1
DELLE miLI VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCIÍ - Num. 47
Una copia Lire 4C
ABBONAMENTI
{Eco: L. 1.500 per Tinterno
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TORRE PEUJCE, 30 Novembre 1962
Anunin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Non sono mancati, nel tempo preconciliare e nella prima sessione
concUiare, che si concluderà proprio
l’8 dicembre, festività deU’Immaeolala Concezione di Maria, elementi per
noi evangelicamente negativi di pietà mariana (e giuseppina!). Ancora
la scorsa settimana, mercoledì 21 novembre, papa Giovanni XXIII, visitando la nuova chiesa romana di S.
Maria di Guadalupa, ha rivolto un
discorso — di cui L’Osservatore Romane (22-ll-’62) riporta il contenuto
ma con il testo esatto — nel quale ha
ribadito « la sostanza della nostra
dottrina, che ci presenta Maria accanto a Gesù : Madre del Redentore
e Madre nostra ». Si ha il sospetto
che, non volendo proclamare nella situazione attuale un dogma grave come quello della corredenzione. non si
sia d’altra parte alieni dal sollecitare
la pietà mariana già fin troppo diffusa e « sentita » nel popolo cattolico ;
salvo poi, come avvenne per il dogma
dell’assunzione corporale di Maria
(1950), affermare che esso è-stato in
qualche modo imposto dalla coscienza della Chiesa. Quel che è più grave
è un’insinuazione nei confronti dei
«fratelli separati»: «Più di una volta il Papa ha udito l’accorato lamento (ti qualche anima — tra i fratelli
che, dall’inizio del secolo XVI, si trovano avulsi dall’unità della Chiesa —
esclamare con profonda mestizia: chi
non ama la propria mamma?... ».
E’ il Cattolicesimo corrente che non
rispetta Maria nella sua verità umana nella sua grandezza di fede, quale
ci è attestata dalla Scrittura. Chi legga lo stupendo commento di Lutero
sul Magnificat o quello di Giovanni
Miegge che qui sotto riportiamo, ve
drà che i protestanti, rifuggendo da
ogni morboso sentimentalismo e da
troppo diffusa confusione dogmatica,
riconoscono in Maria il « tipo » del
credente che ubbidisce e serve il Signore preso in parola: non la novella Uva (il «nuovo Adamo», Cristo, è
il solo e sufficiente « primogenito delle. nuova creazione »), ma la compagna di .Àbramo, forse più grande solo
perchè più umile (in senso materiale
e non morale) e ancor più totalmente
disponibile.
Al limitare dell’Awento, Maria non
è però anzitutto una figura polemica : è un invito alla fede, alla gioia
vira, indescrivibile delTAvvento. Ci
dà gioia sapere che non mancano i
taltolici i quali ascoltano in questo
senso il medesimo invito.
Valore di una presenza
Conferenza-stampa del Prof. Dr. Oscar Cullmann, osservatore al Concilio quale
ospite del Segretariato per l’Unione dei Cristiani, tenuta il 23 novembre 1962
1. Osservatori e pubblicità.
ReAe-nilemetnite i-1 Card. Bea lia dieliiarato dtimiiainizi a vei -cdie gtld oi^rvatori
daim^o 'l’inipreisioii'e « d’essere verameirle
soddisfa liti », Tengo a coiif-erim'are si.n dal1 inizio olKe questa dunpressione è del tulio
esatta, per quanto eoneerne i modi p-ieni
dii latito, di fiduiaa e dii disponibilità eon
i quali sdiamo atM'olli e trattati dal Segretariato per rUnioney dallo stesso Gaixl.
Bea, da Moms. Willebrands e da tutti i
suoi eokabomlori >ie siamo profon
damente riconoscentd a! Segretariato per
i Unione, la cui opera ci mostra ogni giorno fino a qual punto dia sua etsisienza serva la lausa del riavvioiinainenito.
Se i gioimali hanno parlato recentemente di awi eerto disagio fra gli osservatori,
non è alfaiUo — coinè lo si è inlerpiretato
erratanienle — percltè siamo siati sconlenld del Segretariato, ma IhmisI del nio-do
«euipiliciìslico col quale i giornali liaiino
riferito le nostre inipres.s.iuni ; e questo
tanto piu in quanto credianjo che, i-onie
o.sservatori, sia nostro dovere <Ii ¡imporci
un l’erif) riserbo.
TalfUini riescoiiio difficilnit'nle a i-apiro
(¡luesio riserbo e più d'una volta ho senitiito che ci si riimproverava il fatto di essere fin iroippo <liisereli, liiuto da taceri*
SII cose divuligale iper altre vie senza esitazioni. Tuttavia robbligo da parte nostra
di essere riservali è eirelliivainenlii maggiore di quanto non sìa quello degli altri
mcnihri del Coneiilio. In quanto osservatori siamo degli invitati. Sull piano ilella
vita privala cosa direni'mo se imi amico
da noi invitato aiulassc a raccontare i nostri segreti fainiiliari. di cui sarebbe stalo
test i mone?
Tutilavia la nostra isiiuazione non è del
ttiiU) identica a quella di nn seniplice iovitato, nté-ì ^eniso ohe siamo stali invitati
prci'isamenite come « osservatori ». Per
cui (“oloro che <ù offrono rospilalilà ci
incoraggiano per tosi ^lire ad osservare
litiche i segreti. Ciò mio! dire che non
dobbiamo rivelare questi segreti fìitchè ii
Coucillio li consiìdera eome tali, cioè fiiichè i suoi lavori non siano lerniinali. Ma
possiamo fin da ora dire le nostri' impressioniy e solilo questo aspetto voi, in quanto gìornalisili, avete non solo il diritto di
conoscerle, ma potete anei compiere un’oI>epa molto utile alla causa eoumenica.
Soltaiuto mi perdonerete ee, a questo pro|H)sito. formulo dei voti die certamente
sono condivisi anche dagli altri osservatori. Certo non lio istroziond da darvi. Ma
\i saremmo rlconosiienti se non ««npiificasie le nostre diiliiaraizioiid e teneste conto della loro conipleaeità. Le semiplificazionl sono disastrose in tutti i campi, ma
lo sono in modo particolare nelle cose
ilelja Cliiesa e delia teolo,gia. Quando
1 uno ’O l’aikro di noi fa delle riserve su
certe cose, vi saremmo grati di non dire
lite « una ilensiune » o- addìriUmr-a un confluito è iseoippiato ; qnamio diicianio che
siamo molto coiiten li, vi saremmo riconost-enti di ,noii dire che siamo « enliusia»li ». PoUiliè il fallo di essere contenti,
pm- coneervando la nostra capacità da giudizio, ba molto più vailore ai fini del
i-iawlcinameinto che non un atteggia mento etUnsiasla.. Vi sa remano grati -anche di
lai- valere la vosica influenza onde i vostri gionnaii noti .incitano dei .iloJi sensazionali quauido non vi è nulla di sensazionale. Sarebbe i.nollire Importante di
non spostare gli aei enti delie nostre dii-hianizioiiii, di non dare ad un’afferinazlone mangiiuiile nti’impoftenza che .per
noi noti ha, nè di metitere da parte rio
i-'he })er noi è l’essenziale, con il solo acoIH) di dire ai lettori soltanto quello che
vogliono seiitit-e. So Irene clic nelle questioni teologiche la i-apacità di comprensione nel lettore medio è limitala. Ma bisognerebbe eereare di sviltipparla, e d’ul1 ronde moliti fra voi oi sono felicememle
riusciti parlando di iiuesto Concilio.
Dopo queste osservazionii preliiniinai-i,
dirò mollo jrnncamcnle le niiie impresisioni generali. Poiché, j^ieme a iutli gli
osservatori ed anche ai coloro che ci hanno invitalii, sono d’aivviso idie la prima
coindizionc j>er il .suecesso dei nostri dialoghi è lina grande franchezza da entratiihe le parili. Dal pninto di vista ectimenieo
è iin tnetodo assai erralo quello di tacere
ciò clic ci separa ’reailnienle. Devo dire
i-hc in iiuilli i dialoghi die ho da molto
tempo con i nostri fratelli icattolici la
iranchezza leciproca ha sempre reso i ntiglior servizio alla causa deirunità, a con
La risposta tii Maria
La riS'posta di Maria è il Magnificat.
L’anima mia magnifica il Signere,
c lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore,
poich’egli ha riguardato alla bassezza della sna ancella.
l’erehè, ecco, d’ora innanzi
tulle le età mi chiameranno beata,
poicliè il Potente mi ha fatto grandi cose...
(Luca 1: 46-49)
Maria, rispondendo al saluto profondamente deferente della sua parente, tanto più avanti in età e
in dignità di lei, allontana da sè ogni motivo di elogio, per celebrare (magnificare, rendere grande) soltanto « il Signore », cioè Dio, che è l’unico operatore
della salvezza annunziata. La sua sola gloria è che
Dio « ha riguardato la bassezza della sua ancella »,
ha abbassato il suo sguardo sopra di lei. Maria. « Basta che Dio abbassi così il suo sguardo sopra di noi...
In esso è già contenuto il mistero della nascita verginale, in esso Dio è già presente... Quel breve istante
è pieno di eternità, di un’eternità sempre nuova. Non
vi è nulla di più grande nel cielo e sulla terra. Par
liamo di Maria, ma questo è vero anche della Chiesa» (K. BARTH: Avent, p. 71).
Il cantico di Maria è tutto materiato di sostanza
biblica: un mosaico di citazioni di Salmi, con reminiscenze particolari del cantico di Anna, madre di
Samuele (1 Sani. 2: 1-10) e dell’inno trionfale cantato alternativamente dal popolo e da Myriam (Maria) sorella di Aaronne, dopo il passaggio del Mar
Rosso (Esodo 15: 2 ss.). Maria evidentemente non si
esprime a. titolo personale: in lei è la tradizione più
pura d’Israele, in lei sono le aspirazioni più alte, le
speranze più invincibili, l’attesa sempre differita e
mai abbandonata, che si esaltano nel canto. La fanciulla di Israele personifica il suo popolo, il popolo
della promessa che vede venire l’ora delTadempimento :
Egli ha onerato potentemente i-ol suo braecio...
Ha soci-orso Israele, suo .servitore,
ricorilandosi della iniserirordia,
di mi aveva parlalo ai nostri padri,
verso .Àbramo e verso la .sua iirogenie in perpetuo,
(vv. 51, .54-551
La celebrazione dello sguardo dell’Onnipotente
che .si è abbassate sull’umanità della sua ancella
suggerisce la proclamazione del grande capovolgimento evangelico di cutti i valori:
Egli ha disperso quelli che erano superbi
nei pensieri ilei cuor loro;
ha trailo gin dai troni i potenti,
e ha innalzalo gli umili;
ha rirolinalo di beni i famelici,
e ha rimandalo a vuoto i ricchi!
(vv. .51-53)
Non par di .sentire l’eco delle Beatitudini, nella
versione che ne dà lo stesso Evangelo di Luca?
Beati vili che siete poveri,
perehc il regno di Dio è vosiro!
Beati voi che ora avete fame,
penile sarete saziali...
Ma guai a voi, ricchi!...
Guai a voi che ora siete satolli...
(Lni-a 6: 20 ss.)
Cosi il piassato si congiunge all’avvenire. La Chiesa della promessa, dell’attesa, cosciente di non avere nulla, di non essere nulla, di poter e dovere attendere tutto dalla grazia infinita ed imprevedibile
del suo Signore, non vuol conoscere altra ricchezza
che la sua indigenza, la sua fame e la sua sete, sulla
quale si posa oggi, al momento in cui gli evi si scambiano, lo sguardo creatore del suo Signore. Tale è
la Chiesa, la vera, in ogni tempo. Cosi Maria presenta sè stessa ai suoi eccessivi ammiratori dei secoli futuri.
L’annunzio evangelico della nascita verginale di
Clesù non ha dunque il fine di glorificare Maria, ma
di proclamare che Cristo è il Signore, che la sua nascita è l’opera dell’Altissimo, che la sua venuta rompe la concatenazione puramente razionale, storica,
dei fatti e delle generazioni, che in Lui sì manifesta l’assoluto Principio, come al giorno della creazio
ne. Nel quadro di questo solenne annuncio, il miracolo fisiologico della partenogenesi ha un posto molto modesto. Questo non significa che ne possiamo
fare a meno. L Idea della incarnazione dev’essere legata da radici molto profonde alla rappresentazione
della nascita verginale se ogni volta che nella Chiesa è stata messa in dubbio raffermazione del simbolo; «nato dalla 'Vergine Maria», l’idea stessa del1 incarnazione ha declinato verso gli estremi opposti delTebionismo o del docetismo; un Gesù puramente umano, Figlio di Dio in senso puramente messianico, o un Cristo mitico, privo di realtà storica.
Questa è certamente la ragione della presenza della
Vergine Maria nel Credo. Ella vi sta, come la fedele
testimone della reale storicità di Cristo e al tempo
stesse della sua reale divinità. E non soltanto testimone ma strumento eletto deirincamazione. In ciò
{' la vera, la grande gloria di Maria. Questo basta,
secondo le sue parole, a renderla «beata» per tutte
le età. E veramente, non ha bisogno d’altro.
Giovanni Miegge
Da La ì ergine Morivi. 2» ediz., Glaurliana, Torre Pellire
1959. pp. 29-31.
dizione tuiHa-via ehe non si iperd-a di -vista
questa niet-a deirunità.
2. Diversità e unità degli osservatori.
Desidero preeisare elle pur eereando di
riiprodiuirre in questa sede nella misiuira
del possiibile le iniipressioni di totiti g.li
osserva leni, io parlo in nome mio personale. D’altronde nessuno tra gli' O'Sservalori potrebbe parlare a nome di tmtiti,
poiebè siamo molto diversi (...). Vi sono
ovviamente fra noi delle grandi differenze. ineeO'Uie delle Chiese a^sai diverse
sono fra noi rappresenitate, è naturale che
le reazioni nei confronti di ciò che vediamo e<l ascoltiamo non siano le stesse
in tulli, nè dal punto di vista liturgico
uè dal punto di vista teologico. Anche
{coiuinua in 5'* pag.)
Il Pastore Marc Boegner
Accademico di Francia ■
Problemi missionari
Si è riunita ai Boulevard Arago TAssemblea generale
della Società delle Missioni Evangeliche di Parigi
Partecipare all’Assemblea generale
della Società delle Missioni è come
fare un bagno spirituale tonificante.
Prendere contatto con la Chiesa in
marcia, con le giovani Chiese Africane, ohe, nonostante il perturbamento
che agita tutto il continente, sembrano percorse da un fremito primaveri1-e di slancio e di. entusiasmo, jsentirsi
ripetere per cento esperienze attuali
che l’Evangelo non è soltanto un tema di crisi, di scrupoli teologici, di
revisioni ecclesiologiche, di interminabili discussioni di comitato e commissioni, ma è oggi, come aH’epoca
degli Atti degli Apostoli, la « potenza
di Dio » per la salvezza di molte anime, cher-i'opera conversioni a centinaia, anzi a migliaia... non è certo cosa che capiti tutti i giorni e in tutti
i sinodi delle Chiese della vecchia Europa.
Non accade spesso, notava il Presidente Marc Boegner, che. le nostre
assemblee ecclesiastiche si riuniscano
per ascoltare bollettini di vittoria! Eppure questo succede e abbiamo bisogno di sentircelo ricordare!
Ma procediamo con ordine e per forza di cose senza soffermarci come desidereremmo su ogni tema di una Assemblea che in due giornate di lavoro riassume con pochi discorsi, nessuna chiacchiera, e molti fatti, l’operato di un ente diecine di volte più grande della nostra Chiesa Valdese, alla
quale spesso non bastano cinque giorni di sinodo... per concludere molto
meno !
(Mi scusi il lettore questo paragone
che non intende punto svalutare le
istituzioni nostre, ma che certo interpreta il desiderio di non pochi, di vedere migliorate le cose nostre quanto
più possibile. Nella vita, anche dello
Chiese, c’è sempre qualcosa da imparare).
Il Presidente
Nonostante i suoi ottant’anui passati il Pastore Marc Boegner, presidente del Comitato della Missione, ha
diretto personalmente buona parte
deile sedute con il solito vigore (anche se leggermente attenuato) con la
sua acutezza e prontezza di giudizio
e di parola ed il suo inesauribile « humour» francese.
Marc Boegner che per decenni è
stato la figura preminente del protestantesimo francese, il suo presidente
e rappresentante (oltre ad essere uno
dei grandi capi del movimento ecumenico) sembra essere nato apposta per
sedere al tavolo della presidenza. E’
autorevole, cordiale, paziente ma intransigente, disinvolto e affettuosam.ente sbrigativo sia nel dare che nel
togliere la parola, nell’incoraggiare un
dibattito che ritiene utile e nel troncare una discussione che diventa verbosa o rischia di trascendere. Gli basta una battuta per incoraggiare un
oratore che ha qualcosa da dire e per
far sedere subito, senza replica, qualsiasi chiacchierone.
Apro qui una parentesi per comuni
care che pochi giorni fa la Francia
ha conferito al Pastore Marc Boegner
il più alto onore che possa dare ad un
Ernesto Ayassol
[continua in 4* ¡mg.)
COMUNICA TP STAMPA
La collaborazione
valdese - metodista
Il I" novembre 1962, nel quadro della integrazione in atto fra la Chiesa
Evangelica Valdese e la Chiesa Evangelica Metodista d’Italia, ha avuto
luogo, in Roma, una riunione congiunta della Tavola Valdese e del Comitato Permanente Metodista.
Sono stati esaminati, innanzitutto,
i campi di lavoro comune già esistenti e nei quali si è attuata la integrazione della cura pastorale di comunità valdesi e metodiste e, esprimerdo
al riguardo un giudizio positivo, si è
auspicata la possibilità di estendere
questa integrazione ad altre località.
Dopo accurato esame dello sviluppo e della funzione del periodico
« Presenza Evangelica », la Tavola ed
il Comitato Permanente sono stati
concordi nel riconoscere a tale periodico la funzione particolare di « commento evangelico » dei fatti più salienti del nostro tempo e di testimonianza del pensiero evangelico nei
confronti dei problemi del mondo di
oggi. E’ stato perciò auspicato che il
sfondo anno di vita di questo periodico sia caratterizzato da un vasto
impegno per la sua diffusione ed è
stato deciso di rivolgere un caldo appello a tutte le comunità valdesi e
metodiste in tal senso.
Riaffermando l’esigenza che la stampa periodica divenga sempre più uno
strumento di integrazione fra la Chiesa Valdese e la Chiesa Metodista, anche in relazione all’o. d. g. votato dal
Sinodo Valdese di quest’anno, la Tavolaf ed il Comitato Permanente hanno deciso di riprendere in esame il
progetta di unificazione dei periodici
« Luce » e « Voce Metodista » nominando a questo scopo una commissione paritetica che dovrà riferire alla prossima riunione congiunta. E'
stato deciso, nel frattempo, che dal
prossimo gennaio compaia su « La
Luce » e su « Voce Metodista » una
rubrica intitolata rispettivamente
« notiziario metodista » e « notiziario
valdese » con apposito redattore, al fine di realizzare una maggiore reciproca conoscenza della vita delle due
Chiese.
La prossima riunione congiunta fra
Tavola Valdese e Comitato Permanente Metodista è stata fissata per la
prima decade di gennaio 1963.
2
!»<■ 2
N. 47 — 30 novembre 19gj
ATTUALITÀ' DI JEAN-JACQUES ROUSSEAU
Rousseau,
un protestante?
Jean-Jacques Rousseau, un protestante? Inutile apologetica sono gli
sforzi di «ricupero confessionale» di
tanti grandi uomini, e Rousseau fra
questi.
Se è indubbio che la formazione religiosa ginevrina perdurò in lui assai
più durevole e profonda che non la
passeggera inclinazione verso la Chiesa romana, a cui si converti nella giovinezza ma che presto abbandonò; se
egli affermerà che la religione avita è
«assai semplice e santa; di tutte le
religioni delia terra la credo quella la
cui morale è più pura e di cui la ragione è più soddisfatta»; ciò non vuol
dire ohe sia cristiano; comunque, egli
resta indubbiamente al di fuori di o
gnl « ortodossia » confessionale cristiana. Il Dio — o il Divino — in cui afferma di credere e certo credeva, non
è il Dio rivelato delle Scritture (R.
protesterà sempre contro la pretesa necessità di tante «testimonianze umane», cosi discutibili, contro tanti intermediari tra lui e Dio, e affermerà
da buon illuminato l’assoluta preminenza del diretto rapporto dell’anima
con Dio), ma piuttosto il Dio evocato
dalla sua ragione e dal suo cuore : egli
è in pieno sui piano della religione naturale, anche se dà indubbiamente un
senso tutto nuovo e vibrante alla « natura». Rousseau legge anche la Bibbia, ma alla ricerca e selezionando
(in base a quale criterio?) ciò ohe è
realmente, intimamente umano, e
quindi eternamente valido; alle Scrit
ture applica un libero esame che fa
risalire ai Riformatori ma in termini
che questi avrebbero certamente respinto. Ambiguo è pure il suo giudizio
su Gesù Cristo: da una parte egli afferma : « Se la vita e la morte di Socrate sono di un savio, la vita e la
morte di Gesù sono di un Dio», ma
d’altra parte non soltanto nega la Trinità, ma ignora la redenzione e, convinto dell'immortalità dell’anima, ri
fluta la risurrezione; di Gesù considera l’insegnamento e la morte esemplare. P. Burgelin scrive in proposito;
« Che Gesù sia Dio non vuol dire molte più di questo : eccezionalmente, vis
se un tempe il migliore degli uomini» (1).
Razionalismo teologico, dunque (la
ragione misura di tutte le cose, anche
di ogni pretesa «rivelazione»), che si
accompagna ad un umanesimo pelagiano e ad un ottimismo antropologico e pedagogico. L’uomo cioè, è fondamentalmente buono; fa spesso il male, ma non è malvagio; c’è quindi continuità fra natura e grafia; e poiché
è la società che corrompe la bontà originaria dell’uomo, è possibile educarlo tenendolo lontano da questa società, almeno finché non abbia preso
coscienza deU’état de nature, realizza- •
to la sua piena e più vera umanità
(strano è on’egli non consideri la danna bisognosa o degna di quest’educazione ! ) ; non c’è problema di salvezza,
se non quello, a^imto, di realizzare
la propria umanità, e a questo bastano le forze spirituali suscitate nell’uomo dall’educazione, dalla natura, soprattutto dalla coscienza, « divino istinto, voce immortale e celeste».
Ciò che stupisce è che Rousseau sia
stato condannato dai teologi del suo
temjx), non certo i più adatti a condannare queste «eresìe». Rousseau
non è stato giudicato perchè sosteneva idee e dottrine contrarie a quelle
correnti nelle chiese, ma piuttosto perchè conduceva quelle idee e dottrine
alle ultime conseguenze, con un radicalismo estremo, anche in campo teologico (ma anche in campo filosofico
e sociale, ü che lo fece apparire come
un pericoloso rivoluzionario o un utopista visionario agli enciclopedisti o
a un Voltaire).. Questa, almeno, è la
tesi sostenuta da K. Barth (2), e mi
pare tocchi il cuore del problema. Se
il cattolicesimo attuale conosce il rinnovamento biblico-, quello semipelagiano posttridentino incarnato dall’arcivescovo di Parigi. Ch. de Beaumont,
non era certo il più atto a giudicare
il pelagianesimo ottimista di Rousseau; nè molto meglio piazzati erano
i teologi di ima Ginevra che conosce
va la sclerosi di una «ortodossia»
morta o quasi, e mostrava le prime
falle dell’ondata razionalista che dilagherà nel protestantesimo fino al
più recente liberalismo teologico. Rousseau ebbe la spregiudicatezza o il coraggio — chè la cosa incise duramente nella sua vita — di percorrere lucidamente fino in fondo la strada su
cui tutti, più o meno, erano allora incamminati, in quell’epoca in cui anche le chiese sacrificavano ai « lumi »
della Ragione, alle soglie del tempo
•n cui avrebbero sacrificato sull’altare della Coscienza e del Sentimento;
persino i movimenti di risveglio, il filone del pietismo non sfuggivano all’imperante antropocentrismo, tutti
assorti nell’« esperienza » deH’uonio,
sia pure dell’uomo credente.
Così Rousseau, voce viva del suo
tempo, profondamente radicato in esso e nella sua visione del mondo e
nella sua « fede », fu solo. Ma larga
sarà l'eco successiva : « al tempo della Rivoluzione francese il Contrat
social proporrà l’idea di un rinnovamento deH’umanità e la religione civile non sarà assente dai tentativi di
ricostruzione. L’idealismo tedesco non
cesserà di riflettere sulla Professione
dì fede del vicario savoiardo e sui
rapporti fra religione e coscienza morale. Il romanticismo mediterà sulla
legge del cuore (La Nouvelle Eloïse)
(...). L’Evangelo di Michelet, la religione dell’umanità di Auguste Comte rumanitarlsmo anarchico tolstoiano sono nutriti di Rousseau. E nelle
crisi attuali della nostra civiltà non
è diffìcile scorgere, in direzioni diversissime, che Rousseau non ha cessato
di esser letto» (P. Burgelin). Cosi pure sul piano teologico, come K. Barth
mostra in tutto il suo studio su Rousseau e in particolare nella pagina riportata qui sotto: il liberalismo teologico affonda le sue radici nel razionalismo settecentesco di cui JeanJacques Rousseau è uno degli esponenti maggiori e più toccanti.
Vorrei ancora citare questa pagina
teologicamente lucida eppur calda di
umanità, sugli ultimi anni di Rousseau, quelli delle Rêveries d’un promeneur solitaire, quando, dopo anni di
inquietudine, sembra conoscere un
po’ di pace, a Ermenonville;
MiiiiimimmiiniiiiiiiimiitMniiitiiMiiiiiiiiMiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiMniiiiimiiiiitmmiimiriiii
« La realtà è la pece. La pace dopo
la disfatta, ma la pace. Ed egli lascia
che tutto gli ripassi una volta ancora davanti, soffermandosi però soltanto su quanto fu inesprimibilmente
bello : Chambéry, l’Ilo St. Pierre... Non
c’è da stupirsi se ritroviamo anche in
questo scritto tutto ciò che ci sconcerta in Rousseau. La sua vanità infantile, il suo ingenuo egocentrismo,
il suo ottimismo morale, la sua sicurezza, il suo razionalismo e il suo pelagianesimo, c’è ancora tutto questo
e sembra rifiorire ad ogni pagina di
questa sua ultima opera. Nessuna traccia di un approfondimento religioso.
Rousseau non si è convertito nè migliorato. Anche in questo che è il più
^llo dei suoi scritti, è indubbiamente
il vecchio peccatore Jean-Jacques, e
si potrebbe trovare questa quiete do
po la tempesta, questa pacifica solitudine con sè stesso e con la natura,
a conclusione della sua vita, più sospetta di tutto il resto. Ma è meglio
non brandire, qui, alcmia arma teologica. L’uomo — proprio nell’evidente vulnerabilità del suo atteggiamento e della sua dottrina — è lì davanti
a noi con troppa sincerità e pienezza perchè non si desideri tacere. Se
comprendiamo ciò che Rousseau non
sembra aver mai compreso, che, cioè,
nessuno può vivere di altro che del
perdono, non ci interessa affatto di
constatare ciò ohe in questo caso è fin
troppo facile constatare: che questo
uomo è stato certamente un peccatore. tutto particolare. Nessuno ci comanda di seguirlo. In realtà, è meglio
non farlo. Tanto meno ci può essere
comandato di gettargli la pietra. Ci
si può chiedere piuttosto se è giusto
con lui e se lo ha compreso, chi non
si sente costretto, commosso in qual®he modo da ciò ohe cosi fortemente
l’agitava, a salutarlo come una figura degna d’amore, in tutta la sua tragicomica discutibilità» (p. 188).
Il no teologico a tutta la teologia di
Rou.s.seau è quindi netto e totale. Ma
non ci si può nascondere ohe in pie
no XVIII sec., nella sua « protesta »
(bt^ta su un fondamento errato e
quindi destinata aH’insuocesso) contro una chiesa e una fede che erano
diventa.te davvero un « cristianesimo
di preti» e una religione di formule,
risuona, certo al di là delle sue intenzioni e delle sue confusioni teològiche,
un appello paradossale ad una riforrna, ad una fede in Cristo pienamente
vissuta, che egli stesso non conobbe.
Gino Conte
Jean-Jneques Rousseau
e- tu religión de Genève, Genève 1062, p. 40.
12} K. Barili: Die protestantische Theologie ini 19. Jahrhundert, ZolHkcm - Zìi
■ ■ 1952, p. 153-207.
ridi
Pioniere
dei razienaiisme teoiogico
Ecco infine, assai brevemente, che cosa
tutto questo (il pensiero di Rousseau) significò per il ¡M-oblema teologico di quel
tempo. La levata di scudi di Rousseau
contro Vassolutismo del suo secolo avrebbe
anche potuto essere una protesta contro
il modo proprio di questo secolo ■—- ¡assolutistico cioè individualistico, moralistico, intellettualistico — di affrontare il
problema cristiano, e quindi contro lo
sviluppo teologico contemporaneo. Il dischiudersi di una nuova dimensione, così
caratteristico del suo pensiero, ¡avrebbe
potuto portare al dischiudersi di una nuova comprensione del peccato, della grazia, della rivelazione, della riconciliazione. Rousseau si è opposto al corso del suo
tempo in modo abbastanza rivoluzionario
perchè sia lecito chiedersi: .-questo solitOirio, questo lottatore, questo sofferente
non potrebbe in fondo essere stato un uomo per il quale la jxtrola ^*Dio” risuonava alV orecchio in modo assolutamente
nuovo? al suo apparire sulla pubblica scena parigina, nel 1749-50, non sarebbe stato toccalo da un lembo del mantello del
profeta Amos? Non è mancata la visione.
La tomba di Rousseau, neH’isola dei pioppi a Ermenonville.
(Da una stampa del XVIII sec.)
la vocazione, nè hi persecuzione nè la sofferenza vicaria del profeta. Anche al tempo della sua follia tutto sa un poco di
vocazione, di rivelazione, di ispirazione,
riflotte la gravità inevitabile del divino.
Già il .Ilio tempo l’ha ben notato, e non
è mancato il riconoscimento, pieno di rispettoso entusiasmo, che egli avesse riscoperto e annunziato il vero cristianesimo,
convinzione, che del resto egli condivideva.
Non ¡abbiamo da riconoscergli o da rifiutargli questo ’’vero cristianesimo”.
Dobbiamo però constatare che, proprio
nella .stwr comprensione del cristianesimo,
egli non si è allontanalo dalla lirica tipica del suo tempo: anche qui, egli è .nato
l uomo che, mettendo in ombra i famosi
neologi contemporanei, ha seguito questa
linea fino in fondo, con radicalismo estremo. Ecco la novità di Rousseau: egli ha
rotto con la dottrina del ¡leccato originale, da tempo contestata da ogni parte, e
con la concezione, minacciata in modo
altrettanto generale, della rivelazione come di un fatto distinto dall’immanente
sviluppo dell’umanità; e ha compreso sia
il peccato sia la grazia come due movimenti relativi alVinterno della realtà umana. movimenti nei quali l’uomo, buono
per natura, e che in questa bontà naturale rimanga, resta sicuro della propria
libertà.
I.a novità teologica di Rousseau consiste, in concluiione, proprio nelTestensione del concetto di ragione attraverso la
scoiierta della natura spirituale dell’uomo,
per la quale oggettività e non-oggettiviià,
non-idenlità e identità .sono concetti reciproci, intercambiabili. Questa scoperta,
dai punto di vista teologico sigiiificava
nulla di meno che la soluzione del conflitto fra ragione c rivelazione, nel senso
che l’uomo era condotto a considerarsi
ora come ragione, ora come rivelazione.
Non era necessario, per questo, che la
¡mrola ’’Dio” acquistasse un suono nuono; bastava che la parola ’’uomo” desse
ora il suo suono pieno. Lungi dal contraddire Tassolutismo teologico del suo
tempo, la dottrina di Rousseau gli rivolgeva l’invito a comprendere finalmente
,«è stesso a fondo, a comprendere cioè veramente l’uomo che nella sua vera umanità è padrone pure del vero Dio.
K. BARTH
(coatinua a pag. 3)
250 anni fa nasceva Rousseau
200 anni fa si pubblicavano
il Contrat social e VEmile
Cade quest'anno il 250° anniversario della nascita di Jean-Jacques
Rousseau. Il « promeneur solitaire » di Ginevra, benché appartenga
ormai, per l'universalità della sua fama, al mondo, e non possa essere
rivendicato da nessuna conventicola, resta legato per la sua origine e
la sua formazione al mondo protestante. Ed ancora al protestantesimo
riconducono le principali idee-forza espresse dalla sua opera, cosi come protestante ha potuto essere definita la rivoluzione da lui operata
nel mondo dei sentimenti, e della spiritualità europea.
Un teologo, un filosofo, uno storico della letteratura si sforzano
di mettere a fuoco l'incidenza del fenomeno Rousseau, a duecento
cinquant'anni dalla nascita, sulla nostra sensibilità.
I giorni
28 giugno 1712 — Jean-Jacques Koiisseaii nasce a Ginevra, da una famiglia modosla (il -padre è orologiaio), ma di antiche ascendenze ugonotte, rifugiatasi in
Isvizzera ai tempi delle gnandi persecuzioni. Orfano di madre in tenerissima
età, il fanciullo cresce abbandonato a se stesso, appagando le sue prime c iirio-sità con disordinate letture. Una felice parentesi è rappresentata dal .soggiorno di due anni a Bossey (1722-21), ove è accolto dal pastore locale.
1727 — Rousseau entra come apprendista nella bottega dell’incisore Diicommiin.
a Ginevra: un banale incidente (è sorpreso dal coprifuoco fuori dalle mura
di Ginevra) lo indurrà alla fuga, verso la grande avventura (1728l. Senza
risorse, è accolto ad Annecy da M.me de Warens, che lo induce a convertirsi al cattolicesimo, t- lo manda, a tale fine, a Torino. Ma rinquieto sedicenne, ben presto di ritorno ad Annecy, cerca sempre la sua strada: diqn)
alcuni mesi di seminario, scepre con entusiasmo la musica, pretesto, tuttavia, a solo nuove avventure, e a interminabili viaggi a piedi, tra \niiciy.
Lione, NeucbStel. Parigi (!) e, finalmente, Chambéry (1732).
1732-1742 — Tornato- presso M.me de Warens, cui il re di Sardegna passava un i
piccola pensione per aiutare i neo-convertiti, Rousseau trascorre quattro anni sereni (1732-36) a Chambéry, e alle Charmettes, la casa di campagna della sua benefattrice. Qui completa finalmente la sua educazione, con sistematiche letture. Si interessa sempre di musica: e quando l’idillio con M.me
de Warens prende fine, decide di tentare ancora una volta, a trenl’anni. la
fortuna a Parigi (1742).
1742-1754 — 11 successo parigino è lento a venire: dopo un nuovo iutermezzo iialiano (segretario di ambasciata a Venezia, 1743), spera di farsi un nome nel
campo musicale (ha inventato un nuovo sistema di notazione), mentre, per
vivere, deve farsi precettore, hi amicizie influenti (M.me Dupin, la nonna
della futura George Sand!, il contatto con il gran mondo e con l’élite intellettuale del suo tempo (Diderot, Grimm, gli Enciclopedisti) non cancellali.i
tuttavia, l’originale impronta popolana e frugale deU’nomo: il Discours sur
les Sciences et les arts (1752), ohe condanna la civiltà e la cultura come <-i rruttrici della bcnià originale della natura umana, è la vera risposta di Rousseau agli allettamenti di una gloria, che pure aveva appassionatamente cercata. La raippresentazione a corte di una sua operetta. Le Devin du village.
che consacra la sua celebrità, le amicizie letterarie, il successo mondano,
non valgono a strapparlo da un isolamento progressivo: come aveva rifiutato di essere presentato al re, volgerà ad un certo punto le spalle a Parigi,
per tornare a Ginevra e riabbracciare la religione dei suoi antenati (1754).
1755-1765 — Ma rillusione di ritrovarsi «citoyen d’une cité libre» dura poco:
Ginevra non lo u accoglie », e già l’anno seguente Rousseau è di nuovo in
Francia. E’ il periodo del maggior fervore creativo, o dell’incontro con
M.me d’Houdetot, nel buon ritiro dell’Ermilage (nei pressi di Montmorcncy), ove è stato accolto da M.me d’Epinay: se la passione per M.me d’Hoiidetot gli ispirerà la Nouvelle Héloìse (1761), contemporaneamente lavora al
Gontract Social e aU’Emife, apparsi entrambi nel 1762. -La Lettre à d’Alembert
segna inoltre la rottura definitiva ron gli Enciclopedisti, che d’ora in poi
gli -saranno nemici. Ma anche il Parlamento- di Parigi è in allarme per alcune -pagine dell’Emife {La Profession de foi du vicaire savoyard): e siRousseau deve fuggire dalla Francia, non troverà pace neppure in Isvizzera.
ove peregrinerà da Ginevra a Yverdon, a Motiers. Il suo pensiero rono-st-e
un’ulteriore accentuazione in senso protestante (Lettre à Christophe de Remimoni), ma il popolino aizzato da una propaganda irresponsabile, il cui massimo corifeo è Voltaire, lapida la sua casa di Motiers. ¡Nel 1765 Roiisscan
abbandona la Svizzera.
1766-1778 — Cinquantenne, Rousseau riprende l’esistenza errabonda della .sua giovinezza. Questa volta, il vagabondaggio lo poeterà fino in Inghilterra (ospite
di Hume), attendendo di ripercorrere il Delfinato, il Lionese e gli altri Ino
ghi della sua infanzia. Solo nel 1770 ritorna a Parigi, ma vive ormai interamente ripiegato .su se stesso, sfuggendo il commercio dei suoi simili, occupate alla stesura degli ultimi libri delle sue Confessioni e, in seguito, delle
Rêveries du promeneur solitaire, il smj testamento spirituale. Negli ultimi
mesi, il Marchese de Girardip lo accoglie a Ermenonville; e quivi egli muore, il 2 luglio 1778. Seppellito in -an primo tempo nell’isola dei pioppi, nel
parco stesso di Ermenonville, sarà tumulato in gran pompa, nel 1794, nel
Panthéon, dai rivoluzion.nri trionfanti. e. b.
3
I«
pag
.N. 47 — 30 novembre 1962
Cronaca del Concilio
U “Kirchliche Bruderschaften,,
eredi deiia Chiesa confessante
Il Concilio,
il Papa, la curia
E’ stata, questa, senza dubbio, la
settimana più emozionante che abbiamo vissuto dall’inizio del Ctmcilio.
Si pensava, dopo il primo giorno di
discussione sullo schema ”De Fontibus Revelationis” (SiUle Fonti della
Rivelazione), che esso sarebbe stato
respinto in blocco e sostituito da un
altro, era già pronto (anzi, ne eran
pronti due: uno dell’episcopato tedesco, uno di quello francese). Ma
nelle due congregazioni successive si
udirono molti interventi favorevoli
al progetto presentato dal card. Ottaùiani, o comunque favorevoli all’essenziale di esso, cioè al suo contenuto. Si ammetteva generalmente che
il tono dello schema poteva dispiacere, ma si osservava che era pur
necessario affermare con chiarezza
”la verità cattolica” : anche il dialo'
go con i ’’fratelli separati” ne avreb
bi: guadagnato, precludendo la via a
un ecumenismo fondato su equivoci
dottrinali che prima o poi sarebbe
ro venuti fuori. Poi, di nuovo, si eb
he una serie di interventi contrari
allo schema: uno di questi, che, sC'
rondo indiscrezioni, avrebbe' strap
palo l’applauso più lungo finora udì
ti> in Concilio (malgrado i ripetuti
inviti a non applaudire nessuno) e
tirrehbe profondamente commosso
un ’’padre” molto noto negli amhienti ecumenici, venitm così commentato fuori dall’aula conciliare:
' ' Si sarebbe detto un sermone protealante”. Infine il 21 novembre, si è
rotato, come è noto, se sospendere
o meno la discussione dello schema:
Sì/ 2211, 1368 ’’padri” si sono dichiarati favorevoli alla sospensione e 822
ì oiìtrari (questi dati non sono stati
lesi noti ufficialmente). Non essen(/<■ però stata raggiunta la maggiolanza dei due terzi richiesta dal regolamento, la discussione doveva continuare e si passò all’esame del primo capitolo del progetto. Ma il giorno dopo, il papa, facendosi interprete della maggioranza conciliare, ordinava ugualmente la sospensione
della discussione e il riesame dello
s( hema (il comunicato-stampa uffici ale parla di ’’ritoccare lo schema” ) da parte di una commissione
speciale, formata in parte da membri della Commissione Teologica e
in parte da membri del Segretariato
per l’Unione dei .cristiani. Questo
riesame dello schema dovrà consistere, secomlo le parole stesse del
papa, nel ’’reiuJerlo più breve e mettere in maggior rilievo i principi generali della dottrina cattolica già
trattata dal Concilio di Trento e dal
Vaticano Primo”. Tali sono i fatti;
la loro interpretazione non è facile
come si potrebbe supporre.
Ci si deve intanto rallegrare del
fatto che lo schema abbia incontrato
in Concilio una notevole opposizione. Questo è in sè un fatto positivo.
Resta però ancora aperta la qiiestiolui se son proprio le tesi di fondo
dello schema che son state contestate o se invece si criticava soprattutto il modo con cui erano presentate;
se ci si opponeva a determinate verità cattoliche oppure al modo di
porgerle, modo che evidentemente
era poco conforme alla mutata atmosfera nei rapporti interconfessionali
e avrebbe avuto un effetto scostante
nei confronti dei ’’fratelli .separati”.
E' legittimo chiedersi .se erano in discussioiui le enunciazioni dogmatiche dello .schema o la rigidità con
cui venivano affermate; se, insomma, si obbiettava a delle dottrine o
solo a degli stili. Sembra comunque
che nell’insieme le critiche siamo
state mosse più alla unilaterità dello .schema che allo schema stesso.
Quest’ultimo non avrebbe espresso
tutta la verità cattolica, ma solo una
parte di essa: andava perciò rivisto
ed integrato. Per questo lo schema
non è stato nè respinto (come alcuni chiedevano), nè [ritirato (come
molti speravano) nè sostituito (come
sarebbe stato logico, se Vopposizione fattagli avesse avuto di mira il
contenuto dottrinale dello schema).
Due cose vanno comunque sottolineate: a più riprese si è chiesto in
Concilio che non venga intralciata
(a libertà dell’indagine biblica: que
sto è importante e promettaUe; e si
è chiesto in secondo luogo che non
SI chiuda la via ai contatti, ormai
avviati, fra le varie chiese cristiane
sia sul piano del confronto teologico
sta sul piano dell’incontro fraterno
L’intervento del papa va giudica
to positivamente per due motivi: 1
il papa ha in questa occasione ascoi
lato la voce della maggioranza con
ciliare, corroborandola con l’appog
gio della sua autorità assoluta; 2
ha chiesto a membri del Segretaria
to per l’Unione di collaborare al rie
same dello schema, così importante
sulle fonti della rivelazione. Tale
collaborazione, secondo voci che cor
rono, sarebbe stata rifiutata dal card
Ottaviani tempo addietro, al momen
to della redazione dello schema at
tuale. Ma non è forse il caso di at
tribuiré all’intervento del papa in
significato troppo grande, quasi si
trattasse di uno svolta decisiva nello
svolgimento del Concilio: quella del
papa è stata, secondo noi, soprattutto una iniziativa moderatrice, tendente in primo luogo ad evitare l’acuirsi dei dissensi fra le opposte ten
denze e a .scongiurare (come giustamente osserva II Messaggero, d» Roma, del 22-XI^ il pericolo di una paralisi dei lavori conciliari. Nè Runa
nè l’altra delle tendenze ha avuto
partita vinta: si cercherà fra le due
un equilibrio che-lo schema attuale
non permetteva (U raggiungere.
Il voto
di Tisserant
In margine al Concilio. Il giorno
in cui il pastore Boegner fu nominato fra gli ”Immort(di” delTAccademia di Francia, il card. Tisserant
non era a Roma. Aveva chiesto al
papa il permesso dì recarsi a Parigi
per dare il suo voto, precisando che
avrebbe votato per il pastore protestante. Marc Boegner. ”Allez-y” avrebbe risposto il papa. Tornato a
Roma il cardinale non celava la sua
soddisfazione. Setiza il mio voto il
¡.astore Boegner non sarebbe stato
eletto al primo turno, ma solo al secondo” avrebbe confidato, sorriden
</(), 07 suo
immMUIItIHUItUHMHIIIIMl
illItlHilllMimmilKMIIKI
L’Assemblea Generale
delle Società delle Missioni
Evangeliche di Parigi
(.teglie tlalUi l* /«ig.)
SUO Aglio nominandolo membro della
Accademia di Francia. Al neo-accademico ed a tutto il Protestantesimo
francese che in lui e con lui è uAìcialmente onorato dalla nazione esprimiamo le nostre più sentite congratula
zioni e facciamo i migliori auguri!
Marc Boegner ha pronunciato i due
brevi discorsi di apertura e di chiusura deirAssemblea. Non più di dieci
minuti l’uno, ma in quei dieci minuti, di un parlare che aveva tutto l’aspetto di una improvvisazione bonaria e familiare, una capacità di sintesi, una precisione nella puntualizzazione dei problemi, una profondità di
pensiero, da lasciare sbalorditi.
Le missioni, dice tra l’altro il discorso di apertura, sono costrette dalle
necessità dell’ambiente in cui lavorano ad accentuare il lavoro « sociale »
della chiesa. D’altronde anche sul nostro vecchio continente molte chiese
ritengono che l’unica via per ringiovanire la loro opera e far presa sull’ambiente sia quella di dare la priorità agli aspetti sociali.
Ma Ano a che punto questa accentuazione non è essa dovuta ad una
sopravalutazione delle necessità Asiche dell’uomo? a una mentalità ma
aniici in Vaticano.
, -, Paolo Ricca
A Bad Krei»na«li, ridente cittadina
deUa Germania meridionale, si rinniva,
dal 15 al 17 X, la Karohlidie Bruderachaft
in RbeimlaDd. Numerosi i pastori ed i
laici che vi hanno preso parte. Al Cand.
Theol. Silvio Ceteroni ed a Cafinien IVobia, ospiti del Convegno dietro karito
del Dr. Scherffig, presidente del Comitato degli Aimici della Chiesa Valdese in
Cermania, è stato dato un eaildo beovenuto. Q Convegno aveva un tema moho
impegnativo: *11 Gesù storico ed il Cristo predicalo ». Il Prof. Lot-liar di Tubioga ha parlato su: « La posizione teologica dei seguaci di Bultmann: Ebeling,
Focile, Kasemann ». Il Prof. Honecker,
amile egli di Tubinga, ha esposto invece: « L'opposta posizione teolo-giea di
Karl Barth ». Al Prof. Wodff di Mainz è
stato affidato l’inicarico dello studio bibli<-o .sul terzo capitolo di Gioele come testo di predicazione per la Domenica della Riforma e deUa Conferenza su : « La
Bibbia, parola di Dio o parola di uomini? ». Lno sguardo al programma dice
subito elle l’attenzione della Bruderschaft
era attratta dai problemi scottanti che
agitano i teologi di oggi. La d-iscnssione
che Ila seguito le diverse conferenize è
stala mollo accesa e ricca anclie se n-on
esauriente data la profondità dei problemi coinvolti nel tenia trattato.
Ancora mollo interessainli gli argomeuti vari posti in discussione in una
seduita ad essi dedicata. L’aria respirata
in quei giorni era aria di impegno e di
desiderio di eiiiarezza in ogni settore della vita: da quella eodeeiaelica a quella
poBuca, dall’indagine teologica alla preoccupazione di rendersi utili mandando libri teologici ai pastori di oltre cortina o
inviando aiuti alle chiese minorUanc. (Il
Convegno si è chiuso con una colletta per
la Oiiesa Valdesej. Nella Bruderschaft è
vivo ancora lo spirito che animò il suo
sorgere nel 1933 e clic la fece aderire ben
presto aiUa CUesa Confessante. 1 motivi
dominaniti di allora, sono presenti ancora
oggi anche se la sitoazi-one è cambiata;
1-1 inquietudine che l’agita ri testimonia
della sensibilità ai pericoli che insidiano
la chiesa. « 11 problema del 1933 », scrive
il Dr. Siilierlfig (Kinche in der Zeit, ou
1962) « era questo: Come possiamo conqui
stare gli uomini del nostro tempo all’an
nuncio di Dio? La risposta allora suonò
C'OSI : .\oi possiamo vincere gli uomin
solamente quando lasciamo raggiungernoi uomini dalla unica, scvrana Pa
rola di Dio, ambe se essa può sembrare
dura, incomprensibile, paradossale. No
possiamo aiutare gli uomi-ni soltanto quati
do non adattiamo o sottoiioniamo TEva-n
gelo ad alcun desiderio o bisogno urna
no... ». « Rimane da obiedersi », aggiun
ge il Dr. Sc-herffig, « se oggi noi abbiamo
da dare una risposta diversa o migliore,
quando ci preo-ccu'piamo di servire con
rElvangel-o gli uomini dei nostri giorni ».
Carmen Trohin
PROBLEMI MISSIONARI
terialista alla quale ci stiamo man
mano livellando? Fino a che punto la
ricerca troppo esclusiva di un messaggio sociale non è indice di un impoverimento dei valori spirituali dejle
chiese e della loro,incapacità di penetrare a fondo nd bisogni spirituali
dell’uomo del nostero tempo?
L’aspetto dell’apera delle missioni
è oggi rapidamente e completamente
mutato. Le giovani chiese africane sono ormai gelose della loro autonomia
ed è stata saggezCT, della Società delle Mi.ssioni il preparare e garantire
l’autonomia delle^ chiese africane prima ancora che i spettivi paesi ottenessero l’autonomìa politica. In questo campo le missioni anziché essere
a rimorchio degli-ewenti li hanno precorsi. Le chiese ^ndate dalla missione sono diventate chiese africane autonome prima die le colonie cessassero di essere colonie e diventassero
libere, sicché il missionario evangelico può essere considerato, ed è effettivamente considerato, come un pioniere della libertà e dell’indipendenza
e la sua presenza continua ad essere
desiderata e richiesta.
Evidentemente il rapporto tra opera missionaria e chiese indigene è fondamentalmente cambiato e si pone
ìn margine al concilio
Il Cardinale Bea a Venezia
Lunedi 19 novembre i rappresentanti delle comunità battiste, metodiste e valdesi sono stati convocati su
invito speciale del Cardinale Patriarca di Venezia ad una Conferenza del
Cardinale Agostino Bea su « Il Concilio e i Fratelli separati ». Sicuramente
per i veneziani, che affollavano il Teatro La Ferùce, la conferenza ha fatto
luce su molti fatti poco conosciuti e
testimoniato di uno spirito nuovo nei
rapporti tra romani e non romani. Per
chi ha ormai seguito da temi» attraverso la nostra stampa, gli sviluppi
del Concilio Vaticano II non vi sono
molte novità da riferire, ma forse
qualche osservazione interessante.
Si é parlato degli osservatori cattolici a Nuova Delhi come del fatto
« primo nella storia » dei contatti ufficiali tra Roma e le altre Chiese Cristiane. Questo andava detto e forse
proprio in questi termini perché troppo si era parlato degli osservatori non
romani al Concilio, quasi che sì trattasse di una novità di nostalgici. E’
difficile tuttavia che si sia riusciti a
sfatare il fraintendimento perché con
molto insistenza si é fatto notare ohe
¿i osservatori (non gli ospiti o gli emotivi monaci di Taizé) si «son visti
piangere » ed esclamare « noi non coimecevamo la Chiesa Cattolica ». Mettere l’accento su questi fatti, della cui
Oggettività non discutiamo, significa
gpizricare l’orgoglio e lo spirito di superiorità degli uomini e ciò non è cett^nente buon ecxunenismo. Queste
frasi lé possono comprendere soltanto qùelli che, dopo averci incontrati e
conosciùti, sono pronti a ripetere:
« noi non conoscevamo la Chiesa
evangelica », ma sono pericolose per il
vasto pubblico. Intanto bisogna richiamare i nostri osservatori ad una
maggiore dignità emotiva, perché quest’ultlme pure non sono buon ecumenismo.
Il Cardinale Bea ha voluto accennare ai torti che si sono avuti « da
ambo le parti» nella storia dei rapporti tra le Chiese della Riforma e
Roma negli ultimi quattro secoli. Considerando l’atmosfera che ha circondato i due concili del Vaticano egli ha
notato ohe assistiamo oggi ad un « vero miracolo». Il desiderio dell’unione,
nonostante tutte le difficoltà, é « un
istinto deU’anima cristiana». Oggi la
collaborazione é possibile fra tutti i
cristiani. Essa può essere ricercata innanzitutto nelle questioni di vita pratica ed in seguito con molta e vigilata
cautela estesa ai punti comuni.
Certo v’é uno spirito nuovo in questi avvenimenti, ma vi sono molte perplessità e molti fraintendimenti che
ne offuscano le possibAità di un sereno progresso. Il Patriarca di Venezia
Cardinale Urbani accennava ai fratelli separati in questi termini : « quelli che non sono ancora cattolici ».
L’accento sulla mariologia non é mancato sia nel contesto delle celebrazion’ veneziane, sia nei canti corali che
hanno preceduto la conferenza, sia
nella conclusione del Cardinale Bea.
Abbiamo anzi Tmipressione che si é
forzata la mano almeno per chi sa
che su questo pimto non v’è che il più
profondo dissenso. Il pubblico evangelico sa che le divergenze sono profonde e sostanziali. Non si tratta semplicemente di lasciarci spiegare, in termini attuali e conformi alla nostra
mentalità protestante, il dogma catte lico. E’ il dogma stesso, nella sua sostanza, che ci é di scandalo. Ed anche
formalmente quale senso di disagio e
di poca dignità in tutti quegli appellativi : «porporato», «eminenza», «eccellenza» e in tutti quei baciamano e
quelle genuflessioni. La dignità dei figliuoli di Dio è cosa diversa.
pracsens
oggi come rapporto di solidarietà tra
le chiese d’Europa e le giovani chiese
africane. Sotto questo aspetto e in
questa nuova forma l’opera della Società delle missioni é oggi più neces
saria che mai e la Società si trova obbligata a lanciare sempre nuovi ap
pelli per uomini, donne e denaro.
E’ in questo spirito che qualche mese fa fu lanciato un appello speciale
detto « l’appello dei 65 » perché chiedeva 65 vocazioni per ministeri vari
nella missione... e le Chiese hanno risposto in proporzione! Il che significa che lo Spirito del Signore continua
ad operare vocazioni nella misura della fede e delle necessità evangelistiche della sua Chiesa!
La relazione
del Direttore
Le relazioni più importanti presentate alla Conferenza sono state ovviamente quelle del Direttore della Società, il Pastore Bonzon, quella del
cassiere, quelle del Pastore negro Elie
Mondjo, presidente della Chiesa Evangelica del Camerún, del Pastore Jean
Cook missionario al Camerún, del Pa
store P. Couprie, presidente della Missione al Lessouto e del Pastore Tiercy, direttore dell’opera scolastica nello Zambesi (successore in questo importante incarico del nostro Past. Roberto Coisson tornato in Italia da pochi mesi).
Una menzione speciale: la conferenza del Pastore Visser ’t Hooft, Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Poiché questi discorsi, o almeno alcuni di e¿i, sono stati di grande rilievo ci riserviamo di riferirne più ampiamente nei prossimi muneri del
giornale e ci limitiamo qui a riassumere la Relazione del Direttore che
ha cercato di fare il punto su due temi di primaria importanza: 1) la situazione attuale delle giovani Chiese
e l’aiuto che la Società Missionaria
può e deve dar loro; 2) i problemi di
di struttura della società Missionaria
in Francia o in Svizzera.
La situazione
delle giovani chiese africane
La prima caratteristica di queste
Chiese ormai tutte autonome, o avviate verso l’autonomia, a seconda delle
loro ^ssibilità nei vari paesi africani, é il IcTo ardente desiderio di assumere l’iniziativa deU’apera evangelistica nei rispettivi paesi. Nel paese
Bamileké é stata condotta ima campagna evangelistica che ha dato ottimi risultati (circa ottomila conversioni), lo stesso dicasi dei paesi Kabré,
Letsolo e Lessouto. L’aiuto della socie
tà missionaria si è concretato nell’invio di 24 nuovi pastori (dall’inizio del
1961 ad oggi) e di una speciale équipe
temporanea per il Lessouto.
Rimangono ancora da provvedere 6
pastori per questa zona.
La seconda caratteristica concerne
rintensificazione delle opere sociali,
quale testimonianza resa aH’amore di
Cristo e segno deUa presenza del suo
Regno. Anche qui l’aiuto della Soc.
Missionaria si è concretato (sempre
nel periodo dal Glennaio 1961 a oggi»
con l’invio di 28 insegnanti e l’apertura di tre nuove scuole secondarie due
in Africa (a Lomè e Lambarenè) e
una in Oceania (a Papeete). Anche in
questo campo rimangono pressanti necessità di uomini e seno da provvedere ancora 14 insegnanti.
Dove la carenza di personale é più
grave è neH’opera osi»daliera che é
stata ulteriormente sviluppata e dove
si fa acutamente sentire la carenza di
medici missionari.
Un problema molto grave per le
giovani Chiese é la mancanza di pa
stori indigeni teologicamente prei^
iati. Se infatti é relativamente facile
trovar denaro per costruire chiese e
opere sociali, é più diffìcile, e comunque richiede molto maggior tempo
preparare pastori teologicamente ferrati soprattutto per i posti di maggiore resi»nsabilità. L’aiuto della Società
Missionaria si é concretato negli ultimi mesi nella inaugurazione di una
nuòva Facoltà di Teologia a Yaoundé,
nella apertura di ima scuola pastorale
a Porto-Novo, nella creazione di una
altra scuola teologica nelle Isole Fidji e di un’altra ancora a Morija. Inoltre sono state messe a disposizione
degli studenti in teologia indigeni un
maggior numero di borse di studio in
Francia.
Anche in Africa una difficoltà ed
un intralcio all’opera evangelistica é
costituito dalle divisioni confessionali, ma le varie missioni sono ben avviate (non tutte purtroppo!) sulla via
di una più stretta collaborazione che
sarà grandemente aiutata dalla decisione presa a Nuova Delhi di unire il
Consiglio Mondiale delle Missioni con
il Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Il soffio unificatore e pacificatore dell’Ecumenismo potrà in tal modo agire
con maggiore efficacia anche nel campo delle giovani Chiese.
Oltremodo incoraggiante infatti la
constatazione che, solo nell’ultimo anno, ben quattro nuove Chiese Africane, figlie della Missione sono state accolte a far parte del Consiglio Eciunenico.
Rimangono come difficoltà ardue
da risolvere, il particolarismo di alcune missioni di movimenti settari e la
intolleranza (che dove può diventa
anche persecuzione) di molte missioni Cattolico-Romane.
Dall’esterno la missione deve fron
teggiare, oltre alle difficoltà del paganesimo locale, una vivace e sostenuta propaganda missionaria delllslam
in agguerrita espansione. La propaganda Islamica trova terreno particolarmente facile in Africa sia perché si
presenta come una religione africana,
indipendente e contraria ad ogni intromissione europea, sia perché am
mette la poligamia, istituto assai diffuso tra le popolazioni indigene.
Abbiamo già ricordato la risposta
all’appello dei 65.. La Società allo scopo di far fronte alle nuove necessità
chiede altri 17 missionari mentre ringrazia ii Signore di aver ptotuto accogliere dal 1 Gennaio 1961 ad oggi ben
67 candidature.
, Non è il caso di soffermarci sui problemi della collaborazione tra i suoi
gruppi francese e svizzero.
Riservandoci di riferire sui discorsi cui abbiamo sopra accennato non
possiamo non sottolineare il fatto che
da vari anni ormai, le crescenti difficoltà finanziarie di un lavoro cosi vasto sono sempre state risolte con un
impi^no che onora il protestantesimo
di lingua francese. Il Signore ha sempre sin qui mantenuto le sue promesse per coloro che lavorano per Lui e
che per Lui sono pronti a qualsiasi
sacrificio. E. Ayassot
PERSOMALIA
Colpiti dalla tragica scomparsa del
Rag. Giorgio Maggiore, esprimiamo la
più vìva simpatìa ai figli e alla sorel
la. Prof. Jeanne Del Pesco.
4
30 nov«miire 1962 — N. 47
pag. 3
i'-■
Non è facile parlare di Rousseau,
per l’apparente impossibilità di ricondurre ad un principio unitario una
personalità dispersa in cento direzioni. ‘ Autodidatta formatosi nella solitudine, Vantano dal contatto salutare
con una scuola, pensatore disordinato incline aH’utopia e alle vaste costruzioni fantastiche, giunto xdla notorietà per il sentiero ambiguo dello
scandalo (il Discours sur les Sciences
et les arts del 1752, esplosivo "pamphlet” deliberatamente lanciato tra le
crinoline e le parrucche del suo tempo), sconcertante per la sua franchezza come per la natura delle sue
confessioni: al [tempo stesso uomo di
lettere e studioso di problemi pedagogici, sociologo e musicologo, teoileo di una riforma delle strutture
morali del suo tempo... Si aggiunga
la malattia, lo squilibrio degli ultimi
anni, il divario clamoroso tra la sua
fama e la sua vita, l’astio inespiabile
di nemici potenti (Voltaire), e sf comprenderà senza sforzo perchè si sia
per lungo tempo imposta, come un
’’cliché’’, quella definizione gentilmente ironica e pietosa, del "bonhomme Jean-Jacques”. Che essa siami oltraggiosa verso uno dei più grandi
intelletti espressi dalla cultura occidentale, è scoperta recente.
Iti 'realtà, il centro ordinatore della personalità di Rousseau appare
chicado, non appena ci si risolva a trascurare Te pisodico e il pittoresco (il
suo tabarro armeno, o i figli abbandonati nei brefotrofi), per guardare
all’essenziale. Esso è un anelito, sempre identico nella sua essenza, benché articolato in cento modi diversi,
a seconda dei settori nei quali si è
tradotto, ad una profonda trasformazione, ad una véra e propria riforma.
Portando alle estreme conseguenze
una deire caratteristiche più tipiche
del pensiero del suo tempo, Rousseau
ha costruito i suoi sistemi su questa
premessa: che fosse necessario innovare radicalmente, in tutti i settori
che gli è accaduto di prendere in considerazione; e Ci appare, oggi, comprensibile sólo in questa luce.
L’esigenza di riforma si manifesta
anzitutto come bisogno di rottura,
nei confronti del mondo parigino: se
si vuole, è la "rusticitas" del provinciale ginevrino, vissuto in solitudine,
in campagna, che gli ispira anzitutto
il famoso Discours e la famosa tesi,
che la civiltà ha corrotto l’uomo: e
che., per ricondurlo alla salute morale e alla Jelicità (si noti l’equazione),
bisogna rompere con la raffinatezza
e riaccostarsi alla natura. Paradosso
di cui è facile sorridere, a patto di
sottovalutarne il profóndo anelito
morale, e di non comprenderne, ai
tempo stesso, la vera portata intellettuale: l’uomo, riportato in seno alla natura, mancherà delle condizioni
obiettive per essere perverso-(il contatto prolungato con i suoi simili) e
.sarà .perciò, di necessità, più virtuoso.
La Riforma dovrà estendersi ad altri campi: alla politica, ih particolare; ed è inutile sottolineare fino a qual
.segno Rous.seau sia stato, qui, rivoluzionario e fecondo. Sono infatti il
postulato dell’uguaglianza tra gli uomini, e l’esigenza fondamentale della
libertà, ai quali oggi ancora si ispira
la riostra teoría della vita associata,
che in primo luogo giustificano la sua
tesi del Contratto Sociale; che rompe
con una tradizione millenaria, circa
il ruolo delle "élites", dell’autorità,
circa l’essenza e i limiti del potere in
.seno al consesso civile. Dovrà estendersi, logicamente, alla pedagogia; la
nuova antropologia, fondata sulla libertà, sul rispetto dell'individuo,, sull’autonomia della cosciènza morale,
postula una formazione inedita del
futuro cittadino del mondo (si ricordi che per lungo tempo si è rimproverato a Rousseau di aver "snazionalizzato” il suo discepolo!).
Ma la riforma conoscerà il suó vertice nel campo dei sentimenti. La vasta promozione dell’individuo, che
caratterizza il pensiero di Rousseau,
.si puntualizza, più che neirumiliqzione della ragione, nella "autorizzazione" dèi cuore. L’individuo libérato dalle scorie della società corruttrice, invitato a ricercare in se stesso,
nella sua libertà, le norme del suo
agire, finirà col trovcwle, e la ragione
del suo esistere, nello slancio del cuore: che è amore per la vita, nella stessa misura in cui è amore per gli altri, e fraternità nella stessa propor
zione in cui è egoismo. Nella spontaneità, dunque, il criterio della verità:
nell’irUensità, una garanzia di autenticità, e perciò di giustizia. Equilibrio
delicato, di cui Rousseau sottovaluta
certo la difficoltà, ma che si ritrova
all’origine dell’intuizione romantica,
ed entra perciò, in misura considerevole, nella nostra visione del mondo.
Poiché il vero significato della riforma di Rousseau è dato da un secondo elemento, che si salda armoniosamente al primo (il principio riformatore), l’esigenza della giustificazione, l’udienza accordata alla voce delta coscienza. L’uomo di Rousseau, che è sostanzialmente solo (la
società dei suoi simili non lo attira:
il ritorno alla natura è un apprendistato di solitudine), nella ricerca del
criterio su cui fondare il proprio agire, è indotto ad accordare all’intensità delle sue sensazioni un valore
preciso di moralità: la bontà naturale diviene in tal modo principio etico, e quindi dovere di moralità. A
questa voce che parla in noi in maniera prepotente, cui tutto è ricondotto, che si sovrappone e si confonde con il sentimento, spetta anche la
rivelazione suprema, la conoscenza
del divino, incontrato seguendo le
vie del cuore, "provato" mediante la
intensità di una vibrazione che scuote dolceniente tutto l'essere, è lo accosta cèl un’estasi che è anche la felicità.
Che il "riformatore" Jean-Jacques
abbia liberato forze immense, tuttora all’opera nella mentalità collettiva,
quasi non occorre dire. Si deve forse
ricordare come a lui risalga molta
parte dell’attuale letteratura, fondata
su di uno spasmodico bisogno di giustificazione, che si traduce, perciò,
nella confessione ininterrotta, nel continuo portare se stessi alla ribalta,
nella inesauribile ricerca di sé nei
meandri del proprio cuore? L’inquietudine di Rousseau, che era di natura etico-religiosa (Iimpossibile ode- .
guazione di sé alla propria immagine, elaborata in termine di dover essere), è rimasta la nostra, anche quando se ne é dimenticata la matrice che
l’aveva generata. E come la sua incapacità di accettare il mondo del suo
tempo prefigura, al di là della rivolta
dell’eroe romantico, il contemporaneo
"homme révolté”, il bisogno che egli
per primo ha sentito di sottoporre
l’opera letteraria ad un principio di
moralità interno, individuale, autonomo rispetto ad ogni morale positiva,
è alla base del nostro concetto dell’arte, autogiustificantesi mediante la
fedeltà ai propri miti.
del raziotialisnio teologieo
(segue da pag. 2)
Abbiamo in precedenza constatato che
la teologia del XVII sec. era sempre di 30
anni in ritardo sul suo tempo. La constatazione vale anche per Rous.seau; e così
potè verificarsi il caso grottesco che egli
fu reso ’’martire’’ da una ’’ortodossia’’,
che non era affatto così ’’oscurantista’’ come npitariva a lui e ai suoi contemporanei laici. Non ci si deve Inaiar confondere da questo .ytettacolo, perdendo di
vista che Rousseau non si è realmente opposto neppure alla teologia del .suo temilo, ima piuttosto l’ha precorsa di un lungo tratto. Ha predetto egli stesso che la
teologia del suo vicario savoiardo aveva
ancora un grande avvenire. Non era necessario essere gran profeta, per predirlo,
in base a ciò che sappiamo dello .sviluppo
contemporaneo della teologia. Certo, la
teologia del vicario .savoiardo, come la
dottrina di Rousseau, erano suscettibili di
arricchimenti, di approfondimenti, di miglioramenti. Non hanno trionfato nelbi
forma di allora. Ma quanto al contenuto,
si può dire retrosjfettivamente che esse
avrebbero avuto un grande avvenire. A
¡tnrtire da Rousseau, e soltanto da lui, si
può parlare nel pieno senso della parola
di ’’razionalismo teologico”: di una reologia, cioè, che identifica ciò che è cristiano con ciò che è realmente umano,
com è presente, inamissibile e sempre
pronto ad intervenire, nel profonda della
ratio, nell’intima regione umaiut. Questo
significa Rousseau per la storia della teologia —• Rousseau quale primo araldo dell’età di Goethe: l’invito rivolto alla teologia a tentare con decisione la via di questo razionalismo deciso.
Karl Bahth
( Da Die protestantische Theologie im
19. Jahrhundert, Zo-Wikon/Ziiricli 1952,
pp. 20S-2O7. La ,priima panie di que«t’oipera, inoliiso il capitole su Rouseau, è sta ta trad olila in francese :
Images du XI'HI siècle, NeueliàtelParis 1948.
Cosi la democrazia politica contemporanea (sull’esempio dei rivoluzionari deJt’89) saluta in Rousseau
uno dei suoi padri spirituali; e benché lo faccia dimenticando il contesto etico e religioso in seno al quale
Rousseau aveva ricuperato il suo concetto della dignità dell’individuo (capovolgendo arditamente il tradizionale pessimismo antropologico del cristianesimo), sottolinea come egli sia
un anello essenziale della catena che
porta, dalla Riforma, al mondo moderno. La critica del concetto di autorità, la promozione della coscienza
individuale a interlocutore essenziale
della vita religiosa, lo svincolamento
della moralità da ogni principio eteronomo, che la Riforma aveva iniziati, e lasciati a mezzo, sono divenuti,
grazie a Rousseau, conquiste permanenti del mondo moderno. Ancor più
significativo, a lui si deve se la categoria della libertà, anch’essa implicita, ma solo implicita, in quanto tale,
nei pensiero dei riformatori, rappresenti ormai una delle acquisizioni più
caratteristiche dell’uomo dell’occidente: di cui la nostra cultura ha fatto,
o sta facendo, dono a tutti i popoli
della terra, ma di cui ha, in primo
luogo, arricchito la storia del genere
umano.
Enea Balmas
ànM it V
Rousseau giovane (Pastello di Quentin La Tour)
Fervida e vana ricerca dì un'umanità vera
al di fuori della grazia
Rousseau e ruomo naturale
D ousseau, fra gli illuministi, si pre-*■ V senta come il pensatore più anticonvenzionale, più spontaneo, più
polemico contro la cultura astratta,
piìi immerso nel libero vivere della
natura. Ai suoi contemporanei, almeno a quelli che mostrarono di capirlo e di apprezzarlo, il suo atteggiamento potè apparire come la
espressione deirauteuticità contro
ogni espre.ssione umana artefatta,
della sincerità contro ogni convenzione, della ragione e del sentimento
naturali contro la ragione e il sentimento guastati dalla civiltà e dalla
cultura. Nelle sue opere, in effetti,
non vi sono solo la semplificazione
dei problemi e la radicalizzazionc
razionalistica, tipiche deH’epoca; vi
è lo sforzo costante di fare emergere,
al di là di tutte le strutture natura
libri
Gli specialisti non hanno bisogno che diamo loro una biblicgrafla rousseauiana. Vogliamo invece, per la massa dei nostri lettori, dare qualche indicazione di pubblicazioni di più agevole lettura e più facili a procurarsi. Saremmo infatti lieti se
la nostra doppia pagina avesse
invogliato qualcuno almeno di
loro ad avvicinarsi maggiormente alla figura di J.-J. Rousseau.
Anzitutto, alcune delle sue
opere sono state pubblicate nella B.U.R.:
J.-J. ROUSSEAU
— Confessioni (2 voli.). L. 420
-- Il contratto sociale. L. 140
— Le fantasticherie di un passeggiatore solitario. L. 140
Un rapido e documentato profilo di Rousseau nella collana
« Ecrivains de toujours », Editions du Seuil:
G. MAY
— Rousseau par lui-même. Parigi 1961, p. 189, L. 850.
Uno studio di un filosofo riformato francese, pubblicato a
Ginevra in occasione delle celebrazioni rousseauiane :
P BURGELIN
--- Jean-Jacques Rousseau et la
religion de Genève. Labor et
Fides, Genève 1962, p. 60,
L. 800.
li.sticamente o psicologicamente descrivibili, l’uomo vero, nella sua .sofferenza e nella sua gioia, nei suoi affetti e nei suoi pregi profondi. L’ottimismo di Rousseau è meno superficiale di quello dominante del secolo a proposito delle strutture umane londamentali : cerca la bontà dell’uòmò non contentandosi del giuoco estrinseco delle facoltà psichiche,
ma penetrando in profondità. Così
anche la sua critica è meno superficiale : non colpisce solo tradizioni e
superstizioni, ma va alla radice, corrodendo la direzione stessa dell’intera storia, chiamando al tribunale
della ragione (e del sentimento)
quella civiltà medesima che gli altri
illuministi esaltavano. Per quanto
lìebole e deformata possa essere stata l’influenza del calvinismo sul pensatore ginevrino, si direbbe che qual
cosa della serietà e dell’impegno calvinistici rimanga neU’assai poco calvinistica sua apologia della bontà
umana.
TT ppure, per un altro verso, quella
spontaneità, quella autenticità,
quella « naturalezza v ci appaiono,
oggi, nonostante l’innegabile imporsi delle espressioni precedenti, come
estremamente ambigue. L’anticonvenzionali.smo di Rousseau rischia assai spesso, quando leggiamo le sue
pagine pur con la « simpatia » che
il Ginevrino naiuralmerrte suscita,
di apparire il più convenzionale, il
più artificiale degli atteggiamenti. Il
che, ovviamente, si spiega con tutta
li: nostra esperienza romantica e
jiostromantica e novecentesca: con il
vostro valutare l’ineluttabilità dellj
dimensione storica, col nostro rifiuto
di pensare a una bontà astratta, superiore alla vicenda temporale, al
quale del resto si aggiunge il rifiuto
d; pensare, dopo i tragici esempi di
questo .secolo, a una bontà storica.
Al di là di tutto questo, mi sembra
che solo ;il protestantesimo, nella
radicalità del suo riferimento alla
Parola, può arrivare (per cosi dire)
al fondo di questo disagio di fronte
all’cf umanesimo » di Rousseau. La
falsità del suo ottimismo risulta veramente falsità soltanto se mettiamo
le pagine lìeìVEmilio e del Contratto
sociale a confronto con l’uomo quale ci è presentato nel messaggio biblico: con l’uomo peccatore, incapace di trovare vera, autentica salvezza fuori della grazia.
Senza questo confronto con la Parola, con la croce, con Cristo, la
ambiguità di Rousseau vale tante altre ambiguità più recenti, più avve
dute, più « storicistiche »: la sua fitiucia idilliaca nella natura e uell’uomo non è piti precaria della posteriore fiducia nella storia o della recente sfiducia o di tutte le varie prò
clamazioni di « crisi » <-ondite con
salse esistenzialistiche e spiritualisticlie o moralistiche o fenomenologi
die. Nel confronto con la Parola il
pensiero del Ginevrino ha invece (se
si può dir così) il paradossale merito
della franchezza, della radicalità senza mezzi termini (almeno per quel
che riguarda il concetto deH’uomo):
afferma la capacità umana di autoredenzione senza attenuazioni, senza pentimenti. Proprio quel suo
H superpelagianesimo », quel suo ignorare la grazia e la Rivelazione
(pur nel rispetto grandissimo per la
figura umana di Gesù), che sembrano collocarlo fuori da ogni orizzonte di interesse protestante, sono invece i temi che possono permettere
tu' dialogo ideale vivo, fecondo,
persino oggi dopo due secoli. La vitalità di Rousseau sta, in effetti, se
guardiamo da questo angolo visuale, nello sforzo di presentarci l’uomo naturale, l’uomo senza grazia,
nella sua profondità, ma anche nelle sue possibilità più alte, nella sua
« nobiltà ». (Questo sforzo fallisce, e
il cristiano sa perchè: fallisce nelle
pagine stesse di Rousseau, come fallisce nella concreta esperienza di ogni essere umano; fallisce, già, virtualmente nel tnomento in cui il no.stro pensatore è costretto a cercare
fuori della storia la bontà di quella
natura umana che è, al contrario,
.sostanziata di storia. Ma resta il fatto che quest’uomo presentato da
Rousseau che cerca di apparire, a
se stesso e agli altri, buono nella
sua .spontaneità e nella sua « naturalità », e che in realtà fallisce nel
suo tentativo (anche se non lo confessa), non è una semplice figura
letteraria: è l’uomo che noi siamo
e che il nostro fratello è (pur nella
diversità delle « maschere » diietro
cui ci nascondiamo); è l’uomo che
jniò essere persuaso del suo errore
solo dal Vangelo predicato e ripredicato; è l’tiomo per cui (.suprema
grazia e suprema consolazione) Cristo è morto ed è risuscitato, proprio
perchè quel falso uomo, rinunciando a se stesso, divenisse l’uomo vero e autentico. .* •
Ernesto Maggiom
Questa doppia pagina è stata
preparata da Enea Balmas.
5
30 novemiire 1%2 — N. 47
I»g. 5
Corpo e sangue
L’uomo sostò nella grotta illuminata sul limitare dcd sc^e d’autunno
che saettava tra le piante di felci e di
pinastro all’ora del tramonto. Si compiva la lunga gìorruaa di lavoro: fntprno il silenzio avvolgeva la pianura argentata dal fremito delle vigne
digradanti giù dal pendìo dolce del
colle. La vendemmia era finita. Già
nei vasi capaci il rrursto ribolliva con
un suo fioco e continuo gorgoglio.
L’uomo ascoltava, ammirato, quél
segno di vita nascosta sempre più tumultuo.^a, prossima a sprigionare una
forza sconosciuta destinata a creare
nel suo organismo nuove fonti di energia e di ristoro. Accanto a lui, in una
cassa di legru> grezzo, un mucchio di
farina bianca, inerte, sembrava attendere che qualche cosa la fecondasse
per rivelare aneli’essa un dono magnifico.
L’uomo tuffò la mano nel mostro
caldo stringendo in pugno il rosso
grumo dei grappoli premuti simile a
un cuore divelto che avesse conservato il potere di infondere ia vita per
magico contatto, e lo gettò nella cassa. La farina accolse l’alito caldo del
mosto nel soffice seno bianco; ribol1), si gonfiò) leggera, via via più densa
e ¡¡a.'itosa lievitando fecondata dal
, connubio con il frutto della vite, felice di maturare il suo dono aspettando, turgida e silenziosa.
L'uomo ricordò di aver mischiato
un giorno la sabbia del fiume all’argilla del greto e l’anfora era uscita
dal forno rutilante e bella per quella
sua crosta che brillava al sole. Allora lolse dalla cassa la tepida forma
rigonfia, ne lavorò l’impasto soffice e
lo mise a cuocere. Così ebbe il pane.
Nuovo sapore mai gustato prima nel
Spigolature di attualità
Il leone
e la carriera
J Milano, una giovane donna si dispone nel mezzo delVarenn di un circo; una
corona di palloncini colorati le aureola il
capo. Il suo partner — tiratore .scelto, di
lineili da far impallidire il più spericolato dei coic-boys — li sgonfia, ad uno ad
uno, a colpi di pistola.
Capita, però, che — per cause non ancora bene accertate — uno dei proiettili,
invece di colpire il palloncino, s’incastra
in un occhio duella povera ragazza.
Così: c’è chi si guadagna la vita esponendosi ai colpi di un Guglielmo Teli
rum mollo fortunato; chi si avventura, in
molo od in auto, lungo piste che — è risaputo — celano agguati mortali; chi acceiia l’alea di diventare cieco o cretino
per .servire da allemtmento a qualche pugile.
Tulio per una manciata di quattrini,
con raggiunta (ma non sempre) di un
po’ di ¡lubblicilà.
•SuZ/a liceità o meno di simili attività
umane, ogni lettore giudichi secondo coscienza: ’’ciascuno a suo modo”, come
direbbe Pirandello.
Però, però... Questi poveri ’’gladiatori” dell’era atomica, se hanno ambizioni
di carriera (gli ’’artisti” del circo sognano di essere assunti da impresari di risonanza internazionale; i corridori ambiscono titoli in tutta pagina nelle cronache siìortive; i poveri socchi da pugni
sono fieri di asservirsi a pugilatori sempre
più famosi); questi paria rischiano la
propria vita e rispettano le regole del
”jair-play”, diversamente dai tanti che
fanno carriera tramando a danno degli
altri o speculando sui morti. Soiio vicende consuete.
Sorrisi aperti, alla luce del sole, fra rivali, ma lotta serrata, senza esclusione di
colpi, nel mistero delle congiure; quando imi un ¡tersonaggio muore, il candidato che gli era rimasto a ruota per in.sufficienza di voti, spedisce sì il telegramma alla vedova e si mostra in pubblico col viso compunto, ma, in famiglia,
stura la bottiglia di spumante e, tra una
lacrima di compianto e un sorriso di soddisfazione, ingozza una fetta della torta
ordinata per l’occasione.
Più coerente il comportamento del leone di cui favoleggia Trilussa. ìl tenente
medico gli aveva tolto un aculeo dalla
zampa e il leone moriva dalla voglia di
sdebitarsi. Sapeva, comunque, che U povero tenente non avrebbe potuto ottene
re la promozione, perchè i quadri dell’esercito non comportano che un limitato numero' di ufficiali di un determinato
grado.
Ma un giorno, ecco che il leone si presenta al tenente.
Lo ringrazia ancora del servizio che gli
ha reso, poi •— modestamente —• gli garantisce certa la promozione, perchè —
dice — ”me so magnato er capitàno”.
Àliberlo G<uadalaxara
Tazzima focaccia abbrustolita; ora,
così morbido e dorato, il suo pane
simboleggiava tutta la pienezza del
dono di Dio, premio santo alla fatica
della terra.
Pane e vino erano dunque fratelli
di sangue, nati dalla stessa grande
madre fecondata dal sudore della sua
fronte mortale. Da allora rumanità
nel suo lungo cammino ebbe per conforto e ristoro il rosso frutto della
vite e il quotidiano nutrimento del
pane.
Li troviamo sulla mensa più frugale, nella casa più modesta, nel palazzo sfarzoso. Per l’ospite improvviso, per l’amico che giunge da lontano, per ¡’uomo stanco che ritorna nella sera c’è sempre il bicchiere di vino
riempilo dcdla mano che lo porge in
muta espressione di saluto e di affetto. c’è sempre il pane che la mano
spezza lentamente come a scoprirne,
in ogni frammento, l'arcano miracolo
della spiga mietuta. Benedizione della casa dove si lavora e sì vive, chiuso nella madia di legno antico, conservato nell’anfora appesa o nel rovere connesso, pane e vino rimasero
simbolo di amicizia e di amore, nei
secoli e nelle stagioni: per un patto
conchiuso, per una gioia comune, per
chi arriva e per chi parte.
L'Uomo sostò immobile al lume
della lampada che rischiarava il Suo
volto intenso in quelTora ineffabile.
/ di.scepoli si stringevano intorno a
Lui. fatti muti e ansiosi per quel che
di solenne e di mi.stico alitava .'mila
mensa apprestata per qiielTUItima
Cena.
Gesù Cristo prese del pane e fatta
la benedizione lo ruppe e lo diede ai
discepoli dicendo: "Prendete, questo
è il mio corpo". Spezzava il pane con
il gesto usuale, proprio ad ogni uomo. lo ste.sso gesto compiuto davanti
alle turbe ,'itanche e affamate sulle rive della Galilea, nel miracolo dei pani che tutti quanti avevano .saziato.
Poi daU'anfora attinse il vino che
sgorgò purpureo e schietto nel calice
come spìnto da una incontenibile vitalità a dissetare corpi inariditi. Rese
le grazie, lo porse ai discepoli e tutti
ne bevvero. E disse loro: "Questo è
il mìo sangue, il sangue del patto il
quale è sparso per molti".
Pane e Vino, Corpo e Sangue. L’antico connubio si ripeteva trasumanato sotto il .simbolo sacro per cui gli
elementi avrebbero conservato fino
alla fine del mondo rUnpronta del
gesto divino che ne faceva retaggio
di fede e di amore per rumanità redenta.
Per l’uomo della caverna, per l'uomo deU’aratro, della spada, della
scienza e del motore; Immutato, meraviglioso dono di vita, sorto dalla
terra per additare il cielo, quel rito
sarebbe rimasto per riunire gli animi
in memoria di Lui, conforto c ristoro
al viandante esausto che sul cammino della vita, riconosce nel compagno di viaggio il proprio fratello In
Gesù Cristo. ^arco
CONFERENZA-STAMPA DEL PROF. DR. OSCAR CULLMANN
Valóre di una presenza
(segue dalla 1* pag.)
eMerionneiDte, iome avrete potuta oeeervare guardando le foto deUa cerùnotùa
di apertura del Coneilio, non rappreoenliamo un gruppo del tolto omogeneo.
Tuttavia le Cliiesc così divetse che sooo
rappreoentate dagli oaservatori formano,
malgrado questa diversità e in questa diveimtà, una unità neli’oiigaaizzazione del
Consiglio Ecumenico di Ginevra. Qneeto
Consiglio Eeamendeo è una grande realtà
colma di ^promesse di cui il Concilio Vaticano deve riconoscere l’importanza. 11
Consiglio Eìcumenico di Ginevra ha spianato la via al punto di viola ecumenico (...).
Ciò che ci nnisce fra osservatori non è
soltanto il fatto negativo della nostra separazione da Roma. Ciò che ci importa
di più è l’elemento positivo della nostra
fede comune in Cristo, e questa fede comune è anolie la garanzia per gli effetti
positivi che, insieme ai nostri fratelli catto-liei, ei aspettiamo dailb nostra presenza
qui. 11 fatto die taluni osservatori si sentano talvolta più vicini di altri osservatori ai cattolijoi romani, non è un elemento negativo. Dimostra che tra gli osservatori da una parte ed i fratelli cattolici
dall’altra non vi è uo tmiro impenetrabile.
No-n per questo tuttavia » dovrebbe
concludere che la riunione con la Chiesa
cattoilica roniama possa farsi nello stesso
modo io cui si è realizzata l’unione deMe
Chiese raiggruppate nel Consiglio Ecumenico di Ginevra. Al contrario bisogna
rendersi conto che rimmensa difficoltà relativa alTiunione delle nostre Chiese con
la Chiesa romana non proviene da tale o
tal’altro dogma partóoolare, nè da divergenze in fatto di litungia, ma dal fatto
die la concezione romana dell’iiniià stessa
Im una base diver.sa dalla nostra. Eàico
perchè aspettiamo con interesse particolare la discussione del Concilio sulla
Chiesa e rUnilà
3. Possibilità e limiti deU’ecumenismo
visti alla luce delle nostre esperienze provvisorie di osservatori.
Insisto sul termine ’provvisorie’. Poiché
il Concilio non è finito. Le discnssioni
tanto Importanti sulla Chiesa e l’Unità
non sono cominciate. Aspettiamo con pazienza la fine del Coudlìo. Cioooinostante
mi permetto di dire una parola provvisoria fin da ora. Se eomànicio col dire che
bisogna guardarsi dallo illusioni, ciò non
significa affatto die io sia piuttosto pessimista per quanto cotíceme il risultalo
del Coticilio : ma noo vorrei che ci si
aspettasse dal Concilio di più di quanto
esso non si ipropong» di realizzare. E’ superfluo osservare ché voi signori giornalisti e quelli fra i Vostri lettori che leggono negolormeute i vostri articoli, sanno
che questo' Concilio, pur avendo una preoecnpazione eoumeniica per quanto concerne la sua meta ulti/ma, non' è pur tuttavia un Concilio di unione, come ve ne
sono stati niella etoria fra ortodossi e cattolici romani. Ma ì laici che seguono i
lavori del Concilio solo molto da lontano', continuano spesso a trarre una condtisione del laitto errata dal fatto della
nostra presenza al Concilio: come se fossimo qui per disouitere ufficialmente durante le sedute stesse e con i padri del
Concilio sull’unione^ delle U'OStre Chiese.
Ricevo ancora delie lettere di cattolici e
ipr'Oilestanni in eui mi si dice : « Spero che
voi (gli osservatori) vi metterete d’accordo con i ca'ttoliici pgr fare l’uni'One delle
Chiese ». Credo che sarebbe bene che
ogni lani-o voi segnalaste di nuovo questo errore ai vostri let'tori, affincliè la deIlusione non sia itroppo grande quando,
dopo il Concilio, si constaterà che le nostre Chiese continneranno ad essere separate (...).
Ma c’è una grande isiperaiiza clie è legiblima ; è il riimi'O'Vamenilo della Oliiesa
9 DICEMBRE, DOMÉNICA DELLA PACE
____________________)
Comunicato alle Chiese
La Giunta del Consiglio Federale delie Chiese Evangeliche d'Italia
ha preso in considerazione la richiesta di dedicare una domenica al
grave ed urgente problema della pace nel mondo.
La richiesta è giunta al Consiglio Federale da parte delle Unioni
Femminili e Giovanili delle Chiese Battiste di Roma ed Ariccia « convinte nel loro spirito della necessità di dare una reale testimonianza
crfSiiiana » di fronte all'inquietante problema degli armamenti e degli
esperimenti atomici e di dover dire « una parola evangelicamente impegnata sulla realizzazione della PACE tra i popoli della terra ».
La Giunta del Consiglio Federale ha aderito a tale richiesta, consapevole della possibilità oltre che della necessità che le nostre Chiese
facciano udire il messaggio della pace tra i popoli in modo chiaro, senza
contaminazioni d'ordine politico, riecheggiando con accenti di attualità la predicazione degli antichi profeti e soprattutto quella di Gesù
Cristo.
La « Domenica della PACE » sia per tutte le nostre Chiese Evangeliche l'occasione di una solidale preghiera per la pace nel mondo
oggi così turbato e minacciato.
« O Eterno, tu ci darai la pace ;
poiché ogni opera nostra sei tu che la compi per noi ».
( Isaia 26 : 12)
Ermanno Rostan
Presidente del Consiglio Federale delle Chiese
Evangeliche d'Italia
eattoàira (4w queeto CiMicilio a propone
(■omunque di realizzare, anche «e l’esito
rimane incerto. (...)
Ma andie qui bisogna gnardarsi do illusioni. Cento iHii speriamo con tutto il
nostro cuore la realizzazione di questo
rinnovamento. Poiché siamo iunvinti che
se esso si farà, faciliterà il dialogo tra
«‘attolici e non cattolici che rontinuerà
so-prattutto d'Upo il Concilio. Ma non biso'gna dimenticare che questo rinnovamento sarà realizzato nel quadro e sulla
base del cauolicesimo, e avremmo torto
di rimproverare questo ai nostri fratelli
cattolici, poidiè non sarebbe più fare delrecumenismo se chiedessimo loro di diventare proteetanti o ortodossi. Cionondimeno bisogna guardare bene in fan-ia
la reakà (—).
Il vero problema ecumenico tra cattolici e non-caMolici mi pare essere il seguente: Nelle conversazioni così fruttuose che abbiamo in questi giorni con i nostri fratelli, mi rendo conto sempre di
nuovo che il cattolicesimo che presenta
degli aspetti così molteplici, così diversi,
molto più diversi eomunque di quanti
non ne riveli, dii nostro «iatianesimo protestante, può dichiararsi com{detame»te
d’aceordo con la maggior parte ddle verità positive che crediamo e predichiamo
fondandoci sulla Bibbia. '(Juesto accordo
è certo in sè rallegrante. Tuttavia non
dobbiamo nasconderci la grande difficoltà
che esso lascia sussistere: qaeèlo che ci
separa, oltre alla concezione dell’unità
di cui ho già parlato, non sono gli elementi positivi della nostra fede, ma è
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In una nuova veste
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Richediere al Past. Sergio Rostagno, Coppieri, Torre Pellice
appunto quello che c’è di più nel cattolicesimo (viisi'O nella nostra ;pro«petitiva :
quello 'die c’è di troppo), e inversamente
qiueilo ohe noi abbiamo in meno (visto
nella prO'SpeWiva caiMoliCa: quello che ci
manca).
'Credo che il dialoigo farà dei progressi
quando' i nostri fratelli cattolici non considerera.nno in modo puramente negativo
questo « meno » ohe essi riscontrano in
noi, dunque quando non lo considererann'O come un deficit, come una riduzione
a-rbitraria, ma come una concentrazione
ispirata dallo Spirito Santo su quello che
ci sembra debba restare runico centro
della nostra fede in Cristo.
Ma a. questo riguardo' tengo ad aggiungere una parola all’indirizzo delle nostre
Chiese Protestanti. In questo momento
assistiamo come osservatori ad un Concilio ca'ltolico. Ecco perchè è legittimo
che noi insistiamo siu di un rinnovamento
che vo'rremmo veder realizzato in seno
al catloiKcesimo. Ma quando saremo tornati ai nostri paesi, quando parleremo ai
membri delle nostre chiese sul rinnovamento che attendiamo dal Concilio, dovrento badare a non, suscitare nei nostri
correligionari protestanti ed O'rtodossi
una specie di farisaismo, come se le nostre Chiese non avessero bisogno esse pure di rinnovarsi costantemente attraverso
lo Spirito Santo alla luce d'eHa Bibbia.
E iper restare nel quadro del problema
or ora. sollevato, dovremo anche domandarci se su certi punti invece di una concentrazione nelle n.ostre Chiese n'Om c’è
stato aippunlo .una riduzione nei confronti
deUù Bibbia e se non ci sono certi elementi biblici che le nostre Chiese hanno
lasciato cadere a torto. Non 1m> qui il tempo di mettere in evidenza questi punti.
4. Le realizzazioni ecumeniche che sin
da ora possiamo constatare al Concilio.
a) Anzitutto dirò che l’esistenza del Segretariato per l’Unione è una di queste
realiizzazioiui. Se esso continua a lavorare
in questo sincero apirito ecumenico di
rispel'lo per le altre Chiese che caratterizza tulli i suoi atti e tutto il suo atteggiamento, è lecito considerare la sua esistenza come estremamente intportante anche per J’iawenire dell’ecumenismo.
b) La nostra presenza qui. Sottoscrivo
interamente quanto il Card. Bea vi ha
detto a questo riguardo: è un miracolo.
Quando .ogni mattina ci vedo occupiare i
nostri iposti, che sono quasi posti d'onore, di fronte ai cardinali; quando il Segretario del iConcilio, ogni mattina, dopo la messa, .pronunzia ì’exeani omnes e
noi possiamo restare ai nostri posti, mi
meraviglio sempre di nuovo del modo
in Olii siamo veramente integrati in questo Concilio, e facendo mia la parola del
Card. Bea sul miracolo, penso soprattutto a ciò ohe i concili del passato hanno
significato per i eristiani che non erano
cattolici! Non so se i laici si rendano
conto di ciò ohe la nostra presenza qui
significa sotto questo aspetto.
c) Ho appena detto che bisogna stare
attenti a n.on trarre delle conclusioni errate dall’atmosfera di fiducia die regna
fra cattolici e oaserviatori in questo Concilio. Ma, detto questo, desidero sottolineare l’inqiortaoza di questa fiducia reciproca die si traduce nei nostri oonironti nel fatto che siamo iniziati a tutti i segreti, ohe impariamo a conoscere le eorrenti di pensiero molto varie del oatlolic-esimo. Bisognerebbe solo augurarsi che
questa fiducia si trasmetta dalie due parti
ai laid delle nostre Chiese.
d) La nostra partecipatone interiore ai
dibattiti di questo Concilio oostltnisce a
mio awko un importante demento ecuménico ^à realizzato. Esteriormente noi
siamo degli osservatori passiti. Ma interiormente noi viviamo questi dibattiti con
i nostri fratelli cattolici. Imeriormente noi
prendiamo posizione pro o contro, durante le sedute, con la stessa attenzione loro
ed è questo, die ci ha già avvicinato in
queste ultime settimane in modo del lutto particolare.
5. La nostra preparazione all’osservazione dei lavori del Concilio.
La noislra preparazione avviene, in comunione, del resto, come sapete, con la
maggior .parte deUe nostre Chiese, per
mezzo della preghiera, consapevoli come
siamo che altraverso questo legame invisibile siamo in comunione anche con i
nostri fratelli cattolici. Ci riuniamo fra
osservatori due volte alla ~rttinws. di
mattiina, per un breve culto, neRbi Cappella metodista di Roma.
D’altro lato ci prepariamo ciascuno per
conto proprio, studiando gli schemi (anche per noi questo termine lia preso a
.partire da queste Concillio un signifioalo
del tiU'Ho nuovo!) die ci sono stati affidati, facendovi delle anno-lazioni, mettendoli a confronto con la Bibbia e comiparandoli con i testi dei Padri della Chiesa e con le decisioni dei Concili a'nteriori (...).
6 La partecipazione aUe sedute.
Il Segretariato ha gentilmente messo a
nostra disposizione una équipe di interpreti die con instancabile abnegazione
traducono o riassumono per noi giti interventi latini dei .padri del Condldo, sia
in francese, sia in tedesco, sia in inglese,
sia in russo. Difalti c’è una differenza tra
leggere il latino (questo per la maggior
parte di noi non presenta alcuna difficoltà) e sentir parlare in latino, eoipraltutto
con delle pronunce molto diverse. Bisogna die l’orecdiio' vi ai abitui. Cosi, d
raggruppiamo per lingua, nella tribuna
ohe ci è riservata. Ho il piacere di avere
vidno a me come initenprete un padre
benedettino die è stato mio allievo qualdie anno fa alla Sorbona. Oggi d ruoli si
sono rovesdati: egli è un po’ il mio maestro per quel che conceme il latino parlato. Ma penso di poter dire che i nostri interpreti possono constatare sin d’.ora qualche progresso nei loro allievi, che hanno
già un po’ meno bisogno di ricorrere a
loro che all’ìndzio. Solo per capire gli interventi di certi padri del Concilio, la
cui pronuncia tradisce troppo la loro
« lingua vernácula », incontriamo ancora
grandi difficoltà (...).
7. Discussioni presso il Seg^tariato
per l’Unità.
li Segretariato orgaindzza tutti i martedì
pomeriggio delle discussioni fra noi ed i
membri del Segretariato, fra i quali vi sono vari vescovi e teologi cattolici ben conosciuti, e, in tali occasioni, ci mette a
confronto con altri padri membri del
Concilio, sia con quelli die hanno contribuito a preparare gli echemi, sia con quelli che hanno una competenza particolare
in certe questioni. Mone. WiHebrands tiene conto, per la preparazione di queste
disonssioni, di tutti i nostri suggeirímeiDti
e dei nostri desideri. Con la più a>mpia
libertà possiamo esprimere la nostra opinione e le nostre critiche. In tal modo la
nostra partecipazione ai Comedido può
esteriorizzarsi. Queste disoussiomi, die si
iniziano e si chiudono con una preghiera
in comune, sono generalmente moiko feconde, per quanto evidentemente ci urliiaino spesso alla difficoltà sopra i sottoli neata: andie quando c’è un accordo profondo su determinate questioni teologiche, sentiamo che su altre restiamo separati, soprattutto su quelle relative a ciò
ohe la fede cattolica, fondamentale ha « in
più » della nostra. Ma il fatto che una discussione così aperta e cosi fraterna sia
possibile, e questo ai margini stessi dd
Concilio, dev’essere considerata come un
elemento molto positivo e meriterà una
particolare menzione da parte dei futuri
storici dd secondo Concilio Vaticano (-..)
8. La nostra speranza.
Ho dello chi per il nostro rawicinainento il Concilio Ila fin da ora portato
dei frutti, per quanto siamo molto lontani dall’unione. La nostra speranza è die
il ravvicinamento avverrà nel senso che
ho indicato parlando del problema die
ci è posto dal carattere ddle nostre divergenze. Ciò significa che speriamo che le
decisioni dd Condlio, die ancora ignoriamo, saranno ispirate daUa Bibbia. Non
dico questo solo perdm in quanto esegeta
m’in-tieresso ddla Bibbia più particolarmente, ma è un fatto die il dialogo è cominciato tra esegeti. Oggi si è esteso a
tutti i leoloigi. Noi speriamo die non solo
non sarà interrotto da questo Concilio ma
ancora intensificalo e facili'tato. Noi aspettiamo con fiduijia. Qualunque ne sia l’esito, noi contiiiiueremo il dialogo, e se, da
entrambe le parti, sarà fatto nello stesso
spirito che l’ha animato sin qui, esso costituisce in sè stesso un demento di unità
die porterà ancora altri frutti.
Oscar Cullmann
6
pag. 6
UN NATALE
Ricordo
della Signora Lily Coisson
Ricordare •un’amica è cosa dolce ina
difficile poiché molteplici sono le carat’
teristiche e le qiudilà che re l’hanno resa
cara ,* tna alcune di queste sono più profondamente sentite e sono incancellabili.
Per la dolcezza del carattere che si manifestava nella parola sempre serena, sempre affettuosa, per l’ospitalità della sua
casa sempre aperta ed accogliente, per il
ricordo ed U costante pensiero rivolto fa
tutti anche pi lontani, sentivamo in Lily
un’amica impareggiabile. Ed io voglio ricordare uno dei tanti motivi di affetto e
di gratitudine che ho verso di lei.
Era la vigilia di Natale molti anni fu;
mia madre era gravemente malata; l’angoscia mi stringeva il cuore. Si era fatto
sera ed io non avevo nemmeno pensato
all alberello per i miei tre bambini ai
quali non avevo nascosto hi gravità del
male della nonnina ed essi si aggiravano
per la casa silenziosi ed incapaci di trovare un’occupazione. Mi sentivo affranta
guardandoli. Anch’io non potevo trovare
posa; me ne stavo nell’ingresso aspettando il dottore. Mettendomi una mano in
tasca vi trovai una lettera arrivata la mattina e che non avevo avuto il temi>o di
leggere. Mi sedetti e l’aprii; era di Lily.
[.ressi in fretta ma ad un certo momento
rallentai, lessi, rilessi. L’amica pareva mi
¡tarlasse come se sentisse il tumulto dell animo mio. Essa mi diceva anzi mi esortava a far passare un lieto Natale ai miei
bambini qualunque fosse la fatica ed il
sacriffcio che ciò mi costava. Ricordava i
bei giorni della sua infanzia trascorsi con
“■< gtMAUn'i 'ed i fratelli in un clima di affetto e di serenità e come questo' ricordo
fosse stato uno dei più belli di un caro
fratello morto giovanissimo in terra lontana. Sentii le lacrime scendermi sul viso; ebbi la forza di sorridere ai bambini
che mi guardavano muti. Dissi: ’’Appena
va via il dottore, mamma va a prendere
un alberello, altrimenti dove mettiamo i
regali?” Come investiti da un raggio di
sole, le tre faccine si rischiararono ma il
bimbo più grande ”e la nonna?” disse.
"Domani starà meglio” risposi mentre
una preghiera mi saliva dal cuore.
Arrivai trafelata in città, trovai l’alberello, non potendo con quello salire sul
tram, me lo trascinai fino a casa mentre
mille pensieri mi turbinavano nella mente ed un senso di pace m’invadeva netta
rinnovata certezza che mia madre era nelle mani del Signore. Quanta gratitudine
per l’amica che mi aveva ridata la fiducia e
m’ithponeva di tenere per me i miei dolori
e non turbare la gioia dei mie figli.
Ed ora, che uno di quei bambini, il
primo a chiamarmi ’’mamma” ed a stringermi con le sue braccine, noti è più tornato dalla guerra, se in mezzo a infiniti
dolori e pericoli, avrà rijtensato alla sua
infanzia, ai giorni di festa ed a quel Natale in particolare più colmo di tenerezza,_ avrà provato un attimo di gioia, io lo
devo alla buona ed indimenticabile amica perduta. T. M.
N, 47 — 30 novembre
Taccuino
19 Novembre — Nel 1» volume dell enciclopedia Feltrinelli: "La
religione cristiana” (1), preparata in collaborazione da autori protestanti
e cattolici che espongono il punto di vista cattolico ed evangelico sui
principali punti della dottrina cristiana, si legge sotta la voce "cura d’anime” questa bella definizione evangelica: "Per cura d’anime nella chiesa evangelica si intende l’azione silenziosa e disinteressata con k:ui la comunità cristiana si occupa del singolo". E vero che nel corso dell’articolo si definisce la cura d’anime molto più come un compito di detenninate persone, di pastori, ma questa definizione rimane significativa. C’è
da domandarsi se esiste ancora oggi una cura esanime nelle nostre chiese,
se i credenti hanno ancora la possibilità, il tempo, il modo di recare
aiuto ai loro fratelli in fede, aiuto spirituale e morale come anche materiale.
Ogni cura d'anime, come ogni predicazione, come ogni testimonianza si va facendo sempre più difficile e rara appunto perchè non esiste più, o stenta a vedersi quella comunità cristiana di fui si parla nella
fede evangelica. Finché quella comunità non sarà stata ricostruita sulla
base evangelica non si potrà parlare di una vera chiesa evangelica neppure fra noi. Giorgio Tourn
(1) La religione cristiana, Milano 1%2, L. 800.
EDIZlOilE ITAllMA
dei testi
dei ((Fratelli Moravi))
E’ uscita, curata dalla Tipografia Subalpina, la prima edizione in lingua italiana
dei Testi dei « fratelli Moravi ». Bene conosciuta in Italia l’edizione francese « Paroles et textes ». L’edizione italiana viene
ad aggiungersi alle altre... in altri idiomi.
.Sarà cosi possibile ai lettori della Parola
di Dio in Italia di unirsi spiritualmente a
milioni di altri lettclri che leggono nello
s esso giorno i medesimi testi biblici ed
innalzano al Signore la medesima preghiera. Le letture quotidiane bibliche dei fratelli Moravi possono essere acquistate presso le librerie evangeliche o rivolgendosi al
deposito hiblicc dei fratelli Morayi presso
i! Prof. Mario Rivoir, Via Ravadera n. 8,
Torre Pellice (Torinol. L’edizione italiana, oltre ai versetti biblici uguali in tutte
le versioni nei vari idiomi, contiene un
versetlci dell’innario cristiano da usarsi nel
culto personale come canto e pregliiera. Il
prezzo del volume è di 350 lire.
TILLAR PERORA
miimtmiMiiimiiiimiiiiiiiiimmuimiiiiimmiimiiiiiiiiiKiimtiiimiiiti...........
iiMiimmiiilliniiiiiiiiiiiiiimmimmuiimimituiiimiimijiMMiiiiiimuiiiimmiitniiii
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
— Tutti i fratelli evangelici residenti in
Villar Perosa e non ancora iscritti tra ì
membri della comunità sono cordialmente
invitati a notificare la loro presenza al oastore Enrico Geymet, via Nazionale 203.'
— 1 bimbi che desiderano partecipare alla festa dell’Albero di Natale sono pregati
di iscriversi scJlecitamente presso il pasto,
re. Alcuni giovani raccoglieranno teinpe.
stivamente e nei limiti delle loro possibi
lità i doni per la festa; questi possono però
anche essere versati direttamente al Pastore
— Le lezioni di religione nelle scuole,
riprendono con l’entrante settimana e ccjue
in passato. La Scuola Domenicale si riu.
nisce per ora, ogni domenica mattina, al
presbiterio alle ore 9. I catecumeni dei
tre primi corsi sono convocati al presbite,
rie cigni sabato alle ore 14.
— Le altre riunioni ed attività unioniste
sono annunziate tempestivamente, volta per
volta. Il programma definitivo verrà fissalo
non appena giunta la capioella prefabbrica11 il cui arrivo è dato come imminente.
— Le Signore e le Signorine della comunilà sono convocate dalla signora del Pa.
slore, domenica 2 dicembre alle 14,30, alle Chenevières.
— 11 Pastore Enrico Geymet comunica
ai suoi amici e corrispondenti che il suo
indirizzo, a partire da questo momento è
il .seguente: Enrico Geymet, pastore valdc•se, vaiar Porosa (Tc) lei. (Pinasca) 87.13.
POMARETT
Ci scrivono
In merito alla lettera del Prof.
J. Alberto Soggin pubblicata sul numero scorso dell’Eco-Luce;
— ringrazio innanzitutto il Pastore Conte per la risposta già data al
Prof. Soiggin e soprattutto per la solidarietà tihe egli manifesta con l’impostazione della rubrica « Cronaca
del Concilio;
—■ confermo l’esattezza della rettifica fatta dal Prof. Soggin suRa
questione dell’inginocchiamento. Sono stato male infoinnato, mi sonrf
sbagliato e me ne dolgo sinceramen
te. Ringrazio il Prof. Soggin della
precisazione ;
—■ lascio ad altri, e in particolare
ai lettori, il giudizio su tutte le altre affermazioni contenute nella lettera, che equivalgono a una squalifica sia dei miei articedi sul Concilio sia del Bollettino Informazioni
del Consiglio Federale. Le affermazioni del Prof. Soggin non mi sembrano nè vere nè giuste. Esse rivelano, inoltre, una intemperanza verbale ed una avventatezza e animosità nel giudizio che non pcissono
non stupire. Ma rivelano soprattutto un atteggiamento nei confronti
del cattolicesimo che lascia alquanto perplessi. Non metto in dubbio
che « alcune preghiere » e « buona
parte della liturgia della messa dello Spirita Santo » abbiano un « contenuto altamente evangelico », come
afferma il Prof. .Soggin. Ma il contesto nel quale sono inseriti questi
elementi evangelici mi pare tale da
.svigorire e snaturare appunto il loro carattere evangelico. Mi pare nostro dovere Hi protestanti di mette
re in luce - certo - gli elementi
evangelici del cattolicesimo, ma ili
mettere nello stesso tempo e altre:tanto chiaramente in luce II covleslo non evangelico nel quale essi si
trovano inseriti. Mettendo in rilievo sole- (o soprall'Mto) gli elementi evangelici del cattolicesimo e lasciando da parte il resto (per ora.
almeno), come vorrebbe l’irenismo
acrilico di certo protestantesimo « all’altezza della situazione », si dà del
cattolicesimo una visione altrettanto
deformata (anche se per noi più seducente), di quella che ne dava l’aggre.S8Ìva polemica protestante delrsOO; e non si fa altro che alimentare, nei rapporti interconfessionali,
1 gravi equivoci di fondo già largamente diffusi, anziché dissiparli, come urge fare. Paolo Ricca \
— In queste settimane si, sia compiendo
li primo turno di riunioni grazie alla colhiborazione di Giovanni Baret: il nostro
iiriundu pomarino ha recato al Clot Inver
so, Pomaretto, Lausa, Perosa, Cerisieri le
fresche notizie delle comunità del Rio de
la Piala; l’interessante conferenza è stata
dovunque mollo apprezzata e con una buona partecipazione di fedeli. Siamo riconoscenti al collega Baret per il suo soggiorno
pomarino e la sua preziosa collaborazione;
lo attendiamo ancora nel tempo di Natale.
La comunità gli invia un pensiero ed un
saluto estensibile alla sua famiglia in Argentina.
In tema di riunioni, mentre sta per terminare il primo dico anche nella diaspora perosina i giovani si preparano ad offrire la loro collaborazione per Z’8 dicembre
sera e nei seguenti quartieri: Pomarelto,
Perosa, Lausa, Cerisieri, Clot Inverso, Paiola, Comhavilla e Vivian. .àccogliete con
gioia i nostri giovani ed accorrete numerosi; raccomandiamo vivamente la colletta destinala ai re.stauri della Cappella del
Clot Inverso.
— Per i culti domenicali abbiamo avuto
la collaborazione di F’ranco Calvelli e Gianni .laliier: il jjrimo ha presentato, in sede
di assemblea di chiesa una interessante relazione del sinodo, seguita da discussione
molto simpatica; il secondo ha presieduto
culto, scueda domenicale e catechismo domenica 11 11. s. con messaggi appropriati
consentendo al Pastore di avere culto con
Santa f.ena al Clot. Ai nostri due insegnanti diciamo un grazie riconoscente per l’impegno con cui hanno svolto il loro lavoro.
— L’attività giovanile si svolge regolarmente al Centro ed alFInverso; un gruppo
di giovani fa parte della fanfara evangelica
e si stanno allacremente preparando per
suonare in Chiesa. Recentemente hanno avuto la visita del musicista signor Gorgerat
di Losanna che ha speso alcuni giorni delle
sue vacanze per loro.
— .Anche la Filodrammatica seutbra destarsi dal suo letargo: grazie alla collaborazione deH’anziano Marchetti Luigi si è
potuto recitare a Pomaretto ed a San Secondo; si è costituito poi un Comitato indipendente formalo dai responsabili della
Unione e da elementi della filodrammatica
vera e propria con uno statuto rinnovalo.
— La Scuola domenicale presenta una
« staff » efficiente al Centro, Perosa ed Inverso rispettivamente diretta dal Pastore
per i grandi e la Signora per i piccoli, dalla missionaria Anita Gay e da Giorgio Baret. Collaborano le seguenti persone: Luciano Ribet, Livia Rostan, Silvana Ma-ssel,
Ines Marchetti, Dina Revel, Elsa Lageard,
Claudia Griglio, Elsina Tron, Viola Rostan, Amata Massel, Mirella Peyrot.
-- La scuola di Religione nelle varie zone è guidata dalle seguenti persone: insegnanti: Diega Mauro, Sommani Lina, Costantin Germana; missionaria Anita Gay;
sig.ne Vera Maurglia e Wanda Collet.
Ai collaboratori della Scucia domenicale e della Scuola di religione inviamo un
pensiero di viva gratitudine.
— L’Unione delle Madri ha avuto un
incontro mollo profiicuo con le sorelle di
Perrerci-Maniglia, accorse numerose e guidate dalla Signora Rivoira la domenica 11
Il s. Il messaggio e la presentazione del
queslionario delle Unioni presentato dalla
Signora Rivoira è stato seguito da vivace e
.simpatica discussione. Ringraziamo le nostre ospiti per la ItKro visita.
— Invi.amo un pensiero di viva simpatia
alle famiglie I..eger e Pascal per la prova
che hanno attraversato. La signora Peyronel
Ida in I.eger è deceduta dopo lunga e dura
malattia sopportato con molla serenità; il
servizio si è svolto parzialmente alla casa
dell’estinta e poi ai Cbioitti ; Pascal Augusto da poco residente a Pomaretto è morto
a seguito di un incidente sul lavoro all’età
di 42 anni ; una massa di gente ha preso
parte al servizio religioso ed ha ascoltato
il messaggio della Vita eterna. Che Dio
conforti le famiglie col Suo Spirito.
■Domenica 25 u. s. il Pairtore Enrico
Geymet e Signora sono stati ospiti della
nostra parirocchiia. 11 Past. Geymet ha rivolto uin profondo messaggio alla no.slra
comimità. Durante la settimana s’è iteatuila
una riunione a Vivian a mo’ di congedo
dal quartiere alla presenza di tutte le fallii gl le e d’nn gruppo di Paro-sia. Ringraziamo il collega Geymet per la saia visita.
— Recenlemente è deceduto il fratcìllo
Pietro Lageard dei Gilly. Una follia di
gente sopralilutto minatori ha preso parte
allo esequie per Manifestare la propria
simpatia alla consorte ed ai familiari ed
in riocirdo delil’amore fraterno che egli lui
prodigato verso i suoi compagni di lavoro. I^iamo alla sua coiinipagna ed ai suoi
familiari la nostra prafonda simpatia.
L8 dicembre sera i giovani delia
IKMTOcchia lerrainino la riuinione a Pomaretto, Perosa, Cerisieri, Lansa, Vivian,
Conibaviilila, Clot Inverso, Paiola. Tutti
sono invitali ad intervenire per le 20,30.
Giornata di festa
a “Villa Olanda,,
— Giornata di festa a « Villa Olanda n
mercoledì 14 novembre: due profughi russi. Ivan Kirkor e Mathelda Hloplunowa
sono stali uniti in matrimonio civile al Comune di Luserna b. Giovanni dal Sindaco
.4vv. Cresto. Subito dopo si sono recati
i ella « Caippella Ortodossa » di Villa Olanda che sorge nel bellissimo parco, di questa Villa per celebrare il matrimonio religioso. Presiedeva la cerimonia l’arciprete
ortodosso Igor Troyanoff venuto espressamente da Losanna.
La funzione religiosa del matrimonio,
inolio diversa dalla nostra funzione religiosa evangelica valdese, si è svolta ciiinapzi a tutti gli ospiti di «Villa Olanda»
in un clima Hi lesta e di gioia.
L arciprete Troyanoff dopo essersi rivolto agli sposi Ila voluto con gentili parole
ringraziare la Direzione di Villa Olanda
per quaiilo ha fatto, per i due sposi, ed ha
tingrazialo la Tavola Valdese per quanto
Lt con .spirito d amore per i profughi lutti
che essa accoglie in questa « Villa ».
Dopo la funzione religiosa che si è chiusa con il « Padre Nostro » detto dal Diret.cre Pastore Calucci, in lingua italiana
e seguita da tutti i presenti, il Pastore Colucci ha rivolto alcune parole di occasione
agli sposi ed ha dato loro in dono una
copia dell’Evangelo in lingua russa. Il dono è stato molto gradito dagli sposi.
Agli sposi gli auguri di tutti gli ospiti
di « Villa Olanda » nonché gli auguri della Direzione.
Ili 28 otlioibre vi è sialo un Culto di
aipentu^ delle a.ttiività a cui sono staiti invitati-totti i bacini delle Scuole Domenicali e de! Catechismi. Ci rallegriamo
vivamente del fatto ohe le assienze sono
state miinl,me.(dne soltanto!), ma ohe la
gran massa dei bambini e dei raigazzi ha
riaposlo con ptinitoalità. La stessa buona
frequenza è stata manitemuia finora sia alla
Scuola Domienicale che al Catechismo:
speriamo continui coisi fino alla fine dell’a.nno.
Con di-screila parteoiipazione sono comin.
ciate le rioinioni di quartiere: nel I» turno è stato dì'soufiiso il messaggio sinodale;
nelle prossime riuinloni si segiuiranno i temi essenaiali della Priima Epistola ai Corinzi. La Riforma è stata coimmemo.rata
la .prima domenica di Novembre con un
Culto di Santa Cena.
Amiche le U.G.V. lianno felicemente iniziato la loro attóviità con la nomina dei
nuovi ,pre.sidemti : Jean Louis Sappè per il
Prassuit-Vemé, Eìmeslo Rivoira per il
Martel. Al Prassuit-Verné si è fatta urna
festosa caslagnata, offerta dalle ragazze,
urna gigantieeoa torta in onore del neo-presidente e neo-maestro .Ican Louis Sappé.
Alla riìiunione ha pure partecipato il Pastore iniglese Pauil Berg, trovatosi alle
Vallili per altri nmlivi.
— Un grave luillo ha colipilo la nostra
Comunità: il 15 novierabre decedeva improwisa.menite all’ospedale di Luserna San
Giovanni Giuseppina Rivoira In Cogno.
Esisa era stata ricoverata in o.spedale per
iiin non grave distuirho, lalohé nessuno
prevedeva una finic cosi immediiata. La
notizia ha lasciato nel più profondo dolore il marito e gli affezionati figli. A loro giunga aiticora! la no'Stra e«pre.ssione di
solidarietà nella certezza della resurrezione in Cristo Gesù. Una parola 'di v.iv'a con(lo.glianza rivolgiamo pure alla sorella
Ida B.einech Monasl.ier dt'lla Potiiise, per
la pierilila recenile del fratello.
— SalKito, 24 cori-, le dine Unioni del
Prassuiii Vernò e M.arleL entira.nihe ci^i
niiia buona rapptreise.ntanza sono scese a
Torre Pellice. invitate dall’U.G.V. locale
per una serata dii ìinn..onitiro. La serata h.a
aviiit'o esseni/jialmente ■ca.rallere riicrealivo,
con gioielli bene organizzati l'Iie hanno
po.rla.lo mollo affialaniento e entiusiasmo
Ira i giovani. Ci irallegrla.mo per questa
serata rosi ben riiiscit'a per un miglior affiatament'o tira le nostre Uniionì e ringraZ'Iaimo ancoiiia rUiniome ili Tome Pclli.ee
iltcr l'oapiitaliilà.
— Do.meni(.a 25, nel poimeriggio ha aviiilo luogo la nostra assemblea di Chiesa. Al
solilo i membri elettori non erano mollo
numerosi (meno della 'iiielù degli i'scrilli).
Cionoiioslanie il’-Assemblea ha lavulo un
ainda:m.eint.o regoiare offrendo la possibiiliità dii un sereno riesanie dì lutta la vil'ti
della Chilesa. 11 delegalo alla Confereiiiza
Diisitirelliuale (Sig. Alfredo Moninet) c il
delegalo al Sinodo (Sig. Fi.rminio Cliiavia) ha.nino eniraimhi ipiresenl'alo una .sinleiliica e .succosa relazione delle due assemblee a cui haniiiu preso parte.
'’li
m\mM
Si pregano le responsabili delle U.
F. di inviare con sollecitudine alla
sig.a E. Jalla, via Morghen 5, i nominativi delle abbonate ai notiziario e
delle isolate a cui mandare il numero
di Natale in omaggio. Il C. N.
A-VVISO
Per riispoiideirie íid íiiialoiga riielviesla,
eercaisi iíl ratOcoTiii'o « La FaiiilgJia del Missi omatiio » di Selma Lomtgo, edito dalla
Glaiuidiainia di Fireanzie nel 1923.
Se qualcuiii'O l’aves&e anictoira e fosse disipo slo a eedenlo, si pireiga di ituviarltoi a:
Selma Lonig'o ■ Casa Valdese . Torre PelJiiee (Torino).
Conferenza del Terzo Distretto
.Sebbene con nilardo, ecco alcune noti,
zie tielegi-afiichie sulla Conferenza straordinaria del 111 distretto (Verona, 7.1(t-'62).
Era stata convocata per dis<.iuliere, essenzialanente, il piroMema dei malirinioni mi.
sili. II relaito.re, past. Alessio, vede il problema dal punto di viisila della difesa della ('o.muniitù coiittx) le defezìoiiiii, e insiste
mollo .su coinè deve comportarsi imi pastore Hi froiiiite alla ricliiesla di un certifiiealo Hi batte-sinio ai fimi della iclebrazione d.i un ma.trimo.nio uella cIiìcmi catt'olica: siecotmli) lui, deve rifiutarlo. I pas'ori A. Ribel e E. Eyiiaril notaiio che
non è po'ssibile, e quest'.iilliiiio rifiuta ]ii
impiisiazione difensiva: i nostiri giovaniì,
uscendo da co.imiiiità viiveinl.i, devono le..sliiimoniaire ilo.vniiqiie, an-clie o special'imenile nella evemluialie famiglia mista clic
fii è fo'iimala. La <li(9cusisi.one è stata iinvero p.iiit|.0'Silo. fiai'ca ed aff.reittala, senza pròpoisle co.nic.rele, LSialivo quella ovvia riic le
coiiminità studino il prohleima...
In .segniito alle ilimiissioiii del piresi il cute della Gomim. diislr., past. L. Naso, c
del segirelairio, past. T. Sogigiii, vengoiio
«O.SIiiniIli .riispel'liivamemie dal past. G. ('.oliicci c dal sig. D. Passini. Si ringrazia la
coni/Uinilà di Vierona per la fraterna ospitalità. /,
li Consiglio di Amministrazione, il
Collegio Sindacale e i dipendenti della Tipegrafia Subalpina S. p. A. prendono viva parte al dolore della famiglia per la iragica scomparsa del
Rag.
Giorgio Maggiore
loro valente Consigliere.
Torre Pellice, 26-11-1962
I familiari ed i parenti tutti di
Giulio Sappè
commossi e riconoscenti ringraziano
quanti in qualsiasi modo hanno voluto dar loro prova di simpatia per
la dipartenza del loro Caro.
Torre Pellice, 18-11-1962
Direttore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Toi
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