1
ANNO LXXVII
> . ■'■>... ■ . .
I '
■ 4. - ■ •
¿fi"-''''
Torre Pellice, 14 Febbraio 1941-XIX
N.7
d
Ci
e
co
d
o
s
<
•S
Riguardate alla roccia onde foste tagllatil
(Isaia LI, 1)
S«»Mimaainiate d
Ch̫5
ABBONAMENTI
Italia e Impero .... Anno L. 15 - Semestre L. 8
Parrocchie del Primo Distretto . > , 12 — , ,7
Estero . . . . » 25 — » , 15
Nulla sia più forte della vostra fedel
(Gianavello)
j
Direttore : Prêt. OINO COSTABEI.
AMMINISTRAZIONE: Via Carlo Alberto, 1 bis - Torre Pkixice
REDAZIONE: Via Arnaud, 27 - TouiiK Peli.ice
Ogni camblameflto d’indirizzo costa una lira
Cent. 30 la copia
Rinuncia 1941
La « settimana di rinunzia » - cioè la
raccolta delle oblazioni volontarie in favore delle opere della Chiesa Valdese
da parte dei suoi membri ed amici - sta
per conchiudersi mentre si leggeranno
queste righe. Ne attendiamo con grande
fiducia l’esito, il quale non potrà non essere confortante.
La rinunzia 1941 sarà l’indice delle
forze « spirituali », e intenzionalmente
non dico « economiche », su cui la nostra
Chiesa può fare assegnamento nell’ora
più critica della prova. Il livello gradualmente raggiunto nel passato dovrà
essere e sarà nettamente superato questo
anno.
Mentre oggi la vita moltiplica per
tutti le rinunzie più o meno imposte,
questa rinunzia rimane perfettamente
libera; il Signore, che conosce i sentimenti più nascosti dei cuori, li muoverà e li guiderà ad atti generosi di sacrifizio: sacrifizio volontario e lieto.
Questo, e non altro, è il fondamento
di tutte le nostre speranze.
Bene organizzata nelle singole Comunità, la raccolta delle offerte trovasi in
pieno sviluppo; gl’isolati, fuori dalla
cerchia d’una Comunità, sanno che la
loro oblazione è attesa e sarà accolta con,
viva riconoscenza dall’Ufficio Centrale
della Tavola Valdese in Roma (Via IV
Novembre, 107).
Chiusa la settimana di rinunzia 1941,
ci riserviamo di ritornare sull’argomento
economico-spirituale, che è della più
vitale attualità.
Il Moderatore della Tavola Valdese:
ERNESTO COMBA.
XVII Febbraio
La tradizionale celebrazione valdese
del 17 febbraio trova quest’anno la nostra Chiesa, conformemente alla sua
più nobile tradizione di Chiesa Evangelica Italiana, raccolta in ispirito di
preghiera, di intercessione per una
sempre più abbondante effusione dei
doni dello Spirito del Signore sulla Patria diletta perchè siano sempre più una santa realtà le parole della Liturgia:
Benedici l’esercito e Tarmata per la
difesa e l’indipendenza della libertà ?
del buon diritto della Nazione. Salva e
proteggi il Re Imperatore, il Duce e
tutte le Autorità legittimamente costituite. Fa che l’Italia divenga sempre
più un fattore di progresso per tutti
quanti i popoli... »
La data cara a tutti i nostri cuori sarà ricordata con l’austerità che si conviene a quanti sentono la grandezza delle ore che viviamo, con l’intima consapevolezza che i Valdesi di oggi sono
quelli di sempre. '
Ricordate.
Durante la prima guerra d’indipendenza, dopo una battaglia, ad un vecchio valdese che era senza notizie del figlio, fu detto, a guisa di consolazione:
— « Forse egli sarà riuscito a trovar ü
modo di non prender parte alla battaglia, e voi lo rivedrete ».
« Ah, questo no; sarebbe stato per lui
úna viltà; cerio egli è caduto con gli altri e se Dio lo vuole, sia fatta la sua volontà ».
Con questo spirito penseranno il 17
febbraio tutte le nostre parrocchie, ai
loro figli che su tutti i fronti combattono
per la grandezza della Patria; e la storia dei Padri alla quale abbiamo consacrato in modo particolare questo numero, rivivrà nei cuori per l’opera dei
figli- Dir.
sz..
■<Se il mio popolo, sul quale è
invocato il mio nome, si umilia,
prega, cerca la mia faccia e si
converte dalle sue vie malvage,
10 lo esaudirò dal cielo, gli perdonerò i suoi peccati, e guarirò
11 suo paese ».
2 Cron. 7: 4.
Se la mia Chiesa si umilia, cioè si
guarda alla luce di Dio per vedersi quaTè, come i suoi padri, per cui l’umiliazione si esprimeva in un rito concreto, il
digiuno, osservato nelle pubbliche calamità, dinanzi ai pericoli, nell’imminenza
della lotta ó dopo una catastrofe...
Se la mia Chiesa prega, cioè riconosce
la sua dipendenza da Dio, l’accetta ed
aspetta ogni cosa dalla grazia di lui, come i suoi padri per i quali la preghiera
ebbe una larga parte nelle manifestazioni della loro vita religiosa collettiva,
fu preparazione alla lotta e fu essa stessa una lotta più efficace di quella impegnata da eserciti agguerriti...
Se la mia Chiesa cerca la mia faccia,
cioè la mia volontà per conformarvisi e
la mia approvazione per operare, come
i suoi padri, i quali ben sapevano che la
faccia dell’Eterno non ha perso di vista
il nostro pianeta nè il minimo dei mortali e che splende su di noi più luminosa
del sole quando rifulge in tutto il suo
splendore...
Se, in una parola, il mio popolo si
converte dalla sua malvagità...
Io lo esaudirò dal cielo. Tali esaudimenti sono da registrare in ogni pagina
della storia della nostra Chiesa. Quando
per esempio, i nostri padri, furono disseminati nel mondo in seguito al grande
Esilio, pareva che dovessero essere assorbiti dalle masse che li circondavano
e scomparire come chiesa, avente una
propria fisionomia. Ma i loro pensieri
eran volti del continuo verso le natie
montagne; le loro supplicazioni non cessarono di salire al cielo e dal cielo venne
l’esaudimento. Suonò l’ora del Rimpatrio e dal Remano al Moncenisio, a Salabertrano, a Balsiglia, a Sibaud Dio
guidò i nostri padri e li rese più che vin^
citorì.
Dal cielo, donde dirige gli eventi della
storia, Dio ode ed esaudisce i suoi figliuoli. Le nostre invocazioni non sono
sterili perchè il cielo non è vuoto ed abbiamo la certezza che, mediante la sua
azione provvidenziale, Dio dirige ogni
cosa per il bene di quelli che lo amano.
Io gli perdonerò i suoi peccati. I nostri Padri erano peccatori, come noi. Esaltiamo le loro virtù ma non dobbiamo
dimenticare che sono stati liberati e salvati sempre e soltanto per la grazia di
Dio. Anch essi hanno messo a dura
prova la pazienza del Signore, anch’essi erano uomini le cui colpe dovevano
essere perdonate. Ed è da questo perdono che il credente trae la forza di operare e di lottare. Il senso del perdono
dà la serenità e la fiducia, rinnova le
forze morali che han sempre contato più
delle forze materiali, fa dell’uomo un
navigante e non un naufrago delTeslstenza.
Io guarirò il suo paese. Quante volte
^le nostre Valli sono state m,alate, perchè
sconvolte da forze naturali o desolate
da epidemie o saccheggiate da nemici.
Quando le inondazioni avevano rovinato
campagne e villaggi o quando le case
erano incendiate e i templi demoliti e
i Vigneti sradicati e gli alberi abbattuti
e il" bestiame predato, quando la peste
aveva seminato la mortalità nelle Valli,
si poteva pensare alla fine della vita nel
paese. Ma Dio vegliava,, Dio guariva il
paese, si ricostruivano i villaggi e le nostre Valli tornavano a rivivere, a rifiorire, a ripopolarsi, a riecheggiare dei canti d’un popolo che nulla domandava se
non la libertà di lavorare e di servire il
Signore. ,
La nostra Chiesa ha vissuto delle
promesse del Signore e vivrà finché risponderà alle condizioni poste da Dio
per l’esaudimento delle sue promesse.
Perchè la commemorazione del XVII
abbia un valore religioso occorre che sia
fatta con spirito di umiliazione e di preghiera. Non si tratta tanto di esultare
per quello che altri hanno fatto quanto
di umiliarci per quello che non facciam,o.
«Non pensate di dire: abbiamo Àbramo per padre» poiché «soltanto quelli
che hanno la fede son figliuoli di Abramo », quella fede che è il solo vincolo che ci unisce gli uni agli altri e
della quale Gianavello diceva: « Nulla
sia più forte di essa ». ALB. R.
'h
9iìp >«f
iza
I Valdesi sentii la
» V',
del conte GuglieL^o di ^J^stenberg
- Il 26 ottobre 1537 le truppe francesi
calate in Piemonte, sotto la condotta del
Connestabile Anna di Montmoréncy,
per disputare agli Imperiali il possesso
del ducato di Milano rimasto vacante alla morte di Francesco II Sforza,^ riportavano a Susa una vittoria sulle truppe
nemiche. Il merito del successo francese
spettava principalmente ad un giovane
ed animoso capitano tedesco il conte
Guglielmo di Furstenberg, così detto da
un castello in terra di Badén, ü quale
travolse l’accanita resistenza nemica
lanciandosi nella mischia alla testa di
una falange di 10.000 lanzichenecchi.
In riconoscimento del suo valore il
Conte ottenne dal Re di Francia l’investitura e il reddito delle Valli del Pellice e del Chisone (8 novembre). Ma i suoi
uffici di comandante e gl’incalzanti avvenimenti della guerra gl’impedirono
di prendere effettivo possesso delle terre e di insediarvi il proprio governo.
A sostituirlo, durante la sua assenza, il
Conte ottenne che, per decreto regio,
fossero riconosciuti il capitano Gautiero
Farei, fratello del celebre riformatore,
ch’egli aveva assunto al sùo servizio come segretario fin dall’anno 1535, e il
capitano Arnous, ch’egli aveva lasciato in Piemonte a capo di una
parte delle sue truppe (marzo 1538).
Così, mentre il Furstenberg attendeva oltralpe a nuove leve di lanzichenecchi e seguiva la Corte, come scorta d’onore, nel suo continuo spostarsi,
prima a Còte Saint-André, poi a Nizza
dove, per mediazione del Papa Paolo
III, il Re e l’Imperatore si abboccavano
in uno sterile convegno di pace, il Farei, preso possesso delie Valli a nome
del conte e con pieni poteri, riceveva
il giuramento di fedeltà degli abitanti,
puniva con la confisca dei beni e delle
persone i fautori del precedente governo, rendeva giustizia e provvedeva con
nuove ordinanze al benessere ed dia
sicurezza delle popolazioni a lui affidate.
La tradizione gli attribuisce, oltre alTufficio di comandante, anche quello di
predicatore. Entrato un giorno di festa
nella chiesa cattolica dì S. Lorenzo, in
Val d’Angrogna, vestito delle sue armi
e delle insegne del suo grado, invitò
il vecchio curato, ignaro di polemica, a
discutere con lui intorno ad alcuni punti della fede e della Messa; e tanto fece
che il suo avversario, mésso in imbarazzo e fatto oggetto delle risa dei presenti,
fu costretto ad uscire dalla chiesa: dopo di che il Farei sali sul pulpito e si
mise a proclamare apertam,énte le nuove dottrine.
Da quel giorno il culto cattolico
fu mom.entaneamente soppresso nella
Valle.
Non meno energico si mostrò contro i
Conti di Luserna, ì quali nel loro castello della Torre tenevano prigioni parecchi valdesi e ministri riformati e, come
signori della valle, cercavano di contrastare alla sua giurisdizione. Messosi alla testa di una schiera dì animosi, assalì
il castello, liberò i prigioni e costrinse i
Signori alla fuga: poi, accusandoli, a
torto o a ragione, di favorire la parte
imperiale, li condannò alla confisca dei
beni. Con l’allontanamento dei Rorengo, il Farei ebbe modo di esercitare in
piena libertà i suoi uffici di governatore, di giudice e di capitano e di dare
in pari tempo nuovo impulso alla Riforma.
Ma l’operato del Farei spiacque al governatore francese di Torino, Renato di
Montejean. Il quale, non solo non volle
interinare le lettere di nomina del Farei,
ma, profittando dell’assenza del Conte
di Furstenberg e di Farei stesso, nell’agosto o settembre del 1538, assalì improvvisamente le Valli, mise a ferro e
a fuoco le case degli eretici, confiscò
beni e danari e commise orribili sevizie. Come pretesto della vendetta il
Montejean adduceva le « empie sedezioni degli abitanti contro Dio e contro
il Re » : ma pare che alla persecuzione
non fossero estranee nè l’invidia del Governatore verso il Conte, allora favorito
dalla Corte dì Francia, nè le mene dei
Lusema, desiderosi di ricuperare il perduto dominio, nè le macchinazioni del
Montmorency, che da amico del Conte
gli si era fatto nemico, nè la necessità
stessa di rifocillare con qualche saccheggio le soldatesche francesi che perivano di fame ed accennavano à rivoltarsi.
L’inspirata e crudele vendetta del
2
P?-
fe •
■' •• . •\..:í^',....................................................................
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
ì.'
Montejean ebbe un’eco imnaediata al di
là delle Alpu
Appena informato dei fatti, Gautiero
Farei che allora trovavasi ’in Svizzera,
sì affrettò a partire per Strasburgo, allo
scopo di abboccarsi col Conte di Furstenberg e di implorarne l’autorevole
intervento. Passando per Berna si fece
dare da quelle autorità politiche ed ecclesiastiche speciali lettere di raccomandazione per le autorità dì Basileà, di
Strasburgo e per il Conte stesso.
Intanto i Valdesi, sempre più inquieti
del loro destino, invocavano aiuto anche
dalle autorità di Ginevra, narrando le
sevìzie alle quali erano sottoposti e pregando il loro antico ministro Antonio
Saunier di prendere a cuore la loro sorte. Lo supplicavano di recarsi personalmente a Berna e a Strasburgo per sollecitare l’interessamento dei Cantoni, dei
Principi tedeschi e dei più autorevoli riformatori.
Il Saunier aderì volentieri all’invito e
partì. Giunse a Strasburgo verso i primi
di ottobre, e, alla presenza dei magistrati, dei ministri e di Calvino stesso,
espose lo scopo della sua missione. Ma
i ministri, prima di promettere il loro aiuto, vollero conoscere la professione di
fede dei Valdesi; e, sebbene il Saunier
protestasse che essi avevano la sua medesima dottrina, perchè egli stesso li aveva istruiti, vollero che Calvino mettesse per iscritto la loro confessione di
fede. Avandola approvata, l’assemblea
decise di favorire con ogni mezzo la causa dei Valdesi. Calvino ne scrisse a Guglielmo Farei; questi, a sua volta, al Viret e al Grinaeus, perchè interessassero
il maggior numero di città e di Principi
protestanti.
Ma le pratiche andarono assai più per
le lunghe di quanto si fosse sperato. I
Valdesi tornarono a supplicare le chiese
svizzere, e un’altra volta il Saunier (20
dicembre 1538) riprendeva la via di
Strasburgo, dopo essersi abboccato a
Neuchâtel (15 gennaio 1539) col collega
Guglielmo Farei. Gli erano questa volta
compagni di viaggio due delegati vaidesi. Calvino, come la prim.a volta, accolse benevolmente il Saunier, pagò le
spese di viaggio ai deputati valdesi e
promise il suo vivo interessamento. Ma
poiché il Concilio delle città protestanti,
davanti al quale si sarebbe potuto efficacemente portare la causa dei Valdesi,
si era chiuso pochi giorni prima ad Esslingen, fu necessario aspettare che si
radunasse il nuovo Concilio, indetto per
l’8 febbraio, ma procrastinato per vari
motivi, sino al mese di marzo. Calvino
vi si recò in persona e di persona trattò
la nobile causa dei Valdesi dinanzi ai
Principi e ai deputati delle città protestanti. Le sue autorevoli parole e la
fermezza dei suoi propositi trionfarono
delle discordie e degli scrupoli polìtici dei Principi protestanti, i quali il
19 aprile scrissero al Re di Francia una
nobile lettera per sollecitare la sua protezione a favore dei Valdesi.
Non meno sollecito ad intervenire fu
il Conte di Furstenberg. Tornato alla
Corte, protestò energicamente per le sevizie commesse contro i suoi sudditi, accusando apertamente il Connestabile di
aver istigata la persecuzione e il Monte] ean di averla eseguita con slealtà e
con ferocia.
Il linguaggio nobile, ma forse troono
violento, offese il Montmorency e il
Montejean; il primo rispose calunniando
il Furstenberg presso la Corte e costringendolo, caduto in disgrazia del;
Re, a chiedere poco dopo il suo congedo: il Conte con un’altra di uguale violenza.
Lo accusava infatti di «mentire falsamente e malvagiamente per la gola» sostenendo la sua lealtà riguardo ai patti
stabiliti fra loro e legittimando le sue
crudeltà col pretesto di una giusta punizione a chi aveva osatjo commettere
«empie sedizioni contro a Dio e contro
al Re». Il Furstenberg non si diè per
vìnto, e, risoluto a sostenere le ragioni
Vicende di Inserna nei quadro della storia Valdese
IL CONVENTO DI SAN FRANCESCO.
V’è in Luserna una costruzione molto interessante, che risale
al periodo più tormentato della Storia Valdese e lo ricorda nel
modo più efficace: è il convento di San Francesco. E’ del 1636. Per
quanto ormai sia ridotto a modesta casa colonica, conserva ancora
le linee essenziali dell’antico edificio. Sorge a mezzogiorno del
borgo, oltre il giardino del palazzo dei Luserna, in fondo ad un vasto cortile erboso. A sinistra è la vecchia chiesetta, ora malamente
adattata a fienile: sulla facciata, deturpata dai sostegni d’una tettoia agreste, si ritrovano le tracce dell’arco della porta, sormontato
da una finestra ad archetti gotici. Dietro è aggiunto un ampio locale a volta, sostenuto da due robuste colonne in pietra: era probabilmente la scuola. Di qui si stacca ad angolo retto l’antico convento, le cui linee s intravedono Sotto i successivi rifacimenti: una
lunga costruzione ad un piano, dal tetto spiovente, in cui, come
informano i cronisti, si trovavano sei camere pei frati, altre pei forestieri e pei servizi, una infine riservata, come pio ritiro, al marchese Manfredi d’Angrogna-Luserna, patrono del convento. Sull’angolo, fra chiesa e convento, sorge ancora il campanile quadrangolare, in mattoni, ornato in alto da un cerchio di finestruole
gotiche, e sul prato l’antico pozzo, coperto jda una rustica tettoia
spiovente. In quel quadro vetusto, l’attenta fantasìa può facilmente rievocare i drammatici eventi del secolo XVII, di cui è
♦edele silenzioso testimone, intorno all’intensa attività dei frati
missionari.
presa del loro lavoro. E questa inaugurazione fu resa più illustre
dall adesione esprèssa di due potenti personalità, che nobilitano
ancora i modesti silenzi dell’edificio: quella del signore feudale,
Erano francescani riformati, che il popolo chiama cappuccini.
Serano stabiliti a Luserna nel 1627, in una casa d’affitto sulla
piazza del borgo, insistentem.ente invitati e .fraternamente accolti
dal famoso priore Marco Aurelio Rorengo, dei conti di Luserna,
col preciso scopo di combattere e soffocare, la fede valdese. Avevano subito iniziata una fervida attività di propaganda. I risultati erano stati molto scarsi. Comunque, essi, per rendere l’opera
più stabile ed organica, aveano deciso, auspice il Rorengo, di ccstituire un vero e proprio convento.
E’ del 24 novembre 1635 il contratto d’acquisto d’una casa
circondata da un vasto giardino, di proprietà del conte Giovanni
Francesco Bigliore di Luserna. La casa era detta del Pino, col
cui nome il convento fu poi popolarmente designato. Nei primi
mesi dell’anno seguente, eseguite le necessarie costruzioni e riparazioni, i frati inaugurarono il nuovo convento con un’intensa ri
Filippo Manfredi di Luserna, il primo marchese d’Angrogna; e
quella della stessa duchessa Maria Cristina, la famosa Madama
Reale, che volle dimostrare direttamente il suo caldo interessamento per la loro opera.
Circa la loro attività cosi riferisce, in un interessante documento
del 1636, il loro diretto superiore, padre Teodoro Belvedere, prefetto apostolico delle Missioni di Luserna: « Tengono scole; predtòano, estendendosi per i luoghi vicini e lontani, e per ogni luogo
pigliano 1 opportunità di disputare coi Ministri eretici, e di discorrere della fede con tutti, uomini e donne,, convertendosi di essi,
secondo che Iddio ispira, quando più e quando meno. Specialmente la Missione è di singular profitto per impedire i Cattolici,
tanto secolari, quanto regolari, ì quali, o da travagli disperati, o
da vizi accecati, intentano in tali parti apostatare ». A queste attività d’istruzione e di propaganda s’aggiungevano quelle dell’ajsistenza. Essendo largamente forniti di grano, dì vino, d’altre vettovaglie - fra i vari benefattori, il duca Vittorio Amedeo forniva
loro annualmente cento sacchi di grano, venticinque carri di vino,
altre provviste ancora - ne facevano ampie distribuzioni ai Vaidesi più miseri, i quali, attirati con tali mezzi, accorrevano al convento e ne subivano l’influenza religiosa. Di più v’era istituito
una specie di Monte di pietà; narra il Léger che agli agricoltori
bisognosi, specialmente valdesi, venivano prestati ad interesse,
grano, stoffe, anche denaro; alla scadenza il debito era esatto con
Inesorabile rigore; se però il debitore abiurava non soltanto era
interamente condonato dalle gravi pene del sequestro e della
prigione che gli spettavano, ma in più riceveva larghi doni ed
esenzioni; ed il Léger malinconicamente ricorda le molte inquietudini e difficoltà che questo Monte di pietà gli aveva, come pastore, procurate.
Ma 1 opera a cui »-frati missionari si diedero con maggiore applicazione e più caldo fervore, fu quella della polemica religiosa coi
ministri valdesi. V’erano allora nella valle del Pellice alcuni pastori di profonda e vasta cultura, di spirito coraggioso ed arguto,
di facile eloquenza, Pietro Gilles, Valerio Gros, Antonio e Giovanni Léger, i quali godevano d’una straordinaria autorità fra i
Valdesi, non soltanto come loro conduttori spirituali ma come consiglieri ed ispiratori e capi per tutte le manifestazioni della vita
sue e dei suoi sudditi contro l’intolleranza del Governatore, gli mandò, secondo gli usi del tempo - un cartello di
sfida. Ma il Montejean, che già il 19 settembre era a letto gravemente malato,
morì prima di ricevere la sfida, troncando così l’incresciosò dibattito.
Ma se la scomparsa del Montejean liberava i Valdesi da un fiero persecutore, il ritiro in Germania del Conte di
Furstenberg, seguito pochi mesi dopo,
li privava dì un protettore altrettanto
zelante e coraggioso. La ìoro sorte,
mentre intorno infieriva la persecuzione, poteva diventare più precaria dì
prima: ma Iddio permise che al Montejean succedessero, come governatoli
.e comandanti in nome del Re di Francia, l’Annebaut, il Du Bellay, il Thermos e il Menfì, assai più umani e tolleranti, sotto i quali le Valli godettero
di una insperata pace e di una sufficiente libertà religiosa.
A. PASCAL.
PERSONALIA
Il cav. Federico Avondetto, distinto
funzionario delle FF. SS., è stato recentemente collocato a riposo.
Ci rallegriamo col cav. Avondetto
per la sua lunga ed attiva carriera coronata ora da un meritato riposo; già
sappiamo che il valoroso decano del
nostro Concistoro dedicherà una parte
notevole del suo tempo e delle sue energie all’amministrazione della nostra
Comunità di Torino che gli esprime
fin d’ora la sua viva riconoscenza.
— Il comm,. Augusto Bonnet, che
regge la Questura della Provincia di
Asti, è stato promosso al grado di Questore di prima classe. Al distinto funzionario giungano i vivi rallegramenti
dei suoi correligionari. e. e.
— Esprimiamo la nostra viva simpatia cristiana al prof. Paolo Paschetto
ed ai parenti tutti per la dipartita della
Signora Luigia Oggioni vedova Paschetto che si è addormentata nel Signore, all’età di 89 anni.
Doni riceYuti dal Cassiere della
TaYola Valdese per Istituzioni Yarie
dal 1 Luglio 1940 al 31 Gennaio 1941
Per Orfanotrofio di Pomaretto:
Scuolà domenic. di Catania L.
S. M., Palermo »
Scuola dom. S. Germano Ch. »
Cav. B. Monnet »
Subilia Davide e Signora
Villar Porosa »
Paolo Avondet, Bauciaria, in
memoria della moglie Olga
Bounous »
G. A. Comba »
E. Peyrot e famiglia, Orgere,
in memoria del Padre »
Riconoscente al Signore »
Enrico Tron, Torino »
Adolfo e Lidia Com,ba »
La Famiglia, in memoria dì
Enrico Godine, Prarostino »
Maria Ribet, Torre Pellice »
M. Larco, La Maddalena »
Maria Carnevali, Roma »
Per Orfanotrofio di Torre Pellice:
In memoria di Eugenio De
Carlo, la figlia Zemira L.
Id., il nipotino Mario Petrosillo »
E. Peyrot e famiglia, Orgere,
in memoria del Padre »
M. Larco, La Maddalena »
Unione Femminile, Villasecca »
La Famiglia, in memoria di Enrico Godine, Prarostino »
Louis Jourdan »
Teresa Fiori, Aosta, in memoria G. B. Fiori » 50j.
Olivet Memorial Church (A.
Hugon) New York
50,
100,
50,
10
25,
10,
100,—
20,
100,—
100,—
50,—
10,
25,
30,—
10,—
50,—
10,
20,
40.
10,—
10,
100,—
Francesco Immovilli
Per Convitto di Torre Pellice:
M. Larco, La Maddalena L.
1500,
25,
40,
(Segue).
F. U. V.
Domenica 23 corrente, alle ore 15.15,
avrà luogo a Torre Pellice un Convegno Generale della Gioventù delle Valli. Ulteriori schiarimenti saranno dati
nel prossimo numero.
Z.KOHAZA V/lLbESE
ANGROGNA. Dopo quindici giorni di
più acuta malattia è stato ritirato in alto Giovanni Rivoira, della Roccia. Non
gli era stata concessa la gioia dì figliuoli
suoi, ma quelli ch’egli ha allevati ih unione alla sua fedele compagna, lo hanno circondato di vivissimo affetto è di
grande consolazione. E non meno preziosa gli è stata l’assistenza spirituale e
materiale degli ultimi giorni prodigatagli dalla cognata Suor Margherita Jourdan. Quanto è bello e buono di esser uniti nel Signore nella gioia e nel dolore.
Appena una settimana più tardi, dopo tre lunghi anni di paralisi, è deceduta
più che ottantenne Margherita Benech,
nata Subilia, del Pouise. Essa ha avuto
una numerosa famiglia e ben otto figli
e figlie erano accorsi al suo cappezzale,
e ne hanno accompagnato al cimitero le
spoglie mortali, mentre il marito era costretto aU’ìmmobilità da grave malattia
A tutti gli afflitti è stata data, da parenti ed amici numerosissimi, una sentita dimostrazione dì simpatia. E nelle
promesse divine essi troveranno in quest’ora, rinsegnamento, l’esortazione ed
il conforto di cui l’anima loro sente,
particolarmente profondo, il bisogno.
BOBBIO PELLICE. In seguito a disgrazia è deceduto all’Arbaud Mario
Charbonnier, di due anni.
Il 6 corrente abbiamo accompagnato
al cimitero i resti mortali di Alessandrina Tourn-Rostan, di Torre Pellice.
Alle famiglie colpite dal lutto l’espressióne della nostra simpatia cristiana. R.
GINEVRA. Mercoledì 5 febbraio il
Signore richiamava a sè nella tarda età
di anni 82, un valdese di vecchio stampo,
il sig. Giacomo Pasquet, di San Secondo.
Il defunto si era recato da giovane a
Ginevra, dove aveva trascorso una vita
onesta ed operosa esercitando il mestiere dì «fontainier », specializzato nella
ricerca e nella sistemazione delle sorgenti d’acqua.
3
'
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
civile. Contro costoro s’appuntava naturalmente l’azione polemica
dei frati, azione ora cortese ora aspra ed irruente. Il convento di
San Francesco ne divenne una vera fucina di preparazione e di
organizzazione.
Là, nelle ore di requie, si preparavano le armi per la lotta
Erano pubblicazioni di varia mole e di vario valore, con cui .si
esaltava il valore dei dogmi cattolici e si combattevano i principi
valdesi, le « Lettere Apologetiche », la « Turris contra Damnscum », la « Lucèrna della Christiana Verità, per conoscere la vera
Chiesa e la falsa pretesa Riformata », stampata quest’ultima appunto nel 1636. Il padre Teodoro Belvedere ed il priore Rorengo
ne erano i dotti ispiratori. I frati le raccoglievano, ed andavano
distribuendole fra cattolici e valdesi, e le studiavano, e ne traevano
gli argomenti pei loro discorsi. I pastori valdesi naturalmente rispondevano a tono, con discorsi e stampati.
La forma però più frequente e più clamorosa della lotta era
quella della discussione pubblica. Le cronache del tempo, le storie del Gilles, del Léger, del Rorengo ne sono piene. I frati partivano dal convento in gruppo,, intorno al loro oratore, seguiti dai
pochi fedeli; si ritrovavano coi pastori nei Templi valdesi, in sale
0 cortili privati, in residenze dei Conti. Vi convenivano le autorità
dei due culti, le folle dei valligiani. Si nominavano presidente e segretari. Si ponevano argomenti vivacemente controversi: l’autorità
della Bibbia, della Chiesa, del Pontefice; l’intercessione della
Madonna e dei Santi; il valore del Purgatorio, delle preghiere i ei
defunti. Si discuteva per ore ed ore: lunghe esposizioni, calde
perorazioni, aspre confutazioni, violente obbiezioni, botte e risposte. Le folle ascoltavano in silenzio; folle straordinarie d’alpigiani pensosi, che consideravano quelle quistioni teologiche ■ ome elementi vitali; e non solo ne comprendevano il significato
ma ne seguivano lo svolgimento con appassionato interesse, e^
Epnmevano con fervidi riscatti la propria opinione, fremevano,
ondeggiavano, ribollivano di emozioni violente. Le discussioni coninuavano fino a tarda notte, si sperdevano nel buio senza possiDiiita di conclusione.
Talora esse scoppiavano improvvise, in incontri fortuiti. Narra
1 i_eger che, recandosi a Luserna il venerdì, giorno di mercato
™ in^ontrarZ
g uppi dei parrocchiani convenuti pei loro affari, più volte fu accostato dall’uno o l’altro frate missionario, un ¿adre Angela un
padre ^tonio, e fermato, ed apostrofato sul Laverò Snella
____d-scussione polemica s’avviava a sbaiai; dapprima calma
e cortese; e via via si eccitava, si riscaldava, s’inaspriva; la folla
dimenticava il mercato, si raccoglieva intorno ai contendenti, partecipava alla loro passione. La scena si protraeva per molte ore,
Un’ultim,a volta il Lèger s’accorse che l’ambiente, reso aspro
dallo stimolo del contrasto religioso, tendeva a divenire carico di
pericoli. Vi fu chi lo minacciò direttamente di violenze. Non osò
più avventurarsi in Luserna se non scortato da amici.
Nel 1646 il priore Rorengo, tornato da un temporaneo incarico
in altra sede, portò ai frati del convento un altro più difficile ordine: quello di stabilire il culto cattolico nei centri valdesi, come
Angrogna e Bobbio, ove da tempo immemorabile non era più stato
celebrato. Aveva ricevuto questa precisa disposizione dalla potente Congregazione torinese de propaganda fide, di cui era divenuto parte importante. Eccolo dunque al convento, ad intendersi"
coi frati per riprendere quel tentativo già infelicemente naufragato nel 1628. L’intesa fu facile e pronta. Alla fine di dicembre
gruppi di frati partirono, in spedizione di conquista, verso le alte
Valli, guidati dal Rorengo, scortati da ufficiali é soldati della
guarnigione del borgo, decisi ad imporre agli alpigiani valdesi la
loro volontà. Inutilm,ente. Trovarono di nuovo un irriducibile resistenza. A Bobbio non fu possibile trovare pei frati il più modesto alloggio. Al Villar, celebrata la messa il giorno di Natale in
un locale sconquassato fra i ruderi del palazzotto di Casapiana,
non si trovò nessun mezzo per alloggiarli. Soltanto alcuni anni più
tardi, riattati in parte quei ruderi, vi si stabili il piccolo convento
che fu poi drammaticamente bruciato nel 1653. Ad Angrona fu
peggio. Il Rorengo era riuscito ad ottenere in vendita da un certo
Pietro Besson una casetta. Qui sali il solito gruppo dei frati, il 27
dicembre. Ma trovò nella popolazione tanto eloquenti manifestazioni d’ostilità, che si ritirò la sera stessa senza aver nulla concluso. Nella notte una frotta di vigorosi e risoluti angrognini mise
fuoco alla casa del Besson, poi scese in armi a Luserna, e davanti
al palazzo dei Signori dimostrò un’attitudine tanto minacciosa, che
il marchese Filippo Manfredi persuase senz’altro i frati a mettere
per allora in tacere il proponimento.
rocchi. Insistiamo ancora presso le famiglie per avere sempre con la massima sollecitudine gli indirizzi aggiornati dei nostri cari figliuoli lontani.
A tutti i nostri soldati che sentiremo
particolarmente vicini a noi, in occasione delle prossime celebraziom del 17
febÌDjaio, mandiamo anche per mezzo
dell’Eco, il nostro fervido augurio: Iddio vi guardi e sia sempre la vostra
forza. -•
j’
Canti per la sera
I.
Predicazione, assistenza, polemica, propaganda, penetrazione, tutto inutile. L’opera del convento di San Francesco risultava vana. I Valdesi non cedevano. Per vincere la loro ostinata resistenza, non restava più che la forza. E si ricorse alla forza.
Tradozlone del N“223 dl“PsaBmesBtCantlques„ (ed. 1926)
1.
Le stelle in cielo - Brillano già;
Stende il suo velo - L’oscurità.
Tutto è riposo - Ma il tuo fulgor,
Padre pietoso - M’a\"volge ancor. '
2.
Questa giornata - Che già si muor,
L’ho consacrata - A Te, Signor.
Tua man mi regge, - Non vo’ temer ;
Della tua legge - Seguo il sentier.
3.
Fin che l’aurora - Non spunterà,
Tienmi Tu ancora - In securtà.
E fin che il volo - Sciolga vèr Te,
Gesù, Tu solo - Sarai mio Re.
n.
Idem N° 225
1.
(Continua).
ATTILIO JALLA.
Per lunghi anni aveva fatto parte della Società dei Valdesi di Ginevra, dì cui
era il decano, e non mancava una occasione di ritrovarsi coi suoi conterranei
per la celebrazione delle feste commemorative della Emancipazione e dal
Rimpatrio.
Carattere semplice, scrupoloso e retto,
rappresentava bene all’estero il tipo
valdese dell’antico stampo, attaccato
fermamente alle Valli natie.
Nella sua casa di San Secondo egli
volle tornare negli ultimi anni della sua
vita laboriosa, e quivi lo colse l’appello
del Signore a salire più in alto,, e a godere nella letizia « che rinviensi solo in
del ».
Al figlio sig. Emilio Pasquet - uno dei
capi dell’importante ufficio Cramer et
Wagnière e vice presidente della Società dei Valdesi di questa città - a cui
le circostanze non hanno concesso di rivedere l’amato genitore, vadano le sincere condoglianze della intiera colonia
Valdese ginevrina, che serberà a lungo
il ricordo affettuoso del venerato suo padre.
PINEROLO. Il pastore dott. Oreste
Peyronel, membro del Comitato di
Gruppo delle Unioni Giovanili ha visitato, nella sera di sabato 1 corr. le nostre 2 Unioni: di Pinerolo e di San Secondo riunite e ha presieduto il culto
principale la domenica successiva. Gli
rinnoviamo ì ringraziamenti della Chiesa per la sua gradita visita e pel suo
messaggio cristiano.
— Nel pomeriggio di martedì 4 corr.
ebbero luogo i funerali del maresciallo
maggiore dei RR. CC. Enrico Bosio, oriundo di Pramollo, deceduto improvvisamente a Ulzio nell’adempimento del
suo dovere di soldato, in età di soli 48
anni. Le sue spoglie mortali furono trasportate a Pinerolo dove egli aveva da
alcuni mesi fissata la sua residenza. Alla
vedova sig.ra Emma Collatuzzo, tuttora
gravemente ammalata, esprimiamo ì
nostri migliori voti dì guarigione. A lei
e a tutti coloro che piangono la dipartita del nostro fratello giungano le nostre più vive condoglianze.
— Alla distanza di soli due giorni,
giovedì 6 corrente, abbiamo dovuto accompagnare aU’estrema dimora terrena
la salma di Giacomo Pasquet, deceduto
alle Combe di San Secondo, nella tarda
età di anni 81. Il nostro fratello, sostenuto dalla fede, si spense serenamente
presso il nipote Paolo Gardiol, che da
alcuni anni, prendeva amorosamente
cura di lui. Giunga l’espressione della
nostra commossa simpatia cristiana ai
famigliari e in modo particolare al figlio del defunto, sig. Emilio Pasquet,
della Colonia Valdese di Ginevra, il
quale, unitamente al dott. Benech, con
tanto amore si adoprò per l’ottima riuscita del Pellegrinaggio Valdese nell’agosto 1939 a Ginevra e a Prangins.
TORINO. Il 31 gennaio si spegneva
serenamente, dopo lunghe sofferenze,
Emilio Gossweiller; i funerali ebbero
luogo il 2 febbraio, con largo concorso
di amici.
Nato il 2 febbraio 1880 a Dubendorf
(Svìzzera), Emilio Gossweiler venne
giovanissimo a Torino, dove poi, poco
più che trentenne, rivesti la carica di
amministratore delegato della S. A.
Talmone. Piu tardi tale veste amministrativa si estese anche alla fabbrica
Moriondo e Garigiio. Si interessò in seguito alla Soc. An. Industrie Elettricne
di Genova, della Fabbrica di Saponi e
Profumi Viset, che portò a rapida noorietà ed infine si dedicò, insieme al
figlio dott. Giovanni alla creazione di
rinomati prodotti dietetici. Per circa,
quattro lustri fu console della Repubblìca, dell’Ecuador.
I SUOI ultimi anni furono offuscati da
una lunga e dolorosa infermità: e la
sua profonda aspirazione era ormai
quella di salire alla Casa del Padre '
Alla Vedova, che lo ha affettuosamente assistito, al figlio dott. Giovanni
ed ai congiunti rinnoviamo i sensi dilla nostra viva simpatia.
- E’ deceduta, in un Istituto della città, la sig.a Pasquet Maria, di Prarostino. La nostra simpatia ai congiunti
— Visita del Moderatore. Con viva
gioia abbiamo accolto in mezzo a noi
il Moderatore prof. Ernesto Comba il
2 corrente. Egli ha rivolto un fraterno
messaggio ai bimbi della Scuola domenicale ed ha presieduto il culto antimeridiano : nonostante il freddo intenso e la diffusa influenza, un’assemblea
numerosa è accorsa a udire l’ispirata
narola del Moderatore, al quale la comunità torinese porge, memore,, un
sentito ringraziamento per il bene ricevuto.
— Commemorazione. All’Istituto di
questa R. Università, il 25 gennaio u.
s. la prof. Angiola Mazzucco ha egregiamente comm,emorato il prof. Federico Kiesow, ponendo in luce la geniale attività di cultore delle ricerche psicologiche.
Fa’ dolce, o notte, l’ale - Su noi oalàrt
Dei dì il fuggir fatale - Fai rammentar.
Doman, se il giorno estremo - Già spim
terà.
Col mio Signor non tremo: - Ei m’ac
córrà
2.
La sera tutto tace - E dorme già:
Il cor ne la tua pace - Riposo avrà.
Mentre ogni affanno oblio Fidando
in. Te,
Tu vuoi nel sonno mio - Vegliar su me.
3.
Son debole e imperfetto, - Non ho feiv
vor:
Deh, uniscimi più stretto - Al Salvatori
Ascolta il mio pregare - La man mi dà’:
La luce tua brillare - Per me Tu fa’!
4.
VILLAR PELICE. Visita. La nostra
Unione della Piantà ha avuto la gradita
quanto inattesa visita del pastore dott.
O. Peyronel di Perrero, di passaggio
nella nostra Valle il 20 gennaio scorso.
Sciagura. Un grave lutto ha colpito
la famiglia di Stefano Michelin-Salomon e Grand Lina di Fien-minuto, per
la tragica morte, in seguito ad ustione,
della loro piccola Aurora, in età di 3
anni e mezzo, il 29 gennaio.
Ai genitori e al nonno, nostro diacono dell’Inverso, rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia fraterna)
mentre chiediamo a Dio di far concorrere questa grande prova al vero bene
di quelli che sono stati per essa esercitati.
Dai nostri soldati. Riceviamo graditissime lettere e cartoline che ci dicono invariabilmente il fervido amor di
Patria e l’attacamento alla Chiesa lontana che anima tutti i nostri valorosi
soldati nell’adempimento del loro alto
dovere. Uno di loro, sul punto di partire improvvisamente « per ignota destinazione» trova il tempo di scriverli
in fretta una bellissima lettera 3he
termina con queste parole: « la Patria
mi chiama ad un servizio più arduo che
un soldato e in modo particolare un
valdese non può negare ».
Abbiamo spedito al nostro Cappellano Militare una nuova aggiornata lista
di indirizzi, comprendente i nomi di
54 soldati villaresi, ma ne mancano pa
La grazia tua Ti degna - Largirmi alfin;
La forza tua m’insegna - O Amor divini
E allor che d’ogni cura - La sera vien,
Ho in Te Chi m’assecura - Riposo ap
pìén.
Le famiglie Emilio PaISquet (Ginevra) e Paolo Gardiol (S. Secondo di Pinerolo) riconoscenti ringraziano i molti
Amici che simpatizzarono con loro nella dolorosa dipartenza del loro Diletto
GIACOMO PASQUET
avvenuta in S. Secondo (Combe) il 4
febbraio 1941.
Per l’aiuto materiale e morale ricevuto, ringraziano specialmente i Vicini
di casa ed il Pastore Sig. L. Marauda
di Pinerolo.
Le Famiglie Bosio e Collatuzzo riconoscenti ringraziano quanti furono
loro larghi di simpatia nella dolorosa
dipartenza del loro amato
BOSIO ENRICO
Maresciallo Maggiore RR. CC.
deceduto in Ulzio il 2 febbraio corr.
San Germano Chisone
Frazione Boxi-Pramollo, 4-2-1941-XIX
Cercasi màrito e moglie per aiuto
negozio in Torre Pellice. - Alloggio,
luce, gaz, riscaldamento. — Rivolgersi
o scrivere al giornale.
Prof. Gino Costabel, direttore responsabile
ARTI GRAFICHE « L’ALPINA. - Torre Pellice
'•ij'
4
L'ECO DELL* VALLI VALLESI
Si ciMil#«» di faiBnii^lifii '
(Meditazioni preparate sui testi del Calendario Biblico della Chiesa Morava)
Lunedi Lettura: Salmo 119: 25-48.
17 Pebbr. in i^ni ci ha eletti, prima
della fondazione del mondo, affinchè
fossimo santi ed irreprensibili dinnanzi a Lui. Efesini 1: 4.
« Dio è amore», e perciò, avendo riguardato agli uomini peccatori, ha voluto ricondurli sulla buona via, e ii ha
chiamati o « eletti» a vita nuova. Siccome l’uomo era neirimpossibilità assoluta di trovare una via d’uscita dal
suo peccato, e conseguentemente dalla
condanna di Dio, è stato Dio stesso .ihe
in un eterno sdegno d’amore verso la
sua creatura ribelle e decaduta «prima
della fondazione del mondo » ha stabilito di offrire gratuitamente la redenzione dal peccato. Il mezzo di cui Dio si
è servito per offrire tale redenzione è
stato « il sangue prezioso di Cristo come di AgneUo senza difetto nè macchia » (1 Pietro 1: 19). Per mezzo di
Cristo, ^iamo « santi », cioè non nel
senso assoluto di « perfetti», ma nel
senso biblico di « consacrati al servizio
di Dio ».
Colui che è una nuova creatura, rigenerata dal sangue dell’Agnello, appartiene a Dio, si consacra all’opera di
Dio, e si studia di essere irreprensibile
dinnanzi a Dio.
Tu che sai che Dio ti ha amato, e,
per mezzo di Cristo, ha cancellato il
tuo peccato, non senti la bellezza di
«essere santo », di consacrare la tua
vita a Dio, e dì essere «irreprensìbile »,
ubbidendo alla voce del Signore.
Martedì Lettura: Marco 7: 27-33.
18 Febbr. In Cristo abbiamo la libertà
di accostarci a Dio, con piena fiducia,
mediante la fede in Lui.
Efesini 3: 12.
Come potrei io avvicinarmi a Dio se
ho con me il peso del peccato? Come
elevare l’anima mia con la preghiera,
quando so che ho offeso Dio con la mìa
infedeltà, e ch’Egli non è riconciliato
con me ?
«Appressatevi a Dio ed Egli s’appresserà a voi » dice S. Giacomo (4: 81;
ma posso io avvicinarmi a Dio, se ne.3suno mi aiuta, se dietro a me trascino
ancora la pesante catena del peccato
imperdonato?
Ma l’apostolo Paolo sa che l’uomo
non può avvicinarsi da solo a Dio, sa
che ci vuole Qualcuno che ci faccia avere accesso alla grazia di Dio (Romani
5: 2), ed è perciò ch’egli dice: « In Cristo abbiamo la libertà di accostarci a
Dìo ».
Cristo non è soltanto per noi un esempio: non ci ha soltanto fatto vedere
ciò che è la salvezza. Provate ad insegnare ad un paralitico come si fa a correre: inutile! egli non potrà seguire l’esempio. Così l’uomo, a causa del suo
peccato. Cristo ha dunque, oltre :he
insegnato, compiuta la salvezza sulla
croce, e noi ce la possiamo appropriare
mediante la fede in Lui.
E quando, mediante la fede, noi ib^
biam parte alla salvezza, allora possiamo varcare « con fiducia » la soglia
della grazia di Dio.
Mercoledì Lettura: Marco 8: 34-38.
19 Febbr. Egli vi confermerà sino dia
fine onde siate irreprensibili nel giorno
del nostro Signore Gesù Cristo.
I cristiani primitivi aspettavano il
prossimo ritorno di Cristo il quale avrebbe giudicato i vivi e i morti ed avrebbe distrutto la potenza dell’Anticristo. Oggi sentiamo spesso parlare di
uomini che hanno la puerile pretesa di
annunciare il giorno preciso del ritorno
di Cristo, e ciò a base di calcoli cabalistici! Noi sappiamo che Cristo ritornerà, secondo la Sua promessa, ma ricordiamo che la Scrittura dice che nessuno, ne sa il giorno, tranne il Padre
Celeste. Cristo ritornerà quando forse
nessuno lo aspetta (S. Matteo 25). Ciò
di cui si deve preoccupare il cristiano
non è la curiosità di sapere quando avverrà il ritorno del nostro Signore; ma
l’essenziale per il cristiano è di rimanere fermo, fedele durante la sua vita
che è un’aspettazione continua del ritorno misterioso di Cristo. Non basta
aspettare, ma bisogna saper aspettare
bene, con fede, con vigilanza: e ce lo
insegnano le vergini stolte che, dono
aver aspettato, non entrano «nella sala
delle nozze ».
Ma pef rimanere fermi e fedeli nell’attesa, e far sì che « le nostre lampade
siano accese » e che « i nostri fianchi
siano cinti », non abbiamo noi bisogno
dell’aiuto, della grazia di Dio? E’ Lui
che ci renderà « fermi sino al giorno
del nostro Signor Gesù Cristo ».
Giovedì Lettura: Marco 9: 1-13.
20 Febbr. Perchè la nostra momentanea leggera afflizione ci "roduce un
sempre più grande, smisurato peso di
eterna gloria, mentre abbiamo lo
sguardo intento non alle cose che si
vedono; poiché le cose che si vedono
sono solo per un tempo, ma quelle che
non si vedono sono eterne.
Ecco due piatti di una bilancia: ^ul
primo stanno le afflizioni del tempo
presente: le afflizioni inerenti ad ogni
umana natura, e più ancora le afflizioni specifiche del credente. Sull’altro
piatto della bilancia sta invece la gloria dei figlioli di Dio ».
Ora, lungi da noi l’attribuire al rapporto tra afflizioni presenti e gloria futura tm valore direi quasi « commerciale»: come se potessimo «comprare»
la gloria del Regno dei Cieli! Non siamo noi che acquistiamo, ma è Dio, e
Lui solo, che ci darà la gloria Sua "in
cambio dell’afflizione sofferta « nel
Suo nome ».
Noi - è vero - siamo spesso tentati a
dare maggiore importanza alle cose
presenti, visibili, piuttosto che alle cose
grandi, future, invisibili: è un errore
naturale all’uomo, è un miraggio dei
nostri sensi limitati, ma la Parola di
Dio invece, ci esorta ad elevare lo
sguardo dalle cose contingenti ed effimere verso le cose superiori, visibili
all’occhio dello spirito. E’ in quella visione di cose invisibili all’occhio carnale che il credente fortifica la sua fede e la sua speranza quaggiù, sino al
giorno in cui esse avranno il loro celeste compimento.
Venerdì Lettura: Marco 9: 14-29.
21 Febbr. ■p'oi morite, e la vita vostra
è nascosta con Cristo' in Dio. Quando
Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete manifestati
con Lui in gloria. Colossesi 3: 3-4.
Il cristiano è « morto » rispetto al
peccato, rispetto al mondo, per essere
invece più -vivo che mai riguardo alle
cose invisibili del Regno dei Cieli. Ma
se il crìstano è morto, egli ha un’altra
vita, una vita più vera, spirituale,, imperitura, cioè «la vita in Cristo ». Questa vita è nascosta agli occhi del mondo: è nascosta in Dio! Nello stesso modo
in cui Cristo, dopo aver compiuto la
Sua opera quaggiù, s’è sottratto agli
sguardi umani carnali, e vive una vita
celeste, divina nel seno stesso di Dio,
cosi il cristiano, la cui vita è Cristo,
partecipa sin d’ora, a questa esistenza
celeste, superiore, vita dell’anima sua,
benché col corpo egli sìa ancora quaggiù immerso nelle lotte e nelle pene.
Ma queste afflizioni non dureranno
sempre: Cristo ha da apparire nella
Sua gloria per farne partecipi i suoi elettii, i isuoì salvati: « Sappiamo end
quando Egli sarà manifestato, saremo
simili a Lui, perchè Lo vedremo come
Egli è » ((1 Giovanni 3: 2).
Convinciamoci che per quanto forti
siano le afflizioni, pure, di nulla dobbiamo temere perchè la nostra vera
vita è nascosta con Cristo in Dìo!
Sabato Lettura: Marco 9: 30-42.
22 Febbr. Ma pure il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: Il Signore conosce quelli
che son suoi, e, ritraggasi dall’iniquità
chiunque nomina il nome del Signore.
2 Timoteo 2: 19.
S. Paolo ha parlato nei versetti precedenti di «profane ciancio » che sovvertono la fede di molti, e di « parole
di empietà che rodono come la cancrena ». Pure l’Apostolo, di fronte a
questi mali che travagliano la Chiesa
di Dio, di fronte all’infedeltà di tanti
cristiani, non si lascia vincere dallo
scoraggiamento poich’egli sa che il solido fondamento che Dio stesso ha posto e su cui riposa la fede della Chiesa,
non può essere scosso.
Il solido fondamento della Chiesa di
Dìo ha due iscrizioni che S. Paolo cita
in questo versetto: « Il Signore conosce quelli che son suoi ». Nessuno si
dolga se nella Chiesa ci sono i parolai,
gli ipocriti, quelli che s’accontentano di
foglie e che non portano frutto. Ciascuno pensi a se stesso, poiché Dio conosce i suoi: lascia sussistere per un
tempo grano e zizzania, ma verrà i]
tempo in cui la zizzania sarà bruciata!
E la seconda iscrizione: « Ritraggasi
daH’iniquità chiunque nomina il nome
del Signore » : chi invoca il Signore come suo Salvatore ricordi che la sua
professione di fede non sarà mai compatibile colla pratica del male: o l’Eterno o Baal (Giosuè 24: 15), o Dio o
Mammona (S. Matteo 6: 24).
CEROTTO
BERTELLI
BANCO DI ROMA
BANCA DI INTERESSE NAZIONALE
SOC. ANONilVIA CAPITALE E RISERVE LiL 347-774 437,84
SEOE SOCIALE E DIREZIONE CENTRALE IN ROMA
ANNO 01 FONOAZIONE 1880
170 FILIALI IN ITALIA, IN LIBIA E NELL’EGEO
16 FILIALI NELL’IMPERO - 18 FILIALI E
3 UFFICI DI RAPPRESENTANZA ALL’ESTERO
CORRISPONDENTI IN OGNI PARTE DEL MONDO
TUTTE LE OPERAZIONI DI BANCA
FILIALE DI TORRE PELLICE
PIAZZA VITTORIO EMANUELE II
ANGOLO VIA MAZZINI
TELEFONO NUMERO 62
J{o aperto, nei locali già occupati dalla T)itta Jiicoloiii
in Zorre peli ice, negozio di abbigliamento ed arredamento, con ricco assortimento di merce buona a prezzi
ottimi.
Prego la mia vecdjia e nuova clientela di farmi visita,
sensa nessun obbligo di acquisto,
grazie.
2)onna Alfonso.
J!i¥¥ILIO IflOURCLIJIk
^4»llu'Éi M I na f» ^ m in » ai I» i 1 S
C!aianip»a«»njavi
sm «l«» ara i
ili
LUSEIlNJk G10VA.NNI f;ti»a.li>