il 2° circuito della Chiesa
valdese ha preparato uno
stand per la Rassegna
dell’artigianato di Pinerolo. Tema scelto per il
2001 gli «Ospedali valdesi». Ai visitatori dello
stand, che è stato preparato in collaborazione
con la Ciov, oltre a venir
presentata la diaconia
valdese e il ruolo che gli
ospedali hanno ricoperto
e ricoprono tutt’ora all’interno della Sanità
verrà anche distribuito
materiale informativo
sulla nuova normativa in
termini ospedalieri. Lo
stand verrà gestito a turno da persone della chiesa che volontariamente
si sono dimostrati disponibili. Sono ancora «disponibili» posti per la
sorveglianza allo stand.
li protranno
[Bife le atmosfere
léko botteghe per
isentare realtà che
in prospettiva deliadi di Torino
:heperS fegiche nelTambito
^ . iservizi manutentivi»,
laspanza dell’Atl 2 è
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nte nono osta adeguata alla doliente mi' indasj come ha dichianientedi lo fl presidente delTAtl
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GIORGIO ODEnO*
Architetto e amministratore, è scomparso ai primi di agosto
L'amore di Piercarlo Longo per la valle
fino a due anni fa con l’approvazione del nuovo piano e il «piano
regolatore generale intercomunale», tuttora -vigente.
Tutta la sua attività politica e
amministrativa, sempre molto attenta agli aspetti culturali e ambientali, è sempre stata rivolta al
bene e all’interesse della «sua» vai
PeUice, che amava e in modo particolare a Rorà, dove spesso saliva
nella casa che si era costruito a
Piamprà e che poi, con grande
sofferenza, non ha più potuto utilizzare per problemi di salute. A
dimostrazione del grande legame
che lo univa alla nostra comunità,
Piercarlo Longo ha disposto che le
sue ceneri venissero depositate e
conservate nel nostro cimitero.
Non va dimenticata nemmeno
tutta la sua attività professionale
in qualità di architetto, nella quale
si è distinto e qualificato. Con la
sua scomparsa abbiamo perso un
grande amico, che conservava ancora grossi sogni per il miglioramento della qualità della vita nella
nostra valle. Lo vogliamo pertanto
sempre ricordare per quello che è
stato e che ha fatto per tutti noi, e
con questo sentimento, partecipiamo, stringendoci a loro, al dolore dei suoi cari, e diciamo, grazie Piercarlo!
* sindaco di Rorà
IL 7 agosto è prematuramente
mancato il compianto architetto Piercarlo Longo, il quale ha dedicato gran parte della sua esistenza alla -vita politica e amministrativa della nostra valle e in modo particolare anche del mio paese; ritengo pertanto doveroso e
utile, per noi e per le nuove generazioni, ricordare brevemente
quale è stata la sua attività negli
Anni 70-80. Piercarlo Longo, torinese, giunse a Rorà ragazzino, dove trascorreva le vacanze, soprattutto estive, nella località di Piamprà, dove fece amicizia con i giovani della sua età e coi i quali trascorreva gran parte del suo tempo: quei felici anni di spensierata
gioventù fecero sì che stringesse
un legame affettivo molto forte
con i suoi amici e con gran parte
della comunità, soprattutto con i
valdesi più attivi, con i quali condivideva le opinioni religiose.
Questo suo legame con la comunità rorenga lo portò a candidarsi in una lista civica nel 1970
nel nostro Comune, dove fu eletto
consigliere e qualche tempo dopo
sindaco. Questo suo ingresso nella
pubblica amministrazione gli permise di entrare come consigliere
prima nel «Consiglio di valle» e
successivamente, con Tistituziqne
delle Comunità montane nel
1972, nel Consiglio della Comunità montana vai Pellice, dove
venne subito eletto presidente; ricoprì questa carica sino al 1980
quando, candidatosi nelle liste del
Psi, venne eletto consigliere provinciale, ricoprendo la carica di
assessore alla Montagna in un primo tempo e poi alla Cultura,
Sport e Turismo, sino al 1985. Negli Anni 85-90 ritornò a ricoprire
la carica di presidente della Comunità montana vai Pellice, periodo molto impegnativo in quanto doveva amministrare anche la
gestione sanitaria, allora Ussl 43
coincidente con il territorio della
nostra Comunità montana. Nel
1990 venne eletto consigliere nel
Comune di Luserna San Giovanni,
dove ricoprì per un periodo anche
la carica di sindaco e dove chiuse
la sua lunga e feconda attività amministrativa in valle nel 1995.
Un’attività che vide l’architetto
Longo sempre seriamente impegnato specie in quegli atti fondamentali che portarono a dei radicali mutamenti nel modo antico
di gestire la cosa pubblica; basti
ricordare il primo «piano di sviluppo socio-economico» della nostra Comunità montana che fu riferimento amministrativo basilare
NELLE CHIESE VALDESI
GIORNATE GIOVANNI MIEGGE — Venerdì 24 agosto, nell’Aula sinodale, «Fedi e culture: esperienze e prospettive per l’identità evangelica».
ANGROGNA — Domenica 26 agosto, culto a Pradeltorno. Domenica 2 settembre, a Buonanotte,
dalle 15, presso la Scuola Beckwith e dintorni,
pomeriggio comunitario, conversazione del pastore Giuseppe Platone sui lavori del Sinodo.
MASSELLO — Domenica 26 agosto, alle 15, riunione alla Balsiglia.
PINEROLO — Domenica 26 agosto, alle ore 10, il
culto sarà presieduto da Elisabetta Ribet che nel
pomeriggio, nel corso del culto di apertura del
Sinodo a Torre Pellice, sarà consacrata al ministero pastorale.
PRAMOLLO — Lunedì 27 agosto, nella sala attività,
la Chiesa valdese organizza un incontro su «E
Dio ci creò... diversi!!» con la pastora Sabine
Vorsteen. Tutti sono invitati a partecipare.
PRAROSTINO — Domenica 26 agosto, alle 9, culto
al Roc, alle 10,30, culto a Roccapiatta.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 26 agosto,
culto a Fontane, alle 9.
TORRE PELLICE — Domenica 2 settembre, nell’ambito del «tempio aperto», alle 17, nel tempio
valdese, il dott. Gianni Fornati, primario all’ospedale valdese di Torino, parlerà su: «Eutanasia, un
problema aperto per credenti e non solo...».
VILLAR PELLICE — Domenica 2 settembre, alle
14,30, riunione quartierale all’Inverso.
VILLASECCA — Incontro alTEiclassie, domenica 2
settembre, alle 15, con la chiesa di Pomaretto.
^ Si è svolta a San Germano
Festa del XV Agosto
Si è tenuta nel parco della villa Widemann a San
Germano, organizzato dalla chiesa locale, l’edizione
2001 del «XV Agosto». La giornata, che è iniziata alle
ore 10 con il culto la cui predicazione è stata tenuta dal
moderatore Gianni Geme è proseguita nel pomeriggio,
dopo il tradizionale pranzo, e ha avuto come tema
principale le questioni latinoamericane. Dopo alcuni
interventi e testimonianze che hanno presentato tra
l’altro la condizione femminile in Centro America e i
problemi dello sviluppo nel Salvador è seguita un breve intervento molto apprezzato del gruppo teatrale Assemblea teatro. In inizio di pomeriggio poi c’è stato anche il tempo per riflettere sulla globalizzazione e sui recenti fatti di Genova con interventi e testimonianze.
Una riflessione del direttore di «Radio Beckwith evangelica»
servono fondi per continuare
ttW MARIO GILLIO
una coraggiosa micome con pochi mezzi dà vita a
edersiclif prendere
come®® %eco
irli da die-P® piccoli
sconfina®
un gruppo di giovani
aiQesi delle Valli decide di
a radio; erano gli anni
emittenti libere. Radio
, '®y®ugelica iniziava a traita sul r P te dqo novembre sul solo
® * rti)‘ Pellice. Oggi la
fl. ^ anno di
vasto territorio; la
® Pinerolese, Asti, Cu
°^^iano' jino e eiintura ovest di
perché al- _
E curiose lattiti
parte della vai Chisone e
è ormai l’unica radio
„ ri Pinerolese provvista
sti no ^ ministeriale.
ultimi anni ha avu' n Ae- ®®guire e ascoltare Raad al|n „ si è reso conto dello
chn le persone
’ nel- "iti' ik *'®^i’6uiittente portano
ita unP attuata una più ca
2 sul territorio
sia a livello ecsociale. In questi
„al- dh?*° la partecipa
valdesi, operatori
, più rozzi 3 e sociali, sono siati tra
lione. tonSii iu collaborazio
.rrePelM^
valdesi, l’Asl 10,
Csd, le amministra
zioni comunali del Pinerolese; si è
lavorato con l’editrice Claudiana,
la libreria Volare, l’editrice Alzani.
Ma l’importanza di una radio locale si è vista soprattutto durante
l’alluvione del 15 ottobre 2000
quando è diventata punto di riferimento per molti ascoltatori isolati
e per operatori sociali e di soccorso, 0 in occasione del G8 di Genova, che ha visto la radio raccontare
in diretta i tragici avvenimenti.
Radio Beclwith in questi ultimi
anni ha collaborato a manifestazioni culturali come «Qccitanica»
di Torino e «Vincoli sonori» di Pinerolo, e ha dato luogo a collaborazioni con Radio Suisse Romando, Radio Flash, Radio Sandonà e
naturalmente L’eco delle valli vaidesi. La radio ha poi anche avviato
la produzione di Cd musicali come
«Tra Riforma e Controriforma» o
«Architorti» in collaborazione con
la Claudiana; inoltre, è di imminente uscita un Cd di musica occitana de «Lhi Calholait». E non dimentichiamo i contatti con realtà
nazionali e internazionali: lo scambio di programmi con le chiese avventiste, la partecipazione al Forum della cultura, l’adesione al Comitato radio evangeliche in Italia e
al Comitato culto radio della Fcei,
la collaborazione con la Cepple.
L’allarme purtroppo si ripresenta puntuale ogni anno: il costo
della nostra emittente è elevato e
per Tanno prossimo si potrebbe
addirittura immaginare la chiusura della radio. Le prospettive potrebbero essere molteplici: tenere
in vita una radio con minime risorse, ma che sarebbe priva di stimoli per gli ascoltatori; vendere le
frequenze, e quindi lasciare che
un network trasmetta al nostro
posto; vendere a un ente del nostro territorio che sia interessato a
una radio locale e quindi verosimilmente alla Chiesa cattolica che
sembra dare molta importanza al
messaggio radiofonico; cambiare
la tipologia della radio che diverrebbe solo comunitaria e potrebbe sperare di vivere della pubblicità trasmessa, tralasciando il
messaggio evangelico.
Queste possibilità preoccupano
il Consiglio direttivo della radio, la
redazione, gli operatori, i quali
vorrebbero che Radio Beckwith
continuasse il suo percorso di
evangelizzazione già riconosciuto
e stimato nel Torinese, nel Cunéese e nel Pinerolese, dove la radio e
il nostro lavoro sono considerati
seri e importanti.
Massello: presentato un esposto alla Procura
L'«Azienda» delle polemiche
Continua la polemica
sull’Azienda faunisticovenatoria di Massello in
alta vai Germanasca. Dopo la lettera di diffida nei
confronti del direttore
dell’Azienda inviata alcune settimane fa da alcuni
proprietari di fondi che
non avevano dato il consenso alTutilizzo dei loro
terreni il 10 agosto uno
dei proprietari, Claudio
Tron, ha presentato alla
Procura della Repubblica
di Pinerolo (e per conoscenza anche al sindaco
di Massello) un esposto
in cui dopo aver presentato i divieti previsti dalla
legge per motivi di sicurezza nelle aziende faunistiche (divieto di raccolta
di frutti del sottobosco
nei periodi di caccia, divieto percorrere strade,
ad eccezione di quelle
pubbliche, nel periodo di
riproduzione degli animali, divieto di pratica
dello «sci alpino nelle
aree di svernamento vocate alla fauna selvatica»
e via dicendo) richiama
La sede della Pro Loco di Massello
l’attenzione sul fatto che
a suo dire il direttore dell’Azienda non solo non
ha fatto conoscere i divieti ma non ha neppure comunicato la data di inizio
della stagione venatoria
(nell’Azienda iniziata prima rispetto al resto del
comprensorio alpino) e
«il calendario venatorio
settimanale».
Nell’esposto presentato viene anche chiesto al
sindaco di farsi carico
della diffusione di un co
municato m CUI vengano
informati i cittadini dei
divieti e delle sanzioni
previste in caso di violazione delle stesse. Una
nuova complicazione
quindi per l’azienda di
Massello istituita con delibera regionale pochi
mesi fa ma anche per
l’amministrazione comunale di Massello che
sulla scia della passata amministrazione ha
sempre sostenuto l’idea
dell’azienda faunistica.
10
PAG. 10 RIFORMA
E Eco Delle ^lli %ldesi
VENERDÌ
■i La colonia valdese in Germania
Paimbach: da 500
anni in comunità
«La storia del protestantesimo in Europa,
come la vicenda di Paimbach ha dimostrato accogliendo profughi vaidesi alla fine del XVII secolo, è stata una tragedia. Oggi noi possiamo
condividere il destino di
altri cacciati per ragioni
religiose e politiche». Così ha iniziato il pastore
Giuseppe Platone con un
vivace e apprezzato sermone tenuto nel tempio
della comunità di Paimbach in Germania, particolarmente gremito in
occasione dei festeggiamenti per il 300° anniversario della fondazione
della colonia valdese.
Un gruppo della corale
di Torre Pellice, assieme
ad alcuni membri della
comunità di Torino, ha
avuto l’opportunità di re
carsi in Germania per assistere a questo giubileo e
contribuire con il proprio
canto in due momenti
della giornata di domenica: durante il culto e nel
pomeriggio. Una calorosa
accoglienza è stata riservata a tutto il gruppo italiano ospitato pressò famiglie di Paimbach e di
Stupferich, un paese vicino. La sera dell’arrivo è
stata offerta dalla famiglia
Piston di Paimbach una
■ «La beidana»
Storia locale
e scuola
La locandina di invito all’
incontro (foto Barbero)
ricca cena comunitaria, a
cui ha partecipato anche
il sindaco della cittadina
portando il suo saluto. In
quell’occasione è avvenuto uno scambio di doni
tra le comunità.
Per questo momento
di festa tutti gli abitanti si
sono impegnati nell’organizzazione di numerosi stand, che rappresentavano momenti della
storia passata e di mestieri ormai dimenticati,
e anche di chioschi che
offrivano prodotti tipici e
tanta birra. Tutto questo
si è svolto lungo la via
principale del paese, al
centro della quale un
piccolo palco ospitava
vari momenti di intrattenimento. Diversi gruppi
si sono susseguiti durante tutto il week-end; uno
spazio è stato riservato
anche alla corale che ha
presentato alcuni canti
popolari e religiosi.
Ampiamente dedicato
alla scuola, di oggi e di ieri, il numero di giugno
della rivista La beidana,
(n.41). Tra i collaboratori
molti sono gli insegnanti
nelle scuole di vario ordine e grado del Pinerolese:
è nata così l’opportunità
di discutere quale ruolo
possa avere la storia locale all’interno di un percorso didattico e formativo, non solo nelle materie
tradizionali di italiano e
storia, ma anche in modo
nuovo e indipendente,
come è possibile fare nell’ambito dell’autonomia
scolastica. Ne discutono
Marco Baltieri, Valter Careglio, Elisa Strumia, Amalia Geymet, Lorenzo
Tibaldo, Marco Fratini.
Scuola oggi e scuola ieri: infatti troviamo due
interessanti contributi di
William Jourdan e Giorgio Tourn sul ruolo delle
scuole valdesi fra alfabetizzazione e istruzione e
sull’esperienza di una
maestra valdese operante
in una scuola della pianura durante il fascismo.
Completano il fascicolo
un nuovo contributo sul
vallone di Massellò di
Anita Tarasacio, un articolo di Claudio Tron sulle
lettere spedite dal fronte
della guerra del 15-18 da
un giovane di Pramollo,
le consuete rubriche e
ampie notizie sull’attività
dell’ufficio «Il barba».
L'ultimo libro del direttore de «L'eco del Chisone»
La Pinerolo di Vittorio Morero
PIERA ECIDI
Da che cosa si vede
un giornalista di
razza? Dalla sua curiosità, innanzitutto: curiosità buona, non pettegolezzo, ma capacità di osservare il mondo, e di ritrarne persone, luoghi,
avvenimenti. Se poi questo «dono» originario,
questa passione per ogni
aspetto della vita, questo
gusto di scoprire cose e
individui si intride di
cultura, ecco allora dilatarsi queste capacità al
prima e al dopo, alla storia e alle radici, alle dinamiche del futuro. L’osservazione della realtà
risale ai suoi perché, e i ■
perché sono tanti, sempre, e si esplora in molte
direzioni. Si sa coinvolgere il lettore della propria stessa curiosità, della propria passione del
mondo: una narrazione
che è al tempo stesso avvincente ma critica, vicinissima e distante.
La realtà viene fuori
nella sua ricchezza e nelle sue contraddizioni,
amata e patita: una realtà che si accetta, ma si
vorrebbe cambiare. È la
passione civile, l’impegno nella polis, ed è una
griglia di coordinate da
cui ritrarre il mondo. Capita poi che questo atteggiamento così libero, così laico, così «irriveren
te», ce l’abbia una persona di fede, e magari anche uno che ha fatto di
questa fede una vita consacrata: un pastore o un
prete o un diacono, ad
esempio. Certo la sua vita si fa un po’ più complicata, e anche più complicato è il modo in cui
gli altri, a cominciare dai
lettori, lo situano e percepiscono, perché è necessario a loro volta possedere libertà e duttilità.
È questo il caso di Vittorio Morero, che sa restituire magistralmente,
nell’ultimo dei suoi libri*, la complessità di
una città e al tempo stesso le tappe della propria
vita, ad essa inestricabilmente connesse. Pinerolo e i suoi dintorni, le architetture e i luoghi significativi, le montagne e le
valli, il passato e il presente, gli Uomini e le
donne di cultura, i valdesi e i cattolici, i movimenti e i gruppi politici, i
contadini e gli operai, gli
ufficiali di cavalleria e gli
alpini, gli imprenditori e
gli artisti: tutto questo
viene evocato in una scoperta o riscoperta della
storia, dei personaggi e
dei luoghi. Una miniera
di notizie e osservazioni,
a cui l’autore ci fa attingere nel suo modo coinvolgente e sciolto, sempre gradevole perfino
quando fa una polemica.
Serietà e cortesia dal 1934
ONORANZE FUNEBRI
PONS A.
di BRUNO PONS e C.
via C. Aiberto 52
POMARETTO
Tel. 0121-81202
0121-803148
Celi. 348-8588727
sempre appassionato nel
suo «parlar chiaro». Con
una convinzione di fondo, alla base di tanto lavoro e tanto amore: che
«la nostra piccola storia
sta nella grande storia»,
per cui «come non definire europeo questo angolo di terra che non ha
chiuso le porte a nessuno, anzi le ha aperte al
lavoro più avanzato?».
Direttore del settimanale L’eco del Chisone
da trent’anni, avendone
fatto il settimanale più
letto del Piemonte, don
Morero rivela la «piccola
strategia» che ha sempre
seguito: «Selezionare le
notizie e i problemi con
un criterio alto, poiché
le cose del mondo e d’Italia succedono anche a
Pinerolo». Una visione
mai chiusa, mai provinciale, così come aperte al
mondo sono le esperienze di vita e le scelte dell’autore, pur radicatissimo'nella sua terra.
Una sorta di biografia
di una città e di un territorio che divengono autobiografia, senza nascondere difficoltà, delusioni e anche amarezze,
ma che si conclude in
una preghiera di amore e
di fede: «Tante volte noi
cerchiamo in Te, o Signore, il senso della vita, cioè
i motivi del nostro voler
vivere, ma Tu sei così
buono e sapiente da aver
inscritto dentro a questa
storia e a questo popolo
un po’ della tua trascendenza, per cui siamo fieri
di ciò che siamo, ma anche lieti e sereni di ciò
che siamo. Ciao Pinerolo,
cuore della mia memoria,
mia Firenze, mia Roma,
mia Parigi».
Vittorio Morero: Pinerolo, a memoria. Pinerolo, Editrice Esperienze,
2001, pp. 263, £20.000.
B Torre Pellice
Riprendono
I seminari
In «Bottega»
SERGIO RIBET
DOPO una breve pausa estiva la «Bottega
del possibile» riprende i
suoi seminari di ricerca.
Due gli appuntamenti
per il mese di settembre.
Il primo, previsto per
martedì 18, avrà per tema: «Dalla lira all’euro:
informarsi per informare,
rassicurare, accompagnare nel passaggio alla
moneta unica europea».
Si tratta di una «seconda
edizione» (un primo incontro ha avuto luogo nel
mese di aprile), per comprendere il passaggio dalla lira all’euro, e soprattutto per fare in modo
che l’introduzione della
moneta europea non sia
occasione per creare o
accentuare nuove disuguaglianze. L’incontro è
indicato per chiunque,
nel suo lavoro o nel volontariato, affianca le
persone più anziane o
più deboli, che possono
sentirsi un po’ meno «a
casa loro» con una moneta all’inizio sconosciuta.
Il secondo seminario,
previsto per mercoledì
26 e giovedì 27 settembre, ha per titolo «Servizi
e montagna». Può essere
un momento di riflessione politica, nel senso
pieno e positivo della parola, in un momento nel
quale sulla montagna si
rischia di fare molta retorica e spendere poco in
riflessione e tutela di servizi essenziali.
A partire dallo specifico della Bottega del possibile, promuovere cultura di domiciliarità, si rifletterà sulla valorizzazione del territorio montano, anche a servizio
della pianura, sulle specificità delle esigenze, in
zona montana, per la cura del territorio, lo sviluppo integrato dei servizi alla persona, e verrà
proposto di lavorare a
una «Carta dei servizi sociali in montagna».
Per informazionici si
può rivolgere a: «La Bottega del possibile», viale
Trento 9, 10066 Torre
Pellice, tei. e fax 012191632; e-mail: bottegadelpossibile@tpellice.it.
APPUNTAMENTI
24 agosto, venerdì
TORRE PELLICE — Alle 21, nella sala della Casa
valdese, conversazione con proiezioni su «I luoghi
storici valdesi su Internet», rassegna di siti in Italia e
nel mondo, scelta di immagini, testi, animazioni, files
sonori, a cura del Comitato per i luoghi storici valdesi: presenta Daniele Gardiol.
25 agosto, sabato
FENESTRELLE — Festa patronale di San Luigi con
la partecipazione del gruppo degli «Spadonari».
TORRE PELLICE — Alle 17, nella biblioteca del
Centro culturale, assemblea ordinaria della Società di
studi valdesi.
TORRE PELLICE — Alle 21, nell’aula consiliare,
proiezione di diapositive sulla fauna alpina delle nostre valli.
FENESTRELLE — Nella chiesa del forte, alle 21,
proiezione del film «Il patriota» con Mei Gibson.
SESTRIERE — Ad iniziare dalle 9,15, al colle, giornata di ricordo del 56° anniversario della Liberazione;
l’orazione ufficiale è affidata al sen. Elvio Passone.
TORRE PELLICE — Passeggiata storica verso il borgo di Luserna.
PINEROLO — All’Expo Fenulli, ore 17,30, cerimonia di apertura della XXV Rassegna dell’artigianato.
Alle ore 21,15 danze, ritmi e costumi della tradizione
balcanica a cura del Gruppo «Ansambl Brosvjeta».
26 agosto, domenica
ROURE — A Castel del Bosco, alle 15, premiazione
murales e manifestazione sulla panificazione.
FENESTRELLE — Al campo sportivo. Arti e mestieri dell’alta vai Chisone, con polentata e giochi bimbi.
PINASCA — Festa della borgata Albarea.
TORRE PELLICE — Alle 21, nell’aula sinodale, serata pubblica della Società di studi valdesi, conferenza
di Lucio D’Angelo su «Edoardo Giretti e la “Società
internazionale per la pace di Torre Pellice’’».
VILLAR PEROSA — Festa campagnola a Miandassa.
28 agosto, martedì
TORRE PELLICE — Fino al 16 settembre, nell’atrio
comunale, mostra «Le valli valdesi».
notturna, pretesti^
telefono 800-2331 i’i " _
Scrivo!
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Egle Scroppo a Torre Pellice
Le forme del «noto»
CARMELINA MAURIZIO
Resterà aperta fino
alla fine di agosto la
mostra di «Metamorfosi
del noto», pitture di Egle
Scroppo, alla galleria civica «Filippo Scroppo» di
Torre Pellice. La cittadina
di adozione del siciliano
Filippo ospita per la prima volta le tele della figlia
Egle, ripercorrendo un’
antica tradizione familiare e culturale: Filippo
Scroppo infatti esponeva
principalmente in agosto
nella sua Torre Pellice. Le
tele di Egle, che vive e lavora a Torino e dal 1973 si
dedica a tempo pieno alla
pittura, mostrano tutte
un contrasto permanente
tra movimento e stasi, tra
mutazione e permanenza. L’artista, la cui ricerca
sembra essere approdata
con questa esposizione a
una fase più matura, mo
stra attraverso la metamorfosi, cioè la trasformazione del conoscibile
in qualcosa di conosciuto
e riconoscibile, anche se
non subito, non di primo
acchito. Le metamorfosi
del noto di Egle Scroppo
sono la fiaba, il gioco, il
rovesciamento del mondo, il sogno, attraverso un
controllo notevole del
reale, senza superficialità,
senza angoscia, senza
ostinazione ideologica.
La ricerca della pittrice
torinese sembra dunque
approdare nelle tele esposte a Torre Pellice a
un punto importante della sua carriera, che simbolicamente raggiunge
un approdo proprio nella
cittadina adottiva di suo
padre Filippo. Gli orari di
visita sono: da martedì a
domenica dalle 15,30 alle
18,30, venerdì e sabato
dalle 10,30 alle 12,30.
TORRE PELLICI
Cinema Trento prò
giovedì 23, ore 20,2(
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di gusto; venerdì 2?
21.30, Lista di ati. '
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21.30, L’erba di (¡l“!rRi
lunedì 27, ore 21,
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ore 21,30, Evoluì
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Il nemico alle porte;^
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VAL PELLICE.
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Luserna S. Giova
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tempo libero
Lun, e ven. ore 1
Musica e teatro in vai Pellice
Corso di violino
Si è concluso con una
serie di concerti il dodicesimo «Seminario di musica», organizzato dal Centro culturale valdese e dal
Collegio valdese. Oltre ai
tradizionali corsi di perfezionamento di violino a
cura del maestro Daniele
Gay, si è tenuto con successo quello per i ragazzi,
condotto da Maria Camilla Ormezzano e Alessia
Principi, insegnanti di
violino, e Raffaella Azzario, che ha coordinato il
corso di musica di insieme, realizzando una «miniorchestra» di 16 archi e
pianoforti. Il seminario
sulla vocalità verdiana è
stato tenuto da Giovanna
De Liso e sono state offerte al pubblico arie da
Macbeth, Otello, Falstaff,
Trovatore e Un ballo in
maschera; si sono distinte le allieve Elena Canale,
che ha interpretato Nannetta, e Piera Favole, che
ha esordito nella parte di
una Desdemona dolce e
mite; Alessandra Boer ha
invece presentato un
paggio Oscar musicale e
aggraziato, distinguendosi per le capacità vocali.
Il corso di violino si è
esibito nella Loggia dei
mercanti di Luserna Aita,
con musiche di Bach,
Beethoven, Mendelssohn. Il concerto che si è
svolto nel tempio valdese
di San Giovanni ha messo in luce la dodicenne
Francesca Dego, che ha
eseguito una sonata di
Beethoven; durante il
concerto si sono esibiti
anche il duo TroianoCarnevali Ricci, che ha
eseguito un’appassionata
sonata di Schubert e Luca Improta, che ha suonato Tartini. A Torre Pellice si è infine esibita per
il terzo anno consecutivo
Stefania Yermoshenko
che ha suonato Grieg, accolta con affetto e competenza dal pubblico.
fi ' Mostra al municipio di Porte
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Tra le pietre...
Una mostra, ma anche
una performance di musica e voci. È quanto propone il Comune di Porte
sabato l° e domenica 2
settembre nei locali del
municipio. L’esposizione
di fotografie e installazioni, dal titolo «Tra le pietre... con-testi», si concluderà alle 17,30 di domenica 2 con un concerto, a base di letture, musica e poesie, curato da
urt gruppo artistico del
Torinese e delle valli Chisone e Pellice. All’organetto ci sarà Gigi Sapone,
al flauto Daniela Linarello e al violino Giovanni
Muratore. Interverranno
come voci recitanti i poeti e scrittori: Sergio Notarlo, Enrico Lazzarin, Paolo Castagno, Laura Benecchio e Myriam Calzi;
parteciperà lo scultore
Enzo Garnero, autrice
dell’intero spettacolo è la
poetessa Katia Mariani.
11 gruppo, di recente
formazione, ha ad'
una serie di pr°riu '
artistiche personale
le pietre. . con-te«
spiega l’autrice;
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un viaggio con
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Pagina Dei Lettori
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Ipove vanno le chiese battiste di Puglia e Basilicata?
imunità evangeliche libere e coraggiose
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per esprimere il mio
di vista sull’articolo di
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¿del 13 giugno dal ti,Dove vanno le chiese
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no provocatoria del titolo,
piamente voglio far coI) Se le impressioni che a
'’badato la comunità di
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ieri ho partecipato ai bat,«iini, e Usuo articolo mi ha
^o^Èttere su come noi es!d¿ni siamo diversi. Erario sedute alla stessa pana #iamo partecipato allo
^¿jso evento ma abbiamo
Lo impressioni diverse.
5ono deUa comunità battidi Mortola ma ritengo di
loscere abbastanza bene
ìalBnunità di Gioia, non solo^averci predicato qualrolta ma anche per aver
iecipato alle sue moltepliiative. Per me la comuJ Gioia è una comunità
;iale forse come poche in
Jia, semmai bisognerebbe
reúna riflessione sulle evojoni positive di questa coluiiità. Elisa Bagheri nel suo
¡colo dice che ha visto la
junità di Gioia come una
'àiesa carismatica e intimiI, ma non è così: non si può
jdicare così la vita intera di
Sa^iesa, solo perché nel
¡¡orno dei battesimi alcuni
„itelli e sorelle mossi dallo
ipiiito esprimevano liberakente la loro fede con gesti
me usualmente non apparPngono alle nostre comufnità.Èuna comunità che non
... sipieoccupa di seguire i vecNGi ;cMeisolitinostri schemi tralci [fonali e standardizzati e
o,al ■ non ha paura di manifestare
dba luuove forme di liturgie e di
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spiritualità, e non teme i pregiudizi della gente.
La comunità di Gioia è una
comunità che con il tempo ha
imparato a non aver timore di
esprimere le proprie emotività. Il battesimo di queste sorelle non è stata una testimonianza per il solo mondo
evangelico, ma quella sera del
2 giugno nella piccola comunità c’erano un po’ tutti, da
alcuni ex giovani del Pc e di
Rifondazione comunista ai
cattolici, ai laici e insegnanti
di scuole pubbliche, unitisi a
noi per celebrare Dio. Dalle
testimonianze delle ragazze è
sicuramente emerso un Dio
che ci salva e che ci aiuta nelle
difficoltà. D’altronde la comunità di Gioia ha vissuto nel
recente passato partenze e
lutti, è una comunità provata
dal dolore ma che ha reagito e
sta reagendo con grande forza, dignità e soprattutto con
estrema serenità: prima l’improwisa dipartita del giovane
cassiere Gianni Orfino, che
era la speranza del futuro della chiesa; recentemente l’improwisa scomparsa di Maria
Secci, figura importante e determinante per la cura pastorale che assieme al marito dedicava aUa chiesa.
La comunità di Gioia sa
perfettamente che Gesù non è
«la panacea di tutti i nostri
mali» o «l’ombrello che ci
protegge»; le durissime prove
che ha attraversato e sta vivendo, sono la testimonianza
vitale di questa comunità. Indubbiamente a questa comu-'
nità, Dio ha dato tanta forza
per continuare ad andare
avanti, a guardare oltre la
morte e la tristezza, e quei
battesimi del 2 giugno ne sono la più autentica testimonianza. Dalle loro testimo
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la gestione del pianeta
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ipende da un esasperato
inzialismo mediático (tipa Genova), per di più inquida violenze che rischiata di criminalizzare l’intero
lOvimento o, comunque, di
. tgli perdere credibilità, e
w quindi vanno denunciate
alcuna indulgenza.
Si può influenzare la gestioaedelle tematiche globali soitto con la forza reale di
Nposte concrete e praticabiaconil convinto consenso
;a parte dei popoli del
) ma anche, necessariacon il coraggio e la de®®dnazione dei loro goverMnti, che queste politiche
^ono sostenere e praticare.
Wogna dunque che i movi®8nti sulle tematiche globali
“PPerino la sterile contrappo: i®one tra base e vertici, rap
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intestato a La Luce, via San Pio 15,10125 Torino
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zioni che li aiutano, ma con
varie attività compatibili
con le loro condizioni fisiche e ci chiede di aiutarla a
fornire loro gli strumenti
necessari al lavoro. Ci giungeranno presto indicazioni
più dettagliate che vi trasmetteremo. Per ora continuiamo a chiedervi di inviarci i vostri doni in modo
da poter intervenire presto.
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Incassa: 2.291.002
nianze di fede è emerso che
quelle giovani donne hanno
dato il giusto significato al loro battesimo e certamente sapranno dare il giusto peso a
ogni gesto che compiranno
nelle loro scelte sociali e politiche. Non credo che la comunità di Gioia si sia «estraniata
da tutto» per seguire Gesù.
Questa comunità ha tanto lavorato all’esterno, dove ha
imparato a farsi conoscere attraverso le campagne di evangelizzazione, le manifestazioni contro tutte le guerre
(piuttosto dove erano le altre
chiese?), gli incontri ecumenici, le raccolta delle firme per
la cancellazione del debito internazionale, l’accoglienza
agli esclusi, le conferenze
pubbliche su Martin Luther
King, e di recente le manifestazioni in piazza di musica
cristiana rock con il gruppo
«Piarne» dell’Inghilterra.
Per quanto mi riguarda e
conosco, la comunità è rimasta sempre più fortemente
battista, cioè fortemente libera e coraggiosa, ed è parte integrante della cittadina di
Gioia del Colle e so che continuerà a lavorare per radicarsi
ancora di più nel territorio sociale. Gesù disse: «Io vi do un
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho
amato voi. Da questo conosceranno tutti che siete miei
discepoli, se avete amore gli
uni per gli altri». Forse queste
parole sono il primo passo
verso una vera testimonianza.
Non ha senso predicare agli
altri se poi nelle nostre comunità non c’è la giusta serenità:
la comunità di Gioia a questo
proposito è un vero esempio.
Nunzia Notaristefano
chiesa battista di Mortola
POSTA
presentanza sociale e rappresentanza politica, per riuscire
a convincere delle loro tesi chi
governa le più diverse istituzioni politiche ed economiche del mondo. La campagna
per la riduzione del debito
estero dei paesi più poveri
sembra essere un esempio
positivo di quanto, faticosamente, si può fare.
Queste precise discriminanti, contro la violenza distruttiva (e autodistruttiva) e
per proposte concrete e praticabili, dovrebbero essere sostenute in particolare dalle
chiese che, giustamente, condividono l’indignazione per il
deplorevole stato in cui versa
il mondo, per l’inefficacia di
tante politiche adottate nel
passato e per la drammatica
crescita delle disuguaglianze
globali. Per questo anche il
nostro giornale è sensibile a
queste tematiche: non perché
sono di moda, non perché ci
piace occuparci di «politica»,
ma perché fanno parte di
quelle urgenze della storia a
cui la fede cristiana non può
non rispondere e di cui deve
rendere conto anche a un tribunale più alto di quello dell’umanità. Infatti, nonostante
le nostre molte miserie, noi
viviamo nella casa del ricco,
non fuori della sua porta, dove c’è il povero Lazzaro.
La serietà delle questioni in
gioco dovrebbe evitare di trasformale in chiacchiere da
bar, o a ridurle a vuote contrapposizioni ideologiche o
alla sloganistica della politica
parolaia e inconcludente. E se
qualcuno pensa che noi, soprattutto come evangelici italiani, possiamo fare ben pqpo,
ha ragione. Ma la nostra responsabilità sta precisamente
nel cominciare a fare quel poco che possiamo. Non credo
che il Signore ci chieda di più.
Eugenio Bernardini
■ Collaborazione
e diversità
sul battesimo
Mi sembra che il dibattito
sul battesimo che si sta
tenendo su Riforma stia toccando toni troppo polemici:
quando non si parla più in
maniera pacata, ma si imboccano vie un po’ esagerate
(chiedo scusa, ma il tono del
contributo del past. Italo Benedetti sul n. 28 del 13 lugliomi è parso così), ho sempre
l’impressione che, sotto sotto, ci siano altri problemi che
premono. Penso, molto semplicemente, che siamo arrivati a un punto di non ritorno: finalmente, all anni
dall’Assemblea-Sinodo del
1990, ci diciamo che siamo
diversi e non siamo disposti
a «cedere» di più rispetto ad
alcuni principi che riteniamo
indiscutibili. Bene!
Mi sembra importante riuscire a chiamare le cose con
il proprio nome: per i battisti
il pedobattismo è inaccettabile (per dirla con il past. Benedetti non è fedele «ai principi fondanti della Riforma»),
mentre per la sensibilità valdese sì, e il massimo della
concessione che si può fare è
quella di riconoscere come
legittime le due forme di battesimo, magari incoraggiando più o meno velatamente
una delle due (ma senza dimenticare la convivenza delle due sensibilità e ricordando che uno dei pochi divieti
espliciti contenuto nelle Discipline valdesi è quello
dell’anabattismo - R02.18:
«In nessun caso ü battesimo
viene rinnovato»).
E adesso? Una volta elaborato il lutto per un sogno che
è rimasto tale, adesso abbiamo in più elementi per proseguire insieme. Infatti abbiamo finalmente sgombrato
il campo da un fattore che
crea confusione piuttosto
che.viceversa. Finalmente
possiamo riconoscere che la
collaborazione tra le nostre
chiese non può avvenire sulla
base di compromessi teologici che nessuno è disposto a
fare, ma piuttosto sulla «realtà effettuale», come diceva
uno storico antico. Dobbiamo collaborare perché la
realtà lo impone, perché le
energie sono quelle che sono,
perché spesso chi frequenta
le nostre chiese non lo fa in
virtù di una convinzione granitica ma di un rifiuto di altre
tradizioni... se smettiamo di
illuderci che l’altro sia come
me, per poi rimanere puntualmente delusi quando ci
accorgiamo che non è vero, è
solamente bene.
La realtà della «diversità riconciliata» è quella di scoprire che un valdese sceglie
positivamente di far battezzare i suoi bimbi e un battista
no, ma essi possono accostarsi alla stessa Cena, gestire il
medesimo settimanale, programmare studi biblici e attività comuni, addirittura avere
lo stesso pastore o la stessa
pastora in «condominio». A
me non sembra così poco.
Gregorio Plescan - Ivrea
Il G8 e le forze deirordine
Nel dibattito sui fatti accaduti a Genova in occasione
del G8 mi sembra stia rimanendo in ombra uno degli
aspetti più preoccupanti,
l’utilizzo da parte delle forze
dell’ordine di provocatori per
innescare gli scontri, adombrato da decine di testimonianze e dimostrato dal filmato mandato in onda dal
Tg5 della sera di venerdì 20
luglio (in cui si vedono due
tizi incendiare un’automobile con tutta calma, distanti
dal corteo e vicini allo schieramento di polizia, che non
interviene ma che accorre a
difenderli quando, rientrando nel corteo, vengono accerchiati da un gruppo di manifestanti), mi pare ben più
grave degli atti di violenza finiti al centro dell’attenzione,
proprio perché non attribuibile a intemperanze di singoli, carenze organizzative o
iniziative avventate, ma chiama inevitabilmente in causa
la responsabilità politica e
morale, e la stessa affidabilità
democratica, dei livelli più alti del governo delle forze
dell’ordine.
Quando si mette così pesantemente in discussione il
rapporto di fiducia che in un
paese democratico deve esserci tra popolazione e forze
dell’ordine, la stessa reazione
violenta da parte dei manifestanti, tra cui il giovane rimasto ucciso, non può essere
valutata senza tenere conto
di quanto accaduto pochi
minuti prima. Forse, più che
temere un ritorno agli Anni
70, occorrerebbe ricordare il
1960, quando proprio grandiose manifestazioni di piazza, al prezzo purtroppo di diversi morti, a Reggio Emilia e
in Sicilia, salvarono il paese
dal rischio di una svolta autoritaria del governo Tambroni
posero le basi di uno dei periodi più fecondi della storia
repubblicana.
Fausto Angelini
Piossasco (To)
Ambiguità nel movimento antiglobal
Ho letto con interesse le testimonianze sui fatti di Genova apparsi su Riforma. Ferma restando la condanna
della violenza, dei black block
e della polizia, credo siano
necessarie alcune considerazioni sul Genoa Social Forum
e le «tute bianche». Questi
raggruppamenti si sono presentati come la parte pacifica, non violenta del movimento anti G8. A me sembra
abbiano tenuto un comportamento ambiguo. Il giornale
La stampa, un paio di settimane prima del vertice, riportava una foto con la didascalia «il kit degli antiglobalizzazione» delle tute bianche. In sostanza, era l’equipaggiamento per difendersi
da eventuali attacchi della
polizia: scudi, maschere antigas ecc. Non mi pare un atteggiamento pacifico, ma di
chi si prepara alla battaglia.
Errata corrige
Nell’articolo dal titolo «Un
unico contratto di lavoro»,
che apre pag. 6 del n. 31 del 3
agosto, a causa di un malinteso siamo incorsi in un errore.
La frase «Un incremento degli
stipendi per l’ultimo trimestre
del 2001 del 3%; un 1,5% era
già stato concordato per il
2000» attribuita a Valdo Fornerone va corretta in: «Un incremento del 3% per il 2001;
un 1,5% era già stato concordato per il 2000 a cui si era poi
aggiunto un ulteriore 1% per
l’ultimo trimestre del 2000».
Ce ne scusiamo con i lettori.
Alcuni giorni prima del vertice il leader del Gsf, Vittorio
Agnoletto, ha sostenuto l’opportunità di assediare la «zona rossa» di Genova in modo
pacifico. Mi sembra difficile
superare uno sbarramento di
uomini, per di più armati,
senza arrecare offesa fisica!
Ma ciò che più mi ha lasciato
perplesso è l’aver confermato
la manifestazione di sabato
21 luglio dopo quanto successo il venerdì 20. Infatti, verificata l’impossibilità di controllare o far controllare i violenti, sarebbe stato meglio rinunciare a manifestare. Il risultato finale è stato che si è
parlato di scontri e non delle
tematiche sociali che, stando
a quanto raccontato da Franco Giampiccoli, hanno caratterizzato i dibattiti dei giorni
precedenti il vertice.
Antonio Teiia-Torino
Personalia
Il 27 luglio scorso Erica
Bucchieri ha conseguito a Palermo il dottorato in architettura con 110 voti su 110. La
Casa di riposo e la chiesa di
Vittoria si rallegrano affettuosamente con la neolaureata.
Un campo profughi in Guinea
(foto Acnur/Diagne)
La redazione della rivista
SICHEM - Percorsi
di teologia riformata
organizza un colloquio
teoiogico sul tema:
«Battesimo, comunione ecclesiale, identità
confesssionali. Tentativo di un bilancio ecumenico».
Relazioni introduttive di
Franco Becchino, Fulvio
Ferrano e un relatore battista.
VENERDÌ 24 AGOSTO
ORE 20,30
Foresteria valdese
di Torre Pellice
■ PARTECIPAZIONI ■
È mancato serenamente
Luigi Scaramuccia
di anni 94
Ne danno l’annuncio ad amici e
conoscenti i figli Franco e Alberto,
le nuore Paola e Stefania e i nipoti Matteo, Federico, Luca, llaria
e Anna.
La Spezia, 8 agosto 2001
Il figlio Giovanni Carsaniga e i
nipoti Leonardo, Giovanni, Sisa,
Gabriele, Aldo, Ettore e Leonardo
Giuseppe Visco Gilardi, con le loro famiglie, partecipano con dolore la scomparsa di
Annamaria Visco Gilardi
ved. Carsaniga
(2 giugno 1905- 2 agosto 2001 )
I funerali si sono svolti presso
Chiesa valdese di Bergamo il 4
agosto.
Bergamo, 24 agosto 2001
RINGRAZIAMENTO
In pace mi coricherò e in pace
dormirò perché tu scio. Signore,
mi fai abitare al sicuro»
Salmo 4,8
La sorella Elena e i nipoti della
cara
Adeiina Long ved. Barvelii
ringraziano i vicini di casa per la
loro gentilezza, il personale del
Servizio 118 per la sua prontezza, la pastora Lucilla Peyrot per
l’annuncio della resurrezione e
tutti coloro che hanno voluto essere loro vicino.
Perosa Argentina, 16 agosto 2001
abbonamenti
interno
estero
sostenitore
L. 10.000
L. 20.000
L. 20.000
12
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 24 AGOSTO 2fmi
Il conflitto tra singalesi e tamil sta dilaniando da anni l'isola dell'Oceano Indiano
Sri Lanka: è urgente trovare una soluzione pacifica
BERNTJONSSON
..IVTEL convincere altri
paesi di considerare
il Ltte come organizzazione
terroristica, il governo cerca
di rafforzare il proprio potere negoziale», afferma una
personalità di Vavuniya che
desidera mantenere l’anonimato per motivi di sicurezza.
Secondo il diplomatico norvegese Eric Solheim, le «Tigri
tamil» sono forti: «Avevano
bloccato 40.000 soldati del
governo a Jaffna nel 1999,
ma Israele e il Pakistan hanno fornito nuove armi all’esercito e il Ltte ha dovuto
interrompere la sua offensiva. Ora hanno riconquistato
molti villaggi e, nel novembre 2000, hanno assunto il
controllo di Elephant Pass,
un punto strategico sulla penisola di Jaffna. Nessuna
delle due parti può vincere
con le armi, per questo la comunità internazionale si
sforza di farle sedere al tavolo dei negoziati».
Solheim fa la spola tra i
belligeranti affinché accettino di avviare i negoziati. Gli
estremisti buddisti hanno
manifestato di fronte all’ambasciata di Norvegia a Colombo ma, nello stesso tempo, il processo suscita immense speranze e un po’ di
scetticismo. Le cose vanno
troppo a rilento secondo un
comitato di Jaffna composto
di cristiani, indù e diverse
personalità civili che militano per la pace. In assenza di
una struttura politica, il comitato trasmette i bisogni e le
lamentele degli abitanti ai
militari. Le rovine nel centro
città non sono l’unico problema: i campi minati, particolarmente attraenti e pericolosi per i bambini, ne sono
un altro; tuttavia gli abitanti
non si lasciano scoraggiare e
sono ben decisi a continuare
ad attendere alle loro attività.
Eric Solheim ha contribuito a convincere il Ltte a dichiarare un cessate il fuoco
unilaterale come prova di
buona volontà in vista dei
negoziati: è stato prolungato
di un mese per tre volte. Le
organizzazioni di difesa dei
diritti umani di Colombo accusano il governo di temporeggiare rinviando la fine
delle sanzioni che recano
pregiudizio agli abitanti delle
zone controllate dal Ltte;
queste, a loro volta, vengono
accusate di appoggiare la
guerriglia. Le restrizioni riguardano sia l’attività economica come la pesca in mare
sia le forniture di medicinali
e di cibo.
Gli sfollati
Ci sono tanti sfollati nei
campi profughi del governo a
Vavuniya che la regione, che
normalmente conta 15.000
abitanti, ora ne conta 80.000.
Bastiyapillar Kamalambi. hi, che vive in uno di questi
campi, ci racconta la sua storia. Ci troviamo in una specie
di grande capannone cieco
forato con due porticine. Fa
quasi buio, si accende la luce
solo due ore al giorno all’inizio del pomeriggio. Sui due
lati di una fila centrale di due
metri, una trentina di famiglie occupano ognuna uno
spazio di circa 3 metri quadrati, separato dal vicino da
«pareti» di tessuto pesante;
10-15 metri al di sopra delle
nostre teste c’è un tetto di lamiera ondulata. La storia di
Bastiyapillar è quella di molti
suoi compagni di sfortuna.
Dopo sette anni di guerra, lei,
suo marito e i loro due figli
hanno dovuto lasciare il loro
villaggio e la loro fattoria per
andare a Jaffna. Quattro anni
più tardi sono stati costretti a
lasciare Jaffna, si sono spostati di nuovo dopo due anni
e sono giunti a Vavuniya
quattro anni fa.
Un pescatore tamil della provincia di Jaffna
(foto vivant univers)
La storia di Bastiyapillar
«Vogliamo tornare a casa,
anche se dobbiamo ricostruire tutto dal nulla. Ma non
osiamo farlo finché non c’è la
pace. Se torniamo ora, nostro
figlio di 18 anni dovrà arruolarsi nel Ltte o nell’esercito
del governo. Non vogliamo
batterci, non vogliamo che
egli prenda le armi». 11 marito
di Bastiyapillar lavora come
mugnaio per completare le
magre razioni alimentari che
gli sfollati ricevono dal governo. Trovare un lavoro, anche
per una stagione, è un privilegio: «11 riso che ci dà il governo è cattivo e harmo diminuito le razioni da 12 a 9 chili
- si lamentano le donne -.
Scrivete anche che non abbiamo abbastanza acqua;
non possiamo mai fare un
bagno!». È un rischio sanitario in questo clima caldo e
umido in cui le malattie pullulano. In un altro campo
sentiamo parlare di giovani
vedove di guerra che si prostituiscono per potere nutrire
i loro figli e di donne soldato
che, nelle truppe governative
e nella guerriglia, vengono
violentate dai loro colleghi
maschi e subiscono altri maltrattamenti sessuali.
Ghassem Fardanesh, rappresentante dell’Alto Commissariato per i rifugiati a
Vavuniya, ci fa vedere un
campo di reinsediamento
ben organizzato, con spazi
privati e comunitari, acqua,
wc, una scuola e degli orti:
«Siamo stati incaricati della
pianificazione del campo e
della fornitura di determinate risorse elementari. Gli
sfollati si occupano del resto», spiega fieramente. Questo campo (si sarebbe tentati
di dire questo villaggio) conta attucdmente 200 famiglie.
Ci sono donne e bambini attorno a due pozzi, nessun
uomo; alcuni forse hanno
trovato lavoro a Vavuniya. Le
facciate delle case sono fiorite, e dietro si trovano gli orti;
un clima di pace regna in
questo villaggio provvisorio
che si trova ad appena un
chilometro dalla zona controllata dalla guerriglia ma
che sembra così distante
dalla miseria sovrapopolata
degli altri campi profughi.
La pace è una necessità
Oggi lo Sri Lanka è un paese profondamente diviso la
cui popolazione aspira alla
pace. Le divisioni interne si
fanno sentire in quasi tutti i
gruppi e tra loro: tra i buddisti nazionalisti militanti e i
buddisti favorevoli a soluzioni pacifiche: tra il Ltte e la popolazione musulmana vittima delle sue violenze; tra i
diversi gruppi politici tamil;
tra i singalesi, buddisti militanti e i singalesi cristiani
considerati come traditori da
parte dei primi; e tra la presidente Chandrika Kumaratunga, eletta sulla base di una
piattaforma di pace e il cui
padre è stato assassinato
mentre era presidente, e il
suo primo ministro che ha
adottato una posizione più
militante. Ci sono anche tensioni etniche all’interno delle
chiese e tra loro, e il Consiglio cristiano dello Srl Lanka
è stato a volte accusato di essere favorevole ai tamil.
Nonostante tutto, si sente
spuntare una speranza di
cambiamento, sempre di più
la gente si rende conto che
bisogna trovare una soluzione pacifica al conflitto. Il vescovo cattolico romano di
Kandy, mons. Fernando, dichiara: «Le sofferenze degli
abitanti del Nord e gli effetti
disastrosi della guerra sull’economia del Sud fanno
capire alla gente che la pace
è una necessità. Certo, rimangono sacche di resistenza fra i buddisti singalesi che
tengono ad ogni costo a preservare la loro purezza di
buddisti: ma la maggior parte della gente spera in un
progresso. Tuttavia, non basta porre fine alla guerra:
tutti i cittadini devono usufruire degli stessi diritti fondamentali e bisogna modificare la Costituzione per decentrare il. più possibile il
potere. In linea di principio,
la presidente sta seguendo la
buona strada».
(2 - fine)
(Cec/info. Traduzione dal
francese di J.-J. Peyronel)
Consultazione delle chiese europee
Servite la gente, non il potere
Pubblichiamo il secondo dei tre documenti conclusivi approvati dai partecipanti alla Consultazione delle chiese europee organizzata dall’Alleanza riformata mondiale (Arm), dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e dalla Federazione luterana mondiale (Firn). L’incontro si
è svolto a Budapest dal 24 al 28 giugno. Traduzione dall’inglese di Antonella Visintin.
Appello ai governi e al grande pubblico
1) La globalizzazione trasforma drammaticamente la natura del potere. Governi democraticamente eletti e loro delegati in organizzazioni intemaziònali stanno perdendo potere di fronte alla crescita delle burocrazie internazionali, alle transnazionali, ai
proprietari dei media e agli attori del capitale finanziario globale. Noi sfidiamo queste
strutture di potere, affinché diventino più
trasparenti e rappresentative. La democrazia
dovrebbe essere fondata su nuove forme di
rappresentanza a livello locale, nazionale e
intemazionale.
2) I processi politici ed economici richiedono forme di regolazione a livello intemazionale. Essi non dovrebbero essere impiegati a spese della necessaria protezione delle
persone più deboli.
3) L’idea guida per tutte le nostre raccomandazioni sta nell’orizzonte del Giubileo
(Lev. 25, Deut. 15, Luca 4). Questo implica che
tutte le persone hanno titolo a fruire delle risorse base della vita nella casa costituita dalla
creazione di Dio. L'economia della nostra società deve essere un’economia domestica.
Raccomandazioni
4) La finanza globale non dovrebbe poter
monopolizzare le economie regionali e nazionali tanto da renderle dipendenti dagli
investimenti diretti dall’estero (Fdi) e dal
capitale speculativo. Noi raccomandiamo
con forza che i governi si sforzino di sviluppare l’economia locale, con particolare attenzione alla piccola e media impresa e la
mettano in guardia dall’orientare alle esportazioni le proprie strategie.
5) Le iniziative di economia locale vanno
sostenute. Ciò implica il rafforzamento dei
governi locali a cui si chiede di mantenere
adeguati supporti per eliminare la povertà,
la definizione di standard ambientali e la resistenza alla pressione deUa finanza intemazionale che li vorrebbe eliminare.
6) Chiediamo ai governi, particolarmente
a quelli occidentali, di sostenere le azioni internazionali a favore della regolazione dei
flussi di capitale speculativo.
7) Le nazioni che cercano di entrare
nell’Unione europea (Ue) dovrebbero preparare il loro elettorato a prendere decisioni
consapevoli, attraverso la valutazione trasparente deli’impatto sulla sicurezza sociale
e altri interessi vitali dei propri cittadini.
8) I governi dovrebbero salvaguardare i
valori culturali, la dignità e i diritti delle donne e degli uomini ad uno sviluppo umano
senza ostacoli. La globalizzazione economica nella sua forma attuale minaccia valori
radicati delle tradizioni cristiane quali la giustizia, la carità, la pace e la sobrietà. E li sostituisce con il consumismo e la monetizzazione di ogni cosa, dalla salute all’educazione, alle arti, agli sport, all’ambiente, all’informazione. La cunura della rivalità economica sta usurpando la cultura della cooperazione sociale con conseguenze gravi per le
persone deboli e vulnerabili.
9) Le risorse pubbliche, che in una prospettiva cristiana sono destinate a servire al
bene comune, non possono essere privatizzate, quali che siano le pressioni che giungono ai governi in tal senso.
10) Chiediamo al governi di servire la gente, non il potere.
Il processo di remissione del debito
Le campagne sul debito
nel Sud del mondo
La denuncia del debito è da
tempo oggetto di una importante mobilitazione nel Sud.
Con l’anno 2000 le campagne
in molti di questi paesi hanno assunto ancora più ampiezza. Le campagne di tre
continenti (Africa, America
Latina e Asia) hanno deciso
di unirsi in una coalizione
chiamata «Giubileo Sud». «La
resistenza ad ogni dominio
legato al debito ci unisce in
quanto movimenti sociali e
organizzazioni sociali in tutto
il Sud» spiega Giubileo Sud.
In diversi paesi come il Brasile e l’Argentina, dei «tribunali
etici popolari del debito estero» si stanno formando per
denunciare le conseguenze
del debito, l’irresponsabilità
di certi dirigenti e il ruolo dei
prestatori del Nord. Rappresentanti delle campagne di
40 paesi del Sud e del Nord si
sono riuniti a Dakar nel dicembre 2000 per studiare le
possibili collaborazioni tra
loro al fine di portare avanti
l’azione nei prossimi anni.
Debito e sviluppo
In quanto organizzazioni
della società civile francese,
siamo preoccupati dall’aumento delle disuguaglianze
mondiali. In risposta alle proposte dei nostri partner del
Sud, intendiamo promuovere
le condizioni di uno sviluppo
duraturo per i paesi del Sud,
lottando contro le cause della
povertà. Per questo siamo decisi ad agire, proseguendo le
azioni portate avanti durante la campagna «Per l’anno
2000: annulliamo il debito!»,
affinché venga trovata una
soluzione ampia, giusta e duratura al problema del debito
dei paesi del Sud.
Ostacolo allo sviluppo
Riteniamo infatti che:
1) Il rimborso del debito da
parte dei paesi del Sud sia oggi un ostacolo maggiore al loro sviluppo perché impegna
risorse che dovrebbero essere
dedicate al soddisfacimento
dei bisogni fondamentali delle popolazioni. Anche se il
debito non è l’unica causa
delle difficoltà di questi paesi, esso le accentua gravemente e approfondisce le disuguaglianze sociali. Per i
trasferimenti di risorse dal
Sud verso il Nord che esso
implica, il rimborso del debito è uno dei fattori predominante dell’aumento delle disuguaglianze a livello mondiale e viene utilizzato come
uno strumento di controllo
del Nord sul Sud.
2) Deve essere riconosciuta
la corresponsabilità di chi
impresta e di chi prende a
prestito in un processo di accumulazione del debito mac
chiato da ingiustizie e illegit
timità. Se oggi, grazie all^
azioni portate avanti dagli attori delle società civili del
Sud e del Nord, il problema
del debito dei paesi del Sud
non è più del tutto ignorato
il carattere ingiusto e illegity.'
mo di una parte di questo
debito continua a non essere
ammesso da parte dei govetni del Nord e delle istituzioni
creditrici.
Nell’accumulazione del debito, le responsabilità sono
divise tra chi ha imprestato e
chi ha preso a prestito. I pre.
stiti pubblici di aiuto allo sviluppo sono stati troppo spesso concessi nell’ambito della
difesa di interessi politici
(contesto della guerra fredda
e influenza postcoloniale) o
economici (società transnazionali, petrolio, materie prime) dei prestatori o di una
minoranza nei paesi del Sud.
I prestiti di origine commerciale, coperti da garanzie
all’esportazione, e i prestiti
privati, sono altresì airorigine
di un indebitamento incontrollato, contratto a vantaggio, anche qui, di una minoranza di investitori nei paesi
ricchi e nei paesi poveri.
Debito ingiusto
Il debito dei paesi del Sud è
troppo spesso ingiusto perché il suo rimborso pesa prima di tutto sulle popolazioni
più povere mentre queste
hanno usufruito poco, anzi
hanno patito dei prestiti contratti. Ingiusto inoltre perché
il suo rimborso continua ad
essere richiesto nonostante le
transizioni democratiche, indebolendo così queste ultime. 11 debito dei paesi del
Sud è troppo spesso illegittimo quando, ad esempio, ha
sostenuto regimi antidemocratici o corrotti, o è stato
contratto per il finanziamento di operazioni giuridicamente o moralmente condannabili.
Per questo l’annullamento
del debito insolvibile e illegittimo è una questione di giustizia. L’annullamento del
debito però non deve servire
ad occultare la storia della
sua accumulazione ma deve
invece essere l’occasione per
fare piena trasparenza sulle
operazioni passate affinché i
meccanismi di finanziamento dello sviluppo siano riveduti e corretti.
(3 - continuai
(Firn Information, n. 206-201
marzo-maggio 2001. Dossiet
preparato da un cdllettivo francese che raggruppa organizzazioni laiche e confessionali,
pubblicato da «Mission», mensile protestante di missione e
rapporti internazionali DefapTraduzione di J.-J. Peyronel)
1
Bambini somali in un campo profughi
(foto Acnur/P
Kesslfif)
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