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ECO
DELLE mU VALDESI
BIBLIOTECA ?M<MSSB
10066 TORRB PEUiXCE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - N. ’m. 20
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TORRE RELUCE - 18 Maggio 1973
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COME VIVERE L’EVANGELO IN QUESTA SOCIETÀ’ VIOLENTA?
I RECUPERI ANTI-CONCILIARI
La terra ai mansueti Paolo VI oiiiGe
« Beati i mansueti perché essi crederanno la terra» (Matteo 5: 5). La
terra! Ecco il paradosso, ecco la provocazione di questa beatitudine. Se dicesse: « crederanno il cielo » la cosa
sembrerebbe normale; nessuno avrebbe da obiettare. Molti anzi sarebbero
contenti di questa ripartizione, farebbe loro comodo. Faccetterebbero subito: i mansueti si prendano pure il
cielo, noi ci prendiamo la terra. È Gesù che non accetta questa ripartizione. I mansueti, secondo lui, crederanno la terra, non il cielo. Gesù dunque
contraddice apertamente con la terza
beatitudine una visione come questa:
il cielo agli umili, la terra ai prepotenti; il cielo ai poveri, la terra ai ricchi; il cielo ai mansueti, la terra ai
violenti. Gesù capovolge questa visione proclamando: la terra ai mansueti!
Gesù mette la mansuetudine in rapporto alla terra proprio per farci capire e credere che, contrariamente a
ogni apparenza ed evidenza, la mansuetudine è destinata a questa terra e
questa terra è promessa ai mansueti.
È un’antica, mai dimenticata e mai
abbandonata speranza biblica: « I malvagi saranno sterrninati, ma quelli che
sperano nell’Eterno possederanno la
terra. Ancora un poco e l’empio non
sarà più; tu osserverai il suo luogo,
ed egli non vi sarà più. Ma i mansueti
crederanno la terra e godranno abbondanza di pace... La progenie degli
empi sarà sterminata, i giusti crederanno la terra e l'abiteranno in perpetuo... Aspetta l'Eterno e osserva la sua
via: egli t’innalzerà perché tu eredi la
terra; e quando gli empi saranno sterminati tu lo vedrai » (Salmo 37: 9-11,
29, 34). È la stessa certezza che pervade la terza beatitudine. C’è però una
a,; differenza decisiva: Gesù non parla di
sterminio degli empi. Gesù è salvatore,
non giustiziere: è venuto a portare
grazia e salvezza, l’evangelo è una reale possibilità di ravvedimento e vita
nuova offerta a tutti. Gesù dunque riprende e ribadisce l’antica speranza:
la terra sarà data ai mansueti, e quanto agli empi non parla della loro distruzione, lasciando tutta intera la
possibilità della loro conversione.
I mansueti crederanno la terra. Il
verbo è importante. Non « conquisteranno », ma « crederanno ». Eredare
la terra oppure conquistarla sono cose
completamente diverse. Se la beatitudine fosse: I mansueti conquisteranno
la terra, non sarebbe una beatitudine
evangelica, non direbbe nulla di veramente nuovo. La novità evangelica
consiste proprio nel fatto che non c’è
più conquista, che implica sempre sopraffazione, dominio dell’uomo, arbitrio, sopruso. I mansueti possederanno veramente la terra ma non per conquista bensì per « eredità », cioè come dono. Il senso di tutto questo è
che la mansuetudine non è una tecnica migliore, più raffinata, più suadente e meno cruenta per ottenere le stesse cose che altri ottengono con la violenza, e cioè il sopravvento sugli altri.
La mansuetudine non è un modo niù
intelligente per vincere gli altri e avere comunque la meglio: non si tratta, appunto, ancora una volta, di conquistare la terra, sia pure con altri
metodi. Si tratta invece di mettere fine allo spirito di conquista e di instaurare un rapporto nuovo con gli altri.
Non è una questione tattica, è un diverso modo di essere uomo e di vivere con gli uomini. Non è un metodo
nuovo, è un nuovo rapporto umano.
Ma chi sono i « mansueti »? Sono i
piccoli, la gente che non conta e non
si fa valere, non perché sia rassegnata ma perché rimette in Dio la sua
sorte. Questa mansuetudine non è timidità ma fede. I mansueti sono certo
anche i non-violenti, quelli che rifiutano di vivere tra uomini secondo la
legge della giungla. Gesù è il modello
pe^etto della mansuetudine, è il Mansueto per eccellenza. Egli stesso lo dice: « Io son mansueto ed umile di
cuore» (Matteo 11: 29) e il giorno delle Palme entrò a Gerusalemme come
re « mansueto, montato sopra un’asina... » (Matteo 21: 5). Ma proprio in
Gesù si vede che mansueto non vuol
dire bonaccione o conciliante. Si pensi alle sue durissime invettive contro
i Farisei e ai suoi severi rimproveri ai
discepoli; si pensi all’episodio del tempio, quando Gesù usò la frusta contro
i mercanti. C'è una non-violefiza passiva, rinunciataria, che nasce dalla
paura del peggio: questa non è la mansuetudine evangelica: in essa non c’è
alcuna beatitudine, ma solo inquietudine e risentimento. C’è invece una
non-violenza attiva, che nasce dal coraggio di amare: è questa la mansue
tudfne evangelica, che Gesù ha ritratto al vivo nella sua esistenza. La nonviolenza non è una questione di temperamento, è una scelta morale e spirituale; non è una inclinazione, è una
milizia.
Ci chiediamo infine: perché Gesù
proclama beata la mansuetudine, che
secondo il mondo è la virtù dell’asino? Perché il Signore pronuncia sui
mansueti una così esplicita promessa
e benedizione? Il motivo è semplice:
la mansuetudine è benedetta perché è,
in questo vecchio mondo, un anticipo
del nuovo mondo, nel quale non solo
« il lupo abiterà con l’agnello e il leopardo giacerà col capretto » (Isaia
11: 6) ma l’uomo abiterà finalmente
con l’uomo senza fargli del male, senza essere una minaccia per lui — e
questo non sarà un miracolo minore
di quello del lupo che abita con l’agnello! La non-violenza è benedetta perché con essa si comincia a vivere in
questo mondo come si vivrà nel mondo di Dio. il mansueto, il non-violento,
ci introducono in un nuovo rapporto,
nel quale non si ha più paura del no
stro prossimo, non dobbiamo più temere che prima o poi, in un modo o
nell’altro, ci faccia del male.
« I mansueti eroderanno la terra » ma quando? Mai! dirà qualcuno. Alla
fine dei tempi, diranno altri, e penseranno: Alla fine, non è un po’ tardi?
Gesù si è sempre rifiutato di fissare i
tempi e i momenti, e anche qui non
dice nulla di preciso. In questo modo
Gesù ci invita a vivere fino in fondo
la promessa nel presente (quindi a essere ora mansueti) e nello stesso tempo ad attendere fermamente l’atto decisivo di Dio (quindi a volgerci verso
il suo futuro): è lui che metterà la
terra in mano ai mansueti. Come sarebbe diversa la ferra se fosse ora in
mano ai mansueti! Sarebbe veramente
la « nuova terra » in cui finalmente
abita la giustizia (2 Pietro 3: 13).
Paolo Ricca
Si legga a pag. 7 una notizia sul culto
nel corso del quale qnesta predicazione è stata rivolta alla comicità raccolta nel tempio
di Corso Principe Oiidone a Torino, domenica 13 maggio.
l'«Anno Santo» 1975
I pensieri di Paolo VI
Mercoledì 9 maggio, durante la consueta « udienza generale », Paolo VI
ha comunicato ai « pellegrini italiani »
presenti che « dopo aver pregato e
pensato » aveva deciso di celebrare
nel 1975 l’Anno Santo. Sarà necessario
attendere il testo dell’atto ufficiale
col quale, presumibilmente, Paolo VI
indirà il Giubileo per poter conoscere
esattamente il carattere che la celebrazione assumerà; al momento possiamo
soltanto fare qualche considerazione
sul discorso col quale il papa ha presentato la sua decisione.
Qualcuno potrebbe dire che, in fondo, si tratta di una questione che riguarda direttamente la chiesa cattolica e che non ci interessa: non siamo
noi che insegnarne ai cattolici come
si fa i cattolici! Tuttavia il Concilio
Vaticano II ha inserito la chiesa cattolica nel movimento ecumenico, presentandola, mediante i suoi decreti,
uiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiininiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinniiiitiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiuuttMiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiniiiiiiiiimiiiiiiniiiiiiii
LA CHIESA NEI PAESI DELL’EST EUROPEO
Cristiani neiia penisola balcanica
Sebbene gli Stati comunisti garantiscano, nelle loro Costituzioni, la libertà religiosa, da quei paesi giungono costantemente informazioni che attestano che la lotta contro la fede cristiana — nel quadro del
più ampio controllo statale sulla libertà di pensiero e di coscienza — continua, ora in fase piu attenuata,
.„.ominjqm pik-OCMii^NéAe m relaziaut miche commerciali qj}e si tessono fra gli Stati del
l'Est e dell’Ovest, né le centinaia di migliaia di turisn occidentali che visitano quei paesi hanno“modificato affatto questa realtà. Diamo quindi una sene di iri Iormaziom diffuse da uno degli ultimi bollettini
dello "Schweizerischer Evangelischer Pressedienst . il servizio informazioni protestante della Svizzera
alemannica (n. 12, 2 maggio 1973). Per ciò che riguarda i Balcani, abbiamo già parlato del Albania; una
situazione a sé, molto diversa, é quella dei cristiani in Grecia: una chiesa ortodossa lacerata fra costantinianesimo e progressismo, un’esigua ma vivace minoranza protestante dalla vita difficile
BULGARIA
L’anno scorso Feditrice del Partito
ha pubblicato un libro di 222 pagine
dal titolo Le sette protestanti in Bulgaria; l’opera è stata curata dal prof.
N. Misef e da un collettivo redazionale. Lo stesso autore e lo stesso editore avevano pubblicato nel 1965 un’opera analoga contro i musulmani.
Nella prefazione di questo libro antiprotestante si dichiara che non poche persone, in Bulgaria, dichiarano
di aderire a una religione. È quasi uno
scandalo che finora si sia lavorato in
modo così poco scientifico e così poco intenso contro i protestanti. « Speriamo che il libro giovi a tutti coloro
che vogliono dare il loro apporto a
una lotta rapida e totale per sconfiggere le superstizioni e i pregiudizi ».
Il protestantesimo sarebbe un nuovo tipo di vita della borghesia, mentre l’ordinamento socialista della società ha un proprio fondamento economico e ideologico orientato in senso
essenzialmente contrario ai principi
ideologici del cristianesimo. Proprio
ciò che taluni cristiani progressisti
non vogliono riconoscere. Essi hanno
tentato di presentare la chiesa e la religione come amici del socialismo, per
conservare gli uomini legati alla chiesa. Si lamenta in modo particolare
che il 70% dei nuovi membri della
chiesa siano giovani. Ne deriva un appello ai compagni di partito e ai funzionari affinché rafforzino la lotta ateistica, per sbaragliare queste sette.
La maggioranza della popolazione
cristiana della Bulgaria appartiene alla Chiesa Ortodossa, con i suoi 2.000
sacerdoti. Vi sono pure minoranze cattolica ed evangelica (congregazionalisti, battisti). In occasione dell’ultima
settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani, nella cappella dell’Accademia
ortodossa di Sofia si è tenuto un culto
al quale hanno partecipato circa cento cristiani di tutte le denominazioni;
il rapporto nota che nell’attuale situazione bulgara si tratta di un avvenimento rilevante, il che indica indirettamente come sia difficile la condizione attuale dei cristiani in Bulgaria.
ROMANIA
Su 19,2 milioni di Romeni, il 79%
appartiene alla Chiesa Ortodossa; al
secondo posto la Chiesa Cattolica, con
un milione di membri; la Chiesa Riformata ungherese conta circa 800.000
membri, e le è collegata la Chiesa Lu
terana ungherese con circa 32.000
membri; la Chiesa Evangelica della
Confessione di Augusta (nella regione della Sassonia Siebenbürgen, in
Transilvania) ha 187.000 membri. Non
è ancora costituito ufficialmente un
Consiglio delle Chiese romene, le quali tuttavia hanno avviato colloqui fra
loro.
BIBBIE ROMENE,
MA PER L'ESTERO
Il governo romeno ha messo a disposizione quantitativi di carta per la
stampa di 100.000 Bibbie (come ogni
altro movimento economico, nei paesi
socialisti l’attribuzione di materiale
cartaceo è stabilita dal governo, ed è
chiaro quale strumento di controllo e
di limitazione nella circolazione delle
idee possa rappresentare questa misura ’amministrativa’). Tuttavia le comunità cattoliche e protestanti sono
alle prese con una cronica carenza di Bibbie. Quelle di cui è stata
autorizzata la stampa sono, infatti, destinate all’esportazione. Anche nelFURSS sono state stampate ultimamente nuove Bibbie, e abbiamo dato
notizia, alcuni mesi fa, di un fatto analogo in Cecoslovacchia: ma nell’un caso come nell’altro le Bibbie erano destinate all'esportazione, con un afflusso nei paesi socialisti di (sporca?) valuta non-socialista, soprattutto dal
Terzo mondo.
CHIESA SOTTERRANEA?
La discussione su una ’Chiesa sotterranea’ in Romania, sulla cui esistenza e lotta riferisce Richard Wurmbrand, continua. Il direttore del bollettino del Comitato assistenziale della Chiesa evangelica luterana e della
Associazione maschile dei Tedeschi
originari della Bessarabia (si tratta
della regione confinante fra Romania
e Ucraina, che FURSS si è annessa nel
corso dell’ultimo conflitto), Richard
Baumgärtner ha visitato la Romania
e sulla base delle impressioni riportate esprime nuovi dubbi sulla cosidetta « Chiesa martire »: le chiese strapiene attesterebbero che l’esercizio
della fede è libero. Indubbiamente nelF« era staliniana » molti credenti cristiani sono stati perseguitati in Romania; oggi si può però constatare che
« chi lascia fuori campo la politica e
adempie ai suoi doveri di cittadino,
può vivere la propria fede e mettersi
senza paura al servizio di Dio ». Il
problema è, però: si può lasciare fuo
ri campo la politica? Sarebbe giusto
in Oriente quel che si proclama errato (sebbene non col consenso di tutti)
in Occidente?
UN PERIODICO PROTESTANTE
HA RIPRESO LE PUBBLICAZIONI
Nel 1897 apparve nella regione di
lingua tedesca e di confessione luterana di Siebenbürgen il periodico
« Kirchliche Blätter ». Attualmente esso ha ripreso le pubblicazioni, quale
riflesso della vita ecclesiastica e quale
sostegno per i compagni di fede di
ogni condizione. Perciò, come scrive il
vescovo luterano Klein, il giornale ecclesiastico romeno « si aprirà al dialogo ecumenico e indurrà i lettori a
riconoscere la lode di Dio e la testimonianza a Cristo anche al di fuori
della propria Chiesa, e a rallegrarsene ». Si tiene presente che la Chiesa
luterana romena « compie il suo servizio in uno Stato socialista sulla base di un ordinamento riconosciuto dal
Icontinua a pag. 3)
con un particolare volto che voleva
essere almeno di « aggiornamento ».
Pertanto siamo anche noi interessati
a verificare se gli atti ufficiali della gerarchia cattolica si pongono almeno
su questa linea di « aggiornamento ».
Dobbiamo, nostro malgrado, constatare che Paolo Vi coglie tutte le occasioni per recuperare le linee pre-conciliari. Non è la prima volta che Paolo VI prega, pensa e decide da solo.
Non si può escludere che egli abbia
consultato singolarmente i membri
dell’episcopato cattolico, ma non se ne
ha notizia. Appare, invece, evidente
che non si è voluto servire neppure
questa volta né di un dibattito aperto della base cattolica sull’argomento,
né di quel Sinodo dei vescovi che egli
stesso ha istituito, sotto la pressione
del Concilio. La chiesa « popolo di
Dio » e la « collegialità episcopale »
non sono serviti neppure questa volta:
rimane sempre lo spiritò e la lettera
del Concilio Vaticano I che fa del papa l’autentico autocrate della chiesa
cattolica.
Il significato dei « Giubileo »
La celebrazione dell’Anno Santo è
stata iniziata nel 1300 da papa Bonifacio VIII nel ricordo del 13<> centenario della nascita di Gesù e doveva ripetersi alto scadere di ogni inizio di
secolo. Nel 1350 il papa Clemente VI
stabilì che si celebrasse ogni 50 anni
e, infine, venne celebrato ogni 25 anni.
Fu chiamato anche Giubileo, in riferimento alla nota legge del Levitico
(25: 8 ss.), secondo la quale ogni 50
anni non solo si rimettevano tutti i
debiti, ma anche le proprietà agricole
in precedenza vendute o dovevano ritornare in possesso dei primitivi proprietari o dei loro discendenti diretti.
Il Giubileo è una celebrazione tipicamente cattolica anzi romana ed ebbe la sua ragion d’essere nel quadro
della dommatica e della disciplina cattolica. I principi dommatici che la
giustificano sono anzitutto il potere
delle chiavi della gerarchia cattolica:
la remissione dei peccati non è il dono di Dio mediante Gesù Cristo dato
ad ogni credente, ma l’amministrazione di un potere di giudizio affidato in
esclusiva all’episcopato (delegabile ai
semplici sacerdoti). I vescovi — e in
particolare il papa — hanno il diritto
di riservare al loro diretto giudizio
particolari peccati e di scomunicare a
loro insindacabile giudizio. Tale diritto era esercitato ampiamente, soprattutto dalla Curia romana, la quale era
riuscita gradatamente ad avocare a sé
anche diritti prima esercitati dai vescovi. In particolare erano riservate
al papa le scomuniche di principi e
regnanti legate a contrasti politicoreligiosi.
Il secondo principio dommatico sul
Quale si fondò il Giubileo fu quello
della pena temporale: il peccato vieAlfredo Sonelli
(contìnua a pag. 3)
Fra il dire e il fare
Ci sono quelli che fanno qualcosa.
Ci sono quelli che non fanno nulla.
Ci sono quelli che credono di fare qualcosa.
Ce ne sono tre che fanno qualcosa.
Ce ne sono dieci che fanno delle conferenze
su ciò che fanno i tre.
Ce ne sono cento che fanno delle conferenze
su ciò che dicono i dieci.
Capita, a volte, che uno dei centodieci
venga a spiegare a uno dei tre
come si deve fare.
Allora l’uno dei tre
interiormente si esaspera
ed esteriormente sorride
ma tace perché non ha la parola facile.
Del resto, ha qualcosa da fare.
Letto su "La vie protestante" che l’aveva letto sul "Journal du Foyer protestant de la
Duchere*^ (Lione).
2
pag. 2
Che vuol dire fare l'esegesi di un testo biblico?
aiiiUJAV Tt> rjiìiii
ElÉiiliMfifNiazione del Tempio (21
lA BIBBIA NEL MBNBB
a cura di Edìna Ribet
Matteo 21: 12-13 (14)
Marco 11: IMS a
Luca 19: 4S46
Giovanni 2: 13-17 (22)
In un precedente articolo abbiamo
visto la collocazione data da ciascun
evangelista a questo episodio nel suo
contesto, e le riflessioni che si possono fare sul significato dell’episodio
partendo da quelle osservazioni. Ora
vogliamo esaminare da vicino i quattro racconti. Cominceremo con i due
testi più brevi (Luca e Matteo) per
passare quindi a quelli più sviluppati
(Marco e Giovanni).
LA PROSPETTIVA
DI CIASCUN VANGELO
Gli elementi del racconto di Luca
sono i seguenti:
a) Gesù comincia a scacciare i venditori;
b) Gesù dice loro che essi trasformano in spelonca di ladroni il tempio
destinato ad essere casa di orazione;
c) Gesù insegna quindi nel tempio
ogni giorno (ma qui siamo già fuori delTepisodio vero e proprio).
Il brano, in Luca, è ridotto ai minimi termini e può essere parafrasato
cosi: Gesù ristabilisce nel tempio il
raccoglimento necessario per la preghiera e per l’insegnamento, e ne fa
subito uso.
Vediamo ora gli elementi del racconto di Matteo:
a) Gesù scaccia dal tempio tutti quelli che vendevano e compravano;
b) Gesù rovescia le installazioni commerciali;
c) Gesù critica come in Luca l’attività
dei mercanti nel tempio e le sue
conseguenze;
d) seguono i miracoli, gli osanna, il
risentimento di sacerdoti e farisei,
di cui abbiamo già parlato nell’esame del contesto.
A confronto di Luca, Matteo descrive un fatto più violento e di più vaste
proporzioni; Gesù vi appare anche
maggiormente impegnato, addirittura
compromesso. È probabile che la narrazione di Luca abbia « alleggerito »
questi elementi che forse l’evangelista
considerava disdicevoli per la figura
di Gesù come egli la presenta.
Marco ci ha lasciato un testo più
Itmgo. 1 suoi elementi essenziali sono
i seguenti:
a) Gesù comincia a scacciare tutti
quelli che vendevano e compravano;
b) Gesù rovescia le installazioni commerciali;
c) Gesù proibisce di trasportare oggetti attraverso il tempio;
d) Il rimprovero di Gesù, che contiene come in Luca e Matteo, la citazione di Isaia 56: 7, la prolunga
fino alle parole « ...per tutte le genti»;
e) immediatamente si riferisce che
capi-sacerdoti e scribi cercano di
farlo morire, mentre la moltitudine
ammira la sua dottrina.
Il quarto vangelo si scosta dallo
schema dei sinottici con molti particolari, anche se concorda nelle linee
essenziali:
a) Gesù trova i mercanti nel tempio;
b) Gesù fa una frusta di cordicelle e
scaccia tutti (chi? I venditori o le
pecore e i buoi?);
c) Gesù critica la situazione parlando
ai venditori di colombi, ma senza
citare esplicitamente l’Antico Testamento;
d) L’evangelista osserva: I suoi discepoli si ricordarono del Sai. 69: 10;
e) Segue, ormai fuori delTepisodio, il
dibattito sul disfare e rifare il tempio in tre giorni.
sodio di cui Gesù è stato protagonista,
con gli occhi di coloro che ne furono
testimoni oculari; non possiamo provare le reazioni che quelli provarono.
E viceversa. La differènza è data dal
fatto che noi vediamo quelTepisódio
attraverso le testimonianze evangeliche e, soprattutto, dal fatto che tra
l’episodio e noi c’è stato la croce e la
risurrezione. La nostra situazione di
fronte all’episodio del tempio somiglia a quella dei discepoli, dei quali
Giov. 2: 17 dice: E i suoi discepoli si
ricordarono che sta scritto: Lo zelo
della tua casa mi consuma. E un po’
più avanti (2: 22): Quando dunque fu
risorto dai morti i suoi discepoli si
ricordarono che egli aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla
parola che Gesù aveva detta.
Anche gli evangelisti hanno visto
1 episodio attraverso la loro esperienza della risurretione. Per chi ha fede
nel Cristo risorto l’episodio nel tempio assume il valore di testimonianza
sulla persona e l’opera di Gesù come
le conosciamo dalla risurrezione. E
*.tin atto di autorità profetica e messianica sul tempio nel suo insieme,
cfr. w. 23-27 » (così scrive il Bonnard
nel suo Commentaire al vangelo di
Matteo). Questa autorità rivendicata
da Gesù col suo atto è confermata dai
miracoli e dalle acclamazioni che
Matteo menziona subito dopoj oppure
(in Luca) dalTinsegnamento pieno di
autorità impartito« da Gesù nel tempio stesso. Giovanni sviluppa questa
linea, accentuandone il significato con
la collocazione alTinizio dell’attività
pubblica di Gesù.
In Marco, l’accostamento alla maledizione del fico suggerisce, come abbiamo visto nelTa’rticolo precedente,
un'idea di giudizio nei riguardi della
istituzione del teihpio. Ma positivamente, che cosa àgnificava l’episodio
agli occhi di Marro? Ci sono in Marco due particolari molto caratteristici: il divieto di tràsportare mercanzie
attraverso il tempio (per essere precisi, attraverso il cortile dei gentili), e
la forma completa'della citazione: la
rnia casa sarà chiamata casa d’orazione per tutte le genti. Da questi due
elementi si ricava l’impressione che
Gesù si preoccupi di restituire il tempio alla Unzione jJrevista per il giorno in cui tutti i pòpoli sarebbero saliti a adorare Iddio e farsi ammaestrare dalla sua parola sul monte santo delTEterno. La’*trasformazione del
cortile dei gentili ih luogo di mercato
poteva essere considerata come un
ostacolo al compimento di quella speranza messianica. L’intervento di Gesù è anche qui un 'segno della sua autorità escatologica.
Bruno Corsani
Con il medesimo titolo della nostra
rubrica « L’Osservatore Romano » ha
pubblicato un lungo articolo sulTiniportanza della conoscenza della Bibbia. Inizia parlando delle Società bibliche che nel 1971 hanno diffuso 50
milioni di esemplari dei Testi Sacri
nel mondo; accenna all’incremento
della traduzione della Bibbia, che è
ora pubblicata in 1450 lingue; rileva
che durante 1’« Anno internazionale
del Libro », indetto dalTUnesco per il
1972, la Biblioteca Vaticana ha presentato numerosi manoscritti e stampati
della Bibbia; e termina segnalando le
iniziative intraprese in comune tra
cattolici e non cattolici per la diffusione della S. Scrittura.
AlTarticòlo dell’« Osservatore Romano » si collegano le notizie che ci giungono nell’ultimo bollettino dell’Alleanza biblica mondiale (dicembre 1972),
dal quale risulta un fatto che parecchie volte abbiamo avuto l’occasione
di segnalare su questa rubrica, vale a
dire l’interesse sempre crescente dei
cattolici-romani per la Bibbia, in ogni
parte del m.ondo: essi, con sempre
maggior frequenza, acquistano dalle
varie Società bibliche esemplari delia
S. Scrittura. Così, per esempio, nella
COSTA D’AVORIO la traduzione del
Nuovo Testamento in francese intitolata « Buone notizie per il giorno d’og
II capofila della « Black Theology » presenta a Torino
la prima edizione italiana di un suo libro
A colloquio con James Cono
.i
James fi- Cane, if teologo nero nordamerieano, attualmente insegnante all’Union Theoloaical
® “ Europa: a Ginevra ha partecipato dal E 11 4
mag^o a un simposio internazionale sulla teologia nera e la teologia dèlia liberazione, organizzato
dal Dipartimento «Rinnovamento» del CEC, al quale sono intervenuti quali portavoee delle
V W- gesuita sudamerieano, segretario della Commissione^ ISAL (Iglesia
y Sociedad enAmerica Latina), Eduardo Bodipo Malumba, della Guinea equatoriale, segretario ner
1 Africa e 1 Europa meridionale deUa Commissione delle Chiese per gli affari internazionali (CECÌ
e Paulo Freire, cileno, me^ro delTUfiìcio delTeducazione (CEC). La SCTa del 4 maggio il Co2
era a Tonno, invitato dal Centro Evangelico di Cultura e dalla Claudiana, per il lancio del suo
L™ 5oS™Allfsrrat'"''* Teologa n^a della liberazione e Black fower (CUudìana, p. 224,
che non -l ® “jervenuto un pubblico numeroso, membri di Wese evangeliche e non
con rlutÓre^Fdi Franco Giampiccoli e Paolo Spanu hanno avuto un nutrito dibattito
con 1 autore. F. Giampiccoli ha curato la stesura di alcune domande e risposte, che qui riportiamo
— È stato sempre affermato che l’Evangelo di Gesù Cristo è per tutti Come si giustifica dunque la Sua affermazione che il messaggio di Gesù è
per i poveri e gli oppressi?
LE NOSTRE
CONCLUSIONI
Di fronte ai quattro racconti che abbiamo analizzato, cosa concludere?
Anzitutto, è necessario affermare una
cosa: noi non possiamo vedere Tepi
— Sono d’accordo che TEvangelo di
Gesù è per tutti gli uomini, ricchi e
poveri, oppressi e oppressori, alti e
bassi. Ma non sono più d’accordo se
si intende che TEvangelo ha lo stesso
significato per tutti. L’Evangelo viene
ad alcuni come buona notizia, ad altri
come cattiva notizia, in questo senso:
Per gli oppressori che riducono schiavi altri uomini o per i ricchi che vivono sulle spalle dei poveri, TEvangelo
giunge come uña forza di liberazione
per rimuoverli dalla loro inammissibile condizione di oppressori. Per i poveri, invece, TEvangelo è buona notizia, è una forza di liberazione che ridona umanità e dà la possibilità oggettiva di reclamare l’identità che spetta loro a buon diritto. Per gli oppressori TEvangelo giunge come ira, come
condanna. Essi perciò lo considerano
corne cattiva notizia anche se in realtà è buona. Che TEvangelo sia cattiva
notizia per gli oppressori è del resto
illustrato chiaramente nella Bibbia.
Basta pensare agli Egiziani annegati
nel Mar Rosso, nell’Esodo, e a tutto
il ministero profetico nella vita del
popolo di Israele. Anche Gesù condanna i ricchi e i farisei arroganti per
aver escluso dalla salvezza i poveri del
paese.
LE PARABOLE
DEL RE6N0
PASSIONE
« II regno dei cieli è preso a forza, ed i violenti se ne impadroniscono » (Matt. 11: 12). La violenza è frutto dell’odio, si pensa di solito; ma è anche, e forse più spesso, frutto dell’amore.
Infatti, quando si tiene molto ad una cosa o ad una persona,
quando la si vuole possedere veramente, non si esita, certe volte,
neppure davanti al delitto. In questo modo dobbiamo desiderare il regno di Dio, solo in questo modo l’otterremo, potremo entrarvi. Quando un uomo viene a sapere che in un luogo qualunque si trova un tesoro, una fonte di ricchezza, fa il possibile perché nessun altro lo sappia, ed impegna tutto quello che ha per
venirne in possesso. 0 quando uno cerca assiduamente cose
belle, e ne trova una veramente staordinaria, l’acquista ad ogni
prezzo, arrischiando anche la vita (Matt. 13: 44-46). Così noi, se
crediamo veramente all evangelo, e quindi sappiamo con certezza che il regno di Dio è infinitamente superiore ad ogni altra
cosa che noi possediamo o possiamo acquistare sulla terra, dobbiamo impegnare tutto ciò .che abbiamo per divenire adatti ad
usufruirne; affetti, ideologie, posizione sociale, affari, lavoro, svaghi, prestigio e tutta la nostra persona: dobbiamo giocare tutto
per tutto, come quelli che alla roulotte puntano tutto il loro capitale su di un numero: alle volte questo numero sorte, e l’uomo
diventa ricco. La puntata sul regno di Dio sorte sempre, se uno
V impegna davvero tutto ciò che ha, e ci crede. Provate.
Lino de Nicola
Lei ha parlato solo di liberazione
dalla oppressione sociale e politica,
ma Cristo ci ha-Merati dalla schiavitù del peccato e questo vale per ricchi
e poveri perché tutti hanno bisogno
della salvezza!
.— Certo dobbiamo ricordare le ragioni per cui Dio si è rivelato nel mondo in Gesù Cristo. Se ho ben compreso la fede cristiana, come si esprime
nell Antico e nel Nuovo Testamento,
la causa della presenza nel mondo di
ricchi e poveri, di oppressori e di oppressi, è il peccato. La invito a leggere Amos per vedere se ho detto qualcosa di diverso da quanto afferma quel
profeta. I cristiani devono riconoscere che la conse^enza del peccato è
sempre ingiustizia politico-sociale ed
economica. Se Gesù è venuto a redimerci dal peccato, questa redenzione
deve implicare giustizia politica e sociale, in modo da poter essere fatti liberi in questo mondo. Non potrei dirlo meglio usando parole diverse da
quelle di Gesù stesso in Luca 4: 18:
« Lo Spirito del Signore è sopra me;
per questo mi ha unto per evangelizzare i poveri..., bandire liberazione ai
prigionieri, ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi... ». Questa affermazione di Gesù è
sociale e politica.
Lei ha parlato solo di politica. La
chiesa non deve fare politica ma annunciare la buona novella della vita
eterna!
— Non dobbiamo dimenticare che
fu a causa di una oppressione sociale
e politica che gli Israeliti vennero liberati dall’Egitto. Non dimentichiamo
pure il messaggio di profeti quali
Amos, Osea e Isaia che contrastarono
energicamente l’oppressione pronunciando il giudizio di Dio sui ricchi che
opprimevano i poveri. Per questo il
cristianesimo odierno deve contrastare l’oppressione. Non riesco a comprendere come un cristiano possa leggere oggi il messaggio dei profeti o
Tinsegnamento di Gesù e continuare a
dire che il cristianesimo non deve occuparsi di politica. Dio è un Dio politico; Gesù è morto come un criminale
politico. I cristiani non possono ignorare l’oppressione dei poveri ed essere
ancora cristiani. Io mi preoccupo degli oppressi dove vivo perché sono un
cristiano e la mia fede lo richiede. Per
questo scrivo e parlo di « Teologia nera » e di un Dio « nero ». Penso che i
cristiani che vivono a Torino dovrebbero identificarsi con i diseredati e i
poveri che vivono tra loro; se non lo
fanno, non sono cristiani.
— Ma i profeti hanno rimproverato
a Israele la sua idolatria, cioè l'aver
abbandonato l'Eterno per andar dietro agli idoli.
— Questo è esatto, ma dobbiamo ricordare che l’idolatria di Israele era
strettamente connessa all’oppressione
sui poveri nella comunità. Tutti i Profeti senza eccezione proclamano Tira
di Dio sui ricchi per la loro oppressione dei poveri. Non c’è dubbio che
sia questa l’occasione principale della
loro profezia. Anche Gesù, nel suo ministero, si è identificato con i poveri
e non con i ricchi. Ricordiamo che
disse: « È più facile che un cammello
passi attraverso la cruna di un ago
piuttosto che un ricco entri nel regno
dei cieli ». Ciò dimostra che Dio è enormemente interessato alle condizioni fisiche dell’umanità. Non può tollerare
che gli uni siano affamati mentre gli
altri accumulano nei loro granai, non
Pqò tollerare che gli uni tengano prigionieri gli altri. Se la chiesa protestante o cattolica ignora la preoccupazione di Dio per la libertà sociale e politica dei poveri, quella chiesa potrà
essere una istituzione rispettata ma
non è la chiesa di Dio.
— Se il Black Power dovesse raggiungere il proprio scopo, come evitare che diventi a sua volta una forza
opprimente altri individui, bianchi o
neri?
— Finché viviamo in una condizione di peccato, come dicono i cristiani,
o in una condizione umana limitata,
come dicono i non credenti, si può accettare che vi sarà gente vittima del
potere di altra gente. Perciò il compito del cristiano è di accertare chi sono le vittime in una data società, siano esse nere, rosse o scure, protestanti o cattoliche, capitaliste o comuniste
ecc. Compito dei cristiani è di essere
a fianco delle vittime e di lottare con
loro per liberarli.
— Non crede che la Black Theology
possa significare in pratica ridurre l'Evangelo di Gesù Cristo a ideologia di
sostegno per la lotta politica dei negri d'America e nuindi strumentalizzare il messaggio di Cristo?
— Questo rischio è reale e sempre
presente. Ma TEvangelo stesso è rischio: è sempre possibile distoreere
TEvangelo usandolo come mezzo della propria autogiustificazione. Per evitarlo è necessario controllare costantemente il proprio impegno politico di
fronte alle Scritture. È vero che, essendo uomini e donne e non Dio, possiamo distoreere TEvangelo. Per questo dobbiamo continuare a leggere le
Scritture. Ma il rischio di far scadere TEvangelo a ideologia non è ragione sufficiente per ignorare la pretesa
delTEvangelo che è un Evangelo di liberazione dei poveri e dei deboli. La
teologia bianca negli U.S.A. è diventata demoniaca perché ha interpretato
il cristianesimo come giustificazionè
cristiana dell’oppressione del popolo.
In conclusione: la « Teologia nera »
non è ideologia solo perché vede Dio
identificato con gli oppressi. Sarebbe
una ideologia solo se usasse il cristianesimo come giustificazione dell’oppressione.
gi », è molto popolare tra i cattolici,
t un nrete ne ha ordinato alla Società
biblica del suo paese 2000 copie, insieme con altro porzioni della Scrittura.
Nello ZAIRE è stato aperto un
« Centro cattolico di apostolato biblico », dopo che due sacerdoti, appoggiati dal loro vescovo, avevano organizzato varie conferenze bibliche per
preti e suore. Sono significativi gli obbiettivi di questo Centro: incoraggiare la diffusione delle S. Scritture, promuovei'e Io studio della Bibbia e la
comprensione del suo valore, cercare
di scoprire un’espressione della vita c
della teologia cristiana adatta all’ambiente e alla cultura africana.
TRADUZIONE DELLA BIBBIA
della traduzione della
Bibbia il bollettino dell’Alleanza biblica comunica che vi è ora un’edizione
con un doppio testo, in francese e nella lingua africana di alcune regioni
(Angola, Costa d’Avorio): è un’edizione molto apprezzata perché offre ai
lettori, oltre al piacere di leggere TEvangelo nella loro propria lingua, la
possib'lità di migliorare il loro francese.
La Bibbia tradotta nella lingua della Ponopia (una delle isole Caroline
nelTOceanq Pacifico) è giunta nel 1972
a destinazione, e ben presto tutte le
copie .sono state esaurite: questa traduzione in una lingua parlata da ¡anco più di 20.000 persone era molto attesa.
Alla fine dell’anno 1973 sarà edita a
Budapest una nuova traduzione della
Bibbia, Antico e Nuovo Testamento in
un solo volume, in lingua ungherese,
preparata dai migliori specialisti, ba
sata sui testi ebraici e greci, e presentata in un linguaggio comprensibile e
adatto ai lettori contemporanei.
NELLE ESPOSIZIONI
Nel corso dell’anno 1972 le Società
bibliche hanno allestito banchi di vendita della Bibbia in due esposizioni
rurali, una tenutasi nelTURUGUAi"
l'altra nel KENYA. Dato il grande numero di visitatori le Società bibliche
hanno ottenuto un risultato assai soddisfacente: nell’Uruguay furono vendute oltre 60.000 copie degli Evangeli
e porzioni della Scrittura, e nel Kenya
3500 Bibbie.. Inoltre nelle due esposizioni furono distribuite gratuitamente
innumerevoli copie di selezioni bibliche.
ACCOGLIENZA FAVOREVOLE
La Società biblica delTINDIA segnala l’accoglienza molto favorevole riservata ai colportori nella regione di
Kerala: un professore indiano, ai suoi
figli che gli facevano notare che gli
Evangeli non erano i loro libri, disse:
« Sì, figlioli, questi libri sono anche i
nostri, e io desidero che ognuno di voi
ne possegga uno e lo legga ».
Ci sarà_ una traduzione biblica
ecumenica in italiano corrente?
Il Ticino evangelico
si associa
alia Società bibiica
Basilea (epd) - I delegati delle 42
organizzazioni che sono membri (Chiese riformate cantonali e Chiese libere)
della Società Biblica Svizzera (SBS)
hanno accolto quest’anno, nella loro
assemblea generale raccolta a Basilea, la Federazione delle chiese riformate del Cantón Ticino. Questo ingresso ha importanza particolare se si considerano i colloqui preparatori in vista
di una traduzione biblica ecumenica,
« Buona notizia » in italiano odierno.
La diffusione delle Scritture fra i lavoratori immigrati dev’essere maggiormente curata: a tale scopo è stata costituita una commissione speciale, con
il compito non soltanto di intensificare i’attività svolta dai quattro colportori impegnati dalla SBS e dalle Chiese cantonali, ma anche di unire in un
lavoro quanto più possibile coordinato tutti i gruppi interessati.
In una relazione il past. U. Fick, che
dal 1972 è il nuovo segretario generale
della Federazione mondiale delle Società bibliche, ha indicato alcune prospettive quanto agli scopi che ci si
prefigge per il 1980, secondo le decisioni prese aU’assemblea generale di Addis Abeba, alcuni mesi fa. Valendosi
di esernpi da ogni parte del mondo, il
past. Fick ha descritto vividamente il
grave ostacolo alla diffusione della
Parola di Dio, costituito dall’analfabetismo, ma anche la potenza liberatrice e al tempo stesso creatrice di vincoli di comunione; che TEvangelo rappresenta per la comunità dei popoli.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Personada
I coniugi Maria e Clemente Garrone, della nostra comunità torinese,
hanno felicemente festeggiato le loro
nozze d’oro. Con l’augurio migliore, ci
uniamo fraternamente alla loro gratitudine per il dono ricevuto dal Signore.
* * *
Esprimiamo la nostra fraterna simpatia alla signora Frida Aime, e a tutti
i suoi familiari, per la scomparsa della mamma, la signora Susanna Rostagno Rivoir.
3
18 maggio 1973 — N. 20
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
,,r>ag- 3
Cristiani nella penisela balcanica
(segue da pag. 1)
lo Stalo». Secondo il vescovo Klein la
Chiesa entra in molteplici rapporti
con la vita sociale, economica e cultulale di tutto il popolo: è questo il
campo d’azione sul quale la Chiesa e
ciascuno dei suoi membri devono conservare e manifestare la propria identità. I doveri civici e sociali non sono
qualcosa che si aggiunge ai doveri cristiani, ma ne sono parte integrante.
Perciò la Chiesa rende allo Stato il
suo servizio! migliore quando ' rende testimonianza della potenza di Dio con
un lavoro onesto, pronta all’aiuto,
aperta ai compagni d’umanità, in libera veracità. Compito dei « Kirchliche
Blätter », secondo il vescovo Klein, è
dunque additare oltre l’ambito della
propria vita ecclesiastica e portare a
valutare rettamente i problemi ecclesiastici, sociali, universali.
IL PRESTIGIO DELLA CHIESA
ORTODOSSA ROMENA
Su poco più di 19 milioni di Romeni, 14 milioni appartengono alla Chiesa Ortodossa di Romania; fra le Chiese ortodosse, soltanto quella di Russia
la supera in numero di membri. Nel
proprio paese essa gode di alto prestigio. Quando un anno fa il padre del
capo del partito comunista romeno,
Nicolae Ceausescu, morì, ebbe sepoltura eccclesiastica alla quale parteciparono il capo del partito con la moglie, il presidente dei ministri e una
serie di compagni del Comitato centrale.
Anche la Chiesa Ortodossa romena,
a dire il vero, ha dovuto subire un salasso: negli ultimi 12 anni ha perduto
la metà dei suoi monasteri, due terzi
(cioè 4.000 persone) dei religiosi che
aveva nel 1959 e il clero secolare è diminuito di un sesto. La sua situazione è tuttavia straordinariamente buona. paragòftata a quella delle Chiese
ortodosse nell’URSS e in Bulgaria.
Non poco ha contribuito alla considerazione per la Chiesa ortodossa in Romania il patriarca Justinian, dimostratosi ottimo diplomatico e capo ecclesiastico perseverante nel perseguire i
suoi fini. Fece pressioni sui credenti
perché mostrassero un rigoroso lealismo nei confronti del regime, e d’altra parte rafforzò l’organizzazione e
avviò varie riforme ecclesiastiche,
creando fra l’altro una « assemblea ecclesiastica nazionale » nella quale sono rappresentati pure i laici; intensificò la formazione teologica e fece partecipare preti e monaci a « corsi d’aggiornamento »; il corso di studi per
conseguire titoli teologici fu reso più
rigoroso e intenso; monaci e suore dovettero ricevere una formazione professionale, oltre a quella teologica, e
nei monasteri sono soggetti a otto ore
lavorative in centri di lavoro manuale. dimostrando così di essere disponibili per un lavoro utile alle collettività. In tal modo Justinian non soltanto operò una necessaria riforma
monastica, ma sottrasse i conventi, almeno in parte, all’attacco e alla confisca comunista, conservandoli come
centri nei quali la tradizione e la fede viene mantenuta viva.
In tal modo la Chiesa Ortodossa Romena non si è limitata a sopravvivere; il numero dei credenti non è diminuito, ma ha mantenuto il passo sull’aumento della popolazione, il che
non tutte le Chiese possono dire. I
nove istituti di formazione teologica
sono fiorenti: negli istituti teologici di
Bucarest e di Sibiju e negli altri sette
seminari teologici 2873 giovani studiano attualmente la teologia ortodossa;
a Bucarest e Sibiju 421 giovani hanno
iniziato gli studi teologici nel corrente anno.
Il fatto che Ceausescu abbia, poco
tempo fa, chiesto ai membri del partito e delle sue organizzazioni giovanili di astenersi dal partecipare, « almeno ufficialmente », ai culti è sintomatico della situazione odierna. Non si
è abituati a una tale tolleranza nell’Est comunista.
JUGOSLAVIA
Con i suoi 19 milioni di abitanti la
Jugoslavia raccoglie Serbi, Croati, Sloveni, Macedoni, Montenegrini e altri
gruppi etnici minori. La metà degli
Jugoslavi appartiene alla Chiesa Ortodossa Serba e un terzo alla Chiesa
Organizzato dalla FCEI
a Ecumene: 31 maggio - 2 giugno
Convegno biblico
sul battesimo
Il Servizio Studi della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia organizza anche
quest’anno a Ecumene il Convegno biblico
(dal 31-5 al 2-6 mattina) che avrà come tema: «Jl Battesimo». Il problema sarà esaminato sotto il profilo esegetico ecclesiologico;
sarà anche discusso il significato del Battesimo in quanto partecipazione alla morte e
resurrezione di Cristo. Gli oratori sono : Bruno
Corsani, Salvatore Guarna, Domenico Tomasetto e Franco Giampiccoli.
Le iscrizioni si ricevono presso la Federazione, via Firenze 38, 00184 Roma.
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Lamy Coisson, Lalla Conte^
Luciano Deodato, Samuele Giambarresi,
Franco Giampiccoli, Giorgio Tourn,
Claudio Tron, Elsa e Speranza Tron.
Cattolica . Romana, mentre un'altra
parte è costituita dà musulmani. Sol- :
tanto Tl“/o si dichiarano di confessione protestante: luterani e riformati.
La Chiesa Luterana ha 80.000 membri
raccolti in 97 comunità con 32 pastori;
la Chiesa Riformata, che si situa soprattutto nelle regioni confinanti con
TAustria, l’Ungheria e la Romania, ha
35.000 membri e 31 pastori.
VITA DELLA CHIESA RIFORMATA
Alla fine dello scorso anno una delegazione di pastori riformati ungheresi ha visitato la Chiesa Riformata in
Jugoslavia. Il giro includeva una visita di cortesia presso le Commissioni
per gli affari religiosi. (Ricordiamo che
la Jugoslavia è una Federazione che
raccoglie sei Repubbliche); i visitatori furono inoltre accolti dal vescovo
serbo ortodosso.
A fine 1972 una delegazione della
Commissione Fede e Ordinamento del
CEC soggiornò in Jugoslavia: il dr.
Lukas Vischer riferì in quell’occasione
sulla Concordia di Leuenberg, e dopo
ampia discussione un convegno, tenutosi in febbraio, fece propria questa
« Concordia delle Chiese della Riforma in Europa », chiedendo soltanto
che al punto II/ll si aggiungesse questa frase: « i cristiani nel loro servizio responsabile verso il mondo devono essere, se necessario, pronti anche
a soffrire ».
Il « Libro di religione », esaurito da
tempo, sarà nuovamente pubblicato.
Per il 1973 è nuovamente uscito l’Annuario Riformato con calendario di
letture bibliche. La « Circolare » ha lo
scopo di chiamare i membri della comunità a collette e offerte per l’opera
diaconale delle Chiese.
LA LOTTA DI TITO
CONTRO LE CHIESE
Parecchi anni dopo la guerra il rapporto fra comunisti e Chiesa Ortodossa era positivo. Ma fin dall’elezione
dell’ultimo patriarca serbo si sapeva
che la polizia segreta jugoslava ci metteva lo zampino. Col, metodo « divide
et impera » il partito spera di accrescere la propria influenza; così, per
pressioni dall’alto, alcuni anni fa la
Chiesa Serba Ortodossa fu divisa per
la prima volta, con la creazione di una
Chiesa ortodossa autocefala per il popolo macedone. Chiesa che per altro
non è stata finora riconosciuta dal patriarcato di Belgrado. È singolare che
il regime, che contrasta in tutti i modi le spinte centrifughe dei vari gruppi etnici, in questo caso se ne sia valso. Ultimamente si sono tenute due
sessioni del comitato centrale del Partito comunista serbo,,, che. si sono, occupate esclusivamente del ruolo delia
Chiesa ortodossa: essa dev’essere sottoposta a una censura rigorosa, e alla
morte eventuale dell’attuale patriarca
si deve fare il possibile perché ne sia
eletto uno che sia aperto agli scopi e
agli interessi del partito comunista.
Strumento dei comunisti è una ’comunione di preti’ da essi patrocinata, che
si appoggi al piccolo clero di campagna, il quale per la sua formazione
inferiore e per la mancanza d’informazione non è evidentemente in grado di riconoscere i rischi che minacciano l’unità della Chiesa. Questa « A.ssociazione di preti » patrocinata dai
comunisti si scaglia, negli ultimi tempi, contro il diritto di voto per reiezione del patriarca, in vigore da cinque anni; in base ad esso, tale elezich
ne spetta soltanto ài consiglio arciveìscovile, escludendo ( COSÌ '^influsso del
clero minore e, per suo tramite, del
partito.
Tattica analoga segue attualmente
il partito comunista jugoslavo nei confronti della Chiesa Cattòlica Romana:
anche qui si cerca, dividendo il clero,
di portare a una tensione interna nella quale il partito possa inserire la
propria azione.
A Ibèrto Gamier,
'V ^
missionario in Cina
La rubrica tv
“ PROTESTANTESIMO „
Cerignola : un centro agricolo del meridione
dove la predicazione evangelica ha una lunga
tradizione. « Protestanterfmo » (la rubrica curata da Roberto Sbaffi, in onda sul secondo
canale TV dalle 18.30 alle 18,45) dedica il
suo numero di giovedì 24 maggio alla comunità valdese di questa cittadina. In un servizio filmato vengono descritte la storia di questa comunità e le sue iniziative, tanto nel
campo della predicazione quanto in quello
della testimonianza, che la comunità ha voluto legare strettamente alla condizione sociale
della cittadina. In questa prospettiva la comunità ha creato un laboratorio di maglieria,
gestito dalle stesse dipendenti in forma di cooperativa, ed un asilo nido, messo a disposizione dell’intera popolazione. Il pastore Giuseppe Castiglione, in un’intervista, ehiarirà la
prospettiva evangelica che ha guidato la comunità nella sua testimonianza.
Salendo da Torre Pellice verso Angrogna un po’ al di sotto della borgata dei Giovo, c’è una vecchia casa, dove il missionario Alberto Gamier veniva ogni estate a trascorrere alcune
settimane, felice di ritrovarsi nella
valle natia, dopo tutta una lunga vita
trascorsa all’estero al servizio del Signore.
Queste le tappe della stia vita: terminati gli studi al Collegio Valdese, fu
mandato dalla Chiesa Battista in Inghilterra in una Facoltà di Teologia.
Consacrato pastore missionario a Torino, partì per la Cina nel 1906, dove
giunse poco dopo la guerra detta dei
“boxers”, e fu mandato a Taiyanfu, capitale dello Shansi, dove sei anni prima tutti i cristiani del luogo erano
stati trucidati. Una buona parte della
sua attività fu dedicata all’insegnamento nelle scuole della missione e
pai più specificamente, al servizio della Società per la Letteratura Cristiana,
a traduzioni in cinese, lingua di cui
era esperto conoscitore. Quando pubblicava una nuova traduzione usava
mandarne una copia alla mamma qui
in Italia e mi raccontava un giorno
che quando, scoppiata la rivoluzione
comunista, dovette tornare precipito
samente in Europa, senza poter portare gran che con sé, aveva sperato trovare quelle copie delle sue traduzioni
nella casa paterna, o forse nella biblioteca del Collegio Valdese... ma inutilmente, poiché non esiste una sezione
cinese nella nostra biblioteca!
Stabilitosi in Inghilterra con la famiglia, si occupò fino a pochi anni fa
del culto in francese che viene celebrato ogni domenica nella Cattedrale
Anglicana di Canterbury, da quando
gli ugonotti francesi perseguitati per
la loro fede si rifugiarono in Inghilterra.
Il suo ministero fedele in Cina fu
bruscamente troncato e ogni contatto
personale epistolare con i suoi ex
alunni e collaboratori cinesi venne interrotto. Spesso mi parlava della sofferenza che questo silenzio assoluto
gli procurava, e del nostalgico ricordo di quella terra cui aveva dedicato
il periodo migliore della sua vita, al
servizio del suo Salvatore.
Ai figli stabiliti in - Inghilterra e ai
suoi parenti in Italia, che egli amava
rivedere ogni estate, diciamo la nostra
fraterna simpatia nell’ora della separazione.
Roberto Coisson
Paolo VI indice i’“Anno Santo,, 1975
(segue da pag. 1)
ne rimesso con l'assoluzione « sacramentale » per quanto riguarda la colpa e pena eterna, ma richiede una
espiazione proporzionata alla gravità
della colpa, espiazione che può essere
compiuta mediante « penitenze » imposte dalla gerarchia, oppure nel « purgatorio ». Il Giubileo era, allora, la
grande « indulgenza plenaria » che rimetteva l’intera pena temporale.
Religione e potere
Il Giubileo si poteva ottenere soltanto a Roma, visitando in preghiera
le Tombe degli Apostoli. Ci sono anche oggi particolari Basiliche romane,
dotate di una speciale porta che —
normalmente murata — viene aperta
in occasione dell’Anno Santo.
Certamente Bonifacio Vili, iniziando l’istituzione del Giubileo, voleva
rendere meno pesante una situazione
disciplinare , che -$iava diventando insostenibile e che/ minacciava di sfuggirgli. Si noti che Bonifacio Vili fu
anche il papa che teorizzò l’assoluto
potere del papato sul piano sia religioso che politico, nella famosa Bolla
Unam Sanctam: « Dichiariamo, affermiamo, definiamo e pronunciamo che
sottostare {subesse) al Pontefice Romano è assolutamente necessario alla
salvezza per ogni creatura umana ».
Non ci si meraviglia, quindi, se tutta quella larghezza di perdono — così tipica del cattolicesimo, in netto
contrasto con l’esteriore severità delle leggi — è stata concentrata e limitata alla città di Roma: ciò che il pa
pato aveva
poneva di
genza.
Il
perso in prestigio si proriacquistarlo con l’indul
« nuovo » di Paolo VI
Ci si può chiedere perché mai
Paolo VI abbia riproposto, 10 anni dopo l’inizio del Concilio Vaticano II,
una istituzione fondata in situazioni
anche ecclesiastiche tanto diverse. Attualmente all’interno della disciplina
penitenziale cattolica sono rarissime
le scomuniche riservate al papa, le
« penitenze » canoniche non hanno
più quel rigore esteriore che incideva
nella libertà o anche nella incolumità
fisica, oltre che sociale, di coloro che
erano colpiti, le « indulgenze » sono a
portata di tutti e i poteri dei vescovi
sono certamente molto più ampi.
Si deve tuttavia ammettere che l’apparato delle indulgenze e dei suffragi
incide ancora molto fortemente nella
mentalità cattolica delle masse; il dissenso, in realtà, rimane abbastanza limitato e spesso ristretto ad élites culturali. Va considerato anche il potere
di suggestione che manifestazioni del
genere esercitano nelle folle; chi vi è
stato presente se ne può ben rendere
conto.
Paolo VI, tuttavia, intende dare alla
celebrazione anche un carattere nuovo. Anzitutto l’Anno Santo inizierà con
una lunga preparazione (dal prossimo
10 giugno) nell’ambito delle singole
diocesi: un movimento che partirà dalla periferia per terminare gloriosamente al centro. La novità è abbastanza miserella; Pio XII, nel 1950, aveva
fatto il contrario: prima a Roma e
Dall’Esercito
della Salvezza
Domenica 8 aprile è stata per i Salutisti la giornata dei Cadetti di Corpo. I giovani salutisti possono diventare Cadetti di Corpo quando hanno
compiuto 13 anni; essi allora seguono
un corso di studio e compilano lezioni scritte, collaborano aH’insegnamento biblico ai bambini, partecipano alle adunanze, possono indossare la aivisa quando sono in servizio. Questo
è il primo passo per diventare ufficiali.
L’Esercito offre un corso biblico per
corrispondenza per giovani e adolescenti. Si può chiederlo a: Esercito
della Salvezza, Via Ariosto 32, Roma.
Porte aperte a Roma presso l’Esercito (Via degli Apuli 42): la « Gioietta » ospita donne che non hanno casa:
ognuna può avere il suo box; per uomini vi è un dormitorio, con un letto
e un armadio.
L’Esercito lancia /’« Appello nazionale di Primavera » per raccogliere
fondi a favore dell’opera di evangelizzazione in Italia. I Salutisti compiono
servizi sociali e di soccorso, ma è sulla diffusione della Parola che essi puntano, e questo essi fanno per mezzo
dei Corpi di evangelizzazione, che corrispondono alle nostre comunità.
Una rivoluzione
spirituale
Il movimento degli Studenti Italiani per Cristo proclama la necessità di
una rivoluzione spirituale che dovrebbe essere suscitata dal messaggio di
Cristo: « La società sarà cambiata in
misura adeguata agli individui che saranno trasformati dall’incontro personale con Gesù Cristo ».
Il primo convegno laico per l’evangelizzazione degli Studenti Italiani per
Cristo ha avuto luogo a Napoli nei
primi giorni di maggio. È stato organizzato dalla Campus Crusade for
Christ e diretto dal Rev. Bill Portis di
Napoli. Oratori: Gioele Baldari, responsabile per l’Italia, Bill Portis, Lou
Notiziario Evangelico Italiano
poi alla periferia; il risultato non è
tanto diverso!
La seconda e più importante novità
dovrebbe essere lo scopo dato all’Anno Santo che sarebbe la « riconciliazione ». Paolo VI si dilunga su questo
tema, benché sia molto difficile trovare il nesso tra il carattere delle celebrazioni del Giubileo e il problema
mondiale della riconciliazione. D’altra
parte neppure questo è nuovo; anche
Pio XII nel 1950 volle dare un significato universale di rinnovamento alla
celebrazione del Giubileo. Non vogliamo mostrarci aprioristicamente scettici, ma ci viene in mente qualche niccolo particolare di storia recente. Giubileo del 1925: coincidenza certamente fortuita fu il consolidamento del
fascismo in Italia; Giubileo del 1933 34
per il 19” centenario della Redenzione:
coincidenza fortuita, l’avvento del nazismo in Germania; Giubileo del 1950-51:
coincidenze fortuite, inizio di un periodo di reazione politica e religiosa, la
condanna dei teologi cattolici progressisti. Si tratta certamente di coincidenze fortuite, ma si può almeno dubitare della efficacia di un Anno Santo
per risolvere in modo positivo i problemi del momento.
Effetti accidentali
Il commentatore della TV nel riferire la decisione di Paolo VI di celebrare l’Anno Santo, faceva questa,
molto prosaica, considerazione: si calcola che per il 1975 giungeranno a Rortla 25 milioni di pellegrini. Questa polarizzazione verso un « luogo sacro »
ha molto più assonanza con ciò che
accadeva ad Efeso al tempo di Paolo
(Atti 19: 23 ss.) che con le parole di
Gesù alla samaritana (Giov. 4: 21 ss.),
e il particolare rilevato dal commentatore televisivo fa vedere l’altra faccia della luna...
Franz, Ron Jones. Gli argomenti trattati: Come fare l’esperienza dell’amore e del perdono di Cristo; come testimoniare dello Spirito Santo; il grande mandato; applicazioni pratiche nella città di Napoli.
Operazione Mobilitazione
Un gruppo di giovani credenti si sono stabiliti a Foggia, guidati da Eliseo
Santangelo, per compiere un’opera di
testimonianza nella città e nei dintorni, in collaborazione con la locale Assemblea dei Fratelli. Il gruppo di lavoro fa parte dell’Operazione Mobilitazione che ha vari centri di evangelizzazione nella penisola. I giovani sono
forniti di stampati da distribuire principalmente davanti alle scuole: sono
infatti i giovani che essi cercano di
raggiungere. ' ’
’’Sacra rappresentazione”
a Roma
Un Dio non muto ha parlato anche
a Roma, il giorno di Pasqua nella sala valdese di P. Cavour, il giorno dopo nella Chiesa Metodista, per opera
del collettivo teatrale « Agape ». I cadetti sono stati bravissimi in questa
forma di rappresentazione così moderna ed eloquente, frutto dei loro
studi sulla Riforma e su Miinzer fatti ad Agape. È seguito un dibattito interessante con il pubblico. Qualcuno
ha definito questa una sacra rappresentazione e i giovanissimi se ne sono
un po’ offesi, ma a torto, perché era
un elogio.
Ci auguriamo che di Lutero i cadetti non conservino solo il ricordo legato alla guerra dei contadini, come appare nella loro bella rappresentazione
« Un Dio non muto »!
Campeggi estivi
A Rocca di Papa (30 km. da Roma,
in collina) il Centro Ev. Battista acco
glierà durante Testate i seguenti E Tecumenismo?
campi:
Campo cadetti 03 - 16 anni) dal 28-6
al 16-7. Il tema di studio sarà la ricerca biblica su un libro dell’Antico Testamento. Dirigerà il Past. Marziale.
Campo ragazzi (7 - 12 anni) dal 18-7
al 8-8. Dirigerà il Past. latrate; il tema: « La Bibbia racconta... ».
Campo Famiglie dal 10 al 30 agosto.
Per i moduli d’iscrizione e informazioni scrivere alla Sig.ra Ada Landi,
piazza in Lucina 35, Roma.
Inda Ade
UNIONI FEMMINILI — PIEMONTE
Domenica 3 giugno, a Rivoli
Incontro
interdenominazionale
tra battiste, metodiste
e valdesi
Programma:
— ore 10: culto con la comunità battista di Rivoli.
— ore 11: scambi fra le varie denominazioni sul lavoro delle unioni.
— ore 14: presentazione del tema sui
mezzi di comunicazione di massa:
« cinema, radio, televisione, stampa, mezzi di formazione, informazione, o altro? »
— ore 15: discussione a gruppi - conclusioni.
— ore 17.30: chiusura.
Pranzo: o pic-nic, è possibile consumarlo alla scuola battista Filadelfia,
per circa L. 1.000. Prenotarsi almeno
cinque giorni prima.
Per le Valli: si cerca di organizzare
un viaggio in pullman (circa 1200 lire);
prenotarsi al più prestò presso MarieFrance Coisson — 10060 Angrogna —
Tel. 91.444.
Cordiale invito anche alle non unioniste.
Ne! discorso di Paolo VI è del tutto
assente la prospettiva avanzata dal
commentatore della TV, secondo la
quale il papa avrebbe intenzione di
coinvolgere nella sua iniziativa le altre chiese cristiane ed anche i non cristiani. Questa prospettiva, in realtà,
non è molto peregrina, perché corrisponde al trionfalismo cattolico emerso anche in occasione del Concilio Vaticano II: la visione del mondo a cerchi concentrici, il cui centro è Roma,
anzi il Vaticano col papa.
Non è da escludere che il Giubileo
veda il pellegrinaggio a Roma di altre
Santità o Beatitudini, di dignitari ecclesiastici forse anche protestanti —
sempre al fine della « riconciliazione »
Penso che i protestanti italiani non ci
saranno e sarà anche questa una testimonianza, anche se qualcuno ci lancerà l’accusa di « provincialismo ».
Se Paolo VI aveva veramente a cuore un richiamo evangelico alla riconciliazione nella drammatica vicenda
del nostro tempo, l’ecumenismo avrebbe potuto suggerirgli qualcosa di più
adatto. Le chiese possono veramente
incontrarsi, non in un clima trionfalistico, ma nel vero spirito penitenziale che è il riconoscimento davanti a
Dio e.al mondo della propria incapacità dì dire agli uomini del nostro
tempo una parola che non sia ripetizione di parole dette da altri o evasione dai problemi mediante finezze dialettiche che si prestano a tutte le interpretazioni. Lasciando stare le antiche
tombe dei morti che, se mai sono state riempite, ora sono vuote, e pensando alle tombe che la furia omicida
apre ogni giorno, si può riflettere p
operare insieme con responsabilità,
dialogando anche con i non cristiani,
nell’ascolto del giudizio e delle promesse di Cristo. Ma la condizione per
far questo è di sentirsi discepoli piuttosto infedeli di Gesù e non maestri
degli uomini. A. S.
4
pag. 4
UN'INTERVISTA CON IL PROF. ALBERTO SOGGIN
Si ripniiiiiie alle Chiese H lenhleeia dei leni rappeni eoe l'fliraiseio,
tee le Stato f Israelo, eoo i paesi arahi
GINO CONTE: La recente dichiarazione dell’episcopato francese sui
rapporti con l’Ebraismo, e in particolare il suo riconoscimento del diritto d’Israele ad un’esistenza politica autonoma, dichiarazione fatta in
occasione della JPasQua ebraica poche settimane prima della celebrazione del 25° anniversario dello Stato d'Israele (7 maggio 1973), ripropone anche alle Chiese il problema
dei loro rapporti con l’Ebraismo,
con lo Stato d Israele, con i paesi
arabi. Come ti situi tu in questo dibattito che a volte sonnecchia, ma
che è sempre pronto a riaccendersi?
ALBERTO SOGGIN: Alcuni mesi orsono il vostro collaboratore Roberto
Peyrot precisava in una lettera al direttore: « Non "tengo" né per gli Arabi, né per gli Israeliani »; vorrei sostenere una posizione analoga, ma formularla in termini positivi: « Io "tengo"
sia per gli Arabi, sia per gli Israeliani ».
G. C.: Ma c’è una guerra, latente o
combattuta, È possibile mantenere
in queste condizioni una posizione
interlocutoria?
A. S.: La guerra esiste, certo, e nei
termini da te usati. Ma si tratta di una
guerra quasi tipica per il suo carattere
basso prezzo, viene rivenduto sul mercato interno europeo ed americano a
prezzi talvolta fino a 5 volte superiori
ai costi d'acquisto e di raffinazione.
Inoltre d paesi compratori di petrolio
smerciano spesso i propri prodotti nei
paesi produttori a tariffe estremamente
vantaggiose.
G. C.: Si direbbe che consideri con
simpatia la lotta araba per affrancarsi da questo stato di. cose.
A. S.: Evidentemente. E ci tengo a
dirlo perché, discutendo alcuni mesi fa
con una mia ex-studentessa, ho scoperto quasi per caso , di avere la fama di
essere antiarabo! Fama basata, come
spesso da noi, su pettegolezzi, dato che
non ho mai detto né scritto nulla che
possa essere interpretato in questa maniera. A meno che, naturalmente, il fatto di essermi alcune volte pronunciato
per Israele non sia sufficiente per essere considerato antiarabo... Ma ti ho
detto poc anzi come mi situo nei confronti del conflitto. Per altro, nell’attuale congiuntura politica io vedo ben poco spazio per una liberazione dei popoli della regione dalle varie forme di
sfruttamento alle quali sono sottoposti.
Vi sono stati alcuni tentativi-pilota
molto interessanti in Egitto all’epoca
del presidente Nasser; in Algeria il go
Il dramma dei profughi arabi: la partenza di molti, in larga misura
determinata da una paura creata artificiosamente...
artificioso, nel senso cioè che non interessa le parti in lotta. Scoppiò alla fine
del 1947 sotto l’istigazione di organi (la
Lega araba) e di nazioni (Egitto, Transgiordania ed Iraq) in quei tempi strettamente legati alla Gran Bretagna (unica eccezione la Siria) e da essa armati
e diretti. Lo scopo della guerra era
semplice: la Palestina doveva precipitare nel caos ed i Palestinesi dell’epoca,
arabi ed ebrei, avrebbero ben presto
richiamato la Gran Bretagna. Le truppe inglesi, che stavano partendo alla
chetichella, sarebbero quindi ritornate
sulla cresta dell’onda. Il caos vi fu, ma
nessuno pensò a richiamare gl’inglesi.
La guerra è continuata con un alternarsi di brevi fasi calde e di lunghe fasi
fredde; nelle prime, com’è noto, Israele rimase il vincitore, anche se politicamente non ha mai raggiunto la pace,
scopo principale delle sue lotte. In questi termini le ostilità sono continuate
nel contesto della guerra fredda prima,
poi in quello del confronto pacifico tra
est ed ovest, rinfocolate dalle grandi
potenze e da potenze minori in cerca
di grandezza o di vantaggi economici,
con consegne di armi alle due parti e
dichiarazioni verbali di solidarietà. Lo
interesse per la guerra non si trova
quindi presso i contendenti, ma presso
terzi: non è infatti una guerra che contrapponga poveri e ricchi, oppressi ed
oppressori: Israele non è ricco, gli Arabi non sono di per sé poveri, Israele
non opprime né sfrutta nessuno, gli Arabi non sono oppressi né sfruttati, almeno non da Israele. La guerra potrebbe quindi cessare da un momento all'altro se da parte dei terzi interessati
esistesse la volontà politica di farla
cessare.
I veri nemici
e la corsa al petrolio
G. C.: Vuoi dire che gli Arabi e
gl'israeliani dovrebbero in fondo affrontare i loro veri nemici, invece
di dilaniarsi a vicenda?
A. S.: Esattamente. La strategia delle
grandi potenze e di parecchie nazioni
minori (anche dell’Italia) mira ad assicurarsi una parte quanto più cospicua
del petrolio, del metano e di altri prodotti grezzi del mondo arabo ovvero
di vietarne l’accesso ai concorrenti o
agli avversari politici. In un Vicino
Oriente in pace e concorde, le potenze
americane ed europee dovrebbero confrontarsi con un gruppo di nazioni in
via di sviluppo si, ma con una politica
petroliera e mineraria organica e coordinata da paese a paese. Nella situazione attuale è facile dividere per signoreggiare ed imporre le proprie condizioni ed i propri prezzi; per fare l’esempio più ovvio: il petrolio, comperato
verno militare sembra stia lavorando
silenziosamente e senza retorica a piani a largo respiro; in Siria la diga sull’Eufrate dovrebbe ampliare considerevolmente l’area dei terreni irrigabili.
Ma si tratta evidentemente di soluzioni sul piano locale, che lasciano intatti
i problemi di fondo: lo sfruttamento
razionale delle ricchezze esistenti nella
regione e il disarmo. Il primo darebbe
capitali, il secondo, oltre a liberarne
degli altri, libererebbe centinaia di migliaia di uomini abbastanza qualificati,
per impieghi produttivi. Il secondo elemento è valido anche per Israele.
Israele: la diaspora,
la terra e lo Stato
G. C.: Ma vorrei tornare sul problema dei rapporti tra l’ebraismo,
lo Stato d’Israele e la Chiesa.
A. S.: Si tratta di un problema non
semplice, che vorrei cercare almeno di
impostare per i lettori. Punto di partenza è una constatazione ovvia: una
maggioranza più che qualificante degli
Ebrei della diaspora s’identifica oggi
con lo Stato d’Israele. Tale identificazione non è qualcosa come un’aberrazione « costantiniana » in ritardo di cir
ca 1500 anni, costituisce parte integrante della fede d’Israele. Questa fede (e
mi scuso coi lettori se mi permetto di
presentare un problema così complesso in forma molto semplificata) s’articola in tre punti fondamentali: la
Scrittura, il popolo eletto e la terra
promessa. Il secondo ed il terzo punto
scaturiscono dal primo. Si tratta di eleménti presenti anche nella fede cristiana, sebbene, a parte la Scrittura, essi
non occupino sempre un posto centrale; inoltre essi sono stati spiritualizzati: la comunione dei credenti, la Gerusalemme celeste. Per l’Ebreo la fondazione dello Stato d’Israele è stata semplicemente lo strumento per poter realizzare in maniera più adeguata la ricostituzione del popolo di Dio e la sua
vita nella terra promessa. Non ci deve
quindi stupire che l’avvenimento sia
stato considerato talmente importante
che la gran parte delle Sinagoghe ha
iritrodotto nel proprio rituale una liturgia per il « giorno dell’indipendenza »;
nel culto serale della Sinagoga viene
suonato da alcuni anni a questa parte
addirittura lo sciofàr (corno d’ariete)
il cui uso è limitato alle massime solennità religiose: il giorno dell’espiazione,
il Capodanno, in alcuni rituali la fine
della Pentecoste.
Un problema teologico
per ebrei e cristiani
G. C.: Mi senibra che si tratti essenzialmente di un problema teologico interno dell’Ebraismo. Fino a
che punto riguarda noi come cristiani?
A. S.: Ci riguarda in quanto da più
decenni stiamo cercando di ricuperare
per la Chiesa la dimensione ebraica, semitica della nostra fede. Molti cristiani
sono consci del fatto che il peggiore
scisma per la Chiesa è stata la separazione nei primi secoli tra Chiesa e Sinagoga. Tale separazione è stata approfondita dalle persecuzioni e dall’antisemitismo di matrice cristiana, ftno a
creare un abisso incolmabile. La missione cristana dell’ultimo secolo poi,
condotta con criteri che spesso ignoravano cosa fosse l’Ebraismo e non sempre priva di pressioni politiche, non ha
certo facilitato l’accostamento tra le
due fedi. Se desideriamo rincontro tra
l’Ebraismo e la Chiesa, la nuova realtà
del popolo ricostituito e della terra ritrovata non potrà essere ignorata e
tanto meno respinta come ricatto. A
tale proposito esiste un notevole studio
di F.-W. Marquardt, il quale elenca una
serie di dichiarazioni in questo senso
da parte di qualificati dirigenti ebraici:
se non riconosciamo la nuova realtà
etnica e politica del popolo d’Israele,
rincontro è inutile. Ma la Chiesa non
può più prescindere da quest’incontro:
uno scritto fondamentale del Nuovo
Testamento qual’è l’epistola ai Romani
dedica ben tre capitoli ai rapporti Chiesa-Israele, giungendo alla conclusione
che 1’« Israele secondo la carne » e
1’« Israele secondo lo Spirito » dovranno convivere fino alla fine dei tempi.
« Carne » e « Spirito » non vanno intesi
qui come due realtà contrapposte, la
prima inferiore alla seconda, ma come
termini indicativi di due realtà parallele: il popolo di Dio eletto in Abramo, il
popolo di Dio chiamato dallo Spirito.
I.’importanza di quest’elemento è stata
pienamente compresa dagli autori di
Pane al pane (Claudiana, Torino 1972,
p. 217), anche se l’argomento non viene
sviluppato, e costituisce uno dei punti
qualificanti della predicazione di due
tra gli elementi di maggior pre.stigio
della sinistra protestante: H. Gollwitzer ed il citato F.-W. Marquardt di Berlino.
sp'O. Ma anche a tale proposito gli antisiohisti più qualificati parlano a questo
punto di « confine... così spesso tanto
difficilmente percettibile » (M. Rodinson). La ragione per la difficoltà di distinzioni del genere è semplice: Israele
è sempre stato sionista, datp che i concetti di popolo e di terra sono parte integrante della propria fede. È per questo che Israele non ha mai accettato
attraverso poco meno di 2000 anni la
dispersione seguita ai fatti del 70 e del
134 d. C. ed ha mantenuto vivi sia
l’amore che la nostalgia per quello che
non ha mai cessato di considerare il
proprio paese. Ciò spiega a sufficienza
perché alla fine del secolo scorso ed all’inizio del nostro abbia sempre rifiutato, non senza voci dissenzienti, altre
soluzioni territoriali, anche se economicamente più convenienti. La differenza tra questo Sionismo religioso e quello politico nato tra la fine del secolo
scorso e l’inizio del nostro sta nella coscienza maturatasi presso alcuni dirigenti ebraici che il problema, per essere risolto, doveva essere impostato in
categorie anche politiche, dato che investiva fattori che al difuori della politica non si lasciavano risolvere. Ltt questione ricorda un po’ quella deU’impegno sociale del cristiano: da un po’ di
tempo a questa parte ci siamo accorti
che i problemi sociali non si lasciano
risolvere turando una falla qua, un’altra là (per quanto necessario ciò possa
essere nel caso concreto), ma solo mediante scelte politiche precise e qualificate. Lo stesso videro i propugnatori
del Sionismo politico ed agirono di conseguenza.
Non era
« terra di nessuno »
G. C.: Ma si rendevano conto i
fondatori del Sionismo che la Pale
stina era abitata e che avrebbero
potuto sorgere delle difficoltà?
A. S.: Se un rimprovero può essere
fatto ai primi dirigenti sionisti è proprio quello di non aver valutato appieno i problemi politici che l’insediamento di una popolazione nuova (anche se
idealmente legata al paese) avrebbe
potuto creare nei confronti della popolazione preesistente. Questa valutazione insufficiente è stata però alimentata
da alcuni dati di fatto; anzitutto che il
paese era sottopopolato: alla fine del
sec. XIX aveva poco più di 300.000 abitanti, all’inizio della I guerra mondiale
ne aveva 600.000, e nota bene: la Palestina comprendeva allora tutta la
Transgiordania separata dalla Gran
Bretagna nel 1922, Oggi la sola Cisgiordania può facilmente sostenere oltre
3.500.000 persone!
Il problema non era dunque né etni
ATTUALITÀ’ EBRAICHE
Villaggi arabi
distrutti in Israele
Suirultimo bollettino (n. 3, aprile 1973) della Conferenza mondiale dei cristiani per la
Palestina (49 faubourg Poissonnière, Paris 9®)
abbiamo letto questa notizia, che riportiamo
a titolo documentario, non essendo in grado
di valutarla.
...e il rientro di pochi, al Ponte
Allenby, sul Giordano; i rapporti
arabo-israeliani sono precari e non
possono non rimanerlo finché non
ci sarà la pace, l’accettazione
ì reciproca
La norma: accettare
l’interlocutore com’è
e come si comprende
G. C.: Anche senza usare il pesante termine di « ricatto » al quale alludevi, come possiamo far dipendere
il nostro atteggiamento ecumenico
da fattori in parte politici?
A. S.: Uno dei pilastri dell’incontro
ecumenico è di accettare (anche se non
in forma acritica) l’interlocutore com’è
e come egli si comprende. In altre parole, un cattolico non può dirci: si, ma
non accettiamo il discorso a meno che
non rinunciate alla giustificazione per
fede, né possiamo fare noi un analogo
discorso al cattolico per elementi che
noi consideriamo errati. Così, non potremo dire all’Ebreo come deve comprendere la propria esistenza né come
deve spiegare la propria Bibbia. Potremo se mai considerare certi elementi
come un ostacolo all’incontro, ma allora dovremmo dimostrare che il concetto di popolo di Dio e di terra promessa
sono incomnatibili col messaggio delle
Scritture. Ma converrai che una dimostrazione del genere non è propriamente facile!
Difficile distinguere
fra ebraismo e sionismo
È diventata del resto una moda cercare di distinguere tra Ebraismo e Sionismo, tra antisemitismo ed antisioni
Ecco qui appresso alcuni estratti di
un rapporto che il dr. Israel Shahak (2
Bartenura Street, Jerusalem) ha reso
noto di recente:
«La verità riguardo agli stanziamenti
arabi che esistevano prima del 1948
nell’attuale territorio dello Stato di
Israele è uno dei segreti meglio protetti della vita israeliana. Non esiste una
pubblicazione, non un libro o un pamphlet che ne dia il numero e la localizzazione. La cosa è certamente intenzionale, affinché il mito ufficiale di un
’’paese vuoto” possa essere insegnato
nelle scuole israeliane e raccontato ai
visitatori.
« Credo che questo modo di falsificare i fatti è una colpa assai grave, e al
tempo stesso uno dei fattori più importanti che si oppongono allo stabilimento di una pace valida, cioè una pace
che non sia basata sulla forza e sull’oppressione.
« Questa falsificazione è particolarmente grave, mi pare, perché è auasi
universalmente accettata, al di fuori
del Medio Oriente, e perché i villaggi
distrutti sono stati, nella maggior parte
dei casi, distrutti interamente, con le
loro case, i muri che recingevano i
giardini, gli stessi cimiteri con le pietre tombali, al punto che non resta in
piedi una sola pietra, e che ai visitatori
in transito si dice che quel terreno ’’era
deserto".
« Penso che il dovere di un uomo onesto, in Israele e altrove, è cercare di
conoscere la verità, nella misura del
possibile ».
Il dr. Shahak da Quindi una lista
completa di tutti i villaggi che esistevano all'interno dello Stalo df.Israele
(secondo le frontiere del 5 giugno 1967)
e di quelli esistenti oggi. Ne risulta che
su un totale di 475 villaggi esistenti
prima del 1948, non ne rimangono che
90, cioè in venticinque anni 385 villaggi sono stati cancellati dalle carte.
I drusi del Gelan
chiedono
l'annessione a Israele
Secondo una corrispondenza da Geru.salemme de « Le Monde » (4.5.’73), varie diecine
di notabili dei cinque villaggi drusi del Golan,
l’altopiano transgiordano occupato da Israele
nel corso della guerra dei sei giorni (1967),
hanno chiesto per bocca del loro capo, lo sceicco Suleiman Kanj, che questa regione sia incorporata nello Stalo di Israele e che ai suoi
abitanti sia conferita la cittadinanza israeliana. Fonti israeliane escludono tuttavia, nella
situazione attuale, un’annessione formale di
questa zona già siriana, dall’alto della quale
l’artiglieria siriana aveva per anni tormentato i villaggi e i kibbulzim gallici.
I drusi sono una popolazione semita, poche
centinaia di migliaia di peritone, vivente nella
zona a cavallo delle frontiere fra Libano, Siria
e Israele; fortemente consci e gelosi della loro
identità etnica, sono uniti anche dalla fede
religiosa : il drusismo è una ’’setta” islamica
sorta nel X secolo in Egitto, trapiantata e fissatasi in questa regione. Popolo prevalentemente montanaro e dedito all’agricoltura e
alla pastorizia, di carattere fiero (un druso.
Kamal Jumblat, è l’artefice dell’indipendenza
libanese), si distingue dall’ambiente levantino
della fascia costiera siriaca.
Una famiglia ebraica
assassinata nell'Irag
Fonti israeliane — l’agenzia stampa ITLVI.
confermata dal ministro degli esteri Abba
Eban — hanno comunicato che a fine aprile
cinque membri di una famiglia ebraica irakena, i coniugi Kashush e tre loro figli, sono
stati uccisi da membri dei servizi segreti irakeni, dopo essere stati costretti a lasciare la
loro abitazione. Già tre membri della famiglia. i due figli maggiori e una bimba di sei
anni, erano stati rapiti e uccisi vari mesi fa.
Secondo il quotidiano israeliano « Maariv »,
dallo scorso ottobre venti ebrei irakeni sono
stati prelevati da agenti del partito Baas irakeno (socialista — di quel socialismo molto
particolare qual è quello arabo —, il partito
unico al potere) e poi uccisi per la strada.
Più o meno grave è la situazione delle comunità ebraiche in vari paesi arabi. Bisogna
riconoscere obiettivamente che il deterioramento è avvenuto in seguito al sorgere dello
Stato d Israele e al conflitto con gli arabi, anche se ovviamente questo non giustifica in alcun modo le discriminazioni e le persecuzioni
antiebraiche.
Un ebreo ukraino
condannato a dieci anni di carcere
Come si costruisce
un colpeuole
Mosca (A.P.) - Il 29 marzo 1973 l’ebreo
ukraino Isaac Shkolnik era incolpato di tradimento dal tribunale militare di Vinnitsa. I
suoi amici moscoviti hanno annunciato, TU
aprile, che era stato condannato a dieci anni
di carcere. Poche ore prima l’agenzia sovietica « Novosti )) aveva annunciato che I. Shkolnik si era riconosciuto colpevole di aver fornito a Israele informazioni su installazioni di
difesa, dislocamento di unità militari e fabbriche dì carri armatti e aerei. L’agenzia aggiungeva che era passibile di una pena carceraria e che in caso fossero emerse aggravanti,
poteva essere pronunciata la pena di morte.
AI momento dell’arresto, nel luglio scorso, sarebbe stato f( sul punto » di richiedere il visto
di uscita alla volta di Israele.
* * ♦
Secondo altre informazioni raccolte da « Le
Monde », al momento deH’arresto lo Shkolnik, operaio metallurgico, era stalo incriminato per diffamazione. In seguilo Pimputazione
si era trasformala in a spionaggio a favore della Gran Bretagna », ma a causa dell'emozione
suscitata in Inghilterra da quest’affare, fu incolpato, per finire, di spionaggio a prò d'Israele. L'atto d'accusa affermava che lo Shkolnik
« ha tenuto a memoria informazioni che intendeva trasmettere agli Israeliani., una volta
giunto /(L grazie alla sua memoria fenomenale »...
H L’Accademia delle scienze delPURSS ha
avviato una procedura di espulsione contro uno dei suoi membri corrispondenti, il
prof. Veniamìn Levic, di notorietà mondiale
per i suoi lavori nel campo della fisica teorica
e dell’idrodinamica. Questi si è visto rifiutare
l'autorizzazione a emigrare in Israele.
5
18 maggio 1973 — N. 20
pag. S
co, né economico. Un altro dato di fatto che favorì l’insufficiente valutazione
della situazione politica da parte dei
dirigenti sionisti era prodotto dall’atteggiamento dei dirigenti arabi e della
popolazione: una parte favoriva l’insediamento sionista che vedeva apportatore di idee nuove, di nuove strutture
politico-sociali, di progresso e di cultura e quindi di benessere; l’altra parte
respingeva invece tout court ogni genere d’insediamento sionista, timorosa di
un alteramento dell’equilibrio delle forze politico-economiche in favore dei
nuovi venuti. Quest’ultima posizione
ebbe il sopravvento alla fine degli anni
’30 e durante gli anni ’40, sia pure mediante l’uso della violenza. Si giunse
così a respingere ogni tentativo di soluzione politica della vertenza, fino al
rigetto del piano di spartizione della
Palestina elaborato dalle Nazioni Unite.
Il piano di spartizione
delle Nazioni Unite
G. C.: In che cosa consisteva questo piano nelle sue grandi linee?
A. S.; Prevedeva la spartizione del
paese in quattro cantoni, due ebraici e
due arabi e rinternazionalizzazione del
complesso Gerusalemme-Betlemme. La
assegnazione ad una zona o aH’altra di
un territorio era stata effettuata sulla
base di criteri di maggioranza etnica e
di peso economico. I cantoni avrebbero goduto di autonomia sul piano locale e sarebbero stati la base per lo
Stato federale palestinese. Tale piano,
accettato dagli Ebrei, venne invece respinto dagli Arabi e dagli Inglesi. Il
progetto dei movimenti palestinesi oggi non fa che ricalcare parecchi elementi di questo piano, respingendo però la
divisione in cantoni ed introducendo
la laicità dello Stato. Quest’ultimo punto, lasciamelo dire, è assolutamente inconcepibile in un paese islamico (nel
Libano, dove esiste una situazione paritaria di Mussulmani e di Cristiani,
abbiamo un faticoso e complesso compromesso, non certo^ la laicità dello
Stato), e chi conosce la situazione lo
sa bene.
Alternativa utopica
(e spesso terroristica)
o compromesso realista?
G. C.; Che te ne sembra del piano
in generale? Alcuni fra noi lo considerano una giusta soluzione del problema palestinese.
A. S.: Ciò che sarebbe stato possibile 25 anni fa, è impossibile oggi: non
solo per il suo anacronismo, ma anche
perché la posizione palestinese vuole
creare il prc.prio Stato distruggendo
politicamente quello ebraico. È necessario che chi sostiene il piano palestinese si renda ben conto della situazione:
esso presuppone la distruzione politica
di quello ebraico; ma dovrebbe essere
evidente che lo Stato ebraico non ha
la minima intenzione di lasciarsi distruggere per un progetto che per il
resto è estremamente vago. E per questo che ho sempre considerato il piano
palestinese come politicamente non
realista, oltre che moralmente insostenibile. In questa mia posizione mi sono visto confortato dal rapporto ^ dei
Quaccheri, che considera questo piano
« una fuga romantica dal mondo reale », una fuga « che favorisce coloro i
quali (Arabf ed Israeliani) si ripromettono particolari vantaggi daH’esclusione dei Palestinesi dalle trattative politiche ». Altrove lo stesso rapporto chiama il programma di al-Fàtah « un sogno ». È un peccato che la presa di coscienza politica da parte dei Palestinesi
si sia esaurita in piani politicamente
utopici e nel terrorismo: abbiamo qui
forse la seconda tragedia del popolo palestinese. E assurdo infine che la « resistenza »si rivolga contro le altre vittime della presente situazione politica...
Il problema dei profughi
G. C.: E perché Israele sarebbe
oggi una vittima? Dopo tutto negli
ultimi 25 anni ha trionfato su tutta
la linea.
A. S.: È anch’egli vittima perché lo
Stato, nato per offrire una patria al popolo che non ne aveva, si è visto coinvolto in tre guerre, costretto .ad un’economia di guerra che finisce per forza
di cose per trascurare alcuni aspetti
fondamentali (scuole, alloggi, ospedali) che in un’economia di pace appaiono in primo piano, forzato ad una preparazione militaresca che contrasta
con la natura e coi fini dello Stato. Ma
riguardo ai profughi palestinesi, mi
sembra necessario fare alcune precisa;zioni. La responsabilità della fuga di
circa 700.000 persone su un totale di
circa 1.600.000 abitanti arabi palestinesi
tra la fine del 1947 e l’inizio del 1949
può essere attribuita agl’israeliani soltanto in misura ridotta. In questa valutazione concordano tutte le opere storiche e sociologiche sull’argomento, anche quelle anti-israeliane (per es. M.
Rodinson). È dunque storicamente fah
so. e quindi moralmente assurdo, che i
figli dei profughi palestinesi vogliano
vedere negli Israeliani i colpevoli della
loro precaria situazione. Il mondo ha
sempre respinto del resto, e credo giustamente, le pretese di associazioni tedesche di profughi dall’est; nessuno ha
mai preso molto sul serio i profughi
greci dall’Asia Minore, i profughi indiani dall’India, dal Pakistan e dalTUganda, i nostri profughi istriani e dalmati.
E si noti che si tratta di gente che il
più delle volte ha dovuto lasciare le
proprie case in seguito a piani preparati dall’altra parte. L’esodo di poco meno della metà della popolazione palestinese è avvenuto senza che esistesse
alcun piano del genere, in massima parte come puro e semplice timore alla
guerra da parte di un popolo abbandonato dai propri dirigenti. Là dove i dirigenti erano rimasti non vi fu nessuna
fuga, per es. a Nazaret, dove il sindaco
resistè, in vari villaggi della Galilea,
nel villaggio di Abu-Gosh sulla camionale Gerusalemme-Giaffa, sebbene esso
si trovasse nel pieno della zona d’operazioni. Il ritorno delle popolazioni fuggite venne dipoi reso impossibile da
una serie di fattori tra i quali: la necessità per Israele di assorbire un numero quasi uguale di profughi ebrei
giunti dai paesi arabi privi di ogni mezzo; il boicottaggio arabo e britannico
che condusse il paese semidistrutto
sull’orlo della bancarotta; il rinvio alle
calende greche della stipulazione del
trattato dì pace.
Le responsabilità
del terrorismo israeiiano
G. C.: Non credi che il terrorismo
israeliano abbia contribuito in maniera non esigua alla fuga dei 700
mila Palestinesi?
A. S.: Si, lo credo, ed il terrorismo
rimane una macchia sulle armi ebraiche, anche se esso si confrontava con
un terrorismo arabo certo non interiore. In ogni caso si è trattato di un
fenomeno marginale, uno di quei fenomeni incontrollabili durante la clandestinità, diretto essenzialmente contro
gl'inglesi. I casi nei quali operò contro
gli Arabi si contano sulla punta delle
dita. Non appena il governo israeliano
10 potè, disarmò i terroristi, le cui azioni aveva del resto sempre sconfessate.
Mi sembra invece che i governi arabi
facciano esattamente il contrario...
Terrorismo
« di disperazione »,
quello arabo?
G. C.: Una tesi vuole che la « resistenza » palestinese sia il prodotto
della disperazione dei profughi. Se
questo è vero, qual'è la maniera di
eliminare le cause della disperazione e quindi del terrorismo?
A. S.: Dopo i fatti di Monaco, «Il
Manifesto » e « Lotta Continua », ¡prontamente seguiti dai nostri « Nuovi Tempi » e « Gioventù Evangelica », hanno
spiegato l’azione del gruppo come la
espressione della disperazione, come la
reazione all’oppressione da parte dei
« dannati della terra ». In altre parole,
11 gesto disperato avrebbe voluto colpire il principale responsabile della disperazione, sia pure attraverso persone che non c’entravano per nulla. Prescindendo da ogni valutazione morale
di questa tesi, essa non coglie le origini
e la dinamica degli avvenimenti perché
si rifiuta di analizzarle; e stereotipi propagandistici non possono mai sostituire un’analisi storica e sociologica. Non
è qui il caso di farla, mi basta riferire
un solo fatto: nel 1959 una commissione del senato americano fece un’indagine tra i rifugiati con lo scopo di valutare l’opportunità di continuare gli aiuti airUNRWA, l’ente delle Nazioni Unite che li assiste. Com’è noto, sono gli
Stati Uniti a portare in massima parte
l’onere finanziario per il mantenimento
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^.. 1 '
La porta di Giaffa, nella vecchia
Gerusalemme
dei profughi. La commissione giunse
tra le altre ad una conclusione interessante: che si e no un 10% dei profughi
insisteva sul diritto di ritornare in Palestina. Si tratta evidentemente di un
documento di parìe e come tale va valutato; rna non mi risulta che la sua
validità sia mai stata impugnata a questo punto. Non possiamo quindi evitare
di chiedere se l’odierno « Sionismo »
dei profughi (come viene talora chiamato) non sia un fenomeno creato artificialmente nell’ultimo decennio, mediante mezzi di comunicazione di massa e privo in ogni caso di ogni addentellato coi torti effettivamente subiti
dai profughi palestinesi. In 2° luogo,
i movimenti palestinesi sono parecchi,
oltre una diecina. Ciascuno mostra matrici ideologiche differenti, ma dispone
in ogni caso di finanziamenti cospicui.
Paesi finanziatori sono essenzialmente
quelli arabi petrolieri, da quelli a regime monarchico assoluto di tipo medievale, alle repubbliche presidenziali a
carattere dittatoriale, di destra,(la Libia) o di sinistra (l’Algeria). Le armi
sono fornite dai paesi dell’est europeo
e dalla Cina. Esistono dunque parec
chie organizzazioni, spesso discordi,
talvolta in guerra aperta tra di loro,
finanziate da entità eterogenee. Nonostante un’ideologia politica che va dalla
sinistra democratica a quella la più
estrema, i vari movimenti non hanno
avuto scrupolo ad accettare finanziamenti e collaborazione da parte di
chiunque: nell’attacco all’oleodotto di
Trieste per es., esistono piste nere e
piste rosse, questa volta ambedue consistenti. La preparazione di operazioni
come quelle all’aeroporto di Lod o al
villaggio olimpico di Monaco o quelle
recenti di Bangkok e di Khartùm richiede tm’organizzazione accuratissima, una rete capillare molto efficiente
di corrispondenti, di spie, di esperti in
armi e sabotaggio ed anche in contrabbando. Tutto ciò non è il frutto della
disperazione, è piuttosto parte di piani
a lungo respiro che non esito a chiamare eversivi e nei quali i Palestinesi vengono strumentalizzati. Del rèsto i Giapponesi di Lod possono essere stati dei
disperati, ma difficilmente potevano essere « vittime del Sionismo ». Non è
un caso infine che buona parte dei terroristi appartenga alla borghesia, che
si componga spesso di studenti universitari che studiano in Europa o negli
Stati Uniti con borse varie, insomma,
tutt’altro che di disperati; taluni poi
non sono neanche profughi o figli di
profughi: si veda il caso di Waìl Adel
Zuaiter, assassinato lo scorso autunno
a Roma, appartenente ad una stimata
famiglia di professionisti che non si è
mai mossa da Nàblus nella Samaria occupata dagli Israeliani solo nel 1967;
Waìl era però già partito alcuni anni
prima ed era divenuto il rappresentante del Fàth a Roma. Il killer di Roma
è un siriano di famiglia benestante.
Permettimi ancora di segnalarti incidentalmente come ogni azione del genere, inutile militarmente e controproducente sul piano propagandistico, costi rilevanti somme di denaro, somme
che potrebbero essere meglio impiegate per dare ai rifugiati una dimora ed
un lavoro stabili.
Gli attacchi israeliani
G. C.: Ma gli attacchi israeliani
contro campi di rifugiati e contro
la stessa Beynìt non sono forse anch’essi una specie di terrorismo?
A. S.: Se i car pi contenessero soltanto profughi inermi, evidentemente
si, e sarebbero ingiustificabili. Ma è ormai di pubblico dominio che i campi
sono centri di addestramento per formazioni militari e per gruppi terroristici, oltre che setu di unità militari armate. Chi ne vogli i la prova può leggere il volumetto curato da C. Vogel e
da V. Pegna, due simpatizzanti di questi movimenti. Se la « guerriglia » intende fasi scudo di donne, bambini e
uomini disarmati, la colpa non è di
Israele, sebbene personalmente io sia
estremamente perplesso sul valore politico ed il diritto morale della rappresaglia.
G. C.: Infatti; credi che Israele
abbia il diritto di attaccare un paese
sovrano, violandone la neutralità?
A. S.: La domanda così formulata postula resistenza di rapporti normali tra
Israele ed i paesi arabi in questo caso
il Libano. Se tra Israele ed i paesi arabi esistessero rapporti normali, dopo
ogni attacco terroristico Israele convocherebbe mediante gli organi a ciò preposti l’ambasciatore del paese da cui
l’attacco è partito, presentandogli una
vibrata protesta da inoltrare al proprio
governo. Questa era, per es., la procedura seguita in Italia quando gli autori
di atti di terrorismo o di sabotaggio
s’infiltravano dall’Austria in Alto Adige. Nel caso del Libano e degli altri
paesi arabi però una situazione normale non esiste: abbiamo soltanto un armistizio che non prevede, oltre a misure di natura locale e provvisoria, che
il mantenimento dello status quo al
momento della sua stipulazione. E
molto semplice per quella parte che
ritenga che l’altra abbia violato le clausole deH’armistizio, di denunciare il
medesimo e riaprire le ostilità. Non
credo che in tal caso esista un’aggressione.
G. C.: E la guerra del giugno .1967
allora? Molti la considerano un’aggressione.
A. S.: Si tratta di una situazione di
poco differente. L’Egitto, dopo aver ricevuto dai servizi segreti siriani e sovietici la notizia, falsa, che Israele
avrebbe ammassato truppe in vista di
un attacco contro la Siria, chiese il ritiro delle truppe dell’QNU, rioccupò il
Sinai, chiuse lo stretto di Tiràn. Ecco
una serie di violazioni qualificanti dell’armistizio esistente, sulla natura delle
quali Israele aveva avvertito l’Egitto.
Così si giunse alla ripresa delle ostilità.
G. C.: E le minacce da parte di
Israele net confronti della Siria prima del conflitto?
A. S.: La notizia venne riferita in un
primo momento da alcuni giornali inglesi, per essere poi ripresa dall’autorevole « Le Monde », il cui corrispondente
pubblicò poco dopo i materiali in questione in un libro. Le minacce erano
state attribuite al gen. Y. Rabin, capo
di stato maggiore. Ulteriori studi hanno dimostrato al dilà di ogni dubbio
la falsità delle due notizie, che però
condussero a quella ch’è stata chiamata la guerra che nessuno ha voluto.
Antisemitismo
e antisionismo
G. C.: Prima di rivolgerti un’ultima domanda, vorrei chiederti ancora: in passato hai chiamato antise
11 colloquio e l’incontro fra arabi
ed ebrei è possibile, anche se non
certo facile; avrebbe probabilmente fatto maggiori progressi se altre
forze non l’avessero ostacolato
interessatamente
miti gli anti-israeliani e gli antisionisti di casa nostra. L’accusa è stata respinta con sdegno. Non credi
che sia almeno esagerata?
A. S.: Il termine antisemita ed i suoi
derivati, etimologicamente ambigui e
inesatti perché usati solo per gli Ebrei,
mai per altri popoli, sono sorti presso
i movimenti nazionalistici del secolo
passato e del nostro, per essere ripresi
poi dal nazifascismo. Il nazismo ne ha
fatto anzi il perno ideologico della propria dottrina. Dovrebbe dunque essere
assente quasi per definizione dal movimento operaio. D’altra parte, se A. Bebel poteva chiamare Tantisemitismo
« il socialismo degl’idioti », vuol dire
che vedeva il pericolo che anche il movimento operaio ne fosse contagiato. In
ogni caso l’antisemitismo di cui parlo
è un fenomeno diverso e probabilmente
più complesso. Cominciamo dal fatto
che chi appartiene a questa categoria
non si sente antisemita, non si riconosce neH’accusa, per cui respinge, con
sdegno appunto, quello che per una
certa destra è un vanto. Ma, per quanto dobbiamo valutare positivamente la
buona fede personale, mi concederai
ch’essa è irrilevante sul piano obiettivo. I nostri attribuiscono allo Stato di
Israele ed al movimento che l’ha finora
sostenuto una serie di colpe più o meno mitiche, la principale delle quali
sembra essere quella di esistere; tali
colpe vengono riassunte in forme stereotipate. Unico rimedio a questo stato di cose sembra essere la dissoluzione
politica dello Stato d’Israele, secondo
le linee indicate da al’Fàtah e accettate senza riserve. L’antisemitismo, superato sul piano individuale (è tipico che
alcuni ebrei abbiano potuto accettare
queste teorie), si è dunque trasferito
sul piano collettivo: non colpisce più
il singolo ebreo, ma l’ebreo in quanto
popolo, in quanto nazione. Stranamente, questa posizione coincide con quella del gaullìsmo francese. Se non si
tratta di antisemitismo, sarò ben lieto
di servirmi di im termine più adeguato; antisionismo comunque non basta,
per le ragioni che ho indicato poc’tmzi.
Un contributo cristiano
G. C.: Ho un’ultima domanda: c’è
un contributo che il cristiano possa
dare per alleviare la forte tensione
attuale? un apporto specifico che
non sia copertura ideologica di questa o quella posizione politica, ma
si sforzi di facilitare la comprensione dei fatti ed un confronto di essi
con la testimonianza biblica?
A. S.: Un apporto specifico, come
hanno già affermato H. Gollwitzer e
F.-W. Marquardt, che tutti possiamo
dare, consiste principalmente nella demistificazione delle tesi che ci vengono
proposte. Solo così potremo purificare
l’atmosfera facendo sì che tutti ci vedano un po’ più chiaramente. Dove ci
viene detto ad es. che il Sionismo è
imperialista, colonialista, razzista, aggressore, talvolta addirittura nazista,
affermazioni che nessuno si è mai curato non dico di provare, ma neanche
di rendere verosimili, abbiamo il dovere di rettificare se non addirittura di
respingere tesi che altro non sono che
stereotipi propagandistici. Non che ci
venga chiesto di rinunciare ad ogni forma di critica nei confronti degli atteggiamenti dello Stato d’Israele; ma tale
critica sarà valida solo se avviene dall’interno, partendo cioè dalla pregiudiziale dell’accettazione del diritto dello
Stato ad esistere entro frontiere sicure,
e se saremo pronti a servirci di dati
ben documentati. Non si tratta del resto solo di una presa di posizione politica, si tratta di un atteggiamento etico che il cristiano non può evitare di
assumere là dove ad un paese, specialmente se piccolo, vengano attribuite
colpe che non ha mai commesse o atteggiamenti mai professati, ovvero gli
si chieda quanto non si sognerebbe di
chiedere ad altri. Per le nostre relazioni con l’Ebraismo, ancora, im tale atteggiamento è qualificante nei confronti della nostra serietà davanti ad una
istanza fondamentale della sua fede.
Soltanto così potremo, come cristiani, avere un rapporto valido e vitale
con l’Ebraismo e contribuire allo stesso tempo alla pace, che sola potrà dare agli Arabi come ad Israele l’occasione di svilupparsi secondo scelte reali,
sfruttando le proprie risorse nei tempi
ed ai prezzi che ad essi, e non ad altri,
sembreranno opportuni.
OPERE CITATE
F. J. Kouri, The Arab-Israeli Dilemma, Syracuse 1968, p. 165 ss., per il rapporto della
commissione del senato americano;
F.-W. Mahqtjahdt, Ckristentum und Sionismus, in liidisches Volk - Gelobtes Land,
Miinchen 1970, p. 244 ss.;
Quaecheri, Frieden fiir Nahost, Miinchen
1972, p. 22 e 71 (uso la traduzione tedesca,
in più punti ampliata, invece dell’originale
inglese, cui non ho accesso);
M. Rodinson, Israele ed il rifiuto arabo, tr.
it. Torino 1969, p. 142 e p. 601;
E. Rouleau, J.-F. Held, J. Lacoutuhe,
Israele e gli Arabi, tr. it. Milano 1968, p.
135 e 153 ss.;
C. Vogel, V. Pegna, Al Fatah, Milano 1971.
Reazioni arabe e cnstiane
aiia dichiarazione enisconaie
francese suirebraismo
Come avevamo accennato, pubblicando ampi stralci degli « Orientamenti pastorali » diffusi fra i cattolici di Francia dalla Commissione deirepiscopato francese per i rapporti con il giudaismo, il documento ha già
fatto correre fìumi d’inchiostro. Particolarmente dure sono state la stampa libanese, quella
siriana e quella algerina, non prive di larvate
minacce di ritorsione. Ma più che queste reazioni politiche, c’interessano quelle cristiane.
Sintomaticamente, altrettanto duri sono
stati i commenti di personalità cristiane dei
paesi arabi. Nel Libano il gesuita J. Aucagne
ha firmato l’editoriale del quotidiano « As
Safa » (20-4), nel quale accanto agli argomenti politici crìtica « Vimpotenza teologica »
del documento e lamenta che « per i vescovi
francesi non c’è un ’’nuovo patto*’ che abolisce
Vantico come la luce caccia l’ombra^ ci sono
due patti e dunque due popoli di Dio... ». Il
3-5 quaranta gesuiti americani, egiziani, francesi, olandesi, siriani, operanti nel Libano, sopratulto nell’Università St-Joseph di Beirut,
diffondono una dichiarazione in cui, per ciò
che riguarda il piano religioso, affermano che
« legando il destino delVumaiiità a quello del
popolo ebraico e non più a Cristo, si fa del
popolo ebraico stesso il Messia e si svuota
VAntico Testamento di ciò che gli dà sapore,
l’attesa di un salvatore ». ìn\Siria. a Damasco
i capi delle comunità cattoliche di rito orientale hanno chiesto ai vescovi francesi di ritirare il documento che « va pericolosamente al
di là della missione spirituale che ci è stata
assegnata ». Il vescovo greco-cattolico di Aleppo Naophitos, dopo aver dichiarato che
« Israele è un fenomeno di colonialismo d’occupazione », nota che « le Chiese di tutto il
mondo evitano di mescolare religione e politica e distinguono fra la religione israelita,
che gode del rispetto degli Arabi, e Israele,
che sfrutta questa religione per pervenire ai
propri fini ». Il vescovo Iblibi ha dichiarato
da parte sua : « La legittimità dell’esistenza di
Israele non dipende né dai vescovi francesi né
dalla Chiesa, e non c’è alcun passo negli
Evangeli e nelle istituzioni di Cristo che giu
stifichi le aggressioni israeliane contro il popolo arabo ».
Anche sotto la pressione della stampa nazionale (ma non solo per questo, essendo stato
sempre pro-arabo), il clero cattolico algerino
e anzi l’episcopato di tutto il Maghreb ha a
sua volta criticato fortemente il documento
per « gravi ambiguità » e per « una confusione nefasta fra giudaismo e sionismo ». « Basandosi su un’interpretazione abusiva della
Bibbia, questo testo, nelle circostanze odierne,
è necessariamente capito come l’accettazione
del fatto compiuto dell’occupazione violenta di
una terra senza tener conio degli imperativi
della giustizia (...) Questo testo implica di
fatto un blocco politico-religioso che va rifiutato ».
Forti critiche anche in determinati ambienti francesi. Sul settimanale da lui diretto,
(( Hebdo-T.C. » (a Témoignage chrétien ») del
19-4, Georges Montaron ha scritto: a Approviamo lo spirito che guida quest’iniziativa, ma
lamentiamo che un simile documento non abbia visto la luce in un’epoca in cui le Chiese
tacevano di fronte alla spaventevole persecuzione hitleriana. Certo, non è mai troppo tardi
per lottare contro l’antisemitismo, A condizione, però di ricordare che anche i Palestinesi
arabi sono semiti, che vivono attualmente come un popolo in stato d’occupazione e che è
giusto condannare anche l’antisemitismo di
cui essi sono vittime in Israele e in Francia.
(...)La commissione episcopale ha avuto grande cura di notare che il testo ”si pone esclusivamente sul terreno religioso”. Ma si dimentica troppo facilmente — lo si è davvero dimenticato? — che un testo, qualunque esso
sia, si situa anche nel tempo. (...) In questa
settimana santa mons. Elchinger e mons. Pezeril hanno voluto intervenire .senza vedere
questi fatti. Si sono sforzati di parlare giustamente. Ma, siccome sono in ritardo sull’evento e trascurano l’attualità, il contesto che circonda la pubblicazione della loro nota episcopale fa si che non saranno intesi come avrebbero voluto. La verità e la giustizia non pos
(continua a pag. 8)
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pag. 6
CRONACA CELLE VALLI
N. 20 — 18 maggio 1973
Dopo Pinorolo, Lusema?
Con l’impegno efficace di un gruppo di lavoro
A Pinerolo è finita la collaborazione fra la DC e,il PSI;
a Luserna S. G. pare vi siano gli stessi motivi di crisi
Riaperto al culto
Dal 1958 sono sempre più numerosi
coloro che si sono « convertiti » al
centro sinistra, a una formula cioè
che veda al governo, a Roma come
neU'amministrazione dei comuni, una
alleanza fra la DC (partito nel complesso conservatore) e il P.S.I. (partito con ambizioni progressiste). Durante questi anni persino i comunisti si
sono convinti dell’opportunità di « collaborare » con la D.C. per cominciare
a far cambiare qualcosa in campo sociale. Purtroppo dietro la « formula »
spesso non c’erano « contenuti », molti governi ed amministrazioni di centro sinistra non hanno realizzato nessun programma, nessuna « riforma ».
Il centro sinistra in tali condizioni
è un « non governo » e come tale scontenta tutti: coloro che attendono le
riforme e non le vedono realizzarsi e
coloro che le temono e che in attesa
del centro destra portano i loro capitali in Svizzera.
Poi, nel ’72, Andreotti decide: diamo al « Paese » un governo che lo
« rassicuri », è il centro destra.
A Pinerolo e a Luserna la situazione
è analoga a quella nazionale: la formula è promettente (una alleanza fra
D.C. e P.S.I. con sindaci della sinistra
democristiana), i risultati sono per
contro modesti.
Non si vuol negare che un certo
« efficientismo » abbia permesso di
realizzare alcune opere, però i grossi
problemi della, scuola e della casa, ad
esempio, sono stati portati avanti con
le esitazioni e a volte gli sbandamenti
caratteristici di chi vuole favorire la
edilizia privata (con annesse speculazioni) e mortificare la scuola pubblica (niente asili nido, scuole materne
alle suore, scuola dell’obbligo in perpetua crisi edilizia). In compenso queste amministrazioni di « sinistra » sono favorevoli alle autostrade e alle
autolinee private (invece di potenziare le ferrovie e le strade statali che
andrebbero raddoppiate almeno da
Pinerolo a Torino).
Gli esempi non mancano, basterebbe avere più spazio per scrivere, quindi la decisione del P.S.I. pinerolese di
troncare la collaborazione con la D.C.
pare del tutto giustificata.
A Lusema S. Giovanni la situazione
sembra deteriorarsi di giorno in giorno e non stupirebbe che i socialisti
decidessero di dissociarsi da un’amministrazione in cui la democrazia cristiana predomina incontrastata. Già
da tempo sono in crisi le varie commissioni in cui Toperato della giunta
avrebbe potuto essere messo sotto accusa: assistenza, commercio, edilizia,
sport; non vengono convocate o sono
messe di fronte al fatto compiuto. Vaste « epurazioni » sono avvenute nel
la « Pro-Luserna » e nel « tennis Club »
e solo ora si provvede a « foraggiare »
la pro-loco con somme mai elargite
così generosamente in passato.
I socialisti propongono di affidare la
raccolta di rifiuti ad una cooperativa
di gente locale, la D.C. la vuol dare a
una ditta di Chieri.
I socialisti propongono di far gestire la piscina al Comune (che l’ha costruita con i soldi della comunità e
che paga milioni di mutuo) ma la D.C.
vuole affidarla a una Società privata
(casualmente collegata alla "Libertas”
democristiana), e anche qui l’elenco
potrebbe allungarsi ma pare già sufficiente a far presagire aria di burrasca.
Riccardo Gay
iiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Pinerolo
Sabato 12 ha avuto luogo rincontro
tra i catecumeni del IV corso, a chiusura del loro anno di catechismo, ed il
Concistoro, incontro nel corso del quale sono state esaminate e discusse con i
giovani le loro domande di ammissione
in chiesa. Erano presenti anche alcuni
genitori e la serata è stata molto utile
per valutare insieme lo spirito e le intenzioni di questi giovani che si apprestano a diventare membri della comunità. Il dibattito è stato essenzialmente
centrato su due punti: il catechismo e
la partecipazione alla vita della comunità. Sull’insegnamento catechistico i
ragazzi hanno delle riserve e delle critiche soprattutto per quanto concerne
il metodo seguito sin qui; si chiede un
maggior inserimento nei problemi della Chiesa, una maggiore aderenza ai
problemi di oggi, uno studio della Bibbia meno astratto. Per quanto concerne invece la partecipazione alla vita comunitaria, specialmente alle assemblee
di Chiesa si ha l’impressione di una assenza di interesse e di conoscenza da
parte dei più giovani; c’è un distacco
fra la loro situazione con i suoi problemi e la vita comunitaria, che dovrà essere colmato. L’ammissione di questi
catecumeni avverrà nel corso del culto
di Pentecoste.
Questo dibattito è stato proseguito
domenica pomeriggio in un incontro
del Concistoro che ha avuto luogo al
Castagneto, nel corso del quale è stato preso anche in esame il problema
dei matrimoni interconfessionali.
L’assemblea di Chiesa, tenutasi domenica, ha eletto i deputati al Sinodo,
nelle persone di Mauro Gardiol e Vera
Long; alla Conferenza Distrettuale: Costante Costantino, Sorrento Rostagno,
Luciano Rivoira, ed i componenti della
Controrelazione e revisione dei conti.
G. Tourn
L’8 inarzo 1838 Un’abbondante nevicata primaverile faceva crollare l’antico tempio valdese di Maniglia, uno dei
primi costruiti alle Valli, e situato ah
¡ora nella borgata Serre. Dopo difficili
trattative la locale ‘ comunità otteneva
il permesso di costruire un nuovo tempio, in una zona più centrale, e precisaniente alla Baissk. A questo punto
però si trattava di 'trovare i fondi necessari, perché, come possiamo facilmente immaginarci^ la popolazione era
allora assai povera. Veniva pertanto
sollecitata la solidarietà di tutti, e
questo appello trovava una pronta risposta: i comuni di Chiabrano e Maniglia diedero una somma di L. 3.062,
la Tavola L. 1.850, il Comitato Vallone
(Olanda) L. 400, la Legazione di Prussia a Torino L. 30, la Chiesa di Neuchâtel (Svizzera) L. 1.420, ecc. In tutto
furono raccolte L. 9.160,28, e tanto costò la costruzione deU’edificio,. senza
contare le 240 giornate lavorative donate dai membri di Maniglia. Il nuovo
tempio veniva inaugurato il mercoledì
8 settembre 1841, con la partecipazione della Tavola, di quasi tutto il corpo
pastorale delle Valli, dei Régents (i
quali eseguirono un inno appropriato
alla circostanza), e di rappresentanti
di tutte le comunità delle Valli. Furono tenuti due culti; uno di seguito all’altro, il primo presieduto dal past.
J.-P. Bonjour di S| Giovanni, e il secondo dal past. J.-P. Revel di Frali.
Com’è noto, questo tempio, che già
nel 1931 aveva dovuto subire dei restauri, si presentava in questi ultimi
anni piuttosto deteriorato e pericolante: il soffitto, forse I danneggiato da infiltrazioni d’acqua, presentava una
preoccupante fessura nel senso della
larghezza, la travatura sembrava anche piuttosto precaria e presentava un
forte cedimento nella zona centrale,
pezzi di cornicione si erano già staccati, fortunatamente senza causare
re danni a persone.;
Ci si è trovati perciò nella necessità di prendere una-decisione: o lasciare le cose come stavano, con la conseguenza che prima e poi l’intero edificio sarebbe crollato; oppure cercare di
restaurarlo. È prevalsa questa seconda
opinione, anche se a ciascuno fosse
chiaro che solo stiltuariamente vale
la pena di servirsi del tempio e che
per il culto domenicale è molto meglio ritrovarsi nella sala della scuola.
Già l’anno scorso; pertanto una squadra di volontari si occupava di riparare il tetto, sostituendo una ventina di
«lose » rotte. Rimaneva però ancora il
problema del soffitto, di non facile so
Le Diaconesse di Kassei hanno partecipato
atta Festa di Canto dette Cerati delta Vali chisone
Le Corali di Villar Perosa, S. Secondo, Pomaretto, S. Germano Chisone
hanno avuto quest’anno l’occasione di
ritrovarsi a Pinerolo per la Festa di
Canto delle Corali della Val Chisone.
Abbiamo avuto il piacere di avere
in mezzo a noi anche un nutrito gruppo di diaconesse di Kassei, accompagnate dal loro cappellano. Quest’ultime hanno eseguito tre canti, anche
con accompagnamento di chitarra,
che abbiamo davvero apprezzato.
Ci si permetta soltanto una piccola
osservazione: le nostre ospiti hanno
manifestato ancora una volta la sconfinata possibilità di di disciplina germanica attendendo senza quasi battere ciglio l’inizio della festa che è avvenuto con notevole ritardo. Non siamo partigiani del culto dell’orario, però... un po’ più di puntualità non avrebbe fatto male. Comunque i vari coralisti hanno avuto l’occasione di un
simpatico contatto prima e dopo la
festa.
Dopo la ripetizione degli inni d’insieme, che sono poi stati diretti dal
maestro Ferruccio Corsani e dal pastore Edoardo Aime^ i coralisti hanno
preso posto nel tempio di Pinerolo
non proprio gremito di folla, ma il cui
« pubblico » ha seguito le varie esecuzioni con viva partecipazione.
11 pastore Achille Deodato ha pronunciato alcune parole di saluto ed il
pastore Aime ha ricordato ai presenti
che anche le feste di canto come il
canto di tutta la chiesa non hanno altro significato che quello di render
gloria al Signore, senza alcun intento
di competizione canora.
Insomma non si trattava né si è
trattato di una specie di minifestival
di musica sacra. I trombettieri di Villar Perosa hanno introdotto il programma suonando una « Partita a 5
e 6 voci » di Frank cui hanno fatto
seguito nel corso del pomeriggio una
« Sonata in stile antico in 5 movimenti » di Hùttenberger ed una « Marcia
stiriana ». Rivolgiamo una parola di
incoraggiamento a questi fratelli che
continuano a lavorare con impegno
per offrire delle esecuzioni spesso tutt’altro che facili.
Le varie corali si sono alternate cantando inni tratti da « Psaumes et Cantiques » e dall’Innario Cristiano. Spe
riamo che tutte le Corali si preoccupino ora di introdurre gli inni appena
imparati nelle loro comunità rispettive.
Gli inni d’insieme, forse un po’ meno preparati in sede locale, hanno comunque ricordato concretamente quanto sia bello poter cantare così, con
un folto gruppo di voci meno acerbe
di quelle che, per mancanza di esercizio, abbiamo troppo spesso nelle nostre comunità.
Ogni corale ha poi presentato un
coro o, come nel caso di Villar Perosa, un insieme di canti sul tema « La
vita di Gesù negli inni e canti dei nostri vecchi ».
La sig.na Tiirck, direttrice della Corale di San Germano, ha ricordato a
questo proposito che, se si cantano anche dei cori, non è per smania di esibirsi in vani vocalizzi ma per cercare
di far partecipi le nostre comunità dei
tesori della musica sacra che ci sono
troppo spesso alquanto sconosciuti.
Si riferiva in particolare al coro cantato dai sangermanesi: « Oh quanto
sono belli i messaggeri che pace annunziano », tratto dall’Oratorio « Paolo » di Mendelssohn, che abbiamo tutti ascoltato con grande piacere.
Una parola di sincero ringraziamento alla comunità di Pinerolo che ha
saputo, come sempre, accoglierci e...
rinfrescarci con larghezza e fraternità,
ed al maestro Corsani e pastore Aime.
Giovanni Conte
SAN GERMANO CHISONE
Ancora una volta la nostra cronaca si deve
aprire con il nome di due sorelle che ci hanno
recentemente lasciati. Si tratta di Virginia
Avondet ved. Comba di anni 83, originaria
dei Martinat e di Maria Maddalena Grill ved.
Tron di anni 87, del centro. Alle due famiglie che sono state così colpite nei loro affetti
diciamo ancora la nostra sincera partecipazione alla sofferenza ed alla speranza.
— Domenica 13 maggio il culto è stato
centrato su di una riflessione sul significato
della famiglia cristiana e sul posto e sulle responsabilità rispettive che coniugi, genitori e
figli sono chiamati ad assumervi. I ragazzi
della Scuola domenicale vi hanno partecipato
al completo. Nel corso del culto è stata battezzata Antonella Demichelis di Filippo e di
Olga nata Rivoira. Che ciò che è stato fatto
sia stato veramente « per il Signore ».
— Lo stesso giorno, nel pomeriggio, il
gruppo monitori ha presieduto la riunione
quartierale ai Martinat, accompagnando il pastore. Ringraziamo anche Daniela Bocassini di
Milano, che ha voluto unirsi a noi in questa
occasione. Ci incontriamo sempre con gran
piacere con i fratelli più isolati della nostra
comunità.
— Una parola di incoraggiamento a quei
giovani — confermati ed... ex confermati —
che hanno deciso di visitare regolarmente alcune persone anziane alla Casa di riposo ed
hanno fatto ascoltare il coro di Pasqua ad alcuni nostri malati che si trovano in ospedale.
— Ecco alcune date che domandiamo a
tutti di tenere presenti :
Domenica 20 maggio il culto avrà luogo in
francese. Nel pomeri^io la nostra Scuola domenicale parteciperà alla Festa di Canto a
Pomaretto. Partenza del pullman dal tempio
alle ore 13,30 per i più grandi (a partire dalla
quinta) e 14 per i più piccoli. La festa avrà
inizio alle ore 14,30 con le prove degli inni
d’insieme. Raccomandiamo la massima puntualità.
Domenica 27 maggio: BAZAR.
Giovedì 31 maggio (Ascensione) ; Gita della Scuola Domenicale, che segnerà anche la
chiusura della medesima.
Sabato 9 giugno: esami scritti dei catecumeni, che avranno luogo contemporanetmente per il 1, Il e III anno a partire dalle ore
14,30.
— L'Unione Femminile si è riunita :;nercoledi 16 maggio per ascoltare una relazione
della Sig.na Nelly Rostan sul suo viaggio a
Guardia Piemontese e per mettere a punto il
programma definitivo del Bazar del 27. Ringraziamo le sorelle per il dono dell’Innario ai
dieci confermati.
— Per finire una buona notizia per tutti ;
grazie ad una maggiore comprensione di molti dei nostri membri abbiamo potuto inviare
tutta la somma che ci eravamo impegnati a
versare alla Tavola, senza dover effettuare prelievi in altre casse locali della comunità. Ne
siamo riconoscenti al Signore. G. Conte
monianza.
Si deve notare un’ultima cosa ed è
questa. Il tempio di Maniglia è il luogo di incontri periodici tra questa comunità e quella di Ferrerò (XVII Febbraio, Confermazioni ecc.). Quindi
sembrava giusto che i fratelli di Ferrerò partecipassero in qualche modo
alla riapertura del locale. Lo hanno
fatto il 6 maggio, partecipando numerosi al culto, unico per le due comunità. Per l’occasione abbiamo avuto il
piacere di avere fra noi anche un folto gruppo di diaconesse della Diakonissenhaus di Kassei, guidate dal pastore Grefe, che hanno dato un valido contributo al culto col loro canto.
La predicazione ci ha richiamato sulla necessità di far fruttare i talenti
di cui i vecchi templi sono un po’ il
simbolo, cioè la predicazione dell’Evangelo e la vita comunitaria. Un tempio, in sé, non significa né che il talento abbia fruttato né che sia stato sepolto, nemmeno se è rimesso a nuovo.
I frutti che si ricavano dai talenti sono messi in gioco ogni giorno. Se i talenti fossero messi a profitto, sembra,
però, che la numerosa e attenta assemblea del 6 maggio, di Natale, Pasqua ed altre grandi occasioni, non
dovrebbe essere l’eccezione, ma la regola.
Le comunità di Massello, Ferrerò e
Maniglia sono state ripetutamente colpite dalla dipartenza di alcuni loro
membri. Innanzitutto la sorella Mica!
Micol, deceduta all’ospedale di Pqrnaretto,' dopo una breve malattia. Risiedeva d’inverno all’Eirassa con le figlie
e d’estate tornava alcuni mesi a Massello. Quindi Jenny Pons, del Ciaberso,
dopo un inverno un po’ travagliato
dalla salute, quando ancora si sperava in una ripresa, ci ha lasciato, pure
lei, all’ospedale di Pomaretto ed è stata sepolta nel cimitero di quella comunità. II giorno stesso dell’inaugurazione del tempio di Maniglia, nel pomeriggio, si è avuto lassù il servizio
funebre di Luigi Pons, da diversi anni
trasferito a Pomaretto, deceduto in ancor giovane età. Lo stesso giorno è
stato accompagnato al campo del riposo Eli Francesco Massel, delle Ribbe, deceduto dopo lughe sofferenze.
Purtroppo gli edifici di pietra si possono aggiustare, ma le persone che ci
lasciano non si possono sostituire.
Possa revangelo della risurrezione darci, però, il senso che quello che è riservato per loro in Cristo è ben più
prezioso e ben più valido del rappezzamento che possiamo portare a uno
costruzione in muratura.
L.D. C.T.
Primo Distretto
Colloquio pastorale
il tempio di Maniglia
luzione, data l’ampiezza del locale. Dopo molti incontri e discussioni, dopo
aver esaminato varie ipotesi, ci si
orienta a rifare il soffitto a perline di
larice, sembrando questa la soluzione
più economica e di più facile esecuzione. Una squadra di volontari abbatteva quindi il vecchio soffitto, mettendo a nudo la sua travatura, e non
appena la temperatura diventava meno rigida, i falegnami entravano in
azione. Non si trattava per loro soltanto di inchiodare le perline, ma di livellare e rendere più solida tutta la travatura. Infatti la catena di una delle
due capriate si presentava spaccata al
centro ed i travetti erano stati fissati
in modo precario alle catene. La catena veniva in parte raddrizzata e pòi
rinforzata con quattro spesse lame di
ferro; i travetti fissati in modo più
solido. Purtroppo, nonostante gli sforzi, non poteva essere eliminato del tutto l’imbarcamento del soffitto; per poterlo fare si sarebbe dovuto sostituire
l’intera travatura! I cornicioni venivano rifatti quasi interamente, e infine,
dopo aver rinnovato anche l’impianto
della luce, si provvedeva a far tinteggiare l’interno e l’esterno dell’edificio.
Squadre di volontari si adoperavano
a mettere ogni cosa in ordine, a pulire
il fossato intorno, a restaurare i banchi, dipingere lo zoccolo in legno all’intemo, sostituire i vetri rotti ecc. E
così la domenica di Pasqua, 22 aprile,
la comunità si ritrovava per la prima
volta insieme, dopo circa un anno,
per celebrare il culto nel tempio.
Bisogna dire che questo lavoro è stato reso possibile grazie all’aiuto, non
solo in denaro, ma anche in giornate
di lavoro, offerte se non da tutti, da
molti maniglini. Dobbiamo anche riconoscere che un aiuto ci è venuto da
Agape, che ha imprestato generosamente il suo ponteggio in tubi metallici, veramente prezioso ed utile. Ma
a parte l’aiuto esterno, se non ci si
fosse mossi localmente, tutto sarebbe
ancora da fare. I lavori di restauro sono stati cioè un’occasione per scoprire che se si vuole fare qualcosa si trovano i mezzi e le persone necessarie.
Anche se non è stato sempre facile andare tutti d’accordo (ma si sa, ognuno ha la testa che ha! È così in tutte
le cose!) ci sono stati vari momenti
veramente belli, quando ci si è trovati
tutti insieme a lavorare; è stato un
modo per riscoprire, sia pure vagamente, il senso di una comunità. Quante cose, molto più costruttive, si potrebbero fare, se solo riuscissimo ad
essere tutti quanti uniti, concordi e solidali, nel portare avanti la nostra vocazione e il nostro impegno di testi
II colloquio pastorale del mese di
maggio, tenutosi a Pinerolo, ha terminato nella sua parte di studio teologico l’esame del volume di E. Kàsemann,
scelto come testo per quest’anno; dibattito interessante anche questa volta
quantunque non sempre molto nutrito.
I problemi del Distrétto sono stati
presi in esame nel pomeriggio al seguito di una relazione presentata dal past.
Gino Conte sulle sedute della Tavola
valdese a Roma.
II prossimo incontro si avrà ad Agape il giorno 11 giugno e sarà interamente consacrato allo studio del problema
catechetico in vista di un programma
per il prossimo inverno.
Conferenza distrettuale
La Conferenza distrettuale è stata
fissata per i giorni sabato e domenica
23-24 giugno a Prarostino. Predicherà
il past. Bruno Rostagno, nel corso del
culto con la comunità domenica mattina. Per rendere maggiormente proficuo questo incontro il materiale di studio sarà inviato ai delegati a partire
dal 10 giugno.
Ogni delegato è perciò pregato di
esaminare i documenti ed informarsi
sui problemi che verranno dibattuti,
giungendo con una sufficiente conoscenza di causa.
Finanze
Dai dati forniti dai cassieri risulta
che le chiese del nostro Distretto hanno chiuso, come richiesto dalle precedenti Conferenze Distrettuali i loro conti entro il 30 aprile; quasi tutte le comunità hanno effettuato entro quella
data i loro versamenti alla cassa centrale. Si deve perciò valutare come assai positivo lo sforzo compiuto nel corso dell’anno per raggiungere una doverosa autonomia finanziaria e per migliorare le contribuzioni.
Qccorre però non diminuire l’impegno e per questo la Com. Distr. pensa
convocare, nei giorni seguenti la Conferenza, un nuovo incontro con i cassieri delle comunità in vista di un esame
della situazione quale si presenta all’inizio dell’anno amministrativo. La
data verrà comunicata a suo tempo
agli interessati.
La Commissione Distrettuale
RORA’
Con la presenza di Fratelli ed Amici di questa Chiesa venuti da fuori, il
Culto di Pasqua è stato affollato e numerosi sono stati i partecipanti alla
Santa Cena. Molte Sorelle, comprese
le confermande, indossavano il costume valdese.
Il Culto domenicale del 29 aprile è
stato presieduto dal Pastore tedesco
sig. R. Bundschuh, il quale ci ha dato
anche delle notizie dei suoi parrocchiani discendenti dei Valdesi di Val
Pragelato esiliati alla fine del 17° se-,
colo in Germania.
Abbiamo avuto la visita delle Unionist e di Villar Pellice con la loro Presidente signora Micol; esse hanno presenziato al Culto domenicale ed hanno trascorso il pomeriggio quassù dove il Pastore sig. Cipriano Tourn ha
proiettato un interessante documentario valdese.
Un gruppo dei nostri giovani ha preparato e dato una serata a favore delle opere della Chiesa.
Nel Tempio è stato celebrato il matrimonio di Pietro Martina e Nadia Rivoira circondati da un folto stuolo di
parenti ed amici; il Signore benedicente sia l’ospite di quel nuovo focolare.
L. C.
U.D.A.V.O.
A partire da martedì 22 c. m. l’UDAVO (Unione degli Autonomisti Valli
Decitane) si riunisce in seduta pubblica il secondo e l’ultimo martedì di
ogni mese, a Torre Pellice nella Sala
della Società Operaia in via Roma alle ore 21; la riunione è aperta a tutti.
Saranno discussi i problemi locali e
dell’autonomia.
Tutti sono cordialmente invitati.
La famiglia Aime - Rostagno ricordando la cara mamma
Susanna Rivoir
vedova Rostagno
ringrazia tutti coloro che in vario
modo le sono stati v;icini nell’ora della prova.
Esprime la sua particolare riconoscenza al Dott. De Bettini per le amorevoli cure, alla Direzione ed al personale dell’Ospedale Valdese di Torre
Pellice.
I familiari di
Virginia Avondet
ved. Comba
ringraziano sentitamente tutti coloro
che li hanno circondati in occasione
del decesso della loro cara, avvenuto
in San Germano il 7 maggio 1973, all’età di 83 anni.
« Io sono la risurrezione e la
vita ».
(Giovanni 11: 25).
7
18 maggio 1973 — N. 20
Evangelo e turismo nelle Valli
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 7
A TORINO, UN CULTO ANTIMILITARISTA
Ho letto con interesse la pagina sul
turismo nelle Valli Valdesi pubblicata
di recente su l'Eco-Luce a cura della
Federazione Femminile Valdese. La
panoramica offerta dairinchiesta ci
consente di conoscere la presenza di
opere, iniziative varie per accogliere il
turista. L’interrogativo che vien posto
nel documento si riferisce soprattutto
alla testimonianza che il credente è
chiamato a dare in quel campo e alla
responsabilità che il turista evangelico
deve sentire nei confronti dei problemi
di chi l’accoglie.
COME SI ACCOLGONO?
Nel resoconto si avverte la preoccupazione di pastori, gruppi di credenti
nel ricercare vie nuove e nello spirito
dell’Eyangelo per rincontro fra turisti
e valligiani, per lo scambio di esperienze, discussioni, conoscenza della chiesa
locale e della sua storia. D’altra parte il
turista valuta molto di più lo stile di
vita, il discorso dell’uomo o della donna che incontra, che gli consente di
scoprire o meno il segno d’una fede vivente. Il richiamo, nel documento sul
turisrno, al Valdismo medioevale, e
proprio nel clima del Centenario, è indicativo: i Valdesi medioevali avevano
uno stile di vita che li differenziava
dagli altri e Velemento economico veniva dopo e non prima. Infatti la scelta
del loro mestiere di mereiaio, mietitore, tessitore, barbiere era in funzione
della testimonianza, affinché offrisse loro occasioni per parlare di Gesù Cristo
ad un maggior numero di persone. Anche i Valdesi della Val Perosa, che gestivano dei negozi lungo la strada, testimoniavano dell’Evangelo a tal punto
che l’Inquisizione li accusò di inquinare
la fede dei clienti e perciò dovettero
chiuder bottega.
NeH’affrontare il problema del turismo questi elementi non vanno sottovalutati e si armonizzano con le iniziative proposte o realizzate. Il turista
non viene soltanto per dimenticare la
città o per respirare aria buona; egli
t iene coi suoi problemi, le sue ansietà,
i suoi drammi. Spesso vive in un condominio dove si è anonimi, isolati e in un
clima di tensione continua. Ha bisogno
perciò di un clima fraterno anche d’una
risposta al suo stato di angoscia, talvolta di disperazione. Una sorella della
diaspora evangelica mi confidava recentemente e con amarezza: durante tre
ministeri pastorali della parrocchia di
X ho sentito soltanto questa parola:
buon giorno!
L’Evangelo di Cristo si esprime in
tutto il tessuto deH’acooglienza del villaggio, compreso il negozio o l'albergo
dove la Bibbia nelle stanze non è fuori
posto, perché racchiude il messaggio
del Cristo Liberatore. Perciò assume un
gran valore la parola di Georges Bernanos, messa come soprascritta alla
"pagina" in questione: « Passano accanto a noi tanti sconosciuti di cui avremmo potuto fare dei fratelli e che si allontanano senza ritorno ». La nostra
paura della parola « proselitismo » non
è forse, talvolta, la paura di parlare di
Gesù Cristo, che ci consente di trovare
dei fratelli negli uomini che incontriamo, compresi quelli del turismo selvaggio domenicale?
COME SI PRESENTANO?
Il quadro dell’inchiesta è sufficientemente eloquente perché vi sia da aggiungere qualcosa. Vorrei invece fare
una riflessione sui turisti evangelici,
specialmente valdesi. Si è parlato dell’impegno e della responsabilità delle
comunità nel dare una testimonianza
verso il turismo. E gli evangelici, quale
apporto dànno per essere vicini ai problemi del contadino e del minatore.
«fui malato...»
Un’esperienza
choccante
La sera del 9 febbraio, Alfio Messina si stava recando dal quartiere del
Piglio in via Cantarella, per partecipare
alla riunione del gruppo ecumenico. È
stato investito e abbandonato sul bordo
della strada. Soccorso da alcuni passanti, e stato trasportato alla sala di rianimazione dell'Ospedale Vittorio Emanuele. Sembrava spacciato. Stato di
choc, emorragia interna, fratture e contusioni varie. È stato in coma per 9
giorni. La sala dell’Ospedale era diventata luogo di pellegrinaggio per centinaia di amici cattolici e evangelici. Si
faceva a gara nel dare il sangue.
Al quinto giorno di coma, ogni residua speranza era come svanita. Si pregava molto da parte di tutti. Ma era
ripresa l’emorragia interna e i disturbi
alla respirazione sembravano, ormai, il
rantolo della morte. Sembrava che la
risposta del Signore fosse un no.
. Tutto e cambiato la mattina del 17
febbraio. Alfio Messina ha ripreso conoscenza. Per molti di noi è stata una
esperienza choccante. Abbiamo visto
un cadavere che. improvvisamente,
apre gli occhi e comincia a gesticolare
e poi a parlare.
Ora, Alfio Messina è uscito dallo
Ospedale ed ha ripreso il suo posto nella comunità di servizio cristiano, al
Pigno.
S. G.
(dal bollettino della chiesa di Catania)
nell’essere di stimolo e di incoraggiamento per la loro missione .verso l’esterno? A maggioranza ritorna alle
Valli per motivi sentimentali, tradizionali, affettivi ignorando però la realtà
in cui si muove il valligiano. Vi sono
invece dei credenti che dalla città vengono alle Valli per portare il contributo dei loro doni, in uno spirito di umiltà e di fede: mi riferisco ad esempio
a quel gruppo che nell’alfa vai di Angrogna realizza un’opera sociale, mentre una sorella predica l’Evangelo ai
piccoli ed ai grandi e nel contempo vive la vita grama del contadino nel periodo del week-end. Come loro, altri
dànno molta parte del loro tempo per
le opere e pef gli istituti con grande
abnegazione e spirito vocazionale.
Non ci interessano i turisti valdesi
che vengono soltanto per fare dello
ski o per godersi le vacanze o per farsi seppellire; ci interessano i credenti
che anche nel tempo delle vacanze cercano di capire, di seguire da vicino, di
collaborare per la rinascita spirituale
e sociale delle Valli, con umiltà, con
arnore, nella fiducia che lo Spirito del
Signore, il vero inventore di cose nuove possa far sentire la vera missione
del popolo delle Valli.
Gustavo Bouchard
«I mansueti erediteranno ia terra»
Anche i « ciyili » possono obiettare (se vogliono) - Ricordiamo il Fondo di solidarietà per gli obiettori di coscienza votato dal Sinodo scorso
Nel tempio di corso Oddone, domenica scorsa 13 maggio si è tenuto un
culto inconsueto, dato che accanto al
pastore Paolo Ricca vi erano due altri
oratori: il prof. Beppe Marasso, credente cattolico, del Movimento antimilitarista internazionale (M.A.I.) nonviolento e Eliada Metallini, una giovane della nostra comunità.
Paolo Ricca ha preso lo spunto, per
la sua meditazione, da Isaia 2: 2-4 e
da Matteo 5: 5 e 38-48. Una meditazione viva, calata nella tragica realtà
odierna, in cui tutto pare soggiacere
alla violenza: da quella delle armi a
quella del potere socio-politico: si può
leggere questa meditazione in prima
pagina. Vorremmo fare due annotazioni su questa predicazione, annotazioni
che si agganciano in modo particolare
e calzante ai successivi interventi.
Nel commentare la « beatitudine »
relativa ai mansueti, Ricca ha posto
Inaugurato, a Trieste,
il nuovo centro comunitario
La domenica delle Palme, dopo il
culto, i numerosi partecipanti, membri delle comunità elvetica e valdese,,
hanno visitato il nuovo centro comunitario a loro destinato.
Il nuovo Curatore della comunità,
ing. Venturini, prOgéttista della costruzione, non si è limitato a dare alcune spiegazioni a carattere tecnico
ma ha fortemente insistito sull’impegno che ne deriva per ciascuno di noi
affinché le nostre due comunità formino un blocco solo ed operino cpn serietà di intenti e con fraterna solidarietà.
Martedì 17 aprile abbiamo associato
alla nostra gioia le chiese che fanno
parte della Federazione Evangelica
nonché la chiesa anglicana con la quale abbiamo intensificato i nostri rapporti in questi ultimi mesi. Numerosi
gli intervenuti e molto apprezzato il
messaggio del vice-decano della chiesa luterana past. V. Enghe che, nel recare il saluto della sua chiesa, ha voluto proporre alla nòstra fnéditazióné
i! passo biblico che la chiesa luterana
ha preso come motto di quest’anno e
che si legge in Ecclesiaste 11: 4.
Siamo molto grati al presbiterio elvetico per questo atto di fede nell’avvenire delle nostre comunità. Il nuovo
edificio conclude un’operariniziàta quasi due secoli fa quando, dopò un periodo di semi-clandestinità, pochi coraggiosi fondavano la comunità elvetica il 7 gennaio 1872 « nel nome del
Signore nostro Iddio... implorando la
sua divina Grazia perché voglia assisterci, ed in noi accrescere lo Zelo per
il suo Onore ed in fra noi mantenere
una vera Christiana Carità e amore
fraterno ». Alla sig.ra Rita Sollinger
che lascia la presidenza del Presbiterio, dopo ben dodici anni di servizio
svolto in un periodo particolarmente
difficile veniva offe ito, in segno di gratitudine, un’artistica copia del primo
sigillo della comunità elvetica. La
scritta, in latino, che si legge al centro di quell’antico sigillo dice: « spes
unica mea Christus. È su questa nota
di monito e di speranza noi vogliamo
guardare ora all'avvenire.
Umberto Bert
UN CONVEGNO AD ALGHERO
Per la dilesa delle lingue
e culture uiinnritarle minacciate
Nonostante le difficoltà delle comunicazioni
e gli scioperi dei traghetti, difficoltà sufficientemente superabili, si è tenuto ad Alghero il
20 e 21 aprile il convegno della Sezione italiana dell’AIDLCM (Associazione Internazionale per la Difesa delle Lingue e Culture Minacciate), presieduta dal segretario italiano
Gustavo Buratti assistito dallo sloveno Samo
Pahor e aiutato nell’organizzazione dal catalano algherese Nonis e dal sardo Marras di
Sassari. Oltre ai numerosi sardi e catalani
erano rappresentati i friulani, i ladini e gli
occitani o provenzali. C’erano rappresentanti
culturali piemontesi e lombardi, rappresentanti dei comitati per gli aiuti ai catalani e ai baschi (Euzkadi) e degli esperantisti per le minoranze linguistiche. Per tenere i rapporti
con il Parlamento c’erano il deputato triestino
sloveno Albino Skerk (PCI) e il deputato Michele Columbu (Partito sardo d’azione). Dalla Regione era venuto l’assessore agli enti locali on. Melis. Per i rapporti con le Università
sarde i linguisti Proff. Sauna di Cagliari e
Pittau di Sassari e il giurista Prof. Catalano
di Sassari, direttore dell’Istituto di Studi e
Programmi per il Mediterraneo. E c’era il
segretario internazionale Costa, catalano di
Perpignano. Da queste Valli c’era l’estensore
di questa nota. E poi diversi studiosi tra cui
Sergio Salvi, autore del recentissimo : Le nazioni proibite.
Le relazioni e la discussione portarono so
prattutto sui problemi della Sardegna, ma ci
fu anche una rapida panoramica della situazione deUe altre minoranze. Mancarono pur
troppo greci e albanesi, per le suddette diffi
coltà di comunicazione, e, come troppo soven
te, sudtirolesi e valdostani, che si risolvono i
loro problemi da soli. Le implicazioni polit:
che e sociali, e quindi anche economiche, sono
apparse sempre più evidenti. Qui si impone
un salto per una trattazione più analitica e
appropriata di questi argomenti, come occorre
più spazio per una organizzazione più articolata di un movimento che prende sempre più
piede e che mira almeno all’attuazione dell’art. 6 della Costituzione della Repubblica
italiana.
Il convegno si chiuse con la conferma della
segreteria italiana composta da Gustavo Buratti (segretario), Osvaldo Coisson (tesoriere)
e Samo Pahor. Il prossimo convegno dovrebbe
aver luogo questa esta^ fra i ladini della
Valle di Livinallongo. Furono approvati diversi documenti su cui ci riserviamo di ritornare.
Gustavo Malan
ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DELLE LINGUE
E CULTURE MINACCIATE
Comitato federale per le comunità etnico-linguistiche e per la cultura regionale
in Italia
BOZZA DI PROPOSTA DI LEGGE
approvata come mozione dal Convegno di Alghero
Articolo 1 — Sono minoranze linguistiche tutelate a norma dell’articolo 6 della Costituzione gli Albanesi, i Catalani, i Croati, i Francesi, i Franco-provenzali, i Friulani, i
Greci, i Ladini, gli Occitani, i Sardi, gli Sloveni, i Tedeschi e gli Zingari.
Articolo 2 — Alle minoranze linguistiche di cui all’articolo precedente sono garantiti
nell’ambito del territorio da loro tradizionalmente abitato i seguenti diritti :
a) pari dignità sociale della loro lingua materna rispetto a quella italiana;
b) l’insegnamento nella loro lingua materna;
c) l’uso della loro lingua materna nell’esercizio dei propri diritti e nell’adempimento
dei propri doveri, nei procedimenti innanzi agli organi statali, agli enti locali ed agli enti e
organizzazioni che svolgono funzioni di pubblico interesse;
d) lo sviluppo della cultura, della stampa e dei mezzi di comunicazione di massa nella loro lingua materna;
e) l’aiuto finanziario per la realizzazione dei diritti di cui ai punti precedenti.
Articolo 3 — È istituito un Consiglio superiore delle minoranze linguistiche composto
di rappresentanti delle stesse ed avente carattere di corpo consultivo in materia di tutela
delle minoranze.
Articolo 4 — Le norme di attuazione saranno emanate dal Parlamento della Repubblica e dai Consigli regionali, nell’ambito delle rispettive competenze legislative.
Alguer/Alghero, 20-21 aprile 1973.
in rilievo che la promessa di Cristo è
che essi « erediteranno la terra ». Non
quindi una conquista « celeste »: un
paradosso che capovolge il principio
della speranza cristiana puramente
trascendentale, ultraterrena. I mansueti (i nonviolenti, diremmo oggi) potranno, anzi dovranno un giorno « ereditare la terra » per ristabilire in norne di Cristo e in nome dell’uomo la
giustizia e la pace. (Si legga o si rilegga la meditazione del pastore Santini sul numero dell’ll maggio).
L’altra osservazione è questa: quando il pastore, nel ricordare il passo di
Isaia 2: 4 secondo cui le spade verranno trasformate in vomeri, le lande
in accette e non vi saranno più guerre,
una sorella seduta nel banco davanti
allo scrivente ha sussurrato alla sua
vicina: « fosse vero! ». Ebbene, quel
« fosse vero » dipende in gran parte
proprio dalla nostra decisa volontà di
credenti, dal nostro impegno « politico », dal nostro vivere la fede non solo visitando i malati o i carcerati, o
soccorrendo i poveri o contribuendo
alle collette e ai vari « fondi di solidarietà » tanto per mettersi il cuore e
la coscienza a posto, ma nel contrastare in ogni modo, colla sicurezza della
fede, tutte quelle iniziative che il potere politiccnindustriale-militare prende in misura sempre più vasta e in
direzione totalrhente opposta ai princìpi cristiani.,, '
Il prof, ¡^arasso (è insegnante) nel
prendere successivamente la parola,
ha illustrato all’assemblea i princìpi
ispiratori déll’attività del movimento
antimilitarista nonviolento, di cui già
in varie occasioni abbiamo dato ampia
notizia da queste colonne. Marasso ha
posto in evidenza un punto ben determinato e cioè che, per un credente,
uno degli « scandali » maggiori è proprio costituito dagli eserciti e da ciò
che essi rappresentano: in primo luogo, l’insegnamento della violenza fino
all’uccisione del « nemico », poi, il loro rapporto a filo doppio colle « élites » politico-industriali, per cui il potere viene a trovarsi praticamente circoscritto in questi tre settori. Secondo
la prassi nonviolenta, invece, il potere, che appartiene a tutti, deve essere adoperato per la costruzione di un
mondo in vera pace, mondo che deve
negare la legittimazione degli eserciti
e boicottare la produzione delle armi
(che ne è la base). Si estende, in una
parola, il concetto di obiezione di coscienza ai « civili », oltre che ai cittadini di leva.
Ha quindi preso la parola Eliada
Metallini, che ha brevemente chiarito
i motivi della sua appartenenza al
movimento antimilitarista, proprio in
quanto credente.
Ma che cosa può fare realmente il
cristiano in questa prospettiva, per testimoniare la sua fede?
Marasso lo ha proposto, riprendendo la parola, chiedendo nel contempo
alla fantasia, all’inventiva, al senso di
iniziativa di tutti noi, la partecipazione e l’invio di proposte. Il punto di
partenza è comunque questo: avere
stretti e continui rapporti col mondo
operaio (a sua volta profondamente
selezionato e condizionato dal padronato per quanto particolarmente riguarda la produzione bellica) in modo
da poter giungere ad un controllo dal
basso di detta produzione e ad un suo
diverso orientamento. È ovvio che qui
si pongono altri importanti problemi
(quali le minacele di licenziamento e
il mutamento di produzione) ma è appunto su questo ed altri punti che gli
incontri e i rapporti di cui sopra possono portare a soluzioni che non danneggino i lavoratori. Non sarà male
ricordare — per inciso — che l’Italia,
al nono posto come potenza industriale mondiale, è al quinto come esportatrice di armi, con un fatturato di oltre 400 miliardi di lire annue e che in
ogni sua regione, o quasi, vi sono industrie che producono armi o mezzi
aerei e terrestri, o strumenti complementari: il libro edito da Laterza nella
collana « tempi nuovi », dal titolo II
potere militare in Italia ne dà im ampio elenco.
Quanto prima, e cioè non appena
messi a punto gli elementi basilari
preparatori, vi sarà un incontro fra
credenti, movimento nonviolento e
operai a Torino per questo scopo. Nel
segnalare questa nuova prospettiva di
testimonianza, ci riserviamo di dare
ulteriori notizie, mentre ci auguriamo
che anche in altre zone possano sorgere analoghe iniziative. Per qualunque ulteriore informazione o suggerimento ci si può direttamente rivolgere al M.A.I. (via Venaria 85/8, Torino)
oppure al giornale stesso.
Intanto, ricordiamo ai lettori che il
« fondo di solidarietà » con gli obiettori di coscienza votato dall’ùltimo Sinodo è sempre aperto presso la Tavola
Valdese e che tutte le offerte vanno
inviate al conto corrente postale n.
1/27855 ad essa intestato, in via IV
Novembre 107, Roma, indicando la
causale. Sono già stati presentati dagli obiettori, la cui domanda è stata
respinta, diversi ricorsi, come ci informa la Lega degli obiettori di coscienza (LOG), cui la Tavola ha inviato un
primo contributo di L. 250.000 prelevandolo dal suo magro fondo, ma è
chiaro che successivi contributi (aia
richiesti!) saranno, oltre che graditi,
veramente necessari. Roberto Peyrot
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiii
CONVEGNO A VIERING
Giovedì 31 maggio
Le comunità di Aosta e Ivrea invitano i
fratelli evangefici della Val d’Aosta e Piemonte a partecipare, sa un piano di fraternità, al tradizionale « convegno dell’Ascensione » ebe si terrà a VIERING giovedi 31
maggio.
PROGRAMMA
Ore 10.30 - Culto presieduto dal past. Giovanni Peyrot;
Ore 12 - Pranzo (al sacco o per chi vuole
al ristorante);
Ore 14 - Riunione pomeridiana. Alcuni
fratelli e sorelle di Ivrea presenteranno un tema di studio e riflessione. - Discussione;
Ore 16 - The offerto dal gruppo di Vie
ring.
Viering si trova nel Comune di Champdepraz (Bassa Valle d’Aosta), sulla riva destra
della Dora Baltea. Per chi giunge da Ivrea,
Biella, Santhià o Torino, lasciare l’autostrada allo svincolo di Verrès, seguire per un breve tratto la SS n. 26, indi attraversare il ponte sulla Dora (alla scritta Champdepraz),
svoltare poi a destra secondo l’indicazione
« Viering ».
Arrivederci a Viering!
Doni pervenuti a favore della Scuola Latina
PRIMO DISTRETTO
L. 5.000 ; Giorgina Giacone, S. Germano
Chisone; Luciana Vola, Torre
Pollice; Elsa Lageard, Pomaretto; Laura e Adelaide Micol,
Perosa Argentina.
L. 15.000; Vera e Milena Pastre, Pomaretto.
Antonella Long, Pomaretto.
Rosanna Orsello, Inverso Rinasca.
50.000; Silvia e Paola Gardiol, Tros
L.
L.
L.
3.000;
7.000 :
L. 10.000 : Ilda Revel, S. Germano Chiso- ne; A. A. C. Long, Pinerolo.
L. 50.000 ; Alberto Ghigo, Perrero.
L. 15.000 ; Ernesto Jahier, Anita Ribet Pa- scal e mamma, Pomaretto.
L. 25.000 ; Giulietta Balma, Pomaretto.
L. 15.500 : Attilio Pons, Pomaretto.
L. 3.000; Gina e Ilda Bertalot, Pinerolo.
L. 20.000 ; Ida e Teofilo Pons, Torre Pel- lice.
SECONDO DISTRETTO
L. 20.000; ; Paola Gay, Genova; Lucilla e Laura Matbieu.
STUDENTI DELLA SCUOLA LATINA
L. 5.000 ; Paolo Pons, S. Germano; Clau- dio Pons, Pqolo Clot, Poma- retto.
L. 10.000 : Roberto Rostaing, Villasecca; Bianca e Vittorio Giraud, Mas
sieri.
Il Comitato esprime ai donatori la sua viva
gratitudine.
Il C.C.V. e S.L.
L.
sello; Patrizia Beux, Valdo Jahier, Ebe Grill, Antonella Breuza, Nadia Bounous, Anna e
Valdo Marcbetti, Pomaretto;
Lia Coucourde, Giorgio Lageard, Paolo Giaiero, Inverso
Rinasca; Marina Ughetto, Perosa Argentina; Danieta Pons,
Pramollo; Bouchard Norma;
Guglielmino Lino, Castel del
Bosco.
20.000 : Claudio Guglielmino, Castel del
Bosco; OrneUa Martinat, Pomaretto, Oriana Tron, S. Germano.
AVVISI ECONOMICI
CERCASI baby-sitter disponibile tutti giorni
feriali ore 16-20. Berlolé. Via Coppieri 14 Torre Pelliee - Tel. 91456.
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8
pag, 8
I NOSTRI GIORNI
N. 20 — 18 maggio 1973
Nella pelle degli altri
SECONDO UNA RACCOLTA DI DOCUMENTI
Ecco un interessante esperienza pedagogica condotta in una scuola elementare di Evanston (Illinois, USA), descritta nelle « Informations UNESCO » dal direttore della scuola, L. S. Wilson. L’esperienza
era stata preparata da tutto il corpo insegnante, con l'intento di far
capire ad allievi fra gli 8 e gli 11 anni, bianchi, neri e asiatici, che
cos è nella realtà la discriminazione razziale.
i^sttina, entrando in classe i ragazzi ricevono, senza una parola di spiegazione, gli uni un nastro blu, gli altri un nastro arancione,
da attaccare con una spilla al loro maglione. Quel giorno, per gli allievi
blu è un paradiso, maestri e maestre fanno a gara a chi è più gentile
e più indulgente con loro; per gli "arancione", invece, è una giornata
nera, fioccano le parole severe e le punizioni. L'indomani, cambio di
registro, anzi di colore: ramanzine e vessazioni sono riservate ai "blu”,
per gli "arancioni” favori, sorrisi e caramelle.
Ci si può immaginare il turbamento degli allievi... e il loro sollievo
quando finalmente viene data loro la spiegazione finale: « Avete vissuto
due giorni di discriminazione razziale. Avete incominciato a capire che
vuol dire la parola razzismo ».
La repressione permanente
deirURSS in Lituania
Reazioni arabe e cristiane
aiia dichiarazione suii’ebraismo
(segue da pag. 5)
sono essere separate ». I sacerdoti del movimento « Echanges et dialogue » si sono anch’essi « totalmente desolidarizzati » dal testo
di un episcopato che a non cessa di applicare una linea reazionaria in tutti i campi di
cui è responsabile », mentre « preferisce una
volta di più entrare in campi che non sono di
sua competenza per svilupparvi tesi demagogiche. Invece di criticare la propria storia di
fronte agli ebrei e al giudaismOf sopratutto
negli anni '40, eccolo benedire Vimpresa di
tipo coloniale che è stata battezzata sionismo ». La Conferenza mondiale dei cristiani
per la Palestina, che ha sede a Parigi, ha dichiarato: a La nota episcopale si vuole esclusivamente religiosa. Di fatto, ha implicazioni
nord-sud-estovest
la La 59“ e ultimogenita delle università
sovietiche ha aperto i hattenti a Sytyvkar, capitale della repuhbliea autonoma dei
Komis, nella regione nord-orientale della
parte europea dell’URSS. Essa conta già 400
studenti. Gli effettivi globali delle università
sovietiche superano il mezzo milione di studenti.
a Si sta svolgendo a Ulan Bator, capitale
della Repubblica popolare di Mongolia,
un convegno sul ruolo avuto dai popoli nomadi nella civiltà dell’Asia centrale. Organizzato, sotto gli auspici deirUNESCO, dalrAccademia delle Scienze di Mongolia, questo convegno interdisciplinare passa in rassegna gli aspetti storici, etnologici, sociologici,
linguistici, letterari e artistici del nomadismo, con particolare attenzione per la situazione contemporanea specie per la diffusione dell’istruzione fra i nomadi.
I II governo australiano ha tolto il blocco
suQ’esportazione di prodotti ’’strategici”
verso rURSS, la Cina, la Corea e il Vietnam
del Nord e Cuba. L’Australia non intende
esercitare alcuna discriminazione commerciale
verso i paesi comunisti.
a Lo scrittore ecuadoriano Zavala, autore
de II banchetto del petrolio, libro che
denuncia le concessioni accordate alle società
straniere, è stato condannato a tre anni di carcere per aver « attentato alla sicurezza dello
Stato ».
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
I LETTORI
CI scrivono
Milano, 12 aprile 1973
Temo di arrivare, a proposito di « scelte »,
un po’ tardi; dato però che si tratta di un
problema sempre apertissimo, penso che non
mi sarà negato nn piccolo spazio per dire che,
questa volta, « scelgo » Gino Conte. Forse la
spiegazione prima £ questo mio atteggiamento si può trovarla nel fatto che per « coscienza » io intendo unicamente quella individuale: ne consegue che non riconoscendo in alcun modo queUe di massa, di categoria o
di classe (...e sarei tentato di aggiùngerci
anche quelle professionali!) non vedo come
potrei buttarmicì dento. Inoltre: nello stato
di cose attuale, lo « scegliere » comporta il
« dovere » di condannare « a priori » tutto
quello che fanno e faranno le parti contrarie a quella a cui ci si è votati; limite questo, almeno per me, assolutamente invalicabile. Ma quello che più mi preme di sottolineare, è questo: pochi sono riusciti a mettere nella testa di molti il triste,' monotono
ritornello secondo il quale... « il non scegliere una parte (...la loro, ovviamente!) significa accettazione pura e semplice della situazione esistente », :E perché mai? Forse Ci si
dimentica che quando qualcuno non è al nostro fianco, potrebbe essere magari davanti...
Con stima e amicizia Ezio FmAHDi
politiche (...) tanto più contestabili in quanto
non tiene conto delle concrete situazioni attuali. Manca di rigore nelVanalisi e nell’espressione teologica ». Anche il card. Daniélou, dopo avere rilevato i pregi del documento, ha scritto su « Le Figaro » (28/29-4)
che « dando allo Stato d’Israele un significato
teologico, esso crea una confusione pericolosa
fra il piano politico e quello religioso »; d’altro lato « vuol dire confondere tutto, scrivere
che ”il primo patto non è stato reso caduco
dal nuovo” ».
Dalla Lituania giungono clandestinamente alcuni documenti sulla situazione di questo paese sotto il dominio
russo: persecuzioni politiche e religiose, deportazioni in Siberia, morti misteriose. Questi documenti, che hanno
il tono semplice e dimesso proprio dell’autenticità, sono raccolti in un volume della casa editrice Jaca Book, sotto l’intestazione « Archivi per la Russia e per l’Europa orientale » k Nel
mondo vi sono nazioni che hanno sofferto molto più di altre degli orrori
delle guerre: una di queste è la Lituania, piccolo stato di circa 4 milioni di
abitanti, situato a nord-ovest della
Russia sul Baltico e confinante con la
Polonia. Tralasciamo il periodo prima
durante e dopo la seconda guerra mon
diale, quando i lituani erano massacrati e deportati, a turno, da Stalin e
da Hitler, perché questo periodo è abbastanza noto e ormai abbastanza lontano nel tempo, anche se quest’ultimo
dato non ne attenua la gravità. Intendiamo parlare dell’epoca attuale, e
cioè degli anni 1968-72. La persecuzione, l’oppressione, le morti misteriose,
alle quali negli ultimi tempi si è aggiunto l’ingiustificato internamento
delle vittime nei manicomi, non sono
cessati, e il dominio politico delTU.R.S.S. si esprime non solo con la
repressione permanente della cultura
e del cristianesimo lituano, ma con il
lento genocidio di un popolo nelle sue
componenti più valide.
Malgrado la libertà di religione e di
culto sancita dalla Costituzione russa,
la persecuzione religiosa è continuamente in atto. Le autorità mirano alla
ateizzazione delle popolazioni: da principio si cerca di attirare i sacerdoti (la
Lituania un paese cattolico con il 9%
di protestanti della Chiesa Battista e
Luterana) all’obbedienza cieca allo Sta
to; però, in genere, questo metodo
non funziona: su 300 preti deportati
solo 4 si piegano alle direttive statali.
In un secondo tempo si procede alla
chiusura sistematica delle chiese, una
dopo l’altra, nonché alla demolizione
di alcune di esse, compresi santuari
antichissimi, di valore storico ed architettonico notevole; infine si sostituisce la predicazione dell’Evangelo
gli atti del culto con le conferenze di
politica, di cultura scientifica, di sociologia; al posto di case editrici libere sorgono i cosidetti « collettivi di
lavoro », cioè gruppi di persone ligie
airU.R.S.S., che permettono di pubblicare esclusivamente opere strettamente allineate alle idee di codesto Stato,
e bocciano, senza possibilità di appello, le altre. L’apparato propagandistico diretto contro la chiesa dispone di
migliaia di attivisti, raccolti in vari
nuclei, che svolgono in tutta la Lituania corsi di ateismo, pubblicano testi
anti-religiosi, organizzano musei, mostre, festivals, films ateistici: in un solo anno essi -hanno tenuto più di 30
mila conferenze in circa 400 sale di
H Continua in Africa la decolonizzazione
dei nomi : la capitale della Gamhia non
si chiamerà più Bathurst (dal nome del segretario di stato britannico che aveva fatto costruire la città e le sue fortificazioni), bensì
Banjul, il nome che da oltre 400 anni gli indigeni davano all’antico agglomerato.
I La giunta militare peruviana ha annunciato la nazionalizzazione dell’industria
della pesca e dell’inscatolamento delle acciughe. L’industria ha 27.000 dipendenti, 1.486
battelli e 105 impianti di lavorazione del pesce. Il nuovo ente statale ha assunto la denominazione di « Pesca-Perù ».
Come si vede, a parte gli scontati argomenti politici, le critiche si appuntano stranamente, in bocca a diversi, sulla confusione fra fede e politica (ma non ci si deve ’’sporcare le
mani”? è lecito solo un certo tipo di sporcizia?). La sola critica di fondo, porta sul rapporto fra l’antico e il nuovo Patto: ma —- a
parte il dìSCÒnoscìmènto di ciò che l’altro vuol
essere, di quella che è la sua fede — non
si sorvola un po’ rapidamente sui capitoli 9-11
dell’Epistola ai Romani, ad esempio, che costituiscono un tentativo di riflessione e di
provvisoria ’’sistemazione” teologica di un
motivo che mi pare affiorare continuamente
neUa Scrittura?
“Autocritica” di Piotr Yakir
Mentre il Vaticano ufficialmente e ufficiosamente tace (non una riga su « L’Osservatore Romano »), il card. Marty, arcivescovo 'li
Parigi, ha difeso il documento, ricordando
che esso insiste anche sul debito di giustizia
verso i Palestinesi e sul diritto che anch’essi
hanno a un’esistenza politica propria, nella
propria terra; la Commissione episcopale, notando che il testo potrà forse essere chiarito e
completato, ringrazia per le critiche costruttive e respinge i commenti « che hanno già
fatto dire a questo documento pastorale ciò
che non diceva, e lo hanno male interpretato ». G. C.
Detenuto dal 21 giugno 1972, Piotr
Yakir ha inviato aH’accademico sovietico Andrei Sacharov — lo scienziato
promotore del Movimento di difesa
dei diritti deH’uomò nell’URSS al quale anche Yakir ha appartenuto — una
lettera per metterlo in guardia dal
vantaggio che i ’nemici’ dell’URSS possono trarre dai suoi scritti.
Nella lettera, datata 3 aprile e consegnata al destinatario dieci giorni
più tardi da un usciere del tribunale
di Mosca, P. Yakir sconfessa le proprie azioni passate e afferma di « essersi impegnato a poco a poco sulla
via dell’antisovietismo ». « Lei conosce
il mio atteggiamento nei confronti dello stalinismo e di' Stalin — scrive Yakir — ed esso è immutato », ma « diventando autore e co-autore di una serie di lettere contenenti generalizzazioni inesatte (...) e evidenti calunnie
contro il nostro regime sociale, e trasmettendo in Occidente informazioni
chiaramente tendenziose e particolar
mente calunniose, i miei scritti spingevano talvolta alla lotta contro l’ordine costituito ».
L’annientamento della personalità
che ’autocritiche’ del genere comportano, è altrettanto obbrobrioso, per
quanto diversa sia la forma, quanto
l’annientamento della personalità che,
assai prima dell’annientamento fisico,
i nazisti perseguivano nei confronti
degli ebrei e degli oppositori politici.
Molti dei regimi al potere all’est non
potranno mai lavarsi di questa macchia.
H Cinque Ucraini, accusati di attività nazionaliste e antisovietiche, sono stati condannati a pene varianti dai 4 ai 7 anni d’internamento in campi di lavoro. L’epurazione
nell’Ucraina, per frenarne le spinte autonomiste, è in atto da vario tempo; forse ha nuoti di contatto con l’allontanamento dal Politburo di una delle personalità più in vista, il
’’duro” Shelest.
LA FINE
DELLA
SVIZZERA
SUDAMERICANA
Echi della settimana
NeH’articolo II
travaglio dell’Uruguay, pubblicato nel
n. 7 (16.2.’73) di questo settimanale,
abbiamo riportato alcune notizie su
quel piccolo paese che, dopo aver goduto d’un lungo periodo di pace, di ordine e di libertà civile, sta ora per
somma disgrazia scivolando verso la
dittatura militare.
Da un articolo di Aldo Santini in
argomento, pubblicato su ’’L’Europeo”
del 3.5.’73, riportiamo la seguente descrizione del triste fenomeno storico
d’involuzione che ha preceduto e, in
senso profondo, causato l’odierna caduta dell’Uruguay.
a cura di Tullio Viola
GUERRIGLIERI
RE
« L'Uruguay era stato un paradiso
per gli emigranti di razza bianca all’inizio del secolo, quando in Europa,
e soprattutto in Italia, c’era una profonda miseria. L’Uruguay ha conosciuto il suo splendore con José Battle, presidente dal 1903 al 1907 e dal
1911 al 1915, e, sull’onda della sua politica negli anni successivi, quando il
capitalismo di Stato era cinico ma anche dinamico, quando sopprimeva gli
indigeni e legava i negri all’ultimo
gradino della scala sociale ma incrementava al massimo l’industria della
carne, quando Montevideo era un centro di commercio ma anche di cultura, quando i ministri assumevano a
turno, un anno ciascuno, la carica di
presidente e il presidente controllava
con scrupolo tutti i ministeri, quando
tra i primi del mondo il paese varò
l’assistenza sanitaria gratuita, l’università gratuita, l’istruzione obbligatoria, l’assicurazione infortuni, il sussidio
per la disoccupazione, la giornata lavorativa di otto ore. Quando la donna ebbe il diritto al voto e andò in pensione
dopo dieci anni d’attività lavorativa.
Quando la pensione per l’uomo cominciò a scattare a 55 ed anche a 50 anni.
Provvidenze illuminate, ma che il paese poteva permettersi.
Con il 90 per cento delle sue terre
coltivabili contro il 50 dell’Argentina e
il 15 del Brasile, l’Uruguay aveva il vento in poppa. Il suo pascolo era il più
generoso del globo, le sue bistecche le
più saporite, le sue pelli le più pregiate. Gli esperti scrivevano che in Uruguay gli allevatori somigliavano più a
dei pescatori che a dei pastori perché
dovevano pensare solo a catturare il
bestiame e a macellarlo: a tutto il resto provvedeva la terra, come il mare
provvede a far crescere i pesci. Era
l’epoca in cui l’Uruguay si arricchiva
perché era avvantaggiato non solo dalle
condizioni locali e dalla qualità della
sua gente, ma anche dall’arretratezza
dei paesi rivali. Allorché questi paesi
cominciarono a funzionare e le sue
provvidenze sociali si dimostrarono
troppo pesanti per il nuovo corso economico, la Svizzera sudamericana si
arenò.
La seconda guerra mondiale e la
guerra di Corea riportarono alle stelle la domanda della carne e della lana,
e convogliarono a Montevideo una
quantità enorme di capitali. L’Uruguay
fondò centinaia di banche. Divenne una
grande centrale di speculazione e di
profitti. E s’illuse di ripetere il boom
di 20 anni prima. Credette d’aver trovato un secondo filone d’oro. Non capì
che il suo nuovo boom dipendeva interamente da cause esterne e che sarebbe
cessato appena tali cause esterne si fossero esaurite. Difatti, chiusa la guerra
di Corea e normalizzato il mercato alimentare e valutario, l’Uruguay si sgonfiò. E fu costretto ad affrontare la grigia realtà del suo stato interno. Ma non
l’ha saputo fare, perché non ha voluto
riconoscere: 1) che il suo benessere era
soprattutto metropolitano, si limitava a
Montevideo e aveva origine dal sacrificio della campagna; 2) che la campagna produceva e non riceveva, era rimasta povera; 3) che nel paese non
c’era solo ricchezza ma anche miseria;
4) che il suo progresso tanto decantato
era una copertina, che estendere la pensione alla donna con dieci anni di attività non ha senso quando il 50 per
cento delle terre coltivabili e il 70 per
cento del bestiame appartengono a poche famiglie; 5) che con i capitali affluiti dall’estero durante il falso boom non
doveva limitarsi ad aprire istituti finanziari, ma doveva fondarci industrie produttive.
DI CRISTO
È questo il nome d’una formazione d’estrema destra
spagnola, che dà
______________ un’idea della situazione di profonda e
tragica, interna lacerazione del cattolicesimo spagnolo. Dal ’’Journal de Genève” (del 2.5.’73) togliamo notizia del
seguente doloroso episodio.
« Un ’’comando” di tali guerriglieri
ha attaccato, la sera di lunedì 30.4, a
colpi di manganello un gruppo di preti
che avevano appena assistito a una messa organizzata da diversi movimenti di
apostolato operaio a Madrid. Uno di
quei preti è stato molto seriamente ferito.
La messa, celebrata da mons. Victorio Oliver, vescovo ausiliario di Madrid,
era stata indetta (per dichiarazione dello stesso vescovo) per ’’riflettere in
modo cristiano sul primo maggio’. Secondo informazioni raccolte il giorno
seguente negli ambienti religiosi, i
membri del "comando” avevano atteso
che la folla dei fedeli si disperdesse,
per poter aggredire i preti. Mons. Oliver, che aveva tentato d’intromettersi,
è stato accolto al grido di "morte ai
curati rossi”. Il prete ferito, un dirigente dell’azione cattolica di nome Eliseo Ruiz Cortasar, ha presentato de
nuncta i
Riassunto; scomparso Battle, l’Uruguay si era fermato. Poi aveva bluffato
con le guerre. E non si era mai guardato allo specchio ».
’L!Espresso” del 13.5 c’informa poi
che Mariano Sanchez-Covise, capo dei
guerriglieri e che ha personalmente guidato l’assalto ai preti, è stato arrestato. Secondo ’’L’Espresso”, la formazione dei guerriglieri di Cristo Re è uno
dei più importanti movimenti di estrema destra in Spagna. Questi sono ben
quindici. ’’L’Espresso” cita ancora:
« la ’Cruz Iberica” il cui programma,
stampato con una copertina rossa su
cui spicca una croce uncinata nera, afferma ’’vogliamo l’estirpazione della
stampa giudaico-massonica - marxista
mediante l’estirpazione degli uomini
che la rappresentano”; il ’’Partito nazional socialista spagnolo”, attualmente sotto processo per aver svaligiato
una banca madrilena di proprietà dell’Opus Dei. Ma la destra più pericolosa
è quella di Iniesia Caño, il capo della
polizia che ha sfilato per protesta con
mille agenti nelle vie di Madrid, e Antonio Pedrosa Latas, leader degli ex falangisti, che ha dichiarato; “la violenza
sta crescendo a ritmo allarmante e va
stroncata alle radici senza tentennamenti” ».
verse. Nel 1968 sono stati stampati 128
testi anti-religiosi, sono stati prodotti
una serie di films che deridono Dio e
i santi, è stato inaugurato un museo
centrale dell’ateismo nella chiesa di
S. Casimiro, patrono della Lituania.
La maggiore attenzione della propaganda ateistica è riservata ai giovani.
I bambini vengono educati nello spirito del materialismo ateo fin dai giardini d’infanzia. Se risulta che i ragazzi
vengono istruiti ed educati religiosamente dai genitori il regime prende
le dovute misure per impedirlo, e vi
sono stati casi in cui i figli sono stati
tolti per via giudiziaria ai genitori e
consegnati a scuole-internato per esservi educati secondo i principi della
dottrina e della morale comunista. Gli
insegnanti sono ripetutamente epurati
e sostituiti da insegnanti sovietici; non
esiste in Lituania una scuola priva di
insegnanti russi, anzi in molte essi sono la maggioranza (il documento trascrive un lungo elenco di nomi a dimostrazione di questo fatto). Durante
l’anno 1970 nell’arco di sei mesi l’Università della capitale lituana, Vilnius,
è stata colpita da misteriose morti nelle persone dei suoi più valenti professori e studiosi; i deceduti si aggiravano tutti intorno ai 40 anni, ed erano
membri del partito comunista, ma di
sentimenti nazionali. Un professore,
che era stato invitato negli Stati Uniti perché di fama internazionale, scomparve e la famiglia non ne seppe più
nulla per mesi, finché il suo corpo
venne ritrovato in un fiume. Più tardi
fu ricostruita la sua tragedia; dopo
aver telefonato alla moglie che sareb
be tornato per il pranzo, il professore
venne rapito all’uscita dell’Università
c trasportato in automobile in un manicomio, dove rimase per 5 mesi; infine fu affogato nel fiume Neris. li
Cremlino lo aveva incluso nella lista
nera perché, pur essendo membro de!
partito, era un patriota lituano; gli
avevano impedito di recarsi negli Stati
Uniti; in conseguenza di questo divieto egli aveva avuto un burrascoso colliquio con i capi russi, e ciò bastò per
firmare la sua condanna a morte. I!
governo della Lituania gli ha concesso,
due mesi fa, un premio post-mortem
per la sua ultima opera, una grammatica storica della lingua lituana al fine
di gettare un po’ di fumo negli occhi
degli studiosi stranieri e attenuare la
tensione che regna tuttora nell’Unn ei sità di Vilnius.
Sono numerosi in questa raccolta e,
molto significativi: proteste di crede a
ti perseguitati, richiesta di aiuto de
parte dei cattolici oppressi, lettere .,d
l’O.N.U. di ebrea che desiderano anda
re in Israele dai parenti e ne sono impediti; altre notizie di persecuzione
religiosa, per cui a un’insegnante ch-c
era stata vista ad un funerale cristiano (anno 1971) è stata tolta la cattedra, ed ora essa non trova lavoro neppure per pulire le strade; resoconti di
processi a sacerdoti colpevoli di avere insegnato il catechismo ai ragazzi,
lettere di protesta di fedeli cattolici
a Breznev (1972) perché venga loro
concessa in uso la chiesa da essi costruita con i propri mezzi finanziari e
che è stata trasformata in sala da ballo e di concerti; infine notizie sulla
sollevazione popolare di Kaunas (maggio 1972), quando i giovani, in occasione delle festività pasquali, decidevano
di rompere la cortina del silenzio e di
richiamare l’attenzione del mondo sulla grave situazione religiosa e nazionale della Lituania; uno di essi, estratto a sorte (perché molti erano disposti a compiere il gesto), si arse vivo,
seguendo il tragico esempio del cecoslovacco Jan Palach. Ma ciò non servì,
tutto fu messo a tacere, 3000 giovani
vennero arrestati: la rivolta e l’anelito alla libertà del popolo lituano vennero ancora una volta spietatamente
schiacciati sotto la pesante reazione
dell’autorità costituita e dei carri armati russi. Edina Risei
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiin
Doni pro Eco-Luce
Ernesto Vola, Luserna S. Giovanni L. 5.000;
Graziella Jalla, Torre Pellice 2.000; Emilia
Tierque, Svizzera 500; Eglantina Chiavia Andreone, Luserna S. Giovanni 500; Anna Vallone, Latina 500; Rosina Morandi, Ramello
100; Dotti, Alassio 1.500; Natale Ricciardi,
U.S.A. 800; Chiesa di Piazza Cavour, Roma
1.500; Antonio Pellicciotta, Cesate 500; Clementina Gay, Torino 500; Domenica Introna, Bari 1.500; L. C., Torino 500; Piero Boer,
Luserna S. Giovanni 400; Luciano Decker,
Milano 1.500; M.me Edmond Chevallaz, Svizzera 500; A. E. Pons,Francia 1.627; Irene
Failla Scatamacchia, Velletri 500; Ezio Cambellotti, Torino 1.500; Max Rostan, Milano
1.000; Giovanni Frei, Malnate 1.500; Giovanni Cougn, Nervi 500; Celina Pastor, Bordighera 1.500; Aldo Genre, Beinasco 500; Fede
Miletto, Noceto 500; Ottavia e Italia Lena,
La Maddalena 1.000; Franco Ughetto, Torre
Pellice 1.000; N.N., Valle Germanasca 20.000.
Grazie!
/ continua )
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale dì Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpirui. ■ Torre Pellice (Torino)
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