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Anno 121 - n. 44
15 novembre 1985
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
Nel corso della tavola rotonda su « violenza e democrazia »
tenutasi a Palermo durante l’assemblea deUa FCEI, Rita Costa,
vedova del magistrato assassinato pochi anni fa dalla maña,
lamentava che il silenzio cala
troppo presto, come una pesante cappa di piombo, anche sui
fatti criminosi più clamorosi.
In un intervento durante il dibattito è stato ripreso il tema
del silenzio, ma riferito al grande silenzio di chi avrebbe invece
dovuto alzare la voce contro la
mafia. La prima, la più forte, la
più autorevole voce avrebbe dovuto essere quella della Chiesa,
di tutta la Chiesa cristiana unita nella proclamazione della legge di Dio che ordina di non uccidere. E’ stato questo grande
silenzio che ha permesso aUa
mafia di rafforzarsi nella società cristiana, di mettere radici
profonde e di acquistare tanto
potere da fare paura e sembrare oggi quasi indistruttibile. Perciò è necessario che le Chiese
facciano un’umile confessione di
peccato e riconoscano di essere
responsabili di un silenzio assurdo ed inspiegabile.
Nell’estate del 1963 la Chiesa
valdese di Palermo, in seguito
alla strage di Ciaculli in cui perirono sette persone tra ufficiali
e agenti di polizia, affisse un manifesto in cui si faceva anche
appello alle autorità religiose a
prendere posizione contro la mafia e a promuovere una iniziativa per il rispetto della vita. Ne
seguì una polemica con il cardinale E. Ruffini, che ehhe una vasta eco sulla stampa, sul «vero
volto della Sicilia ». In risposta
ad una mia lettera aperta il cardinale mi scrisse per confermarmi la sua convinzione che la mafia non esiste ma che si tratta di
comune criminalità, stramentalìzzata dalla stampa allo scopo
di denigrare la Sicilia.
Ma oggi il tempo'del silenzio,
che è la forza della mafia, è passato. Quelli che parlano diventano oggi sempre più numerosi.
Parlano persino i bambini e dicono delle cose stupefacenti. Nel
1971 un alunno dell’Istituto Valdese, che proveniva da Cortile
Cascino, uno dei quartieri più
depressi e squallidi di Palermo,
scriveva sul tema della mafia
quanto segue:
« Se ad un uomo rubano una
pecora ed egli va dalla polizia e
la polizia gii dice: ’Va’ via, non
possiamo occuparci della tua pecora’, allora l’uomo va dal mafioso e gli dice: ’Mi hanno rubato la pecora’. Così il mafioso
gliela va a prendere e poi gli dice: ’Io ti ho fatto un favore, ora
tu devi farne uno a me’. E così
quell’uomo diventa schiavo del
mafioso » ( Una Voce da Palermo, n. 22, a. 1971).
In una società in cui le forze
dell’ordine e della giustizia non
sono operanti è ancora la mafia
che acquista potere ed autorità.
Ma se anche la voce dei bambini che da tutte le scuole oggi
si leva contro la mafia, rompe il
lungo, grande silenzio del passato, abbiamo motivo di essere
fiduciosi e di aprire il cuore alla
speranza.
Pietro V. Panasela
PALERMO 31.10-3.11: VII ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE CHIESE EVANGELICHE
Un segnale dì speranza
Dopo un ingorgo iniziale l’Assemblea ha impostato il futuro lavoro dei Servizi, il dibattito del
protestantesimo nella società italiana, il dialogo interno dell evangelismo e col cattolicesimOi
La VII Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche
in Italia resterà probabilmente
nella memoria di molti partecipanti come un’assemblea dall’andamento a'iauanto convulso. Il
Consiglio aveva presentato una
ampia relazione, inquadrata in
una sommaria ma limpida analisi della società italiana, che conteneva anche utili indicazioni.
Questa relazione avrebbe meritato attenzione e un dibattito
adeguato: ma il dibattito ha fatto l'impressione di Quella commedia di lonesco, intitolata « Le
sedie », in cui un Oratore viene
lungamente annunciato, con ogni
sorta di divagazioni, poi presentato al pubblico, invitato a salire
sulla tribuna, da cui scende subito per distribuire autografi,
quindi viene ancora lungamente
ringraziato, e quando finalmente,
dopo altre vicende drammatiche,
apre la bocca per narlare, riesce
soltanto a pronunciare alcimi
suoni inarticolati. Il tutto alla
presenza dell’Imperatore, naturalmente.
Il dibattito è stato ufficialmente aperto a metà pomeriggio di
giovedì 31 ottobre, dopo la lettura della relazione del Consiglio e
della relazione del Collegio dei
Revisori; interrotto per l’ascolto
di alcuni messaggi, è ripreso con
due importanti comunicazioni.
una della Chiesa Apostolica Italiana e una dell’Esercito della
Salvezza, che annunciavano interventi su questioni di fondo, a
cui, per ragioni di tempo, non è
stato possibile concedere un
ascolto immediato; subito dopo,
il dibattito generale veniva interrotto per ascoltare una comimicazione sul tema « Pace e disarmo », a cui avrebbe giovato una
diversa collocazione. Venerdì 1°
novembre la mattinata è stata
occupata dalla riunione per gruppi in cui si sono discusse le prospettive dei Servizi; nel pomeriggio, altri messaggi e comunicazioni. Il dibattito generale non è
praticamente ancora cominciato,
quando si tratta di dare inizio a
uno dei momenti forti dell’assemblea: il dibattito pubblico su
« Violenza e democrazia ».
Un simile ingorgo di interventi, messaggi, proposte, comunicazioni, non deve far pensare a un
bilancio catastrofico; io azzarderei l’ipotesi ohe l’ingorgo sia dovuto al moltiplicarsi di impegni
e di rapporti, cioè a una crescita
della Federazione.
Proviamo dunque a vedere le
esigenze, le prospettive, le possibilità che sono in qualche modo
emerse nell’assemiblea.
Primo: la funzione della Federazione consiste nell’attività dei
Servizi; il che significa in sostan
I lavori dell’Assemblea sono stati diretti dal pastore Salvatore Raptsarda (al centro) coadiuvato dai vicepresidenti Rosanna Ciappa
Nitti e Paolo Staffi.
za quattro cose: informazione e
testimonianza attraverso i grandi mezzi di comimicazione, preparazione dei futuri membri di
chiesa, intervento in una delle
aree più emarginate della nazione (la zona del terremoto), azione in favore degli emarginati tra
gli emarginati, cioè i lavoratori
stranieri in Italia. Ora, in tutte e
quattro queste direzioni non si
trattava in fondo di inventare
MOMENTO PUBBLICO, E SALIENTE, DELL’ASSEMBLEA
Violenza e democrazia
La scelta di convocare a Palermo la VII assemblea della
FCEI imponeva che si tentasse
di raccordarsi ai temi vitali per
il capoluogo siciliano. Ma parlare di mafia sarebbe stato limitativo; tacere, sarebbe stato grave. Ecco allora, nel dibattito pubblico dell’Assemblea, un tentativo di cogliere i problemi in un
quadro più complessivo: il tema del dibattito, valido per la
situazione specifica ma ben presente anche all’intera vicenda
del nostro paese, è al tempo
stesso ampio ma articolato:
« Violenza e democrazia: problemi e speranze della Sicilia di
oggi ».
La prima testimonianza è stata data da Rita Bartoli Costa,
vedova del Procuratore capo della Repubblica in Palermo, Gaetano Costa, assassinato dalla mafia il 6 agosto 1980. Rita Costa,
ora deputato alla Assemblea regionale siciliana, come indipendente, eletta nelle liste del PCI,
e membro della Associazione delle donne siciliane contro la mafia. ha sottolineato la particolarità della violenza in Sicilia, più
grave di quella che altrove si registra, fonte di assuefazione, come già aveva detto il cardinale
Pappalardo, ma più ancora fonte di silenzio, e in definitiva di
oblio, « il più terribile strumento de! potere ». Isolarsi nel do
lore, come è reazione logica di
chi è colpito, non serve, occorre
reagire, testimoniare, parlare.
Nel momento attuale, di democrazia minacciata e colpita,
dal potere mafioso certo, ma talora anche dal potere legale, la
lotta alla mafia non può essere
solo delegata alla magistratura,
alla polizia, ma deve essere di
tutti. Giunti al punto di massima incompatibilità tra la volontà di liberazione e progresso dei
siciliani, e la volontà di sopraffazione, occorre il contributo di
tutti per una svolta vera verso
una democrazia globale.
Con un taglio più filosofico e
giuridico ha affrontato il tema
Pietro Barcellona, professore di
diritto privato all’università di
Firenze. Dono aver definite le
chiese protestanti « chiese di ricerca » dove la norma è il dialogo, lo stare insieme nel riconoscimento delle diversità e del
conflitto, dove non può esserci
la violenza dell’uno, dove nessuno può pretendere di parlare in
modo escludente gli altri, Barcellona ha individuato il germe
della democrazia in un atteggiamento analogo nella società civile, come dialogo dei diversi,
dove ciascuno si esprime e riconosce l’altro come altro, simile
ma non uguale. Oggi la violenza
tende Invece ad omologarci, a
sopprimere il diverso, anche con
la sintesi, con il dogma, con
l’uso di parole consunte.
C’è oggi da superare lo schematismo consueto nel parlare di
democrazia nel senso puramente
procedurale della parola, e di
violenza badando solo a quella
etichettata come tale.
Ricordando il dramma classico di Antigone (la legge « divina » e la legge « positiva » contrapposte e, apparentemente, non
conciliabili), Barcellona si è
chiesto quando si potrà, in Sicilia, « dare pace a chi ha subito
violenza », quando si sarà in grado di dare effettiva sepoltura ai
morti, là dove oggi la terra siciliana pare espropriata anche di
questo diritto, vittima di una
violenza senza limiti, che va anche oltre il fatto stesso mafioso.
Il sud ha perso anche il diritto
fondamentale, biblico, di « dare
un nome alle cose », di possedere il proprio linguaggio, di tramandare memorie, di rappresentarsi. Anche « da sinistra » è necessaria una autocritica per incominciare a capire: non tutto
può essere ricondotto a scambio economico, a « protezione »:
vi sono questioni vitali che non
possono essere viste solo quantitativamente, non possono essere affrontate attenuando e imbrigliando i conflitti, ma al conSergio Ribet
(continua a pag. 8)
nulla, in quanto le premesse erano state poste in precedenti assemblee, ma si trattava di prepararsi a rispondere a crescenti richieste, a nuove e impegnative
occasioni. Dagli interventi, costretti in tempi forzatamente brevissimi, emergeva una realtà in
pieno sviluppo ohe si doveva confrontare con risorse troppo limitate. Di qui l’importanza che
assume la questione del finanziamento della Federazione.
Secondo: i Servizi sono importanti, ma la Federazione è qualcosa di più dei Servizi. Il sermone di Aqui'lante e il dibattito pubblico, con l’intervento di esponenti in prima linea nella lotta
contro la mafia, sono stati un
chiaro segnale di speranza, come
forse non era mai accaduto nelle
precedenti assemblee. Su un problema preciso siamo riusciti a
dare, insieme, un messaggio preciso. Come Federazione.
Terzo: la Federazione è uno
strumento di conoscenza e di dialogo. Accanto a battisti, metodisti e valdesi, nell’assemblea hanno cominciato ad esprimersi anche le altre componenti: luterani,
apostolici. Esercito della Salvezza. Sono state spesso voci critiche, ma che hanno comunque dimostrato la volontà di partecipare attivamente al lavoro della Federazione condividendone la responsabilità.
Nel futuro il lavoro dei Servizi, il dibattito nella società italiana, il dialogo interno all’evangelismo italiano e con il cattolicesimo, saranno i momenti centrali; e chi preparerà la prossima assemblea dovrà tenerne conto. Bruno Rostagno
Predicazione
d’apertura
La predicazione inaugurale
dell’Assemblea tenuta dal pastore Sergio Aquilante è pubblicata iiitegralmente nelle
pagine 6 e 7.
2
2 Speciale Assemblea
15 novembre 1985
LA DISCUSSIONE SULLA RELAZIONE DEL CONSIGLIO
Un dibattito vivace
e spezzettato
Diciamo subito, perché si possa anche capire l’atmosfera in
cui si è vissuta la discussione
della relazione del Consiglio,
che raramente im dibattito è
stato così spezzettato come a
Palermo. Subito iniziato, dopo
la lettura della relazione del lavoro fatto negli ultimi tre anni,
con due interventi di peso —
uno a nome della Chiesa Apostolica Italiana che chiedeva imo
spazio maggiore per la propria
rappresentanza e uno del rappresentante dell’Esercito della
Salvezza che chiedeva la discussione di un documento sulla responsabilità evangelica della Federazione — il dibattito veniva
subito sospeso perché l’ordine
dei lavori prevedeva una comunicazione sul tema Pace e disarmo preparata dalla Federazione regionale di Sicilia e Calabria. Ripreso più tardi, il dibattito veniva presto sospeso
una seconda volta per una serie
di interventi «esterni», fatti da
invitati all’assemblea (il presidente della Federazione protestante di Francia, pastore Jac
ques Maury, il rappresentante
della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Abiondi, il portavoce di Com-Nuovi Tempi,
Giovanni Pranzoni), e poi dalla
discussione per gruppi sui vari
servizi della Federazione.
Ripresa una terza volta la discussione, l’assemblea di nuovo
era interrotta nel corso normale
dei lavori da una serie di interventi « esterni » — il rappresentante della Federazione delle
chiese protestanti in Svizzera, il
rappresentante deirePER, il rappresentante delle comunità di
base. Franco Barbero, della società biblica italiana, Giovanni
Scuderi — e da una tavola rotonda seguita da pubblico dibattito sul tema «Violenza e democrazia ». Il dibattito vero e proprio trovava finalmente un suo
momento di continuità nella
giornata di sabato. Ma con la
conseguenza di strozzare in seguito la discussione sui servizi,
su cui si era discusso a gruppi
nella mattinata di venerdì. Il
lettore deve cercare di capire
che una discussione di questo
Ricerca
prioritaria
L'Assemblea, nella consapevolezza che il vasto raggio di contatti
ecumenici stabiliti ^1 Consiglio richiede un approfondimento del discorso ecumenico, invita il Consiglio a considerare prioritaria questa
ricerca che va condotta anche a
mezzo di contatti con Federazioni
sorelle e che deve trovare un momento di elaborazione e di verifica
negli incontri annuali con i rappresentanti delle Chiese, Unioni di
Chiese ed Opere collegate con la
Federazione.
Per una volta sono stati i settentrionali a doversi sobbarcare lunghi
viaggi. Un gruppo piemontese-ligure-lombardo è andato a Palermo in
treno ed è tornato, molto più comodamente, in nave.
tipo, se ha subito i vantaggi di
una continua « incursione di elementi esterni » più interessanti
e stimolanti uno dell’altro (e non
vorrei dimenticare gli interventi
del rappresentante della federazione delle chiese protestanti del
Portogallo e del rappresentante
dell’unione italiana delle chiese
cristiane avventiate), ha però sofferto moltissimo di discontinuità. I temi dovevano essere più
volte ripresi ; il tempo è stato
brevissimo.
Si può quindi dire che la parte più stimolante dell’assemblea
è stata data dai vari interventi
esterni, tutti di notevole livello,
e dai due momenti di dibattito
su temi specifici : quello sulla
pace (introdotto dalla federazione siciliana) e quello su violenza e democrazia: solo per questo sarebbe valsa la pena di fare il viaggio a Palermo.
Ricordiamo gli argomenti che
sono stati oggetto di discussione sull’operato del consiglio. Innanzitutto il senso di una predicazione evangelica nell’Italia di
oggi: a parere di più delegati la
IL PUNTO SUL MOVIMENTO DELLA PACE
il
Tra gli attori rimasti in scena
Parlare di pace non era facile
in questa assemblea; tanto meno era facile parlarne in Sicilia,
in quanto vi era il rischio «di
scivolare nella rievocazione nostalgica delle belle imprese del
passato, piuttosto che affrontare il ben più squallido panorama della situazione attuale », come ha ricordato Bruno Gabrielli, cui la Federazione regionale
calabro-sicula aveva affidato il
compito di una relazione sul
movimento per la pace in Sicilia, ascoltata con attenzione dalla assemblea.
Non era facile, ma lo si è fatto, in due momenti distinti, dapprima in un dibattito a ruota
libera che ha seguito la relazione di Gabrielli, poi nello specifico del compito che la FCEI
si propone in merito alla questione pace, giungendo a formulare la mozione che riportiamo
a parte.
Non si sono dette novità; ma
si è raggiunto un grado maggiore di omogeneità tra quanti si
erano fin qui occupati, in modi
molto differenziati, di pace, e
quanti fin qui erano stati toccati solo marginalmente dal problema; in questo senso si sono
fatti passi avanti importanti, e
ci si è compresi meglio, ridefinendo obiettivi e compiti.
Tornando alla relazione di Gabrielli, è stato interessante ascoltare la rassegna delle iniziative
che hanno coinvolto chiese e
opere evangeliche nel movimento per la pace.
« E’ di qualche conforto constatare — ha detto Gabrielli —
che le nostre chiese siciliane e
i loro gruppi giovanili spesso si
trovino tra i pochi attori rimasti sulla scena, pur condividendo spesso la rassegnazione, la
stanchezza, la confusione che
caratterizzano la fase attuale.
Cosi la comunità valdese di Pachino si è trovata fra i primi
promotori della denuclearizzazione del territorio della cittadina, deliberata alcuni mesi fa.
Così la chiesa metodista di Scicli più di recente ha ripreso a
lavorare sullo stesso obiettivo.
Così il Centro giovanile evangelico di Adelfia ha dato vita la
scorsa estate alle più significative iniziative per la pace nei
dintorni di Comiso, con un campo culminato il 6 agosto con un
sit in davanti alla base NATO
per ricordare I’anniversario di
Hiroshima, ed un secondo a settembre, con un momento di testimonianza dell’unico Signore
della pace. Così le scuole della
Noce a Palermo e del Servizio
Cristiano a Riesi proseguono nel
relazione del consiglio presentava un’analisi accurata (anche se
non condivisa da tutti) della situazione italiana, ma a questa
analisi non seguiva una proposta conseguente su quel che significa predicare oggi. In secondo luogo una attenzione non
sufficiente,per 1 rapporti esterni:
i revisori segnalavano che, accanto a un rafforzamento interno della federazione, con rapporti sempre migliori fra le varie chiese che la compongono,
non si poteva che notare una carenza per i rapporti esterni, nelle due direzioni dei contatti con
le chiese evangeliche non federate e dei rapporti con il mondo cattolico italiano ; l’assemblea, al termine del dibattito, invitava il consiglio a trovare i
modi di stimolare il dibattito
ecumenico in Italia.
In terzo luogo l’attenzione ai
problemi del Meridione: la predicazione iniziale di Sergio Aquilante, la comunicazione su
pace e disarmo e il dibattito sul
servizio di azione sociale in particolare hanno ricordato che qui
si gioca una parte del nostro impegno, e questa parte è determinante. Se si tien conto che la
stragrande maggioranza dei delegati all’assemblea ha giudicato
ben impostati i lavori di quasi
tutti i servizi, con l’eccezione del
servizio studi (che è stato per
così dire messo in quarantena
affidandone la cura direttamente al consiglio), è rimasta a molti di noi l’impressione che i problemi in sospeso restano quelli
dei rapporti con i non-federati e
un approfondimento dei rapporti con lo stato (cioè, per schematizzare: il problema ecclesiologico e il problema fede-politica).
Da notare anche questa volta
l’osservazione già fatta più volte
nel passato che le prese di posizione erano sempre più differenziate anche aH’interno delle singole denominazioni. Più che mai
presenti — e questo non può essere che un dato positivo — i delegati dell’Esercito della Salvezza
e della Chiesa luterana.
E’ anche necessario notare che
la discussione di quest’assemblea
è iniziata con una relazione del
collegio dei revisori che non ha
esaminato, data l’incertezza del
regolamento attualmente in vigore, il lavoro dei vari servizi. A
partire dalla prossima assemblea non sarà più così. E’ proba
Il nuovo
Consiglio
Insieme al pastore Aurelio Sbaffi,
riconfermato presidente della Federazione, sono stati chiamati a far
parte dei Consigiio: Giorgio Bouchard. Franca long, Marco Rostan,
Gianna Sciclone (valdesi); Paoio
Spanu, Gioele Fuligno (battisti);
Bruno Loraschi, Fulvio Rocco, Luciano Cirica (metodisti); Antonio Mucciardi (chiese libere) ; Dieter Stoehr
(luterano); Miriam Vinti (Esercito
della Salvezza); Stefano Meloni
(FGEI); Vera Velluto (FDEI).
bile che il quadro di insieme
che i delegati avranno ritrovandosi fra tre anni sarà più completo, più preciso. Se poi lo spazio che avranno a disposizione
sarà più ragionato e meno spezzettato, sarà tanto di guadagnato. Ne vale la pena: il lavoro
che il Consiglio ed i Servizi han
fatto è stato notevole. Il lavoro
che il nuovo Consiglio ha davanti a sé è certamente difficile;
ma le votazioni finali, che lo hanno eletto a grande maggioranza,
stanno ad indicare che in questa
ricerca di modi di testimonianza non sono soli.
Eugenio Rivoir
lavoro di educazione alla pace.
Così le chiese valdese e battista
di Catania si sono trovate ad
ospitare lavoratori senegalesi
immigrati, con l’appoggio di poche comunità cattoliche e persone singole ».
Se si sono ricordate queste
iniziative, non è stato per darsi
una buona coscienza; ma per
dare volto a quelle non molte
ma reali controtendenze che in
un momento di tensioni internazionali, di scoraggiamenti e di
difficoltà per le iniziative di pace, tentano di riflettere sul ruolo delle armi, delle politiche egemoniche, delle arroganze dei potenti, per tentare strade diverse,
vie di cooperazione e di pace
nell’area mediterranea in particolare, e in generale alla ricerca
di un nuovo ordine economico
tra nord e sud, in Italia e nel
mondo.
La riflessione che vi è stata,
senza grandi proclami o velleità
non rispondenti alle nostre forze reali e al nostro stile, è stata
comunque una risposta positiva, capace di contrastare il senso di impotenza che troppe volte porta alla rassegnazione e al
conformismo, questi sì veramente sterili e senza sbocchi possibili.
Cristo è la nostra pace
, L'Assemblea della FCEI, riunita a
Paienmo, nei cuore di una deile aree
più militarizzate ed esplosive del
mondo, dove ogni proposta di giustizia e di pace sembra oggi destinata a soccombere di fronte aiia
poiitica dei potenti del nostro
tempo,
a) riafferma che Gesù Cristo è
la nostra pace (Efesini 2; 14) perché in Lui Dio ha riconciliato ii
mondo e ha posto in noi la parola
della riconciliazione (Il Corinzi 5;
19);
b) aderisce aila proposta di un
concilio di tutte le chiese cristiane
per la pace, la giustizia e ia preservazione deiia creazione già fatta
propria da numerose assemblee e
sinodi di chiese nazionali e internazionaii;
c) individua nella ricerca e nella promozione di progetti di pace,
di cooperazione economica, cuituraie, politica fra quanti si adoperano per la liberazione dei popoii
dei Mediterraneo e dei Medio Otiente, fondata sui rispetto e sull'amore
delle diverse identità, e nella denuncia dei processi di riarmo e di
guerra, di egemonia e di sopraffazione nella regione mediterranea e
ntediorientale, uno dei contesti internazionali nel quale le chiese italiane sono oggi chiamate con maggiore urgenza a rendere testimonianza della pace fondata sulla giustizia;
d) ritiene che a tale scopo le
chiese, anche valorizzando le strutture di ricerca, di documentazione,
di incontro, di promozione per la
pace, il disarmo e la cooperazione
fra i popoli di cui dispongono, debbano approfondire la loro conoscenza del contesto sopra definito e in
generale delle condizioni di grave
squilibrio e tensione che caratterizzano quasi ovunque gli attuali rapporti fra le nazioni e fra le diverse
componenti sociali al loro interno;
e) in particolare, per quanto riguarda il ruolo internazionale e i
problemi interni al paese in cui si
trovano ad operare, incoraggia le
chiese a rilanciare il proprio impegno nel dialogo, nel confronto con
quanti già lavorano in queste direzioni, contro io sconsiderato processo di militarizzazione che colpisce
oggi il territorio, l'economia, la democrazia italiana; per il disarmo e
la diffusione di una cultura di pace, di non violenza e di cooperazione nel campo dell'educazione,
della difesa, della programmazione
scientifica, tecnologica, economica, della risoluzione dei conflitti
politici e sociali.
Il seggio comunica di aver inviato il seguente telegramma al
« Consiglio interecclesiale delie
chiese evangeliche in Olanda »
(IKV):
« La VII Assemb'ea della Federazione delle Chiese Evangeliche in
Italia (Palenno, 31.10-3.11.85) vi esprimo tutta la propria solidarietà
noi momento in cui il Governo olandese approva l'installazione di missili Cruise nel vostro Paese; è convinta che l'impegno per la pace, il
disarmo, la giustizia continuerà nel
vostro come nel nostro Paese, in
uno spirito di testimonianza al Signore risorto ».
3
15 novembre 1985
Speciale Assemblea 3
SERVIZIO MIGRANTI
Per una società
multiculturale
Questa volta TAssemblea non
ha potuto dare mandati precisi
al Consiglio. Ha preferito far suo
il documento conclusivo della discussione del gruppo sul Servizio Migranti (S.M.) lasciando libero il Consiglio FCEI di attuarlo al meglio possibile. Questa fiducia è spiegabile con la sentita
partecipazione al problema da
parte di tutti i presenti. Certamente anche la Mostra fotografica (decine di foto divise fra temi e problemi quotidiani degli
afro - asiatici nel nostro paese
che tutte le chiese nossono chiedere telefonando alla FCEI: tei.
06/4755120: Emanuela Ricci) ha
contribuito a creare l’atmosfera
di partecipante e fiducioso consenso.
Non è facile occuparsi di ospiti clandestini o di rifugiati politici. Nella discussione è emersa
subito una obiezione di fondo.
Attenzione ad occuparsi dei lavoratori stranieri in Italia! Questi sono spesso dequalificati e
finiscono per occupare i posti di
lavoro più umili e più rifiutati
dagli italiani e, cosa peggiore, diventano strumento di ricatto verso i disoccupati italiani perché,
disperati come sono, sono disposti a lavorare senza contributi
e a stipendi più bassi.
Filo conduttore
Ma quel ohe è emerso con forza, e che dovrebbe essere il filo
conduttore del lavoro del SM,
è che dovrà essere modificata la
Noterelle
in margine
AVVENTURE DI VIAGGIO
Uno sciopero improvviso della Tirrenia ha guastato la festa
a diversi partecipanti. C’è chi in
procinto di imbarcarsi a Napoli
e pregustando una bella notte in
cabina ha dovuto riprendere l’auto e ingoiarsi d’un fiato tutta
l’autostrada che c’è tra Napoli e
Palermo. C’è chi a Genova, dovendo sostituire il treno alla nave, si è rassegnato a riempire
l’attesa con cinema e farinata.
Tutti i naviganti mancati dell’andata si sono rifatti col ritorno. Il gruppo imbarcato sull’« Emilia » in servizio da Palermo
a Genova ha assistito qualche
malato di mare, osservato qualche malato di cinema (non bisognoso di assistenza) e seguito
con passione l’intrecciarsi di un
serrato dialogo tra il capo grup-^
po “Revoir” e il Commissario di
bordo.
PSEUDO FURTI
E SCIPPI RIENTRATI
Un membro del Consiglio è arrivato a Palermo senza una lira
e senza portafogli. Pensava di
essere stato derubato in treno
e invece da casa lo hanno informato che le Ferrovie avevano
già telefonato avvertendo del ritrovamento del portafogli intatto. Chi mai potrà parlar male
dell’Azienda di Stato?
Nella notte palermitana uri
membro del Collegio dei Revisori è stato scippato del borsello, ma mediante un pronto e^ temerario inseguimento con un’auto di passaggio è riuscito a recuperare il maltolto. Determinante nell’impresa è stata la perentoria affermazione: « Fai attenzione: sono cintura nera di
karaté ».
Come non temere un cotal revisore, rieletto per il prossimo
triennio?
nostra cultura e la nostra legislazione. Dovremo abituarci a
concepire la società italiana, ed
europea, come una società multiculturale (parola che sottintende multirazziale), col problema
quindi di accettare razza, religione e modo di vivere totalmente
diverso dal vicino di casa, dal
collega di lavoro. E quello del
razzismo latente, in una Italia
che stenta a superare gli effetti
degli esodi dal Sud al Nord, è
uno degli scogli sommersi in cui
si è imbattuto Bruno Tron, coordinatore del S.M. in questi ultimi due anni. Così come la battaglia è quella di modificare la
nostra legislazione, senza cedere
alla tentazione di chiudere i flussi migratori. Nei paesi europei
dove è stata attuata una chiusura delle frontiere non solo non
si è bloccato l’arrivo di lavoratori clandestini, ma, proprio perché clandestini, sono aumentate
le difficoltà di inserimento, l’uso
fuori legge del loro lavoro, ed è
aumentato il rifiuto razzistico
che parte dalla società. Quel che
il SM ha constatato è che la condizione di clandestini espone marocchini, tunisini, eritrei, filippini al rischio di andare ad ingrossare le fila della piccola delinquenza. E i « fogli di via » della
polizia non producono alcun effetto visto che prevedono solo
l’accompagnamento alla «frontiera ». Ma cosa ci fa un marocchino disoccupato all’ aeroporto
di Fiumicino? Semplice: toma a
Roma, a piedi, a collezionare altri fogli di via, sempre più esposto ai ricatti di chi vuole sfruttare il suo lavoro!
Accanto c’è da modificare il
concetto di « rifugiato politico ».
La legge italiana definisce « rifugiati politici » principalmente
quelli provenienti dai paesi dell’Est europeo. Così succede che
gli zairesi, o gli eritrei, o i marocchini che cercano di sottrarsi
alle persecuzioni della polizia del
loro paese per motivi politici,
non possono godere di quei riconoscimenti giuridici che per
metterebbero loro di cercarsi un
lavoro e una sistemazione alla
luce del sole.
Il compito
delle chiese
Nel frattempo però tocca a organizzazioni locali (chiese. Esercito della Salvezza, Centro Emigrazione Siciliana in Europa di Palermo) cercare di provvedere ai
bisogni quotidiani di questa massa di stranieri che vivacchia nelle nostre grandi città senza un
alloggio, senza lavoro, senza cibo.
L’Esercito della Salvezza sta ottenendo dal Comune di Roma
aiuto per poter offrire un luogo
di ristoro per la cena, perché al
pranzo già ci pensa la Caritas,
e un poliambulatorio. E già pensano ad un ufficio di consulenza
legale. A Palermo, invece quelli
del CESE devono auasi andare a
cercare gli ospiti del loro centro
di ristoro, perché i vari clandestini temono che avvicinandosi
la polizia li individui e li arresti.
E’ stato chiaro però che, come ha sottolineato Pieter Müller del Comitato delle chiese per
i lavoratori migranti in Europa
(CETMI), la FCEI non può occuparsi di tutto. Non può correre
dietro a progetti di intervento diretto, come i corsi di qualificazione lavorativa, ma collegare
tra loro le varie iniziative locali
e internazionali e fare da centro
di informazione ner tutti coloro
che si interessano degli immigrati, regolari o clandestini, in Italia. Inoltre deve coordinare tutte
quelle iniziative che riescano a
modificare l’atteggiamento culturale degli italiani e la legislazione.
Da molti è stato sottolineato
che non ci si può dimenticare di
quel che hanno passato i nostri
migranti in Europa e nel mondo,
e quel che noi stessi italiani abbiamo fatto passare ai nostri connazionali che sono emigrati all’interno del territorio italiano.
Elio Canale
Programma di lavoro
L'Assemblea, udita la relazione
del gruppo di lavoro del servizio
migranti
— ribadisce che il fenomeno deil’immigrazione in italia dai Paesi in
via di sviluppo costituisce un fatto
ormai consolidato e per nulla contingente;
— constata il ritardo con il quale procede l'iter di un provvedimento legislativo suH'immigrazione
in italia;
— esprime viva preoccupazione
per la gravità di taiune situazioni
specifiche quali i rifugiati per motivi politici non riconosciuti dal
Governo italiano e gli « illegali » e
per la crescita in tutta Europa di
sentimenti e movimenti razzisti tesi
all'espulsione indiscriminata dei lavoratori stranieri;
— ritiene che un servizio migranti debba sviluppare le sue linee
di lavoro nelle seguenti direzioni:
a) promuovere un'informazione
puntuale sulle tendenze dei problemi dell'emigrazione in italia avvalendosi oltre che degli organi di
stampa, di altri strumenti di comunicazione e sensibilizzazione quali mostre, filmati, video-cassette;
b) promuovere, collegare e sostenere, anche attivando canali di
finanziamento, le attività intraprese
da gruppi e chiese locali che svi
luppino specifici progetti di lavoro
in questo campo;
c) proseguire i contatti con forze politiche e sindacali per una legislazione in favore dei lavoratori,
degli studenti stranieri e dei rifugiati politici in italia;
d) mantenere collegamenti con
gli organismi ecumenici (CETMI e
CEC).
L'Assemblea raccomanda alla Federazione di non trascurare l'emigrazione italiana all'estero e quella
di ritorno, che costituiscono problemi sociali rilevanti; di sviluppare
contatti con quei gruppi di lavoro
che nelle chiese già operano nel
campo dell'emigrazione italiana, al
fine di un migliore coordinamento
dei diversi interventi e di un migliore sfruttamento della competenza
maturata da essi nel settore, che
può essere utile anche e particolarmente neH'approccio al problema
della irmnigrazione in Italia.
L'Assemblea dà mandato al Consiglio di strutturare il servizio migranti secondo le linee indicate nella relazione del gruppo di lavoro;
di dotare la segreteria del servizio
stesso di una persona che vi lavori
possibilmente a tempo pieno e di
assicurare la necessaria copertura
finanziaria.
Tutte le strade (degli
immigrati) conducono
a Roma.
La stazione Termini
è in effetti il punto di
incontro delle storie di
emarginazione e
sfruttamento di migliaia
di lavoratori
provenienti dal
Terzo Mondo.
Cosa fanno, da
dove vengono,
chi sono...
« Cosa fanno », « da dove vengono », « chi sono »... I titoli dei
tabelloni di una bella mostra fotografica sui lavoratori migranti in
Italia si inseguono lungo i corridoi del Centro Diaconale della Noce
che ospita l’Assemblea, in una sistemazione un po’ di fortuna. Atitore è Imco Brouwer, un giovane olandese che nel 1983 è stato inviato in Sicilia dal Consiglio interecclesiastico olandese per lavorare un anno col Comitato per la pace di Comiso. In seguito è rimasto in Sicilia per lavorare col Centro di Documentazione per
la pace di Catania.
— Com’è nata l’idea per questa mostra?
— Insieme a Paolo Naso, che
fa parte del Servizio Migranti,
ho seguito ciò che si stava sviluppando all’interno della FCEI.
Siccome ho una certa esperienza di fotografia, abbiamo avuto
l’idea di una mostra che dovrebbe funzionare come stimolo
per le comunità locali; non soltanto per informare su un fenomeno ancora abbastanza sconosciuto, ma anche per promuovere risposte, anche se modeste, a questo problema dal punto di vista assistenziale, di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, di appoggio all’azione legislativa condotta dal Servizio
Migranti.
— Le chiese che volessero
avere questa mostra per orgar
nizzare qualcosa localmente, cosa devono fare?
— Devono mettersi in contatto con la segreteria della FCEI
a Roma (06/47.55.120) e prenotare la mostra. E’ richiesto un
contributo di L. 50.0(X), più le
spese postali per la spedizione
dall’ultimo posto dove la mostra
è stata allestita.
— Quali luoghi e ambienti hai
visitato per costruire questa
mostra?
— Abbiamo deciso di costruire la mostra su quattro campioni in Italia: Sicilia, Napoli, Roma e Milano, zone molto diverse non soltanto dal punto di vista geografico ma anche dal punto di vista dei tipi di immigrazione. In Sicilia ho visitato soprattutto due zone, Mazara del
Vallo, molto conosciuta da una
immigrazione ormai molto stabilizzata e di vecchia data, iniziata negli anni ’60 con i tunisini, e Catania dove ci sono molti
eritrei e senegalesi. A Napoli o
meglio nei dintorni di Napoli
molti africani fanno i braccianti
agricoli. A Roma c’è il fenomeno più allucinante e più grave
perché tutti gli stranieri arrivano a Roma e quelli che non sanno dove andare, come organizzarsi, come sistemarsi, rimangono a Roma. E’ lì che si trovano i casi più disperati. Infine a
Milano c’è un’immigrazione mol
to forte, più organizzata e anche un po’ più inserita nella società italiana.
— Che reazioni hai riscontrato nel fotografare per costruire
questa mostra?
— L’esperienza non sempre è
stata positiva. La maggioranza
degli immigrati in Italia è formata da illegali ed è chiaro che
questa gente non vuole essere
esposta al pericolo di essere individuata. C’è poi un altro aspetto: agli immigrati non interessa minimamente una mostra fotografica, un articolo su un giornale : a loro interessa che tu norti un lavoro, che tu assiei.'.ri la
legalizzazione della loro posizione. E’ molto difficile spiegare
che anche una mostra può servire a stimolare la gente ad
agire. In molti casi tuttavia ho
potuto convincerli anche tramite l’aiuto di quelli che si stanno
occupando da molto tempo di
questi stranieri, perché come
Dunto di partenza quasi sempre
ho preso quei centri evangelici,
cattolici, laici e sindacali che si
ocr-upano degli stranieri. Da lì
sono partito e ho potuto convincerne molti a farsi fotografare.
— Che prospettive cì sono per
questi immigrati in Italia?
— Mi sembra che il fenomeno
diventerà sempre più grave. Il
tasso di natalità dei paesi di
provenienza fa prevedere un bisogno sempre maggiore di emigrare da questi paesi verso l’Europa. D’altra parte molti paesi
— come la Francia, la Svizzera,
recentemente l’Olanda — hanno
ormai chiuso le loro frontiere
agli immigrati. In Italia, del
resto, c’è un’altissima percentuale di immigrati illegali che
non ricevono alcuna assistenza
medica né giuridica, non hanno
diritto al lavoro né diritto alla
casa. E’ certo importante ciò che
il Servizio Migranti sta facendo
a livello legislativo, ma oltre a
questo ci sembra molto importante un intervento di informazione e di stimolo per le comunità locali. Se a questo contribuirà la mostra, non avrò faticato invano.
Intervista a cura di
Franco Giampiccoli
4
4 Speciale Assemblea
15 novembre 1985
SERVIZIO STAMPA RADIO TELEVISIONE
La nostra immagine
Il dibattito sul Servizio stampa radio e televisione (SSRTV) ha fatto la parte del leone, nell’esame dell'operato dei vari servizi della Federazione. Questo è comprensibile, perché il Culto Radio e la rubrica Protestantesimo entrano nelle
case di tutti, e dunque tutti hanno im’opinione da
esprimere. Ma esiste anche, benché non dichiarata,
una seconda preoccupazione: attraverso la radio e
la televisione noi mandiamo in tutte le case l’immagine del protestantesimo italiano e mondiale.
Questo servizio rappresenta dunque il nostro « biglietto da visita ».
Ma è giusto che sia così? 'E’ giusto che la nostra
immagine sia legata a ciò che riusciamo a trasmettere attraverso il video?
Nel mondo di oggi è indispensabile avere uno
spazio nel mondo deH’informazione, se non si vuole scomparire nell’anonimato e dunque vanno salutate come vittorie la nuova convenzione con la
RAI e la nuova collocazione oraria (22,40) della rubrica Protestantesimo; ma sarebbe estremamente
pericoloso se noi affidassimo la nostra presenza
alla sola immagine, priva di im corpo che le dia
sostanza. La realtà della Federazione, e con essa
del protestantesimo italiano, sta in ciò che fa e
nell’ efficacia della sua predicazione. Il Servizio
stampa, radio e televisione ne rappresenta solo un
aspetto.
Un’ultima nota, per una voce che si è levata
originale in Assemblea: « La televisione fa male
alla salute, fisica e psichica », ha detto Winfried
Becker, delegato della comunità internazionale di
Ispra e ricercatore sui danni arrecati all’uomo dalle nuove scoperte scientifiche. « Se questo è vero,
si domanda Becker, facendo un programma televisivo, predichiamo l’Evangelo o facciamo xm danno agli ascoltatori? ».
P. R.
Il SSRTV è venuto ad essere,
con gli anni, un servizio di grande rilevanza nell’ambito della
FCEI per la crescente influenza
che i mezzi di comunicazione
esercitano neUa nostra società.
Esso assolve una funzione deificata ed importante sia sul versante deH’informazione che su
quello della testimonianza, sia
nei confronti della popolazione
delle nostre chiese che verso
l’esterno.
Proprio per queste ragioni il
Servizio ha parecchi volti:
a) la stampa; anche attraverso il NEV e tutto ciò che precede e segue la pubblicazione del
suo mensile;
b) la radio, con il Culto dalla
Rai che ormai ha superato stabilmente il milione di ascoltatori e le nuove, vitalissime, esiperienze dèlie emittenti locali;
c) la televisione con la ruljrica
Protestantesimo ohe si lascia alle spalle il ghetto orario nel qua
le era stata confinata per apprestarsi ad avvicinare im pubblico
sempre più vasto e differenziato;
d) il lavoro di preparazione
delle persone coinvolte nei media sia in sede locale che nazionale sostenuto fin qui dal contributo WAOC.
Ci si rende conto che, dopo
il buon lavoro svolto negli anni passati, è necessaria una crescita qualitativa. Non è certo
superfluo indicare come criterio
guida per il servizio il tema
fondamentale delTevangelizzazione, intesa come tensione costante, da realizzare anche attraverso questi strumenti con possibilità nuove, nel nostro contesto,
ohe vanno valutate in termini
corretti senza cadere in eccessi
ma, contemporaneamente, senza
demonizzarle. Si tratta anche,
per il Servizio, di uscire daU’ottica — per quanto riguarda snecificatamente la radio e televisione — della RAI per ampliarsi
SERVIZIO STUDI
Un compito per il Consiglio
Concepito alle origini della
Federazione come il cuore della
stessa, il Servizio Studi di fatto
non ha potuto negli ultimi anni
adempiere alle funzioni cui era
destinato : comunque ha manifestato grosse difficoltà di ftmzionamento. I revisori parlano
nella loro relazione di un sovrapporsi ad istituzioni già esistenti
nelle Chiese membro, che pertanto non intenderebbero impegnare nel Servizio uomini ed occasioni. Forse invece la spiegazione sta nelTevolversi del concetto stesso di Federazione: le
Chiese membro intendono fare
il lavoro di ricerca teologica esse stesse direttamente. Per questo il Consiglio proponeva una
drastica ristrutturazione del Servizio.
La discussione, specialmente
aH’interno del gruppo di studio,
ha posto però il problema di come si possa rinunciare ad un
momento basilare, quale è quello della riflessione. Anche se il
Servizio non corrisponde più a
quanto si era pensato, la soppressione sic et simpliciter lascia molto perplessi. Ffiuttosto,
qualcuno ha detto, cerchiamo di
adeguare il Servizio e la sua
funzione alla nuova realtà della
Federazione e del contesto in
cui essa si muove. Anche perché. pur concordando che il Servizio così come si era ridotto
non ha più una sua ragion d’essere, è pur vero che certi « bisogni » delle Chiese e dei credenti che ne fanno parte sussistono e che, fino ad oggi, la risposta ad essi era stata in qualche modo assicurata dal Servizio stesso.
Si è parlato in primo luogo
dei convegni che il Servizio in
passato ha organizzato, alcuni
dei quali veramente egregi ed i
cui atti ancor oggi « fanno testo » in materia (vedi ad esempio
il convegno sulla posizione delle
Chiese evangeliche di fronte allo Stato del 1969). Senza dimenticare poi che la Federazione è
stata sollecitata solo pochi mesi
fa dal Sinodo delle Chiese Vaidesi e Metodiste ad organizzare
un convegno sulle nuove prospettive dei rapporti ChiesaStato sotto il profilo teologico e
giuridico. C’è poi la grossa richiesta di « note omiletiche », di
cui finora si è fatto carico il Servizio: trattasi di una necessità
reale dei predicatori locali, cui
per ora nessuna delle Chiese
membro ha pensato di provvedere in proprio.
C’era poi il problema di Diakonia; una rivista periodica, di
cui si ricordano eccellenti numeri in un passato anche recente, che però ultimamente mostra
difficoltà a trovare la collaborazione necessaria che le consenta
di rispettare i suoi impegni con
gli abbonati. Per essa il Consiglio proponeva la cessazione della pubblicazione con il 1985,
nonostante che la sua gestione
non appaia passiva sotto il profilo economico. Molte sono state le voci contro tale ipotesi :
una testata così « gloriosa » di
cui tutti ricordano il contributo
positivo dato negli anni ’60-70 all’elaborazione di una certa concezione di Chiesa — si diceva
da varie parti — non poteva morire. Per contro si rispondeva
che, nel lavoro della Chiesa, non
deve spaventarci il cessare di
utilizzare uno strumento quando
questo ha esaurito il suo compito. Altrimenti rischieremmo di
trascinarci dietro per « tradizione » cose che non sono funzionali allo scopo per cui sono state create.
Lavoro collegiale
L'Assemblea, preso atto che nel
momento attuale non è possibile attivare un servizio studi, chiede ai
Consigiio di assumersi coiiegiaimente questo compito organizzando almeno un incontro l’anno su tematiche richieste dalle chiese.
La lunga discussione, condotta con passione sia nel gruppo
di studio sia nella riunione plenaria, ha portato ad una decisione saggia; il Servizio non viene soppresso ma le sue funzioni
sono assunte in proprio dal Consiglio, il quale provvede ad indire almeno un Convegno all’anno sulle tematiche che verranno proposte. Si è inserito infine nel verbale dell’Assemblea
un documento del gruppo di
studio, che evidenzia i « bisogni » delle Chiese affinché essi
siano tenuti nella debita considerazione dal Consiglio, che deve cercare di rispondervi adeguatamente, principalmente per
quello che riguarda la richiesta
di « note omiletiche ».
Per Diakonia, invece, è stata
accettata la proposta del Consiglio di chiudere la pubblicazione con il 1985. E’ stato respinto infatti a grande maggioranza un ordine del giorno che
voleva salvarla, utilizzandola come contenitore delle note omiletiche. Onore al merito per un
periodico con uno stato di servizio eccellente : con l’augurio
che possa ripresentarsi l’occasione per poterlo utilizzare agli
stessi livelli di un tempo.
Franco Scaramuccfa
Il gruppo di lavoro su stampa - radio - televisione, presieduto da
Fulvio Rocco, dibatte sull’attività del Servizio.
al microcosmo multiforme rappresentato dall’emittenza locale.
Se è ovvio che l’operatività e
la professionalità dèi Servizio
devono essere garantite da uno
staff permanente è però forse
giusto stabilire il principio che
ci sia accanto ad esso un gruppo di volontari ampiamente rappresentativo del mondo evangelico italiano. ¡Questo gruppo potrebbe dare indicazioni circa le
tematiche, la programmazione, i
rapporti da evidenziare tra il nostro appartenere ad una minoranza ed il mondo protestante
che ha grande rilevanza internazionale. E’ necessario un raccordo tra T esperienza quotidiana
del lavoro di una redazione ristretta e le grandi tematiche con
le quali è necessario confrontarsi.Importante è anche razionalizzare il lavoro mediante la raccolta di materiale e di documentazione, non solo storico ma culturale e di attualità, in modo da
avere sempre maggiore e migliore supporto per le fasi realizzative. La formazione professionale
e il ricambio dei quadri specializzati in questo ministero vanno
tenuti sempre presente, anche in
vista delle possibilità offerte dalle redazioni regionali della RAI
e daH’emittenza locale. Ma non
di semplice « manualità » dev’essere fatta questa preparazione:
essa deve avvenire in collaborazione con gli istituti teologici
poiché resta sempre necessaria
la centralità biblica nel lavoro
svolto dal Servizio.
Ancora è bene ohe TAssemblea
prenda atto della problematica,
non esaurita, dèi rapporto con
i non federati nel quale il Servizio è coinvolto dopo le decisioni di Bari. Se il pluralismo
dottrinale può essere vissuto come ricchezza c’è però il rischio,
da alcuni avvertito, di presentarci all’esterno in modo contraddittorio e incomprensibile.
Sul versante dei costi l’Assemblea deve rendersi conto che le
chiese membro della FCEI, pur
avendo investito in uomini ed
idee, hanno speso ben poco in
danaro per il Servizio che si è
retto con lo spostamento, all’interno dello stesso, di somme provenienti da alcuni settori, attivi
per mezzo di esborsi di terzi e
di fondi giunti con la solidarietà
estera. Bisognerà anche domandarci come si risolverà il problema del mantenimento del
NEV e di una reale presenza
nell’emittenza privata.
Sul NEV desideriamo sottoporre all’Assemblea alcuni dati.
Il NEV è un’agenzia di stampa; non un bollettino mensile
né un giornale. Ciò comporta un
lavoro particolare di ricerca ed
elaborazione di notizie, la stesura di comunicati piuttosto che
di articoli sugli avvenimenti. Esso si rivolge soprattutto all’esterno, nel tentativo di fornire sia
ai giornalisti che alle varie testate notizie quanto più possibile
corrette ed articolate in un paese paurosamente ignorante in
fatto di protestantesimo. Ci si
chiede quale possa essere il risultato di un tale lavoro, al di
fuori dei momenti « caldi » delle manifestazioni e delle assemblee importanti. Anche se esso
può sembrare irrilevante ai non
addetti ai lavori, la realtà di
questi anni conferma al contrario quale utilità abbia avuto il
settore nello stabilire un rapporto privilegiato ed unitario con
giornalisti di tutto rilievo. Se ne
evince la necessità di una sempre maggiore qualificazione del
servizio stampa (che, non dimentichiamolo, è anche a disposizione delle chiese per le loro necessità) che preveda un suo rilancio lungo due direttive:
(Dalla relazione del gruppo
di lavoro SSRTV)
(continua a pag. 11}
Mandati al Consiglio
L'Assemblea, constatata la funzione dell'agenzia stampa Nev per
l'informazione all'esterno sulle chiese evangeliche italiane ed estere,
invita il Consiglio a studiare la
possibilità di; a) rivedere la periodicità del bollettino NEV, razionalizzandone i contenuti, per un'informazione più rapida e tempestiva, rivolta in particolare agli organi di
informazione e comunicazione; b)
istituire un servizio in lingua inglese, rivolto all'estero, per informare sulla vita e la riflessione teologica del protestantesimo italiano.
L'Assemblea, preso atto delle accresciute responsabilità derivanti
dalla nuova collocazione oraria della rubrica « Protestantesimo » e
degli sviluppi previsti nei settori
stampa e radio, invita il Consiglio a
promuovere convegni annuali di verifica sull'attuale svolta del Servizio e di impostazione della programmazione per favorire un più diretto
rapporto del lavoro delle redazioni
con la realtà dell'evangelismo italiano.
L'Assemblea prende atto con compiacimento della stipula della nuova
convenzione quiriquennale con la
RAI per la rubrica televisiva « Protestantesimo » per le garanzie di libertà e di autonomia in essa contenute e per la determinazione di
una collocazione oraria soddisfacente; invita il Consiglio a sostenere l'attività del SSRTv nel settore
televisivo con particolare riferimento al miglioramento qualitativo della
rubrica.
L'Assemblea, avendo udito la relazione del gruppo di lavoro sul
SSRTv, consapevole della sempre
maggior udienza raccolta dal culto
radio; dà mandato al Consiglio di
approfondire, negli ambiti che riterrà opportuni, il tema della predicazione attraverso la radio; dà
mandato altresì al Consiglio di curare una sempre migliore qualificazione dei predicatori, attraverso momenti di discussione adeguata per
coordinare le tematiche, valorizzando coloro che avranno dato il miglior risultato; dà mandato infine
al Consiglio di riprendere i seminari per preparare nuovi predicatori
sia per la RAI che per le radio locali.
L'Assemblea, pur continuando a
ritenere di grande importanza il servizio pubblico offerto dalla RAI, essendo mutato il quadro complessivo
nel settore, dà mandato al Consiglio
di vigilare attentamente tiffinché,
nell'ambito delle leggi e dei regolamenti che sono allo studio degli
organi dello Stato per la regolamentazione della radiofonia privata, nel generale principio della libertà d'espressione e di diffusione
delle idee, venga garantita la continuità del lavoro svolto dalle emittenze evangeliche; invita il Consiglio a prendere eventuali contatti
con le chiese, federate e non, per
studiare adeguatamente il problema
e a mettere in atto le iniziative opportune anche con l'apporto della
Commissione giuridico-consultiva
per i rapporti con lo Stato.
5
15 novembre 1985
Speciale Assemblea 5
SERVIZIO DI AZIONE SOCIALE
Con fiducia e realismo
Il SAS: non si tratta della sigla di una compagnia di assicurazioni, ma del nome di un servizio della Federazione, precisamente il Servizio Azione Sociale. Costituito nel novembre 1982
dalla precedente assemblea della Federazione, quella di Vico
Equense, il SAS ha rappresentato la novità di rilievo in questi
ultimi tre anni, durante i quali
il lavoro di soccorso e di assistenza iniziato all’indomani del
terremoto si è consolidato in
quattro punti: a Ponticelli (Napoli) e Monteforte (Avellino)
con gli insediamenti di case prefabbricate che ospitano una novantina di famiglie e le attività
socio-culturali avviate ; a Ruvo
e a Senerchia (nella zona interna deirirpinia) con le cooperative e i vari contatti stabiliti con
parte della popolazione.
Questi quattro centri di intervento, le attività in atto, la storia breve ma intensa che hanno
alle spalle, le difficoltà incontrate, i dubbi, le speranze, i contrasti con chi ha interesse a che
non si faccia niente, le tensioni
personali, le prospettive, hanno
occupato una intensa mattinata
di discussione di un folto gruppo di delegati; ne è scaturito il
documento che pubblichiamo,
dopo la sua approvazione alla
unanimità in assemblea la quale , a sua volta, ha animatamente discusso soprattutto sul futuro delle cooperative.
S. Angelo dei
Lombardi subito
dopo il terremoto
(da “Infinito”).
Le cooperative
Le cooperative zootecniche
promosse a Ruvo e a Senerchia,
di cui non c’è spazio per fare
la storia, costituiscono infatti il
lavoro più difficile e delicato del
SAS. Non solo per le notevoli
energie umane e finanziarie coinvolte, ma per l’incertezza economica che caratterizza il loro futuro. Giustamente alcuni hanno
ricordato che anche nell’Emilia,
Marco Rostan
(contìnua a pag. 8)
SERVIZIO ISTRUZIONE EDUCAZIONE
Un’ora fondamentale
Nel gruppo che ha discusso
del Servizio Istruzione ed Educazione, come pure nel dibattito
generale che ne è seguito, una
considerazione di partenza stava
alla base di molti interventi: per
i nostri ragazzi, i figli dei membri delle nostre chiese, l’ora settimanale della scuola domenicale o del catechismo è ormai sempre più spesso l’unicb luogo di
formazione cristiana: in quante
famiglie si insegna ancora a leggere la Bibbia e a discutere i
temi della fede? Una prima esigenza, dunque, è quella di usare
il poco tempo a disposizione
(è stato calcolato ohe nel periodo che va dai 6 ai 17 anni le
ore di scuola domenicale e catechismo sono, nella migliore delle ipotesi, solo 300) per dare ai
ragazzi una formazione il più
possibile organica.
Le nostre chiese, sia quelle più
grandi sia i piccoli gruppi della
diaspora, hanno bisogno di materiale e proposte didattiche per
gli anni in cui rinsegnamento è
soprattutto un primo approccio
alla Bibbia, per gli anni della riflessione e del dibattito sui contenuti dottrinali della fede, e
per gli anni intermedi, in cui
sembra sempre più necessaria
una formazione biblica più accurata.
Unanime è stato l’apprezzamento per la qualità delle note
bibliche fornite dalla rivista « La
scuola domenicale »; nel gruppo
è stata sottolineata anzi la necessità che tutti i monitori preparino accuratamente il loro lavoro facendone largo uso.
D’altra parte, il SIE sta lavorando alla preparazione del materiale per la catechesi, in collegamento con la commissione valdese e metodista per il catechismo, ed ha prodotto nell’ultimo
anno 30 schede che sono ora, in
fase provvisoria, alla sperimentazione di alcune comunità.
Quello che rimane scoperto,
sembra dunque il lavoro rivolto
ai ragazzi di una fascia intermedia di età, in cui diventa possibile una "sistematizzazione” delle conoscenze bibliche ricevute
negli anni della scuola domenicale, una introduzione al vecchio e
nuovo testamento, un primo approccio ad elementi di impostazione storico - critica . e così via.
E’ stato detto che “sistematiz
zare" non vuol dire illudersi di
poter procedere per tappe rigidamente prefissate, ciascuna delle quali esaurisca una volta per
tutte un argomento. E’ piuttosto
il tentativo di dotare i ragazzi di
uno strumento di chiarezza, utile
alla comprensione e all’apprendimento, uno spazio, vuoto ma
ben "disegnato”, nel quale inserire in seguito (e per tutta la
vita!) tutti gli elementi che verranno da una formazione, biblica e di fede, che non nuò non
essere permanente.
Alcuni delegati, portando in Assemblea la voce delle comunità
più piccole, più decentrate, o addirittura le esigenze dei monitori che lavorano da soli, hanno
chiesto al SIE un ampliamento
della sezione delle note didattiche, del resto già presente nella
Rivista. Questo non vuol dire
più indicazioni per « attualizzare » il messaggio biblico, che invece, si è detto, è compito soprattutto di chi insegna, e può
tener conto delle circostanze di
tempo e di latitudine in cui si
inserisce il suo lavoro. Vuol dire
invece più proposte di "percorsi”
possibili, che siano l’applicazione di una professionalità e di
una ricerca didattica e pedagogica spesso carenti, per forza di
cose, nei nostri monitori.
E nella stessa ottica, di attenzione al lavoro delle comunità
più piccole e decentrate, si è posta la domanda di un linguaggio
per quanto possibile semplice
dei materiali offerti dalla Rivista.
L’Assemblea ha sottolineato l’importanza di tutto questo lavoro,
cioè del contributo essenziale che
il SIE ha dato alle nostre chiese,
chiedendo al Consiglio della
FCEI di provvedere al meglio per
sostituire Domenico Tommasetto, che sarà probabilmente destinato ad altro incarico, e Franco
Girardet, che lascia (sia pure parzialmente) il suo posto per raggiunti limiti di età.
Silvana Nitti
Rimanere, proseguire
L’Assemblea, dopo aver discusso
il rapporto presentato dal SAS e in
particolare le attività in atto e ie
loro prospettive, si rallegra per il
lavoro svolto dalla Federazione in
queste zone nella fase successiva
al terremoto e negli ultimi tre anni
e ringrazia tutti i fratelli e le sorelle che vi si sono impegnati.
L'Assemblea prende atto della
notevole rete di rapporti che si sono realizzati sia con l'azione socio-culturale, sia con la promozione di cooperative, sia con la predicazione evangelica nelle realtà
di Ponticelli, di Monteforte, di Ruvo
del Monte e di Senerchia, e le diverse caratteristiche, ì problemi
di ciascuna di queste zone.
Gli aspetti positivi che, pur nelle difficoltà, emergono, il coinvolgimento di persone del posto, i mutamenti percepibili costituiscono una risposta alia domanda sui perché
la Federazione, a differenza di molte altre organizzazioni intervenute
nella fase di soccorso, abbia deciso
di rimanere sul posto proseguendo
oltre l’interverrto di pura assistenza e abbia investito, in questa decisione, notevoli energie e mezzi
finanziari.
La strada che si è aperta rimane tuttora per molti versi una scommessa, ma l’Assemblea è convinta che cercare di proseguire su
di essa risponda alla vocazione
che il Signore ci rivolge, alle attese che abbiamo suscitato e alla
sempre più esplicita richiesta di
predicazione dell'Evangelo che riceviamo.
L’Assemblea non ha trascurato
di esaminare limiti e difficoltà del
lavoro fin qui svolto, cercando di
chiarire le ragioni delle tensioni
che inevitabilimerrte scaturiscono
fra persone impegnate in realtà diverse.
Guardando al futuro, l'Assemblea
segnala al Consiglio e ai responsabili del SAS alcuni punti. In particolare:
1) L’importanza che, pur tenendo conto della particolarità di ogni
situazione, della presenza o meno
di comunità evangeliche vicine, le
linee generali di intervento del
SAS siano pensate nel quadro più
generale dell'attuale questione meridionale che ci impone, oggi, una
partecipazione ai problemi del Mezzogiorno nella logica dell’autonomia
economica e culturale del Sud,
2) La necessità che i singoli
interventi, pur valendosi di persone pienamente qualificate, coinvolgano al massimo la popolazione
locale e favoriscano l'assunzione
in prima persona di specifiche responsabilità e decisioni sul futuro.
3) Il fatto che, se è vero che
all'Interno della crisi dello stato
sociale, si aprono spazi nuovi per
la diaconia, il volontariato, l'azione sociale, è necessario non dimenticare che siamo una Federazione di Chiese e che la nostra
ragione prima di esistenza e di azione è la predicazione e la testimonianza della Parola di Cristo.
Questa consapevolezza, così come la riflessione su predicazione
implicita ed esplicita, deve orientare il lavoro del SAS sia sul piano
dei rapporti con gli Enti pubblici
(eventuali convenzioni, ecc.) sìa
rispetto ad altre chiese (in primo
luogo quella cattolica) anch'esse
impegnate in vari servizi sul territorio.
4) L’importanza che continuino
e sì sviluppino incontri fra le comunità evangeliche in Italia e ie
realtà in cui è ìimpegnato il SAS:
visite e incontri sui posto sembrano preferibili ad un generico lavoro di informazione nelle chiese.
Infine sull'attività delle cooperative l’Assemblea constata che, se
da una parte c’è stato un notevole
consolidamento di attività, un coinvolgimento sempre maggiore di una
parte dei soci nella gestione e un
aprirsi di nuovi sviluppi (ampliamento stalla a Senerchia, trasformazione del latte a Ruvo) dall'altro
il SAS ha continuato a investire
somme notevoli (come prestiti o
contributi) per assistere le cooperative stesse.
Ciò nonostante, considerando che
un intervento nel settore della cooperazione ha un'incisività culturale importante, che procede solo
con lo sviluppo dell’Iniziativa stessa, e tenendo conto che, secondo
il parere di esperti, oggi in Italia
non può sopravvìvere una cooperativa zootecnica di montagna senza
qualche forma dì assistenza, l’Assemblea ritiene che il sostegno
tecnico e finanziario alle cooperative di Ruvo e di Senerchia vada
proseguito.
L'Assemblea raccomanda al SAS
di compiere ogni sforzo (eventualmente ripristinando la commissione
di esperti già costituita al convegno
di Vico Equense) perché tali cooperative possano progressivamente raggiungere un conto economico in attivo, il che è condizione
necessaria per rendere credibile e
valido il nostro intervento.
Nelle stesse località di Ruvo e
di Senerchia, l'Assemblea incoraggia la Federazione a intensificare,
accanto al lavoro delle cooperative. quello culturale e soprattutto
la predicazione deH’Evangelo.
Linee direttive
L’Assemblea, preso atto della riduzione a metà tempo del lavoro
nel SIE da parte di Franco Girardet
per raggiungimento del 65° anno
di età, dal 1° gennaio 1986 e
dèi termine del lavoro dì teologo
a metà tempo di Domenico Tommasetto a motivo della scadenza
del mandato di Segretario dei servizio medesimo e in previsione di
altro incarico da parte dell'UCESI,
— esprime la propria riconoscenza ai Signore per questi due fratelli
che hanno lavorato senza risparmio
di forze e di doni;
— impegna il Consiglio a chiedere alle Chiese membro della Federazione che venga comunque garantita l’attuale minima struttura
vitale, necessaria per il proseguimento dell'attività del SIE, assicurando dal 1° gennaio 1986 la disponibilità di persone, doni e tempo.
L'Assemblea, lette le relazioni
del SIE, del Consiglio e del Collegio dei Revisori, ascoltate le valutazioni del gruppo di studio e
tenendo conto di quanto emerso
dal dibattito in sede assembleare.
per rendere la proposta educativa
più adeguata al mutare delle condizioni storiche e alla diversità della presenza evangelica in Italia,
invita il SIE a curare, nello sviluppo del proprio lavoro, in particolare:
a) una formulazione del materiale teologico e didattico che tenga maggiormente in considerazione
la situazione di famiglie e di singoli
credenti che vivono in diaspora;
b) un ampliamento della proposta didattica, da articolare in vari livelli;
c) l'esigenza deila preparazione
regolare dei monitori per aiutarli a
svolgere più efficacemente il loro
ministero;
d) l’elaborazione di materiale
per la preparazione catechetica;
e) un più puntuale raccordo fra
l'attività della Scuola domenicale
e del catechismo, elaborando un
materiale appropriato, così da avere
una proposta di educazione cristiana più omogenea nella sua strutturazione complessiva.
6
6 Speciale Assemblea
15 novembre
15 noven
LA PREDICAZIONE INAUGURALE DELL’ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA unw
non
Dell'argento e dell’oro
io non ne ho; ma quello
che ho, te lo do...
Cari fratelli e care sorelle,
noi di Palermo vi salutiamo « ad
uno ad uno » con molto affetto e
tanta fraternità: il nostro cuore è
davvero pieno di gioia e di gratitudine per la presenza di questa
Assemblea nella nostra città, nel nostro Centro Diaconale.
Nord e Sud
1. Naturalmente non è né la gioia
né la gratitudine della vecchia « colonia » che riceve la visita del « sovrano » lontano e dei suoi dignitari:
penso che questa rafiflgurazione sia
tranquillamente rifiutata da tutti
i presenti.
Ma non è neanche la gioia e la
gratitudine di quella che da qualche tempo alcuni chiamano l’area
dei « bisogni »: la società marginale ed assistita (il consenso della
quale si acquista con sussidi e benefici), in cui si sposta per un
istante, con una sua manifestazione,
quella che viceversa gli stessi chiamano l’area dei « meriti »: l’area
del capitale, del lavoro, dell’impresa che produce; dei «nuclei forti»,
degli uomini e delle donne dell’efficienza, della tecnologia, della produttività, della razionalità: molto
francamente, questa volta penso
che questa raffigurazione non sia
del tutto assente da qualche mente
e cuore della raunanza dei figli di
Abramo qui raccolta.
Palermo, la Sicilia, il Mezzogiorno non sono un pezzo di «Terzo
Mondo », la zona « distaccata », depressa per eccellenza, in cui esportare antichi meccanismi che soli
possono mettere in moto il processo di sviluppo, livellandola, in tutti
i suoi settori, alle altre zone dove
già hanno agito con successo.
Palermo, la Sicilia, il Mezzogiorno, con le loro particolari identità
(la loro storia, la loro cultura, le
loro tradizioni, ecc.) sono parte integrante del nostro paese, esattamente come le altre città e le altre
regioni: e se proprio vogliamo ricercare (in questo discorso) una
loro « specificità », potremmo dire
che Palermo, la Sicilia, il Mezzogiorno evidenziano, di questo nostro paese, le contraddizioni di ieri e di oggi, nel punto forse più
alto. E non si vede ii motivo per il
quale Palermo dovrebbe essere per
forza come Genova, Napoli come
Milano, Bari come Torino, e così
via.
Le nostre comunità nel Sud, a
loro volta, non sono di certo le
SUPPLEMENTO
La predicazione inaugurale della
Assemblea pubblicata in questa doppia pagina è disponibile come supplemento « La Luce documenti » al
prezzo di L. 400 la copia (minimo
10 copie).
Le ordinazioni vanno fatte pervenire in redazione (011/655.278)
entro sabato 30 novembre. Ordinazioni successive saranno maggiorate dei costi di spedizione fuori
abbonamento.
chiese sorte dalla « missione » che
i credenti delle « terre civili » svolgono nelle terre arretrate, ancora
culla di spiritualità e riti pagani:
esse, pur nelle loro particolarità
(che non si vuole affatto negare),
non sono diverse dalle chiese del
Centro e del Nord dell’Italia: sono
le stesse, con gli stessi locali di culto, la stessa attività. Chiese però
(questo è vero) che predicano, testimoniano, fanno diaconia cristiana, dentro i nodi più complessi
della nostra società nazionale, di
nuovo nel punto forse più alto delle contraddizioni di uno dei sette
paesi più ricchi ed industrializzati
del mondo occidentale.
Il nostro cuore dxmque è pieno
di gioia e di gratitudine anche perché vi sente (voi che venite da
più lontano) non come i distaccati
rappresentanti di un mondo altro,
ma come i cittadini di uno stesso
paese, i fratelli, le sorelle di una
stessa comunità di credenti, impegnati nella stessa predicazione e
nella stessa testimonianza, che entrano in questo locale come se fosse il loro, e per un fatto che coinvolge tutti sullo stesso piano.
Tante « mani » vuote
visto magari tante « mani » vuote
levarsi nella richiesta di aiuto: un
po’ come accadde a Pietro e a
Giovanni che, salendo al Tempio
per la preghiera, incontrarono
quell’uomo zoppo fin dalla nascita, che domandò loro l’elemosina,
così necessaria per la sua sopravvivenza (Atti 3). Le «mani» vuote
di bambini costretti allo spaccio
della droga, di donne che d’un tratto sono state private del loro compagno nel mistero più pesante, soprattutto di tanti e tanti disoccupati, specialmente giovani, e dietro
le loro mani quelle di tutti i (disoccupati del nostro Mezzogiorno, per
i quali la situazione è giimta al limite della sopportazione!
E voi, noi tutti, vogliamo aiutare, vegliamo dare una risposta concreta a queste esigenze così drammaticamente reali.
Il Mezzogiorno oggi
2. Siete arrivati a Palermo, chi
per una strada, chi per un’altra, e
probabilmente le avete percorse in
fretta: i nostri tempi seno sempre
così stretti. Mi viene in mente una
bellissima pagina di Carlo Levi:
« L’ingresso a Palermo, da qualunque parte avvenga, con qualunque
mezzo, in qualunque stagione dell’anno, ora del giorno o della notte, è sempre un avvenimento, un
trovarsi improvvise... nel chiuso
segreto di una nozione di amore,
di dolore, di dolcezza... nella vicinanza delle classi più estreme, delle condizioni umane più evidentemente caratterizzate, della maggiore ricchezza e della maggiore povertà, dei palazzi più antichi e
splendidi, e dei tuguri più sordidi,
dove non pare possibile la vita degli uomini » (Tuttitalia, La Sicilia).
Io non so se riuscirete a ritagliarvi qualche ora (specialmente
chi non è mai stato a Palermo)
per una passeggiata, pur veloce,
nella città. Posso dirvi comunque
che Palermo, nelle sue strutture
di fondo, è ancora dentro questo
dipinto di Levi. Certamente la si
può presentare anche con altri termini: dire per esempio che Palermo è molto cresciuta nella sua
dimensione, che è una città indubbiamente moderna, con una notevole circolazione di denaro, ma che
nello stesso tempo ha dentro di
sé tanta e tanta povertà, vecchia
e nuova.
Mi è già capitato di scrivere che
chi percorre oggi le sue strade, e
si sofferma, pensoso ed ammirato,
davanti ai suoi palazzi, ed entra
nelle sue chiese, e passeggia nei
suoi giardini, incontra ancora, in
un contatto quasi fisico, miseria e
fame, nelle antiche e nuove sembianze, disoccupazione, soprusi,
droga, disperazione, indolenze, menzogne, sangue. Ed avverte, con
amarezza, che una parte non piccola di questo popolo si è piegata
alla rassegnazione, ed ha fatto
l’abitudine al gesto duro e crudele.
Camminando verso la Noce avete
La nostra povertà
essere, c
eredibilit
sioni per
¡“' libera e
j____L. e di riagi
fflune di
stenza.
Indicaz
Non più
uio bene
(il gesto
(la porta di cui si parla nella lettera alla chiesa di Filadelfia) sia
« quella del Regno, quella della
Gerusalemme celeste che è offerta
ai cristiani» (P. Prigent, Commentario). Ma questo regno — e mi pare
che su questo siamo tutti d’accordo — non è in un futuro lontano
e inaccessibile.
3. Quante parole, quanti discorsi, quanti scritti sulla diversità del
Mezzogiorno rispetto a ieri, sulla
sua modernità, sui cambiamenti
profondi intervenuti al suo interno!
C’è chi esalta il localismo, i cosiddetti sottcsistemi, come per es.
il Prof. De Rita (del Censis), il quale ritiene che sia « necessario rompere l’unità concettuale del Mezzogiorno con analisi a pelle di leopardo incentrate su realtà intermedie »... (Politica ed Economia,
luglio-agosto 1984).
C’è chi si sofferma a lungo sulle
differenziazioni, sulle articolazioni
interne al Mezzogiorno, e la « questione meridionale », così come è
stata intesa per tanto tempo, viene in pratica negata, perché, a causa dei mutamenti accaduti, essa
non esiste più.
E non è che questi discorsi siano del tutto fuori luogo. Biagio
De Giovanni, per esempio, riconosce che « non si potrà mai più far
rinascere la vecchia questione meridionale... Il Mezzogiorno è differenziato e bisogna tenerne conto,
ma guardiamoci da ogni invito al
’’localismo”, a star dentro una parte senza guardare l’insieme. L’insieme ancora si chiama Mezzogiorno... Costruiamo analisi differenziate... ma continuiamo a lavorare sul
Mezzogiorno, come su una realtà
sempre al cuore della questione nazionale dell’economia e del lavoro,
delle istituzioni e della democrazia... Il lavoro anzitutto: la disoccupazione giovanile è concentrata,
per due terzi, nelle regioni meridionali, comprese quelle che si
usano definire forti » (Città Nuova).
4. Possiamo noi sostenere che
questo problema non ci riguarda
in quanto chiese? che queste pos
sono « passare oltre »? Io mi sono
chiesto che senso abbia il teste
scelto dal Consiglio della FCEI nel
libro dell’Apocalisse (lettera alla
chiesa di Filadelfia), e lo stesso
titolo di questa VII Assemblea
« La giustizia di Dio: sfida e promessa ».
A me sembra (e lo dico molto
schematicamente) che la « porta
aperta » che nessuno può chiudere
senso, rii
ta alla lo
ha fatto
battaglia
Ma sappi
l’avvento
zione prò
la nuova
tanto: a
pito del
ne», delli
abbiamo
scuola ro
mentare,
centro di
le, un c
ospedale,
Gesù Cristo, del suo Evaniielo, del- ggrio inti
la sua opera. ^one dei
tendono
1 . .. ■ di aiuto
La testimonianza fantasie)
J. Moltmann dice che « la storia
dell’Uomo di Nazareth viene testimoniata e riferita come la storia
del Regno di Dio che si sta avvicinando, e della libertà degli uomini
oppressi. Gesù non predicò soltanto il Regno lontano quale compimento di tutte le promesse... Egli al
contrario lo visse in mezzo ai sofferenti del suo tempo » (Il linguaggio della libertà). Ed Eberhard
Jùngel spiega che il Regno « è,
nella sua essenza, vicinanza alla
storia. La sua essenza escatologica
è d’essere vicino alla storia portando il futuro nel presente » (Paolo
e Gesù).
Noi, i testimoni di questo Regno,
non possiamo uscire fuori dalla
storia e dalle sue questioni, dalle
sue vicende: non possiamo non vivere questo Regno dentro le situazioni specifiche in cui preghiamo,
predichiamo, pensiamo e lavoriamo. Se poi ha ragione J. Jeremias
per il quale regno « vuol dire quasi sempre governo, autorità... e non
viene mai inteso in astratto, ma
sempre nel suo attuarsi concreto...
(per cui) la regalità di Dio non è
un concetto né spaziale né statico,
bensi dinamico: è la regalità in atto... ed ha come caratteristica principale di indicare che Dio attua
l’ideale regale, cioè la giustizia...
(la quale) non consiste primariamente nella imparzialità delle sentenze giudiziarie, ma nella difesa
che (il re) appronta per i deboli e
i poveri, per le vedove e gli orfani » (Teologia del Nuovo Testamento), allora, noi, i testimoni di questa giustizia, non possiamo non andare incontro alle tante mani vuote che si levano al nostro passaggio in richiesta di aiuto, soprattutto di lavoro.
, . , .. sia pure
5. Questa risposta in parte già, soluzioni
la diamo, per es. attraverso le no- j.ga]
stre opere sociali, che, nei tempo, ja che tei
sono sorte, qua e là nel Mezzo- „q di si
giorno. hiano al
« Oggi, realismo nel Mezzogiorno tadino, c
è porre in tutta la sua ampiezza il „gj, esémi
problema dell’innovazionQ... dD. prietà cc
Mezzo-^ dell’azien
Il fatto è che, quand’anche fossimo tutti d’accordo, e d’un animo
solo e d’un medesimo sentimento,
volessimo impegnarci in questa
impresa, saremmo bruscamente
frenati dalla nostra realtà oggettiva: come Pietro e Giovanni allo
zoppo della porta Bella, non potremmo che dire ai nostri vecchi
e nuovi poveri: guardateci! siamo
poveracci come voi. Oro e argento
non ne abbiamo, anzi noi stessi
tendiamo giornalmente la mano.
Non possiamo altro che pronunciare qualche parola di stimolo, di
denuncia, ma per la nostra « povertà », questa parola risulta di scarsa
risonanza: noi la diciamo e la continuiamo a dire, ma quelli che decidono, in politica come in economia, difficilmente ne sono raggiunti.
Oro e argento non ne abbiamo,
capitali da investire non ne possediamo proprio, forza politica nemmeno. Ma ciò che abbiamo, ciò che
è stato affidato alle nostre mani
così deboli, siamo pronti a darlo, a
darlo a tutti: Gesù Cristo e il suo
Evangelo.
Nella nostra «povertà» è dunque
possibile anche a noi una risposta
affermativa, e già nel presente: la
predicazione e la testimonianza di
rapporto fra innovazione
giorno... può specificarsi inzituttoj '
in una grande necessità: nella cre-¡
scita dei centri di formaz:one e di CsIvÌII
ricerca, della scuola, d’eH’uiiiversità,
e di tutti i punti in cui è possibile | g_ Ges
organizzare ricerca e prod izione di sportano
cultura» (Biagio De Giovanni, Id.).'tiefiano 1
Nei, pur nei nostri limiti, possiar ggsù
mo stare dentro questo processo:; aicazione
possiamo dare un contri! >uto con| jg ¿[i g^g,
i nostri vari interventi ne’ settore| pgp jq
della scuola, della crescita cultura-ig predio
le, che abbiamo attuato nel Mezzo- significò
giorno, fin dai momenti iniziali del- ¿gilí
la nostra presenza. ¿lei nostr
A patto che queste nostve scuole, di una r:
che le nostre varie esperienze discare? Do
aggregazione culturale, abbiano b'identifica:
capacità di fuoriuscire dalla ripeti- Il Mez:
tività istituzionale in cui spesso vi; mo: ha c
vacchianc, per confrontarsi con i di appurs
bisogni specifici del momento, e sia sta cani:
no portatrici di indicazioni preci- con un
se: per esempio, scuole che, pur dice che
essendo private, non siano però figli delle
«parziali», e pertanto non escluiurbano, s
dano i vari ideali, le varie posizioni ¡ pirati di
(anche di fede), le molteplici cui- di Max M
ture, ma ricerchino, con tenacia c mla^ 9.19E
pazienza, la dimensione di un ef’ Non vo
fettivo pluralismo; scuole che, non mano: vo
più stanche ripetitrici, ma proiiut- denti nell
trici di cultura, mettano i ragazzi in sioni. E f
condizione di essere soggetti attivi che sia di
nella loro formazione, li abituino h quale
ad una visione critica della realtà rampa.nti,
e ad una acquisizione critica del cammino
sapere, ponenciio così le basi per h ®ente pc
nascita e lo sviluppo di individua- (fatte sai
lità responsabili, capaci di relazi'o- «nature
ni e di partecipazione. fonde » d
Continuo ad essere convinto ° possoni
questa convinzione l’ho manifesta- sempio d
ta in più di una circostanza) che cui pred
bisogna esercitare una costante h fffWso in
flessione sulle nostre opere socia- Non eh
li: alle volte si ha l’impressione ohe tutto oro
sia subentrata una certa stanchez-’^ non s
za, e l’inventiva si sia appannata, sta nel si
se non fermata. Personalmente, non L^fnmi
riesco ad accettare l’obiezione P®f “tu» (ci
la quale noi privilegiamo troppo uo le tan
l’intervento nel sociale, quasi voles- d appas
simo serrare le fila nelle nostre mino Fra
esperienze di opere sociali, essen- ^ oorre
doci preclusa ormai ogni altra via, ha.
0 non essendo noi capaci di veder .forse i
ne altre. fine
Seconde me in una società co- no proc
AXAC; i.11 1,1X1 :a, OVV-XV,-IH . *-
me è la nostra, così frantumata, me. Paci
si direbbe atomizzata, con marca- ,^®zzogioi
te venature corporativistiche e tan- m.f®-fTOlti
te chiusure; in una società meri- a, spe^
dionale in cui « l’aspetto più drain- a. (^ugi
matico è la progressiva perdita Odo fi ly
iiiciL.ii.^u c Ld — w-. x...
della capacità del Sud di pensar® p®^to e
se stesso in modo organico, di Pf?' ... osse:
------- i_ -----------;-------------„ (?■ ínteres
durre la propria immagine »
Barcellona. Rinascita sett. 1984'
in una siffatta società, le nostr® Il _ ,
____________IX Tr,rn h " « t»|’|
opere sociali (al di là dei loro b'
miti, (iella loro ridotta consisten
za), nella tensione verso il ^
do nuovo di Di(), possono esser® te ^no
un contributo alla costruzione
7
re 1985'i 15 novembre 1985
Speciale Assemblea 7
<^lia
L—,
lo, dei
rte già
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Mezzo
linguaggi, di modi di essere, se
non esse stesse linguaggi, modi di
essere, che sappiano parlare con
credibilità; possono essere occasioni per una manifestazione della
libera espressività deU’individuo,
e di riaggregazione nella ricerca comune di fondamenti nuovi deH’esistenza.
Indicazioni! semplici « gesti »!
Non più che « gesti ». E noi sappiamo bene che la teoria del « gesto »
(il gesto che di per sé suscita consenso, risveglia le masse e le porta alla lotta) sul piano della storia
ba fatto cilecca, sul piano della
battaglia politica non è rilevante.
Ma sappiamo altrettanto bene che
l’avvento definitivo della trasformazione profonda, dei nuovi cieli e della nuova terra, è opera di Dio soltanto: a noi resta appunto il compito del «gesto», della «indicazione», della «testimonianza». Questo
abbiamo e questo diamo: qui una
scuola materna, li una scuola elementare, una scuola media, un
centro di cultura, un centro sociale, un consultorio familiare, un
ospedale, una cooperativa: non di
certo interventi risolutori, la soluzione dei problemi di coloro che
tendono le mani in una domanda
di aiuto (non abbiamo di queste
fantasie), ma di certo contributi,
sia pure gracili, nella battaglia per
soluzioni complessive: indicazioni
sulla, reale possibilità di una scuola che tenda alla crescita dell’alunno, di strutture sanitarie che abbiano al centro la salute del cittadino, di una cooperazione che
per esempio raccordi la piccola proprietà contadina con le esigenze
dell’azienda moderna, ecc. ecc.
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6. Gesti, testimonianze che trasportano nella concretezza del quotidiano l’annuncio « nel nome di
Gesù Nazareno, cammina! », la predicazione dell’Evangelo, della parola di guarigione, di salvezza.
Per lo zoppo della porta Bella
la predicazione di questa parola
significò acquistare l’uso dei piedi'‘è delle gambe. E per la gente
del nostro Mezzogiorno, in attesa
di una risposta, cosa può significare? Dobbiamo evitare le facili
identificazioni.
Il Mezzogiorno non è stato fermo: ha camminato. Il problema è
di appurare come ha camminato e
sta camminando. Mauro Calise,
con un riferimento ad Arlacchi,
dice che i ceti emergenti del Sud,
figli della campagna, del degrado
urbano, sono molto più simili ai
pirati di Sombart che ai calvinisti
di Max Weber (Politica ed Economia, 9.1985).
Non vogliamo farci prendere la
mano: vogliamo essere molto prudenti nelle nostre analisi e conclusioni. E tuttavia si ha l’impressione
che sia da condividere l’ipotesi per
la quale i ceti emergenti, i ceti
rampanti, cui si deve molto del
cammino del Mezzogiorno, difficilmente possono essere paragonati
(fatte salve le eccezioni) a quelle
«nature serie , appassionate, profonde » di cui parla Max Weber,
0 possono dirsi discendenti per esempio di Beniamino Franklin, le
®ui prediche hanno ascoltato e
messo in pratica.
Non che su questo versante sia
tutto oro luccicante. Ma la questione non sta qui: la questione vera
afa nel sapere se nel Mezzogiorno
ai cammina per costruire una « civiltà» (come hanno fatto, malgrado le tante ombre, le nature serie
appassionate di Weber, Beniamino Franklin e i suoi allievi), c
jg^uorre lungo le rotte della pira
Porse noi non riusciamo a coAno in fondo i guasti che si
ono prodotti nella società meridione. Faccio un solo richiamo: nel
one
di
Mezzogiorno s’è chiuso un occhio,
lifidlvolta tutti e due, sulla illegaspecie nel campo deH’econcla. (Questa è la realtà; in questo
Odo il Mezzogiorno ha spesso cammrnato e continua a camminare.
“0 essere un fenomeno che non
1 interessa?
' Il
Cristo di Eboli »
j Siamo interpellati ancora più
' Vicino. E la demanda è: pensa
Voi che il fatto religioso sia sta
to estraneo a questa vicenda? Neanche qui vogliamo farci prendere la
mano da facili concatenazioni tra
cause ed effetti. Ma la domanda ci
sembra corretta.
Harvey Cox, il teologo di Harvard, riconosce che « la religione è
un fenomeno molto più ricco di
quanto non abbiano pensato i suoi
critici e i suoi difensori del secolo scorso, più complesso di quanto anch’io credessi quando ero al
colmo del mio interesse per Bonhoeffer » (La seduzione dello spirito).
Ci sono molti indizi che spingono
a pensare che nel Mezzogiorno un
certo tipo di religione ha giocato un
ruolo di primo piano nella costruzione dei soggetti e della stessa
vita sociale. Non siamo di fronte
ad un blocco omogeneo, monolitico: ritengo ancora valida, nella sostanza, l’analisi di Gramsci secondo
cui « ogni religione, anche la catto
pentite, e simili istituzioni, che allora sorsero in gran copia, si dovettero alla religiosità del tempo,
quale che ne fosse la forma» (Storia del regno di Napoli).
Ripensare la fede
8. A questo punto vorrei avanzare una ipotesi, senza dubbio da
approfondire e verificare. Nel quadro sopra delineato, a me pare che
il « Cristo arrivato’ ad Eboli », la
religiosità divenuta egemone in seguito alle grandi missioni religiose
del ’600, ad opera soprattutto dei
gesuiti, è stata il cemento che ha
tenuto insieme, per secoli, la vita
dei villaggi, delle città del Mezzogiorno, che ne ha costituito la « unità » profonda, spirituale, nel bene e
nel male.
Ma tutto questo, a me pare, va
detto dentro la realtà di oggi. E la
bilità delle opere buone ai fini della
propria salute eterna; e tuttavia chi
li guarda con un po’ di attenzione
ha l’impressione che queste cerimonie, queste prediche, insomma tutta
questa antica e collaudata spiritualità, incominci a suonare alle loro
orecchie come una musica di altri
tempi, in cui si è dentro, cui si resta profondamente affezionati, ma
che si avverte estranea ai gusti e
alle domande del presente: vi è in
essi come una schizofrenia, una
drammatica scissione. La quale si
ritrova anche negli altri strati della
popolazione, e coinvolge l’esistenza in tutti i suoi aspetti: abbiamo
già ascoltato che il Mezzogiorno
non riesce più a pensarsi, non riesce più a trovarsi!
D’altra parte, non sembra proprio
possibile, nell’attuale situazione, la
nascita di quelle « nature serie, appassionate, profonde » richiamate
da Max Weber. I processi da cui
Una veduta della VII Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia tenutasi a Palermo dal 31.10 al 3.11.'85. Nella foto dell'altra vagina ragazzi del Centro diaconale La Noce che ha
ospitato l'Assemblea.
lica... è in realtà una molteplicità
di religioni, spesso contraddittorie » (Il materialismo storico e la
filosofia di Benedetto Croce). Eppure resistenza della gente del Sud,
per secoli, è stata diretta praticamente dal « Cristo arrivato ad Eboli », secondo il racconto di Padre
Paolucci. Il Cristo vittorioso della
Controriforma, che ha preso dentro di sé credenze, pratiche, usi delle popolazioni del Sud, ma che anche si è lasciato prendere da larghi
strati di quelle popolazioni con le
loro credenze, i loro miti, le loro
pratiche, e riplasmare, riadattare,
in intrecci profondi; il «Cristo» che
accetta compromessi, concessioni,
cedimenti, pur di mantenere il posto
centrale, e così il controllo delle
coscienze e dei comportamenti.
Ernesto De Martino dice che « si
può parlare di una storia religiosa
del Sud come storia religiosa del
Regno di Napoli... onde per es. il
Cattolicesimo meridionale, con le
sue note di vistosità e di esteriorità, e con le particolari sue accentuazioni cerimoniali e ritualistiche » (Sud e Magìa).
Leggo questa tesi, e posso anche
avvicinarmi ad essa, all’interno del
dibattito sulla natura della dominazione spagnola, dei suoi pregi e
difetti, dei suoi meriti e demeriti.
Il giudizio di don Benedetto Croce è che « la Spagna governava il
Regno di Napoli come governava
se stessa, con la medesima sapienza
o la medesima insipienza... La frequente promulgazione di leggi... che
rimanevano non eseguite,... il fasto,
l’importanza data alle pompe e ai
cerimoniali, il poco conto in cui
era tenute il lavoro,... il vano punto d’onore... il barocchismo (ed io
penso che sul Barocco a Palermo
e nel Sud si dovrà fare tutto un
discorso, n.d.r.), la religione esteriore, la direzione delle coscienze e l’educazione affidata ai gesuiti... (Ma)
anche quel costume aveva il suo
vantaggio e il suo lato positivo, e
adempiva a fini morali più spesso
che non paia a chi lo misura con
la misura di una diversa civiltà.
Banchi, monti di pegni, ospedali, ricoveri per mandici, monasteri per
realtà di oggi è che il Mezzogiorno
ha camminato. Ha camminato in
massima parte con i suoi ceti emergenti, indubbiamente figli suoi, e
quindi figli anche della sua religiosità, nelle loro radicate abitudini
ad un certo individualismo, cui corrisponde nella pratica la chiusura
nella dimensione del tornaconto
individuale, che costituisce il terreno su cui cresce, si sviluppa la
voglia predatoria.
I componenti di questi ceti però
(e naturalmente anche quelli che
vorrebbero muoversi lungo strade
diverse) sembra che sentano questa antica spiritualità, nella quale
sono nati e si sono formati, della
quale sono ancora impastati e dalla quale, in maggiore o minore misura, ancora sono determinati, vecchia rispetto al « mezzogiorno moderno », in particolare nella sua fase di «mezzogiorno economico», taciturna di fronte alle urgenti esigenze dell’innovazione.
Non scompaiono di certo le loro
attitudini predatorie, né gli elementi costitutivi del loro modo di essere, che si nutrono abbondantemente dell’antica religiosità; nello
stesso tempo, però, accanto a queste loro attitudini, a questo loro
stile di vita in cui il tradizionale
(molto a livello della forma, parecchio a livello della sostanza) occupa il posto d’onore, essi intuiscono
che devono impossessarsi deH’innovazione, dei suoi risultati (perché è qui che sta l’avvenire e la
possibilità di più grasse prede), e
in effetti incominciano a farla propria, e, pur restando nella prassi
delle conquiste dei ’’fratelli della costa”, da cui l’atteggiamento di chi
spende e spande sapendo che in
questo mostra e prova di essere
l’uomo che conta, che è arrivato,
incominciano a scorgere all’orizzonte, e ad interessarvisi, la necessità
della razionalità.
Sono il più delle volte membri di
organizzazioni cristiane, partecipano in prima fila alle tante cerimonie religiose, vanno puntualmente
ad ascoltare prediche sulle regole
morali, sull’etica « programma del
dover fare », quindi sulla inelimina
scaturirono non si ripetono, non
si esportano e non si importano tali e quali. A noi, peraltro, non sfiora neanche l’idea di trasferire meccanicamente, nel Mezzogiorno e in
Italia, sic et simpliciter il Protestantesimo (la cui scintilla iniziale ricordiamo proprio in questo giorno), in particolare quel Protestantesimo esaminato da Weber.
Vogliamo solo far notare, in primo luogo che non si può sognare
ceti emergenti simili ai calvinisti
di Max Weber, senza Calvino e il
calvinismo; in secondo luogo che si
è conclusa la fase in cui il Mezzogiorno si presentava come comunità chiusa, come storia separata,
in cui splendeva in tutta la sua validità, viveva e regnava, il « Cristo
che arrivò ad Eboli ».
Ma allora dove attingere quelle
risorse, anche di ordine spirituale,
indispensabili per costruire soggetti
capaci di camminare nella giusta
direzione, in tutti i campi, di produrre immagine, di ricostituire una
identità, loro e dell’intero Mezzogiorno?
L’ipotesi che vorrei avanzare è
che l’unica seria possibilità sta nel
cambiamento profondo del Mezzogiorno, in una sua vera e propria
conversione: pervenire ad una nuova dimensione spirituale, ad un Cristo diverso rispetto a quello arrivato ad Eboli, ad un rapporto nuovo
con Dio, che gli consenta di ripensarsi e ricostruirsi su fondamenti
nuovi.
Un nuovo fondamento
9. Qui acquista una straordinaria
attualità, significanza la risposta
che siamo attrezzati a dare alla richiesta di aiuto: oro e argento non
ne abbiamo, ma quello che abbiamo
te lo diamo: nel nome di Gesù il
Nazareno, cammina! Qui si apre
per noi, le nostre chiese, le nostre
opere sociali, un compito reale, voluto non tanto dalla nostra fantasia, dai nostri desideri, ma piuttosto (se l’ipotesi formulata è giusta)
dalla oggettività delle cose, dalla
congiuntura che stiamo vivendo:
questo è il fatto nuovo con il quale
dobbiamo misurarci.
Ciò che abbiamo te lo diamo: Gesù, colui che ha vinto la morte.
Chiunque è lì, con le mani -vuote, e
riceve questo annunzio, e respira
l’aria fresca di Pasqua,^ ha la possibilità (in questo CJesù e non altrove) di scorgere delle aperture e
delle possibilità anche tra le chiusure e le impossibilità della sua situazione, di venir fuori dall’accettazione passiva della realtà, e inventare soluzioni ed esperienze nuove.
Ciò che abbiamo te lo diamo: una
parola di vittoria, di speranza. E
chi è lì, con le mani vuote, scopre
che in Gesù risorto, Dio fa ogni
cosa nuova, e in questo vede finalmente la possibilità reale della libertà (sua e degli altri) dalle catene del peccato e della naorte, la capacità di non essere più ripetitori
di cose sempre uguali, ma costruttori di novità.
Possiamo dunque dire al Mezzogiorno, all’uomo, alla donna del
Sud che in questo Gesù può guardare avanti e cambiare. Perché dentro l’amore dì Dio che gli è donato
(e che è libertà da ciò che è stato
ed è, dalla condanna ad essere sempre uguale in una monotonia che
uccide) può tornare a pensarsi, a
viversi come un soggetto nuovo,
una novità che è sempre tale in
quanto è la novità dell’amore.
Perché proprio là dove gli sembra di dover essere sempre come
è, con tutto il suo bagaglio di esperienze, di letture, dì studi, di lotte,
questo amore lo spinge ad essere
diverso, oltre questo suo bagaglio:
pensarsi, viversi come colui che è
capace ormai di sorpassare ogni
limite, che appare così razionale
e motivato, nella teoria e nella prassi, storica e quotidiana, e per primo
avvicinarsi alle persone (nel rispetto rigoroso della loro alterità, in un
dialogo costante), ai problemi, alle
situazioni, e spendere se stesso
senza riserve: in questo trova il fondamento nuovo e stabile della vita
sua e di quella degli altri.
Lo zoppo loda Dio
10. Lo zoppo della porta Bella,
che finalmente cammina, entra nel
Tempio e loda Dio. Non possiamo
rimuovere questa conclusione del
fatto: chi è afferrato dall’Evangelo
entra nel Tempio e loda Dio. Forse
noi non siamo più abituati a conclusioni di questo tipo. Ma contribuire a suscitarle, essere strumenti
per condurre ad esse, è la nostra
responsabilità.
Perché, a mio avviso, è nella nostra capacità di produrre lode a
Dio ed entrate nei templi, il contributo vero, concreto, originale che
siamo chiamati a portare nel combattimento per la rinascita, il rinnovamento profonde del Mezzogiorno. Perché, secondo me, è nel lodare Dio e nell’entrare al Tempio,
nell’esperienza cioè di una vita comunitaria di adorazione, di lode,
di preghiera, di ascolto e meditazione della parola biblica (vita comunitaria che, nel rifiuto di ogni
mediazione gerarchica e sacramentale, è sempre tesa alla ricerca della fraternità, della verità, di rapporti nuovi ed autentici con Dio, con se
stessi, e gli uni con gli altri) che
si fa concretamente la nuòva dimensione spirituale di cui il Sud
ha tanto bisogno.
Non solo nel Sud e per il Sud!
Ma una battaglia per la quale rinnovando il Sud, costruendo un nuovo modo di essere nel Sud, muti il
modo di essere dell’intero paese,
nelle particolarità, s’intende, delle
singole aree.
Fratelli, sorelle! Iddio ci ha dato
nella tragedia del terremoto del novembre del 1980, di elaborare e gestire unitariamente un programma
di interventi, di « gesti » significativi in Campania e in Basilicata. Il
mio augurio e la mia preghiera è
che oggi ci sia dato anche di saperci stringere in un progetto unitario di predicazione di Gesù e del
suo Evangelo, nella cui elaborazione
ed attuazione siano impegnate tutte
le nostre comunità (ovviamente, ciascuna nella sua propria identità).
Questa è la sfida che è davanti a
noi in questo tempo: ci sia concessa la gioia di una idonea risposta.
Sergio Aquilante
8
8 Speciale Assemblea
15 novembre 1985
DAI MESSAGGI RIVOLTI ALL’ASSEMBLEA
«Cari evangelici...»
VARATA UNA NUOVA IMPOSTAZIONE
Le finanze della FCEI
Dai numerosi messaggi rivolti all’Assemblea dagli invitati riportiamo stralci dell'intervento di don Franco Barbero in rappresentanza delle Comunità di base. Rimandiamo al prossimo numero il resoconto e stralci di altri messaggi.
Cari fratelli e sorelle,
al saluto ed all’augurio per i vostri lavori intendo aggiungere alcune considerazioni.
1) Il nostro punto di partenza è costituito dalle esperienze
già in atto. Non è possibile per
noi pensare alla nostra storia di
movimento di cristiani ¿li base
senza pensare a voi, al protestantesimo in generale, alla Federazione delle chiese evangeliche
in Italia. Ci è difficile capire che
cosa abbiamo rappresentato o
che cosa rappresentiamo per
voi, ma le vostre esperienze di
fede, le vostre persone e le vostre comunità costituiscono per
noi degli interlocutori e dei compagni di viaggio particolarmente
significativi sul terreno delle comuni battaglie di questi anni e
sul terreno della ricerca biblica e teologica.
2) Per noi questo rapporto è
più che mai essenziale in un periodo in cui la cattolicità italiana e mondiale, accanto alle spinte
anticonciliari alla Wojtyla-Ratzinger, vede profilarsi ima linea
ecclesiologica più morbida e, a
nostro avviso ben più catturante e ^ricolosa. Si tratta del progressivo aggregarsi di una chiesa di centro, che trova le sue
fortune e il suo fascino nell’equilibrio e nell’apparente equidistanza. Essa, se ben vediamo,
propugna un ecclesiocentrismo
Violenza e
democrazia
(segue da pag. 1)
trario sviluppando una nuova
cultura, del conflitto come j>ossibilità del riconoscimento dell’altro, del conflitto capace di
diventare, nel riconoscimento del
diverso, nuova norma.
Infine il giornalista Claudio
Fava, della redazione della rivista « I Siciliani » (figlio di Giuseppe, il giornalista e scrittore
assassinato dalla mafia) ha contrapposto alla cultura della violenza, la necessità di una cultura diversa.
Se la violenza fosse solo epis^io, singole azioni anche gravi, basterebbe a combatterla ima
mobilitazióne poliziesca, militare; ma nella misura in cui la
violenza è anche cultura di sopraffazione, la risposta deve anche essere culturale: cultura di
non violenza, di educazione alla
pace, di educazione alla autonomia, alla assunzione di responsabilità. Come giornalista. Fava
ha presentato il suo stesso giornale come un esempio, settoriale
ma concreto, di quanto occorre
concretamente fare: adoperarsi
per una democrazia non formale, partecipare in prima persona
a diritti e doveri, superare la
delega, con proposte e informazioni ohe giungano dal basso, dalla gente.
La tavola rotonda, presieduta
dal pastore Sergio Aquilante, si
è pienamente inserita sia nei lavori dell’Assemblea, sia nel contesto in cui l’Assemblea si svolgeva; molti gli interventi, di persone dal nord e dal sud, di persone preoccupate della predicazione evangelica e di persone
preoccupate della vigilanza ed
azione democratica. Una serie
di spunti, che poi sono riecheggiati nei lavori dell’Assemblea, e
nella predicazione che ha concluso i lavori.
Sergio Rlbet
più sottile, tutto infiorato di
Concilio e di accenti democratici.
Essa si presenta con il fascino
di una istituzione capace di integrare gli slanci della profezia e
le esi^nze di una struttura che,
nei pilastri fondamentali, viene
completamente accettata. Si tratta di una « operazione cattolica » lanciata da brillantissimi
teologi e da un settore molto
ampio e autorevole della gerarchia.
3) Anche la stagione ecumenica che stiamo attraversando ci
impegna ad alzare il livello di
vigilanza. Mentre teologi come
Bruno Forte parlano di « un meraviglioso consenso ecumenico
sul B.E.M. », le comunità cristiane di base si sentono in profonda sintonia con chi, come Oscar
Cullmann, pratica l’ecumenismo
dell’unità nella diversità.
4) A proposito del nostro
impegno ecumenico è tempo di
affrontare i problemi che abbiamo, di guardare in faccia le diffidenze e i vuoti che esistono. Infatti, accanto ad aspetti positivi
di collaborazione e di impegno
comune, esistono ampie zone di
”non-confronto". Spesso lavoriamo senza collegarci o ci ignoriamo totalmente. I motivi di tale
vuoto ecumenico possono essere
molteplici. Talvolta una certa
diffidenza verso ciò che è "protestante” trova spazio in talune
esperienze di base. A volte certe
richieste di « chiarezza » che
vengono dal protestantesimo
italiano possono risentire di una
ottica che noi non condividiamo,
come se per chiarirci dovessimo
rompere con la gerarchia cattolica in modo tale da autoemarginarci e tagliare i numerosi e
profondi legami ’’dialettici” che
rendono feconda la nostra esperienza anche nei confronti del
’’mondo cattolico”. Spesso le co
munità cristiane di base hanno
lasciato cadere alcuni collegamenti fecondi che si erano costruiti nel passato.
5) Ora come ora non ci sembra utile ed evangelicamente fecondo stipulare un patto con la
Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Esso, date le pratiche diverse che esistono all’interno del nostro movimento, sarebbe probabilmente un fatto poco più che formale e giuridico.
Non esiste una pratica reale e
sufficientemente diffusa al riguardo. Inoltre ci sembra che
forniremmo alla gerarchia cattolica un argomento in più per
emarginarci ulteriormente a causa della nostra progressiva ”protestantizzazione”.
Molto, invece, ci interessa un
confronto sistematico con voi;
anzi, ci interessa sempre di più
un’azione comune ovunque essa
sia possibile, su tutti quei terreni di lotta e di fede nei quali
la nostra collaborazione provenga dalle comuni matrici evangeliche e dai comuni obiettivi. Sappiate che le comunità cristiane
di base italiane intendono rilanciare la loro iniziativa ecumenica con voi. Siamo coscienti che
un rapiwrto va costruito giorno
dopo giorno, cercandoci vicendevolmente. Tutto questo in vista della crescita di un ecumenismo di base che contrasti la
attuale diffusione dell’ecumenismo ufficiale, specialmente nelle
sue 'edizioni’ più aggiornate.
Franco Barbero
Com - Nuovi Tempi
L’Assemblea invita il Consiglio
a fornire un appoggio concreto alla
rivista « Com - Nuovi Tempi »; a
studiare la possibilità di dedicare
ii prossimo convegno organizzato in
comune con CNT ad un'ampia e approfondita riflessione sulla realtà ecumenica oggi in Italia.
Un bilancio annuo attorno ai
600 milioni, una ventina di persone che a vario titolo vi lavorano,
la Fcei è diventata una organizzazione complessa. Particolare
attenzione quindi è stata data dal
Consiglio e dalla Giunta in questi
ultimi tre anni alla impostazione
di una contabilità che, superato
il vecchio sistema dei rendiconti,
fosse in grado di permettere una
gestione accurata di bilancio secondo quanto già TAssemblea di
Vico Equense (1982) aveva stabilito con le modifiche allo Statuto.
Non è stata ima cosa facile perché ogni modifica che intacca
abitudini e procedure consolidate, porta con sé tempi lunghi e
necessità di rodaggio e di verifica. In una organizzazione quale
quella della Fcei la cosa è complicata dalla necessità di adottare una stessa procedura contabile sia per attività di tipo « commerciale » (quali la produzione di
libri, di riviste, di rubriche televisive) e attività di tipo « non
commerciale » quale è la principale attività di servizio tra le
chiese. Una suddivisione non facile anche per la difficoltà di interpretazione della normativa italiana in materia, per di più soggetta a frequenti modificazioni.
Al termine di un triennio di
sperimentazione la Fcei ha messo in 'funzione un sistema di procedura contabile comnuterizzato
che funzionerà a regime col 1986.
Ciò permetterà di evidenziare i
costi di ogni iniziativa e quindi il
Consiglio sarà in grado di operare quelle scelte di gestione che
permettano di ottimizzare i risultati rispetto alle risorse disponibili.
Già alla Assemblea di Palermo
i primi effetti di questa nuova
impostazione contabile si sono
fatti sentire ed i delegati hanno
potuto esaminare un bilancio
consolidato dei vari servizi che
metteva in evidenza i singoli costi di gestione. Così per esempio
si è potuto conoscere che il Nev
costa quasi 50 milioni annui e
che il contributo alle spese di
amministrazione e generali da
Con fiducia e realismo
(segue da pag. 5)
in zona montana, si assiste oggi alla chiusura di stalle sociali
nelle quali i singoli contadini
hanno investito parecchi milioni personali. Vale la pena allora
puntare su progetti di sviluppo,
quali l’ampliamento della stalla
di Senerchia e la trasformazione del latte a Ruvo e comunque
è realistico pensare che un domani non troppo lontano le cooperative saranno autosufficienti?
L’indicazione dell’assemblea è
andata nel senso positivo, sia
pure sapendo che si trattava di
una scommessa. Ma si è raccomandata una estrema attenzione sulle scelte da fare (che dovranno essere confortate ;ida
esperti); e soprattutto si è présa questa decisione perché convinti che la cooperazione è, in
quelle zone, un reale strumento
che cambia la mentalità (se ne
vedono i primi risultati nella
partecipazione dei soci), perché
consapevoli che gran parte del
lavoro socio-culturale innescato
nella cooperativa non può svilupparsi se non contemporaneamente alla crescente solidità economica della cooperativa.
Del resto, sia il rapporto del
SAS, sia la discussione hanno
ribadito come il lavoro della Federazione si debba poi progressivamente distaccare dalle cooperative per approfondire la presenza evangelica, culturale, sociale. Questo è stato in parte
fatto, ma è un settore da poten
ziare, con l’aiuto di pastori, di
fratelli capaci di predicare l’Evangelo e di rispondere ad una
domanda che ormai molte persone rivolgono in modo esplicito
al SAS.
Nelle città
Assai diversa invece la situazione nelle città. Ponticelli può
contare infatti sull’apporto notevole di membri delle chiese
evangeliche napoletane i quali
sono riusciti a coinvolgere, oltre agli abitanti del villaggio, anche una parte della popolazione
del quartiere, nonché ad avere
rapporti operativi con tutti gli
organismf democratici attivi nella circoscrizione. Qui, nell’aprile ’85, con il convegno su « Scuola e Mezzogiorno » in occasione
del quale il centro ha preso il
nome di Emilio Nitti, si è riaffermata la possibilità di « fare
cultura » con una certa incisività.
Anche a Monteforte si è tentata una strada analoga, ma le
difficoltà di formare un gruppo
fisso di collaboratori e la presenza molto più ridotta di comunità evangeliche nella regione di Avellino hanno costituito
un grosso limite, anche se nell’ultimo anno si cominciano a
vedere alcuni frutti. Oltre al centro sociale e al centro incontri,
ai momenti pubblici (come il
convegno del marzo ’85 « Dalla
ricostruzione alla trasformazione», l’assemblea sulla denuclearizzazione della biblioteca, la
manifestazione e la preghiera
per la pace in piazza) è soprattutto la scuola materna quella
.che ha segnato un positivo sviluppo, passando dai 18 bambini
del 1982-83 ai 51 del 1985-86. Questa scuola è nata per iniziativa
delle chiese libere, su richiesta
dell’amminjstraaione comunale
e i suoi oneri sono sostenuti dal
SAS e da amici esteri. Raccoglie anche bambini di una zona
agricola che non ha servizi scolastici per quella fascia di età.
Come si vede anche solo da
questi brevi accenni, il fronte
su cui il SAS e, con esso, la nostra Federazione si sono impegnati è vasto e indubbiamente
costoso. Non sono mancate perplessità circa l’utilizzo delle nostre forze e sulle nostre priorità. I tre anni che stanno davanti
saranno la necessaria verifica di
quanto è stato avviato: l’assemblea lo ha ribadito, incoraggiando il SAS a procedere, con fiducia e realismo, sulla strada che
si è aperta in modo non certo
prevedibile davanti a noi. Procedere su questa strada dipende,
come afferma il rapporto del
SAS, « dalla volontà del Signore, dalla costanza con cui saremo capaci di essere propositivi,
aperti a ogni confronto e consapevoli della vocazione che ci è
stata rivolta».
Marco Rostan
Visione unitaria
L’Assemblea, richiamando i'art.
12 lettera e] dello Statuto, invita
il Consiglio a predisporre i bilanci preventivi dei vari servizi in una
visione unitaria. In particolare invita ii Consiglio a destinare una
quota percentuale della gestione
ordinaria dei servizi alia amministrazione.
Chiede alie Chiese membro di
indicizzare aimeno all’infiazione ii
loro contributo annuo. Indice una
colletta annuale da destinare ai
Servizio Migranti ed invita il Consiglio a darne adeguata pubblicizzazione e a studiare ia possibiiità
che ie singoie comunità contribuiscano direttamente aile spese dei
vari servizi.
parte delle chiese membro raggiunge appena il 60% del necessario. Su questi due punti si è
centrata una parte della discussione deH’assemblea.
Come ridurre i costi e mantenere refficacia di un servizio che
tutti hanno considerato indispen
sabile? Aumentando l’abbonamento al notiziario, certamente.
Ma anche questo non basta. E’
perciò necessaria una visione
globale del bilancio, e quei servizi che hanno maggiori risorse saranno chiamati a contribuire anche allo sviluppo degli altri.
chiese membro dovranno almeno
indicizzare all’inflazione i loro
contributi per la Fcei.
Ma — è stato osservato — questo meccanismo rischia di rallentare un processo di migliore qualificazione dei servizi, se alcuni
saranno costretti a non migliorarsi perché devono esercitare
una « solidarietà » con servizi in
passivo. E’ una osservazione sulla quale il Consiglio eletto a Palermo dovrà attentamente meditare. Il sistema contabile adottato e i criteri di gestione amministrativa approvati dalTA-isemblea permettono oltre che una
gestione economica, una gestione finanziaria della Fcei. Ai
componenti il nuovo consiglio si
chiede in un certo senso di diventare anche dei managers. Senza esagerare però. Infatti la maggior parte delle risorse vengono
dalle collette e dai doni; vengono cioè da quel popolo protestante italiano ed estero che affida
alla Fcei i propri soldi non solo
perché siano oculatamente amministrati ma perché soprattutto
servano per la testimonianza Jell’Evangelo nel nostro paese.
L’Assemblea, accogliendo la proposta di una colletta annua da
destinare al servizio Migranti, ha
voluto così significare che oggi
una frontiera di questa testimonianza è proprio « lo straniero
che è tra le nostre porte ».
II computer tra tre anni nella
prossima assemblea ci dirà quanto questa è una priorità anche
per le nostre tasche.
Giorgio Gardiol
Dossier
Diaconia
Proroghiamo a mercoiedì
20 novembre ia data limite
per le prenotazioni con sconto
dei Dossier Diaconia che l’AIP
stampa per incarico della Tavola valdese. Il Dossier serve
di base per lo studio sulla diaconia che il Sinodo ha raccomandato per quest’anno alle
chiese.
Entro il 20 novembre prezzo
L. 1.200 la copia, minimo 5 copie (tei. 011/655.278).
Dopo il 20.11 prezzo L. L500
la copia.
9
15 novembre 1985
vita delle chiese 9
INTEGRALISMO CATTOLICO A VERONA
SCOMPARSA DI UN PASTORE VALDESE
La messa a scuola: Edoardo Micol
<cChe male c’è?»
Si firmano le Intese, si rinnova
il Concordato, il cattolicesimo
non è più « religione di Stato »,
ma nella scuola tutto continua
ad andare esattamente come prima. Almeno, questo succede a Verona, ed è stato documentato da
un’indagine condotta dal locale
Consiglio di chiesa. Il risultato
— desolante — è stato questo: in
tutii i circoli didattici meno uno
l'inizio deiranno scolastico è stato
solennizzato con la celebrazione
della messa, nei locali delle scuole e durante l’orario scolastico.
In un caso il rito è stato anche
ripreso dal TGl. Insomma: l’Italia lentamente si rinnova, ma il
vecchio Veneto cattolico non si
arrende.
Sarebbe già una storiella significativa, ma non è finita qui. La
chiesa valdese di Verona ha infatti preso posizione, citando il
secondo comma dell’art. 9 delle
Intese ( « l’ordinamento scolastico provvede a che l’insegnamento religioso ed ogni eventuale
pratica religiosa nelle classi in
cu: siano presenti alunni che
hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione deirinsegnamento di altre
materie, né secondo orari discriminanti »), e deprecandone la
plateale violazione da parte dei
direttori didattici. Inoltre, il documento denuncia come ulteriore
prevaricazione il fatto che nelle
scuole elementari sia ancora impossibile esercitare l’opzione di
« non avvalersi » dell’insegnamento religioso.
Il testo di questa protesta è
stato inviato al Provveditore agli
Studi di Verona e, accompagnato
da una lettera di Lorenzo Bonfante, presidente del Consiglio di
chiesa, al settimanale « Nuovo
Veronese » e al quotidiano locale « L’Arena ». Se il primo ha
pubblicato senza commento, dal
secondo è giunta, insieme con la
pubblicazione della lettera di
Bonfante, una risposta redazionale grondante integralismo e
intolleranza (della quale, incredibilmente, venivano accusati i
valdesi di Verona). Un simile
scritto merita di essere riportato
in modo quasi integrale: « Ci
sembra di avvertire un minimo
di intolleranza, che contrasta in
maniera piuttosto evidente con
lo spirito che dovrebbe presiedere ai rapporti fra comimità religiose (...). In carenza del regolamento che dovrebbe stabilire
le norme di attuazione del nuovo
concordato, che male c’è se in
qualche scuola si è continuato a
far celebrare all’inizio dell’anno
scolastico una messa (...), visto
che, in fondo, nella messa si prega non soltanto lo stesso Dio ma
anche lo stesso Cristo che pregate voi? Così, proprio per questo
spirito ’’ecumenico” o almeno
pluralistico, sarebbe stato più
bello se, avendo scritto per ben
tre volte ’’religione cattolica”,
aveste messo l’iniziale maiuscola
come a ’’Chiesa Valdese” » (sic!).
Insomma, dopo il danno, anche le beffe. La chiesa valdese di
Verona ha commentato, molto
diplomaticamente, che questo
commento è « rivelatore di un
atteggiamento di ignoranza e superficialità ».
Paolo Fiorio
Il 7 novembre, nel Tempio di
Luserna S. Giovanni, colmo di
una folla addolorata e commossa, si sono svolti i fimerali del
Pastore valdese Edoardo Micol.
In assenza del Past. Bruno Bellion, in missione in Germania,
presiedeva il Past. G. Platone,
Presidente del Circuito, svolgendo una meditazione sul testo di
2 Timoteo 1: 12: « io so in chi
ho creduto », versetto che il Pastore Micol prediligeva e ohe ha
caratterizzato la sostanza del suo
ministero. Nato a Massello nel
1908, in un tempo nel quale la
vita tra quei monti era dura e
difficile, aveva trovato nell’ambiente familiare di pietà semplice e salda, fondata sulTinsegnamento della Scrittura, Thumus
favorevole al sorgere della sua
vocazione al ministero pastorale.
Dopo la Scuola Latina a Pomaretto, aveva continuato gli studi
al Cbllegio di Torre Pellice e poi
a Roma alla Facoltà di Teologia.
Come tanti altri nostri Pastori,
aveva avuto il privilegio di completare la sua preparazione in
Scozia, usufruendo di una borsa
di studio presso il New College di
Edimburgo. Di ritorno in Italia,
fu inviato per Tanno di prova a
Torino, quale coadiutore del
Past. A. Simeoni. Ma non potè
rimanervi a lungo. La Tavola in
quel tempo era in difficoltà per
provvedere alla cura pastorale di
tutte le comimità sparse nella
vasta diaspora della penisola e
cercava di tamponare la situazione spostando di frequente gli operai nelle località dove la presenza pastorale sembrava più necessaria. Non era il sistema più
adatto per abituare i giovani candidati a un lavoro qrdinato e perseverante. Il giovane Micol dovette subire il disagio di questa
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Dibattito suli’occupazione
TORRE PELLICE — L’Assemblea di Chiesa del 10 novembre
ha discusso il tema del lavoro e
della disoccupazione alle Valli,
sulla base di due relazioni introduttive di Piervald'o Rostan
e del gruppo giovanile dei Coppieri. La chiesa è stata invitata
a proseguire la riflessione in
gruppi di lavoro, e nella Commissione Distrettuale nominata a
questo scopo.
La discussione seguente si è
diretta in modo particolare sulla
questione del taglio del tratto
Pinerolc-Torre Pellice della linea ferroviaria Torino-Torre
Pellice. L’Assemblea di Chiesa
ha votato un ordine del giorno
in cui si chiede alle autorità locali e agli organismi ecclesiastici
di « adoperarsi nei modi più
opportuni presso gli organi competenti al fine di ottenere che
venga mantenuta in funzione la
linea ferroviaria ». I fratelli Michele Cericola e Piervaldo Rostan sono stati delegati a rappresentare la chiesa di Torre
Pellice nel Comitato cittadino
di difesa della ferrovia.
• Si sono svolti i funerali dei
fratelli Aldo Gay, Paolo Artus e
Jacqueline Malan Nelson. La comunità esprime la sua solidarietà cristiana alle famiglie in lutto.
Assemblee di chiesa
ANGROGNA — L’assemblea di
chiesa si terrà domenica 17/11
alle ore 10. Odg: situazione pastorale; relazione sul Sinodo.
Parteciperà il past. Rellion per la
Tavola. Alle 12.30 agape fraterna con inaugurazione della nuova cucina e dell’ampliamento
della Sala Unionista agibile a
termini di legge.
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Sabato 23 novembre alle ore
20.30, nella Sala Albarin, avrà
luogo la preannunciata Assemblea dì CSiiesa con all’ordine del
giorno la prosecuzione del dibattito sulla relazione della Commissione d’Esame sull’operato
del concistoro, la elezione dei
membri della C.d.E. e dei revi
sori dei conti.
I problemi che verranno discussi interessano tutta la comunità, per cui si fa viva preghiera ai membri di chiesa di
intervenire numerosi.
RORA’ — L’assemblea di chiesa avrà luogo domenica 17/11 alle ore 10.30, in relazione alla
proclamazione della vacanza
della chiesa. Seguirà un pranzo
comunitario (iscriversi presso
il pastore).
Riunioni quartierali
VILLAR PEROSA — Il Concistoro e il Comitato del Convitto-Foresteria avranno una seduta comune il 18 novembre
alle 20.30.
• Mercoledì 20.11 si incontrano le sorelle dell’unione femminile del Centro al Convitto.
• Riunioni quartierali (tutte
con inizio alle 20.30): 20.11: Dubbione (casa Vinçon); 21.11: Vivian; 26.11: Tupini (casa E. Ghigo); 27.11: Chenevières.
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situazione, chiamato a svolgere
un ministero spezzettato, privo
di continuità, or qui, or là, per
brevi spazi di temuo nelle località più disparate. Dopo appena
un anno a Torino, è sbalestrato
a Pachino, nelTestremo sud della
Sicilia. Di nuovo, dopo un anno
appena, riportato nelTestremo
nord delle Valli valdesi a Rodoretto.
Non era ancora terminato
quell’anno, che la Tavola lo invia
nell’Africa Orientale in aiuto al
Past. Giovanni Bertinatti che operava come cappellano militare
laggiù.
Il ministero di Micol ad Addis
Abeba durò anch’esso poco, in
quanto nello stesso anno del suo
arrivo (1940) fu richiamato in
servizio militare e di lì a poco,
fu fatto prigioniero dagli inglesi. Ai disagi iniziali del suo cammino si aggiungeva così il travaglio di una situtizione umiliante
e dolorosa, senza prospettive,
perdurante nel tempo (sei lunghi
anni!).
Forse deve conoscere per
esperienza personale diretta la
verità di quel che l’apostolo Paolo diceva quando affermava che
« l’afflizione produce pazienza e
la pazienza esperienza e l’esperienza speranza » (Rom. 5: 3-4).
La speranza non è confusa. Viene
la liberazione, può riprendere e
completare gli studi e finalmente
essere consacrato nel 1947. Sono
passati ben 13 anni da quello che
doveva essere, secondo la consuetudine un solo anno di prova, prima della consacrazione. Non
dunque un anno di nrova, ma 13
anni di « prove », nel corso dei
quali fu temprato in vista di
quello che doveva ancora soffrire
con una sopportazione che ha
dell’incredibile. Ma prima di questo il Signore gli concesse un
tempo sereno di tregua. Fu inviato a Felonica Po. Un anno
solo, ma di grande importanza
per la sua vita e per il suo successivo servizio. A Felonica Po
doveva infatti incontrare Ester
Deimaestro, colei ohe doveva condividere validamente con lui le
fatiche, le speranze, le gioie di
un lavoro pastorale finalmente
pieno, non più per un breve
tratto di tempo soltanto, ma per
il regolamentare quattordicennio.
La sede fu Pramollo e in quel
periodo venne alla luce un altro
aspetto della personalità di
Edoardo Micol, e cioè la sua capacità di partecipazione attiva alla sofferenza degli altri. Questo
fu particolarmente evidente
quando uno dei quartieri di Pramollo fu distrutto da un’alluvione causando morti e feriti e perdite di beni. In quelToccasione
Edoardo Micol fu la presenza apportatrice di aiuto, di consolazione, di incoraggiamento, la
mente capace delTorganizzazione
dei soccorsi e della loro gestione saggia ed accurata.
L’ultimo quattordicennio, questa volta nella chiesa di Villar
Pellice, fu un periodo di lavoro
sereno, svolto con semplicità, con
ordine e con diligenza. Entrato in
emeritazione ne visse i sei primi
anni mantenendo vivi i rapporti
di amicizia con i membri delle
chiese dove aveva servito e continuando a predicare dove era
richiesta la sua presenza, finché
la grande ultima prova si abbatté
su di lui, togliendogli la parola
e la libertà di movimento.
Come nel racconto di Giobbe
l’antico problema si riproponeva: perché un uomo così buono,
un servitore così fedele, che ha
speso la sua vita ner gli altri,
deve essere così colpito? Giobbe
sapeva che avrebbe avuto la sua
risposta quando diceva: « Io so
ohe il mio vindice vive» (19: 25).
Edoardo Micol aveva messo nel
suo cuore la parola dell’apostolo: « Io so in chi ho creduto ».
Achille Deodato
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Giovedì 14 novembre
a COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20.45 presso
I locali della Chiesa Valdese riprendono gli incontri del collettivo biblico
ecumenico. Tema dell'Incontro: « Ripensamento della Cena del Signore nell'ambito del culto nella chiesa valdese ». Relatore il past. Bruno Rostagno.
Venerdì 15 novembre
■ ASSEMBLEA DEL 1°
CIRCUITO
LUSERNA S. GIOVANNI — Alle ore
20.30 è convocata l'Assemblea del 1”
Circuito nella Sala Albarin. AITo.d.g.
la questione giovanile nelle chiese del
Circuito ed informazioni sulla nostra
situazione.
Domenica 17 novembre
■ ASSEMBLEA DEL 2°
CIRCUITO
SAN GERMANO CHISONE — Alle
ore 15 avrà luogo l'assemblea del 2°
Circuito sul tema: .« La predicazione
all'Interno e all'esterno della chiesa ».
Giovedì 21 novembre
□ LA BEIDANA
TORRE PELLICE — Alle ore 17, presso la Biblioteca Valdese, presentazione
de La Beidana, la nuova rivista-supplemento deh « Bollettino della Società di
Studi Valdesi », a cura del gruppo redazionale.
Sabato 23 novembre
n CORSO DI ANIMAZIONE
BIBLICA
TORRE PELLICE — La Federazione
Femminiie valdese organizza presso
la Foresteria Valdese dal 23 al 24 novembre un corso di animazione biblica
sul tema « Scegli la vita ». Per informazioni rivolgersi a Katharina Rostagno
(0121/51372).
il futuro
può essere incerto
c’est la vie
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del domani
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10
10 cronaca delle Valli
15 novembre 1985
LE FORZE POLITICHE DISCUTONO UNA NUOVA PROPOSTA
Verso una ferrovia provinciale?
Una valle
per il
suo treno
Dal 1° gennaio, il treno sostituito da autobus - Ma le FF.SS. stanno continuando i lavori sulla
linea nella prospettiva di un trasferimento alla SATTI - Le posizioni di partiti ed ecologisti
Tutta la Val Pellice protesta e
partecipa alle varie manifestazioni che comuni e comunità montana hanno organizzato la scorsa settimana in difesa del treno
da Pinerolo a Torre.
Dai vari interventi di cittadini,
di lavoratori, di pensionati, di
giovani si capisce quanto il treno sia amato dalla gente, Sì, c’è
qualcuno che protesta per il cattivo servizio che le ferrovie danno, per il fatto che i passaggi a
livello vengono "dimenticati"
chiusi, per i ritardi cronici, per
lo scarso numero delle corse. Ma
tutti dicono che il servizio va
migliorato, non abolito.
Sul treno si fanno incontri, c’è
chi ha conosciuto sul treno il
marito o la moglie, si fanno amicizie, si discute dei problemi della vita, della famiglia, di politica, di sport. E’ una struttura di
socializzazione, fa maturare le
personalità dei giovani e consolida quella degli anziani, non è
solo un semplice mezzo di trasporto.
Ecco perché tanta gente della
Val Pellice si mobilita.
Ne va di mezzo un’identità, il
modo di essere di tutta la gente
della valle. Aver il treno che arriva in valle, anche se magari
non lo si adopera spesso, è un
modo per essere collegati col resto del mondo, non solo con la
città di Torino, ma anche con le
città europee, significa essere un
punto di una rete di comunicazione che ci porta a conoscere ed
incontrare altri. Togliere il treno
significa privare psicologicamente la gente di una possibilità di
comunicare, costringerla all’isolamento. Certo al posto del treno
ci saranno moderni pullman, magari d’estate con l’aria condizionata. Ma per quanto moderno
sia il pullman non dà alla gente
lo stesso sentimento. Viaggiare
in pullman è anonimo, è più difficile tessere amicizie, è più difficile scambiare opinioni.
Chi, come pendolare, deve passare almeno due ore al giorno su
un mezzo di trasporto (400 e più
ore l’anno, cioè il tempo di circa
15 giorni) sa come, se fosse costretto al pullman, la qualità della sua vita diminuirebbe.
Di fronte a questi sentimenti
le cifre del deficit (ma sono poi
vere e dimostrate?) portate dalle FF.SS. per giustificare il taglio, non reggono. Può l’economia, il criterio contabile, prevalere sui sentimenti dell’uomo?
Oppure non dev’essere l’uomo a
dettare i criteri su cui organizzare l’economia?
Sono questi gli interrogativi di
questi giorni. Le questioni sulle
quali i cittadini, i politici, i lavoratori si confrontano. Si discute
in definitiva su un modello di società, di vita, di relazioni tra la
gente.
Mantenere o abolire il treno fa
parte di una opzione più grande,
di una ipotesi di articolazione
della vita collettiva in valle, di
una ipotesi di civiltà da costruire o da mantenere.
Ci siamo accorti tardi dell’importanza del treno per la nostra
vita, per la vita della valle. Ma
meglio tardi che mai.
Mentre cresce la mobilitazione
della gente, i giornali riportano
la notizia che il Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie dello Stato avrebbe già deciso di
sospendere dal 1“ gennaio prossimo il servizio ferroviario da
Torre a Pinerolo. Secondo quanto
si è appreso, dal 1“ gennaio prossimo le attuali corse verrebbero
sostituite con autopullman sempre a gestione delle Ferrovie
dello Stato.
I lavori sulla linea (sistemazione delle stazioni, automatizzazione di alcuni passaggi a livello,
rafforzamento dell’ armamento)
proseguiranno ugualmente perché è intenzione delle Ferrovie
mantenere in efficienza la tratta.
Perché? si chiedono in molti,
Una risposta la dà l’assessore
provinciale Trovati: « Bisogna
che il tratto di ferrovia da Pinerolo a Torre sia mantenuto perché sia possibile che una società
mista — a capitale pubblico e
privato — come la SATTI (l’impresa che gestisce la ferrovia Torino-Ceres) possa subentrare alle FF.SS. nella gestione ». Quella
di una gestione regionale delle
ferrovie per pendolari è infatti
una ipotesi della nuova maggioranza che governa in 'Regione e
in Provincia. In questa ipotesi alle Ferrovie dello Stato sarebbe
riservato il trasporto sulle grandi linee, mentre la gestione delle
linee minori — attraverso una
convenzione tra Ferrovie e Stato — spetterebbe alla Provincia
che vi opererebbe con una società di gestione.
Il treno verrebbe così mantenuto, ma diventerebbe una sorta
di « tramway » interurbano capace di funzionare con molto meno personale e minori costi di
quanto sia necessario alle FF.SS.
Ovviamente i'I trasporto sarebbe integrato con quello delle ferrovie e correrebbe anche sugli
stessi binari.
E’ questa l’ipotesi attorno a
cui sta lavorando la Provincia di
Torino che da pochi giorni è titolare di competenze in campo di
trasporti delegate da una legge
approvata dal Consiglio Regionale il 7 novembre scorso e non ancora pubblicata sul Bollettino
Ufficiale.
Mentre i partiti stanno esaminando queste proposte, altre più
irnmediate vengono fatte per migliorare il servizio e aumentare
l’utenza. Il Comitato pendolari,
autore di una ricerca sugli orari
preferiti dalla gente, propone di
intensificare le corse in arrivo a
Torino tra le 7,15 e le 8 del mattino. Oggi ve ne è solo una.
Sempre secondo i pendolari
un’altra corsa dovrebbe essere
istituita per gli studenti in partenza da Torino tra le 13,30 e le
13,45. Ed inoltre dovrebbero essere intensificate le corse in partenza da Torino tra le 16,30 e le
18. Oggi ve ne è solo una.
La Comunità Montana Val Pellice per razionalizzare il servizio
propone la soppressione di alcune
corse in ore notturne: i treni in
partenza da Pinerolo alle 0,55, alle 5,34, alle 19,49 e alle 20,23 ed
in partenza da Torre Pellice alle
3,50, alle 4,19 e alle 5,04.
Sempre la Comunità Montana
chiede l’istituzione di una corsa
da Pinerolo in partenza alle
ore 12,30 nei giorni feriali e l’anticipo alle 11 del treno che attualmente parte alle 11,54.
Tutti poi chiedono di trasformare la stazione di Pinerolo da
stazione di testa in stazione passante in modo da evitare le manovre di entrata ed uscita dalla
stazione risparmiando così tempo di trasporto.
Attorno alla ferrovia si sta formando un fronte di forze politiche e sociali favorevoli al suo
mantenimento: si sono espressi
in questo senso la DC (con un
manifesto che invita a considerare anche i costi legati alle necessità di interventi a sostegno della viabilità se il treno viene soppresso), il PCI (che ha promosso
una sottoscrizione popolare ed è
contrario a questo tipo di tagli
che è in contrasto con tutti i
progetti di programmazione territoriale già approvati da Comunità Montana, Comprensorio, Regione), il PSI (che annuncia la
mancanza di alternative, per ora,
al treno e sostiene Tipotesi di
una ferrovia provinciale o in alternativa una nuova strada sul
percorso attuale della ferrovia),
la Lista Verde Civica (anch’essa
per la ferrovia provinciale), la
Sinistra Indipendente (occorre
un sistema integrato di trasporto che faccia perno sulla ferrovia, gli enti locali vanno
consultati prima di qualsiasi
decisione), Piemont (difendere
la ferrovia è difendere Tautonomia piemontese). Democrazia Proletaria (la ferrovia min
serve solo a pendolari, attoiiio
alla ferrovia deve nascere una
ipotesi di sviluppo locale autocentrato che riduca la dipendenza della nostra area dal polo torinese e in polemica col PSI :-fferma ohe la tranvia interurbana
non serve a questo scopo, la ferrovia deve rimanere a gestioiie
FF.SS. migliorando il serviziot.
Anche i sindacati CGIL. CISL,
IJIL vogliono mantenere l’attuale
ferrovia.
Non si sono pronunciati per
ora il PLI e il PRI.
Tutti i comuni della valle si -ono pronunciati a favore de! treno, ed il comune di San Secondo
chiede inoltre di ripristinare
la fermata degli Airali. Tra i eomuni manca solo Pinerolo il . ni
sindaco non vuole prendere eosizione e stando a dichiarazióni
rese in consiglio, preferisce d eiegare la posizione del comune alla discussione del compren.so; io.
Tra le organizzazioni natuiedistiche segnaliamo la posizione di
Pro Natura, anch’essa conti a da
alla soppressione del treno.
G. G.
Si estende la mobilitazione per
salvare la ferrovia Pinerolo-Torre Pellice e si moltiplicano le
prese di posizione di Enti Locali
e altri organismi.
In particolare, a seguito della
riuscitissima assemblea pubblica del 5 novembre, si è costituito il Comitato per la Difesa della Ferrovia che ha reso pubblico
il seguente documento:
« Riteniamo indispensabile
mantenere la linea ferroviaria
per le seguenti motivazioni:
1) la soppressione del tronco
Torre Pellice - Pinerolo non risolve assolutamente il problema
del bilancio delle FF.SS. (pari a
un deficit di circa lO.OtX) miliardi), mentre aggrava la situazione
di isolamento e depauperamento della Valle.
LA MOBILITAZIONE SI ESTENDE
Documenti, comitati
raccolte di firme
4) la sede della via ferrata
occupa minori superflci di terreno agricolo rispetto alla strada asfaltata;
Inoltre non costituisce un risparmio di denaro pubblico, bensì un aggravio di spesa sia per
gli utenti (enorme aumento del
costo di biglietti ed abbonamenti) che per la collettività (vedi
gli ingenti contributi regionali
alle aziende private di trasporto
su gomma);
2) il treno costituisce un risparmio energetico per costo di
unità trasportata al Km. ed è
un mezzo di trasporto non inquinante e più sicuro;
3) il treno è socializzante e
favorisce nell’uso qualsiasi tipo
di utenza (anziani, portatori di
handicap, ecc...);
5) la soppressione del servizio ferroviario Torre Pellice Pinerolo aggrava i problemi di
viabilità della strada provinciale con aumento notevole delTintasamento e quindi dei rischi di
incidenti e con aumento dei tempi di percorrenza dei mezzi su
gomma che già attualmente sono superiori a quelli del treno;
6) la soppressione del servizio ferroviario Torre Pellice Pinerolo limita di fatto la possibilità di comunicazione anche
a livello internazionale in considerazione della valenza storicoculturale-religiosa della Valle.
Il Comitato assume le seguenti iniziative :
a) coinvolgimento degli altri
comitati sorti a difesa dei tronchi ferroviari minacciati dalla
soppressione ;
b) delegazione di sindaci, rappresentanti del comitato e cittadini al Consiglio Regionale di
giovedì 14.11 p.v., alle ore 9.30 a
Torino, Palazzo Lascaris;
c) incontro fra i rappresentanti del comitato ed il Ministro
dei Trasporti Signorile lunedì
18.11 p.v. alle ore 17 a Roma;
d) invito a tutti i cittadini
alla mobilitazione e alla partecipazione ad una manifestazione
generale, insieme agli altri comitati, la cui data sarà fissata
nella riunione di comitato di
giovedì 14 c.m. ore 21 presso la
sala consiliare del Comune di
Torre Pellice ».
Dal canto suo il Consiglio comunale di Torre Pellice ha approvato un ordine del giorno nel
quale, tra l’altro, si legge:
montani, dalle non riassorbite cc. jeguenze della chiusura della sua incipale industria, da una viabilità assolutamente insufficiente, soprattutto ;:er
quanto riguarda il collegamento ,:on
Pinerolo e Torino, il cui progressó'o
intasamento, unito al disservizio fe 'Oviario, peggiora le condizioni di vita
delle molte migliaia di pendolari e minaccia la possibilità di sviluppo ec anche di sopravvivenza delle attività industriali, commerciali e turistiche locali:
Richiede alle Ferrovie dello Stato,
di attuare al più presto gli interventi
migliorativi del collegamento ferroviario Torino-Pinerolo-Torre Pellice;
Sollecita un incontro urgente al Ministro dei Trasporti con una propria
delegazione;
Mobilita la popolazione tutta a difesa del servizio ferroviario.
Il Consiglio richiede al Ministro dei
Trasporti, alle ferrovie dello Stato ed
alla Regione, di non penalizzare ulteriormente questa Valle, già pesantemente
segnata dai mali propri dei territori
Infine, la raccolta di firme
contro la soppressione del tronco ferroviario Pinerolo - Torre
Pellice, promossa dalla Associazione Pro Loco di Torre Pellice, si è conclusa T8 novembre
dopo essere giunta alla notevole
cifra di 2.507 adesioni. Di queste, quasi il 60% (1.420) è stato
raccolto a Torre Pellice, ma risultati notevoli sono stati ottenuti anche a Luserna S. Giovanni (517), Bobbio Pellice (183)
e Angrogna (160). Un’altra petizione, favorevole al mantenimento della ferrovia e al ripristino
della fermata di S. Secondo, ha
inoltre raccolto circa 600 firme.
Giorgio Gardiol
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11
15 novembre 1985
cronaca delle Valli 11
AMNESTY INTERNATIONAL
La nostra immagine
Didattica dei diritti umani
Secondo incontro al Corso di
aggiornamento per insegnanti
promosso da Amnesty International (Gruppo Val Pollice), con il
concorso di Distretto Scolastico,
Comunità Montana e Comune.
Giovedì 31 scorso, alla Foresteria
Valdese, il prof. Claudio Tron
ha analizzato i problemi di metodo per l’educazione ai diritti
umani. Il relatore ha avvertito
che in questo campo non ci sono
risposte pronte ma è necessario
piuttosto costruire concretamente delle esperienze di lavoro.
L educazione ai diritti umani non
può passare attraverso l’enunciazione di principi generali ed
astratti e neppure vale riferirsi
a casi molto noti ma « lontani »,
se poi non si trova il modo di
legare questi principi e queste
realtà a ciò ohe succede e si
discute nel contesto « microsociale » delle aule scolastiche. Il
rispetto per gli altri è invece un
v/ lore che va conquistato nella
vita quotidiana e l’educazione ai
diritti umani è soprattutto educazione a certi comportamenti
sociali.
Claudio Tron, partendo soprattutto dalla sua esperienza di operatore scolastico, ha esaminato
in questa luce i programmi della scuola elementare e media,
notando come in essi siano assenti specifiche formulazioni sui
diritti umani. Si parla, ad esempio, di minoranze linguistiche,
ma nessuna attenzione è dedicata ad altre minoranze (religiose, etniche, gruppi sociali non
consolidati). O ancora, nei programmi di geografia viene privilegiato il rapporto uomo - ambiente, ma non sembra necessario analizzare quelle situazioni
europee o extraeuropee in cui
diritti civili e politici sono negati.
Nei programmi ministeriali
esistono dunque soltanto pochi
spunti che attendono di essere
valorizzati dagli insegnanti. Si
tratterà soprattutto di usare i
diritti umani come « filo conduttore » della didattica, nella convinzione che obiettivi di tipo
comportamentale richiedono l’applicazione di appropriate tecniche comportamentali. Ad esempio, mettendo in evidenza come
anche in piccoli aggregati sociali
(la classe o i gruppi) si creino
differenziazioni, gerarchie, dinamiche emarginanti. Sono queste
le esperienze probabilmente più
formative e che si possono più
facilmente legare ad iniziative di
ricerca interdisciplinare, disegno,
canto.
L’impostazione che Claudio
Tron ha dato al problema è stata ben recepita dal pubblico, da
cui sono venuti numerosi stimoli, soprattutto esperienze di lavoro sul problema delle minoranze e di approifondimento dei
contenuti della Costituzione.
M. B.
C’ERO ANCH’IO
Caro Direttore,
a completamento dell’informazione
apparsa sul giornale del r novembre,
relativa aH’ordine del giorno del Consiglio Provinciale di Torino che richiama il Governo sulle nuove disposizioni
in materia di facoltatività dell’insegnamento religioso, Le sarei grato potesse
informare i Suoi lettori, che oltre ai
colleghi citati neH'articolo, chi scrive,
a nome delTUnion Piemontèisa, è intervenuto per primo, dopo la relazione
di Giorgio GardioI, a sostenere l'ordine del giorno.
Nel mio intervento, tra l'altro, ho ricordato l’importanza delle Intese fra
Stato e Tavola Valdese sul diritto di
scelta nella scuola.
Roberto Gremmo, Torino
Comitati per la pace
USSL 42 - VALLI
CHISONE ■ GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; presso Ospedale Valdese di Pomaretto tei. 81228 - 81691.
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 17 NOVEMBRE 1985
Villar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale, 22 - Tel. 840707
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 17 NOVEMBRE 1985
Bibiana: FARMACIA GABELLA - Via
Pinerolo. 21 . Telef. 55733
Bobbio Penice; FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel.92744.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
UN ORGANO
LIMITATO
POMARETTO — Il Comitato per la
Pace delle Valli Chisone e Germanasca si riunisce mercoledì 20 novembre alle ore 20.45 presso il municipio. L’ordine del giorno prevede: 1)
preparazione di uno stand informativo
sulla denuclearizzazione del territorio;
2) contatti con i Comuni interessati.
Ringrazio il Sig. G. Long per l'interessante recensione del Concerto Bach
al Sinodo; anche perché ridimensiona
certi giudizi e valutazioni eccessivamente enfatici riguardo all'organo del
Tempio di Torre Pellice; esso è un
ottimo piccolo organo e basta. Però, a
tranquillità dei membri di chiesa di
Torre e di chi offrì doni per il restauro dello strumento nel '76, va detto
che LIMITATO non equivale a SFIATATO; la TOCCATA in FA (e non in LA
come erroneamente citata) ha certo
evidenziato limiti fonici, cioè un numero di registri piuttosto ristretto: ma
ciò non implica che i due motori forniscano alle canne aria in quantità insufficiente. Quando Bach provava a
pieno volume i ■■ polmoni » degli organi, intendeva appunto assicurarsi che
l’aria a pressione fosse proporzionata
al N“ di canne messe in funzione: nell'organo di Torre, la pressione è stata
accuratamente calcolata da esperti
organar! ed è perfettamente sufficiente,
anche nel GRAN FORTE, per i 23 registri installati.
Ferruccio Corsani, Torino
Per gli allevatori
di ovini
In relazione al trattamento antiparassitario eseguito questa primavera sugli ovini della Val Pellice, visto il buon
esito e considerata la necessità di ripetere il trattamento stesso nel periodo autunnale per una corretta lotta alle
parassitosi, si informano gli allevatori
di ovini della Val Pellice ohe la Comunità Montana, in collaborazione con la
USSL 43, fornisce gratuitamente il
farmaco a tutti coloro che siano interessati a trattare entro quest'autunno
le proprie greggi e ohe ne facciano
richiesta presso l'Ufficio Tecnico della Comunità Montana (via Caduti per
la libertà, 4 - Torre Pellice) entro e
non oltre il 31 dicembre 1985.
(segue da pag. 4)
a) uno snellimento e una razionalizzazione del NEV con una
edizione quindicinale assai ridotta e rivolta strettamente agli addetti ai lavori;
b) la creazione di un sevizio
rivolto verso l’estero, in lingua
inglese.
In questa analisi, ma non limitatamente alla stampa, un richiamo al volontariato qualificato può essere utile, sia per la
riduzione delle spese che per un
arricchimento del numero dei
collaboratori.
Il Culto radio deve trovare modo di avere a monte momenti di
preparazione e di discussione
adeguati per non risultare una
presenza eterogenea e dispersiva.
Non più distribuzione meccanica ai vari predicatori e casualità nella scelta dei temi ma piuttosto orientarsi verso un nrogetto a largo respiro che sia il risultato di una riflessione teologica. Bisogna rendersi conto ohe,
se il microfono è un pulpito, esso è un pulpito diverso. E’ importante comprendere che il linguaggio e le forme del culto radio hanno la necessità di adeguarsi al mezzo e agli ascoltatori, che nel 99% dei casi non
sono membri delle nostre chiese.
Ciò non significa scadere nello
spettacolo, abbandonare una forte preparazione teologica e, men
che meno, dimenticare che si predica l’Evangelo, ma rendersi conto che questa predicazione deve
essere efficace. Scegliere perciò le
persone adatte e riprendere i seminari a vari livelli per arricchire il numero delle persone disi^onibili. E’ anche possibile organizzare tali incontri localmente, anche servendosi di strutture esistenti, con costi assai contenuti.
La radiofonia privata, verso la
quale il Servizio ha svolto uno
sforzo In questi ultimi tempi,
non può più essere considerata
incombenza marginale. Sempre
più pressante è la richiesta di
pastori e laici impegnati localmente in questo campo ad
avere supporti, lumi, preparazione adeguata. L’avvicinarsi delle
leggi di regolamentazione sull’uso dell’etere, richiederà una
grande attenzione da parte della
Federazione, non solo del Servizio, e una serie di interventi
presso le forze politiche e di governo. In questo senso precisi
segnali giungono dai non federati per unire gli sforzi nel tentativo di non essere schiacciati
dai grossi interessi in campo e
da una possibilissima lottizzazione delle frequenze.
La rubrica televisiva Protestantesimo sta vivendo una fase
di rinnovamento nei contenuti e
nelle forme. Sarà importante seguire questo delicato lavoro, per
Errata corrige
Nel n. 43, nelTarticolo a p. 3 a firma
Liliana Ribet il testo indicato è Marco
(e non Matteo) 10: 17-31.
Un’immobile, una attività in Valpellice?...
Un nome nuovo garantito da un’esperienza decennale...
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poter offrire uno strumento adeguato anche in considerazione
del nuovo orario e delle grosse
responsabilità che ne conseguono.
(Dalla relazione
del gruppo di lavoro SSRTV)
RINGRAZIAMENTO
« Io ho cercato l’Eterno ed Egli
mi ha risposto... ».
(Salmo 34: 4)
I familiari di
Paolo Artus
esprimendo la loro profonda gratitudine a tutti coloro ohe lo hanno seguito durante la sua malattia e gli hanno
voluto bene, ringraziano coloro che si
sono uniti al loro dolore : medici e personale Reparto Neurochirurgico CTO,
Reparto Neurologico Ospedale Civile,
pastori Tourn e Zotta, pastore Taccia,
Direzione e personale Rifugio C. Alberto; doti. L. Avanzi e Dott.ssa Peyrot e CRI di Torre PeUice.
Torre Pellice, 5 novembre 1985.
RINGRAZIAMENTO
« Io ho pazientemente aspettato
l’Eterno ed Egli si e chinato a
me ed ha ascoltato il mio grido ».
(Salmo 40: 1)
I familiari della compianta
Irma Bertin ved. Benech
sentitamente commossi ringraziano di
vivo cuore tutti coloro che in qualsiasi
modo si sono uniti al loro dolore. Un
grazie particolare ai medici curanti
dott. Avanzi e doti. Solazzo, a don Ricca ed a don Mainerò, ai pastori Bertinat, Bellion e Platone, al sig. Gobello
ed ai Vigili del fuoco di Luserna.
Aiigrogna^ 5 novembre 1985
RINGRAZIAMENTO
( Tu solo, Signore, mi dai sicu
rezza: mi corico tranquillo e
m^addormento »
(Salmo 4: 9)
Il Signore ha richiamato a sé
Pietro Condio (Pierò)
di anni 60
Lo annunciano commossi la sorella,
i cugini ed i parenti tutti, e ringraziano il Pastore Meuret e la famiglia
Abbondance.
Il decesso è avvenuto a Marsiglia il
29 ottobre.
Maniglia di Ferrerò, 15 novembre ’85
RINGRAZIAMENTO
« fo so in chi ho creduto »
(II Timoteo 1: 12)
Il Signore ha posto fine alle lunghe
sofferenze del Pastore Valdese
Edoardo Micol
Ne danno l’annunzio, con fiducia
nelle promesse del Signore, la moglie
Ester Deimaestro, il figlio Paolo con
la moglie Jenny e i figlioletti, la sorella e il fratello, e parenti tutti.
Un ringraziamento ai dott. Mathieu
e Briccarello prodigatisi per le cure, ai
medici e al personale tutto dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice.
Non fiori, ma eventuali offerte per
la ristrutturazione dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice.
Luserna S. Giovanni, 5 novembre 1985
RINGRAZIAMENTO
I,a moglie e la figlia del caro
Stefano Negrin
desiderano ringraziare parenti, amici e
tutte le gentili persone che con presenza. scritti e parole di conforto sono
stati loro vicino in questa triste circostanza.
Torre Pellice, li novembre 1985
Ci scusiamo per il ritardo con cui
compare questo annuncio a causa di un
disguido redazionale.
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12
12 Speciale Assemblea
15 novembre 1985
INTERVISTA A GIANNA URIZIO
Specchio di ciò che siamo
Durante l’Assemblea della Federazione abbiamo rivolto alcune
domande a Gianna Urizio, della équipe responsabile della rubrica
« Protestantesimo », sul nuovo orario che da ottobre ha notevolmente avvicinato a noi la trasmissione — grazie alla nuova convenzione stipulata con la RAI — e sulla nuova impostazione della
trasmissione.
— Cosa rappresenta per voi il
nuovo orario?
— Per usare uno slogan della
nostra Assemblea, direi che il
nuovo orario per noi è una sfida e una promessa. Da un lato è
una promessa di una migliore
collocazione della rubrica e d’altra parte una sfida, cioè un impegno a migliorare.
— Com’è nata l’idea di una
nuova impostazione per la rubrica?
— E’ nata come ipotesi in risposta alle richieste espresse dal
Convegno organizzato un anno
fa ad Ecumene, per ricevere da
vari esponenti di tutto il mondo evangelico italiano consigli,
critiche e suggerimenti. In questo contesto è emersa la richiesta abbastanza diffusa di una
maggiore presenza nell’attualità.
Questa nuova trasmissione presenta perciò nella prima parte,
chiamata « Il punto », im tentativo degli evangelici di condurre una loro riflessione su
quanto sta avvenendo, non necessariamente su ciò che sta
sulla prima pagina dei giornali;
poi un filmato che presenti una
realtà evangelica ; un momento
di dialogo con i telespettatori;
infine im tentativo di avere un
atteggiamento aperto nei confronti dei fenomeni culturali.
Non a caso nella prima trasmissione abbiamo dedicato una riflessione a un disco di Stevie
Wonder che presenta un tema
impegnato, quello dell’apartheid.
~ Una sfida e una promessa,
hai detto a proposito del nuovo
orario. Voi che lavorate nel Servizio, cosa vi aspettate dall’As
semblea per far fronte a questa
sfida?
— Noi di volta in volta siamo
troppo delegati e di volta in volta troppo criticati, oggetti di
pregiudizio. Noi vorremmo avere più equilibrio: poterci avvalere maggiormente del contributo degli evangelici e venir meno
caricati delle deleghe del protestantesimo italiano. Questo vuol
dire che noi non possiamo anticipare sintesi che il protestantesimo non ha ancora fatto e non
possiamo ricevere deleghe a far
cultura al posto dei protestanti.
Possiamo solo essere lo specchio di quello che il protestantesimo è. E d’altra parte vorremmo essere aiutati a individuare le priorità tra ciò che
forma la nostra esistenza collettiva nel tempo in cui stiamo
vivendo.
— Hai parlato di pregiudizi.
Cosa intendi in particolare?
— Ormai, dopo anni, ho visitato moltissime comunità battiate, metodiste e valdesi. La
mia esperienza è questa : ogni
volta che io ho lavorato con una
comunità, con un gruppo di
evangelici, ci siamo capiti: non
ho esperienze di un conflitto nato dopo un lavoro comune. Se
conflitti ci sono, essi sono precedenti ad un lavoro comune.
Sono connessi alla richiesta che
talvolta emerge da parte degli
evangelici italiani di essere presenti nella trasmissione televisiva nazionale con la loro piccola quotidianità, nella difficoltà di esistere come evangelici
nella società italiana, con la loro ricerca di identità, di rilevanza...
— Torniamo alla rubrica. Se
ho ben capito avremo un’alternanza tra il nuovo tipo di trasmissione a « contenitore » di
cui hai parlato e la trasmissione a tipo monografico. Scompare dunque la trasmissione « attualità » fatta di due o tre argomenti?
— Sì, l’ipotesi è proprio questa: invece di offrire un numero composito con più filmati su
varie realtà del mondo evangelico, la scommessa di questo
nuovo contenitore è proprio
questa, di organizzare l’attualità in un modo diverso e con
maggiore frequenza. Finora avevamo 5-6 trasmissioni composite all’anno. Ora ne avremo 8 nell’anno da ottobre a giugno, con
un ritmo mensile. Sarà più impegnativo. E del resto sarà più
impegnativo anche per i numeri monografici, che dovranno
essere più mirati...
— Come mai una nuova sigla?
— Al Convegno di Ecumene
questa è stata una richiesta corale: cambiate la sigla, era elegante ma è invecchiata. Così
l’abbiamo cambiata. Le reazioni raccolte a mezzo di un questionario indicano come prima
impressione un responso positivo. Speriamo piaccia anche al
di là di questo primo sondaggio... Comunque la cosa più caratterizzante non è la sigla, bensì il fatto che la nuova trasmissione è uno sforzo collettivo, un
progetto che coinvolge più persone, i conduttori, una redazione allargata. Questo sforzo collettivo andrà valutato in tempi
medi. Diciamo che il contenitore è un esperimento che noi giochiamo nell’arco di un anno. Un
tempo inferiore non consentirebbe una vera valutazione. Continueremo perciò così fino a giugno. E l’anno prossimo sarà ancora diverso ; e questa è la scommessa.
Intervista a cura di
Franco Gìampiccolì
PROTESTANTESIMO IN TV
L’appuntamento di luned,
4 novembre ci ha riservato
delle grosse novità: diverse
la sigla di apertura e la struttura stessa della trasmissione. La sigla si presenta meno
“austera", a colori e disegni
vivaci; anche il sottofondo
musicale è cambiato e — per
quanto sia sempre un po’ difficile rompere con le abitudini — la prima rapida impressione è che l’insieme sia più
accattivante, ai fini della
proiezione della nostra immagine all’esterno.
Il nuovo schema, per il programma a “contenitore", si
articola come segue:
di posizione delle chiese sudafricane contro l’apartheid e
sulla sottoscrizione della FCEI
per un progetto di ricostruzione in Messico. E’ seguito
un servizio molto interessante sulla presenza a Roma di
un missionario proveniente
dal Togo, e della sua famiglia, con il compito precinuo
di prendere contatto con i migranti africani evangelici al
fine di inserirli nelle varie comunità della città e di organizzare per loro un culto in
lingua francese. Significativo
il ribaltamento della situazione tradizionale: l’Africa
che manda missionari in Eu
Il ‘^'^contenitore
1°) « Il punto », ossia la
trattazione di un problema di
attualità.
2") Notizie dal mondo protestante piacevolmente presentate da Jole Sabadini, arricchite da eventuali filmati.
3°) Un dialogo, a distanza,
con i telespettatori sollecitati da Paolo Ricca e Franca
Mazzarella a scrivere alla rubrica per esporre esperienze
o quesiti. (Questa iniziativa
mi pare particolarmente felice e ricca di prospettive).
4”) « Riflettore su un personaggio »: interviste a personaggi, appunto, la cui attività
sia in qualche modo significativa per noi.
« Il punto » ha trattato questa volta delle difficoltà che
la legge oppone tuttora alla
obiezione di coscienza. Ne ha
parlato Paolo Naso, segretario della FGEI e obiettore
egli stesso. Le notizie hanno
riferito sulla recente assemblea della FCEI, sulle prese
ropa e non viceversa. Dell’invito a scrivere alla rubrica ho
già detto: da rilevare l’esortazione di Franca Mazzarella
alle donne perché offrano
spunti di riflessione e ricerca sulla condizione femminile.
Il « riflettore su un personaggio » è stato puntato su
Mimma Guastoni, direttrice
di una casa editrice musicale.
Abbiamo così ascoltato una
bella canzone « impegnata » di
Stevie Wonder ed abbiamo
appreso con piacere che l’industria della musica leggera
non condiziona la libera
espressione dei compositori.
Per concludere, formulo, sicuramente a nome di tutti,
l’augurio che lo sforzo di rinnovamento dei curatori della
trasmissione contribuisca a
destare un sempre maggior
interesse per l’annuncio evangelico fuori e dentro la nostra cerchia.
Mirella Argentieri Bein
Culto radio
Protestantesimo
Una presentazione a cura di Fulvio Rocco
Un milione trecentoventimila ascoltatori: questo il dato
più recente riguardante la media di ascolto negli ultimi mesi
di quest’anno per il « culto evangelico » alla radio, secondo
gli indici ufficiali forniti dalla RAI. E’ un dato tra i più alti
tra quelli di tutte le trasmissioni radiofoniche che conferma
oltretutto una costante linea di tendenza degli ultimi anni e
testimonia un vasto e crescente interesse del grande pubblico per la trasmissione evangelica della domenica mattina
(ore 7.30) su radio uno.
Il programma, di circa 25 minuti, comprende tre momenti distinti (predicazione, notizie, note di attualità) che,
nel loro insieme, contengono im messaggio evangelico per
quanto possibile omogeneo e coerente.
La predicazione vera e propria è affidata a pastori e
laici di chiese aderenti alla federazione o appartenenti ad
altre chiese o movimenti evangelici. E’ impostata, nella maggior parte dei casi, per cicli di 3 o 4 trasmissioni su un tema
biblico con riferimento a più testi (la speranza cristiana, la
pace, l’identità del cristiano, lettera agli Efesini, seguire Gesù, l’unità dei cristiani, ne sono alcuni esempi).
n notiziario si propone di orientare la riflessione degli
ascoltatori su temi attuali di carattere sociale o etico, di
contribuire a ima corretta informazione della vita del protestantesimo mondiale e nazionale, di segnalare gli appuntamenti più significativi (convegni di studio, conferenze, ecc.)
per gli evangelici italiani.
La nota è un rapido e tempestivo commento a un fatto,
suggerito dalla cronaca (grande o piccola) della settimana
alla luce dellEvangelo.
Il crescente interesse del pubblico (che nella stragrande
maggioranza non appartiene alle nostre chiese) rende il culto
evangelico una preziosa opportunità di evangelizzazione e di
dialogo con il mondo esterno. Questo dialogo è integrato dal
bollettino stampato e inviato ogni 15 giorni agli abbonati e
a chiunque lo richieda (contenente il testo delle predicazioni radiotrasmesse) e dalle risposte personali alle centinaia
di lettere che ci rivolgono quesiti più complessi e impegnativi.
La trasmissione del culto evangelico è garantita da una
convenzione con la RAI di recente rinnovata a migliori condizioni che ci assicura una completa autonomia per quanto
riguarda i contenuti del programma.
Una importante e significativa svolta è avvenuta per la
rubrica televisiva quindicinale (di 30 minuti) « Protestantesimo », in onda su RAI due a lunedì alterni alle ore 22.40.
E’ una svolta che avviene dopo un decennio di vita del programma e che ha tre aspetti: il nuovo rapporto con la RAI,
la nuova formula del programma, i contenuti.
Il primo aspetto ha grande rilevanza per le Chiese evangeliche italiane. La nuova convenzione quinquennale stipulata con la RAI, in vigore dal l*- luglio scorso, prevede la soluzione di un annoso problema, quello dell’orario fissato, in
modo stabile, alle 22.40. L’esperienza dimostra che un appuntamento televisivo con una collocazione precisa e ad un’ora
accettabile determina di per sé un aumento di spettatori.
Già in passato quando la messa in onda è avvenuta prima
delle 23 abbiamo superato il mezzo milione di spettatori.
Tuttavia la convenzione, oltre ad un indispensabile adeguamento dei rimborsi da parte della RAI per i filmati prodotti
dalla Federazione e per le spese redazionali, sancisce un princinio che gli evangelici hanno sempre sostenuto e che ha
fondamentale significato politico e cioè che la nostra rubrica
non è uno « spazio » concesso a una minoranza religiosa, ma
una componente del dialogo culturale complessivo della RAI.
Il secondo aspetto che caratterizzerà la rubrica sotto il
profilo della « formula » televisiva è l’attuazione delle indicazioni emerse dal convegno tenuto lo scorso anno ad Ecumene che ha chiesto una rubrica vivace, autentica, ricca di
informazioni interne e soprattutto internazionali, con sottorubriche alternate su temi di vasto interesse (letteratura, cinema, teatro) con una precisa centralità biblica, attenta alle
tematiche etiche, aperta al confronto con l’evangelismo italiano ma anche ad altri gruppi (comunità di base, ebrei, ecc.),
capace di dare voce a chi non ce l’ha, che tenga presente
l’evolversi della realtà sociale di un Paese che cambia, che
non costruisca temi a tavolino ma parli della quotidianità.
Il terzo aspetto è dunque strettamente connesso alla
nuova formula che conterrà i seguenti elementi: attualità,
presentazione di una realtà dell’evangelismo italiano, risposta a quesiti etici o teologici posti dagli spettatori, spazio
culturale. Saranno tuttavia mantenuti anche i numeri monografici filmati dedicati soprattutto a temi storici o di grande
interesse sociale.
L’Eco delle '.-alli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N 175.
Redattori: Giorgio GardioI, Paolo
Fiorio, Roberto Giacone, Adriano
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RIbet. Comitato di redazione: i redattori e: Mirella Bein Argentieri.
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