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fioma, 17 Luglio 1900
Si pabbllea ©gol Sabato
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Propugna gFinteressi sociali, morali e religiosi in
Italia
ABB0KA]MKIS[TI
Italia. Anno L. 3,00 — Semestre L. i 5o
Estero: » » 5,00 - . , 300
tJn numero separato Cent. 5 ^
I manoScrittìTnon si restituiscono
INSKRZIONI
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per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
§
8
Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
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eoiveoRs©
È bandito un concorso fra tutti i membri della
Chiesa Valdese sull'argomento . La Chiesa Valdese
e l Italia *.
Il lavoro sarà inteso a far conoscere ai nostri concittadini che cosa sia stata nelle vie della Provvidenza
la nostra chiesa pel paese cheja vide sorgere e lottarea difesa del Cristianesimo evangelico
Dirà qual parte spetti ¿Ila Chiesa Valdese nel conseguimento delle libertà politiche civili e di coscienza
ora godute. Mostrerà quale fattore di progresso sociale e nurale essa sia al presente, e quanto lo possa essere maggiormente ancora in avvenire. Infine esporrà
11 suo credo religioso, le sue forme ecclesiastiche, accentuando il fatto che la Chiesa Valdese è prettamente
autoctona e nazionale.
Essendo questo scritto inteso ad una grande diffusione, non dovrà oltrepassare le proporzioni d’un
opuscolo, quindi non eccederete 16 pagine d’un fog IO di stampa. È desiderabile che rivesta una forma
dignitosa e popolare ad un tèmpo, che lo stile ne sia
semplice e piano.
Ai MSS. classificati 1. e 2. da apposita commissione
saranno assegnati rispettivamente un premio di 100
lire ed uno di 50 lire.
Nel caso che la commissione giudicasse ohe nessuno
dei lavori presentati fosse meritevole di premio, e
quindi d’essere stampato, verranno però assegnati due
doni di incoraggiamento di 25 lire l’uno al due migliori scritti.
I MSS. dovranno essere spediti alla presidenza
del Comitato d’Evangelizzazione (Torre Pellice,Torino;
con motto, e nome in busta chiuse, non più tardi del
12 settembre 1909.
Roma, 12 laglio 1909.
Arturo Muston,
GIOVANNI CALVINO
L’INDIRIZZO DEL DIRETTORE
Da oggi e fino a nuovo avviso, dirigere tutto ciò
che concerne la redazione, ed anche Vamzninistrazione della LUCE cosi :
« B. Celli
(Umbria) Forano Sabino »
Il IO luglio 1509 è la data della nascita
di Giovanni Calvino.
Il 10 corrente ricorreva dunque il quattrocentesimo anniversario ; e Ginevra ____
la città adottiva del grande Riformatore__
Ginevra, che in grazia di lui, meritò il nome
di Roma evangelica, ha festeggiato la memoria del suo. grand’uomo, tra il plauso
della Chiesa cristiana evangelica universale,
che mandò a Ginevra i suoi rappresentanti.
Noi, in questo numero speciale, avremmo
voluto ritrarre compiutamente la fisonomía
del Riformatore, considerandola da ogni
lato. Ma l’impresa non era facile. Poche
figure umane si mostrano tanto complesse,
da potersi paragonare all’austero, al forte,
al nobile, al sapiente teologo-pastore. E
però, ci siamo prefissi di riprodurre qui solamente le linee principali di quel profilo
un po’ duro, ma sinceramente e profondamente cristiano, commettendo il pur grave
ufficio a più scrittori i quali gentilmente
hanno accettato di assecondarci nel nostro
disegno.
Ci è caro sperare che questo numero,
che vuol essere un omaggio a quel Grande
e insieme un atto di affettuosa solidaJ’istà Coi Fratelli di Svizzera e di tutto il
mondo' valga a consolidare laT fede' di chi
leggerà e a infiammarlo di zelo ardimentoso e conquistatore. Come l’Aìiostolo, Giovanni'Calvino — da oltre la tomba — ha
una pàrola di alta esortazione : « Siate »
egli dice « siate miei imitatori, com’io fui
del Cristo ».
CALVINO PRIMA DELLA SUA OPERA
di
RIFORMATORE:
Lfl LUCE IH fimERICjN
I nostri Lettori americani potranno facilmente farci pervenire il prezzo del loro abbonamento, versandolo al nostro
Amministratore per l’America
Signor
Prof, pastore J^Werto dot
86 Romeyn Str. Rochester N. Y.
[risi ecciesiasfica e crisi rciigiosa. ferenza del
signor Arturo Mingardi, già Padre Bernardino da Busseto, meriterebbe di venir largamente sparsa fra gl’italiani, e specialmente fra il Clero cattolico-romano. ■—
L. 0,10 la copia. Per 10 copie o più un soldo l’una,
franche di porto.— Rivolgersi al signor A. Rostan,
Via Nazionale 107, Roma.
La riforma religiosa del secolo XVI- non fu opera
di Lutero, di Zaiuglio, di Calvino o di altri : essa nacque da sè, spontanea, un po’ dappertutto, e fu il risultato di circostanze diverse, convergenti al medesimo
fine. Non si pnò dire che la Germania abbia tolto il
moggio che cuopriva la luce dell’Evangelo, che abbia
comunicata questa luce alla Svizzera, e la Svizzera
alla Francia, e la Francia all’Inghilterra e cosi via:
tutti questi paesi ricevettero contemporaneamente la
riforma da Dio. Colui che, dal cielo, rivelò a Lutero
l’evaugelo di Cristo, lo rivelò a Zuinglio, a Calvino, a
Knox, a tutti quanti i riformatori, ognun dei quali fu,
nel proprio paese, « una lampada rilucente in luogo
oscuro ».
Invero, l’istrumento di questa che venne pur chiamata « rivoluzione protestante », si fu il Nuovo Testa
mento, tradotto da Erasmo dal greco in latino : il sacro volume andò per le mani di tutti, e produsse un
fermento religioso indescrivibile e inestinguibile. Una
nuova aurora si affacciava all’orizzonte, che dovea cacciar la notte del cattolicismo medievale ; un’era nuova
traluceva, che dovea aprir le vie ad una nuova fede e
ad una nuova civiltà.
In questi tempi in cui spesseggiano i cinquantenari
ed i centenari ricordiamoci anche noi di coloro « i quali
hanno annunziata la parola di Dio, « la cui fede imitiamo, considerando il fine della loro conversazione ; »
in questi tempi in cui la Parola di Dio è derisa, consideriamo se non ci convenga ricordarci dei nostri primi
conduttori, i quali tennero alto e saldo il vessillo di Cristo
per il quale combatterono, vinsero e morirono. La Riforma, che per mezzo di loro Iddio ha operata nel seno
della cristianità, è un sacro retaggio che noi dobbiamo
conservare, ampliare e tramandare a quelli che verranno dopo di noi.
* *
Giovanni Calvino nacque il 10 luglio 1509 a Noyon
in Picardia. Suo padre, Gerardo Camin, era procuratore fiscale del distretto e segretario della diocesi; sua
madre era una donna pia. Essi allevarono i loro sei
figli nel timor di Dio, destinando al sacerdozio i quattro maschi. Giovanni, a 12 anni, ottenne un benefizio
ecclesiastico nella cattedrale di Noyon; ma il padre
pensò di distoglierlo dalla teologia ed avviarlo allo studio
del diritto, parendogli che l’esercizio dell’avvocatura
fosse più lucrativo. La nobile famiglia Mommor volle
associare il giovane Calvino ai propri! figli nell’educazione accurata che faceva loro impartire, e lo condusse
a Parigi, dove frequentò il collegio De la Marche, retto
da Mathurin Oordier (Corderius). Sotto la direzione e
1 impulso di questo maestro, Calvino acquistò una perfetta padronanza del latino : i suol compagni,di scuola
lo soprannominarono: \’Accusativo I
Si fu durante questo primo periodo della sua educazione che Calvino diè prova di una somma attitudine
al lavoro intellettuale, e di una austerità di vita eccessiva. « Era un lavoratore terribile, dice di lui lo
storico Michelet, malgrado il suo aspetto sofferente e
la sua costituzione debole. Mangiava poco o nulla ; si
logorava, si consumava in lunghe veglie, non distinguendo più nè il giorno nè la notte ; amava con passione lo studio, il greco soprattutto ; desiderava pace e
2
LA LUCE
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tranquillità ». Di questa incuria per la sua salute egli
si,risenti per tutta la vita.
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V V
Mentre studiava legge ad Orléans, un suo- parente,
Pietro Roberto Olivetano gli fece, dono di una copia
della Bibbia che egli stesso avea tradotta e stampata
per la prima volta in lingua francese ; tanto bastò per
ridestare in lui le sopite inclinazioni verso la teologia.
Trasferitosi a Bourges, si diede allo studio del grèco
con nuova lena sotto la direzione del dotto tedesco
Melchiorre Weimar, il cui insegnamento spirituale produsse una grande impressione sull’animo di Calvino. Il
quale cominciò ad accostarsi ai professanti le nuove
dottrine, a parlare nelle loro adunanze, a formarsi da
sè, con lento esame e con riflessione profonda, le proprie convinzioni religiose, schivando ogni agitazione
esterna o violenza. In ciò, come in altri atti della sua
vita, egli fu l’opposto di Lutero.
Nel 1533, Calvino tornò a Parigi, che era diventata
il centro della « nuova dottrina », quivi predicata da
Lefèvre d’Etaples e da Guglielmo Farei, sotto la protezione della regina di Navarra, sorella di Francesco I.
Le nuove idee aveano messo in subbuglio la Corte,
l’Università, l’Episcopato ; e il re, che non voleva noie,
prese misure severe contro l’eresia soverchiante. Calvino, ed altri in vista come lui, dovettero mettersi in
salvo, e per qualche tempo egli andò ramingo per la
Francia, nella quale si andavano moltiplicando le sevizie
e i roghi contro gli Ugonotti.
Calvino allora si ritrasse a Basilea e vi cominciò,
coll’usato ardore, lo studio deirebraico. Supponesi che
attendesse eziandio alla sua Istitnsione della religione
cristiana : opera mirabile e ponderosa per un giovane
di 26 annil Questo capolavoro di stile e di eloquenza
ha un premio indirizzato a Francesco I, in cui l’autore
confuta le calunnie sparse contro ì segnaci della riforma
e supplica il re di prendere in esame la loro confessione di fede, e persuadersi ch’è in ogni articolo conforme al biblico insegnamento. > ,
Poco tempo appresso, Calvino si recò in Italia, alla
Corte di Renata di Francia, figlia di Luigi XII, e duchessa di Ferrara, la quale cuopriva della sua protezione gli evangelici suoi correligionari. La visita fu
breve. L’Inquisizione fiutò l’eretico, che sollecitò il suo
ritorno in Francia, rivide la città natia, liquidò Usuo
patrimonio, e se ne venne a Strasburgo col fratello e
la sorella minore, ultimi viventi della famiglia.'Di',qui,
passando per la Savoia, entrò in Ginevra.
Egli vi giunse in uno di que’ gravi momenti in cui
si decidono le sorti del futuro. La sua intenzione era
di salutare Farei e di continuare le sue peregrinazioni,
di consacrarsi alla riforma in generale e di non vincolarsi a nessuna chiesa particolare ; di continuare i
suoi studi, i suoi cari studi... Ma il Farei intuì il valore del giovane ventisettenne che gli stava dinanzi e
lo supplicò di fermarsi a Ginevra. E siccome Calvino
titubava. Farei, con grande ardore, minacciò lui, i suoi
studi, i suoi agi della maledizione di Dio, se li avesse
preferiti alla causa di Gesù Cristo in Ginevra ‘
Questa deprecazione scosse Calvino ; gli parve di
sentir la mano possente di Dio che lo inchiodasse al
posto. Non resistette ; rimase a Ginevra. In quei giorni
(1536), i ginevrini si erano dichiarati indipendenti dal
duca di Savoia, sostenitore del corrotto episcopato ; i
magistrati e il popolo ne approfittarono per stringersi
intorno ai riformatori, i quali ebbero dinanzi a sè il
duplice còmpito di dare un nuovo assetto alla chiesa
e alla città.
la queste circostanze Calvino iniziò la sua grande
opera riformatoria in Ginevra.
Y.
Calvioo rifortDatore
La Riforma o la Bivolnsione protestante, come
la definì E. Ricotti, fa religiosa nel più alto e completo significato di questo appellativo, e ciò non solo
nell'opposizione sua dommatica alla religione dominante il secolo XVI, ma eziandio nella sua lotta
contro l’incredulità ardita e superba di molti spiriti. Ciò si vide specialmente in Ginevra quando
dopo le lotte giganti e le violenze del focoso G. Farei
(1532-1536) e malgrado la pietà eloquente, persuasiva e mite di P. Viret, il disordine regnava negli
spiriti e talvolta la corruzione signoreggiava nei costumi.
Le ripugnanze nobili del senso morale a tale stato
di cose ebbero invero larga parte hell’opera della
Riforma in genere ed in questa ginevrina in particolare ; ma per comprendere per bene il carattere
del grande evento è d’uopo persuadersi che il senso
morale solo sarebbe stato assai tardo a risvegliarsi
ove non ci fosse pure stato il risveglio degli intelletti ; chè tutto un secolo sepolto nell’errore morale
e religioso, da questa tomba da pesante pietra coperta, non poteva risorgere senza l’aiuto poderoso
dell’intelligenza.
La virtù morale certamente non ha il suo principio unico nel raziocinio, ma questo le diventa necessario nei grandi movimenti di dottrina e di vita
ed il sentimento puro che non arriva ad essere
un’idea feconda rimane confuso, incerto ed inerte o
batte l’aria. Nella virtù morale vi ha pensiero, e
senza pensiero profondo, calmo, saldo non vi può
essere forza morale per rifare una civiltà che s’informi a principii ben definiti e suadenti che richiedono l’istrumento della ragione ed il suo valido concorso.
Per ritornare il cristianesimo all’antica grandezza
e rimetterlo nella carreggiata della vita dei popoli
la Riforma doveva riabilitare la morale nella religione, con un poderoso stadio razionale di questa e
sotto la spinta più poderosa ancora dello spirito di
Dio diffuso nei cuori e luce splendentissima delle
menti.
Tale fu il carattere predominante della Riforma
calviniana. Calvino nella sua preparazione fu soprattutto un intellettnale e quando sospinto dalla
divina Provvidenza dovette scendere nell’agone della
vita pratica, ed essere non solo professore, predicatore e legislatore, ma lottatore strenuo e gareggiare di forza, di abilità, di coraggio, di acume diplomatico coi suoi oppositori, non dimenticò mai il
suo intellettualismo di buona lega. Leggasi la sua
Istitusione della Religione Cristiana, scritta quando
aveva soli 27 anni e prima ch’ei venisse a governare la città di Boinsard (di byroniana memoria)
di Berthelier e dei Libertini, leggasi nel Libro III,
il Gap. 19 sulla libertà cristiana e di subito lo si
scorgerà non piccola fiaccola,, ma faro risplendente :
Post tenebras lux.
Ed ora diciamo tacito tacitius, se pure ci sarà
possibile, dei fatti principali del Riformatore. Farei
era irresistibile come evangelista, come polemista ed
anche parecchio iconoclasta, ma era troppo irrequieto
e violento per dare un riordinamento saldo e conservatore all’opera di riforma.
Calvino, reduce dall’Italia, dalla Corte Estense
dove risplendeva la pallida luce evangelica di Re
nata di Francia, recavasi a Basilea ed a Strasburgo, ove cercava certo una Cattedra universitaria,
quando nella seconda metà di luglio 1536, passò
per Ginevra. Riconosciuto dall’amico Da Tillet che
lo additò a Farei, questi subito ebbe l’intuizione che
Calvino fosse rnomo da Dio prescelto per organizzare
la Riforma in quella città divisa in partiti turbolenti e minacciosi. Una scena indimenticabile ebbe
luogo ; poiché quando Farei ebbe veementemente
esposto il suo piano d’azione comune al già celebre
teologo, questi nettamente si ricusò a cooperare, allegando il suo poco gusto per gli uffici civili, la sua
timidezza e soprattutto i suoi cari prediletti studii.
Voleva proseguirli e per tanto abbisognava di un
riposo assoluto che il compito che Farei intendeva
imporgli certo non consentiva. Farei allora, afferrato da sublime ispirazione, con inaudita veemenza
esclamò « Voi non avete per rifiatare altro pretesto
che il vostro grande amore per gli studii ; ma io
vi annunzio nel nome di Dio onnipotente che se
non dividete con me l’opera santa nella quale sono
impegnato. Egli maledirà i vostri studii, poiché
preponete il vostro corpo a Gesù Cristo 1 ». Farei
vinse, lasciò il primo posto a Calvino e Calvino vinto
rivolse le sue cure tutte all’edificazione di una vera
chiesa riformata.
Farei aveva distratto il cattolicismo, Calvino si
accinse ad edificare sulla base del Vangelo ed are
gelare, a disciplinare i costumi sulle basi della sua
Istituzione. Pretendeva specialmente di ottenere 1 uso
della scomunica contro i cittadini immorali ed imporre un’adesione diretta ed esplicita alla Confessione di fede ch’ei pubblicò col suo catechismo.
Queste richieste e la loro applicazione pratica non
furono approvate dai Consigli cittadini che non ammisero che i pastori potessero allontanare dalla Santa
Cena i cosi detti Libertini e che pregarono con ironia
Farei e Calvino di non immischiarsi nelle faccende
di governo.
Farei e Calvino non si sottomettono, malgrado i
divieti dei Consigli predicano con audace vigore, non
dànno a nessuno la Cena col pane non lievitato come
per formalismo s’imponeva loro, e nel 1538 amendue
coperti d’insulti grossolani dalla plebaglia aizzata dai
Libertini, prendono la via mesta, ma non ingloriosa dell’esilio.
Calvino ne fu quasi felice ; si recò a Strasburgo,
vi dié le sue dilettissime lezioni esegetiche, vi organizzò con immenso zelo una chiesa di fuorusciti
francesi, spagnuoli ed italiani, alla quale applicò l’austera disciplina cui Ginevra ripugnava e visse povero e bisognoso tanto da dover vendere i cari suoi
libri per campare.
Nel 1540 vi sposò Idelette de Bure che gli diede
nove anni di felicità domestica. — Egli scrive agli
amici di Ginevra lettere commoventi per esortarli
aH’umiltà, al pentimento, alla fiducia in Dio, e quando
nel 1539 il cardinale Sadoleto con arte fine scrisse
un’abilissima epistola ai Ginevrini per invitarli a ritornare nel solito grembo, egli fu colui che rispose
(sett. 1539) al prelato mellifluo con tanta energia
I e dottrina che questi non seppe che rispondere.
I « Mantenne, disse T. di Beza, la verità di Dio contro
I quella volpe », e questa lettera vibrata e vittoriosa
i gli riapri le porte di Ginevra che già risentivasi
della sua assenza. Sollecitato e sospinto dalle veemenze
ripetute di Farei, dalle preghiere dei Cantoni Svizzeri, dal nuovo Consiglio ginevrino, egli ritornò nel
settembre 1541 nella città che l’aveva bandito dalle
sue mura e fino alla morte (1564) vi fu padrone
nell’ordine religioso e chiesastico. Lo Stato non fu
mai sotto la dipendenza della Chiesa, perché ciò che
Calvino voleva frenare era l’individuo, non lo Stato,
e non é esatto l’asserire ch’egli abbia nello Stato
come nella Chiesa esplicata un’autorità senza controllo. Valente ed esperto nel giure civile egli assai
lavorò nelle Commissioni nominate dal Consiglio per
la legislazione civile e politica, ma sempre come
semplice cittadino di questo lavoro incaricato e talvolta per esso retribuito.
Il Riformatore sulle basi dei due grandi principii :
l'autorità della Santa Scrittura e la giustificasione per fede » volle creare in Ginevra un tipo
di Chiesa modello, indipendente dallo Stato, ma però
a questo intimamente legata, una Chiesa di fede salda
e precisa, di costumi conformi allo spirito del Vangelo ed educatrice fedele e divota di tutto il popolo. Vi riesci tanto bene che un forestiero contemporaneo esclamava : « La Chiesa di Ginevra é la
scuola di Cristo la più perfetta che si sia contemplata in terra dopo l’epoca apostolica ». Rigido con
sé e cogli altri, eppur di cuore generoso e sensibilissimo per tutti i dolori deU’umanità, Calvino per toccare la meta prefissasi non esitò a frangere, e talvolta con ostinata violenza, le ostilità individuali e
collettive, perché il geniale suo concetto ed il suo
sublime personale disinteresse miravano al trionfo di
una causa nella quale era impegnata resistenza di
tutta la cristianità evangelica. L’ombra e le ceneri
di M. Serveto possono solo in piccola parte appannare lo splendore della sua gloria che fu tutta nella
sua consacrazione illimitata e nel suo sacrificio personale alla causa del Vangelo.
Dalla sua rocca inespugnabile il Riformatore diede
alle giovani chiese che man mano sorgevano in
Olanda, in Inghilterra, in iseozia (John Enox fu a
Ginevra dal 1555-1557), in Francia, in Ungheria,
jn Boemia, in Germania perfino accanto alle luterane sorelle, una dottrina solida, un catechismo universalmente accolto, e nell’ordine ecclesiastico il
sistema presbiteriano, vero capo lavoro di organizzazione solida e fraterna, che avvalora la rappresen-
3
LA LUCE
tanza delle Chiese locali, nei Sinodi locali, provinciali e generali, garante nel tempo stesso dell’unità
indispensabile e delle libertà inviolabili della coscienza cristiana. Opera grande per un uomo solo.
Calvino la compiè perchè il Signore era con lui, e
non sono esagerate le parole di Vinet : « La .Riforma è stata la salute del cristianesimo. Roma pre-.
tende che senza il cattolicismo non vi sarebbero più
cristiani e noi diciamo, noi, che senza la Riforma
non vi sarebbero più cattolici, perchè non vij sarebbero più cristiani ». {Etudes sur la litt. franp.'
an. XIX, 5, III, 422. Paris 1857).
Paolo Liongo
CaWino prcilicatoK c professore
La Semaine religieuse chiede scusa ai suoi lettori
per aver dato un sunto troppo sbiadito del mirabile
discorso pronunziato all’inizio del giubileo calviniano
nella cattedrale di S. Pietro dal prof. Doumergue su
Calvino il predicatore di Ginevra. Che cosa non dovremmo dir noi che ci restringiamo u tradurre alcuni
pochi periodi di quel medesimo resoconto, riducendo
così il mirabile discorso a termini minimi, microscopici, e più sbiaditi che mai?
nione mistica, a una specie di sacro connubio, nel
quale il Cristo ci partecipa la sua sostanza e l’intima
vita divina. Ma questo misticismo non è un sognare
fantastico, poiché anzi come fiume va scorrendo fra
le sponde della ragione e della coscienza, della dottrina salda e sicura e della morale austera e sincera.
Calvino è senza alcun dubbio un uomo d’ azione e
di pensiero, ma specialmente è un uomo che parla, e
che — mediante la propria parola"— plasma anime e
crea popoli. Egli parlò quasi ogni giorno, durante
venticinqu’anni, dal pulpito come pastore, o da la
cattedra come professore, e talora due volte il giorno ;
oltre a ciò, componeva libri, scriveva lettere, e i suoi
segretari e i suoi tipografi diffondevano di continuo
i suoi ammaestramenti, i suoi consigli, fra la cristianità tutta quanta.
Il suo predicare pareva privo d’arte: nè divisione,
nè trapassi, nè esordio, nè perorazione. Nulla di appariscente, tutta sostanza.
Linguaggio familiare e popolare, e talvolta perfino
stranamente rude. Ricco di proverbi, di frasi idiomatiche, di imagini desunte da la vita comune, prova
questa d’una notevole abilità d’osservazione. Gli piaceva il dialogo con le esclamazioni e le interrogazioni. Non si peritava d’usar locuzioni forti, é'Ia rigidezza delle sue pennellate divertivano e atterrivano
a volta a volta gli uditori. Ma il tono cangiava a un
tratto, eia volgare ruvidezza si convertiva in gentile
soavità.
Nulla eguaglia la familiarità della parola di Calvino,
se si eccettua il sub tono d’autorità. In pulpitoésula
cattedra egli si sente rappresentante di Dio. Discerne
la propria naturale debolezza, ma — ma sacrificando
sè stesso, bramoso com’è di annunziare la Parola di
Dio e null’altro— non teme di lanciar invettive e folgori contro chi avversa il suo messaggio. Ma, dopo
la romba del tuono, ci fa anche udire il suono flebile
e dolce della grazia e deU'amore.
Nei discorsi il riformatore tratta del dogma, della
morale, della politica, della economia sociale ; addestra i discepoli alla polemica e al martirio ; commenta
le leggi; gitta le fondamenta della prosperità commerciale e industriale ; ragiona d’igiene e degli eterni
decreti divini ; dà consigli su lo stato coniugale e su
l’educazione della prole; s’occupa dei costumi, dei
passatempi, di ogni cosa. Non c’ è un solo uditore,
qualunque sia la sua età e il sesso, che non abbia
udito da le labbra di lui l’esposizione di tutti i propri doveri ; non una persona che non sia stata foggiata da questo grande foggiatore d’anime !
Il lievito che Calvino depone nella pasta è lievito
biblico.
Si è esagerata l’austerità del riformatore. Egli non
è un asceta avverso alla vita di natura. Per lui il
corpo dell’uomo è tempio dello Spirito Santo, erisusèiterà gloriosamente; ond’è necessario di onorarlo
fin d’ora e d’averne cura. Calvino riprova l’astensione
da le medicine ; prescrive una minuziosa nettezza. Concede al cristiano d’aggiungere nella vita il dolce al
necessario, di godere alla vista dei fiori, di esser largo
con gli amici, di darsi alla musica, di servirsi dei
metalli preziosi. Il cristiano — secondo lui — può valersi d’ogni libertà, purché sappia accogliere i doni
divini con gratitudine e senza impedimento alla spirituale vocazione; Calvino non è certo un gaudente,
come non è un asceta. Ed ecco il suo concetto : Chi
non pensa che a sè perde sè stesso nell’egoismo e nelle
passioni ; laddove chi si dà a Dio e ai propri fratelli
assicura a sè stesso libertà di spirito, palma e pace
nella propria azione dominatrice, uso opportuno dei
mezzi efficaci per costringere il mondo a offrirgli
quant’ha di migliore. Per crueem ad gloriarli.
La fede, più che un’opinione, è un sentimento ; essa
la abitare il Cristo nei cuori. La fede riesce a un’ u
CALVINO ESEQETfl
La riforma del XVI* secolo ha rimesso in onore
la Scrittura e dato un enorme impulso agli studi
biblici. Si sono moltiplicate le versioni della Bibbia
in volgare e, in fatto di opere esegetiche, non è
esagerato raffermare che, d’allora in poi, ne son venute alla luce in dieci anni più che in cento anni
dell’epoca anteriore.
Senza dubbio l’invenzione della stampa facilitò la
diffusione degli scritti ; senza dubbio gli studi biblici
furono favoriti dal rinascimento e dalla sua passione
per l’antichità classica ; ma la fiorituta nuova e rigogliosa degli studi biblici non si spiega se non coi
bisogni religiosi che caratterizzarono il gran movimento del XVI- secolo. La Parola di Dio essendo
considerata come 1’ autorità suprema in materia di
fede e di vita, era naturale che fosse letta, studiata,
investigata e spiegata in mezzo alle chiese che volean risalire alle pure fonti del Cristianesimo. E furono commentatori della Scrittura quasi tutti i riformatori; Lutero, Melantone, Zwingli, Bnllinger, Bucero e tanti altri. Lo fu del pari Giov. Calvino, anzi
egli divenne, il principe degli esegeti della riforma.
« .
:ì« Hi
E principe egli fa per la vastità dei suoi lavori.
Ad eccezione di alcuni libri storici (Giud. Sam. Re,
Ezra, Neem. Ester) e di alcuni poetici o sapienziali
(Prov. Eccles. Cant.), egli ha lasciato dei commentarii
sull’intero Antico Testamento, e quello sui salmi è
uno dei migliori che si sieno fatti. Il Nuovo T\ fu
da lui esposto per intero ad eccezione della sola
Apocalisse di cui egli candidamente confessava di
non poter comprendere il senso. A dare una idea
della mole dei lavori esegetici di Calvino basti questo
fatto. Ho dinanzi a me un’ edizione delle opere di
Calvino che comprende 52 volumi in 8- ; orbene, di
questi 52 volumi, 44 sono di esegesi : 29 sull’AnI tico e 15 sul Nuovo T. E quest’immenso lavoro
fu compiuto in meno di 25 anni in mezzo a cure,
occupazioni ed infermità di ogni sorta. Il primo commento quello sull’Ep. ai Romani porta la data' del
1539 e l’nltimo quello su Giosuè fu l’ultima delle
sue fatiche (1564).
«
* *
Tuttavia la vastità del lavoro compiuto non può,
da sola, dar ragione del primato esegetico assegnato
al riformatore ginevrino. Anche quando non avesse
potuto dettare che la metà dei volumi che pubblicò
i pregi superiori della sua esegesi sarebbero stati
manifesti.
Essa è infatti, condotta secondo i più sani criteri. Nella prefazione ai Romani Calvino stesso dichiara « quasi unico dovere dell’interprete esser
quello di esporre con chiarezza il pensiero dell’Autore ch’egli ha preso a spiegare ». E’ necessario
perciò che l’interprete possegga una sufficiente conoscenza della lingua di cui si è servito l’autore.
E Calvino possedeva la conoscenza del greco in cui
gli era stato maestro, in Orléans, Melch. Wolmar che
parlava greco e con lui leggeva* il Nuovo T. Conosceva l’ebraico da lui studiato particolarmente a
Basilea sotto la guida di Grineo. Non per nulla Oli
vetan, il traduttore della Bibbia iu francese volle,
quando potè, associarlo ai suoi lavori.
L’interprete deve rendersi conto non solo del
concatenamento delle idee esposte in un dato scritto,
in vista di un dato scopo e in connessione con date
circostanze, ma dev’esser familiare col pensiero generale dell’antore ch’egli spiega ed anche col sistema
di dottrine e di fatti al quale si riannoda uno scritto
particolare. Da ciò il principio riformato secondo il
quale « la Scrittura è l’interprete di sè stessa ».
Le Scritture nel loro insieme Calvino le avea studiate profondamente e la sua opera classica del 1535
era già un compendio deU’insegnamento biblico. Le
sue predicazioni erano una esposizione delle Scritture e tali furono anche le sue lezioni. Versato in
tal modo nelle verità della Rivelazione, la sua mente
profonda afferrava senza difficoltà il piano d’un libro,
il fine d’un autore : ed invece di andar fantasticando
dietro una pretesa molteplicità di sensi nella Scrittura, egli si applicò a ricercare e ad esporre il pensiero genuino di ogni autore secondo le regole della
grammatica, della logica e della storia. Quando queste lo convincono che un’opinione antica od una interpretazione tradizionale è insostenibile egli non
esita ad abbandonarla. Per es. egli non attribuisce
a S. Paolo l’Ep. agli Ebrei.
*
* *
Ma l’aver seguito dei criteri sani d’interpretazione
non è l’unico pregio di Calvino come esegeta. I suoi
commenti si ristampano ancora dopo 350 anni perchè
non sono aride annotazioni critiche e filologiciie, ma
sono pieni di sostansg nutritiva, perchè sono permeati da una vita religiosa intensa e imperitura
che si comunica al lettore. Per la sua esperienza
cristiana Calvino era in grado di simpatizzare coi
salmisti, di penetrare nell’anima degli apostoli cosi
da comprenderne il pensiero e da dividerne i santi
affetti.
Come gli autori nello scrivere, così Calvino nel
commentare non ha in vista la propria gloria, ma
mira a promuovere il progresso religioso della chiesa
di Dio. Perciò non sprezza, anzi loda, quello che
altri fanno allo stesso fine ; perciò si studia a brevità ed a chiarezza affin d’esser compreso da tutti
e di non far perdere troppo tempo (cosi egli dice)
a chi legge ; perciò egli è ad un tempo scientifico
e pratico nei suoi commentarii. Gli si è rimproverato d’esser talvolta ruvido nella polemica che, qua
e là, egli rivolge contro il papismo ; ma la ruvidezza era negli usi del tempo e la polemica rispondeva ad una necessità pratica delle chiese della riforma. Quella di Calvino è sobria e fatta a base di
salde ragioni.
Nel 1564, allorché dettò il suo testamento, dopo
aver proclamato la sua fede nella sola misericordia
di Dio-,in Cristo, volgendo Io sguardo alle fatiche
consacrate all’esposizione delle Scritture, egli cosi
si esprime : » Dichiaro di essermi assiduamente adoperato,?-secondo la grazia usatami da Dio, nel predicare puramente la di Lui parola cosi, nei discorsi
come negli scritti e commentarii, e nell’interpxetare
fedelmente la S. Scrittura di Dio ».
La posterità ha confermato questo suo apprezzamento. E. fìoslo
lOontrèìsto
Vogliamo cogliere un contrasto eloquente il qual
pone in luce la complessità del carattere del grand’uomo festeggiato in questi ultimi giorni in Ginevra
e in tutto il mondo evangelico. Non anderemo a
scartabellar documenti biografici ; non compulseremo
nè libri nè periodici. Ci fermeremo invece per un
minuto nella pinacoteca calviniana innanzi a due
quadri che — meglio della parola dei biografi —
ritraggono vivi due aspetti opposti di quell’anima
profonda.
Il primo quadro rappresenta una camera d’albergo
a Ginevra. Calvino — che è giunto da poco a Ginevra e si propone di ripartirné — siede accanto
a una tavola coperta di libri e di carte. Davanti a
lui Farei, con sguardo infiammato e con gesto energico. E’ la scena famosa — cosi spesso riprodotta
negli scritti e nelle stampe — nella quale Farei,
il focoso Farei dice a Calvino : Non devi ripartire ;
Ginevra abbisogna di te !
Attraverso la finestra aperta si distinguono in
lontananza le case della città dal tetto acuminato.
Calvino, attento e meditabondo, ascolta Farei.
L’uomo di genio è tutto assorto in un pensiero : il
pensiero d’un’opera grande da compiere ; e in un
dubbio : A Ginevra, oppure altrove ? In Francia
forse, forse nella mia Piccardia ? — dove mai avrò a
4
LA LUCE
ì^'A
compiere l’opera mia? E in questo quadro ci apparisce il Calvino, che vedemmo sempre, tutto dato a
un disegno, a un’ opera, energicamente, inflessibilmente, come s’e’ fosse d’acciaio temprato. Quando
si pensa a Calvino, lo si pensa cosi, come questa
scena ce lo rappresenta : Tnomo dell’azione, dell’azione pubblica, che medita e architetta un disegno
netto come una fignra di geometria, e poi si alza,
e — come un profeta, che i vincoli di quaggiù non
trattengono nemmeno un momento — va ed agisce
ed attua e sembra connaturarsi con quello ch’egli
fa, come se operaio ed opera fossero una cosa sola.
Ma nella ricca galleria illustrativa della vita di
Giovanni Calvino è un altro quadro, e questo attira
la nostra attenzione anche più di quel primo : diciamo « anche più », perchè qnest’altro quadro ci
svela una nuova faccia, o almeno almeno una nuova
piega nascosta del carattere del Riformatore che
non avremmo mai imaginata. Il quadro non è che
un’incisione in legno, e fignra la cameretta d’ una
casa più che modesta. In fondo un letto ; più qua
una culla. Nella culla un bimbo morto. Accanto alla
culla è seduta una donna, la madre, che si copre
con le mani il volto convulsivamente e piange. E’
Ideletle de Bure, la moglie del Riformatore. Il Riformatore è li in piedi, col capo" chino. Piange ?
Forse no. Ma quanto cordoglio è dipinto su quei
lineamenti abitualmente rigidi ! Egli ha gli occhi
chiusi, e tiene una mano appoggiata àlla culla del
figlioletto morto, e l’altra su la spalla d’Idelette
della povera madre in lacrime. E noi non sappiamo
quali delle due figure vive dia la maggior impressione di angoscia rassegnata ma straziante. In Gio
vanni Calvino è qualcosa di più che 1’angoscia pel
bimbo morto ; c’è un senso di soave amor coniugale
Quella mano dolcemente appoggiata su la spalla
della moglie è come una carezza confortatrice ; e
quella mano che, se non stringe la culla, vi si appoggia con vigore, pare un tentativo a trattenere
la cara vita che già se n’è andata. Calvino in piedi,
li, tra la moglie piangente e il cadaverino, ha un
che di cosi dolce, di cosi tenero, di cosi umano, che
- sconvolge affatto l’idea che avevamo di lui, .
Su uno scaffaletto, attaccato alla parete, un candelliere, du« libri, qualche altro oggetto. In mezzo
alla cameretta, uno sgabellino di legno rozzamente
tagliato.
(guant i semplicità I Ma, in quell’umile abitazione
austera, dove la morte s’é affacciata e dove la ma
lattia farà più volte capolino, anzi starà come in
casa propria, un raggio di sole brilla : è il sole della
bontà e deU’amore.
Il rigido riformatore delle dottrine e dei costumi
ha un cuore affettuoso. Mortagli la moglie — che
fu come lui sempre infermiccia — ne proverà un
dolore acutissimo, perenne ; si che sette anni dopo
scrivendo ad un amico rimasto vedovo gli dirà
« Che ferita, che dolore deve averti cagionato la
morte della tua ottima consorte : me lo posso figurare badando a la mia esperienza propria. Mi ricordo
infatti quanto difficile — sette anni or sono — mi
sia riescito di superare un simile cordoglio.
L’Evangelo intenerisce e snoda gli animi più
ferrei. Hanno un bel gridare i fanatici del Romanesimo contro la Riforma, ma la Riforma, cosi sinceramente evangelica e cosi profondamente umana,
non ha solamente riposto in luce la religione del
Cristo, ha del pari annobilito e santificato gli affetti
domestici, la vita di famiglia ch’è si cara, quando
lo Spirito del Signore l’alimenta.
e nella lussuria ». Per i primi cristiani e per i cosi
detti eretici, essa è stata, nei secoli, la gran meretrice che ammalia e uccide.
Chi dice Vangelo, dice invece libertà e gioia, santità e vita, pace e luce e rifugio a salvamento in
porto sicuro. Ebbene, i due termini antitetici si sono
una volta trovati armonizzanti. C’ è stata la città
forte e incorrotta, che ha resistito alle mene dei
libertini e agli assalti dei cattolici nemici, per far
brillare pura la luce della verità e conservare integra la morale austera della Bibbia, per offrire un
asilo sicuro ai « perseguitati per cagione'di giustizia » di ogni nazione e lingua e tribù ; e quella fu
la Ginevra di Calvino.
Cinta da monti, baluardi inespugnabili dell’Eterno,
e mollemente adagiata sulle sponde d’nn bellissimo
lago, la piccola città svizzera diventò la « forte rocca »
e la Roma del protestantesimo dal giorno in cui vi
prese stabile dimora quel giovane dall’aspetto pensoso
e triste che la forte mano di Farei costrinse a fermarvisi. Egli la plasmò a sua immagine e somiglianza
e le diede quell’impronta cosi caratteristica che ha
conservato per due secoli e mezzo e che corre ora
il rischio di perdere. Profeta e legislatore, pastore
e maestro, egli, in virtù di una autorità puramente
morale e personale derivante dall’altezza del sapere
e dalla santità della vita, consiglia e dirige, ammonisce ed esorta ; e coadiuvato da collaboratori valenti
e fedeli, egli fonda l’insegnamento scientifico, detta
gli ordinamenti ecclesiastici e le leçfffi suntuarie
che devono regolare tutta la vita individuale e sociale, fondando cosi una repubblica teocratica di cui
Dio è il Reggitore supremo e la Bibbia il codice
fondamentale. Ma la teocrazia di Calvino non è la
supremazia di una autorità religiosa sulla società
civile : essa è laica e democratica, poiché è il popolo
sovrano che accetta la riforma e che sancisce colla
sua approvazione le leggi e gli ordinamenti, che gli
vengono proposti. Non c’è nella città di Calvino
una chiesa di stato : essa fu, come dice bene L.
Ferrière Avant 0arde^ uno stato-chiesa o, se
si vuole, una chiesa-stato, sotto la sovranità assoluta di Dio che agisce per la fede in seno alla società, che ne ispira le leggi e ne plasma i costumi
e che è la base stessa della Costituzione.
Con tali concetti e tenuto conto dello spirito
d’intolleranza a tutti comune in quell’epoca, si comprende che non trovassero posto nella repubblica
teocratica di Calvino tutti coloro che, con la parola
0 con gli atti, ne scalzassero le basi : gli empi, come
Serveto, e i gaudenti paganizzanti e immorali, come
1 Libertini e Rabelais.
Ma tutti i cercatori sinceri della verità, tutti
coloro che bramavano condurre in pace una vita
pura, tutti i perseguitati da quell’altra Roma trovavano in quella evangelica asilo libero e sicuro.
Attratti dalla luce che ne emanava e dalla protezione, dall’accoglienza fraterna che sapevano di trovarci, essi vi ripaiavano dall’Italia e dalla Francia,
dalla Scozia e dall’Olanda ; vi affluivano per sentieri
diversi e attraverso a mille pericoli, fortificati dalla
fede, sorretti dalla speranza, ripetendo a sè stessi
mentre erano in cammino :
... Nous allons à la vie.
Là-bas, une lueur immense nous convie,
Nous nous arrêterons lorsque nous serons là.
V. Hugo
E vi si fermavano, obliando i mali della « passata
La Rom^^^yanjelìca
Roma evangelica 1 E’ possibile accoppiare insieme
questi due termini antitetici che sembrano escludersi
a vicenda ?
Infatti, chi dice Roma, imperiale o papista poco importa perchè pagana sempre, dice schiavitù, forza brutale, oscurantismo, persecuzione, corruzione. « Rome
était la truie énorme qui se vautre », dice Victor
Hugo : la * troia enorme si voltolava nel sangue
via », felici della libertà invano lungamente cercata
altrove, riscaldati in qneH’ambiente di fraterno amore
cristiano, rasserenati nella quiete del porto raggiunto dopo la procella. Ma sovente, dopo avere
attinto alla fonte della virtù ed essersi rinfrancati
e agguerriti per le lotte future, pellegrini dell’Evangelo lasciavano la città di rifugio e si spargevano pel mondo a portarvi la luce, a edificare
città di Dio, a suggellare col sangue la loro testimonianza ; e dovunque li seguiva il ricordo dolce e
forte della città ospitale, e su di essi si proiettava
da lungi l’ombra formidabile della fignra austera,
pensosa e triste del gran riformatore.
Enpleo f^ivolpe
Calvino e la lingua francese
lufiniti sforzi da molti ed eletti scrittori furono in
Francia tentati nel secolo XVI, onde si elevasse il
volgare francese dallo stato di imperfezione e di povertà in cui giaceva ad un grado di perfezione e di
ricchezza, che gli permettessero di esprimere tutte le
sfumature deU’umano pensiero.
Fin dall’inizio del secolo, le forti tendenze protestanti, manifestatesi un po’ dovunque, spinsero quei novatori, come veuivan chiamati, ad abbandonare il latino per scrivere in quella lingua, fino allora quasi
esclusivamente adoperata ad esprimere cose leggere.
Cominciarono allora gli uomini a parlare di Dio e a
Dio non più nella lingua latina, lingua morta d’un clero
senza vita e senza bisogni spirituali, ma nella lingua
del popolo e dei poveri. Ma a rendere veramente comune e popolare il francese, più di tutti contribui Calvino con la pubblicazione, nel 1541, della sua « Institution de la religion Chrétienne ». Scritta dapprima
quest’opera sua in latino, egli s’era ben tosto avveduto
che’ tutto il lavoro sarebbe stato pressoché inutile
e le fatiche sprecate ; egli non esitò quindi a tradurla in volgare, onde l’opera sua venisse in maggior voga e fosse letta dai più ; le sue speranze non
andarbn deluse, chè immensi ne furono i successi. Divulgando cosi la sua propaganda religiosa, egli produsse d’un colpo due incalcolabili benefizi : da un lato,
egli aumentò in modo straordinario il numero dei suoi
lettori e dei suoi discepoli ; dall’altro egli dotò la
Francia d’un idioma ricco delle più splendide qualità,
che lo resero oramai atto ad esprimere con proprietà,
chiarezza e precisione anche cose serie.
Il dittatore ginevrino non rimane però isolato in
questa bell’opera ; chè anzi egli incatena, per dir così,
al suo esempio scrittori e teologi e fra quest’ultimi
tanto i romani, che non si sanno dar pace dei progressi della Riforma e che, onde averne ragione, finiscono coll’imitarlo, quanto i protestanti di tutti i partiti e le loro tioppo spesso violente ed appassionate
dispute dànno origine ad una bella e ricca letteratura
teologica e liturgica in una lingua, la cui vittoria sul
latino è completa e definitiva fin dal 1550.
Ci piace riportare qui il giudizio che di Calvino e
dell’opera sua ci dà G. Lanson, uno fra i primi e più competenti critici odierni francesi ; « L’Institution Chré« tienat », dice egli a pag. 262 e sg. della sua Storia
della letteratura francese, « est vraiment une forte et
« grande chose ; il y a une gravité soutenue de ton, un
« enchaînement sévère de raisonnement, une véhémence
« de logique, une phrase déjà ample, des expressions
« concises, vigoureuses et, si j’ose dire, entrantes, qui
« en plus d’un endroit font penser à Bossuet... ».
Calvino del resto, vanitoso per la sua parte per quanto
concerne l’opera sua letteraria, si compiaceva assai di
questi suoi meriti e non era l’ultimo a vantare le sue
qualità di scrittore: « Tutti sanno, » diceva egli a
quei che con disprezzo lo chiamavano un declamatore,
quanto io so stringere un argomento e quanto è precìsa la brevità con cui scrivo ».
E’ Bossuet che cita nella sua « Histoire des variations » quest’apprezzamento di Calvino ed aggiunge :
€ C’est se donner en trois mots la plus grande gloire
« que l’art de bien dire puisse attirer à un homme »,
e volentieri egli riconosce, nonostante il carattere essenzialmente « triste » dello stile di Calvino, il quale
letterariamente parlando giace sotto il peso di questa
condanna, che gli si può dare questa gloria « d’avoir
aussi bien écrit qu’homme de son siècle ».
L’introduzione a 1’ « Institution Chrétienne » specialmente, nella quale Calvino si propone di far vedere a Francesco I « quelle est la doctrine contre la« quelle d’une telle rage furieusement sont enflambez,
« ceux qui par feu et par glaive troublent aujourd’hui
« son royaume », è il primo grande e vero capolavoro
della letteratura francese.
La lingua francese, neanche nelle più eloquenti e
belle pagine dello storico Cominos, non aveva prodotto
ancora niente di cosi perfetto quanto 1’ « Institution
française, » la quale per la forma, per lo stile e per
la sostanza è indiscutibilmente la miglior opera letteraria del secolo XVI.
Altre svariatissime opere si hanno di Calvino, quali
i suoi commentari sulle Sacre Scritture, i suoi sermoni,
i suoi opuscoli e trattati vari e un ricchissimo carteggio
con gli uomini più cospicui d’allora e con tutte le Chiese
di Francia, di Germania, d’Inghilterra, di Polonia e di
Boemia, sulle quali l’occhio suo vigile era costantemente aperto, essendo egli sensibilissimo a ogni cosa
che avesse relazione con la Chiesa Riformata.
5
LA LUCE
Disgraziatamente vari suoi scritti minori, pubblicati
tnan mano che lo richiedevano i bisogni dell’opera sua,
sono guastati da non poche intemperanze di lingua e
-da eccessi che in niun modo si potrebbero scusare ; e
tuttavia, chi mai non ammirerebbe l’energia, la sobrietà,
la gravità religiosa e il soave profumo biblico che si
sprigionano da tutte le opere del Riformatore ginevrino ? « Sono precisamente le altre opere minori fran.
cesi, dice ancora Lanson, che rappresentano più al naturale forse il vero genio di Calvino ». Udiamo piuttosto ancora, a mo' di conclusione, un apprezzamento
del medesimo autore :
« Qu’on lise ses Commentaires des épîtres de St.
« Paul, on sera surpris, à travers tant de gravité dogma« tique, de rencontrer un parler si familier, tant de rap« pels à la réalité commune, métaphores, comparaisons,
« apologues. Nulle éloquence, nulle poésie dans tout
« cela, mais à chaque instant apparaissent des signes
« du voisinage de la vie, et cela suffit à dissiper la
« tristesse des déductions les plus tendues ».
Pietro Vinay.
SU-.
í’inflttcsza di CalViao nel mondo
Se Lutero è il riformatore che, tuttora, anche
fra i cattolici, riassume tutto il protestantesimo nella
sua persona e nella sua opera, Giovanni Calvino,
maggiormente, tuttoché meno noto, afferma i principi della Riforma, ed ha esercitato una influenza
più profonda nel mondo protestante, e, quindi, per
ripercussione, nella civiltà moderna.
Invero Giovanni Calvino rappresenta, fin dai tempi
«noi, il genio di un mondo nuovo che già si preannunziava, e che avrà per sé l’avvenire.
Il riformatore ginevrino, benché occupatissimo
nella sua creazione di Ginevra, ebbe parte attiva e
•quasi preponderante nella diffusione dei principi della
Riforma in molta parte dell’ Europa. Di guisa che
Ginevra divenne non solo città eminentemente protestante, ma ancora centro internazionale riformato
e focolare di attività protestante all’ estero. E, invero, da ogni parte gli sguardi erano rivolti a Ginevra. « Voi siete per noi come la regola dell* fede
e della condotta » scrivevano i protestanti di Venezia nel 1542. ^
E, imprima, notiamo che Giovanni Calvino, il quale
aveva fuggevolmente visitato l’Italia nel 1536, ospite
a Ferrara di Renata di Francia, si preoccupò vivamente delle sorti della Riforma nel nostro paese. Le
Valli Valdesi, per mezzo dei suoi agenti, ripresero
un nuovo slancio nell’ opera evangelizzatrice. Egli
stesso si fece « sovrintendente » di quest’opera, principalmente per l’invio di ministri e di maestri. La
stessa Confessione, la disciplina, il Catechismo imperanti Ginevra, e l’Istitnzione di Calvino in un coi
suoi Comenti delle Sacre Scritture, furono introdotti
■come regola nelle Valli e nelle nuove comunità piemontesi.
Ma egli è sopratutto in Francia che Calvino ha
potuto spiegai-e l’opera sua. Le duemilacentocinquanta
comunità, che in breve volger di tempo si erano
formate, in certo qual modo da lui dipendevano. E i
protestanti francesi sempre trovarono in lui, nell’imperversare delle persecuzioni, un amico, un consolatore. Rimarranno a questo riguardo, la prefazione
■della Isti fusione cristiana, dedicata a Francesco 1“
che aveva cominciato a perseguitare i riformati, e
le lettere sue commoventi ai martiri del Vangelo.
Va rilevato ancora che la Confessione di fede, la
disciplina, l’organizzazione della Chiesa di Francia
nei primi tempi suoi furono opera sua.
Anche la Riforma nell’Inghilterra subì l’azione
fiel riformatore ginevrino. In corrispondenza con il
re Edoardo VI, e il suo tutore duca di Somerset,
nonché con il vescovo Cranmer, Calvino esercitò una
notevole influenzane! primo affermarsi della Riforma
in quella nazione.
Anche, e sopratutto, nella fervida Scozia i principi
di Calvino prevalsero, specialmente per mezzo di
Giovanni Knox che fu a Ginevra alla scuola del grande
'riformatore. E fin nell’Olanda, in Ungheria, in Polonia le dottrine di Calvino si diffusero. Di guisa
che fu l’educazione calvinista che formò gli Ugonotti
in Francia, i pezzenti in Olanda, i Puritani in Inghilterra e in America, fecondando dovunque quei
principii e quelle libertà della democrazia che dovevano trionfare definitivamente alcuni secoli più tardi.
Egli é sopratntto mediante \Accademia istituita
nel 1559 per < susciter de la semence ponrletemps
advenir » che il grande riformatore esercitò la sua
vasta influenza nei paesi aperti alla libertà religiosa
e alle nuove idee protestanti. Invero la Schola Oenevensis ebbe un carattere internazionale, il che é
indicato non solo dai nomi iscritti nei suoi annali
di tutti quelli che d’ogni dove vi vennero a insegnare 0 a studiare, ma ancora dal fatto che ne furono imitati gli ordinamenti in molte parti d’Europa.
Ginevra era affollata da studenti accorsi da ogni parte.
E, dopo alcuni anni passati nella Roma del Protestantesimo, essi andavano a spandere lontano i principii che vi avevano attinto, a fondare chiese, di cui
Ginevra fu per qualche tempo la metropoli e Calvino
il principale consigliere. E il grande riformatore seguiva i suoi apostoli, i suoi discepoli in tutte le loro
peregrinazioni, nelle loro lontane e crudeli avventure,
li sorreggeva con i suoi consigli, e con loro soffriva.
Era un nuovo S. Paolo che aveva la sollecitudine
di tutte le Chiese. D’ogni parte a lui si ricorreva per
avere spiegazioni su infinite questioni di teologia,
di disciplina, di governo : la sua corrispondenza con
le chiese e con i sovrani che lo proteggevano e che
con lui simpatizzavano era estesissima.
In breve, Calvino si può considerare come il profeta dei tempi moderni e l’ispiratore, sebbene inconsapevole, delle libertà, civile e religiosa, mediante
la creazione della sua Scuola, la Schola genevensis,
e con il suo ordinamento ecclesiastico, nel quale erano
determinati con precisione i rapporti dello Stato con
la Chiesa, il che costituiva un progresso enorme
per l’epoca.
Riguardo all’impulso dato da Calvino all’istruzione,
ecco una bella pagina del Michelet. {La Béforme
pag. 384).
« E Calvino cosi duro e cosi tetro, nella sua creazione di Ginevra, che cosa vi fa sopfatutto ? Una
scuola. Non soltanto l’alta scuola degli eroi e dei
martiri, ma dapprima e principalmente l’umile scuola
che tutto cominciava, la scuola primaria, elementare.
La sua sollecitudine per il fanciullo, fin nelle minime
cose, é ammirevole e impone il rispetto del mondo.
« La scuola, ecco il primo motto della Riforma, il
più grande. Ella mise sulla fronte della sua rivoluzione questo dovere essenziale dell’autorità pubblica :
Insegnamento universale, scuole maschili e femminili, scuole libere e gratuite, ove tutti si siederanno,
ricchi e poveri.
« Che vuol dire paesi protestanti f I paesi ove si
sa leggere, ove la religione tutta riposa sulla lettura.
« Per la prima volta si parla dell’ insegnamento
delle fanciulle, ci si occupa nel formare quelle che,
ben presto, come mogli e madri, educheranno i loro
figli. La lettura, la scrittura, l’istruzione religiosa,
un po’ di storia, molto canto. Per la prima volta
l’insegnamento universale della musica é istituito ».
Riguardo all’ordinamento ecclesiastico, é da deplorarsi il falso concetto che ancora oggidì se ne ha,
mentre il medesimo segnò un progresso notevole per
r epoca, e fu un avviamento alla separazione dello
Stato dalla Chiesa, la grande conquista dei4empi
nostri.
Invero il sistema teoratico di Calvino non si riduceva ad essere una confusione dei due poteri, ma
alla loro distinzione, alla loro reciproca indipendenza.
Il riformatore ginevrino non ammetteva la dominazione del clero sulla società civile, nò che questa
avesse la supremazia sulla Chiesa. Egli fu il riformatore che restrinse maggiormente i diritti dell’autorità civile in materia religiosa, poiché reclamò l’indipendenza assoluta della Chiesa riformata che, sola,
poteva comprendere i suoi interessi e le sue dottrine. E in una sua lettera a Viret scrivea : « Quale
esempio offrirebbero gli ecclesiastiaci se accordassero ai principi il diritto di giudicare intorno alle
loro dottrine, di guisa che bisognasse adottare e ri
conoscere come altrettanti oracoli le loro decisioni ? »
Il sistema teocratico di Calvino, sul quale ancora
oggidì si dicono degli spropositi, si può definire in
questa maniera : Lo Stato e la Chiesa sono indipendenti reciprocamente. Ma al di sopra dei due poteri
vi é la regola divina dedotta dalla Bibbia, alla quale
anche lo Stato deve ubbidire. Se lo Stato é l’unico
sovrano, la Chiesa deve però determinare quale è
la volontà da Dio, sola norma e regola di tutti gli
atti del governo civile.
Va infine rilevato che l’organizzazione della Chiesa
riformata.era fondata sul principio delFuguaglianza
democratica. Per impedire il ripristinamento di una
casta ecclesiastica e il rinnovarsi dello spirito clericale, Calvino aveva stabilito questa^ legge : « Il ministro del Santo V angelo deve essere eletto col consenso e l’approvazione del popolo ». Cosi il principio
della sovranità del popolo venne applicato in materia
ecclesiastica nella Chiesa riformata, molto tempo prima
che esso divenisse la base delÌ’ordinamento nuovo,
nelle cose politiche, mediante la rivoluzione del 1789.
In breve, la teocrazia di Calvino si palesò favorevole ai diritti popolari.
E mediante la diffusione della Bibbia, la predicazione in lingua volgare, la preoccupazione costante
di spandere nel popolo l’istruzione e la conoscenza
della Parola di Dio, con la difesa dei deboli, dei perseguitati contro gli oppressori, e con lo statuire la
partecipazione del popolo al governo della Chiesa,
il Calvinismo ha preparato e favorito l’avvenimento
della democrazia rappresentativa, e ha contribuito
potentemente al rilevamento intellettuale e morale
delle classi popolari.
E, perciò, il mondo moderno dev« salutare in
Giovanni Calvino uno dei suoi più nobili precursori.
Enirieo |V[eyniei>
Gli ulfìmi momenti di Calvino
« Muor giovane ehi al Cielo é caro ». Muor giovane chi ha « finito il corso » e compiuta l’opera
sua. E Calvino — quantunque come S. Paolo si
considerasse il primo dei peccatori, e stimasse inoltre
ben poco l’opera sua — aveva finito il corso e compiuta l'opera che il Signore gli aveva « data a fare ».
Infermiccio tutta la \ita, morì a soli 55 anni. Nei
registri concistoriali di Ginevra, si leggono queste
laconiche parole : « Calvino se n’è andato a Dio il 24
di maggio di quest’anno » (1564).
Il 2 di febbraio aveva predicato per l’nltima volta
e tenuta l’ultima lezione. Da allora si fece ancora
trasportare in adunanze, ma l’asma da cui era affetto sempre grimpedi di parlare. Eppure — dice
Teodoro di Beza, l’amico e continuatore — Calvino
non ebbe mai un lamento, e prosegui a studiare e
a scrivere tenacemente.
Presentiva la vicinanza della morte.
Il IO marzo al Beza e ad altri amici, che lo
visitavano, disse: « Grazie, carissimi fratelli, per
tutte le cure che mi prodigate. Spero che tra poco
non vi sarò più di carico... Il Signore mi toglierà
dal mofldo e mi farà ascendere al suo paradiso ».
Ma lavorò ancora. Intervenne ancora una volta
alla seduta della < Compagnia dei Pastori » ; appoggiandosi al braccio altrui, risali le scaln del Consiglio, e s’accomiatò con le lacrime agli occhi ; il
giorno di Pasqua fu presente al culto pubblico e
fece la comunione e cantò serenamente con l’assemblea il cantico di Simeone : « Ora, Signore, ne mandi
il tuo servitore in pace ». Il 25 aprile fece testamento. La sua sostanza non ascendeva che a 200
scudi 1 E ricevette ancora una visita del Consiglio,
a cui rivolse esortazioni degned’nnapostolo ; enfia
visita dei Pastori, a cui rivolse esortazioni degne
d’un apostolo e d’nn padre. A quest’ultimo intrattenimento era presente anche il vecchio Farei, venuto a piedi da Neuchâtel.
Da allora la vita di Calvino fu una preghiera
continuata. Nei momenti più dolorosi esprimeva
sentimenti di fiduciosa rassegnazione. E tutta la
chiesa di Ginevra pregava per lui.
Spirò calmo un giorno di sabato al cader del sole.
6
6
LA LUCE
4
11 lutto fu generale ; Farei esclamò : « Poss’ io
morto in vece sua » ! Fu seppellito il giorno dopo
nel cimitero comune di Plainpalais. Per volontà del
Riformatore non un monumento, non una lapide,
non un sasso, a distinguer le sue da le altrui ossa.
Nulla! La pietra funeraria con le iniziali di Gio^
vanni Calvino non fu posta che secoli dopo.
Ora un monumento .sorgerà grandioso-. Ma il miglior monumento è la chiesa di Ginevra, è la Riforma, è l’influenza morale, religiosa, genuinamente
cristiana esercitata da vicino, da lontano, in Svizzera,
in Francia, oltre la Manica e — per mezzo del
Puritani scozzesi — fin oltre l’oceano, nel giovane
e nobile paese delle grandi imprese e deU’avvenire,
gli Stati Uniti d’America.
Cronaca Calviniana
Luigi Luzzatti scrisse per XEvangelista un pensiero
su Calvino « titano religioso », e nel pensiero l’illustre
nomo torna a insistere sul fatto di Serveto. « La macchia di quella condanna non si lava ricordando l’intolleranza dei tempi, in cui è’vissuto ». Benissimo!.
Siamo perfettamente d’accordo col Luzzatti contro il
Croce, che pare abbia dimenticato che la coscienza
e l’Evangelo d’amore non sono nati ieri. Anche nei
tempi in cui è vissuto G. Calvino la coscienza morale
esisteva ed esisteva l’Evangelo, e Calvino sentiva la
prima e conosceva assai bene il secondo. Questa moderna mania del voler giudicare ogni epoca con criteri
differenti, come se l’uomo si rimutasse fin nel profondo del suo essere col cambiar di stagione, non regge
dinanzi al buon senso nè dinanzi alla storia. Ma perchè
insistere tanto sul fatto di Serveto? Gli è come si parlasse eternamente (l’un furtarello di 5 lire, mentre d’intorno a noi e al Luzzatti ci sono ladri che han pescato
milioni nelle Banche e altrove.
Veramente il Luzzatti aggiunge che la colpa di Calvino « si discolora per la pietà razionale dei Ginevrini
credenti, i quali eressero un monumento espiatorio alla
memoria di Michele Serveto, pubblicamente attestando
il loro pentimento, creando « il nuovo rimorso della
persecuzione, » e rendendo omaggio alla libertà religiosa, salvatrice delle coscienze individuali e delle nazioni ». Se si discolora, perchè eternamente ritornarci su ?
Quanto ai Papisti che scaglian la pietra contro Giovanni Calvino, sono semplicemente esilaranti, e ci fan
l’effetto d’un ladro di milioni che incontrando per via
un Jean Valgeant che avesse rubato una gallina, si
fermasse a insultarlo e a dargli quel titolo che dieci
mila volte meglio a lui stesso si adatterebbe.
Come siete ridicoli 1 Se voi dove.ste erigere monumenti
espiatori i, non basterebbero le cave di Carrara, e ogni
piazza di ogni città cattolica romana ne vedrebbe sorgere un paio almeno. Errare una volta, come Calvino, si
' capisce ; errare sistematicamente — con buona pace di
Benedetto Croce e di chi è, come lui, di manica larga
~ è colpa senza paragone più grave e vergognosa
in tutti i tempi. State zitti dunque, o Papisti, se vi
rimane un po’ di pudore.
• •
Nel « Messaggero », sotto il titolo: « Le feste per
Calvino », Guido Cdli ha pubblicato un suo sfogo contro
le religioni, del quale riproduciamo qui un saggio* splen
dido documento della profondità del genio italico. Non
faremo i commenti, perchè qualsiasi babbeo li può fare
da sè senz» il nostro aiuto, e noi abbiamo stima dei
nostri intelligenti Lettori!
€ A Ginevra stanno celebrando le feste giubilar! di
Calvino. Ciò rientra nell’ordine naturale delle cose. Ogni
cittadino del|mondo il quale, per mancanza di altra occupazione stabile, si dedichi a fondare una religione
nuova, 0 a fare una ristampa riveduta e corretta di
una religione vecchia, può essere sicuro che presto o
tardi i posteri gli dedicheranno dei templi, e periodicamente, almeno ogni cento anni, celebreranno delle
feste in suo onore. Non vi sarà sfuggito, difatti, che,
mentre ci sono una quantità di pubblici esercizi che
dovrebbero chiudere per mancanza di avventori, non
c’è nessunajreligione al mondo la quale manchi assolutamente diffedeli. Il che dimostra che, dopo tutto, l’uomo
è un animale coraggioso ».
* •
L’editore Bridel di Losanna ha messo in vendita una
bella riproduzione del famoso ritratto di Calvino che
si conserva nel Museo di Rotterdam.
«
• *
E’ uscito un nuovo Albo calviniano, pubblicato per
cura della Compagnia dei Pastori ».
«
Tra le altre pubblicazioni venute in luce in occa- .
sione del IV Centenario di Calvino segnaliamo « L’E- |
glise de Genève » del pastore Heyer, bibliotecario-archivista della « Compagnia dei Pastori ».
* 4:
« Les Jubilés de Genève en 1909 » — di cui la
« Luce » ha già parlato — contengono un’ « Occhiata
storica su la Chiesa di Ginevra dal secolo XVI ad
oggi » (autore A. Guillot): il « Medaglione di Calvino » ; le « Chiese evangeliche invitate » (la Chiesa
Evangelica Italiana invitata alle feste e la « Chiesa
Valdese del Piemonte », cioè la Chiesa nostra); « Pubblicazioni calviniane » ; « La casa di Calvino » ; « Il
Cristianesimo evangelico in Ungheria »; « Post tenebras lux », l’inno giubilare ; « Come Sorse l’idea d’un
monumento della Riforma a Ginevra i> ; il « Progetto
del monumento » ; il « Monumento della Riforma » !
gli « Autori del monumento », ecc. ecc. E ad ogni
pagina ricchissime incisioni illustrative.
«
Si sono anche pubblicate cartoline postali e franco
bolli commemorativi. Guido Celli ne rimarrà scandalizzato. E’ vero che i centenari e le commemorazioni
sono di moda oggi anche in Italia; ma.. Calvino, quel
povero di spirito ch’era Calvino !... metteva proprio il
conto che le Chiese di Svizzera, Francia, Inghilterra,
Irlanda, Scozia, Italia, Olanda, Belgio, Germania, Austria, Ungheria, Russia, Danimarca, Svezia, Norvegia,
Stati Uniti e Canadá, si disturbassero per cosi poco ?
Commemorare il primo filosofucolo o il primo letteratucolo che capiti, questo si, va benone ; ma onorare
un genio letterario e religioso come Giovanni Calvino,
oibò !
*
• •
Le « Christianisme au XX Siècle » ha iniziata la
pubblicazione di offerte — raccolte a Parigi — per
l’erigendo monumento della Riforma di cui è stato or
ora posta la prima pietra a Ginevra. ~
*
• •
I fogli quotidiani d’Italia hanno poco o punto parlato di Giovanni Calvino; per lo più si sono ristretti
ad accennare al centenario dell’Università ginevrina ! !
Certi magni giornali, pubblicando il nome degli Italiani insigniti, in questa occasione, da queU’illnstre Università fondata da Calvino, dell’assai onorifico titolo di
dottori », han fatto bensì i nomi del Golgi, del Romiti, del Battelli, ma han lasciato nella penna quello
del prof. Enrico Bosio della nostra Facoltà teologica fiorentina, il quale era del resto già stato insignito dello
stesso alto grado da una Università scozzese!
Erudimini !
LE FESTE DI GINEVRA
pel giubileo di Calvino
Il 28 |l
dell’Aten]
calviniani
Jativi al
• •
;no s’è aperta a'Ginevra al primo piano
una piccola, ma piacente esposizione »
[ve figurano libri, stampe e manoscritti reinde Riformatore.
Ginevra ha celebrato dal 2 al 10 luglio delle feste
indimenticabili in occasione del 400.mo anniversario
del suo riformatore Calvino. Era commovente il vedere
la chiesa col popolo e col governo uniti in un fascio
solo, in un solo slancio per commemorare degnamente
un tant’uomo! Infatti le autorità cantonali e municipali, per quanto vi sia qui la separazione della Chiesa
dallo Stato han compreso che la repubblica di Ginevra
deve Calvino ha la sua grandezza e perciò han presenziato, coi loro uscieri in gran gala, le assemblee
solenni del giubileo ; ed il pubblico non solo s’è affollato a quelle assemblee, ma ha addobbato le case e le
strade riccamente come per la massima esultanza nazionale. Facciamo una breve cronaca dei festeggiamenti :
Venerdì 2, ogni treno recava delegati e visitatori
provenienti da ogni parte d’Europa.
I delegati ufficiali (due per ogni chiesa o denominazione) sono 18 per la Germania, 9 per l’Inghilterra, 2
per r Austria, 2 pel belgio, 3 per il Canadá, 3 per la
Danimarca, 6 per la Scozia, 3 per gli Stati Uniti, 12
per la Francia, 2 per l’Olanda, 7 per l’Ungheria, uno
per l’Irlanda, 2 per l’Italia (sigg. Dr. Teofilo Gay, segretario della Tavola Valdese, e pastore Ernesto Giampiccoli di Torino), 2 perla Svezia, 16 perla Svizzera,
ed uno per il Basutoland (sud Africa). Totale 89 dele
gati ufficiali. Impossibile dire il numero degli invitati
ed. aderenti volontari, basti il dire che dalla sola Ungheria ne sono venuti cento.
Venerdì 2, dunque, alle 8 pom. si apri il giubileo,
nella monumentale cattedrale di San Pietro, davanti
ad una assemblea di oltre due mila uditori, con una
magistrale conferenza del prof. Emilio Doumergue di
Montauban intorno a « Calvino predicatore di Ginevra ».
Sabato 3, alle otto =i aprì neU’immensa « aula della
Riforma » discretamente affollata la « Assemblea solenne » del giubileo, sotto la presidenza del pastore
H. Bergner ; in cui, dopo il benvenuto dato dal presidente del comitato giubilare, pastore Guillot, si udirono i discorsi dei principali delegati esteri, la prima
serie dei quali ne comprese uno per ognuna delle 12
nazioni ivi rappresentate. Non ci consente lo spazio dì
citarli, diremo solo che per l’Italia parlò applauditissimo il Dr. Teofilo Gay rendendo omaggio ai grandi
benefizi recati da Calvino alla Chiesa Valdese, ch’egli
trovò già esistente e lottante eroicamente da secoli.
E’ dover nostro aggiunger per la cronaca che il discorso
del nostro delegato italiano fu fatto soggetto di vivi
elogi unanimi e continui durante tutto il giubileo.
L’assemblea solenne finì solo al tocco, e fu seguita
da un imponente banchetto ove presero la parola insigni personaggi, fra cui il presidente del Consiglio di
stato di Ginevra. Ebbe termine la giornata con un ricevimento veramente principesco dato a ben 400 delegati ed invitati dal sig. De Perrox nella sua sontuosa
residenza di Chambésy sulle sponde del bel Lago Lemano.
Domenica 4, alle -S, la cattedrale di San Pietro era
gremita, e oltre mille cinquecento persone partecipavano
alla comunione distribuita da 12 pastori di nazionalità
differenti, fra cui il sig. pastore Giampiccoli di Torino ;
il quale pronunziò una preghiera in italiano. Solenne ed
indimenticabile riunione ! Pegno tangibile ed eloquente
della sincera e profonda unità dei discepoli di Cristo !
Tutte le chiese, ove predicavano oratori distinti, furono piene zeppe e la cattedrale nel pomeriggio rigurgitava di fanciulli e giovanetti pei quali si fece un
servizio speciale. La sera gran piena di nuovo alla
cattedrale per l’esecuzione dell’ inno del giubileo, che
è intitolato « Post tenebras lux » (motto di Ginevra).
Lufiedi 5, al mattino, gran festa del centenario del
collegio di Ginevra, colle promozioni, e con corteo immenso comprendente anche innumerevoli antichi alunni
di quella scuola. Nel pomeriggio, visita alle località
più famose nella storia di Calvino, ed assemblea nel
Tempio MVAaditoire degli Ungheresi con canti stupendamente eseguiti in quella lingua.
Martedì 6, nel Tempio di S. Gervais, alle 9, adunanza.
del comitato pel monumento da erigersi a Calvino, sotto
la presidenza del prof. Lucien Gautier. La sene dei discorsi viene aperta colla lettura d’un telegramma dell’imperatore di Germania ed un eloquente allocuzione
del di lui predicatore di Corte Dr. Dryander.
Non crediamo che mai ancora si fosse manifestata
cosi potente e luminosa l’unione profonda tra Luterani
e Calvinisti. Anche la nostra società di storia Valdese
mandò per mano del suo presidente, pastore Paolo Longo,.
al Comitato del monumento, una lettera d’auguri.
A mezzo giorno fu posta la prima pietra del monumento internazionale da erigersi a Calvino ed ai suoi
collaboratori, di faccia all’ Università, contro la muraglia già eretta dai Ginevrini in difesa della loro libertà. Facevano il servizio d’onore gli studenti in costume di gala; parlarono il prof. Gautier ed il presidente del Consiglio municipale di Ginevra-; e la cerimonia si compì in mezzo a grande entusiasmo della,
folla.
Mercoledì 7, fu la chiusura del Giubileo propriamentedeilo di Calvino e delle feste pel monumento ai Riformatori, e questa chiusura ebbe la forma di una deliziosa
gita sul lago Lemano. Partiti alle 8 i sette o ottocentodelegati ed invitati, sui due vapori, \Italie'^ il Oenéral
Dafour, sostarono i primi al Bouveret e quelli del
secondo vapore a Villeneuve. Dopo la colazione sii
visitò l’interessante castello di Chillon assistendo
nella sala dei Cavalieri ad una rappresentazione commovente della tragedia di Teodoro di Beza « Il Sacrifizio di Abramo », recitata in modo ammirevole daalcuni studenti di Losanna e di Ginevra, Segui un tè
offerto dal Consiglio di Stato Vodese ; dopo di che i
due vapori rimbarcarono i gitanti, ed alle 9 erano di
ritorno a Ginevra.
Giovedì 8, è cominciato il Giubileo dell’Accademia (ora Università) di Ginevra, fondata da Calvino, ed ècominciato con un’assemblea solenne a San Pietro, ove =
7
LA LUCE
■dopo vari discorsi fra cui uno del presidente della Confederazione Svizzera, sfilarono i delegati di tutti i principali Atenei d’ Europa e d’ America, riraettendò al
rettore dell Università di Ginevra gl'indirizzi scritti
dei loro mittenti. Molto bene rappresentata fu pure
1 Italia, e notammo con piacere che anche la nostra
Scuola Teologica Valdese di Firenze mandò un indirizzo per mano del pastore Glampiccoli. '
^ La grande Società di Studenti, detta Belles Letfres,
s associò anche il giorno 8 al Giubileo con un «banchetto in cui parlarono i rettori delle università di
Ginevra e di Losanna e con una gita e ricevimento
alla bella villa del sig. Ad. Lachenel ex presidente della
Confederazione. Con piacere vi abbiam viste rappresentate le Valli Valdesi dal delegato dottor Gay, nonché”
dal Dr. E. Charbcnnier residente in Isvizzera. ,
Venerdì 9. Gran seduta a Victoria Hall per il con- (
ferimento dei grandi accademici a moltissime per'sòne
scelte per lo più tra le cariche ufficiali delle Chiòse.
Per 1 Italia abbiamo notato con gioia il dottorato in
teologia conferito al decano della nostra Scuola di Firenze, prof. Bosio.
Sabato IO, domani, devon finir le feste col gran
Corteo Storico raffigurante la Storia dell’ Accademia.
Non la vedrò, dovendo tornar prima in Italia, ma gli
auguro un tempo più favorevole di quello degli ultimi
giorni. j
Bisognerebbe scrivere un volume su queste feste?
Eimarranno indimenticabili come affermazione di Fede
e di Unità Ciistiana.
Me ne vado con questo passo biblico sulle labbra :
« La vittoria che ha vinto il mondo è la nostra fede ».
Ginevra, 9 luglio 1909. El Kalil
CaWino (oniiKnorato in Jtalia
Palermo
11 luglio 1909, (Siculo) — Stamani alle ore 11 il
tempio Valdese di Via Macqueda aveva l’aspetto delle
grandi solennità. Nonostante il solleone l’uditorio era
insolitamente numeroso, e si leggeva sui volti che un
argomento d’interesse speciale era atteso.
Finita la parte liturgica, il pastore sig. L. Eostagno
ricordò come in questo giorno in tutte le nostre chiese
d Italia e in molte chiese del mondo intiero si commemorasse il quarto centenario della nascita di,Giovanni Calvino. Quindi egli tratteggiò, con brevi tocchi,
la vita e l’opera del grande Eiformatore che da Ginevra
irradiò tanta luce di progresso intellettuale morale e
religioso negli altri paesi d’Europa. Grazie sieno rese
al Signore — egli disse — per 1’ avvenimento della
Eiforma che restituì al mondo la luce vivificante del
Vangelo da molti secoli dileguatasi sotto una farragine
di errori, di tradizioni umane, di corruzione ; ma vada
eziandio la nostra gratitudine alla memoria di quei
grandi che Egli scelse quaggiù per essere istrumenti
e cooperatori suoi neU’adempimento del suo consiglio.
Calvino fu un grande servitore di Dio la cui vita ed
opera prodigiosa possono compendiarsi nel motto : « consacrazione a Dio ».
Tendiamo anche noi a quell’ ideale « presentando i
fiostri corpi, il nostro razionale servìzio, in sacrificio
vivente, santo, accettevole a Dio » (Eom. XII. v. 1).
All’useita vi fu una colletta a beneficio dell’erigendo
monumento al Eiformatore nella città di Ginevra.
Genova.
Anche qui, aderendo all’invito diramato dalle nostre
Amministrazioni, il culto di domenica mattina 11 corr.
fu consatérato a commemorare Giovanni Calvino.
In comunione di cuore e di mente con tutto il mondo
evangelico, abbiamo fissati i uosDrUpeusieri sulla gran
figura del Riformatore e sopra l’opera sua: dopo un breve
cenno biopafico dato, a mo’ d’introduzione, il pastore
ci ha invitati a seguire Calvino nelle quattro fasi più
salienti della sua vita, presentandocelo cosi successi-vamente come « scrittore », come « pastore », come«
« uomo del suo tempo », e c''me « pedagogo ».
La colletta fatta all’uscita del culto andrà consacrata
all erigendo monumento della Riforma in Ginevra ¡ intanto voglia Iddio che non siano vani per noi il ricordo
e l’esempio di quell’uomo che lu « apostolo, e'^angelìsta,
profeta » e di_ cui — senza nascondere le debolezze —
noi però ammiriamo e vorremmo imitare la fede e lo
zelo,
Venezia
^ 11 luglio 1909, (Q. D. B) — Questa mattina alle
11, abbiamo avuto un servizio d’ commemorazione del
quarto centenario della nascita di Calvino. Eravi una
bellissima assemblea di fratelli e di estranei. Tre giornali cittadini avevano gentilmente annunziato la commemorazione.
Fu fatta una colletta in favore dell’erigendo monumento al gran Eiformatore.
Torino
11 luglio 1909. (Em. C). — Oggi il nostro pastore
Cav. Paolo Longo ha tenuta uua splendida conferenza
su Calvino e la Riforma.
Biella
fX. Y.J — Dal Dr. Enrico Meynier fu commemorato
Calvino a Biella e a Piedicavallo, rievocando i fatti
più salienti della sua vita e della sua opera.
(AZ pfossimo numero altre notizie, se d saranno
favorite).
IL TRAMONTO DI ROMA
Sludio di sloria e di psicolo
gia dei Prof. 0. Bartoli.
Accadono allora, spesse volte, quelle tragedie passionali, di cui sono pieni i nostri giornali. È una
specie di malattia, come la definì Ovidio che ne sapeva qualche cosa. Ma per lo più, la ragazza ama un
amante ideale ; potrebbe dirsi, che « essa ama l’amore ».
In questo caso, se i suoi genitori la custodiscono rigidamente, se la tengono lontana da amici e conoastMiti,
se non si trova a contatto con persone ch’essa possa
amare di amor femminile, e, d’altra parte, è religiosa
e nutrita nella pietà, puoi scommettere che quella ragazza sentirà presto o tardi la voglia di farsi religiosa.
Essa non sa ancora amare un uomo ; anzi lo crede
proibito. I sacerdoti, i libri di pietà, i genitori non
fanno che battere su questo punto : i pericoli dell’amore umano ; le insidie della concupiscenza, la
colpevolezza del piacere sensuale. Per contrario, e
preti, e libri ascetici, e genitori e maestre religióse
non fanno che predicarle la santità dell’amore divino,
la dolcezza delle gioie spirituali, le estasi e il gaudio
dello sposalizio con Gesù. La fantasia femminile si accende. Essa sogna Iddio. Se lo immagina come un bell’uomo. Oh ! non ne ha coscienza, no ! Ma in fondo
in fondo, il suo Dio, il Dio che ella ama, è il più
bello, il più perfetto, il più nobile, il più amabile
degli uomini. E a Lui, al suo Dio, dice le parole più
care, versa in seno gli affetti più ardenti, e si unisce
P*“ soave connubio. I libri spirituali sono
pieni di cotali dolcezze e tenerumi ascetici dei quali
si pascono senza posa le religiose nei conventi. Ciò
vuol dire che l’anima estasiata di quella fanciulla si è
in maniera mistica sposata a Dio. Il piacere, il gaudio,
la pace seguono l’amore, come la luce e il calore il
sole. L’amante di Dio gode, gioisce, nuota nel piacere, e qualche volta sembra veramente ebbra di
voluttà. Allora, come la donna che ama veramente
un uomo, sente il bisogno di donarglisi, di servirlo, di sacrificarsi per lui, di vivere tutta per lui;
così le spose di Dio e del suo Cristo, sono del pari
capaci di eroismi meravigliosi, di sacrifizii sublimi,
di azioni sorprendenti. Le suore al letto degli ammalati, o sul campo di battaglia, le religiose trascinanti
la vita per lunghi anni d’una in altra scuola a educare la gioventù, le monache nello carceri, nelle case
di ricovero, negli asili infàntili, e in mille altre opere
di carità, dove le chiama il dolore, le lagrime, la miseria, la malattia fisica, la degradazione morale, e la
morte, sono altrettante prove di quanto ti ho detto
fin qui. A farla breve : voi altre donne siete creature
di amore. Amate 1 amate! amate! e non uscite mai dali’amore! x 1
— Come si fa ad amare P — domandò sorridendo la
Bice.
Il giovane non colse la parola di quella bella creatura, che stava come perduta nel suo sguardo e nella
luce del suo pensiero.
• os
— Non uscite dall’amore ho detto 1 L’amore vi fa
belle, sovranamente belle, anche quando la natura vi
fu avara di doti fisiche.
— Mi fa quasi venir voglia di farmi monaca
servò la ragazza.
— No, no, non c’è pericolo per te ! Ad ogni modo,
non ora. Il tuo fiore non è ancora spuntato.
— E pure, anch’io spesso penso che la vita di una
suora di carità deve essere una vita pur bella.
— Sì, finche dura l’amore: ma poi? Anche le monache di stretta clausura godono qualche volta il paradiso in terra, ma spesso anche soffrono pene d’inferno.
— Non sono felici?
— Come ho detto, alcune sì, ma moltissime no.
Guarda quel canarino in quella gabbia. É nato in
ischiavitù, non ha mai saputo che cosa sia libertà,
nè la cerca. Mangia, canta e vegeta. Così avviene di
molte suore di stretta clausura. Vivono tutta la vita
in una specie d’ignoranza artificiale, e quella ignoranza rende loro tollerabile, anzi spesse volte dolce
la vita. Ma guai, se mangiano il frutto proibito dell’albero della scienza del bene e del male! Guai se si
accendono la fantasia, se la loro carne si commuove,
se i loro sensi domandano imperiosamente una soddisfazione! Allora si dànno in esse tali battaglie, tali
dolori, tali atrocità mentali e ,fisiche, da renderle squilibrate, da farle impazzire. Metti, di più, la solitudine
continua, la compagnia delle altre monache non mai
cambiate, l’igiene manchevolissima, i cibi spesse volte
non adattati, le piccole gelosie, i rancori, le mormorazioni, i dispettucci, le tempeste in un bicchier
d'acqua, che in quei conventi pigliano la proporziono
di cicloni oceanici, e poi avrai un criterio della felicità di ñon poche di quelle religiose. Finalmente, manca
la vista dell’uomo. In un convento che conosco io, e
che solevo un tempo frequentare, era tanto il desiderio in alcune di quelle religiose di vedermi, che
avevano praticati, in un. certo assito, che dava sul
cortile, dei piccoli fori, a fine di godere per un istante
della mia vista. Insomma, come dice Orazio : « metti
quanto vuoi la natura fuori della porta, ti tornerà
essa sempre per la finestra in casa ».
— Ma se è così, perchè permette la Chiesa simili
istituzioni ?
— Perchè ai desiderii morbosi di solitudine, di penitenze esagerate, di un modo di vivere innaturale,
la Chiesa romana ha dato nome di vita divota, di
ascetica perfetta, di sacrifizio sublime, e ha promesso
uno specialissimo premio in cielo. Le donne dal cuor
caldo e dalla fantasia imaginosa, si lasciano sedurre
da cotali promesse, e rinunciano alla luce, peramore
della Luce, alla vita per amore della Vita. Gesù chiamò
in verità gli uomini alla sua sequela, ma non alle tenebre, alla vita innaturale, alla sporcizia del corpo, al
vivere antigienico, alla soppressione di ogni individualità, all’annichilamento del proprio essere. Di ciò
non vi è parola nel Vangelo, nè ricordo nei primi
tre secoli della Chiesa. Cotal genere innaturale di vita
passò dal paganesimo nella Chiesa, ed ora tende a sparire. Ilo detto che passò dal paganesimo nella Chiesa
e potrei'provarlo. Non mancano invitti argomenti a
dimostrare che nei primi due secoli della Chiesa, vi
erano bensì asceti, ma non monaci e monache dai voti
perpetui, dalla stretta clausura, dalla vita comune,
come vediamo ora. Il paganesimo invece li aveva,
come ^„ha anche al presente l’induismo, il buddismo
e il madmettismo ed altre religioni non cristiane. Il
mondo inoderno tende a sopprimere questo genere di
vita, nè ha tutti i torti. Il monachiamo ha fatto molto
bene nell’infanzia dei popoli : ora che questi sono
adulti, cèssa la ragione della sua esistenza.
— Ma anche le Chiese evangeliche, come Lei mi ha
detto più volte, hanno lejnonache.
— Non hanno monache, ma diaconesse conforme alla
Scrittura e alla pratica dei primi secoli della Chiesa.
— Ma, e non è lo stesso ?
— Niente affatto ! Le diaconesse evangeliche non
hanno voti, fanno vita di famiglia, non di convento
e godono, sotto molti rispetti, della più ampia libertà.
San Paolo e gli altri Apostoli crearono le diaconesse,
non avrebbero probabilmente permesso l’introduzione
del monachiSmo nella Chiesa !
(Ifi) {Continua).
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dell’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
Rivista Cristiana
Direttore : E. Oiampiccoli, Via Pio Quinto, 15,
Torino, t
Amministratore: A. Rostan, Via Nazionale, 107,
Roma.
E’ uscito il numero di giugno, di cui ecco il
Sommario :
Di una Riforma del Culto nelle Chiese Evangeliche
d’Italia (U. Janni) — Crisi ecclesiastica e crisi religiosa (fine) (A. Mingardi) — L’Evangelo ed il Socialismo (E. Meynier) — Maria Maddalena nella letteratura italiana del medio evo (E. Senàrega) — Cronaca del movimento religioso (U. Janni) —Quel ohe
si dice e quel che si scrive (Ern. G.).
8
8
LA LUCE
fllHERPH DEHTIST
Pr. JOHN BIAVA, 2 Quintino Sella, Milano.
Diplomato in Italia, Svignerà e New York
jy&nti senza, placche. Ottnragioni, Corone
in oro. Dentiere. Estrazione senza
dolore.
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ClOCCOLilTO
LTi-GR/i-nDc iTfi-unniV’ _j
uenOITFI-pRtsso TUTTI iC0f1fETTI£RI {.PB9^Hl£Rj.
lE CACAO TALMONE è riconosciuto Valixnento ricostituente più nutritivo e tacile a
digerirsi.
Qrande Hedaglia
d’Oro
del IÆINISTERO
di Agricoltura,
Industria
e Commercio
20 Diplomi d’Onore
e - Medaglie d’oro
nitro sproialita dello Stoblllmento
TnLMOHE:
Colazioni Istantanee High lite
Qianduja Talioooe
Cioccolatine Talmone
Pe^^ert de Reine
Bouchée de Pame.
Friaodijej
^USATE
SOLO j
LA
CHE
SI PUÓ^
AVERE
1
Jiti,
odalPETROLIO
Gradevolissima Tiel profumo
Facile nell’ uso
Disinfetta il Cuoio Capelluto
Possiede virtù toniche
Allontana T atonia del bulbo
Combatte là Forfora
Renòe lucida la chioma
Rinforza le sopraciglia
r\antiene la chioma fluente
Conserva i Capelli
Ritarda la Canizie
Evita la Calvizie
Rigenera il Sistema Capillare
Si vende da tatti i ?arnucUti, Droghieri, Profumieri e PmrrucchierL
T^ -u rA.nd.rnU da MtaOME 41 C. - VI* Torino, la - MILANO. - Fabbrica di Profumori«, Saponi • Antiooti por
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