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Anno 121 - n. 41
25 ottobre 1985
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delle valli valdesi
•Punti
di vista
Ed è subito crisi. Chissà dove
sarà « la crisi » quando i lettori
rii everanno il giornale. Ogni
giorno c’è un colpo di soena. Il
16 ottobre, mercoledì, « Il Manifesto» scriveva: «La crisi si vede,
e forse c’è». Il giorno dopo vari
giornali riportavano in prima pagina una fotografia di Spadolini
— la mano tesa, in primo piano,
quasi a fermare un pericolo —
die valeva più di un editoriale:
« la crisi » c’era. Ma già sabato
19 il « Corriere della sera » tendeva a sdrammatizzare: « La DC
propone un Craxi-bis ». E domenica « La Stampa » commentava:
« Cossiga decide domani ».
Tuttavia qualcosa è successo: lo dicono le vignette, antenna sensibile dei giornali. Reagan,
in una vignetta di Vauro, inalbe^
ra un cartello: «Fuori l’Italia
dalla NATO! ». E lo stesso disegnatore mostra, su im altro
giornale, uno sconsolato Craxi,
che, la valigia pronta, afferma:
« Per una volta che ho provato
a fare il socialista... ». Molti ironizzano sullo stile « cow-boy »
di Reagan; altri sul complesso
« terzomondista » o « arabo » degli italiani. Ma dietro all’ironia
ci sono dati precisi, fatti.
Interessante il commento del
« Sunday Telegraph », citato da
« La Stampa »: « Le ripercussioni sono state molto più gravi di
quanto fosse necessario — afferma il settimanale londinese —,
per questo si può solo incolpare
il notevole grado di insensibilità
e arbitrari^à degli americani.
Il governo Craxi era non solo
un leale alleato Nato degli Stati Uniti, ma appariva anche come uno dei più sicuri, efficaci
e durevoli governi italiani del
dopoguerra. Eppure l’America
ha causato le sue dimissioni e
contribuito a far piombare l’Italia ancora in un’altra crisi politica ».
Tra l’altro, oltre ad un ennesimo rinvio di « progetti di pace» nel Medio Oriente (se lo sa^
rebbero aspettato un tale successo i quattro o sette dirottatori, senza l’aiuto provvido di
Reagan?) si rischia — o ottiene — di rinviare l’ammissione
della Spagna alla CEE, si rischia di «destabilizzare» l’Egitto, si rischia — o si ottiene
— di togliere credibilità a qualunque legalità nel campo delicato delle relazioni intemazionali.
Ma torniamo « a casa ». Uavvero l’Italia si è comportata diversamente da una «repubblica
delle banane »? Davvero’ la crisi
è scoppiata sulla politica estera?
Certo le affermazioni di Craxi
in Parlamento hanno ridicolìz^
to le pur «estremiste» posizioni di quanti — movimento per
la pace in testa — sottolineavano la scarsa «sovranità» dell’Italia sul suo territorio.
Ma questa « crisi » anomala
— la prima che vede alleati PSI
e DC, o almeno buona parte della stessa; la prima scaturita da
decisioni di polittca estera; la
prima che trova il PCI non pregiudizialmente contrarlo aUa
azione governativa che l’ha procurata; la prima che Cossiga
deve affrontare — nasce
vero dove sembra- sia nata? E,
se pure è così, non contribuisce
-a far tomare a galla cento problemi non risolti? Sergio Ribet
Diritti deiruomo e libertà religiosa
Si può separare la libertà religiosa dalle altre libertà fondamentali? ’
blema dalle grandi religioni, negli stati « atei », nei paesi islamici - Che dire delle « se e ».
Theo von Boven, un giurista oiandese di 51 anni, membro delia
Chiesa riformata d’Olanda, è stato direttore della Divisione dei
Diritti dell’uomo all’ONU dal 1977 al 1982, anno in cui — a seguito
del cambiamento intervenuto tra l’altro col passaggio della presidenza degli USA da Carter a Reagan, e conseguente flessione di
interesse per i diritti deH’uomo — è stato « dimissionato ». Per la
rivista francese « L’actualité religieuse » Jean Pierre Manigue lo ha
intervistato, in occasione del 40” anniversario della fondazione dell’ONU, a proposito di diritti dell’uomo e libertà religiosa. Riportiamo la parte centrale dell’intervista pubblicata sul numero di ottobre della rivista.
— Come si situa la questione
della libertà religiosa nel quadro del problema più generale
dei diritti dell’uomo?
— Storicamente la libertà religiosa ha svolto un ruolo importante per lo sviluppo di tutti i
diritti dell’uomo nel tempo in
cui la religione era un fattore
dominante nella società. Attualmente, con la secolarizzazione,
questo aspetto religioso della società non è più preponderante,
ma ad uno studio approfondito
si riscontra il fatto che alcune
fonti dei diritti dell’uomo risalgono alla protezione delle liber
tà religiose a partire dai secoli
XVII e XVIII.
Ad ogni modo mi domando se
si possa veramente separare la
libertà religiosa dalle altre libertà fondamentali per lo meno a
partire dal momento in cui non
ci si limita ad occuparsi di certe pratiche interne alla chiesa
ma si prende in considerazione
l’influenza della vita religiosa
sulia vita pubblica e sociale. Da
questo punto di vista penso che
in generale i diritti delTuomo
sono importanti per la libertà
religiosa, che si tratti di diritto
alTinformazione, alTespressione,
del diritto di associazione, ecc.
Bisogna anche tener conto del
fatto che sono spesso preti, religiosi e credenti a pagare con
ia ioro vita per la difesa dell’integrità delle persone.
Ma c’è ancora un altro aspetto di questo rapp9rto tra libertà religiosa e diritti dell’uomo; è il problema della discriminazione praticata in diverse
società per ciò che riguarda
l’educazione, il diritto al lavoro, l’accesso a determinate cariche pubbliche. Ora questa discriminazione dipende spesso da
criteri religiosi.
— In tema di libertà religiosa,
come valutare il ruolo delle grandi religioni?
— Ufficialmente tutte le graridi religioni affermano di praticare la tolleranza: i musulmani,
i cristiani, ecc. Ma di fatto la
storia ci dice che esse hanno
spesso difettato quanto a tolleranza.
Negli ultimi decenni (se si
guarda alle dichiarazioni del
Concilio Vaticano II o al Con
ZACCARIA 9: 9-10
Onnipotenza e impotenza
« Esulta grandemente, o figliola di Sion, manda gridi d’aUegrezza, o figUola di Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; egli e
giusto e vittorioso, umile e montato sopra un asino, sopra un puledro d’asina. Io farò sparire i carri da Efraim, i cavalli da t^riisalemme, e gli archi di guerra saranno annienteti. Egh Parlerà di
pace alle nazioni, e il suo dominio si estenderà da un mare aU altro,
e dal fiume sino all’estremità della terra »,
(Dal sermone di prova precedente la consacrazione al ministero pastorale. Sinodo 1985).
'Anche quest’anno il Sinodo
Sarà chiamato ad esprimersi, oltre che su questioni attinenti alla vita delle chiese, su problemi
e situazioni sociali dolorose e
conflittuali. Penso in particolare alla guerra in corso in Sud
Africa, senza dimenticare le altre guerre e la tragedia del Libano.
Anche quest’anno occorrerà
fare uno sforzo per non lasciarsi prendere dal senso di impotenza e di rassegnazione, e per
confessare, di fronte a queste
tragedie, la fede in Dio, che solo ci può dare pace ed è la nostra pace.
Accogliamo come una prornessa piena di speranza le ultime
parole della confessione di fede
pronunciata da Martin Luther
King nel 1964, nel momento in
cui riceveva il premio Nobel per
la pace: « Io credo anche che
un giorno tutta l’umanità si inchinerà davanti alla potenza di
Dio. Io credo che la bontà^ salvatrice e pacifica diventerà un
giorno la legge. Il lupo e l agnello potranno riposare insieme, ogni uomo potrà sedersi sotto il suo fico, nella sua vigna, e
nessuno avrà paura.
Credo fermamente che ci riu'sciremo ».
Martin Luther King non ha
mai perso questa speranza, anche se non l’ha mai vista realizzata. . , • j
Abbiamo seguito le vicende
del Sud Africa, abbiamo constatato l’ostinazione del governo
razzista, vediamo chiudersi giorno dopo giorno tutte le vie per
una soluzione pacifica del problema.
Eppure la speranza di cui parlava Martin Luther King non.
muore in noi. ancora speriamo
che i carri di Efraim siano un
giorno annientati, che i cavalli
e gli archi da guerra spariscano
da Gerusalemme.
La situazione in cui questo testo biblico è stato scritto non
era una situazione di guerra, anzi, l’esilio in Babilonia si era
concluso da tempo, i deportati
erano tornati a Gerusalemrrie, il
Tempio era stato ricostruito.
Eppure le parole del profeta
sono taglienti, egli critica la situazione di pace apparente, e
annuncia la venuta di un personaggio, un re, che porterà la vera pace.
Zaccaria si pone sulla linea di
quei profeti dell’Antico Testamento, come Isaia e Geremia,
che si interrogano sulla qualità
della pace.
Si può chiamare pace una situazione in cui la società è stata
ricostruita su vecchi modelli ingiusti?
Si può chiamare pace una situazione in cui prosperano gli
arricchiti che hanno comprato
per due soldi le terre dei poveri?
Si può chiamare pace una situazione in cui sempre più profondo si fa il fosso che divide
il Sud dal Nord, i “puri” dagli
“impuri”, il popolo di Dio dagli
infedeli, i cittadini dai forestieri?
Si può chiamare pace, la pace
imposta da chi è vittorioso, da
chi ha gli strumenti culturali e
materiali per imporre la sua pace, consolidandola magari per
mezzo di un’ideologia religiosa?
Zaccaria contesta la situazione che si spaccia per vera pace;
con il profeta Geremia afferma:
« dicono pace, pace, ma non c’è
pace».
Ci troviamo di fronte ad una
linea che dall’Antico Testamento
giunge fino a noi e annuncia e
spera in una pace di tipo diverso da quella che di volta in volta propongono capi e movimenti umani.
Zaccaria annuncia e spera in
una pace fondata sull’obbedienza alla volontà di Dio, una pace
estesa al Nord è al Sud, ad Efraim e a Gerusalemme, che abbraccia i ricchi e i poveri, i forti
e i deboli, i cittadini e i forestieri..., i neri e i bianchi.
La vera pace non è fondata
sulla ragione del più forte, sull’equilibrio della paura, ma è
donata da Dio e nasce dall’obbedienza al - comandamento dell’amore.
Lucilla Peyrot
(continua a pag. 2)
sigilo Ecumenico delle Chiese)
si constata una sicura apertura nella direzione della tolleranza, del rispetto della libertà
delle altre religioni; si tratta
del resto di un atteggiamento
che non può non costituire un
beneficio in primo luogo per
coloro che lo assumono. Ma in
fin dei conti si tratta di una
storia relativamente recente...
Nulla è più tragico e pericoloso del fondamentalismo di certi
paesi musulmani. Si tratta di
un immenso pericolo per i diritti deiruomo. Il governo iraniano
ancora oggi pretende che in caso di conflitto tra i diritti dell’uomo e le prescrizioni islamiche devono prevalere queste
ultime. Avevo già riscontrato,
quando ero all’ONU, queste difficoltà di religioni maggioritarie nel tollerare gli altri. Ma in
molte situazioni di questo tipo
ciò che era in questione non era
(e continua a non essere) il solo
fattore religioso bensì, sotto la
sua copertura, i problemi etnici, le tradizioni culturali, gli
equilibri economici, ecc.
— A proposito di libertà religiosa, si ha Timpressione che
tra Est e Ovest non ci siano
solo differenze dì attuazione ma
anche divergenze nella concezione stessa del diritto.
— Certamente. In stati ufficialmente atei come quelli dell’Europa dell’Est, ci sono altre
prospettive e altre concezioni
sul ruolo della religione nella
società rispetto a quelle che abbiamo noi. C’è anche un’altra
concezione dei diritti delTuomo.
Da noi questi diritti sono strettamente legati alla persona umana, mentre nei paesi del comunismo, delTEuropa dell’Est, sono diritti che derivano dal potere dello stato. Si tratta di un
altro punto di partenza. Da loro
è lo stato che « dà ». Da noi si
« riconosce » l’esistenza di questi diritti. Per ciò che concerne
la libertà religiosa c’è oltre a
ciò nell’Europa dell’Est una visuale più ristretta del ruolo della religione. Si vorrebbe riservarla alla sfera della vita privata,
restringerla tra le mura della
chiesa. E tuttavia non si può
generalizzare. Abbiamo tendenza a generalizzare troppo trattando nello stesso modo tutti
i paesi di quella regione. Non
penso che sia giusto. Certo i
sistemi filosofici dello stato sono globalmente molto diversi se
si paragonano il nostro e quelli
delTEuropa dell’Est.
— Parliamo dell’Islam... Il più
delle volte i partecipanti islamici alle istiturioni internazionali
proclamano la tolleranza. Nei
fatti conosciamo oggi le difficoltà incontrate dalle minoranze...
— Si, c’è sempre questo stacco tra la tolleranza che viene
proclamata in teoria e la pratica quotidiana; ma l’Islam non
ha l’esclusiva di questa contraddizione. Detto questo, bisogna
ammettere che alTONU si è solo
ai primi passi nell’esame di que
a cura dì Franco Giampiccoli
(continua a pag. 3)
2
2 fede e cultura
25 ottobre 1985
LA REVOCA DELL’EDiTTO Di NANTES COMMEMORATA A PARIGI, A LOSANNA
Protestantesimo
e libertà
Personaggi famosi e comuni cittadini esaminano la storia e l’attualità
nelle contraddizioni della Francia moderna - Convegno all’LINESCO
« Protestantisme e Liberté » è
il titolo che la Francia protestante, con le sue associazioni,
centri, gruppi, facoltà di teologia... ha dato ad una manifestazione, svoltasi a Parigi il 12-13
ottobre, per ricordare la revoca
dell’Editto di Nantes (17 ottobre 1685).
Apre i lavori, all’UNESCO, lo
stesso presidente della repubblica Mitterrand. « Non è la tolIwanza, dice, che chiedevano gli
ugonotti, perché essa può essere revocata, ma la libertà». Poi,
il pastore Jacques Maury. presidente della federazione protestante di Freuicia, con un discorso sobrio e netto, mette in guardia tutte le chiese contro la follia di voler ricorrere a leggi o
mezzi di difesa statali per salvaguardare valori cristiani che
non si custodiscono, ma si praticano.
Accanto a loro, sulla tribuna
d'onore, segno della rilevanza
data alla manifestazione, seguita sempre dalla televisione francese: il gran rabbino della sinagoga di Parigi, il metropolita
ortodosso, l’arcivescovo di Parigi e tutte le personalità protestanti come Badinter, Defferre,
Couve de Murville... Personaggi
famosi, dunque, ma anche comuni cittadini, delegazioni venute dai cosiddetti « pays d’accueil », luoghi dove gli ugonotti,
trecento anni fa, erano stati
ospitati, dove erano emigrati
per un periodo o per sempre.
In tutto più di duemila persone
si sono incontrate, conosciute,
anche solo puntando l’occhio sul
cartellino con nome, cognome,
nazionalità.
Sia nei tredici gruppi previsti
(diritti dell’uomo - potere - libertà di coscienza - donne - nordsud - cultura protestante...) sia
nelle tavole rotonde (molto interessante la prima, con lo storico E. Leroy Ladurie) il leitmotiv è la tensione fra un fatto
storico, successo in un’epoca
ben precisa, la Francia di Luigi XIV e la sua esemplarità, valida oggi, perché sono in questione ieri come oggi la libertà
di coscienza, il rapporto con lo
stato, il nostro vivere le grandi
affermazioni della Riforma: un
solo Dio, una sola Bibbia, una
sola Grazia e soprattutto le nostre posizioni verso chi è attualmente perseguitato, senza
garanzie sociali e civili.
Non è un discorso astratto. In
Francia c’è bisogno di capire un
pluralismo culturale che l’immigrazione africana ha imposto.
Così come i due milioni di musulmani, studenti e lavoratori
spesso clandestini, impongono
un ripensamento alla teologia
cristiana. La stessa federazione
protestante ha nominato una
commissione « Eglise-Islam » con
10 scopo di capire i punti di oartenza per un dialogo possibile.
11 musulmano fa paura e incuriosisce. E’ il diverso, la minaccia per la cultura occidentale.
Spesso si è ciechi verso chi subisce invece discriminazioni nella vita quotidiana, non ha un
posto dove pregare, riunirsi, vivere con uno spazio decente intorno, senza essere ammucchiato in dormitori o in stanze con
altre dieci persone...
Un’altra grossa questione è la
domanda se esista o no una cultura politica protestante. Sono
tematiche presenti nei nostri discorsi. Anche in Francia i protestanti corrono il rischio della
differenza fra immagine di « avanguardia » e realtà di comunità sbiadita. Ci si domanda
quali strutture, tipi di organizzazioni siano più affini al modo
di vivere protestante e che rapporto ci sia fra stato liberale e
protestantesimo. I protestanti, è
stato detto, hanno « un senso
di orientamento etico » che li
porta a tracciare sentieri, ad
impegnarsi sempre perché ciò
che conta è il servizio e non la
difesa di un dogma o una chiesa.
« L’Avenir », infine, un diatipe
su un testo di Victor Hugo, commentava questi ragionamenti,
contrapponendo la parola all’immagine, in una visione del futuro in cui ci sarà una nazione
straordinaria e « Elle s’appellera l’Europe au vingtième siècle,
et aux siècles suivants, plus
transfigurée encore elle s’appellera l’Humanité... ». E la rappresentazione dell’ultima sera, 1’« Abraham sacrifiant » che Théodore de Bèze scrisse nel 1550 per
i suoi studenti, ripropone la tragedia di un uomo che vuol restare fedele a Dio.
Bruna Peyrot
Onnipotenza e impotenza
{segue da pag. 1)
« Esulta grandemente, o fgUola di Sion, manda gridi d’allegrezza, o jìgliola di Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te.
Egli è giusto e vittorioso, umile
e montato sopra un asino, sopra un puledro d’asina ».
Questa descrizione ci dice già
molto sulla Qualità della pace
che questa figura messianica
porta con sé: è una pace che vince per mézzo della giustizia, è
una pace che non avanza sui
carri da guerra, ma in triodo
semplice, quasi dimesso, con
strumenti umili e pacifici.
« Egli parlerà di pace alle nazioni, il suo dominio si éstenderà da un mare all’altro, e dal
fiume fino alle estremità della
terra ».
La pace non è una faccenda
privata, né qualcosa di essenzialmente spirituale, né solo del proprio paese, ma la pace e il benessere del paese più lontano
dal nostro devono preoccuparci
tanto quanto la pace e il benessere nostro.
La linea di questo testo intesse anche la testimonianza del
Nuovo Testamento. Non a caso
gli evangeli attingono a questi
testi, e identificano con questo
re, umile e vittorioso, sovrano
del mondo e principe della pace, la persona di Gesù Cristo.
Gesù Cristo è la nostra pace
perché per mezzo di lui abbiamo fatto pace con Dio, siamo
stati riconciliati con Dio.
Sia il credente dell’epoca di
Zaccaria, che quello dell’epoca
di Gesù, e così pure noi, sappiamo che la vera pace è innanzitutto quella fra Dio e l’essere
umano giustificato, liberato dal
peso del suo peccato e dal senso
di colpa, liberato dal senso di
onnipotenza e di impotenza fra
i quali oscilla.
La tentazione dell’onnipotenza
si manifesta sotto vari aspetti e
in campi diversi. In campo politico, una parte dell’umanità
pensa di avere in pugno la situazione, mentre un’altra parte,
la maggioranza, vive nel terrore
che tutto sprofondi improvvisamente nel baratro della distruzione atomica e chimica.
Una parte dell’umanità è ammalata di onnipotenza, una parte di impotenza.
Una parte dell'umanità è troppo sicura di sé, mentre una parte è troppo poco sicura del suo
diritto di vivere.
Una parte dell’umanità, come
Tiro e Sidone dell’epoca del profeta Zaccaria, ha ammassato ricchezze, mentre una parte, la
maggioranza, vive nella fossa
senz'acqua, per usare un’immagine del testo biblico.
Spinti da un senso di onnipotenza o di impotenza^ siamo gli
uni nemici degli altri.
L’evangelo detta giustificazione per grazia ci libera sia dal
senso di onnipotenza che dal
senso di impotenza, perché in
Gesù riconosciamo la vera, l’unica salvezza, per cui non abbiamo bisogno né di armi né di
ideologie per salvarci da nemici, che scopriamo es.sere in realtà dei fratelli e delle sorellé.
La pace però non è solo una
questione privata, fra il singolo
e Dio, ma siamo impegnati a vivere in pace gli uni con gli altri.
Paolo e la chiesa primitiva
hanno dovuto affrontare una
grande questione, rimasta irrisolta: il rapporto fra il vecchio popolo di Dio e il nuovo
popolo di Dio, fra i giudei é i
pagani. Le diversità erano causa di lite e di divisione nella comunità. L’apostolo Paolo ha speso la sua vita per annunciare
l’unità in Cristo, la novità dell’evangelo rispetto ad ogni altro pensiero ed espressione re
ligiosa. Le differenze e i motivi
di tensione non erano solo di
carattere spirituale, come si è
tentati di credere, ma erano differenze spesso molto concrete,
non diversamente da quanto succedeva all’epoca di Zaccaria, non
diversamente da quanto succede là dove vige il regime di
apartheid.
La pace e la riconciliazione
non sono solo un dono, ma un
impegno, come leggiamo nella
seconda Corinzi 5: 18:
« Dio ci ha riconciliati con sé
per rnezzo di Cristo e ha dato
a noi il ministerio della riconciliazione ».
Come si esprime questo ministerio rispetto al problema del
razzismo?
E’ giunto il momento in cui
tutti i paesi, anche quelli in cui
quotidianamente si violano i diritti umani, si dissociano dal regime di Pretoria.
Ma quali sono le nostre responsabilità nell’avere più o meno apertamente e più o meno
direttamente appoggiato il razzismo?
I pregiudizi, la costruzione
dell’immagine del nemico sono
comuni a tutti.
Riconciliazione significa innanzitutto eliminazione dalla nostra
coscienza di ogni forma di razzismo e di immagine fittizia del
nemico.
Esercitare il ministerio della
riconciliazione nella Repubblica
sudafricana oggi significa farsi
portavoce dei bisogni delle varie
componenti sociali, ma farsi
portavoce per tempo, e non
quando i problemi non sono più
risolvibili pacificamente.
Riconciliazione significa oggi,
come ha fatto Zaccaria al suo
tempo, scoprire, denudare i nodi
ingiusti: nella comunità dei credenti e fuori dalla comunità.
Riconciliazione significa disarmare con la critica e la ricerca della verità i carri di Efraim, i cavalli e gli archi di Gerusalemme. Lucilla Peyrot
Quei tipi che danno
del tu a Dio
La prima giornata dell’Assemblea della Federazione delle Chiese Protestanti in Svizzera (FEPS)
è stata dedicata alla commemorazione della Revoca dell’Editto
di Nantes.
Si è iniziata nel pomeriggio del
22 settembre con una visita guidata alla bella esposizione intitolata « Gli Ugonotti in Svizzera,
1685-1985 », in oui documenti, grafici, foto, oggetti ricordano l’esodo, l’arrivo in Svizzera, il contributo all’arte e all’industria, soprattutto ginevrina, dato dagli
Ugonotti esuli. La Svizzera è stata soprattutto un paese di transito verso la Germania e antichi
documenti permettono di seguire
l'odissea complicata da una città
all’altra di alcuni rifugiati. Altri
ricostruiscono invece la storia di
alcune famiglie ugonotte diventate « borghesi » di Ginevra, una
delle quali porta un nome ben
noto anche da noi, Eynard.
L’atto commemorativo ha avuto luogo, dopo la cena ufficiale a
cui hanno partecipato i membri
del Consiglio della FEPS e gli invitati, nel tempio di St. Laurent
gremito di un pubblico attento.
Il pastore Jean-Pierre Jornod,
presidente della FEPS, ha dato il
benvenuto alle autorità cantonali e sinodali e ai rappresentanti
di alcune chiese riformate europee, e cattolica svizzera e ha poi
sottolineato il dovere della chiesa di oggi di essere pronta a servire Dio e a servire il nrossimo,
soprattutto nella persona dei
« minimi » nella nostra società, i
rifugiati, i prigionieri, i poveri.
Oratore principale della serata
Georges-André Chevallaz, ex-presidente della Confederazione elvetica ed ex-consigliere federale,
che ha parlato sul tema « Il
prezzo della fedeltà ». Dopo aver
sottolineato il valore politico,
non religioso, dell’atto compiuto
da Luigi XIV sotto l’influenza di
Madame de Maintenon {« quei tipi che danno del tu a Dio, puzzano di repubblica ») ha ricordato
come la chiesa svizzera, tradizionalista, è stata scossa, rinvigorita, daU’arrivo di rifugiati, meridionali estroversi, dalla fede vivace e ardente, temprata nella resistenza e quale arricchimento
ciò sia stato per tutti gli svizzeri.
Un discorso denso e breve, durato 15 minuti in francese, più
5 minuti di riassunto in tedesco.
Sono seguiti i saluti dei rappresentanti della chiesa riformata di
Germania e della Federazione
Protestante di Francia, della delegata della chiesa valdese e del
vescovo cattolico della Svizzera
romanda.
Un ottimo quartetto (talvolta
con un quinto elemento) si è inserito fra i discorsi con il canto
a più voci di Salmi del 1500-1600,
in francese dell’epoca. Una sola
volta con accompagnamento di
un antico strumento, poiché la
musica nel tempio è stata a lungo essenzialmente vocale, date
che Calvino aveva proibito l'organo, considerando gli strument:
come « cose morte ».
La preghiera iniziale, alcuni in
ni cantati daH’assemblea, la bo
nedizione finale hanno completato la commemorazione di uievento storico di straordinaria
importanza; commemorazione
semplice e dignitosa, nel ricordo
della fede di coloro che hanno
abbandonato tutto per essa e di
coloro che li hanno accolti con
generosità senza pari.
Fernanda Combi
UN ITINERARIO SEMPRE SUGGESTIVO
Terra Santa
E’ difficile, tra coloro che hanno avuto la ventura di visitare la
Palestina, trovare qualcuno che
non sia stato profondamente e
indelebilmente toccato da quella esperienza.
In una modesta estensione (la
superfìcie è pari circa a quella
della Lombardia), si accumulano, si incontrano, talora si amalgamano, talora si scontrano,
espressioni di civiltà profondamente diverse, sia dal ptmto di
vista della cultura che del tempo. Un’arcaicità senza fondo,
che dà le vertigini (pensare ai
diecimila anni della città di Clerico!), si trova affiancata alle
espressioni più moderne, come
le colture rigogliose e verdissime, che improvvisamente sprizzano l’angosciosa uniformità del
deserto, rivelando la presenza
di un kibbutz; come, ahimè, gli
efficienti soldati armati di mitra, che stazionano ad ogni angolo.
Le moderne strutture dello
Stato di Israele, presenti in ogni
dove e orgogliosamente esibite
dai cittadini ebraici, inducono a
considerazioni contrastanti, in
cui all’apprezzamento per la tensione creativa dei pionieri e all’ammirazione per questo popolo millenario (di fronte al quale la maggior parte di noi nutre
un complesso di colpa) si mescola la franca rinrovazione per
il trattamento cui sono sottoposti i cittadini musulmani e per
la virulenta intolleranza religiosa e razziale, che l’egemonia tecnologica e militare (fino a quando?) alimenta sempre più.
Tuttavia, ciò che veramente
impressiona, più che le moderne realizzazioni e l’entusiasmo
che sta dietro di esse, è la straordinaria profondità storica di
questo Paese ; un passato talmente ricco di significati che il
presente diventa quasi trascura
bile.
Una parte non trascurabile
della suggestione di questa terra è stata fissata dall’obiettivo
dello svizzero Fred Mayer, fotografo-poeta che ha saputo leggere e trasfondere nelle sue meravigliose immagini, al di là della pura dimensione fisica, lo spirito e il messaggio delle persone e dei luoghi. Queste splendide foto a colori illustrano « La
Terra Santa », volume in grande
formato edito dalle Edizioni
Paoline (255 pagg., L. 60.000).
Non si tratta però solo di un
libro fotografico ; essenziale risulta anche il testo di Paul
Bruin, pastore zurighese, che nel
suo lavoro di scrittore si sforza
di rendere la lettura della Bibbia il più possibile facile e gradevole agli uomini d’oggi.
Come osserva il teologo Gianfranco Ravasi nella bella introduzione, siamo di fronte a un
itinerario insieme geografico,
archeologico, storico, spaziale.
« Ma c’è un secondo itinerario
da compiere, contemporaneo e
inscindibile dal primo. La terra
della Bibbia per il credente è
un rifiesso luminoso di Dio perché essa è ’la tenda dell’incontro’ tra Dio e il suo popolo, un
incontro che ha il suo vertice
in Cristo ».
Aurelio Penna
3
25 ottobre 1985
fede e cultura 3
IL DIBATTITO SU FEDE E COMPORTAMENTO
Accettazione dei diversi: un discorso
che non abbiamo ancora cominciato
Precisazioni e punti di vista su un dibattito che coinvolge direttamente i credenti e che esige
un ulteriore approfondimento. Tra indifferenza e giudizio c’è spazio per comprensione e dialogo?
Vorrei intervenire brevemente nel dibattito in corso su « radicalismo teologico e radicalismo etico » per esprimere il disagio in cui mi mette un aspetto della discussione che considero carente e fuorviante, persino negli interventi di persone
indubbiamente molto più preparate di me. Alludo al fatto che
l’etica è identificata e definita
« tout court » in termini di comportamento, di opere, di condotte, di fatti. Ma questo è solo lo
sbocco visibile di qualcosa che
sta dietro, e che non è dirett.amente la professione di fede,
bensì tutto quell’insieme di motivazioni, valutazioni, atteggiamenti, stereotipi, legati sia alla
propria soggettività che alla propria cultura di appartenenza,
che mediano il rapporto tra fede e opere: questo, e non altro,
c il terreno deH’etica, almeno
secondo quanto ci dicono le
scienze umane. Tanto è vero che
comportamenti identici vengono
da noi diversamente valutati a
seconda delle giustificazioni che
li sorreggono.
E’ solo la legge che attribuisce estrema attenzione ai fatti,
alle condotte, e scarsa o nulla alle motivazioni (soggettive, ma
anche socio-culturali): le « attenuanti », in quanto tali, mi pare elle confermino proprio questo orientamento: dal fatto alle
sue radici, e non viceversa. Ed
è sicuramente una mentalità legalistica quella che impera anche in mezzo a noi, e che ci fa
scorrettamente interpretare ogni
discorso « etico » in chiave di
« prescrizione di comportamenti ».
Così quando, in anni passati,
c’era stata la discussione sul divorzio, pareva ai benpensanti
cristiani che adottare un atteggiamento di non rifiuto e di non
divieto (cioè riconoscere aH’altro il diritto alle proprie scelte,
nel rispetto delle sue possibili
motivazioni ) equivalesse quasi ad
esser « costretti » o incoraggiati
a divorziare, a inserire il divorzio nel testo del Decalogo, Con
la questione delTaborto, di nuovo si è visto che molti traducevano il documento sinodale in
termini prescrittivi del tipo « allora si può / si deve abortire »!
Ma in questo fraintendimento
cade anche Tartdcolo del nostro
Direttore, che ancora una volta
interpreta l’accettazione del « diverso » come conformismo e
adeguamento passivo. Egli critica l’esortazione, usata da altri,
ad imparare a « convivere » coi
drammi del nostro tempo come
espressione di una resa morale
e di una caduta nelTindifferen
tismo; a me pare invece un’esortazione di rara saggezza ed umiltà, che ci impedisce di erigerci
a giudici, di dimenticare il nostro stesso peccato e ci mobilita
per uno stile di vita fondato sull'agape. Imparare a convivere
coi drammi del nostro tempo
significa a mio parere fare quello che faceva Gesù quando rimaneva con l’adultera in uno
spazio dedicato al loro rapporto, dopo che tutti si erano allontanati col carico della loro giustizia sconfitta, e solo dopo aver
fatto piazza pulita di quella giustizia e aver espresso il senso di
quel rapporto, pronunciava la
parola normativa/liberatoria: va’
e non peccare più; aprendo innanzi a lei il diritto alle proprie
scelte. Una bella distanza rispetto alla nostra presunzione di regolatori intrusivi del comportamento altrui.
Quando poi si denuncia, come
spesso vien fatto, il nostro lassismo nelTaccettare tutto' e tutti,
10 credo che non si sa quel che
si dice. Quando mai abbiamo dimostrato di esser canaci di accettare le « diversità », cioè di capirle dalTinterno, di rispettare
le motivazioni altrui senza fare
interventi inquisitori, di rallegrarci per la confessione di fede
di chi riteniamo « diverso » da
noi invece di metterla in dubbio
come fossimo dei padreterni?
Questo è un discorso che non
abbiamo nemmeno cominciato a
fare, perché a priori lo identifichiamo con un discorso di indifferenza, il che ci serve precisamente a non affrontarlo con
delle ragioni apparentemente
valide e rispettabili. Invece è
questo il discorso del radicalismo evangelico; e proprio la citazione di Matteo 5 che compare nell’articolo dovrebbe essere
11 punto di partenza per un’impostazione del discorso: non lo
sbocco un po’ posticcio di una
riflessione che parte da tutt’altre premesse.
Per tornare al radicalismo,
sottolineo quindi che mi pare
molto astratto contrapporre o
collegare senza mediazioni fede
e opere: in mezzo c’è la nostra
cultura e la nostra storia, ci siamo noi con tutto il fardello delle immagini consce e inconsce
che influiscono potentemente sulle nostre scelte e sulle nostre
valutazioni. Non fingiamoci disincarnati. E’ qui, su questo terreno, e non semplicemente sui
risultati pratici, che dobbiamo
far parlare Famore di Dio. E finora non dimostriamo di saperlo fare.
Occorre coerenza
L’articolo di Franco Giampiccoli su « Fede e comportamento », sul n. 36 de « La Luce », invitava a prendere la parola sull’argomento.
Il problema in fondo è quello
della incoerenza tra la fede e la
prassi di vita, ossia la mancata
applicazione di quanto affermiamo alla nostra etica o comportamento d’ogni giorno. La coerenza infatti è « il conformare
la propria condotta ai principi
enunciati » (Dizionario De Agostini).
Già Gesù ammoniva: « Non
chiunque mi dice: Signore, Signore entrerà nel regno dei
cieli, ma chi fa la volontà del
Padre mio che è nei cieli » (Mat
sfrutta del continuo i suoi operai.
Inviato a compiere il mio lavoro pastorale tra gli operai
italiani all’estero, mi informavo
da un collega più anziano su come erano trattati gli operai del
luogo e quelli stranieri. La risposta fu che tutti, in un modo
o in un altro, erano sfruttati, sia
da imprenditori cattolici che da
quelli evangelici. Rimasi molto
male a tale notizia. Purtroppo
quei proprietari di aziende grandi e piccole, pur chiamandosi evangelici, non applicavano i
principi evangelici nei loro rapporti col prossimo. Amare Dio
negli altri è l’essenza dell’Evangelo (Marco 12: 31; Matteo 23:
8).
Un altro esempio noto a tutti
è quello dell’« apartheid » in
Sud Africa. Tutto l’Evangelo parla di amore verso le creature,
come traduzione dell’amore
verso Dio nella pratica (1* Giovanni 4: 20 ss., Matteo 25: 31 ss.).
Ora togliere ai neri la loro terra e la libertà non è certo segno di amor fraterno, anche se
vengono citati dai bianchi dei
versetti biblici, separati però dalla nuova luce di Gesù Cristo.
Si potrebbero citare molti altri
casi di incoerenza di singoli o
di collettività, ma ciascuno di
noi può trovarli sia negli altri
che in se stesso.
I moniti alla fedeltà e alla
coerenza di vita sono frequenti
nel Nuovo Testamento (Romani
12: 12). Certo è cosa più facile
adattarsi, conformarsi al comportamento della maggioranza
che andare contro corrente; vivere di compromessi che restare
legati dalla coscienza ai dettami evangelici dell’amore frater
no. E’ qui che comincia la diuturna lotta morale dei neofiti
che non vogliono vivere più secondo l’andazzo del mondo.
Va da sé che bisogna evitare
il pericolo del perfezionismo esibizionistico o del fariseismo che
si separa e scomunica chi non
segue quello che da certi pseudoprofeti è ritenuto indispensabile per esser salvati o per esser veri cristiani. Quasi tutti i
settari, che mettono al centro di
tutto un punto o una speciale
dottrina, si credono migliori degli altri e tendono al separatismo.
Gioverà ora citare almeno
due esempi di coerenza per in.
coraggiare chi trova diffìcile lo
stare e rimanere nella coerenza
tra fede professata e vita pratica.
Un impiegato evangelico soleva recarsi al municipio con puntualità per iniziare senz’altro il
suo lavoro in ufficio. Ma certi
suoi compagni di lavoro lo prendevano in giro per la sua fedeltà al dovere. Egli però li metteva
a tacere dicendo che chi è pagato col pubblico denaro e non
fa il suo dovere nel servire il
pubblico, in fondo ruba parte
della sua paga e quindi è un
ladro.
Ma poiché quest’anno ricorre il trecentesimo anniversario
deila revoca dell’Editto di Nantes, non possiamo non ricordare la fedeltà e la coerenza ad
ogni costo di quei credenti ugonotti che a migliaia preferirono abbandonare tutto per non
tradire la loro fede e non venire a compromessi con la loro
coscienza evangelica. (Sacrificio
che più volte fecero anche molti Valdesi, ricordando anche
quanto aveva loro scritto Antonio Léger: « Non è convenevole ai figlioli di luce vivere come i figlioli delle tenebre»).
Sì, tra fede e comportamento
c’è oggi una frattura che deve
essere sanata. Ciascuno di noi
incominci a vedere in quale
punto la sua coerenza è venuta
o viene meno, e chieda a Dio
la luce e la forza necessarie
per essere e restare fedele alla
dottrina cristiana, e coerente
sempre nella prassi di vita. Ciò
senza cadere né nel conformismo del mondo né nel settarismo.
Liborio Naso
Perché settari?
Caro sig. Giampiccoli,
Il suo articolo « Fede e comportamento: quale rapporto? », mi ha interessato molto. Dissentendo tuttavia su
qualche punto, raccolgo il suo invito
al dibattito soffermandomi telegraficamente su uno di essi; perché mai classificare « settario per definizione » chi
riuscisse a stabilire (o comunque a
riconoscere di un tale assunto il valore) una « continuità fra radicalità della
Fede e radicalità del comportamento »?
E’ vero che in una maniera o nell'altra ognuno finisce per conformarsi,
nel bene e nel male, con il tempo con
cui vive; ma non mi pare che sla corretto collocare un tal «cavaliere»...
proprio anche perché « inesistente »,
nel novero dei settari.
Concordo invece nel non salvare il
partito dei « conviventi », certo assai
spesso « conniventi », non soltanto con
la droga, la guerra, e così via, ma
anche con una « quotidianità » che di
tanti mali è fertilissimo terreno. Se
ora uscirò un poco dal tema, non me
ne voglia. Ecco; io penso ohe soltanto
da un mutamento dei « rapporti » e
della « comunicazione » fra gli uomini,
possa scaturire una società meno condizionata da miti e idolatrie sempre
più insopportabili. Ma un tal sogno
— finché « io » continuerò a ritenere
giusto “ me stesso » e nell'errore
« l'altro » — non si realizzerà mai;
perciò, storia antica, ci si ritroverà
sempre tutti e tutti insieme sulla vecchia strada. Una strada la cui superficie sarà magari ottimamente asfaltata ma che nasconde un'infinità di buchi profondi.
Saluto con amicizia.
Ezio Pinardi
Diritti dell'uomo e libertà religiosa
Rita Gay
teo 7: 21). La coerenza, allora
come sempre, esige che se si
invoca il Cristo come Signore
bisogna accettare la signoria divina nella vita ubbidendogli.
Ritenersi cristiani o dei buoni
credenti e poi agire come pagani o increduli è stato ed è il
peccato più comune dei cattolici,
degli evangelici e degli ortodossi.
Del lontano passato non occorre ricordare che una grave
incoerenza o tradimento dell’Evangelo, quale fu la tratta
degli schiavi da parte di negrieri sedicenti cristiani.
C’è oggi la incoerenza del datore di lavoro, che pure appartiene ad una chiesa cristiana, il
quale, per poco o per molto.
(segue da pag. I)
sto problema. Le nostre fonti di
informazione sono ancora molto
limitate, concernono solo alcune
pratiche molto gravi: il massacro, la tortura o le sparizioni;
ma siamo ben lungi dall’aver
terminato l’analisi delle pratiche maggioritarie religiose sulla questione dei diritti dell’uomo. Non si sa tutto. Per questo
è importante che i perseguitati
abbiano, in qualche modo, una
eco internazionale. Prendiamo
per esempio il caso dei Baha’i
in Iran. La loro sorte non è molto conosciuta e tuttavia hanno
i mezzi per dare una certa pubblicità alla loro situazione. Fanno benissimo. E’ comprensibile
che i Baha’i fuori dell’Iran sentano come un loro dovere sostenere i loro correligionari perseguitati. Ma rendiamoci conto che
ci sono molti altri gruppi sconosciuti, vittime deH’intolleranza, gruppi senza relazioni internazionali, senza mezzi di pubblicità.
— C’è il problema particolare
delle sette: si richiamano ai « diritti dell’uomo» a loro vantaggio, ma ci si può chiedere in che
misura li pratichino e osservino
a loro volta?
— Certamente. L’esempio più
impressionante è stato quello
della setta che qualche anno fa
ha praticato un suicidio collettivo in Guaiana. Tuttavia sono del
parere che sia necessario far
beneficiare le sette della garanzia dei diritti fondamentali. Do
potutto, secondo i nostri criteri
contemporanei, i primi cristiani
non costituivano forse quello
che noi oggi chiamiamo una setta?
Resta da definire ciò che si
intende per « diritti dell’uomo »,
le diverse concezioni che se ne
può avere in luoghi diversi. Anche in Olanda, riscontriamo queste differenze in alcuni luoghi di
insegnamento. Non è contrario
ai nostri principi di non discriminazione vedere che, in certe
scuole protestanti, alcuni insegnanti sono costretti alle dimissioni per la sola ragione che sono omosessuali? Mi oppongo in
modo totale ad una discriminazione di questo genere che tocca direttamente l’integrità e
la dignità della persona umana,
ma constato anche che gli istituti d’insegnamento di cui parliamo fanno riferimento alla libertà religiosa per giustificare
i loro diritti tesi a non accettare determinati insegnanti di orientamento omosessuale. C’è in
questi casi un problema assai
grave posto alla collettività.
Per tornare alle sette, certi
gruppi rifiutano interventi medici, come, ad esempio, la trasfusione di sangue. Le conseguenze
di questo atteggiamento possono
essere tragiche. In effetti, in tali
conflitti, bisogna sempre essere
capaci di soppesare tra i diversi valori che si confrontano. Ci
sono, a mio avviso, dei comportamenti che si giustificano a partire dal principio della libertà
religiosa che, incontrandosi con
alcuni valori assai profondi della dignità, della integrità fisica
o spirituale deH’uomo, ci costringono a delle scelte. Nessuna
libertà è assoluta.
— Quale connessione vede
tra il S'Uo convincimento di fede
e la lotta per le libertà?
— Non so in quale misura le
mie azioni in favore dei diritti
dell’uomo sono state ispirate o
no dalla mia convinzione religiosa. Credo che vi sia un legame, ma è molto diffìcile da analizzare. Mi chiedo anche qualche
volta quali sono le convinzioni
più profonde dell’uomo: la fede?
la religione? o anche idee politiche? Sarebbe una grande pretesa
(e non ho questa pretesa!) dire:
è grazie alla mia fede, grazie alla
mia convinzione religiosa, che ho
agito così. Certo, la fede cristiana è un’esigenza. Se la si appro-'
fondisce non si è mai contenti
di sé, soddisfatti. Davanti all’esempio di Gesù Cristo che ha
sacrificato la sua vita, ci si trova così al di sotto di quel che
ci si chiede! Ma vi sono anche
degli atei che sacrificano la loro
vita, e per fini assai nobili.
Che la mia fede cristiana sia
determinante nella mia lotta,
non saprei dirlo, ma quei che
sempre mi colpisce quando i
diritti dell’uomo sono ignorati
da dirigenti che si richiamano al
cristianesimo, è che ne soffro
ancor più. E’ qualcuno della mia
famiglia che si comporta così.
Per me è un colpo assai duro,
a cura di Franco Giampiccoli
4
4 vita delle chiese
25 ottobre 1985
EVANGELIZZAZIONE
«Il Tempio aperto»
Un'occasione di incontro con la fede e la storia dei valdesi - Le conferenze di Giorgio Tourn e del moderatore nella sala consiliare
Nel numero scorso Italo Pons
raccontava la storia recente di
un gruppo spontaneo sorto a
Torre Pellice in vista di una presenza evangelistica esterna alla
chiesa. Nella scorsa primavera
il concistoro costituiva una 'commissione per l'evangelizzazione’
ampliata nelle forze e nei programmi per proseguire in questo tipo di impegno. Le note che
vi proponiamo si riferiscono ad
una iniziativa presa per l'estate
da questa commissione.
L’esigenza di un nrogramma
specifico per l’estate è emersa
dalla considerazione che le Valli,
e Torre Pellice in particolare, sono meta di villeggiatura non solo
per valdesi ed evangelici, in genere spinti da ragioni legate alla
propria origine o alla propria
scelta di fede, ma anche per molti altri attirati semplicemente
dalle bellezze naturali di una zona di mezza montagna non lontana dalla città. Era quindi parso che la chiesa non potesse non
essere presente ed attenta a questa realtà.
A partire da queste considerazioni la commissione per l’evangelizzazione della comunità di
Torre Pellice aveva individuato
alcuni settori e modi di intervento in linea con una visione
che riteneva corretta del « fare
evangelizzazione ». Era infatti
convinzione che non ci si dovesse presentare come detentori e
dispensatori di verità, ma come
persone che hanno maturato delle convinzioni e delle esperienze
di (fede e sono desiderose di comunicadle ad altri in uno spirito
di « condivisione ». Testimoni
cioè e non « maestri ». Ciò comporta una disponibilità non solo
a parlare e a dare ma anche ad
ascoltare e a ricevere.
In questa prospettiva la commissione coinvolgendo anche altri si è impegnata durante i mesi di luglio e agosto in una serie
di iniziative sotto il titolo « Tempio aperto per voi ». Quattordici
persone, a gruppi di due per volta, si sono alternate in turni di
presenza al tempio nei nomeriggi del sabato e della domenica
oltre naturalmente alla domenica mattina nei mesi di luglio e
agosto fino al Sinodo. Sono così
stati presi contatti nei soli pomeriggi con circa 220 persone di varia origine e formazione a cui
sono stati anche distribuiti dépliants informativi ed è stato
proposto Taoquisto di libri della
Claudiana.
Ne sono stati venduti una novantina, con prevalenza de « I
Valdesi » di G. Tourn.
In ognuna delle sette domeniche in cui si articolava l’iniziativa, alle 17,30 si è avuto, sempre
nel tempio, un messaggio evangelico su argomenti di attualità,
trattati da pastori e laici; l’ecumenismo, il papato, la predestinazione, la figura di Maria, problemi ecologici e Quello della
morte messi a confronto con la
Bibbia, la donna nella chiesa.
A queste meditazioni precedute da una lettura biblica e se
guite da una preghiera si è avuta una media di circa 40 presenze per volta. La Foresteria ha fornito un appoggio consentendo
che fosse segnalato il suo numero telefonico per ogni informazione e facendo conoscere le iniziative ai propri ospiti di cui un
certo numero ha presenziato regolarmente ai messaggi domenicali.
Nell’intento di contribuire a
far conoscere il protestantesimo
e le sue posizioni in questa nostra Italia dove la Riforma è rimasta un fenomeno estraneo e
privo di incidenza, sono state organizzate due conferenze, tenute
nella sala consiliare del comune
stipata di pubblico, le sere del
27 luglio e 17 agosto. Sono stati
privilegiati i due aspetti del dialogo ecumenico e della presenza
valdese nella storia d’Italia. Gli
argomenti sono stati introdotti
dal pastore Giorgio Tourn e dal
moderatore Giorgio Bouchard;
moderatrice del vivace dibattito
che ne è seguito, la Signora Mirella Bein, coordinatrice della
commissione.
Il pastore Tourn, dopo aver
sviscerato l’argomento « Cattolici e protestanti dalla (frattura del
1500 al confronto di oggi », sotto
il profilo storico e dottrinale, ha
ribadito la diversità delTap(proccio alla scrittura e al concetto di
chiesa nella visione cattolica e in
quella protestante, pur notando
che le realtà non sono più omogenee e che esistono cattolici
con mentalità protestante e pro
testanti con mentalità cattolica.
Nel concludere ha formulato anche delle ipotesi sul futuro del
cristianesimo che notrebbe forse
trasformarsi da fenomeno di
massa, con tutte le am(biguità che
riscontriamo oggi, a fenomeno di
minoranza, vedi l’interesse per il
« sacro » orientato oggi nelle direzioni più varie ed impensate.
Il pastore Bouchard attraverso
un esauriente excursus storico
dal (medioevo ad oggi, ha presentato una valutazione della nresenza valdese e riformata in Italia (fino a giungere alle nostre
recenti posizioni su divorzio,
aborto ed alle Intese con lo stato). Egli ha concluso insistendo
sulla necessità che si sappia mantenere le nostre posizioni di fede
e di cultura con una mentalità
aperta, cercando di adempiere
alla nostra vocazione in quanto
«popolo» e non come somma di
individui.
Questa iniziativa delle conferenze può essere considerata più
attinente al piano culturale, mentre la presenza al tempio appare
maggiormente in sintonia col
concetto di evangelizzazione. E’
comunque difficile tracciare delle precise linee di demarcazione
tra i due ambiti. L’intento era comtmque di stimolare la riflessione sui problemi della fede e di
agevolare la circolazione delle
idee. L’essere presenti sulle linee
di frontiera può aiutare una comunità a non rinchiudersi materialmente e simbolicamente nella
propria chiesa.
L’esperienza complessiva è poi
stata di recente valutata dalla
commissione che l’aveva promossa positiva ed incoraggiante, particolarmente per la disponibilità
dimostrata da tutti coloro che vi
hanno collaborato (con impegno
rilevante anche in termini di tempo, impiegato non solo nella presenza al tem(pio, ma anche nella
distribuzione capillare, al mercato, negli alberghi, nei parcheggi di più di duemila volantini!.
M.B. - A.L.
Sabato 26 ottobre
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Impegno per i neri del Sud Africa
Febe Rossi Cavazzutti è in questi giorni ospite delle nostre comunità e si incontra con le unioni femminili, con gruppi di giovani, con assemblee di chiese,
gruppi di studenti e comitati per
la pace. Parla della drammatica
situazione del Sud Africa, ne
scaturiscono prese di posizioni e
impegni concreti.
VILLAR PEROSA — Perché
occuparci del Sudafrica? « Quando una parte del corpo è sofferente, tutto il corpo è ammalato. Oggi in Sudafrica una parte
del corpo di Cristo è grandemente sofferente, e non è possibile che noi, quest’altra parte
del corpo di Cristo, non siamo
ugualmente sofferenti ». Con
queste parole Febe Rossi Cavazzutti ha iniziato il suo saluto alla comunità durante il culto del 20 ottobre : un appello
per un interessamento attivo in
favore della lotta contro l’apartheid.
• Un’efficace presentazione
delle decisioni del Sinodo è stata fatta da Paolo Ferrerò durante l’assemblea del 13.10. Nel culto è stata battezzata 'liziana, di
Ezio Ferrerò e Laura Giordano.
• Al culto della domenica della Riforma, 27 ottobre, parteciperà il Consiglio di Chiesa di
Zuffenhausen, una comunità che
da anni si impegna in favore del
Collegio Valdese e della nostra
comunità. Alle 19.30, al convitto, avrà luogo una cena comunitaria seguita da una serata
con scambio di informazioni.
Tutti i membri sono invitati ;
chi può partecipare anche alla
cena è pregato di comunicarlo
al pastore entro venerdì 25.
Battesimi
POMARETTO — Domenica
20 ottobre sono stati presentati
al battesimo Andrea Rostan di
Giorgio e Giorgina Tron di Poma rettorie Ale« Simondi di Pao-,
10 e Gabriella Prot di Perosa
Argentina. Chiediamo al Signore che l’annuncio della salvezza
in Cristo possa essere per questi bimbi e per i loro genitori il
fondamento della vita nella luce della grazia di Dio.
• Un cordiale benvenuto a
DalUa Carlin di Luciano e Milena Pastre e vivi rallegramenti
ai genitori.
Riprendono le attività
BOBBIO PELLICE — Domenica 13 ottobre si è tenuto il culto di apertura delle attività: con
esso riapriamo ufficialmente tutte le attività tradizionali della
chiesa. Fra queste ricordiamo le
riunioni quartierali di cui diamo
11 calendario dei primi incontri:
lunedì 21 Podio, martedì 22 Cairus. Mercoledì 23 Campi, limedì 28 Centro, martedì 5 novembre Roda d’ Giors, mercoledì 6
novembre Perlà.
• Riprendono anche la scuola
domenicale, i quattro anni di
catechismo ed il precatechismo,
la corale, il gruppo giovanile,
l’Unione femminile, il gruppo di
studio biblico, il gruppo flauti.
• Domenica 20 ottobre, nel
quadro di uno scambio di pulpito tra le chiese di Villar e
Bobbio, il pastore Teofllo Pons
ha predicato a Bobbio Pellice;
lo ringraziamo per il messaggio
rivoltoci.
Domenica 27 ottobre coincidono varie scadenze: sarà celebra
ta la domenica della Riforma e
come è tradizione il culto sarà
con Santa Cena, ma siccome è
anche l’ultima domenica del mese riprendiamo in questa occasione per tutto il periodo invernale il culto in francese.
50 anni insieme
SAN SECONDO — Durante
il culto di domenica 20 ottobre,
circondati dall’affetto fraterno
della comunità i coniugi Ettore
e Alice Gardiol hanno ringraziato il Signore per aver raggiunto
una bella meta ; 50 anni di matrimonio.
« Domenica 3 novembre, domenica della Riforma, Culto con
Santa Cena ore 10,30. La colletta
sarà devoluta alla Società Biblica.
Assemblea di chiesa
LUSERNA S. GIOVANNI —
L’Assemblea di Chiesa è convocata per sabato 26 ottobre, alle
ore 20,30 nella Sala Albarin, con
all’ordine del giorno la relazione
dei deputati al Sinodo e la elezione di sette anziani.
Come si vede dai vari punti
all’ordine del giorno, l’Assemblea ha una particolare importanza per la vita della chiesa per
cui si fa un vivo appello ai membri della comunità perché intervengano numerosi.
Serata musicale
VILLAR PELLICE — Sono
stati presentati al battesimo;
Fostel Roberto di Giovannino
e di Castellano Paola; Bonjour
Marco e Bonjour Luca di Rena
to e di Ferraro Jolanda. Il Signore accompagni con la sua
grazia questi bambini e i loro
familiari.
• Si sono uniti in matrimonio; Gamier Iris Cristina e Janavel Aureiio, ai quali auguriamo una vita in comune illuminata dalla Parola di Dio.
• L’annunzio della risurrezione
e della speranza in Gesù Cristo
è stato dato in occasione di tre
funerali che hanno ancora recato dolore in famiglie della chiesa; Charbonnler Francesca ved.
Daimas di anni 80; AUio Paolina ved. Berton di anni 89; Baridon Davide di anni 81. Il Signore attraverso le promesse della
Sua Parola rechi conforto e consolazione ai familiari visitati dall’afflizione, ai quali rinnoviamo
la simpatia nostra e della chiesa.
• La nostra gratitudine alla
Corale Alpina Savonese «Mari
e Monti » ed a chi ci ha dato
l'opportunità d’incontrare, di ascoltare e di apprezzare questi
amici nel corso della serata musicale, che hanno offerto in favore della Casa « Miramonti ».
Culto della Riforma
ANGROGNA — Domenica 27
alle ore 10.30 celebreremo il culto della Riforma a cui parteciperanno i trombettieri valdesi,
la corale e i bambini della Scuola Domenicale e in cui verrà
offerta agli undici catecumeni
del primo anno la Bibbia.
• Sono recentemente scomparsi Maddalena Cougn ved. Rivoira di anni 86 residente a Luserna San Giovanni e Giuseppe Agli
di anni 85 che molti tra noi ricordano come fedele e generoso- custode del Tempio di Pradeltorno.
All’annuncio della risurrezione
tenuto in entrambe le Occasioni
dal past. Bellion si aggiunga ancora il senso della nostra cristiana simpatia.
□ ASSEMBLEA
III CIRCUITO
PERRERO — Alle ore 20.30 presso
I locali comunitari della Chiesa valdese si tiene l'assemblea dei delegati
delle Chiese del III circuito (Val Germanasca).
Domenica 27 ottobre
□ INCONTRO
CONCISTORI
DEL 1° DISTRETTO
PINEROLO — Alle ore 14.30 presso
i locali della Chiesa valdese di via
dei Mille 1 si tiene l’incontro dei concistori delle Chiese valdesi del 1" Distretto. Nel corso della riunione si
esamineranno le priorità della vita delle
chiese nel distretto. Base della discussione sarà il documento del prof. Paolo Ricca su ciò che è essenziale nella
vita delle chiese. Ne verranno analizzati in particolare gli adempimenti
pratici.
□ FESTA DEL RACCOLTO
PRAiROSTINO — Alle ore 15 nella
sala del Teatro Valdese si tiene l'annuale festa del raccolto. Vi sarà una
vendita di prodotti agricoli, del pane
e dei dolci tradizionali. Tutti sono invitati a partecipare a questa festa che
ha II significato di ringraziamento e
lode a Dio per l'abbondanza dei suoi
doni.
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30
si tiene presso la Casa Unionista la
assemblea mensile del movimento Testimonianza Evangelica Valdese. Tutti sono invitati.
Giovedì 31 ottobre
□ COLLETTIVO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 20.45
presso II Centro di Incontro (vicino al
Municipio) si tiene l'incontro del Collettivo Biblico Ecumenico.
Martedì 5 novembre
□ INCONTRO
CATECHISTI
TORRE PELLICE — Alle ore 20.30
presso la Foresteria Valdese si tiene
l'incontro dei catechisti del 1° Distretto
sul tema: « Come insegnare l'Antico
Testamento ».
□ INCONTRO PASTORALE
TORRE PELLICE — Presso la Fore
storia Valdese si tiene un incontro pastorale con la presenza del prof. Jan
Alberto Soggin. L’incontro avrà la durata di due giorni e si svolgerà in forma seminariale.
■Programma dettagliato sul prossimo
numero.
FFEVM
Incontro
Unioni
Femminiii
I membri del Consiglio Nazionale della FFE'VM durante la
loro riunione a Pinerolo (28-27
ottobre) desidererebbero incontrare le responsabili delle Unioni e Gruppi femminili della zona durante il pomeriggio di Domenica, 27 ottobre, nelle ore
14,38-17,00 presso i locali della
Chiesa valdese di Pinerolo. Per
chi volesse già partecipare al
culto presieduto dai presidente,
past. Mirella Abate-Leìbbrand
(Tempio di Pinerolo) è pronto
un piatto di minestra calda per
il pranzo. L’incontro fraterno è
aperto a tutti.
5
25 ottobre 1985
vita delle chiese 5
ASSEMBLEE DI CIRCUITO
SCUOLA DOMENICALE / 1
Sostegno delle chiese
per il «Progetto Torino»
li quarto Circuito incoraggia il lavoro di collegamento fra i giovani Campania: discussione sui rapporti chiesa-stato e sullo 0,8 per cento
«lo, mangiare
con questa gente?»
L’incontro di battisti, metodisti e valdesi di Firenze - Presenza di genitori, monitori e bambini
I rappresentanti delle chiese
del IV circuito, scesi a Torino il
12 ottobre per la loro assemblea
autunnale, hanno deciso di dedicare tutta la mattinata all’esame
di due temi particolarmente importanti. Innanzitutto il cosiddetti) « Progetto Torino », cioè la serie di iniziative curate da una
giunta di giovani della zona e seguite con interesse dalle chiese
di tutto il secondo distretto per
il progetto di costruzione di una
rete di collegamenti e di riflessioni sul problema giovanile nella zona di Torino e dintorni.
Molti incontri, interventi nel
lavoro di catechismo, proposte di
discussione e di ricerca, viaggi e
comunicazioni frequenti: tutto
un moltiplicarsi di stimoli nelle
chiese (e per le chiese) della provincia di Torino e della Valle
d’Aosta che cerca di coinvolgere
battisti e valdesi. L’assemblea si
è rallegrata di quanto la giunta
ha fatto e l’ha incoraggiata a proseguire; inoltre ha insistito affinché ogni chiesa nomini un rappresentante nel comitato allargato di questo progetto ( « non necessariamente un giovane — dice l’atto votato dai presenti ■—
essendo una questione non conflnata ai soli giovani, ma che investe direttamente la chiesa »).
II secondo tema della mattinata, la tossicodipendenza, è stato
affrontato sulla base di una relazione di una commissione di
lavoro della chiesa di Torino e
di un appassionato intervento di
Daniele Perini sulla situazione in
Ivrea; si è partiti così, cominciando da due situazioni ben precise; da lì poi il discorso si è
allargato ad una riflessione di carattere più generale, anche se
sempre qualcuno ci ha ricordato
la necessità di rimanere legati
alle questioni concrete. L'assemblea ha deciso di rimettere all’ordine del giorno della prossima
riunione un’informazione sul
« problema droga » e ha chiesto
a tutte le chiese di mantenere
una riflessione periodica sulla
questione.
Nel pomeriggio molti altri problemi hanno fermato l’attenzione dei partecipanti. In particolare l’assemblea si è compiaciuta
deH’inizio di un nuovo corso per
predicatori locali, con sei iscritti
tutti della chiesa di Torino (Maria Paola Dolci, Graziella Frola,
Piero Imazio, Mario Panizzi,
Giampiero Peyrot, Gianni Valé)
ed ha augurato a loro ed ai pastori che li preparano « la migliore riuscita al servizio del Signore ». Infine, per completare
il consiglio di circuito dopo le
dimissioni di un suo membro, è
stato eletto Guido Peyrot, della
chiesa di Torino.
Eugeni« Rivoir
XIII Circuito
Sabato 5 ottobre si è svolta a
Portici (Na) l’assemblea del
XIII Circuito. Due sono stati
i principali temi posti in discussione; i rapporti con lo Stato
e le prospettive dell’evangelizzazione. Quanto al primo, il relatore, il metodista Luciano Cirica, ha sostenuto come ormai l’interlocutore non sia più il vecchio Stato liberale, ma una Repubblica realmente pluralista,
con la quale è possibile e utile
che le chiese stringano rapporti.
Ne è disceso un parere tendenzialmente favorevole alla legge che prevede il trasferimento
alle chiese dello 0,8% del gettito IRPEF, con la sola precisazione che valdesi e metodisti dovrebbero limitarsi a usare tali
somme per opere sociali, e non
per il mantenimento delle strutture ecclesiastiche. L’assemblea
si è mostrata nella sua maggioranza concorde con questa impostazione, pur se in numerosi
interventi è emersa una scarsa
informazione sull’argomento, per
cui è stato deciso di organizzare
un convegno di circuito su questo tema nella prossima primavera.
Quanto all’evangelizzazione, la
relazione di Antonio Mucciardi,
delle Chiese Libere, ha preso in
esame il documento su questo
tema presentato al Sinodo ; la
valutazione che Mucciardi ne ha
dato è stata piuttosto critica,
per il suo carattere « troppo generico » e povero di indicazioni
concrete per le chiese. Su questo tema, per altro, l’assemblea,
a lungo impegnata sui rapporti
chiesa-stato, non ha praticamente potuto discutere.
«C’era una volta un elefante
che si chiamava Kaito... ». Con
questa fiaba che parla di quanto
sia difficile accettare i « diversi », e di come invece il contatto
fra persone e realtà diverse sia
utile e importante, il pastore Dorothea Müller ha aperto la sua
predicazione al convegno di genitori, monitori e ragazzi delle
scuole domenicali delle chiese
battista metodista e valdese di
Firenze, che ha avuto luogo domenica 29 settembre a Casa Cares di Reggello.
Kaito era un giovane elefante
emarginato dal suo branco perché, contro la legge degli elefanti, cantava; in seguito viene
riammesso fra i suoi simili perché i suoi amici lottano per lui
fino ad ottenere l’abolizione della legge ingiusta. Questo racconto ha permesso di introdurre
anche i più piccoli a un testo
abbastanza impegnativo come
Matteo 9: 10-13 (Gesù che mangia con pubblicani e peccatori
suscitando lo scandalo dei farisei).
La domanda di allora — « Io,
mangiare con questa gente? » —
e la risposta di Gesù che abbatte
le discriminazioni fra gli uomini
hanno potuto cosi essere riproposte in modo molto diretto a
giovani e meno giovani.
E’ stato anche discusso un piano di lavoro per la scuola domenicale nell’anno ecclesiastico
1985-86, raggiungendo alcune conclusioni significative: in primo
luogo, la preparazione dei monitori delle tre chiese sarà svolta
in comune, cosi come comune
sarà anche il lavoro di preparazione e la celebrazione del Natale. Inoltre, è stato deciso di
tenere periodicamente altri convegni del tipo di questo del 29
settembre, che sono occasione di
incontro e di vita comunitaria
difficilmente realizzabili in altre
occasioni.
Infine, altri due provvedimenti
sono stati adottati in via sperimentale, per il solo anno ecclesiastico in corso: da un lato, la
chiesa valdese terrà la scuola
domenicale il sabato pomeriggio
alle 15.30, presso il centro comunitario di via Manzoni, per
tutte le famiglie evangeliche che
preferiscono tale giorno alla tradizionale collocazione di questa
attività alla domenica mattina.
D’altra parte, invece, le chiese
battista e metodista terranno il
corso di scuola domenicale la
domenica, durante il culto; ad
esse, in particolare a quella metodista, potranno rivolgersi i
genitori valdesi che preferiscono
accompagnare i figli la domenica
mattina. P. F.
Errata
Per un errore di battitura nell’articolo « Continuità tra ritorni vecchi e
nuovi ” (Eco-Luce n. 38/4.10,'851 Lacordaire ha fatto un salto in avanti di un
secolo, dal 1824 al 1924.
SCUOLA DOMENICALE / 2
CORRISPONDENZE
“Un incrocio
«Chiesa aperta» a Sanremo aggrovigliato
SANREMO — La chiesa quest’estate, grazie all’impegno della
sorella Gaydou, ha potuto tenere
aperto il tempio ogni pomeriggio
durante i mesi di luglio e agosto. Decine di persone hanno avuto modo di visitarlo e, spesso,
di porre domande sulla fede e la
storia dei valdesi. Interrogativo
ricorrente: come mai il tempio
è così spesso chiuso? In effetti
è difficile, per persone abituate
alla mentalità cattolica, capire
che una chiesa non è un luogo
sacro, che « contiene » Dio, e che
quindi non v’è motivo che resti
aperta se non quando la comunità vi si riunisce.
E questa stessa apertura estiva del tempio, infatti, ha avuto
senso solo perché c’era qualcuno
ad accogliere i visitatori e ad offrire loro una testimonianza di
fede. Dopo il buon successo di
questa iniziativa, comunque, la
chiesa sta ora studiando la possibilità di riprenderla in altri
periodi dell’anno.
Tavole rotonde
NAPOLI — Il pastore ^ della
chiesa del Vomere, Bruno Tron,
è intervenuto a due tavole rotonde organizzate da movimenti cattolici sul tema dell’impegno dei cristiani per la pace. Gli
incontri si sono tenuti a Giugliano (un’iniziativa del SAE) e
a Posillipo (un dibattito del
«Laici per il Terzo Mondo») rispettivamente giovedì 17 e sabato 19 ottobre. In particolare
nel primo dei due incontri è
emersa in modo molto netto la
differenza fra l’impostazione evangelica e quella di certi ambienti cattolici nell’impegno per
la pace: mentre i suoi interlocutori mettevano l’accento sulla « ricerca della pace interiore », il pastore Tron ha invece
sottolineato la necessità di lottare nella società per rimuovere
gli ostacoli a una pace che sia
basata sulla giustizia. Un moderatore troppo autoritario ha poi
sciolto l’assemblea, senza dare
al numeroso pubblico la possibilità di intervenire.
Nuovo pastore
SUSA — Domenica 29 settembre la Comunità ha salutato il pastore Alessandro Vetta
che dopo sette anni di ministerio, e circa trentacinque vissuti
complessivamente al servizio
della chiesa valdese, entra in
emeritazione.
Il fratello Olindo Bufalo, anziano, al termine del culto ha
rivolto al pastore Vetta e Signora, a nome della Comunità,
affettuose, commosse espressioni di gratitudine e riconoscenza
per quanto essi hanno saputo
donare attraverso un servizio
reso con amore e dedizione.
Nel pomeriggio un’agape fraterna a Bussoleno ha riunito i
fratelli della locale Comunità
battista con quella valdese di
Susa per augurare a Clara ed
Alessandro Vetta un sereno inizio della loro nuova fase di vita, arricchita da ogni benedizione del Signore.
• Domenica 6 ottobre la Comunità di Susa in un momento
di grande fraternità ha partecipato all’insediamento del pastore Giusepoe Baldi da parte
della sovrintendente del IV circuito Laura Leone.
Il fratello Bufalo Olindo ha
partecipato al culto con preghiere di intercessione e con espressioni di gratitudine in quanto
la chiesa di Susa, anche se è una
piccola comunità, ha un nuovo
pastore.
Auguriamo al past. Baldi e alla Comunità un sereno e proficuo inizio del nuovo lavoro ; chiediamo al Signore benedizioni e
protezione.
Catecumeni svizzeri
FIRENZE — 25 catecumeni
di Zurigo, guidati dalla coppia
pastorale Toggweiler hanno trascorso un periodo di vacanza di
una settimana presso la casa
comunitaria di Tresanti. Non si
è trattato però di un soggiorno
del tutto disimpegnato: il 7 ottobre, infatti, il gruppo dei giovani ha avuto un incontro con il
pastore Alfredo Scnelli, che ha
illustrato loro alcuni aspetti della storia e della vita attuale della chiesa valdese di Firenze.
Convegno delle chiese evangeliche in Puglia
- Il difficile incontro dei bambini con l’Evangelo
Dopo alcuni anni di inattività
nel campo della Scuola Domenicale, la FCEPL (Federazione
Chiese Evangeliche di Puglia e
Lucania) alla vigilia deH’apertura delle Scuole Domenicali, ha
organizzato nei giorni 21-22 settembre, presso la Chiesa Battista di Altamura, un incontro dei
monitori delle chiese delle due
regioni con la partecipazione di
Franco Girardet. Circa trenta
persone, monitori e non, rappresentanti soprattutto le Scuole
Domenicali batti ste, hanno dato
vita a questo incontro che è stato piuttosto incoraggiante in vista della ripresa del lavoro della Federazione. Franco Girardet
ha parlato della realtà in cui oggi è posta l’opera della Scuola
Domenicale definendola « un incrocio aggrovigliato ». Il bambino è al centro di questo « incrocio » e si vede bersagliato da
ogni parte da una quantità di
messaggi (strada, famiglia, televisione, scuola, amici, chiesa,
monitori, Bibbia) spesso contraddittori fra loro. E’ arduo far
uscire il bambino da questo groviglio, portarlo a comprendere come solo la Bibbia può
aiutarlo validamente a trovare
il valore, il senso della vita.
A questo punto sono venute
fuori le difficoltà, i problemi
delle varie Scuole Domenicali,
molto simili fra loro: troppo poco il tempo a disposizione, discontinuità nella frequenza, pre
senza passiva, non adeguata preparazione teologica dei monitori, disimpegno da parte dei genitori. Si è avuto un ricco scambio di esperienze, suggerimenti
che si potrebbero riassumere in
questi punti; preparazione collettiva della lezione con la presenza del pastore locale; cercare di non fare della Seuola Domenicale un’ora arida e pesante, piena di nozioni, ma un’ora
varia e piacevole dove si impara vivendo; trovare il modo di
coinvolgere e responsabilizzare i
genitori. Dopo cena, con la partecipazione attiva del pastore La
Torre si è sperimentato come
far partecipare attivamente e
gioiosamente i fanciulli al canto: è sufficiente aggiungere un
po’ di mimica ritmata alle parole.
Il pastore Anna Maffei ha nresentato al gruppo la sequenza
«Chi è costui?», soffermandosi
sui motivi che hanno indotto
l’Evangelista Marco a scrivere un
Vangelo.
Molte altre questioni sono state toccate ed ogni momento trascorso insieme fraternamente ha
avuto il suo valore. I partecipanti sono quindi tornati nelle
comunità con una carica nuova
per questa attività che è al servizio degli altri e che ci fa strumenti disponibili nelle mani del
Signore.
Maria Magnifico
6
6 prospettive bibliche
25 ottobre 1985
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Questioni di metodo
ovvero :
istruzioni per l'uso
Donne nella Bibbia - 2
Questo titolo, « istruzioni per
l’uso », è volontariamente
maldestro, perché non ignoro che, a dire il vero, non
siamo gli « utenti », i « padroni »
della Bibbia. Per quanto... per quanto, in certi casi mi pare che i testi
biblici si riducano a impiegati, a
manovalanza: ad esempio quando
riescono soltanto a colpevolizzare,
a massacrare, a denunciare, a scomunicare, a buttar fuori. Così pure,
quando non servono più a interrogare e mettere in questione anche
e proprio colui che parla e che scrive, quando il padrone-pastore (o chi
per lui) pare uscire, lui solo intatto, dall'uragano devastatore che ha
scatenato; anche in questo caso mi
pare che si possa parlare di Bibbiaimpiegata, quando non di Bibbiamercenaria. Ben precisato che nessun predicatore, anzi nessun cristiano è al riparo da questo abuso della Bibbia-granata (poiché se è vero
che essa è la dynamis [potenza-dinamite] di Dio, lo è per la salvezza
di chiunque crede o crederà, Romani 1: 16)... torno alla mia espressione: « istruzioni per l’uso ».
Una lettura
differenziata
Voglio distinguere, infatti, semplihcando, tre tipi di testi nella Bibbia, o tre livelli di lettura, o tre modi
di capire i testi della Bibbia. Anche
qui, sono costretto a sofFermarmi,
perché qualcuno griderà allo scandalo e non si limiterà a sospettarmi
ma mi accuserà apertamente di eresia, di lassismo, di relativismo etc.
etc.!
Tuttavia, e limitandomi a uno o
due esempi: anche queste persone
non dicono la stessa cosa, quando
parlano dell’« occhio per occhio »
deH’Antico Testamento e dell’« amerai il tuo prossimo come te stesso »
del Nuovo Testamento. A meno di
tirar fuori, per un qualunque testo,
sempre lo stesso sermone. Si metta
nell’apparecchio del caffè o del cioccolato, del tè o della crema, esce
sempre la stessa broda. Questo vale, ahimè, per non poca gente; in
sostanza hanno un solo testo, il loro, che con una sintesi impressionante darà un unico sermone, da Genesi 1: 1 ad Apocalisse 22: 21.
Altro esempio: nessuna persona
sensata darà lo stesso peso, nel suo
discorso, nel suo pensiero, nella sua
teologia (!), a una genealogia del
Pentateuco e alla parabola detta del
figliol prodigo. Gli stessi ebrei, quando hanno ordinato il canone (l’elenco dei libri biblici) non hanno attribuito (a quell’epoca) la stessa importanza a tutti i libri, dato che, per
esempio, Daniele non sta, per loro,
fra i profeti, e che i Rabbini, con
Continuiamo la pubblicazione di una serie di articoli di A. Maillot,
ripresi dal confratello riformato francese « Le Christianisme au XX® siècle ». Dopo avere, in un primo articolo, riconosciuto quanto tardi, e al
seguito... dell’asina di Balaam, la chiesa cristiana stia rivedendo la .sua
lettura delle Scritture a proposito della donna, l’esegeta e predicatore
francese dà, ancora, prima di affrontare una serie di testi biblici, .alcune
« istruzioni per l’uso » di questi testi : un articolo metodologico, insomma,
nella ricerca della Verità biblica, ultima, costante, fra i legittimi i^onformismi di apertura e i doverosi non-conformismi di rottura.
a cura di GINO CONTE
un bell’accordo, hanno sempre pensato che il libro dell’Esodo costituiva il segreto (la chiave ermeneutica) di tutti gli altri.
Di fatto, tutti fanno, grosso modo, la lettura a tre livelli che sto per
raccomandare; ma ben pochi lo confessano, e rari sono anche coloro
che lo confessano a se stessi.
A tre livelli
Bisogna sapere che gli uomini biblici (e la sapienza — Giobbe, Proverbi etc. — è lì a ricordarcelo) non
sono vissuti in guerra continua contro i loro contemporanei, con le loro culture e i loro usi: il seminatore
israelita seminava nella stessa stagione in cui seminava il contadino
siriaco (il tempio di Gerusalemme
avrà del resto un architetto fenicio,
adoratore di Baal: Hiram). Né Gesù
né Paolo consigliano di vivere in rottura continua, morbosamente aggressivi contro gli usi e anche le mode dell’ambiente. Persino Paolo, che
in Grecia avrà non poche sorprese,
raccomanda ai Filippesi (piuttosto
tentati dall’aggressività, a causa della loro difficile vita cristiana) di condividere con i loro vicini, « pagani »
ostili, tutto ciò che potrà « essere
vero, decoroso, giusto, pulito, rispettabile e anche la virtù (pagana),
se la si trova » (Fil. 4: 8: è l’unica
volta in cui Paolo usa il termine
« virtù »).
Vuol dire che ci sono, in una data
epoca, usi che possono contrastare
con gli usi di un’altra epoca: ad
esempio, la lunghezza dei capelli fu
variabile, dal tempo di Sansone a
quello di Paolo. Questi usi, che spesso provengono dall’esterno, il cristiano li seguirà, in una data epoca,
a meno che non abbia buone, legittime ragioni: così farà per non separarsi da questo mondo e non chiudere la porta a colui che Paolo chiama 1’« idiotes » (probabilmente il
neofita), che potrebbe sbagliarsi sull’originalità profonda della fede cristiana e credere che essa stia nella
lunghezza dei capelli, o nella lunghezza di preghiere incomprensibili
(1 Corinzi 14: 16-23...); anche se certi membri di consigli di chiesa dell’epoca nostra sembravano, qualche
volta, crederlo, confondendo Cristo
con il parrucchiere. Da morir dal ridere! Q dalla pena!
Attenzione, non bisogna riferire
ciò che chiamo « l’elemento contingente » alle sole voci profitti-e-perdite. Spesso bisogna « raschiarlo »
per scoprire che nasconde verità
fondamentali che bisogna rispettare, appunto trovando un altro modo
di viverle. Per esempio, la preoccupazione profonda e schiettamente
cristiana di Paolo, nelle situazioni
alle quali ho fatto allusione, era: come avere comunità aperte, accoglienti, che parlassero la lingua corrente (naturalmente senza sacrificare nulla di ciò che è essenziale... ci
ritorneremo)? Come sopprimere i
portoni di legno, la lingua di legn,
la teologia di legno, i sermoni di legno, il « patois de Canaan », si diceva non molto tempo fa? Perché,
appunto, l’esoterismo, la Chiesaghetto, la Chiesa-rifiuto, la Chiesa
ripiegata su se stessa, raggomitolata
a borbottare il suo latino, fosse pure delle Cevenne [o delle Valli Vaidesi...], è un peccato. Sotto T« elemento contingente-relativo-aperto »
si nascondono dunque questioni in
gioco, e scelte, talvolta importanti.
Spetta a noi trovarle, o ritrovarle.
Variazioni
La seconda tappa è costituita da
tutto ciò che, senza riferimento chiaro all’essenziale (Gesù-Cristo-soloSignore), è stato considerato dagli
autori biblici come una minaccia,
all’epoca loro, per l’originalità della
fede cristiana. Tutto ciò che poteva
sembrare « confusionario », sincretista. Riprendiamo l’esempio del culto cristiano, per Paolo: se a Corinto
l’apostolo si batte affinché la Chiesa
non offra un culto ridicolo e sbracato, tale da respingere il profano
perché questi non ci capisce nulla,
e da scandalizzare il Greco e l’Ebreo
con una femminilità esacerbata; se,
dunque, vi esige un culto che rassomiglia assai a un culto banale (non
troppo lungo, ad esempio, affinché
gli schiavi possano fare il loro lavoro), a Roma Paolo raccomanda
un culto che sia anzitutto un elemento di rottura (Romani 12; 1),
senza sacerdote, poiché ciascuno è
sacerdote, vittima e offerta, senza
esoterismo, senza gnosi [conoscenza sofisticata, da iniziati e addetti ai
lavori, da « ispirati speciali »1, ma
centrato su di una parola chiara, intelligibile, culto nel quale ciascuno
deve trovare il proprio posto. E che,
soprattutto, non dovrà ricalcare gli
'schemi’ dell’ambiente, le mode
(uhm! uhm!).
Si noterà che lo stesso Paolo
’varierà’ su certi punti (senza transigere sulla sostanza). Ad esempio
sulle carni sacrificate: « Puoi mangiarne », dice per cominciare (atteggiamento aperto). Ma « se questo
atteggiamento scandalizza, o ti turba, allora non mangiarne »! (atteggiamento di rottura). E vedremo che
a proposito del « ministero » femminile Paolo presenta questo stesso
atteggiamento logicamente (o teologicamente) contraddittorio. Anche
questo elemento « relativo di rottura » dovrà essere « raschiato » per
discernere la verità fondamentale
che lo muove. (E ci si accorgerà spesso che si tratta della medesima verità che esigeva l’aspetto « relativo
di apertura »). Per brevità diciamo
che
a) l’elemento contingente era
una specie di conformismo mosso
dalla volontà di accogliere, di aprirsi, di comprendere (greco con i gre
ci etc...), e che
h) l’elemento relativo di rifiuto
è un non-conformismo legittimo,
condizionato, proprio come lo è il
conformismo accogliente, da una
costante interrogazione, fra il tempo nel quale si vive e la Parola che
in esso si deve dire: « Come essere
vero/i oggi? ».
Vero, verissimo
Infine c’è l’assiomatica, la Verità
delle verità, quella che resta tale
quale, fin nella sua formulazione,
quella dalla quale tutto il resto dipende, ma che, a seconda delle epoche, potrà esprimersi in comportamenti diversi.
E’ chiaro che sto per fare una scelta, non lo nascondo e non me ne
vergogno affatto, anzi! Mi accingo
dunque a trarre non dei riferimenti,
ma il mio riferimento ultimo in;
• r) Genesi 1 e 2 (e 3}
• 2”) L’atteggiamento di Gesù nei
confronti delle donne
• 3°) Galati 3: 28: « Non c’è più...
maschio né femmina » [ni masculin ni féminin - scrive, traduce A. Maillot].
Con l’aiuto dei tre vertici di questo triangolo cercheremo di scoprire insieme ciò che la Bibbia ci dice
della donna, se il lettore... o la lettrice ci tiene.
Alphonse Maillot
(continua)
7
25 ottobre 1985
obiettivo aperto 7
NEL TERZO CENTENARIO DELLA REVOCA DELL’EDITTO DI NANTES
Ottanfanni di storia
della Chiesa
riformata di Francia
In occasione del terzo centenario della Revoca dell’Editto di Nantes la Chiesa riformata di
Francia ha pubblicato un’autopresentazione costituita da un numero speciale della rivista « Ini ormation-évangélisation » (1985 n. 4-5). Gli inizi
del protestantesimo vengono presentati da Fré(iéric Delforge, mentre la Riforma in Francia,
fino all’Editto di Nantes, è presentata da Bernard Roussel. Janine Garrison è autrice del pezzo centrale sui secoli che stanno al centro del ri
cordo di quest’anno: XVII e XVIII. Ma non meno interessante, dopo un breve ricordo della Rivoluzione (Jean Bauberot), è U lungo articolo,
più dettagliato, riguardante i secoli XIX e XX
di Jean Bauberot. Si tratta della storia più recente, ma forse per questo meno conosciuta tra
noi. Abbiamo pensato perciò di riprodurre la seconda parte dell’articolo di Bauberot, dalla svolta della legge di separazione tra chiesa e stato
(1905) al giorni nostri.
Marc Boegner, uno
dei co-presidenti
del C.E.C., figura
rilevante del
protestantesimo
francese di questo
secolo.
La separazione
ra Stato e Chiese
Il principio della separazione
tra chiesa e stato non scandalizza minimamente i riformati. Al
contrario, il Sinodo del 1872 aveva già adottato un ordine del
giorno che andava in questo senso. Ma il processo di separazione
si attua nel quadro di uno scontro tra « Blocco repubblicano » e
Cattolicesimo. I responsabili protestanti temono dunque che la
legge di separazione comporti
delle disposizioni che nuocciano
alle diverse chiese e in effetti alcuni disegni di legge (per es. quello del governo Combes) li preoccupano. Uomini politici e giornalisti protestanti cercano quindi
di far adottare una legge più libera. Il deputato radicale Eugène Réveilland e l’alto funzionario Louis Méjan svolgono un ruolo notevole in questo senso. La
legge votata alla fine nel dicembre 1905 pur emarginando la religione (le chiese diventano delle
associazioni di diritto privato)
non contiene nulla di inaccettabile per i protestanti che fanno
del loro meglio per conformarsi.
Bisogna in effetti distinguere
il versante teologico da quello
giuridico: chiesa locale e associazione culturale, consiglio presbiteriale (consiglio di chiesa
n.d.t.) e consiglio direttivo sono
nello stesso tempo due realtà distinte e sovrapposte.
La separazione costituisce un
salto nel buio. Le chiese devono
ormai sopravvivere senza il sostegno materiale dello stato e
senza il riconoscimento pubblico
della loro legittimità. Ora, a seguito delle divisioni teologiche
ed ecclesiologiche di cui abbiamo già parlato, non si crea una,
bensì tre Unioni di Chiese riformate h
L’Unione delle Chiese riformate evangeliche è la più numerosa
(440 chiese locali e circa 410 pastori). Raggruppa una larga maggioranza delle chiese di tendenza evangelica, o « ortodossa »
(sorte dal movimento di risveglio
deirSOO n.d.t.) e si richiama alla
dichiarazione di fede del 1872.
Il teologo a cui queste chiese
fanno riferimento è lo specialista di Calvino Emile Doumergue
(1844- 1937).
Le Chiese riformate unite sono
costituite dalle chiese che erano
state liberali. Impoverite da un
certo numero di defezioni, èsse
raggruppano un po’ più di 100
chiese e 120 pastori.
Infine l'Unione nazionale delle
Chiese riformate (si parla anche
del « movimento di Jarnac » dalla città che ha accolto il Sinodo
costituente di questa Unione di
chiese) ha un po’ di più di 80
chiese e di 100 pastori di tendenza evangelica — tra cui i
« capi » del Cristianesimo sociale
Wilfred Monod (1867 - 1943) e Elie
Gonnelle (1865- 1950) — che non
intendono schierarsi nelle divisioni inter-riformate, così come
alcune chiese e pastori liberali
(come Charles Wagner) che sono
nello stesso tempo aderenti alle
Chiese riformate unite. Nel 1912
si produrrà una fusione tra « jarnachisti » e « liberali » e il nuovo raggruppamento pluralista,
l'Unione delle Chiese riformate,
comprenderà all’incirca 230 chiese e 240 pastori. Notiamo infine
che circa 25 chiese locali — alcune importanti come Lione,
Bordeaux, ParigLPassy — non sono entrate in quel tempo in nessuna delle diverse Unioni di
chiese.
Certo i riformati non sono i
soli protestanti in Francia. Il
protestantesimo già separato dallo stato prima del 1905 (evangelici liberi, metodisti, battisti,
ecc.) continua a seguire la sua
strada come i luterani che nel
1877 sono stati molto colpiti per
la perdita dell’Alsazia - Mosella.
Si fa sentire il bisogno di rendere permanente la coordinazione
tra le diverse chiese protestanti
che è stata sperimentata al tempo della preparazione della Separazione. Nel 1909 viene creata
ufficialmente, a Nîmes, la Federazione Protestante di Francia. I
legami abbastanza lenti che essa
stabilisce tra le chiese ne fa più
una confederazione che un vero
organismo federale. Ma permette di avere un luogo in cui il
protestantesimo possa presentarsi unito di fronte alla società
globale e alle chiese degli altri
paesi (nel 1925 e nel 1927 avranno luogo a Stoccolma e a Losanna le prime due grandi conferenze del movimento ecumenico).
La Federazione si dispone anche ad adottare alcune prese di
posizione politico-religiose. Queste sposeranno le tesi del governo francese al tempo della guerra 1914 -18 e al tempo deiroccupazione temporanea della Ruhr
da parte dell’esercito francese
(1923-1925).
Declino tra le due guerre
Se il protestantesimo riformato si è notevolmente ricostituito
nel XIX secolo, non è tuttavia
progredito dal punto di vista numerico. I risultati positivi dell’evangelizzazione sono stati largamente annullati dall’uscita di
protestanti di nascita (dovuta
specialmente all'esodo rurale) e
al numero di figli proporzionalmente minore nelle famiglie riformate rispètto a quelle cattoliche.
D’altra parte la Separazione
ha mutato considerevolmente la
situazione del protestantesimo in
Francia.
Nel XIX secolo l’opposizione
del cattolicesimo ai « valori del
1789 » e l’affinità tra il protestantesimo e quei valori (lo storico
Michelet parlava dei riformati
come dei « primi repubblicani di
Francia »), aveva portato alcuni
a porre la questione di un possibile rovesciamento dei rapporti
di forza religiosi in Francia. La
Separazione, emarginando le diverse confessioni religiose, fa sì
che questo problema non sia più
all'ordine del giorno. Paradossalmente essa si rivela relativamente favorevole al cattolicesimo
che pure in un primo tempo l’ha
rifiutata. Nella nuova situazione
in cui la Repubblica non conferisce più legittimità morale alle
diverse confessioni religiose il
cattolicesimo può, soltanto lui, richiamarsi ad una implicita legittimità storica; non ha esso forse
plasmato per secoli la cultura e
la vita nazionale? A partire dal
1910 dei protestanti ritengono
che, con la scusa della mentalità,
tano lo scoutismo in Francia (dopo aver organizzato, alla fine del
XIX secolo, le prime colonie di
vacanze). La Federazione degli
studenti cristiani, di ispirazione
protestante, svolge un ruolo pionieristico nello stabilire nuove
relazioni, in Francia, tra determinati protestanti e determinati
cattolici. A partire dalla Fédé si
crea infatti, nel 1927, il primo
movimento francese veramente
ecumenico, VAmicizia, che raggruppa degli insegnanti. Non a
caso: recumenismo prende corpo nella classe media intellettuale. Suppone una certa accettazione della laicità da parte cattolica e la rinuncia, da parte protestante, al cambiamento dei
rapporti di forza religiosi. La
sconfessione da parte di Roma,
nel dicembre 1926, dell’Azione
Francese, specializzata nell’antiprotestantesimo, aiuta anche in
direttamente onesto ecumenismo
XI. 3 scGirtc
Negli anni '30 molti giovani
intellettuali protestanti diventano degli adepti militanti del
« barthismo » (dal nome del teologo svizzero Karl Barth [18861968], isipiratore della lotta della
« chiesa confessante » tedesca
contro Hitler). La teologia barthiana permette, nello stesso
tempo, di avere ferme convinzioni di fronte alla società laicizzata (insistenza sulla trascendenza
di Dio, che è il « totalmente altro ») e di mostrarsi abbastanza
aperti alla modernità culturale e
sociale (dialettica tra il « no » e
il « sì » di Dio nei confronti delle opere umane). Prepara e accompagna il progresso del barthismo in Francia un rinnovamento calvinista illustrato soprattutto dall’opera del teologo Auguste
Lecer! (1872-1943).
La Chiesa riformata di Francia
la maggior parte dei manuali di
scuola disconoscono l’importanza e le tesi della Riforma.
Non c’è quindi da stupirsi se,
in molti punti, il protestantesimo tra le due guerre appaia in
declino a confronto di quello della fine del XIX secolo. La sua
borghesia adotta spesso un atteggiamento piuttosto difensivo
di fronte agli sviluppi delle lotte
sociali e alcuni dei suoi intellettuali si mostrano disincantati di
fronte all’evoluzione troppo « laicista »,ai loro occhi, della scuola
pubblica.
D’altra parte la fine del regime
« concordatario », aggravata dalle
perdite umane subite con la orima guerra mondiale (un terzo
degli studenti in teologia morti
al fronte), rende abbastanza
preoccupante il problema della
sopravvivenza delle chiese e delle opere. In totale l’essenziale è
mantenuto, ma a volte a detrimento, sembra, di un possibile
rinnovamento.
Ma anche una vitalità protestante si rende manifesta. Il Cristianesimo sociale continua a
porre esplicitamente i problemi
della società industriale. Si manifesterà attivamente in occasione della crisi economica degli anni ’30 e di fronte ai problemi
internazionali. I suoi dirigenti —
Gonnelle e Monod soprattutto —
svolgono un ruolo di primo piano nella creazione del movimento ecumenico internazionale che
raggruppa i rami principali del
protestantesimo mondiale e alcune chiese ortodosse.
Per altro i protestanti impian
Lo sviluppo, nell’ambito protestante, di una mentalità ecume
nica, il progredire di teologie
nuove e rinnovate, i problemi demografici (esodo rurale e scarso
incremento demografico) e finanziari (soppressione di sedi pastorali e deficit crescenti al tempo
della crisi degli anni ’30) portano
a ritenere che sia urgente concludere le divisioni tra riformati. I
liberali hanno compiuto una notevole evoluzione dal 1872. Molti
dei loro pastori si riferiscono al
« simbolo - fideismo » (si è salvati per mezzo della fede, non pelle formulazioni della fede che
tuttavia sono importanti come
espressione simbolica dello spirituale) dei professori Auguste Sabatier (1839- 1901) e Eugène Ménégoz (1838- 1921) che ha influenzato anche una parte degli evangelici. La marea crescente dei
pericoli politico-religiosi (stati
totalitari in URSS e in Germania che minacciano la libertà della chiesa) spinge ugualmente verso l’unione.
A partire dal 1933 si instaura
un processo di unificazione. Una
nuova dichiarazione di fede è messa a punto (1935-36). Il suo scheletro resta il testo del 1872 modificato e completato. Afferma la
perpetuità della fede cristiana attraverso le sue espressioni successive (Simbolo degli Apostoli,
Confessione di fede de La Rochelle, ecc.), l’autorità sovrana
delle Sacre Scritture quale è attestata dalla testimonianza interiore dello Spirito Santo. Dichiara di mettere «alla base del suo
insegnamento e del suo culto i
grandi fatti cristiani affermati
nell’Evangelo » e di mostrare « la
sua fede » attraverso le sue opere (un paragrafo soprattutto è
di ispirazione cristiancnsociale).
Su richiesta dei liberali viene
garantito un certo pluralismo
mediante un preambolo da leggersi in occasione delle consacra
zioni pastorali. Esso indica che
il futuro pastore non è invitato
ad « attaccarsi alla lettera delle
formule (della dichiarazione) ma
a proclamare il messaggio della
salvezza che esse esprimono ».
Alcuni riformati di tendenza
evangelica protestano contro questo preambolo che giudicano
troppo lassista. Si organizzano
in un « Comitato d’Intesa Evangelica » attivo soprattutto nel
Mezzogiorno, dove le discriminanti teologiche hanno maggiore rilevanza che nelle grandi città e dove i negoziati in corso sono sentiti come l’emanazione delle posizioni dei comitati direttivi
parigini.
Tuttavia questa opposizione
non ferma il processo di unificazione e nel 1937 vengono decisi gli
statuti, la disciplina della futura
Chiesa Riformata di Francia
(ERF).
Alla fine la restaurazione della
Chiesa Riformata di Francia viene proclamata dall’assemblea costituente di Lione (25-29 aprile
1938). Marc Boegner (1881-1970),
già presidente della Federazione
dal 1929, è nominato presidente
del suo Consiglio nazionale.
L’ERF raccoglie l’insieme dei
membri dell’Unione delle chiese
riformate, sette ottavi dei memJean Bauberot
{continua a pag. 12)
' Nella prima parte del suo articolo
l'autore ha illustrato la frattura che si
verifica tra i riformati francesi nell’uitimo quarto dell'800. Da una parte il
filone « evangelico », fortemente influenzato dal Risveglio, dall'altra il filone
liberale dalla teologia critica spregiudicata e dall'interesse prevalentemente morale. Le due tendenze si spaccano su una dichiarazione di fede votata ai Sinodo del 1872 dagli evangelici. A partire dal 1880 le due tendenze si organizzano separatamente; la
divisione durerà per più di cinquant'anni.
8
8 ecumenismo
25 ottobre 1985
VERSO UNO SPIRITO MISSIONARIO NUOVO
Cent’anni di vita
evangelica nello Zambia
Non solo una celebrazione - Un appuntamento aperto verso il futuro pubblica dello Zambia, Kenneth Kaunda, interviene nelle celebrazioni
Dal 16 al 18 agosto di quest’anno 1985, la chiesa fondata
dai missionari della Società
Missionaria di Parigi nell’alta
valle del fiume Zambesi ha celebrato solennemente il centenario
dell’arrivo del missionario François Coillard e la fondazione a
Sefula della prima stazione missionaria nello Zambia.
Il Coillard aveva già lavorato
nel Lesotho, parecchi anni, quando la giovane chiesa locale gli
aveva chiesto di dirigere gli evangelisti africani che desideravano portare il Vangelo ad altre
tribù più al Nord.
Dopo anni di ricerche e di preparativi il Coillard poté stabilirsi con la moglie e due evangelisti basuto sulle sponde dello
Zambesi presso una tribù che
capiva la lingua dei Basuto, il
che permise loro di utilizzare la
Bibbia e altri libri utilizzati per
l’opera nel Lesotho.
L’opera fondata dal Coillard, a
cui furono associati fin dall’inizio parecchi Valdesi si sviluppò, e quando nel 1964 i missionari europei decisero di affidare
interamente la direzione della
chiesa al pastorato africano questa giovane chiesa decise di unirsi ad altre chiese fondate da varie opere missionarie presenti
nella Rhcdesia del Nord^ Così
oggigiorno è la Chiesa Unita nello Zambia che ha celebrato il
centenario dell’arrivo del primo
missionario al Nòrd dello Zambesi.
In occasione del Centenarioun gruppo di più di venti delegati della Francia e della Svizzera ha trEiscorso una quindicina
di giorni nello Zambia. Là Chiesa
valdese era rappresentata « in
loco » dalla Signorina Graziella
Jalla, missionaria emerita della
Società delle Missioni di Parigi,
che ha deciso parecchi anni fa
di stabilirsi nello Zambia presso due ex alunne della scuola
femminile di Mabumbu da lei
fondata (v. n. 1).
La situazione attuale
La prima domenica del soggiorno nello Zambia — racconta
un pastore francese delegato in
una circolare per gli amici che
non hanno potuto partecipare al
Centenario — i delegati venuti
dall’Europa erano a Mwandi, e
prima del culto vollero visitare
la stazione. Quelli fra loro che
erano ex missionari, furono penosamente colpiti dallo stato di
abbandono in cui trovarono gli
stabili che la Missione aveva lasciati in eredità alla giovane
chiesa indigena. La giovane diaconessa africana che quel giorno
presiedeva il culto, essendosene
accorta, disse alla congregazione: « Avete visto i nostri missionari, sono tornati ed hanno visto gli stabili in rovina; anche
noi ce ne vergogniamo; ma non
dobbiamo scoraggiarci: se gli
stabili si deteriorano, la Parola
di Dio non perisce mai; essa è
saldamente ancorata nei nostri
cuori, e non sarà mai distrutta ».
Ovunque nella chiesa ci sono
dei gruppi giovanili molto attivi, che il relatore paragona a
dei « feux de brousse » e di cui il
moderatore del distretto Sud-Ovest della Chiesa Unita, dice:
« Non so dove questo movimento
ci porterà ma per mezzo delle
loro canzoni i giovani hanno
trovato il modo di esprimere la
loro fede ». D’altronde questi
giovani sanno anche prendere
delle iniziative materialmente
più concrete. Per esempio un
gruppo che si trova vicino a
Mongu, la capitale amministrativa della provincia, ha cominciato
cinque anni fa la costruzione di
un locale di culto. Ogni anno, i
giovani dopo avere dato il loro
contributo finanziario alla chiesa, raccolgono dei fondi per comprare dei mattoni che usano per
costruire i muri colle proprie
mani, e sono giunti quasi al tetto, rifiutando qualunque aiuto
che provenga da altri enti locali
o dall’estero.
Accanto ai giovani c’è un movimento femminile, detto delle
« Anamoyo », parola che significa « quelle che danno la vita »,
ed ora si sta costituendo anche
un movimento maschile detto
degli « Alume », parola che sottolinea la partecipazione dell’uomo nel dare la vita.
Dopo che fu realizzata l’unione
delle chiese fondate dalle varie
missioni, vi fu un periodo di
incertezza di fronte alle novità
recate dall’unione stessa, ma a
poco a poco si è affermato uno
spirito solidale di collaborazione
che ha suscitato una nuova vitalità, e ultimamente nuove comunità sono sorte qua e là nel
paese.
Infine segnaliamo il fatto che
2 o 3 anni fa un gruppo di intellettuali dello Zambia, avevano
manifestato il desiderio di introdurre nel paese un socialismo
scientifico e dichiaravano che
questa dottrina avrebbe dovuto
essere la dottrina ufficiale del
governo. Però il Presidente della Repubblica K. Kaunda volle
consultare al riguardo la popolazione, e in particolare le chiese.
La risposta fu un netto rifiuto, e
i giovani cristiani lanciarono una
canzone, diventata molto popolare, che diceva: « Chi dice che
non c’è Dio, è un imbecille ». Questa consultazione è stata per le
chiese una occasione in cui hanno realizzato che devono vigilare sempre su quanto lo Stato
intraprende.
La celebrazione
La Chiesa Unita ha celebrato il Centenario con festeggiamenti durati tre giorni. Fra
i molti discorsi, vogliamo riassumerne uno in particolare, cioè
quello di Sua Eccellenza K. Kaunda, Presidente della Repubblica dello Zambia.
Figlio di im pastore africano
Il presidente della Redei primo centenario
che accompagnava i missionari
della Missione Scozzese, venuti
dalla vicina colonia del Nyassaland, K. Kaunda trascorse tutta
la sua infanzia e giovinezza nello
Zambia, e prese parte attiva nella lotta contro il potere coloniale
inglese, diventando rapidamente
uno dei capi del movimento rivoluzionario, non perché membro di una delle tribù locali più
numerose, ma a causa delle qualità del suo carattere morale e
spirituale. In questa lotta egli
rifiutò sempre di ricorrere alla
violenza e di utilizzare le armi.
Quando il paese divenne indipendente, egli fu nominato Presidente della giovane Repubblica
dello Zambia.
Nel suo discorso, il primo giorno delle festività del Centenario,
egli evocò rapidamente la storia
di quei 100 anni e il ruolo svolto nell’allora Rhodesìa del Nord
dalle varie denominazioni evangeliche provenienti da ogni angolo del mondo, dicendo: «Molti
di noi sanno bene che senza i
sacrifici ed eroici sferzi di questi uomini e donne, il nostro
paese e questa nazione non potrebbero trovarsi al punto in
cui si trovano oggi. Questo è un
fatto storico ». Poi guardando
all’avvenire, terminò rivolgendo
un appello ai responsabili delle
chiese indigene, indicando loro
due obiettivi principali.
Primo, cercare di sostituire
alla Chiesa Unita nello Zambia
che esiste ora, una Chiesa Unita dello Zambia, comprendente
tutte le denominazioni esistenti
nel paese. Questa, dice il presidente, è la Chiesa per la quale
prego personalmente e regolarmente. Secondo, lavorare perché
i cristiani delle nostre comunità
siano animati da uno spirito
missionario nuovo, e che in ogni villaggio si costituisca un nucleo di cristiani desiderosi di
spargere sempre più largamente
il Vangelo di Cristo!
Tra i molti eventi e discorsi
che hanno riempito i tre giorni
dedicati al Centenario, ricordo
un lungo discorso del capo della tribù dei Malozi, Ilute Litia
Lewanika, nipotino del Lewanika che accolse il missionario Coillard nel 1885 e ancora il culto
con Santa Cena celebrato la domenica 18 per una vasta cerchia
di credenti, comprendente molti
capitribù locali, e centinaia di
membri di chiesa provenienti da
vari distretti, malgrado varie
difficoltà di trasporto.
« Una chiesa popolare, giovane
e risplendente di gioia », ha osservato il missionario Gui Subilia — attualmente impegnato in
un diffìcile lavoro di assistenza
presso gli operai Basuto, nella
Repubblica del Sud Africa —
che era venuto al Centenario con
i due delegati della Chiesa del
Lesotho.
Roberto Coissoii
‘ Vedi: I Valdesi e l'Opera Missionaria. Editrice Claudiana.
^ Esse sono; la Società Missionaria
di Londra, la Chiesa Riformata di Scozia, la Chiesa Metodista e la Società
Missionaria di Parigi.
I Gruppi Biblici Universitari
(G.B.U.) nella seconda pagina
di copertina della loro rivista
« Certezze » pubblicano sempre
le proprie « Basi di fede », il loro fondamento dottrinale.
II numero di ottobre di « Certezze », a tema unico, è un’utile
monografia che, nell’intento di
amplificare e chiarire che cosa
intendono i G.B.U. con le loro
« basi di fede », ripropone ai lettori italiani un testo, scritto dai
G.B.U. inglesi e pubblicato la
prima volta nel 1935, con tre successive edizioni nel 1951, nel 1961
e nel 1973, lievemente aggiornate. « I problemi riguardanti la
dottrina e la condotta del cristiano — spiega l’editoriale —
rivelano sfumature diverse via
via che mutano le ideologìe e i
costumi della società, non a causa di mutamenti della fede cristiana, ma perché cambia il nostro modo di confrontarci con
la Scrittura e con la verità in
Cristo» (la sottolineatura è nostra).
Un primo capitolo introduttivo fa riferimento al fondamento evangelico ed apostolico della fede e della vita cristiana, e
ricorda i « sommari » della fede
più importanti dei tempi antichi: il Credo Apostolico, il Credo di Nicea, le confessioni di fede della Riforma.
L’ultimo capitolo, « Le esigenze della verità », non è una spiegazione delle « basi di fede » ma
una parola conclusiva.
Abbiamo così una « spiegazione » che si suddivide in pratica
in quattro parti : una prima parte (Dio e la Sua parola) di commento ai primi tre articoli delle «basi di fede» (La Santa Trinità, Sovranità, La Bibbia). Una
seconda parte (L’uomo e la sua
redenzione), che commenta gli
articoli 4, 5 e 6 (La caduta dell’uomo; Redenzione; Risurrezio
a cura di Sergio Ribet
ne). Una terza parte (La vita
cristiana e il suo compimento),
a commento degli articoli 7, 8 e
9 : come dice il testo stesso « in
questi paragrafi conclusivi saranno le attività della Terza Persona della Trinità ad avere la
precedenza » ( Pentimento e fede; Giustificazione e santificazione).
Infine, una quarta parte spiega gli ultimi due articoli (La
Chiesa e la seconda venuta di
Cristo).
E’ interessante notare la logica interna a questo documento.
Solo uno dei capitoli che costituiscono il « corpo » della spiegazione (La vita cristiana e il
suo compimento) ricalca i Simboli della chiesa primitiva e della Riforma, dando la precedenza, come abbiamo visto, alla
« Terza Persona della Trinità »
( ma il titolo non è « Lo Spirito
Santo », ci si concentra invece
su « la vita cristiana e il suo
compimento »).
L’opera di Cristo è affrontata
nel capitolo « L’uomo e la sua
redenzione » ( e non riusciamo a
toglierci l’impressione che in
questo modo la cristologia si riduca ad antropologia, sia pure
ad antropologia biblica); e, come in una appendice, nell’ultimo
paragrafo dell’ultimo capitolo,
« La seconda venuta di Cristo »,
abbinato, chissà perché, alla
« Chiesa », che gode invece di un
posto a sé, disgiunta dal capitolo sullo Spirito Santo.
II capitolo di gran lunga più
importante (anche quantitativamente occupa quasi metà del
testo ) è quello su « Dio e la Sua
parola»; e anche qui, dopo una
smilza spiegazione dei primi due
articoli (La Santa Trinità e la
Sovranità — di Dio, n.d.r. —) è
sul terzo paragrafo che ci si sofferma in modo particolare: « La
Bibbia », che spiega l’articolo 3.
Si ha l’impressione che tutta
la teologia diventi « bibliologia ».
Lo Spirito Santo è riassunto nel
compimento della vita cristiana,
il Figlio nella redenzione dell’uomo che attende il Suo ritorno, il Padre ha un piccolo posto nella Trinità e nella Sovranità, la Chiesa ha un paragrafo
a lei dedicato, l’unica dottrina
che merita spazio e che assorbe
quasi tutto l’interesse dell'opuscolo è quella relativa alle Sacre Scritture. Peccato, perché i!
tono della breve opera è evan
gelico, il linguaggio comprensibile, la stessa dottrina esposta
in buona parte condivisibile isi
tratta di un biblicismo aperto e
non di un pesante fondamentalismo), ma si ha l’impressione
che proprio la testimonianza delle Sacre Scritture (a Dio, a Gesù Cristo, allo Spirito Santo)
sia divenuta una testimonianza
alle Sacre Scritture, e si rischi
di dimenticare queìlo che le
Scritture portano in se stesse.
Le «basi di fede» dei G.B.U.
7 G.B.U. fanno parte dell’Unione Internazionale dei Gruppi
Biblici Universitari, movimento
che opera nelle università di
molti paesi del mondo con lo
scopo di suscitare e approfondire la conoscenza della fede
cristiana e hanno come base della loro fede le verità fondamentali del cristianesimo, quali sono rivelate nelle Sacre Scritture, e cioè:
1. - L’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nella
Divinità.
2. - La sovranità di Dio nella
creazione, nella rivelazione, nella redenzione e nel giudizio finale.
3. - La divina ispirazione e la
intera attendibilità delle Sacre
Scritture, come originalmente
date, c la loro suprema autorità in ogni materia di fede e di
condotta.
4. - L’universale peccaminosità c colpevolezza di tutti gli uo-j
mini dal momento della caduta,
che li ha resi soggetti all’ira ed
alla condanna di Dio,
5. - La redenzione dalla colpa,
dalla pena, dal dominio e dalla
corruzione del peccato, unicamente per mezzo della morte
espiatoria, come nostro rappresentante e sostituto, del Signore Gesù Cristo, l’incarnato Figlio di Dio.
6. - La risurrezione corporale
del Signore Gesù Cristo dalla
morte e la Sua ascensione alla
destra di Dio Padre.
7. - La presenza e la potenza
dello Spirito Santo nell’opera
della rigenerazione.
8. - La giustificazione del peccatore per la grazia di Dio mediante la sola fede.
9. - La dimora e l’opera dello
Spirito Santo nel credente.
10. - La Santa Chiesa Universale che è il Corpo di Cristo, ed
alla quale ogni vero credente
appartiene.
11. - L’attesa del ritorno per.sonale del Signore Gesù Cristo.
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9
25 ottobre 1985
cronaca delle Valli 9
RIUSCITO CONVEGNO SINDACALE A PINEROLO
Difficile
equilibrio
Il fatto di credere in Gesù Cristo non esaurisce, per alcuni,
l'essere valdesi oggi. Alla fede
Sì aggiunge il ’patois’, l’origine
arnica del nome, le tradizioni
viilligiane, le radici profonde
nelle Valli e un certo stile di
Vita. E' la chiesa popolo che vivi pensa e ripensa, la sua duplloe dimensione civile e religiosa C’è chi vive più intensamente nella sfera civile e considera
l’aspetto religioso come un neCi-'Sario corollario. E viceversa.
E e’è anche chi intende esasperare, anzi mettere in antitesi, le
due sfere, quasi una dimensione
pò ¡esse fare a meno dell’altra.
Li. grossa discussione che periodicamente riappare sull’identit.à
valdese risente di questa mancanza di equilibrio tra religioso
e civile. E’ chiaro che la chiesa,
r.icsernblea dei credenti con tutu le sue regole e i suoi funzionari è una cosa. Altra cosa è il
Municipio, la Comunità Montana, la piazza, l’osteria o il gioco
delle bocce. Ma tutte queste realtà finiscono col formare un intreccio unico, irripetibile altrove, di saggezza popolare, di linguaggio, di cultura teologica e
di statura europea che determinano, formano, la cosiddetta
identità valdese. Bisogna starci
dentro per capire questo fenomeno sino in fondo. Il puro dato civile spogliato della sua dimensione ecclesiastica si riduce
a semplice folclore. Il puro dato ecclesiastico spogliato della
sua dimensione civile si riduce
ad essere una conventicola religiosa disincarnata, quasi una
setta che ha paura del mondo.
Si tratta in sostanza di leggere
la storia valdese per quello che
in realtà è: non solo storia dt
chiesa, ma storia di un popolo.
Ora non spetta a me, in poche righe, definire l’identità valdese nelle Valli e fuori delle
Valli. Qui è sufficiente registrare la vivacità di un dibattito che
non solo appassiona ma trova
nuovi canali di espressione. In
particolare mi riferisco alla nuova, leggibilissima, rivista « La
Beidana» (strumento agricolo e
di difesa dei contadini valdesi
del XVI secolo) edita dalla Società di Studi Valdesi. Questa
pubblicazione periodica intende
raccogliere in forma stringata e
vivace brevi interventi sull’identità valdese, ricerche d’archivio,
note, fatti e informazioni storiche sulle Valli Valdesi. Non è
Una rivista accademica, tuttavia
ha una sua spiccata scientificità
espressa in termini accessibili,
popolari; non conclude il discorso ma lo rilancia. Dove si intrecciano vita ecclesiastica e vita civile? E’ vero che la nostra
storia di oggi affonda le proprie
radici nella storia di ieri? Ma
quale storia? C'è tutta una storia non scritta che si potrebbe.
scrivere sulla base di documenti
ancora, da analizzare... «La Beidami », se ho capito bene, raccoglie questi interrogativi. L’inizio è promettente. Siamo, in conclusione, persuasi che tutto ciò
che può seriamente restituire alla identità valdese un giusto
equilibrio tra responsabilità di
fede e responsabilità civile, politica, contribuirà ad arricchire
il popolo valdese di queste Valli.
E di conseguenza (poiché non
viviamo per fortuna in compartimenti stagni) arricchirà anche
il protestantesimo italiano, che
nella pluralità di identità e di
memorie storiche delle _sue_ diverse componenti ecclesiastiche,
trova la sua vera unità nel Cristo degli Evangeli.
Giuseppe Platone
Un progetto per il lavoro nel Pinerolese
Oltre 6.000 disoccupati ed altrettanti cassaintegrati sono il drammatico bilancio sociale del
Pinerolese - Una iniziativa per l’occupazione in un periodo ricco di profondi mutamenti
« Siamo da sempre convinti
che la fabbrica è del territorio,
non solo perché tutto il territorio su cui è inserita partecipa a
vantaggi, in -termini di occupazione e di distribuzione di una
parte della ricchezza prodotta
(la « mia » fabbrica, è abituato a
chiamarla l’operaio); ma anche
perché tutto il territorio paga le
conseguenze negative che la fabbrica produce; inquinamento,
servizi ed infrastrutture da costruire con denaro pubblico-, disoccupazione e CIG in caso di
difficoltà, ñscalizzazione degli
oneri sociali in regime di iniquità fiscale, ecc. ».
Queste parole, dette ad una
assemblea di almeno 500 persone
dal sindacalista Beppe Pavan, a
nome di CGIL, CISL, UIL di Pinerolo, illustrano il senso del
convegno che i sindacati hanno
tenuto a Pinerolo nei giorni 15
e 16 ottobre.
Si è trattato della più importante manifestazione che i sindacati hanno organizzato in questi
ultimi anni ed ha riguardato « lo
sviluppo socio-economico ed occupazionale del pinerolese». Hanno partecipato tutti i partiti con
esponenti rappresentativi (sono stati presenti deputati europei e nazionali, consiglieri regionali, provinciali e comunali), le
associazioni di categoria degli industriali, degli artigiani, dei commercianti, le istituzioni locali
(Regione,’ Provincia, Comuni,
Comprensorio), oltre naturalmente gli operai e gli impiegati
di molte fabbriche del pinerolese. Presenti anche i disoccupati
e gli studenti del 5° anno -di alcune scuole secondàrie e le Chiese cristiane (il vescovo cattolico Giachetti e il past. Bruno Rostagno per il 1° distretto valdese).
Dal convegno sono emerse alcune indicazioni che adesso sono oggetto di riflessione dei partiti, delle istituzioni e del mondo imprenditoriale. Vediamole
nelle parole del sindacato:
A) POLITICA INOtrálÍRIALE
Perché sia credibile una politica industriale per il Pinerolese, bisogna innanzitutto dare soluzione ai -punti di
crisi. Ciò significa:
INDESIT
— l'ipotesi di risanamento dell'azienda deve essere collegata alla più breve permanenza possibile del commissario ed alla individuazione rapida di
un partner in grado di apportare non
solo capitali freschi -ma nuovi mercati e innovazioni di processo e di prodotto;
— la partecipazione del sindacato
fin dalla prima fase al risanamento
aziendale Ohe deve realizzarsi non a
qualsiasi condizione ma in presenza
della salvaguardia dei diritti e condiziorri acquisiti e della determinazione
dei criteri per l'individuazione dei lavoratori destinati alla ripresa produttiva:
— il coinvolgimento dei -Ministeri
dell'Industria e del Lavoro, unitamente
alla Regione, alla Provincia, agli Enti
Locali per la" realizzazione dei progetti
capaci di garantire una reale mobilità
dei lavoratori dichiarati eccedenti verso un'occupazione certa. In questo
quadro vanno attivate tutte quelle Leggi Nazionali, Regionali, CEE, che consentono la programmazione e realizzazione delle necessarie attività di formazione ed aggiornamento professionale:
— la maggiore responsabilizzazione
e -più incisivo ruolo del Ministero dell'Industria in ordine all'intero settore
degli Elettrodomestici per definirne
ruolo, volumi produttivi, struttura, sostegno all'esportazione, ricerca, ecc.
SELECO
— Realizzazione dei progetti a suo
tempo identificati per l'attuazione della
diversificazione produttiva; -il rinnovo
della CIG e tempestività nei pagamenti.
FILSETA
— L'avvio di un preciso piano di ristrutturazione e rilancio dell'azienda;
l'attuazione dei contratti di solidarietà.
MANIFA'nURA ABITI
— Rientro dei licenziamenti richiesti
dall'azienda; iniziative aziendali per un
rilancio della produttività e competitività aziendale.
EDILIZIA
— Programmazione del territorio e
snellimento delle procedure burocratiche, per poter utilizzare in tempi reali
gli stanziamenti delle diverse Leggi
sulla casa;
— definizione ed avvio, in tempi rapidi, dei programmi per il riuso dei
centri storici e per le opere pubbliche;
— iniziative degli Enti Locali per
stimolare le imprese locali a partecipare agli appalti e ad investire in proprio, -preselezionando le imprese serie
sotto il profilo organizzativo, produttivo
e contrattuale..
B) POLITICA DEGLI ORARI
Dobbiamo poi affrontare con coraggio
la politica degli orari. La distribuzione
tra tutti del lavoro disponibile, la creazione di posti di lavoro aggiuntivi passano necessariamente attraverso:
a) una massiccia e generalizzata
riduzione dell'orario di lavoro, ancora
maggiore di quella che le OO.SS.
stanno rivendicando in questi giorni
dalla Confindustria;
b) la realizzazione generalizzata
dei contratti di solidarietà in tutto il
settore industriale e soprattutto nelle
aziende non in crisi;
c1 la riduzione del ricorso al lavoro
straordinario: deve cessare lo scandalo
di aziende, RIV-SKF in testa, che programmano ed utilizzano un monte-ore
settimanale di lavoro straordinario pari
a decine e decine di posti di lavoro.
Lo stesso discorso vale, da un altro
versante, per gli Enti Pubblici: bisogna
distribuire tra un numero maggiore di
operatori il lavoro che in determinati
servizi e ripartizioni è svolto ricorrendo
a quantità insopportabili e scandalose
di lavoro straordinario;
d) l'introduzione di nuovi regimi
di orario (part-time, scaglionamento
delle ferie, ecc.).
C) IWERCATO DEL LAVORO
E FORMAZIONE
PROFESSIONALE
Rappresentano per noi un terreno ed
uno strumento indispensabili di iniziativa.
La riforma nazion&le del collocamento, della Cassa integrazione e della di
Compagnia Italiana
d\ Assicurazioni
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
ARNALDO PROCHET
TUTTI I RAMI DI ASSICURAZIONE
Via della Repubblica, 14 Telefono (0121 ) 91820
soccupazione speciale deve essere
perseguita con coerenza e in tempi
brevi. Da strumenti di parcheggio e
di assistenza per milioni di persone
pagate perché se ne stiano a casa
inattive, devono essere trasformati in
strumenti attivi per la piena occupazione.
E' in questa logica che rivendichiamo il decentramento, su un territorio in
gravi difficoltà come il nostro, dell'Osservatorio sul mercato del lavoro e
dell'Agenzia -Regionale del Lavoro. Riteniamo che sia più -produttivo, per lo
sviluppo del Pinerolese, avere In loco
questi strumenti: per favorire l'incontro
tra la domanda locale e l'offerta locale di lavoro.
Per la Formazione Professionale abbiamo già avviato una consultazione specifica con i Presidi e I Direttori degli
Istituti interessati. Ci sembra che ci
sia un sostanziale consenso intorno alla nostra proposta di costituire un
Coordinamento Pubblico di tutta la
formazione professionale che si fa
nel Pinerolese.
Chiediamo inoltre alla Regione di
assecondare e coordinare queste nostre iniziative, sviluppando ed adeguando, con il contributo dell'esperienza di
tutti, i programmi formativi più idonei
soprattutto per la riqualificazione dei
Cassaintegrati e dei giovani disoccupati, verso professionalità che diano
sbocchi occupazionali certi.
D) PUBBLICO IMPIEGO
Nel Settore del Pubblico -Impiego vogliamo evidenziare soltanto una esigenza, che da troppi anni è inascoltata;
sembra una fatica da Ercole. Intendiamo riferirci alla necessità, non più rinviabile, che gli Enti Locali del Pinerolese imbocchino con coraggio la strada delle iniziative a livello sovracomunale, abbandonando anacronistici e dannosi campanilismi. Mentre rivendichiamo per loro al Governo Centrale la
possibilità di aumentare le entrate,
chiediamo loro di consorziarsi, per
aree territoriali omogenee, allo scopo
di utilizzare in modo più efficace le
scarse risorse di ciascuno, generalizzando su tutto il territorio i servizi sociali fondamentali, che per noi sono:
— gli asili-nido;
— le mense e i trasporti per la
scuola dell'obbligo, -per Incentivare tempo pieno e tempo prolungato, che significano una scuola potenzialmente
migliore e sostegno all'occupazione degli insegnanti;
— l'assistenza agli anziani, potenziando i servizi domiciliari e le strutture di socializzazione alternative al
ricovero;
— l'appoggio alle persone portatrici di handicap, per favorire la loro integrazione scolastica, lavorativa e sociale, senza discriminazioni.
Una proposta specifica è poi la creazione di un fondo consortile, che permetta di finanziare l'erogazione di questi servizi, riducendo al minimo indispensabile il contributo a carico degli utenti.
E) TUTELA
DEL TERRITORIO
Un'attenzione particolare dobbiamo
rivolgere alle risorse del territorio; la
tutela del suolo, la difesa ed il miglioramento dell'assetto idrogeologico, il
compfétamento detta metanizzazione
del Comprensorio, la ricerca e l'uso
equilibrato di fonti alternative di energia, prime fra tutte l'acqua, sono terreni di occupazione altamente qualificata, sia in senso individuale che in
senso sociale.
Chiediamo che vengano spesi diversamente e meglio tutti i soldi necessari: non una distribuzione annuale a
pioggia, che disperde in mille rivoli
ingenti capitali, senza raggiungere mai
livelli accettabili di produttività; ma
una canalizzazione mirata a finanziare
in modo completo progetti specifici
delle Comunità Montane, che risolvano in modo definitivo i problemi che
ogni anno ritornano; frane, smottamenti, alluvioni, distruzione di enormi patrimoni boschivi e agricoli soprattutto
nelle zone collinari e montane.
F) TRASPORTI
Infine i Trasporti: un tema di drammatica attualità, viste le scelte del
Governo per 11 taglio dei rami secchi.
Noi non intendiamo difendere e foraggiare i rami secchi; ma siamo convinti
che nel Pinerolese non ne esistono.
L'intervento che viceversa rivendichiamo deve essere finalizzato a migliorare e potenziare il sistema complessivo della viabilità e dei trasporti, mettendo ordine in un servizio sociale così determinante, eliminando
gli sprechi e i doppioni, realizzando una
vera intermodalità che si traduca in
servizio efficiente per tutti i centri
abitati e per tutti i pendolari e i passeggeri in genere, per fare del trasporto non un'occasione di lucro e di profitto privato per le aziende, ma un vero
servizio sociale, come deve essere.
E allora tutti i miliardi che sono necessari per realizzare il progetto complessivo che noi proponiamo avranno
un'altissima produttività sociale, per
l'occupazione e per lo sviluppo economico dell'Intero territorio che contribuiranno a rilanciare, in questo senso
la linea ferroviaria Torino-Pinerolo-Torre Pellice deve essere integralmente
mantenuta e sostanzialmente potenziata. Sono molti i motivi che ci inducono
a preferire la ferrovia rispetto al trasporto su gomma:
— la necessità di decongestionare
il traffico stradale;
— una più alta velocità di crociera
in condizioni di maggior sicurezza per i
passeggeri;
— l'indubbio risparmio energetico e
i costi largamente inferiori;
— i vantaggi enormi per l'ambiente
dal punto di vista dell'inquinamento.
E' chiaro a tutti, però, che, se si
chiudono gli occhi di fronte a queste
considerazioni, e si abbandonano al
decadimento le strutture ed il servizio,
avremo inevitabilmente il ramo secco.
Se nelle ore di maggior utenza i treni
sono insufficienti, se gli orari non
vengono rispettati, se non viene migliorato sostanzialmente l'armamento
e la linea elettrica, è chiaro ed evidente che l'autobus sarà più competitivo, più veloce, e quindi preferito
dagli utenti. Ma tutto questo non è
colpa de! destino: la responsabilità è
del Governo e dell'Azienda ferroviaria.
Inoltre il raddoppio della SS 589 ed il
miglioramento della SS 23 a valle e
a monte di Pinerolo compenseranno
ampiamente la mancata realizzazione
di un'opera inutile e dannosa come
l'autostrada, infine l'istituzione di una
Autorità di Gestione e del Consorzio
tra le autolinee doteranno finalmente
il Comprensorio di una Amministrazione coordinata e credibile del servizio di trasporto.
G. G.
Comune di
S. Secondo di Pinerolo
AVVISO DI
LICITAZIONE
PRIVATA
Lavori di sistemazione
edifici scolastici
e di adeguamento alle norme
antinfortunistiche
Importo Lavori a base d’asta
L. 58.725.255. Legge 2 febb.
1973, n. 14 - «Lettera A»
Termine presentazione domande: 11 novembre 1985,
ore 12. Il presente avviso, non
impegna l’Amministrazione comunale.
San Secondo di Pinerolo, li
17 ottobre 1985.
IL SINDACO
(A’VONDETTO M.o Mario)
10
10 cronaca delle Valli
25 ottobre 1985
PROBLEMA DROGA
PEROSA ARGENTINA
300 casi in Val Pellice? Crisi alia Filseta
Il tema che gli organizzatori
della rassegna « Autunno in vai
d’Angrogna » hanno scelto come
principale in questa edizione è
« le tossicodipendenze » : tre gli
incontri dedicati all’argomento,
nel primo si è tentato di fare
un quadro locale con l’intervento del dott. Vergare del Gruppo
D di Torre Pellice, del dott. Laterza dell’USSL 43 e del giudice
P. C. Pazé.
« L’azione del gruppo D — ha
spiegato il suo esponente — va
in due direzioni, verso la scuola
e verso le famiglie; nei confronti della scuola ci siamo impegnati verso gli insellanti per
accrescere un certo tipo di educazione, fornendo anche utili strumenti di lavoro. Ciò che
riteniamo però di massima importanza, sono gli incontri con
e fra le famiglie, non in particolare quelle in cui si ha un contatto con tossicodipendenti ma in
generale; è determinante per noi
uscire dal proprio isolamento
e discutere, confrontarsi su
vari temi e aspetti della vita. Le
soluzioni vanno cercate altrove,
ma specie in senso preventivo,
le famiglie hanno un ruolo ben
preciso di solidarietà e corresponsabilità ».
Il dott. Laterza presenta il
servizio dell’USSL 43 che « è nato da un paio di anni, partendo
in pratica da zero, sulla base
della legge nazionale. Il tentativo
è di andare alle cause della tossicodipendenza, alle cause che
determinano sofferenza interna
o disagio psichico derivati da
motivi di tipo sociale, politico,
economico ».
Quale ruolo oggi per il metadone, sostituto «legale» dell’eroina?
« E’ previsto dalla legislazione,
ma pensiamo che sia unicamente uno degli strumenti che il servizio può usare ; è uno dei tanti,
ma in certi casi è decisamente
mutile di fronte a dipendenze,
bisogni indotti proprio dalla società ».
"A- Hanno collaborato a questo
numero: Giusepne Baldi - Mirella Bein - Archimede Bertolino - Renato Coisson - Dino
Gardiol - Laura Leone - Claudio Pasquet - Teofilo Pons Bruno Rostagno - Katharina
Rostagno - Pier Valdo Rostan.
MALANOT
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Come si presenta la situazione in Valle?
« E’ chiaro che per vari motivi
solo una parte dei tossicodipendenti fa ricorso alla struttura
pubblica, in particolare a livello nazionale si tratta di un 10% ;
se teniamo presente che noi conosciamo 32 casi abbiamo il quadro della situazione in Valle ».
Il fatto che partecipi ad un
incontro di questo tipo e con
un ruolo importante un giudice
significa che l’aspetto giudiziario è ancora predominante?
Ecco la risposta del dott. P. C.
Pazé: «Effettivamente la maggior parte dei casi di tossicodipendenza sono conosciuti a livello giudiziario; questo a livello di opinione pubblica significa
porsi in modo generalmente criminalizzante. Del resto la legislazione in merito andrebbe molto o radicalmente rivista; l’uso
di droghe è un problema di personalità degli individui e quindi Va studiato molto attentamente ».
Esistono delle caratteristiche
comuni per i tossicodipendenti?
« Direi che in parte le difficoltà sono comuni, ma il problema
droga supera ogni barriera di
classi sociali, arriva ai benestanti come al sottoproletariato anche se quest’ultimo è per molti
motivi più a rischio. Inoltre il
discorso droga oggi è molto ampio anche sulla qualità: si va
dalle droghe leggere che potrebbero essere legalizzate senza
grossi problemi, a quelle oggi
legali come alcool, tabacco, ai
sostituti più vari, dai farmaci
per finire addirittura alle vernici mescolate ad altri prodotti ».
Fin qui la prima serata sul
tema; altre occasioni di confron
to deriveranno dalla presenza di
V. Muccioli che sarà ad Angrogna sabato 26 nel pomeriggio
per illustrare l’esperienza di
S. Patrignano.
Piervaldo Rostan
VAL PELLICE
Minaccia di dissesto
idrogeoiogico
La serata dell’Autunno in vai
d’Angrogna dedicata agli alpeggi in valle ha visto una buona
e soprattutto interessata partecipazione di gente; la presenza
dell’esperto forestale dott. Alberto Baridon e del veterinario
Manuela Campra ha focalizzato
molto bene la situazione attuale anche con l’ausilio di diapositive e di confronti con la situazione del passato. In sostanza si
è visto come oggi sia fondamentale per un uso adeguato delle
potenzialità di un alpeggio, la
strada. Alpeggi come quelli del
Barbara recentemente migliorati, decisamente con le nuove stalle hanno visto un aumento del
carico di bestiame, zone senza
vie di comunicazione come il
Giulian sono in via di abbandono quando 50 anni fa vedevano
oltre 1500 pecore.
Pur tuttavia l’alpeggio, co] suo
bestiame, il suo latte, i suoi formaggi è per una valle una delle
Mobilificio
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
La situazione alla Filseta di
Perosa muta ogni giorno ed ogni
giorno pare aggravarsi. Mercoledì mattina, mentre a Pinerolo era
in corso la conferenza sull’occupazione e lo sviluppo del pinerolese, organizzata da CGIL, CISL
e UIL, la società comunicava ai
lavoratori la fermata del reparto macerazione, ad iniziare dal
turno del pomeriggio. Questo in
quanto non c’era più nafta per
la prosecuzione del lavoro, né liquidità per il suo acquisto. I
dipendenti decidevano di attuare subito uno sciopero di due
ore e alcuni di loro scendevano
a Pinerolo e comunicavano l’accaduto ai membri della conferenza riunita aH’Auditorium.
Giovedì 17, nel corso di un’assemblea, il sindacato illustrava
le novità della situazione che
continuamente si evolve. Le no
vità sono poche e non positive
(la società non ha ancora presentato un piano di ristrutturazione e la richiesta di un finanziamento di due miliardi è stata
bocciata) e i dipendenti hanno
manifestato le loro preoccupazioni e la loro rabbia impotente
lamentando la non chiarezza
della società, la non volontà di
decidere un’azione di forza da
parte del sindacato e facendo
presente la tragicità del momento, per chi, come loro, sta lavorando senza ricevere un salario,
con la cassa integrazione che
sta volgendo al termine, sommata alle inadempienze delriNPS che deve ancora saldare
la stessa cassa integrazione da aprile in avanti, e con le pochissime prospettive positive che vi
sono davanti ai loro occhi.
Dario Troll
AMNESTY INTERNATIONAL
I diritti umani
poche risorse sul piano agricolo
e la presenza dell’uomo in montagna rappresenta anche im fondamentale elemento di controllo sulla situazione di equilibrio
dell’ambiente.
Proprio in materia di dissesti
è partita una denuncia del dott.
Baridon: una briglia di contenimento del torrente Crucilo a
Bobbio sta cedendo alla base;
per ora il fenomeno è di modesta entità e potrebbe essere riparato abbastanza agevolmente,
ma se dovesse piovere a lungo
le conseguenti infiltrazioni potrebbero --'ortare al cedimento
della briglia con il precipitare
a valle di migliaia di metri cubi
di materiale attualmente in equilibrio dietro lo sbarramento.
Stava è vicina, nel tempo, il
Crucilo anche; la manutenzione
del territorio è indispensabile
per evitare dolorosi disastri.
P.V.R.
Martedì 15 ottobre ha avuto
inizio — nei locali della Foresteria valdese di Torre Pellice — il
corso di aggiornamento per insegnanti sul tema « Educazione
e diritti umani », organizzato
dalla locale sezione di Amnesty
International. Il primo incontro
è stato dedicato all’esame della
« Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo », approvata dall’Assemblea generale dell’ONU
il 10 dicembre 1948 con la firma
impegnativa di 48 stati. Il magistrato torinese Amos Pignatelli
ha analizzato con notevole chiarezza precedenti, contenuto, fondamenti e significato di questo
documento che si propone come
autorevole tentativo di tradurre
in termini di protezione giuridica l’affermazione di valori fondamentali per la salvaguardia
stessa della dignità umana. Ricordando al folto gruppo di insegnanti presenti come la tutela
giuridica di un diritto sia in profonda relazione con la formazione delle coscienze (e quindi con
l’educazione), il relatore ha chiarito che la « Dichiarazione » del
’48 — pur non potendo avere un
valore strettamente normativo
(si colloca piuttosto tra quegli
atti del diritto internazionale
che vengono denominati « raccomandazioni ») — possiede comunque una reale efficacia in
quanto riconosciuta come « modello » giuridico sia dagli stati
firmatari che dall’opinione pubblica internazionale. Sono stati
poi brevemente ricordati i fondamenti filosofici dei diritti
umani e le « dichiarazioni » storicamente più note (quella statunitense del 1776 e quella francese dell’89). Il relatore ha infine tentato una classificazione del
contenuto dei 30 articoli del documento del ’48, indicando le
principali categorie di diritti
umani da sottoporre a tutela:
personali, civili, politici e sociali
(questi ultimi — come il diritto
alla salute e all’istruzione
ugualmente importanti in quanto situazioni come malattia e
analfabetismo impediscono di
fatto il libero esercizio dei diritti
civili e politici). Sollecitato da
alcuni puntuali rilievi del pubblico, Amos Pignatelli ha chiarite
che la « Dichiarazione universale » è comunque un documento
legato al contesto storico in cui
è stato elaborato e che la nostra sensibilità percepisce in esso l’assenza di formulazioni re
lative a diritti che noi sentiamo
come costitutivi della libertà
nelle società contemporanee
(pensiamo al diritto ad una informazione veritiera, all’accesso
alle fonti di informazione, alla
libertà sessuale, alla partecipazione al potere economico, alla
pace).
Per concludere, una buona
« introduzione » al corso di aggiornamento e l’interesse con cui
il pubblico ha seguito l’esposizione del relatore lo ha chiaramente dimostrato. Il prossimo appuntamento è per giovedì 31 ottobre, quando Claudio Tron entrerà nel merito dei problemi
didattici relativi all’educazione
ai diritti umani.
VAL PELLICE
Petizione
per ia ferrovia
Prosegue in tutta la Val Pellice l'Iniziativa di protesta contro la decisione
di sopprimere la ferrovia da Pinerolo a
Torre Pellice. Il Pei ha già raccolto un
migliaio di firme su una sua petizione,
la Pro Loco quasi altrettante.
Per chi desidera firmare diamo qui
di seguito gli indirizzi di raccolta: Angrogna: Vecco; Bobbio Pellice: trattoria dei Cacciatori, Bar della Fontana;
Luserna: Anagrafe, Alimentari Porneron. Edicola Malanot; Rorà: Alimentari
Cesan; Torre Peliice: Pro Loco, Tabaccheria Appiotti e Santa Margherita;
Viilar Pellice: Pro Loco,
IflALtJmNO
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11
25 ottobre 1985
cronaca delle Valli
NUOVE ESPERIENZE DI LAVORO
La cooperazione:
tra solidarietà e mercato
Con Sandro Guiglia di Torino,
coordinatore del progetto per il
reinserimento degli ex degenti
psichiatrici, abbiamo provato a
riflettere sul fenomeno del lavoro e in particolare della cooperazione, quale strumento di riappropriazione di sé e di rientro
nel tessuto sociale.
L’inserimento lavorativo degli
handicappati con la legge sul collocamento obbligatorio, gli accordi tra alcune aziende e sindacato
per il mantenimento del posto
lì: lavoro a giovani tossicodipendenti disposti a un periodo in
Comunità terapeutica, la costituz'.one in cooperativa di persone
uscite dai manicomi, mettono in
luce quanto negli ultimi anni il
lavoro abbia permeato di sé molÍ: interventi avviati nel mondo
lidia marginalità. Che valutazio" ’ possiamo dare di questo?
A mio avviso i livelli di interpretazione sono vari. Ne esisto!‘!0 due più immediati e che individuerei nell'autonomia economica che il lavoro garantisce (rispetto alla famiglia, all’istituzione) e nel giudizio morale. Ritengo che un elemento di fondamentale importanza, ad esempio quando ci rivolgiamo a
persone con anni di manicomio
alle spalle, sia il recupero della
propria identità di produttore.
Non credo affatto che il lavoro
sia di per sé terapeutico, anzi.
Contiene però una potenzialità
che può farne uno strumento efficace.
Perché allora la scelta coope
rativa? Quali sono le caratteristiche che distinguono il lavoro
cooperativo da un’occupazione
qualsiasi?
In primo luogo ritengo si tratti
di una modalità lavorativa che
può mettere in discussione il confine tra ciò che viene considerato normale e ciò ohe non lo è.
In una società capitalistica il valore di un individuo si misura in
base alla sua efficienza, alla sua
produttività; non dimentichiamo
poi che rimpresa privata utilizza
le capacità del singolo per il profitto del solo padrone, e non è
semplice reggere psicologicamente tale sfruttamento. Se sono debole non produco a sufficienza e
perciò non servo, vengo escluso.
La cooperativa ha i mezzi per
ribaltare questa logica e stabilire nuovi equilibri favorendo un
rapporto tra le persone che non
poggia sulla competitività, ma
sulla solidarietà.
La mobilità sul posto di lavoro,
l’elastidtà degli orari, il lavoro
di squadra, l’applicazione della
democrazia interna — cosa che
non è pensabile in fabbrica —
il rifiuto della logica del profitto,
l’attivazione di meccanismi di recupero: sono tutti elementi molto importanti che solo lo strumento cooperativa è in grado di
offrire.
Ecco allora che il lavoro in cooperativa permette di acquisire un
ruolo sociale e ha un peso politico; in questo senso è da intendersi lo sviluppo di un’identità
che non è solo personale, bensì
collettiva: il confronto dei propri
problemi con gli altri, la creazione di rapporti alla cui base sta
pur sempre la gestione di una
azienda.
Per gestire un'azienda è necessario che questa ottenga commesse di lavoro, e questo è lo
spinoso problema degli appalti.
Quali prospettive ci sono di superare le attuali difficoltà?
Se vogliamo superare definitivamente l’ergoterapia, i laboratori protetti, in altre parole l’assistenzialismo, servono garanzie
di lavoro. Noti vogliamo sussidi,
piuttosto ci preme poter lavorare. Purtroppo, alle gare d’appalto sono presenti aziende del tutto illegali dal punto di vista fiscale, che ci fanno una concorrenza
spietata. Ciò che l’ente pubblico
dovrebbe comprendere è che, riservando una quota d’appalti a
cooperative integrate come le nostre, potrebbe risparmiare sui
sussidi e in generale sui costi
dell’assistenza e della sanità. Per
far fronte a questo problema abbiamo avanzato la proposta di
un albo regionale delle cooperative.
Attualmente il dibattito sulla
cooperazione è estremamente vivace in Italia. Le cooperative di
solidarietà sociale hanno anche
presentato una proposta di legge
che ne regolamenti l’attività e le
tuteli giuridicamente. L’impressione che se ne ricava è quella
di un agire separato, quando invece sarebbe più produttivo un
A MASSELLO OGGI
< Com'era verde la mia valle! ». E’
triste ricordare Massello com'era, anche solo dieci anni fa, e constatare
com'è oggi.
Ricordo con nostalgia i campi di grano sui pendii dei Roberso e del Brua
La Comba. Le spighe ondeggiavano,
sotto la brezza alpina, in giugno ancora verdi e poi, man mano che l'estate
avanzava, sempre più bionde fino ad
adagiarsi, ai primi giorni di agosto, sotto i'implacabile falce. Era uno spettacolo inebriante, ma frutto di un immane
lavoro.
Fienagione, mietitura e raccolto delle patate occupavano I Massellini dall'alba a tarda sera con l'unico breve
intervallo della « marendo ». Con questo estenuante lavoro però I contadini
sbarcavano appena il lunario. Naturale perciò che l'attrattiva di un buon
salario e di una vita più facile abbia
spinto molti montanari a deporre falce,
zappa e gerla per il piccone del minatore 0 la catena di montaggio e che
alcuni altri abbiano preferito lasciare
l'agricoltura per l'insegnamento o un
Impiego.
Questa scelta deve essere stata
difficile e, penso, non priva di traumi.
Infatti la discreta agiatezza acquisita
(macchina, elettrodomestici, televisione, ecc.) non compensano quel senso
di disagio e di pena del giovane che
guarda i vecchi genitori che si affannano a salvare dail/assalio dei voraci
cinghiali qualche sparuto campicello di
"sudate" patate, né la tristezza e la
rabbia di vedere il proprio villaggio assediato dalla morsa delle ortiche.
Oh, se gli enti preposti alla salvaguardia dei beni montani aiutassero i
Massellini a salvare la coltura delle
patate o ad introdurne un'altra, alternativa, per esempio quella ortofrutticola! Oh, se si riuscisse ad arrestare lo
scempio del cinghiale e l'avanzata inesorabile della boscaglia e dei rovi!
Altri fattori scoraggiano il Massellino
a restare a Massello; la mancanza di
un piccolo negozio di alimentari, di un
bar, di una pensioncina almeno. Sarebbe auspicabile un ostello per giovani,
amanti della montagna, e la possibilità
di esercitare qualche attività sportiva.
E’ naturale, ma triste, che il Massellino, sentendosi abbandonato da tutti,
scenda a valle.
Vn'imihobile, una attività in Valpeilice?...
Un nome nuovo garantito da un’esperienza decennale...
I
VALPELLICE |
IMMOBILIARE
L.isernd San GiOvann Viale De Amie.s 3/r Td (0121)901 SVt I
Questo mio scritto, privo di proposte concrete causa la mia linoompetenza di problemi riguardanti la montagna, vuole essere un affettuoso invito
ai Massellini ad ingegnarsi per salvare il salvabile.
Silvana Tron
CHI E’ « POVERO »?
Ho appreso in questi ultimi tempi
che il governo ha individuato una « ricca » fascia di contribuenti, con reddito
dai 10 agli 11 milioni annui (praticamente pensionati, perché chi lavora supera senz’altro questo reddito), a cui
vorrebbe aumentare in modo consistente le trattenute Irpef (dai 18 al 26%),
per poterle diminuire in modo rilevante
ai redditi « medi » dai 25 milioni in su
(medi dal « loro » punto di vista, abituati come sono i governanti a stipendi
favolosi autodecisi aii'unanimitàl). Se
chi ha un'entrata di 30 milioni ha un
reddito »medio», come si considera
chi ne ha 10?
Nella mia ingenuità credevo fosse
vero quanto si diceva a proposito dei
socialisti, e cioè che fossero i difensori delle classi più povere, adesso
che sono anche loro al governo (e
per di più è socialista anche II presidente del consiglio) si comportano
in questo modo veramente ingiusto verso i più deboli economicamente. Ma
non è la prima volta che mi deludono.
19 anni fa era stato proposto di abolire
la pensione di anzianità dei dipendenti
delle aziende private (35 anni di contributi effettivi), favorevole anche un
noto esponente socialista locale. La
legge fu approvata, poi, in seguito alle energiche proteste dei iavoratori, decadde. Qualche volta gli elettori si
ricordano di queste cose...
Termino esprimendo la mia disapprovazione verso quelle forze politiche
che a parole si dichiarano rappresentanti dei meno abbienti, e poi a fatti
dimostrano il contrario.
fronte unitario. Che cosa ne
pensi?
Credo che ci siano obiettivi comuni e divergenze. Siamo tutti
d’accordo nel non volere i laboratori protetti, nel mirare al reinserimento di persone in difficoltà e alla creazione di attività il
cui risultato umano è certo più
importante di quello economico.
Pur non volendo entrare nel merito, credo che siano riscontrabili differenze nella concezione di
un’azienda e quindi nella partecipazione dei soci. Inoltre, mi sembra una forzatura voler a tutti i
costi dare una normativa al volontariato, anche rispetto all’istituto cooperativa.
(da Aspe)
Asilo dei Vecchi
di San Germano Chisone
FONDO RISTRUTTURAZIONE
Pervenuti nei mesi di agosto e settembre 1985.
I nominativi con l’asterisco {*) si
sono impegnati per un milione.
L. 2.000.000; Lascito Peyrot Lidia,
Ferrerò.
L. 1.547.471: Diakonissenhaus, Berna.
L. 1.120.427: Gemeindeamt der ver
ev. Gemeinden Unterbarmen, Wuppertal.
L. 1.000.000: N. N., Frali; Ribet Paolo e Ondina; Avondet Marco e Mariuccia; Beux Clemente e Noemi, S. Germano; Tron Silvia, Massello; Fornerone Guido e Giovanna, per la zia Stefania, Porte; Long Carla, Pramollo; Pascal Osvaldo e Ermanno; Pascal Edina
e Gino, Prali.
L. 750.000: La famiglia. In ricordo di
Margherita Davite Charbonnier.
L. 568.600: Viola Fasanari *, in mem.
del nonno Benvenuto Celli, Losanna,
L. 500.000: Coniugi Carrera; Ribet
Ernesto e Silvia, S. Germano; Lena e
Max Rostan, Milano; Rostagno Amedeo, Ferrerò.
L. 400.000: Ferrerò Norberto e Irma,
in mem. di Pascal Aldo, Villar Perosa.
L. 350.000: Ugo e Renata Zeni *,
Pramoilo-Roma.
L. 300.(KM): Travers Emilio e Olga,
in mem. del genero, S. Germano.
L. 250.000: Ida e Teofilo Pons, Torre
Penice.
L. 200.000: Provento vendita vetri;
In ricordo della mamma Ernesta Blanc,
Franco Blanc e Flavio Costantini, S.
Germano; Dorcas, in mem. di Ester
Stroppiane, Torino.
L. 150.000; Le famiglie Rostang, in
mem. di Pascal Aldo, Villaseoca.
L. 125.000: In mem. dello zio Arturo,
le nipoti Margherita, Ida, Elena, Ethel
e Maddalena, S. Germano.
L. 101.175: Gianni Bogo, Como.
L. 100.000: Gruppo tedesco condotto
da Thomas Elser; Genre Alessio e
Martinat Ida, Prali; Molinari Alice, Roma; Ferrerò Valdo, in mem. del padrino Pascal Aldo, Villar Perosa; E.N.
N., PInerolo; da S. Germano; Pipino Ida
in mem. di Renzo, Baret Alfredo e
Mary, Lidia e Ugo Bounous, Aldina
Bosia Peyronel, 1 condomini di via
Mondani in ricordo della sig.ra Ernesta Blanc; Emma e Edmond Beux (New
York) in mem. del caro Edwy; Emma
e Edmond Beux, in mem. del caro Walter; Emily Beux {New York), in mem.
del caro zio Walter; Eìvelyne Beux Perez (New York), in mem. del caro
padrino Walter.
L. 80.000: Nel 3“ anniversario di Ribet
Ida V. Balmas, le sorelle Angela, Celestina, Ines e il fratello Rino, S. Germano.
L. 64.530: Dono G.A.W.
L. 50.000: Ribet Breuza Livia, Ferrerò; Mariuccia Grill e famiglia, in memoria di Roberto, Pinerolo; Sara e
Sauro Gottardi, Albisola; Nello, Eli, Ada
Beux, in mem. di Rochon Aldo; Bouchard Ezio e Elda, in mem. del cognato Plavan Carlo, San Germano.
L. 25.000: Balma Peyronel Elisa, in
mem. del marito. San Germano.
L. 15.000: Salmo 103, S. Germano.
L. 8.150: N. N.
Totale al 30.9.85 L. 21.105.353
Totale precedente » 515.901.114
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
La moglie e parenti tutti del compianto
Carlo Micol
di anni 88
profondamente commossi per la dimostrazione di affetto e di simpatia ringraziano tutti coloro che sono stati loro
vicini in questo triste momento. Un
ringraziamento particolare alle famiglie : Barai, Proverà, Laura e Amedeo
Massel, Sig.ra Elisa Mieoi, Griglio Gino, Irma e Ersilia, Griglio Carlo e
Olga, Letizia e Luigi Bertocehio, pastore Rutigliano, medici e personale
dell’Ospedale Valdese di Pomaretto.
Chiotti, 28 settembre 1985.
RINGRAZIAMENTO
« Io so in chi ho creduto »
(2 Timoteo 1: 12)
I familiari di
Giuseppe Agli
deceduto all’età di 85 anni all’ospedale di Torre Pelliee profondamente riconoscenti per la prova di affetto dimostrata in occasione della scomparsa
del loro caro ringraziano in modo particolare : i pastori Zotta, BeUion, il
personale medico e infermieristico dell’Ospedale Valdese, la CjR.I. di Torre
Pelliee, le Guardie Provinciali e Forestali, i vigili di Angrogna e Torre,
l’Associazione Alpini.
Angrogna, 13 ottobre 1985.
Eventuali offerte in denaro possono
essere devolute per la ristrutturazione
dell’Ospedale Valdese di Torre Pelliee.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Enrico Michelin Salomon
sentitamente ringraziano tutti coloro
che hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare al personale
medico e paramedico dell’Ospedale
Valdese di Torre Pelliee.
Torre Pelliee, 18 ottobre 1985.
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta :
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino,.»teL (Òli) 62 70 463.
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8323970 escluso domenica.
CERCASI infermiera professionale per
casa riposo Avigliana. Telefonare
ore ufficio 011/938638.
Totale L. 537.006.467
Altri impegni sottoscr.
e non ancora versati L. 39.420.000
Leo Co'isson, Angrogna Totale generale
L. 576.426.467
USSL 42 • VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto tei. 81228 - 81691.
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 27 OTTOBRE 1985
Perosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 ■ PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna,^prefestiva, festiva: telefono 74464lOspèdàle Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENiCA 27 OTTOBRE 1985
Bricherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Pelliee: FARMACIA GAY
Piazza Jervis - Te'. 930705.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pelliee: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
_____riconosciuto un notevole servizio ALL’UMANITA’
Il Nobel della pace
ai medici antinucleari
25 ottobre 1985
/ giornali hanno dato notizia che. il premio Nobel per la pace
di quest anno è stato conferito all ’associazione « Medici internazionali per la prevenzione della guerra nucleare» (nella sigla ingleseIppnw) Questa associazione, creata nel 1980, ha sede a Boston, Usa.
I suoi due fondatori, l’americano B. Lown ed il sovietico e’ Chazov, ne sono attualmente copresidenti. Politicamente indipendente
essa è composta da ben 145 mila medici di 41 Paesi.
La motivazione del conferimento del premio sottolinea fra l’altro « il notevole servizio reso all’umanità colla diffusione di autorevoli informazioni e con la creazione di una consapevolezza delle
conseguenze catastrofiche della guerra atomica ».
Accanto ad un’attività tecnico-scientifica atta a far circolare le
stesse informazioni sulla guerra nucleare in tutto il mondo, non è
trascurabile anche l’aspetto morale e civile dell’impegno di questi
medici. Tratti dalla rivista italiana «Pace e Costituzione», pubblichiamo qui appresso parte della relazione introduttiva del copresidente americano, nonché l’appello indirizzato a URSS e USA in
occasione del 4° Congresso dell’associazione, tenutosi a Helsinki
l’anno scorso.
r. p.
certi eufemisticamente chiamano 'dissuasione' si deteriora ogni
giorno di più. Vi sono due ragioni che determinano ciò: la
prima risiede nelle armi nucleari stesse, poiché assistiamo alla
nascita di una nuova generazione di questi strumenti di genocidio. La loro potenza distruttiva, la loro sovrabbondanza, la
loro rapidità e precisione: tutto
questo fa sì che la guerra può
scoppiare in qualsiasi momento,
per errore di calcolo, in seguito
a un difetto tecnico o per errore
umano.
La seconda ragione è, naturalmente, il clima di tensione che
deteriora le relazioni fra le due
Non possiamo, noi medici, restare indifferenti alle scosse politiche che fanno tremare il mondo in cui viviamo. Infatti, il principio fondamentale del nostro
movimento è mantenere ed estendere la cooperazione fra la gente della nostra professione, all'Est come all'Ovest.
Combattere la minaccia nucleare, infatti, è la sola nostra
preoccupazione ed il nostro scopo è promuovere un dialogo medico e scientifico in grado di trascendere lo spirito di parte proprio del nazionalismo e gettare
le basi di unione di un'umanità
di cui facciamo parte.
L'equilibrio del terrore, che
Salvate rumanità
dall’estinzione!
superpotenze. Una guerra fredda in costante inasprimento su
un pianeta irto di testate nucleari capaci di sterminare più volte l'umanità: ecco che cosa fa
presagire un inverno nucleare
totale.
Al di fuori della mia qualità
di copresidente della Ippnw vorrei dire qualche parola come
medico e cittadino americano.
La corsa agli armamenti nucleari è largamente alimentata dai
mass media che presentano l'Unione Sovietica come un vero
demone. Tutto ciò che concerne
la vita in quella nazione è oggetto di stereotipi inumani. L'ex
ambasciatore degli Stati Uniti a
Mosca G. Kennan ha descritto
nel modo seguente l'idea che in
Occidente ci si fa in genere di
questo paese: « Distorsioni senza fine, semplificazione a oltranza, esagerazione ridondante delle capacità militari delTURSS e
delle sue intenzioni 'ingiuste'...
sono segni questi di un primitivismo intellettuale ».
Ho la convinzione che non riusciremo nel nostro compito senza aver risolto questo problema.
Grande erudizione e conoscenza
tecnica dei missili, della loro potenza, delle conseguenze mediche ed ecologiche della guerra
nucleare, tutto ciò non servirà
a niente, o a poco, se in Occidente non si adotta un approc
Appello del 4° congresso IPPNW a USA e URSS
Vi preghiamo di arrestare la vostra marcia verso l'abisso. Vi esortiamo ad
aprire un periodo di distensione, di ridurre i rischi di confronto militare e di
ristabilire la fiducia. Questa non potrà essere ristabilita che attraverso azioni
concrete. Ciò nondimeno la situazione sarebbe notevolmente migliorata se i
dirigenti nazionali di ogni paese esprimessero il loro disaccordo in termini degni del rispetto delle grandi nazioni. E quando i negoziati riprenderanno, dovranno essere condotti in buona fede e sulla base del reciproco interesse, tenendo conto del principio della parità e di una sicurezza internazionale uguale
per tutti. Non bisogna lasciar passare neppure una sola occasione per creare
questo clima e questo spirito.
Sulla base della nostra posizione medica, raccomandiamo le seguenti misure per arrestare e invertire la corsa agli armamenti nucieari:
— iniziative uniiaterali e altre miranti a invertire la corsa agli armamenti:
— congelamento, sufficientemente verificabile, della produzione, della sperimentazione e dello spiegénnento delle armi nucleari e dei loro sistemi di
iancio, tutto ciò seguito da una riduzione equiiibrata delle armi nucieari e dalia
loro definitiva eliminazione;
— una politica di difesa che escluda il ricorso aH'arma nucleare in caso
di conflitto.
Esortiamo gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica ad allargare considerevolmente il quadro dei loro contatti e scambi.
Per realizzare ciò, occorre un gesto di buona volontà cosi come una disponibilità a concludere accordi con altre potenze nucleari secondo criteri diplomatici suscettibili di aprire una via d'uscita daH'impasse nucleare.
Bisogna sottolineare infine che non esiste giustificazione né militare né
morale per l'esistenza delle armi nucleari. Occorre liberarne il nostro pianeta:
sulla terra, nelle acque, nell’atmosfera e nello spazio. La nostra civiltà deve
restare negli annali come una civiltà di pace e non come una civiltà che ha creato
i mezzi per la propria distruzione.
ciò più flessibile, più sobrio e
umano nei confronti dell’Unione
Sovietica: perché questo sia
possibile, occorre cancellarne la
immagine di 'nemico mortale’.
Dobbiamo anche contribuire
a cancellare l'idea perversa secondo cui Luna delle due parti
sarebbe pronta a sacrificarsi per
il solo piacere di distruggere l'al
tra. Noi medici lavoreremo per
rafforzare la nostra cooperazione perché si instauri un dialogo
fra popolo e popolo. Come cittadini del mondo, rinnoviamo
il nostro impegno per sforzarci
di sradicare la più grande minaccia di tutti i tempi che incombe sulla salute pubblica.
prof. Bernard Lown
(segue da pag. 7)
bri dell'Unione delle chiese riformate evangeliche e circa la metà
dei membri delle chiese evangeliche libere e delle chiese metodiste. I liberisti e i metodisti che
non si uniscono a questa nuova
chiesa costituiscono la loro propria organizzazione ecclesiastica.
Lo stesso vorr^be fare la mifibranza dell’Unione delle chiese riformate evangeliche conservando questo nome che invece la
maggioranza ritiene assorbito
dalla nuova chiesa unita ERE.
Ciò conduce ad un conflitto giuridico che il Consiglio di Stato
risolve nel 1943 a favore dell’ERF: per poter aderire alla Federazione le chiese riformate
evangeliche (circa 45 chiese per
la maggior parte nelle Cevenne)
diventano quindi le « Chiese riformate evangeliche indipendenti » (1948).
Notiamo infine che al momento del ritorno alla Francia (nel
1919) le chiese dei tre dinartimenti dell’Est hanno conservato il
regime « concordatario » precedente al 1906.
La Chiesa riformata d’Alsazia e
Lorena (ERAL) pur avendo numerosi legami con TERF, ha ouindi conservato la sua organizzazione particolare.
Rinnovamento
e problemi attuali
Quando arrivano la guerra e
l’occupazione la Chiesa Riformata
di Francia (che conta 513 chiese
locali, poiché l’unificazione ha
permesso delle unioni a livello
locale) rappresenta di gran lunga
la parte principale del protestantesimo francese, eccettuati tre dipartimenti deH’Est. L’invasione
Ottantanni di storia
■ L'Eco delle Valli Valdesi ■: Rea
''ribunale dì Pineroln N 17S.
Direttore responsabile
FRANCO GIAMPICCOLI
Stampa: Cooperativa Tipografica Subalpina - Torre Pellice (Torino).
di questi dipartimenti, la doppia
funzione — presidente della Federazione e presidente dell'ERF —
di Marc Boegner (che si stabilisce, a. Nîmes, mentre André Noma Bertrand, vicepresidente, sta
a Parigi) contribuisce a fare delTERF il simbolo unitario del protestantesimo francese.
Ciò si è reso senza dubbio necessario in quegli anni di tormenta, ma nello stesso tempo ha
contribuito forse a dare ai protestanti non membri dell’ERF l’impressione che questa chiesa è diventata troppo preminente in seno al protestantesimo francese.
Ma in quegli anni senza dubbio
l’importante consiste nel non restare muti e inattivi di fronte a
ciò che succede. Avendo ricevuto
incarico dal Consiglio dell’ERF,
Marc Boegner scrive due lettere
che hanno una grande risonanza.
Egli vi esprime infatti « il dolore » provato nel vedere « una legislazione razzista introdotta nel
nostro paese e nel constatare le
prove e le ingiustizie senza numero che essa infligge agli Israeliti francesi ». Le violenze del 'Velodromo d’inverno e la « consegna » alla Germania degli Ebrei
stranieri porta, nell’agosto del
1942, ad una nuova protesta. Il 4
ottobre 1942 una dichiàtùzione
del Consiglio nazionale dell'ERF
a favore degli Ebrei è letta dal
pulpito al culto domenicale. Solo
una piccola minoranza di pastori, rinfacciando al testo di essere
un « documento politico », rifiuta di leggerlo.
La guerra porta alla creazione
della CIMADE (o Comitato intermovimentale presso gli evacuati),
emanazione dei movimenti giovanili protestanti che prima si occupa dei protestanti d’Alsazia e
Lorena evacuati verso le regioni
del Limousin e del Périgord, noi
molto presto svolge un lavoro
presso i rifugiati, (?li stranieri e
le vittime delle misure antisémite. Delle « catene » di soccorso e
di accoglienza organizzano la fab
bricazione di carte false e il passaggio dei fuiTgiaschi verso la
Svizzera e la Spagna. Le Cevenne
(e soprattutto il. borgo di Chambon-sur-Lignon) 'diventano una
terra di rifugio per gli ebrei e
per i tedeschi anti-nazisti. I partigiani di questa regione, come
quelli della Drôme, hanno una
forte percentuale di orotestanti.
Ma ci sono stati anche dei protestanti « collaborazionisti » e un
pastore di questa tendenza sarà
giustiziato sommariamente nel
1945. Al contrario, molti dei suoi
colleghi faranno parte dei comitati locali e dipartimentali della
Liberazione.
A partire dal 1945 se il paese
deve ricostruirsi, la Chiesa Riformata di Francia, così come si
è ricostituita nel 1938, resta ancora largamente da costruire. Ma
in 7 anni il suo volto è trasformato. Le due tendenze principali
sono sempre più soppiantate dall’ondata barthiana. Il barthismo
emargina il liberalismo assumendo in proprio il dialogo con la
cultura moderna (cfr. ciò che si è
detto dell’aspetto dialettico della
teologia di Barth. E negli anni '50
si insiste sul « sì » di Dio al mondo valorizzando l’umanità di Gesù Cristo). Esso coinyol^ anche
una'parte degli evangelici'proponendo loro in modo dinamico di
mantenere una specificità cristiana teologicamente strutturata.
Ma nello stesso tempo esso a
volte risulta anche preoccupante poiché, ormai lontana dal
« patto » del '38, la nuova generazione barthiana ha una mentalità piuttosto pluralista e mostra
un certo ecclesio - centrismo che
appare come una novità in un
contesto protestante. Pur essendo il principale esponente del
movimento barthiano francese,
Pierre Maury (1890-1956) che
succede nel 1950 a Marc Boegner come presidente del Consiglio nazionale dell’ERF, auspica
che il « senso comunitario » che
ora vien messo in primo piano
non implichi la rinuncia « al coraggio di essere soli » che ha costituito la grandezza deH’individualismo protestante (Sinodo
EIRF del 1948).
In quindici anni viene costruita un’istituzione relativamente
solida e strutturata. Così dal
1947 al 1957 non meno di 22 testi
liturgici vengono adottati. L’ERF
esamina, sinodo dopo sinodo,
tanto problemi interni (o rapporti col cattolicesimo) quanto grandi problemi nazionali e internazionali, spesso in connessione con
le preoccupazioni del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (creato
nel 1948 e di cui Marc Boegner
è uno dei co-presidenti). Alcuni,
come lo storico Emile G. Léonard, stimano che Torganizzazione ohe si va creando è troppo
centralizzata cioè burocratica. Ma
in generale si pensa che questo è
il prezzo da pagare per poter far
fronte alle sfide del mondo moderno (la necessaria rapidità di
decisione obbliga, per esempio,
a dare importanza a consigli e
commissioni che si riuniscono
tra un sinodo e l’altro).
Dopo il declino del periodo tra
le due guerre, il protestantesimo
francese sembra dunque vivere
un rinnovamento. Di fronte a
certi riflessi della disputa sulla
scuola loda e cerca di favorire
una « laicità aperta », attenta
alle diverse famiglie spirituali.
Molti protestanti e alcuni non
protestanti partecipano attivamente alla lotta per la legislazione sul controllo delle nascite.
Lo sviluppo progressivo delrecumenismo porta dei cattolici
di classe media intellettuale a
scoprire certi aspetti del protestantesimo.
Nel 1962 la Federazione protestante di Francia adotta nuovi
statuti che la allargano alle opere
e movimenti e rafforza i vincoli
tra le varie componenti. Infine,
a due riprese (1949 per i «casi
eccezionali », 1965-66 senza restrizioni) il ministero pastorale si
apre alle donne.
Tuttavia questo irradiamento
non è senza ombre. Esistono
tensioni interne. L’egemonia barthiana accentua la distanza tra
gli intellettuali — in senso lato —
capaci di maneggiare la dialettica teologica e gli altri, colpiti
in pieno da una nuova ondata
dell’esodo rurale, che non trovano più nelle chiese di città la comunità parrocchiale alla quale
erano abituati. Per il resto, dal
1945, i sinodi hanno preso l’abitudine di prendere posizioni politico-religiose, Per un certo tempo
queste non suscitano problemi,
andando nel senso di una « sinistra ragionevole », maggioritaria
sul protestantesimo i cui membri
più a destra si sono trovati squalificati al momento della Liberazione. Ma le questioni coloniali —
e specialmente la guerra d’Algeria — portano profonde divisioni.
Si prendono posizioni (il Sinodo
del 1959 chiama per esempio il
governo a « iniziative » per una
« pace giusta e fraterna ») ché
sembrano ad alcuni andar troppo lontano mentre per molti altri sono del tutto insufficienti.
A metà degli anni '60 il barthismo si sfascia. I suoi adepti più
a sinistra rifiutano ormai la sua
dialettica e insistono molto fortemente sulla necessità di una
« presenza nel mondo » (teologia
del mondo, teologia della liberazione). Sono considerati dai loro avversari come dei « neo-liberali » mentre una tendenza calvinista, vicina al barthismo negli
anni '50, si avvicina — pur restando nelTERF — ai riformati evangelici indipendenti (rifondazione
comune dell’ex Facoltà delle chiese riformate evangeliche indipendenti che diventa, nel 1974, Facoltà di teologia riformata di Aix-enProvence, poco dopo la trasformazione, nel 1972, delle Facoltà
di Parigi e Montpellier in Istituto Protestante di teologia). Diventa molto difficile vivere il pluralismo del « patto del 1938 » negli anni che seguiranno il « maggio '68 ». Sembra tuttavia che a
partire dalla fine degli anni '70
gli scontri siano meno duri e che
la Chiesa Riformata di Francia
ritrovi, nel suo- compito difficile
ed essenziale, una certa serenità.
Jean Bauberot