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A
ECO
DELLE mm VALDESI
S e 11 i m a n a IB
deUa Chiesa Védese
Anno XCII - Num. 43
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ABBONAMENTI
{
Eco: L. 1.500 per Tìoterno
L. 2.200 per l’estero
« Eco » e « Presenza Evangelica »
interno L. 2.200 - estero L. 3.200
Spedii, abb. poetale
Cambio d’indirizzo
• I Grappo I TORRE PEIjLICE — 2 Novembre 1962
Lire 50 I Anunìn. Claudiana Torre Pellice - C.CJ*. 2-17557
LA RÉFORMA PERENNE
L’alternativa di Cristo
Tutto il problema della chiesa cristiana e della sua missione si trova espresso in queste parole del Signore. Il problema dei Valdesi nel
Medio Evo, degli Hussiti, il .problema
dei riformatori nel secolo XVI, in sostanza anche il problema del Concilio di Trento e del Vaticano II. L’alternativa reale, la sola, la iperenne alternativa della cristianità sta in questo voler trovare la sua vita p in questo saiper (perdere la sua vita ,per amor
di Cristo.
E’ ralternativa a cui nessuna generazione cristiana ha saputo rispttndere in modo adeguato e pieno, a cui
nessuna chiesa ha mai dato; una rispos la totale. E’ alternativa d’altra
parlo a cui nessuna generazione cristiana e nessuna chiesa ha mai potuto
soli l'arsi.
i\e.ssuna chiesa ha mai saputo perdere la sua vita per amore di Cristo
in modo totale e nessuna chiesa, anche se riia fatto in certi mon|enti della sua storia, in certe situazioni può
dire « io sono quella che è caipace di
perdere la propria vita per Cristo, io
so farlo ».
C on estrema umiltà, in quésto tempo di Concilio, in questi tempi di
ecumenismo, in questa circostanza
della ricorrenza della Riforma, è nece.ssario udire l'alternativa come il Signore l'ha posta ai suoi discepoli, come la pone a noi; trovare la vita o
perderla. '
La vita è rinsieme di tutte le cose
buone e belle, le gioie e le soddisfazioni, i risultati ed i successi ottenuti. Per un uomo la vita è, la .posizione sociale, lo stipendio cons.derevole, le isoddisfazionii della professione. c il confort cotidiano. Per un altro
è la famiglia, i figli ed il loro benesseic, è la casa o la proprietà; la vita
è per un altro il piacere, il godimento
dei sensi e non in senso peccaminoso
ma in senso pienamente legittimo.
Perdere la vita significa perdere questo o .perdere alcune di queste cose:
la casa, la famiglia, la professione, il
rispetto e la considerazione degli altri, le gioie calme e serene dell’esistenza.
Per la Chiesa la vita è la sua esistenza, le sue abitudini, le sue tradizioni, le sue finanze, le sue attività, i
suoi problemi, le sue assemlblee ecc.
Perderle significa non averle più.
Il cattolicesimo romano ha trovato
la sua vita in una volontà di grandezza e di potenza, volontà che è sovente un sogno, in una presenza solida reale, in una politica, in una finanza. Roma ha trovato la vita perchè è
una potenza con cui bisogna fare i
conti, è una guida, è « madre e maestra » come affermano i suoi pontefici. Roma vuole trovare la sua vita
anche nel prossimo futuro, nella civiltà di domani, nei tempi della tecnica e .deH’energia atomica, vuole vivere semipre meglio, e sempre più intensamente la sua vita, vuole essere
sempre più una forza di avanguardia
Il cattolicesimo ha trovatb la sua
vita, ma non significa più nulla, ha
perso la sua ragion d’essere, la sua
virilità: proprio ,in questo mese di
avvenimenti il cristianesimo romano
si è rivelato quello che è; peregrinazione di un vegliardo gentile ed affabile, corteo di distinti signori biancovestiti accompagnati da camerlenghi
e guardie da museo. Proprio nel momento della sua maggior affermazione il cattolicesimo romano ha manifestato la sua mancanza di anima, di
vita, ha rivelato di colpo il suo vuoto
interiore : immenso, colossale apparato vuoto di senso; basta una lettura
superficiale di discorsi pronunciati nel
covso del mese, da Loreto al trono vaticano, per rendersi amto del vuoto
Ohi avrà trovato la sua vita la perdorà;
e oh! avrà perduto la sua vita per oa~
gion mia la ritroverà (Matteo lOt 39)
guardingo procedere Kcondo la via
della convenienza e non secondo la
via del sacrificio.
totale che si nasconde dietro la facciata illuminata di un tempio. Roma
ha trovato la sua vita ma è la vita di
una colossale coreografia.
Anche il Protestantesimo ha trovato la sua vita, l’ha trovata non
nella pompa, nel dominio, nella .potenza forse perchè non ha i mezzi per
farlo o non ne ha il gusto. Il Protestantesimo però ha trovata la sua vita
neH’attivismo ecclesiastico, nell’agitaz.one sociale, nella pratica religiosa
dei suoi ambienti anglosassoni e nella
severa rigidità, nell’egoismo chiuso ed
altero dei suoi ambienti germanici. Il
Protestantesimo ha trovato la sua vita in una dura, orgogliosa, sufficiente
opposizione all’eresia papale, ha trovata la sua vita nell’egoistica sicurezza delle sue conventicole di gente salvata.
Ma ha perso la sua vita perchè non
l’ha sacnlicata per Cristo, non ha saputo darsi, non vuole darsi, si conserva. si mantiene, si difende, si salva
ma non accoglie ralternativa del Signore « perdi la tua vita per me ». Al
Valicano 11 ed alla sua vuota, ridonaanle retorica da spettacolo si con,ra]7pone New Delhi e la sua lentezza, la sua politica spicciola, il suo
Q
iiuiiiuamHuuiumii
ualcuno non mancherà di dire:
« è semipre la stessa invettiva
contro tutti e contro tutto, il passato,
il presente, il futuro ». Non è il passato che preoccupa, appartiene a Dio,
è il presente che incombe, e più ancora l’avvenire. L’avvenire dirà se siamo stati capaci di perdere la nostra
Vita per Cristo, di perdere la nostra
chiesa per lui, se siamo stati capaci
di trovare il modo di farlo bene, se
siamo in sostanza capaci di inventare
una Vita di sacrificio per Lui.
Abbiamo abbastanza .parlato e discusso in tutte le nostre assemblee durante anni ma senza ohe questo parlare abbia cambiato in nulla la vita
della nostra comunità valdese, siamo
nel 1962 quali eravamo nel 1945, nel
1930. Identici a noi stessi, con delle
relazioni annue sempre più fitte che
testimoniano della nostra vita ma
senza nessuna incidenza nella vita del
nostro pcxpolo, insignificanti, assenti.
Abbiamo .parlato e discusso; ma
sempre della nostra vita, della nostra
salvezza, della nostra soipravvivenza
mai della nostra perdita, della nostra
..........................
.................
' 'f iti' »
. -I- e
• .
Una parte degli osservatori-delegati, al ricevimento offerto loro dal Consiglio Federale delle Chiese evangeliche iielVAula Magna della Facoltà Valdese di Teologia. All estrema destra (Di delegali ortodossi russi; al centro il presbiteriano don. Shaw;
lllllUlllUIUKIHI'lt
morte, del nostro sacrificio. Non abbiamo mai accolta ralternativa di Gesù come Egli l’ha posta; trovare la
vita o perderla per amor suo.
Nel vuoto del Concilio Vaticano II,
neU’inutilità dei suoi discorsi, nelle
sue coreografie pompose troviamo la
conferma della nostra vita; crediamo
trovarla, dovremmo in realtà trovare
rincitamento alla nostra riforma.
La Riforma è semplicemente imparare a perdere la .propria vita .per
Cristo, imparare a morire per testimoniare di Cristo e della sua morte.
11 Vatiaino li sarà come Trento una
riforma utile e .proficua, ma senza il
............................
sacrificio della penitenza. A noi Lutero ha insegnato 550 anni fa che sono
« Benvenuti tutti quei- profeti cfw dicono al popolo di Cristo "Croce, croce" mentre croce non c’è »; che « Si
devono esortare i cristiani q sforzarsi
di seguire il loro capo, il Cristo, attraverso le pene, le morti, gli inferni »,
li e ad entrare nel cielo attraverso molte tribolazioni piuttosto che confidarsi
nella sicurezza di una falsa pace ».
(Tesi 93, 94, 95 delle 95 Tesi).
Lutero ci ha insegnato che è solo
imparando a morire per Cristo nel
ravvedimento e nella riforma che la
chiesa di Gesù trova la sua vita.
Giorgio Tourn
Il IV centenario di Pietro Martire Vermigli
Negli ultimi anni spesso è accaduto di leggere che questa o quella Ghie
sa europea ricordava, con manifestazioni a volte di singolare valore, un
suo riformatore: tutta gente con 400
anni sulle spalle, come il nostro PM. Vermigli (1500-1562), del quale cade appunto il quarto centenario della
morte. DaU’Inghilterra all’Alsazia alla Svizzera, abbiamo visto riaffiorare
il nome del nostro riformatore, fatto
gradevole e sconcertante, se riflettiamo sul gran silenzio delle Chiese italiane.
Chi era questo teologo che garantì
a Ginevra il più cospicuo e saldo gruppo di rifugiati italiani (quello lucchese), che tenne cattedra a Strasburgo,
Oxford e Zurigo, che ispirò i primi
puritani inglesi, che a Poissy difese
la causa riformata, ed ebbe corrispondenza e richiesta di pareri da tutti i
grandi riformatori d’oltralpe?
iVe/i’ Italia
Un Riformatore italiano al
servizio delle chiese europee
a cercare le fonti d’una intelligenza
teologica che già aveva assimilato, e
con quale penetrazione!, ma ricercava
piuttosto la libertà d’insegnare la Parola ed una comunità cristiana edificata secondo la stessa.
A Strasburgo
pretridentina
Nacque nel 1500 a Firenze, e giovanissimo fu avviato agli studi e quindi
allo stato religioso, passando per i migliori centri intellettuali dell’Italia dei
Rinascimento: da Firenze a Padova,
a Bologna ed a Napoli. Dotto conoscitore delle lingue antiche, con una padronanza senza eguali della letteratura patristica, ben presto conobbe responsabilità ed onori fra quei Canonici Regolari di S. Agostino che aveva scelto a famiglia religiosa.
A Napoli, se non prima, ebbe m lettura libri dei Riiormatori; Zuinglio
Bucero e Lutero l’appa^ionarrao ; dal
contatto col gruppo del Valdès trasse
una generica spinta verso la Riforma,
e la diffidenza verso il misticismo acritico dello spagnuolo. Si adoperò a
riformare la Chiesa dall’interno, rimosse abusi nei conventi; quando fu
inviato a Lucca come priore del convento di S. Prediano, il suo pensiero
era maturo; avviò uno studio teologico per laici, formò saldamente un
eruniK) di anime ansiose di verità; per
la prima volta in Italia, distribuì la
Comunione a un nucleo di evangelico
Denunciato all’IhQùi®l^°”®’ preferì
continuare la battaglia all estero piuttosto che piombare nel silermo dm
carcere: nel 1542. della
Riforma in Italia, esulava Oltralpe.
Aveva quarantadue anni, non andava
Il Vermigli si diresse su Ginevra,
ma non vi passò più di un giorno, e
non ebbe occasione di tornarvi mai
più. Ginevra voleva troppo dire anche Calvino, e le sue impuntature, il
suo caratteraccio impierioso; il nostro
seppe andare d’accordo col Riformatore, del quale condivideva del resto
gran parte delle idee, forse proprio
per quella prudenziale distanza geografica che seppe sempre tenere, anche quando gli inviti furono lusinghieri e pressanti.
Si recò in Alsazia, dove la Riforma
era condotta da Martino Bucero, un
luterano di frontiera, con larghe aperture verso i riformati; anche i primi emissari Valdesi s’erano recati a
Strasburgo! Ricevuto subito un incarico universitario, il Vermigli passò
alcuni anni sereni, confortati dalia
fraterna amicizia di Bucero, l’^iscopo ideale della sua lettera « ai fratelli
lucchesi»; fecondi contatti di studio,
ospitalità evangelica per gli esuli italiani come per quelli inglesi, le prime
autorevoli pubblicazioni, segnarono
questo periodo. A distoglierlo venne
l’assunzione al trono d’Inghilterra di
Edoardo VI, e con esso la chiamata
all’insegnamento teologico in Oxford.
La battaglia
puritana
Dal 1547 al 1553 soggiornò in Inghilterra: anni durissimi e fecondi. Orrida la lin^a degli abitanti, (il V. parlava italiano e lingue antiche, insegnava in latino), ingrato il clima tanto che sua moglie ne mori, violenta e
senza esclusioni di colpi la battaglia
politico-religiosa. Gli accadde una volta di restare asseragliato nella sua abitazione in mezzo al cortile della
«Divinity School» per parecchi giorni, fra la tempesta delle sassate degli
studenti guidati dalla fazione cattolicizzante. E non era che un fragile uomo, un intellettuale armato solo d’una
fede chiara e d’una volontà tenace oltre ogni apparenza.
Partecipò alla revisione del « Libro
eli preghiera » anglicano, ebbe la consulenza in ardui problemi concernenti
la Riforma della Chiesa: egli rese operante la dottrina delle « adiaphora »,
cioè delle cose che, non intaccando le
verità fondamentali, potevano essere
accettate secondo tradizioni ed usi locali.
Ma il risultato fondamentale del
suo insegnamento fu la formazione
d: un gruppo di teologi agguerriti,
fondamentalmente riformati, i quali
costituirono la vera anima dell’Anglicanesimo, e gettarono le basi del Puritanesimo. Non per caso i pellegrini
della Nuova Inghilterra portarono
con sè dall’Europa i libri di Pietro
Martire!
Il rifugio di Zurigo
Con Maria Stuarda, « la sanguinaria», il Vermigli riguadagnò il continente: ad Oxford furono dissotterrate e bruciate perfino le ossa di sua
moglie. Egli ed i suoi libri tornarono
a Strasburgo, ma lo spirito dell’Università stava cambiando; Bucero era
morto in Inghilterra, i colleghi e gli
amici di alcuni anni prima non riuscivano a tenere testa ai luterani intransigenti. G. Zanchi, un altro eccellente teologo italiano, ed il nostro si
trovarono presi in una disputa violenta sul sacramento della Comunione;
i. fiorentino Ani coll’accettare i reiterati inviti di Bullinger, e riprese a Zurigo, in un clima di pace e di affetiuosa collaborazione, l’insegnamento universitario.
Quando s’aprì la possibilità di un
colloquio interconfessionale in Francia, i Riformati chiesero con insistenza la partecipazione del Vermigli: la
sua preparazione teologica, la conoscenza straordinaria della letteratura
patristica e delle lingue antiche erano una garanzia. Da Zurigo, dove si
temeva per la sua salute, lo lasciarono
andare malvolentieri: il Colloquio di
Poissy resta l’ùltimo importante intervento pubblico del nostro, anche se
la pubblicistica di lingua francese l’ha
spesso dimenticato per lasciare campeggiare Teodoro di Beza. In realtà se
l’italiano s’impose d’autorità e di dignità, il Beza si lasciò invischiare dai
politicanti ugonotti e finì coH’offrire
il destro ad una mischia generale e
quindi al totale insuccesso della missione.
Rientrato a Zurigo, circondato dalla sicura amicizia degli svizzeri, dall’affetto dei profughi inglesi e degli
italiani, il Vermigli visse laboriosamente i suoi ultimi anni. Dagli italiani ebbe anche grattacapi, senza dubbio, ma di fronte allo stesso Calvino,
che vedeva i nostri connazionali piut- ■
tosto di traverso, li chiese apertamente quando fu il caso, e non esitò mai
a riconoscersi per uno di loro. La sua
morte, seguita quando giungevano i
frutti maturi d’un ingegno e d’ima
esperienza cristiana di rare qualità,
suscitò unanime compianto; parte dei^
suoi lavori furono stampati postumi
ed ebbero secolare fortuna editoriale;
il suo epistolario attende un amoroso
diligente editore.
* à *
Poco da aggiungere, a questa nota
biografica. Negli ultimi anni a più riprese s’è accennato a un Corpus dei
Riformatori italiani, e s’è detto di
aprirlo col Vermigli; s’è anche sentito
di giovani studiosi interessati da questa bella personalità evangelica. L’attuale momento teologico, dominato
daH’Ecumenismo, favorisce lo studio
e la comprensione del pensiero di per
sonalità complesse e comprensive, (vedi la ripresa d’interesse per Bucero,
per Zuinglio, per es.); dagli an^osassoni è in qualche modo rilanciato il
nostro riformatore. Forse il domani
sarà più equo e riconoscente dell’oggi, per Pier Martire, ed il profeta tornerà dal lungo esilio fra la sua gente,
e servirà ancora quale fedele ministro
della Parola. Luigi Santini
Sì inaugnra l’aoDO accademico
alla Facoltà Valdese di Teologia
Sabato 3 novembre s’inaugurerà l’anno
accademico della Facoltà Valdese di Teologia, con la prolusione del prof. J. A. Soggin su ’’¡.a conquista israelitica della Palestina alla luce delle recenti scoperte archeologiche’’. ¡^’indomani il past. C. Gay presiederà il cullo inaugurale.
2
pia<g.
L'ECUMENE A ROMA
N. 43 — 2 novembre 1962
Praticamente tutta l’eoumene cristiana (tranne la Chiesa cattolica-romana
che, dato il carattere deirdncontro,
non era stata invitata) ha preso parte,
nelle persone degli osservatori-delegati e degli ospiti presenti a Roma in
occasione del Concilio Vatiicano II, al
ricevimento offerto a questi ultimi, il
18 ottobre scorso, dal Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche d’Italia.
Mai prima di quel giorno l’Aula
Magna della Facoltà Valdese di Teologia era stata teatro di una manifestazione ecumenica di tale ampiezza
per il numero di chiese rappresentate
e di tale .peso, data la particolare « investitura » di cui i presenti godevano.
Il fatto che l’occasione di un tale
incontro tra il protestantesimo italiano e Teoumene sia il Concilio Vaticano attualmente in corso non poteva
non destare una certa sopresa e, volendo, qualche motivo di perplessità.
Bene ha fatto perciò il Prof. K. E.
Skydsgaard a dire all’inizio del suo
messaggio : « La vita è talvolta molto
contraddittoria : giovedì scorso eravamo tutti nella Basilica di S. Pietro insieme a 2.500 vescovi e cardinali cattolici.. questa sera siamo con voi, rappresentanti di una piccola minoranza
evangelica che vive in mezzo a una
stragrande maggioranza cattolico-romana... E’ giusto chiedersi se questa
non è una contraddizione troppo forte. Eppure tale è la nostra situazione
odierna, una situazione che può essere
accettata solo nella fede, nella pazienza e in iaperanza ».
L’Evangelo è sempre stato ed è oggi ancora un segno di contraddizione;
così l’ecumenismo autentico, che non
si nutre di viete nostalgie ma nasce
dal confronto di ogni Chiesa con
l’unico Evangelo, è anch’esso segno di
contraddizione. E’ in essa che la fede
vive e si esercita. Questa situazione
contraddittoria non va elusa, va accettata e vissuta. Al « Non posso altrimenti: Iddio mi aiuti » con cui Lutero affermò l’esigenza riformatrice fa
eco oggi il « Non posso altrimenti » di
chi afferma, appunto nella contraddizione, l’esigenza ecumenica : alla radice di entrambe sta, ci pare, la stessa
tensione di fedeltà aH’Evangelo. L’incontro tra il Consiglio Federale e gli
osservatori al Concilio non voleva
dunque essere in primo luogo un’affermazione protestante nella Roma papale e conciliare, ma un’affermazione
ecumenica che testimoniasse della solidarietà e della comunione spirituale
esistente tra il protestantesimo italiano e tutte le chiese che partecipano al
movimento ecumenico. Questo è stato
sottolineato dal Presidente del Consiglio Federale, Pastore E. Rostan, nel
suo messaggio di saluto agli invitati,
che si può leggere qui accanto.
Il Prof. Oullmaimi su invito del Moderatore, ha anch’egli preso la parola
mettendo in luce il significato della
presenza protestante in Italia. « E’ bene per l’insùeme delle nostre Chiese
cristiane che ci sia una Chiesa protestante come quella d’Italia. Essa è per
le altre come un avvertimento continuo e ricordarci della Chiesa primitiva, e questo non solo per interesse storico. ...questo protestantesimo italiano
significa molto anche per i nostri rapporti con la Chiesa cattolica... Ritengo che i rapporti tra la vostra Chiesa
(valdese) e la Chiesa cattolica devono
essere un test per ravvicinamento tra
il cattolicesimo e le Chiese separate da
Roma in generale ». Anche in Italia,
protestantesimo ed ecumenismo non
sono termini antitetici, anzi si implicano a vicenda. L’affermazione protestante in Italia è irrinunciabile e anziché essere in qualche modo svalutata
dal movimento ecumenico, ne è invece valorizzata.
Ha parlato infine il Rev. I. Troyanoff, della Chiesa Ortodossa Russa all’estero; egli ha ricordato quale profonda comunione di pensiero e di opere si sia già creata tra le chiese appartenenti alla famiglia ecumenica ed ha
terminato dicendo : « Que Dieu bénisse notre unité ».
E’ stata una gioia ed un privilegio
per il protestantesimo italiano di incontrare, tramite il Consiglio Federale, tanti rappresentanti di chiese sorelle e osiamo sperare che è stato una
gioia anche per gli osservatori e gli
ospiti al Concilio di trovare a Roma
un ambiente ecclesiastico e spirituale
in cui non erano nè « osservatori » nè
« ospiti » ma fratelli. R.
NM’AuUi Magtui della Facoltà Valdese di Teologia la Roma il proj. Skydsgawd, esservarare delegato della Federazione luterana mondiale, risponde al Moderatore Rostan.
IIIHIIHIIIIIIIKIHIimiKIIIMIimiHIIR
Il IHtUtUallllUMIIUUllUUUUIlL
iiiiiiiiiiti immilli
11111111111111111111111111111111
Messaggio del Moderatore Rostan alFassemblea
degli osservatori presso il Concilio Vaticano
Signore, Signori, cari CoUeghi,
Ho la gioia e l’onore di salutarvi
questa sera a nome del Consiglio Federale delle Chiese Protestanti in Italia e di augurarvi di avere non soltanto un gradevole incontro ma anche un
soggiorno a Roma che sia caratterizzato da contatti e da esperienze di cui
possiate conservare grato ricordo pei'
tutta la vita.
Il Consiglio Federale delle Chiese
Protestanti riunisce innanzitutto la
Chiesa Valdese che affonda le sue radici nel medio evo e che è stata per
molti secoli la sola chiesa riformata
in Italia. Vi sono poi le chiese Battista e Metodista la cui presenza in Italia coincide pressapoco con la data,
deiruniflcazione della nostra patria
nel 1870; infine TEsercito della Salvezza, r Associazione Missionaria
Evangelica Italiana il cui centro è
stato a lungo La Spezia, e la piccola
Chiesa Luterana di lingua italiana recentemente costituitasi.
L’Italia è un paese quasi interamente cattolico romano. La religione uffi
ciale è quella della maggioranza dei
nostri concittadini; gli altri culti sono
stati_ prima tollerati poi ammessi, infine riconosciuti dallo Stato che, per la
prima volta nel 1948, ha dichiarato che
« tutte le religioni sono ugualmente libere dinanzi alla legge », il che non significa necessariamente una perfetta
uguaglianza sul piano giuridico e morale.
Le chiese protestanti in Italia costituiscono una minoranza religiosa nel
paese. Il numero dei protestanti è di
circa lOO.OOC, calcolando anche certi
raggruppamenti che non fanno effettivamente parte dei Consiglio Federale. La loro presenza non è ignorata e
la loro azione sorpassa i limiti di una
pura s semplice vita parrocchiale.
L’emigr;izione ha sempre toccato in
modo profondo il popolo italiano; anche molti protestanti hanno lasciato
la loro patria ed hanno formato delle
comunità aH’estero.
Una minoranza religiosa non è ne
Comunicato allo Chioso
La Giunta del Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche d'Italia
ha preso in considerazione la richiesta di dedicare una domenica al
grave ed urgente problema della pace nel mondo.
La richiesta è giunta al Consiglio Federale da parte delle Unioni
Femminili e delle Chiese Battista di Roma ed Ariccia « convinte nel loro
spirito della necessità di dare una reale testimonianza cristiana » di
fronte all'inquietante problema degli armamenti e degli esperimenti atomici e di dover dire « una parola evangelicamente impegnata sulla realizzazione della PACE tra i popoli della terra ».
La Giunta del Consiglio Federale ha aderito a tale richiesta, consapevole della possibilità oltre che della necessità che le nostre Chiese
facciano udire il messaggio della pace tra i popoli in modo chiaro, senza
contaminazioni d'ordine politico, riecheggiando con accenti di attualità
la predicazione degli antichi profeti e soprattutto quella di Gesù Cristo.
A nome della Giunta del Consiglio Federale rivolgo un caldo invito
alle Chiese affinchè, con solidarietà ed impegno, dedichino alla causa
della pace nel mondo la
DOMENICA
DICEMBRE
La Giunta del Consiglio Federale non traccia alcun programma per
eventuali manifestazioni. Essa ritiene che le singole Comunità e le
Unioni debbano esser libere di dare a quella giornata il suo preciso
contenuto sul piano della testimonianza e della collaborazione interdenominazionale. L'essenziale è che, nelle nostre Chiese Evangeliche
o per mezzo di esse, il messaggio delia PACE sia proclamato con chiari
riferimenti a Gesù Cristo ed alla Sua opera di riconciliazione nel mondo.
Infine, la « Domenica della PACE » sia per tutte le nostre Chiese
Evangeliche l'occasione di una solidale preghiera per la pace nel mondo
oggi così turbato e minacciato.
« O Eterno, tu ci darai la pace ;
poiché ogni opera nostra sei tu che la compi per noi ».
(Isaia 26: 12)
ERMANNO ROSTAN
Presidente del Consiglio Federale
delle Chiese Evangeliche d'Italia
L’osservatore russo V itali Borovoi,
professore all’Accademia teologica di
Leningrado, discute
con un giornalista
A destra, di profilo, l’osservatore riformato prof. Lukas
I isclier.
cessariamente una piccola chiesa, rinchiusa in se stessa, incapace di parlare al mondo ed alla cristianità. Dio
non chiama soltanto le grandi chiese
cristiane ad adempiere al loro compito nel mondo o ad esercitare la loro
infiuenza sul futuro della Chiesa ; Egli
si serve anche del « piccolo gregge » e
gli affida un messaggio di cui talvolta
ie grandi assembleé hanno bisogno.
Ancora una volta non è il numero
che conta, ma la vocazione e la responsabilità. Credo che Dio ci ha rivolto
una vocazione in Italia ed altrove e
che ci domanda di essere coscienti della nostra responsabilità. Le nostre
chiese non hanno sempre risposto a
questa vocazione; hanno talvolta accentuato lo spirito denominazionale
invece di cercare i benefici di una azione comune in ■vista di un fine che sorpassa le nostre persone ed i nostri interessi. Ma la vocazione rimane dinanzi a noi: si tratta innanzitutto della
causa dell’Evangelo che dev’essere
proclamato a gloria di Dio e per la salvezza degli uomini. Crediamo che questo messaggio è necessario al mondo
ed anche al po^lo italiano. L’Italia
possiede un patrimonio religioso estremamente ricco; ma rannuncio della
verità evangelica e la testimonianza
resa alla libertà di cui Cristo ci ha fatto dono rappresentano un dovere dal
quale non possiamo esimerci malgrado la nostra indegnità e quella delle
nostre chiese.
D’altra parte le chiese protestanti
italiane non sono insensibili ai problemi del nastro tempo, soprattutto sul
piano ecumenico. Alcune di loro, come la Chiesa Valdese e quella Metodista, han fatto parte del Consiglio
Ecumenico delle Chiese sin dalla sua
origine. Le nostre chiese sono state
rappresentate alle conferenze di Stoccolma e di Losanna nel 1926 e 1927;
dopo la costituzione del Consiglio Ecum,enico hanno in'viato dei delegati alle
assemblee di Amsterdam, Evanston e
New Delhi.
L’azione ecumenica deve manifestarsi per mezzo di segni visibili. Vi trovate stasera nella Facoltà Valdese di
teologia, unica facoltà protestante in
Italia; essa è frequentata da studenti
valdesi, metodisti e di altre confessioni. La sua biblioteca è al servizio di
molte persone appartenenti a varie
chiese cristiane; un numero considerevole di sacerdoti cattolici romani è
entrato in questa sala in occasione
delle conferenze tenute dal prof. Cullmann.
L’ufficio legale del Consiglio Federale ha la sua importanza anche sul piano ecumenico. Tale ufficio ha seguito
da vicino l’azione delle chiese protestanti a favore della libertà religiosa
è in rapporto con la Commissione ecumenica per gU Affari Intemazionali.
Agàpe, nelle Valli Valdesi, è un centro
giovanile che, sin dalla sua origine, è
stato improntato ad uno spirito ecumenico e rimane oggi luogo di incontro per uomini e donne di ogni nazionalità allo scopo di studiare in comune i problemi riguardanti la testimo
nianza cristiana nel mondo. La Chiesa Metodista e la Chiesa Battista hanno anch’esse un centro giovanile, aper
to ai giovani di ogni denominazione, a
Ecumene e Santa Severa, non lontano
da Roma. Infine, a Riesi, in Sicilia, si
è appena iniziata, con l’appoggio del
Consiglio Ecumenico, un’o’pera a favore di una regione sottosviluppata nell’Italia meridionale.
Quando l’arcivescovo di Canterbury,
il Dr. Fisher, si recò in visita di cortesia dal Papa, la stampa italiana inter
pretò tale visita come il segno precursore di un prossimo ritorno degli Angicani e successivamente di alcune altre chiese protestanti alla Chiesa di
Roma. Gli venne rivolto da parte del
Consiglio Federale delle Chiese Protestanti un messaggio di cui ecco un
brano: «Non siamo, in quanto protestanti italiani, che una minoranza e
conosciamo ie nostre debolezze ed i
nostri limiti; ma ciò non diminuisce
rimportanza della nostra presenza in
un paese cattolico romano. Sappiamo
che in Gesù Cristo è possibile di essere uniti gli uni agli altri, malgrado
tutte le divergenze istituzionali. Ma
sappiamo anche che la verità delTEvangelo rinnova costantemente la
fede e rinsegnamento della Chiesa.
L’unità della Chiesa non è un fine a
se stante, essa è in vista dell’evange
lizzazione del mondo ».
A queU’epoca eravamo airinizio di
un nuovo periodo nel campo dei rapporti tra le Chiese protesuanti e ia
Chiesa Cattolica Romana. Da allora
altri contatti hanno avuto luogo a livello della alta gerarchia, come sul
piano di incontri amichevoli tra sacerdoti e pastori; ma non voglio nascondervi che le visite di cortesia al
Pontefice non sono state approvate
da molti protestanti italiani perchè,
malgrado le intenzioni di coloro che le
hanno fatte, hanno avuto, per l’opinione pubblica italiana, il valore di un
omaggio reso ad un primato che non
possiamo riconoscere.
Siete qui stasera in qualità di osservatori al Concilio Vaticano II. E’ cosi
che preferisco chiamare questo Concilio ohe è anche « ecumenico », certo,
ma nel senso cattolico della parola. Si
tratta di un avvenimento molto importante per la Chiesa Cattolica Romana
innanzitutto. Così come l’ha affermato il Sommo Pontefice nella sua enciclica « Humanae salutis » ; « Il prossimo Concilio si riunisce felicemente e
in un momento in cui la Chiesa sente
assai vivo il desiderio di fortificare la
sua fede e di contemplarsi nella sua
meravigliosa unità; essa sente anche
ed in modo urgente il dovere di rende
re più efficiente la sua sana ■vitalità e
di incoraggiare la santificazione dei
suoi membri, la diffusione della verità
rivelata, il rafforzamento delle sue
strutture. ...Infine, in tm’epoca in cui
si assiste a generosi sforzi per ricostituire queU’unità visibile di tutti i cristiani, in risposta alla volontà del divino Redentore, sembra naturale che
il prossimo concilio racchiuda le premesse di una chiarezza dottrinale e dì
una reciproca carità, che renderanno
ancora più vivo nei fratelli separati il
desiderio del ritorno all’unità e ne prepareranno la strada ».
Malgrado il problema della riunione
e dell’unità di tutti i cristiani non sia
iscritto all’ordine del giorno dei lavori
del Concilio, questo problema soggiace ai pensieri di molti che vorrebbero
vedere le cose procedere più speditamente, mentre altri ritengono che si
va troppo oltre e che il momento di
parlare di unità tra le chiese non è an
cora venuto, soprattutto tra le Chiese
sorte dalla Riforma protestante e la
Chiesa di Roma.
Visto che il problema si pone, in un
modo o nell’altro, che cosa si deve
pensarne? Chi vi parla è un pastore
valdese con una formazione teologica
riformata; e voi siete qui, signori, in
quanto rappresentanti delle chiese
che fanno parte del Consiglio Ecumenico’. Non ho nessuna intenzione di
lanciarmi nello studio del problema
dell’unità cristiana; mi limiterò ad alcune riflessioni personali che non impegnano neanche gli altri membri del
Consiglio Federale.
1) Direi, innanzitutto, che i rapporti tra evangelici e cattolici romani sono suscettibili di essere improntati ad
un maggior rispetto e ad una certa
comprensione. Come afferma un recente messaggio del Sinodo della Chiesa Valdese ; « Al livello dello studio e
del confronto hanno avuto luogo degli incontri, nel corso dei quali il tono
è cambiato e uno spirito fraterno ha
animato le persone coscienti e sincere. Non si può d’altra parte evitare di
essere chiari e di ricordare che se la
forma di quei rapporti è cambiata, la
sostanza della divisione rimane... Dobbiamo considerare con estrema chiarezza quel che il cattolicesimo romano intende per « ecumenismo ». L’ecumenismo cattolico romano sembra formulato in « diversi modi », ma costante nel suo fondamento dogmatico e
nei suoi fini... Constatiamo che negli
ambienti più illiuninati vi è, nell’amore per la verità, uno sforzo di mettere
in luce in seno alla Chiesa romana i
temi fondamentali della Riforma che
vengono finalmente riconosciuti come
autenticamente evangelici. Tuttavia
questo rimettere in valore è talvolta
utilizzato strategujamente al fine di
offrire ai « fratelli separati » l’opportunità di rientrare nell’ovile romano,
nella convinzione che possano trovare
in esso tutta la ricchezza della loro
particolare spiritualità, integrata nella « pienezza » della Chiesa di Roma».
Dobbiamo evitare che la verità di
una chiesa prenda il posto della verità
della Parola di Dio; se la verità diventa un possesso degli uomini, non è più
un dono del Signore. Non bisogna
cessare di pregare per Tunità del Corpo di Cristo. Dobbiamo invocare Fazione dello Spirito Santo, senza voler limitare la sua libertà sovrana.
2) Ritengo, in secondo luogo, ohe il
problema di fondo è innanzitutto un
problema teologico riguardante la natura della Chiesa e il suo servizio nel
mondo. E’ indispensabile che ci si sfor
zi di affrontare questo problana in
uno spirito di carità e di umiltà; d’altra parte ciò non mi impedisce di dir'3 che le nostre divergenze cosi come
il nostro desiderio di sormontarle devono essere poste sotto la luce della
Parola di Dio che rimane sovrana nella Chiesa e nell’esistenza dei cristiani
E’ a quella parola che dobbiamo rivolgerci per camminare nella verità e
nella libertà dei figlioli di Dio; è essa
che ci impegna nella ricerca e che ci
pone dei limiti. Poiché la nozione di
unità può racchiudere in sè anche la
tentazione dell’unità; im’unità a tutti
i costi ovvero per delle ragioni strato
giche, contingenti o di prestigio, diverrebbe causa di una pericolosa confusione. E’ meglio confe^are che le
oivergenze sono ancora profonde e
tuttavia ricercare il dialogo, piuttosto
d’ dire semplicemente che le differenze sono secondarie e che vai meglio
essere uniti di fronte all’avversario,
pur rifiutando di sottometterci all’autorità della Parola di Dio.
(coniinua a pag. 3)
3
2 inoveiBihre W62 — N. 43
W
Cronaca del Concilio
doppio
Prudente ottimismo
/ vescovi riformisti sono — a quanto si (lice — s(xl(1isfatti. Finora hanno avuto la meglio. Le elezioni delle
1(1 Commissioni conciliari si sono risolte con una vittoria della lista pro
gaiio CIMI Maria ('’tutti (pianti uniti
il preghiera con Maria Madre di Gesù”, (lice il testo riecheggiando Atti
l : 14). La Maria del messaggio conciliare è una Maria evangelica, una
Maria che non è oggetto di culto ma
stessa è assolutamente imprevedibile
Un concilio è sempre una minaccia
l>er la curia. L’esito della lotta non pace. Per gli uni, la respomabiKtà della
Il moado ei è trovato aocom una voka
KuH'orlo della guerra, che oggi coetknirehlte una cataatrofe eetna precedenti mella aioria deU’umaività. Come sempre, ai è
voluto ricercare un co^tevole e m soo voluti attribuire meriti per aver salvato la
dipemle comuiu¡ue nè dalla compo
sizione numerica dei due gruppi, nt
posta dall’episcopato delta fascia eu- prega con gli apostoli e, nel qiuulro
ropea centro-settentrionale (che va
dalla Jugoslavia ai Paesi Bassi), che
è appunto, in genertdv, l’episcopato
più vivo, più ’’riformato” e quindi
più incline a riformare.
Il messaggio
Il messaggio del Concilio al mondo, di sabato 13 Ottobre ha una Lspirazione inconfoiulibilmente evangelica ed anche il contenuto è in buona
della comunione dei santi, con i credenti di tutti i tempi.
Lo curia minacciata
vSi discute ora di liturgia. E' ovnamente ¡ter una misura prudenziale che .si è cominciato con (juesto tema, la cui discussione non dovrebbe
dar luogo a dissensi insaruibili all’interno dell’episcopato. Ma a giudicare dalle indiscrezioni che abbiamo
grave situazione ricade sulla Russia, che
aiuta Fide! Castro ed amia Cuba contro
... ■ ■ 1 l’America; per gli altri, è reaponsabile
dalla qualità degli uomini che ne l’Aimerica, eia per la sua passata pubica
fanno jiarte. Dipende in massima i^i confronti di Cuba, sia, in questi uliiparte dalla posizione che il papa mi giorni, per aver decretato il blocco
premierà: sarà vittorioso il gruppo dell’Uola. E mentre alcuni lodano la fer
( he avrà (lidia sua il papa. Qualcuno,
intanto, teme che l’audacia con cui
certi vescovi hun sostenuto tesi indipeiulentistiche finisca per ritorcersi
a loro danno, diffondendo un certo
allarme tra i vescovi — poniamo —
moderati e suggerendo loro atteggiamenti difensivi di chiusura.
parte sostanzialmente evangelico. Si raccolte sugli interventi che si sono
dà per certo che l’estensore della avuti neU'aula conciliare, si ha l'iiupriina bozza del messaggio sia il Pè- ¡nessione che il vero problema dire Clienu, uiw dei migliori teologi scusso in queste prime battute lei
(Uttolici del momento. Ed anche se Concilio iwn sia la liturgia bensì anta bozza inizi(de (che era certo anco- cara e sempre l’episcopato. Si sono
ra più chiaramente evangelica) è sta- udite in aula da parte di molti vesco
Gli osservatori
Gli o.sservatori stanno a guardare.
Alcuni, per motivi di lavoro, son già
partiti: ('or.son. metodista, SkydsL’uurd, luterano, Berkouwer, riformato (ospite), Williams, congregazioiKilista. I sostituti han preso il lor(ì
tu rimaneggiata e corretta in sede sia ri, provenienti soprattutto dalle niis- posto. Interrogato sul senso che egli
(li commissione che (li concilio, emer- sioni, energiche affermazioni di ingi ancora, e con bella evidenza, il dipendenza, non già (beninteso) dal
ricco contenuto biblico del messaggio. Interi brani lum .sono altro che
un’armonia di testi del Nuovo Testamento, che enunciano le grandi affermazioni della fede cristiana. Persino il fugace accenno a Maria conlennto nel messaggio esprime, per co
rumano pontefice bensì dalla curia.
Il problema dell’ autorità delTepiscopato è dunque enurrso fin dalTinizio, come già era avvenuto al C.oncilio Vaticano I, ed è destinato a rimanere sullo sfondo di tutti i dibattiti
conciliari. L’esito di ipiesta lotta tra
sì (lire, una mariologia evangelica: larghi settori dell’episcopato non «/i vescovi non pregano Maria ma ¡ire- lineati su ¡losizioni curiali e la curia
allribui.sre alla presenza degli osservatori .d Concilio, il prof. Schlink,
della Chiesa Evangelica in Germania, ha risposto: ”l casi sono due-, la
no.stru presenza al Concilio ovvero
sarà puramente decorativa ovvero
servirà ad appoggiare la minoranza
episcopale di tendenza evangelica”.
Questa seconda possibilità sembra
essere quella per ora in atto.
Paolo Ricca
mezza di Ketmedy, altri scorgono nella
prudenza di Kmisciov la prO'Va che la Russia non vuole la guerra. Gli uni e gli altri
non considerano elle ci si trova di fronte
a un giuoco pericoloso, la cui posta non
è la vita o la fortuna di uno dei due K,
ma rawenire di tutta runianità. Voler ri(ercare chi abbia torto e chi abbia ragione, è un eludere il problema di fondo, che
non è quello di riuscire a stabilire chi
dei due sia il guerrafondaio e dii il pacifiala sóveero, ma di saper organizzare, finalmente, un mondo di pace, ove non vi
sia più iposto per la vio'lenza, sia essa da
definirsi offensiva o difensiva.
Che a Cuba vi siano basi di lancio è
molto attendibile. Altrimenti, perchè ci si
opporrebbe ad una ispezione da parte di
una commissione nominata dall’ONU?
Ma forse ■che basi dii lancio non esistono
anche altrove? Non dispongono, entrambi
i due blocdii, di mezzi distrattivi di straordinaria efficacia e potenza? Appunto per
questo, si sente spesso ripetere, Kennedy
e Krasciov, consci dei rischi di una guerra moderna, non vi ricorreranno mai. Ma
non dovrebbe essere neppur lecito abusare ilei nervi dei popoli e metterli a dura
prova.
Convinciamoci che la guerra no^n è una
fatalità. La guerra avviene sempre per volontà degli uoimini, anzi, di un limitato
gruppo di uomini. La guerra non è un cataclisma, ma è un delitto, esplicitamente
cundatmato da'! sesto comandamento delrElerno. Le giustificazioni non possono
iiiiiilllilllliiiiiiiiiini
OSPITI jaEL PONTEFICE E DEL SEGRETARIATO PER U UNIONE
Accoglienze romane agli "osservatori
fi
Il 13 oilol)re gli oissiervalori-delegali hoìU) sitali tiievuti nella sala del Co-nioisloro
ila) iponlefii-e Giovanni XXIII, il qiiak*,
dopo lo parole di presenlaziom'e d^l <‘anl.
Bt‘a. Ila rivollo agli ospili quesito messaggio di salili o:
l/inrontrn confìdenziule e Umto gradito
di (¡uasio giorno vuole intonazione seni'
¡dice e familiare, rispett&sia e conJenula.
La prinut parola che mi sale su dal cuo'
re è: ¡yreghiera; ed è insegnamenta buono
per lutti, tolto dal Salmo 67: « Benedielus
Dominus per sìiigullos dies: ponlat onera
ìiosira Deus, saliis nostra ». iBenedelto il
Signore, giorno per giorno. Ci iporta Iddio. nostra isalive/cZ.a. (Ps. 67, 20).
Nel 1952 il Papa Pio XII, con ge&to ini¡)roi>viso e sorprendente, mi chiese di divenire patriarca di f enezha. Io gli feci sapere che non mi occorreva riflettere molto
per accettare. Nella proposta, infatti, non
(■'entrava pei' niente La mia volontà; non
(■'era nel mio animo alcun desiderio di
venire avvkito a uno piuttosto che ad un
altro ufficio o ministero. Il mio motto
efiiscopale bastava alla risposta : « 01>oe(Henitia et pax »!
Quando, pertanto, dopo trentanni di
.servizio diretto deila Santa Sede, mi disposi ad iniziare un genere di vita premoche nuovo e ad incontrarmi come ¡oastore
col gregge di Venezia che avrei poi condotto per sei anni, ripensai e meditai quelle parole del Salmo: « Portai onera nostra
Deus»! Ci porta il Signore; egli ci porta
romei .dffmo e con ciò che abbiamo: con le
riebezze .««e in noi e con le miserie nostre.
Questo stesso pensiero mi fu presente
rielVaccettare quattro anni or sono la successióne di San Pietro, e via via in quanto
è .stato fatto ¡mi, fino alVannunrio e cdPofVvSamento del Concilio.
Su quanto tocca la mia umile persona,
non amo rwhiaTmuTni à particolari ispirazioni. Mi contento della retta dottrina, la
qufde insegna che tutto viene da Dio. In
tal modo ho considerala come ispirazione
celeste anche qumt'idea del Concilio, che
ni Ottobre si è iniziato, il posso dire
che quel gìoriho ero nuìlto commosso.
In quelVoni ¡nroxn)idenziale e storica luidaivo ¡mrticolarmente al dover mio immediato, che era di stare ruccollo. di pregni*
re e di ringrazUtre il Sigriore. Ma rocchio, ogni qual tratto. Lmdava a ricercare
tanti figli e fratelli. Scorgendo subito il
vostro gruppo, le vostre singole ¡H>r.sone,
ho tratto motivo di conforto dalla vostra
presenza.
Non andiamo ora troppo in là. ContentUmuH'i per oggi di constatare il fatto. BeTiedieliiis Deus per sìngfitlo« dies. E voi, vogliate leggere nel, cuor mio; forse comprenderete mollo piti che le jxtroJe non
dicano.
Posso io dimenticare i dieci anni trascorsi a Sofia? gli altri dieci a Lstanbul e
Atene? Furono ventlmni di molle felici
e serene conoscenze con personaggi venerandi € con giovani generosi, ai quali io
riguardavo con amore, anche se la mia
opera di rappresentante del Santo Padre
nel j/ros.simo Oriente non era esplicitamente ad essi indirizzata.
Poi anche a Parigi, che e uno dei <"aTrel’oiiirs del mondo — e jHrrtioolormente lo
fu neUlmmetUato tdtimo dojmgnerra —
ebbi incontri frequenti con cristhini ajiparten enti a vari e d enomituizion i.
Non mi consta che mai, in alcuna circostanza. ci sia stata tra noi confusione di
f>rincipi. nè sia sorta qimlche amtestazione sul piano della carità nel connine hworo che le circostanze imponemno di a.ssistenza ai sofferenti. Non abbiamo parlamentalo, ntu jxtrlaio; non discusso, ma ci
siamo voluti bene.
(...)
Così il Signore voglia semt*re accomi>agmire i nostri jxissi con la grazia sua.
¡ja vostra gradita ¡hresenza qui e La trepidazione che vibra nel cuor mio di sacerdote — di ep'isro'piijs Eixlesiae Dei, come dicevamo giovixlì al cospetto delVasseniblea conciliare —la. trepidazione dei
miei diletti collaboratori — e ne son certo
anche vostra — consentono di dirvi che
mi arde neUhnimo il ¡troposuo di lavorare e di soffrire perche si avvicini l'ora
in cui per tutti si compirà la preghiera
di Gesù nelVultima Cena.
Ma la virtù cristUma della jxizienz4i non
intacca lldtra pure ¡ondamentaLe della
prudenza.
5ì, lo ripeto: Benedicituts Deus per singulos dies. Per oggi, pertanto, basta così.
Im Chiesa Cattolica al lavoro .suo, .sereno e generoso; voi ad osservare con attenzione nuova e buona.
Su tutti e su tutto la gnizìa celeste che
ispira, muove i cuori, corona i meriti.
Lunedì 15 oittobre il grup,po degli osservatlori e degli ■oppili al Vaiioano II sono stali rkevTUli, tneiUe sale del Colunilnis,
dal Seigrelairialo per l’iunione dei erisliani,
diretto dal eaird. Bea © da inons. Willebrands. Alle personalUà deirei uiniene iil
<-ard. Bea ha rivoliU) questo <lis<orso di
benivenulo e d’augurio :
Diletti Fratelli in Cristo,
Invece di una lunga enumerazione dei
vostri tkoii, evidentemetUe rispetto,
permettetemi di rivolgermi a voi con queste semplici parole, cosi ¡yrofoiule: "miei
fratelli in Crisio”.
Questo titolo ci immerge immediatamente nella coscienza i>rofonda dell'incommensurahile grazia dei battessimo, che
lui stabilko dei viticoli indistruttibili, più
forti di tutte le nostre divisioni. Di questi
vincoli, in ogni parte del mondo, i cristiani sono sempre più coscienti, e hanno
mosso le AutorUà che vi hanno delegtui
come Osservatori al Concilio della Chiesa
cattolica romana; essi hanno ¡mre suggerito a Sua SasfUUà U Pupa Giovanni XXIII
di creare il SegretarUrto per P unione dei
Cristiani, affinchè le Comunua cristiane
non-cmoUche possano meglio seguire i
lavori del Concilio.
Ora che quest'incontro, tlesiderato da
lami bauezzati, è una realtà, crede che il
mimo e più sincero senumemo (h tuUi e
quelUr della gr<aitudme, che cj fa due con
1 Paola: ’’Benedetto sm Iddio, d Padre,
del nostro Signore Cristo, d Padre
di misericordia e U Dw di ogni consolazione” (2 Cor. L »)• Non e uifaUi opera
dell’uomo, della
unoijtera
re di ognuno di mn, secondo la parola di
S. Paolo: "Siete figlioli poiché Dio ha
mandato nel vostri cuori lo spirito del suo
Figliolo, il quale grida: Abba, Padre "
(Gol. 4, 6). "Questa i l'opera del Signore,
ed è cosa merainglti^sa agli occhi nostri"
^Man. 21. 42; Sai. 118. 23).
E' vero che quest'oj>era non è completa.
Soprattutto un buon numero di venerabili
Chiese ortodosse d^Oriente non sono ufficialmente rappresentate. La cosa è senz'altro dolorosa per entrambe le parti, per
loro quanto per noi. Si deve tuttavia riconoscere che dalle due ¡Mirti sono stati
fatti grandi sforzi, .se pur senza riuscire
a superare i grandi ostacoli che si frapponevano. Non ci resta che pregare il divino Capo della Chiesa di moltiplicare le
sue misericordie. Intanto ci adapreretno ad
evitare che le nostre relazioni in Cristo
abbiano a soffrirne e siano colpite da quest'insuccesso. Bisogna soprattutto che la
nostra fede nell'efficacia irresistibile della
grazia di Cristo e nell'opera dello Spirito
Santo in caloro che sono baitezzati, non
si affievoli.'M'a.
E' ,<ienza dubbio in questo medesimo
.spirilo di pre'^hiera e di fiducia nella grazia del Signore, e di carità e di fiducia reciproche che vogliamo, durante il Concilio, impegnarci in quest'opera che ci è stata affidala, in analisi. <lal Cristo .stes.so.
Spero che abbiate Utili trovato, nella misura del possibile, nel nostro SegretarUrto
tutta Li comprensione e lutto l'aiuto fraterno clip vi permeiieranno di adempiere
al vostro mandato con facilità e successo.
Ciò che forse non si è potuto fare dal principio — fra l'altro perchè è la prima ro/la che tale com,pUo è intrapreso — cercheremo di realizzarlo a poco n poco. Tutti i
membri del Segretariato saranno sempre
molto volentieri a vostra disjmsizione, e
iifU'hl'o, nella misura consentitami dal mio
ìm’oro in seno al Concilio,
Berciò vi chiedo di accordarci questa fiducia assoluta e di dirci quimli in tutta
franchezza, soprattutlo nel cor.so delle sedute organizzate per voi in ¡xirticoìare
dal Segretariato, tutto ciò che vi dispiace ;
di fauci conoscere le vostre (uUiche, i vostri suggerimenti, i vostri desideri. Non
posso evidentemente promettervi di trovare una .'Soluzione a tutti i problemi, ma vi
as.sicuro che vi saremo grati della vostra
fiducia e che ci sforzeremo di considerare
tutto sinceramente in Cristo per fare, nella mUmra delle nostre forze, tutto ciò che
sarrà possibile, aura e in avvenire.
Ecco i pensieri che desideravo confidarvi in occasione di quest'incontro familiare, che, credo, è per tutti noi una festa
spirituale, una sorta d'a agape » nel nostro
Signore Gesù Cristo, al quale solo siano
lode e gloria nei secoli dei secoli.
Al fraterno diisrorso del porporato rispose, a nome d<egli osservatori, il prof.
E. Schlink, delilia Facoltà teologica prolestanile di Heidelberg, rapprese,reta mie- dellia
Chiesa evangeliea itedestoa. Egli si è rallegrato dei progressi del moviiinemlo per
Tuiniità e lia espresso ¿1 rinigraziaiineii.to di
luilli, in partkolare verso il papa Giovanni XXIII « elle per Finìzìaitiva d<el Suo
(niore Ita creailo uma imiova atmosfera di
aperUira e di serenità vierso le Chiese noncattoliclie ». Pur non dimemlkando gli
ostacoli che dividono i eristiaini, il prof.
Schlink Ila volu/to sottolineare i purUi di
speranza, e cioè il lavoro nei riguardi
della formulazioine della verità e riiioreinemlo dato agli studi bibliiici; terminava
quindi assiciwando <4ie l’invocazione solenne aMo Spirilo Santo, all’apertura del
Concilio, è stata anche preghiera di itulii
gli osservatori e ospiti.
taglio
essere, in alcun caso, che umane. Anche
Caino, quando occioe Abele, ebbe le sue
giustificazioni, le sue ragioni. Esse furono
le oleoae cause, gii stessi moventi che hanno sempre avuto tutte le guerre combattute tra gli uomini, da queWc tra tribù a
quelle tra nazioni e Ira Moecbi di nazioni.
Ciò non pertanto CaUw fu un aasassiiKi',
fu richiamato da Dio a rendere conto della Olla azione e venne da »io maledetto.
Sul piano dell’elica e delle religione, non
v’è alcuna giustificazione della guerra ed
è inconceftibile che le antti possano venir
benedette.
Un’altra grande verità spesso dimentiiliiamo o non rifleltiamo abbastanza su di
essa. Noi viviamo di un triste retaggio,
di una eredità di errori, di miserie, di
ingiustizie, e tutto ciò è giunto a scadenza. Noi slamo la generazione die deve
pagare. O sapreimo' trovare la giusta moneta per saldare il conto, o saremo condannati.
* « «
Gli italiani, e sopra tutto la povera gente senza mezzi e senza ajqtoggi, sono ormai convinti che in Italia V'Cngono commessi di continuo sojuiasi e camorre, che
i favoritismi costituiscono la regola, che
il malicostume è esteso e tanto più praticato quanto più si sale nella gerarchia del
poilere pubblico. Gli scandali, in verità,
sono frequenti e numerosi, la stampa denuncia sovente, anche senza prove, fatti
illegali ed Immorali, rimanendo spesso
senza replica o provocando repliche poco
convincenti. Tutto ciò determina, come è
eo,inprensibile, uno stato di disagio, di sfiducia verso le autorità e le istituzioni, di
¡■ncertezza per quanto riguarda il ricou'oscimento dei propri diritti.
Purtroppo non si fa nulla, non soltanto
per modificare la situazione e moralizzare
la vita pubblica del nostro paese, ma neppure perchè, ogni qual volta si presenti
l’occasione, sia data eonivlncente dimostra,
zione che le denuncie o le accuse erano
infondate.
11 popolo ha bisogno di parole semplici.
Gli si deve dire: si o no. Il popolo non
vuole, come Renzo, il Uuinorum. Nelle
tlissertazìoni troppo profonde ed erudite
sospetta sempre l’iuganno. Per cpiesto motivo non ci ha lasciali soddisfatili la rebiziotie della commissione di indagine parlamentare, presieduta dall’on. Ferracotli,
per aicceritare la verità o meno delle actnise
di tnaleoslume politico mosse dall’on. Covelli contro il niinisilro Sullo. L’on. Ferrarotti non ha consideralo che quella relazione, presentata, è vero, al Pairiamento,
doveva tuttavia servire per lutti ed esser
(lU'iiidi da tutti compresa, e si è lasciato
andare invece ad una dotta. espO'Sizione di
carattere sociob>gico, interessante «ertamente, ma non adatta allo scopo. Aneora
una volita dobbiamo riconoscere che la
semiplieilà non è do^te Ualiana.
♦ ¡s *
11 ministro Medici, parlando a « Tribuna Politica », ha sostenuto che i numerosi, tradizionali difetti imputati agli impiegali dello Stato (lentezza, iiu:o'niiprensio^ne dei diritli dei eiiltadini, formalismi
eecesisLvi) sono un problema dì strutture
più che di relazioni umane. Perciò i rapporti, oggi diffìcili, tra il burocrate e i cit.
ladini, a giudizio del ministro Medici, miglioreranno quando avremo miglioralo la
tecnica dei servizi che Famministrazione
deve rendere; la -crisi della burocrazia,
infatti, deriverebbe dalla circostanza che
essa deve assolvere a eo^iupiti nuovi con
strutture sorpassate.
Vi è indubbiamente del vero in queste
affermazioni del ministro per la riforma
della burocrazia. Ma, anche qui, si è andati al difficile, dinienticando un aspetto
molto semplice del problema, che è quello della buona educazione, la quale non
dovrebbe mancare, anche con « strutture
sorpassale ». Purtroppo l’Italia è il paese
del « leimon-sa-con-cliiqtarla » e dove chi
sta dietro un tavolo o ba in capo un berretto con una visiera si sente investito di
una autorità senza limiti. Al che corrisponde, dalTaltra parte, inco.mprensione e
diffidenza, malanimo o ossequio servile.
E. ì .
O. Ci i.i.maniv : CnttoHci e Proleuanli. 11
Mulino, Bologna 1962, pp. 115, L. 1.000.
i\. Cvs.M.ts: Luther et l’Eglise confessante.
Coll. « Maîtres spirituels ». Edit, du
Seuil, Paris 1962, pp. 189, L.
Messaggio del Moderatore
(continua du pag. 2)
Ecco perchè il problema dell’Unità
della Chiesa non può essere separato
dall’esigenza di un rinnovamento, di
un ritorno all’Evangelo di Gesù Cri
sto ed alla testimonianza apostolica.
La Chiesa non è essa stessa il Regno
tu Dio in tutta la potenza della sua
istituzione. Essa è la comunità dei ere
denti che perseverano nella Parola e
che vivono nell’attesa del Signore.
3) Infine, in questo campo particolare come in ogni forma della testimonianza cristiana, non bisogna avere
uno spirito di timidezza, ma piuttosto, come diceva l’apostolo Paolo^
« uno spirito di forza, di amore e di
saggezza », dobbiamo avere il coraggio
di proclamare il nome di Gesù Cristo
^ _ nella Chiesa e nel mondo; dobbiamo
’.t^miìontà, della misericordia e riscoprire il volto vero di Cristo, poi
aeUJia w ___ ______ __________ _____isr. -.,,4
^tíu!, doL uostTo Dio, Ü quulc, i>er chè nella misura in cui faremo questa
€ieua grazia oo.Y-.fiini
meriti del nostro
Dio € Salvatore Gesù riscoperta ci sentiremo realmente uni
I iiverirti «tsi- ^ . T •
Cristo ci ha. tutti mossi con il sua Spi- tl in Lui.
divino Spirito che abita pure il cuo- Quasta unità ci è stata data, anche
rito
se è spesso velata dalle nostre divergenze teologiche e dalle nostre reazioni psicologiche. Essa non diptende innanzitutto da noi, ma da Gesù Cristo,
poiché non vi è che un solo mediatore, una sola riconciliazione, una sola
si>eranza ohe ci è data per mezzo di
Gesù Cristo per la vita e per la morte.
Signori, siete a Roma in qualità di
osservatori del Concilio Vaticano. La
vostra presenza è salutata con gioia
e con riconoscenza, poiché essa è il segno di un nuovo clima nei rapporti
col cattolicesimo romano. Avrete certamente degli incontri e vi si offrirà
forse l’occasione di un dialogo. « Il
dialogo — ha detto il Dr. Visser ’t
Hooft — non significa l’abbandono di
principi e convinzioni, nè il diventare
indifferenti alla verità, ma preoccu
parsi degli altri, ascoltarli, comunicare con loro in vista delFarricchimento
di tutti ».
Vi auguro di poter essere anche dei
testimoni della verità, cioè di Gesù
Cristo, in uno spirito di fraternità con
tutti gli uomini. Che la vostra fedeltà
non sia volta ad una parola morta, ma
al Dio vivente e libero.
E che questa Parola del Dio viven
te sia udita dalle nostre Chiese e dal
Concilio Vaticano.
ERMANNO ROSTAN
Presidente del Consiglio
Federale delle Chiese
Evangeliehè d’Italia
Il qnailo centenario
della Bibbia in polaeeo
VA.RS.AVI.A. — Dal 25 al 30 ott-abre si
sotto avolto a Varsavia le oelebraziotti ■giubìlari del 1» eentenario della prima traduzione della Bibbia in jvolaeeo.; vi lianno parleeìpato rappreseManti «li molle
Chiese sorelle.
4
pag. 4
N. 43 — 2 novembre 1962
VENITE, ADORIAMO...
r
INVOCAZIONE
II nostro principio e il nostro aiuto,
la nostra consolazione e la nostra speranza sono nel nome di Dio che ci ha
creati e ci ha salvati in Gesù Cristo.
Amen.
Inno 6/ 1, 2, 3.
CONFESSIONE
Il salario del peccato è la morte...
(Rom. 6: 23).
Signore, nostro Dio, la morte che
tocca intorno a noi e che un giorno
toccherà anche noi, ci ricorda con la
sua dolorosa durezza ohe siamo peccatori, che non c’è alcun giusto, neppure uno, che il tuo giusto giudizio scende su ogni esistenza. E già prima che
la morte fisica ci colga, noi sappiamo,
colla nostra generazione, com’essa spesso svuoti di vita vera la nostra esistenza, i rapporti umani, le speranze; la
tua i>arola ci dice però quello che, con
la nostra generazione, non vorremmo
sapere : che così è a causa del nostro
peccato, della durezza del nostro cuore di fronte al tuo amore. Umiliati davanti a Te, che hai il tuo Piglio in preda alla nostra morte perchè ci ami e
non vuoi la morte del peccatore ma
che egli si converta e viva, ti supplichiamo di perdonarci, una volta ancora, di convertire il nostro cuore al tuo
amore misericordioso, di donarci la
salda e feconda speranza della vita
eterna. Amen.
Inno 99.
... ma il dono di Dio è la vita eterna
in Cristo. Non c’è, ora, alcuna condanna per coloro ohe sono in Cristo Gesù
(Rom. 3: 26; 8: 1). Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signor Gesù
Cristo, ‘ ohe nella sua gran misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la
risurrezione di Gesù Cristo dai morti,
ad una speranza viva! (1 Pie. 1: 3).
Inno 194.
LA PAROLA DI DIO
Leggiamo il Salmo 1.
PREGHIERA
tanto più preziosa e, diciamo pure,
tanto più sacra « la memoria del giusto ». Lascio questo p>ensiero alla vostra meditazione privata. E raccogliamoci, intanto, intorno alla « memoria
dei giusti ».
Ed anzitutto, domandiamoci: chi
sono questi « giusti » la cui memoria
è in benedizione e perchè proprio la
memoria dei giusti è in benedizione?
Perchè, evidentemente, tra le cose che
avvengono su questa terra, ve ne sono molte che meritano di essere ricordate con ammirazione. Per esempio si
potrebbe dire, come dicono i manuali di storia ad uso delle scuole : la memoria degli uomini forti è in benedizione, la memoria degli eroi — oppure
la memoria dei re potenti e gloriosi,
degli uomini di stato astuti e fortunali o anche dei grandi costruttori, dei
re del petrolio, o del carbone o deU’acciaio. Oppure le belle donne che hanno sparso intorno a sè i tesori della
gentilezza; ”le dame, i cavalier, l’arme e gli amori...” oppure le grandezze
dello spirito : i poeti e gli artisti, gli
scienziati e gli inventori — in una parola : il genio. Eppure, basta che tentiamo di sostituire uno qualunque di
questi nomi al « giusto » del nostro
testo, per sentire quanto la loro grandezza è in fondo discutibile, problematica. « La memoria del genio è in benedizione». Eh, no! purtroppo! Sappiamo anche troppo bene, che la memoria del genio può essere in maledizione, se al genio non era unita la bontà,
se il genio non è anche un « giusto » I
l'elle tristi circostanze avanza sicuro,
perchè sa che la « mano dell’Eterno »
è quella che lo guida. E come accetta
con riconoscenza il bene, così accetta
con sottomissione i mali, come Giobbe, purché non gli venga ritirata quella m^o soccorrevole e forte che è il
suo aiuto, la sua fortezza.
^ Ed appunto perchè « dimora con
l’Eterno» il giusto ha «pace», pace
con l’Eterno e con gli uomini. E appunto perchè ha pace sa anche essere
generoso, pieno di misericordia e di
mansuetudine, pronto a stendere una
mano soccorrevole a chi ha bisogno
di lui, a nutrire l’affamato, dissetare
l’assetato, accogliere lo stanco, proteggere l’orfano e la vedova.
Fratelli miei, la figura che vi ho descritta è quella di un santo patriarca
secondo l’Antico Testamento. Non mi
pare di aver trascurato alcun tratto
essenziale. Ma certo la vostra memoria potrà suggerirvene molti altri.
E che la figura ideale del « giusto »
sia proprio dell’A. T. noi lo riconosciamo dal fatto che nel Nuovo Testamento questa parola quasi del tutto scompare o è attribuita appunto a nobili
ligure giudee che stanno come ai margini del N. T.; Giuseppe, lo sposo della Vergine Maria, il vegliardo Simeone, Giovanni Battista, Giuseppe d’Arimatea, l’apostolo Giacomo, fratello
del Signore detto il Giusto, capo della comunità giudeo-cristiana di Geru
salemme.
Infatti l’ideale della vita cristiana
è forse un poco al di là di questa figura del « giusto », riveste altre qualità. « Queste tre cose durano : fede, spe
si, vi è una benedizione che consiste semplicemente nella memoria, una
benedizione che risiede nel ricordo del
giusto. Vi è qualche cosa di infinita
mente grave e dolce in quello che si
chiama di solito il culto delle memorie. E la Bibbia lo sa e la Bibbia Io
predica. Avete mai osservato quante
volte ritorna, nell’A. T., l’esortazione:
« RicordaU »? « Ricordati che fosti
schiavo e che l’Eterno ti ha liberato ».
Ricordati di quello che Dio ha fatto
per te e ricordati di quello ohe tu, ingrato, gli hai fatto.
La Bibbia prende estremamente sul
serio il ricordo dei fatti e delle persone, perchè la Bibbia prende estremamente sul serio quello che avviene in
questa vita e le persone che nascono,
vivono, fioriscono, soffrono, amano in
questa vita. Tutto quello che avviene
nel tempo ha un gran valore agli occhi di Dio e non deve essere dimenticato da noi. Dimenticarlo è leggerezza e frivolità, ricordare è cristiano. Vi
è un versetto dell’Epistola agli Ebrei
(13: 7) che esprime molto chiaramente questo pensiero : « Ricordatevi de:
vostri conduttori, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio ; e considerando come hanno finito la loro carriera, imitate la loro fede ». Ecco espresso in termini semplici il dovere
della memoria e la benedizione che
contiene : « semplicemente » la benedizione dell’esempio, « imitate la loro fede ». Nulla di più semplice. Eppure noi
sappiamo, fratelli miei, quanta profonda verità e quanta forza vi siano
in queste cose semplici e banali. Lo
sappiamo quando ricordiamo vera
Riprendendo una tradizione
persasi negli ultimi anni, ci
proponiamo di pubblicare periodicamente il testo di un intero culto, pensando in modo particolare ma non esclusivo agli
isolati delle distanze, dell'età,
della malattia, nelle nostre comunità e nella nostra diaspora.
La predicazione che pubblichiamo oggi è stata tenuta dal
Pastore Prof. Giovanni Miegge
nel tempio di Massello, il 23 luglio 1950. Siamo profondamente grati alla Signora Lina Miegge che ce ne ha dato il testo.
La memoria
dizione, ma
marcisce.
del giusto è in beneil nome degli
empi
Proverbi 10 ; 7
U.
fragile, labile ricordo che noi ne serbiamo, è l’eterna, indistrutibile memoria di DÌO', in cui i giusti vivono. E
la benedizione... ecco io non mi stupirei che vi fosse nella memoria del giusto qualche benedizione più segreta e
più profonda di quelle che ne vengono
y noi dal riccrdo commosso e dalla volontà di imitarli. Vi è un caso, alme
no, in cui questa verità è evidentissima : la memoria di Cristo, il giusto, è
una fonte di benedizioni che supera
di gran lunga la benedizione del ricordo. La salvezza stessa del mondo è
quella benedizione e quella benedizione si estende per tutti i secoli nel mondo intero e non certo in vista della nostra debole capacità di ricordare, di
commuoverci, di imitare. Si estende
anche, direi, sugli ignari, su coloro
che ancora non sanno, ancora non
credono e forse crederanno e allora si
« ricorderanno » di Lui e conosceranno la pienezza della Sua benedizione.
Che cosa dovrebbe impedirci di pensare che qualche cosa di simile avvenga anche per i « giusti » la cui memoria è «in benedizione»? Se è vero che
in ultima analisi ogni grazia e ogni
dono perfetto scendono da Dio cosi
anche è della benedizione che riceviamo per mezzo della memoria dei giusti.
Signore e Padre nostro, no! ti rendiamo grazie perchè ci hai chiamato
a non essere come pula al vento, ma
a riconoscerci come tue creature, a'mate da te ; misere creature indegne, e
pure preziose ai tuoi occhi. Ti rendiamo grazie perchè nella tua sapienza
misericordiosa davanti a noi, cosi inclini ad avventurarci su vie di morte,
bai aperto la via della vita; perchè di
fronte alle scelte vital’ della nostra
esistenza non siamo soli con il nostro
orgoglio, la nostra vana scienza e saggezza. ma abbiamo la guida della tua
narola, fonte nerenne e sovrabbondante della vita di Cristo ; e nerchè la vita del Cristo vivente non l’offri soltanto ad una piccola conventicola, ma
ai mondo intero, ad ogni uomo che
non sia empiamente soddisfatto di sè,
ma soffra della sua condizione umana,
nel peccato. Per questo ti adoriamo
festanti e grati, e l’anima nostra inquieta trova pace in te, nel nome del
nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, il quale con te, o Padre, e con lo
Spirito Santo vive e regna nei secoli
dei secoli. Amen.
PREDICAZIONE
Cari fratelli e sorelle nel Signore,
Sono circa 26 anni, un giovane candidato in teologia saliva per la prima
volta i gradini di questo pulpito. Da
allora, rnolte cose sono cambiate, molti avvenimenti grandi e piccoli si sono svolti e molte belle figure, che allora solevano venire a questo tempio,
sono scomparse. Ed è appunto pensando a loro, che in questi ultimi giorni si è presentato a me con insistenza
questo versetto dei Pro'verbi e si è con^ imposto al mio spirito : « La memoria del giusto è in benedizione».
Io vorrei oggi meditare con voi sulla benedizione ohe discende dalle memoria dei giusti. Lasceremo in disparte, non è vero?, di un comune accordo
il secondo verso di questa sentenza,
che ne completa il pensiero in modo
impressionante, conformemente alle
leggi del parallelismo ebraico: «ma il
nome degli empi marcisce ! ». Ma io
vorrei soltanto invitarvi, cosi, di passata, e per non parlarne più, a non dimenticare questa seconda frase che
completa la prima. Essa è come lo
sfondo di ombra, su cui si proietta la
promessa luminosa del nostro testo.
E come lempre l’ombra dà un grande risalto alla luce. Essa ci ricorda che
la « memoria del giusto » non è, purtroppo, la sola possibilità. Essa ci avverte, che non è una cosa naturale,
che va da sè, che lasciamo dopo di
noi, alle giovani generazioni « la memoria del giusto». E’ anche possibile,
ed è purtroppo frequentemente vero,
che si lasci soltanto « un nome che
marcisce ». Ed è appunto perchè, fratelli, il nome di molti, semplicemente,
« marcisce », cioè segue la stessa sorte del loro corpo nella tomba, si dissolve, si spegne in pochi anni senza
lasciare una eredità di affetti, di rimpianto, di ammirazione, che appare
E quello che si dice del genio, si può
dire di tutti gli altri, « le dame e i cavalier»... Grandi nomi, grandi fatti
che durano nella memoria dei secoli,
ma dai quali non si può dire che scenda una benedizione. Se almeno, lo ripeto, alla grandezza non si unisce qualche cosa di più umile, di più intimo,
di più solido, « la memoria del giusto
è in benedizione ».
Ma chi è dunque questo giusto? Domandiamolo alla Bibbia. La risposta
sarà, come sempre, ricca e piena di
avvertimenti preziosi. Il giusto è anzitutto, nella Bibbia, l’uomo della legge, l’uomo che osserva fedelmente i
comandamenti dell’Eterno, l’uomo che
ama padre e madre, non uccide, non
ruba, ncn commette adulterio, che rispetta la vita, la donna, la proprietà
del prossimo, che non dice falsa testimonianza, cioè rispetta la verità, che
non concupisce, non desidera i beni
del prossimo. E’ l'uomo onesto, nel superiore, universale significato del termine. Onesto, ma può esserlo anche
l’ateo o il pagano : non illudetevi fratelli miei, di poter essere dei buoni
cristiani, se la vostra giustizia non è
almeno pari a quella degli atei e dei
pagani! Ma è anche e soprattutto co
lui che osserva i comandamenti della
I Tavola, che sa che Dio è il suo Dio
e non ha altri dèi nel suo cospetto, e
non prende il suo nome in vano e non
corre dietro le immagini sorde e mute e rispetta il giorno che gli è consa
crato, in una parola, colui che ama
Dio con tutto il suo cuore, con tutta
la sua anima, con tutta la sua forza.
Anzi, direi che è appunto questo che
distingue il giusto della Bibbia. Dio è
in capo a tutti i suoi pensieri. Egli sa
che « il timor di Dio è il principio della sapienza » e della giustizia ed egli
« si ricorda » di Dio, « medita » la sua
legge giorno e notte. Ed è appunto
perchè « si ricorda di Dio » giorno e
notte che « osserva » la sua legge con
scrupoloso amore. E non solo l’ama.
Egli sa, che nonostante tutta la sua
scrupolosa attenzione, non è facile osservare la legge di Dio, che siamo sempre in difetto per qualche cosa e perciò, proprio quando tutto gli va bene,
ed è contento di sè e dei suoi, offre
come il patriarca Giobbe un olocausto mattutino per i peccati involontari suoi e dei suoi figli (Giobbe 1: 5)
0 ripete cristianamente : « Rimettici ;
nostri debiti come li rimettiamo ai
nostri debitori». Il giusto della Bibbia sa che è giusto soltanto per fede,
che vive del perdono di Dio. E si ri
mette a Dio con le sue virtù perchè
1 difetti delle sue virtù siano costantemente purificati dal perdono di Dio.
Egli si rimette a Dio: questa è l’altra grande caratteristica del « giusto »
biblico. Egli abbandona a Dio non soltanto le sue imperfezioni ed i suoi
peccati inevitabili, ma tutta la sua vita. Vive di fiducia, come vive di perdono. Egli « getta sull’Etemo il suo peso » perchè sa che l’Eterno « lo sosterrà ». Egli .sa che « l’Eterno è il suo pastore » e lo segue dovunque lo conduce. nei paschi erbosi o nella valle delTombra della morte e nelle felici e
ranza e carità, ma la più grande è la
carità » ; ecco, queste parole spostano
l’accento nella figura antica del giusto. Lo pongono sulTamore che si dona, qualche cosa di più intimo e di più
profondo, di più dolce, direi quasi di
più femminile. L’ideale del « giusto »
è una figura maschile, ma l’ideale cristiano si incarna volentieri, sembra
incarnarsi più perfettamente soprattutto in alcune figure femminili. Ed
effettivamente se volete pensare, nei
vostri
ca meglio l’ideale dell’Evangelo, può
darsi, è quasi certo anzi, ohe troverete qualche nobile figura di donna; si
direbbe che la donna trovi neU’Evangelo una sorta di santa rivincita della
posizione subordinata in cui la lascia
va la maschia religione d’Israele.
Però non dobbiamo dimenticare che
VI è nell’Evangelo una figura che rias
Eume in sè proprio la dolcezza deU’ideale evangelico e la forza dell’ideale
dell’A. T. : ed è la figura di Gesù. Gesù Cri.3to il giusto. E’ il centurione ronjano ai piedi della croce (Luca 23:
47) che lo dichiara: «veramente quest’uomo era giusto»; ed è l’apostolo
Pietro che lo afferma (I Pietro 3: 18) :
« Cristo ha sofferto una volta per i
peccati, egli giusto per gli ingiusti »,
e l’apcstolo Giovanni lo ripete : « Noi
abbiamo un avvocato presso il Padre,
cioè Gesù Cristo il giusto» (I Giovanni 2: 1). Per noi, fratelli miei, la figura del « pusto » si identifica con quella di Cristo e badate bene: di Cristo
Crocifisso. Il giusto è colui che si dona, colui che soffre e muore per i suoi
fratelli. E noi possiamo esserlo nella
misura in cui sappiamo ispirarci al
suo esempio!
II
Fratelli miei, se pensiamo a tutto
questo, se soprattutto pensiamo che
la figura biblica del giusto certamente riceve la sua più completa espressione proprio in Gesù Cristo crocifis
so, noi non abbiamo bisogno di molte
parole per persuaderci che veramente
« la memoria del giusto è in benediz’.one ». La memoria di Cristo è veramente « in benedizione » e da tanti secoli e per tutti i secoli e noi comprendiamo subito, senza difficoltà, che la
memoria dei suoi fedeli discepoli, di
coloro che vissero nella sua luce e nei
suo amore, di coloro che seppero comprendere e praticare la profonda virtù della croce — dell’amore che si dona — è anche in benedizione e che
questa benedizione è in fondo un riflesso, un’eco di quella di Cristo.
Ma domandiamoci con maggiore
precisione: in che senso la memoria
del giusto è in benedizione?
Io credo che il Savio dei Proverbi
intenda questa parola in un senso
molto semplice, proprio nel senso letterale, quasi banale, delle sue parole,
nel senso in cui anche noi potre'mmo
usarle, scrivendo un qualsiasi articolo
necrclogico in qualunque giornale e
potremmo ottenere il consenso commosso anche dell’ateo e del pagano.
La Bibbia è talvolta meravigliosamente laica.
mente, quando abbiamo presente, vi
vida, davanti a noi qualche bella figura di fedeli discepoli del Signore
cne veramente ci hanno « annunziato
la parola di Dio», con la vita, forse
ancora più che con le loro parole. Ma
anche con le loro parole e li sentiamo
vivi in noi e quasi più vicini a noi di
quando percorrevano la loro carriera,
lorse perchè nel ricordo si confondono e completano, fanno corpo con
, __ quella parola di Dio di cui hanno
icordi, cercando chi personifi- vissuto, con quella fede che li anilio l’ideale delTEvanaelo. nnn mava e che vorremmo imitare.
E facciamo l’espierienza di quanta
forza vi è nel ricordo, di quanta benedizione vi è neU’esempio quando è ii
ricordo e l’esempio dei giusti.
E nelle tentazioni, nelle ore di debolezza pensiamo a loro' e il ricordo delia loro forza ci aiuta ad essere forti.
E nelle ore del dubbio quando veram.ente lo slancio delia fede cede alla
depressione, « sovvieni alla mia debolezza », il ricordo, della loro fede ci aiuta a credere, a sperare.
E nelle ore di dolore sappiamo a..che
quanta consolazione vi e nel ricorde
e nelPesempio di coloro che hanno
lungamente e cristianamente sofferto
e Ci insegnano come si la a soffrire
cristianamente e ci aiutano e ci fortificano.
Quante volte il ricordo di una madre, di una sorella, di un amico ohe
hanno compiuto leliceimente la loro
carriera sono un ostacolo salutare, una
barriera cne si drizza tra noi e il peccato, la negazione, ii vuoto, la disperazione e ci rimette in careggiata e ci
oà il coraggio di continuare, di andare
avanti, di compiere anche noi la nostra carriera cristiana?
Non abbiamo bisogno di cercare altro che questa semplice, facile verità.
Vi è una benedizione nella memoria
del giusto. Questa benedizione risiede
nel ricordo, è a nostra disposizione
purché soltanto sappiamo ricordare.
Perciò ricordati dei giusti che hanno
vissuto in mezzo a noi. Ricordati di
coloro che sono stati un esempio di
fede, di carità, di comprensione o di
rettitudine, di fermezza morale, di
« giustizia ». Ricordati e riconoscerai
la benedizione che viene a te nel ricordo e dal ricordo.
Eppure he l’impressione che tutto
questo non esaurisce interamente il
significato biblico di questa benedizione. Perchè, in generale, la Bibbia non
ci parla soltanto di noi, e dei nostri
sentimenti e delle benedizioni che ci
possono venire da essi. La Bibbia è il
grande libro delle verità oggettive ed
eterne. Ed effettivamente la memoria
del giusto è in benedizione, non sctitanto perchè noi lo ricordiamo e la
nostra memoria di essi è una fonte di
benedizione, ma perchè Dio si ricorda
di loro e Dio « usa benignità fino alla
millesima generazione, verso quelli
che lo amano ed osservano i Suoi comandamenti » (Es. 20: 6). Veramente
io credo che questo è lo sfondo immenso su cui dobbiamo proiettare la
verità del nostro versetto « La memoria del giusto è in benedizione». La
memoria del giusto non è .soltanto il
Lascio anche questi pensieri, fratelli miei e sorelle, alla vostra meditazione. Ma vorrei, terminando, ricondurvi
un istante su quel piano più semplice,
su quel piano umano su cui ci siamo
incontraci un momento fa e sul quale
poiiemo incontrarci credenti ed increduli (vi è talvolta anche nel pensiero
di quesco ricordo qualche cosa di corroborante i.
iia « memoria del giusto è in benedizione». Noi abbiamo meditato questo
le.iio pensando ai giusti che non sono
p.u con noi e di cui noi serbiamo li r’
cordo oeneaetto. Ma io vorrei ricoidarvi, terminando, che gli anni passano e passano per lutti e che forse prima ancora che lo crediamo verrà aliene per noi il giorno, in cui, abbandonata a Dio la nostra sorte eterna, non
ij marra di noi, quaggiù, tra gli uomini, altro ohe il ricordo. Pensate soltanto un istante: quale ricordo lasceremo? Quale speranza abbiamo di lasciare a coloro che ci sopravviveranno non soltanto una eredità materiale — piccola o grande — o forse nulla,
ma una eredita morale che in fin dei
conti e molto più preziosa: l’eredita
della memoria oi un « giusto »? In fondo questo è quello che conta. Noi ci
affanniamo per molte cose, noi abbiamo l’ambizione di lasciare ai nostri discendenti case, terre, averi e titoli in
banca e non ci rendiamo conto che, in
fendo, la cosa più importante, l’eredita piu preziosa, quella che i nostri figli avranno più cara, quella che li ac
compagnerà fino alla fine della loro
vita come un tesoro indistruttibile, sarà l’eredità di memoi.e che avremo lasciato loro. Sarà :a benedizione che
scende dalla muucria del giusto.
Quanto sarebbe diversa la nostra vita talvolta se sapessimo collocarci a
questo giusto punto di vista!
A due riprese nelle ultime settimane mi sono venuti sotto gli occhi alcuni versi di Pascoli che desidero ripetervi ora a conclusione di questi pensieri: Egli descrive il passaggio di un
carro di fieno « maggengo » che spande il suo generoso profumo:
« Ed il carro passò, d’erbe ripieno,
ohe da lunge odoravano la via;
fa’ anche tu come quel fieno:
lascia buoni ricordi, anima mia! ».
Potremmo dire, biblicamente: cerchiamo di lasciare dopo di noi — come il fieno pieno di sole — il profumo
di Cristo, la memoria del giusto e possa essere in benedizione a quelli che
ci seguono!
Amen.
Inno 147/ 1, 2, 3.
Padre nostro...
Inno 18.
BENEDIZIONE
L’Iddio della sjieranza ci riempia di
allegrezza e di pace nella fede, affinché trabocchiamo di speranza nel nome del Signor Gesù Cristo. Amen.
5
2 aoreanbre 1962 — N. 43
pag. 5
bricioli
Religiosità d'oggi
Il « Cenacolo », rivista del Sem.
Euc. di Bergamo (Ponteranica) (con
approvazione ecclesiastica) (n. 41 13 ottobre 1962) annunzia il lancio
(li una quarta settimana eucaristica
dei defunti (solenne ottavario).
L’istituzione risale al beato Pier
Giuliano Eymard, fondatore dell’Associazione delle Settimane Eucaristiche per aiutare i nostri cari defunti
con un Suffragio Perpetuo.
"Approfittiamone ! „
Questa settimana costituisce ”lu
sagra e la festa dei morti”.
’’Sfruttando la miniera inesauribili di grazie che è VEucarestia, quest’ Associazione procura un perpetuo
suffragio alle anime del Purgatorio.
Sarebbe una vera sciocchezza non approfittarne per annoverare tra le sue
file i nostri defunti. Iscrizione-. L.
150; perpetua 1.500”. E sempre più
ispirati, i reverendi padri Pedrinazzi e Buffoni insistono: ”... Dal profondo abisso del Purgatorio le anime dei nostri cari levano un’ accorata preghiera al Signore, distributore
di redenzione e di salvezza, affinchè
le liberi dal tormento della purificazione... Imprigionate nelle terribili
fiamme purificatrici del Purgatorio,
li anime dei defunti attendono l’invito della misericordia...”.
E non mercanteggiamo!
’’Inviando offerte per Sante Messe, notificateci sempre il numero preciso, tenendo presente che l’offerta
minima è di L. 500 ognuna e di L.
1.000 per S. Messa a giorno fisso.
Per le 30 SS. Messe Gregoriane si
richiede l’offerta di L. 30.000 per la
gravosità dell’impegno”.
Rileggendo queste parole, e meditando queste cifre e contemplando
queste fiamme divoratrici del Purgatorio (c’è un suggestivo disegno a
pag. 3, nel quale si può ampiirare il
braccio proteso di un angelo, in alto,
su una nuvola del Paradiso, che tenta con tutte le sue forze di tirar fuori dalle fiamme del Purgatorio un’anima-corporale che non riesce ad uscire dal fuoco e dal fumo, perchè
l’es.suno [trega per lei) rileggendo e
meditando e contemplando, mi vien
fatto di pensare a quel tale frate
Martino Lutero, quando un bel giorno perse la pazienza e scagliò contro il traffico delle indulgenze le sue
feroci e poco ecumeniche invettive.
Qui, naturalmente, non si tratta di
traffico nè di indulgenze, ma di pietà popolare; oserei dire che non
c’è poi una grande differenza. Ed oserei aggiungere che un po’ dell’antica feroce invettiva di fra Martino
non sarebbe inutile che risuonasse
nel folto sottobosco della nostrana
pietà ])opolare.
La cosa più grande
Scrivono ancora i nostri reverendi
padri; ”Si può offrire a Dio qualcosa di più grande di una S. Messa? Sì.
cjuando .si offre non una, ma cento,
ma mille S. Messe, una catena ininterrotta di Messe, lungo molti anni,
lungo tutta una vita” ; qnando si versano L. 15.000 (anche a rate) per
l’adozione di un missionario sacramentino che pregherà per voi. Giovanetto ’’sentirà più messe per voi;
fatto lui stesso sacerdote, tutte le
mattine farà largo posto nella sua
Messa alle vostre intenzioni di bene
e di suffragio”.
Mancano le vocazioni
In una lettera a Specchio dei tempi il signor P. L. Baldissero interviene nella polemica sull’ammissibilità
della donna al sacerdozio cattolico;
osserva la carenza delle vocazioni allargando cosi il problema: perchè
così poche vocazioni al sacerdozio ed
all’attività caritativa delle donne,
particolarmente da parte di quelle
colte? Da buon cattolico risponde:
il sesso e l’ossessione sessuale sono i
colpevoli. Mi domando (ma sono un
eretico) se questo persistente deterioramento del livello spirituale della
cosidetta pietà popolare, che impone anche la visita al santuario di Loreto come atto preliminare del Concilio, non costituisca una spiegazione più valida e pertinente.
L. A. Vaimal
Incidenze confessionali sul culto e sul luogo di culto
liturgìa architettura
Il titolo di questo breve studio di
André Biéler (1) potrebbe far pensare
a qualche sciropposo pamphlet d’imo
di quegli uomini d’« alta chiesa », anglicaneggianti, liturgizzanti, estetizzanti, cattolicheggianti, che in questi
anni infestano le chiese della Riforma.
Invece Biéler, giovane e forte calvinista dalla robusta cultura e senza peli sulla lingua (2) ci ha dato un vigoroso trattatello di netta impostazione
evangelica, che rallegra il cuore di
ogni lettore ben disposto.
Egli esamina, da un punto di vista
riformato, la forma (interna) che attraverso i secoli i cristiani hanno dato alle loro chiese. Fin dairinizio, due
diversi modelli hanno influenzato gli
architetti erstiani; il modello pagano
e quello ebraico.
I templi pagani antichi avevano in
comune una caratteristica fondamentale: il luogo di culto era diviso in tre
parti principali:
il luogo santo, in cui una statua materializzava la presenza del dio;
il luogo rituale, in cui officiava il
clero, intermediario tra il dio e i semplici mortali:
il luogo pubblico, in cui si ammassava il volgo dei fedeli.
Diversa la situazione in Israele: è
bensì vero che il tempio di Gerusalemme somigliava in parte ai templi pagani ,ma è tipico che Israele, nella sua
maturità, avesse, accanto all’unico
tempio di Gerusalemme, una moltitudine di Sinagoghe, in cui si svolgeva
la normale vita religiosa delle comunità ebraica. Orbene, nella sinagoga
non c’è traccia della triplice divisione
dello spazio in sacro, rituale e pubblico: non cè che un unico spazio, interamente riempito dalla comunità. In
mezzo alla stanza si eleva un semplice leggio, da cui viene letta la Legge:
Dio è immediatamente presente all’assemblea dei fedeli, mediante la lettura della sua Parola.
La suggestione del templi
e delle sinagoghe
I primi luoghi di culto cristiani hanno semplicemente, e giustamente, sviluppato il modello della sinagoga: il
Tempio distrutto era stato infatti, «dopo tre giorni», ricostruito nel Corpo
di Cristo; e Clemente d’Alessandria
scriveva : « ciò a cui (Jo il nome di tempio, non è l’edifìcio, ma l’assemblea
degli eletti ».
Perciò la primitiva comunità cristiana si radunava in edifici privi di simboli sacri, intorno alla Parola e alla
Santa Cena: la sinagoga giudaica si
era felicemente trasformata in qualcosa di nuovo : un modesto tempio cristiano, in cui la presenza del Signore
era espressa solo dai simboli viventi
che Egli stesso aveva scelto: la comunità dei credenti, la S. Cena e la predicazione.
Ma occorreva anche dare espressione architettonica a questo nuovo tipo
di « spazio religioso » : occorrevano degli edifici di culto. Purtroppo, quando
la chiesa cominciò a costruire in proprio, si facevano già sentire molto fortemente le suggestioni della tradizione pagana. Anzitutto, il culto dei martiri reintroduceva nella chiesa un’atmosfera sacrale: si co-minciò col collocare la tavola da comunione sulla
tomba di un martire, e fu poi facile
trasformarla in un altare. In seconde
luogo lo svilupparsi della casta sacerdotale tolse al culto cristiano il suo
primitivo carattere comunitario, e glie
ne diede uno rituale, sacrale e liturgico. Questa evoluzione Co involuzione)
diventò ben visibile con la costruzione
delle prime basiliche cristiane.
C'è un'era Gostantiniaiia
anche per l'architettura
Nell’età di Costantino, la chiesa, ormai numerosa, ricca e potente, aveva
fretta di costruire degli edifici che potessero accogliere masse di popolo che
stavano disciplinatamente diventando cristiane (qui l’aggettivo «cristiane» ha un senso puramente storico).
Per tal sorta di grandi edifici, la società romana offriva come modello le
sue «basiliche»: la basilica romana
era un vasto locale coperto, che poteva servire da mercato o da iribunale
C era un limgo spazio rettangolare, diviso da colonnati o da arcate, in cui si
stipava la folla; in fondo c’era uno
spazio riservato agli avvocati. Mettete
1 fedeli al posto della folla, i chierici e
i cantori al posto degli avvocati, il vescovo e i preti al posto dei giudici, poi
sopraelevate l’abside in modo che il
clero domini dall’alto i fedeli, e avete
davanti agl occhi una chiesa cattolicaromana bell’è pronta.
tccGitont, rltnrnt
e rlnnnvamentl
Su queste punto la chiesa orientaleortodossa, segui una via diversa da
quella romana, malgrado la sua impostazione « cattolica » : e in Oriente prevarrà sempre Tediflcio a pianta centrale (rotondo, poligonale o a «croce
greca» (3), ohe raggrtqipa i fedeli m
modo convergente, ed esprime ancora
in parte l’idea della comunità raccolta nella comunione col suo Signore,
senza divisioni.
In occidente, col procedere dei secoli la basilica romana si trasformò fino
a diventare la cattedrale del Medioevo: il santuario diventa sempre più
lungo, spazioso (per le processioni) e
la distanza tra il clero e i fedeli aumenta : il clero volta le spalle a una
folla che, a rispettosa distanza, assiste alle sacre cerimonie: assiste, ma
non ne è più parte essenziale; il laico
va e viene, sta assorto o distratto secondo i suoi bisogni personali, nia la
messa è valida anche senza di lui. In
tutta questa pompa che cosa rimane
ancora della primitiva concezione cristiana?
Già prima della Riforma si ebbe una
reazione a questo estremo sviluppo : le
chiese degli ordini mendicanti venivano concepite come semplici «sale di
predicazione », e il Rinascimento riportò in onore le chiese a pianta centrale (quadrate, circolari, a «croce
greca »).
Mentre non stiamo a sviscerare le
motivazioni culturali di questa rivoluzione, vogliamo almeno citare l’opinione di Leonardo, il quale progettò
diverse chiese di forma circolare, e
preferiva che non solo l'altare ma anche il pulpito fossero al centro dell’edificio: bisogna, egli diceva, ohe
quella Parola di Dio ohe ha creato il
mondo e che è al centro stesso dell’Universo, sia collocata al centro della chiesa, che è una rappresentazione
dell’Universo. Malgrado il fascino di
questa frase, non è sicuro che essa
esprima una posizione propriamente
cristiana.
La basilica di S. Pietro
sì allunda
Comunque sia, i tentativi rinascimentali di rinnovamento architettoniCG furono ben presto soffocati o snaturati. L’esempio tipico è dato proprio
dalla chiesa di S. Pietro ohe in qu^ti
giorni ospita felicemente il Concilio.
sia il Bramante che Michelangelo
l’aveva progettata come edificio a
pianta centrale (croce greca): ma il
Maderno lo trasformò in croce latina,
allungando la navata; e il Bernini,
aggiungendo il colonnato e le decorazioni barocche fece di S. Pietro ciò
che i papi della Controriforma volevano che fosse: il ambolo della potenza della chiesa romana. Poi su tutte questo imperversò il barocco, fino
alla nausea, fino aH’inaridimento piu
completo.
Sul terreno della Riforma invece la
rivoluzione architettonica potè ottenere qualche risultato, grazie al ritorno al messaggio biblico: riconquistata
l’idea che Cristo abita nella comunità
dei credenti, l’altare poteva e doveva
passare in seconda linea o scomparire ; caduta la divisione tra clero e laici, e rimessa in onore la predicazione,
il « coro » scompariva, il pulpito avanzava verso il centro, e i fedeli si disponevano « a stella », in modo convergente intorno al pulpito stesso. Le
nuove chiese costruite dalla Riforma
erano tutte a pianta centrale, cori i
banchi concentricamente disposti intorno al pulpito. Questa è la vera chiesa della Riforma, a cui tutti dovremmo ispirarci : la sua disposizione architettonica esprime con un solo simbolo potentissimo la realtà di una
chiesa raccolta intorno alla Parola di
Dio, ed in ciò costituita come autentica comunità (4). Si dirà: ma con questa disposizione i fedeli si vedevano a
vicenda: certo, ma ciò non li disturbava perchè quando si è fratelli la vista del prossimo non ci distrae, anzi
ci aiuta a pensare a quell’opera di Dio
in Cristo (il perdono) di cui parla il
predicatore ogni volta che egli annuncia veramente la Parola di Dio.
li tempio divento
una sala di ennterenze
Putroppo, passata la stagione della
Riforma, anche queste forme architettoniche si esaurirono: in Inghilterra
continuò a regnare il gotico, il finto
gotico, lo pseudo-gotico, e sul continente la chiesa protestante cominciò
a somigliare a una grossa sala per
conferenze : la chiesa evangelica si era
trasfonnata in un conglomerato di individui religiosi, i quali, una volta alla settimana, si riunivano a formare
un pubblico religioso, a cui un oratore
specializzato teneva un discorso d’argomento religioso.
Cosi il tempio si allungò, e il pastore non se la sentì più di starsene in
mezzo alla gente : perciò il pulpito
venne collocato in fondo alla sala,
contro una parete; ma in compenso
divenne sempre più alto : il pastore domina autorevolmente il suo uditorio,
come un maestro ormai su due file di
banchi paralleli, ascoltano disciplinatamente (quanto a questo siamo riusciti benissimo : non c’è al mondo uditorio più disciplinato d'un’assemblea
protestante), cantano qualche inno su
intimazione del sig. Pastore («indico
l’inno 23, prima e seconda e terza strofa dell’inno 23 » : e se qualcuno si alzasse a dire che invece sarebbe meglio
cantare il 2’’, o il 32, verrebbe certa
// tempio valdese
di Genova è, con
quello di S. Secón
do e con quello di
Fruii, l’esempio ti
pico e migliore del
In nostra architetta
ra ecclesiastica.
mente cacciato, o per lo meno agghiacciato dallo sguardo delle 500 signore
presenti; dei resto nel severo tempio
protestante di oggi non c’è architettonicamente posto per l’intervento
spontaneo della comunità: gli inni
« spontanei » sono quelli che si cantano obbedendo alle indicazioni di una
apposita targhetta,: ma se alla comunità saltasse in testa di cantare degli
inni veramente spontanei, credo ohe
noi pastori chiederemmo per lo meno
il collocamento in pensione con prò
cedura d’urgenza).
Ma appunto: i «fedeli» ascoltano e
cantano, con gli sguardi tutti paratie
lamente rivolti in avanti, verso il sig.
Pastore, o verso la parete di fondo:
non si vedono più tra di loro, non si
incontrano più insieme con la Parola
che fa morire e fa vivere. Non sono
più una comunità : sono un « pnibblico » ,come quello dì Vittorio Gassman :
un pubblico che aspetta con disciplinata passività, che il pastore lo tocchi, lo commuova, lo interessi, lo edifichi.
Qualche novità
A questo punto le cose dovevano
cambiare, e stanno infatti cambiando,
è oggi in corso un rinnovamento architettonico, che cerca di esprimere
nella pietra il rinnovamento, e così
aiutare le chiese a superare l’impasse
cultuale in cui si trovano. Oggi sta rinascendo un’architettura evangelica
che cerca di dare al tempio la sua giusta forma : una forma che raccolga la
comunità intorno alla predicazione e
alla S. Cena. La chiesa può essere rotonda, quadrata, ovale, poligonale, poco importa: quel che conta è che la
chiesa, quando è rimpita dai credenti,
li aiuti ad esprimere in modo vivo e
corretto la loro situazione.
Il Biéler cita questa dichiarazione
di alcuni artisti protestanti : « La funzione del tempio è di permettere il radunarsi dei fedeli chiamati non a udire una conferenza o ad assistere passivamente a un mistero, ma ad ascoltare ed incontrare il Dio vivente. Il centro dei cinto è la Parola del Signore,
il quale è invisibile, ma pure, secondo
la sua promessa, è presente ».
In un secolo come il nostro, in cui
l’architettura è forse l’arte più interessante, tanto da assurgere a simbolo di una civiltà, la chiesa evangelica
deve saper esprimere sè stessa nelle
proprie chiese. Costruire bene, costruire adeguatamente, significa oggi testimoniare della fede evangelica non meno effìcacemente^che distribuire buoni libri, o prediefc alla radio.
In un ottimo articolo che esce sul
numero di Novembre di « Gioventù
Evangelica», Gianni Koenig presenta
(con foto) una bellissima chiesa evangelica che Aalto ha costruito n Germania: basta queU’immagine per mostrare quanto possa significare, al giorno d’oggi, una chiesa costruita da chi
ha stile, genio e sensibilità spirituale
Postilla valdese
coetro il elite della
stamberga)
Poiché in questi anni, malgrado i
debiti, la chiesa valdese costruisce parecchio, possiamo domandarci: le nostre nuove chiese esprimono veramente l’idea della comunità raccolta intorno alla Parola e al Sacramento?
Sono architettonicamente e teologicamente valide da un punto di vista
evangelico-riformato?
Se lasciamo da parte resperimento
originalissimo del salone di Agape (che
non è una chiesa in senso proprio),
dobbiamo rispondere di no: le nostre
nuove chiese sono delle cattedrali gotiche in cemento armato, in cui troneggia un immenso pulpito dal quale
il pastore spara i suoi sermoni sull’assemblea, come un bravo mitragliere
dal suo bunker (tempio di Milano),
oppure delle monumentali e solenni
chiese luterane, col tavolo-altare sopraelevato e il pulpito respinto in un
angolo (tempio di Prali); oppure, nei
casi più modesti, delle stanzacce mal
squadrate, che ecciterebbero l’ira di
Ugo Janni («stamberghe», egli diceva che fossero i nostri locali di culto).
Anche il tempio di S. Secondo, che
secondo il parere un po’ fazioso dell’estensore di queste righe è attualmente il nostro miglior tempio, ha solo in parte risolto il problema: gli architetti, nel loro geniaccio fiorentino,
hanno superato un bel po’ di difficoltà ( esempio : c’é una croce, ma non è
proprio una croce, perchè è una finestra che ha un bel significato simbolico : « guardare il mondo attraverso
la croce»; ma, di grazia, perchè allora
quel vetro non è trasparente? vuol forse dire che dalla chiesa si vede sì il
mondo, ma un po’ annebbiato?). Il
tetto e l’abside sono costruiti in modo
da creare un’atmosfera comunitaria:
quel tempio non è nè una cattedrale
nè una sala per conferenze. Ma il pulpito è respinto da un lato, il parallelo
col banco degli anziani e... coll’harmonium, e al centro c’è solo i tavolo della Santa Cena: il sacramento prevale
sulla predicazione. Inoltre tre o quattro grossi scalini sopraelevano tavolo
e pulpito rispetto all’assemblea: cosi
si ricrea uno « spazio sacro » distinto
dallo « spazio dei laici » ; i quali laici,
quando vanno alla comunione, devono salire alcuni gradini: il simbolo,
per quanto involontario, è evidente.
San Secondo non è una chiesa riformata : è una bella chiesa anglicana di
tendenza « evangelical ».
Gli stessi architetti di S. Secondo
hanno cercato, sembra, di risolvere la
difficoltà nel progetto per l’interno della chiesa di Genova : qui indubbiamente il carattere comunitario dell’assemblea è e.spresso molto più chiaramente: due piani dì banchi concentrici,
un pulpito ben piazzato (ma perchè
l’ingresso del pastore è nascosto al
pubblico da una specie di parete? certo così è più suggestivo: ma in ima
chiesa evangelica l’arrivo dei credenti,
ritardatari esclusi, ha lo stesso valore
dell’arrivo del pastore), un’atmosfera
un po’ meno anglicana, ci danno la
sensazione che la chiesa valdese potrà, se lo vorrà, costruire nei prossimi
anni delle chiese veramente belle e veramente evangeliche in questa terra
d’Italia che non è poi cosi insensibile
a chi cerca di dire le cose giuste nel
modo giusto.
Lo sapremo fare, o ricadremo nei
miti della stamberga, dello stanzonebuono-a-tutti-gli-usi, della chiesa buona per ogni specie di culto, e anche
per la messa? Riusciremo ad essere
njoderni, creativi ed evangelisi, o ci
rinchiuderemo nel nostro consueto
ghetto fatto di prudenza e di cultura
tradizionale?
Ai posteri, agli architetti, alla Tavola l’ardua sentenza.
Giorgio Bouchard
(1) A. Biéi.ek, Liturgie et architecture-. le
tempie des chrétiens. - Laihoir et Fide«, Genève. 1961, pagg. 125.
(2) PROTESTANTF-SIMO (19.56-4) lu
pubblicalo un suo tagliente articolo su « I,a
cliiesa e gli avvenimenti attuali ».
(31 « Croce greca »: una croce le cui
(piatirò braccia .sono eguali; f . La croce
latina ha invece un braccio molto più liingo: -|
(4j PRESENZA EVANGELICA ha pubblicato qualche mese fa, in prima pagina
una bella foto in cui si vede una simile disposizione delPa-ssemblea intorno al pulpito.
N OV ITA*
■n
Ernesto Ayassot
I PROTESTANTI IN ITALIA
Ediz. Area, Milano 1962, pp. 228, L. 1.400.
I-o si può ,ricliiedece puire alla Claudiana,
Via Principe Toireinaso 1, Torino (e. c. p.
2/216IL.
6
pa«
N. 43 — 2 novendn-e 19®
ci tcrivono
Caro Direttore,
Ile lettere daE’InghilterTa della si.
gnorlna Liliama Muinzi sono interessanti ma foraiscomo un (|aadro della
siituazioiie alquanto parziale (la sua
fonte principale mi pare essere la
Lega contro il Mercato Comune) e
soprattutto peccano di semplicismo
in sede storica.
La seconda lettera termina dipingendo il Premier MacmiUan come
un agente di banoari americand ai
cui interessi pare disposto a sacrificare oigni interesse nazionale e persino queUo di tutta la comnnità del
Commonwealth ! Sfiuggono alla signorina Miunzi mi sembra alcuni da.
ti fondamentali del proMema, tra
cui questo essenziale; la Gran Bretagna si è accorta con qualche ritardo (circa quindici anni!) di non
essere più una potenza mondiale, e
corre oggi ai ripari con la fretta e
le contraddiizioni insite in qualsiasi
mlutamento di orientamento politico. Vi sono stati almeno^ tre momenti in cui la Gran Bretagna ha toccato con mano la propria debolezza:
il primo, quando i russi entrarono
in possesso della bomba atomica assurgendo definitivamente al ruoloi di
potenza egemonica mondiale insieme agii USA ; il secondo, quando
Iraglidltenia e Francia furono fermate ed umiliate a Suez dai russi e
americani; il terzo quando Macmillan offerse inutilmente la sua niediazione a Kruscev e ad Eisenhower dopo l’affare dell’U 2.
Il quadro delle delusioni e della
lezione della realtà effettuate risulta
completo se si considera inoltre la
diffidenza dei britannici nei confronti della stabilità continentale che ha
trovato una smentita nel successo del
Mercato Comune, invano neutralizzalo dalla costituzione deirEFTA :
per evitare una situazione concorrenziale pericolosa ecco la Gran
Bretagna desideroisa di partecipare
ai boom europeo, e di allineare la
propria economia sui binari di quella continentale per controUame lo
sviluppo e spartirne i benefici.
La Gran Bretagna si è in fondo
trovata nella situazione di un produttore dte improvvisamente si rende conto die i suoi concorrenti lo
hanno superato e ohe non potrà tenere loro dietro da solo, e decide
di creare una società con loro al fine di riacquistare grazie alla espansione di questa nuova sodetà il terreno 'perduto e quella posizione
mondiale a cui solo i grandi complessi eeononiici possono aspirare.
Ohe rinigresso deHa Gran Bretagna sia gradito agli USA come afferma la Munzi è cerminente vero ma
per ragioni di politica estera opposte a quelle ipotizzale, infatti Kennedy mal sopiporla l’opposizione
franco-tedesca alile trattative con
Krusceiv ed in genere alla politica
di distensione, e pertanto gli USA
auspicano die la Gran Bretagna
svolga un ruolo egemonico moderatore neE’ambilo deEa comunità euroipea, fornendo essa stessa aM’Europa una difesa aitomica, sì da bloccare l’armamento aitiomico francese
e le velleità tedesche. Direi che tutto sommato queste preoccupazioni
americane non sono in contrasto con
gli interessi euroipei, perdiè a nessuno di noi giunige gradito l’asse
Pairigi-Bonin in diiave oltranzista e
antidislensiva. Ma atllora, ei si può
chiedere, è vero die la Gran Bretagna è un semplioe strumento della politica americana? no certo, ed
a questo proposito non si diinenti<hi quanto dicevamo all’inizio: la
Gran Brelaigna non è più una potenza mondiale e gli USA il più delle
volle si dimenticano di consultada
malgrado gli impegiii della NATO;
ben diverso sarà il peso di ima Co
munità Europea con la Gran Bretagna, purdiè capace di divenire il
vero partner degli Stati Uniti, si da
trasformare la NATO in una aEean.
za bipolare, come lo stesso Kennedy
ha prospettato nd suo discorso sulla
interdipendenza. Questo hanno capito i liberali ed ‘ i conservatori in
Gran Bretagna; forse se i laburisti
fossero loro al governo le parti si
invertirebbero e sarebbero i laburizasti a fare una poEtica di maggiore
indipeudenza nei confronti dell’America puntando suEa comunità europea ed i conservatori piangerebbero sulla sorte del Commonweltli.
E sulla sorte dd Commonwealtli
si dicono cose inesatte ed unEaterali, perdiè esso ha interesse ad inserirsi in un processo mondiale di
liberalizzazione degli scambi e ad
ottenere grossi investimenti di capitale europeo : come potrebbe ottenere questo se la Gran Bretagna
si indeboliece eoonomieamente nella sua concorrenza con E MEC? I
paesi del Commonwealth oramai
tutti indipendenti dovrebbero rivodgensi ai più forti, agli USA (come
già si verifica per E Canada) o alla
Russia (come fa già la Guitiea) o
appunto alTEuropa dei sei (come
fanno i paesi africani). E’ giusto die
essi si battano per avere lo slatnis
lui'gliore ma fino a die punto possono discriminaime gli stati europei
tra i paesi soiltosviluppati dei vari
conilinenti (ex-colonie francesi, britannidie, belghe, paesi asiatici e
paesi ddTAmeriea latina?).
Non si deve dunque drammatizzare bensì augurarsi die fa Gran
Bretagna assuma sempre maggiori
reispotisabildtà pdMtiche sul contiiiente, nelTinteresse della pace e
della collaborazione con tutte le excolonie die necessitano di aiuti non
apeculativi e pianificati a livdlo en.
ropeo. Alberto Cobella
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
AH6R06NA (Serra)
— Liuinedl 22 ollo'bre è siaita luuiiuliala
ne»!’ ciiniltero di Praidellotrnos Iia vallila di
Gaydo'U Eminia v«d. P-oins, dà aitiini 78, deoeduila agli Eisaart sabalo' 20. Ai infuaiiierosi
parenili dallla d-efiiinia -e coloro che
più diireUaniieinft'e ì&O'Ho siali colpiili dia que9lo l-ullo, riniuotviafmo l’espressi oine delila
nostra solidarietà nel doloire inaila speranza cristiana.
La Conferenza Distrettuale
Autunnale del V Distretto
GIOVEDÌ’ lo NOVEMBRE 1962
Corso Vitt. Eiuainnele, 138
BARI
Ore 8,30 - Preliminuri ed elezione del
Ore 9 - Cullo d’aperinra - Past. Elia
Libona ti.
Ore '9,45 - Relazione sui tema: Noi e i
Catlolici oggi - Past. G. Vicentini.
Ore 11 - Problemi del nostro Distretto
nel quadro del Sinodo 1962 Relatore: Past. D. Cielo, Presidente. Comm. Diatrettnale.
Ore 12,30 - Sospensione dei lavori - Pranzo in comune offerto dalla
Chiesa di Bari.
Ore 15 - 11 colportaggìo nel nostro tein.
pò - Past. E. Naso.
Ore 16 - Visita al Castello Svevo e
gruppo fotografico.
Ore 17,30 - Cullo di chiusura presieduto
dal Sopra intendente jMnst. P. V.
Panasela.
ABBIAMO
RICEVUTO
In memoria di Margherita Rostagno Jahier, per la Gliaudiana, L. 1.000 dal Prof.
T. R. Castiglione deirUnivmsità di Ginevra: «.Serbo un vivo e grato ricordo della
Signora Margherita Rostagno .laitier che fu
mia allieva in questa Ecole d’Intreprètes e
si diplomò hrillanitemente con me, due anni or sono. Con il mio vivo rimpiianlo, desid'ero rendere otnaggio aEu sua memoria
partecipando con il mio modesto dono alla
sottoscrizione per la pubhhVazione, curata
dalla Claudiana, della sua traduzione, e
plaudendo alla felice iniziativa ».
Ringraziando, iirecisiamo che la Signora
Rostagno non aveva, purtroppo, potuto
compiere la traduzione in questione; essa
è stata preparata dal Past. Bruno Costabcl.
I doni che abbiamo ricevuto e, forse, rieeveremo ancora, .saranno destinati a curare
in modo speciale, pure nella presentazione
tipografica, quest'opera, che c in corso di
stampa.
Per la famiglia Bianco Prevot di Meana
di Susa, da I. R..4., Catania, L. 10.000,
Irastnesse. Grazie.
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Tot
BOBBIO PELLICE
— Sabato 27 ottobre sono stati tra noi
i giovani dello Sport Club Antgrogna i
quali ci hanno dato un’ottEna recita: « Era
gionno di nozze» di N. Colombo. Peccalo
cfie l’iniclenieiiza del tempo non abbia favorito un magigior affiuisso di pubblieo- per
upplaudirli ; ne valeva veramiente la pena.
Ringraziamo i bravi attori per la loro gradita visita.
— Nel' corso della settimana 28 oltoibre ■
3 novembre sono- convocati i catecumeni,
i giovani delle Uniioni, la Corale, per accordi circa queste attività die stanno per
aver inizio- Causa i turni di lavoro ed i
traisferimenti per ragioni di lavoro, le
Unioni e la Corale vedono pregiudicata
non poco la loro possibEiità di riunirsi e
di svolgere una attività feconda; ei auguriamo che la buona volontà dei rimasti
supplisca alla forzata assenza di molti.
— Domenica 4 novembre aMie 10.30 avremo nel nostro tempio E 'Culto della ripresa delle nostre moltepli'Ci; attività. Rieordaremo inisienie E fatto sempre attuale e
.sempre rinnovabile della riforma deEa
Cliiesa, celebreremo insieme la S. Cena. A
questo 'Cnlto parteciperanno i bimbi della Scuola Domienicale ed i cateoumend dei
4 anni ai quali la popolazione tutta, la
quale durante i mesi estivi ed anlun'nali
ha disertato per lo più i culti, è invitala
ad uniirsi. Ci auguriamo 'die la nostra sia
veramente una ripresa seria in uno spirito di fede e di perseveranza nel servizio
cristiano. e. «.
PINEROLO
I isiie. — La eomunità ringrazia sentitamente ì CH'ndida'ti in teologia sigg. Bruno
Bellùyn e Davide Borei che ha'iino presieduto i culti rispettivamente il 7 © E 14 ottobre.
I loro messaggi sono stati molto aitprezzat i.
Assemblea di Chiesa. — L’AaaeiiE>lea di
Chiesa ha avuto luogo domenica 21 u. s.
.sii'hito dopo il Cubo. I delegati al Sinodo
hanno riferito sui lavori -sinodali soffermaudosi in modo partieolare sulle discussioni riguardanti il I» Distretto.
Parecchi membri elettori hanno' preso
la parola sui numerosi punti all’ordine
del giórno e, 'ina'lgrado i pareri a volle
assai contrasta'iiti su questioni Inleme, la
seduta è stata buona ed Iva dimostrato die
il desiderio di coHaborare per la Chiesa
da iparle della coiuuniità è più die -mai vivo e sentito.
Ripresa aUivUà. — Domenica scorsa, in
sosti'tuzioiie del pastore Genre, iunpegnato
in un’altra parrocchia, Jia presieduto il
cullo, dedicalo alla ripresa, E diacono
Dino Alberto Gardiol che ha parlato suUe
respo'iisabilità dei ©redenti in vista dd
nuovo anno ecdesiastico che sta per aver
inìzio.
Unione Giovanile. — SabalO' sera, 3 novembre, alle ore 20.30 lUeUa sala della
Scuola UmbeT'to I i giovani si ritroveranno con un seggio die presenterà nn prògratiiima completamente rinnovaito die dovrò e.s.sere discusso e approvato dai presenti .
Tutta la gioventù è caldamcnle invitata
Il intervenire. d. a. g.
— Nel coreo dell’estate abbiamo avuto
la gradila visiita di alcuni Pastori die lian110 edificata la Co-niiuini'tà cO'n 'il loro messaiggio.
Ra'ppresen'tanti ddle Coimumtà Svizzere
di Ecublenis e St. Sulpice, guidati dal loro
Pastore- hanno visitato la no'Stra Comunità
prendendo parte ad un nostro Culto. Un
gruppo di nostri fraleEi di Chiesa li ha
accompagnati nella loro breve visita.
— Le attività sono state riprese regolarmente con nuovo «lancio.. E’ stata iniziala
una serie di riun'ioni di studio biblico settinianale e dd preghiera die per il momento è frequenitala in mod-o so-ddisfacenle. Alcuni membri del CousìgEo di Chiesa 'Coa'd'iuvano' il Pastore presi-edendo a
turno la prima parte di queste riunioni.
La no'Stra prima Assemblea di Chiesa di
questo periodo di ripresa ha ascoltaito la
relazioine del nostro delegato al Sinodo e
in merito a ciò che è stato rEerito sull’orientamento ddl’Eco. ddle VaEi, l’Aseemblea di Chiiesa ha espresso E volo che
sulla prima pagina del nostro gioirnale, ci
sia come un tempo, una m-edilazione della
Scrittura, al posto aittualmente occupato
dalFarticolo di fondo.
— La Comunità è stata provaita dalla
dipairlenza della Signora Pattini Angiolina,
v^. Fomerone, richiamata dal Signore
all’età di 66 anni dopo breve malattia. II
funerale ha avuto luogo sabato 27 otitobre
La partecipazione numerosa dei membri
di Chiesa alTestremo saluto dato a que
sta nostra sorella è stata tuia chiaira testi
monianza dell’affetto' che tutti le portava
no. Ella laisda un vuoto anche nella no
«tra Unione Femminile, di cui era ap
prezzala Vice-Presidenile.
Al'la famiglia, e in modo particolare al
figliolo Valdo, membro del no'Slro Consiglio di Chiesa e aHa figliola Jole, monltrice della nostra Scuola Domenicale, rinnoiviamo l’espressione affettuosa della solidarietà fraterna e deEa speranza crisitiana
— Dopo- la grave operazione subita e
dopo alcune settimane di degenza in Ospedale, il Past. em. Luigi Marauda è rkornat'O convalescente a casa. Ci rallegriamo
con lui e 'gli auguriamo un rapido' ricupero delle sue forze.
Sampierdarena
La nostra comunità ha avuto il piacere
di ricevere la visita del Pastore Giorgio
Bouchard, vice presidente della Cotnmissione distrettuale. Egli ha presieduto il
cnEto del 21 corr. rivo'ligendoei un messaggio che ricorderemo.
M nostro Consiglio di clilesa ha partecipalo a Geno'Va aUa riunione dei Consigli
di diieaa della Liguria, indetta dalla Com.
missioue dlatretluale il 21 corr. Il problema deE’aV'Veudre della nostra comunità in
Sa'mpierdarena è stato esaminato a lungo, e
qualunque possa essere lo sviluppo della
situazione e le difficoltà a viste umane insormontabili die dovremo superare, una
cosa è sicura: che la comunità dd Sam'pierdarena non si rassegnerà a sparire, mentre
abbiamo la chiara sensazione die una por.
ta è aperta alla testimonianza dtoll’Ejvangelo in questa parte della Città.
PROPOSTE PER L’ATTIVITÀ' CORALE
Canto Sacro
La Commissìoue dd Canto Saero propone aEo studio delle Corali e delle
Scu'ole Domenicali, in vista deEe Feste di Conto della primavera deE’auno 1963
gli inni seguenti:
CORALI
Innario Cristiano:
66 (1,2,3) imelronoiuo: =r 100
335 (1,2,3) (m^'troai'Oinxo : semiminiiiua = 72
347 (1,2,3) lU^Ktronoimo : seimijuinima z= 80
118 (1,4,5) onelroinoinH) : eemimlnimia = 88
206 (1,2) iiuetronomo : scinàmlniana = 104
SCUOLE DOMENICALI
151 (1,2,3) ¡nielr-anotmo : seminiLniiinia 100
156 (1,3,4J imeLronOimo : semimiiniimia = 80
364 (1,2,3) nielronoiiio : erodila = 104
135 (1,2) m^rono'Uio : imìinìuija 84
224 (1,2,3,4) iiueiiiroinomo : seanuninijiia 63
Psaumes et Cantiques:
Innario Cristiimo:
Psaumes et Cuntiques:
NOTE ,ED OSSERVAZIONI
1) Le Feste di Canto aiwamno luogo, D. v-, aEe date seguenti:
CORALI: Val Pellice: domenica 28 aprile nd Tempio di Lusema S. GiovaiinI.
Val Chisonc e Germimascu: domenica 5 maggio nel Tempio di San Secondo
di Pinerolo.
SCUOLE DOMENICALI: domenica 12 maggiio rispottivainenite nei templi di
Torre Pellice e di San Geriiiauo Ghisone.
Per Taba Vai Germanasca, ambedue le Feste di Canto avranno luogo (previo
accordo del Pastore Franco Davite, membro della Commissione del Canno
Sacro, coi Pastori) in daita e localltìi da fissare e che sarà tempeslivanieiuc
comunicata.
2) Nell’inno francese N. 206 assegnalo aEo studio deEe Corali, gli accòrdi sisol-re-sol (quarto da'M’inizio deE’inno) e do-®ol-mi-do (seisto dall’inizio dell’inn'ó) debbono essere cantati come formati da minime (2 tempi) e non da
semiminime (1 tempo) come risultano aillualmeitte; ciò onde restiluire Tiiiiio
al suo ritmo originale.
3) Le Corab die desideraino ricevere la visita di un membro della Commissione
dal Ca'Ulo Sacro sono pregate di accordarsi tempestivamente col Fresideiiu;
l’astore E. Aime, Bolihio Pelliclc.
-1) Al fine di evitare doppioni, i Direttori delle Corali e deEe Scuole Doiiiciiiuali sono vivamente p'regati di voler segnalare lempestlvamcnle al Presidcnii'
della Commisisione gli inni ed i cori scelti per le esecuzioni particolari.
5) 1 Direttori deEe Scuole Domenicali ohe iutendono far cantare inni a due
voci, sono pregati di rivolgersi al Prof. Corsani, CoEegio Valdese, Torre
Pellice, onde essi possano disponrte di un cO’Ulralio ad'aitlO' al ramo a due voci
e non a 4 voci quale risulta invece scritto a'tlualmente negli Innari. I Direitori delie Scuole DomenioaE saranno quanto prima fomiti del contralto adaiio
alTinno italiano N. 151 con preghiera di insegnarlo ad un gruppetto di contralti onde poter avere a'Ee feste di cauto una esecuzione generale a due voci
dell inno 151.
6) D’intesa eoi DErettore, verraunu pubblicali suE’Eco deEe Valli clichés con
parole e musica di Mini adatti per Natale, 17 febbraio, Pasqua. Le Corali
che li sceglieranno per cantarli in oocaslone delle solennità, po'tranno richiedere tempestivamente il numero desideralo di copie degli inni stessi alla Tipografia Subalpina a Torre PeEice e li riceveranno a prezzo modico
7) La Commissione del Canto Sacro ha pure deciso nella sua ultima riimiionc
di procedere aE’aoquislo di un ma'giietofono a iraimsisiors che sarà messo a
prezzo modico, a disposizione di Direttori di Corale e di Scuole Doimeiiicaii
e di Pastori i quali potranno richiedere la registrazione di determinati inni
o registrare casi stessi gli inni cantali sia aiEe riunioni deEe rispettive Corali
elle ai ouEi ed aEe riunioni quarlierali in zone non fomite di energia elcltrica. L’acquisto sarà tra breve tempo effettualo.
8) La Commissione del Canto Sacro ha ricevuto sino ad oggi i seguenti contribuii daEe Chiese: Ro'doretto (1500); VUliasecca (3000); Bobbio (3000); l’omaretto (5100); Angrogna-Serre (2000); Augrogna-Capoluogo (2580); Praroslino (3000); PramoEo (2000). Essa attende i contribuii dalle Chiese seguciiii ;
ViEar PeEice, Torre PeEice, San Giovanni, Rorà, San Secondo, Pinerolo,
San Germano, Frali, Perrero; ricorda die i contributi richiesti ammontano
al 10% deEa somma ohe ogni Chiesa è tenuta a versare per le Borse di studio della Commissione Distrettuale.
9) AEe CoraE, aEo Scuole Domenicali ed a tutti coloro che le dirigono rai.g'Urio dd un lavoro fecondo e benedetto di attività aEa gloria del nostro co
mime Signore.
ha Coimmissione del Canto Sacro.
lib ri
Universale Moderna Morcelliarta” :
Mevendobf: La chiesa ortodossa ieri e
oggi. Brescia 1962, pp. 240, L. 700.
Timiadis: La spiritualità ortodossa.
Brescia 1962, pp. 96, L. 600.
P. Michael: Cristiani alla ricerca del
l’unità. Brescia 1962, pp. 298, L. 700.
— Un concilio, per il nostro tempo. Brescia 1962, pp. 147, L. 700.
Bosc-Guitton-Danielou : Il dialogo fra cattolici e protestanti. Brescia 1961, pp.
109, L. 500.
Nella
J.
E.
J.
Iva Maurino
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