1
ECO
DELLE YAUJ VALDESI
biblioteca valdese
10066 TOrÌRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Nnm. 43 ABBONAMENTI ^ L. 4.000 per l’interno 1 Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELUCE 2 Novembre 1973
Una copia Lire 100 Í L. 5.000 per l’estero ! , Cambio .tìi indirizzo Lire 100 1 .Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre PeUice - c.c.p. 2/33094
RICORDANDO IL 31 OTTOBRE 1517
Appello del C.E.C.
La riforma della Chiesa, oggi per i rifueietl politici in Cile
il termine « riforma » in qualunque
contesto lo si adoperi — religioso o
politico — è oggi alquanto svalutato e
screditato, tanto che c’è da chiedersi
se convenga ancora servirsene. Le istituzioni politiche e religiose l’anno, per
così dire, addomesticato e snaturato,
rendendolo, in pratica, sinonimo di
« riformismo ». Il riformismo, come è
noto, ha l’apparenza della riforma ma
non la sostanza. Accade così che oggi
sono le istituzioni conservatrici che
parlano più volentieri di riforme e assistiamo al paradosso che non di rado
le cosiddette « riforme » servono al
consolidamento anziché alla modifica
dello statu quo.
Così un discorso di riforma, anche
di riforma della chiesa, viene oggi generalmente — e comprensibilmente —
accolto con un certo scetticismo. Di riforma della chiesa si parla da oltre
mezzo secolo, cioè dagli inizi del movimento ecumenico, sorto appunto come
movimento di riforma della chiesa prima ancora che come movimento di ricomposizione della sua unità. Ma il timore diffuso è che proprio là dove più
si parla di riforme, è dove le cose cambiano meno.
Con il concilio Vaticano II anche la
chiesa cattolica romana, ^ dopo oltre
quattro secoli di contro-riforma sistematica, è giunta a dichiarare, nel decreto conciliare suH’ecumenismo, che
la chiesa è chiamata da Cristo a una
« continua riforma, di cui in quanto
istituzione umana e terrena ha sempre
bisogno ». Senonché il pontefice romano aveva in precedenza precisato che
questa riforma « non può riguardare
né la concezione essenziale, né la strutture fondamentali della Chiesa cattolica. La parola ’’riforma" sarebbe male
usata se in tale senso fosse da noi impiegata y>. Queste precisazioni-del pontefice romano costituiscono una puntuale conferma del fenomeno appena
rilevato, e cioè l’avvenuto svuotamento
e snaturamento del termine «riforma»
che — se ci dovessimo attenere all’interpretazione di Paolo VI — serve ormai a indicare il suo contrario! Anziché essere un movimento dello Spirito
che ci afferra e quasi nostro malgrado
ci porta là dove non pensavamo o non
volevamo andare (come Abramo « partì senza sapere dove andava »), la « riforma » diventa un’operazione programmata e tenuta sotto controllo, di
cui si sa in anticipo quel che potrà e
quel che non potrà essere, di cui si sono già calcolati tutti i possibili sviluppi e di cui si sono segnati rigorosamente i limiti. Anziché essere un’avventuradella fede e della speranza è poco più
che un’opera di nazionalizzazione ecclesiastica.
Perciò, se si vuole ancora o di nuovo
parlare di « riforma » e di « riforma
della chiesa » occorre anzitutto riscattare questa nozione dell’appiattimento
che essa ha subito e restituirle la sua
integrità, la sua forza, il suo mordente evangelico. Per questo non c’è di meglio da fare che richiamare alla memoria quello che fu e resta il più grande
modello di riforma della chiesa sin
qui realizzato: quello del 16° secolo. Allora « riforma » non significò quello
che grosso modo significa oggi: un « riformismo » più o meno energico e più
o meno efficace, ma significò, per molti
aspetti se pure non per tutti, quello
che noi oggi chiameremmo « rivoluzione ».
In generale per rivoluzione si intende un sovvertimento dei rapporti sociali esistenti per creare un nuovo ordine. Ma mentre non è necessario, perché si possa parlare di rivoluzione, che
ricorrano tutte le caratteristiche principali di un movimento rivoluzionario
(improvvisa violazione della legalità,
presa di potere da parte di una classeguida, mutamento delle condizioni economiche e culturali), è però indispmsabile che la rivoluzione comporti un
reale cambiamento. Se la caratteristica
essenziale di un evento rivoluzionario
è di cambiare profondamente la situazione, allora la Riforma del 16° secolo,
nell’ambito e nei limiti che le sono propri, può e deve essere considerata una
rivoluzione. Lo stesso Marx, al_ quale
non mancava un certo discernimento
per individuare i momenti veramente
rivoluzionari della storia umana, avvertì che la Riforma protestante era
stata una rivoluzione, anche se, secondo lui, solamente teorica. « D passato
rivoluzionario della Germania *
scrive — è teorico: è la Rifornia. .Allora la rivoluzione ebbe inizio nella testa
di un monaco, oggi in quella di un filosofo ».
La Riforma non solo ha comportato
« un reale cambiamento », ma il più
grande cambiamento avvenuto nel corso della storia della chiesa. Né prima
né dopo c’è più stato nulla di analogo.
La Riforma non è stato niente di meno
che una vera e propria rifondazione
della chiesa. Dell’intero edificio ecclesiastico medioevale la Riforma non ha
lasciato pietra sopra pietra. Tutto è
cambiato: la dottrina e la vita, la chiesa e la città. La chiesa, specialmente,
è cambiata sia nella sua fisionomia generale che nei suoi aspetti particolari:
è cambiata la sua organizzazione interna, sono cambiati i rapporti tra i credenti, la comprensione e l’articolazione dei suoi ministeri, il culto e la pietà,
la posizione e missione della società.
Ed è cambiata, in profondità, la comprensione e la predicazione dell’Evangelo. E tutto è stato effettivamente
ri-formato, cioè non solo modificato
ma trasformato, ri-fondato, ri-plasmato, ri-creato. Cosicché nulla è rimasto
come prima.
La Riforma ha dunque dato vita a
un nuovo tipo di chiesa rispetto a quella tradizionale ed ha forgiato un nuovo
tipo di credente.
Che la Riforma debba essere intesa
così — non come un’operazione che
oggi chiameremmo riformistica ma come un’operazione, ben più radicale e
globale (più radicale perché scende fino alle radici del problema'cristiano e
pone un nuovo fondamento alla fede e
alla speranza della chiesa; e globale,
perché investe tutti gli aspetti della
sua vita e della sua testimonianza),
quindi come una sua vera rifondazione
e riedificazione — appare chiaramente
da queste parole giustamente famose
di Calvino, in una sua lettera all’imperatore Carlo V del 1543:
« La riforma della chiesa è opera
di Dio, ed è altrettanto indipendente dalla speranza e dal pensiero dell'uomo quanto lo è la risurrezione
dei morti o un altro miracolo di
questa fatta. Sicché quanto alla possibilità di fare qualcosa a tale scopo, non bisogna attendere che si
manifesti la buona volontà della
gente o che mutmo le situazioni, ma
bisogna farsi strada attraverso la
disperazione... ».
Non nella disperazione ma attraverso
la disperazione. A:traverso e oltre la
disperazione circa !e nostre possibilità,
capacità e forze, n Ila speranza irriducibile circa le possibilità, la capacità e
le forze di Dio. P oprio perché la riforma della chiesa è in ultima analisi
opera di Dio e noij dell’uomo, e Dio è
colui che non met t ; la pezza nuova sul
Paolo Ricca
(continua a pag. 8)
Il nostro Fondo di solidarietà apre una sottoscrizione
Pubblichiamo qui sotto una corrispondenza del soepi relativa alla nuova
iniziativa del Consiglio ecumenico delle Chiese a favore dei rifugiati vittime
della tragica situazione cilena. È una iniziativa che ovviamente richiede anche
appropriati fondi in danaro e riteniamo senz’altro opportuna e doverosa — anche dietro sollecitazione di alcuni lettori — una partecipàzione del nostro Fondo.
Come i lettori più attenti ricorderanno, attualmente il fondo di solidarietà
era destinato in parte al programma di lotta al razzismo e in parte agli aiuti
al Vietnam, entrambi sotto l'egida del CEC. La consistenza odierna del fondo
ha raggiunto circa L. 900 mila, di cui 500 mila destinate al Vietnam. Mentre
pertanto provvediamo ad inviare aila Tavola il mezz.o milione per il Vietnam,
e mentre rimane sempre aperta la sottoscrizione per il progranima antirazzista,
apriamo ora una nuova sottoscrizione per i rifugiati politici in Cile, pregando
i lettori di inviare le loro offerte al conto corr. postale n. 2/39878 intestato a
" ■ ■ " ■' ■ 70, 10133 Torino, possibilmente specificando
Roberto Peyrot, corso Moncalieri
la causale (razzismo opp. Cile).
Ginevra — Secondo i servizi di soccorso del CEC, occorrerà un milione
di dollari per aiutare i circa 13 mila
rifugiati originari di diversi paesi dell’America latina a lasciare il Cile.
Durante una conferenza stampa tenuta il 16 ottobre scorso il pastore
T. Tschuy, dell’EPER (Entraide svizzera) che è stato inviato dal CEC in
Cile, ha dichiarato che era stato creato un Comitato nazionale per i rifugiati a Santiago, allo scopo- di facilitare le relative pratiche. Si tratta dell’unico organismo abilitato per aiutare i rifugiati a lasciare il paese.
Illlll!llllllllimilllll|ll||||||||||||||||lllll||l|lllll|inil||i|l||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||| :!|||IIIIII||I|||||||||||||||||||||||II|||||||||||||||||||||||||||||||||II||||||||||||I!|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
INAUGURATO A ROMA IL 119“ ANNO ACCADEMICO
DELLA FACOLTA’ VALDESE DI TEOLOGIA
La giustificazione
ha un significàto.
per fede
oggi ?
Nella sua prolusione, il prof. V. Subilla ha risposto a questo interrogativo chiedendo a sua volta:
fra la ricerca dell’uomo giusto, propria dell’interiorismo religioso, e la ricerca della società giusta,
propria dell’impegno nella prassi sociopolitica, il compito specifico dei testimoni cristiani non è
quello di indicare la giustizia di Dio e di sostenerla nel millenario processo, di dimensioni cosmiche,
al quale essa è sottoposta dagli uomini e del quale si sta, nella nostra generazione, dibattendo una
delle fasi più drammatiche? L’esigenza interiore e quella sociale non possono né devono essere alternative, la giustificazione dell’uomo e la giustificazione della società devono essere coordinate, ma
entrambe subordinate alla confessione della giustizia di Dio che le giudica, ridimensiona e orienta
Da vari anni l’aula magna della Facoltà Valdese di Teologia, a Roma,
non si riempiva com’è avvenuto la sera del 27 ottobre, per l’inaugurazione
del 119“ anno accademico, aoerto con
un breve culto dal Moderatore Aldo
Sbaffi, il quale ha letto una parte del
cap. 3 della Lettera agli Efesini.
Poi un pubblico disparato — studenti e professori, membri delle chiese
evangeliche cittadine, e parecchi ospiti, anche cattolici — ha ascoltato con
attenzione sostenuta la prolusione detta dal decano, prof. Vittorio Subbia,
docente di teologia sistematica. Egli
aveva scelto come tema « Il significato attuale della giustificazione per fede ». E il termine « attuale » ha avuto
tutta la sua pregnanza. Se infatti qualcuno era venuto con l’idea di ascoltare la trattazione ’scolastica’ di un tema classico e tradizionale della teologia protestante, si è presto trovato di
fronte a tutt’altro.
Se il messaggio della giustificazione
per fede è stato, da Lutero in poi, uno
dei perni della Riforma, luterana m
particolare, si può dire — ha constatato esordendo il prof. Subbia — che
esso urta, oggi, nello stesso protestantesimo, contro una profonda indifferenza, come indicano affermazioni impressionanti di due teologi luterani
quali Paul Tillich e Dietrich Bonhoeffer e come riconosce il documento finale della Conferenza luterana di Helsinki (1963) che dopo aver discusso
questo tema prende atto che l’uomo
di oggi non domanda più « Come posso trovare un Dio misericordioso? »
ma, tutt’al più, « Dove sei, Dio? ».
Che cosa c’è dietro questa eclissi di
Dio nell’uomo moderno? Bisogna dire,
in termini di Antico Testamento, che
non viviamo nel tempo gioioso in cui
Dio si fa trovare, bensì nel tempo triste nel quale Dio non può essere trovato? È forse più esatto dire che si
tratta di una crisi millenaria di stanchezza, di delusione e di rivolta per
una promessa non realizzata. In ambito cristiano, bene o male gli uomini
si sono sforzati di cercare la giustizia di Dio (Matteo 6), ma la giustizia
umana non è stata ’sopraggiunta’. E la
delusione si è rovesciata in rivolta,
giungendo a rifiutare, da Camus in
poi, l’ingiustizia che è alla radice del
messaggio cristiano, la croce. Là dove
non si è giunti a respingere il cristianesimo, si è andata sostituendo alla
teologia della salvezza per grazia e della giustificazione per fede, una teologia della liberazione: una teologia che
afferma una salvezza ’secolare’, nella
convinzione che la salvezza dev’essere
totale e che la giustificazione per fede
non può rimpiazzare la base materiale della vita: casa, cibo, condizioni di
lavoro umane, etc., una base tutt’altro
che garantita e spesso di fatto negata
a larghissimi settori umani. Sulla traccia del commento scritto da Marx su
una nota tesi di Ludwig Feuerbach, la
teologia nuova afferma e si propone
come scopo: basta interpretare, è tempo di trasformare! A ino’ di esempio il
prof. Subbia citava a questo punto un
documento sudamericano affermante
che Cristo è incarnato nel popolo,
oppresso e povero, e ci sfida e sollecita, oggi come allora:
contro di me!
o con me o
UN ATTO IMPERDONABILE
DI CRUMIRAGGIO SOCIALE?
In questo contesto, soffermarsi e
concentrarsi sulla giustificazione per
fede appare un atto imperdonabile di
crumiraggio sociale. 11 filosofo Martin
Buber ha detto: « Mi rifiuto di andare in giro con un’anima redenta in un
mondo irredento ». Molti vivono questo lifiuto, si sforzano o si propongono di vivere una solidarietà con il proletariato mondiale.
Che dire? Ha ragione J. Maritain —
fra molti altri — di parlare di apostasia dei cristiani, convertitisi da Dio al
mondo e ormai palesemente incapaci
di operare, essi, conversioni al Dio vivente; membri di una chiesa che ha
cessato di essere, con 1 Evangelo, una
punta di lancia nel corpo del mondo,
e che è invece vittima di una penetrazione massiccia del mondo in lei? Oppure, come affermano altri, ci troviamo alle soglie di un’epoca nuova, luminosa e appassionante, piena di aperture e promesse?
Entrambi gli interrogativi, per lo
più retorici e mancanti di sobrietà,
sono^ mal posti, ritiene V. Subbia; sono l’espressione di una umanità e di
una chiesa divisa fra i giusti di destra e i giusti di sinistra: ciascuna delle due parti è convinta, con intensità
manichea, di essere giustificata nelle
proprie rivendicazioni. « A costo di deludere gli uni e gli altri — afferma il
teologo — diremo che gli uni e gli altri hanno torto e hanno ragione, e che
gli uni hanno bisogno degli altri » perché sia conservato un equilibrio non
tattico ma vitale; infatti « che altro è
la storia, anche la storia della chiesa,
se non una millenaria altalena di squilibri?». Da un lato si è continuamente ripetuto lo squilibrio deH’interiorizzazione spiritualistica, deìVincurvatio
(ripiegamento) dell’uomo su di sé, sottile ma fatale manifestazione anche religiosa deH’amore di sé che si oppone
all’amore di Dio, contro la quale i Riforrnatori hanno protestato con molto rigore; e il ripiegamento pietista degli ultirni secoli porta una forte responsabilità nel distacco di masse
umane e nella progressiva secolarizzazione. Dall’altro, ha continuamente risposto lo squilibrio di un impegno nel
mondo che si traduceva in un asservimento alle ideologie dell’epoca via via
montanti. Riascoltando l’attualissimo
messaggio luterano della « libertà del
cristiano» (1520), occorre istituire e
mantenere una correlazione fra l’Evangelo della redenzione spirituale e
quello della redenzione sociale, e respingere la sempre risorgente tentazione umana di essere giustificati dalle proprie opere, siano esse religiosospirituali o politico-sociali.
Le due linee suaccennate si sono costantemente conteso il campo, con alterne vicende, nella storia della chie,sa. L’una, partendo dall’Epistola di
Giacomo, passando fra l’altro per il
monacheSimo medioevale, per l’umanesimo erasmiano, per il pietismo e il
’risveglio’, è stata alla ricerca delTtiOmo giusto: un interesse che pare oggi
largamente esaurito. L’altra, risalendo
fino al messianismo profetico e apocalittico d’Israele, passando per l’esperimento di comunità dei beni documentato dagli Atti apostolici, il fenomeno
cenobitico, la tradizione valdese, hussita, anabattista, varie correnti di mil
Gino Conte
(continua a pag. 7)
Il Comitato nazionale per i rifugiati,
che è stato creato dalle chiese del Cile, comprende membri della Chiesa luterana, di quella metodista, di quella
metodista-pentecostale, di quella cattolica e della commissione regionale
deb’UNELAM (Movimento per l’unità
evangelica in America latina). Da qui
fino a dicembre sarà necessario oltre
mezzo milione di dollari per coprire
le spese di vitto, alloggio e trasporto
verso altri paesi latino americani, e
questo solo in Cile.
Parallelamente, sono stati organizzati dei comitati in Perù ed in Argentina dove i rispettivi governi hanno accettato di accogliere dei rifugiati. Anche lì, questi comitati dovranno affrontare delle spese per ricevere i profughi e per provvedere alla loro sistemazione. Non si sa ancora quanti di
loro si stabiliranno in detti paesi e
quanti chiederanno di andare altrove.
Una équipe di tre persone sarà quanto prima inviata dal CEC in America
latina per coordinare gli sforzi delle
chiese e per aiutare i rifugiati. Esse
assicureranno il contatto fra i comitati sia in Cile che nelle nazioni ospitanti.
Nella su ricordata conferenza stampa il pastore Tschuy ha rilevato che,
per quanto concerne i diritti dell’uomo, si incontrano delle difficoltà, in
mòdo particolare per i cileni che desiderano abbandonare il paese. Ha
precisato che le Chiese cilene stavano
creando un comitato per i diritti deh
l’uomo allo scopo di occuparsi di
quei problemi, ed ha soggiunto: « attendiamo i loro rilievi e le loro richieste ».
Nel sottolineare l’urgenza della situazione, il responsabile dei soccorsi
del CEC, Stanley Mitton, ha confermato che il programma includeva anche
i diritti dell’uomo e che una prudente
valutazione delle necessità per condurre a termine il proprio impegno in
Cile, Perù e Argentina avrebbe superato i 900 mila dollari per un periodo di
sei mesi. Offerte di assistenza sono
già state inviate dal Consiglio australiano delle Chiese, dab’Entraide danese, dal Consiglio delle Chiese del Canadá, dalla Cimade, dal Diakonisches
Werk, dall’Entraide olandese, dal
Christian World Service della Nuova
Zelanda, dal Lutherhalpen svedese,
dall’Eper svizzera, dal Christian Aid
inglese e dal Church World Service degli Stati Uniti.
I diritti dell’uomo nell’URSS:
un convegno a Torino
Per una distensione
dai voitn umano
Senza far grande rumore e senza trovare molta eco, si è tenuta a Torino la
riunione del Comitato internazionale
per la difesa dei diritti dell’uomo nell’URSS, di cui è presidente onorario
il premio Nobel per la pace René Cassin. Essa si è conclusa il 22 ottobre con
una conferenza stampa, nella quale è
stata annunciata la prossima pubblicazione di tre ’’libri bianchi” sulla situazione dei diritti dell’uomo deb’URSS, e
SI è dato notizia di un appello al Congresso mondiale delle « forze della pace » (poi apertosi il 25 a Mosca), alla
Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione europea e all’opinione pubblica. la cui tesi fondamentale è questa:
« Non ci sarà in Europa una vera distensione fino a quando ai popoli dell’Est saranno rifiutate le libertà fondamentali garantite dalla Dichiarazione
universale sui diritti dell’uomo, che
l’URSS ha ratificato; il Comitato internazionale per la difesa dei diritti dell’uomo nell’URSS non dubita della sincerità di Leonid Breznev quando egli
s’impegna a favore della distensione, e
fcontìnua a pag. 8)
2
pag. 2
N. 43 — 2.novembre 1973
|?j|r..una nuova traduzione "version Segond
dei Nuòvo Testamento '
fi
Per quanto riguarda le traduzioni, si son fatti progessi più consistenti neH'area
profana che in quella religiosa - I recenti progetti di traduzioni bibliche centrano l’attenzione non più sul traduttore, ma sul lettore - Rispettare il lettore significa molto semplicemente non cambiargli la lingua
Negli ultimi anni il teologo non specialista ha visto il suo campo d’azione
tanto invaso da nuove esigenze, nuovi
termini e nuove ricerche da trovarsi
disorientato. Mi riferisco al campo
delle traduzioni, dove hanno preso piede aspetti del lavoro teologico generalmente trascurati sul piano della preparazione professionale. Si parla infab
ti di ermeneutica, filologia, linguistica,
semantica o semasiologia. È nata così
una scienza delle traduzioni che lascia
nell’ombra l’abitudine, presa nei nostri
licei, di ricercare un termine corrispondente italiano per ogni parola incontrata in un’altra lingua.
Chi, sul piano teologico, aveva salutato con sollievo l’avvento del « Grande Lessico del Nuovo Testamento »,
fondato da Gerhard Kittei, deve oggi
prendere atto della forte contestazione di tale ricerca. Se ne rifiuta l'angolatura filosofica soggiacente e la struttura portante prescientifica fino a giungere alla conclusione che la lessicografia del Kittei è totalmente errata h un
altro collasso della cultura tedesca.
Intanto diventa sempre più difficile
ricominciare ed anche tentare di prendere la parola al di là dei molti interrogativi sollevati dai critici.
Certamente per quanto riguarda le
traduzioni si son fatti progressi più
consistenti nell’area profana che in
quella religiosa. Un esperto areonautico di traduzioni ha espresso la sua insoddisfazione, nei confronti del nostro
modo di lavorare, osservando che, nel
suo campo, la necessità di capire i segnali senza ambiguità è questione quotidiana di vita o di morte. Noi siamo
carenti su questo punto.
Da qui l’avvio di nuove ricerche che
le Società Bibliche hanno intrapreso
sotto la guida e la spinta del Dr. Eugene A. Nida e dei suoi collaboratori.
I primi risultati di questi lavori sono confluiti nei recenti progetti di traduzione delle Sacre Scritture.
II Nuovo Testamento inglese, che è
stato il primo ad essere completato,
in questa prospettiva, ha già registrato
una vendita che supera 30.000.000 di
copie.
Cercheremo, quindi, insieme di rintracciare le linee fondamentali di questo nuovo discorso nel campo delle
traduzioni.
PENSARE
ALLA TRADUZIONE
IN UN MODO DIVERSO
Già in altri campi abbiamo sentito
parlare di rivoluzione copernicana per
indicare un salto qualitativo nella ricerca inforno ai problemi del nostro
tempo. Citiamo la pedagogia, che vede
il suo centro d’interesse spostato dal
rnaestro all’alunno e quello dell’ecumenismo, che lo vede definitivamente spostato dalla propria confessione religiosa al Cristo, Signore del mondo e della
Chiesa. Nel campo delle traduzioni si
rof. I
imn I
l^el numero scorso il prof
Bruno Corsani, che è uno
dei curatori della nuova traduzione della Bibbia (per ora, il
Nuovo Testamento) in italiano
corrente programmata dalla Società Biblica, ha situato questa
iniziativa nella riflessione deirS"
centenario valdese. Oggi il direttore della Libreria S. Scritture
inizia una serie di articoli sugli
scopi, criteri e caratteri di questa nuova traduzione, alla quale
molte delle nostre chiese hanno
dedicato o dedicheranno la loro
colletta in occasione del culto
della «Domenica della Riforma».
Siamo lieti di poter offrire ai nostri lettori queste notizie e questi spunti di riflessione.
vede maturare lo stesso processo che
centra l’attenzione non più sul traduttore, ma sul lettore. È questo uno degli aspetti più trascurati del passato.
Tradizionalmente l’impegno degli esperti era più una questione d’arte che
di scienza. Certamente anche l’arte ha
le sue regole, le sue eccezioni e le sue
difficoltà da superare, ma, nel campo
specifico della Bibbia, l’ultimo destinatario, il lettore, rimaneva pur sempre il grande dimenticato. Interrogandoci sulla bontà di una traduzione non
ci si chiedeva per chi fosse buona. Oggi è proprio quest’ultima preoccupazione che emerge in primo piano sì da
non poter più essere trascurata.
Un nuovo concetto di traduzione si
forma appunto attorno al tentativo di
trovare una risposta a favore del let
Leggendo
L’Evangelo
di Giovanni
L'acqua e la vita
Ci fu qualcuno che andò di giorno a cercare Gesù anzi che
fu trovata da lui; la Samaritana, la donna dai cinque mariti
(Giovanni 4). Essa era andata al pozzo come tutti i giorni, perché
tutti i giorni si ha bisogno dell'acqua: l'acqua si sa, è più necessaria del cibo, per vivere: per questo la Scrittura ne fa simbolo
della vita.
La donna era andata al pozzo per una faccenda comune, e
trovò una rivelazione eterna: era andata per le necessità della
vita temporale, e trovò, senza cercarla, la soluzione della vita
eterna.
Cinque volte aveva creduto di metterla a posto, la sua vita,
di sistemarla per sempre, ma nessuno dei suoi cinque mariti aveva potuto soddisfare a questo suo legittimo desiderio. Adesso
aveva rinunziato a cercare un legame stabile ed efficace, e si
accontentava di una relazione libera: aveva scelto la libertà. Ma
era una libertà umana, e quindi falsa ed insussistente; era peggiore che un legame imperfetto, che una soggezione tirannica;
ond'ella disperava ormai della vita, e forse aveva pensato di gettare sé stessa nel pozzo, invece della secchia.
Ma proprio quando aveva perso ogni speranza di avere la
vera vita, quando ormai si era persuasa che una vita perfetta non
può esistere, trovò, senz'aspettarsela, la vita eterna, trovò finalmente il marito vero.
* * ■#?
La storia della Samaritana interessa molto le donne, ed anche gli uomini che l'ascoltano. Ciò è naturale perché tutti ci riconosciamo il lei; la Samaritana è tutti noi, è il tipo dell'umanità
sviata fin dal principio, trascinata dietro ogni sorta di padrone,
perché non ha saputo e non sa aspettare il suo unico vero padrone, colui che, pur avendone tutti i diritti, non pretende neppure
al titolo di padrone, ma si accontenta di quello tanto più umile
di servo, e vuole stare accanto e dentro la sua sposa per comunicarle la vita e darle tutte le buone cose che la vera vita comprende.
Ma è occorso alla Samaritana giungere a provare il massimo
del disgusto per la vita che la sua città le aveva dato, e persuadersi pier amara esperienza che quell'acqua che ogni giorno doveva attingere con fatica non bastava a calmare la sua sete; ha
dovuto giungere alla più profonda disperazione, sentirsi perduta
per attaccarsi con tutte le sue forze rinnovate allo Sconosciuto
che aveva trovato un giorno proprio là dov'era abituata a cercare quell'acqua che non aveva mai potuto saziarla.
Cari amici, noi stiamo continuamente cercando quella vita
che sentiamo di dover ricevere. Sapremo noi finalmente discernere il Cristo in mezzo alle cose del mondo che non possono
saziarci?
Lino De Nicola
tore medio. Il problema è tanto più
urgente'quanto più pressante si fa la
constatazione che oggi si legge poco,
oltre le esigenze del proprio lavoro.
V’è una forte inclinazione a preferire
l’immagine e si comincia a parlare di
una civiltà post-alfabetica. Il gergo degli esperti diventa sempre più incomprensibile alle masse. Si deve poter
concludere che se l’uomo del nostro
tempo capisce male una traduzione significa che il traduttore ha svolto male il suo compito, perché è ormai un
dato acquisito che ogni idea ,espressa
in una lingua, può essere espressa in
un’altra a patto che se ne rispetti la
genialità.
Evidenteniente le difficoltà non si
superano d’incanto. Basti pensare che
è spesso impossibile ricoprire in lingue
diverse la stessa area di significato di
certi termini l
Si può, tuttavia, conservare il senso
di una frase se si accetta di cambiarne la forma, secondo le esigenze della
lingua del lettore, senza cedere alla
tentazione di alterarne l’evoluzione naturale. Rispettare il lettore significa
molto semplicemente non cambiargli
la sua lingua.
Facciamo alcuni esempi;
a) Romani 12:i 20; « tu raunerai
dei carboni accesi”' sul suo capo ». In
questo caso voler , mantenere la forma
significa esporsi a' grossi malintesi.
Per alcune tribù africane queste parole erano ricevute l’ordine biblico
di torturare^ GOnSjiei carboni, accesi
sul capo, quelle persone che in vario
modo perseguitavano o angariavano, la
vita dei credenti. Il senso dell’esortazione paolina è ben altro! Bisogna saperlo cogliere ed esprimere in buon
linguaggio corrente,
b) Romani 1; l7; «...il giusto vivrà per fede ». Il teì'mine fede non indica una qualità morale di cui dispone
il cristiano per pré^entarsi davanti a
Dio. È Dio che rende giusti, perciò,
nella traduzione, dev’essere evidente
che si tratta del suo agire.
c) Marco 1; 4; « battesimo di ravvedimento ». L’espfessione è oscura. In
questo caso è nieglio servirsi dei verbi anziché dei nomi per renderne esplicito il senso. La Bibbia stessa ci aiuta
a risolvere queste difficoltà. Per esempio in Atti 2; 38 leggiamo; « Ravvedetevi e ciascun di voi sia battezzato ».
Come si vede, la preoccupazione essenziale del traduttore non dev’essere
quella di trasmettere la stessa forma,
ma piuttosto quella di suscitare nel
lettore d’oggi la medesima comprensione degli uditori di un tempo.
Per raggiungere questo scopo è urgente cambiare atteggiamento verso le
lingue originali. L’ebraico e il greco
della Bibbia non sono lingue sacre,
ma semplicemente lingue. Hanno i loro limiti, le loro ambiguità e la loro
storia.
Solo nei quattro evangeli sono state
calcolate 700 ambiguità. In questi casi è bene decidersi per il senso ritenuto più valido e semmai porre gli
altri in una nota esplicativa. Sarebbe
pure un^ errore voler tentare di ricostruire l’aramaico, usato dai personaggi biblici, addentrandosi senza fine in
una continua contrapposizione di congetture.
È più saggio chiedersi che cosa l’autore volesse dire, in greco, visto che
il suo scopo era quello di farsi capire.
Infine è buona regola rispettare l’autore e il suo ambiente anziché imporre
loro la nostra configurazione.
Renzo Bertalot
^ Grande Lessico del Nuovo Testamento,
Paideia, Brescia; James Bare : Semantica del
linguaggio biblico. Il Mulino, Bologna, 1968;
Charles R. Taber et Eugene A. Nida: La
Traduction: théorie et méthode; Alleanza Biblica Universale, Londra, 1971.
^ Ricordiamo i termini : logos, pneuma,
soma e sarx.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Una versione comune
della Bibbia in giapponese
Un gruppo di studiosi cattolici e protestanti è impegnato nella realizzazione di una versione comune della Bibbia in lingua giapponese. L’équipe è composta da 39 specialisti,
di cui 11 cattolici e 28 protestanti, ed è guidata da due co-presidenti : il vescovo di Nagoya mons. Aloysius Soma, e il presidente del
consiglio amministrativo della Società Biblica
giapponese dottor Chitose Kishi. Essa è suddivisa in due sottogruppi, ai quali è affidata
rispettivamente la traduzione deirAnlico e
Nuovo Testamento. L’intera équipe si riunisce
periodicamente in assemblee plenarie ed incontri di gruppo per fare il punto dei lavori e
svolgere un approfondito scambio di vedute.
Il progetto ecumenico prevede il completamento della traduzione in giapponese del Nuovo Testamento fra 3 anni e dell’Antico Testamento fra 7 anni.
a cent ans
Généralement, dans les temples de
nos Vallées la table de la Sainte-Cène,
au pied de la chaire, est surmontée
d’un lutrin où est ouverte une Bible
rponumentale. On conserve ainsi parfois de véritables chefs-d’œuvre de
l’art typographique, et l’on peut se dernander aujourd’hui pourquoi ces éditions ancestrales étaient en si gros caractères. Pour le comprendre, il suffit de penser que les moyens d’éclairage étaient encore primitifs, et que
l’emploi des lunettes était bien moins
répandu que depuis quelques dizaines
d’années à peine. Cela ne dépendait
pas nécessairement de raisons économiques; les « nouveautés » ont toujours eu la marche difficile.
Les précieuses Bibles en question,
dont la solennité pondérale dérivait
d’une simple utilité pratique, remontent souvent au XVIIIe siècle, et la
traduction en français se doit ’ à J.-F.
Ostervald (elle fut imprimée la première fois à Amsterdam en 1724).
Nous ne nous proposons pas, ici, de
tracer un historique des nombreuses
^aductions françaises des Saintes
Ecritures, quelque intéressant que cela puisse s’annoncer. Dans les pays où
I on parle cette langue, une autre version protestante est très répandue encore aujourd’hui, et c’est celle de
Louis Segond.
Un « Avant-propos du traducteur »
placé en tête de la première édition
de l’Ancien Testament porte la date
du 31 octobre 1873, il y a tout juste
cent ans. Il ne s’agit certes pas là
dune pure coïncidence; c’est l’anniversaire du jour où, 356 ans auparavant, en 1517, Martin Luther afficha à
la porte de la cathédrale de Wittenberg
ses célèbres « propositions » contre les
indulgences. Segond lui-même exprime
le regret qu’aucun grand réformateur
d expression française n’ait légué son
nom à une traduction de la Bible, de
même qu il en a été pour la langue allemande, justement par mérite de Luthei. Cependant, Qu’il nous soit permis d exprimer à notre toùr un regret,
c’est que notre théologien-philologue
genevois ne touche nullement aux Vaudois du Piémont et au Synode de Chanfpran de 1532 à propos de la traduction de Pierre Robert Olivetan, qui
était parent de Calvin. La version de
la Bible par Luther parut en entier en
1534, douze ans avant la mort du réformateur d’Eisleben, et celle d’Olivetan en 1535. Mais il se trouve entre les
deux une différence fondamentale;
Olivetan ne fit que remanier des traductions plus anciennes, toujours basées sur la Vulgate: et le texte latin
s’était en maints endroits altéré à travers d’innombrables transcriptions d’époques différentes, tandis que Luther
travaillait directement d’après les originaux hébreu e grec; c’est ce qu’entreprit, à plus de trois cents ans de
distance, Louis Segond.
Comme il sied à quiconque se rend
compte des difficultés qu’il brave, Segond reconnaît les imperfections de
son œuvre. Il précise les critères et
les buts qu’il s’est imposés; exactitutude, clarté, correction. Il ne se cache
pas des perple.xités que pourront susciter chez quelques-uns certains passages proppsant des interprétations différentes de celles consacrées par bien
des siècles de routine religieuse; il va
de soi qu’il n’est pas possible de présenter ici des exemples, et ce n’est pas
sans raison que nous venons d’employer le terme de routine plutôt que
celui de tradition, vu que ce dernier se
réclame d’une certaine noblesse.
Pour le Nouveau Testament, un
« Avant-propos du traducteur » analogue au susdit sera ajouté en 1879. Une
notice qui devrait donner à réfléchir
à certains momiers (car il en existe
toujours!) est qu’en 1707 on enregistrait déjà trente mille variantes dans
les manuscrits du Nouveau Testament,
y compris bien entendu celles ne revêtant qu’un caractère purement grammatical ou orthographique.
Les éditions qui répètent les deux
« Avant-propos » contiennent en outre
quatre pages bien touffues d’une « Histoire abrégée des Juifs pendant l’intervalle compris entre l’Ancien et le Nouveau Testament ». Sans doute, des spécialistes pourraient aujourd’hui apporter des retouches, rectifier certaines
données d’après les découvertes auxquelles sont parvenus plus récemment
les historiens et surtout les archéologues, mais on peut se demander pourquoi les éditions postérieures ne reproduisent plus ni les « Avant-propos »
ni ledit « abrégé ».
Parmi les éditions que nous possédons personnellement (complètes ou
N. T.), la plus volumineuse est la Bible de mariage (Paris - mais Printed
m Great Britain - 1932); elle est inoctavo et son format reste bien en dessous des ultra-majuscules in-folio cités au début de cet article.
Mais sur les chaires de nos temples,
aux Vallées, on trouve assez souvent
le saint volume dans une autre traduction, postérieure d’une quarantaine
d années; c’est la « Version Synodale », que la Société Biblique de France fit paraître en 1914 et qui a eu, depuis, de nombreuses réimpressions, en
divers formats.
Au cours de ces dernières décennies,
tant l’italien que le français se sont
incroyablement enrichis, mais une
comparaison entre notre glorieuse
« Diodati » (XVIU siècle) et notre
« Riveduta », remontant pourtant déjà
à plus d’un demi-siècle et remarquablement à « rivedere » à plusieurs
points de vue, frappe énormément plus
que si l’on confronte Ostervald et
« Bonnes nouvelles aujourd’hui — Le
Nouveau Testament en français courant », dont la publication remonte à
peine à 1971. Ge volume est présenté
par quatorze Sociétés Bibliques de
langue française, de Paris et Neuchâtel au Canada, à Haïti, au Liban, au
Gabon, au Madagascar etc. Un détail
tout à fait curieux; l’ouvrage a été
imprimé en Italie, sans autre indication.
Pour en revenir à Louis Segond, s’il
ne peut évidemment figurer au nombre des: réformateurs au sens qu’on
donne à ce mot dans l’histoire religieuse, on se doit pourtant de juxtaposer son nom à celui de Luther pour
ce qui est des mérites littéraires de sa
version, avec l’avantage, pour nous les
modernes, qu’il est à peu près impossible de découvrir dans sa langue des
archaïsmes ou des locutions surannées dans son style.
Ce n'est certes pas à nous que revient de juger de la valeur théologique
de la besogne gigantesque et géniale
de Louis Segond. Comme on vient de
le voir, des perfectionnements sont
toujours possibles, mais au moment
où l’on commémore le grand événement de la Réformation, qui se base
sur le retour aux Saintes Ecritures, il
nous semble qu’on homme qui a tellement contribué à leur diffusion méritait d’être indiqué à la reconnaissance de la chrétienté tout entière.
emm. t.
LA BIBBIA NEI MONBO
a cura di Edina Ribet
Nella NUOVA GUINEA un pastore
evangelico cieco è il traduttore della
Bibbia nel dialetto di un’isola parlato
da 150.000 indigeni. Il pastore legge il
passo da tradurre in una Bibbia in
Braille, poi registra la propria traduzione sul magnetofono.
In ETIOPIA la Società biblica, i dirigenti delle chiese ortodosse e di altre istituzioni religiose hanno preparato con cura una campagna per la vendita della Bibbia in aramaico, ottenendo un successo notevole; in 4 mesi sono state vendute 8.000 copie della Bibbia.
Nel KENYA la Società biblica ha
fatto distribuire gratuitamente 5.000
selezioni bibliche alla popolazione prima di un congresso biblico; in tal modo il numero dei partecipanti è stato
molto più forte del previsto, e con una
colletta si è potuto far fronte alle spese sostenute.
Nel GHANA, dietro richiesta della
Società biblica, un professore della
chiesa presbiteriana e un reverendo
della chiesa cattolica sono stati esentati dalle loro funzioni per dedicarsi
ad una nuova traduzione del N. Testamento in lingua ewa.
Nel SUDAN, dopo l’espulsione da
parte del governo di tutti i missionari
della regione ne) 1964, le chiese non
sono morte, anzi i membri di chiesa
sono aumentati e i battezzati sono passati da 310 a 1127; otto centri di evangelizzazione sono stati aperti e sono
curati da giovani che erano stali educati dai missionari.
Nella THAILANDIA un traduttore
della Bibbia ha risolto la difficoltà per
il suo popolo di comprendere il testo
di Genesi 15; 6 che dice; « Abramo
credette aH’Eterno, che gli contò que
sto come giustizia », traducendolo così nella lingua del suo paese; « Abrarno ripose la sua fiducia neH’Eterno, e
l’Eterno disse; la sua fiducia in me è
esattamente ciò che desidero ».
Sempre in questo paese un giornale,
che ha una tiratura di 400.000 copie,
ha inserito nelle sue colonne per conto
della Società biblica un testo della S.
Scrittura ed un invito ad acquistare
la selezione che lo contiene; la reazione è stata immediata; circa 1.000 persone hanno scritto al giornale per
avere quell’opuscolo con il testo biblico. L’inserzione della Società biblica
sarà ripetuta.
In CAMBOGIA le chiese evangeliche
sono piene ed i cristiani pieni di entusiasmo — scrive un pastore di questo paese, segretario regionale della
Società biblica dell’Asia orientale —;
1 opera della Società biblica è attiva e
assai importante; si lavora anche con
la piena collaborazione della chiesa
cattolica locale.
NeiriNDIA, in una regione del nord,
un pastore dopo aver visitato parecchie comunità in una vasta zona, fu
costretto a far riparare la sua vecchia
autornobile in un garage. Il meccanico
lavorò in silenzio intorno alla macchina durante più di un’ora, e quando il
pastore volle pagare gli disse; « alcuni
possono dare denaro alla Società biblica, io posso soltanto contribuire con
il lavoro delle mie mani: per voi è
gratuito ».
3
2 novembre 1973 — N. 43
SPIGOLANDO TRA 1 LIBRI
pag. 3
E’ USCITO IL N. 56/57 DI ’’ATTUALITÀ’ PROTESTANTE”
Mozambico, trincea dei coioniaiismo
Il nostro settimanale si ò occupato
e SI occupa molto spesso deU’Africa
portoghese, soprattutto allo scopo di
denunciare ai lettori una situazione
drammatica e sanguinosa di oppressione e di sfruttamento da parte di una
nazione europea che, oltre a tutto, afferma di agire per il bene di quelle
popolazioni in nome della civiltà europea e del cristianesimo.
In data 31 agosto ricordavamo ai lettori la presa di posizione del CEC iri
merito alle ultime stragi compiute dai
militari nel Mozambico; quest’organismo ecumenico, nel ricordare che i
massacri fanno parte della linea di
azione e della politica del Portogallo
nelle colonie africane, ha denunciato
all'opinione pubblica mondiale questa
politica e ha manifestato il suo pieno
appoggio ad un’approfondita inchiesta
da parte del comitato delle Nazioni
Unite per gli affari coloniali.
Successivamente, in data 19 ottobre,
riprendevamo da «La vie protestante»
la notizia di un rapporto a cura della
Commissione internazionale dei giuristi sulla struttura legale, sull’attività e
sui metodi di interrogatorio della « polizia portoghese di sicurezza » del Mozambico, rapporto dal quale risulta
che essa ha potere di vita e di morte
(tortura compresa) sui cittadini che
dissentono dalla politica della cosiddetta « madrepatria ».
Anche la collana « Attualità protestante » nel suo numero doppio 56/57
(D. Garrone: Mozambico, trincea del
colonialismo - ed. Claudiana, L. 300)
si occupa dell’argomento, tracciando
la drammatica storia di questa terra
africana: dopo aver fatto una panoramica sul paese; sulla popolazione e
sulle varie attività ricorda le tappe
del colonialismo portoghese che, penetrato in Mozambico alla fine del secolo XV, lo conquista totalmente solo
alla fine del secolo scorso, instaurandovi un sistema politico-amministrativo analogo apartheid sudafricano
(si veda il n. 38 della collana).
Viene poi esaminata la rivolta mozambicana che, dopp anni di opposizione pacifica e nonviolenta, sfociò nella
lotta armata per la liberazione del pae
se. Fu così che nel 1962 venne fondato
il FRELIMO, la cui presidenza venne
affidata a Eduardo Mondlane, poi barbaramente assassinato da un paccobomba inviatogli da un paese europeo.
Per quanto riguarda la posizione dell'occidente nei riguardi del colonialismo portoghese, non si può certo parlare di «buona coscienza ». Fra le nazioni occidentali è implicata anche
ritalia, che non solo fornisce aerei e
armi, ma che, in occasione di una risoluzione dell'ONU stabilente che i movimenti di liberazione delle colonie
portoghesi sono i « rappresentanti autentici » di quelle popolazioni, si asteneva, mentre tale risoluzione veniva
approvata con 78 voti, contro 6 contrari e 8 astenuti.
Altre questioni vengono ancora accennate nell’opuscolo: la diga di Cabora Bassa, la posizione della Chiesa cattolica e la situazione delle Chiese protestanti.
In alcune occasioni viene ricordata
la guerra coloniale combattuta su diversi fronti, fra loro molto distanti,
dalle tre colonie portoghesi: Angola,
Guinea Bissao e Mozambico. Mentre
l’autore ricorda che questa guerra costa al Portogallo il 47 per cento del
suo bilancio, assorbito dalle spese militari, precisa anche che, per quanto
riguarda il Mozambico, il FRELIMO
ha liberato e tiene sotto controllo un
quarto del territorio.
Per quanto riguarda la Guinea Bissao, ricorderemo invece ai lettori che
proprio il 24 settembre scorso il PAIGC
e cioè il partito africano per l’indipendenza della Guinea Bissao e Capo Verde ha proclamato la propria indipendenza e la sua costituzione in « Stato
repubblicano e democratico anticolonialista e antiinperialista » (già riconosciuto da oltre 30 nazioni) anche se non tutto il
territorio è’ stato
liberato e quindi
continua la dura e
difficile offensiva
per estromettere
definitivamente il
Portogallo.
Abbiamo già ricordato che questo opuscolo fa
parte della serie,
edita dalla Claudiana, dal titolo
« Attualità protestante ». Noi vorremmo rammentare in modo particolare ai lettori
quest'agile collana a carattere divulgativo e rivolta ad un vasto pubblico. I
volumetti escono con una certa cadenza e l'abbonamento a 10 numeri costa
1.200 lire. È questa una delle molteplici manifestazioni della nostra editrice e della sua opera di testimonianza e di presenza evangelica. Questi volumetti constano di due serie: quella
« blu », che tratta argomenti a carattere « religioso », e quella « rossa » che
è rivolta all’attualità socio-politica. Ovviamente, trattandosi di opuscoli, i vari argomenti non possono essere trat
tati in modo completissimo, ed anzi,
il più delle volte, sono il « concentrato » ed il risultato della consultazione
di numerose opere, alle quali i lettori
interessati possono successivamente
rivolgersi per l’ampliamento e l’approfondimento dei problemi attinenti.
Raccomandiamo vivamente questa
collana, che ha anche il pregio di essere molto economica, ed invitiamo
tutti ad abbonarvisi; in modo particolare i genitori, per sé e per le loro famiglie.
Pierre
...uHiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiimiMiiiMiniiiiii.. iiiiiiiiiiiiiiiiiiffiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii:iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Vite impegnate nei ricupero
dei ragazzi sviati, caratteriaii,
disadattati
la violenza fascista
nelle scuole romane
Il fascismo nelle scuole, si sa, non
è appannaggio della destra nazionale.
Si potrebbe dire che la presenza di
questa impostazione politica ha carattere istituzionale, in virtù della « Riforma Gentile » che diede ¡alla scuola
italiana l'assetto ancora in vigore nella scuoia media superiore e non del
tutto superato nemmeno nella scuola
deirobbligo. Mussolini definì questa
riforma « la più fascista delle riforme » perciò chi, oggi, si attiene alla
lettera della legge, non solo non fa,
nella scuola, una politica democratica,
ma fa una politica fascista.
Ma a parte questo aspetto istituzionale del fascismo nelle scuole c’è anche una sua presenza violenta che è
andata facendosi sempre più sfacciata in questi ultimi anni. Un recente
volumetto di Fernanda Fiorano, insegnante di lettere in una scuola media
di Roma, autrice di vari racconti sulla Resistenza, vuole documentare questo secondo tipo di presenza fascista
nelle scuole romane. In realtà il libro
più che una raccolta di documenti sulle violenze fasciste è una raccolta di
saggi vari, fra i quali i documenti veri
e propri occupano solo 36 pagine su
115. Oltre a questi abbiamo un'ampia
introduzione di Piero Caleffi che consta, a sua volta, di due parti: una rappresenta una breve storia del ventennio fascista; l’altra rievoca l’atmosfera e alcuni episodi dei campi di concentramento.
Abbiamo, in seguito una bellissima
poesia di F. Fiorano: « Jedem das
seine » («A ciascuno il suo». Il motto scritto all’ingresso del Lager di
Buchenwald volle dire per uno di essere sepolto vivo, per un altro la fucilazione alla schiena, per un altro la
morte ricevuta con un colpo alla nuca e via di questo passo; a ciascuno
il suo.
Poi l’autrice narra come è diventata
antifascista, dopo l’impiccagione di
una persona a lei cara da parte dei
fascisti e dei tedeschi, nell’agosto del
1944. Viene quindi la documentazione
tratta dai giornali delle aggressioni fasciste nelle scuole dal 1971 al 1973.
Quindi una breve presentazione dei
gruppi fascisti attualmente all’opera
in Italia: Fronte della ^oventù. Lotta
di popolo, Europa civiltà, Qrdine nuovo, Avanguardia Nazionale. Alla base
di questi movimenti e gruppi sta., naturalmente, la strategia del MSI, il cui
segretario. Almirante, in un discorso
pure riportato per estratti nel volumetto, non ha esitato a teorizzare lo
« scontro fisico » con gli antifascisti.
Come abbiamo accennato all'inizio,
il problema del fascismo nelle scuole
e altrove è ben più ampio e investe le
responsabilità delle classi al potere nel
dopoguerra, quelle degli insegnanti e
dei loro sindacati, l’equivocità di un
certo tipo di antifascismo di maniera
che deve soddisfare tutti, dai liberali
agli extraparlamentari di sinistra e
che in realtà non significa niente. Il
volume della Fiorano, comunque, lumeggia bene un aspetto fondamentale
del problema.
M. C. Trox
’ Fernanda Fiorano: L’ombra del fez,
Roma, Coines, 1973, L. 1.000.
Fernand Deligny, I vagabondi efficaci
Edizioni Jaca Book, Milano 1973,
L. 1.200.
È un libro edito dalla casa editrice
Jaca B;ook per la collana « Lavoro e
scuola ». È stato scritto da Fernand
Deligny, un educatore francese, istitutore prima a Parigi, poi a Nogent
nell’Istituto medico-pedagogico di Armantières, il quale ha impegnato la
sua vita nel ricupero dei ragazzi sviati
caratteriali disadattati, secondo un
metodo nuovo, da lui : escogitato, lasciandoli, cioè, il più possibile lilieri,
nelle case dove sono accolti, di seguire il loro estro nel disegno, nella pittura, nel gioco mimato, nell’alfabeto
a gesti.
I suoi collaboratori nella difficile
opera non sono pedagogisti, o specialisti, di cui l’autore pare diffidare, ma
coloro che — qualunque sia la loro
professione, operai, studenti, ecc. —
vogliono volontariamente vivere con
questi ragazzi; alcuni di essi sono stati addirittura compagni di prigione
dei giovani delinquenti; altri sono vicini di casa o conoscenti; ad ogni modo sono tutte persone disposte a formare con i ricoverati una « compagnia » che li aiuti a ricominciare insieme una nuova vita. Il metodo del
Deligny si basa esclusivamente su di
un largo cameratismo con i ragazzi da
ricuperare e sull’osservazione continua
e scrupolosa delle loro reazioni di
fronte all’ambiente e alle cose; di qui,
probabilmente, il titolo del libro che
presentiamo: « I vagabondi efficaci »,
nel senso che i vagabondi, cosi osservati e seguiti con attenzione ed affetto, sono « efficaci » all’educatore per
scoprire quale sia il migliore modo di
trattarli, al fine di ottenere un qualche risultato positivo.
II libro è stato scritto nel 1968 e
consta di quattro parti nelle quali l’autore racconta le sue tristi esperienze
nel reparto psichiatrico dell’ospedale
di Armentières, tratteggia la miserabile vita di alcuni ragazzi che ha conosciuto, parla del suo metodo di educatore nel Centro di osservazione da
lui fondato nel nord della Francia;
per quanto in realtà, avverte il Deligny, non si deve parlare del suo modo di fare come di un metodo, poiché
si tratta, in effetti, piuttosto ’ di una
posizione nuova, la sua, di fronte alla
educazione; un metodo non esiste, non
deve esistere, dato che serve soltanto
a rafforzare l’istituzione; mentre invece qualsiasi tentativo di educazione
degli adolescenti sviati deve riscoprire
un’attività concreta, una condizione affettiva, un modo di vita che permetta
loro di venirne fuori : « noi vogliamo
una continua ricerca, e non un’acqua
benedetta stagnante, perché vogliamo
che questi ragazzi imparino a vivere,
non a morire ».
Nella sua ansia di nuove strategie
per affrontare un così difficile problema — sono tutti ragazzi dai 12 ai 18
anni, quelli di cui si occupa il Deligny, provenienti dai bassifondi della
malavita — l’autore ha parole assai
pesanti sulle istituzioni pedagogiche e
gli istituti di assistenza cosidetti ufficiali, i comitati ben costituiti e le pie
persone che li dirigono, in particolare
le donne, alle quali non risparmia le
sue frecciate: insomma coglie volentieri ogni occasione per sferzarli senza remissione. Nel Centro da lui organizzato i ragazzi arrivano partono
ritornano a loro piacimento, corrono
nudi sui tetti, fanno i loro bisogni nel
letto dei compagni o nella pentola del
la minestra; tentano di violentare una
giovane infermiera che è venuta volontaria a lavorare per loro, la quale
riesce a fuggire inorridita appena in
tempo, per sempre. Intanto i collaboratori osservano i protagonisti di tali
malefatte, li avviano a compiere piccole mansioni casalinghe, che vengono
retribuite ogni settimana, oppure trovano loro un lavoro vero e proprio in
qualche officina, a titolo di prova —
ahimè; troppe volte completamente
negativa — li dislocano in varie famiglie prónte ad' accoglierli per' la fine
settimana, dove i giovani possono gustare almeno per un giorno la gioia
e il calore di un nucleo familiare che
essi non hanno mai conosciuto. Il libro non mette in risalto risultati clamorosi di questo nuovo sistema educativo, perché probabilmente non ve
ne sono: abbiamo l’impressione che il
Deligny e la sua équipe brancolino ancora nel buio, che siano sempre ancora alla ricerca di nuove vie, che compiano insomma un tentativo. Ma appunto è forse qui, secondo il nostro
parere, l’autentico valore di un libro
come questo: di servire cioè per tutti
coloro che. devono affrontare l’arduo
tema di una « rieducazione », come stimolo ed incoraggiamento alla riflessione, al confronto, all’indagine.
Edina Ribet
Il dramma vietnamita
narrato al ragazzi
Herbert Peate - Il fucile nella risaia Ed. Giunti (B.M.). Collana « I premiati del mondo ». Premio tedesco
di letteratura giovanile. L. 1.500.
La famosa e sempre valida collana
dell’Ed. Giunti non si smentisce neanche questa volta nel presentare ai giovani italiani, in ottima traduzione e
con belle illustrazioni, questo libro di
grande valore. Si tratta del momento
in cui, in uno sperduto villaggio del
Vietnam, arriva la guerra. La tranquilla vita dei contadini, le risaie dalle bel
Roma story
(tra il serio
e il faceto)
Massimo Bucchi - Roma Story - Ed.
Giunti (Bemporàd Marzocco). Lire
1.800.
Il nrof. Giannelli, nel presentare questo libro, nota come ai ragazzi delle
medie interessi la geografia delle terre
lontane, « quasi favolose » e viceversa
la storia vicina. Quella di Roma per
esempio è considerata una « barba ».
Per questo il Bucchi ha tentato per loro un esperimento nuovo, quello di
raccontare la storia di Roma con uno
stile di tutti i giorni, come se si trattass^ di avvenimenti di oggi: dalla lupa
che adotta i gemelli, ai romani che
scippano le sabine, a Annibaie un po’
a corto di fiato dopo la traversata delle
Alpi, giù fino a Nerone il piromane,
alla decadenza, ai barbari e fino al 476.
È una lettura molto piacevole che la
divisione in capitoletti e le allegre,
umoristiche illustrazioni rendono chiara e facilmente ritenibile. Un buon aiuto per chi deve sudarla su tesi molto
più pesanti. Peccato che la storia di
Roma sia presentata sempre solo sotto forma di guerre e battaglie. Sarà
questo a renderla così ostica alla generazione giovanile, che la guerra la sente
così poco? Tanto più trovo notevoli in
questa trattazione i capitoli sul teatro,
sui poeti, la spiegazione dell’inizio del
latifondo, del Diritto romano, ecc. Un
libro e un metodo a cui auguriamo successo e... continuazione. B. S.
le spighe piene, le mandrie dei bufali
sono allo sbaraglio quando arrivano
gli elicotteri con i soldati americani da
una parte e risuonano gli spari nonché
gli appelli vigorosi dei vietcong dall’altra. Pure non è una solita storia di
guerra: quello che mi sembra faccia il
valore del libro sono i pensieri, le
-scelte, le posizioni diverse che ogni personaggio incarna e vive. Nel trattare
su L’Amico dei fanciulli il problema
della violenza abbiamo preso da questo
libro alcune scene che ci sono parse
illuminanti perché sanno -porre il problema della guerra sia in rapporto alla
volontà di amore e di pace che è impersonata dal padre contadino, vera figura
di nonviolento, imbevuto di saggezza
orientale; sia in rapporto alla ingiustizia, alla prepotenza, alTarbitrio che vigono nel mondo e che provocano la rivolta del figlio che -si da alla macchia
e torna capo vietcong. Letteratura come questa mi pare un diritto dei ragazzi, un tentativo per aiutarli a capire,
tanto più che il Vietnam non cessa di
morire, ogni giorno, in infiniti luoghi
della terra. Berta Subilia
Sconfitta della morte:
la speranza cristiana
Il pastore Ermanno Rostan, di cui
abbiamo apprezzato il volumetto su
Geremia, edito dal Centro Biblico, ha
recentemente curato anche un opuscolo della collana «Attualità protestante»
della Claudiana. Esso porta il titolo di
Sconfìtta della morte - La speranza cristiana.
Qualcuno ci diceva un giorno che
troppo spesso si trascura di affrontare
il problema della -sofferenza e quello
della morte, che ne è -spesso il doloroso
corollario, se non quando tale problema si affaccia con prepotenza nella vita dei credenti. Quanto mai necessario,
dunque, che ci abituiamo a tener conto
che « vivere non significa soltanto lavorare, soffrire, lottare; significa altresì
riflettere sulla nostra condizione umana sempre precaria e sulla sua fine inevitabile ». Il past. Rostan ha saputo dare in poche pagine alcune indicazioni
precise e profondamente evangeliche.
Ci auguriamo che, in questo tempo
che troppo spesso ci dà di vedere la
mestizia senza speranza dei vivi che
lascia trasparire una scarsa visione
Una riflessione
sulle profezie
bibliche
Hae Lindsey, Addio terra, ultimo pianeta. Casa edit. Battista, via Ante
lao 2. Roma 1973, L. 2.000.
L’autore si presenta come studioso
delle profezie bibliche (vedi in particolare Ezechiele, Daniele e l’Apocalisse) e conferenziere attraverso gli Stati Uniti, il Canada e il Messico. Egli
presenta anche il suo libro con queste parole: « Questo è un libro che
parla di profezia biblica. Se il futuro
non v’interessa, esso non è per voi. Io
non ho alcuna pretesa di conoscere
esattamente quando il mondo arriverà alla sua fine. In realtà non sono
mai salito sui monti con i miei beni
ed i miei cari per aspettare il giudizio
universale. Credo che c’è ancora una
speranza per il futuro ».
Conoscere il futuro, prevedere gli
avvenimenti finali, sembra essere la
prerogativa di vari circoli religiosi o
degli astrologi. « I francesi, per esempio, spendono più di un miliardo dì
dollari Tanno per chiaroveggenti, zingari, guaritori, cartomanti e profeti ».
Quanto si spenderà in Italia o in
America? Chi potrà dire una parola
sicura sui piani di Dio nella storia,
chi potrà formulare una parola di speranza e di verità nella interpretazione
della profezia biblica?
Il libro di Hai Lindsey, con la collaborazione di C. C. Carlson, ci aiuta
in primo luogo a rileggere attentamente molte pagine della Bibbia ed a
cercare il contenuto in un contesto
biblico e storico. Non si tratta di pura e semplice curiosità, ma di un vero
studio dei testi profetici che appartengono alla Sacra Scrittura, spesso
trascurati o dimenticati. Ecco un esame della profezia sul destino d’Israele;
« Con la rinascita della nazione ebraica nella terra di Palestina, l’antica Gerusalemme nuovamente sotto il controllo degli Ebrei per la prima volta
in- 2600 anni e i discorsi sulla ricostruzione del grande tempio, il più importante segno profetico dell’imminente
ritorno di Cristo è davanti a noi ». Ma
quali sono gli « ultimi tempi »? Qual è,
sullo sfondo della rivelazione biblica,
il destino di Roma, della Russia, dell’Egitto e della Cina? « La Russia è
emersa come una grande potenza settentrionale ed è la nemica dichiarata
del rinato Israele. Gli Arabi si uniscono sotto la guida dell’Egitto per concentrare i loro sforzi e per liberare la
Palestina. Le nazioni negre dell’Africa
si stanno muovendo verso una aperta
alleanza con gli Arabi, simpatizzando
con la loro causa di liberazione ».
L’autore affrontà poi vari problemi
posti dall’Apocalisse sui. quali molte
sette pretendono di pronunziare l’ultima, sicura parola. Cosa significa il
« rapimento della chiesa »? Cosa avverrà al «suono dell’ultima tromba»?
La battaglia di Armagheddon, un conflitto di proporzioni mondiali, e il ritorno di Cristo sono temi fondamentali nelle profezie dell’Apocalisse. L’autore, certamente un conservatore sul
piano biblico, non è tenero verso l’ecumenismo. Parla degli « ecumenici »
chiamandoli « ecumaniaci » i quali
« non credono agli insegnamenti veramente fondamentali di Gesù.
Il merito di questo lavoro sta nella
volontà di condurci ad esaminare varie pagine profetiche della Bibbia, non
tanto e non sempre sulle interpretazioni che l’autore ne dà. Tutto sembra
facile e chiaro, ma spesso affiora il
semplicismo che rende banali anche le
cose serie o addirittura drammatiche.
Talvolta affiora anche il ridicolo; per
esempio, là dove l’autore parla del1 Anticristo (Tempio) che bestemmierà
contro Dio e farà guerra ai santi che
in cielo. I santi « sono le persone
che crederanno in Cristo durante questo grande periodo di conflitto. Dopo
che i cristiani saranno andati via (dalla terra), Dio si rivelerà in una maniera del tutto speciale a 144.000 Ebrei i
quali crederanno nel modo più comGesù è il Messia. Saranno
144.000 Billy Graham ebrei che invaderanno questa terra e la terra non conoscerà mai un periodo di evangelizzazione uguale a questo ». Cosa ne pensano i Testimoni di Geova? La cifra
dei 144.000 non è esclusivamente di loro spettanza?
La profezia biblica è una realtà, i
nostri tentativi di interpretarla mostrano sempre la loro inadeguatezza
ed I loro limiti invalicabili. Se è vero
come dice 1 autore, che « c^è ancora
una speranza per il futuro», allora
dobbiamo saper attendere Tadempimento dei piani di Dio senza anticiparli, con cristiana speranza, una speranza che « non rende confusi ». Non
facciamo dire alla Bibbia ciò che essa
non dice, non pretendiamo di possedere li calendario degli interventi di
Dio nella chiesa e nella storia.
Il libro di Hai Lindsey ha il vantaggio della chiarezza e della attualitànon pretende di dire l’ultima parola
sulle profezie bibliche. Lo segnaliamo
ai lettori, per una riflessione sull’escatologia biblica e sugli avvenimenti della fine. e. r.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
evangelica delTawenire dei defunti,
molti siano coloro che possano trovare
in questo breve scritto la possibilità di
conoscere o riscoprire la speranza neotestamentaria che non attende al di
là della morte una vita che si prolunghi
sotto nuove forme, ma piuttosto la riduzione della nostra vita passeggera alla dimensione delTetemità.
Giovanni Conte
4
pag. 4
Notiziario 'Evangelico' Italiano
4Ì— 2 novembre 1973
ASSEMBLEA
delja federazione delle i CHIESE '‘EV^AÌ^GEEfòHti
V .V j -.. ’.i..-'.. '■ . ’ ■ ■:«
in Italia
Bologna : 1-4 novembre 1973
PROGRAMMA DEI LAVORI ì
i
Giovedì 1° novembre ‘
Ore 9.30 - CULTO DI APERTURA nella sede dell'Assemblea, presieduto
dal pastore Piero Bensi ;
Ore 11-13 - SESSIONE PLENARIA - Preliminari, Costituzione dell'Assem
blea, Nomina del Seggio, Messaggi ;
Ore 15.30-19 - SESSIONE PLENARIA - Rapporto di gestione del Consiglio,
Rapporto programmatico del Consiglio, Relazioni finanziarie, Rapporto dei revisori ;
Ore 21 - MANIFESTAZIONE PUBBLICA con « tavola rotonda » sul te
ma : Costruire la società;
Nel SUO rapporto alla terza Assemblea della Federazione delle Chiede Evangeliche m Italia Bologna 1-4 novembre, il Servizio stampa radio televisione riferì
sce sul suo lavoro e chiede il sostegno delle chiese, « se è vero che i mezzi di
Ìho possono adempiere oggi una funzione simile a quella
^ che lo stampato ebbe al tempo della Riforma, e quindi risultare un importante
strumento di evangelizzazione »
TELEVISIONE
Venerdì 2 novembre
Ore 9-9.45 - STUDIO BIBLICO su Luca 4 : 14-21 del pastore Paolo Spanu ;
Ore 10-13 - SESSIONE PLENARIA - Rapporti dei Servizi, delle Commis
sioni e dei Comitati.
Ore 15.30-19.30 - GRUPPI DI LAVORO (eventuale riunione serale).
Sabato 3 novembre
Ore 9-9.45 - STUDIO BIBLICO su 2 Corinzi 6: 1-10 del pastore Sergio
Rostagno.
Ore 10-13 - SESSIONE PLENARIA - Rapporti delle Federazioni regio
nali e degli Organismi settoriali - Inizio esame dei rapporti
e dei documenti dei Gruppi di lavoro.
Ore 15.30-19.30 - SESSIONE PLENARIA - Prosecuzione esame dei rapporti
e dei documenti dei Gruppi di lavoro - Approvazione documenti e o.d.g.
Domenica 4 novembre
Ore 9-12 - SESSIONE PLENARIA - Approvazione del bilancio preven
tivo per il prossimo triennio - Modifiche allo Statuto - Elezioni del Presidente, dei Membri del Consiglio e dei Revisori - Eventuali e varie.
Ore 12.30 - CULTO LITURGICO DI SANTA CENA nel tempio metodi
sta di Via Venezian.
DIECI BATTESIMI
NELLA CHIESA BATTISTA DI GENOVA
Un giomo da non dimentican
Nella Chiesa Cristiana Evangelica Battista
di Genova, Via Ettore Vernazza 14-16, domenica 14 ottobre u. s., è stato amministrato
il Battesimo per immersione, secondo l’antico rito apostolico, a dieci catecumeni, cinque
uomini e cinque donne, alla presenza di oltre
duecentocinquanta credenti, fra cui numerosi gruppi della diaspora Battista della Liguria.
Il culto è stato presieduto dal Rev. Pastore
Emidio Santini con Tausilio del Dr. B. Lawton, in rappresentanza della Missione Evangelica Battista Americana in Italia, appositamente intervenuto.
Questa la cronaca, e come tutte le cronache, per la loro distaccata e schematica essenzialità, presenta solo la parte vistosa di ogni
a> venimento, mentre i sentimenti e le emozioni. che immancabilmente provocano, rimangono celati per rimpossibilità di tradurli in
forma esplicita.
Questo caso, però, fa eccezione : la gioiosa
commozione era palese in ogni volto. Era la
festa della testimonianza a Gesù.
La sala culto si presentava sfolgorante di
luci: sul tavolo, adorno di candidi lini e garofani bianchi, il pane e il vino erano pronti
per la Santa Cena.
Alle ore 9.30 il Pastore Santilli ha fatto il
suo ingresso nella sala, seguito dai dieci baitezzandi, che indossavano lunghe cappe bianche. tra due fitte ali di fedeli che cantavano,
mentre il suono dell’organo rendeva più suggestiva l’atmosfera.
Mentre i catecumeni prendevano posto nella prima fila, ai piedi del pulpito, il Pastore
Santilli dava inizio al culto invocando il nome benedetto del Signore, e le Sue benedizioni, affinché i frutti del ministerio evangelico
siano abbondanti al solo ed unico fine di portare a Dio anime nuove. Poi è stato intonato
un inno con la partecipazione corale di tutta
la comunità.
Dopo la preghiera e la lettura di alcuni passi dell’Antico e Nuovo Testamento (Salmo
103 e Matteo 3: 13-17), e la conseguente
meditazione su i sacri testi letti, il Pastore
Santilli si è soffermato su di un tema fondamentale. e cioè sulla costante testimonianza
di vita e di parola del credente. E rivolgendobi soprattutto ai battezzandi, ha esordito dicend') che l’ingresso delLuomo nella vita nuova
in Cristo lo dovrebbe portare ad agire con coerenza. In ogni circostanza, in ogni ambiente
dovrebbe testimoniare, prima ancora che con
la parola, con la vita questa novità.
La testimonianza non è una semplice professione esteriore di fede convenzionale; è una
voce della coscienza; è un frutto di vita interiore; è il dono deH’ispirazioiie che sorge limpida e imperiosa dal fondo delLanima; è un
atto di maturità e di coraggio al quale il cristiano dovrebbe essere preparato come ce Io
insegna Pietro: (( Dovete essere .sempre pronti
a dare soddisfazione a chiunque vi domanda
ragione della speranza che è in voi » (I Pietro 3: 15).
Non si concepisce una vita cristiana autentica che non sia al tempo stesso annuncio di
Cristo fatto con la vita e con le parole. Moltissime occasioni si presentano a tutti noi per
esercitare l’apostolato della evangelizzazione.
L'apostolo vero, precisa Santilli. cerca le occasioni per annunciare Cristo con la parola ai
non credenti per condurli alla fede, e ai fedeli
per istruirli, confermarli ed indurli a una vita più fervente; « poiché l’amore di Dio ci
sospinge )), nel cuore di tutti devono echeggiare le parole dell’Apostolo Paolo : cc Guai a
me se non evangelizzo ».
Il Dr. B. Lawton ha sviluppato il significato del Battesimo, della « nuova nascita » e degli impegni che automaticamente scaturiscono
dalla scelta fatta di essere cristiani; scelta
spontanea, libera, consapevole e responsabile.
Ogni credente deve trasformarsi in annun^^
ciatore della Parola. Fin dai primordi della vita della Chiesa, gli Apostoli dopo avere accolto il messaggio di Cristo si diffusero su tutta
la terra per rendere testimonianza della Parola che risuonava nei loro cuori : « offrendo
se stessi come vittime sante, vive, gi*adevoli al
Signore ».
Questo essi fecero, conclude il Dr. Lawton,
suH’esempio di Cristo, il quale venne inviato
da Dio per rendere testimonianza alla verità.
Dopo le parole del rappresentante della Missione Battista Americana, il rito battesimale
ha avuto inizio.
I catecumeni, guidati dal Pastore Santilli e
dal Dr. Lawton, si sono portati nel locale appositamente approntato in cui sono stati preceduti dalla comunità ecclesiale.
Uno alla volta, su invito del Pastore, il battezzando scendeva nell’enorme vasca portandosi al centro di essa; e dopo avere resa pubblica testimonianza a Cristo Gesù, quale suo
Signore e personale Salvatore, di fronte a tutti
i presenti, veniva immerso nelle acque battesimali che simboleggiano il Giordano.
Compiuto il rito, i nuovi fratelli in Cristo,
sono stati ammessi alla Santo Cena assieme
alla comunità.
II Pastore Santilli, infine, ad ogni battezzato, ha offerto una Sacra Bibbia, con dedica autografa, accompagnando l’atto con parole di
edificazione spirituale.
Dopo il culto, tutta la comunità si è trasferita in un ristorante cittadino per un’àgape
fraterna, dove si è pregato, preso il cibo e
inneggiato al Signore.
Giornata davvero piena, trascorsa in perfetta letizia.
Salvatore Giuliano
Il 4 gennaio 1973 è andato in onda
sul secondo canale alle 18,30 il primo
numero della rubrica televisiva evangelica « Protestantesimo ». Si tratta,
come è noto, di una trasmissione che
appartiene ed è gestita dalla Rai-TV,
la quale ne affida la realizzazione, d’accordo con la Federazione delle Chiese
■Evangeliche in Italia, ad un gruppo di
evangelici tra i quali Roberto Sbaffi
chè ha la veste di curatore e Aldo
Comba quella di consulente teologico.
La nòstra presenza in televisione pone; ' dal punto - di vista della coerenza
evangelica, gli stessi problemi che si
pongono anche per la nostra presenza
alla radio e che sono stati afirontati e
risolti con chiarezza in tutti questi
anni.
Nelle 26 trasmissioni che sono andate in onda dall’inizio di gennaio alla fine di giugno si sono toccati diversi temi di carattere storico, informativo, ecumenico e biblico, con il
proposito consapevole e costante di
recare agli spettatori un preciso messaggio evangelico ad ogni trasmissione. L’esperienza man mano acquisita
e la collaborazione di un largo numero di evangelici permetteranno senza
dubbio di rendere il messaggio sempre più chiaro, il che non significa aumentare l’ampiezza dei brani sermonistici, bensì coordinare più limpidamente i vari elementi visivi e uditivi,
finalizzandoli rigorosamente a un contenuto evangelico semplice e unitario.
I mezzi tecnici e finanziari a disposizione della rubrica hanno un loro limite che, pur consentendo un certo
numero di soluzioni diverse, nòn perrnette tuttavia di abbondare in filmati quanto sarebbe desiderabile per arricchire le trasmissioni e documentare compiutamente la vita del protestantesimo italiano. Va detto tuttavia
che si sono potute fare riprese di maggiore o minore durata a Altamura, Andria, Cerignola, Felonica Po, Intra Milano, Mottola, Savona, Torre PeÌlice,
Trieste e Verona; non tutte peraltro
sono andate in onda. Le denominazioni cui si riferiscono i filmati sono battisti, luterani, metodisti, pentecostali,
valdesi e (su materiale di repertorio)
l’esercito della salvezza.
D’altra parte è evidente che il carattere unitario della rubrica non dipende dai dosaggi denominazionali nei
filmati o negli interventi in studio, ma
dipende esclusivamente dal fatto che
tutti gli evangelici italiani possano
« riconoscersi » in ciò che la trasmissione presenta come il volto e la voce
del protestantesimo. Si fa ogni sforzo
per valorizzare opportunamente i doni diversi che si manifestano nei vari
settori del protestantesimo italiano,
ma il criterio in base al quale riteniamo vada valutata la trasmissione nel
suo complesso è quello di chiedersi se
e stata capace di presentare agli italiani in generale un’immagine fedele e
comprensibile del protestantesimo e
del suo messaggio evangelico.
Il Servizio si è preoccupato di non
isolarsi dalla realtà delle chiese evangeliche ed ha perciò cercato di favorire la formazione di gruppi di ascolto
nell’ambito delle chiese, richiedendo la
loro opinione e tenendo conto delle
loro reazioni. È stata anche avviata
una indagine più vasta sulle reazioni
del pubblico televisivo. In genere la
trasmissione è stata accolta con favore, tale per lo meno è l’eco giunta a
questo Servizio. È stato anche avviato un processo di allargamento dell’area dei collaboratori occasionali incaricati della preparazione di « soggetti », in modo da accogliere una maggiore varietà di temi e di impostazioni, senza peraltro appesantire la
struttura istituzionale del Servizio.
Il problema centrale della nostra
trasmissione rimane quello della ricerca di un linguaggio televisivo adatto a comunicare il messaggio biblico.
Da questo punto di vista i primi mesi
di trasrnissione vanno considerati come sperimentali, né in questo campo
esistono molti esempi significativi di
cui si possa suggerire l’imitazione.
Normalmente nel protestantesimo lo
strumento di trasmissione dell’Evangelo, di gran lunga prevalente, è il discorso (sermone, lezione, conferenza).
Il
Nuovi Tempi" aumenta la sua diffusione
In queste ultime settimane si è notevolmente allargato il numero dei lettori del settimanale « Nuovi Tempi •>.
Com’è noto, esso non dipende direttamente da alcuna Chiesa, né dalla
Federazione delle Chiese Evangeliche
in Italia, sebbene abbia ovviamente
forti legami con le ime e con l’altra,
e ne sia in qualche misura sostenuto.
In settembre vi è stato un primo
ampliamento: d’intesa con il servizio
di assistenza evangelica ai migranti in
Germania — quello che in precedenza
curava il mensile « Un saluto dall’Italia » — « Nuovi Tempi » verrà ora dif
fuso fra i nostri migranti in quel paese, e naturalmente potenzierà l’informazione e il dibattito sui loro problemi, informazione e dibattito che
del resto sono sempre stati presenti.
In ottobre, è confluito nel settimanale il mensile cattolico udinese « Quattrogatti »: si tratta di un periodico del
dissenso cattolico, che qualche volta
anche noi abbiamo citato, vivace e
battagliero. Il confiuire del gruppo redazionale dei « Ouattrogatti » in quello di « Nuovi Tempi » è segnalato dalle redazioni con un fatto ecumenico
rilevante.
La semplice trasposizione del discorso
sul teleschermo è facile ma in realtà
sfrutta solo una piccola parte delle
possibilità che il mezzo offre e in genwe risulta molto meno comunicativa
di quanto talora si pensa. Quindi la
ricerca di un « linguaggio televisivo »
non è un’ambizione perfezionistica, ma
solo per la TV, ma anche per la radio,
è un’esigenza obiettiva, perché il linguaggio adeguato al mezzo è l’unico
che si faccia effettivamente ascoltare
dalla massa. (...)
RADIO
Il problema della ricerca di un linguaggio adatto al mezzo si pone non
Per molto tempo la nostra trasmissione non è stata altro che un trasporre
al microfono il culto domenicale un po’
abbreviato. Occorre però tener conto
che il modo in cui l’ascoltatore medio
ode un programma radiofonico è diverso dal modo in cui un credente che
va in chiesa ascolta un sermone; perciò se si vuole effettivamente comunicare l’Evangelo occorre trovare un linguaggio e una struttura della trasmissione tipicamente radiofonica. La nostra trasmissione, infatti, pur essendo
rivolta originariamente agli evangelici
disseminati, è ascoltata, secondo i sondaggi RAI, da una media di 450 mila
persone (1972), di cui ovviamente solo
una piccola parte sono evangelici. Il
pubblico da tener presente è quindi
soprattutto quello nòh evangelico, da
CUI non si può presumere una abitudine ai moduli espressivi protestanti, e
n cui bisogna, rivolgersi sfruttando nel
modo migliore le caratteristiche di cofnunicatività ' proprie della radio tenendo ben presente che, al limite a
noi non interessa « fare il culto » bensì
« annunziare TEvangelo ».
In base a queste considerazioni il
Servizio ha realizzato nel febbraio ’72
un breve « corso-laboratorio » per predicatori radiofonici. Il limitato numero di predicatori invitati a partecipare
era determinato dalle necessità pratiche di un corso di carattere sperimentale e non da particolari preclusioni
di altro genere. Si prevede di ripetere
l’esperimento migliorandolo sulla base
lamento e uno sforzo notevoli. Il NEV
è quello che ne ha più sofferto. Riconosciamo che al momento presente
questo è l’aspetto del Servizio più bisognoso di essere rafforzato. Si tenga
presente peraltro che ogni allargamento del lavoro in questo settore rappresenta un aumento di spese non immediatamente recuperabili.
ORGANIZZAZIONE
DEL SERVIZIO
Nell’ultimo triennio sono stati successivamente segretari del Servizio R.
Sbaffi, N. Giampiccoli e A. Comba. Il
Servizio è suddiviso in tre gruppi;
TV, radio e stampa. Le persone impegnate a pieno tempo, e cioè A. Comba,
R. Maiocchi e G. Ribet, partecipano al
lavoro di tutti e tre i gruppi, a cui si
aggiungono, per la TV F; Rocco e R.
Sbaffi; per la radio B. Corsani, V. Papini e M. Sinigaglia; per la stampa D.
Frattim e G. Girardet. Tutti insieme
formano il Servizio, le cui sedute plenarie sono relativamente distanziate
rnentre quasi settimanali sono le riunioni del gruppo TV.
Due membri dello staff permanente
(R. Maiocchi e G. Ribet) erano stati
preparati a suo tempo in vista dello
attuale lavoro mediante la frequenza
(finanziata da borse di studio) di speciali corsi radiotelevisivi a Ginevra
(Ribet) e in Inghilterra (Maiocchi).
In più di una occasione questo staff
permanente ha esercitato funzioni che
esorbitano dal settore strettamente
stampa-radio-televisione, fungendo di
fatto da ufficio della Federazione a beneficio di altri Servizi. (...).
FINANZE
Dall’esame dell’insieme dell’attività
risulta evidente che il Servizio produce più lavoro di quello che viene assorbito e ricompensato dalla RAI.
Il ritardato inizio delle trasmissioni
televisive ha creato un serio problema perché per tutto il 1971-72 non vi è
stato nessun compenso RAI (salvo
quello del Notiziario evangelico) e parallelamente nessun contributo delle
chiese italiane, pur dovendosi pagare
dell’esperienza. iicmanc, pui uuvenuosi pagare
Sono parimenti di carattere speri- ^ organico del Servizio. Per non aggraentale le altre iniziative (nredicazio- “ deficit si è rinviato l’acquisto
della necessaria attrezzatura dell’uffi
mentale le altre iniziative (predicazio
ne di gruppo, serie affidate a un solo
predicatore, cicli di predicazione) con
cui si è cercato di rispondere all'esigenza espressa dall’Assemblea di Firenze di pervenire a una graduale selezione di predicatori particolarmente qualificati per il microfono. In questa materia si è proceduto con molta
gradualità anche per non sconcertare
gli ascoltatori evangelici con cambiamenti improvvisi. Il culto-radio offre
varie possibilità di contatto con persone in genere estranee al nostro ambiente.
Il quindicinale che stampa le meditazioni (e la cui amministrazione è
stata interamente riordinata) è distribuito a un migliaio di indirizzi; molte
copie sono inviate gratuitamente; un
centinaio i nuovi abbonati del 1973. Il
culto-radio è anche occasione di una
nutrita corrispondenza con gli ascoltatori che richiedono informazioni, pongono problemi di cura d’anime o desiderano contatti con comunità evangeliche vicine.
Anche il notiziario evangelico adempie una utile funzione di collegamento
del mondo evangelico e di informazione verso l’esterno. Rimane ancora da
studiare la possibilità di una migliore
integrazione tra la parte cultuale e la
parte informativa della trasmissione. (...).
STAMPA
Sotto questo titolo sono ricomprese
due attività. La prima è la diffusione
dei comunicati della Federazione agli
organi di stampa e dei suoi documenti di studio ed altri agli ambienti evangelici. Ciò è avvenuto tutte le volte
(non numerose) in cui la Federazione
ha emesso dei comunicati o prodotto
dei documenti. Il Servizio potrebbe essere incoraggiato a ampliare tale attivila provocando — quando sembra opportuno — delle prese di posizione da
parte degli organi della Federazione o
di singole personalità evangeliche. Un
aspetto particolare di tale attività è
quello di mantenere i contatti con la
stampa per conto di Sinodi o di Assemblee quando ve ne sia la richiesta.
La seconda attività è la produzione
con frequenza variabile di un bollettino-notiziario in inglese, destinato all’estero, e contenente sia articoli originali sulla vita religiosa in Italia, sia
informazioni sul protestantesimo. Alcuni di tali articoli sono stati vivamente apprezzati e ci son giunte richieste di proseguire e intensificare
tale lavoro. (...).
Prima di giungere a stabilizzarsi su
questa formula di lavoro il Servizio
Stampa ne ha tentate diverse altre,
rivelatesi impraticabili o non producenti. Nell’ultimo anno di attività gran
parte delle energie del Servizio sono
state assorbite dalla televisione che
effettivamente ha richiesto un adat
cio, che è tuttora incompleta e formata in parte di mobilio raccogliticcio c
del tutto inadatto.
Alcune attività affidate al Servizio
costano pur non rendendo immediatarnente nulla sul piano finanziario. Così il NEV, che viene distribuito gratuitamente e che richiederebbe una docurnentazione (quotidiani, riviste, agenzie) di cui fin’ora ci siamo privati per
economia; così lo «studio-laboratorio»
per predicatori radiofonici, che abbiamo finanziato, non senza qualche intoppo, con dei contributi speciali delle chiese, e che dovrebbe essere ripetuto e allargato; così la partecipazione a certi convegni internazionali di
televisione religiosa, cui abbiamo rinunziato per economia, ma risentendone le conseguenze negative su altri
piani.
Le fonti di finanziamento sono (oltre ai compensi RAI) i contributi delle
chiese ed opere italiane e gli apporti
del « Mass Media Project ». Dal momento in cui è andata in onda la trasmissione televisiva il Servizio si è
preoccupato di sollecitare i contributi
delle chiese italiane e di incrementare
gli^ apporti al « Project » mediante
un’opera di contatti internazionali e di
ricerca di donatori. I frutti di questo
lavoro si raccolgono a lunga scadenza
ed abbiamo motivo di ritenere che
non mancheranno. Va ricordato peraltro che il « Project » per sua natura non è destinato a durare in eterno,
ma ad esaurirsi in qualche anno. I
contributi delle chiese italiane saranno Quindi una componente essenziale
del finanziamento del Servizio. L’entità
di tali contributi dovrà essere stabilita con criteri che da un lato si fondino su una rigorosa sobrietà evangelica, e d’altra parte non limitino al Servizio gli strumenti di lavoro e le possibilità di movimento al punto da risultare controproducenti.
CONCLUSIONE
Se è vero — come riteniamo — che i
mezzi di comunicazione di massa possono adempiere oggi una funzione simile a Quella che lo stampato ebbe al
tempo della Riforma, e quindi risultare un importante strumento di evangelizzazione, occorre che le chiese e i
credenti in generale sostengano il Servizio, appunto in questa sua funzione
evangelistica, dandogli i mezzi per lavorare, fornendogli il massimo contributo di stimoli e di idee, incoraggiandolo nella ricerca di un linguaggio
eyangelistico appropriato all’uomo e
ai mezzi di comunicazione d’oggi.
llilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll||||||||||!IIIIIIM||||||||l
Alla redazione di questo numero
hanno collahorato Lalla e Giovanni
Conte, Ermanno Geme, Roberto
Peyrot, Edina Ribet, Elsa e Speranza Tron.
5
2 novembre 1973 — N. 43
LA r.HTFSA R T.A SUA MISSIONE NEL MONDO
pag. 5
Il problemaìriéi rapporti fra Stato a Chiosa m acManzine M lasi niiii Pittasi riprapono h modo acuto In vari paosi sii unflin matiiirieiitale
In vari paesi europei si pone in modo acuto il problema dei rapporti fra Stato e Chiesa. Non è il caso di ricordare come la questione del Coneordnto -^ revisione, abrogazione — sia sempre aperta e
bruciante in Italia: e anche quando non se ne discute, rimane uno dei nodi di fondo della situazione
italiana e delle tensioni nelle chiese; mentre le chiese evangeliche,hanno detto e ripetuto non solo la
loro convinzione che il Concordato debba essere abrogato, jria anche (almeno le Chiese Metodista e
Valdese) che debbano essere pure abrogate, mediante intese, le leggi sui culti ammessi del 1929-30,
cresce nell’ambito del cattolicesimo romano il numero di coloro che sono convinti che il Concordato
sia funesto non solo allo Stato ma anche alla Chiesa. E’ pure noto che nei paesi scandinavi periodicamente ritorna, con forza crescente, la richiesta di una netta separazione fra Chiesa e Stato. Questa nota si è poi fatta sentire, recentemente, anche in paesi nei quali era stata finora quasi inavvertita: la Svizzera e la Germania federale: ne riferiamo qui sotto, facendo seguire alcune notizie, contrastanti, sul dibattito in corso anche in Spagna a proposito del Concordato
GERMANIA FEDERALE: i liberali chiedono la separazione fra Stato e Chiese, i socialdemocratici e le Chiese ufficiali rifiutano, il dibattito continua.
(sepd) Nella Repubblica Federale Tedesca il partito liberale (FDP) ha presentato una proposta di netta separazione fra Stato e Chiesa. Tesi analoghe erano state elaborate già nello
scorso inverno dalla gioventù liberale
(Jungdemokraten). Ora il FDP, sotto la
guida di Lieselotte Funke, vicepresidente del Bundestag, ha formulato e
presentato 14 tesi quale base di discussione, che ambienti ecclesiastici hanno definito « un attacco alla Chiesa ».
Ecco le richieste del FDP:
1. La tassa ecclesiastica non può
più essere raccolta dallo Stato. Le
Chiese devono perdere il loro status
di corpi giuridici particolari, garantito loro attualmente dalla Costituzione,
e devono essere inserite nel diritto relativo alle associazioni, società etc.
2. L’appartenenza a una Chiesa
viene definita da una adesione personale, al raggiungimento della maggiorità religiosa (14 anni).
3. Da scuole, tribunali e altre istituzioni pubbliche deve essere bandita
ogni forma o simbolo religioso (preghiere, crocifissi etc.).
4. L’assistenza sociale, gli istituti
educativi e la cura ospedaliera devono
essere ideologicamente neutrali (N.
d. r.: che significa? e soprattutto: è
possibile?).
5. L’insegnamento religioso non
deve più essere materia d’insegnamento ordinario inserito nel piano di
studi.
6. I cappellani militari devono essere nominati e pagati dalla Chiesa.
Vivaci sono state subito le reazioni
a queste tesi di discussione, particolarmente da parte della Chiesa cattolica; ma anche le Chiese evangeliche
si sono espresse in modo nettamente
negativo.
Anche se l’intento dei liberali è semplicemente di trarre le conseguenze
della « de-ecclesiasticizzazione del nostro tempo », l’attuazione di questo
programma avrebbe conseguenze politiche rilevanti. Lo Stato sarebbe in
condizione di assicurare totalmente la
assistenza a malati, minorati e anziani, qualora le Chiese fossero ridotte
ad « associazioni private »?
C’è comunque da augurarsi che queste tesi non portino a una riedizione
del Kulturkampf (lotta anticlericale)
stile XIX secolo, ma piuttosto a un
dibattito positivo.
Prendendo posizione per bocca del
suo vice-presidente del Bundestags, il
ministro federale delle finanze Schmidt,
il partito socialdemocratico (SPD) ha
respinto le tesi del partito liberale.
Nelle sue richieste il documento liberale intende abolire diritti vigenti delle Chiese, fra l’altro quello di raccogliere la tassa ecclesiastica attraverso
gli uffici finanziari statali; il ministro
Schmidt ha dichiarato che il suo partito non intende scatenare alcun « assurdo Kulturkampf »; inoltre il governo federale non pensa di mutare, nel
quadro della progettata riforma fiscale, il sistema di raccolta della tassa
ecclesiastica.
Il cancelliere Brandt ha confermato
il governo
non per
questa presa di posizione:
federale — ha dichiarato
segue alcun piano tendente a mutare
i rapporti in atto fra Stato e Chiesa;
la politica governativa non cambia
semplicemente « perché a uno dei
membri della coalizione governativa
viene in mente qualcosa di nuovo ». Il
cancelliere ha affermato che nella Repubblica federale vi è spazio sufficiente per un rapporto di collaborazione
(Partnerschaft) fra Chiesa e Stato. In
campo politico-sociale vi sono — ha
detto — vari settori nei quali le Chiese e altre istituzioni, « in quanto elementi tradizionali, operano con maggiore efficacia di quanto possano farlo
elementi statali ».
SPAGNA: voci contrastanti sul Concordato.
Madrid - Fonti bene informate citate dal giornale cattolico « Ya» assicurano che la Santa Sede ha manifestato
recentemente al governo spagnolo la
sua volontà di riprendere le conversazioni per la revisione del concordato
del 1953. Le stesse fonti sottolineano
che si tratterebbe effettivamente di
una revisione del concordato del 1953
e non della firma di alcuni accordi
parziali.
La Santa Sede, secondo le stesse
fonti, ha fatto sapere che intende rinunciare al « privilegio del foro », ma
reclama la piena libertà nella designazione dei vescovi residenziali. La sede
apostolica accetterebbe il principio
della prenotificazione dei nuovi vescovi al governo spagnolo, senza però che
questa potesse essere considerata « efficace », cioè che concedesse al governo spagnolo una specie di diritto di
veto. Quanto ai vescovi ausiliari, la
Santa Sede si riserverebbe il diritto
di designarli senza alcuna prenotificazione.
Per contro 1’« AFP » dichiara di sapere — pure da fonte degna di fede —
che nel luglio scorso il Papa avrebbe
inviato un messaggio al gen. Franco
per comunicargli che la Santa Sede
non desidererebbe stipulare un nuovo concordato, che darebbe la cauzione morale della Chiesa cattolica a un
regime come quello spagnolo, che non
riconosce il pluralismo delle opinioni;
infatti i partiti politici sono vietati in
Spagna. Secondo la stessa fonte il Governo spagnolo avrebbe fatto preparare uno statuto unilaterale della Chiesa che potrebbe essere applicato nel
caso in cui la Santa Sede non accettasse di negoziare un nuovo concordato dato che quello del 1953 non soddisfa più né lo Stato né la maggior parte dei vescovi spagnoli.
D’altra parte, per avere idea delle
opinioni che circolano in Spagna, si
segnala che il decano della facoltà di
teologia dell’università di Navarra, dr.
José Maria Casciaro in una conferenza, ha detto che da una decina d’anni,
forse in seguito ai dibattiti del concilio vaticano II, i principi ermeneutici
del protestantesimo liberale e del modernismo cattolico hanno fatto la loro apparizione in alcuni settori della
Chiesa e specialmente attraverso pubblicazioni e saggi esegetici.
« Alcuni di questi professori — ha
aggiunto — che seguono elaborando
un giudizio mordace e implacabile, ma
falso, della teologia e della Chiesa »,
ripetendo 1’« errore » di Lutero e di
Calvino e di quanti altri, volendo prescindere dall’interpretazione autentica
SVIZZERA: iniziativa popolare per la separazione fra
Stato e Chiese, ma queste esitano di fronte alla complessità della questione.
(sepd) Anche nella Confederazione
elvetica è stata lanciata un’iniziativa
popolare — destinata, cioè, ad essere
sottoposta a referendum popolare —
tendente a stabilire una totale separazione fra Stato e Chiesa.
Di quest’iniziativa si è occupata, fra
l’altro, la recente assemblea che ha
riunito a Berna il gruppo di lavoro
delle Chiese svizzere, comprendente le
Chiese evangeliche riformate, la Chiesa cattolica romana, la Chiesa vecchiocattolica, ma anche Chiese libere come la Chiesa metodista, la Federazione delle chiese battiste e l’Esercito
della Salvezza in Svizzera.
Base delle discussioni sono state le
relazioni di due noti giuristi: il prof.
E. Isele, cattolico romano di Friburgo, e il prof. J. G. Fuchs, evangelico
riformato di Basilea. Per la prosecuzione del lavoro di ricerca e dibattito,
il gruppo di lavoro ha costituito una
commissione formata sia da rappresentanti di Chiese pubblicamente riconosciute sia da rappresentanti di
Chiese libere sia ancora da esperti.
Il gruppo di lavoro si preoccupa
delle conseguenze che comporterebbe
nella vita del paese una separazione
totale fra Stato e Chiesa, quale è prevista dai promotori dell’iniziativa. Esso si propone di seguire con la massima attenzione lo sviluppo della questione e di intervenire pubblicamente,
a suo tempo, con una propria presa di
posizione.
^ Secondo un comunicato della Conferenza delle Chiese di tutta l'Africa (CCTA) la sparatoria di Carltonville (n.d.tr. durante la quale, il 12 settembre scorso la polizia sudafricana
ha ucciso 12 minatori e ferito a.ltri nove perché chiedevano un aumento di
paga) si inserisce nell’attuale politica
del Sudafrica nei riguardi delle Chiese, degli studenti, dei lavoratori, della stampa e di tutti quelli che lottano contro \'apartheid. Atti come questi, continua il comunicato delle CCTA,
unitarnente ai bandi, agli arresti, alle
detenzimi, aumenteranno sempre più
in avvenire. È stato lanciato un nuovo appello a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà affinché raddoppino i loro sforzi per « porre fine alVaparlheid e alle inumane brutalità
della società bianca che opprime il
Sudafrica ». (soepi)
della Chiesa », caddero inesorabilmente nella superficialità ».
II teologo ha concluso ammonendo
che « non basta lamentare il male: occorre creare i mezzi attraverso i quali
la verità rivelata non sia falsata e il
popolo di Dio non sia maltrattato e
confuso nella sua fede e nella sua santificazione ». (ANSA)
Ginevra, 17 ottobre (soepi) — Il pastore Philip Potter, segretario .generale del CEC, ha reso di pubblica ragione la seguente dichiarazione sul conflitto del Vicino Oriente.
« Nel corso degli ultimi 25 anni la
situazione critica nel Vicino Oriente ha
già dato luogo a quattro riprese a conflitti armati. La violenza, l’ingiustizia
e il disprezzo intransigente nei confronti dei diritti dell’uomo, a livello
locale, sono stati spesso inaspriti dalla politica di forza internazionale.
« Testimoni delle distruzioni causate dagli eventi degli ultimi dieci giorni, della sofferenza e della morte che
ne derivano sia per i combattenti sia
per i civili delle due parti, riaffermiamo la nostra convinzione che la pace
e la sicurezza non possono venire che
da una soluzione politica giusta e durevole che prenda in considerazione
le aspirazioni legittime di tutti i popoli di quella regione. Vista ('escalation attuale del conflitto nel Vicino
Oriente, è necessario affermare:
— che il ruolo e le decisioni delle
Nazioni Unite devono ottenere un maggiore appoggio da parte dei paesimembri;
— che un intervento militare diretto o aperte minacce di intervento da
parte dell’una o dell’altra grande potenza non comprometteranno soltanto
l’attuale distensione nel suo insieme,
ma faranno nelle parti direttamente
impegnate in questo conflitto le prime vittime di distruzioni e sofferenze
ancora maggiori: nessun argomento,
di ordine strategico o economico, può
giustificare una simile azione;
— che le potenze non direttamente
impegnate in questo conflitto devono
astenersi dal provocare un'escalation
nella fornitura d’armi;
— che i principi del diritto umanitario riferiti ai conflitti armati siano
rigorosamente e pienamente rispettati dalle fòrze armate regolari e irregolari e applicati ad esse;
— che i bombardamenti massicci di
obiettivi civili a scopi strategici o psicologici siano immediatamente bloccati o evitati.
« Preghiamo vivamente i cristiani di
tutto il mondo di cercare d'impedire
che questo confronto militare si trasformi in una guerra totale, soprattutto con l’uso accresciuto di mezzi
di distruzione estremamente perfezionati. Questa dichiarazione e questa richiesta sono fatte nello spirito dell’appello che il CEC ha lanciato in
occasione della riunione del suo Comitato Centrale, lo scorso agosto, a
tutte le Chiese-membri e soprattutto
a quelle dei paesi i cui governi esercitano una grande influenza nel Vicino
Oriente.
« Esprimo l’auspicio che tutti coloro che sono impegnati in questo conflitto tragico e tutti coloro che ne sono
preoccupati, faranno tutto ciò che è in
loro potere per trovare nuove possibilità di una soluzione politica suscettibile di portare la giustizia, la pace e
la sicurezza a tutti i popoli di questa
regione ».
9 A Gerusalemme varie personalità stanno
studiando la creazione di un nuovo quartiere, a sud della città, nel quale ebrei, cristiani e musulmani vivano fianco a fianco e non,
com’è in genere attualmente, in comunità separate.
^ Con il 1° ottobre la Radio Vaticana ha
avuto un nuovo direttore : p. Roberto
Tucci, S.J.
IL CONSIGLIO
DELLA CEVAA
A TORRE PELLICE
Riprendiamo qui il discorso fatto già
a varie riprese sull’ultima riunione del
Consiglio della CEVAA, con due valutazioni generali di questo importante
incontro e con varie interviste ad alcuni dei partecipanti. È ora la volta
del Segretario generale della CEVAA,
pastore Rakotoarimanana, al quale abbiamo tenuto a domandare alcune impressioni personali ed alcune indicazioni sul lavoro svolto. Le domande
sono state rivolte dal pastore Giovanni Conte.
Un buon incontro con le chiese delle valli
Il segretario generale della CEVAA parla delle sue impressioni personali, dei
temi dell’incontro, delle speranze dell’opera missionaria
dirci qualcosa in
# Vuole parlarci dell’atmosfera generale in cui si è svolto l’incontro annuale del Consiglio della CEVAA?
È con gioia e con riconoscenza che
ci siamo riuniti a Torre Pellice, in questa valle relativamente stretta ma i
cui paesaggi sono attraenti, per non
parlare dell’accoglienza calorosa e fraterna che la Chiesa Evangelica Valdese
ci ha riservato.
Più ancora che in passato abbiamo
vissuto un’atmosfera di comprensione
vicendevole e di vera fraternità assai
positive. Questa sessione è stata per
noi un’occasione di riflettere sui vari
aspetti dell’azione missionaria e sui
problemi che essa pone alle nostre
chiese rispettive. Senza voler minimizzare l’identità propria di ognuna delle
chiese membro, abbiamo messo l’accento sul senso reale della Comunità
in seno alla quale le chiese collegate
sono chiamate a contribuire risolutamente agli sforzi comuni da intraprendere in vista della nostra missione comune.
D’altra parte, siamo convinti che la
conoscenza reciproca dovrà essere oggetto della preoccupazione di tutti in
modo da pervenire ad una reciprocità
reale che è il segno autentico della nostra collaborazione fraterna.
• Quali sono stati i principali tenti
affrontati dal Consiglio?
Durante la scorsa sessione il Consiglio ha affrontato i seguenti temi principali:
a) L'animazione teologica: sin dalla sua creazione la CEVAA ha nominato un segretario teologico nella persona del pastore Seth Nomenyo. Inoltre, abbiamo domandato alle chiese
membro di nominare un corrispondente teologico col quale il Segretariato
teologico deve collaborare strettamente in vista di scoprire il senso autentico della missione della Chiesa oggi.
A Torre Pellice, abbiamo riesaminato
questa questione fondamentale ed abbiamo ritenuto che il corrispondente
teologico deve animare il lavoro di riflessione e di ricerca sul piano locale.
Infatti è precisamente sul piano locale
che l’interpretazione di Cristo deve avvenire in modo da suscitare un vero
impegno dei cristiani nella testimonianza e nel servizio autentico.
Per permettere gli scambi di punti
di vista e di esperienze il Consiglio ha
previsto un incontro di animatori teologici che sarà organizzato dal Segretario teologico.
Speriamo vivamente che tale incontro sarà per gli uni e per gli altri una
occasione di interrogarsi e di arricchirsi a vicenda.
b) Scambi di informazioni: Abbiamo anche parlato delle informazioni
da far circolare tra le chiese della Comunità in vista di una conoscenza reciproca. Tali informazioni non dovrebbero limitarsi allo scambio di bollettini di informazione o di pubblicazioni
periodiche. Degli incontri di persone
interessate e delle visite devono venir
organizzate dal Segretariato della Comunità onde permettere un confronto
delle esperienze e la conoscenza dei
problemi reali ai quali le chiese devono far fronte oggi.
c) Problemi dell'insegnamento:
D’altra parte, il Consiglio ha esaminato il problema posto dall’insegnamento. Infatti, i sistemi di insegnamento
praticati attualmente non rispondono
più alle necessità reali dei nostri paesi
rispettivi e in particolare dei giovani
di oggi. Il Consiglio ha deciso di effettuare uno studio approfondito di questo problema in modo da far sì che
l’insegnamento sia utile per i nostri
figli.
d) Il punto sulle attività della Comunità: Per ciò che concerne le attività comuni intraprese dalla Comunità, il Consiglio ha espresso il desiderio che esse vengano esattamente puntualizzate in modo da permettere alle
chiese membro di impegnarsi in azioni nuove; penso in modo particolare
aH’evangelizzazione in zone urbane o
in regioni rurali assai isolate ed alle
prese con religioni tradizionali od ancora all’annuncio dell’Evangelo ai « cristiani marginali » ed a quelli che hanno subito un processo di decristianizzazione.
e) Fra le decisioni prese dal Consiglio desidero anche ricordare l’accettazione della Chiesa protestante di
Dakar (Senegai) e di quella di Cristo
Re di Bangui (Repubblica Centrafricana) quali membri associati della CEVAA.
• A Torre Pellice avete anche parlato
a lungo di alcuni aspetti della Conferenza di Bangkok e in particolare
della proposta fatta da alcuni membri di quella conferenza e concernente i missionari, specie quelli eu
ropei. Potrebbe
proposito?
Il Consiglio ha discusso la proposta
avanzata da alcuni africani presenti a
Bangkok secondo la quale è auspicabile che vengano ritirati i missionari
in modo di permettere alle chiese africane di scoprire la loro identità propria. Il Consiglio ritiene che tutte le
chiese fedeli alla loro vocazione devono prendere coscienza della missione
tanto sul piano locale quanto su quello universale. In conseguenza, le Chiese africane come quelle d’Europa sono
chiamate ad annunciare l'Evangelo al
di fuori del loro territorio. Ciò implica il riconoscimento reciproco di chiese di nazioni e di confessioni diverse.
In questo senso, la diversità di culture e tradizioni potrebbe diventare un
arricchimento per gli uni e per gli
altri. Dio può servirsi della nostra uni-,
tà nella diversità. Dobbiamo dunque
continuare insieme ad assumere questa missione che ci è affidata.
Le sue impressioni
Valdese?
sulla Chiesa
La sessione del Consiglio a Torre
Pellice ha permesso a tutti i partecipanti di prendere contatto con numerose comunità della regione. Essi sono
stati tutti accolti assai bene ed hanno
potuto approfittare di questa occasione per intrattenersi coi membri di
chiesa sulle questioni relative alle attività comunitarie. Hanno anche potuto dare delle informazioni sui lavori del Consiglio e sullo scopo che ci
prefiggiamo nel quadro della Comunità. Tale scopo può essere così riassunto: aiutare gli uomini ad incontrare Gesù Cristo ed a rendere testimonianza della loro fede in tutti gli aspetti della vita umana. Gli studi biblici
diretti dal pastore Giorgio Tourn ci
hanno aiutato in modo efficace a riscoprire le dimensiorii spirituali sociali e politiche della missione oggi.
Ne siamo particolarmente riconoscenti.
Come dovunque, la Chiesa evangelica valdese ha i suoi problemi. Pensiamo a lei e soprattutto a coloro che
sono chiamati a dirigerla ed a edificarla. La storia ci mostra che Cristo non
ha abbandonato a se stessa questa
chiesa. E nella fede e nella speranza
siamo sicuri che il Signore sarà sempre con lei e l’aiuterà a prendere coscienza delle sue responsabilità.
6
pag. 6
N. 43 — 2 novembre 1973
I
Alle Valli oggi
IV
COSTITUITE LE COMUNITÀ’ MONTANE
VAL PELLICE, VAL CHISONE - GERMANASCA
Novembre
Per il giovane e gracile stato italiano la guerra del 1915-18 è la prima
grande esperienza collettiva nazionale.
Come guerra di massa essa non può
essere combattuta senza i contadini:
« tutti i figli di una umile terra sono
chiamati a combattere per una patria
comune ». E infatti l’esercito italiano
sarà un esercito contadino; lo si può
capire solo dal fatto che il 50 per cento dei soldati sono analfabeti. I contadini non hanno voluto la guerra non
fosse altro perché a loro la guerra non
serviva; e in quanto alla « patria cornune » quella che la borghesia pensa
che uscirà più forte e più unita dallo
scontro; loro che in cinquant’anni non
hanno mai avuto niente, o poco, capiscono una cosa sola: di costituire per
essa la carne da cannone, che sarà però dimenticata al momento delle medaglie e delle ricompense.
Eppure combattono, combattono per
quasi 42 interminabili mesi e sono
quelli che pagano più duramente: il
64 per cento degli orfani di guerra sono carfani contadini ed è contadina la
metà dei combattenti di prima linea,
vivono nel fango delle trincee sino aÌ
niomento di andare all’attacco e morire. I contadini alle armi sanno che
le iHccende a casa vanno male, perché
non si possono togliere impunemente
due milioni e seicentomila lavoratori
alla terra.
Nel 1916 e 1917 le loro donne sono
state costrette a scioperare, e come se
non bastasse, il governo continua a
requisire il grano e il bestiame. Se c’è
da andare all’assalto l’ordine arriva
subito, ma se c’è da andare in licenza
per il raccolto il permesso arriva sempre tardi. Così molti cercano di tornare a casa o fuggendo dai reparti o prolungando le licenze o procurandosi delle ferite e delle malattie. Su un esercito di cinque milioni di soldati si contano 870 mila denunce, delle quali 470
mila per rifiuto di continuare il servizio.
ottobre si sono tenute le elezioni per la costituzione delle Comunità Montane: Pier Carlo Longo Sindaco di Rora ed Eugenio Maccari Sindaco di Pramollo i rispettivi Presidenti - B. Martina ed E. Merlo i Vice
Val Pellica
I tre anni di guerra restituiscono alla nazione un mondo contadino quasi
irriconoscibile, provato e martoriato.
Haimo pagato il prezzo più alto di
tutti per la vittoria ed ora aspettano
la ricompensa della « patria ». Del resto non dovrebbe essere una novità
per nessuno: già durante la guerra era
risuonato il grido « la terra ai contadini » e nel 1917 era stata posta ufficialmente la questione della requisizione dei terreni non coltivati. Perfino la propaganda ufficiale dopo Caporetto, nel momento del pericolo, non
aveva esitato a fare delle promesse in
questo senso, per quanto vaghe. Lo
stesso generalissimo Armando Diaz
nel 1918 parlando ai fanti della brigata Sassari, la più provata e martoriata di tutte le brigate dell’esercito itano, dise: « Fanti della Sassari, troppo
avete sofferto, la patria vi deve una
ricomprasa; a guerra finita la terra
spetterà ai valorosi figli che la lavorano». Invece gli ex combattenti contadini capiscono subito che per loro la
situazione è rimasta identica al 1914:
per la massa dei braccianti non ci sarà altro che le loro braccia come unica ricchezza. E per i piccoli coltivatori diretti, che pure costituiscono il 90
per cento dei proprietari, non rimarranno nemmeno tre milioni di ettari
su un totale di 22 milioni, come dire
aree insufficenti per vivere. Così dopo
tre anni di guerra durissima, combattuta in condizioni umane impossibili,
dopo aver lasciato decine di migliaia
di morti sui campi di battaglia, i contadini che ritornano a casa, devono accontentarsi per ricompensa di tante
sofferenze di essere presi in giro con
un vuoto trionfalismo nazionalistico.
Adelchi Ricca
4 novembre: bazar a Rorà
Alle ore 15 di domenica 4 novembre sarà
allestito il bazar alle FUCINE. Un cordiale invito a quanti possono collaborare con doni vari
per un buon esito. Un Invito particolare agli
amici e fratelli rorenghi e non.
La prima seduta del Consiglio della
Comunità Montana si è svolta in una
atmosfera tesa ed è durata quasi tre
ore. In apertura prendeva la parola
l’arch. Longo, come presidente reggente il Consiglio di Valle, ringraziando
quanti lo avevano coadiuvato nei mesi
scorsi e dicendosi convinto che era
giunto il momento, con la nascita della
Comunità, di cambiare molte cose, di
rimuovere molti ostacoli, che avevano
impedito ai Consigli di Valle di svolgere un’azione più incisiva e più proficua.
Il sindaco di Villar, M.o Brache propone la candidatura dell’Ach. Longo
quale presidente della Comunità, dicendosi certo che è il candidato più naturale e di grande affidabilità avendo
dimostrato di saper guidare il Consiglio di Valle con equilibrio e dedizione.
Il consigliere Chiapperò (Bricherasio) faceva allora un lungo intervento
a nome della DC. Dichiarato che non si
intendeva da parte loro fare una corsa
al « cadreghino » informava i colleghi
di trattative intercorse fra loro e i socialisti, nelle quali s’erano impegnati a
votare per il candidato proposto dal
P.S.I. a patto che il vice-presidente fosse il M.o Martina, sindaco di Luserna
S. Giovanni. I socialisti però avevano
respinto questa proposta rivendicando
per sé la vice-presidenza.
Nel caso l’assemblea decidesse di accettare una simile ipotesi (Longo pres.,
Baridon, socialista, vice) i consiglieri
D.C. sarebbero usciti dall’aula, facendo mancare il numero legale per lo
svolgimento della seduta.
L’avvocato Cotta, seccato che il PSDI
che egli rappresentava non fosse stato
interpellato nelle trattative dichiarava
che si sarebbe astenuto (in realtà è
uscito dall’auia e non vi è più tornato).
L’avvocato Bert lamentando il fatto
che l’accordo politico fosse limitato a
PSI-DC chiedeva di riaprire le trattative.
L'aw. Gay chiedeva di rinviare la seduta di 15 gg.
Il M.o Martina dichiarava che la DC
era pronta a riaprire le trattative.
Longo dichiarava la sua non disponibilità a presiedere un Consiglio « spaccato» in due.
Charbonnier di Bobbio, a nome del
PSI, faceva rilevare come l’unico scoglio fosse la vice presidenza, rivendicata da ambedue le maggiori forze politiche locali; sulla Presidenza tutti parevano concordare e sugli altri membri
della giunta si poteva facilmente raggiungere un accordo sulle persone di
Baridon (Bobbio) Franche (Villar), Stefanetto (Torre Pellice), Chiapperò (Bricherasio), Bertin (Angrogna).
A questo punto il Dott. Bertotto, che
presiedeva i lavori, proponeva di sospendere per 15’ la seduta e l’assemblea si dichiarava d’accordo, (i 15’ dovevano diventare più di un’ora).
Alla riapertura, rifatto l’appello,
mancavano gli avvocati Cotta e Gay
(questi era dovuto partire per la
Francia). Presa la parola, Tavv. Bert
faceva rilevare l’esigenza di indicare
subito alcune linee programmatiche
sulle quali far convergere i consensi
di una maggioranza; due scadenze assai vicine giustificano l’urgenza di tali
indicazioni: entro 50 giorni occorrerà
approvare lo statuto della comunità
ed entro un anno bisognerà elaborare
il piano di sviluppo della comunità
stessa. Bert chiedeva che ci si impegnasse a precisare nello Statuto, quali saranno le competenze specifiche
della Comunità (la legge a tale riguardo è molto vaga): fra le prime la difesa del lavoro nella zona, poi il consolidamento delle strutture già realizzate per la sicurezza sociale. La delega, da parte dei comuni, a svolgere attività che sarebbero di loro competenza ma ai cui oneri ed alla cui organizzazione essi non riescono a sopperire.
Infine la facoltà di esprimere pareri consultivi sui grossi problemi economico-politici che toccano o potranno toccare la nostra valle: autostrada - insediamenti di industrie - creazione di centri turistici di tipo speculativo. L’aw. Bert chiedeva inoltre che
nella giunta venissero spartiti gli incarichi fra gli assessori onde evitare
conduzioni di tipo « presidenziale » e
che la giunta fosse affiancata da almeno due commissioni, quella per gli
affari generali e quella per il piano di
sviluppo, di cui facessero parte, come
in parlamento, rappresentanti di tutti
i partiti e gruppi politici.
Per ultimo, fermo restando che lo
Statuto va elaborato dalla giunta, egli
affermava la necessità di consultare
per la sua stesura anche membri del
consiglio esterni alla giunta stessa.
Dopo un breve intervento di Chiapperò per suggerire di coordinare i lavori di stesura con quelli delle altre
Comunità (Val Chispne, Germanasca e
Pedemontana), prendeva la parola lo
Arch. Longo che accoglieva in sostanza le richieste delTAvv. Bert, ribadendo la necessità di « responsabilizzare »
non solo i membri della Giunta ma
tutti e 27 i consiglieri. Indicava quindi le linee principali sulle quali avviare il lavoro della Comunità: rafforzamento delle strutture già esistenti
(servizio di assistenza sociale e servizio tecnico), rapida stesura del piano
di sviluppo, realizzazione della bonifica montana, elaborazione di un piano urbanistico di valle.
Si passava allora alle votazioni: Longo risultava eletto , all’unanimità, per
la vice-presidenza Martina veniva eletto con 14 voti, gli altri membri della
giunta eletti erano: Steffanetto (22 voti), Brache (21 voti), Baridon (18 voti)
Bertin (16 voti). Chiapperò (15 voti).
In chiusura, mentre l’arch. Longo
ringraziava per la fiducia dimostratàgli, il M.o Martina dichiarava di accettare « con riserva », volendo riflettere con i membri , del suo partito sull’esito dei risultati e la stessa riserva
esprimeva Chiapperò.
R. Gay
Val Chisone
Germanasca
A VILLAR PEROSA
Abbiamo saputo, in questi giorni che
nella Scuola Media Statale di Villar
Perosa gli alunni della prima classe
che hanno scelto come lingua straniera
il francese, sono stati divisi in base
alla confessione religiosa delle loro famiglie: vi sono due sezioni di alunni
cattolici ed una di alunni valdesi.
Abbiamo motivo di pensare che
questo sia stato fatto per venire incontro all'insegnante di religione valdese,
che può così svolgere il lavoro in una
sola ora settimanale, anziché in tre.
Come genitori appartenenti alla comunità valdese di Villar Perosa, sebbene i nostri figli non frequentino ancora la scuola media, desideriamo denunciare questo fatto alla opinione
pubblica ed in particolare a quanti si
interessano al problema dell'insegnamento della religione nella scuola, come esempio di una situazione paradossale alla quale si può giungere, se
continuiamo a voler approfittare di insegnare un pò di religione durante le
ore di scuola, quando i ragazzi si trovano per obbligo tutti lì e sono quindi
sicuramente tutti raggiungibili.
Noi non comprendiamo come si
possa sostenere la necessità di una
scuola di stato laica e democratica.
Bassa
Val Pellice
NON CI SARA’ L’ORA DI RELIGIONE
Mercoledì 24 ottobre alle ore 17 sì è
svolta a Torre Pellice, nella casa Unionista una riunione a cui erano presenti
gli insegnanti elementari valdesi dei comuni di Torre Pellice, Angrogna e Luserna S. Giovanni (rappresentati nella
Quasi totalità), i pastori delle relative
Comunità e il Direttore didattico.
L’argomento in discussione era quello delle ore settimanali di religione che
avvengono nelle Scuole Elementari Statali, argomento già dibattuto in una
precedente essemblea del 17 ottobre.
Già dalla precedente assemblea erano emerse due tendenze generali in
proposito:
1) non fare più « religione valdese »
nelle ore scolastiche. Questa sarebbe
anche una presa di posizione nei confronti della scuola confessionale cattolica dello Stato italiano.
L’impegno delTinsegnamento religioso dovrebbe essere assunto dalla Comunità. L’insegnante dovrebbe impegnarsi come membro delle Comunità.
2) Non bisogna rinunciare alle ore di
religione per i bambini valdesi. Altrimenti lasceremmo alla Chiesa Cattolica il privilegio di insegnare religione
nelle scuole dello Stato. Qualcuno ha
fatto notare che Torà di religione per i
bambini valdesi permette di « agganciare » quei bambini che i genitori non
mandano a Scuola Domenicale.
Questa seconda assemblea ha portato
ad una situazione di compromesso:
per (juest’anno non si farà lezione di
religione valdese nelle ore scolastiche,
nei comuni suddetti. Quest’anno scolastico servirà per fare una « diagnosi ».
La lezione di religione a scuola serve
ancora? Risponde ad una reale esigenza? La formazione religiosa dei bambini risente della sua mancanza?
Durante tutto Tanno si terranno riunioni con ì genitori degli alunni per discutere a fondo il problema con gli interessati, i genitori. Per portare a conoscenza il problema è stato preparato
e distribuito un ciclostilato che riportiamo qui di seguito:
Ai genitori degli alunni valdesi
delle scuole elementari statali
di Angrogna, Luserna S. Giovanni e Torre Pellice.
T insegnamento della religione nelle
scuole statali è in discussione. Il Sinodo di quest’anno ha preso posizione rifiutando di stabilire intese con lo Stato per quel che concerne l’insegnamento della religione valdese nelle scuole
statali.
La necessità di una coerenza anticoncordataria nelTaffermazione di una
scuola veramente laica e l'esigenza che
le comunità assumano completamente
La responsabilità della formazione e
istruzione religiosa ha condotto la maggioranza degli insegnanti valdesi delle
chiese di Angrogna, Luserna S. Giovanni e Torre Pellice a proporre di sospendere l’insegnamento della religione
valdese nelle scuole elementari statali.
Questa decisione è stata assunta a titolo sperimentale per quest’anno.
Riteniamo però che la questione debba essere chiarita ulteriormente con le
famiglie direttamente responsabili della formazione religiosa dei loro figli.
: Da parecchi mesi il problema del
Gli insegnanti valdesi di Angrogna, Luserna S. Giovanni e Torre Pellice.
Un’atmosfera di forte tensione ha
caratterizzato la prima seduta del
Consiglio della Comunità Montana
Valli Chisone e Germanasca, che ha
avuto luogo sabato 27 ottobre a Perosa Argentina.
Non soltanto era in gioco l’elezione
del Presidente e della Giunta, ma tutta una linea politica veniva messa alla prova: infatti l’eventuale elezione
del candidato proposto dai consiglieri D.C. avrebbe significato un ritorno
al sottogoverno e alla pesante tutela
del partito di maggioranza. L’alternativa era una linea di sinistra già sperimentata nel passato Consiglio di Valle ed è quest’ultima che ha avuto il
sopravvento.
Le votazioni erano state precedute
da consultazioni di parte e i consiglieri « neutri » abbordati con lusinghe e
velate minacce di riduzione dei contributi. Con questo sistema anche alcuni consiglieri valdesi erano stati sollecitati a parteggiare per il candidato
D.C.. come spesso succede nel nostro
ambiente per qualsiasi tipo di elezioni.
Per l’elezione del Presidente si trovano quindi contrapposti due candidati: l’ispettore forestale a riposo
Maggiorino Passet-Gros di Pragelato,
presentato dai democristiani e il sindaco di Pramollo Eugenio Maccari, già
Presidente del Consiglio di Valle. Come consigliere più anziano presiedeva
l’assemblea il sindaco di Inverso Pinasca, Andrea Olivero. Dopo alcune discussioni sull’opportunità di usare
schede in bianco, oppure quelle con
i nomi dei 48 candidati già stampati,
si passava alla votazione che avveniva, per la prima volta, nel segreto della cabina.
Il risultato era abbastanza significativo: 29 voti per Maccari, 18 per
Passet-Gros, un voto disperso.
L’ala D.C., evidentemente disorientata, chiedeva un quarto d’ora di so
GHETTO
protestare per la continua ingerenza
della chiesa cattolica nelle questioni
statali, richiedere l'abrogazione del
Concordato, ed accettare poi una interferenza da parte di una nostra chiesa
in una materia, come la formazione
delie classi, che è solo di competenza
della scuola. E quanto sia stata pesante questa interferenza, è dimostrato
dal fatto che mai negli anni precedenti si era verificata una divisione basata
su simili criteri. In particolare. Tanno
scorso la formazione delle sezioni era
stata effettuata in base a criteri psicopedagogici, seguendo le indicazioni
fornite da un gruppo di insegnanti,
della Direttrice didattica, e da una psicoioga, in modo da creare delle classi
omogenee, superando, nei limiti del
possibile, perfino l'ostacolo delle due
lingue straniere. Quest'anno, criterio
discriminante è diventata la confessione religiosa ; ne è venuta fuori una
specie di « classe ghetto » : i ragazzi
valdesi, in gran parte provenienti dalle borgate dell'Inverso, da San Germano e Pramollo, o figli di famiglie
scese dall'alta Val Germanasca, si ritrovano così sempre tra di loro, con
scarse occasioni di contatti e aperture
verso i compagni di ambiente (diverso.
Inoltre la configurazione di tutte e tre
le classi è falsata rispetto alla realtà
del mondo esterno, non essendovi riprodotte tutte le diverse situazioni ambientali e sociali che si ritrovano al di
fuori della scuola. Ad esempio, nella
sezione valdese non vi saranno ragazzi meridionali, eppure gli immigrati a
Villar Perosa sono numerosi : ma questo aspetto della vita del paese rimarrà
estraneo alla vita della classe. I nostri
figli saranno alunni delle medie solo
fra due o tre anni : ma potrebbero trovarsi nella stessa situazione se non interveniamo subito per modificarla.
Ci sembra inoltre che questo episodio particolare debba venire considerato nel quadro più ampio del problema del'insegnamento della religione
nella scuola : pensiamo che non basti
dissentire dal provvedimento adottato
a Villar Perosa e cercare di impedire
che si ripeta, ma che, come chiede E.
Genre nel suo articolo « L'ora di religione » (cfr. Eco/Luce del 19-10-'73),
sia necessario prendere una posizione
chiara e finalmente coerente su questo aspetto della nostra testimonianza.
G. e D. Torchia
R. e L. Bouchard
E. e A. Usseglio
spensione, poi due nuovi candidati venivano proposti per la Vicepresidenza: Carlo Trombotto, sindaco di Perosa, democristiano, in alternativa ad
Ettore Merlo, sindaco di Roreto Chisone, indipendente, presentato dall’altro gruppo. Le votazioni davano questi risultati: Merlo'. 26 voti; Trombotto: 21 voti; una scheda bianca.
Subito dopo si procedeva all’elezione della Giunta, per la quale occorrevano sette nomi. Tre votazioni consecutive completavano la laboriosa seduta e venivano cosi eletti i seguenti
consiglieri: Riccardo Richiardone, sindaco di Pinasca; Carlo Trombotto, sindaco di Perosa; Raimondo Genre, sindaco di Perrero; Branco Bonnet, sindaco di Pomaretto; Pier Cesare Morero, consigliere di Villar Perosa; Oreste
Breusa, sindaco di Prali; Rinaldo Bontempi, sindaco di Porte.
Una parte dell’assemblea, ovviamente, usciva soddisfatta da questo scontro elettorale; l’altra parte si preparava ad esaminare le forze in campo
per poter fronteggiare la nuova situazione. I più depressi erano i consiglieri dell’alta Val Chisone che, malgrado
tutti i loro sforzi, non erano riusciti
ad infilare nella Giunta neppure un
rappresentante della loro zona.
Non è detto, comunque, che la s’
tuazione rimanga così, perché già si
profila la possibilità di dimissioni do
vute ad incompatibilità politica; no'
ci auguriamo invece che il nuovo Er.
te Montano si metta al lavoro al più
presto, per non rimandare ancora
problemi, già così gravi e urgenti.
L. ViGLIELMO
CILE
Diamo l’elenco delle adesioni sin
qui pervenute alla mozione di Bobbic
e Antonicelli perché il nostro governo
non riconosca la giunta militare fascista che in Cile ha preso il potere con
il colpo di stato.
Mirella Bein, Miriam Bein, Ernesto
Bein, Marisa Sappé, Donatella Cerve!lati, Elena Armand Bosc, Vera Odino,
Arianna Beatrice, Filomena Adinolfi,
Olga Cairus, Giulia D’Ursi, Enzo Jouve, Sergio Giacon, Piero Granero, Maria Margherita Agli, Paolo Rostagno,
Attilio Sibille, Vincenzo Moiani, Valdo Armand-Hugòn,'Jean Louis Sappé,
Lucilla Pellenco, Mario Mauro, Claudio Pasque!, Franca Bellion, Bruno
Revel. Michelino Malan, Franco Peracchione. Fiammetta Cullo, Cristina
Gaydou, Bruna Peyrot, Claudio Taccia, Enrico Taccia, Dino Bellion, Enrica Bellion, Patrizia Peyrot, Luciana
Chauvie, Franco Girardet, Wanda Baimas, Rosalba Berger, Marcella Bonjour. Walter Bertolo, Salvatore Lentini, Adriano Converti, Donatella Sommani, Giorgio Benigno, Tullio Gavdou,
Maria Trance Coisson, Renato Coisson,
Carmen De Rosa, Ugo Bertot, Renato
Peraldo, Franco Boiero, Mario Malan,
Yvonne Peyronel, Mariella Taglierò,
Maria Angela Salusso, Giancarlo Rollo,
Ferdinando Grill, Mario Lasagna, Enrico Corsani.
PONDO DI SOLIDARIETÀ’
Mirella, Bein, Ernesto Bein, Miriam
Bein, Marisa Sappé: L. 20.000.
Martedì 30 ottobre sciopero
nelle scuole della Provincia
I tre sindacati CGIL, CISL e UIL hanno pròclamato in tutte le scuole della provincia di Torino (dagli asili alTUniversità ) una giornata di
sciopero per protestare contro il tentativo in atto di svuotare di contenuto lo statuto giuridica
del personale scolastico ottenuto il maggio
scorso. Fra le richieste avanzate quella dello
sdoppiamento delle classi superiori alle 25 unità, intervento nell'edilizia scolastica, un anticipo
della somma stanziata dalla Regione per i libri
di testo gratuiti per le medie inferiori, l'aumento del personale non insegnante nella scuola materna, Commissioni speciali per gli esami
di licenza media dei lavoratori studenti.
11 processo ai clinici
che non sapevano quel che facevano
Abbiamo visto nei giorni scorsi sui giornali
le.facce di ben noti direttori di cliniche ed istituti torinesi ; stavolta però non si trattava di
un'intervista sulla situazione sanitaria bensì di
un processo, di persone che rispondevano al
Pubblico ministero per avere sottratto alle casse deirUniversità circa due miliardi di lire.
L'espressione che abbiamo notato sul viso dei
12 accusati era una; IO NON SO NIENTE. Il
prof. Brunetti si è fatto pagare due volte un
apparecchio sanitario del costo di quasi tre milioni di lire (« Invece di restituire i soldi li impiegai per potenziare l'istituto»). Il prof. Bocci, accusato di peculato per oltre 200 milioni si
è servito dell'Università per le sue visite private usando regolarmente il timbro universitario senza che la percentuale delle entrate
fluisse nelle casse dell'Università; ha risposto:
« era un timbro che circolava da anni in clinica
e che era rimasto lì, per pigrizia, ignoranza,
ingenuità ». Sono cose che accadono in Italia,
dove si finisce in galera per aver rubato due
meloni. Qui però il « caso » è diverso e le
assoluzioni saranno molte; altrimenti si rischierà di privare il paese di troppi direttori di cliniche.
i
7
2 novembre 1923 — N. 43
Vita, problemi, pròspéttive dèlie chiese valdesi
pag. 7
Fdcoltà di teologia: '^ anno di imnaonativa A Tiirre Pellìix/il Collenivù Bonhoeffer
snarimantaziona si apra davanti a noi” continua il suo lavoro
L’apertura del 119° anno accademico
della Facoltà vede un numero discreto di nuovi studenti iscritti al primo
anno: tre valdesi, due battisti, quattro cattolici. Questi ultimi rappresentano, in certo qual modo, una novità,
anche se già negli ultimi anni, occasionalmente e in via derogatoria, era
stato accettato qualche studente non
appartenente a una comunità evangelica. Da quest'anno, ciò non costituisce più una eccezione. Il Sinodo valdese 1973 ha accolto, sia pure in via
sperimentale, la proposta di allargare
la sfera del servizio reso dalla Facoltà
nel campo della preparazione teologica dei credenti del nostro tempo. Così
è possibile da quest’anno iscriversi al
corso di Licenza in teologia ai fini del
ministero pastorale evangelico, oppure
per fini diversi. Nel primo caso occorre ovviamente appartenere a una comunità evangelica da almeno due anni ed essere presentati dal suo Concistoro o Consiglio con riferimento non
solo al carattere morale e spirituale
dell’interessato ma anche alla natura
della sua vocazione. Per quanto riguarda gli studenti non evangelici, il
Sinodo non è ancora giunto aH’esame
delle norme di ammissione, ma alcuni
interventi hanno criticato la formula
tratta dal precedente regolamento (del
1955) che parlava di « esigenze culturali e spirituali di ordine personale »,
affermando che lo studio della teologia
è possibile unicamente sulla base della confessione della fede, che può avvenire anche in un contesto diverso
da quello delle comunità evangeliche.
Infatti il regolamento riveduto dà allá Facoltà, nel suo primo articolo (già
approvato dal Sinodo) una «prospettiva missionaria ed ecumenica ».
Questo allargamento del servizio reso dalla Facoltà non può non risultare fecondo, sia per lo stimolo che apporta ai docenti, sia per il contatto
che gli studenti possono avere con ambienti e forme di pensiero diversi. Non
ci nascondiamo un rischio che si nascondeva dietro questa apertura; che
venisse cioè presentato un numero eccessivo di domande di iscrizione, anche da parte di persone sprovviste della sufficiente disponibilità di tempo.
In questo caso la Facoltà avrebbe potuto slittare verso modelli deteriori
offerti da talune facoltà umanistiche
ridotte a pure e semplici macchine da
esami che sfornano lauree a studenti
che non mettono mai piede all’università fuorché per gli esami.
La Facoltà valdese invece ha sempre cercato di ispirarsi piuttosto ai modelli delle Facoltà svizzere,, tedesche e
anglosassoni, il cui elemento essenziale non è l’esame, ma il gruppo di lavoro, o « seminario ». La grande ambizione degli studenti stranieri non è
tanto quella di ascoltare il «corso»
dei più famosi docenti di una Facoltà, quanto quella di partecipare per
un semestre al loro « seminario », cioè
al gruppo di lavoro che essi dirigono
su un determinato argomento, e al
quale tutti partecipano cop ricerche,
letture, e altri lavori suggeriti dal docente è discussi dal gruppo. Solo con
un libretto universitario nel quale figurino seminari sulle principali materie teologiche è possibile presentarsi
con speranza di successo all’esame finale.
La Facoltà valdese di teologia, per
le sue dimensioni molto ridotte, è sempre stata in fondo un gruppo di lavoro, e questo carattere vuole mantenere anche ora, invitando gli studenti a
inserirvisi, e considerando la Licenza
teologica come il titolo che corona questo metodo di studio.
Per gli studenti che non possono, per
motivi di distanza geografica o per impegni di altro genere, inserirsi nel
gruppo di lavoro rimane la via degli
studi condotti per conto proprio su
indicazione dei professori: è la categoria che è sempre stata chiamata degli studenti « esterni ». Alla fine dello
scorso anno appartenevano a questa
categoria 26 studenti e diversi hanno
presentato domanda di iscrizione per
il 1973-74. Il loro piano di studi comprende dieci materie fondamentali, ma
il nuovo Regolamento prevede che a
loro richiesta una, due e fino a tre di
dette materie possano essere sostituite da altre insegnate.nella Facoltà per
dar luogo a un piano di studi prevalentemente biblico-teologico oppure
teologico-storico oppure biblico-pratico. Il corso dura quattro anni (ma gli
esami possono essere dati entro un
massimo di nove anni a far tempo dall’iscrizione); per ottenere il Diploma
in teologia protestante, oltre a sostenere gli esami con esito positivo gli
studenti esterni debbono presentare
un’esercitazione scritta (tesi) su argomento approvato dal Consiglio accademico.
Un anno di impegnativa sperimentazione si apre dinanzi a noi: chiediamo alle chiese di accompagnarci con
la preghiera e di non dimenticare di
sostenerci anche finanziariamente.
Bruno Corsami
In ottobre ha ripreso le attività il
Collettivo Bonhoeffer, il gruppo di studio biblico-teologico che l’anno scorso
ha raccolto ogni tre settimane a Torre
Penice una trentina di persone provenienti per metà da Torino e per metà
dalle Valli, resto del Piemonte e Milano.
Il lavoro del collettivo seguirà quest’anno lo stesso schema sperimentato
l’anno scorso, suddiviso in tre parti:
1. Sabato pomeriggio, dalle 16 alle
19, studio dell'Antico Testamento con
l’aiuto dei più recenti studi critici, condotto da Giorgio Tourn. Dopo aver studiato l’anno scorso il periodo dell’alleanza delle 12 tribù in Canaan e il periodo della monarchia, esamineremo
quest’anno il periodo che va dalla divisione dei due regni all’esilio. Storia,
teologia, esame dei documenti dell’epoca.
2. Sabato sera, dalle 21 alle 22,30,
studio esegetico di singoli brani del
Nuovo Testamento, condotto da Paolo
Ricca. Come l’anno scorso, questo stu
LA
HA
GIUSTIFICAZIONE PER
UN SIGNIFICATO, OGGI?
FEDE
(segue da pag. 1)
lenarismo cristiano, fino al socialismo,
è stata alla ricerca della società giusta. La prima ha interpretato la giustizia di Dio in chiave individualistica
e interioristica, l’altra in chiave collettivistica e sociale. Quest’ultima è palesemente la posizione oggi in fase di
espansione; e occorre dire nettamente che essa ha chiare e profonde radici evangeliche, anche se coloro che si
dicono cristiani e marxisti obbediscono oggettivamente a una doppia norma e sono portati a ’giustificare’ la giustizia marxista.
Fra gli uni e gli altri — chiede
V. Subilia — la funzione dei testimoni
dell’Bvangelo non è forse quella di riconoscere la validità delle loro diverse istanze, ma di superarle, non in una
impossibile sintesi umana, ma indicando la giustizia di Dio? Quest’ultima pare infatti una terza linea, presente con
intermittenze nella storia cristiana.
Ma occorre chiarire. L’uomo del nostro tempo ha chiaramente posto sotto accusa Dio, e lo ha trovato ingiusto.
Alla scuola di Freud, a quella di Nietzschefe dr Sartre); a quella 'di Marx hà~
cercato di risolvere il problema, negandolo; ma il problema è rimasto, irrisolto. La storia non è forse una serie di udienze nelle quali continua a
dibattersi, dilatandosi, il processo giudiziario intentato a Gerusalemme contro Gesù di Nazareth, secondo il voluminoso incartamento contenuto nelle
testimonianze dell’Antico e del Nuovo
Testamento? Oggetto del dibattito: la
sîsîîîsiîî5în5însînLszjîJzjî5îsirî5îiiinnLsïnmîtîiLîzjrEîïjrîmiîîïiisiniï5znnnïanîznîïïîjnsznünsi
Appunti postumi sui Sinodo I
Potrà sembrare strano che — dopo quasi due mesi — si torni ancora a spigolare
nel vasto campo dell’attività sinodale, ma
credo che qualche osservazione, fatta da
un punto di guardatura anticonformistico,
possa essermi consentita, anche se tardiva.
Premesso che l’alluvione demagogica —
soprattutto in chiave politica o parapolitit-n che contrassegno il Sinodo congiunto
valdo-metodista del 1972, non ha fatto registrare. quest’anno, straripamenti veramente pericolosi, bisogna riconoscere —
a mio avviso — che vi sono stati momenti nei quali la verbosità retorica e la passione politica hanno sconfinato nell’assurdo. Eccone alcuni esempi significativi:
1) Tema in discussione: I raporti con
le chiese consorelle del Sud-America.
Un autorevole membro del Sinodo, nelTintento di far comprendere quanto sia
grave la situazione di dette chiese ■— come conseguenza della politica « golpista »
in Uruguay — ha tratto spunto da una deliberazione del Sinodo rioplatense 1973 nella quale viene fissato il chilometraggio
massimo in auto per i pastori (con diritto
a rimborso-spesa), per convalidare la tesi
che da tale dettaglio si può comprendere
quanto la prova cui sono sottoposte le chiese evangeliche sud-americane sia estremamente grave (l’avverbio è stato ripetuto
almeno dieci volte nel corso di questo solo
intervento). Si e appreso poi, da parte assai
meglio informata, che la limitazione di
che trattasi era già stata ventilata dieci anni or sono, e che essa aveva motivazioni
di ordine esclusivamente economico.
2) Ad una proposta di « messaggio^
da inviare non so bene a chi, per protestare contro il duro trattamento inflitto ai
prigionieri politici nel Sud-Vietnam, si è
subito agganciato un altro oratore per chiedere che la protesta venisse estesa anche:
per le torture ai prigionieri politici in Brasile, per la repressione portoghese in Mozambico etc. etc. nonché per... « il risorgente squadrismo fascista in Italia »!
3) Si discute sull’abrogazione della legislazione sui . culti ammessi del 1929f 30.
Le chiese, sia valdesi che metodiste, avevano manifestato, a grande maggioranza,
il parere che si dovesse chiedere allo Stato
l’abrogazione della Legge del 1929 e ■—
contemporaneamente — l’inizio di trattative («intese XI) per regolare le questioni
connesse, fissate nel Regolamento del 1930
( matrimonio, cappellania in ospedali e
carceri, servizio militare dei candidati in
teologia, ecc.). Un membro — autorevolissimo — del sinodo era (ed è ancora,
suppongo) di parere contrario. Si deliberi
di chiedere subito — sostiene — l’abrogazione della Legge, e si cerchi — dopo —
di instaurare delle trattative sulle « questioni connesse ». Per quanto l’assemblea
sinodale avesse già espresso, a titolo di
orientamento (forse per riguardo al personaggio... dissenziente si era seguita tale
strana procedura) il Nostro si scatenò letteralmente contro la tesi accolta dalle Comunità, tirando in ballo addirittura la
Rivoluzione francese. La Convenzione, Dumouriez e non so chi altro ancora. Ogni
commento guasterebbe.
4) Finanze e stipendi dei pastori.
Su questo tema c’è sempre qualcuno
che scaglia veementi filippiche a motivo
della esiguità degli emolumenti ai pastori.
Il Sinodo 1972 — ad esempio — aveva
ascoltato — impassibile — un passo della
relazione della Commissione d’esame, che
denunziava tale stato di cose accenti apocalittici, rilevando che gli emolumenti pastorali erano « al disotto del minimo vitale ». Bene, quest’anno la C.d’E. è stata meno avventata nella sua diagnosi e molto
più perspicace, presentando concrete proposte per la soluzione del problema. Tuttavia, un altro egregio membro del sinodo
è saltato sii per dichiarare che gli stipendi
« versognosamente bassi » dei nostri pastori dimostrano che i nostri avi, i cosiddetti « poveri di Lione » erano, se non
proprio dei nababbi, certo persone agiate,
a petto della nefanda miseria nella quale
t>ggi si dibatte la classe pastorale valdese.
E così avanti di questo passo.
Tulto questo ho voluto scrivere (ma il
mio taccuino di appunti non è esaurito)
non già per una inutile critica retrospettiva ma al semplice scopo di additare agli
oratori dei futuri sinodi (e conferenze distrettuali) quanto sia grande il pregio della sobrietà di linguaggio e, per converso,
quanto si rischi di cadere nel ridicolo allorché ci si lascia dominare e travolgere
dall’impulso demagogico.
G. L. Orlando
giustificazione di Gesù, e dei credenti
che testimoniano di lui. Ora, bisogna
riconoscere che oggi i testimoni a favore sono pochi, impacciati, complessati, così da far dubitare della loro
fondatezza, attendibilità, sincerità. Imputato e coimputati sono in seria difficoltà, nel dibattito in corso. Dov’è la
giustizia e dove l’ingiustizia? Qual è la
verità e quale la mciizogna? Da questo
processo, che ha dimensioni Cosmiche,
chi uscirà vittorioso, giustificato, giusto?
Il credente è colui che, toccato dall’Evangelo, crede nella giustizia di Dio.
Ma credere nella giustizia di Dio significa diventare increduli verso tutte le
altre giustizie. Pare invece, a volte, che
questa norma debba fare un’eccezione
per la giustizia pròletaiia, e che sia
possibile un’alleanza (santa?) fra la
giustizia evangelica e la giustizia proletaria. Non è la prima volta che si
delineano e attuano ’alleanze’ analoghe; fra le più recenti si può citare
quella con la giustizia illuminista e li
berale: vi sono stati molti che « si sono confessati cristiani e si sono dichiarati liberali », così conie altri, oggi,.«..sì
confessano l:ristiani e" si dichiarano
marxisti », sottopónendo la Parola di
Dio a un processo di politicizzazione
spesso totale. Non viene da ricordare
l’avvertimento profetico a non allearsi
né con l’Assiria né con l’Egitto, che
non sono se non pstegni di canna rotta? Certo, non si possono né devono
equiparare con superficiale qualunquismo tutte le ’giustizie’ storiche; ma si
può, si deve conserrare un atteggiamento critico radicale. Bisogna badare, ad esempio, che il discorso sulla
credibilità dei cristiani non diventi il
discorso sulla credibilità di Dio. Il credente non crede in Dio perché Dio fa
giustizia, e non rifiuta di credere in
Dio (come fa l’incredulo) perché Dio
rifiuta e elude la giustizia; il credente
insomma non crede in Dio perché é
’utile’. Dio è stato dichiarato, nel nostro tempo, intellettualmente superfluo, emozionalmente inutile e moralmente insopportabile. La vita del credente, che è suo testimone, è — deve
essere — tutta una giustificazione di
Dio, tribolata ma piena di fiducia, di
segreta allegrezza: la antica lotta di
Giobbe.
Insomma, nella tradizionale contrapposizione confessionale fra giustificazione per fede e per opere, occorre ritornare in profondità ai termini nei
quali ponevano la questione i Riformatori, ricuperando in piena luce un perduto elemento evangelico, paolinico in
particolare: l’accento, cioè, non va posto né sulle opere né sulla sola fede,
ma su Dio solo. Non soltanto nel cattolicesimo, ma nello stesso protestantesimo storico questa linea maestra
ieocentrica non ha trovato la centralità che le spetta ed è stata continuamente sommersa e travolta dall’imporsi dell’uomo al centro, l’uomo ecclesiastico o profano, interiore o sociale, individuo o collettività (ecclesiastica o
umana).
Anche se ci troviamo in un tempo
di carestia della Parola di Dio, la storia degli uomini non è mai fatta solo
dagli uomini. Per questo occorre che
i credenti si chiedano seriamente se fl
loro compito fondamentale, oggi, non
è di mantenere il primato della giustificazione di Dio sulla giustificazione
dell’uomo e sulla giustificazione della
società, e di chiarire i rapporti fra
queste giustizie.
* * *
Questo resoconto, già lungo, non
rende veramente conto della lezione
del prof. Subilia, della complessità della sua articolazione, della delicatezza
dei chiaroscuri, della forza delle affermazioni'. È stata comunque un’ora
bella e seria, una predicazione. E come sempre accade, quando l’Evangelo
risuona, credo che eravamo tutti al
tempo stesso contenti e inquietati: abbattuti e rialzati, giudicati e giustificati, interpellati da una parola non
partigiana nel nostro tempo, nel nostro mondo, nella nostra chiesa di faziosi. Ognuno si è potuto — credo —
riconoscere e ha sentito riconosciute
le proprie esigenze e i propri intenti
più profondi, ma anche e proprio lì si
è sentito giudicato e giustificato per
sola grazia, mediante la fede nella giustizia di Dio.
* * *
A conclusione, il Moderatore Sbaffi
ha rivolto un augurio fiducioso a professori e studenti. E l’indomani mattina, nel tempio di Piazza Cavour, ha
presieduto il culto inaugurale dell’anno di lavoro della Facoltà, predicando
sui testi: Salmo 137: 4 e Atti 16: 25,
un forte invito evangelico ad essere
nella gioia della fede e della speranza,
quale si esprime anche nel canto, malgrado e contro tutto ciò che intorno
a noi e in noi ci induce alla tristezza
e allo scoramento. Anche qui rinnoviamo a professori e studenti l’augurio di
un anno di lavoro serio e fecondo nella fede. Gino Conte
' Come di consueto, la prolusione potrà essere letta nel prossimo numero di « Protestantesimo ». Se altre richieste si aggiungeranno
a quelle già pervenute, se ne faranno degli
estratti, da diffondersi nelle chiese : rivolgersi .alla rivista, Via Pietro Cossa42', ' 00193
Roma.
dio Mrvità a vedere insieme come si
studia un testo biblico in vista dèlia
predicazione. Nella misura del possibile saranno studiati testi su cui si svolgerà la predicazione domenicale in una
delle chiese vicine, in modo che i membri del collettivo partecipando al culto
possano proseguire questo studio e la
discussione.
3. Domenica pomeriggio, dalle 15
alle 18, studio dei problemi che la società in cui viviamo pone alla fede cristiana. Proseguiremo quest’anno lo studio del marxismo, ma mentre l’anno
scorso si è trattato di uno studio generale del pensiero di Marx, quest’anno intendiamo esaminare come questo
pensiero si è tradotto in prassi in alcuni dei momenti più significativi della storia del movimento operaio e quali problemi sono emersi in tali circostanze per i cristiani e per la loro fede.
Studieremo quindi, con la guida di
Maurizio Girolami, il periodo della rivoluzione d’ottobre in Russia (con accenni alla successiva dittatura staliniana e alla destalinizzazione), la rivoluzione cinese e successiva rivoluzione
culturale, il tentativo cileno sabotato e
infine distrutto dal recente colpo di
stato.
La partecipazione è aperta a chiunque intenda partecipare a questo lavoro con una certa continuità. È richiesto un contributo a persona per
le spese organizzative e di segreteria.
La sede del collettivo, non essendo
più possibile utilizzare la Foresteria di
Torre, sarà con ogni probabilità Villa
Qlanda.
Il calendario delle riunioni è il seguente: 10-11 novembre; 1-2 dicembre;
15-16 dicembre; 12-13 gennaio; 2-3 febbraio; 23-24 febbraio; 16-17 marzo; 6-7
aprile; 27-28 aprile; 18-19 maggio; 8-9
giugno. F. G.
SCUOLA LATINA
La tradizionale GIORNATA DELLA
ASSOCIAZIONE AMICI DELLA
SCUOLA LATINA si terrà il giorno
18 novembre a Villar Perosa, con il seguente
PROGRAMMA
Ore 10 ■ Culto nel tempio di Villar
Perosa.
Ore 12.30 - Agape fraterna nella sala
del Convitto di Villar Perosa.
Si prega di inviare le prenotazioni
entro U 12 novembre alla Associazione
Amici della ^uola Latina - Pomaretto.
oppure telefonando ai seguenti numeri
51.32 - 81.188 - 83.26 - 81.498.
Notizie da San Germano Chisone
Le riunioni quartierali in programma
hanno avuto luogo ai Garossini ed ai Martinat.
Purtroppo, per un insieme di ragioni esse non
sono state frequentate che da un piccolo numero di membri di chiesa.
— Domenica 28 ottobre u.s. il culto, iniziato alle ore 10,, è stato dedicato ad una riflessione sul significato della Riforma e ad
un’assemblea di chiesa nel corso della quale
i nostri due delegati al Sinodo ci hanno parlato dei lavori della nostra massima assemblea
ecclesiastica. Il dott. Gustavo Ribet ha innanzitutto ricordato che è essenziale che i delegati al Sinodo facciano alle comunità nel
nome della quali hanno parlato e votato Un
resoconto quanto niù fedele possibile delle
decisioni prese daH’assemblea sinodale.
Egli ha anche sottolineato il fatto che, pur
nel permanere di tensioni anche assai sensibili tra due visioni della vita e dell’opera della Chiesa (quella « sociale » e quella « spirituale »), si è riusciti nel corso del Sinodo ’73
a non dar vita a contrasti aspri e poco fraterni
come in altre occasioni non lontane.
Il nostro delegato ha infine parlato dei seguenti aspetti delle decisioni sinodali : la necessità di valorizzare YVIII centenario di Valdo in vista di un rinnovamento della nostra
testimonianza, il fatto rallegrante della più
piena manifestazione della nostra unità con
le chiese valdesi sud americane, il buon andamento della vita dei nostri istituti di istruzione, lo sforzo finanziario che ogni comunità deve compiere in vista dei versamenti alla cassa centrale, tenendo debitamente conto
della progressiva e persistente svalutazione
della nostra lira.
L’insegnante Rosanna Pireddu ha dal canto
suo sottolineato il tempo speso dal Sinodo nell’esame del lavoro e dei piani di sviluppo
editoriale della Claudiana, ricordando che si
tratta di uno strumento di predicazione che
dobbiamo tutti sostenere, anche finanziariamente. Si conta sul Comitato editoriale nerché, pur seguendo una necessaria linea di
apertura, dia un’impronta nettamente evangeliea alle opere da pubblicare.
La nostra delegata ha anche ricordato il
lavoro svolto da quanti hanno cercato di far
riflettere l’insieme della nostra chiesa sulla sua
responsabilità diaconale. In questo senso i nostri istituti di assistenza devono poter fruire
di personale sempre meglio qualificato anche
in senso spirituale, mirando a svolgere un
lavoro di prevenzione della malattia e di quei
fattori che conducono assai spesso all’isola
mento delle persone anziane. La sig.na Pired
du si è rallegrata di pensare che la nostra comunità cerca attualmente di realizzare un
contatto più stretto con la locale Casa di Ri
poso. Sono infatti le comunità locali che de
vono prendere coscienza della loro responso
bllità in proposito.
Riferendosi alla questione dei rapporti Chiesa-Stato la relatrice ha ricordato che, a larga
maggioranza e con una seduta congiunta coi
metodisti, i delegati, su preciso mandato delle
chiese, hanno optato per l’abrogazione delle
leggi sui culti ammessi e la contemporanea
ricerea di nuove intese con lo Stato, per quelle
questioni che lo richiedono. Infine è stata ricordata la presa di posizione sinodale a favore
dei prigionieri politici che ancora soffrono nel
Sud Vietnam. In sostanza, una relazione completa ed esauriente per la quale ringraziamo
sentitamente i due responsabili.
— In occasione del culto del 28 Silvana
Tron ha per la prima volta condotto il canto deU’assemblea suonando all’organo del nostro tempio. Siamo riconoscenti al Signore che
ci dà la gioia di vedere un altro membro della
nostra comunità che si lancia in questo servizio cosi prezioso per tutti e facciamo i nostri
migliori auguri alla nostra giovane neo organista.
— Ricordiamo che il Concistoro si riunirà
sabato 10 novembre alle ore 20.
— La Scuola Domenicale è quest’anno par
(continua a pag. 8)
« Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, donde anche
aspettiamo come Salvatore il
Signor Gesù Cristo ».
(Filippesi 3: 20).
Soltanto una quindicina di giorni è
durato il soggiorno a Torre Pellice, dove si era trasferita con la famiglia, di
Renata Pacchierotti Jalla
che il 25 ottobre 1973 ha bruscamente
terminato il suo pellegrinaggio terrestre. Ricordando il suo coraggio, il
suo sguardo sorridente, uniti nel dolore e nella speranza cristiana, lo annunciano i familiari e parenti Pacchierotti, Jalla, Varese, Querci, Ribet,
Schironi, e ringraziano il pastore Sonelli e il dottor Gardiol.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Girardon e Morisco riconoscenti per le prove di simpatia
ricevute per l’immatura dipartita del
loro caro
Pietro Girardon
ringraziano tutti coloro che con scritti
e di presenza hanno preso parte al loro dolore. In modo particolare i pastori Taccia e Jahier e i past. Gay e
Ayassot di Torino, i compagni di studio e i professori della OTTICA, i
colleghi ed amici della FIAT, il gruppo donatori Sangue Val Pellice e il
gruppo ANA di Luserna S. Giovanni.
Luserna S. Giovanni, 18 ott. 1973.
8
pag. 8
N. 43 — 2 novembre 1973
Per una distensione dai vaile umano
(segue da pag. 1)
sottolinea con soddisfazione che Sakharov ha conservato, malgrado la
campagna calunniosa della stampa sovietica, la libertà di esprimersi; il Comitato spera che l’URSS continuerà nel
processo di liberalizzazione e di eliminazione dell’eredità staliniana. Soltanto così la distensione potrà assumere
un volto umano ».
Vi è dunque anche un appello indiretto all’opinione pubblica occidentale,
affinché la distensione, con i vantaggi
economici che molti Stati stanno traendone o intendono trarne, non venga cinicamente pagata abbandonando alla
repressione — che in realtà non sembra attenuarsi — il "dissenso” sovietico e in genere delle popolazioni in
regime comunista. È noto che la pressione dell’opinione pubblica e del Congresso americani sul governo di Washington hanno costretto la repressione
antiebraica nell’URSS a un ammorbidimento; perché non dovrebbe essere lo
stesso per tutti gli altri che sono privati dei diritti civili. Si valuta a circa
un milione il numero degli internati in
campi di lavoro, dei quali almeno il
10% detenuti politici: sottoposti a condizioni di lavoro e di vita inumane.
Non ci riguardano? Non ci riguardano altrettanto quando i detenuti politici di Saigon, quelli brasiliani, cileni,
ecc.? Parrebbe di no. Le nostre chiese,
in particolare, si dividono fra coloro
che non s’interessano di queste cose
oppure ritengono irrilevanti le nostre
dichiarazioni ecclesiastiche, da un lato,
e coloro che sono ipnotizzati dal male
’IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIflIllllllllllllllllllllllllllllllllilllII
San Germano
Chisone
(segue da pag. 1)
ticolarmente affollata di bambini e ne siamo
assai lieti. Speriamo che lo resti però durante
tutto Vanno (i ragazzi sportivi capiscono perfettamente cosa vogliamo dire...). Anche i
bambini di Porte si riuniscono quest’anno con
noi qui al centro. Una macchina li porta ogni
domenica e li riconduce subito dopo la riunione. Speriamo che anche i loro genitori ne
approfittino per frequentare più regolarmente il culto. Oltre alla già menzionata Rosanna
Pireddu abbiamo quest’anno un’altra nuova
monitrice: si tratta di Rossana Sappé. D’altra
parte abbiamo « recuperato » Oretta Long che,
non dovendo più occuparsi deUa Scuola domenicale di Porte, può prender cura di uno
dei nostri gruppi, qui al centro. Le monitrici
si riuniscono quest’anno il lunedì sera, ogni
quindici giorni.
— Buone notizie anche per la Corale, che
ha visto alcuni nuovi membri aggiungersi al
gruppo. Se le nuove iscrizioni sono momentaneamente sospese fino a Natale, per evitare
che eventuali nuovi venuti siano in difficoltà trovandosi di fronte a dei canti che non conoscono ancora affatto, esse saranno riprese
subito dopo in vista della prosecuzione del
programma dell’anno. Si cercano particolarmente alcuni contralti, ma tutti i possessori
di una bella voce sono caldamente invitati a
considerare questo servizio come cosa loro.
—L’Unione femminile ha tenuto una seduta nel corso della quale una partecipante
all’incontro con le sorelle alsaziane a Torre
Pellice ha illustrato il lavoro di studio biblico, di riflessione e preghiera compiuto dai
gruppi femminili alsaziani. Speriamo vivamente che la riflessione fatta si prolunghi in
mezzo a noi. Le sorelle hanno anche messo a
punto i turni di pulizia del tempio.
— I corsi di catechismo si stanno svolgendo regolarmente, ogni sabato. La Sìg.na Nelly
Rostan ha assunto la responsabilità del I anno,
Ileana Lanfranco del II, il pastore del III e
IV. Ricordiamo che a tutti i catecumeni è
chiesto di frequentare i culti domenicali. I
catecumeni di IV anno sono anche tenuti a
fare un breve resoconto della predicazione
della domenica precedente l’incontro settimanale.
— Il pastore sarà assente in occasione delTAssemblea delle Chiese aderenti alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che
avrà luogo a Bologna. Ringraziamo sin d’ora
il pastore Aime che presiederà il culto di
Santa Cena di domenica 4 novembre.
— Un grazie anche al pastore Dovile, che
h,: tenuto il culto e visitato gli ospiti della
Casa di Riposo, venerdì 19 ottobre, secondo
il « piano di visite » di pastori delle Valli dì
cui abbiamo già parlato. Il pastore Genre sarà
il « visitatore di novembre », venerdì 5 novembre p. V. Anche a lui un grazie sincero.
__ Ci giunge notizia del decesso, avvenuto
a Pinerolo, del Sig. Peyla. Alla vedova, che
appartiene alla nostra comunità e che ha costantemente seguito il suo caro durante gli
ultimi duri giorni di degenza all’ospedale,
vanno il nostro pensiero fraterno e la nostra
intercessione.
— Sul piano comunale vorremmo sottolineare il buon lavoro compiuto dal nuovo
messo comunale, specie per la sbrveglianza
della circolazione all’ora di entrata e di uscita
dei bimbi della scuola elementare.
Abbiamo recentemente avuto Toccasione di
percorrere il nuovo tratto ridisegnato ed asfaltato della strada della Marchisa. Ci rallegriamo per questo ulteriore miglioramento del sistema stradale del comune.
Infine da notare che il consiglio comunale
hi provveduto a far piazzare in vari punti del
villaggio dei cestini per la carta straccia e gli
altri oggetti che altrimenti si lasciano troppo
facilmente e poco elegantemente cadere a terra. Speriamo vivamente che la popolazione,
specie giovane e giovanissima, ne farà un uso
intenso. Ci permettiamo di sottolineare che
uno di questi cestini si trova di fronte alla
Sala Valdese e che non vorremmo più vedere
cartaccia, cicche, ecc. abbandonate sul terreno. Giovanni Conte
Direttore responsabile : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 17.S - 8/7/1960
di una parte; le nostre assisi ecclesiastiche, a vari livelli, moltiplicano dichiarazioni, ma, vedi caso, a senso unico; facciamo parte — giusto! — di delegazioni che vanno a indagare sulla
situazione dei detenuti politici sudvietnamiti, ma non si pensa a delegazioni
analoghe (che, certo, avrebbero poche
possibilità di svolgere un’azione efficace!) neirURSS e satelliti (se mai, ci si
accontenta di squalificare i 'Wurmbrand, le cui posizioni e i cui metodi
sono senza dubbio discutibili); apriamo le nostre edizioni al dissenso cattolico, ma il ’’samizdat’’ sovietico non vi
ha alcuna eco; per quel dissenso non
abbiamo mai trovato la voglia di lanciare sottoscrizioni, e non ho mai dimenticato la parola di uno degli uomini più aperti e validi della nostra generazione, di fronte a un profugo dalrUngheria: « perché non se n’è rimasto
al suo posto, in patria? ».
I figli del presente secolo vanno anche oggi, spesso, davanti ai figli della
luce. In occasione di un recente congresso mondiale di psichiatria, tenutosi
neirURSS — forse anche per controbattere una delle accuse più gravi, di
una colpa del tipo più perversamente
"nazista”, l’internamento dei dissenzienti in ospedali psichiatrici — è stata
avanzata la richiesta che, sotto l’egida
della Croce Rossa, una delegazione medica internazionale fosse autorizzata a
visitare questi ospedali (?) psichiatrici.
Dopo il congresso, due psichiatri occidentali sono stati autorizzati a visitare
il più noto di questi "internati", il gen.
Grigorienko, uno dei difensori dei diritti deH’uomo nell’URSS e in particolare dei diritti delle popolazioni tartare. L’incontro ha avuto luogo e l’“internato” pareva in buone condizioni,
ma non ha voluto parlare con i visitatori se non alla presenza di un traduttore di sua fiducia (la moglie), il che
novi gli è stato concesso. La richiesta
dell’autorizzazione a queste visite d’una
missione medica internazionale è stata
reiterata, rivolgendola a Breznev, dal
Comitato internazionale nella citata
riunione torinese.
II rischio che l’Occidente si illuda,
in modo interessato, sulla vera portata della distensione (del resto, la crisi
mediorientale ha mostrato che è pur
sempre assai fragile) e che dimentichi
la sua responsabilità nei confronti delle minoranze che all’est lottano pier i
diritti umani, è emerso pure in margine alla sessione annuale del Gruppo
di lavoro ecumenico della stampa cristiana, riunitosi al principio di ottobre
in Polonia.
Dire questo, con molta forza, non significa affatto parlare dall’alto di una
pretesa e ipocrita "giustizia” occidenta
le, nella quale non crediamo, e lo documentiamo settimanalmente anche su
queste colonne. Significa, se mai cercare di amare gli uomini più che le ideologie- sentirsi solidalmente vicini agli
uomini che amano gli uomini, più che
agli uomini che (lo riconoscano o no)
amano le ideologie più che gli uomini.
Significa, sonratutto, non credere alla
"giustizia” dell’uomo, come si afferma
in altra parte di questo numero, e vivere anche in termini politici il « non
c’è alcun giusto, neppure uno »: con
vera umiltà e con altrettando radicale
lucidità critica. « Quanto a noi — scriveva Paolo ai Filippesi — la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove pure
aspettiamo come Salvatore il Signor
Gesù Cristo ». Ma tutti noi di cittadinanze ne abbiamo due o tre, e circoliamo con più di un passaporto in
tasca. g. c.
I lettori ci scrivono
Le Due Tho rifiuta
«per ora» il Nobel
Le Due Tho, dirigente deH’ufficio politico
del Vietnam del Nord, al quale è stato conferito il « Premio Nobel » 1973 per la pace, congiuntamente al Segretario di Stato americano.
Henry Kissinger, per aver condotto a termine i negoziati di Parigi per la cessazione dei
combattimenti e per la pace nel Vietnam del
Sud, ha dichiarato di <( trovarsi nell’impossibilità di ricevere il premio ». In una lettera alla signora Aase Lionaes, presidente della commissione parlamentare norvegese del
Premio Nobel per la pace. Le Due Tho specifica che tale impossibilità « dipende dalla
situazione mantenuta nel Vietnam del Sud
dall’amministrazione di Saigon e dagli Stati
Uniti. Tuttavia — egli aggiunge — quando
l’accordo di Parigi sul Vietnam sarà osservato, quando i cannoni taceranno, quando la pace sarà realmente ristabilita nel Vietnam del
Sud, riprenderò in considerazione l’accettazione del premio ».
^ ^ 4
È senz’altro positivo, da parte di uno dei
premi Nobel per la pace 1973, questo riconoscimento che, malgrado gli accordi di Parigi, la pace nel Vietnam oggi non c’è e che
quindi sarebbe assurdo ritirare un premio
conferito per la sua stipulazione. Assai meno
positivo è, invece, l’ipocrita scarico d’intera
responsabilità sui governi sudvietnamita e statunitense. Certo, la volontà di questi ultimi è
stata e rimane il congelamento della situazione attuale : il che vuol dire, anche all’interno del Vietnam del Sud non occupato da
forze comuniste, rifiutare una soluzione politica interna che ristabilisca una vita democratica e accantoni la dittatura di Van Thieu.
Ma ci vuole, una bella faccia tosta a sorvolare
pudicamente sul fatto che, con la medesima
determinazione, i nordvìetnamiti (come del resto in altri settori indocinesi) e i vietcong si
proponevano e si propongono la progressiva
conquista del potere in tutto il Vietnam del
Sud, e questo non solo teoricamente o verbalmente, non solo politicamente, ma militarmente. g. c.
Caro direttore,
SuU’ultimo numero dell’« Eco-Luce »
il pastore Giorgio Tourn scrive un ennesimo articolo sul centenario valdese
e si domanda, con un certo stupore, a
causa della mancanza di partecipazione — a suo giudizio — dei valdesi a
questa data: « ma ci rendiamo conto
deU’approssimarsi del nostro ottavo
centenario? e come ci prepariamo a celebrarlo? Ebbene noi possiamo dire subito al signor pastore uno dei modi più
clamorosi con i quali ci apprestiamo a
celebrare qui nelle valli valdesi: togliendo le lezioni di religione nelle
nostre scuole! Proibito, non si fanno
più, cose sorpassate. Il reverendo sì,
lui viene sempre a fare l’ora di religione nelle scuole, ma noi valdesi no,
né pastori, né maestri, né monitori,
nessuno fa più l’ora di religione ai bambini valdesi!
Pare sia >in'ordinanza sinodale. A noi
sombra up’o'Hmanza fatta da persone
o che non conoscono affatto i nostri
problemi qui alle Valli, o che se ne disinteressano totalmente; e comunque
da persone che non si peritano di calpestare quelle che sono le nostre necessità, i nostri desideri più vivi, ed
infine soprattutto le nostre autonomie
alle Valli. In ogni classe, nelle Valli
valdesi, vi sono diecine di alunni valdesi; durante l’ora di religione cattolica,
ora che i maestri valdesi non fanno
più reliqione. questi alunni non sono
ammessi nella scuola, perché non c’è
chi li possa sorvegliare; essi non possono venire a scuola dopo gli altri, o
andare a casa prima, perché ciò li priva dell’usufrutto dello scuolabus, con
tutti i disagi e le impossibilità che ne
derivano. Ma il punto più importante
non è questo; è che noi mamme siamo
sempre meno aiutate dalla nostra chiesa nel problema cosi difficile, al giorno d’oggi, di educare i nostri figli nella
religione dei padri. I nostri figlioli traevano molto vantaggio dall’istruzione
religiosa fatta a scuola come materia
di studio, assai più che dalla scuola domenicale, che attualmente è veramente
scadente — lo sa il pastore Tourn? —;
soprattutto per i figli dei matrimoni
misti l’ora di religione a scuola è indispensabile; infatti il coniuge cattolico, che non è disposto a mandare i propri figli in chiesa, alla scuola domenicale, è consenziente a che venga loro
impartita l’istruzione religiosa a scuola.
Come contiamo celebrarlo il nostro
ottavo centenario?! a parte che, dopo
averci tanto « bastonato » perché celebravamo il 17 febbraio proprio per gli
stessi motivi di ripensamento, di riflessione e di riconsacrazione con i quali
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
A nostro parere, « essere interclassisti » significa
fingere un atteggiamento conciliante
fra le varie classi sociali, allo scopo inconfessato di perpetuare il predominio
di una di esse sulle altre. Perciò neghiamo che Salvador Allende fosse interclassista: infatti era un uomo onesto che desiderava sinceramente la
uguaglianza delle classi, la loro collaborazione, la ripartizione equa del potere. Invece era interclassista, e lo è
tuttora, la chiesa cattolica cilena intesa come istituzione: tutto fa ritenere che lo sia anche, in particolare, il
cardinale di Santiago mons. Raul Silva
Enriquez.
Per spirito di correzione (v. II Timoteo 1: 7), ci sentiamo in dovere di
confessare il grave errore in cui, come tanti altri del resto (a cominciare
dallo stesso Allende^ del quale VEnriquez si professava amico!), eravamo
caduti quando avevamo segnalato l'Enriquez come « un grande credente che
meriterebbe d’esser meglio conosciuto
in Italia » (v. questo settimanale, n.
36 del 7.9.’73, art. « Pericolo di guerra
civile »).
Dal 7 al 13 ottobre, una commissione
internazionale di giuristi, tra i quali i
francesi Michel Blum e Joe Nordmann,
s’è recata nel Cile per compiervi una
inchiesta. L’esito di questa è stato disastroso. In particolare (riferisce Pierre Kalfon su « Le Monde » del 16.10)
« l’udienza dal cardinale è stata molto
deludente. “Ciò che accade qui è molto triste, ma è un male minore’’, ha dichiarato loro l’Enriquez, il quale ha
riconosciuto davanti a loro che la
giunta non sembrava sempre controllare i propri ufficiali nella provincia ».
Il quotidiano cattolico « L’Avvenire •■>
ha pubblicato per suo conto (il 21.10)
altre dichiarazioni deW Enriquez, fra
le quali scegliamo la seguente (riportata dal « Manifesto » de! 23.10): « La
giunta militare è stata la prima a rammaricarsi della decisione che dovette
assumere; e di fronte a questo nuovo governo (la cui attitudine, a mio
modo di vedere, non si può qualificare
di dura repressione antimarxista) la
Chiesa del Cile svolge la missione che
le spetta» Il «Manifesto» commenta
giustamente: « Tutta l’intervista consiste in una violenta denigrazione del
governo di Unità popolare diretto dal
presidente Allende (...), e quindi, per
riflesso, di un’esaltazione della giunta
militare che avrebbe “espresso nobili
nropositi di ristabilimento della normalità costituzionale, della pace e delTunità tra tutti i cileni” (dall’omelia
pronunciata dal cardinale cinque giorni dopo il golpe) ».
Molto più grave ci sembra poi il
comportamento delle alte gerarchie
della chiesa cattolica fuori del Cile.
Perché, infine, dell’Enriquez qualcuno
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
potrebbe dire che, nel momento del
pericolo, non ha saputo essere né un
eroe né un martire: anche l’apostolo
Pietro non seppe esserlo (Matt. 26: 6975). Ma che dire del Papa e di certi
cardinali italiani?
« Il Vaticano turba e scandalizza
una gran parte del mondo cristiano
(scrive il padre Giulio Girardi su « Le
Monde » del 13.10) e del mondo in generale, per la neutralità compiacente
del suo atteggiamento di fronte ai criminali cileni, i quali affogano nel sangue la vacillante speranza d’un popolo
e d’un continente. Tale neutralità è,
obiettivamente, una scelta fra « quelli
che hanno la ragione », per citare una
delle ultime frasi del persidente Allende. Essa è un insulto al sangue delle
vittime e all’eroismo dei resistenti.
Paolo VI si chiede semplicemente, in
una conversazione frammentaria coi
pellegrini della dontenica. “se si riuscirà ad evitare la guerra civile e a ristabilire la concordia fra i cittadini": in
altre parole, se i militari riusciranno a
domare abbastanza rapidamente la resistenza armata e ad impedire che le
opinioni dissenzienti si esprintano. Infatti di quale altra pace e di qual altra
concordia potrebbe parlarsi, sotto un
regime il cui obiettivo dichiarato è
quello di liberare il paese dal “cancro
marxista", con qualsiasi mezzo?».
IL VERTICE DEGLI IPOCRITI
La tregua nella guerra del M.
Oriente è, come noto, la conseguenza
d’un accordo fra l’URSS e gli USA, le
due superpotenze. Antonio Gambino
ha pubblicato (su « L’Espresso » del
28.10), col titolo qui sopra trascritto,
un primo commento. Ne riportiamo
un ampio estratto.
«Su quanto Breznev e Kissinger si
erano detti, nei due giorni dei loro colloqui, era possibile formulare due ipotesi, del tutto divergenti ira loro. La
prima, ottimistica, era che i dirigenti
americani e sovietici, nel dialogo apertosi tra loro il 6 ottobre e nello sfondo
di grave tensione crealo dalla ripresa
in forza del conflitto melio-orientale,
avevano avuto il tempo e la volontà di
andare al fondo delle cose, non limitandosi quindi ad un accordo per il
cessate il fuoco, ma invece concordando tra loro mfinterpretazioìte definitiva (ed autorevole) della risoluzione
?42 (approvata dal Consiglio di sicurezza il 22.II.’67 ed espressamente richiamata nel nuovo documento presentato all’ONV la notte di domenica 20
ottobre), e che su tale interpretazione
avessero ottenuto il consenso, sia pure di massima, delle parti interessate.
Se questo fosse stato il risultato dei
colloqui di Mosca, allora il negoziato
si vuole céle'brare oggi il centenario,
adesso ci fa un certo effetto che ad
ogni piè sospinto ci si venga a dire che
bisogna pensare all’ottavo centenario:
non è forse la stessa cosa per un ripensamento della fede dei padri il 17 febbraio o il centenario? Se mai il 17 febbraio è un’acquisizione dopo molte sofferenze, è una data certa, è stato vissuto dai nostri bisnonni, quindi è più
sentito, non è artificioso. Per noi va befissirno: venga pure il centenario a
fa'-ri riflettfiTe anch’esso e noi lo accoglieremo con riconoscenza. Ma bisogna che non siamo ipocriti, e che non
ci limitiamo a dire: « ha! come mai
questi valdesi non reagiscono? sono
così piatti ed insensibili! », e invece
denunciamo con coraggio quali sono le
cose gravi che accadono: qui alle valli
valdesi non si fa più l’istruzione religiosa nelle scuole; in chiesa la si fa malissimo, con giovinetti assolutamente impreparati, che credono che insegnare
|o i-f^r-vione significhi inculcare ai nostri figli le direttive dei partiti di sinistr-» C"‘ ì ci nreoariamo a celebrare l’S”
centenario del movimento valdese, noi
caro direttore e caro pastore Tourn.
Noi mamme chiediamo a quei maestri e a quelle maestre valdesi, che
hanno ancora il senso della loro vocazione, di continuare, malgrado i pareri
contrari dei colleghi e dei pastori, a
fare l’ora di religione ai nostri figli a
scuola. In fin dei conti non siamo mica
in una chiesa dittatoriale, ognuno è ancora libero di agire secondo la propria
coscienza, senza bisogno di un « diktat » che venga dall’alto, o ci sbagliamo? o non siamo più una chiesa presbiteriana? oppure, un gruppetto (e
non dei più illuminati) decide per noi
e noi dobbiamo soltanto più dire « sì
amen », e basta? Si fa un gran parlare
di colloqui tra insegnanti e genitori,
ma sono semnre colloqui a una sola
voce (quella degli insegnanti), e a senso unico (quello che hanno già deciso
loro di fare, da tempo!).
Non vorremmo che da questa lettera
nascesse un dibattito, più o meno interessante; perché noi chiediamo un
aiuto alla nostra chiesa e non un dibattito, e lo chiediamo per una degna celebrazione del centenario.
un gruppo di madri valdesi
delle valli
||||||||||||||||||||||||||||||inillll||lt!ll||||||llllllllillllli|||||||||||||lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllM!llllllllllllliHil»lilllll>IIHIIIIII>l>llll>l"">"">"<>ll"l""""''
INTER- ' ' ' ■'■■■■ ■ ■■ '■ - diretto tra arabi e
CLASSISMO
israeliani avrebbe
potuto dare rapidamente risultati positivi, e l’intera re
gione medto-'orien. tale incamminarsi
■ . quanto meno verso
un inizio di reale pacificazione. (...)
L’altra ipotesi, senz'altro più verosimile, è che le due superpotenze, di
fronte ad un conflitto che evidentemente comprometteva il loro dialogo
distensivo e che, sia economicamente
che militarmente, rischiava di prender
dimensioni sempre meno controllabili,
abbiano operato unicamente un intervento d’emergenza, diretto ad imporre
ai contendenti il “cessate il fuoco” e,
per il resto, siano ricorse appositamente a formule ambigue, contando sul
tempo per trovare una soluzione al
problema sul tappeto.
Nonostante la lunghezza^ dei colloqui di Kissinger a Mosca, è questa seconda ipotesi che, per il momento, appare la più probabile. Non si vede infatti come in due giorni di lavoro, sia
pure intenso, americani e sovietici abbiano potuto affrontare e risolvere i
complessi nodi che la 242 sfiora appena nel suo linguaggio ellittico (tra gli
altri anche il problema dei palestinesi).
Inoltre, anche a voler dare l’interpretazione più favorevole ad Israele
del documento 242, è evidente che esso può concedere ad Israele solo ritocchi marginali delle sue precedenti frontiere, e che, per quanto riguarda in
particolare Gerusalemme, una serie di
mozioni successive ne vietano formalmente l’annessione: tutte richieste che
i dirigenti israeliani hanno sempre rifiutato perfino di prendere in considerazione, e che urtano ormai contro una
serie di fatti compiuti difficilmente
anminllabili. Specie nella sua attuale
situazione d’estrema debolezza interna, Nixon non sembra certo il presidente in grado d’imporre a Golda Meir
queste concessioni (...).
Senza un accordo su questo punto di
fondo ogni intesa diplomatica, anche
negoziata (.,), è destinata a rimaner
senza effetto. Anzi è inutile nascondersi che, dopo questo maldestro e ipocrita tentativo d'intervento al vertice,
la guerra rischia di riprendere cori violenza ancora maggiore. Perché gli arabi ne trarranno inevitabilmente la
conclusione che neppure i loro (sia
pur limitati) successi militari e il coraggio con cui hanno dimostrato di
sapersi battere .sono sufficienti ad indurre Israele ( i suoi protettori americani) a rinunciare ad una pace che
(...) ha tutte le caratteristiche di un
diktat ». Ed altre conclusioni funeste
ne trarranno gl’israeliani.
« La comunità internazionale ed in
primo luogo le due superpotenze riusciranno ad arrestare quest’ingranaggio? Oppure ne .saranno esse stesse
stritolate? Nessuno, in questo momento, può dirlo ».
La riforma
della chiesa, oggi
( segue da pag. 1 )
vestito vecchio, essa non può configurarsi che come un suo rinnovamento totale, una rinascita, una risurrezione. Proprio perché Dio, l’artefice
della riforma della chiesa, è colui che
suscita e crea cose nuove e non colui
che ripara quelle vecchie, per questo
la riforma segna effettivamente un nuovo inizio nella storia della chiesa, una
svolta, una vera conversione, ner cui la
chiesa dopo la riforma non è più com’era prima della riforma, pur essendo sempre la stessa, unica chiesa del
Signore.
Dietro la rinascita della chiesa c’è
dunque Dio o, secondo una espressione caratteristica del riformatore zurighese Zwingli, il « Cristo che rinasce »
(Christus renascens): la chiesa risorge
perché Cristo « rinasce ». La Riforma
non è dunque l’aspetto religioso del Rinascimento, inteso come rinascita dell’uomo e della cultura: la Riforma avviene non perché l’uomo rinascimentale rinasce anche sotto il profilo religioso, ma perché Cristo rinasce nella
coscienza cristiana dell’epoca, nei suoi
settori più vivi e responsabili. Ed è
proprio perché la Riforma altro non fu
che la trascrizione storica ed ecclesiologica di questo Christus renascens,
che i Riformatori intesero la loro opera in termini cosi radicali: Cristo non
è una mezza misura! Il loro non fu perciò, un radicalismo dogmatico o fanatico, fu un radicalismo evangelico,
quello per cui non solo non si mette vino nuovo in otri vecchi ma neppure si
mette vino vecchio in otri nuovi —
operazione, questa, assai frequente più
ancora nella storia dello chiesa che in
quella degli stati. Il radicalismo dei Riformatori fu di mettere vino nuovo in
otri nuovi.
Parlare in termini evangelici di riforma della chiesa significa quindi cercare non di conciliare il vecchio col
nuovo ma di superare il vecchio col
nuovo; non fissare in anticipo i limiti
della riforma ma al contrario darle
spazio e respiro e libertà di movimento; non porsi in un atteggiamento di
timore e di difesa ma piuttosto di apertura e di attesa, se pure crediamo che
Dio, e non l’uomo, è all’opera. Riformare la chiesa significa cambiarla, dentro
e fuori, neH’intimo delle coscienze e
nelle forme esteriori della sua vita —
dì questo dobbiamo essere consapevoli
e sapere quali conseguenze ne derivano. Mettersi nella prospettiva della riforma della chiesa significa, come minimo, rendersi disponibile per le cose
nuove che Dio, mediante l’evangelo, ha
suscitato e sta suscitando dentro di noi
e intorno a noi.
Ma questo non è tutto: ciò che caratterizza in maniera specifica il discorso
evangelico sulla riforma della chiesa —
già nel 16“ secolo ma tanto più oggi —
è che esso non può essere isolato dal
discorso più ampio sulla riforma della
società. Se ci preoccupassimo soltanto di riformare la chiesa, faremmo opera clericale, non evangelica. Faremmo
una mezza riforma, dunque in fondo
ancora una riforma mancata.
Paolo Ricca