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gpedizione in abb. postale/50
In caso di mancato recapito
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
v/FNERPl 25 MARZO 1994
LA CHIESA D'INGHILTERRA E LE DONNE
OLTRE L'IDENTITÀ
PATRIARCALE
GIANNA SCICLONE
Laetare: rallegratevi (Isaia
66, 10). Per le chiese che
condividono un lezionario antico e universale come quello
che scandisce le domeniche di
preparazione alla Pasqua, conie certamente avviene nelle
chiese anglicane, questo è il
motto che hanno trovato domenica 13 marzo, il giorno
dopo la consacrazione delle
prime pastore. C’era veramente da rallegrarsi, come ha
fatto la folla che ha assistito
alla cerimonia, il vescovo che
le ha accolte in nome di quella maggioranza delia chiesa
che non vuole più privarsi
dell’apporto di questa metà
delTumanità. Il vescovo di
Bristolj, Barry Rogerson, ha
infatti ¡affermato: «Rallegriamoci per aver saputo riconoscere e ajfennare questo dono
di pio, queste donne che divedranno pastori della chiesa di Dio: un dono che ora
percepiamo solo in parte, ma
che ci è necessario e attendiamo con forza». 1 giornali italiani,ci hanno già fornito dovizia di particolari c, pur confessando la loro estraneità, sono stati indubbiamente coinvolti in una testimonianza, la
cui negazione comincia a fare
problema.
E qui veniamo al nostro
<<rallegratevi», perché il fatto
in Italia non è passato in maniera inosservata. Si sarebbe
potuto anche dire, come forse
30 anni fa: «Sono cose che
pCBsono avvenire in casa protestante; nel cattolicesimo non
avverranno mai». Ma invece
il seme del dubbio è entrato
anche nel mondo cattolico. È
Siusta la collocazione di donne e uomini in ruoli inamovibili alT interno della chiesa? È
legittima la lettura biblica che
vede gli apostoli e i discepoli
come un albo chiuso, riservato solo ad alcuni uomini? E
noi aggiungiamo volentieri la
dpjnanda se sia giusta una
< ^ppresentazione di Gesù e
4. della sua incarnazione «secondo il sesso maschile» (conie scriveva V In ter Insignores
'^I^ecchi anni fa). L’unica
i^Ppresentazione» che sembra legittima dal punto di vista biblico è quella che rende
t'ignore del tutto irriconorile fra coloro che hanno
lo, sete, sono nudi o in pritie, infermi, ecc. secondo
la nota parabola di Matteo 25.
^Non possiamo invece ralledell’insistenza con cui
a parte cattolica si insinua,
• caldeggia aperta
l’abbandono della
^^®aa anglicana da parte dei
^^servatori, che certamente
per tornare tra le
ji^^^ia rassicuranti di madre
le ff*®,'^^riolica, che conserva
delK discriminatorie
buon tempo antico. Ovveche't*" possiamo rallegrarci
in V’ giomalisti e persone
ista ne parlino con legge
rezza. Se invece di una discriminazione sessista si trattasse
di una discriminazione razziale, il misfatto apparirebbe in
tutta la sua gravità e un’eventuale copertura o alleanza nel
discriminare alla luce del sole
apparirebbero, come a noi appaiono, in tutto il loro peso
millenario e ingiustificabile.
La Chiesa cattolica, come
molte religioni, con l’ingresso
delle donne teme la perdita
della propria identità, ma così
confessa di non essere «cattolica», perché la sua identità è
stata ed è unicamente maschile, patriarcale. Si capisce anche che molte donne cattoliche se ne sentano del tutto
estranee e non rivendichino
una loro parte essenziale nella
chiesa, ma così T abbandonano alla sua parzialità.
E infine c’è da rallegrarsi
perché le chiese «evangelical» non sono estranee a questo conflitto: sempre più frequenti e arroventate sono le
preghiere che vengono elevate da donne nelle assemblee
di culto, dove è negato loro di
presiedere e predicare, ma
non certo di pregare. Per i
giornalisti italiani, abituati alla discriminazione cattolica
dal potere della transustanziazione, riusciva difficile capire
i motivi per cui le chiese
evangeliche carismatiche rifiutano pari dignità alle donne. In effetti hanno ragione!
L'ingresso di Gesù in Gerusalemme, anticipazione di nuovi cieli e nuova terra
La città che non aveva capito la pace di Dio
PAOLO SPANO
«E mentre Gesù andava innanzi, [i discepoli] stendevano i loro mantelli sulla
via. E com'era già presso la città, alla
scesa dei monte degli Ulivi, tutta la moltitudine dei discepoli cominciò con allegrezza a lodare Iddìo a gran voce... dicendo: “Benedetto il Re che viene nei
nome dei Signore; pace in cielo e gloria
nei luoghi altis.simi!).
E come si fu avvicinato, vedendo la
città, pian.se su di lei, dicendo: “Oh, se
tu pure avessi conosciuto in questo giorno quel eh 'è per la tua pace! Ma ora è
nascosto agli occhi tuoi”»
(Luca 19,36-38,41-42)
Non importa se, tutti presi da gioia
irrefrenabile, allora non capimmo
veramente perché, giunti in vista del
monte Sion, alla vista delle mura di Gerusalemme torreggiare nella luce del sole cadente, d’un tratto ci parve che il
Mae.stro, a cavallo di un asino, avanzasse pacifico come il re di Salem. So solo
che allora cantammo e scandimmo la
benedizione del Signore, perché ci pareva che là terra e cielo, passato e futuro,
tempo e eternità si incontrassero. Eravamo noi che urlavamo di gioia, ma il nostro grido sembrava mescolarsi col canto
degli eserciti celesti. Giorno memorabile
quello, quando il maestro entrò a Gerusalemme come un re! Per un attimo sognammo la fine delle sofferenze d’Israele e gli occhi nostri contemplarono
l’orizzonte della pace. Non quella dei
nostri dominatori romani, ma quella che
annunciarono i nostri profeti. Ci parve,
allora, che anche il Maestro condividesse il nostro stato d’animo. Anzi a pensarci bene, credo che lo avesse previsto
e preparato.
Non so perché, ma sentimmo che eravamo vicini al tempo compiuto, alToccasione cruciale, die avrebbe cambiato
tutto, a cominciare da Gerusalemme, la
città profanata e vilipesa, per poi travolgere tutto il mondo, a cominciare da noi
giudei fino a tutti i gentili e i barbari.
Ma triste cosa è la gioia che si spegne
sulle sabbie limacciose delTordinario.
Gerusalemme non disse né sì né no al
nostro grido, e al Maestro che entrava
nelle sue mura. Continuò i suoi traffici;
andò avanti come sempre nella sua concitazione faccendiera e distratta, assuefatta com’era alla miseria sciagurata dei
suoi poveri e degli emarginati.
Qualcuno ci guardò incuriosito, ma
poi passò oltre. Così la triste realtà di un
giorno che volgeva al fine, nella ritualità
delle nostre cadenze religiose, annegò la
nostra gioia nello sconcerto: il Maestro
guardò alla città, sembrava più lontana
che mai. Allora si fermò, fissò le mura
per pochi attimi, che sembravano secoli,
poi mormorò parole di delusione e lo
sguardo, che si perdeva in un futuro
chissà quanto lontano, si inumidì di lacrime. Gerusalemme non aveva capito,
nemmeno per un attimo, che la sua pace,
anzi la pace del Signore le si era avvicinata tanto.
Quando la gioia viene dopo il pianto,
è come per la donna che partorisce: prima soffre per le doglie ma poi, quando è
nato il suo bambino, dimentica il dolore
e si rallegra per una nuova vita che è nata al mondo. Se la gioia viene dopo il
pianto, l’orizzonte è la salvezza e il cuore arde di speranza.
Ma, ahimè, .se la gioia precede il pianto, allora questo è ancora più amaro,
perché la gioia è soffocata e dimenticata.
Meglio dimenticare il pianto a motivo
della gioia, che dimenticare la gioia a
motivo del pianto. Guai a Gerusalemme
che non conobbe quel che era per la sua
pace! Guai a tutte le gerusalemmi del
mondo che non conoscono quel che è
per la loro pace! Ora è nascosto agli occhi loro e i loro pensieri sono ottenebrati
dal gioco del potere e nella loro cecità
non vedono la vera Città di Dio. Ma noi
avevamo visto l’anticipazione dei nuovi
cieli e della nuova terra. Perciò la nostra
gioia fu solo sfiorata dal pianto.
ANNO 2 - NUMERO 12
Sud Africa
Osservatori
del Cec
Il Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) ha reso nota la composizione della delegazione internazionale di
«eminenti personalità» che si
recheranno in Sud Africa in
aprile per «monitorare» il
processo elettorale.
Il Cec ha già inviato in
Sud Africa numerose delegazioni di osservatori - in particolare due di «personalità
eminenti» - per verificare la
situazione del paese nella
transizione dal regime
dell’apartheid a una democrazia multirazziale: le due
delegazioni, nel settembre
1992 e nel luglio 1993, erano
state guidate dall’arcivescovo anglicano sir Paul Reeves,
già governatore della Nuova
Zelanda.
La delegazione che si recherà in Sud Africa dal 22
aprile al 3 maggio sarà guidata da Kenneth Kaunda, ex
presidente dello Zambia, e da
lord Robert Runcie, già arcivescovo di Canterbury. Fra
gli altri partecipanti, anche la
guatemalteca Rigoberta
Menchù, Premio Nobel per
la pace 1992.
La delegazione lavorerà in
stretto contatto con il «Comitato dei leader religiosi per la
giustizia elettorale», un organismo sudafricano composto
da 21 leader cristiani e di altre religioni. Fra di essi l’arcivescovo anglicano e Premio Nobel Desmond Tutu, il
pastore pentecostale Frank
Chicane, segretario generale
del Consiglio sudafricano
delle chiese, nonché i principali leader delle comunità
ebraica, indù e musulmana.
Ecumene:
32 donne prete
anglicane
pagina 2
Delle Chiese
Qualificare
la nostra diaconia
pagina 4
AiJ.,’. Ascolto
Dell,A Paroi.,.a
L’ombra della croce
pagina 6
Cultura
Il film di Spielberg
sullo sterminio
degli ebrei
pagina 8
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 25 MARZfw
1.100 persone presenti alla storica cerimonia presieduta dal vescovo Barry Rogerson
Ordinate nella cattedrale di Bristol le 32
prime donne prete della Chiesa d^lnghilterra
JEAN.JACQUES PEYRONEL
Sabato 12 marzo 1994:
una data che rimarrà nella storia della Chiesa d’Inghilterra, almeno quanto
quella del 1534 quando Enrico Vili, sfidando apertamente il papa Clemente VII che
rifiutava di annullare il suo
matrimonio con Caterina
d’Aragona e di benedire il
suo legame con Anna Bolena, decise di fondare la Chiesa anglicana. Quasi cinque
secoli dopo, la Chiesa d’Inghilterra è tornata a compiere
un gesto clamoroso che il papa attuale considera come
una sfida altrettanto grave:
l’ordinazione delle donne al
sacerdozio.
Com’è noto, la decisione
sull’ordinazione delle donne
era stata presa dal Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra rii novembre 1992.
Quel giorno, ognuna delle tre
«camere» della Chiesa d’Inghilterra si era espressa a favore con una maggioranza
dei due terzi (il 75% per la
«camera dei vescovi», il
70,4% per quella del clero e il
67,3% per quella dei laici. È
forse meno noto il fatto che la
«Comunione anglicana» è
una federazione di «province» che conta circa 70 milioni
di membri nel mondo. Nella
maggior parte delle altre
«province» (Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia, e in molti paesi
dell’Africa anglofona) l’ordinazione delle donne è già
praticata da anni e cinque di
queste sono già state ordinate
vescove. La cerimonia di Bristol del 12 marzo scorso è
stata la prima di una serie che
nelle prossime settimane porterà all’ordinazione di 1.200
donne anglicane, vale a dire
il 10% dell’intero clero: 80
donne verranno ordinate a
Southwark, 50 a Cheimsford,
oltre 60 a Oxford, una trentina a Liverpool, ecc.
Questo porterà a più di
3.000 il numero di donne
prete all’interno della Comu
Glenys Mills, una delle 32 donne ordinate della Chiesa d’inghilterra celebra, all’indomani deiia cerimonia,
l’eucaristia neiia Christ Church di Ciifton
nione anglicana. Le 32 donne
che sono state ordinate dal
vescovo Barry Rogerson nella cattedrale di Bristol durante le due ore e mezza della
cerimonia erano già diacono,
potevano cioè predicare, celebrare matrimoni, battesimi,
funerali, visitare i malati, ma
non presiedere l’eucaristia.
Questa prima rivoluzione era
avvenuta nel 1985 con l’ammissione delle donne al diaconato. Qualche anno prima
invece, il Sinodo generale
della Chiesa d’Inghilterra
aveva vietato alle donne prete delle «province» anglicane
del Canada, degli Usa e dei
paesi dell’Africa anglofona
di venire a celebrare messa
sul suolo inglese. Da allora
però era nato il Movimento
per l’ordinazione delle donne
(Mow) che dopo una diecina
d’anni è riuscito a convincere la maggioranza della
Chiesa a riconoscere la parità
tra uomini e donne anche in
fatto di sacerdozio.
La prima donna ad essere
ordinata a Bristol era Angela
Bemers-Wilson, quarantenne,
cappellana anglicana all’Università di Bristol. Il vescovo
Rogerson era assistito dal rev.
Peter Firth, vescovo di Malmesbury, dagli arcidiaconi di
Swindon e Bristol, e da 170
altri preti. Il passo biblico
scelto dal vescovo Rogerson
era tratto dal 'Vangelo di Giovanni, l’episodio in cui Maria
Maddalena vede Cristo risorto e questi le chiede di andare
ad annunziare ai discepoli
che aveva veduto il Signore.
Nel suo sermone, il vescovo
ha paragonato questo viaggio
verso il sacerdozio a quello di
Paolo sulla via di Damasco.
«Questo è forse il più
grande avvenimento svoltosi
in questo luogo da quando è
stata fondata l’abbazia, nel
1140» ha esclamato giubilante Wesley Carr, decano di
Bristol. Le 1.100 persone
che gremivano la cattedrale
hanno fatto dimenticare per
un momento le spaccature
che tale avvenimento ha provocato all’interno della
Chiesa d’Inghilterra. Fino
all’ultimo minuto gruppi tradizionalisti hanno tentato di
boicottare la cerimonia, da
loro considerata come un insulto a Dio. D’altra parte, un
gruppo di donne della Chiesa cattolica romana manifestavano a favore del sacerdozio femminile nella loro
chiesa. Gli arcivescovi di
Canterbury e di York hanno
definito questa giornata «una
pietra miliare significativa
nella lunga storia della Chiesa d’Inghilterra» e hanno affermato che «la maggioranza
dei credenti della nostra
Chiesa crede che questa sia
la volontà di Dio». Rimane
aperta la controversia sull’
entità del numero di preti anglicani decisi a lasciare la
chiesa. Fino ai 12 marzo,
soltanto 34 preti avevano firmato e inviato la loro lettera
di dimissioni. Altri 121 sarebbero pronti a farlo all’inizio del 1995. Altre voci parlano di 500 o addirittura 800
preti pronti ad abbandonare
la loro chiesa a causa della
storica cerimonia di Bristol.
Il direttore del Centro anglicano di Roma controbatte le accuse mosse dal Vaticano
Non abbiamo disubbidito alle Sacre Scritture
Un’appassionata difesa
della decisione della Chiesa
d’Inghilterra di ordinare donne al sacerdozio, e una puntuale confutazione delle accuse mossele dal Vaticano,
dagli ortodossi e da tutti coloro che osteggiano il ministero ordinato delle donne: è
il senso dell’intervento di padre Douglas Brown, direttore
del Centro anglicano di Roma, a un dibattito svoltosi
venerdì 18 marzo presso la
Facoltà valdese di teologia di
Roma, sul tema «Solidarietà
con le donne nel ministero
cristiano». Padre Brown, australiano, rappresentante personale dell’arcivescovo di
Canterbury a Roma, ha parlato insieme a una donna prete anglicana, l’americana
Joyce Caggiano, che esercita
il suo ministero a Firenze, a
due donne pastore, la luterana Use Bonow e la valdese
Maria Bonafede, e alla teologa cattolica Maria Caterina
Jacobelli.
«La Chiesa d’Inghilterra ha esordito padre Brown insieme con più della metà
delle province della Comu
nione anglicana, ha ordinato
donne al sacerdozio. Per
questo motivo è stata accusata di disobbedienza a Cristo,
alle Scritture, alla tradizione
della Chiesa universale e al
corrente spirito ecumenico.
Sono accuse molto gravi».
Ha quindi proseguito respingendo una ad una le accuse
rivolte alla Chiesa d’Inghilterra. La Chiesa anglicana
non ha disubbidito a Cristo, il
quale «non ha lasciato istruzioni sulla struttura della
chiesa che doveva succedergli»: i «dodici» non erano
«né preti né vescovi, ma un
segno del nuovo Israele». La
Chiesa anglicana non ha disubbidito alle Scritture, da
cui si possono desumere diversi orientamenti sul ruolo
delle donne nella comunità;
in ogni caso la Bibbia non va
presa «come un manuale di
diritto ecclesiastico».
Per quanto riguarda la tradizione, «non c’è dubbio che
l’ordinazione delle donne ha
costituito un grosso stacco rispetto alla tradizione di quasi
tutte le chiese. Per trovare un
cambiamento simile occorre
tornare all’introduzione del
matrimonio dopo l’ordinazione al tempo della Riforma, o
all’introduzione del celibato
obbligatorio dei preti dopo
che questo venne discusso e
rifiutato dal Concilio ecumenico di Nicea». Tuttavia, per
padre Brown, l’autentica tradizione non è semplice riproposizione del passato, ma è
«il passato ricordato e valutato», anche criticamente: «Il
rispetto per il passato deve
contemplare la necessità del
cambiamento» (...).
Infine, per padre Brown,
gli anglicani non hanno disubbidito allo «spirito ecumenico»: a fronte dell’opposizione cattolica e delle perplessità ortodosse, ha detto,
«siamo lieti di poter ora essere più vicini ad un reciproco riconoscimento delle ordinazioni delle chiese luterane,
metodiste e presbiteriane.
Questo potrebbe essere interpretato come un movimento della Chiesa anglicana,
via dalla tradizione “cattolica” e verso le chiese della
Riforma. Ma va detto che noi
non vogliamo allontanarci
da nessuno... La speranza
del movimento ecumenico è
che tutti ci avvicineremo gli
uni agli altri nella comune
fede in Gesù Cristo» (...).
Qualcuno ha detto che gli anglicani avrebbero dovuto
aspettare un Concilio ecumenico prima di prendere una
decisione di tale importanza,
ma «la convocazione di un
tale Concilio presuppone
un’unità che non esiste. Gli
anglicani sono convinti che
ogni chiesa nazionale debba
essere autonoma e responsabile per quanto concerne il
proprio ordinamento». E la
decisione di ordinare donne è
considerata dalla gran parte
degli anglicani un cambiamento «di ordinamento, e
non di dottrina».
«Forse - ha concluso padre Brown - abbiamo commesso degli errori (...). Abbiamo fatto quello che ritenevamo fosse giusto. Lo abbiamo fatto in lealtà all’opera salvifica di Cristo, così
come la comprendiamo. Lo
abbiamo fatto nella fede, e
ne affidiamo le conseguenze
al Signore». (Nev)
Mondo Cristiano iap‘^
Il Ciemal ha festeggiato U
i suoi primi venticinque anni un
^vrw^rw^X r\171 TV 1? C C? ¥ r’’TI j i, ^
L
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l’architet
di
CITTA DEL MESSICO — Il «Consiglio delle chi
evangeliche metodiste dell’America Latina e dei Carai?
(Ciemal) ha celebrato i suoi primi 25 anni di attività e ” '
monianza con un culto di azione di grazia nel grande tenni
metodista di Città del Messico. Il Ciemal è presieduto dal»
scovo cileno Isaias Gutiérrez; la segretaria generale, Ritaft
va, di Cuba, è la prima donna ad assumere tale incarico in s«,
alla chiesa metodista del continente. Il Ciemal è stato fond»
nel febbraio 1969 e raggruppa attualmente 15 chiese metoZ ibobu®*
nazionali e due comunità metodiste affiliate. L’orga2 1^26. Si
comprende anche un Collegio episcopale che riunisce ttif ^°'^5 ^
vescovi e i presidenti delle chiese metodiste latinoamericanti
caraibiche. Attualmente, il collegio episcopale è presiedutodji
vescovo argentino Aldo Etchegoyen. Per il periodo 1994.9jl
Ciemal si occuperà della formazione delle minoranze etnici^
degli autoctoni, della popolazione nera, delle donne e dei bai
bini, allo scopo di difendere il loro diritto alla vita, di incom
giare lo sviluppo dell’occupazione, l’organizzazione comi ®
taria e la protezione dell’ambiente e della cultura. Un alte
programma di lavoro comprenderà il funzionamento del
scuola latinoamericana e caraibica di evangelizzazione (Eladt! ®''®""® '
e della équipe itinerante di evangelizzazione (Eia). Nel lavog
missionario verrà posto l’accento sulle attività in Colomhì'
Venezuela, Nicaragua, paese in cui si sta sviluppando un nini ■
vo movimento metodista. Í T*?
lica di S
Brasile: le chiese protestano
contro programma televisivo
SAO PAULO — Il Consiglio nazionale delle chiese (&•
nic) e il Consiglio missionario indigenista (Cimi) del Brasi
hanno protestato contro una trasmissione della televisioi
brasiliana, «Globo», andata in onda il 24 gennaio in un’oral
grande ascolto. Il reportage accusava in particolare i miss»
nari della regione amazzonica di cercare di ottenere la dem
cazione delle terre della popolazione locale allo scopo di b
sformarle in riserve di minerali per poi farle sfruttare da coi
pagnie minerarie europee. Il Conic, che raggruppa la Cfa
riformata, la Chiesa cattolica romana, la Chiesa episcopale)
Chiesa metodista e la Chiesa evangelica della confessioneli
terana del Brasile, e il Cimi hanno denunciato tali informazit
ni come false e diffamatorie. Hanno altresì denunciato il fai
che il reportage abbia attaccato un’organizzazione chiami
«Consiglio mondiale delle chiese cristiane». Secondo Sinesi
Bohn, presidente del Conic, il programma ha indicatock
questo Consiglio stava per riunirsi in Sud Africa. «Stabilei
un tale legame, la trasmissione ha portato i telespettatorii
pensare che si trattasse del Consiglio ecumenico delle chits
(Cec)», ha detto Bohn e ha aggiunto che il «Consiglio mo»
diale delle chiese cristiane» non esisteva ed ha smentitol
informazioni tendenti a far credere che il Cec avesse quale«
da vedere con le imprese di sfruttamento dei minerali dellait
gione amazzonica.
lebbeal
muraroi
ferma de
stiani esi
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martirio
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Sanzioni contro la Serbia
precisazioni di Konrad Raiser
Consiglio mondiale metodista
che votata all’unanimità l’assegnazione del premio
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GINEVRA — Il segretario generale del Consiglio ecui#
nico delle chiese (Cec), Konrad Raiser, ha respinto cori de#
sione i resoconti apparsi sulla stampa secondo cui il®
avrebbe chiesto di togliere le sanzioni contro la Serbiaei
Montenegro. Raiser ha dichiarato che alcuni media avevi
trattato in modo semplicistico o deformato le osservazioni»
Cec sulle sanzioni. NeH’ottobre .scorso Konrad Raiser e le*
Fischer, segretario generale della Conferenza delle chiese®
ropee (Kek), avevano scritto al segretario generale dell’Oi»
Boutros Ghali, per chiedergli di riesaminare il modo in®
venivano applicate le sanzioni in Serbia. «Le sanzioni co#
la Serbia previste dal Consiglio di Sicurezza deH’Onuet#
destinate ad essere uno strumento politico, ma non a colp**
senza discriminazione gli strati più deboli della popoMj|
ne», ha dichiarato Raiser. «Non abbiamo chiesto di toglie®^
sanzioni - ha aggiunto -sapevamo che le chiese membro
Cec della ex Jugoslavia chiedevano con urgenza di
sanzioni. Non abbiamo fatto nostro questo appello, niaaW
mo dato all’Onu la responsabilità di considerare il mo®
cui le sanzioni venivano utilizzate. Ciò non rappresenft^
me talvolta è stato detto, un cambiamento di politica
del Cec».
BOMBAY — Il Consiglio metodista mondiale (C ;
elegge ogni 5 anni i suoi dirigenti scegliendoli fra i
nenti. Due volte Tanno questo gruppo di responsabili si r .
na per esaminare i problemi comuni. L’incontro avviene ?
volta in un luogo diverso, per tenere i contatti con le ^
realtà del mondo metodista. L’ultimo incontro si è
dicembre scorso a Bombay, in India, dove esiste una \ ^
metodista con solide tradizioni. Fra le decisioni
occasione segnaliamo la conferma del dott. James W. p® ^
ger come tesoriere del Cmm in luogo di Ewing Werle*
ha dovuto rinunciare all’incarico per i suoi impegni
dice federale degli Stati Uniti. Sono state anche app^S^'^i^
domande di ammissione al Cmm della Chiesa metodistn^
del Canada e della Chiesa metodista in Portorico. E
per la pace a Elias Chacour, sacerdote cattolico
stinese, cittadino israeliano. Recentemente vi sono
tri ad alto livello fra esponenti metodisti e rappresent^ .jjjj
Patriarcato ecumenico ortodosso. Nel 1997 inizierà un
approfondito fra il Consiglio metodista mondiale e 1®
ortodosse. Gli incontri dureranno circa 4 anni.
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[apiccola e antica chiesa ospita oggi le comunità evangeliche elvetica e valdese
La basilica di San Silvestro costituisce
un repertorio delia storia triestina
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^irrOMELLA CAROLI
La basilica di San Silvestro, questo gioiello del,.architettura della nostra città,
[statadichiarata dal governo
monumento nazionale nel
10. Si racconta che proprio
làdove oggi sorge la chiesa di
San Silvestro, ci fosse nei prijù secoli dell’era romana la
casa di due giovani donne (le
jiartiri Eufemia e Tecla) divesuccessivamente luogo di
culto dei primi triestini cristiani quando questo si svolgeva
segretamente. Nel 1672 la
chiesa, restaurata dai gesuiti,
divenne prima chiesa cristiana
eeattedrale di Trieste.
Da alcune ricostruzioni storiche della struttura urbana
della Trieste romana, la basilica di San Silvestro risulterebbe al di fuori delle antiche
mura romane. Questo a conferma del fatto che i primi cristiani esercitarono il loro culto fuori le mura, sui luoghi di
martirio o di sepoltura. La zona in cui si trova la basilica,
all’epoca romana, era molto
importante per la sua vicinanza al porto e al mare, alle falde del colle capitolino. Per
scarsità di documentazione
non si hanno notizie certe circa l’esistenza di San Silvestro
inquanto entità religiosa della
Trieste medievale.
La basilica, salendo la scala
Medaglie d’Oro venendo da
via del Teatro romano, si trova a destra della chiesa di
Santa Maria Maggiore, ed è
reabzzata in pietra rustica con
tre lari bberi e in vista: la facciata principale posta sull’androne dei Grigioni, quella laterale interrotta dal campanile
sulla via Santa Maria Maggiore, quella posteriore in piazzetta San Silvestro.
La costruzione resta anche
nell’attuale aspetto, nonostan
La basilica di San Silvestro a Trieste
te ripetuti restauri e modifiche, di epoca medievale. Dovrebbe essere stata costruita
intorno al 1149-1187, e pare
consacrata nel 1332. Si dice
che l’attuale porta d’ingresso,
al centro della facciata principale, sia stata aperta nel 1332;
le tracce delle fibore, originariamente 4, dovevano offrire
luce aH’interno. La facciata
più importante sarebbe stata
invece proprio quella laterale
con il campanile e l’ingresso
alla sua base. La chiesa fu acquistata all’asta il 29 settembre 1785 dagli otto membri
(svizzeri) della Comunità elvetica, con la promessa della
chiusura dell’entrata laterale,
per evitare incontri con i fedeli di Santa Maria Maggiore.
Fu restaurata e conservata con
l’aiuto delle chiese riformate
della Svizzera e di Francoforte
e aperta al culto evangelico il
2 ottobre 1786.
La Comunità evangelica di
confessione elvetica è stata
ricca di uomini e di doni che
hanno lasciato traccia di fede,
cultura e impegno sociale
nella nostra città. A questa si
aggiungerà successivamente
anche la comunità valdese:
«Già molto tempo prima
dell'annessione di Trieste
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atan«
le»
LA TAVOLA INFORMA
Campo dì
lavoro
È in preparazione la Circolare aelfa Tavola n. 3, e
«na lettera a pastori e diaconi, quindi una serie di notizie raggiungerà le chiese
hamite questi documenti
?ei prossimi giorni. Alcune
informazioni sono invece
più urgenti, per cui le traainettiamo con «La Tavola
mforma».
Come al solito, il campo
® lavoro è stato oggetto di
particolare attenzione dule ultime sedute della
«yola: diverse chiese lo^1 Sono senza pastore, alnc lo Saranno a breve, e far
coincidere le richieste con
.."^ponibilità è veramente
all l®' Chiediamo quindi
Inchiese che si trovano in
^este situazioni di non litarsi a preoccuparsi, ma
te 1 ^ suggerire - trami®,**C)rnniissioni esecutidistrettuali - delle soluj adeguate, partecipan. allo sforzo comu
nr^ui ^ quadro di questa
PTOblematica, la Tavola è
chp k Pcdnco Davite
® accettato di prosetem ^ anno, a
^ Parziale, il suo servily Chiesa valdese di
^“^ma San Giovanni.
3 Tavola ha concesso
alcuni congedi: per malattia
al past. Ennio uel Priore
(con l’augurio di una pronta guarigione), per motivi
familiari al past. Paolo De
Caro (che seguiamo con
fraterna simpatia) e al past.
Giorgio Bouchard (congedo non retribuito, per partecipare alla campagna elettorale quale candidato, dopo aver ottenuto il consenso del Consiglio di chiesa e
del Circuito).
La Tavola nomina Gabriella Ballesio conservatrice della Collezione Paschetto, di proprietà della Tavola
e affidata alla Fondazione
Centro culturale valdese.
La situazione delle nostre
finanze richiede una particolare attenzione da parte di
tutti: invitiamo quindi cassieri, Consigli di chiesa e
Concistori a versare sollecitamente e periodicamente le
contribuzioni alla cassa centrale, per evitare di dover ricorrere a prestiti bancari,
sempre onerosi...
La Tavola si è molto rallegrata per l’ottenimento da
parte di Radio Trieste evangelica della Concessione
ministeriale del ministero
delle Poste, dopo un iter durato ben 12 anni!
all’Italia esisteva una presenza valdese nella città. Infatti
nell’archivio della Tavola
valdese con data 10 dicembre
1879 troviamo una lettera
nella quale si richiede un pastore per la comunità» (Fazzini-Giorgi). Il primo pastore
valdese giungerà a Trieste nel
1918 (attualmente è il pastore
Renato CoTsson).
Nel 1927 venne stipulata
una convenzione tra il Presbiterio elvetico e la Tavola valdese che unisce le due comunità pur restando distinte dal
punto di vista amministrativo,
convenzione rinnovata nel
1988. Gli elvetici possono essere considerati i pionieri del
protestantesimo triestino, e i
valdesi la chiesa a cui fa capo
il protestantesimo storico in
Italia. Troviamo poi nella facciata principale il rosone, unico nel suo genere a Trieste,
d’intonazione romanica, con
elementi gotici: «I capitelli a
calice - scrive Alessandra
Fazzini-Giorgi - sono una
semplificazione del capitello
corinzio attuata in periodo
paleocristiano, sono definiti
anche protogotici perché vengono ripresi e sviluppati ampiamente in periodo gotico».
La facciata laterale è caratte
rizzata dal campanile a pianta
rettangolare appoggiato su un
protiro (entrata originaria) a
due capitelli cubici essenzialmente decorati. «Il protiro è
un elemento architettonico
molto antico di origine ellenistica, usato dall’architettura
romana e ripreso in Italia durante la Rinascenza carolingia» (ibid.).
Il campanile, simile per tipologia alle torri campanarie
romane del secolo XII, è realizzato in pietra bianca e
grezza, decorato da alcuni listelli in pietra bianca a intervalli irregolari, da finestre a
transenna, e da coppie di
bifore sulla parte superiore.
La facciata su piazzetta San
Silvestro presenta sulla sommità una finestra circolare e
ai lati due finestre corrispondenti alla navata centrale e le
navate laterali per illuminare
l’interno della basilica, che
furono aperte con il restauro
del 1927-28. La pianta, un
parallelogramma irregolare,
si presenta con tre navate divise da sei colonne con capitelli cubici che sostengono le
arcate a tutto sesto. Il presbiterio è coperto da una volta a
crociera, che ha in chiave un
bassorilievo che rappresenta
un agnello con il capo rivolto
all’indietro e circondato da
un’aureola, e da due volte a
botte laterali. La finestra che
appare sulla parete destra testimonia che quel lato originariamente fosse libero prima
della costruzione della sacrestia. Sulle pareti e sulle colonne appaiono tracce di affreschi.
Altri dettagli: una finestra
gotica sul muro sinistro, una
lapide tombale del 1616, una
croce di ferro battuto del ’700,
la tomba della famiglia Calò,
del 1585, nel pavimento e un
suggestivo soffitto a capriate.
Nelle ultime settimane si
sono moltiplicati gli attentati
e le violenze contro i cittadini
extracomunitari presenti nel
nostro paese. In occasione del
21 marzo, giornata internazionale contro il razzismo, proclamata dall’Gnu, il Servizio
rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia invita le chiese membro e tutte le comunità
evangeliche a rinnovare il
proprio impegno all’accoglienza e alla solidarietà, facendo appello ai valori della
memoria, perché il ricordo
delle tragedie di ieri ci aiuti a
combattere le violenze e le intolleranze di oggi.
La memoria della nostra liberazione attraverso Cristo e,
quindi, il godimento della
nostra libertà, sfocino in un
appello in favore della parità
di diritti dello straniero immigrato: «Non deviate il corso della giustizia a danno di
uno straniero o di un orfano... non dimenticate che anche voi siete state schiavi in
Giornata mondiale di preghiera
Un'occasione dì
vìvere la fede
Appello del Servizio rifugiati e migranti
I credenti lottino
per l'accoglienza
In occasione della giornata di mobilitazione contro il razzismo e Tintolleranza del 21 marzo, il Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha
prodotto il messaggio che pubblichiamo qui di seguito, e che
costituisce un impegno per le nostre comunità.
MILENA GRILL
Egitto e il Signore, vostro
Dio, vi ha liberati di là»
(Deuteronomio 24, 17).
Il Servizio rifugiati e migranti della Federazione propone che questo appello venga diffuso in tutte le nostre
chiese domenica 20 marzo insieme al messaggio ecumenico a favore degli immigrati
del 25 gennaio scorso.
Sulla base di questi contenuti, il Servizio rifugiati e
migranti della Federazione
delle chiese evangeliche, ha
aderito alle manifestazioni
indette per il 21 marzo 1994
dalle organizzazioni sindacali, dalle associazioni degli
immigrati e del volontariato,
nella fiducia che una più attiva presenza delle associazioni e delle chiese impegnate
sul tema dell’immigrazione e
dell’accoglienza possa favorire lo sviluppo di iniziative
culturali e politiche che salvaguardino i principi dell’
eguaglianza, della società accogliente, del pluralismo delle culture e delle fedi.
Una giornata dal clima
primaverile ha accolto
domenica 6 marzo a San Germano Chisone le sorelle e i
fratelli che affollavano il
tempio per il culto della Giornata mondiale di preghiera.
Alle 10, in un tempio gremito, le sorelle dell’Unione
femminile di Pinerolo davano
inizio al culto di Santa Cena.
La liturgia e le letture dell’
Evangelo di Luca della passione di Gesù erano state preparate e scelte dalle donne
cristiane della Palestina.
Il testo della predicazione
(Luca 23, 50-53) ha messo in
evidenza, intorno a tre verbi
(«va», «vede» e «agisce»)
l’intervento di Giuseppe
d’Arimatea, che con la richiesta di poter seppellire il corpo
di Gesù ha reso visibile la resurrezione e possibile la presenza delle donne. La predicazione è proseguita chiedendo a noi tutti che, dopo aver
fatto chiarezza in noi stessi,
sia possibile andare, guardare
e agire, affinché ogni abitante
della terra, in ogni situazione,
possa ricevere amore e giustizia. Il culto è proseguito con
la celebrazione della Santa
Cena presieduta dalle sorelle
di San Germano e con la colletta destinata all’Ospedale
evangelico di Ponticelli e al
Comitato mondiale per la
Giornata di preghiera.
Dopo il culto, fra saluti e
incontri, si è raggiunta la
grande sala delle attività dove lunghe tavole apparecchiate ci aspettavano per consumare un piatto caldo, frutta, dolci, vini e caffè, il tutto
offerto con generosità dall’
Unione femminile locale. Poi
una parte delle partecipanti si
recava in visita all’Asilo e altre a passeggio nel bel parco
del Municipio. Alle 14,30
l’appuntamento era di nuovo
nel tempio, ove Gisela Lazier
guidava un momento di preghiere spontanee inframmezzate da canti accompagnati
dai flauti. In seguito due giovani del gruppo «Salaam, ragazzi dell’ulivo» ci hanno
parlato della loro esperienza
in Palestina, dove a più riprese hanno soggiornato per visitare ragazzi adottati a distanza, introducendo l’argomento con una veloce carrellata storica sulla nascita dello
stato ebraico, sulla spartizione della Palestina, sui territori occupati.
La vita nei suddetti territori
è disumana, in quanto è al di
fuori di ogni legge e di ogni
governo, fatta eccezione per
l’occupazione militare. Questo significa punizioni collettive e coprifuoco e ha prodotto un capovolgimento del
ruolo delle donne. Infatti il
loro agire è diventato molto
importante nella quotidianità:
lavoro, educazione dei figli
(cooperative di lavoro, lavoro
nelle scuole e nel campo sanitario). In questi ambiti lavorano donne di varie religioni, specialmente cristiane e
musulmane; donne di più religioni si riuniscono come
«donne in nero» ogni venerdì
a Gerusalemme, per protestare in silenzio contro l’occupazione dei territori.
Al termine del pomeriggio,
dopo alcune comunicazioni
da parte di Lidia Ribet sul
prossimo congresso, ci si è ritrovate intorno a un ricco tè.
Da non dimenticare la ressa
al banchetto che metteva in
vendita lavori a ago e ricami,
eseguiti da donne palestinesi.
Un sentito ringraziamento da
parte di tutti noi va alle persone che hanno reso possibile
questa stimolante giornata.
Riesi: la «Giornata di preghiera»
Integrare diaconia
e predicazione
_______DANIELA FERBARO_______
Domenica 6 marzo le
donne che lavorano al
Servizio cristiano di Riesi
hanno voluto salutare Franca
Cossa che, dopo quasi quattro anni di responsabilità nel
settore casa-cucina, lascia
Riesi per trasferirsi a Montespertoli, in Toscana, dove organizzerà la vita della piccola foresteria di Tresanti. La si
è voluta salutare nel quadro
della Giornata mondiale di
preghiera con una larga partecipazione di voci femminili. Con Franca c’erano donne
che hanno condiviso con lei,
in questi anni, un tratto di
strada comune nel lavoro,
nella responsabilità e che
hanno voluto riflettere, ancora una volta, sulla parola del
Signore. Eravamo quindi
evangeliche, cattoliche, non
credenti, nella consapevolezza che l’amore per il prossimo può spezzare la rassegnazione, il senso di impotenza
e il circolo vizioso della violenza che ci ingabbia. Dopo
il culto ben partecipato nel
tempio di via Paraci abbiamo
avuto un’agape, con parole
di stima e riconoscenza nei
confronti di Franca. Nel salu
tarci Franca ha sottolineato
l’importanza che la chiesa e
l’opera diaconale sappiano,
come si è cercato di fare in
questi anni, integrarsi e completarsi nel lavoro sociale e
di testimonianza.
La giornata si è conclusa
con un documento fotografico presentato dal pastore Platone su un viaggio in Palestina. Così molti temi della
Giornata mondiale di preghiera sono riemersi nel corso del pomeriggio nella riflessione su violenza e speranza in Palestina, terra significativa per tutti i credenti. La giornata, all’insegna
della fraternità, ci ha fatto
capire come un congedo possa diventare un invito a impegnarci maggiormente nel
vivere con fiducia le fede che
Cristo ci dona.
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*1»
■*
Vita Delle Chiesj
VENERDÌ 25 MAR7.n ^
Professionalità e vocazione al centro del convegno svoltosi a Firenze il 12-13
— ■ A M A m A ^ M. m MA
marzo
Qualificare sempre di più la nostra diaconia
JEAN-JACQUES PEYRONEL
^ amore non basta»:
questo titolo di un
famoso libro dello psicologo
Bruno Bettelheim potrebbe
riassumere il senso del convegno diaconale che si è svolto il 12 e 13 marzo a Firenze,
presso il Centro giovanile
protestante Gould. La quarantina di partecipanti che rappresentava una parte delle numerose opere diaconali della
Chiesa valdese si è interrogata su «le nuove professionalità e il loro percorso di formazione». Il tema era particolarmente azzeccato visto che
in queste ultime settimane se
ne è parlato molto a proposito
degli educatori e dei gestori
di comunità per tossicodipendenti. Lo stesso problema si
pone infatti per tutte le strutture che accolgono persone in
difficoltà siano minori, giovani, anziani, o malati.
«E finito il tempo in cui un
ex venditore di Wurstel che ha
fatto fortuna si può permettere di aprire e gestire una casa per anziani» ha affermato
Mathias Grube, direttore di
una scuola per direttori di case per anziani a Hannover, in
Germania. Oggi, in tutti i
paesi deirUnione europea, lo
stato richiede a ogni operatore sociale un curricuìum di
studi specifici che garantisca
la qualità del servizio, e tanto
più richiede ai direttori delle
strutture socio-assistenziali e
sanitarie. Non esiste per ora
una formazione unica al livello europeo ma la tendenza va
verso un’armonizzazione dei
servizi sociali, nel rispetto di
alcuni standard di base. II
«certificato intemazionale di
management sociale» rappresenta un primo passo in questo senso. In Francia, ad esempio, un decreto legge ministeriale del 1992 impone a
ogni direttore di struttura socio-assistenziale di essere in
possesso del Capdes (Certifi
Firenze: il cortile dello storico istituto «Gould»
cat d’aptitude professionnelle
pour directeurs d’établissements sociaux). Anche in Italia esiste dal 1991 (ma solo in
Alto Adige) una scuola di
formazione per direttori di
case per anziani.
Per quanto riguarda l’Italia
Nedo Baracani, sociologo, ha
illustrato le trasformazioni in
atto nel campo della formazione scolastica a tutti i livelli, soffermandosi in particolare sulla formazione degli educatori specializzati: vi sono
attualmente 18 corsi nazionali
con 8.200 studenti di primo
anno e 8.500 di secondo anno. Sono corsi articolati su 4
anni (due bienni con sbarramento). Per ora uno studente
su tre consegue la laurea.
Il «Centro di formazione
diaconale», inaugurato due
anni fa presso il Gould di Firenze e che accoglie attualmente 13 studenti e studentesse, corrisponde perfettamente a questa esigenza di
formazione professionale di
futuri operatori sociali. In
questo caso però, ha sottolineato Massimo Bubboli che
ne è il coordinatore, si aggiunge una formazione evangelica, proprio per permettere
ai futuri operatori di esercitare la propria professionalità
(acquisita presso le scuole di
formazione esistenti) come
chiaro e motivato impegno
vocazionale.
L’esigenza di una sempre
migliore qualità del servizio
non deriva soltanto dall’osservanza dei nuovi standard
richiesti dagli organi di controllo pubblici, nasce anche
dalla necessità di qualificare
sempre di più il nostro stesso
impegno vocazionale. Dal dibattito è emerso che troppo
spesso intendiamo la vocazione in senso generico (essere
disponibili a fare qualsiasi
cosa, con tanta buona volontà) mentre invece siamo
sempre chiamati a fare una
determinata cosa per la quale
vale la pena investire il talento che ci è stato affidato. Ora,
la formazione professionale,
l’aggiornamento e la formazione permanente sono forme
di investimento che ci permettono di far fruttare al meglio i nostri talenti.
Occorre però stare attenti, è
stato sottolineato da alcuni
interventi, a un eccesso di razionalità che non avrebbe ragione di esistere nel nostro
modo di fare diaconia: le nostre opere diaconali infatti
non sono né saranno mai imprese commerciali a fine di
lucro. Se è chiaro che la professionalità è una condizione
necessaria per garantire la
qualità tecnica dei servizi resi
ziazione tra questi tre compiti
è sempre più marcata, e
ognuno dei tre richiede una
specifica competenza. Tutti e
tre però possono trovare la
loro unità nell’azione complessiva e comunitaria della
chiesa. Per questo le nostre
opere sono affidate alla responsabilità di comitati che
non sono dei semplici consigli di amministrazione, e il loro coordinamento e controllo
è stato affidato alla nuova
«Commissione sinodale per la
diaconia» (Csd), eletta direttamente dal Sinodo delle nostre chiese. In fondo non è
questa particolare impostazione, peculiare alla Chiesa valdese, che ci permette da un
lato di dire che l’amore (inteso come,sentimento, buona
volontà) non basta e nello
stesso tempo di affermare che
l’amore (l’agape di Dio) è
l’unica cosa che conta?
Genova: un'esperienza ecumenica di solidarietà e di testimonianza comune
Una chiesa evangelica ispano-americana
TEOPORO FARLO Y CORTES
Alla fine del 1991 abbiamo iniziato a prendere
contatto con la numerosa colonia di sudamericani di Genova. La comunità valdese si
è sentita coinvolta in questo
problema e ha dimostrato una
sensibilità particolare dando
accoglienza fraterna a queste
persone che si sono avvicinate a noi. Infatti abbiamo contributo in situazioni particolari dando aiuto, sia in denaro
sia in altri servizi come la ricerca di lavoro (scrivere lettere di presentazione) e dando ospitalità in tante occasioni. Siamo in collegamento
con le altre istituzioni di accoglienza agli stranieri, soprattutto la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio.
Se la solidarietà concreta è
un aspetto fondamentale, presto si è posto il problema di
dare anche una collaborazione
neH’aspetto spirituale. Nei
paesi iberoamericani i conquistatori sono arrivati con la
spada e il rosario, portando il
cattolicesimo della Controriforma. Oggi la teologia della
liberazione è penetrata in certi
strati del cristianesimo, creando delle comunità di base veramente dinamiche e d’altra
parte c'è anche un movimento
evangelico che si diffonde in
modo sorprendente.
Una veduta del centro di Genova
Dal 1992 la comunità ha
aperto i proprri locali ad un
gruppo di sudamericani che
insieme al pastore, dal 21
maggio di quell’anno, celebra
ogni ultima domenica del mese un culto in lingua spagnola
secondo lo stile evangelico
sudamericano. Altri due incontri mensili sono di studio
biblico, in parte bilingue, insieme alla comunità; siamo
arrivati a 50 presenze circa,
con alti e bassi. Ogni mese si
prepara un volantino in lingua spagnola che viene distribuito per informare sull'orario del culto; dopodiché si sale al «circolo» per un momento conviviale, nel quale si
approfondisce la conoscenza.
si conoscono le persone e i
problemi, intorno a un tavolo
su cui non manca il «pane da
condividere».
I componenti di questa comunità sono inseriti nelle
chiese della città nelle varie
denominazioni. Un buon numero di italiani, simpatizzanti
di questa iniziativa, ci accompagna nelle riunioni e la loro
presenza è particolarmente
gradita e significativa. In diverse occasioni abbiamo celebrato il culto bilingue insieme
alla comunità valdese e in futuro speriamo anche nelle altre chiese. Appare chiaro che
la nostra comunità ha un andamento molto ecumenico e
ci preoccupiamo soprattutto
di lasciare una grande libertà
liturgica e di espressione spirituale; un richiamo particolare viene dato alla predicazione dell’Evangelo e alla fratellanza e solidarietà nella comunità.Il «Consejo promotor» è formato da Tito Figueroa (Chiesa riformata del
Perù), Yarrow James (evangelico del Perù), Franco Guillermo (metodista argentino).
Silvia Cattaneo (valdese
dell’Uruguay), Helena Salinas (avventista boliviana),
Marisol Rivas (Chiesa evangelica del Perù), Clara Berrios (che frequenta la Chiesa
apostolica), Teodoro Fanlo y
Cortés (pastore, originario di
Saragozza in Spagna).
Air intento di questa comunità si è creato il gruppo musicale «Maranathà» che costituisce un vero strumento di
aggregazione, di animazione
e in futuro anche di evangelizzazione. Lo spirito che anima questa comunità è quello
della fede, accompagnata dalla gioia, una passione per la
parola del Signore e uno spiccato senso della solidarietà, in
modo particolare verso quelli
che sono appena arrivati. Ringraziamo il Concistoro valdese e la Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
per il continuo interessamento e la partecipazione che ci
dimostrano.
e della gestione complessiva
delle opere, essa di per sé non
è sufficiente a garantirne la
qualità «evangelica» che deve
rimanere il tratto distintivo
della nostra diaconia.
Qui si ripropone il nesso tra
predicazione e diaconia, nesso
che era evidente nell’azione
di Gesù. Nello studio biblico
sull’episodio della moltiplicazione dei pani, che ha aperto
il convegno, il pastore Alberto Taccia ha messo in rilievo
come le risorse dei discepoli
(cinque pani e due pesci) hanno un effetto moltiplicatore
soltanto dopo essere state benedette e spezzate da Cristo
stesso. È lui che compie il miracolo, non i discepoii che sono solo strumenti della sua
volontà. Nella sua azione.
Cristo esercita contemporaneamente il potere di insegnamento, di predicazione e di
guarigione. Tale compito viene poi affidato alla comunità
dei discepoli, quindi alla chiesa come corpo differenziato.
Viviamo in un tempo, è
stato detto, in cui la difffren
Una serie di incontri culturali
Il protestantesimo
portato alla città
Intervi
Un
SALVATORE GUARGENA
A Padova operano da tempo alcune associazioni
per la formazione culturale
degli anziani: nel quadro di
queste attività vengono organizzati anche incontri relativi
alle varie religioni: la direzione del «Progetto di educazione permanente» ha chiesto anche la nostra presenza a un incontro sul cristianesimo.
Il prof. Paolo Angeleri, della comunità metodista, è stato
incaricato di proporre il nostro
punto di vista. Di fronte a circa 300 persone Angeleri ha
presentato la Riforma come
continuazione e ripresa del
«movimento allo stato nascente» proprio del cristianesimo
delle origini. Anzi, la Riforma
- ha detto - scopre i principi
fondanti dello stato nascente
(sacerdozio universale, libero
esame, critica permanente di
se stessi e della propria chiesa,
distinzione fra chiesa visibile
e chiesa invisibile, sostituzione della «partecipazione» al
vincolo illiberale di appartenenza).
Il protestantesimo nella sua
ispirazione più autentica è perenne stato nascente: così si
spiega la nascita continua di
nuovi movimenti al suo interno come reazione al pericolo
della istituzionalizzazione clericale. Anche l’ecumenismo
nato fra le denominazioni protestanti nel 1910 ha aH’origine
una carica movimentistica, in
cui si avverte la presenza dirompente dello Spirito. La sua
preoccupazione non è
di organizzare una supercii
sa capace di inglobare ogj[ì
tra comunità ecclesiale, n^j
ricondurre gli smarriti
le di una chiesa niù ^
delle altre: è piuttosto
citazione a riconoscere i Ijjj
iprecec
0’or8‘^‘
ilei
di ogni chiesa, le proprie j.
perfezioni, e di ricondurreJ
to a Cristo. Come in unagn,
de ruota in cui i raggi conji
gono su Cristo, unico centts)
fondamento, tutte le chiej
devono porsi su un piajoj
parità e di umiltà, abbaili
nando presunti primati e si»
poste superiorità dottrinali.^
A Montegrotto una coniy
renza sul medesimo tenui
stata tenuta ancora dallo st»
so Angeleri nel quadro dell'j.
tività dell’Università petl’ij:
libera (Upel). L’attenzionsi
stata questa volta portata)
modo di approccio alla cbi«'
Cristo vuole dei credenti m
per tradizione e per consuel
dine, ma per scelta. In qual
senso i protestanti rivendicali:
l’appellativo di eretici,«1
senso etimologico di «coli
che scelgono».
Da ultimo anche l’Upeli
Padova ha organizzato uncit
so biblico autogestito acii
partecipano anche memli
della nostra chiesa. Vi saraa
una decina di lezioni, conpit
sentazione critica deU’Antio
e del Nuovo Testamentoen
la lettura di alcuni capitol
della Genesi e di Marco.ì
prevista la presenza cornei»
centi anche del rabbino e dii
cattolico.
il tutto,
aspetto I
lisicame)
jeBte, ai
toe il fai
lano, du:
maticidi
libino, d
luftment
aspetto
Rodrip
datocirc
li dal Po
toso di
la. Ora 1
poter vi\
servizio
paese co
il suo m
soprattu
comuniti
gua por
nel nos'
sono mi
lista dii
to l’Evi
hattem
nel Ì9‘.
evangeli
Comunità di azione apostolica
Cercasi dal
mondo evangelico».
BRUNO TRON
La Commissione della Cevaa per lo scambio di
persone fra le chiese della comunità ha reso nota recentemente una lista di servizi che
forse potrebbero interessare
persone delle nostre chiese in
Italia. Per lo più si tratta di
posti che richiedono un impegno per almeno due anni.
In campo sanitario si chiedono chirurghi, medici internisti, pediatri, ginecologi e
radiologi in ospedali del Camerún e della Costa d’Avorio. Si cerca personale infermieristico per la Costa
d’Avorio e il Madagascar.
In campo scolastico si cercano educatrici per la Costa
d’Avorio, in.segnanti di materie scientifiche e lingue (inglese/francese) nel Camerún,
Madagascar e Nuova Caledonia. Pastori sono richiesti per
compiti specifici nella Costa
d’Avorio, isole Maurizi»:
Nuova Caledonia e un past»
re-giornalista è richiesto nell
Polinesia francese.
Chi fosse interessato^
avere maggiori informazio*
per uno di questi posU
informazioni generali sulpi»
gramma di scambio di poi*
ne nella Cevaa può scrive^*
telefonare a A. Coisson -i*
Deportati e internati 2'
10066 Torre Pel lice (W
Tel. 0121-933428. Per™®
questi posti è essenziale a®
buona conoscenza del fraj*
se e infine è utile rico™*
che, non essendovi qui in l®
Ha alcuna organizzazio»
evangelica registrata colf
Ong a livello internazioii2l,
la prestazione di servizi
uno dei suddetti
può rientrare nel quadro u
dale della Cooperazione
sviluppo, che darebbe ale
agevolazioni a chi è imp™"
to in un posto statale.
no. stato
vincia I
l'inaspi
civile cl
e che h
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Portoge
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Oall’Africa giungono numerose richieste di cooperanti
5
MARZO 1994
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
¡sta a Rodrigues Chama, teologo angolano ospite della Chiesa battista
yn evangelista piccolo piccolo a Napoli
ili
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MWAMAFFEI___________
Cono un evangelista
/(^piccolo», così SI è de
'èqw^R0drig«f Chama.
¿ ¡preceduto da uno staff e
itiÌ che pre
mi mi campo al grande hap
■' • - vengo in Italia prima
per imparare». E 1’
ropriei, aspetto di Rodrigues anche
iduirelJcamentenoneceroimpo
unasJi, anzi, è piuttosto minugi coSioe a fatto di essere un ango
0 cenimi lane, dunque con i tratti sole chiifflatìd di un africano eppure
1 piano! albino, dunque di pelle assoabbanl lutamente bianca, rende il suo
iati e Si aspetto alla nostra vista altrinali oiianto insolito.
na conili Rodrigues Chama e appro
10 tenui (iato circa un mese fa a Napo
lallo sW li dal Portogallo dove ha traro dell’ii sborso dieci anni della sua vi1 per l’i la. Ora ha 33 anni e sente di
enzionei potw vivere i prossimi anni al
portatai savizio dell’Evangelo in un
ila ctiiea 1»® svolgendo
dentili il suo ministero annuncio
consueti soprattutto rivolgendosi alle
In quest comunità di immigrati di Imvendicai §uu portoghese che ci sono
etici li nel nostro paese. «Io sono
11 «coli - riico Rodrigues
sono nato nella missione batrUpelf istadiHuambo, lì ho ricevuIQ to l’Evangelo e sono stato
tito a ci hMemto e poi consacrato
. uiejiij nel 1977 al ministero di
/i sarai esmgelista. Fino al 1982 soi conpit no stato copastore nella proeirAititi Huambo poi, per
entoen l'Inasprimento della guerra
i capito! riviie che infuriava in Angola
Marco.! ® ^ distrutto anche la
rnmp ili ™ cosg, SOHO partito per il
no edil Portogallo»
- Che posizione hanno assunto le chiese evangeliche
nel conflitto dell’ Angola?
«Le varie missioni evangeliche, che prima della guerra
civile avevano gestito quasi
ia sole l’istruzione media e
superiore in Angola, sono poi
state coinvolte nella guerra
perché i capi dei partiti e delle fazioni in lotta nelle varie
parti del paese provenivano
ciascuno da scuole gestite da
utissioni diverse. Si è così
creata un’identificazione fra
lauti» ¡sortito e chiesa particolare,
un pasto che ha fatalmente trascinato
esto nell l^uarie missioni nel conflitto
codia distruzione. Faticosassatod negli ultimi anni le
irmazioi
Accampamento di immigrati extracomunitari nei Casertano
• M
posti!
li sulp»
di pel*
;criverei
chiese si stanno riprendendo
CUI qualche occasione hanno
avuto il riconoscimento del
loro ruolo di mediazione fra
le parti in lotta, come è successo in occasione delle prime elezioni Ubere nel nostro
paese, nel 1991, quando le
chiese insieme ad osservatori
delle Nazioni Unite hanno
fatto da garanti al corretto
svolgimento della competizione elettorale. Ma anche
dopo le elezioni la guerra
non è cessata e ha provocato
finora più di due milioni di
morti. La fame, l’Aids, il paludismo sono pane quotidiano per chi lotta ogni giorno
per la sopravvivenza. Ecco
perché chi, come me, ha lasciato il paese cerca i tutti i
modi di aiutare chi è invece
rimasto».
- Così Rodrigues, nel 1982,
sei andato in Portogallo...
«Sì, sono andato in Portogallo dove ho studiato teologia pastorale e mi sono inserito nel lavoro presso le chiese evangeliche. Ma non mi
.sono limitato al servizio per
la Chiesa battista portoghese, nella quale anzi ho trovato qualche difficoltà, per il
suo carattere un po’ settario
e per l’approccio conservatore sia nella interpretazione
della .scrittura, sia in campo
etico e teologico; ho lavorato
in maniera interconfessionale
favorendo il dialogo fra
gruppi e chiese diverse».
- E ora, come mai l’Italia,
nei tuoi orizzonti?
«Il mio interesse per l’Italia è cominciato per caso, già
molto tempo fa. Ero studente
e c’era allora una consuetudine, quella di affidare a ciascuno .studente l’impegno di
pregare per un paese: a me
toccò l’Italia. Cominciai a
leggere articoli che parlava
son
nati i '
ce
Per tilt*
ziale iiii
el fran*
ricordii*
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Ita coit"
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ione alj
)e
COMMISSIONE DI STUDIO
PER LA DIACONIA
^Tra confessionalismo e laicismo: il contributo delle
$ere educative evangeliche nell’Italia che cambia»
^ '
Casa Materna (PorticnNa)
23-24'25 aprile 1994
*^fogramma:
mattino, arrivo e sistemazione
pomeriggio, relazioni sul tema
mattino, lavoro per gruppi
pomeriggio, dibattito generale
mattino, conclusioni
pomeriggio, partenze
^ aprile:
24 aprile:
25 aprile:
Sdegno è rivolto a tutte le persone che, nell’ambi'
Be chiese evangeliche italiane, lavorano con ragazzi
^vani (educatori, insegnanti, animatori di campi va, catechisti, monitori, animatori giovanili, ecc.).
bs^’goni rivolgersi a
tei. n. 09U6817941
932457 1021-953122 ore ufficio, n. 0121
- ore pasti.
no spesso delle cose più raccapriccianti: la mafia, la corruzione, e così via. Poi però
cominciando a leggere fra le
righe intuii che l’Italia non
era solo quello, ma che c’era
molto da conoscere e moltissimo da imparare rispetto alle chiese evangeliche. Per
esempio, mi sembrava già
una cosa eccezionale che
chiese diverse da quella cattolica riuscissero ad esistere
in quello che era considerato
il bastione del cattolicesimo
mondiale. Appresi poi anche
che questa circostanza veniva
gestita in maniera intelligente perfino costruendo rapporti significativi con chiese e
gruppi cattolici. Ma la cosa
che mi ha più colpito e che
può essere per me una fonte
di esperienza preziosa da
portare poi nel mio paese è il
rapporto fra le chiese evangeliche stesse. Il fatto di una
federazione di chiese evangeliche come l’avete qui in Italia, il lavoro positivo di rapporto e scambio fra battisti,
metodisti e valdesi, il dato
per esempio di questo giornale “Riforma” che fate insieme, per me è una cosa importante e anche nuova sia
per la realtà angolana, sia
per quella portoghese. Ecco
perché dico che sono venuto
principalmente per imparare
e qui mi riferisco anche alla
grande apertura che ho visto
nelle vostre chiese nella discussione dei problemi etici e
sociali».
- Sei venuto però anche
con uno scopo specifico: ce
ne puoi parlare brevemente?
«Sì, il mio scopo è missionario, ossia di avvicinare
persone di lingua portoghese
che sono qui in Italia per lavoro e stabilire con loro un
dialogo che possa sfociare
nell’annuncio di Gesù Cristo.
Nel periodo che sono stato
qui a Napoli, ospite della
Chiesa battista di via Foria,
mi sono già reso conto della
presenza di una comunità di
lingua portoghese molto folta
(circa 1.500 persone) fra capoverdiani. angolani, brasiliani, persone provenienti
dall’isola di San Tome e portoghesi. Io so che nelle isole
di Capo Verde, per esempio,
la presenza delle chiese evangeliche è molto forte, soprattutto della chiesa del Nazareno e delle chiese battiste. Non
è escluso che vi siano già
molti evangelici qui a Napoli
di lingua portoghese. Dunque
il mio scopo è di aiutarli a
raggrupparsi insieme per lodare il Signore, oltre a quello
naturalmente di far in modo
che anche altri non appartenenti a nessuna chiesa possano ascoltare l’annuncio
dell’Evangelo»
Comprendo allora che «il
piccolo evangelista» Rodrigues potrebbe per noi rappresentare un’opportunità, un’
opportunità che il Signore ci
offre perché la nostra testimonianza all’Evangelo ci renda
sempre di più e sempre meglio «chiesa insieme», chiesa
accogliente in cui le barriere
costmite sul pregiudizio e sulla diffidenza possano essere
finalmente abbattute nel nome di Cristo. Speriamo che
problemi burocratici concreti,
come quello del permesso di
soggiorno, non costituiscano
essi stessi una barriera dura e
insormontabile alla libera
azione dello Spirito.
Giornata della Fgei ad Angrogna
Il diritto di resistenza
è «violenza giusta»?
Domenica 13 marzo, in occasione della giornata della
Fgei. i giovani unionisti di
Angrogna hanno offerto alla
comunità un culto nel corso
del quale la riflessione si è
concentrata sul tema sempre
difficile del rapporto tra violenza e nonviolenza: sino a
che punto, per esempio, si
può esercitare il diritto di resistenza di fronte a chi ti assale? c’è una violenza «giusta»
oppure no? che cosa significa,
e come, resistere al male?
Tutta questa enorme problematica si è poi intrecciata
con quella legata all’obiezione di coscienza (tutti i giovani maschi oggi neH’Unione
hanno scelto di prestare servizio civile) e anche, e questo è
stato molto interessante, con
la storia valdese. I nostri giovani si sono infatti domandati; «Se io mi fossi trovato in
vai d’Angrogna nel 1686,
all’epoca dell’ordine del duca
di Savoia di abiurare o di lasciare le Valli, che cosa avrei
fatto? Sarei partito per non
dover far ricorso alla violenza, mi sarei rifugiato all’estero per poi organizzare il ritorno con più forze e più speran
GRAVINA — Un gran ramo di mimose come scenario, un
messaggio che l’accompagnava: «La donna di carattere,
Prov. 31, 10-31». Con questo tema ha avuto inizio la festa
deir 8 marzo dedicata a tutte le donne, svoltasi presso la
chiesa battista di Gravina. Con una meditazione ben centrata su alcuni versetti del capitolo 31 di Proverbi, la pastora
Elizabeth Green ha guidato noi tutte verso un’attentó nflessione su questa lettura, dando alle presenti la possibilità di
confrontarsi ed esprimere le proprie idee scrivendole su un
tabellone. Mai elogio più bello è stato dedicato alle donne,
proponendo temi attualissimi che mettono in risalto la donna lavoratrice, la madre casalinga, la donna attiva in tutti i
problemi sia familiari che sociali. Colei che molte volte, nel
corso della storia, è stata sottovalutata, disprezzata e sfruttata. Questa è la donna di carattere sempre presente in noi. In
lei si identificano molte donne che nonostante il loro anonimato compiono i loro doveri senza grandi elogi e in molti
casi ancora con sottomissione e umiliazione, (p.l.).
GIOIA DEL COLLE (BA) — Un gruppo di donne della
Chiesa battista ha dato vita al «Mfb» (movimento femminile battista). Guardiamo con ottimismo ai prossimi impegni
consapevoli che, con l’aiuto del Signore, si può crescere
nella fede e... nelle adesioni!
SANT’ANTONINO DI SUSA — Domenica 6 marzo la comunità battista si è raccolta intorno a Dina Molineri e Virgilio Blandino, che hanno festeggiato i 50 anni di matrimonio, condividendo la gioia per il raggiungimento di questo
traguardo. Rinnoviamo da queste pagine l’augurio di ulteriori benedizioni nel Signore.
TORINO — La comunità dell’Esercito della Salvezza, che sta
svolgendo il servizio di «un piatto caldo» serale, ringrazia
tutti i donatori che con il loro contributo ne rendono possibile l’attuazione. Si ringrazia in particolare il Mega/fresco
di via Gorizia 82, che fornisce con regolarità il pane che offriamo ai nostri ospiti. Ringraziamo inoltre tutte le comunità evangeliche che in preghiera e opere contribuiscono allo svolgimento del servizio.
CAMPOBASSO — «Liberi per servire». Queste tre parole,
che costituiscono un binomio inscindibile, hanno guidato la
riflessione biblica nel culto che battisti e valdesi hanno celebrato la sera del 17 febbraio scorso. Infatti, se per gli
israeliti di Giosuè nel culto di Sichem (Giosuè 24), per i
valdesi all’indomani del 17 febbraio 1848 e per tanti altri
credenti, la riscoperta della loro identità fu in queste tre parole, per noi evangelici di oggi, battisti e valdesi, non può
essere qualcosa di diverso. Neppure ci è concesso di appropriarci di un solo dei due elementi, del primo per esempio,
la libertà, perché non sarebbe più lo stesso. Le situazioni
nelle quali esplicare il nostro servizio al Signore non si trovano in cielo o di là dal mare ma sono vicine a noi, davanti
a noi. Dobbiamo solo scorgere, con l’aiuto di Dio, le porte
che egli ci apre, e poi entrare fiduciosamente per esse. Non
molto frequentato il culto a causa dell’influenza, che ha colpito molti, e della neve. Quasi tutti i partecipanti si sono
riuniti in una agape comunitaria, ancora per alcune ore, in
liete conversazioni. La memoria del passato serve nella misura in cui rende sensibili agli impegni del presente.
VILLAR PELLICE — L’Unione giovanile della chiesa di
Lusema San Giovanni, che ringraziamo vivamente, ha offerto una serata con rappresentazione della commedia di
Franco Roberto «Le gelosie di mio marito». L’incasso è
stato devoluto alla famiglia bosniaca accolta a Angrogna.
Chiesa battista di Pordenone-Aviano
Un mini «Kirchentag»
ze, oppure avrei resistito «costi quel che costi»?
Le risposte dei giovani sono andate in tutte e tre queste
direzioni, e di lì è partito un
dibattito non particolarmente
ampio ma intenso che, evitando ogni giudizio e ogni condanna sulle scelte fatte nel
passato, può però aiutare,
speriamo, coloro che erano
presenti a questo culto a prendere con maggiore consapevolezza posizione dinanzi a
questa problematica, fondamentale per tutti, ma in particolare per noi credenti.
I passi biblici che i giovani
hanno letto nel corso del culto (Salmo 136; Amos 2, 616; Michea 4, 1-4; Luca 6,
27-29) sono stati anch’essi
stimolanti: la «violenza di
Dio» nella Bibbia (soprattutto nell’Antico Testamento) è
sempre un grosso problema,
ma è stato interessante vedere come, in ogni caso, si tratti
sempre di una violenza in difesa dei più deboli. Ringraziamo quindi i giovani di Angrogna per questo loro significativo contributo alla crescita spirituale e morale
dell’intera comunità.
PASQUALE CASTELLUCCIO
Sono ormai due anni che
le comunità evangeliche
di Pordenone e Aviano, battisti, pentecostali, comunità
evangelica libera, svolgono
insieme alcune attività. 11 ritrovarsi come credenti è sorto dal desiderio comune di
offrire alla città un’immagine
omogenea del protestantesimo locale e una testimonianza che ci permetta di essere
identificati come credenti in
Cristo di fronte all’opinione
pubblica. Questa esperienza
che stiamo vivendo, a scadenze quasi sistematiche nel
nostro calendario ecclesiastico, si concretizza in un raduno una volta l’anno, teso a
rafforzare la comunione fraterna e, in una iniziativa verso la cittadinanza, con conferenze su temi di attualità.
Qualcuno ha definito questi
raduni locali «mini-Kirchentag»: in essi esprimiamo il
nostro essere credenti, scambiandoci esperienze di fede,
testimoniando, cantando e
pregando insieme.
Quest’anno, 12 e 13 marzo, il momento è stato vissuto con una particolare gioia
in quanto, durante i culto del
sabato sera, abbiamo potuto
dare il benvenuto al nuovo
pastore della comunità battista di Aviano, Oscar Barrows
e, nel seguente culto domenicale, ascoltare un concerto
dell’organista tedesco HansJurgen Wulf (presente a Pordenone per motivi sentimentali). Alcuni fratelli, due anni
fa, si interrogavano su come
comunicare il messaggio
evangelico nella cultura cattolica di questa bella cittadina del Friuli! Dialogando e
pregando insieme scoprirono
che questo era il desiderio
comune delle comunità che
ritenevano più importante
impegnarsi per una testimonianza di fede verso la cittadinanza invece di discutere
sulle «differenze» denominazionali. Abbiamo così iniziato un cammino in cui cerchiamo di percepire la volontà e la guida del Signore,
affinché egli possa illuminare quotidianamente le nostre
parole e i nostri gesti.
Attualmente stiamo concentrando i nostri sforzi su di
un’iniziativa evangelistica
che confidiamo di poter realizzare in autunno. Il tutto è
affidato al Signore, il meno
possibile al comitato organizzatore, il costante riferimento
alla sua Parola ci incoraggia
a percorrere con responsabilità la strada iniziata.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Pai
VENERDÌ 25 MARZn sp«***'
L'OMBRA
DELLA CROCE
BRUNO GABRIELLI
In mezzo alla folla osannante che lo accompagna
in trionfo a Gerusalemme, riconoscendo in lui il re-messia
inviato dal Signore a portare
la pace, Gesù piange. Non ci
siamo abituati. I Vangeli ci
mostrano spesso un Gesù turbato dal pianto altrui, pronto
ed efficace consolatore, mai
sordo ai lamenti di chi soffre.
Ma nei Vangeli di Marco e di
Matteo lui, Gesù, non piange
mai, e nel Vangelo di Giovanni una vola sola, davanti
al sepolcro dell’amico Lazzaro, in una situazione molto
diversa, anzi: addirittura opposta alla nostra. Lì il pianto
di Gesù ha per oggetto un
amico morto che sta per risorgere e si accompagna al pian
telli di Gesù!) secondo la carne^: pianti di impotenza davanti alla rovina ormai inevitabile del popolo oggetto del
proprio amore e insieme
pianti di protesta per la sua
malafede (Geremia), per il
suo indurimento (Paolo), per
la sua cecità (Luca).
Le lacrime di Gesù cadono
anche sulla folla che lo accompagna. Folla di discepoli,
secondo il racconto di Luca:
ma discepoli che lo hanno
seguito e ora lo osannano
sull’onda dell’entusiasmo e
delle aspettative suscitate in
loro dalle sue opere potenti,
dai suoi miracoli, e non immaginano di stare scortando
il loro messia alla morte di
croce.
«Dette queste cose, Gesù andava avanti, salendo
a Gerusalemme. Come fu vicino a Betfage e a Betania presso al monte detto degli Ulivi, mandò due
discepoli, dicendo: Andate nella borgata di fronte,
nella quale, entrando, troverete un puledro legato,
sul quale non è mai salito nessuno; slegatelo e conducetelo qui da me. Se qualcuno vi domanda perché lo slegate, direte così: Il Signore ne ha bisogno.
E quelli che erano stati mandati, partirono e trovarono tutto come egli aveva detto loro. Mentre essi
slegavano il puledro, i suoi padroni dissero loro:
Perché slegate il puledro? Essi risposero: Il Signore ne ha bisogno. E lo condussero a Gesù; e, gettati
i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.
Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli
sulla via. Quando fu vicino alla città, alla discesa
del monte degli Ulivi, tutta la folla dei discepoli,
con gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per
tutte le opere potenti che avevano vedute, dicendo:
Benedetto il Re che viene nel nome del Signore;
pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi! Alcuni
farisei, tra la folla, gli dissero: Maestro, sgrida i
tuoi discepoli! Ma egli rispose: Io vi dico che se costoro tacciono, le pietre grideranno.
Quando fu vicino, vedendo la città, pianse su di
essa, dicendo: Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò
che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai
tuoi occhi. Poiché verranno su di te dei giorni nei
quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee,
ti accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte;
abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te, e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai
conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata»
(Luca 19, 28-44)
to di altri, qui il pianto di Gesù ha per oggetto una città viva (la città di Dio!) che sta
per essere rasa al suolo, ed è
un pianto in aperta contraddizione con la gioia entusiasta
della folla che lo circonda.
Gesù piange su Gerusalemme che corre a testa bassa incontro alla catastrofe. Nel
racconto di Luca, che scrive
dopo il 70 d.C., è ancora forte
l’eco della distruzione storica
della città ribelle da parte del
dominatore romano e dell’inizio della grande dispersione
di Israele, ma vi risuona anche il pianto antico del profeta Geremia e dello stesso Signore delle schiere all’approssimarsi della conquista e
della deportazione babilonese
degli inizi del VI secolo a.C.',
come pure la grande tristezza
e il continuo dolore nel cuore
dell’apo.stolo Paolo per la
mancata conversione a Gesù
Cristo dei suoi fratelli (e fra
L'attesa dei discepoli
Che cosa si aspettano i discepoli di Gesù? Lo possiamo capire dalle parole che
tutti e quattro gli evangeli.sti,
senza sostanziali differenze,
mettono loro in bocca e dalla
stessa reazione dei farisei,
certo scandalizzati dei titoli
riservati all’umile galileo, ma
anche timorosi dello scoppio
dell’ennesima rivolta antiromana seguita dall’ennesima,
indiscriminata repressione: si
aspettano la realizzazione delle speranze espresse e nutrite
per secoli dalle profezie di
Israele’, la realizzazione del
programma politico di Dio
frcr il suo popolo d’Israele: la
liberazione dal dominio straniero, la restaurazione dell’antico regno di Giuda, l’instaurazione di una pax messianica universale e giusta
all’ombra di Gerusalemme.
Le aspettative dei discepoli I
di Gesù riguardano dunque il
loro destino storico, il futuro
loro e dei loro figli entro i limiti di questo mondo. La loro è una speranza di riscatto,
di rivalsa nazionale, politica
e sociale estremamente concreta.
La risposta del popolo
di Gerusalemme
Poteva una speranza così
rimanere legata a un
messia nonviolento, sconfitto, incatenato, fustigato e infine crocifisso? La risposta
del popolo di Gerusalemme
sarà un no secco: di fronte
all’offerta di Pilato esso preferirà riavere libero il capo
guerrigliero Barabba piuttosto che l’imbelle Gesù di Nazaret. Ma anche i discepoli di
Gesù, perfino i dodici, abbandoneranno al suo destino il
condannato, delusi e spaventati, fino a quando apparirà
loro nelle vesti del Risorto.
La risposta della chiesa
Eia risposta della chiesa?
Anch’essa, una volta venuta meno la speranza in un
ritorno di Gesù a breve scadenza, sarà sostanzialmente
negativa: alla parola liberazione si sostituirà sempre più
volentieri il termine salvezza,
politicamente meno suggestivo; alla speranza in un riscatto nazionale, si sostituirà la
speranza in un riscatto non
già universale, ma apolitico e
individuale; il regno di giustizia e di pace di Gesù Cristo
verrà progressivamente espulso dal mondo e dalla storia in
un mitico aldilà del tempo e
dello spazio, del quale la chiesa stessa pretenderà incontrastata di costituire l’esclusiva
ambasciata sulla terra, usurpando il trono di Davide. In
un modo o nell’altro, o negando a Gesù il titolo di messia o
negando al titolo di messia il
suo carattere storico e politico, entrambe le risposte hanno aggirato la contraddizione
presente nel nostro passo senza risolverla, né accettarla.
Ma a noi oggi non interessa
tanto la risposta del popolo di
Gerusalemme, né la risposta
tradizionale della chiesa.
A noi interessa soprattutto
Gesù e Gesù, secondo la testimonianza di tutti e quattro
gli evangelisti, si presenta a
Gerusalemme con tutte le caratteristiche del re-messia liberatore delle antiche profezie: preceduto dalla fama delle sue opere potenti e accompagnato da una moltitudine
di testimoni dei suoi prodigi,
monta un puledro d’asina che
ha chiesto e ottenuto nel nome di Dio: e nella Bibbia
ebraica l’asinelio, anche volendo lasciare da parte la profezia di Zaccaria, è una cavalcatura del tutto abituale
per un re che viene in pace;
così, tutti gli onori che riceve, dai mantelli gettati in
groppa all’animale a mo’ di
sella a quelli stesi per terra al
suo passaggio, sono tutti onori tipicamente regali.
Il re-messia liberatore
Gesù non si oppone a nessuno di questi onori, né
tanto meno al riconoscimento
esplicitamente messianico
che gli tributano i discepoli,
neppure di fronte al pressante
invito dei farisei alla moderazione. Gesù accetta dunque
di essere riconosciuto proprio
come il re-messia liberatore
ÚJ -fiiiiHìbiS ?,
' ' ? , : ' ..
che l’intero popolo di Giuda,
discepoli compresi, aspettava: su questo non ci possono
essere dubbi. D’altra parte,
secondo il racconto di Luca,
sa già che li deluderà, sa che
il loro riconoscimento e la loro fede in lui non dureranno e
che presto, a rendergli testimonianza in Gerusalemme,
rimarranno solo le pietre, le
pietre diroccate della città rasa al suolo. Gesù pone la
contraddizione, ma neanche
lui la risolve.
Gesù piange su Gerusalemme che lo respinge, ma anche
sulla folla dei discepoli che lo
riconoscono come il Re che
viene nel nome del Signore,
come il Messia liberatore.
Eppure non si oppone alle
manifestazioni delle loro
aspettative, non dice nemmeno, come invece farà la chiesa per lunghi secoli e spesso
fa ancora: «Lasciate stare
Zaccaria e gli altri profeti.
Perché io non sono quel tipo
di messia politico che vi libererà dal giogo del dominio
straniero: io salvo le anime, e
i corpi li lascio in catene!>
Niente di tutto ciò.
Il mio regno
non è di questo mondo
pace non assomiglia alla pax
romana, ma nemmeno alla
pax giudaica o ecclesiastica
che tu mi chiedi. La mia pace
è la pace del cielo, la pace di
Dio, quella pace che tu pure
hai poco fa invocato e che
con me è scesa sulla terra.
L'ombra della croce
Ma la pace di Dio, la pace di Gesù, è rimasta
nascosta, perdente, agli occhi
di chi, come te, capisce solo
il linguaggio del potere e non
quello dell’agape, dell’amore
solidale fino in fondo, fino alla morte di croce. Dio non ti
ha creata schiava, Gerusalemme, per divertirsi a esercitare
il suo potere su di te: ti ha
creata libera e mi ha mandato
a liberarti dai poteri di questo
mondo, ma anche dalla tua
stessa brama di potere, perché
ti vuole spontaneamente amare e vuol essere da te spontaneamente riamato in tutte le
sue creature.
Sullo sfondo della scena fe
stosa della folla che portai
trionfo il messia Gesù di Ni
zaret a Gerusalemme si ra
nua l’ombra lunga della»
ce, giudizio e insieme Ite
zione operata da Dio peri
suo popolo dal collo dm
Quasi 2.000 anni sono passi
ma la contraddizione è ancoi
lì, in Gesù Cristo, nel Dio»
cifisso: risposta alle spera«
di liberazione, di paceei
giustizia dei popoli, deli
donne e degli uomini ditj*
sto mondo, e insieme giudi®
sulla nostra fede e appelloi
conversione al Dio crocifff
alla sua giustizia e alla p*
del suo Regno che viene*
questo mondo, non secondo'
nostri programmi, ma secoi
do i programmi di Dio.
(1) Geremia 9. 1-6,
17; 14, 17.
(2) Romani 9, 1-5.
(3) Vedi in particolare W
ria 9, 9-10 ma anche il Salmo;
Genesi 49, 8-12; Isaia
cap. 11; Michea 23, 5-6;
chicle 34, 23-24.
Nel momento del suo
trionfo lamenta invece
fra le lacrime: «Tu non sai
ciò che occorre per la tua pace»: per la tua pace storica,
per evitare la distruzione da
parte dei Romani, non per
chissà quale astratta pace celeste! E non lo sai perché non
hai conosciuto il tempo nel
quale Dio ti ha visitata, questo tempo, il tempo della mia
venuta, il tempo del regno di
Dio. Non l’hai riconosciuto
perché il mio regno non è di
questo mondo: non nel senso
che io regno altrove e qui regna qualcun altro, ma nel
senso che i modi e i tempi in
cui io esercito la mia sovranità su questo mondo non sono i tuoi, non sono quelli che
tu hai deciso per me. E la mia
Preghiera
0 Dio che sei amore
e che non Ti stanchi mai di amarci,
Dio della croce e della risurrezione,
accendi nei nostri poveri cuori egoisti
la fiamma del tuo amore.
Che sentendo risuonare sempre nel nostro intimi’
il «Tutto è compiuto» del Calvario,
possiamo dire sino al nostro ultimo giorno,
più che con le parole con la nostra vita cor
«Non c’è che l’amore che conta!»
Marc Boegner (1881-197®
(Dal suo libro Les sept paroles de la Croix . Tratto da
oranti, a cura di Liborio Naso, Filadelfia editrice, 1984)
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^ ®^d,mancato recapito rispedire a:
SaSa PM“'*
^re si impegna a corrispondere
j dritto di resa
Fondato nel 1848
,jiBl0inenica 27 marzo; una data che per i più passerà alla
istòria per il giorno in cui gli italiani voteranno il Parlamento
r ju cui si fonderà la «seconda Repubblica». In questi giorni
tmiasi non si parla d’altro ma nel piccolo mondo valdese, es' fendo il 27 marzo anche la domenica delle Palme, sarà ani ^eil giorno delle confermazioni. Certo non ci saranno i
.ijj^acortei di qualche anno fa; lo spopolamento delle Valli
'-ha fatto sì che i numeri si siano ridotti, in molte comunità,
sotto la decina. Ci saranno anche chiese che non avranno la
gioia di ammettere nessun nuovo membro. Sarà per le famii^lie un giorno di festa, i templi gremiti con l’augurio che la
Ì Islietta di mano del pastore non rappresenti per molti un
¡jffliato ma un inizio di percorso di ricerca di fede. E un
ondo augurio: che giovani e meno giovani sappiano, nel
Fiorò cammino, appassionarsi in questa ricerca e nel loro agili re adla società in cui si troveranno a vivere.
Guardo i miei catecumeni
di quarto anno e ho 1’
impressione che stiano aspettando un inesistente campanello che segni la fine dell’ora e, in fondo, il fatidico
giorno della confermazione e
del battesimo in cui, liberati
.dall’obbligo, ritorneranno padroni del Toro tempo da dedicare a Dio e alla chiesa. Dove
andranno mai usciti da questa
tipica squallida stanza ecclesiastica? Che cosa c’è fuori di
qua così attraente che non
possono fare a meno di guardare l’orologio ogni cinque
minuti come se così il tempo
passasse più in fretta?
A volte però il tempo vola.
Accade quando non si parla
di Gesù e della chiesa ma
quando ci occupiamo di noi:
LA FORZA DELLA FEDE
Al CATECUMENI
ERIKA TOMASSONE
un amore finito, un insuccesso scolastico, i genitori, gli
amici: tutti hanno qualcosa
da dire.
Penso che il nostro catechismo sia troppo simile a una
scuola, una scuola un po’ bonacciona (senza voti) ma
sempre una scuola in cui, per
giunta, il più delle volte c’è
da pensare a cose lontane
dalla vita. Una scuola che entra in concorrenza con la
Scuola. Come faccio, io catecumeno, a studiare, venire a
catechismo e ad avere ancora
del tempo per riposare o divertirmi?
Noi catechisti potremmo
trasformare il catechismo in
qualcosa di diverso rompendo
lo schema dei quattro anni e
lasciando più libertà nella
scelta del momento della confermazione. Ma che direbbero le famiglie? Poi arriva il
LIRE 1300
grande giorno; voi siete protagonisti di qualcosa a cui tutti danno significati diversL
sollievo dei nonni e genitori,
dubbi di catechisti e genitori
ipercritici. Vi sentirete forse
liberati dall’obbligo. Ma non
so se nel pieno della vita vissuta cercherete delle risposte
al vostro vivere e forse vi ricorderete che c’è la Bibbia e
una comunità di fede. Dimenticavo: oltre a me, ai vostri
genitori e insegnanti c’è anche Dio; noi vi amiamo in
modo imperfetto, ci aspettiamo tanto da voi, siamo ansiosi per voi, ma anche Dio ha
intessuto la sua storia con
voi. C’è sempre una porta
aperta per lasciarsi afferrare
da lui ed essere convinti della
forza della fede per la vita.
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Torre Pel lice
Una rete per
la Biblioteca
valdese
fe stato presentato sabato
scorso il progetto «Amici della biblioteca» presso la biblioteca del Centro culturale
valdese di Torre Pellice. Nel
lodare l’idea la bibliotecaria, Mariella Taglierò, ha descritto l’attuale quadro dell’utenza: dal 1992 al ’93 sono
aumentati i prestiti (da 600 a
720), le presenze in sede migliorano e le consultazioni
sonosahtea 1.300.
Sono dati incoraggianti ma
ancora assai al di sotto delle
potenzialità di fruizione di un
patrimonio certamente rilevaiite. Il vero problema è
Matti: per chi è la biblioteca?
Permane in molti l’idea errata
ehe essa sia riservata a studiosi e specialisti, in altri che
sia comunque una «cosa di
ehiesa» e quindi, non si sa
perché, inadatta a ricoprire un
ruolo di servizio civico per
riitti. Dal canto suo, la biblioteca dovrebbe svolgere una
riiaggiore opera di informandone e di coinvolgimento,
dotandosi di strumenti di laS'oro e di formazione adatti a
rinpubblico di non specialisti,
® primo luogo per gli studen• Il buon senso suggerirebrij qui come in altri settori
^Iturali, una cooperazione
p V®otro e Comune di Torre
pince, che garantisca un sertelo valido sotto tutti i punti
’la maggiore uten. possibile e con un orario
® faciliti studenti e studiosi,
progetto «Amici» è, intan1 un piccolo passo promozionale: si tratta di costituire
chp Utenti-sostenitori,
- .dddddiante una quota an.permettano alla bibliolih^ • acquistare una serie di
indispensabili per un seo;,„®?^*oi'uamento e sostenvyd^"'ersi aspetti dell’atticirrAi riceveranno una
imno periodica e potranno
bT^^ddrirsi a comprare un li
Un fondo nazionale prevede risorse per gli enti locali e sostiene i prodotti doc
Una buona legge per la montagna
________MARCO ROSTAN_________
Nonostante tutti i suoi
guai il Parlamento è riuscito, prima dello scioglimento, ad approvare una
nuova legge sulle zone montane attenta ai problemi
emersi nei vent’anni successivi all’ultimo provvedimento legislativo.
La nuova legge, la 97 del
31 gennaio, è naturalmente
una legge quadro, cioè destinata a diventare operativa solo con i soldi e con le disposizioni che le Regioni devono emanare, ma è anche
un valido strumento a cui gli
amministratori dei Comuni e
delle Comunità montane potranno d’ora in poi fare riferimento nella loro attività e
nelle loro battaglie.
Presso il ministero del Bilancio e della Programmazione, dice la legge, è istituito
un fondo nazionale per la
montagna le cui risorse saranno distribuite a Regioni e
Province e avranno carattere
aggiuntivo rispetto ad ogni
altro trasferimento già in atto
dallo Stato.
Quanto agli obiettivi, la
legge si propone di rivedere
la gestione dei beni agro-silvo-pastorali e di conservare
Tintegrità dell’azienda agricola; si riconosce a questo
proposito come elemento valido per la tutela ambientale
il lavoro svolto dai contadini
nelle rispettive proprietà e
sono previsti contributi fino
al 75% per piccole opere di
manutenzione; i proventi di
caccia, pesca e funghi saranno finalizzati alla creazione
di posti di lavoro anche parttime; le Comunità montane
possono promuovere la gestione del territorio mediante
convenzioni con i privati;
l’energia elettrica prodotta in
montagna sarà esentata dalla
relativa imposta erariale di
consumo, mentre i residenti
potranno avere una riduzione
del sovrapprezzo termico su
consumi domestici e attività
produttive. Sono previsti
contributi per allacciamenti
telefonici o elettrici in case
sparse; altre facilitazioni sono concesse a chi, avendo
meno di 40 anni, acquisterà
Ogni anno su lista indicata
...Il principio d’autonomia non esclude
alcuna posizione che sia posizione di libertà; ma richiede una massima specificazione. Accordo di forze i cui scopi diversi cooperano ed un fine, tanto più comune quanto più quelli sono particolari.
(...) La nostra vecchia tendenza anarchica ha trovato oggi una soluzione nella
tirannide, e non potendo adattarcisi corre
verso lo scioglimento più tragico: il suicidio. Contro il fascismo dobbiamo suscitare lo spirito libertario e nel medesimo tempo negarlo dandogli una forma:
dobbiamo creare uno stato con i pezzi
dell’anarchia.
(...) Quali devono essere gli istituti
dell’autonomia? Come possono quegli
istituti che hanno rappresentato nel passato i modi storici della «religione della
libertà», adattarsi a servire come elementi formativi della nuova realtà italiana?
Quali di essi possono servirci come tradizione? Quali esperienze straniere potremo far nostre?
IL FILO DEI GIORNI
AUTONOMIA
terreni agricoli in montagna.
Per parte loro le Regioni sono sollecitate a decentrare
servizi non indispensabili in
città (come centri di ricerca,
strutture per lo sport, la cultura, la scuola, gli ospedali
specializzati) nelle aree
montane.
Su tutto un altro fronte, si
vuole potenziare la tutela dei
prodotti doc così come, per
sostenere il commercio nei
Comuni sotto i 1.000 abitanti, in presenza di un giro di
affari inferiore ai 60 milioni,
si potrà fare a meno di qualsiasi tipo di contabilità o certificazione fiscale. Interessante poi la possibilità per gli
agricoltori di effettuare lavori a tutela del territorio fino a
30 milioni; lo stesso potranno fare le cooperative per
importi non superiori ai 300
milioni. Sono previste facilitazioni per chi installa nuove
attività economiche, impegni
a favore dei servizi (scuole,
uffici); dunque un’iniziativa
del «pubblico» a favore delle
popolazioni più periferiche:
un segnale a favore di chi è
tradizionalmente più povero
e debole.
LEONE GINZBURO
(...) Una soluzione di continuità esiste
fra noi e gli istituti che avevano rappresentato prima del fascismo gli stati di
equilibrio provvisorio: parlamenti, partiti, organizzazioni operaie, ecc. Questi ultimi organismi più liberi e spontanei, durarono di più e non cedettero che alla
forza.
(...) Dopo dieci anni di esse non molto
rimane, ma camere del lavoro e consigli
operai sono vivi ricordi a cui ci si potrà
ricongiungere, tradizioni che saranno
certo riprese.
(...) (Tome possono queste o altre forme
di organismi operai e contadini, che l’av
venire potrà portarci, coesistere con istituti parlamentari, quale funzioni possono
essere assegnate a questi o a quelle, deve
essere l’oggetto del nostro studio. Certamente si potrà riparlare di parlamenti in
Italia solo se essi non rappresenteranno
più l’unico modo di espressione politica,
se la compagine sociale sarà differenziata
nei più vari modi di rappresentanza diretta e si saranno create, con le forze politiche della libertà, gli istituti dell’economia, sia come differenziazione locale che
come divisione locale.
In questo senso si potrà realmente
parlare di unità soltanto quando saranno
sorti e fioriti organismi locali indipendenti. La centralizzazione corrisponde
al totalitarismo: e come questo è il nemico della libertà, l’altro lo è dell’unità
nazionale.
(Questo testo di Leone Ginzburg è stato pubblicato su «Il pioniere» nel novembre 1944 con il titolo «L'autonomia»)
¡N Questo
Numero
Elezioni
Quali sono i programmi
e le idee dei candidati alle
politiche del 27-28 marzo
nei collegi del Pinerolese?
Lo abbiamo chiesto ai candidati stessi in una serie di
capitoli contenuti in otto
pagine all’interno di questo numero.
Ambiente
Un caso del «settore
pubblico» che funziona
bene; il consorzio dell’
Acca lavora per la gestione
dei rifiuti ma anche per la
produzione di energia nella ricerca di un corretto
rapporto con l’ambiente e
con la montagna.
Pagina II
Madagascar
Da tempo è attivo in vai
Germanasca un gruppo di
giovani che ha cominciato
una serie di iniziative di
solidarietà nei confronti
della Chiesa del Madagascar. Adesso è nato anche
un coro...
Pagina II
Farmaci
Hanno dei nomi che
suonano complicati e in
comprensibili; come nascono e come si sperimentanoi farmaci e i medicina
li prima di essere immessi
sul mercato.
Pagina hi
associazioni
Continua il viaggio fra
le associazioni pinerolesi
Questa settimana è la volta
dei movimenti pacifisti e
dei gruppi di solidarietà intemazionale.
Pagina ih
ATLETICA PER TUHI
Il Gruppo sportivo Pomaretto aggrega giovani e
meno giovani.
Pagina iv
8
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VENERDÌ 25 MARZO i
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La primavera precoce ha portato con sé la fioritura degli albicocchi
UN CONSORZIO DI AZIENDE — Un consorzio di aziende
sta per nascere nelle valli Chisone e Germanasca per iniziativa di alcuni dinamici imprenditori e della Comunità montana. L’obiettivo è quello di permettere alle piccole e medie
aziende della valle, industriali o artigianali, di essere più
informate sulle possibilità di attingere ai finanziamenti del
fondo sociale europeo e di altri strutturali. La Comunità
economica europea ha predisposto, a favore delle aziende,
programmi di finanziamento per gli investimenti, la formazione e raggiornamento, dei quali non sempre le piccole e
medie aziende sono sufficientemente informate. Per illustrare riniziativa, la Comunità montana ha organizzato un
incontro per le 20,30 di martedì 29 marzo presso la propria
sede a Perosa Argentina, a cui sono ovviamente invitati in
modo particolare i titolari di aziende.
LOU DALFIN A INVERSO RINASCA — Dopo i Verd e
blu e la Lugh, sarà ancora il capannone della Pro Loco di
Inverso Pinasca a ospitare un concerto di musica popolare;
sabato 26, alle 21, serata all’insegna della musica occitana
con Lou Dalfin. L’accostamento dell’arcaico ed evocativo
mondo musicale di ghironda, organetto, fifre e altri tipici
strumenti occitani ad elementi armonico-ritmici caratteristici di altre tradizioni, sta conducendo il gruppo al concepimento di un nuovo stile musicale occitano che trova consensi sempre più ampi. Proprio nel corso dei mesi invernali,
con in preparazione un nuovo lavoro discografico, il gruppo ha saputo conquistare simpatie e pubblico fra i giovani
fuori dell’area tradizionale; i concerti al Centro sociale
Leoncavallo di Milano e a E1 Paso di Torino, le migliaia di
persone che accorrono ai concerti, hanno dimostrato la validità per i giovani delle nuove proposte di Lou Dalfin. Il
gruppo è formato da Sergio Berardo (ghironda, voce, organetto, armonica, flauti e chitarra), Dino Tron (fisarmonica
cromatica, organetto, flauti e voce), Riccardo Serra (batteria), Fabrizio Simondi (tastiere, voce), Fabrizio Dutto (chitarra), Enrico Damilano (basso elettrico). Parteciperà alla
serata di Inverso anche Lou SerioI (lo scoiattolo), gruppo
di giovanissimi musicisti formatisi ai corsi di musica occitana proposti dall’infaticabile Berardo nelle vallate cuneesi.
IL TURISMO VERDE SI COALIZZA — A 14 anni dalla
nascita del parco Orsiera Rocciavrè tutti gli enti operatori
nell’area protetta si sono messi d’accordo per promuovere
una serie di nuove opportunità turistiche in vista della prossima stagione. Rifugi, Pro Loco, aziende agrituristiche, alpeggi, Centro di Pra Catinat hanno presentato le loro proposte sabato scorso a Torino, alla rassegna Expovacanze.
LABORATORIO VIDEO — Spazio giovani, della Comunità
montana vai Pellice, propone un laboratorio video aperto a
tutti i giovani della valle. 11 laboratorio, dotato di attrezzature di livello professionale, offre la possibilità di divertirsi
sviluppando la propria fantasia e imparando a maneggiare
una telecamera. Il primo incontro si svolgerà martedì 29
marzo, alle 14,30, presso i locali di via Angrogna 18; per
informazioni e iscrizioni telefonare a Massimo o Francesca
in Comunità montana, n. 953131.
INCENDIO NEL BOSCO — Numerose squadre di vigili del
fuoco e di personale volontario antincendio boschivo sono
state impegnate sabato scorso 19 marzo nello spegnimento
di un incendio fra le località Ciambone e Casassa sul comune di Torre Pellice, sulla sponda orografica destra del torrente Angrogna. Le giornate decisamente calde della scorsa
settimana e una certa ventilazione hanno facilitato 1’ spandersi delle fiamme in una zona in cui le abitazioni non sono
lontane.
AL VIA UN CORSO DI STORIA LOCALE — Il Centro
culturale valdese, in collaborazione con la direzione didattica di Villar Perosa, organizza un corso di storia e cultura locale dedicato alle «Valli Chisone e Germanasca, dalla preistoria al Medioevo» per gli insegnanti di scuola elementare.
Gli incontri, che avranno una durata complessiva di 16 ore,
si svolgeranno fra marzo e maggio e inizieranno il 29 marzo, alle 16,45 quando Franco Bellion parlerà della «geomorfologia del territorio». Il corso si articola su un ciclo di
tre anni.
PINEROLO E I 50 ANNI DELLA RESISTENZA — L’amministrazione comunale ha organizzato alcune manifestazioni per ricordare i 50 anni della lotta di Liberazione. La prossima cerimonia è prevista per il 29 marzo, alle 16, presso la
lapide posta aH’intemo del campo sportivo Barbieri dove
verrà ricordato Luigi Barbieri, impiegato di banca, internato
civile in Germania e morto sul lavoro il 29 marzo 1944 in
seguito a un’incursione aerea sul campo di Flossenburg.
SI
A colloquio con Francesco Carcioffo, direttore del consorzio
Aiutare la montagna con le sue risorse
un imperativo airordine del giorno alKAcea
In tempi in cui si parla con
notevole insistenza della
priorità delle aziende private
sul «pubblico», in molti casi
sancendo quasi una contrapposizione, si vanno anche a
cercare quelle esperienze in
cui aziende pubbliche vengono gestite in collaborazione con privati; ci sono però
situazioni particolari in cui
una gestione pubblica sa
conquistarsi stima per efficienza e capacità, proprio a
smentire il sinonimo così diffuso in questi tempi del pubblico uguale a inefficienza e
spreco. Un caso a livello locale è quello dell’Acea, il
consorzio dei Comuni pinerolesi per l’energia e l’ambiente; 50 miliardi di fatturato lo scorso anno, 167 dipendenti, 37 Comuni consorziati
più nove altri che usufruiscono di alcuni dei servizi erogati, impegno nei settori della distribuzione del gas, della
raccolta e smaltimento rifiuti, acqua potabile e depurazione acqua, sistema fognario a Pinerolo, spazzamento
strade, gestione calore.
Proprio quest’ultimo settore, avviato di recente, sta
dando risultati interessanti.
Spiega il direttore del consorzio, ing. Francesco Carcioffo:
«Si tratta in sostanza di un
servizio che consente di risparmiare e nel contempo di
avere una temperatura
uniforme negli edifìci comunali; razionalizzando gli impianti, intervenendo a livello
di valvole termostatiche ecc.
riusciamo ad ottenere un risparmio per i Comuni e una
gestione comunque attiva per
l’Acea. Abbiamo iniziato con
Pinerolo ma speriamo di poter estendere questo servizio
agli altri Comuni».
- Indubbiamente uno dei
settori di maggior peso all’interno dell’azienda è quello
dello smaltimento dei rifiuti;
recentemente è arrivata l’autorizzazione a un innalzamento del livello della discarica del «Torrione» che tuttavia sta per esaurirsi, con quali prospettive?
Smaltimento dei rifiuti presso una discarica dell’Acea
«Il cartello “Qui sorgerà
un parco pubblico” messo
dallAcea forse è stato prematuro, nel senso che avremmo dovuto almeno scrivere quando. La volontà è sicuramente quella di arrivare
al parco, ma abbiamo avuto
alcuni problemi: le piante
non crescono così facilmente
su una discarica dove avviene costante produzione di
biogas».
- Non si potrebbe utilizzare
la produzione di questo gas?
«Abbiamo anche ipotizzato
un utilizzo del biogas per la
produzione di energia elettrica con l’Enel; siamo però a
una fase di studio».
- Una discarica che durerà
fino a quando?
«Abbiamo avuto l’autorizzazione ad aumentare la
cubatura della discarica, ma
nel frattempo abbiamo attivato un processo di compattazione: costruiremo delle
balle di rifiuti in modo da ridurre i volumi. In questo modo la discarica dovrebbe durare fino al 2000. Oltre abbiamo due strade: un’ipotesi
è quella di un inceneritore
nell’area torinese di una dimensione tale da assorbire i
rifiuti di un ’area assai vasta,
l’altra è quella di individuare
un altro sito che quasi sicuramente non sarà al Torrione
perché troppo vicino alle falde idriche».
- Per ridurre i conferimenti
in discarica non sarebbe il caso di potenziare la raccolta
differenziata?
«E un discorso assai complesso; oggi fatichiamo moltissimo a trovare una collocazione per il materiale raccolto in modo differenziato.
All’estero la raccolta differenziata avviene in modo assistito, cioè la collettività di
fa carico dei costi sociali; da
noi abbiamo le cartiere che
preferiscono acquistare da
fuori la materia prima che
trovano a minor costo e di
migliore qualità. Discorso diverso si deve fare per lo
smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi che invece effettuiamo in modo regolare anche
se a costi per noi elevati».
- Pinerolo e le valli: un
rapporto non sempre facile
anche a livello di questo consorzio; la montagna reclama
servizi e chiede tutela rispetto alle poche risorse di cui dispone, ad esempio l’acqua, la
pianura fa spesso anche pesare la forza dei numeri.
«Ci sono alcuni progetti
che riguardano specificatamente le valli; uno è quello
della metanizzazione periferica. Secondo alcune interpretazioni della legge sembrerebbe che i contributi
pubblici potrebbero andare
solo a quei Comuni che non
sono ancora raggiunti dalla
metanizzazione, mentre
condo altri si potrebbero 1
che raggiungere quelle
gate sparse finora escks,
Noi abbiamo il progetto a.
coinvolge la vai Germanos,
e speriamo di poterloL
partire nei prossimi
Non dimentichiamo conm,
que che la discarica è a fj
nerolo, non certo nelle val¡¡,
- Con quello stesso progej
to c’era anche il recuperoj
acqua potabile per la pianm
è prevista una forma diti,
conoscimento per le zom
montane?
«Direttamente no; anchen
non è codificato un “ritnheiì
so” alla montagna è e/iij
che il senso del consorzio^,
sì che determinati servizi r«
alla montagna siano poisiJI
grazie ai più popolosi Comi.i
ni della pianura che costiliscono in modo determinanki
fondi dell’Acea».
- Il consorzio, sfruttandoli
caduta dell’acqua potabili!
dalle valli è anche produtlt!
di energia elettrica; qualtl
l’importanza del settore?
«Abbiamo a Inverso Pim
sca una centralina che pnduce circa un terzo del casumo del consorzio. Vi
ricordato che con la neca
sità di pescare sempre piùi
basso acqua pulita nei noà
pozzi di pianura, i consm
aumentano, perciò sim
ben lontani da una prodttm
ne che raggiunga il livelli
dell’autoconsumo. Stimi
quindi studiando di potenziare il nostro sistemai
centraline.
Altro discorso interessanti,
ma non ancora definitili
quello di entrare più dirtitamente nel mondo della pm
dazione di energia idroekltrica; stiamo valutandolitentamente questa possitilii
prevista anche da nuove *f
mative; in fondo si tratit
rebbe di Comuni che, in»
sorzio, producono energh
idroelettrica utilizzando
propria risorsa per il propri
consumo e quindi rientreremo esattamente negli scif
dell’Acea».
Parte dalla vai Germanasca una serie di iniziative di fraternità con le chiese malgasce
«Fihavanana»^ la cultura delPaìuto recìproco
_________PAOLA BEVEL_________
■ i'' ihavanana» è solidarietà, amicizia, aiuto
reciproco, è armonia, tolleranza, riconciliazione. È mettere in pratica le parole di
Cristo, testimoniare di lui.
«Alleluia! Noi cantiamo le
nostre preghiere,/ tutti i nostri cuori sono pieni di gioia.
Alleluia». Cristo il Signore ci
dice: «Io sono il vino, io sono
il pane, danne a tutti coloro
che hanno sete e fame./ Ora
Egli ci manda nel mondo,
forti nella fede e liberi dal
dubbio./ Racconta a tutti gli
uomini la gioia del Vangelo».
IL «fihavanana» è la cultura di base della società del
Madagascar: è il rapporto tra
le persone, la collaborazione,
il legame su cui si basa la vita
della comunità, del villaggio,
è l’aiutarsi vicendevolmente,
praticamente, quando si tratta
di migliorare la qualità della
vita. Il «fihavanana» è un
esempio di solidarietà come
un tempo si metteva in pratica nei nostri villaggi montani:
un farsi carico tutti insieme
dei problemi di ognuno. Ma il
«fihavanana» è anche il rapportarsi a Dio, leggere insieme la sua Parola e seguire
l’invito di Cristo: «Shumayela. Andiamo a predicare
VEvangelo. Andiamo a predicare il vero Evangelo». È una
cultura che ha permesso al
popolo malgascio di prendere
coscienza della propria identità, della propria realtà di popolo, della propria individualità, di fronte a un governo
dittatoriale che ha portato in
pochi anni il paese alla rovina, non solo materiale. «Le
nostre voci in coro/ diranno
con forza il motivo della nostra gioia/ Il senso della nostra vita,/ e così pure la sua
sorgente, sono in Gesù Cristo...» (A. Nkuinji, Camerún).
«Fihavanana» è anche il
nome di un coro di nuova formazione, che darà il benvenuto ai giovani malgasci che
verranno alle Valli in agosto:
si inserisce a pieno diritto
nella costruzione del ponte
musicale che permetterà il
progettato scambio tra la
Chiesa valdese e la chiesa di
Gesù Cristo in Madagascar e
darà la possibilità di continuare la campagna di aiuti nel
campo sanitario, rurale, artigianale, ambientale. Una serata di «canti di fede nella
lotta 0 canti di lotta nella fede» si è delineata in un itinerario ben preciso, un filo rosso che unisce canti particolari, composti dietro le sbarre
di una prigione, cantati in situazioni difficili, in momenti
tragici della vita di un popolo
che cerca invano la libertà.
La serata, nel tempio di Pornaretto, ha concluso due
giornate molto intense, dedicate al Madagascar: proiezione di diapositive per conoscere geograficamente parte della «Grande isola» e di capire i
problemi della popolazione,
che in questi tempi sta cercando di costruire la sua terza
Repubblica.
Poi un culto, la domenica
mattina, per riflettere insieme
sul senso della condivisione,
per prendere coscienza di
queste realtà che aspettano
una mano tesa per risollevarsi, di questi giovani che chie
dono un piccolo aiuto pfìf
ter continuare a vivere in
do dignitoso nel loro pn®*
Un momento di gioco hap®
messo di praticare la «lana
na», gioco nazionale mai?
scio. E seguita una cenac^
munitaria a base di riso e P®,
lo, piatto quotidiano di P
popolo, con 40 persone,
biamo avuto come ospita, ,
scal Ratsimba, che da anni
ve a Torre Pellice con laP^
pria famiglia che,
ha cantato insieme al a
l’inno malgascio Endrtk^^
riaka, andando (forse) co
mente ai tempi sereni opP
bui trascorsi nella sua
d’origine.
Una colletta, che
to 892.000 lire,
un passo avanti per la
zazione dei progetti'
stati momenti dedica
conoscenza di una
versa dalla nostra; njo
per stare insieme e
so tempo conoscere |
re. 11 Madagascar, una
chiese appartenenti a jj
vaa, è in questo monte
vicino a noi.
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yna rievocazione della vita valligiana di cinquant'anni fa
te donne risolute delPUnione
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sul numero 10
0’1\ marzo del nostro
• male reticolo di Lidia RiSÌ La capacità di aggre^ ione e lo studio della Bibnella storia delle Unioni
lilj», in cui è ricordato
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tóle «Unions des meres», ho
ripensato al mio primo ap^cioconle donne di uno di
Jesti gruppi
Sono passati ben piu di cm-t’aimiiperresattezzaera
Lll’autunno del 1936 che,
come moglie di pastore, mi
Lai a occuparmi dell’Unioje delle madri di Pramollo;
«venivo da un ambiente citadino molto diverso dalla vita di una comunità delle Valli
li montagna (per mia fortuna
Ijvevo ricevuto una qualche
formazione nella Ucdg, 1 Uoione cristiana delle giovani,
lii Torino); ero giovane e ineiperta in tante cose.
Fu un incontro felice con
questa Union des mères;
istintivamente sentii subito
un grande rispetto per quelle
donne di montagna che imparai a conoscere a una a una.
Erano donne con una vita
molto dura, pesante, però non
mi sono mai sembrate delle
donne frustrate. Certo, per la
maggior parte di loro quel ritrovarsi all’Unione la domenica pomeriggio era probabilmente l’unico svago. C’era la
famiglia, spesso numerosa,
da tirare su, il bestiame da
accudire, il lavoro nei campi... Però trovavano il tempo
di leggere mentre erano al
pascolo e durante le veglie
della sera nella stalla; certamente meditavano più di noi.
La loro influenza non andava
mai oltre la famiglia, ma in
questo ambito era molto importante. Nei miei ritorni
estivi a Pramollo sono sempre andata a ritrovare queste
mie sorelle, specialmente
quelle più anziane che, con il
passare degli anni, non pote
vano più venire al culto. La
scorsa estate le donne di Pramollo che fanno attualmente
parte dell’Unione femminile
sono state invitate, insieme ad
alcune villeggianti, da Florence Vinti nel bel giardino del
presbiterio per trascorrere
un’ora di ricordi e di comunione. Da una delle presenti
ho avuto la fotografia qui
pubblicata, che documenta
una visita dell’Unione femminile di Pramollo alla comunità
di Massello nel maggio del
1037: mi è parso bello farla
conoscere ai nostri lettori anche perché dà un’idea della
consistenza notevole di questi
gruppi di donne che hanno reso possibile, forse senza neanche rendersene conto, il lavoro attuale della Federazione.
Pensando a loro che ci hanno preceduto nel cammino
della fede, mi sono ricordata
dell’antica parola dell’Ecclesiaste (11, 1): «Getta il tuo
pane sulle acque perché molto tempo dopo lo ritroverai».
0,1937: l’Unione femminile di Pramollo in visita alla comunità
Numerose le associazioni e i movimenti
I pinerolesì
impegnati per la pace
Piemonte I
Le preferenze
dei turisti
Sono stati recentemente resi
noti i risultati di un’indagine
condotta dalla Regione Piemonte sulle preferenze turistiche, le ragioni delle scelte, i
periodi.
In forte aumento coloro che
privilegiano l’ambiente e
l’agriturismo e, nell’ordine,
gli itinerari d’arte e quelli del
vino e della buona tavola. Sostanzialmente stabili le richieste di settimane bianche
(17%), di artigianato e di folclore (37%); la richiesta relativa alla montagna estiva passa
dal 52% al 44%. Per quanto
riguarda invece località e tipo
di vacanza, il 55% si rivolge
all’albergo di medio livello, il
22% agli agriturismi e il 17%
preferisce il campeggio.
Proprio partendo da questi
dati gli operatori del settore
dovrebbero programmare e
intervenire per convogliare
anche nelle valli il movimento turistico. Ci si muove anche a livello pubblico per
creare dei centri di informazione e una rete di presentazione di offerte in collegamento con tutto il bacino e
col versante d’oltralpe, e d’altra parte si continua a lamentare una grave carenza ricettiva. Dove sono infatti gli alberghi di «medio livello» a
cui i turisti vorrebbero rivolgersi? E gli agriturismi sono
effettivamente in grado di offrire significative alternative
di ospitalità? Mentre le Comunità montane stanno operando per la creazione di un
marchio tipico dei prodotti locali si sono già persi dei treni;
se in vai Chisone è difficile
trovare dei formaggi tipici, in
vai Pellice è una vera rarità
reperire in qualche negozio
oggetti di artigianato tipico;
quale esito hanno avuto le
proposte di far sorgere scuole
di artigianato?
----ffilCABONANSEA__________
A jiche chi si impegna per
(»la pace e per i problemi
^ inondo trova a Pinerolo
la serie di associazioni, filiali gruppi nazionali, a iniziaj International e
. ^ssoctazione per la pace,
Ltì momento gli ade
aquest’ultima fanno rife>to alla vai Pellice.
Pj®aente anche l’associa“tteltelia-Nicaragua, che dichp * .quella di Torino, e
organizza campi di volon50 j ° ”01 paese sudamericate ® durante l’esta
cati A™ appoggiare sinda
ram. filantropici nica¿Js, che mettono a punto
k?“!®orvonti nei settori delSoit^ ® ilell’agricoltura.
tutta pi
conniii * oomitato «Mai più
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■'«goslavia e dell’unità
europea poi nell’autunno
1993, insieme ad altre associazioni e con il contributo del
Comune, ha dato il via all’iniziativa «Africa, più o meno
laggiù...», basata su incontri,
testimonianze, film africani e
su una mostra del giocattolo
africano che ha riscosso un
buon successo di pubblico;
per questo motivo si spera di
poter rinnovare l’iniziativa
dopo l’estate incentrandola
sulla problematica delle donne
nel continente africano.
Queste associazioni si avvalgono di spazi comunali,
dell’appoggio dell’Arci e della Comunità di base e gran
parte delle loro iniziative sono
autofinanziate. Alla domanda
su quanto sia alto l’interesse
dei pinerolesi per queste associazioni che si occupano di
questioni internazionali Carlo
Bianco, uno dei partecipanti
più attivi delle associazioni,
risponde che sia «Italia-Nicaragua» sia il comitato «Mai
più conquiste» contano circa
una decina di soci: negli anni
’80 c’era più interesse per il
volontariato a favore degli altri paesi mentre ora, data la situazione non florida dell’Italia, le attività si sono spostate
verso il territorio nazionale
con impegni, per esempio, relativi all’accoglienza degli extracomunitari.
Cosa si intende per sostanza medicinale
Il farmaco
questo sconosciuto
______LUCIANO MOSELLI______
Una direttiva Cee, recepita
da un decreto legislativo
nazionale del ’91, definisce
medicinale ogni sostanza di
origine umana, animale, vegetale o chimica, o ogni composizione di sostanze, presentata
come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, oppure
somministrabile all’uomo o
all’animale al fine di modificare, ripristinare, correggere
una funzione organica o di effettuare una diagnosi medica.
È una definizione onnicomprensiva, in cui va sottolineato il fatto che è sufficiente la
presentazione di una sostanza
come medicinale per farla
rientrare in tale categoria.
Un tempo le malattie si curavano con le piante, con i
minerali o con organi di animali. Quasi tutti i farmaci
usati oggi sono prodotti chimicamente: molti sono la riproduzione sintetica di sostanze naturali; alcuni sono
ancora ricavati da piante e
animali. Gli ultimi sviluppi
hanno portato alla produzione
di farmaci con l’ingegneria
genetica: i geni di certi microrganismi vengono modificati in modo tale che i microrganismi stessi sono condizionati a produrre la sostanza vo
Solidarietà in vai Pellice
L'inserimento di una
famiglia bosniaca
luta (per esempio l’insulina
estratta dal pancreas di bovini
e suini, potenzialmente allergizzante, è stata sostituita da
insulina biosintetica).
Dal momento in cui un nuovo farmaco viene sintetizzato
al momento in cui viene commercializzato passa un periodo di 6-14 anni: si comincia
con una ricerca che dura 2-4
anni; dalla fine del 2° anno
può partire la fase di sviluppo
e sperimentazione (da 5 a 10
anni); occorrono poi 1-2 anni
per la registrazione. Il tutto
per un costo di circa 300 miliardi.
I farmaci hanno di norma
tre nomi: la denominazione
chimica, un nome generico e
uno commerciale (per esempio: 4’ - idrossiacetanilide;
paracetamolo; tachipirina).
Spesso poi si hanno più nomi
commerciali per lo stesso
principio attivo.
II principio attivo è la sostanza terapeuticamente efficace, presente in genere in
quantità minima, che viene
addizionata con eccipienti per
avere la forma farmaceutica
(compressa, supposta, crema...). Gli eccipienti servono
per «dar volume» al medicinale, per favorire i processi di
fabbricazione, per condizionare i tempi di assorbimento
del principio attivo.
______MARCELLO GALETTI______
passato circa un mese
dall’arrivo in vai Pellice
della famiglia bosniaca che
un gruppo di cittadini e di associazioni, con l’aiuto dei
Comuni di Torre Pellice e
Luserna San Giovanni, si è
impegnato a accogliere. La
famiglia, originaria di Sarajevo, è composta da una giovane madre e dai suoi due figli;
attualmente il nucleo è ospitato in una casa di proprietà
della Chiesa valdese a Angrogna, ma entro qualche settimana si spera di poter effettuare il trasferimento presso
un’abitazione messa a disposizione da un privato.
La raccolta di fondi lanciata dai promotori dell’iniziativa ha fruttato al momento,
grazie all’aiuto di molti cittadini e di diverse associazioni
e gruppi presenti in valle, oltre 16 milioni di lire che sono
confluiti sul conto 1143/1
aperto presso l’agenzia di
Torre Pellice della Cariplo. I
fondi servono al sostentamento del nucleo di profughi, fino
al momento in cui la signora
non troverà un lavoro.
La generosità dei molti che
ci hanno dato una mano si è
manifestata anche attraverso
la massiccia donazione di vestiti e di giocattoli che hanno
letteralmente invaso la casa
della signora e dei due bambini. I promotori, di comune
accordo con la signora, hanno
quindi deciso di destinare gli
aiuti materiali che ancora
giungeranno ad altre iniziative di solidarietà concreta.
L’inserimento della famiglia nella realtà locale, che si
potrà realizzare appieno solo
nel momento in cui avverrà il
trasferimento nell’alloggio di
Torre Pellice, procede al momento bene; i due bambini sono stati inseriti presso la scuola materna, e la loro integrazione nelle classi di appartenenza pare funzionare. C’è
però ancora un grosso ostaco
lo da superare: il lavoro da
trovare alla giovane madre,
che mal sopporta il ruolo di
«assistita passiva» al quale è
al momento costretta; un
eventuale impiego, di qualsiasi tipo purché le consenta di
occuparsi dei figli, le permetterebbe di raggiungere un’indipendenza alla quale lei dimostra di aspirare fortemente.
Non si tratta solo di un discorso economico: basta incontrarla una sola volta per
capire la grande dignità di
•questa donna, che la spinge
fin dal primo giorno a dirci
che non vuole essere un peso
per nessuno, che vuole lavorare per mantenere se stessa e
i figli. Inoltre, aggiungiamo
noi, si tratterebbe del miglior
modo per cercare di tenere la
testa sgombra da pensieri e
da «vissuti» che molti di noi
(tutti quelli che non hanno
mai visto la guerra) non possono nemmeno lontanamente
immaginare. Queste righe
vogliono quindi essere anche
un appello in questo senso:
aiutateci (aiutatela) a trovare
un lavoro.
Purtroppo però ci sono da
registrare anche episodi di
speculazione, come spesso
capita in questo nostro mondo «civile» quando si ha a
che fare con categorie in
qualche modo deboli: è stata
vista una donna per le strade
di Torre Pellice che, spacciandosi per profuga bosniaca
con tanto di foto (come se
tutti i profughi per certificare
il proprio status avessero bisogno della foto) chiedeva
l’elemosina. Questi episodi
non hanno nulla a che fare
con i progetti di accoglienza
che si stanno conducendo in
vai Pellice, teniamo a sottolinearlo chiaramente in modo
da non incorrere in spiacevoli
equivoci (del resto siamo ormai arrivati a vedere gente
che usa le persone portatrici
di handicap per tentare di impietosire il prossimo e vendergli una biro...).
PCi.^TA
Lista d'attesa
alla materna
I sottoscritti genitori dei
bambini nati nel corso dell’anno 1991 e successivi, residenti a Villar Perosa, intendono far conoscere all’opinione pubblica il problema
che si sta delineando nella
Scuola materna statale «Tina
Nasi Agnelli» del proprio Comune: per l’anno scolastico
] 994-95 ben 32 bambini sono
in lista d'attesa e altri sei sono riservisti.
Si precisa che il Provveditorato agli studi di Torino ha
dato il suo assenso all’istituzione di una nuova sezione
di scuola materna, però occorre che il Comune di Villar
Perosa, entro il mese di giugno, si impegni a trovare i
locali adeguati ad accogliere
i nostri figli.
In questa situazione di
emergenza, finora, l’amministrazione comunale non si è
dimostrata sollecita nel trovare una soluzione adeguata,
proponendo la disponibilità
di locali non adatti a svolgere
attività didattiche, poiché
troppo ristretti, oppure trovando ostacoli di carattere finanziario per rendere agibili
locali più idonei. Alcuni genitori si sono dichiarati disponibili a prestare la loro
manodopera per i lavori di ristrutturazione e hanno avanzato ulteriori proposte che
non hanno avuto, finora, riscontri positivi da parte del
Comune.
Come cittadini italiani ci
appelliamo al diritto all’istruzione, sancito dalla Costituzione, ritenendo che già la
scuola materna statale assolva a tale compito; di conseguenza è giusto che ben 32
bambini non abbiano diritto
di frequentare tale scuola
perché, in un’Italia dove si
continua a denunciare da varie fonti la scarsità di nascite,
non si è in grado di fronteggiare in modo adeguato un
modesto incremento demografico?
Siamo, purtroppo, sempre
più convinti che oggi in Italia
occorra per far valere i propri diritti, arrivare a dimostrazioni provocatorie, ma noi
auspichiamo non sia necessario giungere a tal punto.
Ci appelliamo dunque agli
enti competenti affinché diano il massimo impegno e la
massima disponibilità nel sostenere la nostra battaglia.
Distinti saluti.
.seguono 75 firme
14
PAG. IV
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
Torta ai carciofi e
formaggio
Dato che in questa stagione i carciofi abbondano sul
mercato, vi consiglio di farne largo uso. I suoi costituenti sono molto importanti
per una dieta invernale. Sono ricchi di vitamine A e B
e di sali minerali: manganese, fosforo, ferro, materie
azotate e carboidrati assimilabili dai diabetici (insulina). Chi coltiva piante di
carciofo nell’orto, al momento della pulizia del terreno può tenerne le radici,
spazzolarle, tagliarle a pezzetti e seccarle. Tenute in un
barattolo di vetro scuro sono
utili in decotti contro reumatismi, gotta, itterizia. Anche
le lunghe e seghettate foglie
possono essere raccolte e
seccate. Le loro proprietà
sono importanti soprattutto
per quanto riguarda la circolazione, il fegato e i reni.
Questa settimana vi consiglio la torta ai carciofi e
formaggio. Ingredienti: 1
rotolo di pasta sfoglia
surgelata già stesa, 6 carciofi, 2 cucchiai d’olio, 250
grammi di formaggio, (a
piacere, potete recuperare
anche vari pezzi che avete
in casa), 1/2 bicchiere di
latte, 1 spicchio d’aglio, sale e pepe quanto basta.
Pulite bene i carciofi eliminando le foglie più dure,
tagliateli a quarti; fate a pezzi la parte più tenera dei
gambi e mettete tutto a bagno in acqua acidulata con il
succo di un limone. Mentre
i vostri carciofi sono a mollo preparate una teglia antiaderente e mettetevi l’olio e
l’aglio tagliato a quarti. Fate
scolare bene i carciofi e i
gambi e metteteli a cuocere
nella padella salati e coperti.
Tenete il fuoco basso e, se
d’acqua. I carciofi devono
diventare molto teneri. Intanto stendete la pasta e foderate una teglia da forno.
Non occorre imburrare perché la pasta sfoglia è già ricca di burro. Mettetevi i carciofi, avendo cura di levare i
pezzi d’aglio.
Fate sciogliere, a parte, il
formaggio a pezzetti con il
latte e poi spargete il composto semiliquido sui carciofi. Versatevi sopra una
buona manciata di pane
grattugiato e cuocete in forno già ben caldo per 15 minuti, poi abbassate a 180°
per altri 15-20 minuti, sinché la pasta sfoglia non sia
ben dorata. La controindi
cazione maggiore, per questi piatti, è l’alta quantità di
burro contenuta nella pasta
sfoglia, per ovviare a questo inconveniente vi consiglio di fare in casa la pasta
brisé, per la cui preparazione è sufficiente un robot.
Pasta brisé
occorre, aggiungete un po
Ingredienti: 300 grammi
di farina, 90 grammi di margarina morbida preferibilmente di mais; mettete questi due ingredienti, con un
pizzico di sale, nel vostro
robot, mentre le eliche impastano versate lentamente 1
decilitro di acqua molto
fredda, sinché si forma una
pasta elastica che tende a
staccarsi dalle pareti. Avvolgetela in un foglio di stagnola e lasciatela in frigorifero almeno un’ora. Al momento di utilizzarla stendetela con un mattarello in un
disco alto non più di 1/2
centimetro. Potete preparare
la pasta brisè anche in quantità maggiori, dividerla in
pezzi di 400-500 grammi e
congelarla. Si mantiene tre
mesi, e al momento di scongelarla vi conviene metterla
in frigorifero per sei ore anziché lasciarla scongelare a
temperatura ambiente.
Appuntamenti
25 marzo, venerdì — TORINO: Prosegue fino al 30 aprile
l’esposizione di incisioni di Marcello Boglione presso l’Accademia di Belle arti in via Accademia Albertina 6; la mostra è
aperta fra le 10 e le 13 e fra le 15 e le 19.
25 marzo, venerdì — PINEROLO: Per l’organizzazione
del museo civico d’arte preistorica alle 21, nella sala dell’ex
comprensorio di via San Giuseppe, i rappresentanti della cooperativa archeologica Chora proporranno «Archeologia urbana
e metodologia di scavo».
25 marzo, venerdì — PEROSA ARGENTINA: A cura
dell’Alidada, alle 21, nella sala della biblioteca, ci sarà una
proiezione di diapositive su «L’India dei villaggi e l’Assefa».
26 marzo, sabato — SAN GERMANO: Alle 14,30 viene
inaugurata, presso l’Asilo valdese, una mostra di dipinti su ceramica e stoffa di Gisella Maestrini; la mostra resterà aperta fino al 2 aprile in orario 14,30-18.
26 marzo, sabato — PINEROLO: Alle 21, preso l’auditorium del liceo scientifico, è previsto il terzo appuntamento della rassegna teatrale: la compagnia Granbadò presenta lo spettacolo «Dei liquori fatti in casa».
27 marzo, domenica — VILLAR PEROSA: Alle 15, nel
teatro oratorio San Giovanni Battista, si svolgerà il concerto finale dei vincitori del concorso pianistico in corso di svolgimento in queste settimane.
31 marzo, giovedì — TORRE PELLICE: Organizzato dal
Collegio valdese, prende il via un corso di alimentazione naturale dal titolo «La ciotola d’argilla». Le cinque lezioni si svolgeranno presso la Foresteria valdese a cadenza settimanale fra
le 16 e le 18. Per prenotazioni telefonare al Collegio valde.se
(0121-91260).
r aprile, venerdì — TORRE PELLICE: Inaugurata lo
scorso 19 marzo, presso la sala Paschetto del Centro culturale
valdese, resterà aperta fino al 1° aprile la mostra di oli e pastelli su tela di Luigi Mottura.
2 aprile, sabato — POMARETTO: Nel tempio valdese, alle 20,45, si terrà un concerto della corale valdese e del coro
Fihavanana.
E Eco Delle Vai.li Valdesi
VENERDÌ 25 MARZO iqq,.
Atletica leggera e ginnastica a Pomaretto
Un gruppo sportivo
che fa aggregazione
MILENA MARTINAT
Quante volte, passando da
Pomaretto verso sera nei
giorni di martedì e giovedì,
abbiamo visto allenarsi a correre gruppi di bambini e ragazzi! Forse sappiamo che
sono del Gruppo sportivo Pomaretto, ma poco altro.
La presidente, Ines Marchetti, spiega: «Il gruppo
sportivo Pomaretto 80 è nato
quattordici anni fa per iniziativa di un piccolo gruppo di
genitori con lo scopo di far
conoscere a bambini, ragazzi
e giovani del nostro paese e
dei Comuni limitrofi l’atletica
leggera e per fornire loro uno
spazio di aggregazione».
Oggi l’attività principale è
quella di preparare atleticamente i ragazzi con due allenamenti settimanali, martedì
e giovedì dalle 17,30 alle
18,45, ma anche quella di organizzare gare di corsa campestre e in montagna, meeting
di atletica leggera. Inoltre il
gruppo si occupa di un corso
di ginnastica dolce indirizzata
alla terza età, che si svolge a
Perosa Argentina.
«Un buon contributo al
gruppo viene dai genitori degli atleti - spiega Ines Marchetti - che seguendo e soste
nendo i propri figli nella pratica sportiva e partecipando
attivamente alle diverse manifestazioni fanno sì che
all’interno del gruppo si respiri una piacevole atmosfera
familiare». Quanti sono attualmente i soci? «Fanno
parte del Gsp 80 circa duecento soci ordinari - continua la presidente - fra cui
sessantadue iscritti all’atletica leggera, con età dai 6 ai
62 anni, che partecipano a
competizioni, cinquanta
iscritte alla ginnastica dolce,
dieci allenatori e un Consiglio direttivo composto da
quattordici membri».
ANGROGNA — Domenica 27, alle 10, culto delle Palme al capoluogo con confermazioni e corale. Giovedì 31,
alle 20,30, a Pradeltomo, culto
con Santa Cena e liturgia a
cura della scuola domenicale.
Venerdì 1° aprile, alle 21, al
Serre, culto liturgico a cura
della corale. Domenica 3 aprile culto con Santa Cena, corale
e coretto della scuola domenicale.
VILLAR PEROSA — Domenica 27, al culto, ore 10,
parteciperà la corale e vi saranno le confessioni di fede di
dieci giovani. Il culto di Venerdì Santo sarà alle 20,30, al
convitto. A Pasqua il culto si
terrà alle 10 nel tempio, con
corale e scuola domenicale.
LUSERNA SAN GIOVANNI — 1 culti del periodo
pasquale saranno il 27, alle 10
nel tempio, il 31, alle 10, con
Santa Cena all’Asilo e al Rifugio e alle 21 nel tempio; venerdì 1“, alle 21, culto condotto dai confermati e domenica 3
aprile culto con S. Cena (ore 9
agli Airali, ore 10 nel tempio7.
• Con il 3 aprile iniziano i
culti pomeridiani alla cappella
dei falla,, (ogni prima domenica
alle 18 fino a ottobre).
VILLAR PELLICE — I
culti del 27 marzo e 3 aprile,
essendo sospesa la scuola domenicale, inizieranno alle 10;
alla Domenica delle Palme
parteciperà la corale di VillarBobbio.
RT
CALCIO — Il Pinerolo esce
sconfitto dalla trasferta di Camaiore con una rete realizzata
all’ultimo minuto dai toscani col
libero Coluccini. Se è vero che,
specialmente nel primo tempo, i
ragazzi di Cavallo hanno in alcuni periodi subito la supremazia della squadra di casa, è anche vero che perdere all’ultimo
minuto lascia l’amaro in bocca
per il punto perso. I biancoblù
restano comunque al quarto posto in una classifica che vede su
un altro pianeta la Pro Vercelli e
la Colligiana e ben 11 formazioni nello spazio di sei punti, dal
quarto posto del Pinerolo alla
soglia della zona retrocessione.
PALLAMANO — Ultima partita nel campionato juniores per il
3S Graphicart di Luserna conclusasi con una sconfitta sicuramente immeritata a Biella, almeno
per la differenza reti (33 a 23).
Belle le prestazioni di Maurino
in attacco e di Enrico Camoglio
in difesa; purtroppo la partita è
stata condizionata dal nervosismo e da un arbitraggio non
all’altezza della situazione.
Difficile confronto per la formazione di serie C femminile alla prima esperienza; infortunatasi
il portiere Corveglio, la pur volenterosa Bertalot poco ha potuto
fare contro le forti attaccanti del
Cassano Magnago che si sono
imposte per 23 a 4.
Intanto i ragazzi del 3S daranno inizio al campionato cadetti
venerdì 25 marzo affrontando,
alla palestra di Luserna, i torinesi
del Città giardino.
GINNASTICA ARTISTICA
— Si è disputata domenica a
Carmagnola la seconda prova
provinciale del settore propaganda. Ottimo il terzo posto del 3S,
sezione Cumiana, con le giovani
Mago, Zadro, Gontero e Issoglio.
Con 29/10 al quarto posto si so
no classificate ex aequo il 3S A
(Rivoira, Rossetto, Cerini e Perucca) e il 3S B (Cesan, Pozzi,
Ghirardi e Grillo).
PALLAVOLO — Turno pienamente positivo per le formazioni pinerolesi. Nella serie B1
rOlympus è andato a vincere a
Padova per 3 a 2 al termine di
una partita decisamente avvincente che ha consentito ai pinerolesi di agguantare in classifica
proprio i veneti al quinto posto.
La squadra femminile si conferma al comando del campionato di B1 grazie al successo per 3
a 0 sul S. Miniato; hanno vinto
anche il Castellanza e la Lauretana e proprio il derby piemontese
sarà la partita clou del prossimo
turno quando al palasport di via
dei Rochis arriverà la Lauretana
per quello che potrebbe risultare
un vero e proprio spareggio per
la promozione in serie A.
Ennesimo successo anche per
l’Antares che in serie CI ha vinto a No vate per 3 a 0 e si conferma al secondo posto nel proprio
torneo.
Con l’organizazione del 3S
Luserna è iniziato un torneo, categoria ragazze, di pallavolo
femminile under 16 in ricordo
della giovane atleta locale Stefania Ferrazza mancata tragicamente tre anni or sono; il torneo
si concluderà a giugno. Nella prima giornata il San Secondo ha
superato il Barge per 3 a 0, il
Piossasco ha battuto il Bricherasio per 3 a 0 mentre il Vigone ha
superato il La Torre per 3 a 1.
Nel campionato provinciale T
divisione femminile il Villar Perosa ha superato il 3S Nova Siria
per 3 a 0.
Fra gli allievi il Luserna ha superato per 3 a 0 il Chieri confermandosi così al quarto posto in
classifica.
Nel torneo amatoriale maschi
IL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SULLA RESISTENZA G. L. DEL PINEROLESE
chiede la collaborazione di tutti coloro che sono in possesso di documenti, testi scritti o quanto altro utile alla ricostruzione e l’esame di quella che fu la lotta partigiana dei
G. L. combattuta nella nostra zona, e sulla deportazione e
internamento.
Per l’invio degli stessi, in originale o in copia, si prega di indirizzare al Centro suddetto, fermo posta, 10066 Torre Pellice.
le «Storello» il Chisola ha superato il La Torre per 3 a 1; in classifica il 3S guida con 16 punti
davanti a Meridiano, Pinerolo a
14, Chisola e Svet a 10, La Torre
e Riccio Bricherasio a 6.
Nel torneo amatoriale femminile «Baudrino» questi i risultati:
Porte-Villafranca 1 a 3; Cercenasco-Nova Siria 1 a 3; Cercenasco-Barge B 3 a 0; Barge B-Villafranca 0 a 3; Villafranca-Barge
A 3 a 0; Villafranca-Porte 3 a 0.
In classifica il Maxisconto Cavour guida con 28 punti, davanti
a Villafranca 26, Cercenasco 22,
Nova Siria 16, Pablo Neruda B
14, Pablo Neruda A, Porte 12,
Barge A 4 e Barge B 2.
TENNIS TAVOLO — Nel
campionato di serie D3, nel turno
di sabato la Valpellice ha superato il San Mauro per 5 a 2 grazie
alla bella prestazione di Pallavicini autore di tre punti, di Gay e
Peracchione autori degli altri due
punti.
CORSA CAMPESTRE —
Ottimi risultati per il G. S. Pomaretto al trofeo «Stefano Sacco» svoltosi domenica scorsa a
Chianocco; la gara, valida come
prova unica del campionato regionale Uisp, ha visto il succes.so
dei valligiani come società e
molti risultati di rilievo. Fra le
aspiranti femminile successo di
Valentina Richard, 3“ Lara Ribet,
5“ Elisabeth Porporato e 6’ Elena
Roberto; fra i ragazzi 5° Gianni
Paschetto. Nella categoria ragazze successo di Manuela Barus e
5° posto per Ivana Roberto;
quarto posto per Katia Pons nella
categoria allieve. Fra gli allievi
3° posto per Manuel Griot, 5°
per Cristiano Micol e 8° per Simone Bertalotto. Fra gli juniores
secondo posto per Monica Ghigo
e 4° per Maura Pegoraro fra le
ragazze; 2° per Marco Gastaut e
3° per Patrick Pons fra i ragazzi.
Radio Beckwith
(fm 91.200, vai Pellice e
96.500, Pinerolese e Cunéese),
in occasione delle elezioni politiche del 27 e 28 marzo proporrà una diretta no stop dalle
22 di lunedì sera con i risultati
elettorali dai Comuni della zona e commenti in studio con i
candidati.
US8L42
CHiSONE - GERMANASCf’
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva'
Ospedale Pomaretto, tei. 81154' '
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 27 MARZO
San Germano Chisone: Fa^.
macia Tron , tei. 58766
Fenestreile: Farmacia Grippo 1
- Via Umberto I 1, tei. 83904 '
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde. Porte : tei, 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 27 MARZO
Torre Pellice: Farmacia Musten - Via Repubbiica 22, tei.
91328
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei
598790
Cinema
TORRE PELLICE - Il
cinema Trento propone, giovedì e venerdì, ore 21,15, Così lontano, così vicino, di
Wim Wenders; sabato 26, ore
20 e 22,10, domenica, ore 16,
18, 20, 22,10 e lunedì, ore
21,15, Free Willy, un amico
da salvare.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma: venerdì, La voce del silenzio;
sabato Senti chi parla adesso,
da domenica a giovedì (chiusura lunedì e mercoledì) Perdiamoci di vista; feriali ore
21, domenica 15, 17, 19,21.
PINEROLO — La multi
sala Italia ha in programma,
nella sala «2cento», Schiudeler’s list (La lista di Schindler); feriali spettacolo unico
alle 21,15, domenica ore
14,30, 17,50,21,15.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tei. 011/655278
Via Repubblica, 6 - 10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unilaria con Riforfra
non può essere venduto separa’
itarnenl«
Reg. Tribunale di Pinerolo n.
175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovi
Una copia L. 1.300
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PAG. 7 RIFORMA
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l^apolivLina concomitanza che poteva essere tollerata in maniera diversa
Studenti e insegnanti in piazza per la pace
0 à qualcuno Kiniziativa dà disturbo
PROSPEniVE
«»lARAGNA
Sabato 12 marzo mi tocca
andare airennesima maaifestazione. Tra i promotori
“è anche la «scuola di pace»
Si cui facciamo parte noi proìiedèun obbligo fare
Isenza. Veramente il maniLo diceva le cinque e mezma si sa già che questi
se li rispetti ti costnngi
aun’attesa più o meno lunga.
E infatti a piazza del Gesù,
quando arrivo, si sta cominciando a raccogliere la gente.
Sul palco stanno provando la
¡mimentazione coordinandosi
(conquello che giù si impegna
ina le infinite levette e spie lu'luinose di un enorme quadro
¡{lettronico. È in programma
un concerto musicale, di
j quella musica che piace tanto
i i giovani ma che a me lascia
I indifferente senza che mi scolla in colpa.
Nella mattinata gli studenti
di diversi istituti di Napoli
lavevano studiato la guerra in
Jugoslavia (sul manifesto
hanno scritto ex Jugoslavia,
ma anche su questo ho le mie
perplessità) ascoltando relaàoni, vedendo filmati, producendo lettere che hanno inviato alle scuole bosniache
(alcune saranno lette nel corso della manifestazione).
Non mi sono reso conto del
momento b cui hanno finito
di provare gli strumenti e gli
amplificatori ed è iniziato il
concertp'vero e proprio perché, come sempre accade in
questi casi, ero intento a
scambiare quattro chiacchiere con i ^liti compagni che
più 0 meno puntualmente si
incontraneiiti queste occasioni: amici del sindacato, dei
Cobas, della sinistra, delle
comunità di base, dei vari e
ÌiiìÌlliilÌ^SiÌ«l
àmwm
Una manifestazione per ia pace
variegati movimenti. Ma
c’erano anche insegnanti e
qualche preside che non li
trovi alle nostre manifestazioni, ed era bello vederli
senza registri e senza cattedre
tra i loro studenti che ritmavano la musica. E la musica a
poco a poco mi ha preso perché quelle ragazzine e quei
ragazzini non erano fruitori
passivi da discoteca, oggetti
di consumo: si sentivano protagonisti dopo un giorno che
li aveva impegnati a fare i
conti con la pace e con la
guerra. Non le vicende narrate dal libro di storia, ma una
tragedia che sentono vicina,
che provoca in loro frustrazione per non poter far niente
e una solidarietà che fa piazza pulita di tanti stereotipi.
Le lettere che hanno letto
al microfono facevano emergere sentimenti che non sono.
non possono essere, le emozioni fuggenti di una giornata
di scuola diversa, ma hanno
uno spessore profondo che è
parte del loro sentire e del loro vissuto. Un ragazzo ha letto una sua poesia dove la rima baciata ne accentuava
l’ingenuità tanto da presentarsi infantile; ero ormai cosi
coinvolto dalla musica da
chiedermi con rabbia perché
non aveva tentato di cantarla
con quel ritmo di cantilena
che affascina tanto nei centri
sociali e che sarebbe piaciuto
anche a me.
Nel mezzo dei ragazzi e degli insegnanti a un certo punto è arrivato un signore ad
agitarsi. Per una reazione a
catena hanno cominciato ad
andare di qua e di là gli uomini della Digos, poi il sottufficiale dei carabinieri, poi gli
insegnanti, mentre i ragazzi
erano sempre più perplessi.
Sul palco la musica sempre
più spesso si interrompeva.
Non riuscivo proprio a rendermi conto di questo sceneggiare fuori programma, che
faceva da preludio all’uscita
dalla chiesa del prete con i
paramenti sacri e tutt’un corteo di concistoro.
Questi signori protestavano
perché l’orchestra disturbava
la messa, i nostri replicavano
che il concerto e la manifestazione erano non soltanto
autorizzati ma patrocinati anche dall’assessorato all’Educazione e dal provveditorato.
E poi in chiesa la musica arrivava così attutita da dar fastidio soltanto ad orecchie allergiche a tutto ciò che non è
dio patria e famiglia. Ma il
prete e quella specie di concistoro invocavano qualcosa
come i patti lateranensi, e le
forze dell’ordine si ponevano
nel difficile compito di mediatori cercando di convincere gli organizzatori che bisognava tener conto delle esigenze del clero.
Come sempre nella sinistra
c’è chi ha capito Gramsci più
di Gramsci. Non a caso nella
stessa piazza l’8 dicembre il
sindaco di sinistra è salito
sulla scala dei pompieri per
offrire la corona di fiori alla
Madonna e tutta la collaborazione possibile al cardinale.
Così alla fine si è deciso che
la musica avrebbe taciuto fino alla conclusione della
messa e nel frattempo i ragazzi avrebbero letto in sordina t
loro messaggi di pace. II levita non poteva fermarsi a soccorrere il samaritano e il prete
non poteva interrompere la
messa e venire con i suoi fedeli in piazza a testimoniare
per la pace.
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l-echiese liguri si rivolgono ai candidati
Bisogna mantenere
lo stato sodale
La Federazione delle chiese
*)angeliche della Liguria ha
Ji'olto una proposta ai candijai per le elezioni politiche
« 27-28 marzo. In una letteasidice: «Come cittadini
®Pfotestanti intendiaWontare questo momenrinnovamento (...) insie. gli altri cittadini,
, ‘0 nostra identità che si
Hf/i! ^o.lori della Riforma
Il documento
^na il contesto maggiori^^ttolicesimo e l’atSgiamento tenuto dal papa
. recente lettera ai vescoalla politica e a
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rpellare dal Nuovo
Testamento, il cui comandamento fondamentale è l’amore, non accettiamo che la soluzione dell'attuale crisi venga trovata solo sul piano
“tecnico” o di efficienza secondo le regole del mercato,
ciò di cui pagherebbe il costo
lo stato sociale».
Per questo le chiese liguri
hanno richiesto ai candidati,
come già avevano fatto per le
amministrative, di esprimersi
su quale impegno concretamente intendano assumersi
su una serie di temi: occupazione, sanità e previdenza,
scuola, mass media, sistema
fiscale, giustizia, immigrati
extracomunitari, ecologia, attività parlamentare e rapporto
con gli elettori, libertà religiosa, diritti delle minoranze,
visione dello stato.
In seguito alla diffusione
dell’appello si sono svolti degli incontri con alcune formazioni politiche: Alleanza
democratica, cristiano sociali, Pds e con l’on. Lino De
Benetti, verde. Altri incontri
sono stati previsti per l’ultima settimana di campagna
elettorale con la Lista Pannella, il Partito popolare italiano e Rifondazione comunista. Le chiese liguri renderanno disponibili i verbali di tali
incontri.
«Kairos Europa» e i Sette Granici
Noi e il vertice
MANFREDO PAVONI
Dopo l’ultimo incontro di
«Kairòs Italia», che si è
tenuto a metà febbraio presso
il centro «Jacopo Lombardini», il gruppo Kairòs Italia si
è impegnato nella preparazione di due importanti momenti
che si terranno rispettivamente a Bruxelles e a Napoli con
il vertice dei sette grandi.
In occasione dei 50 anni
della sigla del Patto di Bretton Woods, che è stato responsabile del sistema economico e finanziario mondiale e
dell’ordine o disordine relativo, il 26 giugno a Bruxelles
«Kairòs Europa» organizzerà
una serie di azioni e manifestazioni davanti alla Borsa, a
cui seguirà una «Hearing» internazionale che si concluderà il 28. Si lavorerà per
gruppi sulle questioni economiche e sui meccanismi che
favoriscono l’impoverimento
del Sud del mondo, sui mo
PROTESTANTESIMO
RIVISTA TRIMESTRALE
PUBBLICATA DALLA FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA
VIA P. COSSA 42 - 00193 ROMA - FAX: 06/3201040
1, primo trimestre 1994 - voi. XLIX
B. Corsani, Messaggio e coscienza profetica P. Ricoeur, L'economia
del dono É. Genrc, L'unità della teologia pratica L. Marinelli, Venenum in ecclesia - Rassegne: C. Conte, Gli ebrei americani M.
Rubboii, Le chiese negli Stati Uniti - Cronache: R, Ciappa, filosofia e
teologia A, cassano. Filosofia ed esperienza religiosa - L. Pareyson
Recensioni
QUALE LAVORO?
MAURIZIO GIROLAMI
dell! economici e finanziari
alternativi. Saranno presenti e
disponibili a lavorare con noi
esperti economici e parlamentari europei.
Per quanto riguarda l’appuntamento italiano di Napoli, l’occasione ci viene dalla
riunione del «G7» dal 6 al 9
luglio. Mimmo Guaragna, insieme ad altri gruppi napoletani, sta lavorando per creare
una sensibilità diffusa sui
problemi del Sud e delle decisioni politiche ed economiche che viaggiano a livello
mondiale.
Vista la quantità di forze
che il «G7» dispiegherà durante i tre giorni del suo summit, ciò che si potrà fare sarà
di creare un interesse per un
lavoro che andrà avanti a lungo termine, e in quei giorni
lavorare affinché l’opinione
pubblica sia più critica e attenta, forse anche capace di
una «resistenza passiva» nei
confronti del vertice.
Come por mano^alla disoccupazione? È una domanda che assilla un numero
crescente di persone nel nostro paese e a cui coloro che
si sono candidati a sostituire il
ceto poUtico che ci ha malgovernato in questi anni non
hanno dato, almeno finora, risposte convincenti. Proviamo
a ricostruire noi, cittadini elettori, un sintetico quadro del
problema. Chi sono, e quanti,
i disoccupati in Italia?
Donne, giovani, meridionali: i disoccupati erano il 6%
circa delle forze di lavoro, nel
1975. Sono aumentati costantemente e oggi raggiungono il
13% della popolazione attiva;
sono soprattutto donne, giovani, meridionali; perché?
È aumentata l’offerta di lavoro: negli ultimi tre decenni
si sono presentate sul mercato
del lavoro quote crescenti di
donne, sempre più scolarizzate, sempre più consapevoli
dei loro diritti. E con loro i figli del «baby boom»: dalla
metà degli anni Settanta hanno cominciato a entrare nel
mercato del lavoro le folte
generazioni di giovani nati
negli anni in cui la natalità,
che era crollata negli anni
della guerra, ha ripreso a salire per effetto dell’accresciuto
benessere e del cosiddetto
«miracolo economico».
Si vanno sempre più diffondendo tecnologie «labour
saving» che sostituiscono lavoro umano (è eloquente
l’esempio Eiat che ha perso in
vent’anni più del 40% degli
addetti) e che modificano la
qualità della domanda: è aumentata nelle aziende la richiesta di forza lavoro ad alto
livello di qualificazione mentre è fortemente diminuita
quella di lavoratori a bassa
qualificazione. Parallelamente
vi è stato un rilevante spostamento dall’industria ai servizi, anch’essi rivoluzionati dalle nuove tecnologie.
A questo si aggiunga l’aumento della concorrenza internazionale, non solo degli
Usa e del Giappone ma anche
dei paesi emergenti del SudEst asiatico (Singapore, Sud
Corea, ecc.), che ha sottratto
quote di mercato a tutti i paesi
europei in settori diversi
(dall’auto, alla meccanica, al
tessile, all’elettronica).
Si sono accentuati gli squilibri, sia territoriali sia settoriali, e a vecchi problemi se
ne aggiungono di nuovi. Al
Sud, dove la crisi di alcuni
settori come la siderurgia e la
chimica ha colpito duramente
gli scarsi poli industriali esistenti la disoccupazione tocca
il 20%, con punte del 50%
nella popolazione della fascia
16-29 anni in città come Napoli e Palermo. Ma ora anche
al Nord si manifestino situazioni di emergenza: la minaccia del declino industriale colpisce zone di antica industrializzazione come Torino e Genova, mentre altrove (in Emilia, ad esempio) il tessuto produttivo della piccola e media
impresa sembra tenere meglio. Aumentano, inoltre, gli
squilibri settoriali: tra settori
esposti alla concorrenza estera (tessile, abbigliamento, calzature, mobili, ecc.) e settori o
aziende che godono di politiche protezionistiche (come è
stato per la Fiat e l’Olivetti,
per molte aziende a partecipazione statale e per molti settori del pubblico impiego). Altri
squilibri nascono infine tra
settori tutelati sindacalmente
e settori dove il sindacato non
c’è, come nelle piccole aziende nelle quali il rischio del
licenziamento è più elevato.
Le politiche degli anni Ottanta: gli anni Ottanta furono
«inaugurati», come si ricorda, dalla dura lotta degli operai Fiat contro i licenziamenti
che si concluse con 35.000
lavoratori in cassa integrazione. Quella vertenza fece
scuola: in tutte le regioni del
Nord in presenza, come si è
visto, di processi di ristrutturazione che producevano lo
spostamento di quote occupazionali dall’industria ai servizi e dalle basse alle alte qualifiche, la difesa dalla disoccupazione fu affidata alla
cassa integrazione e ai prepensionamenti, che «protessero» i lavoratori «anziani»
(dai 45 anni in su). Per i giovani si inaugurarono i «contratti di formazione lavoro»:
le aziende venivano incentivate ad assumere per un periodo limitato di tempo dei
giovani, la cui retribuzione
costava meno poiché veniva
parzialmente pagata dallo stato. Al Sud, accanto alla dilatazione del pubblico impiego,
spesso di tipo clientelare, si
fece ricorso alla cassa integrazione, per gli operai delle
grandi industrie in crisi, e
crebbe il lavoro irregolare
nell’agricoltura e nell’edilizia.
A metà degli anni Novanta
siamo arrivati a una spesa annua per i cosiddetti ammortizzatori sociali Cig, prepensionamenti, indennità di disoccupazione e di mobilità)
che supera i diecimila miliardi l’anno. Serve questa ingente spesa a risolvere i problemi dell’occupazione? Pare
di no, visto che disoccupazione continua ad aumentare. Si
può fare qualcos’altro?
Proposte: molte idee circolano, in Europa e in Italia, ma
non sono state al centro del
dibattito elettorale, malgrado
la drammaticità del problema;
ne citiamo qualcuna. La riduzione dell’orario di lavoro: se
il lavoro scarseggia, va ridistribuito in modo da consentire a tutti di lavorare; l’articolazione del rapporto di lavoro:
ammettere la possibilità di
scelta fra tempo pieno e tempo parziale, in periodi diversi
della vita; un sistema informativo che renda trasparente
il mercato del lavoro, facilitando sia chi assume sia chi
cerca lavoro; un accordo tra le
parti sociali che garantisca a
tutti i cittadini, in quanto tali,
un reddito di base (sostitutivo
di pensioni, sussidi, cassa integrazione ecc.) che consenta
di vivere in attesa di trovare
lavoro; garantire il diritto alla
formazione: se è vero che diventa sempre più importante
l’aggiornamento periodico dei
lavoratori, è ora di attrezzare
a questo scopo il sistema formativo pubblico a tutti i livelli, anche ad evitare che i lavoratori a bassa qualifica rimangano permanentemente incatenati all’alternativa tra la disoccupazione e i lavori nocivi. Sono realistiche queste
proposte? SI, visto che alcune
di esse sono in fase di realizzazione in altri paesi europei.
Sono commisurate alle risorse
disponibili in Italia? Sì, a tre
condizioni:
1) che si investa in esse il
denaro pubblico elargito finora in sussidi;
2) che si elimini l’evasione
fiscale, con le tecnologie già
esistenti e efficacemente usate
in altri paesi;
3) che vi sia, nel futuro governo la volontà politica di
perseguire questi scopi. Ma
questo dipende anche dal voto
degli italiani.
16
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 25 MARZ01
La persecuzione nazista degli ebrei è il soggetto del caso cinematografico dell'anno
La «Lista di Schindler» è coinvolgente
ma invita anche a riflettere sul genocidio
Roma: i
0c(
ALBfRTO CORSANI
D
i fronte a un evento così
«annunciato», così di
In alto: Stalingrado 1942 neirimmagine del fotografo di guerra G.
Selma. In basso un momento di «Schindler’s List»
Il soggetto narrativo del film
Lindustriale che
salvò 1.200 vite
La vicenda di Oskar
Schindler, un viveur a cui
piacciono le donne e i liquori,
un capitalista senza tanti
scrupoli, inizia con l’occupazione nazista di Cracovia. Gli
ebrei perdono per legge il posto di lavoro, alcuni vengono
ritenuti inutili (un professore
lamenta: «Insegno storia e
letteratura: da quando non è
necessario?»), se lavorano
non ricevono paga, non possono avviare attività imprenditoriali. Schindler ottiene da
alcuni di loro i soldi per aprire uno stabilimento di pentolame e soprattutto di gavette
da destinare alle truppe tedesche. Aderisce al partito, convince alti funzionari dell’indispensabilità della sua azienda
ai fini della guerra, e vi impiega un migliaio di ebrei.
Con il precipitare delle vicende belliche essi vengono
dapprima rinchiusi nel ghetto, poi deportati in massa in
un campo di concentramento
e lavoro (Plaszow). Qui regna l’arbitrio del comandante
Amon Goeth, realmente esistito, come lo stesso Schindler. Quest’ultimo ottiene di
continuare a far lavorare i
«suoi» ebrei nella fabbrica
poco distante, e quando si
diffonde la voce che i vecchi
e i malati e le donne vengono trasferiti a Auschwitz (e
qualcuno dice di aver sentito
che vengono gasati), quando
il campo di Plaszow viene
abbandonato, ottiene di trasferirli al confine con la Cecoslovacchia, dove è nato.
Tutto ha un prezzo e questo
trasferimento di quasi 1.200
persone (potevano essere di
più ma un errore ne manda
una parte proprio alla camera
a gas) costa a Schindler tutti
i suoi averi, i gioielli usati
per corrompere dei funzionari non proprio irreprensibili.
Il lavoro riprende nel nuovo
stabilimento: ora l’azienda
deve produrre generi più utili
alla guerra, proiettili e granate (che però non funzionano
bene).
Quando Radio Londra an
nuncia la fine della guerra,
Schindler convoca le maestranze, guidate dal fido capo
del personale Stem, e annuncia loro che le lascia: come
iscritto al partito nazista sarà
ricercato, non sa quale sia il
suo futuro. Questo sarà un futuro di riconoscimenti: sarà
proclamato «giusto» e invitato a piantare un albero in
Israele. È sepolto a Gerusalemme, dove sfilano (ora a
colori) i suoi ebrei ancora vivi, ormai anziani: i nomi sono
quelli che abbiamo conosciuto nel film interpretati da attori e comparse; ora sono loro
in carne e ossa.
rompente, così ultimativo nel
costringerti a schierarti nei
suoi confronti non è possibile fare alcun giro di parole.
Se Schindler’s List («La lista
di Schindler») ha vinto 7
Oscar, se ha diviso la critica
(favorevole negli Usa, tiepida in Europa) e ancor più le
comunità ebraiche (perplesse
in Israele, più possibiliste ma
poco convinte in Europa, abbastanza favorevoli in Italia),
occorre trovare dei punti di
vista e degli approcci che
permettano di uscire dalla
questione di fondo: è possibile rappresentare l’irrappresentabile, dare un volto
all’atrocità dello sterminio
nazista degli ebrei, dare a
questo evento un’immagine
che abbia i requisiti dell’autenticità?
La questione, si badi, è imprescindibile, e ragionando
rigorosamente credo che quasi tutti siano portati a ritenere
che no, non si può rappresentare lo Shoah. Ci si può rifare
ai documenti filmati, questo
sì, essi sono la miglior testimonianza. Ma questa è una
risposta forse troppo sbrigativa, benché assolutamente
comprensibile da parte di chi
quegli eventi li abbia tragicamente vissuti, personalmente
(scampandovi) o negli affetti.
La risposta mi pare sbrigativa perché affronta uno solo
dei termini del problema: affronta il rapporto dell’immagine con quello che fu, con i
sopravvissuti, con l’esperienza di allora (e per loro è deludente), ma tralascia le generazioni più giovani, con cui
evidentemente bisogna fare i
conti; forse le sopravvaluta,
dimenticando che per i più
giovani si tratta non di mantenere una memoria, ma di
crearla di fatto dal nulla, poiché i programmi scolastici
arrivano sì e no agli albori
della guerra del ’14-18.
Allora, se è facile vedere
nello stile del film (girato in
un bianco e nero dai toni
«flou», ben lontano dalla secchezza e dall’incisione degli
obiettivi delle ultime generazioni) un rimando alle immagini del cinema hollywoodiano classico, dalle commedie
degli anni ’30 (magari girate
da grandi registi europei rifugiati negli Usa), ai film che
affrontavano in qualche misura anche la guerra nel decennio successivo, ed è lecito
reagire dicendo che «ben altro» erano i lager veri, gli ufficiali veri, i «kapò» veri, non
si deve dimenticare che gli
adolescenti di oggi sono totalmente privi di questo retroterra culturale, e nello specifico di questa «competenza»
cinematografica. Per loro, ma
anche per molti dei loro genitori, Hollywood è la nuova
Hollywood, quella dei Coppola, Sconsese, Altman, quella dei De Niro e degli effetti
speciali. Essi sono nati e cresciuti fra gli anni ’50-60 (di
crisi per gli studios californiani) e i ’70-80 in cui la formazione aH’immagine ha cominciato a essere televisiva.
Da qui i distinguo rispetto
all’immagine di Schindler’s
List, che, è vero, a volte è un
po’ troppo ricercata, con illuminazioni adeguate, con toni
ben calibrati, con figurazioni
che sembrano coreografie
(vedi foto, ma vedi anche
quella del fotografo sovietico, che dimostra come anche
nelle situazioni di pericolo e
di guerra «vera» ci sia spazio
per la ricerca dell’immagine
più efficace: possiamo definire formalista una bella composizione colta dal vero?). O
ancora, ogni tanto i toni sfiorano un po’ il melodramma
(mai esagerato però, sempre
coinvolgente, come nel rapporto di disprezzo e attrazione del comandante del campo
nei confronti della ragazza
delle pulizie, come nella figura del fido Stern, già caricato sul vagone per Auschwitz e salvato all’ultimo dal
padrone, o come quando quest’ultimo fa annaffiare i vagoni bestiame carichi di ebrei
da deportare perché almeno
si rinfreschino; ma in quel
caso un SS gli rimprovera di
essere crudele, perché li illude con un briciolo di speranza di miglioramento). Allora
si può dire che Spielberg non
rinuncia neanche in questo
film a una delle sue caratteristiche, che è quella di fare un
cinema che parla di cinema.
Come se dicesse: attenzione:
mentre guardavamo i film girati a questa maniera, in Europa succedeva tutto questo.
E non sorprende che egli arrivi a questa conclusione per
via «cinematografica», costruita sulla sua esperienza di
cinefilo: infatti è il primo ad
aver girato un film sullo sterminio degli ebrei essendo nato dopo quell’evento.
Ma ancora non sarebbe tutto: coesiste un’altra vena, un
altro registro stilistico, presente soprattutto nella prima
parte, nella vita della città e
del ghetto, e nelle sequenze
deH’allestimento dell’azienda. E una vena di avanguardia, che interpreta la vita, la
produzione di merce, la macchina capitalista come la vedevano gli artisti (pittori, fotografi, architetti, cineasti)
fra gli anni ’20 e ’30, e come
già avevano anticipato numerosi futuristi.
Una macchina piena di vita, sudore, grasso, ingranaggi, presse, fornaci, gente che
si sposta in massa (che
contraltare nell’accumulo*;
materiali, valigie, vestiti, *
getti vari, scaraventati
zisti giù dalle finestn
ghetto ormai
Fuori dall’avanguardia è
PO 11 mondo che Mche0,2terape
plin rappresentò
moderni (1936). Qu, ilrifj Jepsic
mento (un PO arnschiato| eh
potrebbe spingersi lonta^ “¿j
fino al libro d. Zygmunt Bi Ceipa*
Modernità ^ ““
man,
che vede lo sterminio
, al punì
non come aporia,
"äZBtiieratoilpi
ntoraoal„^noedito
barbarie ma corne direidi
prodotto della mentalità
derna», fatta di razionay« ;
zione e burocratizzazione^” '
Insomma, un discorsoj
Schindler’s List non puòpj |
scindere dai problemi di là j
guaggio. È quanto dice
funzionario nazista, che p
di «trattamento speciale» ]|^¡
gli ebrei destinati ad Ai:
schwitz, poi dice «prefetei i
ziale». Ma il problema,c
risalta in una battuta, è q* ^
sto: dovremo inventarci»
nuovo linguaggio per race» j___
tare tutto ciò? Esiste quel jj^ tiefi
linguaggio? Forse non pot „j degne d(
mai esistere, forse questo m Ton
uno dei crucci di Primo Lei ,i[ Galilei
o di Jean Améry, che pi rimanHiam
hanno saputo parlare tantti jj peti
tante volte a tanta gente, W Reinhold '
dremo se Schindler’s Lisia pj^-a di
prà parlare ai più giovani ci manti?» ed
me auspica il suo autore, nj, Per el
brevemente
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dotto allo !
1977 è libe:
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Venerdì
LANgtAl
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Schindler e il fido Stern redigono la «lista
i»
Dal documentario al film d'azione e alla parodia: come il cinema ha affrontato la persecuzione antiebraica
L^antenato più illustre è forse... Charlie Chaplin
Spielberg ha tentato una
carta molto difficile con
Schindler’s List: ha affrontato la persecuzione degli ebrei
ad opera dei nazisti privilegiando una visione coinvolgente dal punto di vista emotivo, calcando la mano sulla
storia personale del protagonista senza rinunciare a rendere drammaticamente la storia generale. Un tono non
asciutto, non freddo, commovente anzi, nel finale. Una
scelta probabilmente obbligata perché la finzione (qualunque finzione) non può competere con l’immagine dal
vero, e anche quella non può
dire tutto l’orrore vissuto da
milioni di persone.
Tutto rigore era invece
l’opera probabilmente insuperabile, realizzata sotto forma di inchiesta da Claude
Lanzmann, dal titolo Shoah,
trasmessa anche dalla Rai nel
1986. Lanzmann, direttore
della rivista Les temps modernes fondata da Sartre, ha
interrogato sopravvissuti e
carnefici, magari inconsapevoli, come il ferroviere che
«Il grande dittatore» di Charlie Chaplin (1940)
conduceva i treni fin dentro
Treblinka, o te.stimoni muti,
che continuarono a coltivare
il loro terreno a fianco al lager. È una rivisitazione dei
luoghi, di ciò che rimane,
un'indagine impietosa sugli
sguardi di chi vide.
Un antecedente, con più cura formale perché inserito
aH’interno dell’opera di un regista attento ai problemi della
memoria e dell’oblio, è il mediometraggio di Alain Resnais Notte e nebbia (1955):
tutto costruito su interminabili carrellate a scoprire i luoghi
che furono baracche, camere
a gas, forni crematori. Un testo poetico di un importante
scrittore, Jean Cayrol, commenta le immagini desolate,
che utilizzano anche filmati
originali sul rinvenimento dei
corpi alla fine della guerra.
Non si possono dimenticare peraltro le immagini, più
volte trasmesse da Raidue in
Mixer, girate dagli inglesi,
all’arrivo nei campi (fra i ci
neasti c’era anche Alfred
Hitchcock): immagini agghiaccianti, che però hanno
la particolarità di essere state
destinate a una visione sempre comprensiva di un commento preventivo o di un dibattito a posteriori.
Nel genere narrativo più
tradizionale il film migliore
resta probabilmente Kapò, di
Gillo Pontecorvo, che ricostruisce i processi di creazione dell’aguzzino. Un bianco
e nero che non concede nulla
allo spettacolo, pur muovendosi entro un ambito di finzione.
Altri film parlano della persecuzione antiebraica e dei
modi in cui gli ebrei seppero
organizzare una certa resistenza. È il caso, una decina
di anni fa, di Essere o non essere, del comico ebreo americano Mei Brooks (che però ha
«rifatto» il precedente Vogliamo vivere di Ernst Lubitsch):
una scalcinata compagnia teatrale nell’Europa orientale invasa dai nazisti riesce a resistere e a farsi beffe delle SS
proprio con un artificio teatra
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17
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Mili
Roma: incontro con il teologo e psicoterapeuta tedesco Eugen Drewermann
Occorre superare le prescrizioni morali
per ridare pienezza alla personalità umana
|che tn». r
‘^^flabato 5 marzo, presso
1 Sl’aola magna della facolta
rellatér^cologia di Roma, Eugen
rdiaè^^^ermann, noto teologo e
'Che Cl^ ^terapeuta tedesco, ha te" incontro sul tema;
‘ '‘rifui «ca e psicanalisi. Chi è que
sfhiatoi -uoffio che ha al suo attivo
lontaiJ-ùji un milione di libri vennei paesi di lingua tedeSpunto da essere consi‘0 "Wj^ato il più rilevante fenotoraoal |jjuo editoriale di Germania
ditelli jjjiche di Francia? Di lui,
“‘ri«™'i|)revemente, diciamo che ha
53 anni, è cattolico, ordinato
sacerdote nel 1966 (poi «ridotto allo stato laicale») dal
1977 è libero docente (ma at¿mente sospeso) di teolo^ dogmatica alla Facoltà di
fcborn (Germania); con'|i iroporaneamente esercita
'■ Fattività di psicoterapeuta.
onalizìi
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corsoi
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ni di li
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arefetet Ha pubblicato più di 40 libri
'tna, eli di cui solo una minima parte
à qii uadotti in italiano,
itarcia perehi fosse interessato a
r ratte» squadrare un fenomeno che
c Haesl'ijjiato definito di «dimensioon pod 5i Hegne del caso Lutero», il
uestoffl nuovo Tommaso d’Aquino o
'™Lìi «il,Galilei della Westfalia»
'he pi ànandiamo all’introduzione
e tanler j1 suo pensiero nel libro di
ente,)» HoiuHold Gestrich «Chi ha
s List^ paura di Eugen Drewerivaniffi mann?» edito dalla Claudi ace. na. Per ehi invece volesse
Ven^^S marzo — MILAN^'Alle ore 15,30, nella
salH,^dj via^orza 12/a, a conduqione ^el corso di aggioriapjeBtoj^r insegnanti sul
•ga «La^dforma protestante
iippa. Divisioni religioJteteguenze politico-sodeU’Europa moderna»,
®“iato dal Centro cultu^,>testante e daH’lrrsac
>Mdia, il prof. Emidio
iTOpiparla sul tema: «L’ortodossia protestante nel Sei^ cento».
„?**™®nica 27 marzo —‘
, “ENOVA: Alle ore 16,15,
bfaiCJ Chiesa battista (v.
om^za 14) la Commissioincontro tra battisti, me®hsh e valdesi di Liguria e
od Piemonte organizza un
contro, introdotto dal past.
Casanova sul tema:
® liturgia: dalla teoria
niosessj» % prassi».
fía# "*»*■*« — TO
S 15,30, p„„o
- Il L o ° “‘«‘'elio di Po (via
M fili Marcello
'‘el‘ II^f®‘«(Centrodi documen^ !■ % contempora
«La'^ ^tlàno) parla sul tema:
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plfP.Ll: Alle ore 17,30
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’I..- ■ Rossi, rettore
O-i’ istituto Ui ■
M.
verificare come procede
nell’analisi dei testi biblici
consigliamo l’interpretazione
alla luce della psicologia del
profondo della leggenda di
Tobia dal titolo «Il cammino
pericoloso della redenzione»,
edito dalla Queriniana.
Quest’uomo, il cui pensiero ha certamente una valenza
ecumenica grande, afferma
che «la Chiesa cattolica sarebbe una meravigliosa istituzione, se soltanto fosse luterana». Durante la discussione
alla Sapienza di Roma ha avviato il tema partendo dal
concetto della perdita di libertà dell’uomo causata dalla
paura, appunto, della propria
libertà. E infatti drammatico
ricondurre, come fa la gerarchia ecclesiastica (vedi Catechismo universale e Veritatis
Splendor) la teologia e l’approccio aH’uomo sul piano di
rigida normativa prescrittiva,
basata suU’esteriorità e prescindendo daH’inconscio che
costituisce i 6/7 della persona. La rimozione dell’inconscio collettivo da parte cattolica, secondo Drewermann,
sottovaluterebbe l’unità tra
uomo e natura costruendo un
falso antropocentrismo; ridurrebbe l’uomo alla sola ragione e volontà portandolo a
svilupparsi in termini di dominio: tecnico verso l’esterno, morale verso rinterno;
cancellerebbe il linguaggio
comune tra tutte le culture
(ad esempio delle immagini).
Inoltre la rimozione dell’inconscio attuerebbe una separazione tra essere e fare,
mentre la domanda vera che
ogni uomo dovrebbe porsi
non è «che cosa devo fare?»
ma «chi sono io?» e «chi
posso essere?».
In questo si inserisce la tematica paolina tra legge e
grazia; dice Drewermann:
«le prescrizioni morali hanno
per effetto il contrario del loro contenuto, se devono essere impiegate al fine di riconquistare un riconoscimento e
un rifugio perduto o mai conosciuto». Accettazione e
apertura; questo significa
«grazia» oggi. Accettazione
e apertura sono infatti alla
base del «contratto» psicanalitico tra terapeuta e paziente.
Da un lato il terapeuta deve
perdere i propri pregiudizi
accettando il paziente così
com’è, dall’altro non si può
prestabilire il risultato del
trattamento psicanalitico. Per
concludere l’uomo, invece di
«gonfiarsi» nel processo nevrotico, potrebbe sul versante
della psicanalisi cercare la
realtà dell’autodeterminazione e renderla possibile attraverso l’affidarsi. L’affidarsi
della terapia psicoanalitica
contiene infatti un apriori che
implica al fondo una dimensione nettamente religiosa.
Così finalmente cura delle
anime (pastorale) e cura della
psiche potrebbero vicendevolmente potenziarsi e rendere possibile all’uomo di divenire, secondo un’immagine
parabolica di Drewermann,
dalla pedina che è, dama.
La Spezia: conferenza di E. Genre, docente di teologia pratica
La sfida di Drewermann
ELISABETTA SENESI
rio«^“! U- 'Fotf. A. I
“ cc# rieli’Ti_. ®’ M. Capasse,
^ ntiÌ Nft*’.^Sittologo; G. Ri"ae2Ì«^ aichp Associazio
Ass presidente
Seguirà
In.
La seconda conferenza
organizzata dal collettivo culturale valdese metodista di La Spezia si è svolta il
25 febbraio e ha avuto per tema «Psicanalisi delle chiese,
la sfida di Eugen Drewermann», relatore il professore
di teologia pratica della Facoltà valdese di Roma, Ermanno Genre. Con grande
chiarezza e acutezza il prof.
Genre è riuscito a cogliere i
tratti fondamentali del pensiero di questo teologo tedesco, così poco pubblicizzato
in Italia.
Il relatore ha in primo luogo messo in luce la novità del
pensiero di Drewermann, che
è soprattutto da ricercare in
un nuovo modo di vivere la
fede, a partire dall'esperienza
personale del singolo, utilizzando le categorie della psicologia del profondo: rifacendosi al pensiero di Kierkegaard e di Jung, Drewermann
considera la vita umana presa nelPangoscia e nella paura, per superare la quale
l’unico mezzo è quello che
passa attraverso Cristo Gesù,
che non è inteso come il Cristo quasi imbavagliato del
cattolicesimo, ma come una
forza liberante, così come
emerge dai Vangeli letti però
con gli strumenti forniti, appunto, dalle categorie junghiane. Per il teologo tedesco
infatti Pallegoria, il sogno, il
simbolo sono elementi fondamentali dai quali è neces
sario muovere per analizzare
in modo costruttivo e liberatorio il testo biblico.
A questo punto, secondo
Genre, si aprono dei problemi e delle riflessioni non solo
nei confronti dell’ortodossia
cattolica, ma anche riguardo
al modo protestante di vivere
il fatto religioso che spesso è
tanto permeato di razionalità
da non lasciare spazio alcuno
al carattere simbolico-sacrale
del rito e a tutto ciò che ha a
che fare con la gestualità,
con il corpo. Già Jung negli
anni Venti e Trenta aveva
parlato di una maggiore sofferenza psichica nei soggetti
protestanti rispetto ai credenti cattolici; forse è perché,
prosegue Genre, al protestante manca la dimensione della
ritualità collettiva e del simbolo, atmosfere in cui invece
viene accolto il soggetto cattolico, per cui è fatale che
più facilmente si avverta tra i
riformati il senso della solitudine al cospetto di Dio.
Drewermann, proseguendo questo tipo di riflessione,
ritiene che per liberare il credente da questa morsa nella
quale è costretto, è necessario che ci si accosti alle
Scritture in modo rinnovato,
interrogandole e interrogandosi a partire dal proprio vissuto. Secondo il prof. Genre,
se da una parte l’utilizzo delle categorie del profondo
nell’interpretazione dei testi
biblici può non sempre rivelarsi corretta e in alcuni casi
riduttiva, è però altrettanto
vero che il punto di vista della psicanalisi può essere uno
strumento interpretativo valido per alcuni passi biblici
che in altro modo risulterebbero oscuri. Un esempio può
essere il passo di Genesi 32
in cui si parla dell’attraversamento del guado di Jabboch
da parte di Giacobbe, dello
sconosciuto che di notte lo
assale, della lotta che lascia
un segno sul corpo di Giacobbe e della vittoria finale
con r imposizione nel nuovo
nome: Israele.
Fino al momento prima
dell’incontro con lo sconosciuto Giacobbe è evanescente, non si sa confrontare
con la realtà, è l’uomo che
vive nelle tende, che non si
espone, ma dopo questo incontro si rinnova, riceve un
nome nuovo, è capace di
prendere su di sé le sfide che
lo attendono. Giacobbe non
può più scappare, si deve
confrontare con il mondo. In
questo caso la psicologia del
profondo, il far parlare l’inconscio, ci possono essere
d’aiuto nello svelamento del
senso di un testo; questo ci
spinge a porre noi stessi e la
nostra interiorità in sintonia
con il racconto biblico, mettendoci in gioco in prima
persona. Un simile metodo
ermeneutico non poteva essere accettato dall’ortodossia
cattolica, che infatti ha sospeso «a divinis» Drewermann, ma forse ha qualcosa
da dire anche al mondo protestante riformato.
SFA--'" >-■'
Lit Lz LUNIOME SARDA
Riviste
Il «Gulag» dell'informazione
L’ultimo numero del 1993 di Bozze*, la rivista diretta da
Raniero La Valle, ha il suo piatto forte in un saggio di Giancarlo Zizola dedicato ai problemi dell’informazione nel mondo, un vero e proprio «Gulag dell’informazione». Prendendo
le mosse da alcuni dati forniti dalTUnesco relativamente alle
«strutture di produzione e di controllo dell’informazione e
della comunicazione» a livello planetario, Zizola evidenzia
come questo rapporto, in analogia con l’andamento generale
degli scambi commerciali Nord-Sud, sia del tutto sbilanciato.
Le cinque principali agenzie di informazione, appartenenti al
mondo sviluppato, detengono l’80% delle notizie del mondo.
Le osservazioni non si fermano qui, ma affrontano la scarsa
credibilità che i media hanno assunto dopo le «montature»
delle immagini e delle notizie addomesticate di Timisoara e
della guerra del Golfo. La spettacolarizzazione dell’informazione (si pensi solo ai talk-show), poi, rischia di produrre una
situazione in cui «la potenza degli uni esige la stupidità degli
altri». Questo tipo di informazione sarebbe dunque funzionale
a un certo tipo di potere. Altri interventi riguardano i rapporti
tra Santa Sede e capitalismo (Piero Pratesi) l’enciclica Veritatis Splendor (Giuseppe Barbaglio) e la pratica della nonviolenza (Giuliano Pontara).
(*) Bozze 93. n. 4, dicembre 1993. Bari, ediz. Dedalo.
Televisione
Il minibus del dialogo
Un minibus «misto» fornito dai quaccheri attraversa il territorio d’accesso a un carcere nell’Irlanda del Nord. Anche il
carcere è «misto»: vi si trovano detenuti gli appartenenti alle
formazioni paramilitari (cattolici legati all’Ira e protestanti
che si richiamano all’Inghilterra) che da 25 anni si combattono in Ulster: 25 anni che hanno prodotto più di 3.000 morti.
Ora che le chiese hanno avviato contatti e azioni comuni nel
tentativo di una pacificazione del conflitto anche i parenti dei
detenuti, proprio sul bus che li conduce in visita, vengono incoraggiati al contatto reciproco, al di là dell’appartenenza religiosa e politica.
«Protestantesimo» del 13 marzo aveva per titolo Venti di
guerra, speranze di pace. L’intesa preliminare raggiunta dal
governo inglese e dalla Repubblica d’Irlanda per ricercare una
soluzione pacifica a questa guerra ha rinvigorito l’azione di
quegli uomini di fede che, da una parte e dall’altra, da tempo
cercano di proporre la riconciliazione in Cristo. Al di là delle
giuste parole del moderatore della Chiesa presbiteriana e
dell'arcivescovo primate d’Irlanda, colpisce la concretezza
della testimonianza di un gruppo di visitatori, che si recano
(in un quartiere misto di Belfast) sempre in coppia (un cattolico, un protestante) a trovare le famiglie di una vittima della
violenza. E colpisce il racconto di un ex combattente, che
spiega il disagio sociale (disoccupazione, mancanza di identità) che spinge molti giovani ad arruolarsi. Poi, venuti a conoscenza di segreti pericolosi, si trovano costretti a rimanere
in clandestinità e nella pratica della violenza.
L’altro servizio proseguiva la presentazione dei «Protagonisti della Riforma» attraverso la presentazione di alcuni libri:
in questo caso protagoniste sono state le Donne della Riforma
(studiate da R. Bainton in un libro Claudiana), fatte parlare attraverso un interessante artificio elettronico. Dal ritratto di
queste straordinarie figure del ’500 si stagliava un’animazione
speculare del volto: come dire che il personaggio parlava a un
proprio doppio, svolgeva in pubblico un racconto di sé, dava
corpo a un’immagine, maniera immediata ed essenziale di
presentare personalità complesse e affascinanti.
18
PAG. 10 RIFORMA
fi
Intorno al caso Voss: occorre distinguere tra alcune diverse correnti di pensiero
Il sangue nella teologia femminista
ELIZABETH GREEN
Che la teologia femminista faccia parlare di sé
solo quando si sia estromessa
0 sia stata estromessa dai
confini istituzionali del cristianesimo è soggetto a due
opposte interpretazioni. Da
una parte potrebbe significare che effettivamente le chiese non sono disposte a ascoltare le istanze della teologia
femminista, la quale diventa
notizia nella misura in cui le
chiese si distanziano da essa.
Dall’altra però potrebbe anche indicare che, grazie al lavoro paziente sia di donne
che di uomini, alcuni elementi della teologia femminista
(penso per esempio a un Dio
che si fa nominare anche al
femminile o a un Gesù critico
del patriarcato) sono già stati
accolti dalle chiese. In questo
caso la teologia femminista
semplicemente non fa notizia.
Che dire ora riguardo al tema complesso della morte,
sacrificio e sangue di Cristo
messo sul tappeto proprio in
tempo di Pasqua dal servizio
di Riforma sul caso Voss?
Mentre è vero che il Nuovo
Testamento e le tradizioni
teologiche conoscono una
pluralità di modi di parlare
della morte di Cristo e l’evento della morte di Cristo resiste a una «spiegazione esaustiva», è anche vero che 1’
idea del sacrificio e dello
spargimento di sangue occupa un posto importante nelle
Scritture e nella vita delle
chiese. Non sorprende quindi
se di fronte ad alcuni tentativi
da parte della teologia femminista di abbinare in qualche modo il sangue femminile al sangue di Cristo si prova
un certo sgomento e Mirella
Camagna {Riforma n. 9), e
forse anche qualcun’altro, si
chiede: «Stiamo parlando
dello stesso Dio?».
Non conosco di prima mano il pensiero della Voss e
ancora una volta mi preme
sottolineare la pluralità di posizioni sia teologiche che
femministe che la teologia
femminista abbraccia. Mi
sembra utile però, in questo
argomento n[on solo complesso ma emotivamente carico,
cercare di individuare i diversi filoni di pensiero che spesso confluiscono, sia quando
le teologhe femministe esprimono il loro dissenso dall’interpretazione della morte di
Cristo in termini di sacrificio
vicario, che quando elaborano una lettura teologica del
sangue femminile
Un primo filone, già evidente nei commenti di Letizia Tomassone, riguarda i
tabù che riscontriamo nell’
Antico Testamento circa il
sangue fennminile. Ci si è
chiesti se tali tabù non derivino dal timore provato dall’
uomo antico nei confronti del
potere generativo della donna; tale capacità di dare la vita andava arginata, e in un
procedimento di «inversione»
(Mary Daly), veniva considerata negativa. Lo stato di impurità e di peccato in cui venivano a trovarse le donne comportava la loro effettiva emar
PROTESTANTESIMO
IN^
Domenica 27 marzo
ore 23,30 circa - Raidue
Replica: lunedì 4 aprile
ore 8 circa - Raidue
in questo numero:
• Le donne pastore nella chiesa anglicana
' «Chi dite voi chi io sia?»: una riflessione biblica sul significato
della Pasqua
ginazione sociale. Si potrebbe
vedere nel Gesù che guarisce
la donna del flusso di sangue
(e, secondo Fiorenza, anche
nella guarigione della figlia di
lairo), il superamento di tali
tabù sia sul piano religioso
che su quello sociale. Ciononostante Ranke Heinemann'
ha documentato come alcune
chiese hanno usato questi tabù
per tenere le donne lontane
dall’altare e si ipotizza che
questi antichi tabù giochino
un ruolo anche nel rifiuto di
alcune chiese di ordinare le
dorme al sacerdozio.
Un secondo filone si ispira
a un saggio molto articolato
di Nancy Jay, secondo la quale il sacrificio è il fondamento
di un’organizzazione sociale
patrilineare^ Secondo questa
tesi l’atto di togliere la vita in
un sacrificio offerto dal padre
controbilancia Tatto di dare
la vita compiuto dalla madre
e serve a introdurre il bambino nell’ordine socio-simbolico del padre: tale tesi viene
documentata dalla prassi sacrificale di diverse società. È
interessante mettere in evidenza però che mentre la Jay
la utilizza per leggere l’uso
del sacrificio da parte dell’antico Israele e (in senso metaforico) della chiesa, non interpreta la morte di Cristo in
questo senso in quanto, se
condo la Lettera agli Ebrei, il
suo sacrificio pone fine una
volta e per sempre a ogni sistema sacrificale.
Un terzo filone respinge il
modello di Cristo come vittima espiatrice nella misura in
cui ha funzionato in molti casi non per salvare le donne
ma per mantenerle vittime. Il
Cristo che si sacrifica diventa
il modello di comportamento
offerto a chi, uomini e donne,
già occupa posizioni di subordinazione nell’ordine sociale. Si riscontra qualcosa di
questa tendenza già nei codici
domestici del Nuovo Testamento (v. I Pietro 2, 18 ss).
Allo stesso tempo però la teologia femminista riconosce
che per molte donne la sofferenza del Cristo crocifisso
riesce a dare senso alle loro
sofferenze e al sangue da loro
versato.
Infine entra in gioco anche
una serie di critiche che hanno a che fare con la centralità
della morte nel cristianesimo.
Secondo alcune sembra che il
cristianesimo abbia avallato
(quando non ha attivamente
promosso) la morte violenta
più che la resistenza nonviolenta fino alla morte. Secondo
altre una certa teologia della
consegna del Figlio alla croce
da parte di Dio Padre (si pensi alla critica di Sòlle al Dio
crocifisso di Moltmann) ha
promosso, nelle parole della
stessa teologa, un «masochismo cristiano»^.
Questo piccolo tentativo di
fare ordine in un tema così
centrale alla teologia e alla
spiritualità cristiane vuole
aiutarci ad affrontare con conoscenza di causa e con serenità le ricerche in materia delle teologhe femministe. Mi
sembra che il secondo filone
di pensiero (di cui esistono
variazioni diverse) spieghi il
passaggio dal sangue di Cristo al sangue femminile e viceversa. La questione del sangue diventa importante soprattutto per chi appartiene a
tradizioni teologiche ed ecclesiastiche che negano alle
donne la celebrazione del sacrificio eucaristico (la capacità di trasformare il vino in
sangue di Cristo) a causa del
loro sangue femminile.
In ogni caso mi sembra importante metodologicamente
distinguere tra una riflessione teologica sul significato
del sangue femminile da una
parte e una riflessione da un
punto (o da diversi punti) di
vista femminista sulla morte,
sul sacrificio e sul sangue di
Cristo dall’altra. A me è più
confacente la seconda linea
di ricerca tra i cui fini può
trovare spazio la predicazione di Cristo crocifisso in modo che diventi, per donne e
uomini oggi, potenza di Dio
e sapienza di Dio.
(1) N. Jay: Sacrifice as Remedy for Having Been Bom of
Womam, C. Atkinson et al; (a c.
di): Immaculate & Powerful. thè
Female in Sacred Image & Social Reality. Boston 1985, pp
283-309.
(2) U. Ranke-Heinemann: Eunuchi per il regno di Dio. La
Chiesa cattolica e la sessualità.
Milano, 1990, cap. 2.
(3) D. Scile: Sofferenza. Brescia, cap. I ; J. Moltmann: La via
di Gesù Cristo. Cristologia in dimensioni messianiche. Brescia,
1991, p. 204.
Trieste: un dibattito organizzato dal centro «A. Schweitzer
■ ■■ *■■■ HA
Le donne nella storia delle chiese
ANTONELLA CAROLI
Giuliana Gandolfo e Marie-France Maurin Coì'sson hanno raccontato a Trieste, il 2 marzo, in un incontro
promosso dal Centro culturale elvetico-valdese «A.
Schweitzer», la loro esperienza nell’impegno di fede e di
liberazione «come donne»
nella chiesa.
Giuliana Gandolfo, nata a
Trieste in famiglia numerosa,
ha ricordato momenti importanti di quel quadro familiare
in cui ognuno esprimeva se
stesso e progettava il proprio
futuro senza dar tanto peso
alla differenza di genere né
ai ruoli sociali. Quando manifestò per la prima volta
l’intenzione di diventare pastore Tallora pastore luterano
Kleinot le rispose seccamente di no. Fu invece incoraggiata, ad Agape, dal past. Girardet.
Nel 1950 le donne furono
ammesse alla Facoltà di teologia: in ottobre erano tre. Nel
1954 arrivava la licenza teologica e molti si chiesero: «Che
ne facciamo ora di questa
donna laureata in teologia?»
Le donne all’epoca facevano
generalmente assistenza nelle
chiese ed era inconcepibile
l’accesso al ruolo ministeriale. Si presentò un’occasione
quando il pastore Gay le chie
,se di sostituirla a Firenze, ma
il Consiglio di chiesa non le
permise di predicare. Tornato,
Carlo Gay disse: «Se le donne
non parleranno, le pietre urleranno». Continuavano le preclusioni ma era giusto continuare a chiedere di far sentire
la propria voce; la vera questione è che non si concedeva
alla donna l’autorità, essa poteva aiutare ma non dirigere
una comunità. Il Sinodo del
1962 ammise poi l’ingresso
delle donne al pastorato, dal
1965 due di loro poterono
esercitare. A Giuliana toccò
nel 1977.
Marie-France Maurin ha
toccato le tappe più importanti della storia delle donne
nella chiesa: fino al 1300 esse potevano portare testimonianza per le strade e dare la
Santa Cena. Nel 1300 tutto si
bloccò. Nel 1312 a Pinerolo
fu condannata una donna per
«valdesia». La Riforma nega
va Tacces.so al pastorato e al
diaconato, lasciando alle
donne solo l’educazione alla
fede e la libertà di coscienza.
Alla fine delle persecuzioni
(sec. XIX) nelle valli valdesi
saranno le donne a organizzare orfanotrofi, ospedali,
aiuti alle missioni in Africa,
assistenza. Altre tappe saranno il voto nelle assemblee di
chiesa (1903) e il diritto all’
eleggibilità (1930).
L’ultima struttura nata è il
ruolo diaconale. Le donne
protestanti ha detto Maurin,
hanno dovuto passare «dall’idea di sacrificio a quella
della proposta della complementarità con gli uomini, che
implicava comunque subordinazione; dalla denuncia
delle ingiustizie alla richiesta
di parità e per arrivare infine
alla teorizzazione della differenza sessuale». Ora la parità
non è più vista come «liberalizzazione degli accessi alle
carriere lavorative - ha sottolineato Marie-France Maurin
- ma come possibilità per le
donne di riconoscersi come
persone libere dai ruoli prestabiliti, capaci di contribuire
con la loro diversità e autonomia alla vita collettiva».
La cultura della differenza ha
posto l’importante questione
del riconoscimento della reciproca parzialità rispetto al
«proporsi come universale»
come avevano fatto gli uomini nel passato.
L’incontro di Trieste ha
dato la possibilità, con queste
due significative testimonianze, di affrontare la tematica delle donne nella chiesa
di oggi in un momento in cui
vengono promosse «donne
prete» anche nella Chiesa anglicana, rompendo il tabù
dell’esercizio maschile dei
ministeri religiosi.
DI FRONTE ALLA STORIA
UNILATERALI
MARCELLA GAY
Per una strana coincidenza
ho ascoltato in meno di
24 ore due sintesi di 2.000
anni di storia del cristianesimo che, nonostante le numerose differenze, hanno suscitato in me reazioni analoghe:
da un lato vivo interesse,
dall’altro molte domande e
un disagio di fondo.
Diversissimo l’uditorio: una
cinquantina di persone, a dir
molto, alla lezione del prof.
Enrico Tubini sulla «genealogia dell’antisemitismo», organizzata a Torino dall’istituto
«G. Salvemini»; milioni di
persone alle parole di Giovanni Paolo II durante la messa
per l’Italia trasmessa in Tv.
In parte era diverso anche il
tema: nel primo caso la responsabilità, fin dai tempi
apostolici, del cristianesimo
europeo nella nascita e nella
crescita dell’antisemitismo (o
meglio dell’antiebraismo);
nel secondo le benemerenze
del cattolicesimo italiano nella crescita dei valori religiosi,
morali e culturali del mondo
occidentale. Simile, invece, la
ricchezza di elementi storici
offerti alla nostra riflessione e
simile, almeno in me, il disagio per una visione parimenti
unilaterale.
Nella lezione di Tubini mi
è parsa interessante l’idea
che l’origine dell’antisemitismo sia culturale, prima ancora che razziale. Ma è giusto porne la nascita nel I secolo dell’era volgare? A me
pare che la persecuzione degli ebrei abbia origini molto
più antiche, da Babilonia e
dalla Persia (Ester 3, 8)
all’Egitto, e anche nei regni
ellenistici e a Roma già prima della predicazione di
Paolo, e credo che essa si distingua dalle vicende di altri
popoli massacrati da nemici
perché il popolo eletto, proprio per la sua vocazione, fin
dai tempi di Abramo ha assommato i due elementi che
normalmente stimolano nell’animale uomo l’ostilità
presso gli estranei, i diversi.
Negli altri animali è soprattutto l’odore; per noi, più che
l’aspetto 0 il colore della pelle
è la diversità culturale a portare odio feroce anche tra fratelli. E proprio l’attaccamento
alla legge, fino a non rispettare le leggi dello stato in cui vivono, più che i caratteri somatici, ha suscitato attraverso i
millenni ostilità e
Perciò mi è parsa unilai^
le la lettura dei testi SÌ “jj
ci come antiebraici: di
sono rivolti a atteggia,l
particolari o a alcune cate, fi nc
ne ben Ai .
P^Cnsolazic
(scribi e farisei ipocriti),, £ ^ ft
al popolo nel suo insie, Ar
Ma anche se fosse così,¡¿Gay <
proprio una nobile tradii "ia v
ebraica il riconoscere la p Jiazic
pria stona come interveii setti
gratuito di Dio a favorei igone
popolo cieco, infedele,, incavi
natamente ribelle? In ogni, Idi pregi
so il mio calvinismo si litui Vtori e
in pieno in questa lettuiai feehieseev
t r» r-\ r-v VI rt
la propria storia.
(valdesi.
,pe
Se l’esposizione di Faìi
era unilaterale nella
il discorso di Giovanni ¡„ sgnnoni.
II mi è sembrato ancor| ¡¡gdiche. L
unilaterale nell’esaltazii».¡azzaCav
della storia della chiesa iti ¡ente, troj
na. Se Benedetto da Nortiil «ccoia coi
contribuito a salvare unap Ija, Poi,
della cultura classica, ntl ¡jcora si 'i
anche distrutto testi, tempii éeraperl
statue. E come ci si puèjì pgiododel
riare di un Dante che malé ¡1 pastoi
papa Bonifacio Vili eia ¡cinto e s
successori ed è condanii jmlte pers
dal governo imposto a Fim non ere
dal papa, o un Galileo prw marito, per
sato, costretto alTabira turae inna
mandato al confino di Aia apertura e (
senza nemmeno una parolii ¡ogo. Mio i
pentimento per gli errori,p per scherz
così frequenti nella vitali Nelperiod
nostre chiese come nellai a Roma h
stra esistenza individuale? faceva del
Infine ecco un’ultima è il pastorei
sità: se ritengo nettamentep humour rii
sitiva l’iniziativa dell’isÉ déreduran
«Salvemini», che ci chi» farcì supei
documentarci sulTantisei ciU, come
smo proprio quando vedii al lago á
rinascere atteggiamenti tffl fermi per
sti che speravamo defiaft autocmro
mente sepolti, forse eraw matalitet
opportuno, a una dozàn quello del
giorni dal voto, in una iffl store rius
per l’Italia, l’invito ai creili due, e no
per una testimonianzaauare il v
oltre che coerente, sul pi« culto sul p
sociale e politico. n. mio ma
È ovvio che non dobhi* to. In un i
dimenticare la nostra feiii iscriversi
momento della scelta, nU' "ità come
anni fa Machiavelli diceva»
politica è saper trovare i®*
zi adatti a raggiungere lo*i
po, e se il bene del prosa®
che dovrebbe essere lo stÌ
del credente, si raggiunge®
glio con la scelta liberi
con misure di difesa deif
deboli da parte dello
(con tutti i rischi del caso)®
è un problema di fede.
Casa valdese
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19
125 MARZO 1994
di Carlo Gay
orante la grave crisi di Cucassaci! Ka nell’autunno 1962 sentii il
aunilaitjJ*. olo di una terza guerra
li £van| in modo tanto forte
'■ *<ljjmetter™ a pregare per l’inInatte. La mattina compreinecai^ Scoine non avrei ottenuto
i> peti, isolazione senza che io
ocriti),, ' roi fossi impegnata per
3 insieii r«sce. Andai subito dal pacosfn, «Gay che mi incoraggiò
' ‘radiai jj questa via. In seguito alla
•ere laj Jversazione tenuta con lui,
intervq ^une settimane più tardi ebavorei luogo nel tempio valdese di
'dele,oi «azza Cavour una grande veogniì dia di preghiera per la pace.
10 si litid Castori e laici di quasi tutte
letturaii jadiiese evangeliche di Roma
(valdesi, metodisti, battisti,
' ‘‘i fi luterani, pentecostali. Esercito
i condili jdia Salvezza) si alternarono
canili Pii jj sennoni, preghiere, letture
SHiche. La grande chiesa di
isaltazii piazza Cavour, edificio impo‘ricsaitii aeate, troppo grande per la
a Nordil «ccola comunità locale, era
re una ut Ija. Poi, per qualche anno
sica, Iti iiacora si ripetè questa preti. temili lùera per la pace, sempre nel
si puèji paiodo dell’Avvento,
àemali H pastore Gay era conoIII e il scinto e stimato anche da
ondanii molte persone di altre fedi e
50 a Fila da non credenti, tra cui mio
ileo piM marito, per la sua grande culli’abicii: tura e innanzitutto per la sua
) di Alta qìertura e disponibilità al diaia parolii logo. Mio marito lo chiamava
errori,|i per scherzo «pastore capo»,
a vitai Nel periodo del suo pastorato
e nellai a Roma la nostra comunità
iduale? faceva delle gite in pullman;
Itimaà il pastore Gay con affabilità e
tamentt|i humour riuscì a non farci perdell’isÉii dere durante i tratti a piedi e a
farcì superare momenti diffidi, come quando andammo
al lago di Vico e rimanemmo
fermi per un sorpasso di un
autocarro che finì in un’animata lite tra il nostro autista e
quello dell’autocarro. Il pastore riuscì a riconciliare i
ilae, e noi potemmo contiauare il viaggio; durante il
I, sul pi culto sul prato, sotto gli alberi, mio marito scattò delle fo1 debbi® lo. In un certo periodo volle
stra Wt' teversi nella nostra comuIta, aità come «valdese non crei diceva«
varei®
gere lo*
ri prosali
re lo
-giunge»
liberis»;
esa dei|i
Ielle sili
11 caso)»
ide.
UNA PROPOSTA
1L
il
MIMMO GUARAGNA
Disagio sOcialernella sua vaghezza
non specifica niente; è come quando sentiamo i brividi e ci rendiamo
conto di avere la febbre. Disagio sociale indica uno stato di malessere che fa
sentire i brividi alla collettività.
Sono donne e uomini che perdono
l’impiego o che si lasciano alle spalle la
gioventù senza aver assaporato un posto di lavoro dignitoso che non sia uno
dei tanti piccoli espedienti da rincorrere
continuamente per sbarcare il lunario.
Disagio sociale significa donne e uomini che pur lavorando molto portano a
casa poco. E poi, e avremmo dovuto
metterli al primo posto, vengono gli immigrati, i tossicodipendenti, i carcerati,
i malati privi della necessaria assisten-,
za, i bambini a cui è negato il diritto al
gioco e all’istruzione.., e con l’elenco
potremmo arrivare a fondo pagina.
Le nostre chiese tutti questi problemi
li vivono direttamente perché sono pro
blemi delle nostre sorelle e dei nostri
fratelli, perché siamo schierati per la
giustizia e impegnati a contrastare le
cause del malessere, perché non dimentichiamo la vedova è l’orfano della
Scrittura. Nel campo del disagio sociale
che cosa e quante cose fanno le nostre
chiese? Probabilmente non abbiamo
mai fatto un censimento completo; conosciamo le opere e le attività più significative, forse non le sosteniamo come
dovuto affidando loro una delega; ma
indubbiamente nelle nostre comunità
esistono tante piccole iniziative, spesso
estemporanee o dovute a fatti contingenti, di cui non abbiamo notizia e che
pure sono importanti come è importante
ogni testimonianza del!’Evangelo.
Sarebbe ora di tentare un minimo di
coordinamento. Individuare forme di
comunicazione e di scambiò di esperienze che permettano di migliorare la
qualità del nostro impegno e del nostro
servizio. Sarebbe utile avviare una riflessione teorica e teològica affinché le
nostre chiese abbiano sufficienti strumenti per conoscere e per intervenire.
Ciò servirebbe anche a stimolare un
nuovo impegno e nuove iniziative.
Non è questa la sede per proporre
un’ipotesi e un progetto di lavoro:
vanno costruiti con le sorelle e i fratelli interessati. Il soggetto più adatto a
farsene carico è senza dubbio la Federazione delle chiese evangeliche; è
possibile operare con costi limitati tali
da non provocare alcun problema nei
bilanci. Premeva lanciare un’idea
avendo la consapevolezza che abbiamo di fronte una crisi durissima e dai
tempi molto lunghi; le nostre chiese,
per quanto piccole, saranno sempre
più chiamate all’impegno. Siamo certi
che non ci tireremo indietro, ed è proprio per questo che dobbiamo attrezzarci nel migliore dei modi.
zi chi»
’antisei
lo vedi®
nenti tu
defin«
,e era w
dozzijii
unan®
) ai credi
anza ni
dente», ma ciò non fu possibile. Anche i nostri figli apprezzavano le parole sempre
gioiose del pastore Gay. Era
vicino ai giovani, anche
quando non condivideva le
loro idee. Nel 1968 aprì la
chiesa di piazza Cavour per
dare rifugio agli studenti dalle cariche della polizia.
Era stimato e amato anche
nelle chiese pentecostali; fu
lui che mi fece conoscere il
pastore Roberto Bracco che
egli stimò molto e che mi invitò a sua volta a parlare nella
sua comunità insieme al segretario della chiesa kimbanguista africana, indigena, nonviolenta, invitato in Italia dal
Movimento internazionale
della riconciliazione nel 1974.
Un giorno di Pentecoste
volli assistere a un culto pentecostale. Al momento della
Santa Cena andai avanti ma
più di una persona volle fermarmi facendomi delle domande sul battesimo ricevuto.
Imperterrita andai avanti, ma
ancora al tavolo, in ginocchio,
qualcuno mi domandò se ero
credente, battezzata (per immersione, che non ho fatto).
lienz®
giorni
ibre.
dm
2d'
lari
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei, 011/655278 - fax 011/657542
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Via Repubbiica, 6 -10066 Torre Peiiice - tei. e fax 0121/932166
rijriETTORE: Giorgio GardioI
wEDIRettorI: Luciano Deodato, Emmanueie Paschetto
"tOATTORI: Steiio Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Dusetto, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Mattel, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Ne910, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ric»<>■ Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Pien/alrio Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
Volpe
®*nANTl: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, BruiuiM° II°®tegno
J^NISTRAZIONE: Mitzi Menusan
¡^AMENTI: Daniela Actis
r^OMPOSIZIONE: Aecs.r.l.-tel. 0174/551919
AMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174/42590
'*^0RE; Edizioni protestanti s.r.l
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¿“Wnars/; versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni pro8.r.L, via Pio V15 bis, 10125 Torino.
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a parola £1,000
1* Qenna'*°io'''°'° testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
f tesponsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
in data 5 marzo 1993.
ri®ii’18 marzo 1994 è stato consegnato per l'inoltro postale aH'Ufficio CMC
™ Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoled'i 16 marzo 1994.
Allora esclamai: «Faccio parte della comunità del pastore
Gay». Furono le parole risolutive e ricevetti la Santa Cena.
Alla moglie Emma mi legava un’amicizia profonda che
dura tuttora. Senza Emmina il
pastore Gay non sarebbe stato
quel che fu, né avrebbe potuto
fare tutte le cose positive che
fece. A lei e al Signore il mio
grande grazie.
Medi Vaccoro - Roma
I pastori
e i diritti degli
omosessuali
Riforma del 4 marzo ha
pubblicato una dichiarazione,
firmata da 65 pastori e diaconi, in cui si approvano i diritti
degli omosessuali nella società civile, e quindi il riconoscimento del loro matrimonio.
I firmatari auspicano che questa decisione non provochi
delle reazioni. Ma ci domandiamo come si può evitarle,
quando si vuole introdurre
nelle chiese un nuovo concetto della famiglia, senza il minimo riferimento scritturale.
Citando l’Antico Testamento (Genesi 2, 24) Gesù ha
chiaramente affermato che
«l'uomo lascerà il padre e la
madre e s'unirà a sua moglie
e saranno una sola carne»
(Matteo 19, 5). Quanto a San
Paolo la sua «reazione» è indicata in Romani 1, 24-27.
Nel comunicato si propone
che il termine «matrimonio»
venga sostituito con «convivenza stabile» o «unione civile», dando al matrimonio tradizionale la medesima dignità
di altre unioni contro natura.
Ma anche nella società civile
il nuovo concetto porterà delle gravi conseguenze.
Nella Liturgia valdese, ora
in disuso, è detto che il matri
lidie
di prima pagina
Il 27 e il 28 marzo gli
italiani si recheranno alle
urne per eleggere le nuove
Camere. Molte sono le
aspettative riposte nel nuovo Parlamento, che dovrà
occuparsi di completare
quelle riforme istituzionali
giudicate ormai irrinunciabili e urgenti.
monio «è nella società umana la più semplice espressione, perché questa è prospera
e felice dove in matrimonio è
tenuto in onore e decade dovunque venga trascurato».
A chi si sentirà scandalizzato per la presa di posizione
di tanti pastori e diaconi farò
osservare che tra le firme dei
responsabili di varie chiese e
della Federazione delle chiese
manca quella del moderatore
della Tavola valdese. È per
questa omissione che sento di
potermi ancora mantenere in
comunione con questa chiesa
che ho cercato di servire per
tutta la vita.
Roberto Nisbet
pastore emerito
Torre Pellice
Vorrei esprimere alcune
osservazioni sulla dichiarazione di 65 pastori delle chiese evangeliche italiane sui diritti e convivenze omosessuali; la prima è che 65 pastori
rappresentano solo quattro
chiese e non la totalità delle
chiese evangeliche: sarebbe
stato più giusto dire il 10%
dei pastori. E ancora. Dichiarazione significa affermazione chiara del proprio pensiero: hanno tenuto presente cosa ne pensano le proprie comunità (che rappresentano)?
Solo nove sono i nomi pubblicati: e gli altri? Le chiese
non hanno il diritto di saperlo? Visto che la dichiarazione
è impegno, vengano pubblicati tutti i nomi. Ancora, la
Tavola è d’accordo? Ha firmato anche la totalità dei
suoi membri? Sarebbe meglio essere chiari perché a
mio modesto avviso la questione è importante.
Giorgio Bouchard si firma
come presidente della Federazione delle chiese evangeliche italiane; anche qui non ci
siamo: è presidente, ma per
la precisione di alcune chiese
(sette o otto) che fanno parte
della Federazione; la stragrande maggioranza non ne
fa parte, e non è giusto che il
profano pensi a tutti. Non si
può coinvolgere tutti gli
evangelici, centinaia di migliaia, in una discutibile iniziativa di 65. Dico discutibile
perché si parlava anche di
adozione e altri diritti: avete
pensato bene a quel figlio o
figlia? Che cosa risponderà
all’età della ragione rispetto
al fatto di avere due padri o
due madri in famiglia, potrebbe anche non essere d’accordo a essere un «diverso»
anche lui. Non mi si dica
«evoluzione dei costumi in
corso nei paesi occidentali»,
questa è involuzione.
Non aggiungo altro di mio,
cito il Bosio (dal suo commento esegetico all’Epistola ai Romani): «Ma non si
sono curati di lasciarsi guidare dalla loro morale accesa nella lor coscienza, l’hanno spenta gradualmente col
far le cose proibite e son
giunti perfino ad approvare
quelli che le facevano». Vi è
qualcosa di più immorale del
vizio stesso, «il quale può essere effetto di debolezza o di
cattiva educazione»: è l’approvazione cosciente e pensata del vizio, il tentativo di
Pubblichiamo l’elenco dei
doni pervenuti a gennaio-febbraio ’94. Ci avviciniamo alla
meta dei 5 milioni da raccogliere per i bambini di strada
romeni e che saranno avviati
con le offerte delle chiese
evangeliche svizzere, tramite
l’Eper. Quando avremo raggiunto l’obiettivo - speriamo
in breve tempo - vi proporremo un intervento in favore
delle donne mozambicane, vittime di una guerra più che decennale. Intanto vi ricordiamo
l’artigianato del marmo di
Ambatofinandrahana in Madagascar. Le offerte vanno inviate al conto corrente postale
n. 11234101, intestato a La luce - Fondo di solidarietà, via
Pio V 15-10125 Torino, possibilmente indicando la destinazione: Romania, Madagascar, emergenza. Grazie.
PAG. 1 1 RIFORMA
giustificarlo erigendo così il
fatto in teoria. A questo era
giunto il paganesimo: lo prova il fatto che non solo le più
nefande scelleratezze non
erano oggetto di riprovazione, ma trovavano perfino dei
difensori nei filosofi e negli
uomini più influenti. La verità è una e ha il suo centro in
Dio, il cuore umano è uno e
voler separare religione e
morale è cosa illusoria e impossibile. Dobbiamo riflettere molto e soprattutto cercare
un’indicazione nello Spirito e
nelle Scritture.
Mario Goletti
Bobbio Pellice
ERRATA
Contrariamente a quanto
indicato in una scheda relativa, la «Rivista di studi dolciniani», il cui abbonamento costa £ 20.000, ha sede in Novara, presso Magia studio redazionale, via Lazzari 5. Il ccp
per versare l’importo dell’abbonamento è il n. 10737286.
Nel numero 10, a pag. 2,
nell’articolo «Nuovo innario»
di Ludwig Shneider, in luogo
di «... alcuni inni tradizionali
«Notte benigna», ecc.) non si
trovano nella nuova raccolta»
si legga «... alcuni inni tradizionali ora si trovano nella
nuova raccolta».
Nel numero 11, a pag. 10,
l’articolo «La gestione diretta
o la regolamentazione» è stato
erroneamente pubblicato senza la firma dell’autore, Carlo
Alberto Theiler. Inoltre, nella
prima colonna, ultima riga, il
termine «istituzione» deve essere sostituito da «istmzione».
Ci scusiamo con i lettori e con
gli interessati.
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memoria di Silvio; Delia Fontana; Clara e Alessandro Vetta; Mirella Argentieri Bein;
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Totale: £ 2.630.000.
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In cassa: £ 4.896.999.
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periodo 15 giugno-15 settembre; per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Marco Presta (tei. 0984-621242). Un minialloggio viene offerto in uso
gratuito a chi si offre di curare
l’apertura del museo di storia
valdese annesso alla casa e di
guidare i visitatori, nelle ore
pomeridiane (circa 17-20). Per
accordi in tal senso telefonare
alla pastora Teodora Tosatti
(0984-621490).
• La Chiesa metodista di Intra (Lago Maggiore) mette a
disposizione una camera a due
letti, più un posto per bambino, con bagno e uso cucina.
Telefonare allo 0323-402653
oppure 502961.
RINGRAZIAMENTO
«Il suo sole tramonta
mentre è ancora giorno:..»
Geremia 15, 9
Ci ha lasciato
Ettore Tesi
La moglie, Carla Del Mastro, il
figlio David e i familiari tutti ringraziano tutte le care persone che
con la presenza, le preghiere, gli
scritti e i fiori sono state loro vicino nel momento del dolore.
Pinerolo, 11 marzo 1994
RINGRAZIAMENTO
«Il suo sole tramonta
mentre è ancora giorno»
Geremia 15, 9
1 familiari del compianto
Danilo Peyrot
ringraziano Gommosi tutte le
persone che hanno dimostrato il
loro affetto in questo momento di
terribile dolore.
Frali, 25 marzo 1994
20
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 25 MARZO
Alla vigilia delle elezioni politiche in Sud Africa, dopo decenni di lotta e di campagne
Il lungo cammino che porta dal «Giorno
delKemancipazione» a quello delle elezioni
JOHN R. PRICHARD*
Che cosa hanno in comune
il 27 aprile 1994 e il 1°
agosto 1834? Molto: il 1°
agosto 1834 fu «Emancipation Day», il «Giorno dell’
emancipazione»: 160 anni fa
la schiavitù fu abolita nelle
colonie britanniche, nelle
piantagioni e nei possedimenti all’estero. Decenni di lotta e
di campagne finalmente raggiunsero il loro obiettivo. Il
27 aprile di quest’anno è il
giorno delle elezioni in Sud
Africa: Nelson Mandela,
Stanley Mogoba e milioni di
altri si recheranno alle urne
per la prima volta. Dopo decenni di resistenza al sistema
dell’apartheid, l’affrancamento del popolo negro del Sud
Africa è stato raggiunto: qualcosa per la quale abbiamo
sperato e pregato, senza quasi
osare credere che l’avremmo
mai visto.
Quello che «Emancipation
Day» fu per gli schiavi d’America, il giorno delle elezioni è per i neri del Sud Africa:
in tutt’e due i casi parliamo
non solo di una fine ma anche
di un inizio; la vita degli
schiavi non cambiò in una
notte. L’atto di abolizione infatti stabilì che gli schiavi restassero al servizio dei loro
padroni ancora per quattro anni come «lavoratori apprendisti liberi in condizioni di lavoro concordate», il che doveva
sembrare loro che si stava per
riprendere con la mano sinistra quello che era stato dato
con la destra. La schiavitù la
conoscevano bene, la libertà
la capivano e l’aspettavano,
ma l’apprendistato non era né
una cosa né l’altra. Questo
funzionò con successo che variava da isola a isola.
Nell’Antigua fu giudicato
non necessario e gli schiavi
ottennero la libertà immediata
e senza condizioni. Nelle isole piccole invece non c’era
sufficiente cooperazione per
andare fino in fondo alla fase
di transizione, e l’emancipazione non sembrava nemmeno lontanamente uno stato
che assomigliasse alla parità
di diritti. Nelle grandi piantagioni, i cui proprietari erano
assenti, specialmente in Giamaica, gli apprendisti furono
frodati e sfruttati, vittime di
«manager» senza scrupoli che
non avevano rinunciato al loro ruolo di negrieri: gli ex
schiavi lavorarono malvolentieri e spesso disertarono le
piantagioni appena possibile,
non si trovò manodopera sostitutiva e pertanto le piantagioni di canne da zucchero
cessarono di produrre.
Chiaramente nemmeno la
vita dei negri del Sud Africa
cambierà in una notte, il numero dei disoccupati e dei
senza tetto su vasta scala non
diminuirà; uno dei timori per
il futuro è che la gente si
aspetterà dal primo governo
eletto con il loro voto dei risultati che è impossibile, per
qualsiasi governo, raggiungere. Un vero cambiamento pieni poteri economici e pari
opportunità, un’istruzione di
qualità per tutti - è solo
all’inizio. Ma tutto questo non
toglie niente al significato di
questo momento storico rappresentato dal 27 aprile: io ho
avuto il privilegio di essere
osservatore delle prime elezioni della Namibia nel 1989,
quando file di persone lunghe
chilometri aspettarono con
pazienza e buonumore sotto
un sole cocente per esercitare
il loro diritto di voto, mentre i
Il primo giorno dei disordini di Soweto, ii 16 giugno 1976
poliziotti del Sud Africa e
deirOnu li osservavano con
benevolenza. Lo sviluppo della Namibia procede lentamente, ma quel momento fu la
svolta: quest’anno finalmente
è il turno del Sud Africa.
Un’altra somiglianza tra il
1834 e il 1994 è rappresentata
dal coinvolgimento delle
chiese e dei cristiani che hanno aiutato a preparare il terreno: sia in Gran Bretagna che
nei Caraibi molti cristiani furono in prima linea nel movimento antischiavista. Molti
missionari ebbero a soffrire
per il loro parlare schietto;
molti schiavi che presero parte alle manifestazioni di malcontento erano dei predicatori
metodisti. Gli schiavi furono
puniti duramente e molti pagarono con la vita; in numero
minore i bianchi che li difendevano furono costretti a fuggire, le loro case saccheggiate
0 bruciate. Il coinvolgimento
di credenti, neri e bianchi,
nella lotta contro l’apartheid è
notevole: i nomi di Tutu e di
Huddleston sono quelli più
conosciuti ma la lista è lunga.
Un appello alla preghiera è
stato lanciato dalle chiese della Gran Bretagna nel giorno
delle votazioni. Potrebbe essere una giornata di spargimento di sangue e di violenza
senza precedenti; potrebbe essere l’esperienza di Haiti su
scala molto maggiore; speriamo invece che sarà la stessa
esperienza della Namibia in
scala molto più grande.
Un motivo di fiducia è
l’estensione delle operazioni
di controllo che l’Onu e altre
organizzazioni stanno preparando: queste includono anche il programma ecumenico
collegato al Consiglio delle
chiese del Sud Africa al quale
prendono parte molti credenti
britannici. Un altro motivo di
fiducia sono le moltissime
preghiere che salgono da tutto
il mondo e che suggelleranno
le preghiere di tanti anni. 11 31
luglio 1834 comunità di tutti i
Caraibi si incontrarono per
pregare durante la notte.
Nelle chiese stracolme di
credenti, mentre gli orologi
battevano la mezzanotte, molti schiavi ricevettero la loro libertà mentre in ginocchio pregavano invece di essere fuori
nelle strade ad ubriacarsi. I
«Watchnight Services» (culti
di preghiera di mezzanotte)
sono una tradizione molto
particolare dei metodisti; vorrei suggerire che la risposta
aH’appello alla preghiera per
il Sud Africa in aprile prenda
la forma di incontri di preghiera simili in ogni circuito.
Quando sarà la mezzanotte del 26 aprile in Sud Africa, l’inizio del giorno del
suffragio, in Europa saranno
le ore 23. Sarebbe un’ora appropriata per i nostri culti di
preghiera: non molti di noi
hanno impegni a quell’ora!
Sarà un momento in cui potremo ringraziare Dio per i
tanti sacrifici vissuti per la
causa della libertà e la giustizia, per ricordare i martiri
che desideravano ardentemente vedere questo giorno,
e per pregare che le votazioni
possano essere libere e pacifiche, segnando l’inizio di
una nuova e sana tappa della
storia dell’Africa.
* Segretario generale del
Dipartimento d'Oltremare
della Chiesa metodista
(Missioni urbane, industriali e rurali):
Condividere il lavori 0
e i suoi frutti
Spediz
casi
prêt
In %aPlc
QUY BOTTINELLI
Quando nel 1979 Jacques
Delors, allora docente
universitario, organizzava a
Parigi un colloquio sulla
condivisione del lavoro, non
pensava certo che un ricercatore avrebbe scritto nel gennaio 1994 che «il dibattito
pubblico sulla condivisione
del lavoro è solo agli inizi».
La differenza sta proprio qui:
dal confronto tra teste pensanti al dibattito pubblico.
Ora ci stiamo arrivando,
lentamente, ancora troppo
lentamente. Lo conferma
rincontro del Muir (Missioni
urbane, industriali e rurali)
svoltosi nello scorso gennaio
a Valence (Drôme); ci stiamo arrivando perché tra il
1979 e oggi la differenza è
che la condivisione del lavoro è di fatto ben presente nella nostra società.
Tutti lo sanno: è in atto la
grande condivisione (nel senso di frazionamento) tra coloro che lavorano e i disoccupati. Una condivisione che
in alcuni casi viene imposta,
in altri casi può essere negoziata, ma sempre per necessità. Due testimonianze (un
responsabile del personale e
un delegato sindacale di imprese in difficoltà) ci hanno
descritto gli sforzi fatti per
conservare posti di lavoro.
Ognuno spera che la riduzione accettata degli orari e dei
salari sia solo provvisoria,
pur rilevando che questi accordi salvaguardano, anche
se temporaneamente, un collettivo di lavoro: per essere
chiari, al «si salvi chi può» si
è preferito una forma di solidarietà che ovviamente prolunga la condivisione del lavoro verso la condivisione
delle ricchezze. Si tratta di
una scelta etica.
Nel mondo rurale la questione si pone diversamente:
secondo la nostra invitata,
una donna di convinzione,
ingegnere al ministero dell’Agricoltura, è nella poliva
La fede di una donna straordinaria in un piccolo villaggio del nord della Cambogia
La meravigliosa storia di 0 Mai
IRENE VOYSEY
La strada che porta a OTa
Nhear, villaggio nel nordovest della Cambogia, si
snoda fra i campi di riso
lussurreggianti e smeraldini.
Nugoli di bambini nuotano e
si tuffano in mezzo ai bufali
e salutano con la mano l’auto
che avanza con fatica in mezzo alle buche profonde della
strada. E difficile immaginarsi la situazione di pochi anni
fa con i frequenti scontri armati e con i milioni di morti
provocati dal regime degli
khmer rossi.
In questo villaggio con le
capanne fatte di fronde di
palma vive una vedova che si
chiama Kung Mai. O Mai un
tempo guidava l’unica chiesa
funzionante in un campo di
profughi condotto dai khmer
rossi. In quell’epoca c’erano
due organizzazioni sul confine fra la Thailandia e la
Cambogia che amministravano i campi per i profughi. La
prima era l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per
i profughi, la seconda era
l’Opera di soccorso al confine sempre, formalmente, sot
to l’egida delle Nazioni Unite. Ma mentre la prima delle
due organizzazione era riuscita a conservare la sua neutralità, la seconda era praticamente controllata dai vari
gruppi di guerriglieri. Così la
zona 8 era sotto il controllo
dei khmer rossi: elementi civili di questa organizzazione
amministravano il campo.
Il campo profughi della zona 8 serviva come vetrina e
doveva far vedere che i khmer rossi non erano mostri.
In realtà esso era unà base di
appoggio per le operazioni di
guerriglia che venivano condotte nei dintorni. In questo
campo giunse nel 1979 O
Mai, vedova: il marito era
morto di fame. Qui O Mai divenne cristiana per la testimonianza di un’équipe medica. E cominciò ad occuparsi
degli orfani e degli handicappati, adottandoli nella sua famiglia. Ma gli amministratori
del campo seppero della sua
fede, la convocarono e le dissero: «Abbiamo saputo che
adesso credi nel Dio straniero, pensiamo che per te sia
meglio smettere di credere».
O Mai rispose: «Non credo
in un Dio straniero, ma in
Gesù, che è il Dio di tutti i
popoli». Quelli replicarono:
«La fede in un Dio straniero
contrasta con la struttura sociale della nostra società ed è
nociva per lo sviluppo della
Cambogia. Se continui a parlarne ai tuoi vicini potrebbe
succederti qualcosa, magari
un incidente».
«Va bene - disse O Mai tutto questo è nelle vostre
mani, ma per quanto mi riguarda io continuerò a servire Gesù Cristo. Se ciò mi dovesse costare la vita continuerò a servirlo davanti al
suo trono, nel cielo».
«Non vorremmo che qualcuno ti tirasse una bomba in
casa - insistevano quelli - o
che ti fosse assegnato un lavoro che non sei in grado di
fare, come il trasporto di armi pesanti. Per il tuo bene è
meglio che tu smetta di credere». O Mai era molto spaventata dopo queste minacce.
La chiesa formatasi intorno a
lei pregò con costanza giorno
dopo giorno e nulla di male
le accadde. Poi vi fu l’invasione dei vietnamiti e la liberazione.
Oggi nel villaggio di O Ta
Nhear, O Mai, quasi cieca,
ancora si occupa di bambini
handicappati: ce n’è anche
uno di 13 anni che si chiama
Kosal, e ha una paralisi cerebrale. O Mai continua a tenere regolarmente gli studi
biblici e guida una comunità
di circa 40 credenti. Quando
siamo stati a trovarla aveva
appena finito di approntare
un padiglione, ricoperto di
fronde di palma, per farne un
luogo di riunione, «così che
la gente possa venire qui e
incontrare Dio insieme» ci
dice.
O Mai ha avuto dieci figli:
i quattro ancora vivi si trovano negli Stati Uniti. Ha
avuto la possibilità di stabilirsi in Canada con una sorella, ma ritiene che il Signore
voglia che lei resti in Cambogia a testimoniare di lui.
«Tutto ciò che ho nella vita
lo devo a Dio - ci dice -, se
Dio non fosse stato con me
sarei morta da un pezzo. Tutti i dolori, tutte le gioie che
ho avuto non possono che ricondurmi a Dio».
(Da Uhs World
Report 281)
lenza di attività che dovtj
concretizzarsi il futuro degl
agricoltori; per questo difeV
de la nozione di
«imprendi.
tori rurali».
A Guy Roustang, ben noto
da anni per i suoi lavori sul
futuro del lavoro in una società minacciata dair«econo.
micismo», è toccato indicare
le possibilità esistenti: riparti,
re l’occupazione rimunerata
ridurre e riorganizzare il tem!
po di lavoro, sono le cotnpo.
nenti di base a partire dalle
quali si devono elaborare soluzioni. Ciò non ha impedito
ai partecipanti di evocare tutte le ipotesi possibili allo scopo di dare a tutti i mezzi della
propria esistenza e della propria dignità; tali ipotesi sono
note: dalle più utilitaristiche
(creare nuovi posti di lavoro,
come negli Usa) alle più utopistiche (reddito minimodi
esistenza); ognuno può scegliere. Oggi però bisogna
parlare chiaramente della
condivisione dell’occupazione (espressione più adatta
che condivisione del lavoro...) nei termini di unanuo
va modalità della condivisio
ne sociale; quindi, in un mo
do o nell’altro, della condivisione delle ricchezze.
Per questo è importante
portare avanti un ampio dibattito su questo tema, affinché ci sia un’evoluzione
dell’opinione all’altezza delle urgenze; ma occorre chiarire meglio l’espressione
stessa di «ampio dibattito».
Spontaneamente, si pensa al
numero di persone coinvolte,
e questo va bene; ma la vocazione del coordinamento
Muir è di dare un’altra connotazione al dibattito: certo,
deve essere economico, politico e sociale, ma anche etico
e spirituale. È a tutte le dimensioni del problema che
dobbiamo fare fronte: in questo senso, chiamiamo a un
«ampio» dibattito.
Non c’è quindi da stupirsi
se due teologi hanno accom
pagnato, come ogni anno
dal
1990, la ricerca dei circa 60
partecipanti: essi ci hanno
pertinentemente ricordato
che la vecchia alleanza delle
tribù ebraiche mirava a stnngere la solidarietà per progredire nella libertà; lai®“
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