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Anno 117 - N. 33
14 agosto 1981 - L. 300
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___ delle valli v(ddesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTF
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In questo nostro povero Paese alle corde, colpito in settori
vitali, dall’economia alla politica,
dal terrorismo alla moralità pubblica (e privata) finalmente qualcosa si muove. Lo ha annunciato con legittimo orgoglio il so
cialista Lagorio, ministro della
Difesa, nel presentare al Consiglio dei ministri il suo disegno
di legge: « Il Paese è ormai maturo per aprire le porte delle
Forze armate al mondo femminile ». Egli ha poi precisato: «È
stato compiuto un decisivo e indispensabile passo avanti nell’acquisizione definitiva di un’esperienza già da tempo in corso nei
Paesi più avanzati del mondo ed
è stato adempiuto un obbligo
verso le donne sancito dalla Costituzione e voluto dalla nostra
società democratica che ripudia
le distinzioni basate sul sesso ».
Scherzi a parte, vediamo più da
vicino questa proposta di legge.
Se ne possono cogliere due aspetti negativi. Il primo è che non risulta che le donne in genere e i
movimenti femminili in particolare abbiano fatto pressioni in
tale direzione. Lo conferma la segreteria dell’Unione Donne Italiane: «ci stupisce questo attivismo nel rispondere ad una cosa
che il movimento delle donne
non ha mai chiesto ».
Il secondo aspetto negativo —
dato e non concesso che anche
le donne debbano espletare il servizio militare — è dato dal fatto
che questa proposta di legge sanziona una volta di più il ruolo
subordinato, ausiliario della donna. Il servizio militare femminile avverrà senz’altro nelle tre armi e nelle categorie di militari
di truppa, sottufficiali ed ufficiali,
con uguale trattamento economico, previdenziale ed assistenziale, ma solamente su base volontaria e con esclusione dai reparti combattenti. In altre parole
la donna militare, abilitata a preparare il rancio per i colleghi maschi oppure a premere i tasti di
una macchina per scrivere, a
mettersi la cuffia della centralinista o a curare come medico un
collega malato, non lo sarà per
sparare con un’arma o per
schiacciare il bottone che fa partire un razzo, magari atomico.
Da queste constatazioni si deduce che si tratta di un provvedimento che ricaccia la donna
sempre più indietro, ai tempi in
cui (come rileva Luigi Firpo in
un salace commento su La Stampa) « l’uomo cacciava, correva e
predava e la donna cuoceva, cuciva e allattava ».
_Ma oltre a queste considerazioni ne sorge un’altra, più realisti
ca ed inquietante: in questa nuova situazione di guerra fredda
c di politica di potenza voluta
«agli Stati Uniti, nostri alleatipadroni, non si vorrà forse dare
maggiori possibilità al ruolo
combattente del maschi per ovviare alla crescente scarsità delle ’’vocazioni” militari ed al sempre maggior rifiuto, da parte dei
giovani, a fare il servizio di leva?
Il grosso pubblico (queste notizie infatti si leggono sui piccoli
periodici di informazione ’’alternativa”) forse non sa che il
fenomeno dell’obiezione di coscienza sta crescendo in modo
notevole e significativo. Nel giro
di un anno, dal 1979 al 1980 le
domande di esenzione dal servigio militare si sono sestuplicate,
da duemila a dodicimila, malgrado la cosa comporti un aggravio
di tempo di ben otto mesi.
Roberto Peyrot
---conclusa a torre pellice una densa e impegnativa sessione sinodale
Scompare dal nostro Sinodo
l’ordinaria amministrazione
Da ogni questione affrontata nel dibattito emerge una serie di problemi nuovi e appassionanti
L’IMPEGNO PER LA PACE
Il Sinodo, considerando fondamentale per il cristiano lo
impegno per la pace nel mondo, di fronte al progressivo
deteriorarsi della situazione
internazionale, la corsa agli
armamenti ed il ruolo determinante che l’Italia ricopre
nella produzione e vendita di
armi nel mercato mondiale,
raccogliendo l’invito dell’assemblea ecumenica di Nairobi
e del Kirchentag di Amburgo.
invita le chiese a porre al
centro della loro riflessione biblica e teologica l’impegno per
la pace, partecipando ad iniziative che pà esistono e promuovendo iniziative proprie
in vista di una necessaria informazione e sensibilizzazione;
invita la Tavola a nominare
una commissione con lo scopo di fornire documentazione e raccogliere le iniziative
delle chiese in vista di un ampio dibattito sinodale nel 1982.
IL TELEGRAMMA DI SPADOLINI
Rivolgendo al Sinodo il mio
augurio di buon e fervido lavoro riconfermo l’impegno
programmatico del Governo
italiano a dare concreta attuazione all’Intesa già raggiunta
con le confessioni religiose
rappresentate daUa Tavola
valdese nel quadro degli adempimenti costituzionali e
ricordando l’indimenticabile
contributo che Arturo Carlo
Jemolo potè dare, prima di lasciarci, alla definizione della
Intesa stessa.
Con cordiali saluti
Giovanni Spadolini
presidente del Consiglio
dei Ministri
IL dibattito sinodale si è concluso venerdì 7 agosto con un intervento che chiedeva per il futuro 2 giorni in più per poter esaunre il programma di lavoro senza dover rinviare problemi alr importanti quanto quelli affrontati nei 5 giorni del
1 attuale assemblea. Al di là deH’opportunità o meno di accogliere
un tale suggerimento questo intervento mi pare significativo per
caratterizzare il Smodo di quest’anno. ^
Anzitutto va notato che si trattava deH’intervento di una donna
rappresentante di una chiesa locale; adeguata conclusione del Sinodo
meno « pastorale » che io ricordi. Non solo è stato il primo Sinodo il CUI culto di apertura — con la consacrazione di 3 pastori — sia stato presieduto da un predicatore laico, ma non pastori sono risultati il presidente e la vice presidente del Sinodo
LA QUESTIONE MORALE
Il Sinodo constata che di
fronte alla crisi morale del
nostro paese, ai tanti aspetti
di indegnità e corruzione che
scandali recenti ed antichi
hanno rivelato, anche a liveUi
altissimi di uomini responsabili della cosa pubblica e del
mondo economico, che hanno
abusato del potere loro conferito, si sono costituiti un costume di vita ed un modello
di comportamento che investono tutti gli strati della società.
Il Sinodo raccoglie e fa propria la parola di indignazione
che dalle Chiese si è alzata, in
risposta ad una situazione così intoUerabile.
L’indignazione è infatti un
dovere perché alla denuncia
degli scandali non si risponda
con la rassegnazione, il ripiegamento su interessi particolari, la fuga dalle responsabilità, trascinando il paese verso
10 sfacelo deUe istituzioni ed
11 pericolo di soluzioni autoritarie.
Una rinascita anche economica e politica del paese è
collegata ad un profondo ripensamento etico ed al superamento di una concezione
meramente privatistica della
questione morale.
Secondo la Parola, l’autorità «porta la spada» per cagione di giustizia (Romani
13), esercita un ministero, un
servizio. Per un dovere verso
la Parola dobbiamo richiamarla a questo servizio, che
non può essere interesse personale o di gruppo.
Come in passato il II con
gresso evangelico affermò l’esigenza di «Contrastare nello
Spirito di Cristo il passo al
potente », e dopo la strage di
Bologna il Sinodo ha riconosciuto l’esigenza di sentirci
tutti responsabili, così vogliamo oggi reagire alla rassegnazione ed all’avvilimento, nella
ricerca di una testimonianza
coerente.
Dobbiamo, a partire da noi
stessi, costruire uno stile di
vita veritiero, libero nella giustizia, sobrio, fedele, anche
nelle piccole cose, con lo stesso coraggio e tenacia che i testimoni deUa Parola di Dio
— nel Medio Evo, al tempo
deOa Riforma, nei movimenti
di risveglio — seppero avere
per contrastare i mali più frequenti del loro tempo.
A tale fine occorre rinnovare_ una particolare sensibilità
critica di fronte ai modelli di
comportamento dominanti
nella società; ma perché questo non sia un’impresa disperata nella solitudine e perché
possa acquistare efficacia per
la società, è necessario un impegno collettivo che tenda a
contrastare la logica della
competizione e del profitto
dando concretezza aR’invito
evangelico aUa solidarietà e al.
la condivisione.
Il Sinodo invita le chiese a
riflettere, a parlare con coraggio al loro interno e all’esterno e ad impegnarsi con
rinnovato vigore etico anche
attraverso forme nuove di aggregazione e di vita comunitaria.
(anche questa doppietta si verifica quest’anno per la prima volta) e il dibattito ha visto un notevole allargamento del numero
degli interventi dei deputati. Basti a questo riguardo una cifra:
nel dibattito sull’evangelizzazione, argomento un tempo di fatto
riservato all’esperienza — e talvolta alla retorica — dei pastori,
gli interventi dei non pastori sono risultati quest’anno quasi la
metà del totale: 12 su 29.
Senza mattatori
Mi pare indubbio che a questo rallegrante e sano equilibrio,
avanzato quest’anno di un buon
passo, abbia contribuito da una
parte la presidenza — sempre
flemmatica nell’uno e sorridente
nell’altro dei suoi componenti —
e dall’altra la Commissione d’esame, sempre nei limiti delle proprie competenze e pronta a farsi da parte ogni volta che la discussione, da lei avviata, proseguiva verso altre direzioni rispetto a quelle da lei previste. Un
tempo si diceva che senza una
presidenza ferrea e una C.d.E.
trascinante il Sinodo non funziona. Sulla base dell’esperienza di
quest’anno si può replicare che
senza mattatori il Sinodo lavora
allargando di molto la propria
coralità attiva.
Certo tutto questo ha anche i
suoi lati negativi. Il fatto stesso
Franco Giampiccolì
(continua a pag. 2)
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Finché sia tutta lievitata
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LUCA 13: 20-21.
Anche in questa occasione Gesù utilizza un fenomeno spiacevole, come è il caso della parabola del giudice iniquo, per richiamarci ad un aspetto dell’opera di Dio. Alla ipotetica domanda: come funzionano le cose
nel Regno di Dio? Gesù parla di
lievito: un pezzo di pasta inacidita (come era allora ottenuto il
lievito), cioè di una materia utilizzata con sospetto in Palestina
dai^ contemporanei di Gesù, perché era simbolo di decadimento
e di corruzione. In altra parte
Gesù chiama lo spirito farisaico
« il lievito dei farisei ».
Un'altra osservazione che merita fare è che questo detto parabolico ci viene tramandato dall’evangelo di Luca senza il suo
contesto storico. È attaccato senza qualificazioni di sorta ad una
altra breve parabola, quella del
granel di senape, che sembra evidenziare anch'essa il contrasto
tra l’esiguità degli inizi con gli
esiti finali. Questa innegabile somiglianza, però, non deve offuscare gli elementi specifici di
questo detto, che sono tre: il fat
to che il lievito viene nascosto, il
fatto che il lievito deve agire nella pasta fino alla fine del processo e il fatto che il lievito agisce
su tutta la pasta.
Questa mattina desidero fermarmi solo sugli ultimi due elementi.
Il primo è questo; Il Regno è
una realtà che s’impone gradualmente fino alla totale conclusione del processo, ovvero l’attività
di Dio tesa a stabilire la sua sovranità sul mondo non è episodica, ma continua fino all’esito
finale.
Noi possiamo cogliere i segni
del Regno in modo episodico,
ma l’opera del Signore è continua, instancabile, è tesa verso la
fine e verso il fine. Vi è un prima: l’opera di Gesù Cristo; e vi
e una fine: la conclusione dell’opera di salvezza. Nel mezzo è l’opera di cambiamento della pasta.
Ciò significa che non ci è dato
scoraggiarci se i segni ci mancano o sono esigui, o se contraddicono la nostra speranza del Regno che viene. Anche i momenti
negativi della nostra storia celano l’attività instancabile del Si
gnore. Non ci è concesso lo scoramento.
Si è sentito dire in questo sinodo: « Siamo pochi », « la gente
non ascolta la nostra predicazione», «la nostra evangelizzazione
è inefficace », « chiudiattio opere
che furono valide alle Valli»,
qualcuno ha velatamente alluso
alle dimissioni.
Se siamo veramente e profondamente animati dalla fede nella parola di Gesù, questi aspetti,
indubbiamente negativi sotto il
profilo delle realizzazioni umane,
celano altre opportunità che il
Signore prepara per noi. Quando
I arca fu tolta ad Israele non era
perché i Filistei fossero più potenti dell’Eterno o perché l’Eterno avesse abbandonato Israele,
ma perché Israele ritrovasse nel
giudizio la via del ravvedimento
(1 Sam. capp. 4 - 7 spec. 7: 3).
Il secondo elemento è questo:
II Regno è una realtà che s’impone a tutto il mondo, ovvero l’attività di Dio tesa a stabilire la sua
sovranità sul mondo non è set
Paolo Spana
(continua a pag. 4)
2
14 agosto 1981
RAPPORTI CHIESA E STATO
Siamo pronti a stipulare l’Intesa
Il Sinodo ha approvato il testo definitivo dell’Intesa siglato il 26 aprile
che attende la firma congiunta e la legge esecutiva del Parlamento
Il 26 aprile scorso, come è noto, la delegazione della nostra
Chiesa ha firmato, unitamente
a quella governativa, il testo definitivo dell’Intesa con il Governo
Italiano, apportando alcune modifiche al protocollo d’intesa del
febbraio 1980.
Il lungo e travagliato itinerario dell’Intesa ha dunque superato una tappa molto importante, ma non è ancora terminato.
Il dibattito sinodale svoltosi sull’argomento ed introdotto da una
relazione di Giorgio Peyrot componente della delegazione della
nostra Chiesa, si è infatti sviluppato più su quanto resta da fare che su quanto è stato fatto.
La firma del 26 aprile scorso
è stata apposta solo in sede tecnica e non politica: alla stipula
definitiva dell’Intesa manca ancora la firma del Presidente del
Consiglio dei Ministri, Fesame e
l’approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge di
attuazione dell’Intesa stessa; seguirà quindi la delicata fase della esecuzione da parte di una
Pubblica Amministrazione abituata da 50 anni ad applicare la
vecchia legge sui culti ammessi
e che risente di tale abitudine
come si nota dalle osservazioni
mosse dai vari ministeri al testo
dell’Intesa. Ciò che resta da fare
non è costituito da mere formalità procedurali, in quanto sarà
proprio la legge che darà attuazione all’Intesa, e non l’Intesa
stessa, a regolare i rapporti con
lo Stato. Il disegno di legge sarà
preparato nella competente sede
politica, in quanto il compito delle delegazioni è stato solo tecnico ed è stato felicemente condotto a termine; tuttavia è estremamente importante che questa
legge costituisca strumento di
rinnovamento della politica e legislazione ecclesiastica italiana,
da ciò l’esigenza per le chiese di
seguire quest’ultima parte di formazione dell’Intesa.
L’attuale situazione politica
del Paese, con la Presidenza laica del Consiglio dei Ministri, appare più propizia al perseguimento dei nostri intenti: il Presidente
del Consiglio, nel suo discorso
programmatico, ha manifestato
un intento più preciso e determinato di concludere la vicenda
dell’Intesa, tuttavia ancora non
si è detto come dare concreta
attuazione all’Intesa stessa. Appare tuttavia superato l’ostacolo
frapposto dai precedenti Gover
ni secondo i quali non era opportuno far procedere l’Intesa
separatamente e più velocemente
della revisione del Concordato:
oggi sembra assodato che la nostra Intesa è del tutto indipendente dal procedimento di revisione concordataria, anche se
proprio tale circostanza può costituire un ostacolo in sede politica ove è facile prevedere l’opposizione da parte della DC. Ma
il rifiuto della politica concordataria e di qualunque privilegio,
costituisce il fondamento dell’Intesa con la quale, ha detto Peyrot, affermiamo « un nuovo laicismo responsabile, cosciente,
che non può consentire con le
ingerenze ed i privilegi ecclesiastici ». Noi non ci identifichiamo
in una Chiesa soggetto di diritto
internazionale, né in una qualunque associazione aggregata da
un particolare interesse comune,
ma siamo un corpo unico che vive della grazia del Signore. Tale
concezione, totalmente diversa
da quella oggi perseguita dalla
Chiesa cattolica, deve costituire
il nostro apporto ad una nuova
politica ecclesiastica che vada al
di là degli angusti confini della
nostra Chiesa, per interessare e
coinvolgere tutto il Paese.
Come detto, dopo l’approvazione del disegno di legge col
quale verrà data concreta attuazione all’Intesa, seguirà la diffìcile fase dell’esecuzione, in cui
anche noi, ha concluso Peyrot,
ci troveremo in difficoltà abituati come siamo a vivere nell’intolleranza anziché nella libertà.
Nel dibattito che è seguito alla relazione, gli altri componenti
la nostra delegazione Giorgio Spini e Sergio Bianconi, hanno sottolineato l’impulso dato dalle nostre comunità alla stipula dell’Intesa mediante le manifestazioni
tenutesi in tutta Italia in occasione della « settimana della libertà » nello scorso febbraio, ed
hanno ricordato come l’Intesa
debba servire a rendere un servizio a tutto il Paese e non ad
assicurare privilegi di alcun genere alla nostra Chiesa.
L’intervento di Ermanno Genre si è preoccupato che il grosso
significato politico e teologico
dell’Intesa venga realmente compreso da tutti i membri delle nostre comunità, mentre Franco
Giampiccoli ha auspicato un’approfondita discussione dell’Intesa da parte del Parlamento, pro
prio in vista dell’efficacia che essa può avere sulla futura regolamentazione dei rapporti di altre
confessioni religiose, compresa
la Cattolica, con lo Stato.
A conclusione del dibattito il
Moderatore Giorgio Bouchard
ha espresso il doveroso riconoscimento di tutta la nostra Chiesa alla nostra delegazione per il
difficile lavoro condotto a termine con la preparazione di una
Intesa che sancisce « l’indipendenza spirituale, oltre che giuridica, della nostra Chiesa ».
Ancora sul bollo
Il Sinodo ha inoltre preso atto
che l’art. 26 ter della legge n. 891
del dicembre 1980 ha espressamente esentato dal pagamento
del bollo chi presenta dichiarazioni di esonero dall’insegnamento della religione cattolica nelle
scuole.
Anche lo scorso anno ci si era
IN VISTA DELLA REALIZZAZIONE
Il Sinodo, preso atto che il 26
aprile 1981 la delegazione nominata
dalla Tavola ha firmato, unitamente
a quella governativa, il testo conclusivo dell’Intesa con il Governo
italiano, apportando alcune modifiche al testo siglato il 4 febbraio
1978;
esaminato il nuovo testo e riscontrandolo rispondente nei suoi
contenuti ai mandati ricevuti dalle
precedenti sessioni sinodali 1973,
1977 e 1978 lo approva;
considerando che l'Intesa cosi
conclusa rappresenta un contributo
per il rinnovamento della politica e
della legislazione ecclesiastica in
Italia e costituisce un primo adempimento di fronte all'impegno stabilito dall'Assemblea costituente quan
to all'impostazione dei rapporti fra
Stato e confessioni religiose diverse da quella cattolica e segna l'avvio alla caduta della legislazione
sui culti ammessi dall'ordinamento
giuridico della Repubblica italiana;
autorizza il Moderatore a procedere alla firma dell'Intesa con il
rappresentante del Governo italiano ed invita la Tavola ad adoperarsi perché il Governo provveda con
la massima sollecitudine — secondo le assicurazioni formulate dal
Presidente del Consiglio nelle dichiarazioni programmatiche dell'attuale Governo — a compiere le formalità che si rendono ora necessarie per la presentazione ai Parlamento del disegno di legge per la
esecuzione dell'Intesa.
occupati dell’argomento per protestare fermamente contro la
prassi adottata dall’amministrazione finanziaria che imponeva
il pagamento del bollo sulle dichiarazioni di esonero in palese
violazione del diritto di libertà
per il cui esercizio non può e
non deve essere pagata alcuna
imposta.
Ora che è stata vinta questa
battaglia cui siamo stati costret
ti, l’impegno delle nostre chiese
e di ciascun credente è quello di
utilizzare il libero esonero dall’insegnamento della religione
nelle scuole come strumento di
testimonianza evangelica nel più
vasto impegno per eliminare lo
stato di condizionamento confessionale cattolico che attualmente incide ed opera sulla scuola in Italia.
Giulio Maisano
I CONTI IN CASA METODISTA E VALDESE
Il di
Il Sinodo ha per la prima volta quest’anno discusso ampiamente la situazione generale dell’OPCEMI e l’operato della Commissione sinodale che cura l’amministrazione ordinaria e straordinaria del patrimonio intestato all’opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (appunto l’OPCEMI), nonché la rappresentanza e i rapporti con il Consiglio Ecumenico e la Conferenza delle Chiese europee, con il
Consiglio mondiale metodista e
con la Conferenza Metodista di
Gran Bretagna.
Il 1980 è stato un anno finanziariamente difficile, e sia il rapporto della Tavola al Sinodo sia
quello della Commissione d’Esame, e poi l’ampia discussione in
aula hanno messo in luce le ragioni delle difficoltà: diminuzione
dei doni dall’estero, alcuni ritardi
nella realizzazione di alcune previste operazioni immobiliari, e
un aumento delle contribuzioni
molto contenuto. Queste difficoltà sono state solo parzialmente
compensate da altri fattori, po
Scompare dal nostro Sinodo
(segue da pag. I)
che si sia sentito il bisogno di
prospettare un allungamento del
sinodo è indice di un'accentuazione del difetto di sempre: scarsa capacità di favorire la sintesi
— nel corso e al termine dei dibattiti — e conseguente ingolfamento nell’ultima giornata. Sono
cosi rimasti esclusi, quest’anno,
argomenti di grande importanza
come il ruolo diaconale, neppur
sfiorato; i diritti dei malati e dei
morenti, la cui discussione, iniziata negli ultimi 10 minuti di
una riunione serale, ha dimostrato subito la necessità di un ulteriore dibattito approfondito; gli
istituti che riferiscono al Sinodo,
dei quali erano in lista per quest’anno Agape ed Ecumene; l’esame delle delibere dei circuiti e
dei distretti.
Sono inoltre risultati strozzati
argomenti di notevole peso ideologico od organizzativo, come lo
spostamento della data del Sinodo (che tornerà a svolgersi alla
XV AGOSTO
Ricordiamo che il tradizionale
incontro del XV agosto avrà luogo in località Pragiassaut, comune di S. Germano, con inizio
alle ore 10.
Itinerario: Rue di Pramollo e
a sinistra verso la Vaccera o
dalla Val Pellice scendendo oltre il colle Vaccera.
fine di agosto), l’impegno per la
pace, la preparazione in vista
delle prossime assemblee ecumeniche, la conclusione del dibattito sulla questione morale.
Delibere e dibattiti
Eppure nella richiesta di prolungare il Sinodo mi pare di
scorgere anche il segno di un
fatto positivo: il riconoscimento
implicito dell’importanza di un
Sinodo che — per usare le parole del moderatore — « ha avuto
il gusto di discutere e la capacità di decidere ». Direi che si è accentuata quest’anno la caratteristica costante del nostro Sinodo
che si propone di dare importanza tanto al momento decisionale
organizzativo quanto al dibattito sui temi di fondo della vita
della chiesa e della società.
In effetti di decisioni quest’anno se ne sono prese, e molte. Le
relazioni singole, su questo e sui
prossimi numeri del giornale, le
illustreranno. Basti qui osservare che — se ricordo bene — nessuna di quelle che hanno fatto
seguito a un dibattito approfondito è stata una decisione di rinvio, segno che i problemi sono
stati presi di petto, anche se non
tutti quelli affrontati sono stati
risolti.
E non meno numerose le discussioni su questioni di fondo.
Che si partisse da fatti esclusivamente interni, come la Commissione Istituti Ospedalieri o la
suirammìnistrazione
Facoltà di teologia, o da situazioni prevalentemente esterne come
il dopo terremoto o la questione morale, emergevano questioni
di fondamentale importanza, tutte aperte, tutte nuove nella loro
attuale configurazione, tutte ignote nei loro sviluppi futuri per la
vita della nostra chiesa.
Senza binari
In altre parole, ci siamo accorti quest’anno in modo più vivo
che mai che non ci sono più sinodi di ordinaria amministrazione. Non c’è più settore senza problemi, non c’è più opera o istituto o attività che possa, impunemente, andare avanti sui binari
collaudati di una consuetudine
operosa e tranquilla. In una transizione che si fa sempre più pesante e impegnativa non possiamo non affrontare tutti i problemi che ne emergono e lo facciamo da un lato cogliendo tutta
l’intensità e la ricchezza del momento che viviamo, dall’altro
cercando in qualche modo, magari allargando gli spazi, di alleviare la tensione e l’ansia che ne
derivano.
Ma forse tutto sommato quello di cui abbiamo bisogno non è
tanto di allungare il Sinodo,
quanto di vivere, intensamente,
l’oggi ricordando continuamente
l’invito evangelico a non essere
con ansietà solleciti del domani.
Franco Giampiccoli
sitivi (contrazione delle spese
dell’amministrazione, minori interessi passivi, migliore reddito
degli immobili).
Questa situazione ha permesso
un positivo collaudo della capacità degli esecutivi — Tavola
Valdese e Commissione per l’OPCEMI — di collaborare strettamente per risolvere le difficoltà,
per studiare rimedi a breve e a
lungo termine, per un’analisi fraterna dei possibili miglioramenti
anche organizzativi per tenere
sotto il necessario stretto controllo l’evolversi della situazione. E si sa che l’accumularsi degli impegni richiede uno staff che
non si può creare e mobilitare
in poco tempo. Pensiamo soltanto a quanto è successo alla fine
del 1980, quando la tragedia del
terremoto ha risucchiato la maggior parte delle forze disponìbili!
Gli impegni crescenti rappresentano per tutti, e specialmente
per i laci, una « vocazione al servizio » che diventa sempre più
evidente e pressante. Le possibilità di testimonianza e di presenza evangelica crescono, ma richiedono sforzi, chiarezza di idee
e di metodi, lavoro appassionato,
dedizione. Un appello in questo
senso è stato lanciato in Sinodo
ai molti laici metodisti presenti.
Che esso giunga anche a tutti gli
altri laici delle chiese metodiste
e valdesi!
Finanze
Note positive ma anche stimolanti sul tema delle finanze, discusso in una vivace seduta serale da un Sinodo molto attento
nonostante la giornata molto
impegnativa. Note positive perché le contribuzioni delle chiese
sono aumentate, note critiche
perché... non sono aumentate abbastanza. La lievitazione del costo della vita ha del resto assunto tali valori che la difficoltà di
seguirne il passo con le contribuzioni è reale.
A dare un aiuto — e che aiuto — è stata la fraterna generosità delle chiese evangeliche dell’estero, dei vari comitati che da
anni sostengono il lavoro della
Tavola e ne portano in parte il
peso finanziario.
La Commissione di esame si è
però chiesta che cosa succederebbe se tale aiuto venisse a
mancare totalmente o in parte,
ciò che potrebbe anche avvenire
nel prossimo futuro; di qui la
necessità di invitare tutte le nostre chiese a un maggior sforzo
contributivo, che è sempre possibile, e ad una gestione amministrativa sempre più attenta.
Sul tema delle contribuzioni il
Sinodo si è giustamente fermato
a lungo; si è richiamato il principio, già espresso in altri Sinodi
e del resto ripreso da tutte le
Conferenze Distrettuali, di una
contribuzione proporzionale ai
redditi personali. Questo principio sta raccogliendo consensi
crescenti, anche se non è ancora
accettato dalla totalità dei membri comunicanti. È proprio per
la difficoltà di convincere tutti i
membri comunicanti che da alcune parti del Sinodo si è chiesta
flessibilità e tempo: l’ordine del
giorno indica una via, una meta da raggiungere (il 3 per cento dei redditi personali) e nello
stesso tempo chiede alla Tavola
e alla Commissione per l’OPCEMI di fornire quanti più dati informativi è possibile alle chiese
metodiste e valdesi.
Per rendere possibile alla Commissione finanziaria della Tavola
di estendere il suo campo di azione (limitato l’anno scorso alle sole chiese valdesi) anche alle chiese metodiste il Sinodo, su invito
della Commisisone per l’OPCEMI ha votato un apposito ordine
del giorno.
Un altro tema che ha interessato il Sinodo è stato quello della
possibile riorganizzazione degli
uffici. Già nel 1969 vi era stato
un invito della sessione congiunta del Sinodo e della Conferenza
metodista a istituire servizi comuni per l’amministrazione degli immobili, per la contabilità,
per la consulenza fiscale e previdenziale, trasferendo altresì gli
uffici amministrativi in un’unica
sede. Un primo passo è già avvenuto (la concentrazione degli
uffici in un’unica sede in via Firenze 38 a Roma o nella Casa
Valdese a Torre Pellice), altri
passi sono stati sollecitati alla
Tavola e all’OPCEMI per procedere sulla via della standardizzazione delle procedure e dei sistemi amministrativi.
Un’ultima nota, dedicata soprattutto ai laici valdesi e metodisti. Il pareggio che la Tavola
ha ottenuto quest’anno è stato reso possibile per la maggior parte
dai doni provenienti dall’estero,
ma anche per la compressione
effettuata sull’aggiornamento degli assegni pastorali, aggiornamento che è stato inferiore al
15 per cento. E se è noto che
una parte dei membri che contribuiscono ha avuto aumenti
uguali o inferiori (pensiamo per
esempio ai pensionati) è anche
vero che molti altri hanno avuto
aumenti maggiori. Alcuni di questi se ne sono ricordati, altri meno, alcuni niente del tutto. Sia
permesso sperare che la generosità dei membri delle nostre chiese si manifesti anche in questo
campo che le cifre alle volte rendono un po’ arido, ma che rimane un termometro della vitalità e del senso di responsabilità
delle comunità.
Gianni Rostan
Gli odg al prossimo numero.
3
14 agosto 1981
________COMITATO COLLEGIO VALDESE E SCUOLA LATINA
Necessario ridimensionamento
La prospettiva di una riduzione nel settore delle medie affrontato
in vista di un potenziamento, già deliberato, del Ginnasio-Liceo
Ampio spazio nei suoi lavori di
martedì 4 agosto è stato riservato dal Sinodo alla discussione
sul problema del Collegio Valdese di Torre Pellice e della Scuola
Latina di Pomaretto. Il Comitato (C.C.V.S.L.), eletto dal Sinodo
scorso, nella persona del suo presidente Marco Gay, ha riferito sul
suo operato. I punti sottolineati
sono stati i seguenti:
1. - La constatazione che dagli incontri con le comunità delle Valli, che hanno accettato l’invito del Comitato a dibattere il
problema in incontri, sedute di
concistoro, o assemblee di chiesa, non sono emersi « orientamenti risolutivi, né indicazioni su
come affrontare i problemi di ordine finanziario ».
2. - La considerazione che, da
un’indagine fatta nella zona, risulta che la curva di natalità tende ad abbassarsi con una conseguente futura diminuzione netta
della popolazione scolastica.
3. - Il fatto che gli insegnanti evangelici sono in numero limitato (meno del 50%), il che
rende, di conseguenza, problematica quella « linea di impostazione protestante » dell’insegnamento da tutti auspicata.
Il Collegio Valdese
ha 150 anni
Gli Amici dell’Istituto ricorderanno tale data durante la Giornata del Collegio
del 23 agosto p.v.
Ritrovo conviviale alle 12.15
alla Seggiovia Vandalino.
Seduta Sociale alle 15.15 alla Casa Valdese.
4. - Il problema finanziario
diventato molto preoccupante,
con prospettive di diventare nel
prossimo futuro sempre più insostenibile (per il 1982 è previsto
un deficit di oltre 125 milioni!).
A nome del Comitato, il presidente ha sottolineato che, in base
a quanto deciso dal Sinodo scorso, la presenza di un ginnasioliceo a Torre Pellice rimane valida ed ha certo delle prospettive future, se inquadrato in un
più ampio discorso culturale che
10 colleghi con la biblioteca di
Torre Pellice, con la Società di
Studi Valdesi e con tutte quelle
attività culturali di cui si auspica una nuova strutturazione e
un potenziamento. Per fare questo è, però, necessaria l’immissione di insegnanti e di studenti
evangelici sia dalle Valli che dal
mondo protestante italiano. Anche dal punto di vista finanziario
11 ginnasio-liceo avrebbe buone
prospettive di rimanere in vita
con un adeguamento delle tasse
scolastiche, non dimenticando la
concreta possibilità di borse di
studio per chi dovesse trovarsi in
difficoltà. Il ginnasio-liceo potrebbe anche arricchirsi affiancando
all’insegnamento delle materie
previste dai programmi ministeriali anche corsi di lingua straniera.
Tuttavia, per poter mettere in
atto un piano del genere di ristrutturazione e di potenziamento, sembra inevitabile, essenzialmente per motivi finanziari, una
progressiva chiusura della scuola media, almeno in Torre Pellice, dove già esiste una media statale e dove quindi non si priverebbe la popolazione di un fondamentale servizio pubblico. Per
quanto concerne invece la Scuola Latina si potrebbe pensare in
un prossimo futuro, a una sua
trasformazione in un altro tipo
di scuola (forse, se andrà in porto l’unificazione dei nostri tre
ospedali, di Pomaretto, Torre e
Torino, si potrebbe pensare a una
scuola di formazione per personale paramedico).
Queste ipotesi sono già emerse
alla Conferenza del 1" Distretto,
ma, tenendo conto che anche da
essa non sono venute precise indicazioni operative, il Comitato
ha chiesto al Sinodo di non dilazionare oltre una decisione, che
è diventata ormai improcrastinabile. In questo il Comitato si è
trovato in opposizione con quanto affermato dalla relazione della Commissione d’Esame che ha,
invece, proposto di proseguire
ancora per un anno lo studio
del problema in vista di una decisione da prendersi nel Sinodo
’82. Questo non farebbe che ampliare il senso di insicurezza sull’avvenire dell’Istituto, che ha già
portato alla « fuga » di alcuni insegnanti e non contribuirebbe
certo a fare maggiore chiarezza
su una situazione ormai minuziosamente diagnosticata.
A questa presentazione del problema ha fatto seguito un interessante ed appassionato dibattito, non privo di una certa tensione. Le posizioni emerse possono essere riassunte come segue.
Premesso che, ad eccezione di
un paio di interventi, tutti gli
altri hanno ribadito il contenuto di quanto votato dal Sinodo
scorso, si sono delineate abbastanza chiaramente due aree di
tendenza:
Due posizioni
A - Alcuni hanno sostenuto la
necessità di mantenere le nostre
scuole così come sono, medie
comprese, chiedendo alle chiese
e agli amici dell’estero di provvedere alle somme necessarie
per il loro mantenimento, non
dimenticando che la chiusura
delle medie porterebbe inevitabilmente a una diminuzione progressiva degli inscritti al ginnasio-liceo e, di conseguenza, a una
prossima chiusura anche di quest’ultimo. In questo ordine di
idee c’è anche chi si è espresso
in favore di una privatizzazione
delle nostre scuole, il che permetterebbe evidentemente un più
facile reperimento del denaro necessario a mandarle avanti. Si
tratta di riprendere in considerazione l’ipotesi della « confessionalità » delle nostre scuole. Questa « area di tendenza »
LA DELIBERA SULLE MEDIE
Il Sinodo, esaminata la situazione del Collegio Valdese di Torre
Pellice quale è stata esposta dal
C.C.V.S.L. in relazione alla popolazione scolastica, al corpo insegnante ed alla situazione finanziaria; considerato che le Chiese delle Valli
sono state consultate senza fornire
indicazioni di rilievo per la soluzione dei problemi proposti;
considerato che la Conferenza del
1" Distretto si è limitata a formulare ipotesi alternative senza operare una scelta sul programma futuro;
considerato che le difficoltà finanziarie permangono insolute senza
prospettive che consentano di superarle; autorizza il C.C.V.S.L. a
ridimensionare l'attività scolastica
in Torre Pellice, valorizzando al
massimo il Ginnasio Liceo, con la
graduale chiusura della Scuola Media Pareggiata a partire dall'anno
scolastico 1982/83 e con la formulazione di un programma di ristrutturazione del Ginnasio Liceo stesso;
autorizza il C.C.V.S.L. ad assumere le iniziative necessarie per la
trasformazione della Scuola Latina
ove si realizzino condizioni che lo
consentano, tenuto conto anche della situazione finanziaria quale andrà a realizzarsi nel prossimo anno
scolastico;
invita la Tavola, eventualmente
affiancando opportunamente il Comitato, ad accertarsi che al Sinodo
1982 vengano presentate dette proposte;
incoraggia inoltre la Tavola a
proseguire nella ricerca di docenti
evangelici, allo scopo di poter dare
una maggiore impronta « confessante » ai nostri Istituti di istruzione
secondaria.
è anche sfociata in un ordine del
giorno, alternativo a quello che
poi è stato votato dal Sinodo e
pubblicato in questa pagina.
B - La seconda « area di tendenza » ha trovato voce in numerosi interventi che hanno invece sostenuto la necessità di una
progressiva chiusura della media,
almeno di Torre Pellice, chiedendo, però, che venga contemporaneamente fatto ogni sforzo possibile per fare del ginnasio-liceo
una scuola rinnovata e potenziata, in cui la linea « confessante »
della Chiesa emerga con rinnovato vigore; una scuola che si
segnali certo anche per la sua
efficenza, ma in cui emerga soprattutto una impostazione e
uno stile di vita chiaramente
protestante. Da più parti è stata
anche sottolineata la necessità
che il Collegio non resti « una
isola », ma sia pienamente inserito in un più ampio progetto di
rinnovamento culturale alle Valli. In vista di ciò è parso a molti
importante il reperimento di professori e studenti anche al di
fuori della zona-Valli.
Il dibattito si è concluso con
l’approvazione dell’ordine del
giorno (votato con 78 voti fa vo
ti« momento della consacrazione
dei tre nuovi pastori nel culto inaugurale. L’imposizione delle mani
da parte di tutta
l'assemblea è da
alcuni anni segno
concreto del sacerdozio di tutti i
credenti.
(foto R. Ribet)
revoli, 24 contrari e 10 astenuti).
Nonostante l’amarezza di chi
ha visto la propria posizione
messa in minoranza, ritengo importante concludere sottolineando l’appello del moderatore, che
ha fatto seguito all’approvazione
dell Ordine del Giorno, in cui
egli ha ricordato che nel Sinodo
ci si incontra non per « vincere »,
ma per « convincere » e che ii
Collegio, con le trasformazioni
che ai più sembrano rendersi necessarie, deve vivere nello spirito di quanto affermato nel Sinodo scorso, che sottolineava
l’insostituibile funzione dei nostri
istituti di istruzione per la testimonianza evangelica della nostra chiesa.
Marco Ayassot
I RAPPORTI TRA I DUE RAMI DELLA CHIESA VALDESE
Valdesi in contesti differenti
Breve ma attenta e intensa è
stata la discussione che il Sinodo ha dedicato all’area rioplatense. Si è aperta con la lettura
di una lettera del Moderatore
Bertinat e con un intervento di
Marcelo Dalmas, il professore
argentino (ora domiciliato in
Uruguay), che sta svolgendo un
anno di studio in Italia e lavora
alla traduzione in castigliano de
I Valdesi di G. Tourn. È proprio Tourn a far emergere dall’intervento di Dalmas (che sarà
pubblicato per esteso da questo
giornale) i problemi che caratterizzano l’attuale momento della
nostra chiesa nel Rio de la Piata. Momento che continua ad essere condizionato dalla situazione politica, ma in cui la nota dominante è ormai un’altra: i vaidesi sudamericani stanno di fronte al compito di ricostruire la
realtà ecclesiologica; compito di
grande portata, di cui Tourn indica tre aspetti. In primo luogo
si tratta di essere chiesa riformata, in un’area in cui non sono quasi presenti altri riformati; le altre chiese evangeliche sono trapianti di protestantesimi
nordamericani ed europei. I vaidesi devono dimostrare che, essendo riformati, si può essere
pienamente sudamericani, radicati in una cultura che non è piemontese od occitana, ma sudamericana. Questo Dalmas lo aveva già espresso con calore durante la seduta della Società di Studi Valdesi.
In secondo luogo si impone una riflessione sulla portata ecumenica della realtà ecclesiologica valdese. Alla Conferenza di
Melbourne siamo stati rappresentati da un sudamericano. La
differenza di culture non ci impedisce di essere una realtà sola.
In terzo luogo occorrerà rendersi conto che il dibattito su
chiesa e stato che si è sviluppato in merito alle intese ha una
sua rilevanza anche per la realtà sudamericana. Le intese certo
non possono essere riprodotte
negli stessi termini, ma si pone
il problema di come trasferire
nella realtà sudamericana Timpostazione generale, di fondo,
che abbiamo espresso qui.
Liborio Naso ha raccontato le
impressioni di un suo recente
viaggio: una predicazione fortemente evangelica, la presenza dei
giovani, l’interesse biblico.
Essere chiesa riformata, secondo lo scrivente, può permettere di sgomberare il campo dagli equivoci. In passato erano
proprio i valdesi ad essere accusati dagli altri evangelici di essere europei, e non sudamericani.
L’identità valdese è potuta sem
SOLIDARIETA’ CON I RIOPLATENSI
Il Sinodo sentito il contenuto dell'atto 14 dell'Assemblea sinodale
rioplatense 1981, strettamente vicino in preghiera ai fratelli del Sud
America.
chiede al Signore di benedire
l'impegno di testimonianza che essi
hanno preso e di dar loro la forza
e il coraggio per proseguire in tale
cammino;
riafferma la volontà di una concreta solidarietà ad ogni livello con
quei nostri fratelli, affinché la testimonianza della libertà, che discende daH'Evsngelo della croce
possa essere resa in ogni tempo
ed in ogni luogo.
brare a un certo momento un
ostacolo al lavoro comune e all’evangelizzazione. Oggi si sta dimostrando il contrario: i valdesi, non in polemica o in concorrenza con gli altri evangelici, ma
nel quadro di una responsabilità
comune, sono in grado di dare
un contributo teologico che si rivela prezioso, soprattutto nel
campo della formazione biblicoteologica dei membri di chiesa.
Un ordine del giorno approvato all’unanimità ribadisce le linee
di impegno nei confronti dell’area rioplatense. Il Moderatore
Bouchard le sintetizza in 5 punti:
1) informare i Comitati Esteri sulla reale situazione economica e rinunciare da parte nostra ai privilegi derivanti dalla
maggiore notorietà di cui gode
l’area valdese italiana;
2) Colletta del 17 febbraio,
eventualmente finalizzata a un
progetto particolare;
3) Sensibilizzazione delle
chiese italiane, con articoli e altri mezzi (a questo proposito
Ermanno Genre propone una
pubblicazione Claudiana sulla situazione rioplatense);
4) Studiare la destinazione
di un pastore italiano, forse non
più genericamente per l’area rioplatense, ma specificamente per
una chiesa;
5) Collaborazione con il Centro Emmanuel.
Bruno Rostagno
Le elezioni al Sinodo
TAVOLA VALDESE: Giorgio Bouchard, moderatore; Alberto
Taccia, vice moderatore; Franco Becchino, Salvatore Ricciardi, Giorgio Spini, Valdo Fomerone, Gianni Rostan
membri.
OPERA DELLE CHIESE EV. METODISTE D’ITALIA (OPGEMI): Sergio Aquilante, presidente; Gian Paolo Ricco
Enrico Ciliari, Aurelio Sbaffl, membri.
CONSIGLIO DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA: Paolo Ricca
decano; Domenica Cappella, Luigi Santini, Luca Negro’
Marco Rostan, membri. * ’
COMMISSIONE ISTITUTI OSPEDALIERI VALDESI (CIOV)Costantino Messina, Cipriano Tourn, Emanuele Bosio,
Alberto Baridon, Emilio Peyrot, membri effettivi; Dario
Varese Marco Gay, Maria Tamietti, Stefano Donna, Nel
i? Renato Long, Giovanna Bertoli, Giulio
Griglio, membri onorari.
COMITA'TO COLLEGIO VALDESE E SCUOLA LATINA: Ettore Serafino Romano Puy, Marisa Pons, Alfredo Poèt,
Ive Gardiol, Marco Gay, Marco Ayassot.
COMMISSIONE D’ESAME TAVOLA, OPCEMI, FACOLTA’:
Luciano Deodato, presidente; Sergio Ribet, Antonino
Pizzo, Giovanni Carrari, membri.
COMMIS^ONE D’ESAME C.I.O.V.: Tom Nofke, presidente;
Aldo Rutigliano, Giovanni Ghelli, Luciano Rivoira membri. ’
4
14 agosto 1981
IL TEMA TRATTATO IN UNA MANIFESTAZIONE PUBBLICA A LUSERNA S. GIOVANNI E NELL’AULA SINODALE
TERREMOTO: PER NON DIMENTICARE
La riflessione sul nostro intervento nel periodo immediatamente successivo al terremoto e la discussione sulla seconda fase che richiederà uno sforzo lungo ed estremamente impegnativo da parte delle chiese della Federazione
Circa 800 persone hanno partecipato alla seduta « esterna »
del Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste a Luserna S. Giovanni; seduta pubblica dedicata al
problema che ha coinvolto la
maggior parte delle attività e
delle forze di moltissime comunità evangeliche e persone negli
ultimi otto mesi: il terremoto
del 23 novembre 1980.
« Terremoto: per non dimenticare »: si era a Luserna S. Giovanni per parlare sì di quello
che è stato fatto, ma soprattutto, come ha puntualizzato il past.
Platone, che presiedeva, per cercare di vedere le prospettive di
lavoro, per porre in chiaro quanto c’è ancora da fare, per dire
con chiarezza che l’impegno delle
chiese non deve ritenersi chiuso,
che la gente e i paesi dell’Irpinia
devono ancora rimanere al centro della nostra attenzione.
Il dibattito non voleva fare (e
non si è fatto) del trionfalismo,
voleva ricordare come tutti siamo ancora coinvolti nell’opera
di ricostruzione fisica e morale:
per non dimenticare, appunto.
Dimenticare vuol dire
essere complici
Ma noi dimentichiamo troppo
facilmente e volentieri, ci ha ricordato il past. Claudio Martelli.
Ogni volta che capita un fatto
grave, che riempie le prime pagine dei giornali, la vicenda del
piccolo Alfredo Rampi, i terremoti del Belice e del Friuli, per
guardare solo in Italia, ci indigniamo (e facciamo bene ad indignarci, come qualcuno ha detto
nell’aula sinodale), diciamo basta, questo non deve più succedere.
E poi in realtà dimentichiamo.
Ma perché dimentichiamo? È
questo un modo di esorcizzare
il male che ci circonda, per far
sì che non ci tocchi.
È un modo di tenere lontano
da noi quello che non ci piace,
che ci è scomodo, per far si che
tutto non ci coinvolga.
Ma oggi dimenticare significa
lasciare le cose come stanno, permettere che chi ha giocato sulla
pelle della gente terremotata continui a farlo, che chi ha in qualche modo contribuito a rendere
così grave la tragedia continui
a vivere sulle loro spalle.
Ma soprattutto dimenticare oggi per noi che confessiamo Cristo come Signore significa in
qualche modo rinnegare la nostra
fede, per il fatto stesso che abbiamo di fronte a noi l’immagine del Samaritano che Gesù ci
Comitato di Redazione; Franco
Becchino, Dino Ciesch, Niso De
Michelis, Giorgio Gardiol, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot,
Giuseppe Platone, Luciano Rivoira,
Liliana Viglielmo.
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« La Luce >: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176 , 25 marzo 1960.
• L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
Un’immagine dell'intervento della Federazione nella prima fase dei
soccorsi a Ruvo del Monte (foto Renato Ribet)
propone noi non possiamo dimenticare.
Abbiamo un grande compito:
accanto agli aiuti materiali, dobbiamo portare una speranza, che
può essere data anche con una
carezza, un abbraccio, uno stare
a sentire, che spesso valgono più
di tante parole e di tanta carta
stampata.
E un impegno di grande importanza, perché si tratta di ricostruire anche quanto il terremoto psichico ha distrutto.
ro che hanno vissuto il terremoto in prima persona.
Ci dovrà essere un cambiamento di mentalità in quei paesi, ciò sarà inevitabile ed indispensabile se essi vorranno garantirsi un futuro, ma questo
non significa che i fratelli del sud
debbano acquistare un nuovo
modo di pensare a loro estraneo
e lontano, ma implica che in
qualche modo chi si troverà in
mezzo a loro sappia capire e condividere questa situazione cercando insieme di mutarla.
Tre terremoti
Il terremoto infatti, come ricordava il past. Domenico Maselli, è stato triplice: fisico, psichico, spirituale, è stato un avvenimento con il quale sono venute a galla speculazioni, truffe,
la miseria secolare perpetuata
ai danni della povera gente.
È stato un avvenimento che ha
messo a nudo la delusione di
quella gente di fronte all’inefficienza dei soccorsi.
Il past. Maselli ricordava come tante persone venute dal nord
abbiano avuto l’impressione che
la gente del posto non si desse
da fare come sembrava necessario e, forse, logico: ma come si
poteva pensare di coinvolgere,
attivare uomini e donne sconcertati, delusi, estranei ormai a
quello che stava succedendo?
Gli unici che erano ben attivi,
con freddezza criminale, erano
gli sciacalli, e coloro che ponevano le basi per riportare nelle
mani della camorra, del clientelismo l’opera di ricostruzione.
Ma questo non deve più accadere, e l’impegno di tutti noi starà anche nel denunciare sopraffazioni e ingiustizie.
Alla ricerca
di una risposta
Bisognerà che si rispettino le
necessità, le tradizioni culturali e
sociali di quelle zone, e per questo è indispensabile che chi andrà nel sud, dice Maselli, sappia
come l’apostolo Paolo « scendere
come in catene » disponibile e
sottomesso alle esigenze di colo
Per noi evangelici c’è qui una
possibilità di evangelizzazione, e
tutti insieme sarà forse possibile
dare una risposta alla domanda
che ognuno di noi si è posta il 23
novembre: perché succedono
queste cose?
Una risposta è forse facile, diceva il past. Girardet, ora che
viviamo senza l’assillo dei soccorsi, del caos dell’emergenza, una
risposta che forse già allora si
aveva, ma difficile da pronunziarsi.
La risposta di Paolo: tutte le
cose cooperano al bene di coloro che amano il Signore. Ma come si poteva offrire questo tipo
di risposta a chi era colpito, fisicamente e psichicamente?
Ed era forse possibile la risposta di chi vuole vedere in quegli avvenimenti tragici un giudizio di Dio sui nostri mali e malvagità?
Noi — dice Girardet — non abbiamo fatto altro che aprire il
libro di Giobbe, il libro della
sofferenza deH’uomo che non l’ha
meritata, e che interroga il Signore sul perché di queste cose.
La Bibbia ci dice che a queste
cose non c’è spiegazione, se non
l’indicazione che ci permette di
aprire gli occhi sulla realtà della
vita, di fare quello che è giusto
secondo l’indicazione di Gesù
nella immagine del Samaritano.
“Finché sia tutta iievitata,,
(segue da pag. 1)
toriale, ma concerne la totalità.
La realtà del Regno non s’impone per settori, ma concerne la
totalità. La chiesa primitiva non
era al chiaro su questo. Di quale
totalità si tratta? Tutto Giuda?
Tutto Israele? Il libro di Atti e
il modo stesso che l’apostolo
Paolo ebbe di muoversi nella sua
missione offrirono una risposta:
tutto Israele, tutti i proseliti,
tutte le genti, tutto il mondo!
Allarghiamo dunque il nostro
orizzonte. Apriamo gli occhi non
solo alle nostre chiese, non solo
ai simpatizzanti non solo agli italiani, ma anche agli immigrati
dall’Africa, alle altre religioni.
L’Italia si avvia ad essere un paese multirazziale e multiconfessionale. Ecco un piccolo tozzo di
pasta acida per tutta la pasta.
Per il futuro
Indicazioni chiare per il futuro le ha date il past. Piero
Bensì, presidente della PCEI,
che ha sia aperto che concluso
rincontro: per i mesi prossimi
ciò che dovrà ispirare il lavoro
delle nostre chiese per i fratelli
del sud dovrà essere quanto già
ha animato le forze nei mesi passati, e cioè la disponibilità di volontari, la disponibilità di denaro ed aiuti materiali, la coscienza di operare in spirito di solidarietà. Non beneficienza, ma
solidarietà, che deve manifestarsi
nella disponibilità a parlare, ad
ascoltare, a stare vicino a questa
gente.
Per rincontro era stata allestita una bella mostra che illustrava i lavori svolti per la costituzione di una cooperativa agricola, il cui funzionamento è anche
stato spiegato dall’intervento di
un rappresentante della città di
Parma, città che ne ha resa possibile la realizzazione.
Un po’ tutti gli oratori hanno
ricordato il grande lavoro dei
pastori e delle comunità delle zone colpite e limitrofe, dei volontari venuti da tutta Italia e dall’estero.
L’incontro, dal quale è risultata la necessità dell’impegno personale di tutti noi, oltre che per
la ricchezza delle relazioni, la
partecipazione personale che si
sentiva scaturire da esse, è stato
senz’altro positivo, (lo dimostra
anche il buon esito della colletta
organizzata al momento e consegnata alla FCEI ) ; il pubblico non
si è disperso ed è stato in continua tensione, dimostrando che si
era lì non per partecipare ad una
manifestazione di rievocazione o
di auto-lode, ma per « non dimenticare ».
Paolo Gay
Il dibattito sinodale
La serata pubblica sull’impegno degli evangelici per il terremoto non ha esaurito la questione che a più riprese è tornata
all’attenzione del Sinodo, sino alla votazione dell’ordine del giorno che di segnito riproduciamo.
Si è trattato di un dibattito non
privo di tensioni, che hanno trovato una sintesi unitaria nell’ordine del giorno, specie riguardo
alla partecipazione diretta della
Tavola Valdese nel comitato
PCEI per il terremoto. La Tavola, che ha rappresentato il maggior canale attraverso cui sono
affluiti gli aiuti dall’estero, ha
precisato che non si tratta di sfiducia nei confronti dell’azione
della Federazione ma della necessità di migliorare i collegamenti. « Ci siamo trovati d’improvviso come i dodici esploratori in terra di Canaan — ha
commentato il pastore Sommani — che accanto ai buoni frutti
incontrano terribili giganti e città fortificate. Il lavoro nelle zone terremotate è duro; si tratta
di vedere se le nostre chiese desiderano veramente dare una
prospettiva all’impegno della ricostruzione fisica e morale delrirpinia e del napoletano ».
Le difficoltà e il senso di parziale isolamento del lavoro con i
terremotati è stato denunciato,
con una certa emotività, dal pastore Carri impegnato nel lavoro
sociale a Ruvo del Monte, in provincia di Potenza. Il Sinodo ha
preso molto sul serio questi rilievi al punto che alcuni delegati
hanno proposto d’indire, al più
presto, un’assemblea straordinaria della FCEI per esaminare le
prospettive del dopo-terremoto.
L’eventualità di una convocazione straordinaria è stata respinta, con un lieve scarto di voti,
pCTché gli impegni tecnico-organizzativi relativi a tale convocazione rallenterebbero le attività
attualmente in corso. Nel 1982,
per l’assemblea ordinaria della
FCEI, il problema tornerà certamente, ma a più breve termine
è stato auspicato un convegno
di studi, che si terrà ai primi di
novembre, sugli sviluppi dei progetti della Federazione cui verranno invitati tecnici ed esperti
nei settori cooperativistico e sociale.
Tutta la questione è grossa.
Come documentano i dossiers distribuiti per l’occasione dalla Federazione molte iniziative sono
ormai decollate: si tratta di vedere se accanto ai soldi (le chiese italiane hanno sinora versato
circa 200 milioni, ma l’entità
del progetto complessivo si aggira sui 5 miliardi) si troveranno
anche le persone per avviare le
cooperative, gestire i centri sociali, continuare a coordinare
tutto il quadro d’azione. « È vero — ha ammesso il pastore
Bensì, presidente della Federazione — abbiamo messo dei pesi
sulle spalle di pochi. Il peso di
quest’impegno dev’essere maggiormente distribuito. Il lavoro
è enorme ed ha una prospettiva
di lunga durata ».
G. Platone
Sono crollati i miti di conquista
delle ottocentesche società missionarie — e giustamente così —
ma il lievito è ancora efficace.
In che senso? Come opera il
Signore nel grande crogiuolo dell’umanità?
E se pensiamo in termini di
profondità invece che di estensione, come lievita il Regno nelle
nostre chiese? Nelle nostre opere? Nella Facoltà? Nella vita e
nella coscienza di ogni singolo
credente?
Il Signore ci assicura che malgrado le nostre infedeltà siamo
chiamati ad aver fede nel fatto
che Egli è all’opera, perché tutto que.sta molteplice e varia realtà sia trasformata nel suo Regno.
Per questo, se abbiamo fede,
siamo salvi.
Paolo Spanu
PER LA RICOSTRUZIONE
Il Sinodo, prende atto dell’opera
dì affiancamento svolto dalla TV e
dall'OPCEMI alla azione promossa
con gli esecutivi dell'UCEBI e delle
Chiese Libere in seno alla FCEI ed
esprime il proprio apprezzamento
per l’azione e lo stimolo esercitati
dalla Federazione presso le chiese
per l’impegno nei confronti delle
popolazioni terremotate, nonché il
lavoro svolto dalle chiese locali e
dai numerosi volontari,
re dì uno sviluppo distorto e disumano,
conferma la validità dell’impostazione data scegliendo di fare un lavoro gli uni per gli altri;
esprime riconoscenza agli amici e
fratelli del protestantesimo internazionale per il decisivo sostegno ricevuto e per la loro dichiarata solidarietà, che rendono possibile la
prosecuzione dell’intervento della
FCEI;
richiama fortemente l'esigenza di
elaborare in stretto collegamento
con le chiese locali le linee di
azione per la seconda fase, in modo aderente all’evolversi della realtà economica, sociale e politica in
quelle zone affinché l’intervento delle chiese si inserisca con umiltà e
senso di servizio e in collegamento con le altre forze che operano
in questo senso, nel rispetto delia
lotta che le popolazioni meridionali stanno conducendo per un diverso sviluppo,
invita le chiese a non dimenticare la tragedia materiale e morale
subita dalle popolazioni nelle zone
colpite dal terremoto;
ritiene che la nostra solidarietà
non possa manifestarsi senza l’annuncio liberatorio dell’Evangelo;
si compiace che la TV e l'OPCEMI
siano direttamente presenti nei comitati esistenti;
riconosce che il terremoto ha
messo in luce situazioni antiche di
ingiustizia e sofferenza e l’avanza
raccomanda alla TV di adoperarsi affinché continui l'informazione
alle chiese sull'andamento del lavoro, mantenendo viva l’esigenza
della solidarietà.