1
ì
ANNO LXXV
Torre Pellice, ^'rOennai
I
,r
V . ’
'^'SV:
■V
C3
L’ECO
NhIIIì «■ pift forte della vostra fedel
(OiSasTsUo)
SfTTIMANALE DELLA
ABBONAMINTO
Italie e Impara . . Anno L. «0 — Samaatre L. li
Boterò » »10— » »18
Jieni cambiamento d’indirigeo cotta una lira— La copia Cent. 4Q
VENITE A MEI
N.-4
Í ‘-V
J".*? - •. jvr-r^
?Si» •
% Venite a Me, voi tutti ohe aiate
travagliati ed aggravati, e io vi darò
riposo. Prendete su voi il mio giogo
ad imparate, da me, perch'io son
mansueto ed umile di cuore; e voi
troverete riposo alle animi vostre;
poiché il mio giogo à dolce a il mio
corico è leggero ».
Evangelo di Matteo 11: 28-30.
E’ certamente — questo passo — uno
•dei più noti deirEvangelo. Senza dubbio è uno di quelli che — neU’ora triste
che volge — più di frequente si presentano al nostro spirito e maggiormente
^ riscaldano H nostro cuore. La versione
:j! riveduta dice: « travagliati e aggravati
ovvero stanchi e carichi ».
Siamo stanchi e siamo corichi/...
*' Gesù le rivolgeva — queste parole —
alle turbe che l’attomiavano ; infermi
che cercavano la guarigione, indem,oniati che cercavano la liberazione, affamati che cercavano cibo.
Anche noi cerchiamo d’essere guairiti,
e liberati e nutriti: guariti delle nostre
infermità, liberati dal male, nutriti di
parole divine e nutriti di pana.
L’invito è per n^oi !
in
Venite a me. Che cosa vuol diie
questo caso —, « venire »?
Significa: prendere un uomo come
esempio, o come capo, o come guida o
come timoniere. Significa credere in lui.
Significa sposare una causa: credere
^ essa.
Significa servire un ideale: creder« e
ancóra credere,
; E* questo un bisogno umano istintivo,
^ una vera l^essità di vita.
A chi andavano gli uditori di Gesù?
’V Alle bisteme rotte e prosciugate»(1).
A dhi vanno i nostri contemporanei?
Anch essi — anche noi — corriamo die%> tro agli d^ « falsi e bugiardi », anche
■Ì|,.nox ci proswlamo davanti sgli idoli.
La scienza? Buona cosa, e anche
utile. Ma deve proprio tutta la scienza
finire in invenzioni di iguerra: tutta la
meccanica, tutta la fìsica, tutta la chimica? Vanità delle vanità.
_, La bellezza, la poesia, l'arte? Meravi% glio.so ristoro dello spirito. Ma le aspirazioni puramente estetiche o fondamentalmente sentimentali sono — da
sole — insu^'icenti.
irfi forza, la violenza? Non ne parliamo, E nemmeno del piacere. Appunto
per questo siamo carichi • siamo
stanchi !
«
S allora?
—• Venite a Me dice CJesù.
Proviamoci ad andare a Lui !
Ma si può andarci in diversi modi.
Rimanendo, ad esemplo, sul piano puramente intellettmle: quello del pensiero. Ci si può occupare di Cristo con
degli studi, delle discussioni, delle letture, considerandola come personaggio
storico, come uno dei grandi ispirati, o
dei grandi iniziati.
Oppure rimanendo sul piano aentimcntale. E ci troviamo nelle condizioni
già accennate a pròposito 'delle preoccupazioni d’ordine puramente estetico:
commozioni passeggere, lacrime die non
tracciano il solco.
Oppure rimanendo sul piano ecclesiastico ; e si sfocia nel divario stridente che passa tra le abitudini religiose e... quelle altre.
Oppure si può andare a Gesù prendendo posizione sul piano ffWTàle e «p4rituale. E questo piano 4 appunto
quello indicato da Cristo.
« • »
Le ultime parole dell'esortazione nono
strettamente legate alle prime; la chiusa deU’inyito è inseparabile dall’eaor*
d^. 1 versetti 29 e 30 fanno corpo col
versetto 28., Questo espirime lo stato
E’anime interiore (il ridete), qedli
esprimono la manifestazióne esteriore
(il giogo): realismo morale conseguenza necessaria del realismo spirituale: il
riposo è inseparabile dal giogo.
L’incontro con Gesù avviene — parallelamente e contem,poraneamente —
sul terreno della coscienza e su quello
dell’anima. Altrimenti si è forse fatto
un incontro; non s’è incontrato il Cristo deirEvangelo.
Venire a Gesù significa fare di lui —
realisticamente — il maestro e il padrone della nostra esistenza. L’incontro
qol Cristo è im atto di volontà
volontà di ubbidienza
volontà d’ubbidienza umile e serena.
* * *
Allora — e allora soltanto — si ha
la grande, la suprema rivelazione.
Gesù è fonte della vita, della vera vita;
la vita più alta, la vita veramente degna d’esser vissuta, quella che — oltre il velo — diventa la vita imihortale.
Gli uditori del Cristo andavano a cercar acqua nelle •cistCTne rotte e prosciugate. ' ' '
Noi facciamo, di solito, lo stesso.
Gesù diceva alla Samaritana:
—• Chiunque beve di quest’acqua
avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che gli darò, non avrà mai più
sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte che scaturisce
in vita eterna (2).
Giovanni E. Meille.
(1) Geremia 2: U.
(2) Ev. di Giov. 4; 12-14.
II Signore Yiene..,
Fra le proposizioni più o meno assolute che ciascuno di noi porta con sè,
nel suo bagaglio culturale, più o meno
ben fornito che esso sia di ricordi scolastici, di letture, di indagini personali,
una siamo soliti ripetere,' a mo’ 'di consolazione, con un soirrisetto più o meno
scettico, magari con un po’ di pudore,
ma, comunque, quasi a cercare in essa
consolazione o rifugio: historia magistra
vitae. Perciò si aggiunge generalmente,
con una soroUatina di spalle: « Mà oggi,
i maestri chi li ascolta più? ». Però alla
storia ci si ritorna sempre, ed anche noi
vogliamo ad essa ritornare per cogliere,
per quanto la cosa è possibile, da un
confronto, naturalmente sempre relativo, qualche elemento che ci dia o ci
faciliti una possibilità di giudizio suUa
nostra « orisi *.
I.
ANNO 1000.
Quali fossero le condizioni deUe vita
associata nell’alto medioevo, fin verso
l’anno mille, lo ricordano tutti i nostri
lettori; se non altro la loro mente ricorre ad una immagine òhe fu traidizionale; le tenebre del medioevo; ad
una pagina che rimane classica; la leggenda dell’anno mille: gU uomini presi
dal terrore della imminente fine del
mondo (mille e non più di mille !), abbandonano le loro case ed ogni cosa
loro per ritirarsi nella solitùdine, facendo alla Chiosa dono di tutti i loro
beni, intenti solo a far penitenza dei
toro peccati, con la coscienza di espiare
così i peccati del mondo, nell’attesa che
il Signore venga: la sola soluzione della
loro crisi.
Oggi noi sappiamo che non è esatto
parlare di tenebre del medioevo, perchè
appunto in quel periodo di continue
lotte, sconvol^menti ed invasioni, si comincia ed in gran parte si attua l’eduI egadone di quei barbari stessi che av#vane seenvelte k unità dal mondo re
CHIiS» V»L»iSI
DiraMora i Prof. Al
• V, w • . ..V.»
et:'
AMMINISTRAZIONE e REDAZIONE!:.
______ - Via Carlo Alberto, l'bis — TORRE PELLIGE
mano; nuove coscienze veng^o plasmate, una nuovi civiltà viene forgia5 -fa nel travaglio di secoli grondanti aaur
I gue; la speculazione‘ teologica si è ab] bassata ad un livello preoccupante, è
vero, ma si va elevando alla dignità di
uomini barbari e l’attivitè missionaria
è.fiorente.
Ed ora,, considerisimolo più da vicino
questo quadro.
Ad oriente i Turchi Selgiucidi si affacciano prepotenti e minacciosi dall’Asia Minore e si preparano ad affrontare ed a sconfiggere Timpero bizantino; nell’846 i Saraceni'si poterono imI padronire della Città Eterna e saocheg- '
giare la Basilica di San Pietro; la lotta
contro le immagini ha sconvolto l’impero d’Oriente ; la Chiesa stessa che
» av£va pur sempre rappresentato la
continuità e la stabilità, dà segni pàu^yrosi di sbandamento: il periodo che va
7'da papa Formoso (891-96) al papa Sil( vostro II (999-1003) può ben consìdeÌrarsi tenebroso e, con il suo vertiginoso
I succedersi di papi e di antipapi, con le
^^inge^enze politiche nella discussione religiosa, con le elezioni incerte, contribuisce tragicamente a rallentare la disciplina ecclesiastica e favorisce la corruzione cosi nel clero come nel p>opolo.
Vi Oggi noi sappiamo che nell’anno
gmille non si vericò nessuna manifestavzione collettiva di pentimento e di coniversione. Sappiamo ' che, nello sconvoli gimento di tutto il mondo civile d’al'■ lora, gli uomini continuarono ad atten' dere alle loro faccende private ; me
» sappiamo ,pwre che essi attendevano la
^ fne di quello stato di cose; che essi non
» Vattendevano dall’opera loro, ma come
dispensazione della Grazia divina; in
una parola: la fine di quello stato di
cose essi la identificavano con la fine del
mondo.
Per quanto rozza e, per molti aspetti,
molto lontana dall’Evangelo fosse la
concezione della vita degli uomini del
medioevo, pure essa era, nella sua aspirazione più intima, profondamente religiosa. Questa attesa, ad esempio, fremente, di una celeste apparizione del
Figliuol di Dio che, tra le nubi, riveli
la sua gloria con la potenza del suo giudizio, se può, oggi, a 'distanza di secoli,
apparire, agli spiriti critici, come una
ingenua manifestazione di una fede primitiva, non più compatibile co>n la esperienza degli spiriti che vogliono porsi la
domanda; «come ovvieremo al male»,
è in realtà un sintomo, forse il sintomo
per eccellenza, che la crisi non è senza
speranza.
Gli uomini, allora, sentivano che la
crisi era giudizio di Dio e ohe in Dio
soltanto sta la potenza che dà un senso
alla crisi. Agli uomini altro non s’addice se non la preghiera: Venga il Tuo
Regno.
Se vi è oggi qualcosa di veramente
pauroso questo è la constatazione che il
Padre nostro, diventato la preghiera ufficiale dieUa Chiesa, ha perso il significato personale, rivoluzionario di ogni
suo inciso !
E se la Chiesa si era ‘ arbitrariamente
identicata col Regno di Dio, se la Chiesa voleva essa sola essere la casa della
preghiera, il solo rifugio dove l’uomo
possa aspettare il suo Signore, quanto
commovente e consolante questo anelito che spinge gli uomini ad aspettare
la fine: la fine del mondo e delle sue
istituzioni con l’avvento del Signore^
Quanto consolante con la sua implicita
ma radicale svalutazione di tutto ciò
che è del mondo e col mondo deve passare, con la sua involontaria ma spontanea reazione a tutte le barriere ecclesiastiche: il Signore viene.
Un grido che non è pauroso, che non
è sconforto, che non è rassegnazione :
bisoja evangelizzare prima ch’Egli
tomi, proclamare la buona novella fino
all’estremità della terra. Allora partirono i primi evangelizzatori con Agostino
ad annunziare la Buona Novella nelle
isole britanniohe; allora Bonifacio evangeliMÒ i Germani, Willibrodo l Frisoni,
Anscarip gli Scandinavi, CirRló e Meto^
dio gU Slavi.
AUora sorsero dielie eresie e di^li-uomini morirono per la loro fede, aapetv
tando il Signore.
(Fonpe dovrebbe farci almeiEU)
tere, c^gi, il timore oon cui parliaà^ di
eresia € di setta, come dj vocaboli sospetti; dovrebbe farci rifletta:«, là :àuperiorità con la quale guardiamo dall'qito
la passione geiirèa con la quale gli ùpf
mini del passato scrutavano le Sacre
Scritture per trame il nutrimento
era vitale e per il quale era bello soffrire fino alla morte !).
. 'Con questa data e con questo gr^,;
Il Signore viene, vogliamo oggi fernupei.
■■■ *•
»
na.
Quesiti biblici
Il Direttore de L’Eco delle Valli mi
prega di rispondere ai due quesiti biblici seguenti che gli sono stati sottoposti
da lettori del giornale stesso; ecco dunque la noia risposta.
Primo quesito : Come è meglio dire
restando il Padre No^ro. « Non (findurre in tentazione », oppure: Non ci'
lasciar cadere nella tentazione? ».
Si tratta di sapere quale è ,il~ tno^
migliore col quale possiamo tradurre
dal greco del Nuovo Testamento quella
frase del « Padre Nostro » ed ogn'uno sa
quanto sia talvolta diffidlé' trqvare le
parole adatte ad esprìmere il srgnfflcHtn
preciso di una espressione presentataci
in una lingua diversa. Tale diflficoiltà incontriamo appunto con la frase in questione, frase che è tradotta in italiano
nei due modi su accennati ed in altri
ancora. Essa, nel testo greco, esprime
questo concetto : « Non permettere, o
Dio, che le prove della vita che tu ci
mandi divengano per noi ima occasione
di peccato ». Le prove ci sono per tutti
nella vita e Gesù non domanda a Dio
di non mandarle; domanda semplicemente di aiutarci onde le sopportiamo
coraggiosamente, senza lasciarci trascinare lungi dalla volontà divina sulla
china sdrucciolevole del peccato.
La difficoltà dunque sta nel rendere
in una frase breve, quali sono tutte
quelle del Padre Nostro, una idea che
I richiederebbe invece molte parole per
essere espressa in modo completo. Il:
I « Non indurci in tentazione » è frase
i brevissima, ma offre rinconveniente di
lasciar sorgere il dubbio che Iddio possa indurre qualcuno in tentazione, dubbio che va combattuto perchè, come
dice S. Giacomo nella sua Epistola
(I, 13), Iddio non può tentare ^uno.
Ci sembra perciò meglio, fra le due
espra^ioni, scegliere la seconda; « Non
ci lasciar cadere nella tentazione», a
meno di adottare quella che si trova
nella Liturgia Valdese e che è la più
vicina al significato originale : « Non
esporci alla tentazione».
Secondo quesito: Come bisogna dire,
recitando il Padre Nostro: * Rimettici i
nostri debiti », oppure : « Perdonaci le
nostre offese »?
Le due espressioni si trovano nei due
passi dei Vangeli che contengono il «Paidre Nostro ». Nel Vangelo di Matteo
(VI, 12) leggiamo; « Rimettici i nostri
debiti come a<nche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori ». Nel Vangdo
d' Luca (XI, 14), abbiamo: « Perdonaci
i nostri peccati, poiché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore ». In
quanto alF'espressione: le nostre offese
0 i nostri falli, essa si trova nel veraestti
14-15 dello stesso capitolo VI di S. Matteo, per spigare che cosa siano i debiti
di cui è parlato poco prima.
Naturalmente il significato delle varie espressioni è identico perchè i debiti che abbiamo verso Dìo sono i nostri peccati, sono le offese die rechiamo
alla sua volontà, sono i falli die commettiamo. Non possiamo ghingere perciò che a questa conduMonet S^ua
ognuno il modo di dir« che ha' imparata
2
“-'X-.-'Æ* -'\'i;^tS^-ni''S ■>^,r ‘^p^-.
J-'. "• * „ y -> . '*' ' ‘ -^ *, /- V
- _ ,. ' ’ ’ -- T *pr*n n
■ VvC -'i'*
■% .> ^*,r;-’'
'î: ÌW
'’i”
L'ECO PELLE VALU VALDESI
da fanciullo o che è segmto nella sua>
Chiesa, senza lasciarsi distrarre da qu«<
ste piccole differenze. Quello che conta
è la domanda di perdono-che facciamo,
con quella frase e dì quel perdono al>biamo semx>re grandemente bisógno.
■ V ’ Davide Bosio.
' r
H"
prv.U"
Siamo lieti di annunziare ai nostrilettori che la serie degli opuscoli aditi
dalla Libreria Editrice Claudiana, rimasta bruscamente interrotta, ha avuto
una felice ripresa con lo \ studio del
.pròf. Ó. Misgge: * Pensieri sulla Prov~
videnza*. '
E’ un breve saggio, denso di pensiero.
Che affronta coraggiosamente quelli che
sono i nostri problemi, i nostri dubbi,
anche lè nostre amarezze quotidiane.
Noi, buoni Valdesi, siamo un po’ abituati per una certa tradizione di pietà
esteriore e familiare, a parlare di im
« buon Dio » che deve provvedere al
bene dei suoi figliuoli, di im buon padre che è sempre disposto ad accogliere
ed a perdonare.
Non intendiamo certo contestare che
questo buon Padre sia da considerarsi
come un immagine, ma abbiamo l’impressione che molti, troppi finiscano
con lo scandalizzarsi troppo facilmente
quando si presenta loro la tragica realtà del dolore, della guerra, della prova:
perchè soffrono gli innocenti? Dio caliga? « Perchè il buon Padre » che è
nei deli permette ciò?
E’ una domanda che, sotto una forma
o sotto un’altra, con un sorrìso scettico
di uomo superiore o con l’angoscia del-'
l’umile credente, si pone in modo forse
oggi più urgente agli spiriti. Non è im
problema nuovo, ma siamo grati al professore Miegge di averlo riproposto alla
nostra meditazione dandoci una trattazione attuale, che risponda in modo
particolare alle esigenze di una formulazione moderna dei quesiti che a questo; problema si connettono. Non si lasci indurre in errore dal titolo, il lettore; Pensieri; chè non si tratta qui di
« pensi^ » - ra^ruppati intorno ad un
nucleo centrale, ma di’unó studio organico, di uno studio che obbliga il lettore a .pensare. E non si spaventi ddla
terminologìa im po’ tecnica: un leggerò
sforzo culturale si risolverà anche in
js>
un arricchimento spirituale.
X.
GioTOnnl Miegge: Pensieri sulla Provvidenza (Serieu Vita Spirituale) — Un opuscolo, pag. 46, L. 1,50 — Libreria Editrice
Claudiana - Torre Pelllce.
Il ritorno dall’esilio
1.
Gloria al Liberator! Al possente Signore,
Che il popol nostro anelo condusse ai
patrio suol!
Le Valli i figli lor accolgon con amore;
Cessato è il pianto, il rio dolore;
Dell’esilio crudel toito è il lungo duoli
Queste nostre belle Vallate - Lodin
sempre il lor Creator!
E ognora sieno popolate - Di veri servi del Signor!
Le Valli nostre seno popolate - Di
veri servi del Signor!
L’astro indorava già le più eccelse montagne,
AUor che, sul bel suolo prostrati, con
fervor,
I reduci Valdesi, entrando in lor campagne,
Inviaro ai figli, alle compagne
Questo canto che ornai indente vien dal
cor;
Queste, nostre belle Vallate...
3.
Gloria al Liberator! Gloria al Padre pietoso!
Qual gioia per le Valli vedere i figli
ancor!
Amiamole ora noi nel giorno radioso.
Come nel tempo doloroso
Gli avi nostri le amar, o vinti, o vtocitor!
Queste nostre belle Vallate...
(Versione di E, Revài).
LA MOSTRA PEBSONALB D’ARTB
del Pittqrs O. Calfcmo
nel Salone del Convitto Valdese rimane
aperta al pùbblico dalle ore 10 alle 11
e dalle ore 14 alle 17 fino al 6 febbraio.
. . .JOCIEIi’. DI STUDI WLDESI
L’ opuacolo^del XVII f^abbraio
L'opxisoolo che la^Società di Studi
Valdesi ha pubblicato in occasione del
XVII febbraio è ormai stampato. Esso
è stato redatto, com’è noto, dal prof. Arturo Pascal, sotto il titolo: La prigionia
dei Valdesi - Dol carcere di Lusema al
tragico birmo (1686-1687).
Siccome non è passibile spedirlo agli
Interessati, date le odierne condizioni, i
signori Pastori sono invitati a far ritirare al più presto alla Tipografia l’Alpina in Torre Pelllce il numero di copie da essi ordinate, versandone l’ammontare.
Come è stato fatto gli anni scorsi, la
Società offre gratuitamente una copia
idell’opuscolo a tutti i soci regolarmente
iscritti. Siccome la spedizione per posta non è possibile, i soci sono pregati
di ritirare presso la Tipografla l’Alpina
la copia loro spettante, versando eventualmente la quota sociale deiranno in
corso. La Presidenza.
Sesta lezione - 6 febbraio
L’ACCUSA AI FARISEI
Lettura: Matteo 23 - Imparare: vers. 8-12 Versetto centrale: vers. 12.
Dopo le discussioni private, l’accusa pubblica. Gesù parla alle turbe e ai suoi discepoli:. un grande discorso, che comprende una
parte introduttiva (v. 1-12), sull’orgoglio dei
Farisei, una parte centrale (v. 13-36), contenente le accuse propriamente dette, accompagnate dalla esclamazione: « Guai a voi ! »,
ripetuta sette volte, e ima chiusa (v. 37-39)
contenente il lamento sulla sorte di Gerusalemme. Con questo discorso Gesù rompe
apertamente con 1 suol avversari e precipita
gli avvenimenti verso la loro tragica conclusione.
I Farisei sono i capi religiosi più rispettati
del popolo. Mentre i sacerdoti stanno a Gerusalemme e hanno scarsi contatti col popolo, 1 Farisei sono sempre con la gente,
rappresentano la legge di Mosè In tutto II
suo rigore, nel loro insegnamepto, e godono
di una fama rispettàbile per la loro austerità. Ma questa è tutta di buona lega? I Farisei sono troppo affezionati alla loro fama
di superiorità. Non cosi devono essere i discepoli di Gesù. Essi non devono aspirare ad
avere delle posizioni di capi, anzi, chi vuol
essere da più degli altri li serva. Questo principio evangelico è II centro di tutto il discorso. Gesù indica quale deve essere lo
spirito dei capi della chiesa cristiana che sta
per sorgere; non dovranno essere gente piena di boria e sempre disposta a fare atto
di autorità, ma « servitori » che desiderano
soltanto aiutare gli altri conducendoll ai piedi dell’unico Signore e Maestro Gesù Cristo.
Le accuse che formano il corpo del discorso si possono tutte ricondurre a questa: vi
è una contraddizione profonda tra le parole
dei Farisei e le loro azioni. Non fanno quello che dicono. Sono dunque falsi, « ipocriti ».
Badiamo però a non abbandonarci ad un
sentimento di superiorità verso quei «farisei ipocriti ». Tutti sÌEuno più o meno esposti a questo pericolo. Quando abbiamo davanti a noi le esigenze altissime dell’Evangelo, poiché non siamo da tanto, viene spontaneo li desiderio di cercare dei piccoli sotterfugL E quanto più siamo severi e rigorosi nella nostra volontà di non cedere In
nulla davanti all’altezza dei comandamenti
divini, e di farli rispettare, tanto più slamo
esposti al segreto difetto di fìngere, talvolta
Inconsciamente una fedeltà che non abbiamo cosi completa, una perfezione dalla quale siamo ben lontani. I credenti più seri
sono anche i più esposti ad essere farisei.
Buona cosa è dare sempre il buon esempio;
ma è una triste cosa essere troppo persuasi
che si dà II buon esempio, peggio ancora
dare il buon esempio per farsi vedere. Quale
bambino buono non è qualche volta in questa situazione?
EVEUNA ed OSVALDO RICCA, profondamente commossi per le affettuose attestazioni di simpatìa ricevute durante la malottia e nella dolorosa circostanza della dipartita per la Patria celeste del loro Caro
Luigino
La Scuola Domenicale
esprimono la loro viva riconoscenza olle
Suore ed al personale dell’Ospedale Valdese,
ai compagni di degenza, al dott. A. Paltrinleri, oi postort Coluccl, Eynard e ’Tron, olle
famiglie Comba, Bivolra ed al piccolo Aldo,
ai doit. Giuseppe Farina e Carlo Picena, oi
proprii dipendenti ed a quanti — porcnti e
conoscenti — hanno preso parte al loro
grande dolore.
Torre Pelllce, 20 gennaio 1944.
Esperienze
Un missionario in terra d’Africa racconta:
«Non è sempre facile, con i nostri
piccoli negri, far lezione. Le immagini
che d sembrano perfettamente chiare,
sono per loro incomprensibili. Ieri, j>er
esempio, mi è sfuggita un’allusione ai
miracoli deUa radiofonia: alla voce umana che attraverso le distanze unisce
l’Africa all’Europa.
Un moretto ascoltò attentamente, apri
grandi i suoi occhi e dichiarò, gravemente:
« — Non ci credo, —
« Lo condussi vicino all’appaTecchio;
egli guardò, ascoltò, pai:
« — Non ci credo - ripetè - ...c’è un
trucco... —; dopo un minuto di silenzio:
— Forse sono gli spiriti del male. —
« E’ difficile spiegare i misteri della
radiofionia ai viecóli negri. Ma è più difficile spiegare i misteri del Regno di Dio
agli uomini bianchi.
« — E’ nato un Sdlvatore, per te; è
vissuto per te; ed è morto per te. —^
« — Non ci credo ! —
« Si, è vero, che delle vite sono trasformate, che delle esistenze travagliate
trovano la pace : è innegabile, ma..^
l'uomo bianco sorride scettico, dall’alto
della sua cultura e deila sua superiorità:
♦
«—.E’ un trucco... —
« Veramente egli non adopera una
parola cosi aspra; no, egli parla di autosuggestione, di atavismo, di sopravvivenze, ecc., ecc. La realtà però è che tra
lui e il piccolo negro rum c’è sostanzialmente una gran differenza; tutti e due
non credono, perchè non vedono e non
capiscono. Sono tutti e due da compiangere, e bisogna avére pazienza.
« Un giorno il piccolo negro comprenderà l’insegnamento dèi suo maestro.
Un giorno anche l’uomo bianco dovrà
fare la tragica esperienza delle realtà
ch’egli nega ».
Cronaca Valdese
BOBBIO PELLICE
LUSERNA SAN GIOVANNI
PRALI
Slamo lieti della buona frequenza al culti
del Natale e di Capodanno. Anche la festa
dei bambini ha avuto un esito felice grazie
alla valida collaborazione delle Insegnanti di
religione, cui va la nostra riconoscenza.
— I culti quartierali raccolgono un certo
numero di fratelli. Ci auguriamo che 1 messaggi possano renderci sempre più consapevoli della tragedia che ci circonda e deila
nostra responsabilità. Quello che conta è la
vita vi'sssuta nella Luce sapendo che Dio
giudica le nostre azioni, 1 nostri pensieri.
PRAMOLLO
I a produrre In essa sentimenti di serena ÙI ducia nel suo Salvatore, sentimenti che spes.y so essa ha avuto modo di manifestare a coloro che la circondavano mentre s’awiclna, va il termine della sua corsa terrena,
i Abbiamo avuto notizia della dipartenza
di un’altra nostra sorella, ,Ernestina Jahier,
a cui li Signore ha concesso' la grazia di chiamarla ad una vita migliore. A causa della
grave infermità che l’aveva colplta sin dalla
sua giovinezza, essa aveva trascorso quasi
tutta la sua vita lontana dalla famiglia. I
funerali ebbeiro luogo a S. Maurizio Canavese e furono presieduti dall’evangelista signor Scarlncl, che ringraziamo.'
Ad entrambe le famiglie 'Traveirs e Jahier'
rinnoviamo l’espressione della niwtra viva
simpatia cristiana.
— Domenica 8 febbraio, D. v., rappresentanti della Commissione Distrettuale saliranno a PramoUo per visitare la nostra
Chiesa. Tutto le iamlglie della parròcchia
hanno già ricevuto un’apposita lettera-circolare contenente il programma particolareggiato di questa visita. Si serva il Signore
anche di questo mezzo per li bene delle
anime ! '
Caterina Rostagnol e Anna Catalin ci hanno lasciato per la Patria celeste. La prima
viveva sola agli Eissart, ed è deceduta all’età di 81 anni. La seconda si è spenta al
Pidone dopo lunga malattia sopportata con
fermezza, all’età di 61 anni.
Ai congiunti la nostra fraterna simpatia.
— Un incontro della gioventù villarese e
di quella bobbiese ha avuto luogo domenica
16 corrente, alle ore 14.30. Tempio gremito.
Dopo la presentazione fatta dal pastore Jahier, Il pastore G. E. Meille legge alcune sue
composizioni seguite attentamente e con Interesse crescente sino alla fine. E’ stata
un’ora di godimento Intellettuale e di edificazione spirituale di cui siamo molto grati
al dott. Melile. A lui come al pastore Jahier
giunga ancora l’espressione delia nostra riconoscenza. R.
Sabato 22 gennaio ha avuto luogo il funerale della nostra sorella Eglantina Malan,
deceduta ai Malan in età, di 29 anni, dopo
lunga malattia.
Alla famiglia in lutto, la nostra sincera
simpatia.
— ASILO PER I VECCHI. Doni ricevuti :
N. N., L. 20 - N. N., 25 - Comune di Lùserna San Giovanni, contributo 1943, 1.000 C. Davit, 60 - Cassa Risparmio di Torino,
300 - Prof. Eugenio Jahier, 200 - Aldo Tourn,
40 - In memoria di C. Davit. il fratello, 50
- Ing. Vaciago, 300 - Giulia Malanot vedova
Puppo, in memoria del caro Aglio Ricuocio,
50 - Suor Emilia, 50 - Sara Potrai, 30 N. N., 30 - Leidheuser Gardiol, 50 - Fiori
in memoria di Michele Bonnet, fratello e
sorelle, 200.
Fiori in memoria di Michele Bonnet, fratello
e sorella:
Per OrfanotroAo Valdese di Torre
Pelllce L. 200,—
Per Rifugio Re Carlo Alberto di
Lusema San Giovanni » 200,—
Alcuni giorni or sono 11 Signore richiamava a Sé la nostra sorella Caterino Travers
ved. Travers, del quartiere del Boai. Le penose sofferenze che 11 Signore Tha aiutata
a sopportare cristianamente hanno contribuito a prepararla a lasciar« questa terra «d
RODORETTO
In occasione del culto del Natale abbiamo
j potuto annunciare 11 messaggio dell’Bvan
gelo a molti fratelli che da tempo non erano
presenti alle adunanze in Chiesa.
La festa dell’Albero è stata celebrata nel
quartiere delle Fontane e in chiesa per gli
altri quartieri. Ringraziamo le persone che
si sono adoperate per la buona riuscita della festicciola.
— Durante questi mesi abbiamo potuto celebrare 1 culti nei vari quartieri, sforzandoci
di approfondire alcuni elementi fondamentali della dottrina evangelica.
—■ Chiediamo al Signore che la fratellanza consideri con serietà le prove che affliggono tanti fratelli lontani mentre An’ora Dio
cì ha tenuti lontani da molti mali.
SAN GERMANO CHI SONE
Il 10 gennaio, ha terminato il suo terrestre pellegrinaggio spesse volte burrascoso,
in età di anni 80, Enrico Fuhrmann, da un
settennio membro della famiglia del Villino
Fede dell’Asilo dei Vecchi, dov’era giunto
colla sua consorte, decedutavi tre anni or
sono.
—■ Il 12 corrente una gran folla era raccolta ai Martinat i>er 11 servizio funebre di
Letizia Rohert in Comba, chiamata da Dio
a vita più alta a soli 42 anni, dopo lunghe
sofferenze. Di famiglia cattolica (anticamente valdese), ella aveva l’animo , aperto all’Evangelo e partecipava con gioia alla vita
della’ nostra parrocchia.
A tutta la famiglia e in special modo al
marito Lamy Comba e al Aglio colpiti da
tanta prova rinnoviamo l’espressione della
nostra profonda simpatia invocando su di
loro le consolazioni e l’aiuto dello Spirito
del Signore 1
— Domemlea 6 febbraio, ore 15.30, culto
per là gioventù.
TORINO
Dopo una lunga malattia, serenamente
sopportata, e dopo vari mesi di degenza all'Ospedale di Torre Pelllce, il 18 gennaio
chiudeva la sua breve giornata quaggiù 11
giovanetto Luigino Ricca, di anni 17.
Dall’animo mite, profondamente affettuoso verso l suol genitori e, pur nel tormento
della sofferenza, Aducioso nelle promesse del
Signore., Il caro Luigino lascia dietro di sé
un luminoso ricordo.
A Torre Pellice, il 20 gennaio, col concorso dei famAiari e degli amici commossi, hanno avuto luogo I funerali.
Ai genitori, cosi duramente provati nel
loro affetto più caro per la perdita dell’unico Aglluolo, va la nostra profonda simpatia,
nella beata speranza della vita eterna Iji Cristo Gesù.
rrrrfrrrrrrrwwrwrwwwTfwrvwwwjr
PROFESSORE impartisce domicilio lezioni
materie letterarie, offrasi come Istitutore
alunni scuole medie e gihnaslall — Rivolgersi Ravazzlnl - Via Angrogna, 60 - Torre
Pelllce.
SIGNORINA educata, praticissima cucina,
tutto fare, buona retribuzione, cercasi —
Presentarsi dalle 12 alle 14.30: Ciontnl Villa Appia - Viale Dante, 2.
FAMIGLIA SFOLLATA QUATTRO PERSONE CERCA URGENTEMENTE ALLOGGIO
V^UOTO OD AMMOBILIATO, DUE, TRE
LOCALI E CUCINA — COMPENSO PER
EVENTUALI UTILI INDICAZIONI — RIVOLGERSI BUZZOLAN - TORRE PELLICE - VIA ROMA, 9.
OEOiflE¥ltJlL
RENATO GARDIOL
PINiROLO.: .
Via Savoia* 2 • Tal. SS
S. aCKHANO CHIMONI f
Al mainilo dal yonordl.
STUDIO TECNICO •
Ooonioira
ERNESTO GARDIOL
Piazza Qiosuè Olanavello
TOARI »ILLICa
Prof. Oiso CoSTABïi,, Direttore responsal ile
ARTI QRAFICHB ” L’AUPINA- Tori# PiOUia
ili