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Anno VI
numenc» 13
del 27 marzo 1998
L. 2000
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art. 2 comma 20/B legge 662/96
Filiale di Torino
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I DIRini
DEI SENZA DIRini
«Nei tribunali stabilite saldamente il
diritto»
Amos 5,15
A cinquant’anni della loro promulgazione da parte dell’Onu, ì diritti
umani non sono ancora diritti positivi
di tutti gli esseri umani. Non c’è nessun tribunale o istituzione che a livello
mondiale imponga a tutti gli stati il
loro rispetto. Due negazioni dei diritti
umani fondamentali sono esemplari:
la cancellazione delle donne, trasformate in una sorta di fantasmi rinchiuse nelle case o dietro un abito, da parte
dei talibani in Afganistan; la violenza
contro le donne nei paesi occidentali,
in aumento soprattutto nell’ambito
domestico. Per la religiosità profetica il
fondamento della fede erano l’etica
della giustizia e il diritto divino alla
misericordia che consiste nel fatto che
Dio è il garante dei diritti dei senza diritti: l’orfano, la vedova, lo straniero, il
povero. Nella società patriarcale a garanzia del diritto c’era il patriarca,
ogni membro del clan aveva il diritto
di essere difeso se qualcuno calpestava
il suo diritto. Quelli che rimanevano al
di fuori della protezione dei grandi
clan, invece, potevano essere impunemente calpestati. Oggi la stessa indifferenza nei confronti dei diritti dei più
deboli si chiama «non ingerenza negli
affari interni di un altro stato». In
quella struttura sociale si inseriva Dio
come il protettore dell’inerme. Non solo, Dio stabiliva il diritto che aveva il
povero alla misericordia e il dovere dei
giudici, dei capi e del re, di stabilire la
difesa del diritto dei poveri.
Lf ALLEANZA determinava per l’antico Israele una relazione speciale
con Dio di carattere etnico: gli israeliti
erano il popolo eletto e delle promessa. Perciò, pensavano, Dio era con loro. Il profeta non nega il fatto dell’elezione, ma dice che essa è vigente a una
condizione: il rispetto della giustizia,
l’osservanza del diritto. Nell’ambito di
questa alleanza condizionata dalla fedeltà, Israele era mancante al tempo
di Amos, come lo siamo noi oggi. Dobbiamo confessare il nostro peccato di
non fare abbastanza per «stabilire il
diritto»; secondo le parole del profeta
dobbiamo cambiare vita, chiedere
perdono, e cercare Dio, convertirci.
Questo ricorso umile come ultima
istanza alla misericordia divina era
chiamata «tehinna», e formava parte
del rituale penitenziale che osserviamo in Salmi come il 51. Il profeta invita a fare questo percorso di pentimento per vedere se, attraverso il ravvedimento, Dio avrà misericordia,
perdonerà, darà un’altra opportunità
al popolo colpevole. Altrimenti si verificherà ciò che nel libro del Deuteronomio viene chiamata «la maledizione» per chi non compirà la legge.
Cercare dìo, pentirsi, implica
cambiare vita. Nel nostro tempo e
nella nostra situazione riguardo i diritti umani equivarrebbe a praticare la
giustizia e a stabilire il diritto dei senza diritti a tutti i livelli e in tutte le nazioni del mondo. Questa sarebbe la via
da percorrere oggi: stabilire il diritto
delle donne afgane, delle donne oggetto di violenza nelle nostre città e dietro
le mura domestiche, imponendo con
la forza della legge il rispetto dei loro
diritti ai tanti talibani afgani o occidentali. Perché questi diritti non siano
più un’espressione del desiderio o
dell’utopia dell’uguaglianza fra tutti
gli esseri umani, ma dei veri diritti positivi applicati in tutti i paesi da
un’autorità mondiale sovranazionale,
come per esempio il Tribunale delTAja,
con l’obbligo di farli rispettare da parte delle singole nazioni.
Martin Ibarra
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
A colloquio con Rosario Olivo, evangelico, membro della Commissione antimafia
Il Mezzogiorno chiama l'Europa
Come sì è riusciti a vincere la scommessa «impossibile» dell'Euro^ ora bisogna vincere l'altra
scommessa «impossibile»^ quella del riscatto del Sud, una porta aperta sul Mediterraneo
______JEAN-JACQUES PEYBONEL_______
900.000 in Campania, 800.000 in
Sicilia, 596.000 in Puglia, 190.000 in
Calabria, 132.000 in Basilicata: queste le cifra ufficiali della disoccupazione nel Sud. Il Mezzogiorno sta
esplodendo: da Napoli a Palermo
scoppia la rabbia di migliaia di disoccupati, sottoccupati, precari,
cassintegrati, «articolisti», lavoratori «socialmente utili». Rosario Olivo, valdese, deputato di Catanzaro
deiruiivo, conferma la drammaticità della situazione: «Qui ci sono
livelli di disoccupazione da Terzo
Mondo, e livelli di povertà ancora
maggiori che nel passato; la crescita interessa solo le aree forti del
paese; non tocca il Sud».
Il Sud sta esplodendo, ma qual è
il segno di questa protesta? È solo
quello della disperazione o del vittimismo, come spesso è successo
in passato, o anche della speranza
che, con questo governo, sia finalmente possibile avviarsi verso una
seria soluzione della questione
meridionale? «Oggi - dice Olivo la questione meridionale si presenta in termini nuovi e quindi va
affrontata con analisi e strumenti
nuovi che tengano conto del nuovo protagonismo meridionale che
è una redtà di questi ultimi anni».
Oggi le grandi città del Sud non sono più in mano a certi discussi personaggi, ed è lecito sperare che dopo decenni di malgoverno, di connivenze e collusioni tra mafia e politica, di fiumi di finanziamenti
straordinari volti soltanto ad alimentare il consenso, molti abbiano capito che è finito il tempo
dell’assistenzialismo, delle «cattedrali nel deserto», della corsa al
«posto» pubblico parassitario, delle false pensioni d’invalidità.
Non è un caso che questa nuova
esplosione avvenga oggi, in un quadro politico profondamente cambiato, alla vigilia delT«entrata» in
Europa: se il governo delTUlivo è
riuscito a vincere la scommessa impossibile dell’Euro, oggi ci si aspetta che riesca a vincere l’altrettanto
impossibile scommessa del riscatto
Una manifestazione sindacale. Nel riquadro i’on. Rosario Olivo
del Sud. «Certo - dice Olivo - è una
strada tutta in salita, ma questa volta la sfida avviene nel contèsto
dell’integrazione europea e questo
costituisce una grande opportunità
che va colta con grande senso di responsabilità». Insomma, come dice
Ciampi, la questione meridionale
ce la trasciniamo dietro da quasi
140 anni; ora si tratta di affrontarla
realisticamente, sull’onda del risanamento in atto, senza ricadere
nelle false illusioni del passato.
Il presidente della Confindustria,
Fossa, dice che per attirare investimenti nel Mezzogiorno occorrono
quattro condizioni: sicurezza, infrastrutture, riduzione della pressione fiscale, flessibilità del lavoro.
Tutti ne convengono. Rosario Olivo, che è nell’Ufficio di presidenza
della Commissione antimafia, afferma: «La lotta alla mafia non è
solo una questione di repressione,
è un’azione intrecciata tra sviluppo
economico, crescita civile e culturale, prevenzione. Nel Sud vi è indubbiamente un deficit civile, e la
posta in gioco è quella della ricostruzione delle coscienze». Bisogna
affrontare alla radice la questione
della criminalità organizzata (come
ci ha ricordato in questi giorni il
rapporto di Legambiente sui traffici dell’ecomafia), non solo nei suoi
risvolti economici e sociali ma anche di costume, profondamente
radicati nella mentalità meridionale ma ormai ampiamente diffusi in
tutta Italia e in tutta Europa. Guai
però se la questione mafia diventasse un alibi per non investire nel
Sud. Nell’era della globalizzazione,
il fenomeno della corruzione e della criminalità è solo uno dei tanti
fattori di rischio, e non è certo me
no presente nel Sud-Est asiatico, in
Europa dell’Est o in America Latina, dove la multinazionale Fiat ha
scelto di investire massicciamente
nei prossimi anni.
Del resto non è affatto vero che
l’intero Mezzogiorno sia solo un
deserto abbandonato e inquinato
in cui non avviene nulla in fatto di
investimenti e di occupazione. C’è
Melfi, c’è il nuovo porto di Gioia
Tauro per il quale Rosario Olivo si
è battuto con tenacia. Ma non solo:
è forse emblematico quello che sta
succedendo a Riesi, una delle zone
più povere e maliose della Sicilia,
dove dal 61 opera il Servizio cristiano. Lì, nel giugno scorso, il grande
imprenditore vicentino Gicmni Zonin ha comprato, per dieci miliardi, i 210 ettari dell’ex feudo Delianella, per trasformarlo in una
azienda vinicola capace di competere con i migliori vini californiani,
sudafricani e australiani. Nello
stesso periodo, sempre a Riesi, venivano finanziate, nell’ambito dei
nuovi Patti territoriali per il Sud,
cinque nuove imprese: quattro di
confezione di maglie, con un totale di 210 posti di lavoro, e una di
meccanica, con cinque operai,
creata da uno dei primi allievi della scuola di formazione meccanica
del Servizio cristiano.
Se questo è Tonda lunga dell’azione di promozione sociale, culturale ed economica del Servizio
cristiano, tanto meglio: vuol dire
comunque che, al di là delle lamentele e dei pregiudizi, qualcosa
si sta muovendo nel profondo Sud.
E proprio perché l’Italia tutta sta
per entrare in Europa, è possibile
sperare, e non più solo sognare,
che anche il Sud Italia diventi una
regione vitale, e vivibile, della nuova Europa, così come lo sono diventate in questi ultimi anni altre
regioni depresse, come il Nord-Est
italiano, TIrlanda, il Galles, la Spagna, oppure la Germania orientale.
Su questo. Rosario Olivo non ha
dubbi; «Il Mezzogiorno è la porta
aperta dell’Europa verso il Mediterraneo, e la nuova Europa non
ne può fare a meno».
Corte Costituzionale
Sul finanziamento
delle scuole private
Sisma di Marche e Umbria
Donati dalla Fcei
attrezzature e arredi
La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n.
67/1998, resa nota il 17
marzo, è intervenuta sul
problema del finanziamento delle scuole materne private in Emilia
Romagna, rimesso alla
Consulta dal Tribunale
amministrativo regionale
(Tari della stessa regione
e sollevato da un ricorso
presentato dal Comitato
bolognese «Scuola e Costituzione» e dalle comunità metodista, awentista ed ebraica della città.
I ricorrenti avevano posto il problema della costituzionalità della legge
regionale che consente ai
Comuni di finanziare le
scuole materne private;
la Corte Costituzionale
ha considerato «inammissibile» la questione di
legittimità costituzionale della legge regionale,
avanzando riserve su
aspetti procedurali del’ordinanza con cui il Tar
aveva chiesto alla Corte
di pronunciarsi e chiedendogli di motivare meglio la richiesta. Per il Comitato nazionale «Scuola
e Costituzione» l’ordinanza della Consulta è
«interlocutoria»: resta
comunque «inalterato» il
«divieto del finanziamento pubblico, perentoriamente previsto dalla
Costituzione». (nev)
Il 5 marzo è stato inaugurato il nuovo ambulatorio medico di Serravaile del Chienti (Macerata), un Comune montano di 1.200 abitanti colpito dal recente sisma
delTUmbria e delle Marche. Circa T80% delle case del paese sono state
lesionate, e la popolazione vive in gran parte in
container. La struttura
del nuovo ambulatorio,
uno spazioso prefabbricato in legno, è stata donata dai lettori del quotidiano torinese «La Stampa», mentre la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei),
nell’ambito della sotto
scrizione prò terremotati, ha fornito arredi e attrezzature per un totale
di 29 milioni di lire.
La Fcei ha inoltre donato al Comune di Serravalle, i cui uffici sono anch’essi ospitati nei container, computer e stampanti per 23 milioni di lire, che vengono attualmente utilizzati per il lavoro dì ricostruzione
svolto dalTufficio tecnico
comunale e, in futuro,
serviranno alla realizzazione di un progetto di
informatizzazione del
territorio comunale, che
include varie frazioni
isolate e lontane dal capoluogo. (nev)
TOTALMENTE PRESENTI NEL NOSTRO
TEMPO. Continua la nostra riflessione
sul tempo, la fede e la vita quotidiana.
Come credenti siamo «depositari» di
qualcosa che è inaspettato e che ci
chiama a dimenticare ciò che è passato
per protenderci verso il futuro, (pag. 3)
L'INFORMAZIONE RELIGIOSA IN ITALIA. Un seminario promosso dalla rivista Confronti è stato l'occasione per
riflettere sul fatto che il nostro è uno
dei paesi più secolarizzati d'Europa,
ma anche quello in cui l'informazione
è più «cattolicocentrica». (pag. 6)
LA CHIESA CATTOLICA E GLI EBREI.
Frutto di una gestazione decennale, il
documento redatto dalla Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo con il titolo «Noi ricordiamo: una
riflessione sulla Shoah», ha suscitato
reazioni contrastanti. (pag. 10)
ERA IL SECOLO DELLO STATO SOCIALE. Continuando la nostra riflessione
sul futuro del lavoro riconosciamo
che, oggi, imprese e mercato devono
essere più flessibili e reattivi. Ma
quanti, in realtà, sono pronti a questi
cambiamenti? (pag. 10)
2
PAG. 2
RIFORMA
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^NERDÌ27MARZq^
«“Tra poco non
mi vedrete più; e
tra un altro poco
mi vedrete perché
vado al Padre”.
Allora alcuni dei
suoi discepoli
dissero tra di loro:
“Che cos’è questo
che ci dice: ‘Tra
poco non mi
vedrete più' e ‘Tra
un altro poco mi
vedrete; Perché
vado al Padre’?”.
Dicevano
dunque: “Che
cos’è questo ‘tra
poco’ che egli
dice? Noi non
sappiamo quel
che egli voglia
dire”. Gesù
comprese che
volevano
interrogarlo e
disse loro: “Voi vi
domandate l’un
l’altro che cosa
significano quelle
mie parole ‘Tra
poco non mi
vedrete più’ e ‘Tra
un altro poco
mi vedrete’?
In verità, in verità
vi dico che voi
piangerete e
farete cordoglio,
e il mondo si
rallegrerà. Sarete
rattristati, ma la
vostra tristezza
sarà cambiata in
gioia. La donna,
quando
partorisce, prova
dolore, perché è
venuta la sua ora;
ma quando ha
dato alla luce
il bambino, non
si ricorda più
dell’angoscia per
la gioia che sia
venuta al mondo
una creatura
umana. Così
anche voi siete
ora nel dolore;
ma io vi vedrò di
nuovo e il vostro
cuore si rallegrerà
e nessuno
vi toglierà
la vostra gioia”»
(Giovanni 16,16-22)
LA CROCE? UN PARTO!
Con l'immagine delle doglie, Gesù preannuncia e descrive la tensione e
il contrasto tra l'angoscia di prima - orai -eia gioia di poi, nell'ora di Dio
GINO CONTE
GESÜ sta per morire, di mort ■ ■
te violenta: angoscia per lui,
angoscia per i suoi. E quale immagine gli viene sulle labbra?
Quella della donna in preda alle
doglie. L’immagine del travaglio
del parto ricorre nella predicazione profetica, ma di solito vi
esprime la sorpresa dolorosa, il
tormento angoscioso che piomba improvviso, lacerante. Di rado ha una risonanza messianica
e il travaglio dell’oggi si apre
all’attesa della liberazione veniente: questa risonanza messianica riecheggia nell’immagine
di Gesù? In ogni caso solo Gesù,
in Israele, poteva parlare della
morte, della sua morte, in termini di vita, con tale immagine.
Ancora per poco...
Gesù dice e ripete che «anco
I
ra per poco» sara con i suoi.
Sta per essere brutalmente troncata la familiarità abituale, la comunanza di vita fra lui e i suoi.
Tra poco. Non lo vedranno più:
non sarà più fra loro, non faranno più strada insieme, non siederanno più a tavola insieme,
non parleranno più insieme, a
sera, degli eventi della giornata,
degli incontri fatti, delle reazioni
incontrate: e sarà stroncata la
Preghiamo
Signore, nostro Dio! Ti lodiamo e ti ringraziamo per
aver voluto, nella tua incomprensibìle misericordia,
scendere così in basso nel tuo Figlio diletto per amor
nostro, al fine di elevarci così in alto in lui, per amor
tuo. Permettici di accogliere con fede la Parola grazie
alla quale vuoi glorificarti e darci la beatitudine eterna, la pace e la gioia, e questo già nella vita presente.
Ti preghiamo per la tua chiesa, qui e in tutti i paesi:
per la chiesa che dorme, perché si svegli; per la chiesa
sotto la croce, perché non smetta di rallegrarsi nella
certezza delle tue promesse; per la chiesa confessante,
perché adoperi le sue forze vive non per se stessa, ma
solo per la tua gloria.
Ti preghiamo per quelli che esercitano l’autorità nel
mondo intero: per quelli che governano bene, affinché
tu li fortifichi: per quelli che governano male, affinché
tu li converta o metta un termine al loro potere, secondo la tua volontà; per tutti i governanti, affinché tu appaia loro come il padrone di cui non sono che i servitori. Ti preghiamo per i poveri, i malati, i prigionieri,
gli sconfitti e gli afflitti, per tutti coloro che perdono
coraggio e che soffrono e di cui tu solo, forse, conosci
la soff^erenza, affinché tu li consoli con la tua presenza
e la speranza del tuo Regno. Amen.
Karl Barth
(da Preghiere, Claudiana, Torino 1987, p. 41 s.)
grande speranza messianica che
a poco a poco si è accesa in loro.
Ma, dice Gesù, «tra un altro po’
mi vedrete», e anche se non potete ancora saperlo né capirlo, sarà
un «vedere» nuovo, un rapporto
diverso. L’angoscia per l’antico
rapporto troncato sarà travolta
dall’esultanza per il nuovo rapporto che si ricostituisce. Qui entra in gioco l’immagine delle doglie. Evocandola, Gesù non parla
di sé, anche se sarà fecondo come nessun altro il travaglio mortale che sta per patire e che solo
dopo conoscerà la risurrezione.
No, Gesù parla dell’angoscia tormentosa che dalla sua scomparsa tragica sta per abbattersi, improvvisa, sui suoi.
Come sempre, nel quarto e
più elaborato Evangelo, c’è un
sovrapporsi di tempi e di situazioni. Ovviamente si tratta anzitutto delle ore angosciose che
hanno preceduto, accompagnato e seguito il processo «montato» e la crocifissione; ma si tratta
già pure del periodo drammatico contrassegnato dalle prime
crudeli persecuzioni sistematiche che la comunità deve affrontare sul finire del primo secolo.
Il quarto evangelista sovrappone
e mescola le due situazioni: in
entrambi i casi i discepoli incontrano il Cristo vivente ricevendo
lo Spirito veritiero promesso loro. E ascoltando e leggendo queste parole possiamo intrecciare
anche la nostra situazione alle
due citate: anche noi siamo tesi
fra l’angoscia per l’assenza di
Cristo e la promessa: «Un altro
po’, e mi vedrete» (v. 16), «Io vi
rivedrò» (v. 22).
«croce» di cui Gesù ci chiede di
farci carico al suo seguito, non
sono i guai e le difficoltà che
condividiamo con tutti i nostri
simili. Al cuore di tutta questa
pena, certo, la «tribolazione», la
«croce» è la constatazione dolorosa, inquietante dell’assenza di
Cristo («... se tu fossi stato qui...»,
cfr. Giov. 11, 21-32). Credenti,
viviamo in un mondo dal quale
Cristo sembra essere stato eliminato, anche dove ci sono croci e
chiese dappertutto. E con lui il
Padre: dov’è la tua presenza forte, amica, redentrice?
Questa è l’angoscia che Gesù
vede piombare «fra poco» sui
suoi, e che si prolunga nelle nostre vite. In noi credenti è cosciente, ma è un’angoscia universale, anche se largamente
ignara della sua portata profonda. Così dice l’apostolo Paolo:
«Sappiamo che fino a ora tutta la
creazione geme insieme ed è in
travaglio (anche qui il travaglio
di un parto trascinato, interminabile, angoscioso...): non solo
essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi gemiamo in noi stessi
aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo», cioè di
tutto l’essere nostro (Rom. 8,22).
lo abbiamo «visto» risorto attraverso gli occhi di quelle nostre
sorelle e di quei nostri fratelli che
ne sono stati testimoni diretti.
Questa gioia ha già rallegrato la
nostra vita, perché lo Spirito verace ci guida in tutta la «verità»
cioè, biblicamente, in tutta la
realtà di Cristo e ha già suggellato nei nostri cuori vulnerabili la
certezza della sua vittoria.
Attesi all'appuntamento
Eppure ì1 vero appuntamento è ancora davanti a noi:
A*
I\s
Il ritorno di Gesù
Ritorna, dunque, Gesù. Di
( • ■ —
. quale ritorno si tratta? 11 Risorto che riappare vivo, secondo
le testimonianze apostoliche? La
discesa dello Spirito, dato che
per il quarto Evangelo risurrezione di Gesù e «pentecoste»-effusione dello Spirito coincidono
(cfr. Giov. 20, 19-23)? Il Cristo
che ritorna nel suo secondo avvento, glorioso e definitivo? C’è
tutto questo insieme. «Mi vedrete», «vi rivedrò». Lo dice a noi.
Forse, apparentemente, ci siamo assuefatti all’assenza di Cristo, che è poi l'assenza di Dio.
Ma in realtà ne soffriamo e la
«tribolazione» (v. 33) che Gesù
preannuncia non indica certo le
normali «pene della vita» di ogni
essere umano, così come la
«Vi rivedrò»
tutte le loro e a tutte le nostre domande angosciose è
data quest’unica risposta: «Vi rivedrò», «e il vostro cuore si rallegrerà». Una volta di più l’iniziativa è sua e solo sua; e porta gioia
e pace. Sarete come la puerpera
che, dopo il travaglio, contempla
felice la sua prole! Una similitudine da non forzare. È chiaro che
noi non «partoriamo» nulla, non
siamo i «gestanti» della salvezza,
della redenzione, come il marxismo pensava del proletariato, e
come in fondo sostiene ogni
ideologia umana. Non siamo
certo noi che ridiamo vita al Risorto, non siamo noi che «mettiamo al mondo» il suo regno veniente: noi, tutt’al più, tendiamo
a imbalsamarlo... Con la sua similitudine Gesù preannuncia e
descrive la tensione e il contrasto fra l’angoscia di prima - ora!
- e la gioia di poi, nell’ora di Dio
e del suo Agnello trionfante, secondo le immagini e i canti
dell’Apocalisse.
Questa gioia, però, non è puramente futura: è già cominciata,
perché Cristo è già stato risuscitato, ci ha già «rivisto» e pure noi
Gesù ce l’ha dato e ci viene rinnovato ogni volta che ci raccogliamo spiritualmente, veracemente e realmente, intorno a lui,
alla sua tavola: «Vi dico in verità,
non berrò più di questo frutto
della vigna, finché lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre
mio» (Mari. 26, 29), nella festa
esultante, nel superamento infine reale e pieno di ogni dolore e
di ogni contraddizione. Sì, è ancora davanti a noi, l’appuntamento, e spesso sfuma in una
lontananza che si sottrae a ogni
verifica, in quella sfibrante attesa dolorosa a cui si riduce la fede
nuda. E gemiamo, nel travaglio
dell’attesa di questa redenzione,
per noi e per il mondo.
Ma questo è l’Evangelo: «Vi rivedrò, e il vostro cuore si rallegrerà». Niente e nessuno vi toglierà questa allegrezza. Niente e
nessuno la tolga a noi, ora. I misteri pesanti e dolenti si illumineranno, o saranno travolti.
Verrà il giorno in cui conosceremo appieno lui, come già lui ci
conosce nella pienezza del suo
amore (cfr. 1 Cor. 13, 12). Non è
forse la risposta al grido estremo
di Giobbe? e dell’umanità, del
creato che nel suo tormento si
assomma? «Ma io so che il mio
Redentore vive e che alla fine si
alzerà sulla polvere. E quando,
dopo la mia pelle, sarà distrutto
questo corpo, dalla mia carne vedrò Dio. Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei
occhi, non quelli di un altro; il
cuore, dal desiderio, mi si consuma!» (Giobbe 19, 25-27). Ne II
Messia Haendel ha affidato queste parole al soprano, in una delle «arie» più limpide e intense;
forse un coro che, senza fioriture, lanciasse al cielo, senza ripetizioni, questo grido, renderebbe
ancor meglio la coralità di questo
anelito.
(Seconda di una serie
di quattro meditazioni)
Note
omiletiche
Occorre aver presente
tutto il capitolo, che i
unitario, nel contesto dei
«discorsi di commiato»
(cap. 13-17). Lettura da
affiancare: Isaia 66, 5-14
In altre culture e tradi.
zioni la morte poteva e
può essere vista come nascita di una vita nuova
Così nella spiritualità grei
ca, almeno in quella dominante, con la sua credenza nell'immortalità
dell'anima e quindi della
morte come liberazione
di questa dai vincoli pesanti della carne: Socrate
muore in modo sereno, a
tratti quasi scherzoso, secondo la testimonianza
del discepolo Platone. Pure secondo tradizioni religiose orientali, piuttosto
seguite in Occidente, la
morte è il passaggio a
una vita nuova, la reincarnazione in una nuova
esistenza, superiore o inferiore secondo la legge
del karma, della retribuzione; un moto perpetuo,
salvo che sfoci nell'annullamento della persona
nel grande tutto della Vita impersonale, appunto,
Non così in Israele: qui
la morte è la fine dell'esistenza. Da qualche tempo, all'epoca di Gesù, almeno nel giudaismo fariseo (ma non in quello
sadduceo, cfr. Marco 12,
18-27 e par.) era affiorata
la fede della risurrezione
finale, splendida e temibile risurrezione per il
giudizio. La morte restava comunque «l'ultimo
nemico», come dichiara
l'ex-fariseo Saul-Paolo nel
grande capitolo sulla risurrezione (1 Cor. 15): vera fine dell'esistenza personale, fisica e spirituale,
separazione, impura per
eccellenza, dal Dio vivente e vivificante, abbandono alla distruzione. Questo è la morte per l'ebreo
Gesù; per questo si turba
profondamente di fronte
alla morte di altri come
alla propria, incombente.
È l'orrore della fine, ma
sopratutto l'orrore del distacco da Dio.
Eppure qui Gesù ne
parla, per sé e per i suoi,
in termini di fiducia e di
gioia, con l'immagine del
parto doloroso presto dimenticato (accentuazione
troppo maschile?) nell'esultanza per la nuova vita. Nella predicazione dei
profeti l'immagine è usata con valenza negativa,
ad es., in Is. 21,3; Ger.
4,31; 13,21; 30,6; con valore positivo, messianico
in Michea 4,9 e Is. 66,5 ss.
Nelle parole «Fra un
poco non mi vedrete più,
e fra un altro poco mi vedrete», mentre le nostre
traduzioni usano nei due
casi l'unico verbo «vedere», nel testo greco originale si usano due verbi diversi: a indicare, il primo,
la percezione ottica superficiale, fuggevole, precaria, l'osservazione che
non lascia traccia durevole; il secondo per descri;
vere il percepire con gli
occhi della fede, che sa
discernere i segni di una
presenza: così, ad esempio, in Giov. 20, 8-19 s.
Per
approfondire
I commentari al quarto
Evangelo: H. Strathmann
(Paideia, Brescia, 1973);
R. E. Brown (Cittadella,
Assisi, 1979); E. Balducci
(Mondadori, Milano, '73),
C. F. Molla (Labor et Fides, Genève, 1977) e n
classico commentario,
purtroppo non tradotto
in italiano, di Jean Calvin
(Labor et Fides, Kerygma/Farel); infine di G. Ferraro. La gioia di Cristo net
quarto Vangelo (pss., Paideia, Brescia, 1988),
e l'Introduzione di Paolo
Ricca a Evangelo secondo
Giovanni (Oscar Mondadori, Milano, 1973).
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Fede e Spiritualità
PAG. 3 RIFORMA
Continua la nostra riflessione sul tempo, la fede e la vita quotidiana
Totalmente presenti nel nostro tempo
Come credenti siamo «depositari» di qualcosa che è inaspettato e che ci chiama,
con Paolo, a dimenticare ciò che è passato per protenderci verso l'avvenire
^ DANIELA DI CARLO________
Durante ì preparativi
per il 17 febbraio, quest’anno festeggiato in maniera particolarmente imponente per la ricorrenza del 150“
delle Lettere Patenti, una citazione di Jaspers ba accompagnato molti dei miei pensieri di quei giorni. La citazione dice: «Non essere posseduti né dal passato né dal
futuro, occorre essere totalmente presenti». Sento stridere sino all’inverosimile
questa indicazione dell’essere presenti a se stessi nell’oggi e la scelta, in alcuni casi
realizzata in maniera eccellente, della chiesa a cui appartengo di presentarsi all’esterno prevalentemente attraverso il suo passato. Un
passato obiettivamente intenso, significativo, che protrae il suo grido sino ai nostri
giorni. Un grido le cui parole
danzando insieme danno luce a una narrazione edificante che ci investe, per semplice estensione, di una gloria
dissimile, ma composta della
stessa materia, a quella che
realmente ha toccato le nostre madri e i nostri padri. Un
passato pieno di fatti, di eroi,
di idee, di forza, di movimento. Un passato però che paralizza il presente che si rivela
sciatto e insipido se si tolgono le manifestazioni intente
Torre Pellice, 15 febbraio 1998: giornata commemorativa deile Lettere Patenti del 1848
a recuperare la memoria di
ciò che eravamo.
Lontana dalla volontà di
rinnegare o limitare l’inequivocabile importanza delle nostre radici mi sento però immersa in quella che Hannah
Arendt chiama la «lacuna del
presente», quell’entità estremamente piccola e vuota che
di per sé non è altro che un
punto di partenza in grado di
correggere lo scontro tra il
passato e il futuro. Quella lacuna che Paolo ha tentato di
riempire con la sua corsa e
che gli fa dire: «...dimenticando le cose che stanno dietro mi protendo invece verso
ciò che mi sta davanti» (Filippesi 3, 13). Un davanti che è
l’oggi, è l’adesso con tutti i
suoi drammi e i suoi misteri
indicibili che ci chiede di poter ricevere una forma e un
nome compiuto; che ci indù
ì Una riflessione di un teologo cattolico contemporaneo
Uetemo dilemma fra ricordare e dimenticare
BRUNETTO SALVARANI
Ricordare o dimenticare? Dal suo sorgere sino
ad oggi (per esemplificare: da
Platone, secondo il quale «la
ricerca e il sapere non sono
in definitiva che reminiscenza», a Heidegger, per cui la
temporalità costituirebbe
l’orizzonte inevitabile della
questione dell’essere) la cultura occidentale oscilla fra i
due poli, o enfatizzando di
volta in volta il ruolo della
memoria, o la necessità dell’oblio, senza mai individuare
una risposta assoluta, definitiva. Potremmo anzi spingerci ancor più indietro cronologicamente, e interrogare la
sapienza dell’India vedica,
per sentirci rispondere che
«gli stessi dei cadono dal cielo quando la memoria fa loro
difetto», parafrasando il terzo
capitolo del Qohelet, verrebbe dunque da dire: «C’è un
tempo per ricordare, e un
tempo per dimenticare»
Vorrei proporre, in tale direzione, alcune brevi annotazioni, con l’obiettivo non certo di rispondere esaustivamente ma piuttosto, alla maniera ebraica, di mantenere
positivamente aperta la domanda: suggerendo appena
alcune piste di riflessione. A
partire dal fatto che, se da
sempre la custodia delle tradizioni, dei modelli comportamentali, del senso della vita, si poggiano per tutti i popoli sulla trasmissione delle
memorie, la modernità nella
quale siamo immersi appare
caratterizzata invece dallo
smarrimento della memoria,
dalla sensazione diffusa di
non essere più in grado di
condividere dei racconti significativi, dalla frantumazione e dalla moltiplicazione
esasperata delle carte di identità «particolari». Il paradosso
^ che una simile situazione,
connotata dalla definitiva impotenza dei trattati di mnemotecnica e da una ridottissi
ma capacità di elaborare una
memoria condivisa, si venga
a creare proprio in una fase
storica segnata da un’enorme
potenzialità di acculturazione
e di «riproducibilità tecnica»
(W. Benjamin) dei ricordi: i
quali, a differenza della memoria, sono oggettivi, o almeno pretendono di esserlo.
Di «ricordi», infatti, fanno
oggi incetta i computer, ma
anche, fortunatamente, i musei e gli archivi, col rischio di
costringerci ad annegare in
una sorta di «complesso di
Funes», il protagonista del
racconto borgesiano intitolato Funes o della memoria,
tratto dalla raccolta Finzioni.
Lo scrittore argentino vi narra di un ragazzo uruguaiano
pieno di stranezze il quale, a
causa di un incidente avvenuto per colpa di un cavallo
selvaggio, resta irrimediabilmente paralizzato, senza alcuna speranza di guarigione:
come per una compensazione, però, egli acquista una
percezione e una capacità di
ricordare davvero infallibili.
Tutto, infatti, gli si mantiene
conficcato nella mente, dai
«crini rabbuffati di un puledro» ai «tanti volti d’un morto durante una lunga veglia
funebre»; tutto il dolore del
cosmo gli è presente, ma nulla che egli percepisca come
dotato di senso, fino ad ammettere sconsolatamente:
«La mia memoria. Signore, è
come un deposito di rifiuti».
Funes el memorioso, in
questo davvero metafora
compiuta del moderno, possiede la totalità dei ricordi
ma, appunto, non è dotato
di memoria, la quale ha il carattere della globalità e fornisce un significato agli avvenimenti; essa ha una funzione strategica nei confronti dei ricordi stessi singolarmente presi ed è così in grado di saldarsi alla speranza,
rappresentando in tal modo
il tentativo di essere qualcosa che costituisca un valore
ce a pensare l’inaspettato di
cui siamo depositari, quelTinaspettato che ci libera dalla statica prigione della memoria contemplata per restituirci ad una memoria che ci
lancia nel nostro tempo. Paolo non rinnega il suo passato,
semplicemente non lo rende
vorace più di quanto ogni
passato è vorace. Egli sa esattamente da dove viene, conosce i luoghi con cui sua madre gli ha spiegato il mondo,
conosce le ragioni e gli incontri che hanno trasformato il
suo passato di solitudine in
un presente che lo vede in
compagnia di Gesù Cristo.
Solo se saremo in grado di
occupare il nostro presente
potremo incarnarci e agire
nel mondo dando compimento a quel destino singolare che aspetta solo di vedere la luce feconda del giorno.
Solo se il nostro sguardo non
sarà sempre rivolto al passato
potremo dal nostro presente
ricevere il radicamento di cui
abbiamo bisogno per saper
assaporare il profumo del nostro tempo. Solo se la memoria non sarà come una madre
egoista che trattiene presso
di sé le figlie e i figli anche
quando queste hanno raggiunto l’età adulta sapremo
gustare il sapore dolce e amaro dei giorni che si aspettano di vederci in presenza e
non soltanto in memoria.
Il sacrificio della Pasqua
Ascolta Israele
«Ascolta Israele: il Signore, il nostro Dio, è l'unico Signore»
«Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il tuo
cuore; con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi
comandamenti che oggi ti do, ti stararmo nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legharai alla memo come un segno, te li
metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli
stipiti della tua casa e sulle porte della tua città» (Deuteronomio 6,4-9).
«Osservate dunque questo come un’istituzione perenne
per voi e per i vostri figli. Quando i vostri figli vi diranno;
“Che significa per voi questo rito?” risponderete; “Questo è
il sacrificio della Pasqua in onore del Signore, il quale passò
oltre le case dei figli (l’Israele in Egitto, quando colpì gli egiziani e salvò le nostre case”» (Esodo 12,24; 26-27).
duraturo. Un’autorevole sociologa della religione, Danièle Hervieu-Léger, parla
opportunamente della «memoria in briciole del nostro
tempo», e persino Primo Levi, che all’assoluta necessità
del fare memoria della Shoà
ha dedicato la sua vita e la
sua arte (o forse proprio per
questo) constatava ne I sommersi e i salvati, che la memoria umana è intrinsecamente debole, «strumento
meraviglioso ma fallace» la
cui alternativa traumatica
peraltro, più che l’oblio, può
essere considerata la banalizzazione della realtà.
In un simile scenario, contro il preoccupante diffondersi del «complesso di Funes», occorrerebbe da parte
delle chiese e della società
porsi l’obiettivo assolutamente strategico di «ri-educare alla memoria» nel presente scorcio di fine millennio in cui l’ansia del futuro
sta assumendo le forme più
diverse: da quelle apocalittiche, quasi sempre ricorrenti
e non di rado patologiche, alla celebrazione anticipata del
«nuovo» che ci attende. Occorre rieducare alla memoria,
insegnando e raccontando la
storia del passato e insieme
le visioni (iella fantascienza,
creando condizioni per aprirsi ai mondi possibili, agli spazi dell’utopia, alla speranza
feconda ebe dona senso ai
giorni, che spettano all’umanità sulla terra. Il che appare
tanto più necessario, e tanto
più pressante agli occhi dei
credenti legati alla tradizione
ebraico-cristiana, se si riflette
sul fatto che la fede biblica,
molto più di quanto accada
per la gran parte delle altre
voci religiose, si basa essenzialmente sull’idea di «memoriale» (ziqqaron, in lingua
ebraica).
(dall’articolo «Ricordare o dimenticare? L’esercizio della memoria e l’oblio», in Servitium III,
113, 1997, pp.73-75).
I pensieri dello scrittore ebreo premio Nobel per la pace
La nostra memoria è la memoria dei folli
ELIE WIESEL
PERSONALMENTE sento
le difficoltà, le ambiguità
e le trappole del linguaggio
quando cerco di raccontare
ciò che, dopotutto, penso di
conoscere meglio: certe esperienze di cui serbo il ricordo.
Mi rendo conto che ciò che
ho voluto dire l’ho detto male, o forse non l’ho neanche
detto. Peggio: può darsi che
abbia detto altre cose. Sono
troppo severo nei miei confronti? Forse non sta a me
giudicare. Ciò non toglie che
non sia cosciente dei miei limiti e che, soprattutto, non
abbia la convinzione, infinitamente dolorosa, quasi impossibile da esprimere, che in
più di un senso il nemico ha
vinto la partita: i morti sono
morti e i sopravvissuti non
potranno neanche raccontare
ciò che hanno visto e vissuto.
In uno dei miei romanzi,
un personaggio è fucilato a
bruciapelo, ma non può morire: tutti i membri della sua
famiglia sono morti, tutti i
suoi amici sono morti, e lui è
l’ultimo; e poiché è l’ultimo,
non può morire; allora l’assassino gli dice: «Un giorno
mi maledirai per averti risparmiato, anche se io non
volevo; parlerai ma nessuno
ti ascolterà; dirai la verità, ma
sarà la verità di un folle». È
un po’ il caso di tutti noi: la
nostra memoria è quella dei
folli. Come fare per aprire le
porte? Come fare per condividerne le visioni? Le parole,
nella nostra bocca, significano ciò che nessuno potrebbe comprendere. La fame, la
sete, la paura, l’umiliazione, l’attesa, la morte: per noi
queste parole portano con sé
altre realtà. Ecco l’ultima tragedia delle vittime: l’assassino le ha uccise, e uccidendole ha fatto in modo che non
se ne possa parlare.
Ciò che noi abbiamo subito
si situa al di là del linguaggio,
dall’altra parte della vita e
della storia. Il ghetto e il vagone piombato, i bambini vivi gettati nelle fiamme, i vecchi muti scannati, le madri
dallo sguardo demente, i figli
incapaci di attenuare l’agonia
dei padri: un essere normale
non può assimilare tanto orrore, non può ricevere tante
tenebre: un essere normale
non può capire, non potrà
mai capire. Tragedia del testimone: che deve fare della
sua testimonianza? Per lui si
trattava di sopravvivere unicamente per poter raccontare: sarebbe sopravvissuto per
niente? Questa angoscia caratterizza i miei compagni: si
interrogano senza sosta sul
senso della loro sopravvivenza che alcuni, a torto, definiscono miracolosa: si sentono
colpevoli di fronte ai morti
che li hanno incaricati di una
missione impossibile da
compiere; sono dunque destinati a vivere un’esistenza
che non è la loro.
Se prima il pensiero diveniva atto e l’atto parola, il processo oggi è interrotto. Oggi
ammettiamo che certi atti restano al di qua della parola.
Questa non ne è più la conseguenza logica. E tutti i discorsi sulle «lezioni» tratte da Auschwitz e il «messaggio» ricevuto da Treblinka (lezioni di
etica e messaggi politico-teologici) non hanno niente a
che vedere con l’argomento.
All’indomani della tormenta,
di fronte a un mondo inorridito, i reduci dai campi non
facevano che ripetere: «Voi
non potete capire, voi non
potete capire». Poi, per ragioni spesso nobili e sempre
umanitarie, hanno tentato:
bisognava pure sensibilizzare
gli uomini, avvertirli di certi
pericoli, mostrare loro le
strade su cui è pericoloso incamminarsi. Ogni volta dovevano farsi violenza per lasciarsi andare anche solo in
parte, per parlare di cose intime (c’è cosa più intima del
dolore, della morte?) e, ogni
volta, la partita era perduta in
anticipo. L’ascoltatore non
capiva o capiva male.
Ma allora, mi domanderete: e tutte queste opere, tutti
questi romanzi, tutti questi
racconti, tutti questi studi,
come dobbiamo leggerli?
Non hanno neanche sollevato il velo, mostrato la ferita,,
indicato il cimitero? Certo, i
testimoni sono obbligati a
scrivere e i lettori a leggere.
Eppure, lo so, il segreto fra di
loro non sarà fatto di legami
ma di assenza di legami. Ciò
che sto dicendo non Io dico
senza disagio, e ancor meno
senza tristezza. Ma non credo di avere il diritto di non
dirlo. In un certo senso ho
raccontato un po’ del mio
passato non perché lo conosciate, ma perché sappiate
che non lo conoscerete mai.
Così come nella Cabbalà si
parla di shviràth hakelìm, di
questi «vasi rotti» nel momento della creazione, così
oggi noi dobbiamo vedere la
possibilità di una simile rottura, su una scala tanto vasta
quanto la prima, che implichi la totalità dell’essere. Rottura fra passato e futuro, fra
creazione e creatore, fra l’uomo e il suo simile, fra l’uomo
e il suo linguaggio, fra le parole e il senso che esse nascondono. Ma allora, mi direte, che cosa ci resta? la speranza malgrado tutto, nostro
malgrado? la disperazione
forse? o la fede? Ci resta soltanto la domanda.
(da «Credere o non credere»,
Giuntina, Firenze, 1993).
4
PAG. 4 RIFORMA
CUMENE
VENERDÌ 27 MARZO 199§ ygMERI
La grande consultazione ecumenica è stata lanciata il 18 gennaio scorso
Chiese svizzere: «Quale futuro vogliamo?»
Gli organizzatori della consultazione, che si concluderà nel giugno 1999, sono
convinti che la Confederazione abbia bisogno di un nuovo contratto sociale
«Quale futuro vogliamo?».
Questa la domanda generale
dell’ampia consultazione ecumenica lanciata il 18 gennaio
scorso dalle chiese svizzere.
Di fronte ai problemi economici e sociali ai quali si trova
confrontato il paese, di fronte
alle minacce che incombono
sulla pace sociale e alle preoccupazioni per il futuro, la
Conferenza episcopale svizzera (Ces) e il Consiglio della Federazione delle chiese protestanti della Svizzera (Feps) intendono offrire una sorta di
regalo alle cittadine e ai cittadini, instaurando con loro un
dibattito molto aperto circa i
valori della società svizzera alla vigilia del terzo millennio.
Da ora fino a giugno 1999,
tutti i partner sociali, partiti
politici, chiese, gruppi o individui sono invitati a partecipare. I contributi verranno
poi pubblicati nella speranza
che possano servire da «punti
di riferimento» per il futuro.
La preoccupazione delle
chiese svizzere per le questioni sociali non è nuova, ha
ricordato monsignor Amédée
Grab durante una conferenza stampa a Berna, menzionando le encicliche di diversi
papi in proposito. In quanto
ai protestanti, essi hanno
una tradizione di etica sociale che risale alla Riforma, ha
rilevato il pastore Heinrich
Rusterholz, presidente del
Consiglio della Feps. Ma la
novità è che le chiese non
vogliono dare l’impressione
di «giocare a consultare la
gente» su posizioni già predeterminate dai dirigenti ecclesiastici. «Riteniamo che
l’avvio di un processo di dibattito sarebbe già un risultato», ha dichiarato mons.
Grab, aggiungendo: «Le chiese sono legittimate a porre
questo genere di domanda».
Gli organizzatori di questa
consultazione sono convinti
che le fondamenta della vita
sociale e economica che finora sono prevalse vengono
ora rimesse in discussione e
che «la Svizzera ha bisogno
di nuove fondamenta». E siccome sono i valori della società di domani ad essere rimessi in discussione, come
ha sottolineato Jean-Claude
Huot, segretario di «Giustizia
e pace»: «È importante che i
vari ambienti possano esprimersi con grande indipendenza». La «brochure» proposta come «base di discussione» non vuole quindi essere un catalogo di soluzioni concrete, ma l’indicatore
di orientamenti generali per
il futuro. Toccherà alla gente pronunciarsi su ciò che
Hans-Balz Peter, direttore
dell’istituto di etica sociale
della Feps, ha definito come
una «scelta di società».
La «brochure» di 32 pagine
è composta di tre parti, inquadrate da «racconti di vita»
destinati a interpellare i lettori. La prima parte propone
delle chiavi di lettura per
comprendere la società nella
quale viviamo. Vi vengono
presentati i segni di una rimessa in discussione del consenso sociale in una Svizzera
scossa dai cambiamenti mondiali dopo aver conosciuto un
periodo di prosperità senza
pari. L’irruzione della politica
estera nel dibattito elvetico
interno, la modificazione dei
rapporti di forza a livello federale, le fissine nell’equilibrio
politico e nella ponderazione
tra le regioni del paese, tutti
questi cambiamenti hanno
pesanti conseguenze. Alcuni
miti si stanno sbricciolando,
come quello della perfezione
del libero mercato e della crescita come fine in sé.
Losanna: centro città
Nella seconda parte, la situazione del paese viene posta sotto la «luce della fede»,
con la citazione di vari testi
biblici per mostrare che 0 regno di Dio a venire si manifesta già nel nostro quotidiano e che il Cristo inglobava
nella sua visione tutte le dimensioni della vita. Gli autori del testo ne traggono sei
criteri di «compatibilità» dei
progetti umani con il progetto di Dio e concludono insistendo sulla responsabilità
di tutti i cristiani ad impegnarsi per una società che
non escluda nessuno.
La terza parte è dedicata
alle prospettive da aprire per
definire un nuovo contratto
sociale in Svizzera, con la
proposta di cinque valori di
base: giustizia sociale, libertà
e responsabilità, partecipazione, durabilità e solidarietà. Le undici domande poste nella «brochure» sono le
seguenti.
1) Com’è cambiato il suo
ruolo, il suo posto nella società in questi ultimi 10 anni?
2) Quali sono i cambiamenti sociali ed economici,
in Svizzera e nel mondo, che
la preoccupano di più? Quali
invece le danno più fiducia e
speranza?
3) La Consultazione è basata sull’idea che il futùro sociale ed economico è difficile.
Qual è la sua analisi, la sua
valutazione?
4) Qual è a suo parere la
missione delle chiese di fronte alla situazione economica
e sociale della Svizzera?
5) Qual è, secondo lei, il significato della Bibbia per la
vita nella chiesa e nella società?
6) Come mette in rapporto
la preghiera del «Padre Nostro» con l’impegno a favore
di un mondo più giusto?
7) Quali sono i valori fondamentali necessari per un
solido «contratto sociale»?
8) Sarebbe pronto a rinunciare a una parte del suo benessere a favore dei membri
più deboli della società? A
quale condizione sarebbe
pronto a farlo?
9) Quali sono, secondo lei,
le componenti di un nuovo
«contratto sociale»?
10) Come si può condividere quella «derrata» fattasi rara
che è il lavoro rimunerato?
11) Quali compiti devono
asumere i poteri pubblici
(comune, cantone. Confederazione, istituzioni sovranazinnali)? (spp)
Il Decennio sarà al centro dell'8^ Assemblea del Cec
Denunciare la violenza contro le donne
Mentre il «Decennio ecumenico della solidarietà delle
chiese con le donne» giunge
al termine, molte cristiane ritengono che le chiese non
hanno fatto abbastanza perché cessi la violenza nei confronti delle donne: «Le donne
pensano che la questione sia
stata a volte banalizzata, o addirittura giustificata dalla teologia», ha detto Aruna Gnanadason, responsabile delTUfficio delle donne del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
all’agenzia Eni. Per questo, le
chiese dovrebbero essere
chiamate a denunciare la violenza nei confronti delle donne, all’interno della chiesa e
in generale, in occasione dell’ottava Assemblea del Cec
che si svolgerà ad Harare nel
dicembre prossimo.
L’Assemblea avrà luogo
nella capitale dello Zimbabwe quasi immediatamente dopo un Festival di quattro
giorni (dal 27 al 30 novembre) che radunerà fino a 1200
partecipanti (1.100 donne e
100 uomini) e che segnerà la
fine del Decennio ecumenico. Questo programma di 10
anni è stato lanciato dal Cec
nel 1988 per interpellare le
chiese e per chiedere loro di
rivedere le loro stmtture, i loro insegnamenti e le loro pratiche riguardanti le donne e
di promuovere la piena partecipazione delle donne.
Un progetto di documento
sulle sfide lanciate alle donne
all’alba del 21“ secolo, chiama le chiese a proseguire
l’azione del Decennio, e in
particolare a denunciare la
violenza nei confronti delle
donne. Dopo il dibattito che
avrà luogo nel corso del Festival del Decennio, il documento verrà esaminato in
sessione plenaria nel corso
dell’Assemblea del Cec. Aruna Gnanadason ha precisato:
«Le donne sarebbero furiose
di essere abbandonate ora;
tutto quello che il Decennio
ha potuto fare è stato di rivelare i problemi. Il Decennio
ha fornito una base teologica.
Il Decennio ecumenico ha permesso alle donne africane di parlare
apertamente dei frequenti casi di violenza domestica
ed stato un vero successo: ha
rafforzato la solidarietà mondiale nei confronti delle donne e le donne hanno preso
coscienza che i problemi che
esse sollevavano erano questioni mondiali».
L’azione per fare cessare la
violenza nei confronti delle
donne è stata uno degli aspetti più controversi del Decennio. Dal 1994 al 1997, il
Cec ha organizzato visite di
«équipe» (le «Lettere viventi») in quasi tutte le chiese
membro del Cec, per dibattere sugli obiettivi del Decennio e per porsi all’ascolto
delle donne di quelle chiese.
Ebbene, spiega Aruna Gnanadason, queste «équipe»
hanno scoperto che la violenza nei confronti delle
donne, anche fra i cristiani,
era «molto diffusa in tutti i
continenti, in tutti i paesi... Il
Decennio ha permesso alle
donne di parlarne apertamente, e di parlare anche degli abusi sessuali commessi
da membri del clero. Questo
ha creato un certo disagio
all’interno delle chiese, era
come lavare i panni sporchi
in famiglia. Alcuni hanno
perfino cercato di giustificare
la violenza, con il pretesto
che essa faceva parte della
cultura locale o della teologia. C’è stato anche il rifiuto
di ammettere che questa violenza esistesse. Per le chiese
e anche per il Cec, il Decennio ha permesso di mettere a
nudo questo problema; le
donne continueranno a parlarne. È un problema molto
grave e le chiese hanno una
immensa responsabilità morale a questo riguardo».
Aruna Gnanadason ha ricordato inoltre che il Decennio ha aiutato le donne in diversi modi. In India, ad esempio, esso ha spinto le
chiese ad interpellare lo stato
circa alcune leggi molto discriminatorie nei confronti
delle donne, in particolare
per quanto concerne l’eredità, i beni e il matrimonio.
Queste leggi, istituite dai britannici un secolo fa, vengono
contestate dal movimento
delle donne in quanto sono
state promulgate soprattutto
per avvantaggiare i soldati
britannici. In molti paesi, come la Norvegia, i Paesi Bassi,
gli Stati Uniti, il Canada e
l’Australia, le chiese sono state portate a modificare i loro
regolamenti interni e ad adottare misure per scoraggiare i tentativi di molestia sessuale. In Africa e nella regione del Pacifico, il Decennio
ha permesso alle chiese di
parlare apertamente della
violenza domestica. (eni)
Dal Mondo Cristiano
Germania: è morto Ernst Kaesemann
TUBINGA — A 91 anni è morto il 17 febbraio a Tubingay
teologo Ernst Kaesemann, uno tra i più significativi esperti del
Nuovo Testamento del dopoguerra. Dal 1946 al 1971 Kaesemann, uomo ribelle e controcorrente che non scendeva mai a
compromessi, è stato docente per il Nuovo Testamento a Gottinga, Magonza e Tubinga. Nella vita pubblica era conosciuto per le sue posizioni intransigenti. Molti dei suoi testi sono
stati pubblicati in italiano dalTEditrice Claudiana. (nev)
La Bibbia tradotta in 2.197 lingue
LONDRA — Traduzioni della Bibbia o di parti di essa in 3o
nuove lingue nel corso del 1997 hanno portato a 2.197 le lìngue nelle quali si possono leggere le varie versioni delle Sacre
Scritture. E quanto si ricava dal resoconto annuo delle Società Bibliche Unite (Ubs) che specifica anche che sono in
corso 681 progetti di traduzione e che, come ha dichiarato argutamente il segretario generale Fergus Macdonald, «non
manca certo il lavoro poiché si stima che nel mondo ci siano
circa 6.000 lingue parlate e scritte». (nevleni)
Messico: forte crescita degli avventisti
CITTÀ DEL MESSICO — Più di 7.000 persone sono state
battezzate nelle ultime settimane di gennaio in cerimonie che
gli avventisti chiamano «feste battesimali». Di particolare significato è stato l’ingresso di oltre 3.000 nuovi membri nella
regione del Chiapas, regione che di recente ha conosciuto la
guerra civile e la morte di diversi giovani. Nel Chiapas alcuni
avventisti sono stati uccisi per essersi rifiutati di aderire a un
gruppo armato di guerriglieri, riferisce David Perez, presidente della Chiesa awentista del Messico meridionale. La maggioranza delle adesioni giungono dal Sud del paese, dice G.
Ralph Thompson, segretario esecutivo della Chiesa awentista
nella sede centrale di Silver Spring, nello stato del Maryland,
Usa: «Il 24 gennaio più di 2.000 persone sono state battezzate
a Chetumal e altre 1.100 a Villa Hermosa, nello stato del Chiapas. A Tapuchilla sono state battezzate oltre 1.900 persone».
La settimana seguente sono stati celebrati altri 1.400 battesimi a Veracruz e Posa Rica: «Siamo dawero commossi per la
testimonianza che gli awentisti messicani danno ai loro concittadini - ha detto Thompson -. Il merito va in primo luogo ai
pastori che ispirano e incoraggiano i membri di chiesa a condividere il Vangelo con i loro vicini. L’esperienza della crescita
è un fatto ormai naturale per gli awentisti messicani». In
un’ulteriore festa battesimale a Città del Messico, celebrata il
13 e il 14 febbraio, ha partecipato anche il presidente della
Chiesa awentista, Robert S. Folkenberg. In quell’occasione
sono stati battezzati 840 nuovi membri. Il servizio religioso si
è svolto in uno stadio pieno fino al limite della sua capacità
(17.000 posti a sedere), riferisce Folkenberg. Gli awentisiiin
Messico sono ormai più di mezzo milione. (bia)
Cauto «sì» dei metodisti russi alla nuova
legge sulla libertà religiosa
MOSCA — I metodisti russi hanno accolto con «cauto ottimismo» la nuova legge sulla libertà religiosa approvata recentemente dal Parlamento, legge che secondo molti osservatori
è fortemente penalizzante per tutte le denominazioni (obbligo di registrazione presso le autorità, accettazione solo delle
realtà presenti sul territorio da almeno 15 anni) ma non perla
Chiesa ortodossa russa. In Russia i metodisti hanno 33 chiese
(due in Ucraina) con circa 5 mila membri comunicanti e 32
pastori tutti di origine russa. (nevleni)
Situazione della religione in Cina
PECHINO — Trapelano in via informale le prime informazioni sulla recente visita in Cina di una delegazione di leader
religiosi Usa (il vescovo cattolico Theodore McCarrick, il pastore Donald Argue delle Assemblee di Dio e il rabbino Arthur
Schneider). Secondo McCarrick, non sono pochi i problemi
circa la libertà religiosa in Cina, mentre va registrato un notevole incremento nel numero dei cristiani (circa 10 milioni ufficialmente, almeno sei volte tanto secondo la delegazione)
e in particolare dei protestanti che, sempre secondo McCarrick, «potrebbero essere almeno 50 milioni». (nevleni)
Usa: ricostruzione delle chiese incendiate
USA — Prosegue con successo la campagna per la raccolta di
fondi per la ricostruzione delle numerose chiese, in prevalenza
del Sud e frequentate da neri, che negli ultimi anni sono state
mcendiate con attentati di matrice razzista. Secondo dati diffusi dal Consiglio nazionale delle chiese che gestisce i fondi, 44
chiese sono già state ricostruite completamente, 54 sono in via
di completamento, mentre altre 130 sono in lista di attesa. Alla
fine del 1997 erano stati raccolti 8 milioni di dollari. (nevleni)
Bolivia: protestano gli evangelici
LA PAZ — Ferma protesta dell’Associazione evangelica boliviana (Andeb) che si è rivolta al tribunale per chiedere la revoca, in quanto incostituzionale, della legge che prevede che
«tutte le chiese e missioni, anche quelle riconosciute dallo stato, presentino alle autorità un elenco dei propri fedeli corredato dal numero della loro carta d’identità». Si tratta di una legge
approvata nel 1985 che non ha mai trovato applicazione ma
che ora, riferisce l’Andeb, alcune autorità locali cercano di utilizzare per fermare in qualche modo la grande espansione che
alcune denominazioni evangeliche stanno vivendo, (nevlalc)
Apre stazione radio awentista a Kinshasa
KINSHASA — La repubblica del Congo ha concesso l’autorizzazione a trasmettere alla radio awentista «Voce della Speranza» nella capitale, Kinshasa. La stazione sarà gestita da
membri della chiesa locale i quali sperano di installare un trasmettitore da 1,2 kilowatt appena possibile. Kinshasa è la più
grande città del Congo con quasi 6 milioni di abitanti. (bi(^)
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Pubblicato dalla Claudiana un libro di scritti pastorali di Giovanni Miegge
Al principio^ la Grazia
Con esemplare chiarezza e essenzialità il teologo valdese, morto nel 1961, riesce
a esprimere concetti teologici e culturali complessi e ancora di grande attualità
__ ALBERTO TACCIA_________
1926... 1933... 1938. Si direbbe una raccolta di testi di
50-70 anni fa, privi di attualità, utili soltanto per ricerche
storiche, insomma un archivio. Questa potrebbe infatti
essere l’impressione di chi
prendesse in mano il libro
degli scritti pastorali* di Giovanni Miegge. Ma chi si inoltra nella lettura dovrà ben
presto ricredersi. Alcune espressioni appariranno un
po’ arcaiche, altre troppo pietiste 0 troppo assiomatiche,
ma la scorrevolezza e la chiarezza del pensiero non possono che catturare l’attenzione del lettore, mettendo in
luce una delle note caratteristiche di Giovanni Miegge,
cioè la sua capacità di esprimere con semplicità e naturalezza concetti teologici e
culturali complessi. Essere
semplici non vuol dire essere
banali, ma cogliere l’essenzialità del messaggio e trasmetterlo nella forma più accessibile possibile. Una lezione che molti di noi, nello scrivere e nel parlare, non cesseranno mai di apprendere.
Gli anni bui
del fascismo
In questi anni, nei suoi
scritti, non appare mai né
una parola di riconoscimento né di biasimo. L’obiettivo
era di trasmettere la Parola
del Signore in tutta la sua autorità e nella forza del suo
annunzio di liberazione. «La
libertà di coscienza è una
conquista di ogni giorno,
un’affermazione nei fatti, la
tensione di una coscienza interiormente libera, che si fa
strada attraverso gli ostacoli
di numerosi e diversi conformismi che tenderebbero a
incatenarla».
La mia generazione ha un
grande debito di riconoscenza verso questa predicazione
nelle nostre comunità, piccole isole di democrazia in
tempo di assolutismo. Essa
ha costituito per noi, forse
anche in modo inconscio, un
antidoto contro la marea
montante del conformismo
ideologico.
Gli anni della guerra
1940-41. I primi anni della
guerra: tempo di sgomento,
di disorientamento, di tentazione. Ma nelle nostre comunità circolano piccoli libretti
stampati con 1 tipi della Tipografia Subalpina di Torre
Pollice, su brutta carta autarchicamente grigia: Tempo di
^erra, Pensieri sulla provvi«enza. Solitudine, Perfetta leh'zia, scritti da Giovanni
™®gge. In questi testi Dio
non è ridotto alla dimensione di una divinità sconfessalo e sconfitta, che opera solo
Piit negli spazi ridotti della
pietà personale, ma è procla•nato con forza come il Signore della storia. «La guerra
e il supremo peccato della
GIOVANNI
MIEGGE
Al principio,
la Grazia
SCRITTI nSTORAU
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Claudiana
umanità contro se stessa:
ma, al tempo stesso è il castigo fatale di questo stesso
peccato», la sofferenza e la
distruzione che implica non
è la punizione di Dio, ma la
conseguenza del peccato in
cui, come per i profeti antichi, è anche dato di vedere il
segno del giudizio di Dio.
Le grandi domande: come
Dio può volere questo? Perché non interviene? Perché
permette? non solo non vengono eluse, ma sono affrontate con chiarezza e semplicità. Il tuo dolore diventa
crogiolo in cui la tua vita matura e si affina e ti aiuta a
«ascoltare nel silenzio il messaggio solenne che vuole comunicare». Ti aiuta a comprendere e sostenere il dolore degli altri e affrontare l’aspetto più tragico: la sofferenza e la morte degli innocenti. «Noi siamo chiamati
ad accettare consapevolmente la nostra solidarietà di destino e di colpa, per tradurla
nella solidarietà di redenzione del corpo di Cristo».
La solitudine
La guerra è anche disperazione. Le comunità cittadine
sono disgregate, tutti sfollano
spesso in località lontane,
prive di punti di riferimento.
La solitudine può diventare
tentazione di mimetizzazione o ritorno alla grande chiesa rassicurante. Ma «se vi è
una fede che può essere professata nella solitudine è la
nostra». L’Evangelo è la verità, con Dio siamo in maggioranza. «Rinunciare alla verità, per essere in compagnia.
Giovanni Miegge
senza verità? Rifiutare di essere soli con Cristo, e rinunciare a Cristo per non essere
soli? Che perdita! Anzi, che
perdizione!».
Il dovere
Anche il tema delTetica, e
in particolare del «dovere»
che spesso ossessiona i protestanti, viene affrontato con
autorevole chiarezza: «I nostri doveri stanno davanti a
noi e ci seguono come austeri compagni di marcia. Ma
per compierli degnamente e
con libertà interiore, come figli e non come schiavi, teniamo lo sguardo fisso al di sopra dei nostri doveri, in colui
che è la profonda d’essere di
ogni nostro dovere, e che li
riassume tutti in una visuale
armoniosa e corroborante,
perché in Lui il dovere non è
mai separabile dalla grazia,
anzi il dovere è grazia».
Ecumenismo?
Nel 1940 i rapporti con la
chiesa di Roma erano tutto
polemica e scomunica e nessuno avrebbe mai osato servirsi del termine ecumenismo per definirli. Eppure
Miegge scrive: «Se conosciamo qualche anima cattolica
a cui siamo legati non soltanto dai vincoli dell’amicizia,
ma da quelli più profondi di
una affinità spirituale fondata in Cristo, coltiviamo quella relazione, tanto più preziosa quanto più rara, in un
puro spirito di comunione
cristiana, evitando di imporre il peso fastidioso delle nostre particolarità confessionali e cercando il comune
fondamento della fede, della
speranza e dell’amore. Noi
riceveremo da quelle amicizie la rivelazione della “chiesa invisibile’’».
Non sono, questi, che pochi spunti, qua e là, per invogliare a leggere il libro. Siamo
riconoscenti a Claudio Tron e
collaboratori per averci restituito questi testi da alcuni dimenticati e da altri ignorati,
attraverso i quali possiamo
riallacciare un dialogo tra le
generazioni e riproporre al
nostro spirito la meditazione
di temi per nulla superati, ma
ancor oggi pulsanti di urgente attualità, in attesa di risposte non incerte, ma piene di
quella franchezza che viene
dalTintelligenza e dalla libertà dello Spirito.
(*) Giovanni Miegge: Al principio, la Grazia. Scritti pastorali, a
c. di Claudio Tron. Torino, Claudiana, 1997, pp. 320, £ 34.000.
libri Ripubblicata l'opera^di Yves Congar sullo Spirito Santo
Una teologia della «Terza persona»
FULVIO FERRARIO
Mentre la chiesa cattolica romana celebra
T«anno dello Spirito Santo»,
nel quadro di un generale
fervore di interesse e di studi
relativi alla terza Persona
della Trinità, la Queriniana
ripubblica la monumentale
opera del teologo francese
Yves Congar, Credo nello
Spirito Santo*. Frate domenicano, elemento di punta,
insieme a M. D. Chenu, H. de
Lubac e altri, della cosiddetta Nouvelle theologie degli
Anni Cinquanta (puntualmente condannata da Roma), Congar è stato tra i protagonisti teologici della stagione del Vaticano II, nonché uno degli iniziatori della
riflessione ecumenica in ambito cattolico: la sua lettura
di Lutero e del protestantesimo, per quanto fondamentalmente incapace di comprendere la potenzialità liberatrice del cristianesimo
evangelico, ha svolto un ruolo importante nella promozione del dialogo interconfessionale. Nel 1994 il novantenne teologo, a suo tempo
zittito e emarginato, è stato
creato cardinale dall’attuale
pontefice. Si è spento l’anno
successivo.
Il lavoro che presentiarno
era già apparso in italiano, in
tre volumi, aU’inizio degli
Anni Ottanta: l’attuale edizione è identica a quella precedente: solo, alla numerazione delle pagine relativa ai
tre volumi, è stata aggiunta
quella del volume unico. Si
tratta di una grande, dottissima dottrina generale dello
Spirito Santo («pneumatologia»). Il primo tomo è dedi
cato alle fonti bibliche e alla
storia della teologia; il secondo al rapporto Spirito-chiesa, a quello Spirito-vita personale e al rinnovamento carismatico (qualcosa di simile, se è lecito esprimersi in
questi termini, all’equivalente cattolico-romano della
spiritualità pentecostale): il
terzo a una teologia sistematica dello Spirito Santo che
ha di mira essenzialmente il
dialogo ecumenico con l’ortodossia orientale.
Non mancano alcune pagine dedicate ai riformatori e
ad alcuni episodi della tradizione protestante; neila discussione relativa alla processione dello Spirito dal Padre e dal Figlio (la famosa
questione d^Filioque), Congar riproduce con approvazione ampi passi di Barth;
nell’insieme però il punto di
vista del cristianesimo occidentale è ricostruito a partire
dalla tradizione cattolico-romana e dalla discussione
teologica interna a quella
chiesa. Il fatto, inoltre, che il
libro sia vecchio di quasi
vent’anni impedisce ovviamente di tenere conto di
quanto è stato scritto nel
frattempo: e per quanto riguarda lo Spirito Santo, sia
in ambito cattolico che evangelico, non si tratta certo
di poca cosa.
Colpisce comunque vedere come Congar affronti problemi cruciali (ad esempio
quello del rapporto tra la
dottrina di Cristo e quella
dello Spirito) in termini molto attuali e equilibrati. Nonostante l’età, il libro mantiene
un alto valore manualistico,
per il respiro con cui percorre e elabora la tradizione, ed
Amicizia ebraico-cristiana
Jules Isaac di fronte
all'antigiudaismo cristiano
ANNA MAFFEI
ecumenico per l’acume con
cui è discusso il dissenso tra
Occidente e Oriente. I lettori
evangelici dovranno necessariamente integrarlo con
opere più recenti provenienti dalla loro tradizione, alcune delle quali (Moltmann, Lo
Spirito della vita; Welker, Lo
Spirito di Dio), recentemente
tradotte dalla stessa editrice.
(*) Yves Congar: Credo nello
Spirito Santo. Brescia, Queriniana, 1989, pp. 725, £ 70.000.
L> AMICIZIA ebraico-criI stiana di Napoli ha inaugurato il 16 febbraio, con la
presenza della prof. Maria
Vingiani, il ciclo di incontri
che quest’anno sono incentrati sui grandi protagonisti
del dialogo fra ebrei e cristiani. Un precedente appuntamento biblico, tenutosi il 14
germaio, su Giuseppe, figura
simbolo per il dialogo fra
culture diverse, affidato alia
riflessione del past. Hartmut
Diekmann, ne aveva costituito un passaggio propedeutico.
La figura che Maria Vingiani, fondatrice e presidente
emerita del Segretariato attività ecumeniche, ha presentato è stata quella di lules
Isaac. Maria Vingiani ha parlato per più di un’ora e mezzo di seguito riuscendo mirabilmente a trasmettere ai
presenti qualcosa del pathos
con cui Jules Isaac, prestigiosa figura di storico francese,
ebreo e iniziatore delle amicizie ebraico-cristiane, aveva
contagiato a sua volta lei nei
suoi incontri e nella ricca
corrispondenza.
Vingiani ha ripercorso le
tappe dell’esperienza umana
unica, dolorosa é appassionata di Isaac a partire dai tre incontri che li hanno visti protagonisti. E così facendo ha
aperto uno squarcio di storia
contemporanea. Si era nel
1957 quando avvenne il primo incontro, a Venezia. In
quegli anni Maria Vingiani
era assessore alle Belle arti
della città e godeva, per questo, ma anche per la sua attività di promotrice del dialogo
interconfessionale, di una feconda frequentazione con
Tallora patriarca di Venezia,
Maria Vingiani
Mostra antologica a Ginevra
La fede trasfigurata
nell'arte di Charles Rollier
«Charles Rollier et la transfiguration» è il titolo di un’
esposizione aperta a Ginevra, presso il Museo Rath, fino al 17 maggio prossimo,
organizzata in coincidenza
con i trent’anni dalla morte
dell’artista. Nato nel 1912 a
Milano da famiglia valdese,
Charles Rollier seguì gli studi artistici nella prestigiosa
Accademia di Brera ma nel
1934, sotto il fascismo, ripara
a Basilea e successivamente
nel Giura, venendo a seguire
da vicino la lezione dell’espressionismo tedesco.
Tappe successive della formazione e della carriera di
Rollier saranno Parigi e successivamente Ginevra, dove
sarà a contatto con Alberto
Giacometti, probabilmente il
più importante scultore europeo di questo secolo. Negli
anni successivi al conflitto
mondiale farà ancora la spola tra Parigi e la Svizzera, dove si stabilirà definitivamente nel 1952.
Il tratto tipico delle opere
pittoriche e grafiche di Rollier si ispira alla concezione
di uno «schermo psichico»
sul quale, abbandonata la
materia della percezione,
scorre e si concretizza l’intenzione di esprimere, come
è stato scritto, «il mistero essenziale della Creazione».
Un’ispirazione, dunque, che
rinvia alla fede ma anche agli
studi che l’artista fece sulle
dottrine filosofiche e religiose
dell’Oriente e sulla spiritualità che emana dalla Patristica: il tutto in una linea «secca», nervosa e pregnante.
(per informazioni Musée
Rath, tei. 0041-22-3105270;
fax 3121858).
futuro papa, Angelo Roncalli.
«QueU’incontro mi ha segnato per tutta la vita - ha raccontato -. Isaac venne con
suo figlio, scampato da Auschwitz. Mi fece quei giorno
dono del suo libro "Jesus et
Israel” facendomi leggere la
dedica che traduco dal francese: A mia moglie, a mia figlia, martiri, ammazzate dal
nazismo di Hitler; ammazzate
solamente perché si chiamavano Isaac. “Ma è vero?”,
chiesi. “Sì - rispose - mi è rimasto solo lui”. Capii quel
giorno che non era solo il
dramma di una famiglia, ma
di un intero popolo. Io non ne
sapevo molto. Non si parlava
di queste cose negli Anni 50».
Quel libro, infatti, «Gesù e
Israele», libro in cui si evidenziavano le radici cristiane dell’antisemitismo, che
era tdla sua seconda edizione
in Francia, era, insieme alla
problematica che trattava,
del tutto sconosciuto in Italia. E Isaac aveva evidentemente intuito che Vingiani
poteva costituire un buon
tramite per portare la Chiesa
cattolica nel suo insieme a
comprendere le proprie storiche responsabilità verso gli
ebrei. L’intuizione si dimostrò poi corretta. Nonostante
i mille impedimenti frapposti
dalla curia. Maria Vingiani
riuscì a far incontrare Isaac
con Giovanni XXIII il 13 giugno del ’60. In occasione di
quel colloquio, dal quale il
papa uscì molto scosso, Isaac
gli consegnò personalmente
il testo di una sua conferenza, che peraltro gli aveva già
inviato ma che non era mai
pervenuto nelle sue mani,
che rappresentava la sintesi
dei suoi studi: «Della necessità di una riforma dell’insegnamento cristiano nei riguardi di Israele».
Dopo una trattazione sintetica ma impressionante
delle conseguenze nefaste
che la divisione fra ebraismo
e cristianesimo ha prodotto
nei secoli in termini di esposizione della minoranza
ebraica a tutti i possibili odi,
violenze, emarginazioni e
derisioni, Isaac conclude con
un appello rivolto a quel papa che nel 1958 aveva soppresso in una preghiera le
espressioni «perfldis» e «perfidiam» applicate agli ebrei e
al giudaismo. Scrive Isaac:
«Con un fervore che l’età non
può affievolire, la supplichiamo, la scongiuriamo di voler
considerare ora il problema
in tutta la sua gravità e tutta
la sua ampiezza.
Esso non coinvolge solo il
giudaismo e gli ebrei, ma anche il cristianesimo e i cristiani: che cosa è una vita religiosa senza un ininterrotto
sforzo di purificazione, che
cosa è una vita cristiana che
non sia fondata sull’amore
per il prossimo? Ora, se si
vuol venire a capo dell’antisemitismo cristiano (due parole che accoppiate stridono), bisogna affrontare Tinsegnamento, perché esso è la
base di tutto: l’insegnamento
di tutti i gradi e sotto tutte le
forme, predicazione compresa. Solo l’insegnamento può
disfare ciò che Tinsegnamento ha fatto. “L’insegnamento
del disprezzo” è durato fin
troppo, non ha fatto che
troppo male, non ha più il
diritto di esistere. Piaccia a
Dio che sia oggetto di una
condanna solenne».
Il tema del dialogo ebraicocristiano fu poi effettivamente posto all’ordine del giorno
del Concilio già dalla sua
apertura anche se la Dichiarazione conciliare «Nostra
Aetate», feconda di epocali
sviluppi, sarebbe passata solo nel ‘65 sotto il pontificato
di Paolo VI.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 27 MARZO
Si è tenuto a Ecumene un seminario di «Confronti»
L'informazione religiosa in Italia
Il nostro è uno dei paesi più secolarizzati d'Europa ma
anche quello in cui l'informazione è più «cattolicocentricax
Il fattore religione oggi si
presenta sempre più come
chiave di lettura del mondo,
o almeno tende ad acquistare
sempre più importanza per
capire e decifrare il nostro
tempo. Partendo da questo
presupposto diventa importante e fondamentale incontrarsi, dibattere e fare della
formazione anche sul modo
di dare notizie e trattare gli
argomenti religiosi sugli organi di informazione. È stato
proprio questo l’intento del
seminario promosso dal mensile Confronti, tenutosi a Ecumene (Velletri) dal 6 all’8
marzo, intitolato «L’informazione religiosa in Italia».
Quel che tra l’altro è emerso dall’incontro di Ecumene è
che il nostro paese ha una
posizione per certi versi un
po’ particolare dal punto di
vista dell’informazione religiosa. L’Italia è uno dei paesi
più secolarizzati d’Europa ma
è anche una nazione dove per
approssimazione circa il 90%
dell’informazione religiosa è
cattolica; d’altra parte, ci dicono le statistiche, siamo anche un paese dove il senso di
appartenenza al gruppo religioso è molto forte: da un’indagine del sociologo Eranco
Garelli di qualche anno fa,
che si occupava per altro
quasi esclusivamente della situazione cattolica, risulta che
circa il 85% degli italiani si dichiarava cattolico mentre solo il 67% credente. Tutto questo se da un lato è segno di
una situazione di confusione,
è anche causa di un’informazione troppe volte per così dire cattolicocentrica (basti notare che in molti organi di informazione nazionale non
esiste la figura dell’informatore religioso bensì quella del
vaticanista, che in quanto tale
sembra essere anche qualificato per occuparsi di Islam,
protestantesimo, ecc.) con la
tendenza a volte a leggere gli
avvenimenti utilizzando gli
strumenti linguistici e logici
sempre e solo di un certo preciso punto di vista. Certo esistono in Italia organi di informazione non di matrice cattolica o legati ad altre chiese o
gruppi religiosi, ma sono poca cosa rispetto allo strapotere informativo che il mondo
cattolico può esprimere.
Leggere la realtà utilizzando un solo punto di vista, che
sia quello protestante o quello cattolico o islamico, genera spesso confusione, appiattimento e soprattutto sovente cattiva informazione se
non addirittura disinformazione. Leggere un avveni
mento dal proprio punto di
vista culturale per capirlo
non è di per sé sbagliato e
spesso è inevitabile, ma diventa addirittura rischioso
quando si cade in pericolose
semplificazioni.
Oggi poi si presenta anche
un’altra questione, il problema della qualità dell’informazione religiosa che troppo
spesso viene ad essere legata ai problemi di budget del
mezzo informativo. Spesso anche in questo campo si
scrive «per vendere», non per
informare (vedi anche scheda
in questa pagina). Ma il véro
problema, quello fondamentale nell’informazione religiosa così come è emerso dal seminario organizzato da Confronti, sembra però essere soprattutto quello della conoscenza degli «altri» che è poi
l’unico modo per non leggere
gli avvenimenti sempre e solo
con i propri schemi di riferimento, le proprie categorie, e
perché no, con i propri preconcetti. Questo è il compito
che i giornalisti che si occupano di informazione religiosa, ma non solo, si devono
prefiggere: andare oltre il
proprio orticello, imparare a
conoscere per capire e poi
informare l’opinione pubblica in maniera corretta.
Lo scrittore Aldo Zargani
L'ebraismo rifiuta i dogmi
Lo scrittore Aldo Zargani
È toccato allo scrittore Aldo Zargani concludere il seminario con un breve pezzo
sull’ebraismo nello stile brillante che gli è solito, che in
parte vi proponiamo qui a
fianco. Dal confronto con gli
intervenuti sono comunque
emersi gli errori più comuni
(e a volte dolorosi) che si
fanno quando si parla di
ebrei: è sbagliato allora parlare delle Fosse Ardeatine
come di un fatto di storia
ebraica, quando invece è tutto itahano (i morti dell’eccidio, ricorda Zargani, sono sepolti tutti insieme a Roma
nelTunico cimitero giudaicocristiano). È sbagliato parlare
dello Stato ebraico quando si
parla dello Stato d’Israele,
perché questo oggi vorrebbe
dire scivolare nella teocrazia.
Infine, l’ebraismo non è un’
ortodossia, non può avere
dogmi e non può formulare
un credo perché non è basato
sul pensiero logico greco ma
è un’ortopraxia, cioè un modo di comportarsi secondo
determinate leggi «di cui non
si sa nemmeno il perché». È
l’obbedienza a produrre l’essere ebrei. E poi ci fa bene sapere che Zargani ha pianto
davanti alla scena finale della
Vita è bella di Benigni, quando arrivano i carri armati dei
liberatori, che anche lui vide
bambino a Torino nel ’45 e
salutò, alla vista della stella di
Davide sulla fiancata, con un
allegro «shalom!».
Il rischio della chiusura e dei luoghi comuni sull'informazione religiosa
Nel corso del seminario «L’informazione religiosa in Italia»
organizzato da Confronti e moderato da Paolo Naso, direttore
delia rivista, è stata presentata la realtà di diverse confessioni
religiose rispetto alla comunicazione giornalistica. Qui di seguito riportiamo in breve alcune delle tematiche che noi abbiamo
ritenuto più significative, presentate da Giovanni Ferrò, del
mensile cattolico Jesus, Gianna Urizio, della rubrica televisiva
«Protestantesimo», Luca Maria Negro, direttore dell’agenzia
stampa Nev, Luigi Sandri, dell’agenzia stampa Eni, Mostafa El
Ayoubi, redattore di Confronti, Giorgio Girardet, teologo e giornalista, e delio scrittore Aldo Zargani.
Giovanni Ferrò ha affermato che l’informazione religiosa è cambiata e in peggio. Si
vive un momento di profonda crisi: la chiesa, diversamente da circa vent’anni fa,
appare incapace di «dire»
Dio, mentre storicamente si
assiste a un nuovo interesse
per le religioni. Il vasto «mercato» delle religioni si presenta come un calderone indifferenziato dove manca il
dibattito sulle grandi questioni e il coinvolgimento
personale.
Gianna Urizio ha ribadito
che anche nel campo televisivo l’informazione religiosa cattolica è e sarà sempre
maggiore. Anche se in questi
ultimi anni si registra la volontà di creare degli spazi di
dialogo interreligioso: sono
un esempio i servizi preparati
dalla redazione cattolica e
quella protestante in occasione dell’assemblea ecumenica
di Graz. La rubrica «Protestantesimo», dopo una prima
fase in cui è stato uno spazio
Mostafa El Ayoubi e Luigi Sandri
Pagina a cura di: Marfa
D'Auria, Davide Rosso,
Federica Tourn
utile per rendere visibile la
presenza protestante in Italia, oggi vuole essere una
«agorà», dove la cultura protestante possa incontrare e
dialogare con le diverse entità e culture che compongono la società.
Dall’intervento di Luigi
Sandri è emerso che lo strumento indispensabile per poter fare una corretta informazlone sul cattolicesimo e
sull’ortodossia è la completa
conoscenza degli eventi storici. Ad esempio fondamentale è sapere quando e quali
sono state le conseguenze del
Concilio Vaticano II (19621965), considerato dalla maggioranza «il ’68» della Chiesa
cattolica.
Nel suo intervento Luca M.
Negro ha sottolineato che nel
nostro paese fare una corretta informazione sull’ecumenismo richiede il superamento di numerosi luoghi comuni. Fra i più radicati vi è quello di una visione «romanocentrica» deH’ecumenismo,
che viene inteso come un
processo di avvicinamento
delle chiese in vista di un ritorno a Roma. È necessario
invece conoscere la storia del
Movimento ecumenico, nato
in ambiente protestante, al
cui lavoro hanno ben presto
aderito chiese di diversa denominazione animate dal desiderio di voler intraprendere
insieme, pur nel rispetto delle differenze, il cammino per
ritornare a Cristo.
Riguardo aH’Islam, bisogna
assimilare pochi ma chiari
concetti: innanzitutto esiste
un Islam plurale, perché il
mondo musulmano non è
un’entità unica e omogenea;
pur essendoci un solo Dio e
un unico profeta, nessuna
persona o istituzione rappre
senta la religione islamica.
Non esiste un clero, né una figura che possa essere paragonata a quella del papa o del
patriarca: non esistono la
messa o il culto, ma la preghiera rituale, che può essere
guidata dall’imam o da una
persona qualsiasi purché di
sesso maschile. C’è un solo
Dio, Allah, creatore di tutti gli
uomini e il Corano è una rivelazione emanata direttamen- *
te da Dio, e non un’ispirazione avuta dal profeta Muhammed, che è soltanto un rasai,
un messaggero di Allah. A
questo proposito, è corretto
chiamare il profeta con il suo
nome arabo, perché il nome
Maometto non esiste né nel
Corano né nella letteratura
araba e ha il significato negativo di «non lodato». Ancora:
l’arabo è sì la lingua del Corano e della preghiera rituale, ma non è la lingua di tutti
i musulmani (i musulmani
arabi sono soltanto il 17%);
così come nell’Islam è importante distinguere tra la corrente sunnita, che rappresenta il 90% dei musulmani, e
quella shiita, a cui è attribuito
il cosiddetto «matrimonio di
piacere» (un contratto matrimoniale stipulato soltanto
per un breve periodo). Mostafa ha concluso raccomandando di distinguere tradizione culturale e religione islamica vera e propria.
Quanto al protestantesimo, per la cultura moderna
appare come una religione
«più razionale», assimilata al
pensiero moderno, mentre
per certa sinistra esso conserverebbe il carattere di padre del capitalismo, con i
suoi strascichi di colonialismo e civiltà americana; per
il cattolicesimo prima del
Concilio Vaticano II era uno
scisma e un’eresia da condannare mentre oggi, in
tempi di ecumenismo, sarebbe soltanto più un cristianesimo parziale e incompiuto, «quasi una sottospecie locale di una realtà cattolica
universale», sottolinea il
prof. Giorgio Girardet.
Scheda
Carta stampata e giornalismo televisivo
Spesso sfogliando i giornali ci si accorge di quanto
la televisione e il giornalismo televisivo acquistino
un’importanza sempre crescente. Se ormai siamo abituati alle rubriche specifiche
dedicate ai programmi televisivi ora dobbiamo fare i
conti anche con la ripresa
da parte di quotidiani di notizie dalla televisione, oppure alla trascrizione fedele di
interviste trasmesse o all’
uso della televisione come
fonte dichiarata per i giornalisti della carta stampata.
Certo può sembrare una visione pessimistica dei fatti,
una perdita di autonomia
della stampa rispetto alla
«sorella televisione», ma la
realtà a volte si discosta poco da tutto ciò.
Il sociologo francese Pierre Bourdieu in una trasmissione televisiva trasmessa in
Francia dalla rete Paris Premier nel ’96 e oggi tradotta
in italiano e pubblicata da
Feltrinelli con il titolo «Sulla
televisione», traccia una
mappa dei meccanismi di
funzionamento del mondo
giornalistico televisivo e dei
rapporti che questo intrattiene con il mondo che gli
sta intorno carta stampata
compresa. Il suo punto di
partenza sembra essere l’influenza innegabile, anche se
a volte inconscia, che Tauditel (l’ascolto) e quindi la
vendita hanno sulla produzione giornalistica televisiva, e non solo.
E una visione dissacrata
del giornalismo televisivo
quella che ci viene presentata, un modo di fare giornalismo in cui alle forme di censura politiche ed economiche si somma una sorta di
«violenza simbolica» in cui i
fatti di cronaca (nera o sportiva) acquistano sia un importanza fondamentale ai
fini dell’ascolto sia ai fini di
creare un diversivo da altri
fatti magari più significativi
ma che «tirano di meno».
Ma in questa sorta di corsa
all’auditel per Bourdieu pare sia coinvolto praticamente tutto il mondo del giornaUsmo: «Il campo del giornalismo dipende in modo
molto diretto dalla domanda, è sottoposto alla sanzione del mercato, del plebiscito, più ancora di quanto lo
sia il campo politico. L’alternativa “puro-commerciale”
che si riscontra in tutti i
campi si impone con brutalità nel campo giornalistico». Ma di fronte ad una
informazione televisiva che
tende sempre più a semplificare, a servirsi di luoghi
comuni, ad usare quelli che
Bourdieu definisce fatti omnibus cioè fatti che pur interessando tutti non toccano
nulla di importante il giornalismo «altro» tende ad
omologarsi a stare alle regole del gioco. Del resto sono
proprio gli schemi della
concorrenza a spingere a riprendere 0 trattare le notizie date dagli altri per non
rischiare di rimanere indietro ed ecco che tutti o quasi
si ritrovano coinvolti in questa corsa alT«ascolto»,
Pierre Bourdieu si riferisce nel suo testo, dove per
altro tratta anche dell’influenza della televisione su
altri campi come quello politico o sociale, alla situazione francese ma anche la situazione italiana non si discosta molto da questo
schema in cui il mercato acquista sempre più importanza a scapito della qualità
dell’informazione sia questa
religiosa, politica, sportiva o
quant’altro.
M Una riflessione
Gli ebrei
e la tolleranza
ALDO ZARGANI
//A Com’era belloii
mondo quando erava
mo tutti politeisti! È degli
ebrei, col loro maledetto
noteismo, la colpa originai^
di avere introdotto nel mon,
do l’intolleranza!». Nonsos{
gli ebrei siano tanto toUetaj.
ti, ma sono quasi certo che
anche in antico, ai bei tempi
del Dio degli eserciti, lo fosse,
ro assai più, tolleranti, degli
Atztechi, e meno crudeli aache, e sappiamo che quei mi.
serelli mesoamericani furono
spacciati dagli spagnoli, prp.
prio in contemporanea conia
cacciata degli ebrei e degli
arabi dalla penisola iberica.l
sempre difficile far collegamenti, e poi i conquistadores
erano mossi dall’avidità di
denaro più che dal monoteismo ma, si parva licer camponere magnis, non posso farea
meno di confrontare quelle
catastrofi del 1492 e seguenti
con l’epoca che va, in Italia,
dalla Conciliazione del 1925
alla conquista dell’Etiopia del
1934, fino alle leggi razziali
del 1938 e alle deportazioni
del 1943. Tour se tient, si dice,
ma non è affatto detto chei
legacci carducciani che stringono le nostre un tempo libere animucce pagane siano
proprio ebraici.
«Gli ebrei si aiutano fra di
loro in ossequio alla loro fede
religiosa». Se si dovesse trovare un tratto distintivo, caratteristico degli ebrei, questo dovrebbe essere al contrario la màhcanza di solidarietà, che è appunto un luogo
comune uguale e opposto nel
quale cadono gli ebrei molto
spesso quando si lamentano
fra di loro dei propri difetti,
Le lotte intestine e la reciproca spietatezza sono la caratteristica dominante della millènaria storia ebraica. Altri
che omertà! Basti in proposito pensare a che cosa usci«
dalle bocche sdentate dei
profeti quando schiamazzavano davanti al popolo contro le infamità di re e sacerdoti, e il popolo per parte sua
non se la cavava per niente
meglio, stanti le maledizionj
che si beccava dai tempi di
Geremia fino a quelli di Gesù.
Gli improperi reciproci che
gli ebrei amano scagliarsi
l’un l’altro costituiscono addirittura una delle fonti pÙ
preziose per l’antisemitismo,
che se ne abbevera con predilezione per Antico e Nuovo
Testamento. Tuttavia le tracce del passato, il ghetto, le
sventure comuni, i dettami
morali della Bibbia, l’appog"
gio spesso acritico e impolitico che molti ebrei della diaspora sono portati a dare ai
governi israeliani, quali che
siano, fanno pensare a una
solidarietà che non c’è se non
nelle forme più banali e simili a quelle di tutti gli altri popoli e gruppi sociali. Un altro
motivo di questo luogo comune lo si può individuare,
ma non più in Italia, nella
fortissima concentrazione
degli ebrei in certi mestieri,
attività, professioni: sarti,
medici, gente di cinema e di
teatro. Lo stesso luogo comune bersaglia gli omosessuali
per gli identici motivi: cambiano solo, e in parte, le sfere
di attività: la moda si aggiunge allo spettacolo e all’arte.
Anche gli omosessuali s
arrabbiano moltissimo quando sono accusati di
smo e giurano inferociti sul
propria mancanza di solidi
rietà: al pari degli ebrei, gin
rano innocentemente il fai*®,
perché, come avviene p®
tutti i gruppi sociali stret
nella morsa delle persecuzin
ni, dei pregiudizi e del
sprezzo, scatta anche fra
loro, di tanto in tanto, la mu
la della solidarietà.
Spedlzii
art. 2 oc
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in Italia,
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he strinipo libele siano
spedizione in a.p. 45%
0rt, 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
UN’AREA CAMPER A LUSERNA? — È di oltre un
miliardo e 200 milioni l’importo di un progetto realizzato dal
Comune di Luserna San Giovanni per la valorizzazione
dell’area adiacente il complesso sportivo. Dovrebbero essere
realizzati un percorso pedonale e ciclabile che colleghi Luserna e Lusemetta giungendo fino al confine con Torre Pellice, un’area attrezzata per la sosta dei camper (una carenza
«storica» di tutta la valle), una pista per il pattinaggio a rotelle. Il progetto è stato presentato alla ^gione per il finanziamento al 70% con fondi europei e si dovrebbe conoscere
l’esito della richiesta entro giugno. Per la parte restante il
Comune ha previsto l’accensione di un mutuo di 340 milioni.
T 1
.4
VENERDÌ 27 MARZO 1998 ANNO 134 - N. 13 LIRE 2000
ome ha da essere il
vostro gonfalone ve
lo diciamo noi da Roma perché noi sappiamo come hanno da essere fatte le cose, anzi siamo i soli a decidere quale ha da essere la vostra immagine». È questa in sostanza la risposta che il ministero
degli Interni ha dato alla pratica inoltrata dal comune di
Rorà per l’approvazione del
suo gonfalone. Discusso e
studiato all’interno del Consiglio comunale, frutto del lavoro di tutti, prevedeva un ramo di quercia al centro (per
evidenziare il toponimo: rourà, querceto) e ai lati i due
simboli del lavoro locale: una
fornace (i rorenghi sono soprannominati i brusapère),
scalpello mazza dei cavatori.
NON SOLO IMMAGINE
IL GONFALONE
GIORGIO TOURN
Ai burocrati romani la fornace non piace, sembra una
torre, piacciono invece i Luserna, per cui vogliono il loro
stemma; la disposizione con
la banda trasversale non è secondo le regole e così ti dispongono in altro senso foglie di quercia e ghiande, che
ricordano certi disegni osceni
dei ragazzi sui muri, e una
quercia che è un palo telegrafico con alcuni rametti. Nes
suna controproposta è possibile, occorre scegliere uno
dei loro progetti e chiudere la
pratica. E così il ministro degli Interni Giorgio Napolitano, ministro di un regime democratico, firmerà quella che
ha da essere l’immagine del
nostro Comune perché i suoi
burocrati sono i soli a sapere
chi siamo.
E meno male che poi ci si
riempie la bocca di grandi
parole su decentramento e federalismo, nonché sulla necessità che tutto ciò che è
possibile venga deciso a livello di enti locali, i più vicini alla popolazione. Un labaro vale quello che vale: non
ne sentivamo il bisogno e
non avremmo speso energie
a pensarlo se non ce lo avesse imposto il ministero, perché ormai se ne sei privo non
sei un Comune della Repubblica italiana; ma potevano
fare a meno di chiedere all’amministrazione comunale
la documentazione dei bozzetti, delle idee in merito: bastava che lo decidessero loro,
uno per tutti i Comuni d’Italia; i simboli unificanti non
mancano ormai: stelle, chiavi, fasci, basta scegliere.
Verso un rilancio?
Coltivare
la canapa
Una volta la canapa era assai coltivata in vai d’Angrogna e anche altrove. La si seminava nei campi di fondovalle e all’Albarea, vicino alla
Vaccera, il venerdì santo. Il
posto seminato era il «cianavie». Ora si legge sul notiziario agricolo della Regione Piemonte che ci sono nuove opportunità per chi decide di
coltivare canapa. Già, perché
per molto tempo lo si è vietato, dato che la canapa da fibra
non si distingue da quella indiana da cui si ricavano le sostanze stupefacenti. Ora il ministero delle Politiche agricole
vuole superare fimpedimento,
pur mantenendo il previsto
controllo: i coltivatori singoli
0 associati che intendano coltivare la canapa da fibra dovranno presentare un’apposita
dichiarazione di semina e di
emergenza entro il prossimo
15 maggio. Si è costituito un
Coordinamento nazionale di
canapicoltori, con sedi operative regionali: a Carmagnola
si è svolto un convegno sul tema a fine febbraio.
La canapa può essere inserita utilmente nelle rotazioni
aziendali come coltura da rinnovo, apprezzabile anche dal
punto di vista ambientale per
la capacità di contrastare con
efficacia, in virtù del rapidissimo sviluppo vegetativo, la
crescita delle erbe spontanee
anche in assenza di diserbanti.
Per chi utilizza sementi certificate (reg. Cee 1164/89) sono previsti dei contributi
dall’Unione europea di circa
1 milione e 400.000 lire per
ettaro. Per informazioni rivolSprsi al Coordinamento nazionale per la canapicoltura
Assocanapa, Sede piemontese
''la Donizzetti 7/9, Carmagnola, tei. 011-9713688.
Le reazioni degli operatori del settore nel Pi nerolese e il ruolo che possono svolgere i vari enti locali
Una riforma del commercio che soddisfa a metà
DAVIDE ROSSO
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 96.500-91.200
Il governo ha approvato recentemente il decreto legge sul commercio che dà il
via alla riforma del settore in
senso liberistico. Il decreto ha
fatto discutere e continua a
far discutere, soprattutto ovviamente all’interno del mondo del commercio. Le principali novità introdotte dalla
riforma riguardano le licenze
commerciali, gli orari dei negozi, l’introduzione di indennizzi a chi lascia l’attività e
una maggior regolamentazione dei permessi di insediamento per supermercati e
centri commerciali. Più in
dettaglio innanzitutto i negozi
con una superficie al di sotto
dei 250 metri quadri nelle
città al di sopra dei 10.000
abitanti e al di sotto dei 150
mq nelle località con meno di
10.000 abitanti non dovranno
più chiedere licenze; è poi
prevista la riduzione a due
delle tabelle merceologiche in
vigore (alimentare e non alimentare) il che significa per
chi è già in attività poter aumentare la propria offerta di
merce senza bisogno di particolari licenze, e sono inoltre
introdotte norme di salvaguardia per il primo anno di
attività. Sul lato finanziario è
Di fronte alle vetrine
previsto un indennizzo per
chi cessa l’attività e agevolazioni fiscali per l’ammodernamento dei punti vendita;
novità infine anche per quanto riguarda gli orari che potranno variare fenuo restando
il tetto massimo di apertura al
pubblico dalle ore 7 alle 22,
anche nei giorni festivi.
C’è chi vede in questa riforma una possibilità di sviluppo e quindi di ripresa per
un settore come il commercio
in crisi ormai da anni ma an
che chi, soprattutto fra i commercianti, è preoccupato per
l’azzeramento del valore delle licenze commerciali, spesso comprate a caro prezzo,
oltre che dal possibile proliferare delle attività commerciali: ora infatti sarà più facile
aprire un negozio oppure ampliare la propria offerta di
prodotti e quindi la propria
capacità concorrenziale.
Anche alle Valli ovviamente gli umori seguono quelli
nazionali ed è acceso il dibat
tito intorno a questa riforma
che da un lato, per le zone
montane, prevede interventi
di salvaguardia disciplinati
dalla Regione e, dall’altro,
possibilità di variazioni di
orario per esercizi posti in
zone turistiche. All’Associazione commercianti di Pinerolo si parla di una «soddisfazione a metà per questo decreto che accoglie solo alcuni
dei suggerimenti avanzati. Si
rischia di creare confusione
perché la gente ora può pensare che fare del commercio
sia più facile». In tema di sviluppo e di rilancio del settore
invece in Comunità montana
vai Pellice si pone l’accento
sulla necessità di ricreare in
alcuni casi una cultura commerciale mentre fra i commercianti è vivo l’interesse e
la voglia di informarsi sulle
novità apportate dal decreto.
In questo periodo si moltiplicano gli incontri organizzati
da forze politiche, associazioni di categoria ed enti locali sulla riforma del settore
commerciale sia per informare sia per raccogliere i pareri
dei commercianti coinvolti
nella risistemazione del settore avviata dal ministro Bersani. Il 30 marzo è previsto un
incontro a Pinerolo organizzato dall’Ascom pinerolese,
Un giorno, negli Anni 70, compare
negli uffici della Federazione delle
chiese evangeliche a Roma un africano
estremamente angosciato. La Federazione aveva allora, come oggi, i suoi uffici
nel palazzo della Chiesa metodista all angolo tra via XX Settembre e via Firenze.
L’ingresso degli uffici è in via Firenze,
ma nella facciata di via XX Settembre c è
l’ingresso del tempio, con un portico monumentale sormontato da una croce.
L’africano raccontò che era stato a un
congresso missionario in Europa settentrionale e doveva ritornare al suo paese.
L’aereo dal Nord l’aveva sbarcato a Roma, quello per l’Africa partiva dopo due
giorni e lui non aveva soldi e non sapeva
che cosa fare nel frattempo. Dopo aver
verificato l’esattezza delle sue affermazioni, il più battagliero di noi lo accom
ILFILO DEI GIORNI
DOVE C'È
LA CROCE
ALDO COMBA
pagnò dalle compagnie aeree per accertarsi che non lo avessero preso in giro
solo perché era nero e non sapeva l’italiano. Ma le cose erano tutte regolari: se
avesse volato con la stessa compagnia
dal Nord Europa all’Africa, essa si sarebbe occupata di lui nell’intervallo tra i due
voli. Ma viaggiava con due compagnie
diverse; la prima dice «ti porto fino a
Roma» e l’altra «ti porto da Roma in
Africa»; nessuna delle due è responsabile
di ciò che avviene nell’intervallo. Ma il
poverino era rimasto piantato a Roma
per due giorni, senza soldi.
Vagando per la città era giunto alla Federazione. Appurata la sua buona fede e
la realtà della situazione, gli demmo del
denaro perché potesse mangiare e gli
cercammo una pensione decente. Tutto
rasserenato, ringraziò profusamente. Poi
aggiunse: «Passando qui davanti ho visto
la croce e ho pensato che dove c’è la croce di Cristo non mi avrebbero lasciato
cadere». Non abbiamo mai più saputo
niente di lui, ma speriamo che per lui, e
per altri, sia sempre vero che dove c’è la
croce di Cristo nessuno è lasciato cadere.
al Salone dei Cavalieri, alle
ore 21, per dibattere il provvedimento mentre in vai Pellice si è già tenuta a Luserna
San Giovanni mercoledì 18
marzo nella sala mostre del
municipio, promossa dal consigliere regionale Marco Bellion, una serata di approfondimento sul tema a cui sono
intervenuti tra gli altri Patrizia Vernoni, responsabile
della programmazione e degli
interventi dei settori commerciali della Regione, e Tonino
Casta, segretario torinese della Confesercenti.
Nel corso del dibattito, che
ha visto la partecipazione anche di amministratori e commercianti di Cavour e San
Secondo, sono state tracciate
le linee principali e le novità
apportate dalla riforma Bersani, che arriva dopo più di
25 anni dalla precedente e
con la quale, è stato detto, il
commercio subisce una vera
e propria rivoluzione. Sono
state molte le richieste di
chiarimento avanzate dal
pubblico (segno questo di un
forte interesse). Nel corso
della serata sono stati toccati
temi come la grande distribuzione, che con la nuova normativa non potrà più andare a
insediarsi nei piccoli Comuni, le possibilità accedere a
finanziamenti, l’opportunità
di variare l’orario di apertura
degli esercizi nei Comuni turistici e il ruolo che con la
nuova normativa Comuni e
Regione vengono ad acquistare; ai primi spetta il compito di individuare aree specifiche di sviluppo commerciale mentre alle seconde quello
di aiuto e di salvaguardia delle zone montane. Per Marco
Bellion «le Comunità montane dovranno svolgere un ruolo progettuale ai fini dello
sviluppo commerciale sul loro territorio e non lasciare soli i Comuni. Gli esercizi commerciali sono spesso nei piccoli centri un luogo di incontro, la loro chiusura segna
spesso un disgregarsi del tessuto sociale montano».
8
PAG. Il
i E Eco Delle Valli "^àldesi —i
i
venerdì 27 MARZC^iy^
BIBLIOTECA COMUNALE DI VILLAR PELLICE — Un
locale del municipio completamente rinnovato è stato adibito
a sede della nuova biblioteca (nella foto) che, con un’apertura settimanale di 8 ore, permette l’accesso gratuito al prestito
librario offrendo anche la possibilità di consultare sul posto
volumi specifici per le ricerche scolastiche. La biblioteca è
aperta il lunedì, martedì e venerdì dalle ore 16 alle 18 e il
giovedì dalle 10 alle 12. L’inagurazione è prevista per sabato
28 marzo alle ore 16 nella sala consiliare del municipio.
MODIFICARE GLI AFFITTI AGRICOLI? — L’assessore
regionale all’Agricoltura, Giovanni Bodo, ha chiesto ufficialmente al governo centrale di ripensare alla registrazione
obbligatoria di tutti i contratti; «La registrazione con una
tassa fissa di 100.000 lire - ha dichiarato Bodo - pur decisa
nell’intento di evitare l’elusione fiscale, si sta rivelando
vessatoria in particolare verso gli agricoltori di montagna
dove spesso gli appezzamenti di terreno, piccoli, sono affittati da differenti proprietari». Il dover registrare svariati
contratti farebbe sopportare agli agricoltori un esagerato peso economico e burocratico.
A DON MORERO IL PREMIO «CARLO BRIZIO» — È
don Vittorio Morero, direttore de L’eco del Chisone, il vincitore della seconda edizione del premio giornalistico «Carlo Brizio» dedicato alla carriera e destinato ad un giornalista di periodico locale. Il premio, a carattere regionale, è organizzato dal circolo culturale «Ars et labor» di Ciriè; la
premiazione si svolgerà sabato 28 marzo.
IL DIFENSORE CIVICO DI PINEROLO — Il difensore ci
vico di Pinerolo, Renato Storero, ha reso pubblica la sua relazione sull’attività svolta in città. Si va daU’orario di chiusura delle gelaterie (ridotto rispetto ai bar che vendono a loro volta i gelati), alla tutela dei disabili o a problemi di viabilità. «Va detto - conclude il difensore civico - che una
parte degli interventi non sempre trova riscontro negli organi competenti».
LA CGIL INTERVIENE SUI PARCHEGGI A PAGAMENTO — Dopo le polemiche che hanno accompagnato per mesi la creazione di una Ztl (zona a traffico limitato) nel centro
storico di Pinerolo e più recentemente l’individuazione di
parcheggi a pagamento, anche vicino all’ospedale,, la Cgil,
per bocca del suo nuovo responsabile Vincenzo Bertalmio
chiede il confronto con l’amministrazione comunale: «Sarebbe opportuno farlo prima di prendere le decisioni - precisa Bertalmio - evitando così di doverle rivedere. Ritengo paradossale inserire le zone blu e poi veder correre avanti e indietro i pulmini vuoti: chiedo che si attivi un tavolo di discussione su tutta la materia relativa al traffico urbano».
NUOVO CIRCOLO LETTERARIO A PINEROLO — Si è
costituito ufficialmente il gruppo letterario «Fabio Neruda»,
sezione deH’omonimo circolo pinerolese. Il gruppo intende
favorire rincontro e l’aggregazione di tutti coloro che amano la letteratura e la scrittura creativa e aiutare i talenti del
Pinerolese a emergere, in particolar modo coloro che hanno
bisogno di consigli per la pubblicazione del primo libro. Il
gruppo si incontra con cadenza mensile presso la sede di
via Marro 4 a Pinerolo; per informazioni telefonare alla segreteria del circolo al 396449 dalle ore 17 alle 19 dal lunedì
al venerdì, oppure a Fabrizio Legger al 396449.
NUOVO ASSESSORE AL BILANCIO DEL COMUNE DI
PINEROLO — Venerdì 13 marzo Augusto Serra ha presentato le dimissioni da assessore al Bilancio del Comune
di Pinerolo; a ricoprire il posto vacante il 18 marzo è stata
nominata Giovanna Depetris (madre dell’ex consigliere di
Rifondazione Alberto Bassani), già responsabile amministrativo della Mustad Spa e ora membro del Consiglio
d’amministrazione della stessa società.
UN DUO PIANISTICO PER L’UNITRÈ — Un duo pianistico molto affiatato ha offerto all’Unitrè di Torre Pellice, il 12
marzo scorso, un programma vario e interessante: Luisita
Buffa e Cristina Scarca hanno eseguito il Divertimento in Mi
min. op. 63 di Schubert, i due brani della riduzione della Sagra della primavera di Stravinski), la Sonata in Do magg.
KV521 di Mozart e la Danza macabra di Saint-Saëns, con
grande sensibilità e rispetto dei diversi stili espressivi.
VitaNuova
EDGARDO POGGIO S.A.S. ASSICURAZIONI
^Basflese
Agente generale
Maria Luisa POGGIO GÖNNET
Via Raviolo, 10/A
Tel. 0121-794596
10064 Pinerolo
FAX 01 21-795572
Corso di formazione per direttori
La gestione dei
presidi assistenziali
PIERVALDO ROSTAN
La vai Pellice può contare
su 424 posti in 8 presidi
residenziali per anziani (268
sono i casi di non autosufficienza); la Chiesa valdese,
come è noto ha un ruolo importante offrendo più della
metà dei posti fra Rifugio Re
Carlo Alberto, Asilo di San
Giovanni, Miramonti di Villar Pellice e Casa della diaconesse di Torre Pellice.
In valle vi sono inoltre le
cattoliche Pro Senectute a
Luseraa Alta e il San Giuseppe a Torre Pellice, oltre al
foyer di Angrogna e Casa
Barbero di Bibiana. Da anni
vi sono convenzioni con le
Ausi per persone non autosufficienti; in tutto i posti in convenzione sono 142. Proprio
partendo da questi dati, oltre
che dalla diffusa presenza di
popolazione anziana in valle,
ia Comunità montana vai Pellice ha organizzato un corso
di formazione per direttori dei
presidi assistenziali. «Siamo
molto soddisfatti per le adesioni ricevute - afferma l’assessore ai Servizi sociali della
Comunità montana, Elda
Bricco -; il distretto dell’Ausi
10 ha aderito, la Regione Piemonte, che pure in un primo
momento sembrava orientata
diversamente, ha finanziato il
nostro corso. Ma soprattutto
hanno aderito in massa i direttori delle case e non solo
quelli della vai Pellice: 30 direttori, provenienti da tutto il
Pinerolese si sono iscritti al
nostro corso».
Con la serie di incontri che
si è avviata lo scorso 17 marzo si cercherà anche di attivare più strette relazioni con le
idee e le proposte che sono
emerse nel corso dei numerosi corsi per gli operatori del
settore, talvolta in difficoltà
ad operare in piena sintonia
con i direttori delle case per
anziani. «Si deve assolutamente affermare il concetto
di servizi in rete su tutto il
territorio - dice ancora Elda
Bricco - dove istituti e operatori sul territorio sappiano
confrontarsi al meglio integrandosi. Bisogna anche che
le strutture sappiano essere
sufficientemente flessibili nelle risposte. Bisogna infine
che ci sia il massimo di informazione per le famiglie rispetto a tutte le opportunità
che il territorio offre».
I direttori andranno dunque
a lezione per ripassare quali
sono le normative che regolamentano il settore, ripensare
alla figura dell’anziano sotto
il profilo medico ma anche
psicologico e infine affrontare
il tema non sempre semplice
della gestione del personale in
rapporto ai singoli casi umani.
Il miglioramento della qualità
della vita nei presidi è il vero
obiettivo di questa serie di incontri che, non avendo davanti a sé esperienze simili, più
anche diventare un laboratorio di confronto fra le differenti esperienze gestionali.
L'ultimo libro di Giorgio Merlo
Verso una nuova
idea dì centro?
SERGIO N. TURTULICI
Ogni tanto in politica riemerge e fa discutere la
questione del centro. Che
cos’è il centro in politica?
Luogo geografico di mezzo
fra gli aspri, contrapposti versanti del liberismo duro della
destra e dello statalismo dispotico della sinistra, terreno
quindi della mediazione e del
compromesso? O invece spazio normale del far politica e
governo in un paese normale
dove, laicamente e pragmáticamente, si confrontano e
convergono destra e sinistra,
entrambe attente alle regole
del gioco economico e democratico, entrambe legittimate e
pronte a governare? Dire centro in Italia per quasi 50 anni
ha significato dire De.
Ci siamo faticosamente incamminati sulla strada del bipolarismo, dell’alternanza ma
fino a quando questa rivoluzione italiana non avrà trovato il suo approdo di quiete ci
saranno scarti di lato nel sistema dei partiti, tentativi di
ritrovare quei trascorsi equilibri, forse nostalgie. Su questo
tema sempre caldo Giorgio
Merlo, deputato di Pinerolo,
ha scritto un libro, lo ha intitolato significativamente
«Tempo di centro». A Pinerolo con l’autore lo hanno presentato Vittorio Morero, Elvio Passone, Eranco Marenco
del Pds regionale e il segretario del Ppi Franco Marini. E
venuto fuori con nettezza in
tutti gli interventi un’opinione condivisa. La cultura poli
tica di centro conserva tutta la
sua valenza nel definire e
orientare gli assetti della politica, ma dal bipolarismo non
si torna indietro.
Si è chiesto il sen. Passone:
è questo un tempo di centro?
A Passone sembra di no, che
sia un tempo tendenzialmente
bipolare, che così sia ormai
vissuto nella coscienza dell’elettorato, destra e sinistra
come due concezioni alternative dell’essere e del vivere la
politica. Morero ha sottolineato che «non si vive di solo
pane» ed è quindi buona cosa,
e l’esempio di Merlo va coltivato, che i politici ogni tanto
si fermino a pensare la politica e a scriverne.
Franco Marini ha rilevato
come sia decisivo «catturare»
il consenso moderato per vincere le competizioni elettorali
in società dove i ceti medi
contano più del 60% dell’elettorato; consenso che è
ancora largamente riconducibile alle esperienze politiche
di centro, a quei partiti che
affondano le loro radici in
una concezione «temperata»
della politica. Ma con passione ha anch’egli rimarcato la
sua fiducia nella democrazia
bipolare, dell’alternanza.
Per rinnovare il primato
della politica nella vita pubblica, favorire un meccanismo istituzionale che stabilisca ricambio delle classi dirigenti, stabilità dei governi,
credibilità internazionale per
via della stabilità, l’attenzione all’etica che nasce dalla
matrice cristiana.
L'incendio alla Bassotto di Bibiana
Filatura: danni
per cinque miliardi
Ha causato oltre 5 miliardi
di danni l’incendio alla filatura Bassotto di Bibiana; le
fiamme sono state appiccate
nella serata di martedì 17
marzo da un dipendente.
Franco Santomauro, da tempo tossicodipendente, di Luserna San Giovanni. La filatura Bassotto è una fabbrica
in buona salute, anzi negli ultimi anni vi sono state parecchie nuove assunzioni arrivando a quasi 140 dipendenti;
l’azienda produce interni per
giacche utilizzando anche un
filato a base di pelle di capra.
Franco Santomauro aveva un
contratto a termine; nel pomeriggio di martedì è arrivato
al lavoro in ritardo di due ore:
rimproverato dalla segretaria,
dapprima ha chiesto dei soldi,
poi ha sottratto alla dipendente il portafoglio. Accesasi una
violenta discussione Santomauro abbandonava la fabbrica prima della fine del turno
ma nell’allontanarsi incendia
va dei tessuti accatastati k
magazzino. Le fiamme si ¡.
no sviluppate rapidame!
coinvolgendo tutto il deposi
ampio oltre 6.000 metri
dri; numerose squadre di|[
gili del fuoco sono accorse,
hanno lavorato fino al man
no seguente. Ad aggravare j
situazione anche due elemeu
fortuiti: il canale che scoia
vicino alla fabbrica era pni,
d’acqua a causa di lavorìi
pulitura e nel magazzii,
c’era un grande accumulo |
materiale pronto per la consi.
gna. Il danno è stato dunqm
ingente, sia ai manufatti clj
alle strutture murarie attaca
te dall’elevata temperatuii
Un colpo che ha costretto!
titolare, Giuseppe Bassotto,):
mettere in cassa integrazioj
i dipendenti, si spera per ¡»
chi giorni. Venerdì si è recai
a Bibiana anche l’assessoii
regionale al Lavoro, Piche!
per valutare le possibili fon®
di aiuto dell’ente pubblico.
Valli Chisone e Germanasca
Sì alLazìenda
faunìstica dì Massello'
LILIANA VIGLIELMO
La Comunità montana Chisone e Germanasca ha
dato parere favorevole, per
quanto le compete, alla costituzione di un’azienda faunistico-venatoria sul territorio di
Massello, in seguito alla decisione del Comune di consentire a un gmppo di privati l’utilizzo dei terreni di sua proprietà per 9 anni, per un affitto
di 40 milioni annui.
Visibilmente soddisfatti gli
amministratori di Massello
presenti alla seduta, per la
bozza di delibera sufficientemente elogiativa, secondo il
principio che fare poco è meglio di niente e che 40 milioni, per un Comune privo di
mezzi, non sono da buttare
via. Questa decisione lascia
invece insoddisfatti i cacciatori locali che, in attesa di una
possibile ridefinizione dei limiti del comparto alpino, vedono ridursi progressivamente
gli spazi a loro disposizione.
Sono stati approvati senza
grandi discussioni gli altri
punti all’ordine del giorno: il
conto consuntivo dell’esercizio 1997, con entrate per 8
miliardi, di cui circa 2 miliardi e mezzo per il settore socio-assistenziale. Nella relazione allegata, tuttavia, si segnala che le entrate del ’97
sono state inferiori alle spese,
per cui la Comunità montana
per non tagliare i servizi ha
dovuto intervenire con fondi
propri. Per questo motivo
nell’assestamento del bilancio di previsione del 1998,
una parte dell’avanzo di amministrazione, 190 milioni SI
457, è stato destinato al senizio socio-assistenziale. E stato anche approvato il progetta
per un intervento di ripristina
di area degradata nel Comu«|
di Usseaux per la sommati'
89 milioni, ed è stato desi-'
gnato l’assessore al Turistne
Marco Bourlot, come rappr^'
sentante della Comunità montana nella costituenda srl «fi
tuno», creata per la gestio*:
del turismo in miniera.
SOS ALCOLISMO
Poliambulatorio
Villar Perosa: tei. 51045-513/“
Ospedale Pomaretto
Tel: 802811-49-day ospitai
Si ringrazia l’editore per lo spazio conces^
croci ugonotte in
oro e argento
tesi
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delmastro
(gioielli)
via trieste 24
tei. 0121/397550
Pinerolo (To)
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145-51375 I
Una settimana di incontri fra operatori e politici a Torre Pellice
Imparare a leggere le differenze
GIOVANNA ROLLERÒ
Si è concluso sabato 21
marzo il convegno internazionale «Leggere le differenze», organizzato a Torre
Pellice dalla Comunità montana vai Pellice e dal ministero
della Pubblica istruzione. È
stata una settimana intensa,
stimolante, ricchissima di incontri e confronti tra operatori
della scuola, responsabili di
biblioteche, amministratori,
politici, persone interessate
all’accoglienza dell’altro. Si è
lavorato partendo dalla convinzione che le differenze costituiscono una grande ricchezza e vanno comprese fino
in fondo, perché è proprio la
non conoscenza a provocare
rintolleranza.
Abbiamo potuto ascoltare
esperienze splendide, a cominciare dalla biblioteca
«Globlivres» di Losanna, gestita da un gruppo di volontari e che oggi, a 10 anni dalla
fondazione, conta 12.000 libri
in 130 lingue diverse. Ecco il
«sacco blu», piccola biblioteca mobile organizzata dal
«Center for children and adolescents books» di Atene, che
raggiunge anche i piccoli
paesi della Grecia dove spesso le biblioteche sono inesistenti. Dal sacco misterioso
escono libri su svariati argomenti, rivolti anche alle minoranze etniche. E poi i «ceti» della biblioteca «La joie
ar les livres» di Parigi che,
arichi di libri, vengono portati nei quartieri dove più alta
[iè l’immigrazione e dove è
avvero una gioia per bambili e ragazzi ritrovare un «pez
TA
Bianca Carrera
Nessuno mi aveva comunicato che oggi 14 marzo avrei
sfiorato la bara che la rinchiudeva, se non avessi incontrato
l’affisso che il funerale di
Bianca Carrera in Eonio avrebbe avuto luogo alle 15 nel
tempio di Bobbio Pellice, la
chiesa della nostra giovinezza,
dove Armanda, la moglie del
pastore Alberto Ricca, col suo
temperamento esuberante, riusciva a ridestarci dalle umiliazioni belliche. Bianca, rimasta
vedova di guerra con la neonata Donatella, sempre stretta
allo scrigno della fede e della
speranza, fu poi accompagnata dal dott. Francesco Eonio,
che le seguì entrambe lungo la
vita, corrisposto con affetto.
Rimpiango l’incapacità di
comunicare col nostro prossinto anche qui alle Valli. Affidiamo ai giovani il vecchio
mondo da trasformare, senza
consumarsi nel lavoro come
noi, per lasciare ai figli depenbili tesori di case con cui volevamo favorirli. Richiedano i
giudici perché si occupino dei
figli minorenni nel caso in cui
' genitori siano impegnati
nell’educazione statale minorile come eravamo noi, mentre
n nostra insaputa i nostri figli
si trovavano in balia di forze
terroristiche di cui tutto rimase nel mistero. Erano gli anni
intorno al ’68. Eravamo vivi
padre e madre, sempre più
esterrefatti, senza una parola
spontanea dai nostri pastori
Rui alle Valli, che malgrado i
tempi così disastrati sapevano
parlarci solo di «tesori nei cieli». Le sole parole amiche le
ricevemmo da Armanda e
Rianca, anche se ormai lontane dalle Valli.
zo» delle proprie radici. E ancora Tanimazione, gli scambi, le mostre itineranti del
«Centro internacional del libro infantil y juvenil» di Salamanca, del «Département
de l’instruction publique» di
Ginevra, T«Institut du monde
arabe» di Parigi.
Si è discusso intorno al termine «multiculturalità»: perché dall’insieme di culture diverse che convivono parallelamente è necessario passare
all’interazione tra culture e
perciò all’interculturalità. Gli
intervenuti hanno contribuito
alla redazione di un manifesto
presentato da Vinicio Ongini,
del ministero della Pubblica
istruzione, che ha dato vita al
Coordinamento delle biblioteche interculturali (Cebi). Il
sottosegretario alla Pubblica
istruzione, Alberina Soliani,
ha poi sottolineato che questa
è un’iniziativa d’avanguardia
che colloca l’ambiente culturale delle Valli come trainante
verso un rinnovamento della
ricerca educativa. L’intervento del provveditore agli Studi
di Torino, Marina Bertiglia,
ha messo l’accento sull’importanza della valorizzazione
delle diverse culture come
percorso di reale accrescimento culturale e umano. Va
ricordato infine l’intervento
del pastore Bouchard che con
grande vivacità ha ricordato
gli orrori provocati nel passato dal tentativo di ricondurre
la cultura a un unico modello,
anziché far posto al confronto
fra le diversità.
È importante ricordare la
grande lezione di coraggio,
disponibilità e apertura che ci
ha dato Gerardo Mannello,
sindaco di Badolato, che ha
deciso di accogliere i profughi
curdi inserendoli nel tessuto
sociale del proprio paese. Badolato è una cittadina in dissesto finanziario (dovuto alla
precedente amministrazione),
ha il 30% di disoccupati, il
50% di immigrati, molte case
disabitate, una comunità di 50
magrebini, una di ex tossicodipendenti, una di ragazzi disabili. Perché anche i curdi?
«Perché questa gente ce la
manda la storia - risponde
Mannello - perché hanno bisogno di aiuto, di un lavoro,
di una casa». E allora, se la
Comunità montana ha dimostrato una certa apertura a ripensare, anche in questo senso, il progetto di ristrutturazione delle nostre borgate,
hanno provocato sconcerto gli
interventi dei sindaci di Torre
Pellice e Bobbio Pellice che
hanno opposto un netto rifiuto
anche solo alla discussione di
una simile possibilità per nostre valli. Certo questa posizione pone diversi interrogativi: degli immigrati devono
farsi carico solo i paesi come
Badolato che vedono sbarcare
i profughi sulle loro coste? I
nostri sindaci si rendono conto che la realtà in cui viviamo
è sempre più una realtà di immigrazione e che è necessario
far crescere una cultura dell’accoglienza? Infine, come
ricordava Bruna Peyrot, se nel
1600 (con le dovute differenze di epoca) i vari paesi europei che hanno accolto gli esuli
perseguitati, avessero solo
«pianificato», che ne sarebbe
oggi dei valdesi?
Val Pellice
La diversità
a teatro
GUIDO CASTIGLIA
E iniziato nelle scuole materne, elementari e medie
della valle un percorso creativo che condurrà alcune classi
a una comunicazione teatrale
sul tema della «diversità», un
primo tentativo organico di
avviare anche nelle scuole
delle valli un’attività didattico-creativa articolata che permetta di dare visibilità a un
progetto culturale ampio, già
latente nelle scuole e nelle intenzioni di molti insegnanti.
Questo progetto viene realizzato grazie all’assessorato alla Cultura della Comunità
montana e coinvolge la compagnia Stilema e la compagnia Nònsoloteatro.
Che cosa vuol dire occuparsi professionalmente di quel
territorio ancora sconosciuto
che sta tra il programma didattico e la creatività teatrale?
Significa impegnarsi nell’approfondimento delle tematiche
che stanno tra la pedagogia, la
didattica e la creatività. Ed ecco spuntare un convegno nazionale, di cui ho già avuto
occasione di accennare: «Il
gioco del teatro - l’animazione trent’anni dopo», che si
terrà a Torino il 21 e 22 aprile
e che vedrà le mattinate impegnate nella discussione teorica
tra esperti di comunicazione e
di teatro a scuola e i pomeriggi, al Teatro Araldo di Torino,
l’avvicendamento suf palco
delle diverse esperienze degli
operatori teatrali italiani.
Il convegno è riconosciuto
daU’Irssae. Per informazioni
tei. 011-4733102.
È in preparazione un bollettino per tutti i giovani delle Valli
L'esigenza di comunicare
INES PONTET
Lucia Gallo Scroppo
Torre Pellice
La parola d’ordine è «collegamento». Si avverte
in questi ultimi tempi e da più
parti, una viva e sentita esigenza di comunicazione, di
scambio, di incontro, all’interno delle nostre chiese: fra
comunità, fra gruppi di lavoro
all’interno di una stessa comunità, fra stesse attività delle diverse chiese.
Il mondo del singolo si allarga, le distanze si accorciano, si viaggia in Internet e si
scopre di non conoscere chi ci
sta accanto: aH’improvviso il
nostro ambito ristretto non ci
basta più, vogliamo guardarci
intorno e capire in che modo
possiamo collaborare. Non è
però forse meno casuale cbe
tutto questo accada in un periodo in cui la domanda esterna cade sul mondo valdese:
non avremo magari un po’
paura che se non ci stringiamo
l’uno all’altro finiremo col
perderci per strada, col perdere di vista lo scopo comune, il
modo di seguire insieme Gesù
Cristo e (per dirla con la solita
parola) la nostra «identità»?
Sempre più persone pensano
di uscire dalla propria «parrocchia» per vedere cosa fanno gli altri e magari trovare
delle strategie comuni per far
fronte a difficoltà che sono
comuni, anche fuori dalle sedi
assembleati ufficiali.
È con questo spirito che si
sono avute nel giro di una settimana due incontri a livello
di r circuito (vai Pellice). Il
primo a Luserna San Giovanni
il 13 marzo fra precatechisti/e
e monitrici e il secondo per
progettare un giornalino di
valle, voce dei giovani, da al
legare alle circolari di chiesa,
che ormai da qualche tempo
hanno anch’esse le prime pagine in comune. Buona la presenza al primo, specie delle
monitrici; ottima al secondo:
ben 38 persone, fra cui una
trentina attivamente partecipi
per l’intera serata. Presenti
Rorà, Angrogna, Villar Pellice, Luserna, oltre all’Unione
di Torre Pellice, che fra l’altro
ospitava la riunione.
Il giornalino, dal canto suo,
ha già un «gruppo operativo»: sei persone nominate
dopo una partecipata discussione sul quesito principale:
«A chi rivolgersi?», e di conseguenza «come» e «perché».
«Voce dei giovani» sì, ma
non solo «per» questo settore
della comunità, altrimenti risulterebbe sterile. Tutti abbastanza d’accordo di dare al
foglio una divulgazione maggiormente mirata, presso i
gruppi di catechismo o a ragazzi esterni ai gruppi giovanili. Si vedrà. Intanto, per chi
volesse unirsi al gruppo, il
prossimo incontro sarà venerdì sera 8 maggio, ai Coppieri a Torre Pellice.
Dall’incontro sulla catechesi si sono delineati alcuni
punti principali da trattare alla
prossima assemblea di circuito: avere insieme momenti di
formazione, magari alla presenza di esperti dell’educazione; pensare a rinnovare davvero il culto, per fare in modo
che ridiventi un momento
centrale della vita comunitaria, facendovi partecipare i ragazzi (e i genitori) in modo
attivo; considerare l’ipotesi di
adottare una disciplina più rigidamente comune all’interno
delle varie chiese. Da attuare
subito una maggior comunicazione, «collegamento» appunto, fra operatori.
Tesi & Delmastfd"’'«
presenta alla Vostra cortese attenzione
la precisione svizzera...
la tecnica... i diamanti... J
l'incredibile...l3il*AJtJr le perle... f )CA)|
Tesi * Delmastj#», via Trieste 24, Pinerolo (TO), tei: (0 ! 21 ) 39.75.50
Nelle
Chiese Valdesi
SCUOLE DOMENICALI 1" CIRCUITO — Sabato 4
aprile alle 20,30 nel tempio di Torre Pellice, si svolgerà lo
spettacolo di Pasqua delle scuole domenicali del 1“ circuito.
AGAPE — Le iscrizioni per i campi estivi sono aperte a
partire dal 15 marzo. Segreteria tei. 0121-807514.
CATECUMENI — Sabato e domenica 28 e 29 marzo
avrà luogo ad Agape il tradizionale incontro dei catecumeni
di 3° e 4° anno.
I DISTRETTO — Martedì 31 marzo incontro dei pastori
del I distretto, alle 9,15 a Villar Pellice, con meditazione a
cura del pastore Bellion, introduzione di Giuseppe La Torre
su «Islam».
CASA DELLE DIACONESSE — Martedì 31 marzo
studio biblico.
ANGROGNA — Riunioni quartierali: martedì 31 marzo
al Prassuit, martedì 7 aprile ai Jourdan.
BOBBIO PELLICE — Domenica 29 marzo culto in
francese; alle 14,30 incontro dell’Unione femminile. Riunione quartierale martedì 31 marzo all’Inverso alle 20.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 29 marzo,
alle 17,30, nel tempio, è organizzato un momento di spiritualità in vista del periodo pasquale dal titolo «Pasqua in
musica e preghiera», letture e riflessioni intervallate da brani organistici eseguiti da Walter Gatti. Riunione quartierale
alle Vigne martedì 31 marzo alle 20,30.
POMARETTO — Riunioni quartierali: mercoledì 1°
aprile alle 20 ai Pons, venerdì 3 aprile all’Inverso Paiola alle
15. Culto al Centro anziani di Perosa Argentina venerdì 27.
PRAMOLLO — L’Unione femminile si incontra domenica 29 marzo alle 14,30.
PRAROSTINO — Riunioni quartierali: giovedì 26 ai
Gay alle 20,30. Domenica 29 marzo per l’Unione femminile Vanda Toum e Rosanna Revel parleranno della Ffevm;
saranno presenti le sorelle di San Secondo.
RORÀ — Giovedì 26 marzo riunione alla scuola delle
Fucine. Giovedì 2 aprile ultimo incontro per le conversazioni sulla storia valdese nella saletta Morel.
SAN GERMANO — Domenica 29 marzo a partire dalle
15 nella nuova sala (via delle Scuole), bazar dell’Unione
femminile per beneficenza e per i lavori alla sala polivalente.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: martedì 31
airinverso, venerdì 3 aprile alla Ravadera. Studio biblico:
lunedì 30 marzo alle 20,45 al presbiterio «Ricevere Gesù»,
Marco 9, 30-37. Sabato 28 marzo, nel tempio, alle 21, concerto della corale in occasione del centenario del Rifugio
Re Carlo Alberto.
VILLAR PELLICE — Riunioni quartierali: martedì 31
marzo all’Inverso, venerdì 3 aprile ai Ciarmis. Sabato 28
marzo, alle 20,45, nella sala unionista, spettacolo della filodrammatica di Luserna San Giovanni «Il temp(i)o della libertà». Lunedì 30, alle 21, nel tempio, conferenza del pastore Giuseppe La Torre su: «L’Islam tra fede e fanatismo».
VILLAR PEROSA — Riunioni quartierali giovedì 26
alla Fleccia alle 20,30.
VILLASECCA — Incontro dell’Unione femminile giovedì 9 aprile alle 14,30. Riunioni quartierali: mercoledì 8
aprile alle 14,30 ai Trossieri, alle 20 a Trussan.
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10
PAG. IV
E Eco Delle ^lli ^ldesi
VENERDÌ 27 MARZO 1998
VENER
TENNIS TAVOLO
La Polisportiva Valpellice
classificandosi terza nel campionato di D2 provinciale passa il turno; ottima la prova di
Girardon che con Belloni e
Peracchione sconfiggono il
Ciriè nelle formazioni B e C
perdendo solo contro lo Stampaglia. Anche il Villar Perosa
ha passato il turno. 1 prossimi
play off per il passaggio in DI
regionale si svolgeranno il 19
aprile nel Cuneese. Nel prossimo fine settimana a Verzuolo vi sarà un torneo suddiviso
in più categorie, a cui parteciperanno quasi tutti gli atleti
della Valpellice.
VOLLEY
Giornata nerissima per la
pallavolo pinerolese: le tre
formazioni che giocano nei
campionati di serie B sono
state tutte sconfitte e, salvo la
Magic Traco in Bl, anche in
modo piuttosto netto. In B2
maschile il Body Cisco è stato superato in casa per 3-0 dal
Pisa, stessa sorte per il Cerotti in B2 femminile di fronte
alTAmatori Genova; il Magic
ha invece costretto al tie
break sul loro campo le toscane del Prato. Altalenanti invece i risultati delle formazioni
del 3S nei campionati minori.
In seconda divisione maschile
il 3S Pinerolo ha vinto con lo
Stilcar per 3-2; identico risultato, sempre in trasferta, in
seconda divisione femminile
dove il 3S Lusema ha superato il Mappano per 3-2. In terza divisione femminile il 3S
Pinerolo ha vinto per 3-0 a
Villafranca. Sconfitto invece
il 3S Pinerolo in terza divisione femminile per 3-1 dal Bricherasio e nel settore maschile per 3-2 dal Lasalliano. Nel
memorial «Ferrazza» femminile il Volley La Torre ha superato il Bricherasio per 3-1,
battuto anche dal Perosa per
3-1; il San Secondo è stato
superato dal 3S per 3-1. In
classifica guidano San Secondo e 3S con 6 punti. Intanto il
promettente giocatore del 3S
Pinerolo Simone Jourdan è
stato convocato nella rappresentativa piemontese che parteciperà in giugno al Trofeo
delle Regioni.
Appuntamenti
CALCIO
Il Pinerolo ha ormai abbandonato la lotta; anche il Casale riparte dal Barbieri con i tre
punti dopo un incontro che
mai ha visto i biancoblù entrare in partita. La bella squadra di uno e due anni fa quando vennero centrati anche i
play off sembra lontanissima
e la retrocessione è sempre
più vicina. Il Casale ha vinto
per 2-0 con un gol per tempo.
Male anche la Fossanese,
sconfitta in casa per 2-1 dal
Castelnuovo. In prima categoria il Luserna ha battuto il
Carrù per 3-1, il San Secondo
ha vinto a Beinette per 1-0
mentre il Barge ha perso a
Racconigi per 2-1; pareggio
per la capolista Cavour 1-1
con la Stella Azzurra.
HOCKEY GHIACCIO
Mentre si è concluso il campionato di serie B con la vittoria dello Zoldo sull’Auronzo, è finito anche il campionato di serie C che ha visto il
Peter Pan di Torre Pellice aggiudicarsi il terzo posto: domenica sera i valligiani hanno
battuto per 5-4 l’Ambrosiana
Milano (stesso risultato all’
andata) chiudendo al meglio
il proprio campionato.
27 marzo, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Nel tempio valdese, alle 21, le
corali valdesi delle valli Chisone e Germanasca e di Pinerolo
presentano «Suoni e immagini
di un popolo chiesa», un viaggio attraverso la storia valdese.
27 marzo, venerdì — PINEROLO: Al Circolo sociale, alle
21, incontro sul tema «I Savoia,
900 anni di una dinastia», con il
professor Gianni Oliva, Vittorio
Morero, Giorgio Merlo, Elvio
Passone, Alberto Barbero.
27 marzo, venerdì — PINEROLO: Al circolo Stranamore,
via Bignone 89, alle 21, incontro sul tema «Ancora sulla globalizzazione» con P. Agostino.
27 marzo, venerdì — TORRE PELLICE: A Villa Elisa,
alle 15,15, Clara Bounous presenta il suo libro «La toga negata». L’incontro è aperto a tutti.
27 marzo, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Alle ore 21 nel tempio, in occasione di «Liberi nella diversità», manifestazione organizzata dall’assessorato alla Cultura
della Comunità montana valli
Chisone e Germanasca, si svolge una serata delle corali di Prali, Perrero, Villasecca, Pomaretto, Villar Perosa, San Germano
Chisone e Pinerolo.
28 marzo, sabato — VILLAR PELLICE: Alle 20,45,
nella sala unionista di piazza
Jervis, il Gruppo teatro valdese
di Lusema San Giovanni presenta «Il temp(i)o della libertà»,
pièce scritta dal pastore Claudio
Pasquet, che rievoca come si
giunse al 17 febbraio attraverso
la lotta per la libertà di culto.
28 marzo, sabato — TORRE PELLICE: Alle 21, nel
tempio, la corale di Torre Pellice presenterà un concerto nel
quadro delle manifestazioni per
il centenario del Rifugio Re
Carlo Alberto.
28 marzo, sabato — BIBIA
NA: Al teatro parrocchiale, ore
21, serata conclusiva, con premiazioni, della Rassegna di teatro dialettale. Ingresso libero.
28 marzo, sabato — TORRE PELLICE: Alla biblioteca
della Casa valdese, alle 17, concerto con Stefania Vignolo e
Chiara Di Maggio, allieve del
corso di pianoforte della Scuola
di musica della vai Pellice.
28 marzo, sabato — PINEROLO: Al circolo Stranamore,
alle 21,30, concerto del cantautore Claudio Lolli. Ingresso lire
15.000; prevendita presso il circolo e Arci Pinerolo.
28 marzo, sabato — PINEROLO: Al Teatro-incontro, alle
16,30, l’Associazione ricerca
biomedica organizza un incontro su «Cura Di Bella: medicina
basata sulle dimostrazioni o medicina della speranza?».
28-29 marzo — VILLAR
PEROSA: L’Associazione culturale delle valli Chisone e Germanasca propone un corso per
l’integrazione corpo-mente-spirito, secondo il metodo nato in
Argentina negli Anni 50.
29 marzo, domenica — PINEROLO: Alle ore 21, nell’
Auditorium di via dei Rochis,
in occasione di «Liberi nella diversità», manifestazione organizzata dall’assessorato alla
Cultura della Comunità montana valli Chisone e Germanasca,
si svolge una serata delle corali
di Prali, Perrero, Villasecca, Pomaretto, Villar Perosa, San Germano Chisone e Pinerolo.
29 marzo, domenica — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Nel tempio, alle 17,30, «Pasqua
in musica e preghiera», letture e
riflessioni intervallate da brani
organistici eseguiti da W. Gatti.
29 marzo, domenica — PINEROLO: All’Auditorium del
liceo scientifico, alle 21, le corali valdesi delle valli Chisone e
Germanasca e di Pinerolo presentano «Suoni e immagini di
un popolo chiesa», un viaggio
attraverso la storia dei valdesi.
30 marzo, lunedì — PINEROLO: Alle 18, alla Stazione
Fs, si inaugura la mostra «Concorso di idee per la realizzazione del Centro intermodale di interscambio del Comune», alla
presenza della presidente della
Provincia, Mercedes Bresso.
30 marzo, lunedì — PINEROLO: Nella sala al piano terra del Seminario vescovile, alle
20,45, incontro sul tema «La radioattività ambientale» con il
dottor Giovanni Agnesod.
2 aprile, giovedì — TORRE
PELLICE: Alla biblioteca della Casa valdese, alle 15,30, per
l’Unitrè, conferenza del dottor
Ronco, ortopedico, e del dottor
Fedele, veterinario, su «Le patologie degenerative dell’apparato scheletrico nella terza età.
Il latte come alimento di qualità
certificato nella prevenzione».
2-3 aprile — TORRE PELLICE: Alla Bottega del possibile incontro dui tema «Domiciliarità e handicap: il centro diurno, stramento della rete di opportunità», coordina Giancarlo
Sanavio.
3 aprile, venerdì — PINEROLO: Alle 21 nella chiesa di
San Giuseppe, concerto del
gruppo «Art Ensemble», clarinetto, violino e pianoforte. Ingresso libero.
3 aprile, venerdì — TORRE
PELLICE: Alla Bottega del
possibile, alle 21, incontro su:
«Gandhi: che cosa rimane del
suo programma?», incontro con
Giuseppe Barbiere, dellTstituto
italiano di ricerca per la pace.
3 aprile, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
All’Auditorium della scuola
media, alle 20,45, incontro su
«Dopo aver bevuto un bicchiere
in più ci mettiamo alla guida?».
Servizi
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretlo, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 29 MARZO
Perosa Argentina: Farmacia
Termini - Via Umberto I, tele!
81205
Ambuianze:
Croce Verde, Perosa Argentinatei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 29 MARZO
Bobbio Peliice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
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tei. 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
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Vita Delle Chiese
Si è svolto a Firenze l'ottavo convegno annuale delle opere diaconali
Il denaro nella chiesa
Organizzato dalla Commissione sinodale per la diaconia; si è affrontato il
complesso e delicato rapporto tra amministrazione delle risorse e vocazione
PAG. 7 RIFORMA
___jean-jacques peyronel
IL denaro nella chiesa»;
su questo tema delicato
si sono confrontate le circa
80 persone convenute a Firenze, all’istituto Gould, il 14
e 15 marzo, per l’incontro annuale delle opere diaconali,
giunto quest’anno alla sua
ottava edizione.
Se si pensa che il hilancio
complessivo delle varie opere raggiunge ormai diverse
diecine di miliardi l’anno, la
questione delle fonti di finanziamento e della gestione
del denaro si fa impellente,
tanto più nella fase che stiamo attraversando in cui, da
un lato procede il drastico ridimensionamento dello stato sociale che spesso si ripercuote sulla politica di convenzionamento tra opere ed
enti locali che finora ha garantito il funzionamento di
molte opere, e dall’altro si va
confermando l’altrettanto
drastico ridimensionamento
delle offerte delle chiese
estere, anch’esse alle prese
con seri problemi di «tagli».
In questo quadro si inserisce
la questione delle nuove possibili vie di finanziamento, in
particolare l’8 per mille e i
fondi sociali europei, che
però mirano a sostenere
nuovi progetti e non a contribuire alla gestione ordinaria delle opere.
Tutto ciò avviene in una fase cruciale del lungo e complesso cammino di riordino
dell’intera diaconia istituzionale delle chiese; cammino
che ha portato alla nascita
della Commissione sinodale
per la diaconia (Csd). Fra
breve, la Csd otterrà la personalità giuridica e potrà quindi controllare direttamente il
patrimonio, la pianta organica del persopale e la situazione finanziaria delle opere che
ad essa fanno capo. A questo
fine potrebbe diventare una
«Onlus» (organizzazione non
lucrativa di utilità sociale),
secondo i requisiti enunciati
nel recente decreto governativo. Sull’opportunità che anche le singole opere si trasformino in Onlus, il discorso
rimane aperto.
Il convegno, presieduto da
Paolo Ribet, presidente della
Csd, è stato introdotto da una
serie di brevi relazioni, a cura
di Salvatore Ricciardi («Il denaro nella Bibbia»), Alberto
Tron («Amministrazione-vocazione: un rapporto difficile»), Bruno Ricca («Finanziamenti pubblici: quali implicazioni?»), Anne Marie Dupré
(«Ricerca dei fondi: una strategia comune»). Bruno Bellion («Autofinanziamento:
contribuzioni e collette»),
, Rjio Canale («Volontariato,
I meconato, lavoro salariato»),
salvatore Ricciardi ha rilevam che mentre nell’Antico Testamento la ricchezza è con' ^derata come un dono di
nel Nuovo Testamento
I Cesti la paragona a «Mammona», cioè a qualcosa su cui
^/a affidamento al posto di
m. Tutto quello che ci è daoè solo strumento, e l’altro
rii prossimo) viene sempre
Prima del denaro.
Alberto Tron si è sofferma1 tri sulla specificità delle notte opere che, non essendo
mprese commerciali, non
anno il profitto come indiatore di efficacia e di effilenza. Sono comunque immese (sociali) e in quanto tali
rino tenute ad avere una
ritratta gestione amminitativa e del personale, ivi
rimpreso il personale volonrio che è una delle carattestiche deir«impresa» diacoritri' Anche Bruno Ricca,
Panoramica sui partecipanti aii’incontro di Firenze
parlando delle condizioni di
accettazione dei progetti da
parte della commissione per
l’8 per mille, ha insistito sulla
necessità della buona amministrazione e sull’osservazione scrupolosa di tutte le norme di legge. Fla sottolineato il
fatto che l’8%o è solo una delle possibili vie di finanziamento e che i progetti presentati alla commissione sono solo strumenti per migliorare e trasformare i servizi
dati dalle opere. Si è chiesto
se non sarebbe necessario
avere una strategia d’insieme
della diaconia.
Anne Marie Dupré ha posto una serie di domande: è
giusto partecipare alla grande corsa di ricerca dei fondi?
È coerente con l’evangelicità
delle nostre opere? Qual è il
nostro rapporto con il denaro? Nell’era della globalizzazione in cui è l’economia, o
meglio i capitali finanziari, a
condizionare la politica, come devono comportarsi i cristiani; partecipare alla politica o inserirsi acriticamente
nei meccanismi sempre piu
complessi e ingiusti dell’economia? La risposta è emersa
chiaramente dal dibattito; essere nel mondo (e quindi capire e usare gli strumenti
dell’economia) ma non del
mondo (e quindi non usare
tali stmmenti a scopi lucrativi). Bruno Bellion ha insistito
sul concetto di grazia che,
nella Bibbia, è sempre collegato a quello di comunione.
Dove sta in fin dei conti l’evangelicità delle nostre opere, se non in quello che si dà
in più rispetto al normale costo del servizio? Ma allora si
pone la questione del rapporto tra volontariato, diaconato, e lavoro salariato che caratterizza tutti i lavori svolti
nella chiesa. È corretto, si è
chiesto Elio Canale, che il costo del lavoro diaconale non
venga mai contabilizzato?
Dal vivace dibattito che si
è avuto all’interno di quattro
gruppi di lavoro, è emerso
che lo stmmento del denaro,
indispensabile per portare
avanti l’attività diaconale.
impone una corretta amministrazione dello stesso, non
solo quando si tratta di soldi
pubblici (in questo caso la
trasparenza amministrativa,
specie se si situa in un contesto sociale in cui prevale la
cormzione, può essere di per
sé una testimonianza), ma
anche quando si tratta delle
offerte attraverso le quali si
esprime la solidarietà delle
chiese. Ma, come ha detto
Giorgio Bouchard nella sua
predicazione sulla «parabola
del fattore infedele» (Luca 16)
in chiusura del convegno, il
denaro non è mai «innocente», le «ricchezze» di questo
mondo sono sempre «ingiuste» in quanto traggono la loro origine da un sistema economico ingiusto.
L’importante è che esse
servano a rendere un servizio
professionalmente qualificato e a rendere testimonianza
dell’amore di Dio per l’umanità. Questo è il fine ultimo
della nostra diaconia, e questo deve essere il criterio per
valutare la validità o meno di
un’opera diaconale, criterio
che non potrà mai essere
iscritto in un bilancio economico perché si tratta di quel
qualcosa in più che viene dato gratuitamente. Va da sé
però che se lo strumento economico viene usato scorrettamente, ciò nuoce non solo
all’indispensabile trasparenza amministrativa ma anche
alla realizzazione di questo
«plusvalore» spirituale al
quale il Signore ci chiama.
Un convegno pienamente
riuscito proprio perché ha
cercato di affrontare in tutti i
suoi aspetti il rapporto difficile ma necessario tra amministrazione e vocazione. Per
questo è stato ribadito di non
allentare mai il nesso tra predicazione e diaconia, e tra
chiese e opere.
fM Chiesa valdese di Agrigento
Un culto di ringraziamento
insieme a molti evangelici
SAMUELE CIAMBARBESI
La sera del 17 febbraio abbiamo avuto nella chiesa
valdese di Agrigento un culto
solenne di ringraziamento al
Signore: erano rappresentate
la Chiesa awentista, la Chiesa dei Fratelli e quattro chiese pentecostali. Mancavano
solo le Assemblee di Dio, che
pure sono la chiesa pentecostale più numerosa in città
(circa 600 membri). La Chiesa dei Fratelli ha sottolineato
la propria partecipazione facendo cantare a due voci il
proprio coretto dei bambini,
ciò che ha suscitato viva ammirazione nella comunità.
L’atmosfera era gioiosa, una
vera festa davanti al Signore,
e molti hanno fatto l’auspicio
che l’esperienza si ripeta.
Il professor Paolo Ricca ha
tenuto una conferenza nella sede dell’«Unitalsi» il 24
febbraio sul tema: «Valdo e
Francesco d’Assisi: riformatori del III millennio?». C’erano oltre 40 persone tra cui il
prete delegato diocesano per
l’ecumenismo. Il tema e la
sede della conferenza erano
stati proposti da lui, e Ricca
ha parlato più di Francesco
che di Valdo, ma ha detto
due verità storiche non troppo ovvie per un cattolico proteso a promuovere la pietà
nei confronti del santo più
importante d’Italia: Francesco non voleva la crociata;
Francesco si è dimesso.
Francesco sosteneva che
non si dovesse andare a ammazzare gli infedeli: si doveva invece evangelizzarli. Come si vede, una tesi di sconvolgente modernità, chi potrebbe contestarla? Per sostenere la sua tesi, Francesco
chiese e ottenne un’indulgenza plenaria per chi, confessato, si recasse in pellegrinaggio alla Porziuncola, dalla
vigilia del 21 agosto 1221 al
tramonto dello stesso giorno.
La conclusione era abbastan
Portid: una settantina di donne evangeliche riunite l'8 marzo a Casa Materna
Rompere i veli della violenza e la cappa dell'indifferenza
ANNA MAFFEI
E Stata davvero una bella
festa quella che oltre una
settantina di donne evangeliche di Napoli hanno vissuto domenica 8 marzo nella
bella e accogliente struttura
di Casa Materna a Portici.
Una festa del ritrovarsi in tante, del condividere esperienze, dello stare insieme a tavola, del celebrare insieme il
culto, ma anche un’occasione
per confrontarsi con la complessa problematica della violenza. Il tema scelto dalle organizzatrici, ben coordinate
dalla pastora Gabriela Lio, era
infatti: «Oltre il silenzio: la
violenza sulle donne e il valore terapeutico dell’amore».
L’incontro, che si inquadrava nei programmi di fine
decennio ecumenico delle
chiese in solidarietà con la
donne, si è svolto attraverso
l’arco dell’intera giornata ed è
stato aperto con una storia, la
storia di Giovanna, simbolicamente ricoperta da veli,
man mano che la sua vicenda
di violenza subita, sia fisica
che psicologica, veniva raccontata. Giovanna quasi soffocata, e certamente ridotta al
silenzio e all’immobilità, non
solo dalla violenza, ma anche
dall’indifferenza e dal perbenismo dei più, viene poi aiutata ad uscire dall’isolamento, a «riemergere», a ritornare
«all’aria aperta» attraverso incontri liberatori, attraverso la
paziente pratica dell ascolto e
della concreta solidarietà.
Sulla base di tale «preludio»
esistenziale di Giovanna, figura simbolica di una gran
moltitudine di donne violate,
l’avvocata Maria D’Elia, da
anni operatrice volontaria
nell’associazione Onda rosa,
ha contribuito condividendo
la sua esperienza. Le situazioni sono molto diverse, ha detto, e i casi di abuso sessuale
riguardano praticamente tutte le classi sociali e tutte le
età, anche quelle avanzate.
Sono in aumento, infatti, i casi di violenza sessuale del marito sulla moglie in età da
pensione: la legge italiana, ha
detto D’Elia rispondendo ad
alcune delle moltissime domande delle intervenute, è
molto buona, ma l’applicazione è carente. Ci sono pochissime case di prima accoglienza per donne che hanno
subito violenza e nessuna
struttura che le aiuti nelle fasi
successive. I tempi poi fra
l’awenuta denuncia penale e
il giudizio sono lunghissimi, e
in questi lunghi intervalli le
donne, e spesso anche i loro
figli, sono senza sostegno e
protezione.
Dopo una ricca discussione
è seguita la relazione della
pastora Gabriela Lio sull’incesto. Si pensa spesso che i
casi di incesto siano pochi e
circoscritti ad alcune classi
sociali che magari vivono in
condizioni di promiscuità
sessuale. Non è cosi. Anche
questi gravissimi casi di ripe
tuti abusi sessuali su bambine e bambini, riguardano tutti gli strati sociali e generano
comportamenti che non è facile decifrare. Spesso c’è da
parte dei bambini vittime di
stupro aU’interno della famiglia un atteggiamento schivo,
poco socievole nei confronti
degli altri bambini. Questi
bambini si isolano e sono in
genere più tristi e seri degli
altri. Vivono lacerati interiormente da sentimenti contrastanti di amore e odio verso
chi li viola, divisi fra il desiderio di fuggire e l’ansia di compiacere l’adulto con l’ubbidienza. Per molto tempo vivono il loro dramma in solitudine, e solo in pochi casi trovano il coraggio di parlare.
Lio ha messo in guardia
dall’atteggiamento di chi, dopo essersi reso conto dell’esistenza del problema, pensa di
risolverlo facilmente. In effetti le nostre chiese, e i pastori
stessi, non sono attrezzati per
far fronte a casi del genere,
però possono far molto per
interpretare alcuni sintomi
del malessere che bambini e
ragazze vivono e avere un atteggiamento aperto e disponibile all’ascolto. I gruppi di
lavoro pomeridiano hanno
consentito a molte di condividere, confrontandosi con
alcuni testi della Scrittura, alcune situazioni di violenza da
loro conosciute, e comprendere come anche la Scrittura
sia stata usata per giustificare
sottomissione e obbedienza
in contrasto con il cuore del
Vangelo che è liberazione e
riscatto.
La predicazione di Daniela
Mastantuoni, nel corso del
culto conclusivo, ha proprio
trattato uno di quei testi più
problematici per le donne, 1
Pietro 3, 1-7, mettendo in luce che nonostante il brano rifletta categorie culturali di
una società tanto lontana dalla nostra può esser Ietto diversamente. Alla donna è richiesto, per esempio, di piacere a Dio e non di compiacere l’uomo. Se poi la sottomissione all’uomo deve essere
come quella di Sara ad Àbramo, a guardar bene nella Bibbia, la proposta può anche
apparire accettabile!
za chiara: per ottenere l’indulgenza plenaria non era
necessario andare a uccidere
gli infedeli, bastava andare
alla Porziuncola.
Le autorità ecclesiastiche
del tempo riuscirono a convincere Francesco a fare un
viaggio missionario; andare
in Egitto e in Palestina per
convertire il sultano. Questi
ricevette Erancesco con deferenza, ma non si convertì. Al
suo ritorno in Italia Erancesco trovò i suoi monaci che
stavano costruendo un convento e ne fu sconvolto:
«Quando avrete finito di costruire il convento - avrebbe
detto - ne sarete proprietari e
non sarete più poveri». Gli
spiegarono che durante la
sua assenza era stato costituito l’Ordine francescano
con la regola che l’Ordine
può possedere, mentre il singolo frate resta povero. Erancesco rispose che non poteva
imporre le proprie idee a tutti, ma che non si sentiva di
amministrare un Ordine che
non corrispondeva al suo
progetto iniziale. Di conseguenza, per dirla in termini
moderni, si dimise e accettò
il ruolo di semplice frate
francescano, sia pure con il
grado di «suddiacono» e si ritirò sull’Averna.
Ricca non ha tirato esplicitamente le conclusioni del
suo dire; non ha detto che il
cattolicesimo di oggi ha san
Erancesco e non il francescanesimo. Ha accennato alla persecuzione dei «fraticelli», che erano francescani rigoristi, senza arrivare a dire
che, quando uno di questi
fraticelli, Pietro da Morrone,
fu eletto papa con il nome di
Celestino V, anch’egli, come
Francesco non vide altra via
che quella delle dimissioni.
Celestino, per Dante, fu «colui che per viriate fece il gran
rifiuto», ma la sua non fu
viltà. Nel 1313 fu fatto santo.
Quali sono dunque le prospettive per il III millennio?
Si tornerà a parlare di povertà evangelica? Come si sa,
aderendo alla Riforma, nel
1532, anche i valdesi rinunciarono alla povertà evangelica. Ma è pensabile un movimento ecumenico che torni al messaggio di Valdo e di
Francesco?
Il 7 marzo ha avuto luogo
invece la conferenza di Giorgio Toum nella sede del Centro culturale «Pier Paolo Pasolini». Anche in questo caso
c’erano una quarantina di
persone, ed è stata un’ottima
lezione di storia dal 1848 a
oggi. Alcuni hanno osservato
che così si dovrebbe insegnare storia nelle scuole; non ci
sono state invece contestazioni. Il Centro Pasolini ha
chiesto che ci siano altre occasioni di collaborazione e ha
ricordato gli anni passati in
cui essa esisteva. In sostanza,
il 150° anniversario delle Lettere Patenti di Carlo Alberto
non poteva essere meglio ricordato a Agrigento.
Fcei
Federazione delle chiese evangeliche in Italia
La Federazione delle chiese evangeliche in Italia
ricerca
una persona da assumere a pieno tempo per ricoprire l'incarico di
segretario/a
presso gli uffici romani del Servizio Rifugiati e Migranti, a partire
dal mese di giugno 1998. Saranno considerati titoli preferenziali: conoscenza dell'inglese e di altre lingue straniere, esperienza
nell'uso di macchine da ufficio, computer, e-mail, Internet; conoscenza delle problematiche assistenziali ed esperienza di lavoro
sociale, in particolare nel campo delle migrazioni.
Le domande, corredate da un curriculum vitae e da una lettera di
presentazione della chiesa di appartenenza, dovranno pervenire
entro e non oltre il 30 aprile a: FCEI, via Firenze 38, 00184 Roma, fax 06-4828728. La FCEI si riserva di convocare per un colloquio un numero ristretto di candidate/i che meglio rispondano
ai requisiti richiesti.
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiesi
VENERDÌ 27 MARZO
Tre giorni di formazione per le chiese del Nord-Est
Cultura cattolica e protestante
La responsabilità personale non si concilia con la
propensione alla delega e alla struttura gerarchica
CLARA COZZI
CON domenica 15 marzo si
seno concluse le tre giornate di formazione organizzate dal Consiglio del 7“ circuito
e con la collaborazione della
Federazione delle chiese
evangeliche del Nord-Est nella chiesa di Mestre. Il pastore
Giuseppe Platone, dopo avere
nella predicazione approfondito l’appassionante tema
della giustificazione per fede,
ci ha intrattenuti sull’argomento «Cultura cattolica e
cultura protestante».
Come minoranza protestante, ha detto Platone, in
un contesto culturale cattolico dobbiamo vivere la nostra
diversità con semplicità e
senza presunzione ma con la
consapevolezza di dare la testimonianza di un altro modo di essere credenti in Gesù
Cristo. A grandi linee possiamo dire che la cultura cattolica si caratterizza per un
profondo dualismo tra sacro
e profano, con luoghi sacri,
persone, feste, messaggi, abiti, oggetti, immagini e azioni;
per una spiritualità vissuta
attraverso una molteplice
mediazione: dal sacerdote a
Maria, che porta all’abitudine della delega e alla dipendenza gerarchica, alla meritocrazia; i santi, i beati, aduna spiritualizzazione a scapito del corporeo, da cui l’evidente discriminazione della
donna. Tutto questo in contrapposizione alla cultura
protestante che privilegia la
responsabilità personale del
Un momento dell’Incontro a Mestre
credente, la collegialità nel
governo della chiesa, la parità tra uomo e donna, il dialogo con la modernità: il tutto vissuto in profonda laicità
sull’esempio di Gesù Cristo e
degli apostoli.
Brevemente è stato poi
preso in considerazione l’argomento della libertà religiosa; battersi per la libertà di
chi non Tha ancora; della
prerogativa protestante; la
laicità dello stato in cui ci sia
posto per tutte le fedi nella libertà delle coscienze. Concludendo: la parola del Signore conosciuta tramite lo
studio della Bibbia deve essere la bussola del nostro comportamento; la vera libertà la
si ha mettendo Dio al primo
posto; il cristiano è un libero
signore su tutte le cose e servo del Signore in tutto.
Le due precedenti giornate
di formazione erano una a
cura del pastore Salvatore
Ricciardi su «Come le nostre
chiese affrontano in Giubileo?» argomento che ci interroga oggi e ancora di più nel
prossimo futuro per la dicotomia tra giubileo biblico
e celebrazioni cattoliche e
che dovrà essere ripreso nelle nostre comunità. L’altra
giornata aveva per argomento «Verità e salvezza dentro e
fuori il cristianesimo» a cura
di Sergio Cozzi che ha riportato nell’ambito delia nostra
chiesa uno dei temi più seguiti al convegno di La Mandola ’97. Gli incontri, che si
rivolgevano a tutti gli interessati ma soprattutto a predicatori, monitori e catechisti,
hanno avuto una buona e attenta partecipazione che
conferma la validità della loro organizzazione.
L'attività della Chiesa metodista di Terni
Incontri ecumenici di studio biblico
L’anno ecclesiastico 199798 ha visto l’inizio di una
buona attività ecumenica a
Terni. D’accordo con la Commissione diocesana per l’ecumenismo abbiamo programmato degli incontri biblici in comune e abbiamo
scelto la Prima lettera ai Corinzi. Gli incontri, frequentati
da cattolici e da evangelici,
hanno luogo nei locali della
Chiesa metodista e sono guidati dal past. Bertolino e da
padre Umberto Occhialini.
In novembre abbiamo organizzato un incontro sul
«Dopo Graz» a cui hanno
partecipato il past. Bertolino
e l’arcivescovo di Perugia,
mons. Giuseppe Chiaretti,
che essendo stato a Graz ha
illustrato diffusamente l’incontro. Alla fine da parte del
numeroso pubblico sono state rivolte delle domande ai
due oratori i quali hanno risposto esaurientemente.
In dicembre abbiamo avuto
un agape fraterna nei locali
della Chiesa metodista a cui
hanno partecipato anche il
vescovo di Terni, mons. Franco Gualdrini, il rettore del Se
Fuori collana è appena uscito
La Bibbia delle donne
volume II
da Ester ai Deuterocanonici
pp. 304, L. 36.000
Mia
donne
Dopo il successo del primo volume ecco ora il secondo che
conclude l’analisi dei libri dell’Antico Testamento, compresi
i deuterocanonici o apocrifi.
Conclude il volume un saggio sulla
vita quotidiana deile donne nel periodo della Bibbia ebraica. Lo
sguardo competente delle donneinterpreti ci consente di esplorare
l’animo e la psicologia di donne
vissute circa 3.000 anni fa e dì
comprendere il ruolo che la Bibbia
ha giocato nel determinare le condizioni di vita di uomini e donne
del nostro tempo, grazie all’influenza che le Scritture esercitano
ancora oggi.
m mmedhrice
claudÈana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http;/Amvw.arpnet.lt/~valdese/claudian.htm
minario di Assisi, Giorgio
Brodoloni, e alcuni membri
della Commissione diocesana
per l’ecumenismo di Terni.
In gennaio il pastore Bertolino è stato invitato a predicare in una chiesa cattolica
durante la messa domenicale
e durante la Settimana di preghiera. L’incontro di meditazione biblica è avvenuto nella
chiesa metodista. In febbraio
infine un pubblico più numeroso del solito ha partecipato alla conferenza del pastore Renzo Bertalot su «I vaidesi a 150 anni dalla libertà»
Palermo: l'impegno dei metodisti per gli immigrati
I colori del sogno e il richiamo alla realtà
ALFONSO MANOCCHIO
Recentemente ìi Gemi
(Centro migranti), opera
della Chiesa metodista di Palermo, ha preso il posto del
Cese (Centro emigrazione siciliana in Europa), datato
1969, ed eredita parte dei servizi del Centro immigrati
(Cim), datato 1990. Un nuovo
cammino per problemi che
accompagnano i passi dell’uomo, ma anche per collegarsi a un’antica tradizione
sociale sviluppata negli anni
della grande emigrazione italiana verso le Americhe.
Il nuovo cammino si avvarrà di una discreta esperienza, che ha messo radici
abbastanza solide a Palermo.
Infatti il Cim sin dal suo nascere ha programmato di fornire alle domande dello straniero piccole risposte con il
sapore dell’immediato, senza
pietismi né dilettantismi. Piccole risposte basate su monitoraggi e ancorate alle altre
realtà di associazioni e di servizi, che si muovono e operano nel territorio. Il sogno
dell’amore, della stretta di
mano e del sorriso non è stato mai disgiunto dalla realtà.
Dal pianto, dalla disperazione, dalla miseria e dallo sfruttamento più bestiale. In questo lavoro, che dovrà essere
continuato dal Cerni, non ci
ha lasciato mai un giorno il
senso del precario, particolarmente sul versante delle
risorse economiche.
Una cucina contadina, per
dirla in parabola, fatta di poveri cibi per nulla elaborati.
Personalmente sono cosciente di molti vinti lasciati lungo
la strada, ma anche sorpreso
di qualche volto illuminato.
In questo momento mi interessano più i vinti, e tra questi le vinte, che nella realtà lasciano i loro sogni giovanili
lungo le nostre strade. Oggi è
ripresa, sulla scia di fatti terribili, la discussione intorno
alle modalità dell’esercizio di
un mestiere, quello della prostituzione, vecchio come è
vecchio il mondo, si dice. Un
modo spiccio questo per giustificare una realtà molto
scomoda, che tuttavia è fonte
di interessi ingenti. Come
sempre, in tutte le cose, il radicalismo non giova. I fatti
spiacevoli si possono prevenire o curare, parzialmente o
gradatamente eliminare. In
questo campo il Cim e il «Pellegrino della terra», associazione nigeriana, hanno dovuto registrare un’amara sconfitta. Tuttavia quel poco che
si è riusciti a costruire, è bene
che non si disperda e serva a
MARZO 1998
Pena di morte
Dopo Karla Tuker si continua ad uccidere
Cultura
Scienza medica e coscienza etica
Islam
Come se ne parla a scuola?
Amish
Vivere, lavorare e pregare come secoli fa
Ebraismo
Bar Mitzvà, il giorno della responsabilità
Confronti: una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul cep 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 Soma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
{indirizzo Internet: Http7/hella.stm.it/market/sct/home.hlm)
prefigurare strategie migliori
e più coerenti. Per esempio
creare alternative credibili e
percorsi discretamente e fortemente assistiti, può rivelarsi un’operazione accettabile.
Davanti a noi, oltre al problema già accennato, si apre
quello della mediazione culturale, il cui campo di applicazione è vasto e spazia nell’orizzonte dell’inserimento
sociale, da cui non è esclusa
la chiesa: uno scopo ben inquadrato nella recente legge
sull’immigrazione. Le richieste di tale mediazione, provenienti dalle istituzioni (scuola, sanità, amministrazione),
sono già abbastanza numerose: spesso le risposte arrivano
in modo confuso, parziale,
quando non interessato. È un
campo aperto, che meriterebbe una qualche nostra riflessione, capace di approdare
alla prefigurazione di un modulo operativo; un percorso
fatto di saperi da utilizzare
per prevenire incomprensioni e discriminazioni, stabilire
rapporti proficui e ridurre
l’impiantarsi di psicosi nello
straniero. Incamminarsi su
questo terreno ancora vergine, per noi vuol dire ripensare «essere chiesa insieme».
Quella che a suo tempo era
un’idea intensa e dinami
iq
oggi ci pone dei probw n,,a
chiese miste o etniche? con L'Ut
taminazione teologica posii[ I
va o omologazione? Cìù^/
Sono questi interroga^
che chiamano in causai
principio della fede e l’assen---
blea dei credenti, che no,-, i2ma
possono più essere collegajD vene
alla diaconia, capace all’ini.J'rico sul
zio di creare aggregazione,:’patenti
accoglienza. Nell’ambito del.’*
la comunità non si può s%’“,;„ale F
gire alla scelta del modulo di ^gaboraz
rapporti con una parte di
. , - etsociazion
sa: modulo di rapporti cti, .„denti d
non possono comunque no, A pescar
porsi in linea con il rispettod „¡o dell’as
percorsi di fede e spiritualiti U del C
originali. Una giusta itnpo. « è trattai
stazione del problema no, „bblica, (
può prescindere dalla media- Ldere vi
zione teologica straniera. Ai,, «dinanza
cora un luogo nuovo si riveli senza in <
in esso incontriamo nostri ,aidese e r
fratelli, che hanno bisogno Già don
dei loro Mosè, per attraversa- era stato r
re il deserto senza perdere d gli anni,
l’identità. Credo che sia di p^bblicazi
straordinaria importanza al- {end da pi
facciarsi a questo scenario, [¡erto awe
Collaborare a creare e rende- del 1848.
re utili, strumenti per la co- della chiei
struzione di leadership, dila- gtore Gioì
voro qualificato e, in sostai-parlato de
za, di una società più attenta del suo m
verso lo straniero.
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MILANO — L’Assemblea della Chiesa valdese riunita domenica 15 marzo, dopo avere ascoltato la relazione finanziaria,
ha approvato il consuntivo 1997 e il conto preventivo iW
che prevede un impegno verso la cassa centrale di 256 milioni. L’Assemblea ha inoltre proceduto all’elezione dei
propri deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo; alla Conferenza distrettuale parteciperanno Brigitte Carminati, Carlo Vicari e Gabriele Vola, mentre per il Sinodo sono stati eletti Miriam Marcheselli e Achille Carminati.
500° anniversario della morte
di Girolamo Savonarola
Ferrara, 30 marzo — 3 aprile
Girolamo Savonarola:
da Ferrara alFEuropa
(convegno intemazionale)
La prima parte del convegno (30-31 marzo, Aula ma'
gna deirUniversità, palazzo Renata di Francia), sotto i'
titolo «La Ferrara del giovane Savonarola», intende fef
luce sull’ambiente politico, sociale e culturale della città
estense .alla fine del Quattrocento e sulle influenze della
----- OUIAV.
spiritualità savonaroliana nella vita religiosa di FerraraLa seconda parte (l°-3 aprile, Casa Romei), sotto il
tolo «Dirigenti religiose nelle città libere (1494'l54o).
propone un programma di ricerca comparativa a livello
t---XX-V..JIV-CL
europeo. Quali sono, tra la fine del Quattrocento e a
metà del Cinquecento, le affinità e le differenze tra m
vicende di crisi e di conflitto, nelle città lìbere italiao^
(in primo luogo Firenze, teatro della predicazione e del
movimento savonarollano) e il quelle transalpine (ne*
territori spagnoli e germanici del dominio asburgicoi
nella Confederazione elvetica e nella neonata RepubblL
ca di Ginevra)? Quale è stato il ruolo delle istituzioh*
ecclesiastiche e dei dirigenti religiosi impegnati in pr°'
getti di riforma della Chiesa e della città?
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27 MARZO 1998
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Vita Delle Ceiiese
PAG. 9 RIFORMA
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Le Lettere Patenti e la libertà religiosa e di pensiero oggi
I valdesi a Venezia ricordano il 1848
idi°euo”Ì iniziative, di cui una volutamente organizzata nel segno dell'apertura alla
ir. „.i /7anno celebrato la ricorrenza con un occhio attento al problemi più attuali
citta,
franco macchi
causai!__________
c 1 assem.
noii-i 12 marzo ha avuto luogo
■ collegati Ij Venezia un convegno
ce all'ini lrico sul tema «1848: Lettegazionei Patenti di re Carlo Alber
abitodel.:“ organizzato dal Centro
può sfug. giurale Palazzo Cavagnis in
‘odulodei fflUaborazione con l’isha (Asirte diet-aciazione internazionale
porti cli( studenti di storia, sezione di
nquenoiQàFoscari) e con il patrocidspettoit aio dell’assessorato alla CulPiritualitì tura del Comune di Venezia,
da impo. jj ^ trattato di una iniziativa
enia non pubblica, che si proponeva di
Ila media- [endere visibile a tutta la citniera.At. tadinanza il senso della pre3 si riveli senza in città della Chiesa
ao nostri valdese e metodista.
I bisogno Già domenica 15 febbraio
ttraversa- era stato ricordato, come tutI perdere ti gli anni, l’anniversario della
he sia di ptdrblicazione delle leggi partenza al- tenti da parte del re Carlo Aiscenario, berlo avvenuta il 17 febbraio
i e rende-del 1848- Nei locali di culto
rer la co- della chiesa di Venezia il pahip, di la- sture Giorgio Girardet aveva
n sostan- parlato del protestantesimo e
iù attenta del suo messaggio di libertà
per l’Europa di questo scorcio di secolo ormai proiettato
'decisamente nel terzo millennio dell’era cristiana. In
quell’occasione la riflessione
era stata proposta prevalenteiftente ai membri della comunità e agli ambienti cristiani veneziani interessati
aO’#umenismo. L’iniziativa
del 12 marzo si proponeva
iny^e di rivolgersi al contestomtadino in quanto tale, e
i petguesto il convegno si è
I svoìio in luogo pubblico, nella sia della Scuola dei Calegheri La presenza del dott.
Giovanni Frezza, rappresentante del sindaco, dell’asses
Lo storico Palazzo Cavagnis è sede della Chiesa valdese-metodista
e della Foresteria valdese
sore alla Cultura del Comune, Mara Rumiz, e del numeroso pubblico sta a significare che questo intento è stato
raggiunto. È da segnalare come un fatto molto positivo la
partecipazione al convegno
del prof. Mario Isnenghi, docente di Storia contemporanea all’Università di Cà Foscari, e degli studenti che seguono un suo seminario.
L’iniziativa si è sviluppata
in due momenti collegati
strettamente dal punto di vista tematico, anche se di natura molto diversa. Al mattino ci sono state due interessanti relazione storiche, una
del pastore Giorgio Tourn e
l’altra del dott. Cadi Luzzato
Voghera, che hanno delineato il quadro nel quale maturò
la decisione di Carlo Alberto
di concedere la tolleranza religiosa ai valdesi e agli ebrei
del Regno di Sardegna alla
vigilia delle guerre di indipendenza. Il pomeriggio è
stato incentrato invece su
L, Valdesi e battisti a Sampierdarena
La presenza evangelica è
patrimonio di tutta Genova
ERMINIO PODESTÀ
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Ila città
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in pto'
SI è svolto a Sampierdarena un incontro fra il Consiglio di circoscrizione di
jSampierdarena-San Teodoro
r ’ tappresentanti delle chieiSe valdesi e battiste dello
stesso quartiere. Dopo il saluto e l’invito a parlare da
parte del presidente Passero,
aa preso la parola il pastore
™rtgo Bonnes ringraziando
tansiglieri e presidente per
®7ere accolto la richiesta di
aalizzare un incontro all’inia di una seduta pubblica e
a poi spiegato quali fossero
I aue motivi per la richiesta
“all incontro.
Il primo era quello di ricorate un pezzo della storia coune, cioè il 150° anniversarin- - ? concessione dei di^ * civili ai sudditi valdesi e
, hi ebrei da parte del
'vai?*' ° '^^herto. A Genova i
«aaesi arrivarono nel 1850 e
5^®"tpierdarena nel 1854. Il
« °*'do motivo era legato al
sente: le modifiche circobf^'^rtali se da un lato sem. no offrire maggiori spazi
ntonomia, dall’altro in
bano spazi territoriali e
[j ®ono un numero di abiQ. ' lali da rapportarle,
l«LT,nn, a città di media
sctì ■ '^'^che la circo
®°rte di Sampierdarena
lÌuL. sfugge <
h- ta nuova realtà. Pertan
Teodoro non sfugge a
to nuova realtà. PertanBq’jE® concluso il pastore
evangelici «chiehi essere attenti ai bi? * leali degli immigrati,
casa, dei senza la' dei giovani; vi chiedia
mo di essere attenti alle altre
realtà religiose, alle altre
espressioni culturali. Non vi
chiediamo molto, ma quando si ripresenterà l’occasione, vi chiediamo di ascoltarci. Siamo una componente in
questa fetta di territorio e per
la nostra storia e per la nostra cultura abbiamo la pretesa di considerarci una
componente minoritaria significativa. Su voi tutti invochiamo la benedizione del
Signore nell’assolvimento
del vostro non facile compito. Ricordate sempre che la
difesa della libertà di tutti dipende anche da voi e dalla
vostra azione».
È intervenuto poi Stefano
Fontana, pastore della chiesa battista di Genova e Sampierdarena, che ha sottolineato il fatto che a Sampierdarena, sotto l’influsso dei
missionari americani e inglesi, la Chiesa battista esiste
dal 1894 e, proprio grazie alle Patenti Albertine del ’48,
ha potuto godere di una certa libertà, nonostante alcuni
momenti difficili. Anche il
pastore battista ha chiesto di
essere ascoltato e ha auspicato che in questo quartiere
ci sia sempre libertà per tutti Il presidente della circoscrizione si è dichiarato disponibile ad ascoltare anche
la voce degli evangelici e una
consigliera ha ringraziato
per una presenza inusuale:
dal momento che si è registrata sempre una presenza
cattolica, il discorso protestante è stato molto apprezzato e assimilato.
una tavola rotonda nella
quale U prof. Giorgio Rochat,
il dott. Riccardo Calimani e il
magistrato dott. Paolo Vercellone, coordinati da Federica Ambrosini, si sono confrontati sul tema: «Libertà religiosa e libertà di pensiero
ieri e oggi».
Le relazione del mattino
hanno delineato efficacemente i processi storici, spesso dettati più da opportunità
politiche ché da precise e
mature convinzioni religiose
e culturali, che favorirono la
proclamazione delle Lettere
Patenti. Molte e interessanti
sono state le domande e i
chiarimenti richiesti dal pubblico, a cui i due relatori hanno dato le loro risposte con
competenza e chiarezza. La
tavola rotonda del pomeriggio è stata vivace, perché i
partecipanti hanno esposto i
loro punti di vista con garbo,
ma anche senza inutili giri di
parole. Questi i punti interrogativi più importanti che dal
confronto fra lo scrittore
ebreo Riccardo Galimani, lo
storico valdese Giorgio Rochat e Paolo Vercellone, presidente della Corte di appello
del Tribunale di Venezia, laico rispettoso delle identità
religiose e, come lui stesso si
è autodefinito, agnostico: gli
ebrei hanno una costruttiva
predisposizione alla libertà e
al pluralismo ideologico che i
cristiani, per la loro convinzione di unici depositari della
verità assoluta, non hanno?
Come lo stato deve difendere
la libertà anche di chi non ha
una fede religiosa? Una legislazione moderna, che deve
difendere tutti i simboli delle
varie identità religiose, deve
preoccuparsi solo dell’uguaglianza o anche delle differenze esistenti fra i cittadini?
Una cosa è apparsa evidente a tutti. La difesa dei diritti
di coscienza dei cittadini certamente si deve combattere
sul piano dei diritto e delle
leggi, ma può essere vinta
prima di tutto con comportamenti civili e politici diffusi
nella società civile e sostenuti
da tutti i soggetti pubblici interessati. Molte tensioni «razziali» prima che dalle identità
culturale diverse sono il frutto di diffidenze e di contrasti
di interesse. L’immigrato, ha
più volte affermato con decisione il dott. Vercellone, è visto con sospetto, perché la
sua presenza disturba, non
perché ha concezioni religiose diverse. Questa considerazione è stata condivisa da
tutti i presenti e rappresenta
sicuramente il terreno sul
quale tutti dovremo misurarci neU’immediato futuro.
Chiesa metodista di Savona
Incontri ecumenici e
dialogo con la cittadinanza
SAURO GOTT ARDI
La Chiesa evangelica metodista di Savona ha incastonato la manifestazione del
13 febbraio, nella propria sede di piazza Diaz, per il 150°
anniversario delle libertà civili concesse ai valdesi e agli
ebrei, nel mezzo di due incontri ecumenici: uno con la
parrocchia cattolica, il 23
gennaio, per la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani; l’altro con le Paoline, il
28 febbraio, per ricordare il
«Premio mondiale metodista
per la pace» dato alla Comunità di Sant’Egidio.
La manifestazione del 13
febbraio sul tema «I protestanti per l’Italia» condotta
dal pastore Franco Becchino
è stata fatta con l’adesione del
Circolo culturale «Il Ponte»
della Sinistra indipendente, e
la partecipazione di iscritti al
corso Unitrè «Incontro con il
protestantesimo», interessando così una buona fetta della
cittadinanza. Un discorso che
ha attraversato tutta la storia
italiana, puntualizzando la
presenza e l’apporto religioso, culturale e politico dei vaidesi e degli evangelici italiani,
che pur minoritario ha dato e
dà i suoi segnali positivi alla
società.
Anche le altre due manifestazioni hanno avuto un
buon successo di pubblico,
per l’alta qualità dei relatori,
ben conosciuti e apprezzati.
Nell’incontro del 23 gennaio
sul tema: «Sappiamo pregare?» (Romani 8, 26) hanno
parlato il giovane aiuto pa
store Roland Jourdan, attualmente in servizio a Savona e
Imperia, e il teologo don Giovanni Lupino, parroco a Lavagnola. Partendo dal racconto di Elia, che riceve il
soffio dolce e sommesso dello Spirito nel deserto, quando offre finalmente spazio e
silenzio all’intervento di Dio,
la riflessione è proseguita
sull’affermazione dell’apostolo Paolo che è lo Spirito
che supporta la nostra debolezza offrendoci come «dono» la possibilità di pregare,
così come la stessa fede è dono di Dio.
La presentazione, poi, il 28
febbraio, del libro delle edizioni Paoline Sant’Egidio, Roma e il mondo è stato fatto insieme alla Libreria San Paolo
di Savona: come relatrice ha
parlato la dott. Daniela Sironi
della Comunità di Sant’Egidio, che ha tracciato l’itinerario storico di questa associazione, nata a Roma per l’assistenza ai bisognosi e diffusa
oggi nel mondo anche in difesa di intere popolazioni dalla
fame e dalle guerre. Il pastore
Eranco Becchino ha esposto
le motivazioni che hanno indotto il Consiglio mondiale
metodista a assegnare, il settembre scorso a Roma, alla
presenza di oltre 2.000 persone, a questa associazione il
«World Methodist Peace
Award», premio inaugurato
nel 1976 per dare riconoscimento al coraggio, alla creatività e alla costanza dei singoli, ebe perseguono la pace e la
riconciliazione tra le persone
e i popoli.
Agenda
28 marzo
MILANO — Alle 17, al Centro culturale protestante (sala
attigua alla libreria Claudiana, via Sforza 12/a), per il ciclo
«Tra liberalismo e fondamentalismo», il prof. Yann Redalié
parla sul tema; «Leggere la Bibbia nella postmodernità».
LUCCA — Alle 9,30, a palazzo Orsetti, inizia una giornata di
seminario sul tema; «L’emigrazione confessionale dei lucchesi in Europa (XVI-XVII sec.)». Partecipano fra gli altri Domenico Maselli, Simonetta Adorni Braccasi e Carla Sodini.
29 marzo
GENOVA —Alle 16, nella chiesa battista (via Vernazza), si
tiene un incontro di riflessione su; «La teologia cristiana
dopo la Shoà». Conduce rincontro Antonella Novellini.
3Ì marzo
ROMA — Alle ore 18, nella chiesa metodista (via Firenze
38), si tiene un incontro organizzato da «L’Altritalia» sul tema: «L’autunno caldo e il ’68; la strategia della tensione.
Nuove leggi si affacciano: lo Statuto dei lavoratori».
3 aprile
TORINO — Alle ore 21 nella chiesa battista di via Viterbo
concerto di Pasqua della corale evangelica di Torino.
4 aprile
TORINO — Alle ore 15,15, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23, il teologo valdese Gino Conte, il prof.
Giorgio Spini e il teologo cattolico Maurilio Guasco discutono sul tema; «Italiani e protestantesimo: un incontro impossibile?», a partire dal libro di Giorgio Tourn (Claudiana). Sarà presente l’autore.
TORINO — Alle ore 17, nella chiesa battista di via Passalacqua, si tiene un convegno a 30 anni dall’uccisione di M.
L. King. Intervengono Mauro Pons e Nanni Salio. Alle 16
mostra fotografica: alle 19 proiezione di una videocassetta
sull’argomento e canti spiritual.
NAPOLI — Alle ore 19, nella sala Maria Cristina del monastero di Santa Chiara, la Chiesa battista di via Foria e il
centro francescano «Oltre il chiostro» organizzano una
conferenza-concerto dal titolo: «Testeunento di speranza»
in occasione dei 30 anni dalla morte di M. L. King. Intervengono Paolo Naso, direttore di «Confronti», il pastore
Massimo Aprile e padre Giuseppe Reale, con partecipazione del coro Ipharadisi diretto dal maestro Carlo Leila.
5 aprile
ROMA —Alle ore 16, in via Giusti 12, il Sae organizza un
incontro sul tema; «Tutta la creazione renda lode a Dio»,
nell’ambito del ciclo su: «Il cammino ecumenico; lasciarsi
trasformare dallo Spirito». Intervengono Carmine Di Sante
e Traian Valdman.
6 mik,
NAPOLI — Alle ore 17,30, presso l’Istituto Goethe (Riviera
di Ghiaia 202), l’Associazione Partenia organizza una con
ferenza di Jacques Gaillot sul tema: «Il Dio degli esclusi».
TRIESTE — Alle ore 18,30, presso la chiesa dei Padri Gap
puccini di Montuzza (Sant’Apollinare Martire) si tiene la
celebrazione ecumenica della Pasqua.
7 aprile
TORINO — Alle ore 20, presso la parrocchia di Santa Tere
sina (corso Mediterraneo 100), si tiene un incontro ecume
nico di Pasqua sul tema: «Le sette parole della croce».
10 aprile
TORINO — Alle ore 21, presso la Chiesa battista di via
Viterbo, si tiene il culto! del venerdì santo in comune fra le
chiese evangeliche torinesi.
Radio e teieoisione
CULTO EVANGELICO; ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Eederazione delle chiese evangeliche in Italia, tra
smessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9 circa. Domenica
5 aprile; Ricordare Martin Luther King; Un incontro sul
Giubileo a Gerusalemme; Bambini di Cernobil a Rio Mari
na; Incontri (rubrica biblica). Replica lunedì 13 aprile.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima
del venerdì di uscita del settimanale.
38
gioventù evangelica
SOTTOSCRIZIONE 1998
normale.......................L. 45.000
sostenitore.....................90.000
estero..........................60.000
«3 copie ai prezzo di 2»........90.000
cumulativo GE/Confronti.........90.000
versamenti da effettuare sui ccp n. 35917004 intestato a:
gioventù evangelica
via Porro Lambertenghi, 28 - 20159 Milano
14
PAG. 10 RIFORMA
—a—
Riforma
Memoria e Shoah
Daniele Garrone
Frutto di una gestazione decennale, il documento redatto dalla Commissione per i rapporti religiosi con
l’ebraismo con il titolo Noi ricordiamo: una riflessione
sulla Shoah, ha suscitato reazioni contrastanti. Assai criticata è stata la valutazione positiva dell’operato di Pio
XII offerta dal documento, in contrasto con U giudizio di
larga parte della storiografia contemporanea. È chiaro
che testi come questo richiedono un’analisi approfondita
che vaiuti tanto il detto quanto il non detto e che sia attenta anche alle formulazioni adottate. Vorremmo tuttavia esprimere una prima valutazione.
Interrogandosi sul crimine della Shoah, il documento
«richiama ad una “memoria moraie e religiosa” e, in particolare tra i cristiani, a una riflessione molto seria sulle
cause che lo provocarono. Il fatto che la Shoah abbia
avuto luogo in Europa, cioè in paesi di lunga civilizz^ione cristiana, pone la questione della relazione tra la persecuzione nazista e gli atteggiamenti dei cristiani, lungo i
secoli, nei confronti degli ebrei». La Chiesa cattolica non
si limita a stigmatizzare in modo perentorio l’antisemitismo e ogni forma di razzismo, ma «desidera esprimere il
suo profondo rammarico per le mancanze dei suoi figli e
delle sue figlie in ogni epoca. Si tratta di un atto di pentimento (teshuva) [...] non si tratta di semplice parole, ma
di un impegno vincolante». Come afferma il papa nella
lettera che accompagna il documento, la Chiesa «incoraggia i suoi figli e le sue figlie a purificare i loro cuori, attraverso il pentimento per gli errori e le infedeltà del passato». In queste intenzioni e nell’aver affrontato, di petto
e con una forte tensione morale, il bilancio «piuttosto negativo» delle relazioni fra cristiani ed ebrei attraverso i
secoli sta il pregio del documento.
Il limite principale è rappresentato dal modo in cui è
svolta la rilettura del passato. Innanzitutto, si distinguono nettamente l’antigiudaismo cristiano e l’antisemitismo nazista, definito «un antigiudaismo [...] essenzialmente più socio-politico che religioso». Il documento afferma: «La Shoah fu l’opera di un tipico regime moderno
neopagano. Il suo antisemitismo aveva le proprie radici
fuori del cristianesimo e [...] non esitò ad opporsi alla
Chiesa perseguitandone pure i membri». Il problema è fino a che puntò e m che misura i due fenomeni possano
essere separabili. È vero che gli ebrei furono perseguitati
dal nazismo «per la sola ragione che erano ebrei», ma si
deve riconoscere che fu innanzitutto nel cuore della civiltà cristiana che «il solo fatto di essere ebrei» fu foriero
di ogni sorta di discriminazioni. Hitler non inventò lo
stereotipo deU’«ebreo», ma lo trovò come prodotto «cristiano». La liquidazione fisica degli ebrei nella Shoah è
stata preceduta dalla «negazione» degli ebrei effettuata
dalla Chiesa «a tavolino», bollandoli come popolo deicida
e maledetto, ed è stata non solo preceduta ma purtroppo
accompagnata dall’antigiudaismo cristiano, che fu un
fertile terreno di coltura per rantisemitismo.
In secondo luogo, l’antigiudaismo non sembra colto in
tutta la sua portata. Non basta dire che gli atteggiamenti
antiebraici si sono protratti «lungo i secoli» come «mentalità prevalente» e che si è trattato di «interpretazioni erronee e ingiuste del Nuovo Testamento», riconoscendo in
questo il peccato dei figli della Chiesa. Bisogna dire che il
peccato è stato anche «dei padri» della Chiesa, cioè delle
sue autorità teologiche ed ecclesiastiche a cui vanno attribuite le «interpretazioni erronee». L’antigiudaismo cristiano non fu opera di estrerrdsti, ma di cristiani «per bene» e si sviluppò come vera e propria ideologia diffusa in
tutta la chiesa. Non si possono intraprendere strade nuove senza sconfessare quella che per secoli è stata dottrina
cristiana egemone. Pur con i limiti indicati, il documento
va considerato come un passo in avanti nel cammino intrapreso con il Vaticano II (dichiarazione Nostra Aetate ).
Tuttavia, non ci si può fermare prima che la storia cristiana sia stata scandagliata a fondo dalla critica storica,
dalla memoria di ciò che Israele ha patito e dalla parola
di Dio. È questa la sfida che la memoria della Shoah pone
a tutte le chiese; comprese le nostre.
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Matfei. IN REDAZIONE: Alberto Coreani, Marta D’Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronei, Piervaido Rostan (coordinatore de L’eco delie valii) Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Aiberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paoio Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Giroiami, Pasquaie iacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA; Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174-42590.
EDITORE; Edizioni Protestanti s.r.l.-via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino,
1998
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Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è II nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con II n. 176 del 1“ gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 12 del 20 marzo 1998 è stato consegnato per l'inoltro
postale all’Ufficio CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino
mercoledì 18 marzo 1998.
Continua la nostra riflessione sul futuro del lavoro
Era il secolo dello stato sociale
Oggi, imprese e mercato devono essere più flessibili e
reattivi, ma quanti sono pronti a questi cambiamentiì
DORIANA GIUDICI
1^/?A il secolo del lavoro, titola un suo recente libretto il sociologo Aris Accornero,
e sostiene che dovremo sempre più abituarci a un nuovo
«tipo» di lavoro: più interessante, più valorizzante ma
meno tutelato. Forse il titolo
più appropriato sarebbe stato
«Era il secolo dello Stato sociale»: è infatti questa conquista del XX secolo, soprattutto europeo, che va svanendo, dopo essere stato per decenni l’elemento qualificante
di un lavoro rivalorizzato,
proprio dava «dignità» e «assicurava» nella malattia e nella vecchiaia. Ma questa «forma» di lavoro è stata anche il
prodotto di un certo modello
di sviluppo e di produzione:
oggi impresa e mercato devono essere più flessibili e reattive: al lavoratore si chiede di
essere ugualmente... più flessibile e più reattivo. Ma questo diverso modo di lavorare
e di vivere costa sacrifici, obbliga a cambiamenti, paralizza chi è meno preparato ad
affrontare le novità.
È così che, in questi tempi,
viene alla luce con drammatica evidenza tutta l’incapacità «culturale» di partiti e
sindacati soprattutto di sinistra nell’affrontare i problemi
connessi al mondo del lavoro. Non si sono attrezzati per
tempo, attraverso strumenti
di conoscenza corretti, per
offrire oggi proposte soddisfacenti alle inderogabili trasformazioni in atto. E il guaio
maggiore è che una sinistra
così impreparata, proprio sui
terreni a lei più congeniali,
deve invece affrontarli stando al governo. Nei primi Anni 80, quando già avvertivamo i primi segnali di quanto
sta ora «scoppiando» sotto i
nostri occhi, nei sindacati e
nei partiti di sinistra, si disincentivavano i centri di ricerca sul campo, in modo da seguire quello che stava avvenendo, non solo sui posti di
lavoro ma anche nel mondo
della finanza. Se c’è crisi nel
sindacato, che sempre più
arretra nei territori più sicuri
dei già garantiti, è perché da
almeno 10 anni gli è mancato studio, curiosità, impegno
intellettuale.
Oggi quindi vi è fra lavoratori una sempre più netta divaricazione: sempre meno
sono indipendenti stabili e a
tempo pieno, sempre più i lavoratori «malsicuri» e che si
arrangiano: questi ultimi sono in maggioranza giovani.
Giovani, inoccupati o precari
che necessariamente vivono
ancora con i genitori: giovani
E Malo piescntiiio lunedì
in Valicano un docnmenlo importanie, da tempo
in iiieparazione, d;il lilolo:
'■Noi licoidiamo un.i iiflessione sulla Shoah- (ossia lo
sterminio degli ehiei per
opeia dei nti/.isti' Dopo a\ei
ricoidato l’enoimita del utmine nazista che non può e
non deve essere dimenticato,
il documento esamina la tormentata storia delle relazioni
fra ebrei e cristiani, distinguendo fra antigiudaismo
(un sentimento perdurante
nei secoli in molti ambienti
cristiani) e l’antisemitismo
nazista che viene definito
«ideologia estrema che divenne la base delle misure
intraprese, prima per sradicare gli ebrei dalle loro case,
poi per sterminarli.
La Shoah fu l’opera di un
tipico regime moderno neopagano. Il suo antisemitismo
con professionalità obsolete
0 senza sbocchi occupazionali: giovani con braccia e
menti inutilizzate che intristiscono. In più in Italia si registra un fenomeno di «immobilità» territoriale: ci si radica dove si è nati, perché si è
comprata casa, si conosce E
ambiente e soprattutto non
ci sono gli «strumenti» informativi o formativi per tentare
di uscire allo scoperto. E qui,
macroscopico, emerge un altro gravissimo «deficit»: nessuna cultura del lavoro e
dell’importanza della formazione e della riqualificazione.
In questo momento, a favore
di «più» lavoro e «miglior» lavoro, esse potrebbero svolgere un ruolo cardine, sia per
quanto riguarda le nuove generazioni, che devono potersi collocare là dove c’è offerta
di lavoro, sia per i «già occupati» in difficoltà.
Ma parlare di lavoro significa in Italia parlare di Mezzogiorno: ebbene anche a
questo proposito non si riesce a uscire dalle vecchie logiche: lavori di pubblica utilità per i giovani, cassa integrazione a oltranza per gli
adulti (magari ci si inventa
qualche altro marchingegno
come il «prestito d’onore» o
le «borse lavoro»). Tutti palliativi che non cambiano nulla ma invece continuano a
umiliare il Sud. Si vuole davvero portarvi lavoro? Non
servirà la riedizione della
Cassa del Mezzogiorno, anche se ribattezzata «Agenzia»
per valorizzare le risorse
umane del Sud. Occorre invece che lo stato sia finalmente presente in quelle
aree. Quando dico stato intendo dire «servizi e infrastrutture» degne di un paese
civile e avanzato, come il governo italiano pretende di
rappresentare. Ma voglio anche dire difesa dell’ordine
pubblico, ripristino della legalità, lotta decisa a chi infrange leggi o non applica
contratti di lavoro.
Al Sud si lavora moltissimo,
ma si lavora in pessime condizioni. Lo stato inoltre chiude un occhio su tutto, dallo
scontrino fiscale nei negozi
all’abusivismo commerciale:
dal sottosalario e dal lavoro
sommerso, all’assenteismo
dei dipendenti pubblici. Se
non ce la fa un governo come
questo a rompere quel circuito vizioso per cui tutto «è
perdonato» ai cittadini, perché l’apparato amministrativo statale è il primo in difetto, i giovani del Mezzogiorno
dovranno rassegnarsi all’elemosina dello stato e alla prevaricazione di qualsiasi improvvisato datore di lavoro.
Invece devono pretendere un
credibile impegno per una
prospettiva che ridisegni gli
obiettivi prioritari per una
nuova politica del lavoro
«collegata a un aggiornato e
ammodernato Stato sociale».
J íífiííüJJíJ -3 lä 'âllsMf
PIERO bensì
aveva le proprie radici fuori
dal cristianesimo».
Molti furono i cattolici, religiosi e laici, che aiutarono
gli ebrei in quel tempo. 1 più
però, afferma ancora il documento, si chiusero in una indifferenza e in un silenzio
colpevoli, pur sapendo ciò
che avveniva. Ed è questo silenzio che il documento condanna e per il quale esprime
pentimento. Nulla viene detto, tuttavia, del silenzio più
discusso della storia recente:
quello del papa Pio XII. Il
quale personalmente e attraverso gli ordini religiosi salvò
la vita a molti ebrei, ma non
prese mai posizione ufficiale
contro l’Olocausto, pur essendone informato dettagliatamente.
Questa lacuna del documento vaticano spiega la reazione negativa da parte dei
circoli religiosi ebraici in
Israele e in America. Il passo
fatto è grande, ma ci si aspettava di più, anche nella con
la Repubblica
I laici non predichino
Può esistere un’etica cin
Ifloinol
ria e arge
Attuto Gl
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0.10 del
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Paul Tilli
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non abbia fondamento rj Koa
gioso? E perché i laici noin ‘“‘osta l
espongono una? Sul tema( Se eh
interroga Carlo Berna,,; g'S
Che, sollecitato da Nico( J|i„az
Tranfagha, interviene il/^^ dis
febbraio con un commet Xenze
che prende le mosse dall’ai Zq il c
yismo di papa Wojtyla,« Sher
fronte a questo attivismoi Lrale 1
laici sembrano non trovaa „re stato
spazio «Le motivazioni là ^ „a
che delle scelte - scrive Ba Leligioi
nardini - non hanno prêt® per nu
di infallibilità come quelle ( „er
un capo religioso. I laici hit L„ooacri
no dubbi, hanno una vision coi
infinitamente probleniatij rLl ^eh
(...)». E più avanti: «Nonèji Sdii
ro che l’etica può avere sol yili
un fondamento religiosi fair
cerchiamo di non buttare» ¿ocu
coli di pensiero filosofieoi
SU tre £6
Poi Bernardini cita Artuo .Kpvivor
Carlo Jemolo (1956): i laR“ dg^er
credenti «possono osserva« Liaimeii
(...) tutti i precetti dellaCKjggjjjgse
sa: ma hanno però accettat nuindice
una premessa: che quei p» „a a un ■
cetti non debbano avere alto jg pp.
sanzione che quella ecclesii passioni
stica (...): che mai inveces gpp^Je j
possa pretendere dallo stali Ig ggjjj
un qualsiasi appoggio a qui piegasse
le prescrizioni: che la legp ¿gUg „gj
dello stato debba essere tà g peggio
da potersi imporre a credeiljpgpggg
e non credenti, senza offer
dere i sentimenti né degli un je.'.
né degli altri». «Ora - riprea
de Bernardini - la Chiesa-s
uscendo dai suoi limiti, ass
più di quanto non fosse co
sentito un tempo».
AAcnire
Valdesi: chi sono?
?
Ilca
Egregi
tante il '
del 15 ir
istanti de
Il quotidiano cattolico
lizza (5 marzo) i risultatiii bcoman
un’indagine condotta p# Rai
conto del mensile Jesus siij “ coglie:
conoscenza che i nostri coif| esposta ;
nazionali hanno delle coni» tervistm
sioni religiose non cattolici* che mi i
«Secondo la rilevazione - set Pnnia ei
ve il servizio - , il 67% dai car
abitanti della Penisola cado* stata qu
dalle nuvole a sentire la p® ealvinis\
la "valdesi”. Preoccupante! aenzion
soprattutto il fatto che quest Lei ha il
percentuale tra i cattolici pBj calvinis'
ticanti sale al 75,7%. Non bij are del
sta. Tra coloro che conosce unfama
no i seguaci del mercante li* crciò la
nese Valdo, pochi li san»! mente j
collocare bene nel panor^ stupito,
religioso. Alcuni (il 32% dice
loro che ne hanno sentiM
parlare) associano i valdesi*
luterani: per il 27,6% sat»
bero addirittura dei cattou
tradizionalisti: il 6% li idc^'"'
fica con una setta». I
danna dell’antigiudaisff
persistente nella chiesa, t
dentemente è quasi imP°f
bile per la Chiesa cattolici
sconfessare l’azione di unp |
pa: ne va di mezzo il dog® !
dell’infallibilità. E
to rende tanto difficile » ® j
logo ecumenico sull atg ,
mento papato. Più coraggi
sono stati i vescovi france
tedeschi nelle loro
posizione. La chiesa di j
riconosce l’errore di
suoi figli (pochi o tanti)
ne pente, ma non lìlo’’ .
che la chiesa come tale p
sbagliare. È un blocco qu |
insormontabile. |
(Rubrica «Un
commento» della troftn \
ne di Radiouno «Culto
gelico» curata dalla
zione delle chiese evanS
in Italia andata in ona
menica 22 marzo).
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p-bi
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15
RZO195 27 MARZO 1998
Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
IU quasi
religione
comunista
ttìo molto apprezzato la se1 e argomentata lettera di
^ro Cericola «Due pesi e
L misure?», pubblicata sul
n 10 del 6 marzo. La sottoLvo pienamente; vorrei solo aggiungere due brevi note.
Paul Tillich ad esempio, nel
ìdichinn tuo Christianity and thè En. . Znterofthe World Reliu etica ci, ^..„5 (New York 1963; trad.
Milano 1971, p. 67 ss.)
Çaccosta alle grandi religioni
6ul teiiiai .yelle che definisce le «quasi
Bernardii religioni» e sotto questa de. nominazione raccoglie, pur
'^'ene il5 disconoscerne le forti
commenti ifferenze, il fascismo e nazi3se dall’ati il comuniSmo e, con
Voj tyla, j qualche riserva, l’umanesimo
attivisnioi ¡¡berale. Tillich era ed è semlon trovai) „jg stato un socialista convaziotii li ma, appunto, non sescrive B» j,ireligioso.
ino pretej pgj- quanto riguarda l’orne quellei jQjg per le devastazioni e i
I laici hai ,unssacri della dittatura mauna Vision pijta, consiglierei di leggere
oblematia Qm selvatici. Tre figlie della
• «Nonèi» di Jung Chang (Longa' avere sol qgjj^ Milano, 1994). È la croreligioii qjgu familiare, quasi in forbuttare» ^3 documentaria, centrata
tilosoficoi jg ue generazioni di donne
cita Art® qiig vivono partecipi e soffro156): i lait dgcenni di traumatici rivolgimenti nel subcontinendella Chi! ¿g gmese. La nonna, ceduta
0 accettali quindicenne come concubile quei pit 33 3 un «signore della guer) avere alte jg figlia, comunista aplla ecclesia passionata come il marito
ai invece! eppure stritolata nelle pur
dallo stai gjjg contro chiunque non si
ggio a quel pjgggggg all’assoluto «culto
he la leg| dgjjg personalità» del nuovo
essere a, g pgggjocg autocrate e della
e a credeul 533 pessima corte; la nipote,
enza offei
né degli u
ra - riprea
1 Chiesa-si
limiti, ass
1 fosse co
«partita» come guardia rossa
con il culto di Mao, che via
via, con fatica e sofferenza,
realizza l’atroce e odiosa mistificazione.
Le follie e gli orrori della
cosiddetta «rivoluzione culturale» sono descritti sobriamente e risultano tanto più
impressionanti. Non è un libro «anticomunista», anche
se l’autrice, la nipote, alla fine ha «scelto la libertà» in
Gran Bretagna; non si nasconde la ripulsa netta verso
la realtà sociale della vecchia
Cina feudale, né si disconosce la grande speranza che
aveva animato milioni di
persone e che ha pur portato
a ciò che la Cina rappresenta
oggi: ma con la lunga, cupa
parentesi della quasi-religione (o religione tout-court?)
del comunismo maoista.
Gino Conte - Firenze
Italia^ paese
più cattolico?
Il sig. F. Luzi di Roma sulla
Stampa del 21 gennaio, nella
rubrica «Lettere al giornale»,
afferma: «A me preme sottolineare come l’Italia, pur essendo il paese più profondamente cattolico nelle convinzioni
e nei comportamenti, ha accettato senza battere ciglio, in
questi ultimi decenni il divorzio, l’aborto, la cancellazione
della religione cattolica come
religione di stato...». Non è
possibile quindi lasciare passare senza osservazioni questa lettera che appare poco
obiettiva.
Il sig. Luzi, quando dice
che la Chiesa cattolica ha
«accettato senza battere ciglio» l’introduzione della legge sul divorzio e sulla prati
cabilità dell’aborto, certamente dimentica le campagne di stampa e le dichiarazioni contrarie delle autorità
religiose a ogni livello, o di
chi per esse, per contrastare
la loro applicazione come
leggi dello stato. E che dire
sul controllo delle nascite
verso cui la Chiesa cattolica
sta conducendo una battaglia
forse non appropriata per il
futuro dell’umanità?
Mi sembra poi assolutamente fuori luogo sostenere
che la Chiesa cattolica ha accettato senza problemi la
cancellazione della religione
cattolica come religione di
stato. Lo Statuto Albertino
del 4 marzo 1848 affermava
all’art. 1 che la religione cattolica era la sola religione di
stato senza concedere piena
libertà di culto e di coscienza.
Ebbene la Costituzione italiana ha cancellato il 1“ gennaio 1848 quelle leggi medievali e non credo che la Chiesa
cattolica abbia facilitato quegli articoli di libertà inseriti
nella Costituzione. «Tutte le
confessioni religiose sono
egualmente libere davanti alla legge» (art. 8).
La Chiesa cattolica deve
stare talvolta al passo con i
tempi. Non è più il tempo
della Controriforma quando
essa proibiva la traduzione
della Bibbia in italiano per
evitare che le verità contenute nell’Evangelo, predicato
dai protestanti, si diffondessero in Italia. Credo che affermare che l’Italia sia «il paese
più profondamente cattolico» sia alquanto azzardato. Si
può certo dire che l’Italia è il
paese con tante chiese, spesso, è vero, capolavori di arte
cristiana.
Ermanno Aimone - T orino
W^i Lettera a Enzo Biagi che dice: «Non sono un calvinista)
Il calvinismo e la redenzione dell'uomo
^ Egregio signor Biagi, du0? *1 Tg2 delle ore 20,30
■ tei 15 marzo scorso, pochi
olico a»' datiti dopo aver preso col tesultatH lecomando il secondo canale
lotta pa tellaRai, ho avuto occasione
'esus sii; cogliere una sua battuta in
ostri cotj risposta a qualcuno che la inle coni® tervistava su un argomento
lattolicl* che mi era sfuggito, perché
one-sct prima ero sintonizzato su un
37% de| 3ltro canale. La sua battuta è
la cado» stata (juesta: «Non sono un
■e la p® ca/i;im’sfa; io credo nella re;upantci denzione dell’uomo». Certo,
he questi Lei ha il diritto di non essere
telici pit'i calvinista, ma non quello di
. Nont)i| fare delle deduzioni false e
conosw diffamanti su questa fede,
cante li»' Perciò la sua frase mi ha vivali san# mente ferito e fortemente
janoraifl stupito, dato che è uscita dalI2%dic«'
0 sentii'
la bocca di un uomo che si
presenta come particolarmente colto, sensibile e equilibrato, perché mi è sembrata
una grossa menzogna, detta
pubblicamente, squalificante
la fede che professo. Infatti io
sono un calvinista, in quanto
membro della Chiesa valdese, che fa parte della grande
famiglia delle chiese riformate che si richiamano alla predicazione e all’insegnamento
evangelico di Calvino, e come tale posso assicurare a Lei
e a chiunque altro che i calvinisti sono cristiani e quindi
credono - eccome! - alla redenzione dell’uomo (e della
donna), perché basano la loro fede sul messaggio dell’Evangelo, che annunzia tale
/aldesi»
% sateb;
cattoltó
li idetii
fatto, f
trasrnis^K,
Sulto evdl
llaFedÿ
evangelid^
n onda
Rina Lydia ^
Caponetto
I miei confini
erano altrove
pp. 188 + 8 tavole a colori e In
bianco/nero f.t., L. 20.000
Bna carrellata di avvenimenti, di
w dagli anni ’50 ai giorni nostri:
Pambiamento della società, nel
dopoguerra, la trasformazione del® coscienza delle donne, la ricerca di valori quali la solidarietà, la
P^bezza delle idee, l’interezza
calla persona umana, che si ottieri® dando spazio alla vasta gamma del mondo dei sentimenti, delfemozioni.
Ld passione per la cultura, il valore del libro che può costiclts un progetto, una speranza per unire le persone in una
^otriunicazione ricca di idee, di pensiero, di riflessioni.
'distribuzione: Claudiana Editrice, via Principe Tommaso 1
10125 Torino, tei. 011-6689804 e presso le
F tniei confini
erano aftropc
redenzione in Gesù Cristo.
Questo anzi è un punto centrale e qualificante della loro
fede, che confessa in Gesù
l’unico Redentore e Salvatore
del mondo, secondo uno dei
detti fondamentali della Riforma, «Solus Christus».
Io non so che cosa Lei intenda esattamente per «redenzione dell’uomo». Se Lei
la concepisce come autoredenzione, allora posso darle
ragione e confermarle che i
calvinisti respingono tale
dottrina, che ha avuto in Pelagio un suo antico sostenitore. In tal caso lei fa bene a
prendere le distanze dai calvinisti. Ma credo che, per
chiarezza e coerenza teologica, dovrebbe prendere le distanze anche da tutti i cristiani che si onorano di riconoscere e confessare in Gesù
Cristo il Redentore. Perché, 0
l’uomo si autoredime, e allora non ha bisogno di un redentore, oppure non può redimersi da solo: e allora ha
bisogno assoluto di Lui. Ebbene, per noi cristiani e calvinisti è Cristo soltanto che salva la creatura umana!
Cogliendo l’occasione della
presente, mi permetto di invitarla cortesemente a informarsi adeguatamente e a
informare correttamente i
suoi ascoltatori sul protestantesimo, data la grossa responsabilità che ha di parlare a un
così vasto pubblico, perché
l’ignoranza e l’inesattezza
delle battute e delle frasi fatte
non fanno bene a nessuno e
non aiutano il nostro popolo
a crescere in quella retta conoscenza che è il presupposto fondamentale del suo
progresso culturale e civile.
Distinti saluti.
Agostino Garufi - Mestre
Una «smemoratezza» della mostra storica del Tricolore
» w
L'unità italiana fu fatta contro il papa
MARIO CIGHOMI
E in corso a Roma, negli immensi locali
del Vittoriano (Altare della Patria), la
mostra storica nazionale del Tricolore, la
bandiera d’Italia. La mostra illustra la storia
del tricolore dalle origini napoleoniche fino
alla prima guerra mondiale, accompagnata
da un sottofondo di musiche risorgimentali
e patriottiche. Sono essenzialmente evidenziate le battaglie nelle quali è sventolato il
tricolore, cioè tutte quelle .dell’unità d’Italia.
Come italiani non siamo nazionalisti, e
neanche io lo sono, però quando si parla di
Risorgimento e delle innumerevoli vittime
della prima guerra mondiale, quando immagino il tricolore italiano sventolare pelle
battaglie che ci harmo dato Tunità e l’indipendenza, mi sento coinvolto in modo particolare da quegli eventi che hanno dato riscatto e dignità al nostro paese.
Passeggiando e osservando la mostra ripasso tutte le battaglie del Risorgimento
dunque, dalle cinque giornate di Milano, alla
prima guerra di indipendenza, alla sconfitta
di Novara, alle gloriose repubbliche di Roma
e di Venezia (1849), alle vittorie sofferte di
Solferino e San Martino (1859), alla spedizione garibaldina nel Meridione (1860) e quelle
di Bezzecca e di Lissa della terza guerra di indipendenza (1866). C’è perfino un accenno a
Mentana (1867). Ci sono i garibaldini e
l’esercito regolare, le bandiere, alcuni documenti, le medaglie commemorative.
Cerco con lo sguardo ma non trovo, perché non ci sono, tra le centinaia di disegni, di
quadri, di documenti e di fotografie, le illustrazioni delle battaglie di Castelfidardo
(1860) e Porta Pia (1870); forse ve n’è traccia
anonima nel piccolo riquadro di un manife
sto riepilogativo. Strano, eppure il tricolore
sarà sventolato anche lì, non furono forse
parte fondamentale nella nostra storia? Strano, ma neanche tanto... evidentemente si
cancellano per dimenticare che il papa era
contrario all’unità d’Italia. Perché l’Italia, è
bene ricordarlo ogni tanto, è stata unita non
con il pontefice (e tanto meno dal pontefice),
bensì contro di lui. E ci sono state, nel Risorgimento, battaglie sanguinose con centinaia
di morti che sono caduti combattendo contro lo Stato pontificio. Non so quanti lo sappiano oggi, però che piaccia o meno l’Italia è
. nata così e almeno in sede storica il fatto dovrebbe essere pacifico.
La mostra armovera Pio IX tra i sostenitori
del tricolore nel 1848. Ma non si ricorda
neanche di sfuggita che Pio IX è stato favorevole alla libertà per due armi (1846-48) e
per trenta (1848-78) può essere annoverato
tra i papi più autoritari (basti pensare che fu
lui a proclamarsi «infallibile»), chiusi e repressivi della storia.
Sembra che una volontà oscura, e ad alto
livello in questo caso, cerchi di presentare
l’unità come frutto di un risveglio generale
di popoli, di stati e di sovrani a cui tutti hanno contribuito. Dopotutto nel 1929 fu abolita la festa nazionale del 20 settembre e si celebrò la messa a Porta Pia. Eppure in quelle
battaglie, come in tutte, qualcuno vinse e
qualcuno fu sconfitto. Vinse chi combatteva
per Tunità e Tindipendenza. Che dopo 130140 anni lo si possa affermare e riconoscere
alla luce del sole, serenamente, per amore
della verità: il papa e la Chiesa cattolica allora erano dall’altra parte; il pontefice non fu
un elemento di unificazione e di libertà, ma
di divisione e di repressione.., e fu sconfitto
a Castelfidardo e a Porta Pia.
Preghiamo i lettori di scriverci lettere di 15-20 righe
dattiloscritte. Grazie
L Gli elementi
della Santa Cena
Siamo stati informati dalla
stampa che, secondo una recente disposizione, anche le
ostie che i sacerdoti della
Chiesa romana usano nella
celebrazione della messa
hanno una scadenza come
tutti i generi e le sostanze alimentari. Naturalmente la notizia ha suscitato reazioni,
proteste, ma non sappiamo
se abbia provocato riflessioni, approfondimento della
verità evangelica, crisi religiose. Non mi pare che sulla
stampa sia stato fatto cenno
della dottrina che le nostre
chiese evangeliche professano sulla Santa Cena, dato che
nella cultura del nostro paese
non c’è posto né per i protestanti né per quello che essi
credono.
Si sa che la Riforma protestante contestò non solo la
dottrina della transustanziazione degli elementi del pane
e del vino in corpo, anima e
divinità di nostro Signore
Gesù Cristo, ma anche la legittimità della celebrazione
della messa, nella quale Cristo è sacrificato a Dio per i
peccati dei vivi e dei morti,
considerata assolutamente
antievangelica. Questa dottrina cattolica infatti risulta
estranea alla chiesa dei primi
quattro secoli. Ma quando le
masse pagane affluirono nella chiesa intesero in modo
materialistico le parole di
Gesù: «In verità, in verità vi
dico che se non mangiate la
carne del Figlio dell’uomo e
non bevete il suo sangue,
non avete vita in voi» (Giovanni 6, 53). La stessa interpretazione, nel momento
stesso in cui Gesù aveva pronunziato queste parole, avevano dato i suoi contemporanei, tanto che egli aveva
dovuto aggiungere: «È lo Spirito che vivifica; la carne non
è di alcuna utilità; le parole
La Foresteria valdese di
Torre Pellice comunica il
proprio nuovo numero di fax:
0121-950049. Rimane invariato il numero di telefono:
0121-91801.
che vi ho detto sono spirito e
vita» (Giovanni 6,63).
È stato giustamente rilevato che per comprendere il fenomeno del cattolicesimo bisogna tener conto che molte
superstizioni popolari si radicarono storicamente a tal
punto da doverle accogliere e
legittimare con argomentazioni che non trovano fondamento e giustificazione nella
Sacra Scrittura. Anzi, con il
tempo, hanno acquistato un
valore religioso e dogmatico
poi divenuto definitivo. Così
è stato per la messa e l’eucarestia, che sono il cuore stesso dei cattolicesimo romano.
Il Cristo rinchiuso nelTostensorio, l’adorazione delTostia:
«T’adoriamo, ostia divina», la
festa del Corpus Domini rappresentano tradizioni, credenze, solennità di prima
grandezza della religione cattolica. Naturalmente tutte
queste credenze e dottrine
sono state puntellate da elucubrazioni teologiche, ma
anche da prodigiosi miracoli
come per esempio quello di
Bolsena in cui si racconta di
un prete che si convinse della
verità della dottrina della
transustanziazione quando
vide sanguinare l’ostia che
aveva spezzato.
Per concludere, non mi
sembra fuor di luogo ricordare che, come dicono le più
antiche confessioni di fede,
«Il sacramento della Cena del
Signore non è stato istituito
da Cristo per essere conservato, portato in processione,
elevato e adorato», e che, come dice Calvino, «quando riceviamo il sacramento nella
fede (...) siamo resi partecipi
della sostanza del corpo e del
sangue di Gesù Cristo, ma
che dobbiamo evitare ogni
interpretazione carnale e perciò innalzare i nostri cuori
verso il cielo e non pensare
che il Signore sia degradato al
punto di essere rinchiuso in
elementi corruttibili». Non mi
resta che esprimere Tauspicio
che non solo le ostie dell’ostensorio abbiano una scadenza, ma anche quelle dottrine che non hanno alcun
fondamento nella Bibbia.
Pietro Valdo Panascia
Palermo
RINGRAZIAMENTO
«Chi ama rifiuta l’ingiustizia,
la verità è la sua gioia»
I Corinzi 13, 6
La famiglia di
Monica Castillo Sibille
esprime la propria gratitudine a
coloro che le sono stati vicini in
questa triste circostanza.
Un grazie particolare a chi si è
prodigato nell'opera di soccorso,
volontari della Croce Verde di Bricherasio e personale dell’Elisoccorso.
Torre Pellice, 21 marzo 1998
RINGRAZIAMENTO
«Fattosi sera, Gesù disse:
“Passiamo all’altra riva’’»
Marco 4, 35
I familiari del caro
Giulio Tron
commossi e riconoscenti, ringraziano di cuore tutti coloro che durante i mesi della sua sofferenza,
e in questa triste circostanza, sono stati loro vicino con scritti, fiori, parole di conforto, presenza e
opere di bene.
Un ringraziamento particolare
alla dott.ssa Taraselo, al dott. Camana, al personale del Servizio
domiciliare dell’Aus 10 di Perosa
Argentina e alla pastora Lucilla
Peyrot.
Borgata Gardiola di Frali
21 marzo 1998
RINGRAZIAMENTO
«J’ai combattu le bon
combat, j’ai achevé
la course, j’ai gardé la foi»
2Tim. 4, 7
I familiari della compianta
Yvonne Michelin
Salomon Gay
di anni 90
commossi e riconoscenti, ringraziano di cuore tutti coloro che con
presenza, scritti e parole di conforto hanno preso parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare
al personale medico e paramedico del Rifugio Re Carlo Alberto di
Luserna San Giovanni e al pastore Claudio Pasquet.
Luserna San Giovanni
27 marzo 1998
Per la pubblicità su
tei. 011-655278
fax 011-657542
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PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 27 MARZO 19qs
Impressioni di viaggio nell'Argentina di fine secolo - 5
Il volto di un paese stravolto dal governo corrotto di Menem
ADRIANO BOANO
UNO spirito si aggira per
TArgentina; non è la decadenza, ma di questa mantiene la stessa patina di melanconia. È il medesimo stato
d’animo che profuma taluni
quartieri di Dublino. Le due
sponde dell’Atlantico nei loro
approdi più mitici appaiono
orfane della stessa frontiera,
che sembrava promettere in
entrambe le direzioni libertà
dalla miseria e sviluppi culturali originali all’inizio del secolo, mentre il disinganno ha
lasciato in eredità la zavorra
del provincialismo, che Joyce
e Soriano non smisero di dileggiare e che Solanas individuò nell’omaggio al neocolonialismo statunitense ed europeo da parte degli intellettuali in La bora de los hornos
(1968); a questi zerbini dei
gringos il regista contrapponeva un’identità nazionale
poggiante sul riconoscimento dello sterminio degli indios e dei gauchos, considerati barbarie. In nome della
stessa identità sudamericana
Solanas realizzò El Viaje nel
1993, una satira feroce del
governo Menem.
I due temi sono legati: nonostante l’efficace scolarizzazione di massa in un territorio così esteso e spopolato,
che prevede scuole dotate di
letti per le notti di tregenda
nel Chaco per gli scolari che
abitano a 30 km di distanza,
trasporti semigratuiti nell’
estate patagonica per gli studenti, e benché le Università
garantiscano una ottima preparazione, la causa della progressiva emarginazione culturale è dovuta probabilmente alla brutalità censoria dei
generali golpisti e alla sudditanza agli Usa. Il corrotto governo di Menem (el turco hijo
de puta) sta stravolgendo il
volto del paese con ritmi incalzanti per conto degli organismi di controllo internazio
Due indios andine a Tucuman
nali; escludendo i beni di prima necessità (affitti e cibo),
tutto il resto risulta carissimo: sanità pubblica e cultura
inesistenti. Gli enti mutualistici privati giungono a pubblicizzare concorsi per settimane di vacanza in palio tra
coloro cbe si associano a
prezzi stratosferici (Schweiz
Mutual, il capitale è straniero
anche per questo business,
pubblicizzato presso un target medio-alto sul carissimo
e scadente Buquebus, traghetto di collegamento con
Montevideo); 7 dollari un in
gresso al cinema, prezzi italiani per i libri e i cd. Fuori
della portata dei salari medi
locali (un operaio guadagna
mensilmente 600 dollari, un
impiegato circa 800 e un ingegnere 1000, un pensionato
non è autonomo con i 120
dollari della previdenza di un
paese privo di qualunque copertura), ma caro anche per
un occidentale, che si trovi a
dover affrontare la carenza di
mezzi di trasporto forniti a
prezzi proibitivi (compagnie
aeree private in mano a sostenitori del Presidente, dota
te di quadrimotori da film:
autentiche carrette volanti) e
i balzelli medievali imposti
dalle ditte privatizzate, addirittura sui nastri di scarso
asfalto in mano a centri di
potere come quello di Macri,
vicino a Menem adesso (come prima era solidale con
Alfonsin e in precedenza colluso coni militari).
Dopo aver alienato le enormi estancias patagoniche, i
giacimenti, le aziende energetiche, lo stato ha addirittura svenduto le strade, subito
costellate di caselli di pedaggio dai privati: lo scandalo in
questo caso è l’assenza di alternative. Infatti esistono piste per auto, in particolare
nel Nord e nel profondo Sud,
talvolta asfaltate, non sempre
dotate di due corsie, che rappresentano l’unica via di comunicazione tra due città capoluogo di provincia, e sono
a pagamento! Il disprezzo per
la libertà di movimento di un
popolo vessato dai bassi salari della globalizzazione (la
Fiat ha dimezzato il compenso medio, minacciando di ritirare la sua presenza, spostandosi in Brasile e subito le
altre multinazionali si sono
accodate) è tale che la disobbedienza civile si esprime
con il rifiuto di fermarsi ai caselli di quelle strade: ed i giovani esattori quasi mai denunciano il fatto.
Il monopolio privato ha
imposto una frenesia e una
cupidigia più accentuate che
altrove: qualsiasi minima richiesta produce uno scatto
nella tariffa; la gente non è
ancora del tutto trasformata
in robot dediti alla accumulazione di denaro, come dimostra la solidarietà dei casellanti, ma il tentativo di normalizzarla, conglobandola
nel peggiore standard nordamericano è forte. È come vivere costantemente vincolati
ad un tassametro.
(continua)
Di fronte a un raduno di evangelici
Mandela chiede aiuto alle
chiese contro la corruzione
Il presidente Nelson Mandela ha lanciato un appello
alle chiese sudafricane affinché lo aiutino a combattere
la corruzione che sta dilagando nel paese dove, ha detto,
certi membri della nuova
amministrazione sono altrettanto corrotti dei funzionari
del vecchio governo dell’apartheid ai quali sono subentrati. Rivolgendosi il 2 marzo
scorso ai 2.000 rappresentanti evangelici di oltre 52 paesi
che partecipavano al raduno
della comunità internazionale delle chiese cristiane, il capo dello stato ha affermato:
«Quando siamo arrivati al potere (nel 1994), volevamo
un’amministrazione onesta
ma, dopo quattro anni, le
donne e gli uomini che abbiamo nominato sono diventati
altrettanto corrotti di quelli
che volevamo espellere dai
servizi dello stato».
Il 4 marzo una rete televisiva sudafricana ha rivelato
una truffa di 300 milioni di
rand (circa 60 milioni di dollari) all’interno del governo
della provincia del NordTransvaal. Si tratta di pagamenti di merci non fornite, di
tangenti, di furti di assegni
delle pensioni. Il solo Dipartimento delle dogane e delle
tasse ha perso oltre 172 milioni di rand (35 milioni di
dollari). In quella provincia,
la polizia antiffodi ha ritrovato otto veicoli che erano stati
rubati dai membri dell’unità
incaricata di indagare su quei
furti. Secondo il giornale indipendente African Eye News
Service, un portavoce della
polizia ha rivelato che i poliziotti avevano rubato i veicoli
nei locali della polizia per rivenderli poi ad altre persone.
Il 24 febbraio scorso, il giudice Willem Heath, direttore
del servizio governativo appositamente creato per lotta
re contro la corruzione, la
frode e la cattiva amministrazione dei beni dello stato e
dei fondi pubblici, ha annuj.
ciato che erano stati scoperti
834 casi per un ammontare
complessivo di 9,17 miliardi
di rand (1,87 miliardo di dollari). Il giudice Heath ha precisato che stava indagando
su affari risalenti al 1976,
quand’era ancora In carica il
governo minoritario bianco,
La corruzione sta dilagando
in Sud Africa, ha lamentato
Heath: «Voi ignorate la sua
estensione, i politici non la
conoscono, e noi stiamo appena scoprendo la parte visibile dell’iceberg».
Nelson Mandela ha lanciato un vero e proprio appello
ai membri della comunità internazionale delle chiese cristiane: «Abbiamo bisogno
del vostro aiuto per realizzare i nostri programmi e per
fare calare il tasso inaccettabile del crimine nel nostro
paese. Le chiese e altre organizzazioni religiose in particolare hanno un ruolo vitale
da giocare». «Senza il sostegno spirituale, le preghiere,
le risorse e i consigli delle
chiese, la lotta per la liberazione del Sud Africa non
avrebbe avuto una tale forza
- ha detto ancora Mandela-.
La ricostruzione e lo sviluppo del paese ci pongono di
fronte a sfide ancora più
grandi, e il nostro paese conta sugli ambienti religiosi per
aiutarlo a spuntarla». La fibra
morale dei sudafricani è stata consumata da anni «di regime immorale e illegittimo e
da decenni di divisione e di
conflitto. Questa è una delle
nostre più grandi sfide, perché la nostra nuova società
potrà prosperare solo se sarà
costruita su fondamenta morali solidi», ha concluso il
presidente Mandela. (eni)
Forti preoccupazioni del Consiglio delle chiese
Zimbabwe: la situazione resta molto tesa
Per il Consiglio delle chiese dello Zimbabwe, che nel
prossimo dicembre accoglierà l’VIII Assemblea del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), l’ondata di manifestazioni che sta scuotendo il paese, in particolare ad
Harare, a causa del deterioramento della situazione economica, è diventata una fonte di preoccupazione.
Il 2 marzo, nel corso di una
riunione di rappresentanti
della società civile e del governo, il segretario generale
del Consiglio delle chiese dello Zimbabwe, Densen Mafinyane, ha dichiarato che i
disordini turbano «gravemente» i preparativi dell’Assemblea del Cec, in particolare le disposizioni riguardanti
l’alloggio, i pasti, la sicurezza,
le telecomunicazioni e i servizi bancari. Si è però detto
fiducioso che il paese ritroverà la calma entro dicembre
se il governo accetterà di dialogare con i manifestanti.
«Quello che tutti vogliono, è
che il governo sia all’ascolto
delle loro richieste - ha detto
Mafinyane -. Sono certo che,
attraverso il dialogo, potrà
essere trovata una soluzione
in via amichevole. I problemi
non sono di natura politica,
per cui sono abbastanza facili
da risolvere». D’altra parte,
ba aggiunto, nonostante i recenti disordini, Harare rimane una città sicura.
Il 3 marzo, quasi tutti i centri urbani sono rimasti deserti: gli operai e gli impiegati
hanno seguito la raccomandazione della Confederazio
II presidente dello Zimbabwe,
Robert Mugabe
ne dei sindacati dello Zimbabwe (Zctu) di rimanere a
casa per due giorni per protestare contro l’aumento delle
tasse e dei prodotti alimentari di base. Ad Harare, meno
del 40% si è recato al lavoro.
Gli altri hanno scelto di ignorare l’appello a non fare sciopero, lanciato all’ultimo minuto dal governo. Molti uffici, banche e supermercati sono rimasti chiusi.
All’inizio dell’anno, la Zctu
aveva chiesto al governo di
abolire entro il 27 febbraio
l’aumento del 2,5% dell’lva,
in vigore da dicembre, nonché la tassa imposta a tutti i
lavoratori nell’aprile 1995 per
compensare gli effetti della
siccità. La Zctu aveva promesso di agire se il governo
non avesse accolto tali richieste. Questo sciopero generale
di due giorni ha fatto seguito
alle violenze del gennaio
scorso e alle scene di saccheggio che avevano causato
danni ammontanti a diversi
milioni di dollari. Quattro
persone erano state uccise
durante gli scontri che erano
scoppiati ad Harare e che si
erano propagati ad altre città, dopo l’annuncio dell’aumento di oltre il 50% del
prezzo dei prodotti di base. A
differenza dei disordini dello
scorso gennaio, questo sciopero si è svolto nella calma.
Per via dell’agitazione sociale
che imperversa nel paese,
l’Organizzazione dell’unità
africana (Oua) ha annullato il
suo progetto di tenere ad Harare una riunione di alto livello sul mantenimento della
pace, dopo 1 timori espressi
da alcuni leader africani riguardanti le condizioni di sicurezza dell’incontro.
Secondo fonti giornalistiche un’altra organizzazione,
la International Policy Council on Agriculture/Ips (Consiglio di politica internazionale
sull’agricoltura), con sede a
Washington, ha anch’essa
annullato una grande conferenza ad Harare sugli effetti
della mondializzazione sull’agricoltura. La riunione,
prevista per aprile, avrebbe
portato ad Harare oltre 150
esperti. «Gli ultimi scioperi e
l’agitazione sociale hanno
dato un’immagine di instabilità politica preoccupante per
gli organizzatori e i partecipanti alla riunione», ha spiegato il direttore esecutivo
deirips, Peter Lacy.
La Comunità evangelica
dello Zimbabwe, che riunisce più di due milioni di cristiani di 160 chiese e organizzazioni, ha condannato lo
sciopero. (eni)
Una nuova legge impone lo spagnolo in tutte le scuole
Argentina: una piccola colonia mennonita
non vuole rinunciare al proprio modo di vita
Temendo di dover rinunciare al suo modo di vita, una
piccola colonia mennonita
dell’Argentina ha avviato negoziati con le autorità a proposito di una nuova legge
sulTinsegnamento. La comunità mennonita di Guatrache,
nella Pampa, a 1.000 km dalla
capitale argentina, teme infatti che questa nuova legge
costringa i bambini a seguire
lezioni in spagnolo e non in
tedesco che è la lingua delle
nove scuole gestite dalla colonia. La colonia, che conta
1.300 abitanti, è stata fondata
nel 1985 da mennoniti giunti
dal Nord America per trovare
nuove terre. La storia dei
mennoniti risale al XVI secolo e a Menno Simons, riformatore olandese, che si è impegnato a condurre una vita
nonviolenta, rifiutando tra
l’altro di portare armi e di occupare funzioni pubbliche.
Gli abitanti di questa colonia, che parlano un dialetto
tedesco e un po’ di spagnolo,
hanno un modo di vita austero, fanno poche concessioni
alla modernità e danno grande importanza alle pratiche
religiose e alla vita familiare.
La nuova legge sull’insegnamento introduce un programma comune per tutte le
scuole del paese. Tuttavia il
programma della scuola
mennonita, interamente in
tedesco, è fondato sulla traduzione della Bibbia di Martin Lutero e non è praticamente cambiato da 400 anni
a questa parte. La legge è stata approvata dal Congresso
nazionale argentino nel 1995,
ma le province sono state autorizzate ad introdurre i cambiamenti poco alla volta.
Dei rappresentanti della
colonia mennonita hanno
accettato, d’intesa con le autorità della provincia della
Pampa, di incontrare rappresentanti del governo per cercare di risolvere questo problema, ma secondo alcuni
giornali i mennoniti avrebbero dato il loro accordo con
I mennoniti traggono il loro nome da Menno Simons, riformatore olandese del XVI secolo
una certa reticenza. Secondo
Juan Guttierez, pastore mennonita di Buenos Aires e rappresentante della Chiesa
mennonita d’Argentina ai negoziati che hanno consentito
di organizzare quell’incontro,
anche se hanno accettato di
partecipare ai colloqui, i
mennoniti di Guatrache ritengono che l’educazione data ai loro figli sia sufficiente.
«Non vogliono perdere la loro identità, né essere raggiunti dal consumismo. Sono
pronti a difendere il loro modo di vita», ha detto Guttierez
all’agenzia Eni, aggiungendo
che essi credevano fermamente nel loro «diritto alla libertà di coscienza».
«I mennoniti della Pampa
hanno ricevuto lettere di appoggio da ogni parte - ha fatto osservare il pastore Guttierez -. Ma non vogliono fata
storie e preferiscono tenere
un basso profilo affinché i n^'
goziati procedano senza im
terventl esterni». Molti agricoltori della zona hanno dato
il loro appoggio ai mennonitt
«Sono onesti e molto discip'i'
nati; i loro figli hanno ottime
maniere e si comportano bene, e sappiamo che questo tipo di educazione comincia a
scuola», ha detto uno di loro«Che cosa insegneremo loro '
si interroga un altro -. Da loro non c’è prostituzione, n
ragazze-madri né problemi oi
droga. E mantengono la P®'
rola data. Cosa che noi non
facciamo».