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Anno 127 - n. 14
5 aprile 1991
L. 1.200
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL X CONGRESSO EGEI
LA CRISI DI GOVERNO
Giovani protagonisti Riforme O plebiscito?
Una nuova generazione
sponsabilìtà - Un ruolo
Ora posso confessarlo: avevo
qualche timore. Temevo una platea silenziosa, passiva, annoiata
dairalternarsi dei soliti sette o
otto oratori, temevo lo sgomento dei più giovani di fronte al
vuoto lasciato dai meno giovani.
Il X Congresso della FGEI è
stato invece un congresso vivo,
partecipato, « ricaricante ». L’invito che avevamo rivolto alla generazione più giovane di partecipare al congresso da protagonista è stato accolto. Le discussioni, soprattutto nei gruppi di
lavoro, hanno coinvolto tutti;
anche chi partecipava per la prima volta a un congresso FGEI
ha portato il suo contributo.
L’atmosfera era allegra e serena, le discussioni vivaci e profonde, le decisioni prese impegnative. Abbiamo deciso, tra le
altre cose, di organizzare un
campo nazionale su «Chi è il
Dio in cui crediamo », di intraprendere rapporti bilaterali con
almeno un paese scelto tra quelli di maggior emigrazione in direzione deil’Italia, di avviare uno
studio approfondito a livello locale e regionale sulla maña e
sulle Leghe.
Nonostante la diminuzione dell’età media, non sono mancati
i fratelli e le sorelle che si sono resi disponibili ad impegnarsi in prima persona per la realizzazione di queste e di tutte
le altre decisioni prese. Anche
per le elezioni (del consiglio, dei
rappresentanti nei comitati dei
centri giovanili, dei revisori) si
è trovato un numero di persone disponibüi ben superiore a
quello necessario.
La FGEI che esce da questo
congresso non è identica a quella che ci è entrata. Il processo
di ringiovanimento, iniziato
qualche anno fa, ha compiuto il
suo ciclo. La generazione precedente ha largamente passato la
mano a quella seguente (il consiglio eletto dal congresso è rinnovato per più della metà dei
suoi membri rispetto a quello
uscente, con un abbassamento di
cinque anni dell’età media). Dal
suo canto, la generazione più
giovane si è mostrata pronta ad
assumere il ruolo che le spetta.
Si tratta di una FGEI che si
sente parte integrante delle chiese battiste, metodiste e valdesi
e protagonista del loro cammino comune. La ricerca di fede
in cui siamo impegnati vuole essere parte di una ricerca più
ampia, che si svolge all’interno
delle chiese, nella convinzione di
avere molto da imparare, ma anche un contributo originale da
dare. Anche per quanto riguarda le altre nostre attività, il congresso ha espresso chiaramente
la volontà che si svolgano nella più stretta collaborazione con
le chiese.
D’altra parte, però, l’interesse
per i problemi della società in
cui viviamo non è diminuito rispetto al passato. Le discussioni sulla guerra del Golfo, sui
rapporti tra Nord e Sud del
mondo, sull’Europa del ’92 e le
celebrazioni della conquista dell’America, sulla situazione politica italiana hanno infatti susci
assume le proprie re- , , , , . . > -n ■
per il cammino BMV " problema istituzionale dovrà essere al centro della riflessione
di tutte le forze politiche e forse anche della campagna elettorale
tato il massimo interesse. In
questo campo il nostro impegno
si indirizzerà principalmente verso i problemi dei migranti e del
Mezzogiorno.
Naturalmente, mettere in pratica tutte le decisioni prese dal
congresso non sarà facile. Per
farlo saranno necessari l’intelligenza, la fantasia, l’impegno e
anche la fede di molte persone.
Sarà necessario uno sforzo maggiore per autoflnanziare i nostri
progetti (come riconosce un ordine del giorno congressuale).
Sarà necessaria soprattutto molta umiltà per riconoscere i nostri limiti e i nostri errori e
molto ottimismo per continuare, malgrado tutto.
Il congresso si è concluso con
la predicazione di Maria Bonafede sulla fede-incredulità di
Tommaso (Giov. 20: 19-29). Noi
vogliamo incamminarci suUa
strada che ci sta davanti riconoscendo di essere come Tommaso: non abbiamo creduto,
non abbiamo avuto fiducia nell’annuncio che abbiamo ricevuto, vogliamo contare solo sulle
nostre deboli forze, ma abbiamo quel minimo di fede necessario per non abbandonare il
campo e attendere che il Signore ci venga incontro.
Daniele Bouchard
Altre informazioni sul X Congresso della FGEI a pagina 7.
Alla fine la crisi di governo è
arrivata. Il presidente del Consiglio Giulio Andreotti ha annunciato al Senato, venerdì 29 marzo, le dimissioni del suo sesto governo.
E’ una crisi che si apre su uno
scenario buio. Non sappiamo
quale sarà il suo esito: nuove elezioni per il Parlamento o nuovo
governo?
E' certo però che il presidente della Repubblica, Francesco
Cossiga, vuole giocare un ruolo
determinante nella soluzione della crisi. Parlando « forte e chiaro » il presidente ha detto che
non ci stava ad una semplice crisi ministeriale (un « rimpasto di
governo », nel linguaggio dei politici) e che esigeva dai partiti il
rispetto della Costituzione.
Quale « commissario alla crisi », Cossiga ha già annunciato
che non si limiterà al ruolo di
notaio dei partiti, che sono responsabili delle indicazioni politiche attorno alle quali si deve
formare il consenso per il nuovo
governo, ma che si farà interprete delle richieste di un paese
stanco del « politichese », sia come linguaggio che come stile di
governo.
Cossiga, in altre parole, vuole
gestire questa orisi per verificare
se i partiti hanno o meno la volontà di procedere, nei 15 mesi
che ci separano dalla fine della
legislatura, all’approvazione di
quelle riforme istituzionali ormai
indispensabili per ridare credibilità e consenso ad un sistema istituzionale profondamente logorato quale quello italiano.
Da anni ormai si parla di una
crisi istituzionale.
Ci sono vaste aree del paese (e
non solo al Sud) in cui prosperano i poteri paralleli che controllano non solo le attività illegali,
ma anche appalti, elezioni amministrative, servizi pubblici. Il sistema della tangente costa al contribuente il 7% in più del dovuto
(studio del Censis) e ha un giro
d’affari di 10 mila miliardi. I diritti dei cittadini sono ormai
quasi sistematicamente elusi: per
una semplice pratica bisogna dare la mancia o avere « amicizie ».
E’ invalso il sistema dell’« appartenenza »: bisogna dire « mi
manda X », oppure « sono di Y »
per vedere realizzato un proprio
diritto.
Il deficit pubblico ha raggiunto
cifre notevolissime: se continua
questo trend tra qualche anno gli
italiani dovranno lavorare gratis per tutto un anno per pagare
i debiti che lo stato ha contratto
con i risparmiatori.
Il sistema deH’informazione
pubblica è lottizzato tra i partiti
e quello privato è in mano a
LA PACE DELL’ALLEANZA
Camminando verso Emmaus...
« ...due discepoli stavano andando verso Emmaus... » (Luca 24: 13).
L’amica Paola mi ha invitato nella basilica della
SS. Annunziata di Firenze: « Preghiamo per la pace... » ha detto. Dovevo indicarle a questo proposito un brano biblico. Quanti testi avevo letto,
ascoltato, commentato nell'ultimo decennio, partecipando all'impegno ecumenico « per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato »! E quanta gioia
ho provato quando queste preghiere hanno trovato
un'eco tra i miei connazionali nella Germania orientale! Eppure siamo ripiombati nella logica della
violenza, dal Baltico al Golfo Persico. E' rinato il
guerriero che è in noi. Cosa dire? Davvero, non ne
posso più... Da questo tormento mi ha liberato un
altro amico ecumenico, l’ingegnere Mario. Mi ha
fermato e sorpreso, dicendo che era ora di smetterla con le citazioni reciproche della propria dottrina. Più importante dei concetti astratti e delle ideologie, che spesso rivelano le nostre paure e prepotenze, è secondo lui la costruzione di una cultura
ecumenica di incontri personali e di relazioni basate sulla fiducia nel prossimo. Bisogna anzitutto conoscersi, guardarsi ed ascoltarsi nella diversità di
credenze, di lingue e di comportamenti. « Sai —
così ricordo le parole di Mario — io penso a quei
due discepoli che sono in viaggio nella terra santa
verso Emmaus. Sono disperati, sono reduci dalla
fine violenta del loro maestro Gesù, non capiscono
più nulla: né la Bibbia, né le tradizioni e le dottrine, né il loro Dio. Però nonostante tutto accettano
la compagnia di uno straniero, forse — chi lo sa —
un nemico, e così, camminando, fuggendo proprio
da Gerusalemme, entrano in rapporto con lui, raccontano, domandano... e finalmente lo invitano a
cena ».
Abbiamo preso la Bibbia e abbiamo trovato in
sieme questo brano del Vangelo di Luca che costruisce un'immagine di pace, raccontando l’esperienza di una alleanza lungo la via:
« ...due discepoli stavano andando verso Emmaus, un villaggio a circa undici chilometri da Gerusalemme; mentre parlavano e discutevano, Gesù si
avvicinò a loro e si mise a camminare con loro.
Essi però non lo riconobbero perché i loro occhi
erano come accecati. Gesù domandò loro: Di che
cosa state discutendo tra di voi mentre camminate? Essi allora si fermarono, tristi; uno di loro, un
certo Cleopa, disse a Gesù: ’’Sei tu l’unico a Gerusalemme a non sapere quello che è successo in questi giorni?” » (Luca 24: 13-18).
Nell’interpretazione di Mario U fatto importante è già successo nel momento in cui ci si accompagna fiduciosamente con gente sconosciuta e forse
anche pericolosa. Non si chiede subito all'altro il
suo passaporto per poter accertare la sua fede e
la sua educazione. Prima, possiamo cercare questo
passaporto nel volto dell’altro, volto non importa
se brutto o bello, se nero o bianco. Quello che conta
è che sia umano: volto del Messia — chi lo sa?
La pace dovrei, se ho capito bene il commento dell'amico Mario, costruirla così: percorrendo le mille
strade di ogni giorno tra lavoro e casa, attraversando i mille dubbi e conflitti microsociali, condividendo il pane quotidiano del Padre celeste, diventato
straniero anche lui nella sua terra. Là infine nasce
la vera pace, concretizzata da Gesù: « Se uno ti costringe ad accompagnarlo per un chilometro, tu va'
con lui per due chilometri...» (Matteo 5: 41). Camminando si tratta e si contratta. Questa logica
orientale, voluta dal Dio di Abramo, Dio degli ebrei,
dei cristiani e dei musulmani, non ha trovato tanti
sostenitori tra i suoi, da Baghdad a Washington. Al
caro prezzo della guerra.
Jiirg Kleemann
cinque famiglie.
Di qui una domanda sociale
di riforma della politica. Una domanda trasversale e che attraversa tutte le formazioni politiche,
vecchie e nuove.
Domanda di riforma della politica che alcuni commentatori
hanno ormai definito come « crisi
della prima Repubblica »,
Dicono i sondaggi che nel paese c’è una maggioranza che è ormai favorevole a riforme istituzionali incisive. Queste però non
si fanno un po' per la politica
dei veti incrociati, un po’ perché
manca una classe dirigente in
grado di gestirle.
Prendiamo ad esempio la riforma fnarziale) delle autonomie locali recentemente varata dal Parlamento. A due mesi dalla scadenza i comuni italiani, nella stragrande maggioranza dei casi, non
hanno nemmeno iniziato la discussione sugli statuti comunali.
A giugno perciò assisteremo all’approvazione di una miriade di
•Statuti fotocopia. I nolitici locali temono che. varando uno statuto « dei diritti dei cittadini » corrispondente a nrincipi di democrazia sostanziale, si perda il potere sinora ottenuto e che il loro
molo venga meno.
Così, pur narlando molto di riforme. Queste stesse sembrano
imnrobabili. Il PSI collega la
soluzione della crisi di governo
ad un immegno di riforma istituzionale riguardante l’elezione diretta del capo di stato ed in questo è annoggiato solo dai liberali,
la DC invece nrosnetta una riforma elettorale che finirebbe di
danneggiare principalmente i socialisti.
Il nresidente della Repubblica
Cossiga ha detto niù volte e chiaramente che chiede riforme per
restaurare un sistema che non
tiene niù. In euesti giorni dovrà
verificare se esi.ste una maggioranza canace di governare le difficoltà economiche, il declino della ahistizia e che sia in grado di
i-''formare erfi oro>ariismi istituzionali e i sistemi elettorali. Tutto
oopsto in 15 mesi. Altrimenti Cossi ^a dovrà sciogliere il Parlamento.
_ Se nuesti sono i temi della crisi noco imnorta se andremo a
votare tra 2 o tra 15 mesi, imnorta che essi diventino oggetto
di una cammagna elettorale chiara in cui tutte le forze si esnrimano su come vogliono risolvere
il nroblema istituzionale e i cittadini nossano scegliere consapevolrnente. La prossima sarà una
legislatura costituente, i partiti
devono indicare le loro proposte,
i Plinti di accordo e dì disaccordo
su un progetto globale di riforme che sia diffu.so e conosciuto
da tutti.
Solo così si notrà arrivare ad
un referendum in cui il popolo
sovrano si esprima Per fame il
testo base di una Costituzione riformata.
Votare solo su un aspetto, ancorché imnortante (sistema elettorale) mi sembra pericoloso;
nella situazione attuale si rischia
il plebiscito.
Giorgio Cardio!
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ecumenismo
5 aprile 1991
UNA DISCUSSIONE
Battesimo, eucaristia
e ministerio 1982-1990
Un volume che rifa la storia della partecipazione delle chiese al dibattito sul documento di Lima - La promessa e la libertà di Dio
Echi dal mondo
cristiano
Il Consiglio ecumenico delle
chiese aveva già raccolto e pubblicato le risposte ricevute dalle chiese al documento di Lima
1982 su battesimo, eucaristia e
ministero. Si trattava di ben sei
volumi che sono stati recensiti
su Protestantesimo (3/1989). La
nuova pubblicazione ‘ intende fare il punto sulla situazione in
maniera ancora provvisoria e in
attesa del prossimo incontro di
« Fede e costituzione » atteso
per il 1993. Il volume in esame
vuol essere anche un segno di
riconoscenza inviato a tutte le
chiese che hanno collaborato rispondendo agli interrogativi e
alle proposte provenienti dalla
ricerca comune sintetizzata nel
documento di Lima.
Viene così offerta l’occasione
per rifare la storia delle consultazioni e dei risultati ottenuti in questa direzione fin dal
lontano 1927, dalla Conferenza di
Losanna. La ricostruzione storica delle varie tappe dà il senso
di un mosaico costruito lentamente e con attenzione attraverso decenni. Ne è segno la
fluttuabilità della terminologia
finale, costretta sia ad evitare un
linguaggio nuovo, sconosciuto alle tradizioni del cristianesimo,
sia a formulare in maniera nuova concetti fondamentali della
fede cristiana.
Il documento di Lima ha certamente stimolato in modo unico tutte le chiese al confronto.
Si tratta di risposte ottenute ai
massimi livelli possibili d’autoTità. Abbiamo avuto con il BEM
la più ampia consultazione della cristianità su determinati temi ad un preciso momento storico. Questo vuol dire che le idee
e i confronti hanno avuto una
circolazione molto più ampia di
quel che si possa immaginare.
I confronti tra le chiese hanno
evidenziato sì delle divergenze,
ma soprattutto hanno portato
avanti quel processo di andare
a scuola gli uni dagli altri auspicato fin dalle prime assemblee ecumeniche. La ricchezza
delle posizioni, della liturgia e
delle applicazioni etiche ha permesso a tutti di attingere abbondantemente e di interrogarsi
sulle proprie posizioni avanzando suggerimenti adeguati., Nuove prospettive si sono aperte
per le chiese più recenti e anche quelle di antica data hanno intravisto nuove possibilità
di servizio e di aggiornamento
(v. diaconato).
Le chiese valdesi e metodiste
italiane, i valdesi del Rio della
Piata e i battisti italiani sono
stati citati più volte. Si ha veramente ragione di credere che
nulla sia stato accantonato frettolosamente.
Il battesimo
L’ampia e apprezzata premessa biblica ha certamente facilitato le convergenze sul tema. Il
nocciolo della questione si concentra sulla formula: un solo
battesimo in due forme. Tuttavia le posizioni divergono sulla
equivalenza delle due forme. Occorrerà fare chiarezza e ritornare sul tipo di terminologia usata precisando maggiormente il
rapporto fede-battesimo soprattutto in rapporto alla cresima
o alla confermazione. Sembra
ormai fuori discussione l’affermazione che il battesimo sia un
dono di Dio e vada inteso all’interno della sua iniziativa di salvezza. Non dovrebbe essere così lontano il giorno del mutuo
riconoscimento del battesimo
espresso con un solo certificato, comune a tutte le chiese, co
me sembra già verificarsi in alcune nazioni.
L’eucaristia
La massima convergenza si
concentra intorno alla nozione
di presenza reale. Forse le chiese che fanno parte del CEC non
avrebbero difficoltà insormontabili ad avvicinarsi in questa prospettiva per giungere al reciproco riconoscimento, ma gli accenti sulla presenza variano notevolmente. Per gli ortodossi si
tratta di transustanziazione anche se non insistono come i cattolici sulla necessità di vedere
formulata chiaramente la conversione delle sostanze. A parte il rispetto per le posizioni diverse dalla propria, non vi sono
grandi novità sulla conservazione delle specie. Permane il dissenso.
Il ministero
Si tratta naturalmente del documento più discusso. Le chiese
riformate e quelle libere hanno
rilevato una mancanza di attenzione per altre forme di strutturazione ecclesiastica oltre a
quella proposta: vescovo, presbitero e diacono. I problemi aperti sono molti e non sono stati
taciuti. Queste strutture sono
funzioni o sacramenti, sono
di diritto umano o di diritto divino, sono condizioni irrinunciabili per un avvicinamento oppure no?
La risposta del CEC alle chiese si impegna a svolgere un prezioso lavoro di chiarimento che
va continuato. Nei documenti sono state lette molte cose che in
realtà non ci sono e non sempre si è stati in grado di saltar fuori dalla propria lettera
confessionale per giudicare sia
il documento di Lima sia le posizioni delle altre chiese. Dall’insieme emergono alcune linee sulle quali sì dovrà tornare con
insistenza continuando così il
processo di confronto e di convergenza in attesa della prossima tappa del 1993.
Scrittura, tradizione
e tradizioni
Il tema è stato impostato all’incontro di « Fede e costituzione » di Montreal 1963. E’ stato
poi ripreso in altre riunioni richiamando l’attenzione sull’autorità e sull’ermeneutica biblica
e per ultimo il rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Il
punto di convergenza iniziale si
esprìmeva in questi termini:
« ...esistiamo come cristiani mediante la tradizione dell’Evangelo, testimoniato nella Scrittura,
trasmesso nella e mediante la
chiesa per mezzo della potenza
dello Spirito Santo ». A Montreal non furono fissati dei criteri, ma soltanto poste delle domande. « Come possiamo distinguere tra tradizioni che incorporano la vera tradizione e tradizioni meramente umane? Come superare le situazioni nelle
quali noi leggiamo la Scrittura
alla luce delle nostre proprie
tradizioni? La situazione ecumenica non esige che ricerchiamo
la tradizione riesaminando la nostra tradizione particolare? ».
Mentre tutte le chiese affermano l’autorità della Scrittura si
registrano ben sei modi di intendere la tradizione: 1) appello esclusivo alla Scrittura; 2) si
aggiunge accanto all’autorità della Scrittura quella della chiesa
primitiva, i primi otto secoli; 3)
accanto alla Scrittura si trovano altri credo e le confessioni
di fede della Riforma; 4) Scrittura e insegnamento della chiesa; 5) Scrittura, tradizione e ragione; 6) la tradizione intesa come trasmissione del Vangelo in
tutte le epoche, compresa quella biblica.
Per quanto riguarda il futuro
vi sono due concetti che sembrano richiamare l’attenzione ecumenica nel contesto delle riflessioni segnalate: la fedeltà e la
conciliarità.
Sacramento e
sacramentalità
L’argomento ha spaccato in
due la configurazione ecumenica
in maniera molto marcata. Ci sono quelli che respingono ogni
accentuazione in prospettiva sacramentale e quelli che invece
vorrebbero sottolinearla fortemente. I temi da riesaminare
per giungere ad una maggiore
chiarezza sulla nozione di sacramento sono molti: cristologia,
ecclesiologia, mistero, fede. Parola, segno, simbolo, questioni
etiche e comunità non sacramentali. Pare comunque che fin d’ora
si possa dire che il ruolo e l’efficacia dei sacramenti non sono
indipendenti dall’azione di Dio.
Ecclesiologia
E’ evidente che anche questo
tema richiederà un lungo lavoro di ricerca e di confronto prima di poter segnalare tappe
concrete di avvicinamento. Non
si potrà evitare la questione del
primato. Intanto la dimensione
escatologica favorisce una chiara distinzione tra chiesa e regno di Dio e forse la nozione
di koinonia può facilitare lo scioglimento di alcuni irrigidimenti
attualmente non superati. Bisognerà anche tener presente che
la pienezza della parola creatrice di Dio non si esaurisce nelle nostre istituzioni ecclesiastiche.
In conclusione la vasta gamma degli argomenti riemersi pare ricollegare gran parte del
problema posto alle chiese dal
BEM. Credo che dobbiamo rallegrarci per l’ampiezza della consultazione e per il materiale offertoci ai massimi livelli. Non
si potrà evitare di farne un punto di riferimento, a meno di arroccarsi nella propria solitudine.
Un aspetto di tutta la problematica ci sembra non essere risalito sufficientemente alla superficie. Si tratta del rapporto tra
la promessa e la libertà di Dio.
Tutti concordano nel dire che
la promessa di Dio è efficace,
nella parola e nei sacramenti,
ma non tutti sono disposti ad
aggiungere senza equivoci: se,
quando, dove e come Dio vuole.
Renzo Bertalot
7 APRILE
Domenica
della Facoltà
Le collette delle chiese saranno destinate alla Facoltà
di teologia di Roma.
L’etica
medica
PARIGI — Quasi l’80% dei
medici italiani ritiene giusta la
« selezione di embrioni » al fine
di evitare la nascita di bambini con malattie incurabili. La
percentuale scende un po’ (per
arrivare al 53,5%) quando si tratta di evitare la nascita di bambini affetti da malattie gravi,
ma curabili. Le percentuali non
si discostano di molto da quelle dei medici provenienti dal resto d’Europa.
E’ il risultato di un sondaggio cui ha risposto un campione di medici provenienti da vari paesi europei, sondaggio organizzato in occasione del terzo Congresso internazionale di
etica medica, che si è tenuto
rii e il 12 marzo a Parigi. Il
congresso, cui hanno partecipato oltre 2.000 tra scienziati ed
esperti di legislazione, ha trattato temi scottanti riguardanti
il rapporto etica-professione. Ci
si è posti, tra le altre, la questione di quale sia il confine tra
diagnosi prenatale ed eugenetica,
ossia tra la constatazione che
un feto è affetto da una malattia e i passi successivi per
evitare che quel bambino nasca. Il timore, in sostanza, è
che — anche a causa dell’assenza di legislazione in materia — si arrivi a una forma di
« selezione istituzionalizzata ».
Il timore non è infondato, anche se solo percentuali molto
basse di medici hanno detto di
giudicare utile « una selezione
degli embrioni mirante ad ottenere certi caratteri fisici o intellettuali desiderati» e viceversa percentuali molto elevate di
medici (l’83,5% degli italiani, il
66% di francesi, il 42% di inglesi e il 100% dei lussemburghesi) hanno sostenuto che l’embrione va considerato un essere umano sin dal suo concepimento.
Il convegno si è occupato anche di questioni legate alla fecondazione artificiale e alla relazione che si crea tra medico
e malato terminale. Problema
quest’ultimo strettamente connesso con il tema della « morte
dolce » e con quello del prelievo di organi.
Notizie
CEVAA
ZAMBIA — L’Azione apostolica comune di Nyengo sta per
partire. Nyengo, Makoma, Liuwa: sono nomi che nella CEVAA
stanno per diventare familiari.
Si tratta di una vasta pianura
nell’ovest dello Zambia, tra il
fiume Zambesi e la frontiera
con l’Angola. Gli abitanti, i malosi, sono agricoltori, allevatori,
artigiani. La presenza cristiana,
protestante e cattolica, è notevole: ci sono opere sociali, alcune gestite anche dallo stato,
scuole e dispensari. Questa regione fa parte del «presbiterio
dell’ovest », che è una provincia della Chiesa unita di Zambia (DCZ).
Fin dal 1964 era stata progettata un’opera di evangelizzazione in questa regione, sotto la
responsabilità comune dell’UCZ
e dei suoi partner riuniti in seguito nella CEVAA. L’idea è stata ripresa nel 1985 e, dopo molti studi, finalmente è stata adottata nel 1990. Il progetto entra
ora nella fase di realizzazione.
Prevede tre ambiti principali
di attività:
1) evangelizzazione delle popolazioni non cristiane e rafforzamento dei membri di chiesa;
2) costruzione di un canale
navigabile, che faciliti la circolazione nella pianura che ogni
anno è allagata; oggi i trasporti vengono effettuati sul piccolo fiume Luaninga ma, nella stagione secca, ci vogliono circa 10
giorni di piroga per percorrere
100 chilometri;
3) appoggio ai servizi già
esistenti per far fronte ai problemi che la popolazione incontra giornalmente (sanità, acqua,
agricoltura).
Per dar vita al progetto è prevista un’équipe di quattro persone.
DAL MONDO CATTOLICO
Comunione e liberazione
accolta dalla CEI
' Baptism, Eucharist & Ministry 1982-1990, Report on the Process and
Responses, Faith and Order Paper 149,
WCC Publications, Geneva, 1990.
Dopo molti anni di diniego, la
Conferenza episcopale italiana
ha deciso di accogliere la domanda di ammissione di Comunione e Liberazione alla Consulta nazionale dell’apostolato dei
laici. La decisione è stata presa
dall’ultimo Consiglio permanente svolto a Roma daini al 14
marzo, ed è uno dei primi atti
del nuovo presidente Camillo
Ruini. L’ammissione di Cielle
era stata negata dalla presidenza Ballestrero e da quella Poletti. Insieme a Cielle hanno ottenuto l’ammissione il Movimento dei Focolarini e la Comunità di S. Egidio.
Altra importante decisione presa dall’ultimo Consiglio permanente è la riconferma di Giuseppe Pasini alla direzione della Caritas italiana dopo le nuove norme — « normalizzanti »
secondo alcuni, di nuovo impulso secondo altri — imposte dalla CEI al più importante organismo caritativo della Chiesa
italiana. Il comunicato finale di
quest’ultimo Consiglio permanente, il primo sotto la presidenza di mons. Ruini, ripropone quasi lo stesso paradigma
della prolusione dello stesso
Ruini: « fedeltà e dedizione » al
papa, superamento delle « ten
sioni » suscitate dalla guerra del
Golfo, scelta preferenziale per le
« tematiche della fede ».
Pur privilegiando questi temi
strettamente religiosi, il comunicato accenna anche alle « questioni interne » della politica italiana e ammonisce che « non
giova ad alcuno esasperare le
difficoltà comuni piuttosto che
contribuire a risolverle, e tanto
meno crearle dove non sussistono o sono piccola cosa ». Ad alcuni osservatori è sembrato
chiaro ii riferimento da una
parte alla richiesta di apertura
di crisi avanzata da Craxi, e dall’altra al proposito di Andreotti
di mantenere in vita il suo governo.
(ADISTA)
• Il vescovo di Ancona, Dionigi Tettamanzi, è stato nominato dal papa nuovo segretario
della CEI. Tettamanzi è anche
giornalista e collabora al quotidiano Avvenire con articoli sui
temi del laicato, della famiglia,
del matrimonio. Il nuovo segretario della CEI dovrà lasciare
la diocesi di Ancona in quanto
gli impegni di segretario della
CEI sono incompatibili con quelli di vescovo di una grande diocesi.
3
r
5 aprile 1991
attualità
PALESTINESI E COMUNITÀ’ INTERNAZIONALE
ONU sì o ONU no?
La Palestina costituisce un vero e proprio banco di prova per l’organizzazione internazionale, tra i pronunciamenti e le iniziative
PROFUGHI ALBANESI
Non esiste problema, come
quello della Palestina, che abbia
tanto a lungo e così assiduamente impegnato le Nazioni Unite:
la massa delle risoluzioni in materia, dell’Assemblea generale e
del Consiglio di sicurezza, costituisce un corpus unico nella storia dell’organizzazione a partire
dalle sue stesse origini e resta,
fino a prova contraria, il banco
di prova più impegnativo per valutare la capacità della comunità internazionale a parlare in
termini autorevoli su un problema e ad agire in maniera coerente con i propri ripetuti pronunciamenti, e a farli osservare.
Tre sono, mi sembra, i momenti fondamentali nell’elaborazione dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite. Il primo è del
periodo 1947-1949, nel quale la
« questione della Palestina » viene posta e definita nei termini
in cui fondamentale ancora oggi Tabbiamo di fronte: risoluzione 181 dell’Assemblea generale
(novembre 1947) per la spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo-palestinese e uno
ebraico, con un distretto internazionale comprendente Gerusalemme e dintorni; risoluzione
194 dell’Assemblea generale (dicembre 1948) per « porre Gerusalemme sotto un regime internazionale permanente e permettere ai profughi di fare ritorno
alle proprie case » (o essere indennizzati); risoluzione 273 dell’Assemblea generale (maggio
1949) con cui, firmati gli accordi di armistizio tra Stati arabi
e Stato d’Israele, quest’ultimo
viene ammesso come membro
delTOnu (con esplicito richiamo
alle due risoluzioni citate). E’
il periodo della spartizione, del
rifiuto arabo, dell’esplodere del
conflitto armato.
Il secondo momento è incentrato sulle risoluzioni 242 (novembre 1967) e 338 (ottobre
1973) del Consiglio di sicurezza,
entrambe a seguito di due nuovi conflitti arabo-israeliani. Nella prima, soprattutto, si « stabiliscono i principi di una pace
giusta e durevole nel Medio
Oriente », preceduti dal richiamo alla « inammissibilità dell’acquisizione di territorio attraverso la guerra » ; « ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati nel conflitto »; « rispetto e riconoscimento della
sovranità, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica
di ogni Stato della regione e del
loro diritto a vivere in pace all’interno di confini sicuri e riconosciuti ». Sono i postulati
della non acquisizione da parte
dello Stato di Israele dell’intera Palestina e del suo riconoscimento e della garanzia di sicurezza da parte araba.
Il terzo periodo copre il resto degli anni settanta e gli anni ottanta, fino a oggi. Vede le
Nazioni Unite pronunciarsi con
maggiore frequenza e dettagliatamente sulla « questione della
Palestina » (nasce l’idea della
Conferenza internazionale con
presenza palestinese) da un lato, e dall’altro l’insorgere di una
parallela alternativa americana
che scarta l’Onu, nella forma e
nella sostanza, e vi sostituisce
trattative dirette e separate tra
Stato d’Israele e Stati arabi (i
palestinesi di fatto spariscono);
SCHEDA
La risoluzione 53/1988
L'Assemblea generale,
visti i rapporti del Segretario generale,
valutata la dichiarazione del Presidente dell’Organizzazione per ia
liberazione della Palestina,
sottolineando che il conseguimento della pace nel Medio Oriente recherebbe un significativo contributo alla pace e alla sicurezza
internazionale,
consapevole del pressoché unanime appoggio alla convocazione
della Conferenza internazionale di
pace per il Medio Oriente,
considerati gli sforzi del Segretario generale per giungere alla
convocazione della Conferenza,
accogliendo le decisioni della diciannovesima sessione straordinaria del Consiglio nazionale palestinese come positivo contributo per
una pacifica soluzione del conflitto nella regione,
in presenza dell'Insurrezione (intifada) del popolo palestinese in
atto dal 9 dicembre 1987, diretta
a porre fine all'occupazione israeliana del territorio palestinese occupato nel 1967,
1. ribadisce la necessità urgente di giungere a una soluzione giusta e globale del conflitto araboisraeliano, al centro del quale
sta la questione della Palestina;
2. chiede la convocazione della Conferenza internazionale di pace per il Medio Oriente, sotto la
supervisione delle Nazioni Unite,
con la partecipazione su piede di
parità di tutte le parti in causa,
inclusa l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, e dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, sulla base delle
risoluzioni 242 (1967) e 338 (1973)
del Consiglio di sicurezza e dei
legittimi diritti nazionaii del popolo palestinese, in primo luogo del
diritto all’autodeterminazione;
3. afferma i seguenti principi
per il conseguimento di una pace
globale;
(a) il ritiro di Israele dal territorio palestinese occupato dal
1967, Gerusalemme inclusa, e dagli altri territori arabi occupati;
(b) accordi che garantiscano la
sicurezza di tutti gli Stati della regione, inclusi quelli menzionati nella risoluzione 181 (II) dell’Assemblea generale (29 novembre 1947),
entro contini sicuri e internazionalmente riconosciuti;
(c) la soluzione del problema
dei rifugiati palestinesi in conformità con la risoluzione 194 (111)
dell'Assemblea generale (11 dicem
bre 1948), e le successive riso
lozioni in merito;
(d) lo smantellamento degl
insediamenti israeliani nei territori
occupati dal 1967;
(e) la garanzia della libertà di
accesso ai Luoghi santi, e ad altri
edifici e siti religiosi;
4. prende atto del desiderio e
degli sforzi perché il territorio palestinese occupato dal 1967, Gerusalemme inclusa, sia posto sotto
la tutela delle Nazioni Unite per
un periodo limitato, come parte
del processo di pace;
5. chiede al Consiglio di sicurezza di studiare le misure necessarie alla convocazione della
Conferenza internazionale di pace
per il Medio Oriente, compresa
l'istituzione di un comitato preparatorio, e le garanzie per le misure di sicurezza per tutti gli Stati della regione concordate da detta Conferenza;
6. chiede al Segretario generale di continuare i suoi sforzi con
tutte le parti in causa, e in consultazione con il Consiglio di sicurezza, per facilitare la convocazione della Conferenza, e di presentare regolari rapporti sugli sviluppi della questione.
(Risoluzione dell'ONU votata il
15 dicembre 1988).
sono i famosi « accordi di Camp
David » del 1978 tra Egitto e
Israele, sotto diretto patrocinio
americano.
Di fronte ai pronunciamenti
della comunità internazionale si
definisce e indurisce sempre più
la posizione israeliana (la base
è il «piano Begin » del 1977):
non esiste questione territoriale,
ma solo una eventuale autonomia degli abitanti arabi, dove siamo arrivati restiamo, non
c’è nessun « territorio palestinese occupato », ma solo Samaria
e Giudea, e Gerusalemme capitale, nostre per diritto storico.
Procede con determinazione il
progetto degli insediamenti
israeliani. Se problemi ci sono,
sono problemi interni dello Stato d’Israele, i pronunciamenti
deirOnu e della comunità internazionale (vedi anche Comunità
europea) sono « ingerenze esterne ».
E di fronte al progetto israeliano di eliminazione delle basi
stesse, sul terreno e nel campo
del diritto, di autodeterminazione e indipendenza palestinese,
cresce fino all’esplosione dell’intifada il rifiuto generalizzato e
la definitiva richiesta di indipendenza dei palestinesi stessi,
sulla base del diritto internazionale com’è rappresentato dalle
risoluzioni Gnu.
Il testo più chiaro
Il documento più esauriente in
cui si manifesta la posizione delle Nazioni Unite e la loro valutazione degli avvenimenti degli
ultimi anni è la risoluzione del
15 dicembre 1988, con la quale
. l’Assemblea generale risponde
alle iniziative del Consiglio nazionale palestinese e riafferma
la propria posizione, precisando
puntigliosamente tutti i problemi su cui è stata accesa la polemica: dalla distinzione tra
« questione della Palestina » (indipendenza territoriale) al «problema dei palestinesi » (vaga autonomia sotto permanente occupazione israeliana); sgombero
integrale e non parziale del « territorio palestinese occupato »
(compresa Gerusalemme) e degli altri « territori arabi occupati » (vedi Golan siriano e Libano meridionale); abolizione degli insediamenti, preludio sul
terreno di un’annessione di fatto; profughi, e così via.
La proponiamo ai lettori nel
testo integrale, mai comparso a
quanto ci risulta sulla stampa
italiana (la Stampa di Torino,
nel dicembre 1988, riuscì nell’exploit di non menzionarne neppure la votazione).
Alcune avvertenze. Le risoluzioni dell’Assemblea generale
hanno valore di « raccomandazioni » (per farle divenire esecutive deve intervenire il Consiglio dì sicurezza): la loro importanza sta nel fatto che stabiliscono principi e formule di
soluzione che fanno diritto internazionale, sulla base del dichiarato consenso della comunità internazionale, così come si
esprime nell’Onu. E’ importante
a questo riguardo il risultato
della votazione: nel caso specifico fu di 138 voti a favore (compresa la Comunità europea, con
1 Italia), due contrari (Israele e
Stati Uniti), due astenuti (Canada e Costa Rica). Un confronto si impone: la risoluzione 181
del 1947, spartizione della Palestina e « certificato di nascita »
dello Stato d’Israele, ebbe 33 voti a favore, 13 contro, 10 astenuti (il blocco dell’Est votò compatto per il sì).
Sandro Sarti
Lettori e gruppi interessati ad avere indicazioni bibliografiche e di studio possono scrivere a Sandro Sarti,
presso la nostra redazione. Casella postale, 10066 Torre Pellice.
Accoglienza
a Taranto
Una situazione economica (disastrosa e le altre motivazioni che li hanno spinti in Italia
Orges, Muhamed, Solead, Alberto, Diana, Edoardo, Adnan,
Sokol e Fatbard sono i nove profughi albanesi ospiti presso la
Chiesa valdese di Taranto. Queste le cause che li hanno spinti
a scappare dal loro paese.
Potete descriverci la situazione
politica, sociale ed economica in
Albania?
« La situazione sociale ed economica in Albania è molto grave.
Attualmente l’economia albanese
è senza una via d’uscita, è paralizzata, vedremo se dopo le elezioni ci saranno cambiamenti.
Lo sviluppo economico dell’Albania, per quarantacinque anni,
non ha soddisfatto i fabbisogni
reali della popolazione.
Lo stipendio più alto di un
impiegato è quasi allo stesso
livello di quello di un operaio
e non è sufficiente per i fabbisogni basilari. Per esempio, per
acquistare un frigorifero un impiegato deve lavorare un anno
senza mangiare e senza vestirsi.
Per concludere, in Albania, in
questo periodo, si lavora molto
poco o non si lavora affatto per
le ragioni che ora vi spieghiamo:
non esistono materie prime e
soprattutto non esiste, da parte
della popolazione, la volontà di
lavorare. Il popolo albanese desidera con tutto il cuore che a vincere le elezioni sia il partito democratico e che finalmente si
cominci il cammino verso la vera
demiocrazia. No allo stalinismo! »
Quali sono i motivi che vi hanno spinto a lasciare tutto per
venire in Italia?
« La maggior parte dei motivi
che ci hanno spinto a lasciare
la patria sono stati quelli politici, anche se siamo ancora molto
giovani abbiamo sentito sulle
spalle il peso della dittatura.
Come spiega Orges, questa dittatura di stato l’ha vissuta personalmente, vedendo come il padre
stava soffrendo in tutti questi
anni; fu persino licenziato dal
posto di lavoro senza nessun motivo, senza nessun fatto concreto
e per di più è stato sorvegliato
dai soldati per diversi mesi.
Questa è solo una parte dell’ingiustizia provocata dal regime
dittatoriale ora vigente in Albania, perché ci sono state persone
che solo per aver detto qualche
parola contro il regime sono state
rinchiuse per anni in prigione ».
Durante i primi giorni di sbarco a Brindisi, quali sono stati
i vostri pensieri?
« Appena sbai'cati a Brindisi
eravamo contenti di essere arrivati in Italia, ma nei nostri cuori c’era, allo stesso tempo, molta
tristezza poiché avevamo abbandonato la nostra gente, i nostri
genitori e parenti che oggi ci
stanno rimpiangendo. Tutto questo ci dà forza e coraggio per
dontinuare a costimire la nostra
nuova vita finalmente liberi e
felici ».
Come siete entrati in contatto
con chi vi ospita adesso?
« Ci ha raccontato Alberto che
insieme ad Edoardo e Luela stavano seduti per terra a mangiare;
Inel frattempo stava passando
Odoardo Lupi, pastore della Chiesa valdese di Taranto, che si
avvicina e offre loro la possibilità
di alloggiare a Taranto presso la
locale chiesa, eventualmente anche con qualche altro nucleo familiare. Nel frattempo stava passando Orges insieme al fratellino
Adnan e prontamente li aggregano. Orges, ascoltata la proposta,
è andato subito ad avvisare i suoi
genitori che si sono uniti a loro ».
Come vi sembra l’accoglienza a
voi fatta dalla Chiesa valdese di
Taranto?
« L’accoglienza è stata magnifica! Siamo contentissimi di vivere questi giorni difficili della
nostra vita in mezzo a gente simile che capisce perfettamente
i nostri problemi. Siamo legati
a loro come se fossimo un’unica
parte integrante ».
Quali sono le vostre speranze
per il domani?
« Abbiamo tanta voglia di la.yorare, costruire la nostra vita
liberi e felici, sperando che i
nostri discendenti non debbano
soffrire come abbiamo sofferto
noi e in maniera maggiore i
nostri genitori ».
' Che attività svolgevate in Albania?
Orges:
« Stavo all’ultimo anno dell’istituto tecnico industriale con specializzazione tecnico ferroviere e
il mio hobby preferito è quello
della pallacanestro; giocavo nella prima squadra della mia città ».
Edoardo:
« Lavoravo come pescatore nella mia città ».
Diana:
« Lavoravo in una fabbrica
elettromeccanica ».
SOKOL;
« Ho fatto un anno di scuola
superiore generale ».
Luela:
« Ho terminato la scuola media
superiore e lavoravo come sarta
in una fabbrica di abbigliamento ».
Adnan:
« Frequentavo l’ultimo anno
della scuola media musicale e lo
strumento preferito era il clarinetto ».
MtJHAMED:
« Ho lavorato come professore
di lettere in una scuola media inferiore e negli ultimi mesi, a
causa del regime, come magazziniere presso una fabbrica chimica. Inoltre, facevo parte dell’orchestra sinfonica di Durazzo
e suonavo il trombone ».
Alberto:
« Mi sono diplomato alla scuola generale ed ho lavorato in una
fabbrica di gomma ».
Fatbardh:
« Ho lavorato in • una fabbrica
di mobili ».
Che educazione scolastica viene
data in Albania?
« La scuola media inferiore è
obbligatoria ».
Qual è la posizione delle donne
in Albania?
« Le donne in Albania lavorano
in tutti i campi, dai lavori più
pesanti a quelli di responsabilità.
Inoltre, le donne generalmente
si occupano dei lavori di casa ».
Qual è la realtà giovanile in
Albania?
« Esiste una federazione giovanile (BRPSH) fondata nel 1941,
legata al partito comunista da
più di 45 anni e perciò, anche se
ora è indipendente, i giovani non
credono in lei. Ad esempio il
suo primo segretario ha dato le
dimissioni dicendo; « Così non
si può più continuare! »
Quali sono le religioni maggioritarie in Albania?
« La religione con più credenti
è quella musulmana, con più
dell'80% della popolazione, seguita dalla cattolica e da quella
ortodossa ».
Francesco Petrosillo
4
4 vita delle chiese
5 aprile 1991
!
FIRENZE
CORRISPONDENZE
Giovanni Diodati e ia sua L’esortazione
versione delia Bibbia
di Giacomo
Il Centro evangelico di cultura ha ripreso la
stato intitolato a Pier Martire Vermigli - Otti
propria attività ed è
ma la partecipazione
Sala colma, nel Centro comunitario valdese di via Manzoni, la
sera di giovedì 14 marzo, per
l'avvio dei rinato Centro evangelico di cultura fiorentino: contate oltre centoventi presenze,
battuta di varie lunghezze anche
una lieta riunione, e godereccia,
come l’agape del XVII febbraio!
Altro aspetto rallegrante: almeno la metà dei presenti erano
’esterni’ agli ambienti evangelici,
e autorità e vari enti culturali
cittadini erano presenti o avevano fatto pervenire la loro cordiale e augurale adesione. Risvolto
Un po’ meno positivo: la partecipazione degli evangelici fiorentini poteva essere più sostenuta
e generale, specie considerando
il tema, che avrebbe dovuto risultare per tutti particolarmente
attraente: « Giovanni Diodati e la
sua traduzione della Bibbia
(1641) ».
Limpida, comunque, la gioia
dei presenti per questo nuovo
inizio veramente buono, gioia che
si Specchiava in volto al presidente del comitato promotore
del rinato CEC, il prof. Salvatore Caponetto che si è rallegrato
assai per l’intervento del segretario generale della Società biblica,
dr. Valdo Bertalot, giunto recando in dono per l’occasione una
copia della bella ristampa anastatica della « Diodatina ».
Dopo saluti e messaggi, il past.
Luigi Santini ha illustrato perché
il CEC fiorentino è stato intitolato a Pietro Martire Vermigli,
questo riformatore fiorentino di
dimensione europea, esule, « docente di Antico e Nuovo Testamento a Strasburgo, Oxford e
Zurigo. Già vigilato dall’Inquisizione, impiegò l’ultimo scorcio
di tempo in patria per il tentativo straordinario di dar vita a
una chiesa riformata nell’Italia
dell’incipiente Controriforma:
priore di S. Frediano in Lucca,
fu il pastore-dottore di quella
comunità Come il suo riformatore, la chiesa lucchese espresse
i suoi doni in esilio, e in particolare a Ginevra. Da questo ceppo
’’vermigliano” venne anche Giovanni Di odati. Ricordare Pietro
Martire ’’fiorentino” è fare del
campanilismo? Ma non scherziamo, semmai c’è da chiederci perché da noi si sia raddoppiato
l'ambiguo silenzio della cultura
ufficiale, mentre all’estero è ben
vivo e cresce l’interesse per il
riformatore italiano, V’è di che
riflettere su quanto possa aver
pesato, in un secolo e mezzo di
evangelismo, il mancato radicamento, anche cultural-teologico,
nel terreno che ci era proprio.
D’altra parte, a comunità di sradicati sta anche bene un riformatore sradicato ».
La parola è passata poi al prof.
Domenico Maselli, che ha vividamente tratteggiato la vicenda di
Giovanni Diodati^ l’esule a Ginevra e in Europa che pur sempre
sì dichiarava e firmava « di nazion lucchese ». Non è qui possibile riferire della vita intensa e
movimentata di xmo studioso anch’egli di dimensione europea,
che tra l’altro ha lasciato un’opera che è in ogni senso una pietra
miliare nella storia delle versioni bibliche come nella ricerca
filologica e nella storia del tra
durre: la « Diodatina », appunto.
Ma il Diodati non è stato soltan
to uno studioso, è stato anche
Un credente e un teologo vigorosamente inserito nel dibattito
teologico e culturale dell’epooa:
significativa, ad esempio, la sua
partecipazione attiva al Sinodo
di Dordrecht (1618-19) dal quale
scaturì la più rigorosa affermazione di ortodossia calvinista;
ed è stato un uomo inserito
nella vita politica del tempo: lo
troviamo ambasciatore ed osservatore qua e là per l’Europa,
tiene una vasta corrispondenza,
accanto a saggi esegetici e teologici dedica scritti a questioni di
attualità con punte di anticonformismo che sfidano Timpopolarità come quando, in uno dei suoi
ultimi scritti, condanna —■ lui,
campione di un calvinismo radicale — il regicidio con cui la
Rivoluzione inglese liquida il cattolico Carlo I Stuart. Davvero
Maselli ha ragione di lamentare
la strana indifferenza degli studiosi nei confronti di Giovanni
Diodati.
Il prof. Alberto Soggin ha quin
ASSEMBLEA DELL’UPL
Predicatori
a Rio Marina
Si terrà nella rinnovata Casa
valdese di Rio Marina (Isola
d’Elba) l’assemblea annuale dell’Unione dei predicatori locali
(UPL) delle Chiese valdesi e metodiste.
Martedì .30 aprile e mercoledì
1° ma.ggio i predicatori locali,
laici che hanno il dono della
predicazione e che sono iscritti in un apposito registro tenuto dai circuiti, discuteranno i
loro problemi e seguiranno un
breve corso di aggiornamento
biblico-teologico.
Ovviamente la riunione non è
chiusa. Tutti i membri delle nostre chiese possono parteciparvi
ed in particolare sono invitati
coloro che desiderano diventare
« predicatori locali ».
Ecco il programma:
Martedì 30 aprile
ore 11: Culto (Renato Salvaggio sostituto G. Lala). Elezione del Seggio.
di presentato ed esaminato i caratteri salienti della versione
« Diodatina » della Bibbia^ inquadrandola negli studi deH’epoca
e mettendola a significativo confronto con la « Riveduta » e in
qualche caso con la TIl.C. Un
confronto, fra Diodati e Riveduta, a tutto e netto vantaggio della
prima, quanto ad aderenza ai
testi originali e a bellezza di lingua, datata, ìovviamente. Soggin
ha dato vivacità al suo esporre
alternando particolari gustosi e
momenti umoristici alle osservazioni e ai rilievi scientificamente più rigorosi. Si è avvertito
una volta di più quale ardua
impresa — e appassionante —
sia il tradurre, il trasporre in
tutt'altro mondo concettuale e
culturale, in tutt’altra struttura '
dì linguaggio, un messaggio, uno
scritto: anzi, una biblioteca disparata e complessa quale è la
Bibbia.
Con queste tre avvincenti esposizioni il tempo è volato e non
c’è stato più spazio per domande e dibattito. In ogni caso, un
incontro ottimamente riuscito,
con qualche eco pure sulla stampa cittadina. Da notare il fatto
che si sono immediatamente raccolte ima quarantina di adesioni:
il CEC « P. M. Vermigli » si presenta infatti come associazione
culturale, è in elaborazione uno
statuto, prossimamente proposto
a un’assemblea ’’costituente” di
soci. Come Valdo Bertalot ha
giustamente osservato, è stato
molto significativo che il CEC
fiorentino sia rinato con la chiamata a raccolta, in una seria prospettiva culturale, intorno alla
Bibbia.
E la risposta all’invito c’è stata, rallegrante.
Gino Conte
NAPOLI — « Giacomo: il carattere ed il messaggio della
sua lettera ». Su questo tema
Bruno Corsani, pastore e professore di Nuovo Testamento alla Facoltà valdese di teologia, ha
tenuto una conferenza nella
Chiesa cristiana del Vomero a
Napoli il 23 marzo.
Il professore ha prima di tutto messo in evidenza il carattere dell’epistola, che non è propriamente una lettera o un trattato ma si configura piuttosto
come una « antologia » etica.
La struttura logica dell’epistola « si può incentrare sul tema
della prova » (vedi ad esempio
1: 12; 1: 19-25).
La lettera non riporta alcuna
indicazione sui destinatari e sul
suo ambiente. Sono assenti « citazioni di fatti storici, indicazioni di luoghi geografici; ci sono riferimenti che dimostrano
un’ottima conoscenza, da parte
dell’autore, del mondo greco e
della sua lingua ». Questo introduce il problema dell’identità di
colui che ha scritto la lettera,
che non è affatto certa. « C’è
chi ha sostenuto fosse Giacomo,
il fratello di Gesù, chi riteneva
invece fosse il Giacomo figlio di
Zebedeo, oppure uno sconosciuto »
Il professor Corsani, terminando, ha introdotto la questione del « conflitto tra Giacomo e
Paolo ».
Paolo sosteneva che non servivano le opere che precedono
la fede; Giacomo invece indicava come necessarie le opere che
seguono la fede.
Queste letture del rapporto
fede-opere hanno da sempre generato un dibattito nel cristianesimo, da Erasmo e Lutero,
con i loro dubbi e le loro critiche, Ano agli odierni tentativi
di conciliazione operati dal
Thurneysen.
Insomma Giacomo testimonia
« resistenza di un ramo del cristianesimo primitivo accanto ad
altri »; un ramo che si fonda
su una idea di fede diversa da
quella di Paolo.
Infatti la lettera di Giacomo
ha « come punto di forza l'esortazione, non la proclamazione »
come nelle lettere paoliniche.
Il vivace dibattito che è seguito ha rivelato due « fazioni ».
Una che accordava la preferenza a una visione teologica paolinica, strettamente fondata su
una predicazione « forte »; l’altra puntava a una visione complessiva del Nuovo Testamento,
in cui v’è posto anche per una
lettera esortativa come quella di
Giacomo.
Incontri ecumenici
AOSTA — Anche quest’anno
attività ed incontri si sono rinnovati, altri si sono precìsati ed
altri ancora hanno avuto inizio.
Ricordiamo con gioia la giornata comunitaria con agape, canti e recite; la serata di preghiera per l’unità dei cristiani con
la predicazione del pastore nella chiesa cattolica di Santo Stefano.
Fra le attività che si precisano, vi sono quelle presso gli istituti scolastici a livello medio
superiore, dove siamo presenti
con conferenze distinte sui movimenti di dissenso medioevali
e sulla teologia della Riforma.
Nel campo deH’ecumenismo
un nuovo ed importante passo
si è fatto quest’anno nello studio biblico congiunto cattolicovaldese. Gli incontri a frequenza bimensile si tengono presso
la nostra sala e gli studi sono presentati alternativamente
dal pastore e da un professore
del seminario di Aosta.
• Per quanto riguarda le
« opere », sono ultimati i lavori
alla sala di Courmayeur, mentre proseguono gradualmente
quelli di manutenzione e di ristrutturazione stabili di Aosta,
in vista anche della riapertura
stagionale della « Casa per ferie ». Vogliamo ricordare ancora la « Casa valdese per ferie »
di Viering che con la sua nuova ala servizi resta a disposizione tutto l’anno per gruppi autonomi organizzati.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Giovanni Miegge, teoiogo
POMARETTO — Giovanni
Miegge fu pastore a Massello dal
1924 al 1930 e a questo angolo
della vai Germanasca rimase
sempre legato dai rapporti familiari e affettivi che lo conducevano nella casetta in montagna durante le vacanze estive.
storia del pensiero teologico valdese.
Scambio di idee
ore 15: Aggiornamenti teologici:
« Caratteristica e messaggio dell'Epistola di Giacomo» a cura del prof.
Bruno Corsani.
ore 18: Riflessioni sulla « figura
e ruolo del predicatore locale » a cura del Comitato UPL (presenza del
presidente relatore del Comitato permanente studi Bruno Costabel).
ore 21: Relazione attività comitato
e votazioni.
Mercoledì 1° maggio
ore 8.30: • Temi di predicazione
sulla creazione » a cura del prof. Michele Sinigaglia.
ore 10.30: Questioni amministrative, vita UPL, scambio esperienze, varie.
ore 12.30: Commiato e pranzo.
Predicatori locali e quanti altri desiderano partecipare sono
pregati di iscriversi presso il segretario deU’UPL; Leonardo Casorio, via Aurelia 632 b, 57012
Castiglioncello (Lì), tei. 0586/
751241.
A trent’anni dalla sua scomparsa, anche nel terzo circuito
è stata ricordata la figura e l’opera di uno dei più significativi
teologi della Chiesa valdese, di
cui ora si riprendono le pubblicazioni, per molti aspetti di una
sorprendente attualità.
Domenica 17 marzo, a Pomaretto, Claudio Tron e Bruno
Corsani hanno presentato l’uno
le vicende umane di Miegge, segnate dalla salute malferma a
cui si univa, per contrasto, una
grande capacità di lavoro e di
apertura a tutte le conoscenze,
l’altro la sua opera esegetica
che ha lasciato un’impronta incancellabile nella Facoltà di teologia dove insegnò in vari periodi della sua vita.
Si sa che spesso le commemorazioni si esauriscono in un breve spazio di tempo, sostituite
con rapidità da nuove ricorrenze, ma Giovanni Miegge ha ancora tante cose da dire alle nuove generazioni — scritti inediti
aspettano da tempo di essere
esaminati — che certamente la
sua opera troverà una collocazione duratura e stabile nella
VILLASECCA — L’incontro di
Franco Giampiccoli, moderatore
della Tavola valdese, con la chiesa di Villasecca aveva il simpatico carattere di una riunione
quartierale dei Chiotti. Si è avuto uno scambio di idee fra l’ospite ed i presenti sull’Assemblea del Consiglio ecumenico
delle chiese, sulla collaborazione con le chiese evangeliche battiste e sulle finanze. Hanno suscitato interesse le esperienze
ecumeniche di Giampiccoli con
membri di chiese di tutto il mondo, dal patriarca greco-ortodosso alla teologa di una giovane
chiesa presbiteriana indonesiana.
Nel corso della riunione è stata approvata una più stretta
collaborazione con i battisti ed
è stato scelto come possibile titolo del settimanale comune
« Voce evangelica ».
Franco Giampiccoli ha trovato
dei dialoganti interessati ed è
partito anche con qualche impressione della vita della chiesa di Villasecca.
O Dopo il colloquio con il Concistoro, avvenuto il sabato, il catecumeno Paolo Rostan di Trossieri durante il culto della domenica delle Palme ha confessato la sua fede in Gesù Cristo
ed ha così confermato il suo
battesimo ricevuto da piccolo.
Con l’imposizione delle mani, segno dì benedizione, è stato accolto come membro comunicante della chiesa di Villasecca e
della chiesa universale.
Orario del culto
SAN SECONDO — Ricordiamo
che da domenica 7 aprile il culto inizierà alle ore 10.
Studi biblici
TORRE PELLICE — Mercoledì 10 aprile alle ore 20.45 nella
sala della Comunità alloggio di
via Angrogna agli Appiotti avrà
inizio un breve ciclo di studi biblici tenuti dal pastore Marchetti di Angrogna sul libro dell’Apocalisse.
Gli studi, che si terranno il
secondo ed il quarto mercoledì
di ogni mese in collaborazione
con il primo circuito, sono aperti a tutti coloro che fossero interessati a conoscere meglio
questo testo.
Culti estivi
LUSERNA SAN GIOVANNI —
I culti estivi che si terranno da
aprile ad ottobre ogni prima domenica del mese alla cappella
dei Jalla avranno inizio domenica 7 alle ore 18.
5
5 aprile 1991
vita delle chiese 5
LA TAVOLA INFORMA
CENTRO ’’LOMBARDINI” DI CINISELLO
Rapporti con lo Stato una nota di speranza
L’ora di religione e la defiscalizzazione al centro dell’incontro
con la commissione chiesa-stato - La collaborazione con i battisti
Pieno coinvolgimento della comune sul problema deH’immigrazione - Specificità dell’opera
La Tavola ha dedicato due delle quattro giornate di lavoro delle sedute di marzo (15-18) ad-incontri con varie commissioni e
delegazioni.
Anzitutto ha partecipato ai lavori della Commissione chiesastato che ha dibattuto i temi dell’attuazione dell’intesa per ciò
che riguarda la Facoltà di teologia, dell’ insegnamento religioso
cattolico nella scuola pubblica,
della defiscalizzazione e della proposta di legge di modifica alla
legge istitutiva del Fondo speciale per i ministri di culto. Valutando la nota sentenza della Corte
Costituzionale, che ha finalmente decretato la legittimità dell’assenza da scuola come una delle
possibili opzioni per chi sceglie
di non avvalersi dell’IRC, la Commissione ha rilevato che la ribadita centralità dell’ora di religione lascia aperta una persistente
contraddizione con ciò che dispone all’art. 9 la legge 449/84 per le
classi in cui siano presenti alunni
che hanno scelto di non avvalersi
dell’IRC: orari non discriminanti, e cioè all’inizio o alla fine delle lezioni. D’altra parte non si è
ravvisata la possibilità di proseguire in modo produttivo il contenzioso su questo punto e si è
rilevata invece la necessità di ribadire l’opposizione all’assurda
normativa che fa della scuola
materna un luogo di discriminazione istituzionalizzata.
La discussione si è poi spostata sulla opportunità o meno di
mettere in cantiere lo studio di
proposte « in positivo » riguardanti programmi per lo studio
del fatto religioso nella scuola
pubblica secondo un’impostazione non confessionale e nel quadro della proposta culturale che
la scuola pubblica deve elaborare senza deleghe a terzi. Le posizioni emerse nel dibattito hanno
mostrato che un accordo su questo tema è ancora parecchio lontano.
Qualche passo avanti è stato
fatto neH’imp>ostare un sistema
che consenta la deducibilità delle erogazioni liberali (contribuzioni e doni) dalla denuncia dei
redditi in modo compatibile con
la prassi contributiva delle nostre chiese. Ma due incognite
complicano il lavoro della Commissione e della Tavola: se per
introdurre la defiscalizzazione in
casa valdese e metodista sia necessaria una nuova intesa o se essa sarà regolata da una legge generale dello stato; e se la defiscalizzazione sarà la sola richiesta
delle nostre chiese allo stato o se
verrà aggiunta anche quella dell’8
per mille. Della prima è arbitro
il Governo, della seconda il Sinodo. La Tavola si prepara ai possibili scenari che emergeranno
dallo scioglimento di queste due
incognite.
Collaborazione
BMV
Con il Comitato permanente
dell’OPCEMI — che la Tavola ha
incontrato a parte trattando del
meccanismo dei rimborsi e di
questioni riguardanti il campo di
lavoro — la Tavola ha incontrato il Comitato esecutivo delrUCEBI facendo il punto della
situazione sull’ attuazione dei
mandati dell’Assemblea - Sinodo.
Gli esecutivi battista, metodista e
valdese hanno preso atto che è
iniziato il lavoro della commissione incaricata di delineare i
confini del documento sul reciproco riconoscimento. Si è inoltre constatato che anche sul piano regolamentare si stanno compiendo passi avanti. Le Chiese
battiste stanno predisponendo dei
cambiamenti nei loro regolamenti (per consentire la piena accoglienza di membri di chiesa vaidesi e metodisti); la Commissione per le discipline valdese-metodista sta lavorando alla proposta di modifiche all’ordinamento
valdese (per consentire la preservazione dell’ identità denominazionale per i battisti che diventino membri di una chiesa valdese
o metodista) e ha preso contatto con la Commissione per l’ordinamento deirUCEBI per studiare i problemi comuni; i metodisti coglieranno l’occasione della
Consultazione di giugno per chiedere al Sinodo la revisione del
regolamento che li riguarda.
Sul piano della collaborazione
territoriale si presentano alcune
proposte di cura abbinata di comunità viciniori, o avanzate dalle
chiese interessate o ipotizzate dagli esecutivi. E’ chiaro che in questo campo l’iniziativa decisionale
non può essere l’esclusiva né delle chiese locali né degli esecutivi.
Gli esecutivi hanno auspicato
che per ognuno di questi casi si
lavori ad un consenso comune
che coinvolga sia gli esecutivi che'
hanno la responsabilità del campo di lavoro, sia le chiese interessate.
Incontrando una delegazione
della Commissione ner il giornale comune che ha iniziato il suo
lavoro, gli esecutivi hanno ricevuto un primo rapporto, commentato diversi punti del progetto che si va delineando e discusso soprattutto della forma giuridica dell’ente che sarà responsabile dell’edizione. Una decisione tra società a responsabilità
limitata e cooperativa sarà presa in aprile dopo che i tecnici
avranno tradotto in veste giuridica le indicazioni emerse, tra cui
le principali consistono nell’esigenza che i tre esecutivi abbiano
il controllo del giornale e che
d’altra parte sia aperta la partecipazione delle chiese.
Accanto a questi incontri nell’ambito dell’evangelismo italiano (compreso un incontro con
una delegazione del Concistoro
valdese di Milano per la designazione del futuro secondo pastore
di Milano) la Tavola ha avuto un
simpatico e approfondito contatto con il presidente Helmut Spengler e con l’incaricato per le questioni ecumeniche Klaus Martin
Beckmann della Chiesa evangelica dell’Assia in visita a Roma
con le consorti. L’incontro dalle
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sedute della Tavola si è allargato
domenica 17 marzo alla comune
partecipazione al culto della chiesa di piazza Cavour in cui il moderatore Giampiccoli ha predicato e il presidente Spengler ha rivolto un messaggio, e al rinfresco
che è seguito nei locali adiacenti.
Finanze
Il capitolo principale del lavoro che la Tavola ha svolto per
proprio conto ha avuto per titolo:
finanze. Insieme aH’amministratrice Rosella Panzironi la Tavola
ha esaminato il conto consuntivo
del ’90, gli impegni delle chiese
valdesi per il ’91, il preventivo
per il ’91 e la situazione patrimoniale.
Due dati rallegranti sono emersi dall’esame dei dati: il conto
del ’90 presenta uno saldo attivo
di più di 40 milioni e per la prima volta gli impegni delle chiese
superano le richieste della Tavola che indicavano il minimo indispensabile per l’anno in corso.
Per non inorgoglirci — o pensare di aver raggiunto o superato
la meta — è tuttavia necessario
osservare che a fronte di questo
attivo c’è il mancato adeguamento del trattamento pastorale per
il primo semestre del ’90. Se gli
aumenti proposti dalla Tavola
fossero stati attuati dal 1° gennaio anziché, per Fesigenza di
coordinazione con le finanze metodiste, dal 1° luglio, vi sarebbe
stata una maggior spesa di circa
50 milioni e il bilancio si sarebbe
chiuso con un leggero deficit. E’
da notare inoltre che le chiese
hanno dato circa 20 milioni in più
dei loro impegni e circa 70 milioni in meno rispetto alle richieste
della Tavola. Altri risparmi a
fronte di queste minori entrate
hanno comunque consentito una
chiusura, positiva dell’esercizio.
Rallegranti sono nel complesso gli impegni delle chiese vaidesi che hanno dimostrato di
aver prontamente aderito alla riforma disposta dal Sinodo riguardo alla formazione del preventivo. Quasi tutte le chiese hanno
risposto entro il termine indicato del 15 febbraio e il livello degli
impegni assunti dimostra che le
chiese valdesi hanno compreso
molto bene che per colpire nel ’92
il bersaglio del « punto di equilibrio » (tra contribuzioni, fondo
di riconoscenza e entrate proprie
della Tavola da una parte e spese
per il campo di lavoro, emeriti e
funzionamento dall’altra) era necessario superare quest’anno l’indicazione minima data dalla Tavola. Ciò permetterà di affrontare l’annO'prossimo la « scalata »
al punto di equilibrio a partire
da un campo base già molto elevato ed ha consentito ora alla
Tavola di ritoccare il preventivo
del ’91 e di destinare buona parte_ del maggior gettito delle contribuzioni a coprire la parte valdese delle rilevanti spese di avvio dell’operazione giornale comune.
Campo di lavoro
La Tavola . ha fatto ulteriori
passi avanti nel piano di sistemazione del campo di lavoro per il
prossimo autunno che, per la parte riguardante le chiese metodiste, deve attendere il parere delle
Assemblee di circuito di maggio.
Alcune decisioni sono intanto venute a maturazione: il pastore
Claudio Pasquet, che riprende
servizio il 1” aprile, è stato assegnato alla chiesa di Torre Pellice. Il pastore Antonio Adamo è
stato assegnato alla chiesa valdese di Milano a partire dall’autunno del ’92.
In questi giorni è in distribuzione la relazione annua 1990
del Centro culturale « J. Lombardini » di Cinisello Balsamo.
Inizia « con una nota di ottimismo^ o meglio di speranza». Le
difficoltà e la mancanza di prospettive che caratterizzavano la
relazione 1989 sembrano in larga
parte superate.
X Certamente il Signore, che ci
precede, ha fatto in modo che intravedessimo alcune strade su cui
riprendere il cammino », viene
detto all’inizio. E una di queste
strade, la più sentita e la più
coinvolgente, è quella dell’incontro e del lavoro con gli immigrati. Su questo, il gruppo della comune non ha dubbi: « Oggi due
punti sono emersi con chiarezza:
al la necessità di un coinvolgimento pieno e convinto della comune su questo terreno; non si
tratta infatti di delegare a qualcuno dei compiti tecnici, anche
se indubbiamente il maggior coinvolgimento di qualcuno, il possesso delle competenze e delle informazioni necessarie è indispensabile;
b) l’opportunità che il nostro
intervento sia chiaramente riferito alla situazione di Cinisello,
non soltanto per gli immigrati
che vi si trovano, ma soprattutto
allo scopo di stimolare in questa
città, in particolare da parte dell’amministrazione, interventi assolutamente urgenti che non possono essere realizzati unicamente
con la buona volontà dei gruppi
e delle associazioni di base ».
Così, tre linee concrete di lavoro sono state individuate:
« 1) l’azione di stimolo e di
sensibilizzazione nella città;
2) l’inserimento di un lavoro
a favore degli immigrati dentro
la "tradizione scolastica” del
Lombardini;
3) l’accoglienza di immigrati
nel gruppo della comune: Faruk
(algerino), Simon (zairese), Juan
Carlos (colombiano) ».
Una delle prime iniziative è
stata di istituire un corso di italiano per gli immigrati che ha subito registrato una forte doman
da. Le altre iniziative (dibattiti
culturali, coordinamento pace, incontri ecumenici, ecc.) si svolgono al livello del territorio, in collaborazione con altri gruppi di
base e con Famministrazione comunale. « Dunque stiamo assistendo ad una diminuita iniziativa del Lombardini in quanto tale, cioè come centro culturale autonomo... e, invece, ad una sorta
di diffusione del Lombardini sul
territorio », dice la relazione. Il
rischio è quello della « prevalenza dell’attivismo rispetto ai contenuti » per cui « il futuro gruppo del Lombardini dovrà curare
anche con maggiore attenzione il
contributo culturale e di testimonianza che, sia pure in una mutata situazione, il Centro può offrire ».
A tale proposito, viene annunciata una decisione importante
della Tavola valdese: l’invio a Cinisello del pastore Alfredo Berlendis « per un lavoro pastorale
a pieno tempo, rivolto all’area di
Cinisello e per una collaborazione
alle attività e alla gestione del
Lombardini». Questa decisione è
da collegare col fatto che « si sia
riaperta una comune riflessione
tra il Lombardini e i consigli di
chiesa di Milano ». Anche il gruppo EGEI di Milano sta dimostrando un rinnovato interesse
nei confronti del Centro ed è probabile che alcuni giovani evangelici vengano a far parte della
comune nel 1991.
Il Lombardini pertanto conserva e ribadisce la sua peculiarità
di opera non istituzionale, « pur
essendo coscienti della fragilità e
della spontaneità inevitabilmente
connesse ai modi di gestione attuali ». Si pensa però, in futuro,
di affiancare al gruppo del Lombardini una struttura leggera,
del tipo associazione degli amici
del Lombardini, « per assicurare il collegamento con l’area cinisellese e milanese e per costituire un punto stàbile di verifica
e di proposta per le attività del
Centro ».
J. J. P.
NAPOLI
Dopo Canberra
Canberra, la creazione, l’ecumenismo. Di queste cose si è discusso nella seconda iniziativa
promossa dal Circolo culturale
evangelico «Galeazzo Caracciolo»
tenutasi presso la Chiesa valdese di via dei Cimbri a Napoli.
La serata è stata introdotta dal
professor Nicola Pagano, presidente del circolo, che ha presentato Foratore, il pastore Luciano
Deodato, che è stato l’inviato
del nostro giornale all’Assemblea
del Consiglio ecumenico.
Tra i presenti, oltre ad esponenti del mondo evangelico napoletano, c’erano anche esponenti delle comunità di base e il redattore per l’ecumenismo del
settimanale cattolico diocesano
« Nuova stagione ».
L’inizio della conferenza è stato dedicato a chiarire che cos’è il
CEC e la sua assemblea e quale
tipo di evento sia stato, mettendo l’accento sulla « gioia di stare
insieme, di pregare, di cantare,
di ballare tutti insieme ».
Dato significativo registratosi a
Canberra è stato « il ruolo delle
chiese nate dalle missioni le quali stanno acquistando più consapevolezza e sono ormai maggioranza... Sono inserite di più nel
contesto sociale e politico dei
loro paesi; non è un caso che
sempre più spesso la classe diri
gente di quei paesi provenga dalle file di queste chiese ».
Altro punto riportato è stato
quello della situazione degli aborigeni australiani, visitati da una
delegazione dell’assemblea, che è
stata definita come quella delle
« vittime di un razzismo da parte del governo australiano che è
quasi al livello del genocidio ».
Nel corso dei lavori si è riproposto lo « scandalo della divisione ». I rappresentanti cattolici e
ortodossi « non hanno partecipato all’intercomunione, nonostante fosse stata preparata secondo
la liturgia di Lima ».
Sulla divisione dei credenti in
Cristo si è incentrato il problema. Il professor Raffaele Esposito, redattore di « Nuova stagione », ha voluto precisare come la
mancata partecipazione all’intercomunione fosse dovuta a una diversa concezione dei ministeri.
11 dott. Corrado Mattia, della
comunità del Cassano e membro
del Coordinamento ecumenico
per la pace, ha rovesciato questo
punto di vista affermando che
l’intercomunione poteva essere
accettata dai cattolici considerata la mutazione del concetto medievale di sostanza e l’avvicinamento su questo delle posizioni
tra riformati e cattolici.
Peppe Cancello
6
6 prospettive bibliche
5 aprile 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Il cammino dalla morte alla vita
« Or nella notte del sabato, quando già albeggiava, il primo giorno
della settimana, Maria Maddalena e
l’altra Maria vennero a visitare il sepolcro. Ed ecco si fece un gran terremoto, perché un angelo del Signore,
sceso dal cielo, si accostò, rotolò la
pietra, e vi sedette sopra. Il suo
aspetto era come di folgore, e la sua
veste bianca come neve. E per lo spavento che n'ebbero le guardie tremarono e rimasero come morte. Ma
Vangelo prese a dire alle donne: Voi,
non temete; perché io so che cercate
Gesù, che è stato crocifisso. Egli non
è qui, poiché è risuscitato come aveva detto; venite a vedere il luogo dove giaceva. E andate presto a dire ai
suoi discepoli: Egli è risuscitato dai
morti, ed ecco, vi precede in Galilea;
quivi lo vedrete. Ecco, ve l’ho detto.
E quelle, andatesene prestamente dal
sepolcro con spavento e allegrezza
grande, corsero ad annunciare la cosa ai suoi discepoli. Quand’ecco Gesù
si fece loro incontro, dicendo: Vi saluto/ Ed esse, accostatesi, gli strinsero i piedi e l’adorarono. Allora Gesù disse loro: Non temete: andate ad
annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedranno ».
(Matteo 28: 1-10)
Matteo sottolinea che l’apparizione del Cristo glorioso avverrà in
Galilea. Perché proprio in Galilea e
non altrove?
Già all’inizio del suo evangelo Matteo aveva ricordato la Galilea, riprendendo un’antica profezia di Isaia:
« La Galilea dei Gentili, il popolo che
giaceva nelle tenebre, ha veduto una
gran luce; su quelli che giacevano
nella contrada dell’ombra della morte, una luce si è levata... » (Matteo
4: 15 ss.).
La Galilea è la terra dei pagani,
la terra dei senza-Dio, la terra che
non ha tradizioni e, soprattutto, non
ha Tempio. Proprio quella terra senza gloria, immersa neU’oscurità della
morte, diviene il luogo della rivelazione della gloria di Dio e dell’incontro col Signore: la terra in cui ti devi
togliere i calzari dai piedi, così come
aveva fatto Mosè quando aveva incontrato Dio sul suo monte, nel pruno ardente. Come sul monte Dio aveva dato a Mosè un ordine: « Vai e
libera il mio popolo » (Esodo 3: 1 ss.)
così Gesù, sul monte, dice ai suoi discepoli: « Andate e ammaestrate tutti i popoli » (Matteo 28: 19).
La manifestazione della gloria di
Nei racconti evangelici relativi alla resurrezione di Gesù si assiste
a un processo di progressiva storiciz zazione del fatto, II dato scritto più
antico sono le parole dell’apostolo Paolo in I Corinzi 15; 4 ss., dove si
dice semplicemente che Gesù è risorto ed è apparso prima a Cefa, poi
a una serie di persone, alcune delle quali, al momento in cui Paolo .scriveva, erano ancora in vita. Oggi v’è un consenso quasi unanime nelPindividuare in quelle parole di Paolo le tracce di un’antica confessione di fede della comunità primitiva. Sembrerebbe dunque che i primi cristiani si
siano limitati ad annunciare semplicemente la resurrezione di Gesù.
Passando poi a scritti successivi intorno alla resurrezione e al Cristo
risorto, vengono aggiunti molti altri particolari. In Marco, per esempio
(cfr. Marco 16: 1 ss.), si parla molto della pietra che chiude l’apertura
del sepolcro; poi, nel sepolcro, le donne incontrano un giovane (un angelo?) che annuncia loro la resurrezione di Gesù. Le donne scappano
spaventate e non dicono nulla. In Luca questa stessa scena si arricchisce di altri particolari. Non solo, ma sia in Luca che in Giovanni (il
quale rappresenta probabilmente l’ultimo stadio di questa evoluzione)
'’’®**Sono menzionate anche le apparizioni del risorto ai suoi discepoli, E per avvalorare il fatto che non si tratta di apparizioni di un fantasma, Gesù mangia con i discepoli, mostra loro le ferite riportate al
momento della crocifissione, li invita a toccarlo per constatarne la realtà
« materiale »,
Sembra quasi che la chiesa, di fronte alle perplessità di molti increduli e alle critiche degli avversari, abbia dovuto affermare la realtà
della resurrezione di Gesù e quindi il fatto del sepolcro vuoto e la consistenza « corporale » del risorto.
Ma i racconti evangelici possono essere letti non solo come racconti
apologetici. Anzi, leggendoli in quella chiave si rischia di perderne del
tutto il contenuto. Ugualmente, leggendoli come testimonianze storiche,
se ne tradisce l’intenzione profonda.
Si tratta piuttosto di predicazioni, volte a dare un messaggio, non a
fondare storicamente una certa verità. La realtà della resurrezione di
Gesù e annunciata, non dimostrata. E questo annuncio produce nuova
vita, incide nell’esistenza delle persone e le cambia profondamente. Così,
per esempio, è successo per Paolo: l’incontro col Vivente ha mutato radicalmente il senso della sua esistenza e, da persecutore qual egli era, è
diventato un perseguitato!
^I racconti della resurrezione sono dunque un messaggio per la comunità che si trova a vivere « il giorno dopo » Pasqua. E’ la comunità delle
donne e degli uomini della Palestina all’epoca dell’occupazione romana, nel primo secolo della nostra era, ma è anche il paradigma della nostra esistenza di oggi. Che cosa succede, allora, rileggendo secondo questo criterio il racconto dell’evangelo di Matteo?
E’ quanto tentiamo di fare con queste note.
Gesù e l’incarico missionario rendono i discepoli consapevoli che la
resurrezione è il pegno del « giorno
del Signore » che sta arrivando. Essi
capiscono di essere testimoni della
nuova era. Ma tutto questo (è necessario sottolinearlo) non avverrà nel
Tempio, ma nell’incontro che si svolgerà « nella contrada dell’ombra della morte ».
« Là mi vedranno »: è un incontro
futuro. Non si può vedere immediatamente. E’ necessario compiere prima un cammino fatto di « spavento »
e di « allegrezza ». Bisogna vedere
altre cose, prima di arrivare nella
terra della rivelazione; bisogna passare per sentieri non facili, dove tut
to sembra crollare, tutto sembra finire sotto i colpi della morte.
Il nostro percorso
Vediamo il cammino fatto da Maria Maddalena e dall’altra Maria.
« Vennero a visitare il sepolcro... ».
Il verbo « visitare » è un infinito con
il significato finale. La finalità del
loro cammino è un sepolcro. Esse
vanno a visitare un Cristo crocifisso
e sepolto. Prima di vederlo risorto
in Galilea, devi percorrere la strada
del sepolcro. Devi cioè capire la logica drammatica di quella costruzione
che annienta te, i tuoi cari, l’umanità
tutta. Devi comprendere che si trat
ta di un sepolcro reale, storico, nel
quale termina il cammino di tutti.
« Venite a vedere il luogo dove
giaceva »: mentre vai verso il sepolcro, ti raggiunge la parola di Dio.
Non sei lasciato solo con il tuo dolore, con i tuoi dubbi, con i tuoi vuoti
esistenziali. Queste donne non sono
lasciate sole davanti alla morte. Esse
devono andare a vedere il luogo dove
giaceva: devono vedere. Nessuno può
farlo al loro posto. In questo cammino così assurdo, dove vedi una tomba vuota, sei accompagnato dalla Parola di Dio. Eppure questo non toglie
che tu senta spavento e allegrezza.
Il sepolcro è vuoto: è un trucco?
Questo dire « è stato divulgato fino
al dì d’oggi » (Matteo 28: 15).
Il sepolcro è vuoto: è veramente
risorto? Anche questo è stato creduto fino al dì d’oggi.
Senza la parola dell’angelo le donne avrebbero soltanto paura, senza
alcun rapporto con la resurrezione
di Cristo. Solo la Parola ti può guidare per passare da una sorta di terrore religioso alla gioia della resurrezione. Solo la Parola ti può guidare, ma prima tu devi vedere il sepolcro vuoto.
« Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea, là mi vedranno »: è il miracolo. Cristo è risorto. Qra le donne, insieme ai discepoli, sono rimesse in cammino: i
loro occhi vedranno la gloria di Dio.
Esse vanno, oltre la morte, camminando nella terra dell’ombra della
morte. « Il popolo che giaceva nelle
tenebre ha veduto una gran luce ».
E’ un nuovo inizio. Una nuova
creazione.
Qualcuno ti attende
Se i tuoi occhi sapranno vedere
da un sepolcro vuoto la resurrezione,
ti saranno fatti tre doni:
1) Non ti è più possibile leggere
la tua vita, la tua storia e quella dell’umanità nella prospettiva di una
tomba. Qra devi vedere te e tutto
il mondo illuminato, perché Cristo
è risorto.
2) Devi sempre avere presente,
proprio perché Cristo è risorto, che
sei fratello di un Signore al quale
« ogni potestà è stata data in cielo e
sidla terra » (Matteo 28: 18).
3) La tua esistenza diventa preziosa: ti viene dato un compito: « Andate dunque, ammaestrate tutti i
popoli » (Matteo 28: 19).
Qualcuno ti sta aspettando, non
lo tradire!
Giuseppe Morlacchetti
7
5 aprile 1991
obiettivo aperto
ECUMENE, 29 MARZO - V APRILE: X CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA
Domande a Dio, domande a noi
La centralità della riflessione sul rapporto dei giovani con Dio - Gli argomenti dell’attualità e le proposte operative per affrontarli insieme alle chiese - Ricambio generazionale e necessità di discutere di fede e politica
Il X Congresso della FGEI si
è tenuto ad Ecumene fra il 29
marzo ed il 1° aprile. Sono state
quattro giornate dense ed impegnative sia per i ritmi di lavoro
sia rispetto alla grossa mole di
problemi nuovi e vecchi che si
sono affrontati. Erano presenti
circa 140 persone; 60 delegati dei
gruppi, i Segretari e responsabili
regionali, oltre ad un numero
rilevante di osservatori. Le questioni fondamentali che il Consiglio ha sottoposto all’attenzione dei partecipanti erano state
già accuratamente esposte nella
relazione dello stesso Consiglio
uscente, fatta pervenire con anticipo ai gruppi delle singole città.
Dalla relazione
ai laboratori
Certamente la relazione del
Consiglio, assieme alla relazione
dei revisori, possono fornire una
prima traccia attraverso cui risalire ai temi approfonditi dal Congrego. Le tre grosse questioni
indicate ( « la nostra ricerca di
fede »; « noi e i migranti »; « i
giovani evangelici e il Mezzogiorno ») sono state oggetto di altrettanti laboratori, che per quasi
due giorni hanno stimolato vivaci discussioni, dando vita a delle mozioni approvate durante la
3“ sessione dell’assemblea plenaria. Ad apertura di Congresso il
culto tenuto da Massimo Aprile
ha suggerito alcune considerazioni suggestive che entravano
già nel merito di uno dei tre
temi prioritari proposti ai partecipanti. Leggendo il 7“ capitolo
di II Samuele, infatti, ci si è
dispiegato davanti quello che forse è stato il problema più aoinvolgente del laboratorio sulla
ricerca di fede. Ci siamo interrogati sull’adeguatezza di immagini ed attributi di Dio a cui
siamo tradizionalmente legati,
ma che non esauriscono e spesso
circoscrivono e limitano il grosso problema del dialogo fra il
credente e il Dio in cui egli crede.
Così Davide, riconosciuto re
delle 12 tribù, sconfitti i suoi
nernici, stabilitosi nelle sue terre,
desidera costruire una casa all’Eterno. Ma questo non è possibile: è l’Eterno stesso che rivolgendosi al profeta Nathan « rivendica il suo essere Dio » dell’arco e della tenda; il Dio calato
nelle contraddizioni e nella storia del popolo, che lo ha accompagnato nel suo viaggio attraverso il deserto e che non chiede
ora di diventare Dio « del tempio », non chiede di essere associato a questa idea di stabilità
duratura e definitiva. Così mi
sembra si possa dire che tutta la
vicenda del rapporto fra Dio ed
umanità sia costellata dalla nostra tendenza a crearci immagini
che gli sovrapponiamo-, stabili e
rassicuranti, le quali vengono poi
costantemente demolite, smentite ad ogni passo che facciitmo.
Se l’esigenza di interrogarci su
« chi è il Dio in cui crediamo »
non viene posta in termini di
Continua trasformazione e, in
definitiva, di ricerca costante,
rischiamo di imprigionare il
nostro credere nella stabile « dimensione del tempio ». E’ sicuramente da osservare come l’andamento della discussione nei singoli sottogruppi del laboratorio
abbia seguito percorsi spesso
molto simili: alcune questioni
suH’argomento sono state decisamente ricorrenti ed hanno coinvolto ogni partecipante. A partire dal nostro personale percorso
di fede, siamo arrivati a formulare delle ideali « domande a
Dio- », alle quali abbiamo tentato di dare risposta. Ci siamo resi
conto che i nostri percorsi, così
come le domande più frequenti,
confluivano verso questioni di
fondo, alle quali è impossibile
dare risposte definitive: in che
termini porre il nostro rapporto
con Dio, che intepretazione dare
della sua « assenza », del suo
non intervenire in modo diretto
nelle vicende umane, ed ancora,
qual è la nostra libertà, quale la
libertà di Dio... Il laboratorio
aveva certamente lo scopo di
aprire interrogativi più che fornire indicazioni precise o soluzioni definitive. E’ importante
ribadire che, daH’ultimo Congres
SCHEDA
La FGEI in cifre
« La Federazione giovanile evangelica italiana (FGEI) è costituita
dalle unioni e dai gruppi giovanili
evangelici che si riconoscono uniti
da una comune vocazione di testimonianza e accettano il comune
fondamento espresso nel preambolo
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Possono altresì far
parte della Federazione altre organizzazioni giovanili impegnate nel
lavoro fra evangelici di lingua italiana. nonché unioni o gruppi evangelici non organizzati in movimento ».
(Art. 1 dello statuto)
• Al suo X Congresso la FGEI
si è presentata così:
— aderenti: 400;
— n. di unioni o gruppi: 40;
— appartenenza denominazionale;
50% valdesi, 30% battisti, 20%
metodisti;
— età media degli aderenti: 22 anni e mezzo;
— massima concentrazione di età
(oitre il 50%): tra i 18 e i 24
anni.
• Tra l'89 e il '90 hanno aderito alla FGEI 10 gruppi: Trieste,
Foggia, Cerignola, Dipignano, Reggio Calabria, Torre Peiiice, Verba
nia-Omegna, Verona, Aibano, Venesa-Rapolia; 4 gruppi si sono sciolti: Biella, Altamura, Firenze e Pordenone; 5 hanno deciso di non aderire più alla FGEI: Agape, Donnevalli, Civitavecchia, San Secondo e
Chiavari.
• Il bilancio annuale della FGEI
è di circa 25 milioni che per il
20% derivano dalle quote degli
aderenti, per il 45% dalle collette
delle chiese in occasione della domenica della gioventù e per il
35% da doni esteri.
La FGEI impiega metà dei suoi
fondi per II mantenimento della
propria struttura organizzativa e il
restante 50% viene diviso in tre
parti equivalenti per la formazione, per la stampa e per le spese
di partecipazione a iniziative ecumeniche all'estero. ,
• La FGEI pubblica « Gioventù
evangelica » e il « Notiziario FGEI ».
• L'indirizzo della FGEI è: c/o
past. Daniele Bouchard, via Ciccarone 51 - 66054 Vasto (Chieti), tei.
0873/363173.
• Il numero di ccp è 12288171
intestato alla cassiera Monica Becchino, via Bevilacqua 1/2, 17100
Savona.
so ad oggi, in più occasioni si
era registrata Fesigenza di approfondire il senso di queste domande: è un filo che è tornato ad
inserirsi nella trama di molti
seminari e convegni degli ultimi
due anni e mezzo. Anche per
questi motivi, dunque, il Congresso ha deciso di dedicare il prossimo campo studi nazionale al
tema « Chi è il Dio in cui crediamo? ». Il Congresso ha inoltre
ribadito, attraverso la mozione
approvata in proposito, la necessità di legare la nostra ricerca
di fede sia ad un confronto con
la Scrittura e la ricerca teologica,
sia al nesso azione-predicazione,
che è ritornato spesso nei nostri
dibattiti.
Il fenomeno
immigrazione
Di forte interesse è stata la
mozione presentata dal laboratorio che si è occupato del fenomeno dell’immigrazione. Anche
qui resta chiara Timmagine della
Federazione come organismo particolarmente attento a ciò che
succede « fuori », al groviglio di
problemi e contraddizioni in cui,
come singoli e come chiesa, ci
ritroviamo ogni giorno. Non
stupisce dunque se il problema
dei migranti sia stato accolto
dal Congresso come una delle
priorità dì lavoro e di impegno
per il prossimo futuro. I possibili piani di intervento sono molteplici e differenziati, tutti sicuramente impegnativi. Oltre ad
invitare i singoli gruppi ad interagire con le chiese e con le
organizzazioni che si occupano
del problema, si prospettano due
Scadenze precise; la preparazione di un convegno itinerante,
che sia riproposto in tutte le regioni interessate; la ricerca di
contatti con un paese particolarmente coinvolto nell’emigrazione
verso l’Italia, per realizzare degli
scambi bilaterali.
Il laboratorio
sul Mezzogiorno
Anche il laboratorio sul Mezzogiorno ha posto problemi che
ci sono decisamente vicini e,
per alcuni di noi, legati direttamente al nostro essere giovani
meridionali. Nonostante la valutazione positiva di alcrmi fatti
degli ultimi anni, come la presenza della FGEI al Sud in precise occasioni o situazioni (intervento nelle zone colpite dal terremoto del 1980, creazione del
gruppo residente di Riesi) e
nonostante la crescita avvenuta
negli ultimi anni di gruppi giovanili evangelici in alcune regioni meridionali (dalla relazione
del Consiglio risulta che in Puglia
esistono ben otto gruppi federati), il Congresso ha dovuto constatare una scarsa conoscenza
dell elaborazione e dell’esperienza compiuta in proposito negli
ultimi anni. Soprattutto i più
giovani sembrano saperne davvero poco. E’ evidente allora che
gli interventi da attuare devono
poter toccare sia l’aspetto formativo/informativo ( e i gruppi
sembrano costituire il luogo più
adatto per questo tipo di lavoro),
sia l’aspetto concreto di intervento e collaborazione con opere o
strutture che lavorano in questa
direzione. Le opere diaconali del
Mezzogiorno vengono individuate
rprne riferimento per un approccio di tipo conoscitivo e pratico,
che chiarisca ed approfondisca
i rapporti fra la Federazione e le
opere stesse. Quanto a proposte
immediate si è deciso di aprire
su « Gioventù evangelica » una
sezione di informazione e dibatti
Stefano Meloni, al centro, ha diretto i lavori del Congresso, coadiuvato da Bettina Koenig e Biancamaria Becchino.
to sulle opere evangeliche. E’
seguita anche la decisione di organizzare un convegno sulla mafia, da ripetere in più regioni.
L’analisi di questo fenomeno è
stata giudicata essenziale alla
comprensione della situazione
meridionale. Merita un ultimo
accenno l’attenzione rivolta dal
Congresso al fenomeno delle Leghe. Al di là di una generica critica la mozione che è stata presenta risulta molto determinata quanto alla nostra posizione
in proposito: si riconosce la forte influenza che le Leghe possono
acquisire nella vita politica italiana e si identifica in modo esplicito il fenomeno come movimento dalle chiare determinazioni di
destra, che fa leva su idee di
stampo razzista e di estremo localismo. Credo che il problema di
pronunciarsi e prendere posizione su questioni dì tipo politico,
come nel caso appena esposto, sia
una costante della FGEI, che trova le sue radici nel passato della
Federazione, nelle motivazioni
che sono state alla base della sua
nascita, più di 20 anni fa. Per
quanto oggi molte posizioni politiche tendano ad essere più sfumate e per quanto la stessa impostazione del mai risolto rapporto tra fede e politica abbia
subito negli anni trasformazioni, rispondendo ad esigenze che
mutano, credo che oggi la FGEI
sia un’organizzazione che non
solo non ha tagliato i ponti con
il suo passato, ma riesce a trarre
da esso continuo alimento per il
futuro.
Alcuni interventi, come quello
di Sergio Ribet o quello di Renato Maiocchi, hanno efficacemente dato valore alla continuità storica della Federazione, che si
esprime anche attraverso differenze. D’altra parte questo grosso nodo del rapporto fra il credente e la realtà politica è emerso in più occasioni durante i
quattro giorni del Congresso, in
modo più o meno visibile. Senz’altro citerei il dibattito sulla
guerra del Golfo che si è tenuto
la prima sera. Diversi partecipanti si sono espressi in proposito,
anche proponendo interpretazioni diverse, ma mai sottovalutando l’imperativo che come credenti abbiamo di guardare, capire,
interpretare i problemi, fare scelte responsabili e coraggiose.
La memoria degli ultimi giorni
va subito ad un’altra occasione
in cui queste considerazioni non
sono state smentite: durante l’ultima assemblea plenaria il gruppo di Torino ha presentato all’assemblea una lettera in cui la
presa di posizione sulla guerra
ha trovato dei toni decisamente
determinati, attraverso argomenti che danno all’interpretazione del conflitto una precisa linea di tendenza. L’analisi è fon
data sul riconoscimento delle
grosse contraddizioni esistenti
fra paesi del Nord e del Sud del
mondo. La guerra del Golfo diventa, in quest’ottica, un gravissimo segnale della più generale
situazione di sfruttamento del
Sud del mondo da parte del sistema occidentale di tipo capitalistico.
Non potendo accettare positivamente le posizioni prese dal governo italiano, che oltre ad essersi schierato per l’intervento
armato a fianco degli USA persevera in una politica di stampo
militarista, si ribadisce la necessità di farsi carico di grosse scelte individuali e collettive, volte
ad un’opposizione esplicita nei riguardi di queste contraddizioni. A
questo proposito la FGEI aderisce ufficialmente alla campagna
nazionale di obiezione alle spese
militari ed auspica alTinterno dei
gruppi un approfondimento della
questione.
Per concludere questo pur parziale panorama delle discussioni
e decisioni prese dal Congresso,
credo sia utile segnalare il contenuto della 42“ mozione: il Notiziario FGEI sarà pubblicato
ogni due mesi in forma di inserto
periodico del settimanale unico
delle chiese BM’V. Sarà sicuramente un’importante opportunità per far conoscere più approfonditamente alle chiese il lavoro che si svolge nella Federazipne, oltre al consueto ruolo di collegamento e scambio di idee fra
i gruppi delle diverse regioni.
Luisa Nitti
Elezioni
CONSIGLIO FGEI
Fanno parte del nuovo consiglio:
Michele Rostan, Raffaele Volpe,
Daniele Bouchard, Debora Spini,
Emanuele Sbaffi, Silvia Rostagno,
Pasquale lacobino.
COLLEGIO DEI REVISORI
Fanno parte del collegio dei revisori: Giorgio Bonnet, Paola Stagnaro, Marcello Pantaleo.
RAPPRESENTANTI NEL
COMITATO DI AGAPE
Sono designati: Enrico Sartirana,
Renato Del Priore, Giorgio Guelmani.
COMITATO DI SANTA SEVERA
Sono designati: Enzo Marziale,
Pietro Di Pierro.
COMITATO DI ECUMENE
Sono designati: Bianca Maria
Becchino, Bruno Gabrielli.
COMITATO DI ADELFIA
Sono designati: Bruna Ricca, Gaetana Grasso,
8
8 fede e cultura
5 aprile 1991
Î
INTERVISTA AL FILOSOFO EMMANUEL LEVINAS
La cura per l'altro,
fondamento dell’etica
Al centro della sua riflessione è l’incontro, visto come elemento
che scardina la chiusura in se stessi, per una nuova responsabilità
Emmanuel Lévinas nasce in una famiglia ebraica piccolo borghese della Lituania nel 1905; suo padre è cartolaio e libraio a Kovno.
Lévinas è dunque a stretto contatto con la cultura russa, legge
Dostoevskij, Puskin, GogoV. Quando scoppia la rivoluzione d’ottobre ha appena compiuto i dodici anni e vi assiste in Ucraina. Nel
1923 si stabilisce in Francia e si avvia agli studi filosofici a Strasburgo. Nel 1928-29 è a Friburgo per seguire i corsi di Husserl e di Heidegger. Di questi due filosofi Lévinas sarà uno dei primi traduttori
francesi.
La scoperta di Heidegger resterà un tratto centrale nell'opera di
Lévinas, anche quando se ne distanzierà sul problema di cosa debba
essere l’etica. Per Lévinas l’etica è rottura, la rottura dell’altro che
mi riguarda, mi interpella, nel senso che io sono obbligato nei suoi
confronti. Per Heidegger invece l’etica è la continuità dell’essere e
la « perseverazione » dell’essere. Negli anni della seconda guerra
mondiale sono scarse le notizie su Lévinas. Dal 1940 al ’45 è in Germania dove sconta una prigionia durante la quale ultima il volume
De l’existence à l’existant, che uscirà nel 1947. In seguito è professore
alla Scuola normale israelitica orientale, poi alle Università di Poitiers, di Paris-Nanterre e alla Sorbona.
Negli anni della contestazione giovanile contro la guerra del
Vietnam il filosofo resta ai margini del dibattito politico, sembra non
interessarsene. Nei suoi scritti non si accenna mai alla guerra d’Algeria o alla situazione politica francese, tèmi che alimentano le passioni e le speranze di migliaia di persone. La stampa francese lo ritrae come il professore famoso che arriva tutte le mattine alla Sorbona con la cartella sotto il braccio, fa il giro dell’isolato e riparte
come era venuto. Una continua fedeltà è dimostrata da Lévinas nei
confronti di Israele, anche se in un articolo, successivo ai massacri
di Sabra e Chatila scrive: « Richiamarsi aH’olocausto per dire che
Dio è con noi è altrettanto odioso del "Gott mit uns” appeso alle
cinture dei soldati tedeschi ». Non si può dire che Lévinas sia stato
disinteressato alla storia, al dibattito politico del suo tempo; lo ha
osservato e studiato da lontano. Per dirla con le sue parole: « Sentir
noia di tutto non è un movimento di umore ma il duro lavoro del
pensiero intelligente ». L’intervista che segue è il frutto di una conversazione avuta con il prof. Lévinas nella sua casa di Parigi. ^
questo. Allora vincere la morte
non è ricercare un’eternità, ma
sopportare di intrattenere con
la morte una relazione personale. Questa volontà che si espone alla morte ha rinunciato al
volere egoistico dell’« il y a », e
forse può trovare il tempo di
essere per l’altro.
— Professor Lévinas, parliamo del problema centrale della
sua elaborazione filosofica, il
problema dell’essere. Quando
l’essere umano trova la sua autenticità, la sua identità?
— Bisogna capire cosa si intende per essere. L’essere può
anche venir inteso come qualcosa di impersonale, come dire;
« Il y a », che in francese significa « c’è ».
A mio parere in questo senso
l’essere impersonale, privato di
identità, è esperienza di non senso, un’entità anonima senza soggetto né oggetto. Ma dov’è l’etica in questo discorso? Un essere anonimo e neutro è estraneo
al punto di vista etico, ed è anche indifferente nei confronti
dell’altro. Ciò che mi interessa
è la rottura di un essere eternamente identico, condannato all’esistere da una assurda e forzata immortalità. La preoccupazione per l’altro è il sovvertimento dell’essere. Dove trovo allora la mia autenticità, la mia
identità? Nella responsabilità
per altri là dove non posso essere in alcun modo sostituibile.
Non è forse più essenziale considerare gli obblighi verso l’altro più importanti di quelli verso me stesso?
morte rappresenta un’alterità
per il soggetto, nel senso che
esso è destrutturato, non è più
soggetto.
La relazione con la morte è
una relazione con qualcosa con
cui non possiamo più scegliere:
allora questa relazione è importante perché si colloca su un
terreno in cui la relazione con
l’altro diventa possibile nell’ottica di una relazione in cui non
possiamo più scegliere. Essa cade su di noi e se ne impadronisce. Questa relazione non è
una relazione con ima variante
di me, ma con un mistero per
niente idilliaco.
Il problema dunque non è
quello di strappare una eternità alla morte. Scriveva un poeta russo, di cui non rammento
il nome, che l’eternità non è il
tempo che segue la tua morte
ma quello che precede la tua
nascita. Bisogna riflettere su
— Se l’altro, 1’« Autrui » come
lei lo chiama, cioè l’alterità mi
si rivela come ciò che è assolutamente al di fuori e al di
sopra del mio potere, poiché davanti all’innocenza e alla povertà del viso dell’altro io sono disdetto, sono privato della mia
potenza e della mia sovranità,
perché allora la morte, che è
potenza nei miei confronti, può
essere compresa come una alterità?
— Se per Heidegger la morte era la « possibilità dell’impossibilità », per me la morte è l’impossibilità della possibilità, nel
senso che la morte è caratterizzata dalla passività totale e non
ha niente a che fare con la lucidità o la virilità. La morte è
sempre domani, mai adesso. Essa rappresenta l’impossibilità di
avere un progetto. Nella morte
siamo in relazione con qualcosa
che è assolutamente altro, una
relazione con il mistero. Così la
Giovedì 11 aprile — TORINO; Alle
ore 20.30, presso la sala di via Pio
V 15 (r piano), prosegue la riflessione su « Le donne nella comunità
apostolica ». Il past. Eugenio Bernardini parla sul tema: « "Uno in Cristo”: la formula di Calati 3; 28 ».
Giovedì 11 aprile — BARI: Alle ore
19, nella chiesa del SS. Crocifisso (via
Palella, Triggiano) si tiene un incontro di preghiera promosso dal Gruppo ecumenico di Bari, a cui interverranno Elda Esposito Carcavallo e Rosario Bagheri.
Giovedì 11 aprile — FIRENZE: Per
il seminario sui • Protagonisti del protestantesimo », organizzato dal SAE
presso la sala incontri della comuni
tà luterana (via de’ Bardi, 20), il prof
Fantoni, docente del seminario teoio
gico avventista di Villa Aurora, par
lerà alle ore 18 sul tema; « J. Wes
ley: dal "metodo" alla grazia divina »
Venerdì 12 - Domenica 14 aprile —
SANTA SEVERA: Al Villaggio della
gioventù “ Incontro con la teologia
femminista ». L'incontro si apre venerdì alle ore 15 e si conclude domenica con il culto. Relazioni di D.
Giudici, E. Green, S. Rostagno, L. Tomassone, A. Gavina, Tel, del centro:
0766/740055.
Venerdì 12 aprile — SESTRI LEVANTE (Ge): Il Consiglio di Circoscrizione, la Chiesa metodista e « Mondo
nuovo » organizzano per le ore 20.45,
presso il Salone del Consiglio di Circoscrizione (via Sestri. 34), un dibattito sul tema: « Cristianizzazione e
conquista in America latina: l’Occidente e le chiese di fronte alla necessità di un pentimento che trasformi
le relazioni internazionali ».
12-14 aprile — SANTA SEVERA: Al
« Villaggio della gioventù » si tiene il
terzo « convegno del villaggio » sul
tema: » Incontro con la teologia femminista », L'apertura è per le ore 15.30
di venerdì 12, e i lavori si concluderanno la domenica mattina con il
culto. Per informazioni 0788/740055.
SONDRIO
— Lei ama ripetere la frase
di Dostoevskij: « Siamo tutti colpevoli ed io più degli altri ».
Non c’è il rischio di costruire
un’etica del dovere e del comandamento?
— Non voglio costruire un’etica ma cercarne il fondamento.
Sì, l’etica è un dovere nel senso che non si può farne a meno. Il mio «esserci» significa
che sono già votato all’altro; solo nel comandamento « Tu non
ucciderai » posso trovare la mia
integrità e la mia soggettività
autentica; là dove non posso essere sostituito. Questo per me
è il bene. Penso al comandamento di Gesù che dice: « Ama il
tuo prossimo come te stesso ».
Si potrebbe anche tradurre:
« Ama il tuo prossimo, questo
è te stesso ». Per questo dire
« non uccidere » significa che
siamo tenuti ad occuparci degli
altri prima che di noi stessi. Il
comandamento « Tu non ucciderai » è il più grande comandamento nella storia della tradizione biblica e deH’umanità.
— E Dio ha un posto nella
sua etica?
— Nel libro Da Dio che viene
all’idea ho scritto che la mia relazione con Dio avviene con l’altro uomo. Non dico che Taltro
sia Dio, ma nel suo volto io sento la Parola di Dio. Non posso
dire di più.
Possiamo, a questo punto, concludere rincontro citando un
passaggio di un discorso tenuto da Lévinas nel 1981: « L’assenza di Dio ad Auschwitz, per
sempre ingiustificabile, ordina al
popolo ebraico di continuare ad
essere là ad assumere una fedeltà etica anche contro Dio
stesso. Una fede che è fedeltà
senza fede? Fedeltà ad un passato in cui Dio ci è venuto all’idea e da cui Dio è inseparabile ».
Manfredo Pavoni
Sabato 13 aprile — ROMA: Alle ore
14.30, presso la sede (via IV novembre, 107) si tiene l’assemblea dei soci della Società biblica italiana, a cui
seguirà, alle 16.30, una tavola rotonda sul tema ■ Esperienze inerenti la
diffusione della Parola di Dio in Italia ». Parteciperanno i professori Corsani e Roggio (biblista cattolico e giornalista), il past. Marrazzo delle Chiese awentiste e la sig.ra Clapis de
. Il servizio della Parola » (AGLI).
Quale dialogo
fra le religioni?
La mescolanza fra culture diverse rende possibili incontri impensabili solo pochi anni fa
Si è tenuta recentemente, presso il Centro evangelico di cultura, una conferenza dal titolo
« Cristianesimo e religioni: quale
dialogo? ». Paiolo Ricca, docente
di Storia della chiesa alla Facoltà valdese, ha dapprima esposto
un quadro generale nel quale
situare l’argomento per poi proporre una stimolante formula
per un dialogo tra le religioni.
Ricca ha esordito dicendo che
nel mondo moderno la vicinanza
e la mescolanza delle culture è
tale da rendere possibile a ognuno di noi di sperimentare direttamente le altre religioni, di vederle realmente. Non solo, ma
sperimentiamo anche la vitalità
delle altre religioni, la loro capacità missionaria e di espansione.
Contemporaneamente i cristiani
sono oggi confrontati con i problemi posti dal proprio passato
missionario. C’è cattiva coscienza derivante dal coinvolgimento
dèlia missione cristiana nel progetto colonialista; si pongono interrogativi sui modi in cui il
cristianesimo è arrivato ad essere la prima religione del mondo.
Riflettendo suH’argomento del
dialogo tra cristianesimo e religioni poniamo necessariamente
in gioco la nostra fede. In altre
parole, riflettiamo sull’unicità,
esclusività e universalità della rivelazione di Dio in Gesù di Nazaret. Chi è Gesù di Nazaret?
E’ un interrogativo che può trovare più risposte, come mostra
il cap. 4 deH’evangelo di Giovanni; la donna samaritana riconosce in Gesù il Messia d’Israele,
alla fine del capitolo gli abitanti
di Samaria escono dalla città e
proclamano Gesù salvatore del
mondo. E le religioni, cosa sono?
Sono dei vicoli ciechi che portano non alla salvezza ma alla perdizione? Sono altrettante vie che
portano tutte alla stessa mèta?
Il cristianesimo è una via di salvezza tra le altre o l’unica via?
Nel corso della storia queste
domande hanno trovato molteplici risposte. Il professor Ricca
le ha divise in due categorie;
soluzioni polemiche e soluzioni
ireniche.
La prima soluzione polemica
afferma che tutte le religioni del
mondo, dalle più primitive alle
più evolute, sono essenzialmente
idolatriche, anche quando sembrano essere più spirituali. Il
discorso deirapostolo Paolo ad
Atene, riportato nel libro degli
Atti degli Apostoli, è un esempio per una simile argomentazione. Il Dio cristiano è il Dio sconosciuto all’uomo naturale. Una
seconda soluzione polemica indica nello sforzo religioso umano
un discorso incapace di cogliere
Dio, anzi, non interessato a Dio
ma teso a parlare deH’uomo.
Anche qui si tratta perciò di
evangelizzare, di cambiare l’oggetto delle domande e annunciare un discorso radicalmente
nuovo.
Tra le soluzioni ireniche il relatore ha scelto tre esempi. Nel
Quattrocento Nicolò Cusano scrive Intorno alla pace della fe
de, un’opera in cui immagina
Un colloquio tra musulmani, cristiani ed ebrei moderato dalla
ragione divina. Alla fine risulta
che tutti hanno la medesima religione, c’è solo diversità di riti.
Il tedesco Lessing, autore di
Nathan il saggio, racconta la
storia di un padre che possiede
un anello dai magici poteri. Chi
possiede Tanello è riconciliato
con Dio e con gli uomini. Sentendo vicina la morte e avendo tre
figli, il padre si trova di fronte
a mi grave dilemma. Lo risolve,
così pensa, facendo fare due copie identiche dell’anello magico,
che però non hanno i poteri di
quello vero. I tre figli, non sapendo chi dei tre abbia ricevuto dal
padre l’anello magico, vanno da
Nathan il saggio e gli chiedono
consiglio. Il saggio risponde dicendo che non c’è nessuna soluzione. Forse tra alcune migliaia
di anni si scoprirà qual è l’anello
dai magici poteri (e, dato che si
tratta di un racconto simbolico,
la vera religione), nel frattempo
non resta altro da fare che vivere ciascuno nella convinzione di
avere Tanello vero, tollerando e
rispettando gli altri due.
Una terza soluzione afferma
infine che nessuna religione può
dirsi assoluta perché nessuna
riesce ad esaurire il discorso religioso. In altre parole, le religioni sono parziali e perciò complementari.
In conclusione Ricca ha esposto una possibile soluzione ecumenica, una proposta per il dialogo tra cristianesimo e religioni.
Innanzitutto la varietà delle religioni non dovrebbe essere vista
come un segno di confusione, ma
anche come espressione della
ricchezza culturale dell’umanità
e del fatto che nessuna religione
può sequestraré Dio, accaparrarsi Dio. In secondo luogo, Gesù
non ha mai polemizzato contro
le altre religioni. Egli ha trovato
più fede nel centurione romano
che in tutto Israele, prende un
samaritano come esempio dell’amore, si manifesta a una donna samaritana che appartiene a
una religione giudicata eretica.
Un terzo aspetto emerge dalle
parole rivolte da Gesù a un contemporaneo: tu non sei lontano
dal regno di Dio. Da ciò si deduce che tutti vanno messi nel ruolo dell’interlocutore, che non è
legittima una separazione tra
i cristiani e gli altri.
Tutti siamo dalla stessa parie
di fronte al regno di Dio, tutti
siamo interlocutori, tutti ancora
in cammino.
Per finire, il relatore ha sottolineato i limiti culturali che intralciano il dialogo. Il cristianesimo è una religione giovane,
sviluppatasi nel mondo greco-romano (e in parte germanico).
Non abbiamo ancora un cristianesimo ripensato in base a categorie culturali asiatiche o africane. Da queste nuove inculturazioni del cristianesimo nasceranno
nuovi ponti per il dialogo con
le religioni.
Paolo Tognina
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9
5 aprile 1991
valli valdesi
LUSERNA SAN GIOVANNI
Solo
un affare
privato ?
A Frali si è conservata l'antica
tradizione di dedicare il giorno di
venerdì santo alle confermazioni
e ai battesimi dei credenti, celebrando poi, la domenica di Pasqua, la Santa Cena, la prima per
i catecumeni.
La ragione di questa divisione
è simbolica e parte dal Nuovo Testamento: come Gesù è morto il
giorno di venerdì santo e resuscitato dopo tre giorni, così anche i
catecumeni sono invitati a fare
un passaggio simile. Confermare il battesimo ricevuto da bambini o accettare il battesimo da
grandi il giorno di venerdì santo,
riflettere ancora per qualche tempo sul significato di questi gesti
e sul significato della Santa Cena
che si va a ricevere... è una buona
occasione per sottolineare l’importanza e la serietà di questi
momenti e di questi gesti.
Il giorno di venerdì santo è la
fine di un cammino catechetico
(10 anni tra scuola domenicale e
catechismo) ma anche di un periodo della vita: il giorno della
confermazione, il giorno del battesimo sono una delle tappe della nostra adolescenza, sono una
delle date simboliche della vita.
A Frali si sono mantenute alcune tradiz.ioni che non vanno
«buttale via» (come la confermazione il venerdì santo e la prima S. Cena a Pasqua, ad esempio), ma non hanno impedito che
altri modi di pensare siano entrati lo stesso a far parte della nostra mentalità.
A quel culto un po' speciale, a
quel culto che segna il passaggio
tra l’età in cui si va a catechismo
e quella nella quale si è capito
abbastanza per poter decidere di
entrare a far parte della chiesa,
non c'è tutta la comunità e tutto
il paese, ma spesso solo i parenti
stretti.
Perché la confermazione è didiventata un affare privato e non
più un momento di gioia collettiva?
Il principio a cui i pralini —
giustamente — tengono è un
principio che sta perdendo significato?
La confermazione, il battesimo
dovrebbero essere delle occasioni
significative per tutti, non solo
per chi è coinvolto in prima persona; infatti tutti noi abbiamo
bisogno di momenti chiari e simbolici per ricordare e ripensare
alle grandi scelte: abbiamo bisogno di vedere gli altri per poi ricordare e ripensare alle scelte
che noi stessi abbiamo fatto.
Vedendo una ragazza che conferma la sua fede davanti alla
chiesa potremmo domandarci a
che punto siamo noi, con la nostra fede.
Sentendo le parole del battesimo, le promesse che Gesù ci fa
attraverso il battesimo, promesse
di stare con noi « fino alla fine
dell’età presente », possiamo ripensare a come (e se) queste promesse si sono avverate nella nostra vita.
Forse ad alcuni queste riflessioni possono sembrare esagera;
te: in fondo tutti sono passati
da quel momento da soli, tutti
devono imparare a stare in piedi
sulle loro gambe, e non sarà certo un culto con cinquanta persone in più a cambiare questa verità, per dura e triste che possa
sembrare.
L'anno prossimo ripensiamoci.
Gregorio Plescan
Attentato all’ambiente
Moria di pesci per la fuoriuscita di schiuma nel torrente Gambrero:
origine dolosa? - In corso indagini e analisi dei campioni d’acqua
Nuovo attentato all’ambiente a
Luserna San Giovanni; mercoledì
27 marzo, fin dal primo mattino,
le acque del rio Gambrero risultavano, per tutta la loro lunghezza (alcuni chilometri), coperte da
una schiuma bianca.
Laddove il torrentello affrontava dei modesti ostacoli (salti
d’acqua o semplicemente tronchi
o rami d’albero) ecco che la
schiuma sembrava « emulsionarsi » formando cumuli di altezza
anche superiore ai due metri: data l’estrema volatilità del prodotto i semplici colpi d’aria provvedevano a diffondere in quantità
la schiuma per i prati e le coltivazioni circostanti. La scena sarebbe stata anche spettacolare,
Se non che uno sguardo appena
attento al rio evidenziava una
forte, pressoché totale moria di
pesci, almeno fino alla confluenza
col Pellice, fra l’altro in piena
dopo le recenti piogge. Non è del
resto la prima volta che il rio
Gambrero (così denominato per
la presenza, un tempo, di gamberi d’acqua dolce) subisce attentati del genere: non più di due anni
or sono la fauna ittica venne completamente distrutta a causa di
un altro « incidente ».
A metà mattina arrivavano gli
operatori dell’USSL 43 che potevano facilmente intuire (la fuoriuscita di schiuma stava infatti
proseguendo) che l’origine dell’inquinamento era lo stabilimento
della Cartochimica, l’industria
che produce pannelli truciolari.
ì-------
Inquinamento nel torrente:
i primi a farne le spese.
laminati e impregnazione carte
e che già in passato era stata al
centro di numerose proteste della
popolazione a causa di fumi e
odori penetranti. Nelle lavorazioni vengono utilizzati prodotti anche di una certa pericolosità e
dunque nuovi dubbi emergevano
fra gli abitanti della zona a valle
dello stabilimento, tanto più che,
sentendo i residenti, sembra che
fumate, pulviscoli neri e puzza
non siano in realtà mai scompar
Ecco come si presentava il torrente Gambrero il 21 marzo: la
fuoriuscita intanto proseguiva.
si. L’intervento dell’USSL, e dunque il confronto con i responsabili della Cartochimica, serviva a
chiarire la causa del fenomeno distruttivo, successivamente esplicitata dalla stessa industria con un
comunicato stampa.
Si tratterebbe di un contenitore mobile per un sapone liquido,
oggetto — secondo la ditta — di
i' un fatto doloso e vandalico provocato da terzi con l’esclusivo
scopo di danneggiare l’azienda »
per cui è stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria allo
scopo di individuare i responsabili.
Sempre secondo l’azienda la sostanza, « in base alle normative,
non è irritante né tossica, è solubile in acqua ed è biodegradabile
al 90% ».
Biodegradabile:
in quanto tempo?
Resta il fatto che i pesci sono
effettivamente tutti morti e che
la biodegradabilità della sostanza
deve avere come riferimento anche la quantità (in questo casp,
secondo l’USSL, alcune centinaia
di kg.) in rapporto al volume
d’acqua, nonché la durata dell’inquinamento: la fuoriuscita nel
corso d’acqua è durata per giorni.
Indagini sono in corso in diverse direzioni: la denuncia contro
ignoti avrà come seguito la ricerca dei colpevoli dell’atto, ma le
verifiche dell’USSL, che ha raccolto i campioni d’acqua, dovranno
stabilire se effettivamente si tratta solo di sapone e soprattutto
perché il contenitore era chiuso
in un locale dove tramite un
« tombino » si arriva direttamente ad un corso d’acqua. Intanto
il Comune ha emesso un provvedimento in cui si sospende cautelativamente l’uso dei prodotti
agricoli venuti in contatto con
l’inquinamento, ma la gente è
di nuovo particolarmente allarmata.
I Verdi hanno immediatamente
promosso azioni di sensibilizzazio
MOBILIFICIO
esposizione e laboratorio :
via S. Secondo, 38 - tei. (0121) 201712
(di fronte alla caserma alpini)
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
ne e denuncia dell’accaduto; interrogazioni sono state effettuate
in Provincia e Regione e, localmente, è stata predisposta una
mostra con dettagliate fotografie
dell’accaduto; presentata al pubblico in occasione del mercato a
Luserna e della fiera a Torre Pellice, ha attivato una immediata
reazione nella popolazione che ha
promosso una raccolta di firme
(oltre 500) di cittadini che chiedono « che le autorità competenti
prendano immediati e necessari
provvedimenti al fine di evitare il
ripetersi di fenomeni analoghi! ».
Qualcosa comunque, a livello di
pronto intervento, non ha funzionato; anzitutto i responsabili politici, il sindaco Longo e l’assessore Delladonna, sono stati informati solo in tarda mattinata o
nel primo pomeriggio, mentre i
tecnici delTUSSL erano sul posto
fin dal mattino e sembra difficile
credere che la notizia non fosse
giunta in Comune. In secondo
luogo, sembra altrettanto strano
che in un Comune che da poco
tempo ha predisposto un piano
di protezione civile non sia stato
possibile intervenire almeno per
contenere gli effetti dell’incidente, evitando che una quantità così considerevole di « sapone » finisse nel corso d’acqua.
Piervaldo Rostan
Funghi: restano le
vecchie norme
TORRE PELLICE — Non cambierà nulla circa il meccanismo
di concessione del tesserino per
la raccolta funghi in vai Pellice
e neppure il costo (25.000 lire).
La giunta della Comunità montana aveva proposto di differenziare due tariffe, per i residenti
in valle (15.000 lire) e per i non
residenti (25.000 lire), come già
accade in altre Comunità montane, ma in consiglio, sia da
parte della minoranza che da
parte di alcuni esponenti della
maggioranza, sono venute critiche alla proposta (che avrebbe
ad esempio penalizzato quanti
sono oggi residenti per motivi
di lavoro fuori valle, pur essendone originari ed avendo una
casa in zona) e la giunta ha ritirato la proposta.
Va notato come negli ultimi
anni si sia riscontrata una netta diminuzione nella richiesta di
autorizzazioni, con tutta probabilità a causa delle sta^oni secche e dunque povere di funghi,
ma soprattutto per la relativamente esigua vigilanza.
I proventi derivanti dai tesserini verranno utilizzati in parte
per il pagamento dell’ecologo
che presta servizio nell’ente ed
in parte per progetti mirati alla
tutela dell’ambiente.
« Strane realtà »
TORRE PELLICE — Amministratori, operatori sociali, educatori e insegnanti della vai Pellice sono invitati ad una serata
organizzata dalla Comunità alloggio di via Angrogna in Torre Pellice, nel corso della quale
sarà proiettato il video « Strane realtà », che ha come soggetto l’attività dell’opera valdese
per minori e la vita dei ragazzi ospiti.
Il video è stato realizzato in
circa due anni di lavoro, a cui
hanno collaborato innanzitutto i
ragazzi e gli educatori della Comunità alloggio, aiutati da alcuni membri del comitato e da
amici disponibili a dare il loro
contributo di esperti in questioni tecniche.
La proiezione avrà luogo giovedì 11 aprile al cinema Trento
alle ore 21. Introdurranno il video il direttore della Comunità
alloggio, Roberto Brosia, e il regista, Sergio Brero. Una breve
storia dell’opera (già Orfanotrofio valdese) curata da Miriam
Bein integrerà le informazioni
sulla Comunità.
Costruzione serramenti alluminio *Doppie finestre *Verande *Ringhiere *Vetrine blindate *Portoncini ingresso
*Applicazioni speciali su misura ’^Sostituzioni senza opere
murarie
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10 valli valdesi
5 aprile 1991
COMUNITÀ’ MONTANA VAL RELUCE
DOPO LA LEGGE 142
Consiglio ad alta tensione Quale provincia?
Interrogativi sul rapporto tra l’ente di valle e i comuni
utile verificare servizi e attività - Assistenza: si astiene
- Sarà
la DC
Individuazione delle aree omogenee: un dibattito che coinvolge amministratori e cittadini
Ormai tutti i consigli della Comunità montana vai PelliceUSSL 43 garantiscono un elevato livello di tensione nella discussione: così è stato anche durante la seduta pomeridiana dello scorso venerdì 29 marzo.
Integrato il consiglio con la
sostituzione del rappresentante
della Lega Nord, Goss, con Sergio Hertel, è stata data lettura
Incontri
TORRE PELLICE — I genitori degli
alunni che frequentano la 5* elementare e la 2" media presso le scuole
di: Torre Pellice, Angrogna, Luserna,
Rorà, Villar Pellice, Bobbio Pellice, Lusernetta sono invitati a partecipare ad
un incontro che si terrà giovedì 11
aprile alle ore 20.30 presso i locali
della sala consiliare dell'USSL 43,
c.so J. Lombardini, 2, Torre Pellice,
sul tema: < Prevenzione della scoliosi ».
Alla serata parteciperanno i medici
specialisti in ortopedia e gli operatori del Servizio di igiene pubblica che
si occupano dei controlli nelle scuole.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma, venerdì 5 aprile, ore
21.15, • La stazione »; sabato e domenica (solo pomeriggio) • Tre scapoli e
una bimba »; domenica sera, •• Paprika • , viet. min. anni 18.
Concerti
PRAMOLLO — Sabato 6 aprile, alle
ore 21, nella sala valdese di Ruata,
neH’ambito del Cantavalli, Pietro Bianchi e Roberto Maggini presenteranno
canti e musiche popolari del Ticino.
Dibattiti
PINEROLO — Il gruppo di impegno
per l’accoglienza allo straniero ed il
centro Terracini per i diritti dell’uomo organizzano per sabato 6 aprile,
alle ore 20.45, presso il centro sociale di via Lequio, una tavola rotonda
sul tema: . Le regole della clandestinità », quali prospettive per gli extracomunitari oggi? interverranno Gianni
Balcet (Facoltà di scienze politiche a
Torino); Tahar Alt Belgacem (resp.
gruppo stranieri del centro Terracini):
Carlo Cotto (aw. centro Terracini); Simin Khadivi (coord. donne immigrate
autonome di Torino): l’avv. Guido Savio (collaboratore del centro Terracini).
Manifestazioni
PINEROLO — Sabato 6 aprile, alle
ore 20.30, presso l’auditorium di corso Piave, si svolgerà un concerto organizzato dal collettivo » Spazi sociali » in collaborazione con l’associazione palestinese « Al-ard » (La terra).
Domenica 7, dalle ore 17, presso
il centro sociale di via Podgora, testa
palestinese con musica, video, dibattito e cucina tradizionale palestinese.
Il ricavato delle due serate andrà a
favore della costruzione di una cooperativa agricola nel territorio occupato
della striscia di Gaza.
dì un documento-comunicazione
della giunta in merito all’applicazione della legge sulle autonomie locali n. 142.
Non è stata aperta la discussione su questo documento, anche se richiesta in tal senso è
stata espressa dalla minoranza
DC, in quanto sui temi sollevati
è intenzione di tutti di tornare
in un apposito consiglio; la semplice lettura ha comunque sollevato critiche nelle minoranze
e stimoli al dibattito sul ruolo
dell’ente.
Interrogativi vengono infatti
posti ai comuni: la Comunità
montana, ente coordinatore, deve essere ancorata alle indicazioni provenienti dalle singole
amministrazioni comunali sia
per quanto concerne ia programmazione che per la gestione dei
servizi o potrà assumere, pur di
concerto coi comuni, un ruolo
maggiormente propulsivo e di
programmazione autonoma?
Altri interrogativi: quaii deleghe i comuni intendono formulare nei confronti dell’ente di
valle, oltre a quella già proposta dalla giunta in materia di
servizi socio-assistenziali? Quale
ruolo dovrà avere la Comunità
montana in materia urbanistica,
rispetto al piano regolatore?
Nello stesso documento la
giunta esprime il suo « forte
rammarico » per la decisione
della maggioranza di Bricherasio di chiedere l’inclusione del
Comune nella Comunità Pinerolese pedemontano anziché nella
Comunità montana vai Pellice,
contraddicendo una politica del
territorio e dei servizi ultratrentennale e nel contempo si esprime parere favorevole all’eventuale ampliamento al Comune di
Prarostino, che sembra intenzionato a farne richiesta. Come già
detto, su questi temi il consiglio si pronuncerà prossimamente, mentre la discussione si è
fatta accesa sul piano stralcio
’91.
Forti critiche e richieste di
chiarimento sono state espresse
da Charbonnier e da Bonansea
sui servizi socio-assistenziali,
sull’attività e la reale capacità
di incidere sui problemi giovanili di « Spazio giovani », sui
progetti per la cultura e lo
sport; chiedendo poi una verifica coi comuni sulla validità dei
servizi e sul grado di fruizione,
Bonansea ha definito « pietoso »
il quadro in cui si presenta l’ente in preda ad uno « sbandamento finanziario ».
Gli interventi dei vari assessori hanno voluto essere momenti di spiegazione dei vari capitoli del programma stralcio sia
circa quanto si intende lare, sia
per quanto riguarda le fonti di
finanziamento.
In particolare sui servizi l’ass.
Borgarello, pur d’accordo con
Bonansea sulla necessità di verifica dei risultati, ha ribadito
la validità dei medesimi, in modo specifico quelli domiciliari, in
quanto dovere preciso dei comuni nei confronti della popolazione. Anche Gobelin, come altri nuovo dell’esperienza di giunta di Comunità montana, ha sottolineato la volontà di valutare
nel concreto il funzionamento
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delle attività, ribadendo comunque l’importanza di sostenere il
settore cultura nella valle.
Il programma è stato approvato alla fine col voto della maggioranza, l’astensione dell’esponente della Lega Nord ed il voto contrario dei gruppi DC e
maggioranza di Bobbio.
Altra occasione di discussione
è stata data dall’esame di due
proposte di ordine del giorno,
una contro la sospensione del
servizio ferroviario in valle per
nove mesi per consentire l’effettuazione di lavori di ammodernamento, lavori che in passato
ed anche con l’attuale piano regionale su altre linee vengono
svolti col servizio in funzione,
l’altro sui servizi assistenziali
già di competenza della Provincia.
L’ordine del giorno sull’assistenza chiede precisi impegni
alla Provincia, alla Regione ed
al Parlamento circa una riorganizzazione delle funzioni, l’individuazione delle risorse economiche e il trasferimento delle
competenze e delle strutture, in
modo da garantire una serena
gestione di im settore nevralgico
come quello dell’assistenza dell’handicap, del disagio e dei minori; abbastanza clamorosa, su
questa materia, l’astensione del
gruppo DC.
Infine, la proposta di costituzione di una commissione di studio sulla viabilità della vai Pellice, avanzata dalla giunta, ha riproposto un contrapporsi di filosofie e concetti di sviluppo non
nuovi nel panorama politico pinerolese e su cui il dibattito sicuramente non mancherà.
Piervaldo Rostan
FERROVIA
Lavori sul
cavalcavia
LUSERNA S. GIOVANNI —
Inizieranno nella settimana in
corso i lavori per l’ampliamento
del cavalcavia di via Gianavello
sulla ferrovia. L’opera, necessaria pp uno snellimento del traffico, è stata in passato al centro
di un intenso confronto fra l’amministrazione comunale e quella
provinciale, cui compete; preannunciata dunque da tempo siamo arrivati al momento dell’apertura del cantiere.
Da giovedì il traffico automobilistico è stato vietato sul cavalcavia e successivamente vi saranno anche alcuni giorni in cui,
secondo quanto comunicato dalle
FS, alcuni treni, con esclusione
di quelli maggiormente usati dai
pendolari, saranno sospesi.
Ai lavori, la cui durata dovrebbe essere fra i due ed i tre mesi,
concorrerà anche il Comune con
un impegno economico di 20 milioni di lire.
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La legge 142 dello scorso anno,
recante il nuovo ordinamento delle autonomie locali, stabilisce fra
l’altro che mentre le Regioni
provvederanno a delimitare le
aree metropolitane, sarà possibile la revisione territoriale e l’istituzione di nuove province.
Ciascun territorio dovrà corrispondere alla zona entro la quale
SI svolge la maggior parte dei
rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente; l’ampiezza di una provincia
dovrà essere tale da consentire
una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio. Dal punto di
vista demografico la legge indica
in almeno 200.000 persone la popolazione derivante dalla revisione territoriale.
L’individuazione delle aree omogenee, secondo i criteri prima
indicati e quindi le proposte di
possibili nuove province, fanno
parte del dibattito politico in corso fra gli amministratori e le forze politiche. E’ probabile che ci
siano maggiori interessi comuni,
uguali aspettative, analoghi problemi fra popolazioni di comuni
di valli vicine, così come pare logico vi sia una maggiore affinità
fra una città come Torino e la
sua prima cintura.
Alcune proposte di ridefìnizione territoriale sono fin qui emerse, anche se c’è pure chi vorrebbe far coincidere l’area metropolitana di Torino con l’attuale Provincia di Torino.
Ma già oggi il peso politico, che
pe:r altro si ripercuote anche sulla
disponibilità delle risorse economiche della città finisce per emarginare le zone montane ed i loro
problemi di sopravvivenza in
quanto realtà significative sia sul
piano economico che culturale.
Anche l’aspetto delle risorse a
disposizione degli enti è dunque
importante; la legge stabilisce
perciò l’autonomia finanziaria che
metta le province in grado di
« curare gli interessi e promuovere lo sviluppo della comunità ».
Una delle poche proposte nuove, avanzate da più parti, è attualmente quella della provincia
alpina: Pinerolese, Saluzzese più
vai Susa; ci sono anche variazioni sul tema: fuori la vai di Susa,
dentro o fuori le due città di Pinerolo e Saluzzo.
Su questi temi si confronteranno amministratori e cittadini, in
due convegni che si svolgeranno
a Torre Pellice e a Sestriere, rispettivamente venerdì 5 aprile
(alle • ore 20,45) e sabato 6 per
tutta la giornata.
P.V.R.
BRiCHERASIO
No alla secessione
L’opposizione è contraria all’uscita del Comune dalla Comunità montana: ecco le ragioni
Il gruppo di minoranza « Alternativa democratica » al Comune
di Bricherasio si schiera contro
la decisione presa dalla maggioranza di uscire dalla Comunità
montana vai Pellice e di chiedere
l’inserimento di Bricherasio nella
Comunità pedemontana pinerolese.
L opposizione, spiega un documento diffuso il 29 marzo, è motivata dal fatto che « si sono evidenziate le caratteristiche uniformi sotto l’aspetto geografico e
socio-economico che portano a
considerare il territorio della valle zona omogenea ». Una caratteristica, questa, « sempre sostenuta dalle leggi nazionali e regionali riferite a zone e comunità montane, senza dimenticare che l’appartenenza alla vai Pellice è sempre stata chiesta volontariamente
dal Comune di Bricherasio ».
Il documento si schiera anche
nettamente per il mantenimento
della coincidenza territoriale della Comunità montana con la
USSL 43, lal fine di « non disperdere i servizi che oggi funzionano
sul nostro territorio ». Si aggiunga poi che su tutta la questione
c’è un dibattito vivo fra la cittadinanza « dal quale emergono
molte perplessità sulla scelta della maggioranza e della giunta,
per il fatto che sia derivata da
esclusiva avversità politica all’attuale giunta che governa la Comunità montana e che vede la
DC all’opposizione ». Inoltre « forti preoccupazioni vengono manifestate per un eventuale cambio
di Comunità montana ed USSL ».
L’appartenenza di Bricherasio
alla Comunità montana vai Pellice è oggetto anche di una netizione popolare, sostenuta anche
da PDS, PSI. PLI e dal Circolo
« Rinnovamento » (le adesioni si
raccolgono presso la sede di quest’ultimo - via Vittorio Emanuele - il giovedì, 10,30-11,30 e il sabato, 10,30-11,30 e 15-17).
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11
F
5 aprile 1991
lettere 11
IL PROBLEMA
DEI CURDI
Caro Direttore,
sulla guerra del Golfo e la ricerca
della pace dissento da voi, ma non
intendo adesso discuterne qui, anche
perché spero che le vostre idee si
chiariscano. Importa pensare a quel
che si può fare per l’avvenire e fin
d'ora, e partendo da intorno a noi.
Non ho visto impegni concreti per assistere chi soffre. Ci può essere una
iniziativa delle amministrazioni locali
concordata con organizzazioni internazionali che diano qualche garanzia, come pare la Croce Rossa internazionale.
CI può essere anche un impegno
più politico, prendendo contatti con gli
esuli. Mi riferisco prima di tutto ai
curdi, che ora sembrano di moda, ma
che hanno a lungo atteso la nostra
solidarietà. Essi hanno sofferto, a
quanto pare altro che intifada! Ma come gli armeni hanno avuto quasi soltanto e ogni tanto buone parole. Il
loro problema è complesso. Si può
prendere contatto con i loro gruppi.
Ne ho conosciuti a Torino e a Firenze. Ce ne sono altri. Il rispetto dei
sacri (?) confini ed egoismi degli stati - non nazione, non solo l'Iraq, ha
finora prevalso. Ricordo un grosso convegno di minoranze, anni fa a Trieste, organizzato con l'appoggio, e
qualcosa di più, del governo iugoslavo
e del ministro italiano Aldo Moro. Si
tentò di impedire di parlare all’esponente curdo, che viveva a Ginevra,
per non turbare I buoni rapporti petroliferi fra l'Italia e l'Iraq. Alla fine
il curdo parlò, subito accusato nei
corridoi di collusioni israeliane.
I curdi, indoeuropei e musulmani,
non sono in un punto focale del confronto tra le religioni e le tradizioni,
eccetera se volete, dell'ebraismo, del
cristianesimo e dell'IsIam. Non attirano tanta attenzione del Consiglio ecumenico deile chiese e tanto intervento papaie romano congiunto alla volontà di controllo dei luoghi santi. Non
c'è soltanto il petrolio.
Non dobbiamo mirare a un qualsiasi nuovo ordine mondiale (anche Hitler voleva l’Unità europea), ma a un
governo del mondo laico e democratico, che tenga conto delle minoranze (anche gli occidentali sono una minoranza nel mondo). Senza fanatismi
nazionalisti dobbiamo rispettare delle
autonomie legate ai Territori occupati.
Altrimenti si rischia un « villaggio globale » diviso sulla base di interessi
di parte come quelli denunciati dalla Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, come sesso, razza, religione e via dicendo. Bisogna ricordare
che l’utopia è un obiettivo cui tendere, se no si rischia di fare come
Tommaso Moro, che ne scriveva e intanto nella sua contingenza bruciava
gli eretici, e ne gioiva, perché così
il Diavolo soffriva.
Con i miei saluti.
Gustavo Malan, Torre Peliice
PER NECESSITA’
O PER DILETTO?
Egregio Direttore,
ancora a proposito del francese alle Valli, vorrei assicurare il lettore
Tavo Burat che sfonda una porta spalancata quando, nel suo dotto intervento (n. dell’1.3.’91) sostituisce k
a c, cc, cq, qq (?). Già 50 e più
anni fa mi attiravo le ire di amici
sostenendo quanto più facile e fonetico sarebbe l'italiano se (riassumo)
si abolissero h e q e si adottassero
k in luogo del c « duro » (e quindi
ka, ke, ki, ko, ku) lasciando la c per
il suono « dolce » (ce, ci, eia, eie,
ciò, ciu) e, per esempio, il segno
greco y al posto del g « duro » (ghiotto, gusto) conservando la g « dolce »
(ge, gi, già, gie, gio, giu). Resterebbe allora « gli », articolo, ma glicine
si scriverebbe y licine e g-nu si scriverebbe ynu mentre per « gn » si potrebbe usare il segno spagnolo e
scrivere puño. Con ciò la nostra lingua sarebbe veramente fonetica: che
si pronuncia come si scrive. L’italiano resterebbe una lingua non facile
a causa di vari « capricci » ma, anche imparandola ad orecchio, si sarebbe subito in grado di scriverla. Scusate se è poco!
Per il resto, a parte che potrei
riempire il giornale con, diciamo, le
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori; Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrpt, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli _________________
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud. 23 - 10066 Torre
Peliice - telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
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berto Peyrot ______________________________________
EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936W
Consiglio di amministrazione: Roberto Peyrot , ®"^^e"bri)
(vicepresidente). Paolo Gay, Marco Malan, Franco Rivoira (membr ).
Registro nazionale della stampa; n. 00961 voi. 10 foglio ^81______________
irn7 l3/^rè^ stato "conse'gnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 27 marzo 1991._____________________________________
Hanno collaborato a questo numero: Maria Luisa
Bertolino, Dino GardioI, Erica Malan,
Roberto Romussi, Ludwig Schneider, Franco Taglierò, Liliana Vigiielmo.
sciocchezze del francese * (incluso il
fatto di esser solo al mondo a dire
OVNI, OTAN, SIDA, eco. ed a storpiare Gorbacev, Stress, Diésel, ecc.
quando il resto del mondo dice UFO,
NATO, AiDS, Gorbaciov, Strauss e
« diisel»), ero un ragazzino cui piacevano ie canzonette di Fred Astaire,
Cole Porter, Irving Berlin, eoe, E cosi imparai l'inglese (!) che poi, sì,
mi è «servito », come le altre 3 lingue che parlo, sul piano professionale e dei rapporti umani.
Sostenere poi che l'inglese serve
per « avere » significa ignorare tutto
ciò che l’inglese — e l'americano!
— danno e non solo in soldoni (basti pensare alla letteratura, alla scienza, alla tecnologia...) e dimenticare
che, mentre l’Inghilterra ha liquidato
un impero, la Francia continua a mandar truppe nelle ex colonie (vedi Ciad
— o Tchad ■—, Gibuti — o Djibouti
—, Nuova Caledonia, ecc.) in nome
della sciagurata « grandeur »!
Quanto al « risparmio delle risorse »
10 vi contribuisco non scaldando casa finché basta un golf in più e non
utilizzando l’ascensore pur abitando all’ottavo piano.
Ma tornando alle lingue: in Olanda
un semplice benzinaio in aperta campagna conosceva abbastanza inglese
da indicarmi la strada e così pure un
tranviere a Monaco di Baviera. Invece in ambiente CEE ancora si ride
dei ,« francese » di Fanfani, chiarissimo professore universitario, quando
era Commissario a Bruxelles! Ecco il
succo del mio precedente intervento!
Ciò che ha fatto grandi e potenti gli
Stati Uniti è stato anche l'unicità della lingua. Con l'imminente grande
mercato europeo i posti lavoro, sotto
tutte le forme, ci verranno soffiati
da chi, alle competenze specifiche —
che potremo avere anche noi — abbinerà la capacità di comunicare. E
11 sapere è magra consolazione alla
disoccupazione, come tristemente sanno tanti giovani « dottori » specie del
Sud. Quindi già alle elementari si dovrebbe studiare l'inglese con la stessa intensità dell'italiano — che poi
si continuerebbe a parlare in casa —
e ciò per necessità (ma da noi sono
ancora da formare gli insegnanti degii insegnanti), il francese, il tedesco, lo slavo (lingue • confinanti ») e,
successivamente, i'occitano, il ladino
0, per altri paesi, le varie lingue e
dialetti celtici ed altri, che lodevolmente si tenta di far sopravvivere,
andrebbero appresi quale per necessità di « vicinanza », quale per passione 0 per diletto alla stregua degli scacchi, del giardinaggio o della
fotografia.
Con cordiali saluti.
Massimo Pulejo, Bruxelles
* Al qual proposito si legga o rilegga il Burat il gustosissimo racconto « Il ranocchio saltatore » di Mark
Twain.
Comunicato
TEV
Il movimento di Testimonianza evangelica valdese ha deciso di promuovere un'inchiesta sull’autorità e ispirazione della Bibbia, invitando a rispondere a queste domande:
1. Sei personalmente persuaso che
la Bibbia sia l’espressione della volontà di Dio?
2. Su quali argomenti si fonda la
tua convinzione?
Chi desidera rispondere a questa inchiesta è pregato di indirizzare a: Testimonianza evangelica valdese - Casella postale - 10066 Torre Peliice (To).
Partecipazioni
personali
Presso la Facoltà di magistero dell'Università degli studi di Bologna
Stefania Bertolino, dopo aver discusso
una tesi in Fondamenti della comunicazione musicale: « L'esperienza di sé
e dell'altro nel rapporto uomo-suono:
uno studio sulla vita neonatale » (relatore il chiar.mo prof. Mario Barone), ha ottenuto 110 e lode.
Ci rallegriamo per il successo e le
auguriamo un tiuon proseguimento nella ricerca che continuerà a fare in
questo nuovo campo.
Fondo di solidarietà
Nel pubblicare relenco relativo alle offerte di febbraio, desideriamo in modo particolare ricordare l’ultima iniziativa del
nostro Fondo e cioè il sostegno
all'opera che il Consiglio ecumenico delle chiese svolge a favore
delle vittime della guerra del Golfo, con specifico riferimento ai
profughi.
Come abbiamo già notato in
precedenza, il dramma dei profughi di questa guerra sta passando inosservato dai grandi
mass media, di fronte al permanere ed all’aggrayarsi delle situazioni in Kuwait ed in modo
particolare in Iraq, a seguito
della guerra civile in corso. Si
tratta invece di un dramma che
si è ancora ampliato e che continua tuttora a verificarsi. Sono
ormai decine e decine di migliaia
(dopo i 700 mila precedenti, secondo quanto documenta il CEC)
le persone che hanno lasciato
quei due paesi per rientrare nei
loro luoghi d’origine, abbandonando i loro pochi beni e perdendo i risparmi, fratto del loro
lavoro. Le mète sono la Giordania, la Siria, il Libano, la Turchia,
il Bahrein, ma anche la Cisgiordania e Gaza. Sono infatti parecchie migliaia i palestinesi che
cercano di rientrarvi: quest’ultimo fenomeno si è anzi aggravato, specie per quanto riguarda
l’esodo dal Kuwait, dove si sta
verificando una vera e propria
caccia al palestinese, a seguito
della nota presa di posizione
filo-Saddam dell’OLP.
Anche le spaventose condizioni ambientali hanno ulteriormente incrementato la quantità dei
profughi. Le centinaia di pozzi
petroliferi in fiamme del Kuwait
(pare occorrano anni per spegnerli tutti) hanno reso inabitabili ed incoltivabili vastissime
Errata-corrige
Nell'« obiettivo aperto » del 29 marzo scorso, dedicato al problema « Quale energia? », gli scambi petroliferi durante il 1990 dovevano essere indicati
in 80(}.000 miliardi di lire anziché di
dollari. Ci scusiamo per l'errore di
trascrizione.
O La firma all’articolo «XVII Février à Paris » va corretta in Huguette
Vigne Ribet, anziché Humbert. CI scusiamo con l’interessata.
« La tua mano mi condurrà »
(Salmo 139: 10)
Il Signore ha chiamato a sé
Cecilia Calamita ved. Mingardi
Addolorati lo comunicano la figlia
Clara e i nipoti Panasela nella certezza che la loro cara vive nel Signore.
Catania, 3 marzo 1991
« Ma uno degli anziani mi disse;
Non piangere »
(Apoc. 5: 5)
« Sii fedele fino alla morte e io
ti darò la corona della vita »
(Apoc. 2: 10)
La Comunità metodista di Padova,
nella certezza radiosa della resurrezione, comunica la chiamata alla casa del
Padre celeste del caro fratello
Silvio Omizzolo
compositore e docente emerito
del Conservatorio musicale
« C. Pollini » di Padova
ed esprime ai familiari e agli amici la
propria solidarietà nel dolore per il
distacco.
Padova^ 18 marzo 1991
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zone ed htmno inquinato le
acque: ogni giorno tre milioni
di barili di petrolio vanno letteralmente in fumo e la coltre
densa ed oleosa che grava sulla
regione ha fatto abbassare la
temperatura di 16 gradi.
Inoltre, il recentissimo rapporto del sottosegretario finlandese
deirONU denuncia che i bombardamenti aerei a tappeto sull’Iraq
hanno lasciato una situazione
« vicina aU’apiocalisse ». Secondo
un parallelo rapporto di « Greenpeace », un milione di contadini
dovranno abbandonare i loro
campi: dove andranno?
Non crediamo necessitino altri
commenti; attendiamo le offerte
dei lettori, numerose e sollecite,
ricordando che esse vanno inviate al conto corr. postale n.
11234101 intestato a La Luce-Fondo di solidarietà, via Pio V 15,
10125 Torino, indicando nella
causale semplicemente la parola
« Golfo ».
Elenco offerte pervenute in febbraio
L. 100.000; Mirella e Ernesto Bein;
Aldo Cianci.
Totale L. 200.000.
Totale precedente L. 5.782.039.
In cassa L. 5.982.039.
Segnaliamo inoltre i seguenti nominativi ì quali, per un importo di lire
210.000, hanno fatto pervenire direttamente la somma alla Comunità alloggio « il sostegno » di Mestre; pertanto detta somma non è conteggiata nel
nostro totale.
L. 50.000: Giovanna Clot Wilhelm.
L. 25.0CO: Peyronel-Bounous.
L. 20.000; Cesare Peyronel; Anonimo.
L. 10.000: Ludwig Schneider; Elvio
Peyronel; Elsa e Arturo Massel; Linda Menusan; Clodina Balma; Ettore
Massel; Carlo Griglio; Rina Menusan;
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12
12 villaggio globale
5 aprile 1991
AMNESTY INTERNATIONAL: CONVEGNO INTERNAZIONALE
Tortura: sopravvivere e testimoniare
Dalle relazioni di medici, psicologi e studiosi, e dalla testimonianza di un torturato cileno, emerge il quadro
gravissimo della condizione di molti detenuti: il problema non è solo loro, ma riguarda l’intera nostra società
Nei giorni 15 e 16 marzo si
è svolto a Roma un congresso
promosso dal Coordinamento
medici e paramedici della Sezione italiana di Amnesty International sul tema: « Sopravvivere e testimoniare - le conseguenze della tortura ». I partecipanti che affollavano la grande aula della Protomoteca in Campidoglio erano quasi tutti giovani, anzi giovanissimi.
Inge Genefke, medico del «Centro internazionale di riabilitazione e ricerca per le vittime della tortura » di Copenaghen, ha
tenuto la prima relazione. Nel
1977, racconta, si è costituito un
gruppo di tre dottori, un danese, un americano e un olandese, tutti motivati, nella loro
coscienza, dall’assoluta necessità di curare e riabilitare i torturati. Il primo e più importante passo del Centro era quello
di valutare se una persona era
stata torturata. L’uso della tortura è diffuso in tutto il mondo. Secondo la signora Genefke
la questione della tortura è im
problema della società. Non ne
soffre solo l’individuo, ne soffre tutto l’ambiente che lo circonda, a cominciare dalla famiglia. Lo scopo della tortura è
quello di distruggere l’anima, la
personalità dell’individuo e proprio dell’individuo più forte. La
tortura, applicata in ben 70 paesi dove vige la dittatura, può
essere considerata l’arma più efficace contro la democrazia.
Torture fisiche
e psicologiche
Le torture fisiche sono terribili come la sospensione per le
braccia, le ustioni, le scosse
elettriche, gli abusi sessuali,
l’immersione della testa nei liquami di escrementi e materiale di vomito e molte altre ma,
secondo la valutazione dei medici dei Centri di riabilitazione,
sono ben più terribili, per le gravi conseguenze che ne derivano,
le torture psicologiche. Ad esempio, succede che al momento
dell’arresto la madre venga violentata davanti ai figli o vengano massacrati gli animali domestici cari ai bambini. Altri fattori di trauma psicologico sono
il prolungato isolamento, anche
per anni, le privazioni, le umiliazioni, l’assoluta oscurità dell’ambiente, o al contrario la fortissima illuminazione, il rimanere sempre incappucciati e sentire le urla dei torturati e infine
le minacce: se non parli violentiamo tua figlia... Di conseguenza vengono le allucinazioni, si
perdono le facoltà intellettive.
Ma purtroppo la tortura non
viene applicata senza il concorso dei medici, che sono presenti e devono darsi da fare per
evitare che la vittima muoia prima che lo scopo dell’aguzzino,
che è quello di farla parlare, sia
raggiunto. Ci sono anche medici torturatori e, come accade in
Pakistan, medici che frequentano i corsi nelle scuole di tortura. Ormai si tratta di ima professione. Grande è la responsabilità della classe medica. Ma
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come responsabili sono indicati
anche i giornalisti, i giuristi e
i politici democratici.
Il silenzio
della società
Dal 1975 alcune « Dichiarazioni » stabiliscono il codice di
comportamento etico dei medici: come quelle di Tokyo e del
congresso di Madrid. Ma grande è il silenzio di questa nostra
società. La gente si rifiuta di
sentir parlare di sofferenze, di
ascoltare e conoscere le storie
dei torturati.
L’on. Ettore Masina, presidente della Commissione parlamentare per i diritti umani, sostiene che per aiutare le vittime
della tortura bisogna aiutarle a
testimoniare. Questo è infatti
uno dei più importanti compiti
delle équipe di medici e psicologi che lavorano nei Centri di
riabilitazione per reinserire nella società, nel « mondo normale degli altri » coloro che sono
stati distrutti nel fisico e nel
morale dalla tortura. Anche se
erano persone forti, ora sono
crollate, non hanno più fiducia
in se stesse, tacciono, si sentono inutili, hanno paura di tutti e di tutto, persino del suono
di un campanello alla norta;
paura dei mezzi di analisi e di
cura, persino di spogliarsi per
una visita...
Come liberare dai ricordi delle sofferènze patite queste persone? Il prof. Allodi, del Centro canadese per lo studio e la
prevenzione della tortura di Toronto, ha presentato una relazione di grande interesse. Si devono a lui studi di carattere
scientifico sulle conseguenze cliniche della tortura, basati sugli stessi concetti di trauma e
relativo effetto. Protocolli standard e specifiche misurazioni sono ora alla base della valutazione del trauma e dei conseguenti danni. E’ nata una nuova scienza: la vittimologia.
Hélène Jaffe, medico dell’« Associazione per le vittime della
repressione in esilio » di Parigi,
ha parlato della difficoltà dell’approccio del medico e dello
psicologo con il paziente vittima di tortura. Ci ha spiegato
come il disegno possa costituire il mezzo migliore per comprendere quello che il torturato ha dentro e che non riesce
a mettere fuori con la parola.
Dice soltanto: « Mi fa male dappertutto » e ha « veramente »
male. L’esistenza per lui è dolore.
Il dolore rivissuto
Il dolore è la conseguenza del
ricordo. Dice: « Mi fa male la
testa... mi fanno male le dita »
per esprimere il dolore che ha
avuto nel passato. « Se dormo
sono ancora laggiù... Di notte
gli incubi vengono, circondano il
mio letto, li vedo... ». Il dolore
in quel momento viene dalla
memoria del dolore vissuto sotto tortura. Non riesce più a distinguere il sogno dalla realtà
passata. Ad esempio racconta
l’episodio dell’arresto al presente: « Eccoli, entrano, rovesciano
una sedia, frugano nel letto... ».
La confusione mentale e la depressione sono tra gli effetti più
duraturi del trauma causato dalla tortura.
Se purtroppo nel 50% dei casi di tortura sono coinvolti i
medici, tuttavia bisogna ricordare che ci sono dei medici coraggiosi che rifiutano di partecipare a sedute di tortura o ad
atti crudeli e degradanti nei confronti di coloro che sono in carcere per motivi di opinione. Cer
tamente affrontano dei rischi
grandissimi.
Ma anche l’attività dei medici e degli psicologi e di tutto
il personale del Centro di riabilitazione per i bambini dì Quezon City, nelle Filippine, è tuttora esposta a persecuzioni da
parte delle forze governative e
militari, secondo quanto ci ha
raccontato la psicoioga E. Protacio Marcelino. Infatti alcuni
operatori del Centro sono stati
arrestati.
Anche i bambini
tra le vittime
Il Centro è stato fondato nel
1985 per provvedere ai bisogni
psicologici dei bambini vittime
di violenze politiche, sia i bambini direttamente torturati che
quelli i cui genitori o familiari
sono stati arrestati, trattenuti in
carcere senza processo o assassinati. Nel Centro vengono ospitati circa 500 bambini all’anno.
Quando vengono dimessi sono
affidati alle famiglie del villaggio da cui provengono, se non
hanno più parenti. La riabilitazione dei bambini è molto difficile. La ripresa dopo il trauma è lentissima. Sono spaventati, chiusi in se stessi, si rifiutano di parlare anche per settimane e mesi.
Il silenzio è la prova più evidente del dramma da loro vissuto. Come alcuni adulti, anch’essi si esprimono attraverso
il disegno. Alcuni di loro adoperano solo il nero o il grigio
oppure fanno soltanto delle righe ai margini del foglio. I bambini che hanno vissuto la tragedia del bombardamento del
loro villaggio disegnano in primo piano un elicottero con il
nome molto evidente. La dott.sa
Marcelino dice che l’elicottero è
per i bambini il « segno della
perdita del loro futuro ».
Sono bambini traumatizzati o
feriti per essersi trovati in mezzo a scontri a fuoco tra polizia e ribelli; sono bambini con
forti disturbi emotivi, ansie,
paure, depressioni per aver assistito all’uccisione o alla tortura dei genitori. Sono bambini
menomati e mutilati, percossi e
lacerati.
Le diapositive presentate al
pubblico con le loro immagini
diffìcilmente potranno essere dimenticate. Ogni bambino è una
storia. Quale futuro avrà?
Una testimonianza
diretta
Alla fine del congresso, la testimonianza di un giovane cileno torturato, Riccardo Concha,
ci ha aiutato a comprendere meglio l’iter angoscioso d’una vittima della tortura, che vorrebbe reinserirsi nella società. Era
studente di medicina quando
per tre volte è stato preso e torturato dagli agenti di Pinochet.
Fidanzato con una italiana,
poi diventata sua moglie, era
riuscito ad entrare in Italia.
Avrebbe voluto riprendere gli
studi per laurearsi, ma non gli
riusciva di studiare: non poteva nemmeno leggere, le righe si
accavallavano davanti ai suoi occhi. Quando si presentava agli
esami, riviveva Tinterrogatorio
della polizia e la situazione diventava insostenibile. Non sopportava la compagnia degli amici, si isolava sempre di più e
girava per Roma fino a mezzanotte nella speranza che a quell’ora gli amici si fossero stancati di aspettarlo a casa sua.
Non parlava con nessuno del
suo passato e di notte soffriva
di incubi: se una macchina si
fermava davanti a casa, sobbalzava nel letto e incominciava a
gridare. La paura lo distruggeva. Ma, per fortuna, dopo 13 anni dalla tortura, ha incontrato
un medico che l’ha liberato dalle sue angosce ed ansietà, e soprattutto dal suo silenzio. E’
riuscito a studiare e a laurearsi. Terminando la sua testimonianza al congresso ha però
detto che i torturati per il resto della loro vita non riescono mai a liberarsi completamente dalle sofferenze patite sotto
tortura.
Da quanto è stato detto a
questo congresso, il primo in
Italia sulle conseguenze della
tortura, si comprende la grande importanza dell’intervento
dei medici e degli psicologi, sia
singoli che in équipe nei grandi
Centri di riabilitazione.
N. B. Per informazioni: Coordinamento medici A. I., Viale
Mazzini 146, 00195 Roma, tei.
06/380898.
A cura di
Anna Marnilo Reedtz
ITALIA, PAESE A RISCHIO?
I razzismi possibili
L’intolleranza verso gli stranieri è soprattutto frutto ó\ carenze
(della nostra società: occorrerà provvedere finché siamo in tempo
Che si dia corso ad una riflessione attenta e meticolosa sui
modi di intendere il termine
« razzismo » è quanto mai opportuno. Grande è infatti la confusione fra quanti impiegano una
parola che finisce per perdere
inevitabilmente di significato.
Il libro dei sociologi Laura
Balbo e Luigi Manconi (1) risponde a questa esigenza.
Dal saggio di Laura Balbo
(Vocabolario) emerge innanzitutto la volontà di non limitarsi
ad un’azione « contro », come
l’antirazzismo di maniera tende
un po’ a fare. Sono inevitabili
« processi di razzizzazione » ed
« esiti di etnocentrismo » (p. 38).
Bisogna riconoscere non tanto
che siamo in un paese razzista,
ma che, date alcune circostanze
strutturali, economiche e di organizzazione sociale e del lavoro
« si delinea la trasformazione
della società italiana in un sistenta razziale » (p. 37). Se si impiegano gli immigrati il sabato e
la domenica per far girare gli
impianti industriali a ciclo continuo, in una condizione che per
noi è simbolo d’inferiorità ma
che per loro, malcapitati, è comunque meglio della fame nei
paesi d’origine siamo già all’interno di un sistema di tal segno.
Nel bene e nel male. Occorre che
gli stranieri non divengano pretesto per abbassare il livello della contrattazione e della tuteladei lavoratori, da un lato; che
vengano loro riconosciuti pari
diritti sindacali, dall’altro. E’
comunque possibile promuovere
una serie di comportamenti che
l’autrice definisce « atti di non
razzismo », comunque più difficili a compiersi che non il dichiararsi antirazzista. Si tratterà per
esempio di organizzare diversamente alcuni aspetti del linguaggio e dell’istruzione, di lasciarsi
giudicare dagli altri, di organizzare determinati servizi tenendo
conto anche delle diverse sensibilità. Non è un regalo per loro,
sarebbe una crescita per tutta
la comunità sociale.
A condizione, però, e qui entriamo nel terreno dove si coltiva il pregiudizio e l’intolleranza,
che (per esempio) i servizi funzionino. Il saggio di Luigi Manconi (Razzismo interno, razzismo esterno e strategia del chi
c’è c’è) vede nell’Italia di oggi
una fase che « prepara il formarsi (...) di una situazione razzista »
(p. 46). Non nel senso ideologico,
abbastanza improponibile, o
« biologistico »: ci sono reazioni
(più di singoli che non di gruppi)
di fronte allo straniero che denotano tutto il disagio dell’uomo
occidentale « non preparato all’impatto con una sofferenza sociale quale quella che l’immigrazione extracomunitaria evoca »
(p. 48). Le vecchie e nuove
povertà « appaiono come fenomeni residuali, retaggi di un
passato contenihile e controllabile (...) oppure appaiono come
scarti fisiologici (...), sembrano
costituire una casistica, non una
emergenza (...); reclamano sentimenti e non rappresentanza;
rientrano nella politica dell’assistenza e non in quella dei diritti »
(pp. 48-49). L’immigrato, tanto
più se di colore, fa aprire invece
una serie di discorsi sui diritti:
tanto più perché viene qui per
lavorare (e, ^arda caso, c’è
bisogno di lui!). La situazione
disastrosa di molti servizi e
l’inapplicabilità di molti diritti
che qualunque cittadino dovrebbe vedersi garantiti alimentano
l’intolleranza di alcune categorie,
già di per sé frustrate.
Oggi mancano atteggiamenti sistematizzati e unificati attorno
a un progetto politico che faccia
leva su questo disagio, a partire
dalle rivendicazioni di identità
di una parte di popolazione che
non si ritiene rappresentata dalle
attuali istituzioni. Ma fino a
quando, si chiede Manconi, sarà
così? E quali saranno, in un futuro che speriamo di non vedere
approssimarsi, i « razzismi possibili » del titolo? L'autore individua tre categorie: razzismo
addizionale o da allarme (nasce dalla sovrapposizione tra una
differenza — sociale e/o etnica
e/o culturale — e da un fattore
di allarme .sociale: per es. lo spaccio di droga, le risse); razzismo
concorrenziale (per es. le carenze
nei servizi, o le forti concentrazioni di ambulanti nel centro di
Firenze); razzismo culturale o
intolleranza etnocentrica, « che
nasce dalla difesa della propria
cultura » (pp. 91-92). Siamo ancora in tempo per fare chiarezza
su questi pretesti. Fino a quando? Alberto Corsanl
' L. BALBO - L. MANCONI, I razzìsmi possibili, Milano, Feltrinelli, 1990,
pp. 143.